Desiderando la vita

di Troyeshoney
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** atipica ***
Capitolo 2: *** "it's time to begin, isn't it?" ***



Capitolo 1
*** atipica ***


Un giorno mi sveglia con la consapevolezza di essere triste.
 Fin da piccola pensavo che ci fosse qualcosa di atipico in me, ma non credevo fosse “tristezza”. Quando mio padre abbandonò me e la mia famiglia, mia madre decise di portarmi dalla psicologa per capire come stessi affrontando la separazione . Beh, ricordo solo una cosa di quello studio: le bambole. La dottoressa continuava a chiedermi “ ti manca papà? Vuoi ancora bene a papa? Sai dov’è andato?”, mentre fissavo ininterrottamente l’enorme scatola di bambole e le rispondevo con dei sorrisoni sperando che avrebbe smesso di importunarmi. A fine seduta mi lasciava quindici minuti a giocare mentre, un po’ imbarazzata, ammetteva che fossi una bambina “normale” a mia mamma. Ed è proprio la routine, la normalità, ad avermi resa profondamente insoddisfatta della mia vita. Quando mi guardo allo specchio vedo una ragazza affascinante nel complesso, con qualche difettuccio come le mani troppo piccole, una valanga di nei sulla schiena, le gambe non esilissime, ma con dei lineamenti delicati e dolci che mi fanno apparire come la ragazza della porta accanto. La noiosamente tipica ragazza della porta accanto. A detta di mia madre, Ludovica, da bambina ero la più posata e tranquilla neonata di tutto il vicinato, non piangevo mai, non la svegliavo mai durante la notte, mangiavo tutto quello che mi dava. Una bambina perfetta. Poi cominciai a diventare sempre più silenziosa, cupa, asociale e mia mamma allora desiderò  che le avessi dato più problemi da piccola e che fossi più vivace.  Anche i miei tre migliori amici, Dario, Leonardo e Agnese, mi vorrebbero diversa, però mi conoscono da sempre, si sono abituati al mio brutto carattere e non cercando più di cambiarmi . Quando avevo 8 anni provai a diventare un’altra persona:  mi tagliai i capelli da sola e usai le bombolette spray di Halloween per farli rosa,  mi vestii  come una pop star dei poveri con i jean scoloriti dei tempi d’oro di mia mamma e dissi ai miei compagni di classe di chiamarmi “Kati con la i” (perché non sapevo ancora scrivere la y). Katy durò solo due settimane, gli insegnanti si preoccuparono del mio cambiamento e contattarono mia mamma che , ovviamente, mi rimproverò per aver dato problemi a scuola.   Da quel giorno decisi che ,per quanto mi sforzassi, non sarei mai diventata vivace, simpatica, particolare, solare. Ma il ventisei ottobre, cambiò tutto. Volevo essere felice. Desideravo la vita. 

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Capitolo 2
*** "it's time to begin, isn't it?" ***


Oggi, ventisei ottobre, svegliarmi è stato un trauma: ho delle profonde occhiaie attorno agli occhi e sento un freddo pungente alle dita delle mani e dei piedi, una sensazione insopportabile la mattina. Come ogni sera ho diligentemente sistemato un cardigan rosato, una camicetta bianca un po’ scollata e un paio di jeans slavati sulla sedia per evitare di perdere troppo tempo alle 6:00 scegliendo cosa indossare. Sotto questo punto di vista sono maniacale, mi piace essere sempre pulita, profumata e in ordine. E’ una fissazione che mi ha trasmesso mia madre che, essendo una dottoressa, ha l’obbligo di apparire sempre al meglio. Ricordo solo un giorno in cui usci di casa trasandata, con i capelli scompigliati e completamente struccata, il giorno in cui arrivarono i documenti per la separazione. Mia mamma amava ancora mio padre e non poteva sopportare che lui non fosse più innamorato di lei. Realizzò che stavano per lasciarsi quando si allontanò sempre più spesso da casa, quando smise di baciarla e quando iniziò a dirmi che sarebbe rimasto sempre il mio papà, qualunque cosa fosse successa. Alle 6:50 incontro Dario, che abita esattamente due case dopo la mia, sul viale e chiacchieriamo un po’ fino alla stazione del treno . Di solito ci dividiamo una sigaretta, oppure parliamo del film visto la sera prima in televisione, apprezzando i bellocci holliwoodiani e le modelle botulinate. Ma oggi e’ diverso… Lo percepisco dal modo di fumare, dal suo tenersi le mani in tasca, dal tono di voce un po’ finto. “ Ma la Rossini pensa di interrogare oggi? Ieri non ne avevo proprio di aprire libro… Sono andato alla pista di skate con Gabbo e Filo. Sai ogni tanto potresti venire…” afferma Dario mentre finge disinteresse. “ oh beh, è un’idea carina. Magari un giorno”. Non sono proprio capace a dire le bugie, la mia voce diventa stridula e mi viene da ridacchiare senza motivo. Dario sbuffa un po’, come fa sempre quando declino i suoi inviti, ma poi mi sorride dolcemente e mi stringe a sé schioccandomi un bacio sulla fronte. “Sei sempre la solita. Non puoi rintanarti in casa, devi vivere, cazzo. Sei un’adolescente, Ellie, è questo il momento di fare pazzie. “ Gli sorrido di sbieco, annuendo con la testa. Sto sprecando la mia vita, lo so bene. Finalmente raggiungiamo la stazione e veniamo separati dalla folla di pendolari che scendono dal treno. Dario continua a mantenere il contatto visivo e mi fa cenno di seguirlo verso un’entrata, ma voglio evitare la conversazione, non voglio dirgli come mi sento, non voglio piangere davanti a lui. Lo ignoro ed entro in un’altra carrozza dove cerco disperatamente un posto libero e mi immergo nei miei pensieri. Dario ha ragione, dovrei uscire più spesso, incontrare gente nuova, restare sveglia fino a tardi, godermi la mia età. Eppure c’è un peso, un macigno, che mi grava sul petto, sulla testa, dappertutto. Forse sono antropologicamente inadatta a tutto questo, forse non merito la felicità. Socchiudo gli occhi finche non comincia a vibrarmi insistentemente lo smartphone. “ oh ma dv sei finita??” Sul display compare “ d.” e conosco un solo “d”. Nella rubrica avrò si e no quindici contatti, la maggior parte sono parenti e poi ci sono i numeri di emergenza. “scusa, c’era cosi tanta gente che non riuscivo proprio a raggiungerti” gli rispondo pensando che non avrei proprio futuro come inventricediballecolossali. “okay, ti perdono , nana . Tra 10 minuti arriviamo, speriamo non mi interroghiiiiii” Alle 11:05 la Rossini annuncia che oggi avrebbe interrogato e alle 11:07 Dario è alla lavagna visivamente impaurito. La Rossini è una signora di mezza età, grassoccia, un po’ pelosa, e soprattutto impaziente.Si narra che sia nel nostro Liceo da quando ancora non c’erano i bagni e gli studenti erano costretti ad esplicare i propri bisogni a casa. Guardando lo stato dei bagni oggi, presumo siano passati circa 80 anni. Fissa il mio amico con aria di sfida, da sotto gli enormi occhiali rossi mentre si passa tra le mani la penna rossa. La temibilissima penna rossa . “Sporta non ho tutta l’ora” afferma mentre sorseggia il rimasuglio di caffè. Dario mi cerca con lo sguardo supplichevole e, come sempre, inizio a suggerirgli le risposte con il labiale che, come un programma in differita, replica pochi millesimi di secondi dopo. Riusciamo a concludere l’interrogazione con un sudatissimo 7/8, Dario mi ringrazia facendomi l’occhiolino e sorridendomi mentre la Rossini segna il voto sul registro. Sono sempre felice quando prende un bel voto, mi sento, almeno per un minuto, importante. Okay, ditemi cosa ne pensate please! E' la prima volta che scrivo qui e... non ci sono abituata haha ps: scusatemi per i possibili errori, ho un pc in disuso che non ha gli accenti. perdonatemi ! :) A.

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