Genocell di writermey (/viewuser.php?uid=679353)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione ***
Capitolo 2: *** Segreti ***
Capitolo 3: *** Passato ***
Capitolo 4: *** Piani ***
Capitolo 5: *** Tokyo ***
Capitolo 6: *** Prigionieri ***
Capitolo 7: *** Tracce ***
Capitolo 8: *** Incontri Inaspettati ***
Capitolo 9: *** Tragitto ***
Capitolo 10: *** Sacrificio ***
Capitolo 11: *** Canada ***
Capitolo 1 *** Introduzione ***
Devo
dire che per questa idea si è accesa veramente una
lampadina. Stavo
riguardando i video finali di tutti i Tekken riguardanti Julia e mi
ha colpito in particolare l'ending del Tekken 4 in cui si parla del
Genocell, delle cellule di devil che distruggono quelle umane ecc..e
così è capitato. Mi è venuto in mente
di inserire i personaggi di
Tekken in un universo apocalittico ricco di zombie, con un pizzico di
pulp all'American Gods. È la prima volta che scrivo in prima
persona
e spero davvero che questa storia venga bene ed emozioni voi quanto
ha emozionato me idearla e scriverla.
Enjoy =)
Genocell
Introduzione
La
G-Corporation è stata una delle società
all'avanguardia nel campo
della biotecnologia e della biogenetica più influenti al
mondo. Nata
dalla collaborazione del Dr. Bosconovitch e del Dr. Abel ed
inizialmente finanziata dalla titanica Mishima Zaibatsu,
riuscì a
rendersi indipendente grazie a rivoluzionari progetti di ricerca che
l'hanno resa una delle migliori agenzie nel campo scientifico su
scala internazionale.
La partecipazione attiva di entrambi i
fondatori della G-Corp. contrinuì a rendere i progetti di
ricerca
sempre più ambiti dai giovani studenti delle varie
facoltà
medico-scientifiche delle migliori università e college
mondiali.
Julia Chang, una studentessa americana tra le più
brillanti del suo paese, ebbe l'opportunità di lavorare nel
team di
ricerca e sviluppo del Genocell, uno dei progetti più
importanti di
tutta la corporazione.
L'idea fu quella di utilizzare cellule
specifiche create in laboratorio per incrementare la riproduzione
delle cellule pre esistenti di alcune piante, nel tentativo di
agevolare e velocizzare il processo di rimboschimento di determinate
aree desertiche, rese tali dall'opera irrispettosa dell'uomo.
I
problemi emersero nel momento in cui nacquero dei conflitti
d'interesse tra il Dr. Bosconovitch e il Dr. Abel, quest'ultimo
infatti, prese il controllo del progetto costringendo il suo socio ad
abbandonare non solo il progetto Genocell ma anche la G-Corp.
“Io
e il Dr. Abel abbiamo pareri discordanti riguardo all'etica morale
che ogni giorno ci costringe a prendere decisioni difficili nel
nostro lavoro. Le idee del mio ex-collega sono a dir poco bizzarre e
non ho intenzione di prendere parte alla follia che dilaga sempre
più
spesso ogni giorno che passa.”
-Dr.
Bosconovitch
Non esistono
interviste rilasciate dal Dr. Abel in risposta all'articolo
pubblicato dal Mishima International Journal (qui sopra) ma, in ogni
caso, il progetto Genocell non è mai stato interrotto
portando così
la G-Corporation ad un importante traguardo.
Nessuno
immaginava le gravi conseguenze che avrebbe causato in seguito il
progetto Genocell.
Mi chiamo Julia Chang e questa è la mia
storia.
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Capitolo 2 *** Segreti ***
Segreti
Arrivai
presto quella mattina di inizio settembre. L'aria era ancora calda e
non potevo credere che nel giro di poche settimane sarebbe iniziato
l'autunno, con la solita pioggia, il freddo e via dicendo. Non che mi
dispiaccia un tempo simile ma sicuramente l'estate permette di
indossare abiti più comodi.
L'ala ovest della G-Corporation dove
lavoravo era deserta; per la verità, credo che la maggior
parte
dell'intera struttura della società fosse deserta. L'orario
lavorativo non era ancora cominciato ma avevo bisogno di terminare
alcune cose.
Passai la card magnetica per aprire la porta
d'ingresso e anche per usare l'ascensore e anche per aprire la porta
degli uffici dove il team di ricerca svolgeva le proprie mansioni
amministrative. Il livello di sicurezza era altissimo.
In fondo
al corridoio c'erano i laboratori dove si svolgevano i compiti
più
pratici e dove io mi trovato più a mio agio, in
quell'ambiente
sentivo di poter contribuire attivamente al progetto a cui stavamo
lavorando.
Accesi le luci al neon bianche, indossai il camice e
gli occhiali e mi misi al computer. Dovevo solo copiare alcuni
fascicoli inviati dal centro di ricerca centrale e poi mi sarei fatta
un buon caffè aspettando i colleghi.
Le cose però
andarono diversamente.
Non ero arrivata nemmeno a metà del lavoro
che dovevo svolgere, quando mi accorsi di un file chiamato
“Progetto
D”. La mia curiosità è ben nota tra le
persone che mi conoscono e
non resistetti, lo aprii.
Non starò qui ad elencare in dettaglio
i nomi e i termini scientifici riportati in quel file, tutto
ciò che
dovete sapere è che il reale motivo per il quale il team G,
come ci
chiamavano a noi del progetto Genocell, stava lavorando sulle cellule
rigenerative, era poter rendere quasi immortali i membri della
famiglia Mishima.
Molti non conoscono il segreto che si cela
dentro i membri maschi della famiglia Mishima, il demone che li
divora dall'interno. Io purtroppo ho avuto a che fare con il Devil
molte volte nel corso dei Tornei di arti marziali organizzati da
Heihachi Mishima e sapere che il Dr. Abel stava usando le migliori
menti del paese per vendere le ricerche alla Zaibatsu, era a dir poco
terrificante.
Decisi di copiare
i file in un hard disk che avrei portato con me e cancellai tutti i
dati registrati sul database dell'ufficio.
Se in quel momento
avessi avuto il lontano pensiero che potessi essere in errore, il
fatto che il Dr. Abel mi puntò una pistola contro e senza
esitare
aprì il fuoco, cancellò ogni dubbio. Non lo
sentii nemmeno entrare
e non mi disse molto a riguardo, aveva in mente solo una cosa,
uccidermi.
Lasciai l'ufficio e riuscii a fuggire dall'ala ovest
della G-corporation ma ciò che accadde subito dopo fu anche
più
strano.
Mentre mi
allontanavo a passo spedito attraverso il cortile ci fu un'esplosione
proveniente dall'ala est. Fui abbastanza lontana da non subire nessun
danno ma crollai a terra ugualmente, spaventata, sorpresa. Rimasi
lì
per lunghi minuti, quasi mi dimenticai che il Dr. Abel poteva ancora
raggiungermi per finirmi ma ciò che attirò la mia
attenzione fu un
giovane uomo, non doveva avere più di ventidue o ventitre
anni. Era
biondo, alto, di corporatura massiccia e con lineamenti occidentali.
In qualche modo mi ricordava il mio ex ragazzo, con quell'espressione
triste e pensierosa.
Camminava con
passo deciso nella mia direzione ma ci mise qualche attimo ad
accorgersi di me, si fermò e ci guardammo in silenzio. Era
come se
si dovesse convincere che non ero una minaccia. Si chinò di
fronte a
me e mi aiutò ad alzarmi, mi chiese se stessi bene. Riuscii
solo ad
annuire.
Uno sparo ci mancò
entrambi per un pelo e ci svegliammo da quello strano torpore mentale
in cui ci eravamo tuffati così placidamente, come a voler
sfuggire
da tutti i problemi del mondo.
Il Dr. Abel era
ancora in circolazione e sempre più determinato a farmi
fuori. Quel
giovane mi afferrò per un braccio e ci allontanammo
velocemente.
Corsi a lungo e
usai tutto il fiato che avevo in corpo, per un po' sentimmo i
proiettili fischiare vicino alle orecchie, poi smisero. Percorremmo
la strada polverosa fino a raggiungere un punto prestabilito dove il
biondo sconosciuto aveva nascosto una moto, fuori dalla carreggiata,
in un fosso. Lo aiutai a mettere il mezzo sulla strada e mi
offrì un
passaggio per allontanarmi più velocemente da quel luogo.
Accettai.
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Capitolo 3 *** Passato ***
Passato
Sentire il
vento tra i capelli, bruciare l'asfalto a velocità elevata,
chiudere
gli occhi ed immaginare di volare come le aquile. Furono quelle le
sensazioni che provai nel percorrere il tragitto in moto con il
biondo conosciuto che inevitabilmente fece riaffiorare il mio
passato. Venne a galla come un macigno e la sofferenza di un cuore
infranto mi inumidì gli occhi.
Nessuno dei due parlò per tutto
il tragitto, non capii dov'eravamo diretti ma in fondo non mi
interessava poi così tanto, ero salva e potevo pensare al da
farsi
per fermare la G-Corporation e il Dr. Abel. Ciò che scoprii
fu
tremendo ma non ero intenzionata a lasciar perdere.
Chiusi gli
occhi e appoggiai d'istinto il capo sulla sua schiena, era calda e
potevo sentire il battito regolare del cuore. Lasciai i lembi della
sua camicia per aggrapparmi più saldamente ai suoi fianchi e
attesi
quell'arrivo che non volevo arrivasse mai, in una destinazione che
non volevo conoscere.
L'edificio della
G-Corp. era stato costruito appositamente lontano da tutto e da tutti
sia per una questione di sicurezza, sia per dare quel senso di
inquietudine e meraviglia di un posto leggendario, che non era sulle
mappe. Arrivammo quindi ad Austin dopo tre ore e mezzo, non era
nemmeno l'ora di pranzo ma tutto quel movimento, il fatto che il mio
capo volesse uccidermi e l'esplosione mi avevano fatto venire un
certo languorino. Ci fermammo in una tavola calda alle porte della
città, il Joe's Bowling; il nome non si riferiva a fatto che
il
locale potesse avere una pista da bowling come si poteva sospettare,
era solo il cognome del proprietario. Aveva aggiunto la
“s” dopo
a Joe solo per un senso estetico. La frequentavo spesso quando
studiavo alla scuola superiore e ritornare in quel posto mi fece
sorridere.
Ci accomodammo in un tavolo lontano dalla vetrata
panoramica, in una posizione che permettesse di tenere d'occhio
l'entrata ed essere abbastanza vicini alla porta sul retro da poter
eventualmente fuggire in caso il Dr. Abel avesse dato disposizioni di
cercarci.
Il biondo sconosciuto di fronte a me si allungò
leggermente nella mia direzione, allungando la mano in segno di
saluto e io gliela strinsi come di consueto. Mi disse di chiamarsi
Steve Fox e di venire da Londra...quella originale, non quella
dell'Ohio.
Mi presentai e dopo brevi convenevoli andai dritta al
punto, volevo sapere cosa ci facesse alla G-Corp. Prima che potesse
rispondermi, la cameriera Amy ci interruppe per prendere le
ordinazioni. Lei mi conosceva e anch'io conoscevo lei, dai tempi
della scuola. Sopportammo le solite frasi quali “Ma come sei
cresciuta”, “Ti ricordi di Tim, il tuo
fidanzatino?”, “Come
sta la mamma?”, dopodiché si decise a sparire
dalla circolazione,
almeno per un po', giusto il tempo per Steve di raccontarmi tutto.
Aveva ventun'anni
e in Inghilterra faceva il pugile professionista. Si trovava in
America per sfuggire alla mafia che gli stava alle calcagna per non
aver perso in un incontro truccato ma la scelta di volare proprio
negli Stati Uniti fu per un'altra motivazione. Fu adottato quan'era
molto piccolo e voleva sapere più cose sui suoi genitori
naturali e
perché era finito in adozione.
Amy tornò con
pancakes, succo all'arancia per me e caffè per Steve. Disse
di non
volere nient'altro, aveva ancora lo stomaco rivoltato per
ciò che
aveva visto alla G-Corpo. In quel momento mi lanciò uno
sguardo
glaciale, come se fossi la diretta responsabile di tutte le ricerche
che il laboratorio conduceva. Gli raccontai la mia storia e lui
sembrò comprendere che non ero poi una minaccia per nessuno
ma
potevo essere fonte di aiuto.
Tra un sorso e
l'altro, Steve continuò a dirmi di sé, delle
scoperte che aveva
fatto riguardo a sua madre Nina, al suo concepimento in provetta e
agli esperimenti che avevano condotto su di lui. Si sfiorò
il
braccio fasciato, diceva di avere una cicatrice ma non me la volle
mostrare. Non seppe dirmi che tipo di esperimenti avevano condotto su
di lui ma più venivo a conoscenza di nuove informazioni e
più mi
convincevo di essere stata dalla parte sbagliata per tutto quel
tempo.
Alla fine arrivammo ad una semplice conclusione, la
Mishima era responsabile di tutto ma con i dati che ero riuscita ad
ottenere dal mio laboratorio potevo porre fine alle ingiustizie
dell'agenzia.
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Capitolo 4 *** Piani ***
Piani
Trovammo il mio
appartamento in disordine, fu messo completamente a soqquadro anche
se non mancava nulla, sicuramente una minaccia degli uomini della
G-Corp. o della Mishima Zaibatsu. Concordammo che non era sicuro
rimanere lì e Steve si offrì di ospitarmi nel
motel dove
alloggiava, così presi il minimo indispensabile e lasciammo
lo
stabile.
Decidemmo di raggiungere il motel per vie secondarie e
una volta arrivati, Steve mi disse di chiudermi nella stanza
perchè
doveva fare una cosa. Mi suggerì di non aprire a nessuno e
si
allontanò. Nella stanza del motel non sembrò
esserci stata la
medesima irruzione ma dovevamo stare allerta.
Tutta quella
premura nei miei confronti fece scaturire il ricordo del mio ex
ancora una volta, tentai di allontanare quei pensieri ma lo stare da
sola per tutto quel tempo, rese la cosa ancora più difficile.
Mi
sdraiai sul letto a fissare la ventola del lampadario girare
flebilmente, come se fossi ipnotizzata. Cercai di non pensare a nulla
in particolare ma ciò che la Zaibatsu stava facendo era
orribile.
Feci un giro della stanza e notai che era la solita, classica,
sudicia stanza di motel. Mi rinfrescai il viso e tornai a sdraiarmi
sul letto.
Passò un'altra
quantità di tempo incalcolabile quando bussarono alla porta,
sbirciai da dietro la tendina della finestra e Steve si fece
riconoscere. Aveva un occhio nero ma non volle dirmi come se lo fosse
procurato. Appoggiò un sacchetto di carta marrone e due
bottigliette
di acqua sul tavolino, si tolse la camicia e si chiuse in bagno per
farsi una doccia.
In tv davano solo
pubblicità di accessori per la cucina o soap opere
straniere,
continuai a cambiare canale inutilmente e mi arresi poco dopo. Steve
uscì dal bagno con un asciugamano sulla testa, mi raggiunse
sul
letto e tentò di allentare la situazione facendo qualche
battuta sul
programma che stavo vedendo.
Continuammo la
conversazione che avevamo iniziato alla tavola calda, uscì
fuori che
anche Steve aveva partecipato ad alcuni tornei organizzati dalla
Mishima. Avemmo modo di conoscerci meglio anche se entrambi eravamo
titubanti sullo svelare alcuni dettagli del nostro passato.
Cenammo in
silenzio, entrambi provati dalla situazione che si stava verificando
e decidemmo di fare dei turni di guardia durante la notte. Steve si
offrì per il primo turno e quando mi venne a svegliare per
il cambio
mi sembrò di aver dormito per almeno quindici ore. Mi
sentivo ancora
stanca ma quella dormita mi aveva rigenerato abbastanza da affrontare
ciò che ci aspettava.
Sedetti sul davanzale della finestra, nel
buio della stanza e di tanto in tanto davo delle occhiate verso il
parcheggio del motel, soprattutto quando c'era movimento di auto.
Guardai Steve che si era addormentato quasi subito, anche lui
stremato dalla giornata; non potevo certo dice che fosse un brutto
ragazzo, anzi, oltre al corpo asciutto e muscoloso aveva un viso
affascinante. Non che fosse tra i più belli ma di sicuro
attraeva
come una calamita.
La notte fu dannatamente lunga e alle prime
luci dell'alba svegliai il mio compagno di disavventura. Ci
preparammo e uscimmo quasi subito, Steve saldò il debito
della
stanza e caricammo i nostri bagagli nella macchina che aveva preso
dando in pegno la moto. Non era granché ma ci avrebbe
portati a
destinazione.
Quella mattina
decidemmo di partire per Tokyo.
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Capitolo 5 *** Tokyo ***
Tokyo
Il viaggio fu
lungo e dormii per la maggior parte del tempo. Quelle poche ore in
cui rimasi sveglia parlai a lungo con Steve, ci confrontammo riguardo
ai tornei ai quali avevamo partecipato in passato e alle profonde
motivazioni che ci legavano ad essi.
Sentendolo
raccontare di sé, della sua infanzia, delle scoperte fatte
sulla
G-Corp. e sugli esperimenti subiti quand'era solo un bambino, mi
ritrovai a pensare che la sua adozione fosse stata la cosa migliore
per lui.
D'altronde anch'io
avevo i miei obiettivi, anche se in certi momenti pensai che fossero
futili in confronto a ciò che aveva passato Steve.
E poi dovetti
tornare al presente e pensare a cosa fare una volta arrivata in
Giappone. Non ci avevo ancora pensato e non avevo idea di come agire
per arrivare a fermare la Zaibatsu...poi mi ricordai di Ganryu. Era
un amico di mia madre, un tipo strano ma affidabile, si erano
conosciuti durante il primissimo torneo del pugno di ferro per poi
perdersi di vista per un po'.
L'unica
informazione che avevo su di lui era che aveva una scuola di sumo
nella periferia della città e io e Steve ci andammo quasi
subito,
appena atterrati ma scoprimmo che si era trasferito e aveva aperto un
ristorante.
Per fortuna fu
abbastanza facile reperire l'indirizzo e lui sembrò felice
di
poterci aiutare. In un'altra vita aveva lavorato come guardia del
corpo per Kazuya Mishima e poteva darci una mano ad entrare alla
Zaibatsu.
Fu più complicato
di quanto pensassimo, tutti e tre, Ganryu dovette chiedere dei favori
e ricordare ad alcuni che era stato un importante membro del team
Mishima. Alla fine riuscimmo nel nostro intento...per la
verità fu
Jin Kazama a permetterci di riuscire nel nostro intento. In seguito
capimmo la motivazione.
Saltò fuori che
alla sede giapponese della G-Corp. il mio nome era tabù, ero
ricercata e l'informazione arrivò anche ai piani alti della
Zaibatsu. Ciò che non sapevamo era che Jin Kazama, colui che
da
sempre si era battuto per fermare la famiglia Mishima, era finito a
capo di quella stessa società che voleva veder affondare. La
cosa
peggiore, però, fu che era cambiato a tal punto da essere
diventato
come il padre e il nonno, se non peggio.
Bastò mettere un
piede dentro la Zaibatsu per essere presi contro la nostra
volontà e
messi sotto custodia. In quel momento la verità venne a
galla ed era
molto peggio di quel che pensassimo. L'immortalità del Devil
e della
famiglia Mishima non c'entrava nulla.
Jin pareva
impazzito, era completamente fuori di sé, irriconoscibile.
Farneticava su un progetto secondario della Zaibatsu; mescolando le
cellule rigenerative al sangue del Devil si era arrivati ad ottenere
qualcosa di nocivo, di pericoloso. Un potente virus che, in caso di
contagio, poteva trasformare le persone in esseri mostruosi, non
morti il cui unico desiderio era di mangiare carne viva.
Si era arrivati ad
utilizzare la parola “zombie” e parve davvero folle
ma la cosa
che mi allarmò di più erano le intenzioni di
causare una guerra
mondiale, sul vendere le scoperte della G-Corp. come arma biologica
di distruzione di massa e diventare così la persona
più potente al
mondo.
Steve diede voce a
nostro scettiscismo, paragonandolo ai suoi familiari e accusandolo di
essere un mostro. Usò parole più colorite ma in
fondo era quello
che tutti pensavamo. Ero delusa dall'operato di Jin ma ero anche
spaventata dalla situazione. Le minacce e gli insulti servirono solo
a fomentare in lui il desiderio di dimostrare ciò che era in
grado
di fare e diede disposizioni di utilizzare il virus su Ganryu.
Inutile dire che provammo ad impedirlo con tutte le nostre forze,
provammo a persuaderlo sia con le parole che con la violenza ma
eravamo legati ad una sedia, con delle armi puntate alla testa.
Ancora adesso ho
il terrore di riprovare quella sensazione, l'essere inerme e non
potermi difendere, essere vittima lasciando che sia il caso a
decidere della mia sopravvivenza.
Il risultato
dell'utilizzare Ganryu come cavia da laboratorio fu sbalorditivo e
spaventoso. In pochi, brevi minuti, il nostro amico perse tutta la
vita che aveva in corpo, come se fosse stata risucchiata da qualcosa
di malvagio e ciò che ne emerse fu un'entità
priva di anima, aveva
solo il desiderio di provocare altra morte. Affamato di vita.
Divenne uno
zombie.
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Capitolo 6 *** Prigionieri ***
Prigionieri
Il dolore che
provai in quel momento fu tremendo.
Vedere Ganryu in
quelle condizioni fu un atto crudele e privo di umanità,
quella non
era morte ma solo un'aberrazione. Distolsi lo sguardo e cercai di
restare calma e lucida, bisognava uscire da quella situazione. Provai
a parlare a Jin, provai a riportargli alla mente i suoi veri
obiettivi risalenti al terzo torneo del pugno di ferro ma parve tutto
inutile. Ottenni solo un sonoro schiaffone in viso. La guancia si
arrossò e iniziò a pizzicare ma era nulla
paragonato a ciò che
stava passando Ganryu.
Sentii Steve che
cercava di rincuorarmi, seduto a pochi centimetri da me. La sua voce
mi sembrò così lontana, come in un sogno, la
paura stava prendendo
il sopravvento. Nonostante mi disse di stare calma, che sarebbe
andato tutto bene, per me era come se non ci fosse. Erano illusioni
ed entrambi lo sapevamo bene.
Chiusi gli occhi e
l'unica cosa che riuscii a dire, in un sussurro quasi soffocato, fu
una preghiera agli spiriti dei miei antenati, pregavo loro di darmi
la forza necessaria per uscire da quell'incubo.
In un lasso di
tempo che parve infinito, mentre Ganryu sbraitava e si agitava
affamato di vita e legato alla quella sedia, alcuni uomini della
G-Force entrarono nel laboratorio dove eravamo stati portati contro
la nostra volontà e uno di loro iniziò a parlare
in giapponese.
Non
compresi nulla di ciò che si dissero ma Jin evitò
di continuare
quella tortura e ordinò alle guardie di portarci via. Io e
Steve
camminammo a lungo, l'uno accanto all'altra, in quel corridoio
anonimo la cui destinazione era ignota. Ammanettati nel silenzio
rotto solo dal rumore di passi, arrivammo in un'altra stanza adibita
a prigione. Grosse celle, con vetrate antiproiettile
come pareti erano poste in due file parallele ai lati della stanza.
Ci tolsero le
manette solo dopo essersi assicurati che non potevamo fuggire e ci
rinchiusero. Istintivamente ci abbracciammo e Steve mi chiese scusa.
Si accusava di essere il colpevole per ciò che ci stava
capitando ma
non era così, io stessa avevo intenzione di fermare la
Zaibatsu a
partire dalla G-Corp. e di certo l'avrei fatto con o senza di lui. La
cosa parve consolarlo un po'.
Una voce dalla
cella posta di fronte a noi attirò la mia attenzione.
Chiamò il mio
nome e mi parve fin troppo familiare. Mi avvicinai al vetro freddo e
appoggiai entrambi i palmi delle mani, il mio respiro lasciò
un
alone di condensa. Dovevo avere un'espressione da ebete quando
riconobbi il viso del mio ex fidanzato.
Hwoarang entrò
nella mia vita tempo prima, al termine del terzo torneo del pugno di
ferro, ci innamorammo ed eravamo felici ma la sua ossessione di dover
diventare sempre più forte in vista di un nuovo scontro con
Jin
Kazama l'aveva isolato, allontanandolo da tutti, me compresa. Il
nostro rapporto si ruppe e prendemmo strade diverse, non mi sarei mai
immaginarta di trovarlo in un simile guaio, anche se in fondo non ne
rimasi del tutto sorpresa.
Riuscii solo a
pronunciare il suo nome sottovoce e lo fissai a lungo finchè
fu lui
a sorridermi e a parlare per primo. Mi salutò dolcemente,
com'era
abituato a fare e mi chiese se stessi bene.
Con lui in cella
c'erano altri due uomini, tutti ex combattenti dei vari tornei
indetti dalla Mishima. Bryan Fury, massiccio, con i capelli grigi,
una cicatrice sull'occhio sinistro e un tatuaggio sul collo. Sguardo
inquietante e lineamenti duri; e Raven, afro-canadese con i capelli
tinti e una cicatrice a forma di x in pieno volto, coperta in parte
dagli occhiali da sole. Li conoscevo entrambi per la pessima
reputazione che si lasciavano alle spalle.
Mi spostai
leggermente cercando di vedere meglio Hwoarang e gli chiesi per quale
motivo fosse finito lì. Mi disse che dopo aver avuto un
incidente in
moto, causato proprio da Devil Jin, passò un po' di mesi in
ospedale
e appena guarito, pregò il suo maestro di allenarlo
più duramente
affinché potesse combattere contro il suo avversario ancora
una
volta.
Quella storia si
ripeteva sempre, l'avevo sentita fin troppe volte ed era per questo
che tra di noi era finita. Scossi la testa ripensandoci. Razza di
idiota.
Per farla breve,
Hwoarang tornò a cercare Jin per vendicarsi ma si
ritrovò davanti a
qualcosa di grosso che non seppe gestire. Il reale motivo per cui
finì in prigione e non venne usato come cavia per il virus G
rimane
ancora adesso ignota ma il mio sospetto principale è sempre
stato il
rapporto di rispetto che legava Hwoarang e Jin e che solo due fieri
guerrieri sapevano comprendere. Chissà, forse l'ultimo
barlume di
umanità di Jin che tentava di rimanere aggrappato alla
realtà a
tutti i costi.
In ogni caso,
tutti noi eravamo lì per motivi diversi che si andavano ad
intrecciare in un unico obiettivo, fermare Jin Kazama.
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Capitolo 7 *** Tracce ***
Tracce
Non posso dire con
certezza quanto tempo passammo in quella prigione, so per certo che
rischiai di impazzire. L'unico risvolto positivo in tutta quella
storia fu che scambiai informazioni importanti con gli altri
prigionieri, conobbi meglio le loro ragioni e la motivazione per cui
erano finiti lì.
Bryan era un
esperimento fallito del Dr. Abel. Lo rese più sintetico che
umano ma
non riuscendolo a gestire, era passato ad essere una minaccia. Era
ricercato da tempo e finalmente era stato catturato. Lui sosteneva di
essersi fatto catturare per colpire la società dall'interno.
Raven non volle
raccontarci molto ma disse stava lavorando per Kazuya Mishima e che
voleva collaborare per uscire di lì e fermare Jin. Ritenne
che fosse
importante per me unirmi a lui poiché avevo delle
informazioni che
avrebbero potuto aiutare Kazuya. La cosa non mi piacque, non suonava
per niente bene ma da qualche parte dovevamo pur cominciare per
contrastare Jin.
Stavo ancora
dormendo quando le guardie arrivarono per darci la consueta dose di
sbobba mattutina e osavano chiamare “colazione”.
Sentii Steve
fare qualche commento ironico e prendere in giro le guardie ma non
avevo per niente voglia di alzarmi dalla branda, non avevo appetito.
Mi girai dall'altra parte cercando di dormire ancora un po' quando
sentii i ragazzi allarmarsi. Hwoarang gridò a qualcuno di
prendere
le chiavi ed immediatamente saltai giù dal letto.
Ciò a cui
assistetti fu agghiacciante.
Dopo aver aperto
la cella di Raven, una delle guardie venne inspiegabilmente aggredita
da un collega. Quest'ultimo saltò letteralmente addosso allo
sventurato, azzannandogli il collo. Raven approfittò della
situazione, uccidendo entrambi e prendendo la chiave magnetica delle
altre celle. Fummo liberati in fretta e Hwoarang mi
abbracciò, erano
passati anni e pareva un'eternità. Il suo calore, il suo
profumo,
fecero riemergere tutti i ricordi che avevo di lui, tutto l'amore e
l'affetto...e la separazione. Mi allontanai da lui.
Nessuno pensò che
la nostra sopravvivenza fosse stata un colpo di fortuna. Il
comportamento di quella guardia fu strano oltre che terrificante,
decidemmo di proseguire con cautela.
Prendemmo le armi
delle guardie ed uscimmo dalla stanza, percorrendo la strada inversa
e tornammo ai piani superiori con l'ascensore. C'era calma, nessuna
guardia, nessun allarme, fu tutto fin troppo semplice. La cosa mi
fece accapponare la pelle.
Riuscimmo a salire di cinque piani
prima che venne a mancare la corrente. Si accede la luce d'emergenza
e tutti noi restammo zitti per qualche momento prima di udire in
lontananza un boato raccapricciante.
Ci guardammo a
vicenda non sapendo dare una spiegazione ma non fu l'immaginazione ma
non potevamo stare in quell'ascensore per sempre.
Steve e Raven
aprirono le porte di forza e Bryan si affacciò al piano per
controllare che non vi fossero pericoli. Scivolò fuori e
fece da
palo intanto che a turno uscimmo tutti. Facemmo molta attenzione a
non fare rumore, non sapevamo a cosa stavamo andando incontro ma di
certo il boato che avevamo sentito non era umano.
Le luci
d'emergenza illuminavano i corridoi e riuscimmo a trovare la strada
verso il pian terreno. C'era caos nei dintorni, oggetti sparsi alla
rinfusa ovunque, sedie ribaltate e computer a terra, sembrò
che
l'intero edificio fosse stato abbandonato in fretta e furia. Tracce
di sangue macchiavano i muri e i pavimenti in maniera irregolare.
Un brivido mi
percorse la schiena.
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Capitolo 8 *** Incontri Inaspettati ***
Incontri
Inaspettati
La luce
lampeggiante in un ufficio sulla destra attirò la mia
attenzione, in
fondo alla stanza una macchia rosso scuro percorreva la parete e una
parte della finestra in linea verticale, la classica tendina a
pannelli da ufficio pendeva da un lato.
Sentii uno strano rumore,
come quando si versa il latte caldo sui cereali, una sorta di
scricchiolio sommesso. Afferrai d'istinto il braccio di Raven per
richiamare la sua attenzione senza dover fare rumore, lui mi
guardò
e mi si affiancò, spostando lo sguardo verso il punto in cui
stavo
guardando. Anche gli altri si unirono a noi ma dopo alcuni secondi
quel rumore parve smettere. Mi ricordo il viso di Hwoarang,
aggrottò
la fronte e chiese che diavolo stesse succedendo. La sua voce fece
emergere una persona da dietro la scrivania ribaltata. Beh non
proprio una persona ma fu ciò che ne restava dopo il
contagio, aveva
gli stessi sintomi di Ganryu; bava alla bocca, occhi sanguinanti e
una sfrenata voglia di uccidere e divorare.
Con agilità la
donna, che da viva probabilmente doveva essere stata un'impiegata,
scavalcò la scrivania e ci corse incontro. Indietreggiammo
un po'
per darci spazio ma Bryan si mise in prima fila facendo il lavoro
sporco con un sorriso sulle labbra. Caricò un pugno
abbastanza
potente da privare dei sensi una donna di corporatura media e la
colpì dritta al viso. La testa si fracassò e il
corpo cadde a terra
privo di vita.
Steve e Hwoarang
si complimentarono come se avessero appena assistito ad una meta di
rugby e proseguimmo senza perdere altro tempo. Attraversammo anche
l'ala amministrativa per arrivare nel salone d'entrata dell'edificio.
La grande vetrata
centrale era distrutta, i documenti cartacei svolazzavano
indisturbati, detriti di ogni genere sparsi nei dintorni e cadaveri
di impiegati e guardie ammassati un po' ovunque. Un forte odore di
sangue e morte aleggiava attorno a noi.
Mi portai una mano
alla bocca, ero scioccata da ciò che Jin aveva causato,
avevo il
terrore di scoprire a che livello era dilagato il contagio ma
soprattutto non sapevo se poteva esserci una cura. Steve mi mise una
mano sulla spalla in segno di conforto, notai uno sguardo contrario
da parte di Hwoarang ma lo ignorai volutamente.
Un rumore
improvviso ci mise tutti allerta. Da uno dei corridoi del piano
terra, qualcuno o qualcosa si stava trascinando lentamente. Bryan e
Raven avevano già le armi puntate sull'obiettivo ed erano
pronti a
sparare quando li fermai.
Ling Xiaoyu, una
mia cara amica, conosciuta anch'essa durante il terzo torneo
organizzato da Heihachi Mishima. Mi avvicinai con cautela ma non
sembrava infetta, la aiutai ad alzarsi e la feci sedere su una sedia.
Le diedi un'occhiata veloce, non sembrava ferita, solo qualche lieve
contusione. Il suo sguardo era quello che mi preoccupava di
più. Era
sempre stata una giovane allegra ed energica ma in quel momento mi
sembrò quasi un'altra persona. Aveva i capelli sciolti sulle
spalle,
non indossava nemmeno i soliti abiti ma una veste leggera blu scuro
fino al ginocchio.
Le accarezzai il
viso e le chiesi cosa fosse successo. Lei rimase in silenzio per
qualche momento per poi scoppiare a piangere. Non indagai oltre, mi
preoccupai di portarla via da quel luogo.
La situazione
all'esterno era anche peggio, la malattia sembrò aver
colpito tutti
e per le strade sembrò essere passato un tornado. Macchine
capovolte, alcune incendiate, cadaveri che non si potevano nemmeno
contare.
Raven salì sul
tettuccio di un furgoncino delle poste giapponesi e cercò di
capire
com'era la situazione andando avanti. Scosse la testa dicendo che Jin
aveva perso il controllo del virus G. Sentendo quel nome, Xiaoyu ebbe
un tremito e mi abbracciò terrorizzata.
Ci guardò, scese
dal furgone ed incrociò le braccia al petto. Ci disse che
doveva
tornare in Canada, in un modo o nell'altro doveva raggiungere
l'aeroporto e mi invitò a seguirlo. La mia preparazione in
campo
scientifico e l'aver lavorato per la G-Corp. faceva di me una fonte
indiscutibilmente preziosa per trovare una cura al virus G e, molto
probabilmente, avrei dato delle informazioni fondamentali a Kazuya
Mishima nella lotta contro il figlio Jin.
Io accettai di
seguirlo, Xiaoyu sarebbe venuta con me, Hwoarang disse che non mi
avrebbe perso una seconda volta e decise di accompagnarci. Steve si
unì a noi dicendomi che questo viaggio l'avevamo intrapreso
insieme
e l'avremmo finito insieme e Bryan, beh il silenzioso e letale Bryan
venne con noi perché voleva divertirsi a spaccare un po' di
teste.
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Capitolo 9 *** Tragitto ***
Tragitto
Concordammo per
raggiungere l'aeroporto privato della Mishima Zaibatsu, la teoria di
Raven convinse tutti. In un aeroporto civile avremmo trovato una
quantità di zombie che non saremmo riusciti a contrastare
mentre in
un aeroporto privato, i livelli di sicurezza sono diversi e anche
senza guardie e senza corrente, la struttura stessa doveva essere ben
protetta. Nel peggiore dei casi avremmo trovato zombie anche
lì ma
valeva la pena di tentare.
Ci spostammo a
piedi, stando attenti a non trovarci in luoghi chiusi o senza via di
fuga. Raccogliemmo quante più armi possibili dai corpi di
polizia e
controllammo ogni mezzo di trasporto più o meno integro in
caso
funzionasse. Fummo sfortunati e camminammo per tutta la giornata. Non
ci fu traccia né di zombie né di persone vive, la
cosa ci rincuorò
e decidemmo di fermarci per la notte in un minimarket lungo il
tragitto che avevamo stabilito. Entrammo con cautela, per capire se
ci fossero pericoli all'interno. Il posto sembrò deserto ma
trovammo
una bella sorpresa sul retro, la coppia di anziani che aveva in
gestione il negozio ci aggredì senza pensarci due volte.
Erano
entrambi infetti ma non fu difficile ucciderli.
Ci barricammo
all'interno e preparammo borse e zaini con munizioni e viveri, per lo
più merendine e piccoli pasti pronti. Raven prese delle
mappe della
città dal reparto souvenir e segnò su tutte la
strada per arrivare
all'aeroporto, in caso ci fossimo persi o il gruppo si fosse diviso e
le distribuì ad ognuno di noi.
Riposammo per
qualche ora ma durante la notte, Ling si svegliò
più volte in preda
agli incubi. Cercai di confortarla e di calmarla e anche se non le
chiesi nulla sul suo conto, fu lei a raccontarmi cosa le era
accaduto.
Mi disse che
quando uscì l'annuncio del sesto torneo del pugno di ferro
lei si
iscrisse senza pensarci due volte, solo per rivedere Jin. Da quando
si era diplomato e aveva lasciato il politecnico lei sapeva che non
l'avrebbe più rivisto a scuola, quindi quella era l'unica
alternativa.
Lo cercò
assiduamente durante i vari incontri, nell'hotel che ospitava i
partecipanti e anche nelle aree di allenamento predisposte
appositamente per il torneo. Per un momento arrivò a credere
che Jin
non si fosse iscritto ma poi fu lui a cercarla.
All'inizio ne fu
felice ma fin da subito aveva notato in lui qualcosa di strano, la
sua espressione era diversa, i suoi occhi erano diversi, quasi come
se fosse posseduto da qualcos'altro.
Io le raccontai i
dubbi che erano venuti a me e a Steve, quando ci fu quel breve
incontro alla Mishima e per lei fu logico.
Durante il terzo
torneo qualcosa era entrato in lui e nel corso degli anni l'aveva
cambiato.
Continuando, il
racconto si fece anche più triste. Ling credeva davvero che
Jin
potesse finalmente essersi innamorato di lei, come una bimba ingenua
e piena di affetto accettò le sue avances ma la
realtà si rivelò
presto per quello che era. Venne tenuta prigioniera in una delle
suite ai piani superiori della Zaibatsu, viveva in questo mini
appartamento senza avere modo di uscire o vedere Jin quando voleva.
All'inizio credeva che fosse tutto fantastico ma quando Jin
iniziò
ad usarla come se fosse il suo giocattolo privato, lei comprese
tutto. Venne maltrattata e violata, venne umiliata e picchiata e la
tortura continuò per mesi.
Quell'esperienza
l'aveva cambiata nel profondo, aveva il cuore infranto e il corpo
deturpato, le ferite che aveva nel cuore non si sarebbero mai
rimarginate.
Ling era una mia
amica e lo è tutt'ora, venire a sapere quelle cose fece
crescere in
me una rabbia tale che se avessi avuto Jin tra le mani non ne sarebbe
uscito vivo.
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Capitolo 10 *** Sacrificio ***
Sacrificio
La notte fu
dannatamente lunga, l'alba sembrò non arrivare mai.
Arrivai a pensare
che vista tutta la follia che ci circondava, non avremmo più
visto
nemmeno il sole sorgere. Seduta a terra con un cuscino dietro alla
schiena e una coperta addosso, fissavo il vuoto pensando a mia madre.
Speravo con tutta me stessa che il contagio fosse circoscritto solo a
Tokyo e che lei e altri si fossero salvati.
Spostai
l'attenzione su Steve e Hwoarang che si stringevano la mano,
quest'ultimo mi raggiunse e si sedette accanto a me. Gli chiesi
esplicitamente se lui e Steve fossero diventati improvvisamente amici
e lui sorrise.
Parlammo a lungo,
del nostro passato, di ciò che avevamo vissuto insieme. Dal
nostro
primo incontro a quando ci siamo separati. Fu uno sfogo necessario,
dovevamo dirci come stavano realmente le cose ma sentirmi incolpare
per la nostra separazione mi ferì profondamente.
Mi allontanai e
Steve mi afferrò per un braccio, non pronunciò
nemmeno una sillaba
ma dal suo sguardo capii che era preoccupato per me. Scossi la testa
e mi coricai da un'altra parte, con tutti i problemi che avevamo non
avevo intenzione di crearmene di nuovi.
Il giorno seguente
lasciammo il minimarket per ripartire alla volta dell'aeroporto. In
alcune aree l'intensificazione di zombie era maggiore che in altre e,
per quanto preparati, non potevamo ucciderli tutti. Aggirammo le zone
peggiori allungando di molto la strada, usammo armi e muscoli nei
momenti necessari per difenderci.
A metà pomeriggio
ci fermammo per una pausa con tutta la disapprovazione di Bryan che
era stufo di doversi fermare così spesso. Ling aveva bisogno
di
sedersi, stava male e in un momento di confidenza mi disse di avere
il sospetto di essere incinta. Mi implorò di non dirlo a
nessuno,
aveva paura che avere in grembo il figlio di Jin potesse comportare
altri mesi di torture.
Le promisi che con
me il suo segreto era al sicuro.
Tornammo sui
nostri passi e secondo la mappa, eravamo ad un solo isolato
dall'aeroporto. Costeggiammo un grattacielo per sbucare in un vicolo
che ci avrebbe portati direttamente alla recinzione esterna che
circondava le piste di atterraggio.
Ci avvicinammo con
cautela e osservammo il posto apparentemente deserto. La cosa ci
insospettì ma in fondo speravamo in un'occasione del genere.
Ciò
che ci colse alla sprovvista fu l'enorme quantità di zombie
che si
era accumulata al di fuori dell'aeroporto e che al momento ci stava
venendo incontro col puro intento di mangiarci.
Steve gridò di
scavalcare la recinzione e si era già arrampicato pronto a
saltare
dall'altra parte quando Raven lo ammonì spiegando che se
avessimo
agito in quel modo, l'orda di zombie ci avrebbe seguito, buttando
giù
la recinzione. Non potevamo affrontarli tutti e tentare di decollare
con una pista piena di non morti non era di certo l'ideale.
Bryan scoppiò in
una risata sadica, malata. Mi fece venire i brividi. Si mise a
tracolla due intere file di munizioni e si armò con un
fucile a
pompa per mano e una beretta nel fodero dei pantaloni. Senza
aggiungere altro, si incamminò verso l'orda di non morti che
ci
stava braccando e iniziò a sparare a tutto spiano, come se
fosse in
zona di guerra. In pochi minuti venne sommerso dagli zombie ma il suo
sacrificio fece da distrazione e ci permise di entrare nell'aeroporto
senza essere nel mirino di quei mostri.
Senza dubbio la
Zaibatsu non aveva badato a spese per i gioiellini che trovammo
dentro agli hangar dell'aeroporto. Dai più veloci e compatti
ai più
imponenti, tutti i mezzi aerei della società erano
all'insegna della
modernità e del lusso.
Optammo per
utilizzare un piccolo business jet e partimmo senza perdere altro
tempo. Raven e Hwoarang si misero ai comandi mentre io feci sdraiare
Ling che si addormentò dopo qualche minuto. Sorvolando la
zona non
riuscimmo a vedere Bryan ma solo una folta quantità di non
morti.
Non sapevamo cosa
ci avrebbe atteso in Canada ma ormai era tardi e inutile tornare
indietro. Avremmo affrontato ciò ci aspettava.
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Capitolo 11 *** Canada ***
Canada
A bassa quota
sulle isole maggiori, a nord del paese, non trovammo anima viva. La
zona era brulla e aspra e le temperature non erano di certo
favorevoli per una vita comoda. Kazuya non aveva lasciato al caso la
scelta del nuovo quartiere generale della Mishima.
Atterrammo su una
piccola isola senza nome, a largo della baia di Hudson. Fummo
costretti ad indossare dell'abbigliamento termico trovato nel jet per
non morire assiderati. Non penso di aver mai sentito tanto freddo in
vita mia.
Poco distante
dalla pista di atterraggio, una struttura apparentemente dismessa
torreggiava nel bianco manto ghiacciato dell'isola. Una colonna di
fumo rigava il cielo azzurro mentre una figura massiccia si fece
largo tra le macerie di quel luogo. Più si avvicinava
più si
potevano riconoscere i lineamenti del Devil. Gli occhi iniettati di
sangue, l'espressione fiera e il portamento di una creatura non del
tutto umana ma abbastanza da peccare di vanità di fronte al
nostro
piccolo gruppo esausto.
Vidi Raven
cambiare impercettibilmente espressione e capii che dovevo iniziare a
preoccuparmi. Xiaoyu alla vista di Devil Jin ebbe un crollo e Steve
rimase al nostro fianco mentre Hwoarang e Raven non si tirarono
indietro, avanzando in prima linea per contrastare la minaccia.
Raven scattò in
avanti per scagliare il primo attacco e prima che Hwoarang potesse
seguirlo, sentii la sua voce che gli suggeriva di prendere
dell'esplosivo da un capannone poco distante. Lo vidi correre
attraverso lo spiazzo deserto mentre l'altro dava inizio allo
scontro.
Ero paralizzata
dalla paura, quel mostro stava dando del filo da torcere ma non
potevo restare seduta a fare niente. Steve mi di diete una carezza
sotto al mento e partecipò al combattimento.
Fu in quel momento
che ebbi le forze per reagire. Ero determinata a combattere anch'io.
Portai Ling
all'aereo per metterla al sicuro e tornai fuori. Pochi minuti che
però bastarono per assistere inerme agli eventi che
seguirono.
Hwoarang aveva trovato un quantitativo di dinamite tale da poter far
crollare un intero grattacielo, pensò bene di preparare il
capannone
degli esplosivi come se fosse una trappola e attirare quindi il
mostro all'interno.
Un piano classico
che si può vedere in tutti i film, solo che quello non era
un film.
Raven venne
scaraventato da parte mentre Steve iniziava ad accusare la
stanchezza. Aumentai il passo, fino a correre verso il nemico. Sentii
Hwoarang richiamare l'attenzione di Devil Jin che ignorò sia
me che
Steve per cadere nella trappola.
Mi assicurai che
Steve stesse bene e raggiungemmo Raven, leggermente stordito.
Fissammo il capannone in silenzio, nel gelo quasi artico.
Sembrò tutto così
irreale, come in un sogno e poi, all'improvviso, l'esplosione.
Ci riparammo dai
detriti che vennerò sparati ovunque, una vampata di calore
ci
investì. Le sfumature scarlatte dell'incendio diedero colore
a quel
posto isolato.
Il mio cuore
accelerò il battito, di Hwoarang nemmeno l'ombra e io entrai
nel
panico. Steve mi fermò dal correre verso quell'inferno,
nella
speranza di vederlo uscire di lì senza un graffio ma sarebbe
stata
una scena da film e quello non era un film.
Lacrime calde
sgorgarono dai miei occhi, non riuscii a trattenermi. Gridai il suo
nome con tutte le mie forze e la mia voce mi sembrò quasi
sconosciuta. Steve mi teneva stretta tra le sue braccia e mi ripeteva
che non potevo andare da lui. Mi arresi dopo lunghi minuti di
disperazione.
L'incendio
continuò a bruciare a lungo e noi ci rifugiammo nell'aereo
per la
notte, ora che la minaccia era scomparsa, non sapevamo da dove
iniziare per continuare a vivere in quel nuovo mondo. Raven era
stranamente loquace, voleva sapere un mucchio di cose sul mio lavoro
alla G-Corp. senza però dare spiegazioni per tutte quelle
domande.
Il mattino
seguente venni svegliata dal forte rumore di elicotteri, raggiunsi
Steve e Ling fuori dall'aereo e vidi Raven in compagnia di Kazuya
Mishima.
La cosa mi sembrò
stranamente pericolosa e Steve sembrò concordare. Gli uomini
di
Kazuya ci circondarono, tenendoci nel mirino mentre Raven mi chiese
di consegnargli l'hard disk con tutti i dati che avevo rubato alla
G-Corporation.
Non ebbi molte
alternative, rischiavo di essere crivellata di colpi e con me anche i
miei amici. In ogni caso, con o senza la mia morte loro avrebbero
ottenuto ciò che volevano. Con la debole promessa che la
Mishima
Zaibatsu, controllata da Kazuya, avrebbe risolto il problema del
virus G nel mondo, consegnai l'hard disk.
La cosa peggiore
fu che a Kazuya non bastarono le mie informazioni, diede l'ordine di
portare via Ling. Raven era venuto a sapere della gravidanza,
probabilmente aveva origliato la nostra conversazione e aveva pensato
bene di riportare l'informazione al suo capo.
Kazuya Mishima si
sentì in potere di rivendicare quel bambino.
Tentammo di
ribellarci, inutilmente.
Vidi Ling venire
trascinata via, scalciando e urlando. Chiedeva aiuto e io non riuscii
a fare nulla.
Ancora oggi, dopo
anni dai fatti raccontati, i sensi di colpa non mi abbandonano. Pur
vivendo in questo piccolo avamposto immerso nella natura nei dintorni
di quello che un tempo doveva essere stato il Montana, con Steve e
pochi altri sopravvissuti, cerco ancora un modo per salvare Ling e
suo figlio dalle grinfie della Mishima Zaibatsu.
Fine.
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