Life Itself

di redbullholic
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Premesse
- Lieve cross-over con NCIS, non fa nulla se non conoscete il telefilm, mi serve solo per far entrare in scena il mio personaggio!
- Kelly Gibbs, il mio personaggio appunto, proviene da NCIS. Era un personaggio marginale che ha fatto pochissime comparse, per di più indirette, e che io ho "adottato". Ribadisco, non è necessario conoscere l'altro telefilm per capire la storia.
- Nonostante i protagonisti siano gli stessi (meno qualcuno), questa storia è completamente slegata da Countin' on a Miracle, la storia che ho finito di scrivere qualche giorno fa.
- Chiedo immensamente scusa al grande Bruce Springsteen per usare i suoi titoli e le sue frasi per queste schifezze, ma la sua musica mi ispira troppo per scrivere!
Buona lettura!




Kelly si sciacquò la faccia con l’acqua gelata e guardò la sua immagine riflessa allo specchio. Quasi non si riconosceva più. Si vedeva più magra, il suo volto era più scavato e la pelle era stata scurita dal sole che su quell’isola non mancava mai. E pensare che erano passati solo quattro mesi da quando aveva accettato quella missione, missione che per fortuna sarebbe terminata di lì a poco. Non ne poteva più di quella vita, di stare sempre in guardia, di non poter fidarsi di nessuno, di non avere nessuno. Era circondata dal lusso più sfrenato, ma era sola.
Più di una volta si era chiesta cosa l’avesse spinta ad accettare, a calarsi nei panni di un’altra persona per cercare di guadagnarsi la fiducia di un pericoloso trafficante di armi, per poi passare le informazioni raccolte alla sua squadra. E ogni volta, non trovava la risposta che cercava. Avevano detto che lei, nonostante fosse la più giovane, era la più adatta. E lei, andando contro persino a suo padre, aveva semplicemente detto sì.
Da quattro mesi aveva rinunciato alla sua vita e si era calata in quella della sua falsa identità: Maike, una ragazza di origini tedesche con un passato alquanto burrascoso, espulsa dall’accademia militare per cattiva condotta, e per questo un’ottima alleata per la banda di trafficanti.
-Maike- la chiamò quella voce, la voce che tanto odiava.
La ragazza si asciugò il volto ancora umido, prese un respiro profondo ed entrò nell’immenso salone -Sì, capo?-.
Carlos Berger, seduto su una grossa poltrona al centro della stanza, le fece cenno di avvicinarsi -Domani Harrison manderà l’ultimo carico- annunciò, allungando pericolosamente una mano verso la sua coscia -Prepara il motoscafo per il trasporto- cercò di sfiorarle la gamba ma Kelly si ritrasse bruscamente. Il solo pensiero di un contatto fisico con quell’uomo la faceva rabbrividire.
-Sarà fatto- rispose lei, la voce priva di qualsiasi emozione. Dopodiché uscì, la mano stretta intorno all’impugnatura della nove millimetri dalla quale non si separava mai. Sospirò; l’indomani, oltre a quel carico di armi, sarebbe arrivata anche la sua squadra, mettendo fine a tutta quella storia.

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


-Mmh, proprio un bel posticino- commentò Semir, appena sceso dall’aereo.
-Già, davvero niente male- gli fece eco André -Dici che la Engelhardt se la prenderà se non torniamo indietro?-.
-Probabilmente verrà a cercarci per ucciderci di persona- ridacchiò il collega.
-Nah, piuttosto assumerà qualcun altro da affiancare al collega che cerca di rifilarci da settimane- ribatté l’altro, riferendosi alla decisione che la Engelhardt di affiancargli un terzo collega, decisione che nessuno dei due aveva accolto di buon grado.
Semir sbuffò -Già… Comunque, mi sa che quando torniamo non la scampiamo. Troveremo un novellino da addestrare-.
André sbuffò a sua volta, poi tornò immediatamente serio -Allora, da dove cominciamo?-.
-Prima di tutto, direi di trovare un mezzo di trasporto- disse Semir.
I due camminarono per un po’, con in sottofondo le lamentele di Semir che riteneva di essere troppo stanco e affamato per muovere anche un solo passo. Arrivarono a un piccolo autonoleggio non lontano dall’aeroporto.
-Ehi Semir, che ne dici di quelle?- chiese André con gli occhi che quasi gli brillavano, indicando due grosse Harley Davidson parcheggiate lì davanti.
Semir lo guardò stralunato -Che? Ma sei matto? Dove pensi di andare con quelle?-.
Ma l’altro non voleva sentir ragioni, e poco dopo i due agenti lasciavano l’autonoleggio a bordo delle due moto, con Semir che non sapeva più come tenersi aggrappato alla sua, che era quasi più grande di lui.
Era scesa la sera quando finalmente André cedette ai lamenti del collega, fermandosi in un piccolo locale sul mare.
-Ho capito perché hai scelto proprio questo posto- commentò Semir, alludendo al gran via vai di ragazze vestite con abitini decisamente troppo corti.
-Ma sta zitto- ribatté André -Hai per caso visto qualche altro locale lungo la strada?-.
In effetti, a parte qualche piccolo bar deserto, Semir doveva ammettere che in quel posto non c’era molto; così, spinto anche dai morsi della fame, seguì il collega all’interno.
Si sedettero a un tavolino vicino alla porta e ordinarono. Furono serviti quasi subito da due ragazze che non esitarono a fare loro diverse avance, alle quali Semir arrossì violentemente, biascicando un "Sono già impegnato".
A fine pasto chiesero il conto, e Semir impallidì nel leggerlo -Duecento dollari?!- esclamò -Tutta colpa tua e del tuo Champagne!- inveì poi contro il collega.
-Ma se ne era un goccio!- protestò André.
In quel momento la porta alle spalle di Semir si aprì, e Carlos Berger fece il suo ingresso nel locale, accolto da risatine e sguardi ammiccanti da parte delle ragazze. Ad André quasi andò di traverso il poco Champagne che gli era rimasto nel bicchiere quando lo vide. Non gli staccò gli occhi di dosso un solo secondo, studiando ogni suo movimento e pensando al da farsi. Era evidente che fosse l’uomo più potente di tutta l’isola, e che se lo avessero fermato e interrogato senza poi concludere nulla, lui e Semir si sarebbero poi trovati in guai grossi, con i suoi uomini alle costole. Un’idea malsana iniziò a farsi largo nella sua mente. Per quanto provasse a scacciarla, era convinto che fosse l’unico modo per ottenere qualche informazione in più.
-André? Mi stai ascoltando?- Semir lo riportò alla realtà.
-Eh?- André si riscosse da quella specie di trance -Che hai detto?-.
Semir alzò gli occhi al cielo, esasperato -Sì vabbè… l’importante è che tiri fuori cento dollari. Prima ce ne andiamo di qui e meglio è…-.
André stava per assecondare il collega quando si accorse che Berger stava uscendo dal locale. Senza pensarci due volte, si alzò e lo seguì.
-Scusa, devo andare. Non seguirmi, ti chiamo appena posso- disse concitatamente a Semir, prima di uscire.
-Ma porca… André!- anche Semir si alzò e fece per seguirlo, ma non appena vide Berger fuori dal locale si irrigidì e si ammutolì di colpo. Vide il collega parlottare con Berger, prima di salire sulla sua jeep e sparire nella notte.
Semir pagò il conto e uscì anche lui. Una volta raggiunte le due moto, tirò un calcio rabbioso a quella di André; non sapeva se era più infastidito dal fatto che André avesse ancora una volta agito di testa sua senza dargli la possibilità di aiutarlo o dall’aver dovuto sborsare duecento dollari per colpa sua.
 
-Gran bella jeep- disse André, avvicinandosi a Berger.
-Già. Somiglia a quella dell’esercito- rispose compiaciuto l’altro. Dopo aver lanciato un’occhiata carica d’orgoglio al suo mezzo, si voltò verso André e gli porse la mano -Carlos Berger- si presentò.
André la strinse -André-.
-E dimmi, André, cosa ti porta proprio qui a Maiorca?-.
-Soldi. Tanti soldi da buttare-.
Berger rise, soddisfatto -Allora sei nel posto giusto. Per cominciare, questa sera sarai mio ospite-.
A quelle parole André sentì una strana e orribile sensazione alla bocca dello stomaco. Improvvisamente l’idea che aveva avuto non gli sembrava poi così geniale. Non aveva una copertura, e non avrebbe resistito a lungo così. Si sforzò di assumere un’espressione che non tradisse i suoi timori.
-Avanti, salta su- lo esortò Berger, accennando alla jeep.
Con i piedi che sembravano essere diventati pesantissimi, André raggiunse la jeep e prese posto sul sedile del passeggero. 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


La jeep si fermò poco dopo di fronte a un’enorme villa illuminata a giorno, circondata da un giardino ancora più grande e ben curato. Dall’interno proveniva della musica che lasciava intuire che fosse in corso una festa.
Infatti, non appena André mise piede in casa quasi venne soffocato da un’orda di persone, la maggior parte ragazze giovanissime e mezze nude. Berger guidò André verso una grossa tavolata al centro del salone, e gli offrì una coppa di Champagne decisamente migliore di quello che aveva bevuto a cena.
-Se la tua vita sessuale non ti soddisfa, basta dirlo- ridacchiò Berger, alludendo alle ragazze.
-Niente male- commentò André, nonostante la musica così forte e tutte quelle persone gli stessero provocando un mal di testa allucinante.
Per tutta la serata Berger non lo perse di vista un secondo, e André cercò di farlo parlare il più possibile per cercare di carpire qualche informazione in più su di lui e la sua famiglia, sul quale omicidio stavano indagando lui e Semir.
Improvvisamente l’attenzione dell’ispettore fu catturata da una figura incappucciata che aveva appena varcato la soglia. Era decisamente troppo minuta per essere un uomo, infatti poco dopo il cappuccio ricadde all’indietro, scoprendo una folta chioma bionda che incorniciava il viso sottile di una ragazza. André capì immediatamente che aveva un altro ruolo rispetto alle sue coetanee che affollavano la stanza, non solo dall’abbigliamento sportivo e lacero ma anche dal suo sguardo. Era perso nel vuoto, privo di qualsiasi emozione.
La ragazza individuò Berger e si fece largo tra la folla per raggiungerlo.
-Tutto a posto- gli disse, talmente piano che con tutto quel frastuono André dovette leggere il labbiale per capire.
-Perfetto- l’espressione di Berger si fece ancora più rilassata -Oh Maike, ti presento André- disse poi, ricordandosi dell’altro uomo accanto a lui -E’ mio ospite. Per favore mostragli il suo alloggio, devo fare una telefonata- così dicendo si allontanò, non prima di aver tentato ancora una volta di sfiorare il corpo della giovane, ritrattasi immediatamente.
André guardò quella Maike dritto negli occhi. Gli bastò un secondo per capire che nascondeva qualcosa, qualcosa di grosso che probabilmente la divorava dentro. La ragazza distolse immediatamente lo sguardo dal suo e gli fece cenno di seguirlo.
 
A Kelly era bastato incrociare per un solo istante lo sguardo di quell’uomo per rendersi conto che non era uno dei soliti ricconi tedeschi fuggiti a Maiorca in cerca di un po’ di svago. Lo guidò al piano superiore, dove più che stanze da letto c’erano dei veri e propri appartamenti in miniatura. Si fermò davanti alla prima porta del corridoio.
-La tua stanza- disse, freddamente.
L’uomo la ringraziò e aprì la porta. Una volta che l’ebbe aperta Kelly afferrò la pistola e gliela premette contro la nuca -Tu non sei chi dici di essere- ringhiò velenosa, chiudendosi la porta alle spalle con un calcio.
Quello si irrigidì immediatamente e fece per alzare le mani. Quel gesto tranquillizzò Kelly, che diminuì appena la pressione. Evidentemente però, l’uomo aspettava solo quello. Senza darle neanche il tempo di accorgersene si voltò di scatto e le afferrò il polso, facendole cadere la pistola, e la tirò verso di se, in modo da poter afferrarle anche l’altro braccio e immobilizzarglieli entrambi dietro la schiena.
-Neanche tu, secondo me- sibilò lui al suo orecchio.
Kelly tirò indietro la testa e si voltò più che poteva per guardarlo in faccia -Sei un agente, eh?- disse, con aria da strafottente.
-Prima parli tu- ribatté l’altro, senza allentare la stretta.
-Tranquillo, l’ho capito da come hai reagito- disse Kelly, rilassandosi -E io sto dalla tua parte. Quindi, per favore, lasciami-.
L’uomo non la lasciò -Agente di quale agenzia, di grazia?-.
-Vengo da Washington. Sono dell’NCIS-.
-E che roba è, una malattia?!-.
Kelly alzò gli occhi al cielo -E’ la squadra investigativa della Marina Americana, idiota-.
L’uomo finalmente le lasciò i polsi doloranti, che Kelly si massaggiò immediatamente -Tu invece?- gli domandò, recuperando la pistola e riponendola al sicuro nella fondina.
-Polizia Autostradale di Colonia, Germania- le rispose, senza smettere di guardarla in cagnesco, probabilmente perché gli aveva dato dell’idiota.
Kelly sgranò gli occhi -Che?! E che cosa ci fai qui, le multe per eccesso di velocità?-.
Lui ignorò la frecciatina -Indago su Carlos Berger come possibile mandante di un omicidio-.
-Omicidio?!-.
-Sì, è sospettato di aver ordinato di uccidere la moglie, che si trovava a Colonia, probabilmente per riavere il figlio che viveva con lei-.
-Quindi non sai che è un pericoloso trafficante d’armi, armi che si fa passare direttamente dalla Marina, suppongo-.
Stavolta fu lui ad assumere un’espressione sorpresa -No, non ne sappiamo niente…-.
A Kelly sfuggì un sorrisetto -Come sospettavo. È per questo che sono qui, per sventare i suoi traffici una volta per tutte- fece una pausa -Comunque, avrai intuito che non mi chiamo Maike. Sono Kelly, Kelly Gibbs- gli tese una mano.
L’uomo la strinse -André Fux-.
Kelly, che sembrava essersi calmata, tornò ad innervosirsi. Quel nome, era lo stesso che aveva sentito pronunciare da Berger quando glielo aveva presentato -Vuol dire che sei qui senza una copertura?!- dovette trattenersi dal non urlare.
André scrollò le spalle -Veramente, ho deciso di ‘infiltrarmi’ appena qualche ora fa-.
Kelly si batté il palmo della mano sulla fronte -Non ci posso credere…- mormorò -Sono quattro mesi, quattro mesi, che sono qui sotto copertura, e finalmente ho l’occasione di mettere fine a tutto, tra meno di ventiquattr’ore- aggiunse a denti stretti -E non ho la minima intenzione di farmi rovinare tutto da un’idiota senza uno straccio di copertura che rischia di farsi scoprire da un momento all’altro!-.
-Non mi farò scoprire- rispose André con aria di sfida, piazzandosi di fronte a lei e sovrastandola.
-Te lo dico io cosa farai tu- Kelly lo trafisse con lo sguardo -Domattina ringrazierai per l’ospitalità e sparirai dalla circolazione, almeno finché non avrò portato a termine la mia missione, chiaro?!-.
-Cristallino-.
La ragazza era quasi sicura che quel poliziotto non le avrebbe dato retta, ma decise di lasciar perdere -Buonanotte- disse, gelida, prima di uscire sbattendo la porta.
 
 “Che caratterino” fu la prima cosa che passò per la testa ad André, una volta rimasto solo. Decise di informare immediatamente Semir di quello che aveva scoperto.
-Ma dico, ti sei bevuto il cervello?!- la voce del collega dall’altra parte del telefono quasi gli perforò il timpano -Posso sapere quali sono le tue intenzioni?!-.
-Calma Semir, e stammi a sentire una volta tanto- lo placò André, ed iniziò a raccontargli di Kelly.
-André, ti sei cacciato in un bel guaio se davvero c’è di mezzo la Marina Americana…- biascicò Semir, una volta che il collega ebbe finito il suo racconto.
-Informa la Engelhardt- tagliò corto André.
-Certo che la informo, ma tu faresti meglio a seguire il consiglio di quell’agente…- provò a dissuaderlo Semir, pur sapendo che era tutto inutile.
-Io resto qui, Semir- così dicendo chiuse la telefonata, senza neanche salutare il collega.
Ripose il cellulare e si spogliò. Si trascinò fino al bagno, dove si sferzò il volto stanco con l’acqua gelida. Dopodichè tornò in camera e si lasciò cadere sull’immenso letto che dominava la stanza. Nonostante non si sentisse affatto tranquillo in quella casa, la stanchezza del viaggio e degli avvenimenti di quel giorno ebbe ben presto la meglio su di lui e lo trascinò in un sonno agitato.

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Quella notte Kelly non dormì molto. Era a un passo dalla libertà, e non poteva permettersi neanche un minimo errore. Non poteva farsi scoprire all'ultimo. Trascorse diverse ore a rimuginare se aveva fatto bene a rivelarsi a quel poliziotto. E se qualcuno li aveva sentiti discutere? Berger aveva orecchie ovunque in quella casa... In ogni caso, si era resa conto di essere stata decisamente troppo impulsiva. Lo stress l'aveva tradita, viveva in quell'ambiente ostile da troppo tempo e vedere una 'faccia amica', anche se sconosciuta, le aveva fatto mettere da parte per un momento qualsiasi cautela. Solo una cosa la preoccupava in quel momento: che quel poliziotto facesse saltare la sua copertura. Ce l'aveva scritto in faccia che era della polizia, e Kelly temeva che come l'aveva capito lei poteva intuirlo anche Berger.
Era da poco sorto il sole quando Kelly sgusciò fuori dal letto e si vestì. Attenta a non fare il minimo rumore, scese al piano di sotto e uscì. S'incamminò lungo la stradina sterrata che portava in paese, stretta nella felpa per l'aria ancora fresca del mattino.
Non passò molto prima che si accorgesse del rumore di passi dietro di lei. Istintivamente sfoderò la pistola, che nascose nella manica della felpa, prima di voltarsi, ogni singolo muscolo del corpo in tensione. Quando si accorse di chi la stesse seguendo, era incerta se tirare un sospiro di sollievo o premere il grilletto.
-Ancora tu?!- sibilò, rimettendo a posto l'arma.
-Buongiorno anche a te- André, in tuta da ginnastica, sfoderò un sorriso sornione.
Kelly sentì il sangue ribollirle di rabbia -Perché mi stai seguendo? Non ti avevo detto di sparire?-.
-Sto semplicemente andando a correre- rispose innocentemente lui.
Kelly sbuffò. Quell'uomo era dannatamente irritante. Riprese a camminare, sforzandosi il più possibile di ignorarlo.
-Dove stai andando?- le chiese dopo un po' che camminavano in perfetto silenzio, spezzato solo dal rumore dei loro passi.
-Affari miei- disse Kelly, bruscamente -Tu perché non te ne torni a fare le multe sull'autostrada? Standomi incollato senza una copertura rischi di far saltare la mia!-.
-Devo prendere Berger e sbatterlo dentro- sentenziò André, ignorando la frecciatina sulle multe.
-Beh, almeno su una cosa siamo d'accordo- a Kelly sfuggì l'accenno di un sorriso, e parve calmarsi -Comunque, tu devi assolutamente sparire, rischi seriamente di mandarmi a monte la missione-.
-Non succederà nulla di quello che temi- affermò l'uomo con sicurezza.
Kelly alzò gli occhi al cielo, esasperata. Erano ormai arrivati in paese. Entrò nel bar in cui si rifugiava sempre quando aveva bisogno di qualche minuto di pausa, e prese posto al suo solito tavolo, il più isolato dagli altri e lontano dal bancone. Ordinò un caffè mentre André, che l'aveva seguita e si era seduto di fronte a lei nonostante l'occhiataccia ricevuta, prese un succo di mela.
Cercando di convincersi che se lo avesse ignorato prima o poi avrebbe desistito, prese il cellulare e compose il numero di suo padre.
-Gibbs- rispose immediatamente la voce calda di Leroy Jethro Gibbs, facendole per un attimo dimenticare tutto il resto. Erano giorni che non lo sentiva e ogni telefonata, per quanto breve potesse essere, era come una boccata d'aria pulita.
Come tutte le altre, la telefonata non durò molto. Kelly gli confermò orario e luogo della consegna, e il suo cuore quasi perse un battito quando suo padre la informò che lui e il resto della squadra erano già sull'isola, accampati poco lontano dal luogo della consegna. Kelly moriva dalla voglia di correre da loro, ma sarebbe stato un gesto estremamente avventato e non poteva permetterselo.
Chiuse la telefonata e si concentrò sul suo caffè, evitando accuratamente di incrociare lo sguardo di André.
-Che ne dici di una collaborazione?- propose lui poco dopo.
-Assolutamente no- Kelly lo fulminò.
-Ragiona: voi volete Berger, io pure. Una collaborazione è la soluzione perfetta per entrambi-.
-Vuoi sapere qual'è la situazione veramente perfetta per entrambi?- Kelly si sporse verso di lui con aria di sfida -Tu sparisci, mi fai fare il mio lavoro, e quando avremmo arrestato Berger ne riparleremo-.
André sfoderò un sorrisetto divertito. Gli piaceva la determinazione di quella ragazza, ma allo stesso tempo lo irritava da morire.
Senza dargli tempo di replicare, Kelly pagò il conto anche per André e uscì, dirigendosi controvoglia verso casa di Berger. Ovviamente, dopo pochi metri si trovò di nuovo il poliziotto che le camminava a fianco come nulla fosse.
-Quale parte di 'sparisci' non ti è chiara?- sbottò la ragazza, esasperata.
-Non credi che se sparissi così di colpo Berger si insospetterebbe ancora di più?- le fece notare André -Lo saluto, lo ringrazio per l'ospitalità e tolgo le tende. Promesso-.
Kelly doveva ammettere che aveva ragione, ma fece di tutto per non farlo trasparire. Sbuffando continuò a camminare, chiedendosi fino a che punto André avrebbe mantenuto la promessa.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Non appena raggiunsero l'enorme villa, i due trovarono la jeep di Berger parcheggiata davanti al cancello principale. Berger era seduto sul cofano, intento a fumare un sigaro con aria distratta. Kelly fu improvvisamente attanagliata da una bruttissima sensazione, che le diceva che la cosa migliore in quel momento era girare i tacchi e fuggire il più velocemente possibile. Dovette fare appello a tutte le sue forze per non dar ascolto a quella sensazione.
-Oh, immaginavo foste insieme- sorrise Berger non appena li vide. Un sorriso che non lasciava intendere nulla di buono -Hai anche buon gusto in fatto di donne amico, complimenti- disse poi rivolto ad André, facendogli l'occhiolino.
Kelly non poté trattenersi dal lanciargli un'occhiata truce.
-Voglio assolutamente farti vedere l'isola- sentenziò Berger, sempre ad André, che non poté replicare. Fu costretto ad andare in camera a cambiarsi, e salire pochi minuti dopo in auto con Berger e Kelly.
Chilometro dopo chilometro, Kelly sentiva l'agitazione salire sempre di più. Sentiva che c'era qualcosa che non andava nell'aria, e che non sarebbe successo nulla di piacevole.
La jeep si fermò in cima a un promontorio dalla quale si aveva una vista spettacolare di buona parte dell'isola. Berger invitò i due a scendere e con orgoglio spiegò ad André che quello era uno dei suoi posti preferiti su quell'isola, dove si recava spesso e dove aveva intenzione di far costruire un piccolo rifugio per lui e suo figlio, quando sarebbe arrivato dalla Germania. L'uomo fu però interrotto dal suo cellulare che squillava.
-Scusate, devo rispondere- si scusò, allontanandosi di qualche metro e lasciandoli soli.
-Non appena torniamo alla casa sparisci e fai perdere le tue tracce- sussurò concitatamente Kelly ad André -Ho un bruttissimo presentimento-.
-Devo ammetterlo, anche io ce l'ho- rispose André a bassa voce.
I due si zittirono immediatamente quando sentirono i passi di Berger avvicinarsi. Prima che potesse rendersene conto, Kelly sentì la canna di una pistola premuta dietro la nuca fino a farle male. Un istante dopo Berger le afferò entrambi i polsi con la mano libera, così forte che la ragazza credette volesse spezzarglieli. André, attonito, osservava impotente la scena, col respiro mozzato dalla paura.
-Non so chi sia tu, ma so chi è lei- sibilò Berger, rivolgendosi ad André -E da come vi siete subito appiccicati, deduco che sei uno sbirro anche tu-.
Prima che André potesse replicare, Berger colpì violentemente Kelly con il calcio della pistola, facendole perdere i sensi.
-Se non vuoi che la ammazzi, vedi di non fare storie- disse poi, la voce carica d'odio, mentre caricava il corpo inerte della ragazza sui sedili posteriori. Dopodiché puntò l'arma verso André e lo fece salire davanti, prima di rimettersi alla guida della jeep e partire a tutta velocità.
 
Semir aveva perso la cognizione del tempo. Non sapeva dire da quanto ormai percorreva il perimetro della sua piccola stanza d’albergo, torcendosi nervosamente le mani. Il suo cellulare, abbandonato sul letto disfatto, era silenzioso dalla sera prima, da quando aveva telefonato alla Engelhardt per metterla al corrente della situazione. Anche la donna si era detta preoccupata dalla decisione impulsiva di André, ma aveva espressamente ordinato a Semir di non intervenire,  o avrebbe sicuramente peggiorato le cose.
Così, al povero ispettore turco non era rimasto altro che aspettare di avere notizie dal collega, notizie che però non arrivavano. Qualcosa in lui gli diceva che era successo qualcosa, qualcosa di molto brutto. Eppure gli ordini del capo erano chiari, e doveva ammettere che aveva ragione. Fare irruzione a casa di un elemento così pericoloso, per di più da solo, senza la certezza che André fosse davvero in pericolo, era come firmare la propria condanna a morte insieme a quella del collega. Ma starsene lì con le mani in mano lo stava lacerando nel profondo.
Quando il suo cellullare trillò quasi credette di avere un infarto. Si tuffò sul letto, e quasi ci rimase male quando sul display lesse il nome della Engelhardt.
-Gerkhan, sono riusicta a mettermi in contatto con la Marina- esordì senza troppi convenevoli, e il suo tono di voce trasudava preoccupazione.
-Ha scoperto qualcos’altro?- chiese Semir, mentre un grosso nodo gli si formava in gola, rendendogli difficile persino parlare.
-Sono già arrivati sull’isola- spiegò il capo -La consegna di un grosso carico di armi è prevista per questa sera, in un una delle zoni più ostili dell’isola e di conseguenza disabitata-.
-Sì, André mi aveva detto che c’entravano le armi…-.
-Il punto è che da stamattina presto non hanno più notizie del loro agente infiltrato. Avrebbero dovuto ricevere una sua chiamata mezz’ora fa- concluse la Engelhardt con tono grave -Lei ha notizie di Fux?- chiese, pur conoscendo già la risposta.
Semir sentì come se la terra si fosse aperta sotto i suoi piedi e l’avesse inghiottito, trascinandolo in un baratro buio e senza fondo -No…- rispose con un filo di voce.
La donna all’altro capo del telefono sospirò ed esitò prima di riprendere -Darò immediatamente disposizioni perché venga aperto un conto a mio nome dal quale lei può prelevare illimitatamente, e cercherò di metterla in contatto con la Marina. E si procuri un’arma- disse, cercando di mantenere un tono neutro e autoritario.
-Sì…- fu la flebile risposta dell’ispettore.
-Mi raccomando Semir, non faccia sciocchezze- lo richiamò la voce del capo, e per un momento divenne calda e materna - E lo trovi-.
I due riattaccarono senza neanche congedarsi. Semir rimase per qualche istante ancora con il telefono a mezz’aria, lo sguardo perso e fisso sulla parete di fronte a se. Era successo qualcosa, ora ne aveva la certezza.
Si riscosse da quella specie di trance e scattò in piedi. Recuperò le poche cose che si era portato e uscì di corsa dalla stanza. Sarebbe voluto correre verso la villa di Berger, ma era solo e disarmato. Si sarebbe prima di tutto procurato una pistola, poi avrebbe cercato la squadra della Marina e li avrebbe convinti ad aiutarlo. Se anche la loro agente era in pericolo, di sicuro avrebbero accettato. E anche se si fossero rifiutati, lui sarebe andato lo stesso.
Doveva salvare André, ad ogni costo.

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Non appena Kelly provò ad aprire gli occhi, una fitta lancinante alla testa la costrinse a richiuderli di scatto. Era rannicchiata a terra, probabilmente su un pavimento roccioso. L’ambiente era umido e freddo. Da quel poco che era riuscita a vedere c’era pochissima luce. Evidentemente si trovava in una grotta, una cantina o qualcosa del genere. Nonostante il dolore alla testa cercò di fare mente locale e ricordare cosa fosse successo, ma i suo ricordi si fermavano sul promontorio, quando si era sentita afferrare da dietro ed era stata colpita. “Non so chi sei tu, ma so chi è lei” aveva detto Berger ad André, quindi l’aveva scoperta. E quelle parole le dicevano che non era stata la presenza dell’ispettore tedesco a far saltare la sua copertura. Probabilmente si era tradita prima del suo arrivo, anche se ciò le sembrava quasi impossibile visto che in quei quattro mesi era sempre rimasta vigile e concentrata sul suo obiettivo. Si domandò che fine avesse fatto André. Se fosse riuscito a fuggire o se avesse svelato la sua identità e Berger l’avesse punito. A quel pensiero un brivido freddo le percorse inspiegabilmente tutto il corpo. Nonostante la sua giovane età era addestrata a dover fare i conti con la morte quasi quotidianamente, eppure pensare che quell’uomo fosse morto la rattristava.
Quasi in risposta ai suoi timori, muovendosi sentì una presenza, il calore di un corpo, accanto a lei. Concentrandosi riuscì a percepire il suo respiro regolare. Si costrinse a riaprire gli occhi e a girarsi, e il tutto le provocò altre dolorose fitte alla testa, che passarono in secondo piano quando vide André, disteso a pochi centimetri da lei, che dormiva. Si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo. Almeno era vivo, e non era rimasta sola.
Si guardò intorno: si trovavano in una grotta scavata nella roccia, illuminata appena dalla flebile luce di una lampadina. L’entrata era sigillata da un pannello di legno. Si sollevò leggermente, puntellandosi con i gomiti. La testa le faceva talmente male che aveva la vista annebbiata. A parte il colpo alla nuca che le aveva fatto perdere i sensi e provocato quelle fitte, non constatò altre ferite. Ovviamente era stata privata della sua pistola e del cellulare.
-Dovresti riposare, non hai una bella cera- la voce di André alle sue spalle la fece sussultare.
-Sto benissimo- mentì lei -E devo trovare il modo di uscire di qui e raggiungere la mia squadra…-.
-Siamo bloccati, la porta è chiusa bene, dall’esterno-.
Kelly sbuffò -Sono una stupida. Mancava così poco, e mi sono fatta scoprire!-.
André inarcò un sopracciglio, sorpreso. Si era preparato ad essere attaccato da lei, incolpandolo di averle mandato a monte quattro mesi di copertura.
-Che ne farà di noi ora?- chiese la ragazza poco dopo.
-E chi può saperlo- rispose André laconico -Quell’uomo è un pazzo furioso, e impazzirà ancora di più quando scoprirà di suo figlio…-.
-Perché, cosa gli è successo?- domandò Kelly, pur essendo sicura di conoscere già la risposta.
-E’ stato ucciso per errore da uno dei suoi tirapiedi che puntava alla moglie-.
Solo in quel momento Kelly capì quali erano le reali intenzioni di Berger. Riuscì finalmente a dare un senso a quei brandelli di conversazione colti in casa e che aveva inizialmente ritenuto inutili per la sua missione; con il ricavato della vendita delle armi sarebbe fuggito con suo figlio, sparendo per sempre dalla circolazione e facendosi una nuova vita da qualche altra parte.
-Merda…- fu l’unica cosa che riuscì a dire.
-Comunque, lui ancora non lo sa, e questo è un vantaggio per noi- affermò André.
-Sì, ma prima o poi lo scoprirà… e quando succederà si ritroverà senza figlio e senza i soldi delle armi… a quel punto, potrebbe anche far saltare in aria l’isola per quanto ne sappiamo- Kelly impallidì al solo pensiero, mentre pronunciava quelle parole.
-Beh, sarebbe una fine migliore per noi, rispetto al morire di fame qui dentro- disse André.
Kelly scosse il capo -Non ci lascerà morire di stenti, purtroppo. Non è nel suo stile. Sarà qualcosa di molto… plateale-.
-Fantastico-.
-Già-.
La ragazza strisciò fino alla parete più vicina e ci si appoggiò. Si rannicchiò su se stessa e chiuse gli occhi, battendo leggermente i denti. Aveva freddo, la testa le faceva male e le provocava una nausea tremenda. E per la prima volta in vita sua aveva davvero paura di morire. Perché quella volta era sicura di non scamparla. Berger li avrebbe uccisi, e se per puro caso la sua squadra fosse riuscita a prenderlo prima, sarebbero veramente morti di stenti prima che qualcuno li trovasse. Non sarebbe bastata l’intera NCIS per setacciare tutta l’isola.
Sussultò quando sentì qualcosa di caldo avvolgerle le spalle. Aprì gli occhi e si ritrovò avvolta nella giacca di pelle di André; l’interno era foderato di stoffa morbida e aveva un buon profumo. André era seduto poco lontano da lei e fissava il vuoto davanti a se. Si sorprese ad osservarlo, per la prima volta da quando si erano incontrati. La t-shirt nera che indossava aderiva perfettamente al suo corpo, asciutto e muscoloso. Il volto era tirato, scavato dalla stanchezza, i capelli corti, dritti e spettinati.
-Grazie- mormorò, stringendosi più che poteva nella giacca.
-Il mio collega ci troverà- asserì André dopo un po'.
-Lo spero davvero- rispose Kelly, prima di cedere al sonno.
 
-Come sarebbe a dire che non possono rivelare la loro posizione?!- gridò Semir al cellulare, ignorando che dall’altra parte ci fosse il suo capo.
-Dicono che è troppo rischioso, qualcuno potrebbe seguirla, scoprirla e mandare a monte l’operazione- rispose pacata la Engelhardt.
-Al diavolo la loro operazione! André è in pericolo!-.
-E lo è anche il loro agente. Penseranno anche a Fux. La cosa non va a genio neanche a me, ma non possiamo fare altro- tagliò corto la donna, cercando di rimanere il più calma possibile, ma Semir era un fiume in piena.
-E io dovrei fidarmi? Perché non posso collaborare con loro? È più importante una stupida operazione della vita di due agenti?!- ormai aveva il ricevitore del telefono in bocca, e si costrinse ad abbassare la voce quando si accorse che alcuni passanti lo stavano guardando.
-Semir, stiamo parlando della Marina Americana. Sono militari, e Fux non potrebbe essere in mani migliori-.
-Per quanto mi riguarda potrebbe venire anche il presidente degli Stati Uniti in persona, ma voglio collaborare  con le ricerche-.
A quel punto il tono del capo si fece duro e tagliente -Gerkhan- lo richiamò -Mi ascolti bene. Lei è uno dei miei migliori agenti e non sa quanto vorrei che avesse una squadra di supporto.  Ma non posso fare niente per aiutarla, quindi cerchi di scoprire qualcosa, ma si tenga lontano dai guai- e riattaccò.
Il primo impulso di Semir fu quello di gettare il cellulare a terra dalla rabbia, ma si trattenne. Era l’unico contatto che aveva con il resto del mondo, e se per caso André fosse riuscito a trovare un modo per comunicare, sicuramente il primo che avrebbe cercato sarebbe stato lui.
Avviò il motore dell’Harley che aveva noleggiato il giorno prima con André e partì, senza una meta precisa. Aveva bisogno di sbollire la rabbia e soprattutto di pensare lucidamente. Mentre percorreva una stradina sterrata sul lungomare, si ritrovò a ripensare alle ultime parole della Engelhardt. Lei è uno dei miei migliori agenti, aveva detto, Non posso fare niente per aiutarla. Vorrei che avesse una squadra di supporto. Cerchi di scoprire qualcosa. Si tenga lontano dai guai.
Frenò con tanta potenza che la moto quasi lo sbalzò in avanti. Ripercorse quelle parole decine e decine di volte, prima di capire. La Engelhardt lo stava autorizzando, a modo suo, ad agire da solo. Lo avrebbe coperto in ogni caso.
Fece immediatamente dietrofront e tornò in paese. Parcheggiò la moto, si fiondò nel primo negozio di souvenir che trovò e comprò una piantina dell’isola. La spiegò sul sellino della moto e prese a studiarla attentamente.
Il capo gli aveva detto che la squadra della Marina si trovava nella zona in cui sarebbe avvenuta la consegna delle armi, una zona ostile e disabitata. Berger doveva avere comunque un appoggio nei paraggi, un deposito o qualcosa del genere dove tenere le armi. Di sicuro non le teneva a casa sua, per arrivarci doveva attraversare il paese e non sarebbe di certo passato inosservato.
Semir disegnò un cerchio con l’indice sulla parte della cartina che indicava una zona popolata solo da alberi. Era un’area abbastanza vasta, ma l’avrebbe setacciata tutta, giorno e notte.
Si assicurò la pistola che aveva acquistato quella mattina alla cintura -da poliziotto era rimasto stupito da quanto fosse facile procurarsi un’arma da quelle perti-, si allacciò il casco e partì sgommando. 

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Kelly si svegliò di soprassalto quando sentì il pannello di legno all’entrata della grotta che veniva spostato. La luce di una torcia l’accecò e non riuscì a vedere chi fosse entrato, ma vide la sagoma di André spostarsi e mettersi di fronte a lei. La stava proteggendo?
-NCIS e Polizia Autostradale, che strana accoppiata- la voce di Berger rimbalzò da una parte all’altra -Però devo ammettere che mi sento onorato ad essere ricercato in mezzo mondo!- ridacchiò, sottolineando la parola ricercato.
Gli occhi di Kelly si stavano abituando alla luce, e da sopra alla spalla di André mise a fuoco Berger, che puntava la torcia su di loro, e due dei suoi scagnozzi poco dietro di lui. André fissava il terzetto in cagnesco, ogni singolo muscolo del corpo in tensione, pronto a scattare.
E infatti fu proprio quello che fece. Si gettò contro Berger, che però doveva aspettarselo. Arretrò di un passo e i due uomini alle sue spalle bloccarono l’ispettore, assestandogli un pugno in pieno stomaco che lo fece accasciare al suolo con un gemito strozzato.
Kelly trattenne il respiro. Ribolliva di rabbia e avrebbe voluto pestare a sangue quell’uomo con cui era stata costretta a vivere per quattro mesi, quattro lunghi mesi nei quali aveva pregustato quel momento. Ma il suo fisico era troppo debole, e aveva ancora qualche capogiro a causa del colpo che aveva ricevuto proprio da lui.
-Kelly Gibbs- disse Berger, muovendo qualche passo lento verso di lei mentre i due tirapiedi immobilizzavano André e gli bloccavano le mani dietro alla schiena con una fascetta di plastica -Devo riconoscere che sei brava. Ti credevo, sai? Mi sono fidato. E avrei continuato a farlo se il signor Fux non mi avesse fatto venire qualche dubbio- si voltò versò André, che chinò mestamente il capo per non incrociare lo sguardo della ragazza -Il suo arrivo è stato provvidenziale, direi- continuò Berger -Ma non ho tempo ora per ringraziarlo a dovere. Devo andare riscuotere una bella somma dai tuoi amici- si chinò su di lei e le prese il volto tra le mani -Scommetto che muori dalla voglia di vederli, vero?-.
Per tutta risposta Kelly gli sputò in faccia. Berger digrignò i denti, ma non reagì. La strattonò per un braccio e immobilizzò anche lei -Non ho tempo da perdere con te, ragazzina- disse -Devo anche andare a riprendere mio figlio, visto che qui c’è qualcuno che non fa bene il suo  lavoro quanto te- così dicendo fulminò con lo sguardo uno dei due uomini che tenevano André. L’interessato impallidì vistosamente.
-Tuo figlio è morto- proruppe la voce di André -L’ha ucciso lui, insieme alla madre-.
Kelly gli lanciò un’occhiataccia, ma l’ispettore teneva ancora il capo chinato. Perché lo stava provocando in quel modo? Non conosceva Berger quanto lei, non si rendeva conto delle conseguenze alle quali andava incontro comportandosi così.
Berger scoppiò a ridere -Mi dispiace André, amico mio, ma non sei bravo a mentire quanto lei-.
-Non sto mentendo- André finalmente alzò la testa e lo guardò dritto negli occhi -Io sono qui per questo. Non sapevo nulla né della Marina né delle armi. Sono stato mandato qui per arrestarti come mandante dell’omicidio di tua moglie. E anche di quello di tuo figlio, visto che il tuo amico qui dietro l’ha centrato-.
Berger si irrigidì. Strinse la presa al braccio di Kelly tanto che la ragazza gemette dal dolore. L’uomo indicato da André era sul punto di svenire.
-È vero?-.
-Ecco… capo… loro ci sparavano e noi abbiamo risposto al fuoco e… è stato un incidente…- balbettò il colpevole.
-È VERO?- tuonò Berger, così forte che l’eco della sua voce rimase nella caverna per qualche secondo.
-Mi… mi… mi dispia…- un colpo di pistola squarciò i timpani di tutti i presenti. L’uomo cadde a terra con un tonfo sordo e un foro di proiettile proprio in mezzo agli occhi.
Berger ripose l’arma e fece un respiro profondo -Bene- disse, come se non fosse successo niente -La piccola spia viene con me, e tu occupati di lui- indicò André con un cenno del capo all’altro uomo, pietrificato, che annuì appena, prima di costringere André ad alzarsi e di trascinarlo fuori. Berger li seguì a pochi passi di distanza con Kelly.
Fuori era buio pesto, Kelly non sapeva né che giorno né che ora fosse. Chiusa in quella caverna, quasi sempre addormentata, aveva perso la cognizione del tempo. Una cosa era certa: non avevano bendato né lei né André, quindi non gli interessava che vedessero dove erano diretti. Ed entrambi erano in polizia da abbastanza tempo per sapere che non era un buon segno.
Kelly venne spinta di forza sui sedili posteriori della jeep, mentre André venne assicurato nella parte posteriore di un vecchio pick-up senza targa. I due veicoli si allontanarono in direzioni diverse, a fari spenti.
 
Semir iniziava a pensare di aver avuto una pessima idea quando aveva deciso di esplorare tutto quel territorio da solo, a piedi per giunta dato che si trattava di una fitta rete di alberi tra i quali la moto non sarebbe mai passata. Non sapeva dire da quante ore stesse camminando, ma erano sicuramente tante dato che i suoi piedi sembravano gridare pietà a ogni passo, e che quando era partito il sole era alto mentre in quel momento era notte fonda.
Aveva anche poco cibo e acqua a disposizione, e una volta addentratosi nel fitto della boscaglia la cartina si era rivelata totalmente inutile, perciò non aveva la più pallida idea di dove si trovasse. Intorno a lui vedeva solo alberi, nessun punto di riferimento che lo aiutasse a orientarsi. Le chiome poi erano fitte e gli rendevano difficile anche vedere il cielo. Come se non bastasse, il cellulare là in mezzo non prendeva.
“Sono davvero un pessimo poliziotto” pensò, accasciandosi contro la corteccia di un albero, stremato “Come mi è venuto in mente di fare tutto da solo? Non riuscirò a salvare André e sarà solo colpa mia!” tirò un pugno al terreno e serrò gli occhi così forte che sentì una fitta alla testa. Aveva solo voglia di piangere in quel momento, tanto era solo, nessuno l’avrebbe visto. Così si lasciò andare e le lacrime gli rigarono silenziosamente il volto.
Era convinto di essere l’unico essere umano in quel luogo deserto, per questo non gli sfuggì il rumore di rami spezzati alla sua sinistra. Si asciugò immediatamente le lacrime e portò una mano alla pistola. Si alzò lentamente, in allerta. Estrasse l’arma e con movimenti lenti e meccanici la portò di fronte a se. Si girò piano su se stesso un paio di volte, strizzando gli occhi per cercare di vedere meglio nell’oscurità, ma non vide nessuno. Con la mano libera premuta contro il tronco al quale era appoggiato si sporse per vedere dietro di esso, ma di nuovo vide solo le sagome confuse nel buio di altri tronchi e di un’infinità di piante.
Si era quasi convinto che forse si trattava di un animale, quando due puntini rossi che Semir riconobbe come puntatori laser di un fucile da cecchino comparvero proprio al centro del suo petto.
A quel punto udì una voce di donna parlare in inglese, a pochi metri da dove si trovava lui -Se fossi in te getterei quella pistola il più lontano possibile-.

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