Anchor

di Erule
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 - White skin ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 - Left behind ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 - The challenge ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 - The wolf among us ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 - Like a phoenix ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 - Dead lines ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 - The betrayer ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 - Ultraviolence ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 - Long way home ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 - Bow and arrows ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 - The Magician ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 - Lungs ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 - White skin ***


Anchor
 
Capitolo 1
White skin

 
<< Guardami bene, Stiles. Ti sembro uno che ha voglia di scherzare? >> disse Scott facendo un movimento circolare con il dito di fronte al proprio viso, con gli occhi assottigliati.
Stiles deglutì.
<< Non direi, amico. >>
<< Bene. >> replicò Scott, flettendo il busto in avanti. << L’ultima fetta di pizza è mia! >>
Scott si sporse per afferrarla, ma Stiles si buttò sul tavolo nello stesso momento, con il risultato di ritrovarsi entrambi con le teste che dolevano. Melissa scese le scale con un cesto di panni sporchi fra le mani e scosse la testa, senza nemmeno parlare. Ormai aveva capito che con quei due era completamente inutile. Stiles prese la fetta di pizza e la tagliò a metà, porgendone un pezzo a Scott.
<< Offerta di pace. Prendere o lasciare. >> disse.
Scott alzò un sopracciglio, poi scrollò le spalle ed accettò.
<< Giuro che la prossima volta comprerò una pizza più grande. >>
<< Lo dici ogni volta. Il problema è che non ci ricordiamo mai se prendiamo quella extra large o quella extra extra large. >>
<< Questa era decisamente una medium, comunque. >> fece Scott, sparecchiando la tavola. Stiles prese il proprio piatto e lo seguì in cucina.
<< Ehi, domani andiamo anche noi? >> chiese, seguendo Scott. Lo vide irrigidirsi leggermente. Oh, quello non era di certo un buon segno.
<< Certo che andiamo. Perché non dovremmo? >>
<< Perché i cimiteri non sono certo come i Luna Park. >> rispose Stiles. << Sono più tristi e cupi, sanno di muffa e… >>
<< Ci sono stato circa due mesi fa, Stiles. So come sono fatti i cimiteri. >> lo interruppe Scott freddamente, anche se non era arrabbiato con Stiles e lui lo sapeva.
Ogni volta che si toccava quel tasto, improvvisamente Scott cambiava atteggiamento. All’inizio non ne voleva nemmeno parlare, poi aveva attraversato la fase in cui aveva bisogno di parlarne, poi era diventato triste, per accettarla soltanto dopo, ovvero da qualche giorno a quella parte. Seppure, come poteva vedere bene Stiles, rimanesse comunque lontano dall’averla accettata per davvero. Stiles non poteva certo biasimarlo, per lui era lo stesso. La morte di Allison era stata un duro colpo per tutti loro. Per un certo periodo avevano persino smesso di vedersi. Ognuno aveva bisogno di metabolizzare quello che era successo a modo suo ed anche il ritorno di Kate. Kira mandava spesso messaggi a Scott informandolo di Lydia e Malia, raccontandogli che entrambe stavano male, ma che Lydia era davvero distrutta. Tornare alla normalità era stato per loro un toccasana. Almeno avrebbero potuto pensare alla scuola – ed a Kate – senza l’assillo di altre problematiche sovrannaturali.
<< D’accordo, scusa. >>
Scott si voltò sospirando, con un’espressione triste dipinta sul volto.
<< Mi dispiace Stiles, è solo che pensare ad Allison fa ancora un male cane. >>
<< Lo so, amico. >> disse Stiles, prima di abbracciarlo. << Lo so. Anch’io vorrei che non fosse morta. >>
 
***
 
Era una domenica stranamente lugubre, per essere settembre. Forse alcune volte il tempo cambia a seconda dei tuoi desideri, di quello che ti serve avere in quel momento. In questo caso, il motivo era semplice. L’animo di tutti era annebbiato come una casa abbandonato in cui ci sono solo polvere e ragnatele.
Lydia fu la prima ad entrare. Spinse il cancello con una mano e lo spalancò. Si strinse di più nel suo maglioncino verde chiaro, camminando lentamente verso la lapide di Allison. Si ricordava ancora la reazione di Chris Argent quando tutti se n’erano andati ed erano rimasti solo loro. Si era lasciato andare solo in quel momento, permettendosi di crollare di fronte a quei ragazzi, seduto sulla sedia con il viso nascosto fra le mani. Scott era andato subito ad abbracciarlo. Lydia non aveva mai capito bene il motivo che l’aveva spinto quasi a correre verso di lui per dargli conforto. Forse perché era Scott ad averne bisogno e stare vicino a qualcuno che in realtà stava soffrendo più di lui lo faceva sentire più al sicuro. Per tutta la durata della cerimonia lei invece si era stretta a Stiles. Lui non aveva frainteso, le serviva solo una spalla su cui piangere e lei si era seduta casualmente accanto a lui. Derek aveva indossato un paio di occhiali da sole, invece. Quindi nessuno sapeva se avesse pianto o meno, ma di sicuro non era stato facile nemmeno per lui. Malia, Kira, Isaac, Ethan, Danny e qualche altro compagno di scuola si era solo limitato a singhiozzare in silenzio. Subito dopo il funerale, Isaac, Ethan e Danny erano partiti, ognuno per conto proprio. Isaac forse si era sfogato solo con Scott, perché Lydia dubitava che per lui fosse stato così semplice lasciare andare Allison, per quanto avesse voluto sembrare forte. Lei aveva persino dovuto mandare un messaggio a Jackson per raccontargli dell’accaduto. Lui aveva detto che gli dispiaceva, davvero, ma che non poteva muoversi da Londra. Lydia lo capiva, certo, ma una parte di sé avrebbe voluto urlargli contro che essere lì era un debito verso Allison, che lo aveva sempre aiutato. Come al solito, lei aveva inghiottito il rospo e gli aveva risposto che no, assolutamente no, non c’era nessun problema. Dopotutto, mica si muore una volta sola nella vita, giusto? E gli aveva attaccato il telefono in faccia. Sapeva che ognuno affronta il dolore a modo suo, ma diamine, era Allison! Persino Peter aveva partecipato! Sì, trascinato lì da Derek a furia di calci nel sedere, ma era lì!
Sospirò pesantemente, unendo le mani come in preghiera. Chiuse gli occhi, di fronte a quelle poche parole incise su quel cumulo di roccia. Tutta la vita di Allison racchiusa in tre parole. Notevole. Il cinismo la faceva stare meglio, in qualche modo. La rabbia. Si aggiustò la fascia tra i capelli in modo maniacale, tanto per smettere di pensare ad Allison, morta, che era corsa a salvarla, che era andata via, che era morta. E perché diamine quella stupida fascia non voleva saperne di aggiustarsi?!
<< Lydia. >> la chiamò Stiles, dietro di lei. Lydia si voltò, accorgendosi solo in quel momento degli altri. << Lydia, vieni. >>
Lei annuì, inumidendosi le labbra, cercando di calmarsi. Si avvicinò a lui, sfiorandogli il braccio. Fu come se il suo cuore si fosse spezzato di nuovo, riaprendo una ferita che non si era mai totalmente chiusa. Probabilmente il trucco si stava sbavando, sporcandole le guance di nero. Serrò le palpebre, cercando di reprimere le lacrime, di reprimere in qualche modo il dolore. E dire che era stata lei a proporre di andare a salutare Allison prima dell’inizio della scuola. E la ragione era che voleva vederla un’ultima volta prima di varcare quella porta senza di lei.
Stiles le strinse la mano delicatamente. Sapeva che in qualche modo Kira avrebbe pensato a Scott, mentre nessuno sarebbe rimasto accanto a Lydia. Lei non si faceva avvicinare nemmeno dai suoi amici, come se fosse una leonessa inferocita solo perché il mondo era così. Lei prese un respiro profondo, accorgendosene, ma senza respingerlo. Stiles fece finta di niente, anche se le sue guance ardevano in modo innaturale e credeva anche di avere un tic ben percettibile all’occhio. Sapeva che quel momento sarebbe durato molto poco, quindi cercò di goderselo. Per quanto godersi qualcosa in quel momento sembrasse davvero inappropriato, ma insomma, si prende quel che si può. Era così il detto, no? Comunque, a lui andava bene così.
 
Se ne andarono più infreddoliti di prima e con le gambe intorpidite. Più che altro quelle di Lydia, dato che aveva indossato un vestito e non i pantaloni. Malia continuava a girare intorno a Stiles e questo la infastidiva alquanto, perché era davvero fastidioso avere un’ape che gli girava intorno manco fosse miele. Ma poi andiamo, Stiles? Se ti piace il genere orsetto-coccoloso-idiota-imbranato va bene, ma lui non era nemmeno lontanamente uno di quei ragazzi che piacciono alle ragazze. Si, be’, per ovvi motivi. Insomma, niente fisico da atleta, niente stile nel vestirsi, balbettava ogni volta che parlava con lei, era frenetico, vitale, fuori dagli schemi. Era troppo strano. Come amico andava anche bene, ma come fidanzato assolutamente no.
E Kira? Si vedeva benissimo che non vedeva l’ora che Scott superasse la morte di Allison per mettersi con lei. Sì, simpatica e tutto il resto, imbranata come Stiles, con dei bei capelli, ma aveva solo un difetto: non era Allison. E per quanto suonasse sbagliato paragonarla ad una persona che era il suo opposto, come chiedere ad un bambino se preferisce la carne o la pasta, lei non poteva fare a meno di farlo. Perché il vuoto nel bel mezzo del suo petto si espandeva sempre di più ogni giorno e non la lasciava respirare.
<< Lydia, c’è tua madre. >> disse Scott, indicandole l’auto. Lei annuì.
<< Sì… grazie. Allora, ciao. Ci vediamo domani. >> disse Lydia, cercando di sorridere.
<< Sì, certo. Domani è il primo giorno di scuola. Ci saremo tutti. >> rispose Stiles. Malia aveva un’espressione confusa. Oh cielo, ma quella ragazza doveva essere sempre così snervante? Scott gli lanciò un’occhiata. Il solito idiota.
<< Sì, Stiles. Domani andiamo a scuola. Ciao. >>
Si voltò e si diresse verso la madre, consapevole di sapere che Scott stava tirando uno scappellotto all’amico. Sorrise d’istinto, ma solo per un secondo.
Saltò su e partì.
 
Quella notte si gelava più del solito. Era strano, erano in pieno settembre e faceva tutto quel freddo. Deaton mise a posto le ultime carte nell’archivio, poi prese le chiavi e si diresse verso la porta. Sentiva che c’era qualcosa di strano nelle vicinanze, ma non ci fece caso. Andò dritto verso la porta, serrò le dita attorno alla maniglia e si sentì pervadere da una scarica elettrica fredda per tutto il braccio. Spostò la mano. C’era sicuramente qualcosa che non andava, adesso.
Tornò verso il bancone e notò che c’era un bigliettino per lui. Lo lesse velocemente e qualcosa dentro di lui gli fece capire che doveva fare come gli era stato chiesto. Prese una delle vasche che aveva usato per il sacrificio di Allison, Scott e Stiles, la riempì d’acqua e poi chiuse il negozio.
Adesso doveva solo aspettare.
 
***
 
<< Posso chiederti una cosa? >>
<< No, Stiles. >>
<< Una sola. >>
<< No. >>
<< Avanti, Scott! Sono il tuo migliore amico! >>
<< Dopo il casino di ieri con Lydia, no. Non puoi. >>
<< Mi sono solo incartato! Non è giusto! >> esclamò Stiles, fermandolo. << Scott, ti prego. >>
Scott sbuffò, scrollando le spalle.
<< D’accordo. Cosa c’è? >>
<< Tu credi che una persona possa avere le allucinazioni? >>
Scott lo guardò con un misto di curiosità e preoccupazione. Il suo migliore amico era improvvisamente impazzito, per caso? Decise di assecondarlo, come si fa con i pazzi.
<< Dopo tutto quello che abbiamo visto, direi di sì. >>
<< D’accordo. Allora io ho le allucinazioni. >>
<< Perché? >>
<< Potrei aver mangiato pesante ieri sera, eh. Forse è l’effetto di qualche strana magia o di cosa ne so io oppure… >>
<< Stiles, parla. >> gli intimò Scott.
Stiles si bloccò. Deglutì in modo incerto, poi indicò qualcosa dietro di lui. O forse, sarebbe meglio dire qualcuno.
<< Quella non è Allison? >>
 
Il cuore di Scott cominciò a battergli freneticamente nel petto. Nel giro di due lunghissimi secondi il suo cervello metabolizzò le parole di Stiles e sentì i suoi neuroni urlare a pieni polmoni. Allison? Ma come ti salta in mente? È morta. È morta! Eppure, doveva controllare. Doveva controllare.
Si girò con una lentezza disumana, cercando di pensare che Stiles, quell’idiota, aveva le traveggole. Perché, no quella non era Allison. Era una ragazza con due braccia, due gambe, due piedi, anche un paio di occhi, c’avrebbe giurato, i capelli scuri, corti, il rossetto rosso, lo smalto rosso, la pelle bianchissima, le fossette… Le fossette. Qualcosa nella sua testa scattò all’improvviso. Prese Stiles di peso e lo buttò nell’angolo, nascondendosi con lui dietro gli armadietti.
Allison.
No. Non era possibile. Perché per quanto lui avesse sperato, pianto, pregato, gridato, lei era morta. Eppure, quella che stava frugando nella borsa in quel momento alla ricerca dei libri per metterli nell’armadietto era Allison. La loro Allison, la sua amica Allison. La sua amica che adesso doveva essere morta, Allison, ma chi se ne frega, su.
<< Ti ha visto? >> chiese Stiles.
<< No. >>
<< Quindi adesso mi credi? >>
<< Sì. >>
<< Quindi è lei? >>
<< Sì. >>
<< Ma… >>
<< Non lo so! >> esclamò Scott. Si accorse di aver parlato troppo forte. Si sbilanciò per vedere se lei li aveva beccati. No, tutto a posto. Stava armeggiando ancora con la borsa. Tornò indietro. << Non lo so, va bene? >> sussurrò. << So che è lei e so che è viva e che la vediamo in due. Ieri sera ho mangiato un intero pacco di biscotti, comunque. >>
<< Anche io. >> annuì Stiles.
<< Perciò potremmo essere fuori di testa, ma… Kira! Kira, vieni subito qui! >> la chiamò Scott, vedendola sulle scale di fronte. Kira lo guardò confusa, ma andò da loro.
<< Che succede? >>
<< C’è Allison? >> rispose Stiles.
<< Allison?! >> strillò. Scott le tappò la bocca, nascondendola.
<< Sì. Guarda. >>
Kira si sporse per guardare e spalancò la bocca. Scott la tirò di nuovo indietro. Adesso erano in tre ad avere le traveggole.
<< Oh, cielo. Quindi è lei. >>
<< Be’, sì. >>
<< Ma come…? >>
<< Me lo sto chiedendo anch’io. >> disse Stiles.
<< Stiles, c’è Allison! >> pronunciò la voce di Malia, avvicinandosi. Stiles la prese in fretta e si nascosero dietro gli armadietto. Ma davvero Allison era così stupida da non accorgersi di ben quattro persone che la stavano fissando a pochi metri da lei? Scott, che era il più vicino, si sporse per guardare, ma lei era sparita.
<< Era tutto un sogno. Allison non è mai tornata. >> disse amareggiato, abbozzando un sorriso di circostanza.
<< Scott, l’abbiamo vista in quattro. >> ribatté Stiles.
<< Io ci vedo benissimo. >> replicò Malia.
<< Scott, forse è solo andata in classe. >> disse Kira.
<< Ma il problema è che è viva! Lei è qui! Com’è possibile? >> chiese, ancora incredulo.
Avvertirono la voce di Lydia a poca di distanza da loro gridare per la gioia. Poi, un attimo dopo, dei passi pesanti che correvano per il corridoio, con i tacchi che sbattevano contro il pavimento. Scott deglutì. Stiles spalancò gli occhi.
Un attimo dopo, Lydia li stava guardando con un sorriso a trentadue denti, tenendo la mano di Allison, che li guardava come per scusarsi. Kira alzò un sopracciglio. Malia si grattò la nuca. Stiles si sforzò di sorridere. Scott spalancò la bocca.
<< Be’? Cos’avete? Non l’abbracciate? >> domandò Lydia, incredula. Poi strinse forte la mano dell’amica. << Allison è tornata. >>




Angolo autrice:
Ciao a tutti!
Questa storia non tiene conto della quarta stagione, ma solo delle precedenti.
Allison è tornata in vita (non si sa ancora come) *yeah*.
La trama sarà quindi diversa da quella che stanno mostrando nella serie tv, ma cercherò di tenere fede il più possibile al carattere dei personaggi (spero che lo siano già abbastanza) e di riuscire a spiegare bene i pensieri dei protagonisti.
Ogni capitolo è una puntata, in pratica.
Spero vi piaccia! :)
Erule

Link di IMA (se vi incuriosisce "Anchor", passate a leggere anche questa mia storia o le altre nella mia pagina) -->  http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2501738&i=1

   
 



 
 
 
 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 - Left behind ***


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Capitolo 2
Left behind

 
Bussarono alla porta con insistenza. Peter roteò gli occhi, sbuffando, poi si alzò dal divano dove era seduto fino ad un attimo prima, prese le carte che aveva lasciato sul tavolino e le nascose in un cassetto della scrivania. Si aggiustò la maglietta nera con lo scollo a V ed andò ad aprire.
<< Ma quanto ci hai messo? >> chiese Derek, aggrottando le sopracciglia.
<< Ho altro da fare io. >> rispose Peter, stizzito.
<< Sì, be’, anche noi. >>
Derek entrò e dietro di lui tutti gli altri. Peter si scansò per lasciarli passare. C’erano Scott, Stiles, Lydia, Chris Argent, Deaton, il padre di Stiles, Kira, Malia, Stiles ed Allison. Un attimo, cosa? Allison non era mica morta? Possibile che in quella città nessuno volesse rimanere morto? La prossima volta altro che villeggiatura a Beacon Hills, Costa Azzurra!
<< Entrate pure. >> borbottò, sarcastico.
<< L’abbiamo già fatto. >> replicò Derek, sedendosi sul divano con un sorrisetto ironico. << E ti ricordo che questo è il mio loft, non il tuo. >> disse. Stiles gli si sedette vicino e lui gli lanciò un’occhiata tutt’altro che amichevole, svelando i canini.
<< Derek, lascialo stare. >> fece Scott stancamente. Stiles gli lanciò uno sguardo di superiorità, ma l’espressione omicida di Derek lo fece spostare dall’altra parte della sala.
<< Cosa ci fate tutti qui? >> chiese Peter. << Una riunione di famiglia? E perché Allison non giace comodamente in una tomba? >>
<< Tatto zero, eh? >> disse Allison, con un tono di voce infastidito e scocciato. Peter alzò le spalle. Sospirò. << Ho già raccontato a tutti la mia versione. Non so nient’altro. Lo giuro. >>
<< Allison, noi ti crediamo. >> replicò Chris, passandole un braccio attorno alle spalle. Allison gli prese la mano e gli sorrise. << Vogliamo solo scoprire come hai fatto a tornare in vita e soprattutto chi ti ha riportata in vita. >>
Allison buttò fuori l’aria.
<< D’accordo, vi racconterò di nuovo com’è andata. Ma sarà l’ultima volta, va bene? Vorrei andare a dormire, se non vi dispiace. >>
<< Certo, tesoro. Racconta pure. >> disse Chris.
Allison annuì, poi prese a raccontare.
 
Fu come svegliarsi dopo essere annegati. Era la stessa sensazione che aveva provato dopo il sacrificio che aveva compiuto con Stiles e Scott. Portava una camicia da notte estiva e sentiva un gran freddo addosso. Si alzò, mentre l’acqua intorno a lei s’increspava in tante piccole onde. Non sapeva perché si trovava lì dentro, ma era sicura di aver dormito a lungo. Il suo corpo era intorpidito e gelato, rispondeva a malapena ai suoi comandi. Si guardò intorno e capì di trovarsi nella stanza di Deaton, quella del laboratorio.
La porta si spalancò. Deaton la guardò sbalordito, ma la coperta che aveva fra le mani significava solo una cosa: la stava aspettando. Le andò incontrò, l’aiutò ad uscire e le coprì le spalle con la coperta.
<< Bentornata nel mondo dei vivi, Allison. >> disse. Allison gli sorrise, ancora confusa. << Ti porto da tuo padre. Vieni. >>
Salirono in auto e d’un tratto, la sua mente fu invasa dai ricordi. Lydia che veniva rapita, il cancello grigio, gli Oni, l’arco, il colpo, Scott che cercava di non piangere, lei che gli diceva che lo amava e poi, quello splendido cielo blu pieno di stelle. Aveva sognato di essere una di loro e di colpo, si era addormentata.
Deaton le aprì lo sportello e le chiese di scendere. Allison ubbidì. Guardò la sua casa, riconoscendone ogni angolo, ogni spigolo, ogni mattone. Era tornata. Era viva ed era tornata a casa. Le vennero le lacrime agli occhi al solo pensiero. Sorrise nella direzione di Deaton e si diressero verso la porta. Lui bussò con decisione. Pochi minuti dopo, sentirono dei passi pesanti avvicinarsi alla porta. Il cuore di Allison cominciò a batterle all’impazzata nel petto. Probabilmente suo padre non ci avrebbe creduto, ma lei glielo avrebbe fatto capire.
La porta si aprì con uno scatto secco. Chris Argent guardò Deaton, con gli occhi ancora assonnati, l’arco di Allison fra le mani. Non l’aveva mai dimenticata. Quanto tempo era passato dalla sua dipartita da quel mondo? Settimane? Mesi? Anni? E lei aveva ancora diciassette anni? Le sue mani ed i suoi occhi dicevano di sì, ma gli altri? Magari erano andati avanti con le loro vite, magari Scott si era persino sposato! Rabbrividì talmente forte da sentire battere i denti. E fu in quel momento che Chris la vide. La vide e l’arco gli cadde dalle mani. Spalancò gli occhi chiari. Allison poteva vederli bene sotto la luce dei lampioni e della luna. Avrebbe voluto dirgli che era lei, che era viva, che era vera, verissima, ma non riusciva a parlare per l’emozione. E se si fosse dimenticata come si faceva? Oh, sarebbe stato un vero guaio! Chris stette per cadere sulle ginocchia. Invece, si fece avanti e le sfiorò i capelli con riluttanza. Poi le accarezzò una guancia. Allison sentì le guance in fiamme.
<< Papà, sono io. >> disse. Chris sussultò. Sembrò riprendersi ad un tratto dal suo stato di trance e la guardò negli occhi.
<< Allison… tesoro, fatti abbracciare. >>
Allison lo strinse tanto forte da fargli male. Chris singhiozzò sulla sua spalla, senza riuscire ancora a credere a quello che stava succedendo. Era assurdo. Era totalmente pazzesco! Allison era tornata, era via e vegeta e respirava. Respirava benissimo. Mentre lui a malapena. Le posò un bacio umido sulla guancia e la guardò bene, come faceva sempre prima di lasciarla a scuola quando era ancora una bambina. La fronte diafana, le labbra rosse, le fossette, lo smalto color ciliegia, i piedi congelati… I piedi congelati? Che padre irresponsabile! Doveva portarla subito dentro a scaldarsi.
<< Grazie, Deaton. Grazie di cuore. Ne riparliamo domani. >> disse Chris, stringendogli la mano.
 
<< Posso chiedere una cosa? >>
<< No, Peter. >> rispose Lydia, lanciandogli un’occhiataccia.
<< Io lo faccio lo stesso. >> ribatté. Lydia alzò gli occhi al cielo, spazientita. << Perché non ci racconti invece com’è possibile che tu sia viva? Secondo il tuo modesto parere, per carità! >>
<< Peter, non sei divertente. >> replicò Derek. Peter si allontanò il colletto dal petto con un artiglio. Derek lo sfidò con gli occhi, notando uno strano graffio. Peter era sempre stato strano, quindi non ci fece molto caso.
<< Non lo so. Davvero. Mi sono svegliata ed ero viva. Non so come spiegarlo. >> rispose Allison, cominciando ad avvertire i sintomi della stanchezza. << Papà, potresti portarmi a casa? Sono stanca. >>
Chris stette per rispondere, ma Scott fu più veloce di lui.
<< Posso portarti io, se vuoi. >>
Allison gli rivolse un sorriso. Scott si sentì quasi male. Non la vedeva sorridere da due mesi, se non in foto. Gli era mancata come può mancarti un pezzo di cuore, una gamba o un braccia, un occhio o un polmone. Allison era forse la parte migliore di lui, la parte più straordinaria della sua esistenza. Voleva godersi ogni secondo momento, ogni seconda occasione che gli era stata concessa per stare con lei. Ogni ultimo respiro.
<< Va bene. >> disse Allison.
<< Abbi cura di lei, Scott. >> replicò Chris, dandole un bacio sulla tempia. << Non voglio perderla di nuovo. >>
<< Lo farò, signor Argent. Lo prometto. >>
 
Allison addentò una fetta di pane tostato, affamata come non mai. Chris continuava a guardarla come se fosse stata un angelo sceso in terra. Allison si sentiva in imbarazzo, ma non lo dava a vedere. Quella notte nessuno di loro due aveva dormito, erano stati impegnati a parlare di tutto quello che si era persa e di come fosse tornata in vita.
Lo sguardo le cadde su di una pagina di giornale. Portava la data del quattordici settembre. Quattordici settembre di che anno? Oh, di sicuro era tardi. Probabilmente Lydia e Stiles si erano già messi insieme e lei non era potuta essere la madrina del loro primo figlio! Sarebbe stata la prima cosa da risolvere, assolutamente.
<< Papà, che giorno è oggi? >> chiese.
<< Il quindici settembre. Lunedì. >>
<< Di che anno? >>
<< L’anno in cui sei morta. >>
Allison spalancò gli occhi.
<< Quindi oggi è il primo giorno di scuola? Muoviti, devo andare ad iscrivermi! Scommetto che la preside non potrà credere ai suoi occhi! >>
<< Ma Allison dovresti riposarti e… >>
<< Voglio rivedere i miei amici, papà. Per favore. >> replicò Allison, guardandolo con occhi supplicanti. << Ti prego. >>
Chris aggrottò le sopracciglia, indeciso, poi annuì. Allison si alzò dal tavolo con un sorriso ampio, abbracciandolo.
<< Grazie, grazie, grazie! >>
 
<< Deaton, mostragli la lettera. >> disse Chris, una volta che Scott ed Allison se ne furono andati.
Deaton fece come gli aveva chiesto e la lettera che aveva trovato sul bancone la notte prima passò di mano in mano. Stiles scattò una foto e la inviò a Scott. La calligrafia era bella e leggibile. Sembrava femminile, ma Stiles non ci avrebbe messo la mano sul fuoco. Magari era solo un ragazzo che scriveva molto, ma molto bene.
<< Dite che è la stessa persona che ha riportato in vita Allison? >> chiese lo sceriffo Stilinski.
<< Probabilmente sì. >> rispose Deaton. << Dev’essere qualcuno con dei poteri speciali e non è detto che sia ancora qui. >>
<< Secondo voi chi può essere stato? >>
<< C’è una sola persona che aveva a cuore Allison quanto me. >> rispose Chris. Nella stanza calò il gelo.
Derek completò la frase per lui.
<< Kate. >>
 
Scott non sapeva come rompere il ghiaccio. Insomma, in quei mesi avevano parlato solo della morte di Allison ed ora lei era lì. Non poteva di certo parlare della morte di Allison con Allison, giusto? La guardò di sottecchi, mentre lei gli camminava accanto, il vestito viola che le accarezzava le gambe lunghe. Si sentì arrossire, così cambiò soggetto. Un passerotto stava passeggiando tranquillamente per strada. Carino.
<< Siamo arrivati. >> esordì Allison, battendo le mani.
<< Io… è stato imbarazzante. >> disse Scott, passandosi una mano sulla nuca.
<< Sì. >>
<< Già. >>
Rimasero in silenzio per qualche secondo, poi Allison scoppiò a ridere. La sua risata cristallina era contagiosa, fresca e nuova. O forse, solo allegra per lei e malinconica per lui. Gli era mancata, così come gli era mancata lei. Quel pomeriggio, Stiles aveva notato come la stava fissando e gli aveva detto Magari questa è  la tua seconda chance. Magari.
<< Ci vediamo domani, allora. E scusami se sono stato così inopportuno. È solo che tu mi sei mancata veramente tanto e…>>
<< Anche tu mi sei mancato tanto, Scott. >> replicò Allison, stringendogli la mano. Si sedettero sullo scalino della casa di Allison, osservando il cielo che piano piano si scuriva. C’era qualcosa di meraviglioso e di spettacolare nel tramonto, in quel rosso sangue ed in quel rosa pelle che coloravano il crepuscolo. Per Allison era sempre stato così. << Sai Scott, forse la cosa migliore è perdersi. Perdersi nelle luci, nei pensieri, nei ricordi. Forse è giusto così. Ci serve a non perdere noi stessi. >>
Scott la guardò a lungo. Lei voltò il capo e gli sorrise dolcemente.
<< Io non voglio perderti di nuovo, Allison. >> disse Scott, serio.
E di colpo, sembravano tornati i due adolescenti che erano stati quando si erano incontrati. Allison sospirò, mentre il suo cuore impazzito le batteva in gola. Scott deglutì, sentendo il bisogno impellente di baciarla, di toccarla, di sentire se la sua fronte era bollente come la propria o se le sue labbra erano screpolate e calde come lo erano una volta. Allison guardò le loro mani intrecciate e per quanto volesse davvero dimostrargli che le era mancato da morire, sentì che non era ancora il momento.
Gli lasciò la mano e si alzò. Scott sospirò, deluso. Allison mise le mani nelle tasche dell’abito, dondolandosi sui talloni. Scott le sorrise, poi guardò il telefono. Si era fatto tardi e doveva andare o sua madre si sarebbe preoccupata.
<< A domani, allora. >> disse.
<< Non rimpiango niente, Scott. >> pronunciò Allison, guardandolo negli occhi. << Non rimpiango di averti incontrato e nemmeno di essere morta per salvare Lydia. Se potessi, lo rifarei altre cento volte. Amarti è stata la cosa migliore che mi potesse capitare. >>
Il cuore di Scott si diventò leggero come una piuma. Erano esattamente le parole che aveva desiderato sentirsi dire da lei in quei lunghi mesi. Le sorrise. Poi le prese la guance fra le mani e le posò un bacio dolce sulla fronte. Allison gli sfiorò le dita, rendendosi conto per la prima volta di poter sentire di nuovo il suo cuore battere all’unisono con il proprio. Sentì pulsare la sue vene e lo vide respirare, il petto che si muoveva su e giù.
<< A domani. >> fece Allison.
Scott si allontanò e lei continuò ad osservarlo finché anche le sue scarpe non sparirono nel crepuscolo.
 
***
 
<< Buongiorno a tutti. Io mi chiamo Paige Cotton. Sarò la vostra insegnante di letteratura per quest’anno. >> disse la ragazza, presentandosi.
Stiles la guardò bene. Probabilmente aveva poco meno di trent’anni, ma il suo abbigliamento e la sua corporatura dicevano il contrario. Era molto esile, magra, con i capelli biondi e lisci, portati indietro da un cerchietto rosa, gli occhi azzurri, anzi blu, un tubino giallo, un maglioncino rosa ed un paio di ballerine nere. Era carina per essere un’insegnante, ma i ragazzi continuavano a prenderla in giro per com’era vestita. Insomma, sembrava una bambina delle elementari! Dimostrava a malapena vent’anni. Ma le sue mani sapevano di scrittura, perché aveva le unghie poco curate e la pelle rosea callosa. Sembrava che avesse molti anni in più di quanti ne dimostrasse. Forse aveva l’età di Derek. Lui, comunque, non la prese in giro, perché l’ultima volta che una loro professoressa era sembrata innocua, si erano ritrovati in un vortice di casini e non voleva tornarci. Oh, no, proprio no!
<< Professoressa, mi scusi, ma quello è il suo vestito o la divisa della scuola? >> chiese quel solito idiota di Darren, un bullo di prima categoria che era appena stato smistato nella loro classe perché bocciato. Suo padre era morto circa un mese prima, dopo essere evaso di prigione e lui non faceva che comportarsi da scemo.
Alcuni ragazzi risero. La professoressa non si scompose, ma sembrava ferita. Oh, se solo avesse potuto, avrebbe fatto qualcosa per aiutarla! Paige invece scrisse qualche parola alla lavagna, poi si sedette dietro la cattedra.
<< Potete anche prendermi in giro, ma la professoressa sono io. Se volete studiare siete ben accetti, altrimenti andate pure a farvi un giro. >> disse. Darren si alzò. << Certo, se il preside vi beccasse in giro durante l’orario di lezione non sarebbe davvero il massimo della vita. Non credi, Darren? >> chiese. Darren digrignò i denti, ma si sedette. << Altri? Bene. Quelli sono i compiti che dovrà fare in più chi ha riso. E scriveteli, perché io ho una memoria d’acciaio e mi ricorderò di voi alla prossima interrogazione. Forza. >>
Scott spalancò la bocca, incredulo. I ragazzi che avevano riso presero a scrivere, tranne Darren ovviamente. Stiles sembrava profondamente colpito. Alzò la mano timidamente e Paige lo notò, sorridendo.
<< Sì, Stiles? >>
<< Posso promuoverla a mio nuovo idolo? >>
<< Certo. >>
<< E posso farle un altarino con una candela? >>
<< Sì, ma basta che non ti dai fuoco nel tentativo. >> replicò Lydia, ironica. Allison scosse la testa. << E chiudi la bocca, stai sbavando. >>
Stiles si appiattì contro la sedia, tentando di sparire.  
 
Quella sera, la scuola era davvero silenziosa. Paige stava cercando di correggere gli ultimi compiti di una delle sue classi, mentre la sua collega di storia aveva già terminato e si stava alzando per andarsene.
<< A domani, Paige. >>
<< Ciao, Miranda. >>
La donna si rimise a posto gli occhiali sul naso, poi la salutò. Paige sentì il rumore della porta dell’ingresso che si chiudeva dietro Miranda. Prese a scrivere più velocemente per cercare di sbrigarsi. Erano solo le nove, ma tornare a casa da sola di notte non era comunque una bella prospettiva. Si chiese se quel giorno fosse stata troppo dura, in fondo quel ragazzo aveva appena perso il padre, ma quando l’avevano derisa, non era riuscita a trattenersi. Quando era piccola la prendevano sempre in giro, ma adesso aveva l’età giusta per difendersi a dovere.
Sentì un rumore sinistro, un tonfo. Si alzò di scatto. Aguzzò la vista, ma niente. Fuori c’era solo calma piatta. Prese la borsa, mise velocemente i fogli dentro e si avviò verso l’uscita. Sfilò le chiavi dell’auto dalla tasca del maglione, aprì lo sportello e mise una gamba dentro. Niente, in giro non c’era niente. Persino il buio sembrava avanzare verso di lei, alzandosi in un’ombra spaventosa e raccapricciante. Salì nell’auto e mise in moto… Fu grido improvviso. Le si gelò il sangue nelle vene. Tirò lo sportello verso di sé e colpì in pieno l’animale che la stava attaccando. Era enorme, sembrava un lupo. Uscì dall’altra parte, mentre la bestia era ancora intontita dalla botta. Corse nella scuola, il fiato mozzo ed il cuore che le pompava frettoloso nel petto. Si chiuse alle spalle la porta del laboratorio di scienze. Cercò la chiave, ma non la trovò. Era come essere la protagonista di un film horror. L’avrebbe uccisa e non sapeva nemmeno per quale motivo avrebbe dovuto farlo! Prese le prime boccette di qualcosa che le erano capitate fra le mani e si preparò al peggio.
Ma l’animale non arrivò.
Deglutì piano. Fece un passo in avanti e sentì dei ringhi, rumori di lotta, cazzotti. E poi… SBAM! La porta era ricoperta di sangue. Cadde a terra, scivolando all’indietro, lasciando le boccette, strisciando verso il calorifero. Avrebbe voluto urlare, ma sarebbe stato inutile. Aveva lasciato la borsa in auto per la fretta con il cellulare. Non poteva muoversi. Non poteva fare nulla. Si appiattì contro il termosifone, tremando. Aspettò che le voci svanissero. Sentì ancora dei rumori forti, un tonfo, un ringhio fortissimo. Si mise le mani sulle orecchie, chiudendo gli occhi, mordendosi a sangue l’interno delle guance. Per favore, non me. Per favore. Non ho fatto niente di male. Non me lo merito.
Un attimo dopo, i rumori erano cessati. Si alzò lentamente, terrorizzata. Prese un coltellino dal tavolo e posò la mano sulla porta. Si fece coraggio e l’aprì. Il coltello le cadde dalle mani, producendo un suono metallico. Il ragazzo che aveva di fronte, messo di spalle, si affievolì e le sue fattezze da lupo sparirono all’istante. Si voltò e la guardò intensamente negli occhi. Non aveva mai visto nulla di più meraviglioso e spaventoso insieme. I suoi occhi scuri erano affascinanti come quelli di un personaggio dei libri e grondava di sudore, ma anche di sangue dalla testa ai piedi.
<< Cos’hai visto? Ti ha morsa? >> le chiese. Paige non riuscì a muoversi e nemmeno a rispondere. << Allora? >> chiese di nuovo, lievemente aggressivo. Paige scosse la testa. << Cosa? No, cosa? >>
<< Non mi ha morsa. Sto bene. Credo. >>
<< Hai visto cos’era? Hai visto cosa sono io? >>
<< Sì, ma non ho paura. >>
<< Di cosa? >>
<< Di te. >> rispose Paige, la gola secca. Quello aggrottò le sopracciglia, confuso. << Ti accompagna all’ospedale. Non stai bene. >> disse.
<< Ti preoccupi per me? >> domandò, incredulo.
<< Be’, sì. Oh, grazie, grazie di cuore per avermi salvata. >> replicò, avvicinandosi. << Io sono Paige. >> disse, porgendogli la mano. Lui la guardò a lungo, ma non gliela strinse.
<< Io non vado all’ospedale. Ci vai tu. >>
<< Ti prego accompagnami, allora. >> fece Paige, mordendosi l’interno delle guance. Sentì il sapore metallico del sangue in bocca. << Per favore. >>
Il ragazzo sospirò, ma acconsentì. L’accompagnò all’auto, poi salirono entrambi e si diressero all’ospedale.
<< Ero in giro per caso e ho visto l’auto. Tutto qui. >>
<< Sicuro? Non mi conosci, allora? >>
<< No, non direi. >>
<< Oh. >> disse Paige, un po’ delusa. Sarebbe stato bello se le avesse detto che era lì apposta per lei. Certo, anche abbastanza, anzi molto inverosimile, ma pur sempre bello.
<< Siamo arrivati. >>
<< Bene. Grazie ancora. >> replicò Paige, scendendo dall’auto. Lui fece per allontanarsi, ma Paige lo chiamò. << Senti, so che sono davvero insopportabile, ma ci terrei davvero tanto a conoscere il tuo nome. >>
Aveva fatto una cosa davvero stupida, lo sapeva, ma non aveva potuto farne a meno. Scrollò le spalle, amareggiata. Si guardò le scarpe e la gamba graffiata, sanguinante. Lui si voltò e la guardò a lungo.
<< Mi chiamo Derek. >> disse.
Paige gli sorrise.
<< È un bel nome. >>
<< Lo dici perché ti ho salvato la vita? >> chiese.
<< Lo dico perché una brava persona merita un bel nome. E tu sei una brava persona. >>
Derek mise le mani in tasca, prendendo un bel respiro. Nessuno gliel’aveva mai detto. Paige gli sorrise, poi entrò nell’ospedale. Si avviò verso casa.
Forse, per una volta, aveva compiuto una buona azione. 




Angolo autrice:
Ciao a tutti!
Sono tornata presto con un nuovo capitolo perché andrò in vacanza a breve e non pubblicherò altro per un po'.
Le cose cominciano a complicarsi, ma è solo l'inizio. Nel prossimo capitolo succederà un bel casino alla Teen Wolf, non preoccupatevi! 
Spero di essere rimasta IC, scrivere di Derek non è stato semplice.
Sappiate che su Allison verrà svelato tutto molto più avanti, circa a metà della storia (cioè metà stagione).
Se vi state chiedendo Ripeterà quello che è successo nella terza stagione fra Derek e Jennifer Blake?, vi assicuro di no. 
Il momento Scallison è stato il mio preferito da scrivere *_* 
Ho fatto un banner, anche se non sono una professionista. Spero che non sia tanto male.
Grazie a tutti quelli che seguono/preferiscono/ricordano la storia ed a chi ha recensito! Mi date fiducia per andare avanti!
IMA: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2501738&i=1
Alla prossima!
Erule :)

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 - The challenge ***


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Capitolo 3
The challenge
 
<< Una partita? >> chiese Stiles, buttando l’attrezzatura da Lacrosse sulla panca dello spogliatoio. << Ad appena una settimana dall’inizio della scuola? >>
Scott represse il bisogno di ridere.
<< Sì, Stiles. È solo un’amichevole, però. Stai tranquillo. >>
<< Okay, senti, io sono entrato in squadra per miracolo. Non sono ancora pronto per buttarmi nella mischia! >> esclamò, cambiandosi. Si levò la tenuta da Lacrosse ed indossò il cambio.
<< Amico, te l’ho già detto. L’altra squadra è cento volte più indietro di noi. Ce la faremo e vedrai che il coach ci darà anche qualche compito in meno. >>
<< Io quello non lo sopporto proprio. Mi ha preso di mira, ti dico. >> replicò Stiles, mentre Scott si allacciava le stringhe delle scarpe. << Giuro. Non è mica come la Cotton. Se ne avessimo avuta una così qualche anno fa, credo che i miei voti sarebbero molto più alti. >>
<< Sì, anche i miei. >> concordò Scott. << A proposito, Derek mi ha aggiornato sugli ultimi sviluppi. Hai saputo? >>
<< Sì, lo so. Non è detto che sappia qualcosa, però. Magari è solo una tizia strana che crede negli esseri sovrannaturali. Non per essere antipatico, ma hai visto come si veste? >> chiese. << Con tutto il rispetto, sembra una scolaretta in gita. Persino Lydia la prende in giro! >>
<< Io so solo che è sospetta. >> rispose Scott, prendendo lo zaino. << Il primo giorno ti ha chiamato subito Stiles. Come faceva a sapere il tuo nome? >>
<< Lo avrà letto sul registro. >>
<< Sì, ma come faceva a conoscere la tua faccia? E non penso che sia amica di tuo padre. C’è qualcosa di strano. >>
<< Scott, le coincidenze non esistono, ma non credo davvero che lei sia una persona di cui avere paura. La terremo d’occhio. >> disse. Scott annuì. << E poi, sai, non riuscirei a resistere se fosse anche lei una dei cattivi. Vorrei trovare davvero qualcuno di cui ci possiamo fidare. >>
<< Lo credo anch’io. E spero che sia come dici. Vorrei davvero potermi fidare di lei. >> replicò Scott. << Oh, credo che Derek sia turbato. >>
<< Cosa? Come hai fatto a capirlo? Derek è sempre e solo infelice. Credo che si ucciderebbe, se sorridesse. >> replicò Stiles, ironico.
Scott scosse la testa.
<< Stiles, hai capito che la Cotton si chiama Paige? >>
<< Be’, sì. E allora? >>
<< Ti ricorda chi era Paige, per Derek? >>
Stiles lo guardò a lungo, confuso. Poi gli uscì un Oh amareggiato dalla bocca. Scrollò le spalle, veramente dispiaciuto per Derek.
<< La vita innocente che gli ha cambiato il colore degli occhi. >> rispose Stiles tristemente. Scott annuì, aggiustandosi lo zaino in spalla. << La ragazza che amava. >>
 
<< Certo che te le scegli sempre insegnanti. >> disse Peter, prendendolo in giro. << Spero che ti insegnino qualcosa di utile, perlomeno. >>
Derek gli lanciò un’occhiataccia, ma non parlò. Prese il fascicolo e lo sfogliò, soffermandosi solo su alcune parole importanti.
Paige Cotton.
27 anni.
Orfana.
Malata.
Peter notò che la sua espressione adesso era cambiata. Lo vide preoccupato, mentre deglutiva piano, fissando il foglio di fronte a sé. Quella mattina, Derek era andato dritto dallo sceriffo a chiedergli il dossier su Paige per sapere qualcosa in più di lei. Dovevano stare attenti, nel caso fosse stata un essere sovrannaturale. Non che a lui interessasse, ma non voleva che fosse un altro intralcio per lui o per Derek. E poi, era rimasto impressionato dall’accoppiata: un’insegnante di nome Paige. Era stato come unire le sue due ex fidanzate. Lo aveva ovviamente canzonato per quello, ma Derek non la vedeva in quel modo. Lui sapeva solo che quella ragazza si chiamava Paige. E lui non aveva mai dimenticato quel nome.
<< Cosa succede, Derek? >> chiese, realmente interessato. Derek chiuse il fascicolo, lo prese in mano e si alzò.
<< Ho scoperto una cosa. >>
<< Di che si tratta? >>
Derek prese la via della porta e non gli rispose.
 
Allison si sedette sul letto, mentre Lydia continuava a cercare nel suo armadio in modo frenetico. Sapeva che aveva qualche pensiero per la testa che non la faceva stare tranquilla, ma avrebbe aspettato che fosse lei a parlarne. L’avrebbe fatto. La guardò a lungo, cercando di capire cosa potesse ancora procurarle delle preoccupazioni. Insomma, la sua migliore amica era appena tornata dal mondo dei morti e lei ne era contenta, certo, ma non era come se si fossero riviste dopo nemmeno un giorno, era come se fossero passati davvero quei due mesi. Forse Allison pretendeva troppo da lei. In fondo, lei era caduta in un sonno profondo, mentre Lydia aveva dovuto combattere ogni giorno contro il dolore della perdita. Sono esperienze che ti cambiano, in un modo o nell’altro.
<< Hai bisogno di fare shopping. La moda è cambiata, siamo in autunno. E questi vestiti non ti andranno più. Sei cresciuta. >> disse Lydia, accorgendosi solo dopo di quello che aveva detto. Si fermò, smettendo di smuovere gli abiti nell’armadio di Allison.
<< Lydia, se non me ne vuoi parlare io lo capisco, dico solo che forse dovresti farlo. >> replicò Allison.
Lydia annuì ed andò a sedersi accanto a lei. Prese un bel respiro, prima di cominciare a parlare. Era vero, ne aveva bisogno. Eppure, fino a quel momento non era riuscita a farlo. Le faceva ancora male un punto fra la gola ed i polmoni. Probabilmente era il cuore, ma lei cercava di non farci caso. In questo modo, sarebbe stato meno reale.
<< Non è che io non sia contenta che tu sia qui, Allison, dico sul serio. Non devi pensarlo. >> disse Lydia.
<< Non lo penso. >> replicò Allison con un sorriso.
<< Lo so, ma io non ci riesco. È difficile. Tu sei qui adesso ed io dovrei essere davvero la ragazza più felice del mondo, ma non lo sono. È così strano. Voglio dire, quando sei morta non ho potuto fare a meno di urlare a pieni polmoni ed ora che tu sei qui, non ho sentito niente. Avrei voluto sentire qualcosa, una voce, che mi diceva che tu eri tornata. >>
<< Non so se questo è un potere da Banshee, ma non importa. Facciamo finta di essere normali e di sentire quello che sentono le persone normali, che non hanno nessun superpotere. Non potevi sapere che io ero viva, Lydia. Nessuno lo sapeva, perché nessuno avrebbe potuto. >> pronunciò Allison, accarezzandole una mano. Lydia buttò fuori l’aria.
<< Forse devo solo abituarmi al fatto che tu sia qui. >>
Allison annuì.
<< Forse sì. >> disse. << Però, credo che ci sia qualcos’altro che ti turba. Mi sbaglio? >>
Lydia deglutì, guardandosi le scarpe.
<< C’è qualcos’altro, sì. >>
<< Cosa? Perché se è per Stiles, l’ho già notato. >> disse Allison, alzando più volte un sopracciglio. Lydia scosse la testa, sorridendo.
<< Non è per Stiles. Lui mi è stato molto vicino in questo periodo, ma non c’è niente fra di noi. >>
<< Lydia, ti guarda ancora come se fossi il più grande miracolo di questo mondo. C’è solo quello fra di voi. >>
Lydia fece scivolare le unghie sul palmo dell’altra mano.
<< No, non è per quello. È che sento delle voci nella mia testa che sussurrano qualcosa, ma non riesco a decifrarle. Parlano di qualcosa di bianco e di qualcosa di interrotto. Non capisco. Credevo che fosse un filo o un codice, ma adesso non ci sto capendo più niente. >>
Allison cercò di pensare cosa potesse essere. Di sicuro erano delle parole molto strane da mettere insieme in una frase. Pensò ai cavi spezzati di un telefono, una linea interrotta, ma ancora non quadrava.
<< Ne hai parlato con Scott o con Derek? >>
<< No. Voglio scoprirlo da sola. >>
<< Lydia… >>
<< Voglio farlo da sola. >> replicò, determinata. << Sono io la Banshee, posso farlo da sola. >>
Allison roteò gli occhi.
<< Come vuoi tu. >>
<< Andiamo a fare shopping! >> esclamò Lydia battendo le mani, d’un tratto gioviale ed allegra. << Ne hai davvero, davvero bisogno. >>
 
<< Parrish, potresti venire qui un momento? >> chiese lo sceriffo, chiamandolo dal proprio ufficio. Jordan ubbidì ed entrò. << Potresti metterlo via al posto mio? Grazie. >> domandò, porgendogli un fascicolo giallo.
<< Sì, signore. >> rispose, prendendolo in mano. << Paige Cotton? L’insegnante? Cos’ha di strano? >> chiese, leggendo il nome sulla prima pagina.
<< Niente. Era per Derek. >>
<< Perché lo voleva? >>
<< Non lo so. Non è importante. >> rispose il padre di Stiles, riordinando alcune vecchie scartoffie.
<< Riguarda l’attacco di quell’animale, non è vero? >>
Lo sceriffo alzò lo sguardo, cercando di capire perché gli stesse ponendo tutte quelle domande. Jordan ricambiò il suo sguardo senza paura.
<< Sì. >> rispose.
<< Era un lupo? >>
<< Se lo sai già, perché me lo chiedi? >>
Jordan sorrise con un angolo della bocca.
<< Perché voglio esserne sicuro. >> rispose. << Signore, mi perdoni, ma credo di avere una mezza idea di chi fosse. >>
Lo sceriffo si accomodò sulla sedia, facendo un gesto della mano come per spingerlo a proseguire.
<< Dimmi tutto. >>
<< La settimana scorsa ci è arrivata l’informazione di una persona scomparsa. È un avanzo di galera, un certo Dannis Colton. Be’, mi sono permesso di indagare e ho scoperto che qualche giorno fa è stato avvistato nei dintorni del nostro ospedale a Beacon Hills. Non credo sia una coincidenza. >>
<< Be’, andiamo a chiederglielo. >> disse lo sceriffo, alzandosi. Jordan si grattò la nuca.
<< Credo che non sia più possibile, signore. >> rispose Jordan, in modo grave. Lo sceriffo lo guardò bene in faccia. Sembrava davvero più giovane di quanto era in realtà. << Perché è morto, signore. Hanno ritrovato il corpo un paio di giorni fa. >>
 
Era ormai sera inoltrata quando la partita cominciò. Stiles era sicuro che qualcosa sarebbe andato storto – come al solito, d’altronde -, ma voleva fare bella figura agli occhi di Lydia. No, non di Lydia, di Malia, di Malia! Era lei la sua fidanzata, adesso. Se così si può chiamare. Insomma, avevano una relazione complicata. Lei era più una che baciava o mordeva, non che gli raccontava cos’aveva fatto durante la giornata o che gli recitava poesie. Non che Lydia fosse una di quelle, sia chiaro. Lei era solo più… comunicativa. La guardò su gli spalti e vide che era intenta a levarsi le scarpe: le zeppe non le erano mai piaciute. Era rimasta un animale dentro, per quanto lui avesse cercato di farle capire come avrebbe dovuto comportarsi. In fondo, dalla figlia di Peter poteva immaginarsi molte cose peggiori, ma lasciò perdere.
Invece Lydia, oh, lei era tutta un’altra storia. Era elegante, bella, aggraziata. Erano diventati più amici adesso, ma continuava a sentirla distante e poi, ogni volta che poteva, lo prendeva ancora in giro. Almeno Malia sembrava tenere davvero a lui. Glielo dimostrava continuamente. Non l’avrebbe mai lasciato solo, lo sapeva e lei, cosa più importante, glielo aveva detto. Lydia era ancora un’entità che non gli apparteneva, qualcosa di meraviglioso, ma pur sempre fuori dalla sua portata. E questo lo rendeva tremendamente triste. La guardò e stranamente lei lo stava già fissando. Alzò una mano per salutarla, sorridendo appena. Lei si strinse nelle spalle, probabilmente per il freddo della sera, alzando gli angoli della bocca. Erano ancora più finti di prima, loro due. E questo non poteva essere cambiato.
La partita iniziò. Sentì a malapena il fischio d’inizio ed il coach che gli urlava nelle orecchie Stilinski, corri! Non lasciare che quelle tue gambe flaccide ti rallentino! Be’, in quanto a gentilezza, il coach era imparagonabile. Così strinse la stecca fra le mani e si buttò nella mischia. Avvertì il vociare della gente sugli spalti, tutti i suoni amplificati, il vento che veniva colpito dalle stecche, i movimenti rapidi di Garrett e di Scott di fianco a lui. Li superò velocemente, non seppe neanche lui come, gli passarono il disco e segnò con una semplicità che non aveva mai usato prima d’ora.
<< Grande! >> gli urlò dietro Scott, con un gran sorriso. Suo padre lanciò un grido da poco lontano, seguito da un Quello è il mio ragazzo!
Stiles guardò verso gli spalti e notò che Lydia stava applaudendo. Alzò la stecca con entrambe le mani, mentre Malia lo osservava in modo curioso. Non aveva ancora imparato ad esultare alle partite. Scosse la testa, sorridendo d’istinto. Per una volta si sentiva davvero utile.
E poi, be’, fu solo un secondo in cui non capì cosa stava succedendo. Improvvisamente, qualcuno lo atterrò e lui sentì le costole gridare contro la pelle.
Lydia urlò a pieni polmoni.
 
La solita scema. Cos’era andata a fare in quel posto? Mah. Come al solito, faceva qualcosa senza sapere né come né perché. Roteò gli occhi. A volte era troppo severa con se stessa, ma quella sera avrebbe davvero dovuto starsene a casa a guardare un film. Se ne stava lì, la crostata fra le mani e la borsa che le sfiorava il fianco destro. Si guardò intorno, quasi tremando. E se Derek non fosse stato in casa? Cos’avrebbe fatto? Se ne sarebbe andata, ovviamente. Non se ne parlava nemmeno.
La porta si aprì con un tonfo secco. Peter la guardò a lungo, assottigliando gli occhi. Paige deglutì, porgendogli la crostata di more. Quel colore così scuro le ricordava tanto l’animo misterioso di Derek.
<< Per voi. Volevo ringraziare Derek, ma se lui non c’è, non importa. Mi perdoni per il disturbo. >>
Paige gli lasciò la crostata e si voltò, ma Peter la fermò prendendole la borsetta. Per un attimo le era sembrato di aver visto un artiglio, poi scosse la testa. Le tremavano le gambe e probabilmente lui se n’era accorto.
<< Entra pure, Paige. >> disse Peter, con un sorriso che non prometteva niente di buono. << Derek sarà qui a momenti. >>
 
<< Ditemi che sta bene! Ditemi che sta bene! >> continuava a gridare Lydia, mentre Stiles veniva portato via sulla barella. Allison la prese per una spalla, fermandola. Scott aveva già abbandonato la partita per correre verso di lui. << Allison, gli hanno rotto qualcosa, me lo sento! E se muore? Non ce la faccio. >> disse Lydia, muovendosi a scatti. Il pensiero di poter perdere anche Stiles era capace di toglierle il respiro, di comprimere la cassa toracica e schiacciare i polmoni.
<< Lydia, andrà tutto bene. Se sono le costole, le aggiusteranno. Non preoccuparti. >> replicò Allison, accarezzandole una spalla. << Andrà tutto bene. È forte, se la caverà. >>
<< Sì, certo… GARRETT! >> urlò, andando verso il ragazzo. Allison la seguì immediatamente, aspettandosi il peggio. << SEI UN IDIOTA! Cosa ti è saltato in mente! >> sbraitò, spintonandolo.
<< Ehi, ehi, ehi, calmati. >> disse Garrett, alquanto stizzito. << Ho già detto che non l’ho fatto apposta, okay? È capitato. >>
<< Fai parte della sua stessa squadra! L’hai fatto apposta! >> abbaiò Lydia, puntandogli un dito contro.
<< E perché avrei dovuto farlo? Sentiamo. >> replicò, incrociando le braccia.
<< Perché aveva segnato! Perché sei geloso di lui! Non lo so, ma è colpa tua! >> rispose Lydia. << E giuro che se gli è capitato qualcosa, tu ne pagherai le conseguenze. >>
<< Lydia, basta. Ha detto che non l’ha fatto apposta. >> disse Allison, non capendo perché Lydia stesse reagendo in quel modo.
<< Tu non c’eri, Allison. Non hai sofferto per due mesi la morte di un’amica. Non sai cosa si prova. >> ribatté, guardandola con occhi fiammeggianti. Poi sembrò tornare in sé per un secondo, con quelle guance rosa da bambolina ed il viso triste. << Se perdo Stiles, perdo tutto. >>
Lydia corse nella stessa direzione di Scott, mentre Garrett la prendeva in giro. Allison sospirò, mettendosi le mani nei capelli. Era quello il vero motivo per cui era arrabbiata: aveva sofferto per mesi e poi tutto era tornato alla normalità. Ed aveva paura che perdere Stiles significasse perderlo per sempre, perché non avrebbe saputo come farlo tornare indietro. Era davvero a pezzi.
Si voltò e vide che Malia la stava fissando, gli occhi tristi e sì, in qualche modo, consapevoli.
 
<< Quindi, tu insegni letteratura, giusto? >> chiese Peter, in piedi di fronte a lei. Paige annuì, graffiandosi le ginocchia, seduta sul divano. Peter lo notò. << E ti intendi anche di storia, no? Storia di esseri sovrannaturali, per caso? >>
Paige alzò lo sguardo. Peter aveva qualcosa di strano, quella sera. Non avrebbe saputo dire se più o meno del solito, ma le incuteva timore. Se Derek non fosse tornato subito, probabilmente sarebbe crollata.
<< Perché vorresti saperlo? >>
<< Perché voglio capire se sei una minaccia oppure no. >>
O forse era già crollata.
La porta si aprì con uno scatto secco. Derek alzò lo sguardo e si meravigliò di vederla lì. Paige si alzò subito, lisciandosi la gonna, a disagio.
<< Ti ho portato una crostata. >> disse, grattandosi il braccio già rosso. << Volevo solo ringraziarti per avermi salvato la vita. So che non è molto, ma ci ho provato. >>
Derek annuì.
<< Sì, va bene. >> replicò. << Cos’hai fatto al braccio? >>
<< Oh, questo? Niente, è che sono nervosa. Tendo a grattarmi quando lo sono. Adesso vado. Ciao. >> disse frettolosa, avviandosi verso l’uscita.
Derek la seguì per le scale, fermandola per un braccio.
<< Perché non me lo hai detto? >>
Paige lo guardò, confusa.
<< Di cosa stai parlando? >>
<< Della malattia. >>
<< Non capisco per quale motivo avrei dovuto. E comunque, come fai a saperlo? >> chiese, sorpresa.
Derek guardò da un’altra parte.
<< Ho letto il tuo fascicolo. >>
Paige tirò uno strattone, liberandosi.
<< Cosa?! >> urlò. Perché l’aveva fatto? Cosa gli importava?
<< Hai una malattia degenerativa, Paige. Ho fatto delle ricerche, ma non sapendo da dove viene, né chi fossero i tuoi genitori, è difficile constatare cos’hai. Somiglia ad una certa sclerosi sistemica, che colpisce soprattutto le donne e si manifesta verso i trent’anni. Le macchie rosse sulla pelle sono solo il primo sintomo. Gli organi interni vengono contagiati e si induriscono, portando anche ad una chiusura dell’apparato respiratorio. In alcuni casi non c’è cura. >> replicò Derek, con cuore pesante. La guardò con un misto di amarezza e consapevolezza di non poterla aiutare. Non se lei non avesse voluto. << Paige, hai 27 anni e stai morendo. >>
 
<< Scott, allora? >> chiese Allison, seguita a ruota da Lydia.
<< Sta bene. Più o meno. >> rispose, mentre Kira e Malia si avvicinavano. << Mia madre dice che potrebbe avere un problema alle costole, ma niente di grave. Adesso gli stanno facendo degli esami. >>
<< Possiamo vederlo? >> chiese Malia.
<< Purtroppo no. >> replicò Scott, sospirando. << Possiamo solo aspettare. >>
Allison lo abbracciò. Dalla sua voce poteva sentire la sua fragilità, la sua paura e la sua tristezza per non poter fare niente. Probabilmente aveva già cercato di fargli provare meno dolore, ma con tutti quei dottori in giro, non poteva rischiare di farsi cogliere in flagrante. Avvertì lo sguardo di Kira addosso. Si era accorta che le piaceva Scott. A dire il vero, non ci voleva molto per accorgersene. Certo, lei non poteva tornare come se niente fosse dopo due mesi, anche se l’assenza non era dipesa da lei, per “rubarglielo”. Però Lydia le aveva assicurato che fra loro due non c’era niente, quindi non stava facendo nulla di male. Stava solo confortando un amico. Un amico per cui provava qualcosa di più, ma non gliel’avrebbe detto. Non ancora.
Si staccò da lui e gli sorrise. Sperò di farlo stare meglio solo in quel modo, dandogli speranza, ma non era semplice. Melissa li raggiunse in quel momento. Lydia la guardò con aspettative, le mani congiunte come in preghiera.
<< Può entrare solo una persona. >> disse. Nessuno di loro si fece avanti, anche se stavano guardando tutti Malia. << Lydia, ha chiesto di te. >>
 
Paige lo spintonò.
<< Credi che non lo sappia? >> chiese, con gli occhi brucianti di lacrime. << Lo so benissimo e sta peggiorando! Non posso fare niente per stare meglio. >>
<< Paige, posso aiutarti. >>
<< No. >>
<< Perché saresti venuta qui, altrimenti? >> sbraitò Derek.
<< Perché sono orfana e ho fatto delle ricerche sull’esistenza degli esseri sovrannaturali! Dalle documentazioni risultava che Beacon Hills, in qualche modo, ne fosse piena e così mi sono trasferita qui! È per questo motivo che conosco tutto di voi! Era questo che volevi? Una confessione? Be’, l’hai avuta! >>
<< Qualcuno ha cercato di ucciderti, per essere venuta qui. C’è qualcos’altro che dovrei sapere? >> chiese Derek, cercando di sembrare calmo.
Paige si afflosciò contro il muro.
<< Perché vuoi saperlo? Perché ti sto a cuore? Perché provi pietà per me? >>
Derek la guardò negli occhi, che non erano azzurri come aveva pensato, ma blu. Un blu elettrico e pieno d’energia. Aveva un colore così acceso, che non sembrava quello di qualcuno che stesse lentamente morendo.
<< Perché sei una brava persona e non voglio che ti accada qualcosa. >>
 
Lydia gli sfiorò la mano. Stiles sembrava che stesse dormendo, il pallore cereo del viso in netto contrasto con il rosso della divisa da Lacrosse. Aveva una fasciatura all’altezza delle costole, dove la pelle era violacea. Probabilmente era vero, non era nulla di grave e lei se l’era presa troppo. Stiles aprì gli occhi e si voltò verso di lei, un lieve sorriso ad illuminargli il viso.
<< Ehi. >> disse Lydia, dolcemente.
<< Sei venuta. >> rispose Stiles, le labbra asciutte.
<< Sì. Perché hai chiesto di me? >>
<< Perché hai applaudito. L’hai fatto solo una volta, prima di oggi. >>
Lydia s’inumidì le labbra, alzando le spalle.
<< Credo sia stato istintivo. Hai segnato ed io ho applaudito. Tutto qui. >> rispose. << Non so se l’hai notato, ma non accade molto spesso. >> replicò, ma non con cattiveria. Stiles sorrise.
<< No, non è per quello. >> ribatté Stiles, cercando di sedersi. Mormorò qualcosa fra le labbra, rabbioso, per poi tornare alla posizione iniziale, sconfitto. << Sei arrabbiata con Allison perché è come se lei se ne fosse andata senza avvisare e forse tornata dal nulla e cerchi di stare vicino a me, solo perché in questi mesi tu avevi solo me. >>
Lydia scosse la testa, anche se era sorpresa che Stiles avesse davvero capito il motivo del suo malumore. Forse non l’aveva capito bene nemmeno lei stessa.
<< No, non è vero. >>
<< Sì che è vero. >> ribatté l’altro, ridendo. << Tu fai sempre così. Neghi la realtà e neghi con me, perché non vuoi che ti faccia notare le tue debolezze. Non devi farlo, Lydia. Tu sei forte quanto tutti gli altri sono deboli, ma quando tutti gli altri sono forti, tu puoi permetterti di essere debole. >> disse Stiles, guardandola come non la guardava da tanto tempo. Avrebbe voluto abbracciarla, farle capire che lui le sarebbe stato sempre accanto, che l’avrebbe sempre amata, ma non riusciva a muoversi per via delle costole.
Lydia abbassò il capo, con gli occhi che piano piano si inumidivano per le lacrime. Probabilmente, se Stiles se ne fosse accorto le avrebbe detto che era sempre bellissima e lei non sarebbe riuscita a nascondersi ancora. Cercò di rimanere forte, buttando indietro i capelli, sorridendogli.
<< Grazie Stiles, ma sto bene. >> disse, apparendo più dura di quello che avrebbe voluto. Stiles annuì, quasi deluso. Era pur sempre di Lydia che si stava parlando. Lydia avrebbe voluto fargli capire che non lo stava allontanando ancora e che non ne poteva più di farlo, ma quello era il suo ruolo. E poi, lui aveva una fidanzata che lo stava aspettando. E non era lei. << Spero che ti rimetta presto. Ho bisogno di qualcuno da punzecchiare, a scuola. >>
Si alzò dalla sedia ed uscì, lasciando Stiles a sospirare. Avrebbe fatto promettere ad Allison di non dire una parola di quello che era successo mentre lui era svenuto. Non una parola. Mai.
 
<< Ti fidi ancora di lei? Dopo tutto quello che abbiamo scoperto sul suo conto, Derek? Mi stai prendendo in giro, per caso? Perché vorrei sapere se ho il nemico in casa. >> disse Peter, mentre Derek rientrava al loft.
<< Sei tu il mio nemico, Peter. >> replicò Derek, avanzando verso di lui con un’espressione irata.
<< Come, prego? >> domandò Peter sulla difensiva, assottigliando gli occhi.
<< Cosa volevi da lei? Cosa mi stai nascondendo? >> chiese Derek, aprendo e chiudendo più volte la mano destra, mostrando gli artigli e ritirandoli. Gli occhi di Peter si voltarono in un azzurro luminoso.
<< Non voglio che ti giri intorno. È una stupida umana che sta morendo. Mi preoccupo per te. >> rispose Peter.
<< E da quando ti preoccupi per me? >> domandò Derek, ironico. << Se vuoi continuare a mentirmi, devi perlomeno smettere di ronzare intorno a quello che mi interessa. >>
<< Ah, quindi lei ti interessa? Buono a sapersi. >>
<< Non provare a toccarla, Peter. Giuro che ti faccio a pezzi, se mi provochi altri problemi. O lo farà Scott. >> lo minacciò Derek. Lo sentì ringhiare.
<< Un giorno ti accorgerai che a stare dalla mia parte si vince sempre, non importa quante volte perda. >> replicò Peter, poi prese la giacca ed uscì.
Derek si avvicinò alla scrivania e la buttò all’aria. Tutta quella storia gli aveva fatto davvero perdere le staffe. Alcuni fogli volarono via da un cassetto, fogli che Derek non aveva mai visto. Si avvicinò e li prese fra le mani, leggendoli. Sgranò gli occhi e si sentì cadere.
Kevin Mayers.
Dannis Colton.
Jonathan Homb.
Stuart Fulton.







Angolo autrice:
Ebbene sì. Vacanze finite, ritorno sul sito xD
Dunque, in questo capitolo sembra che non succeda niente, ma in realtà vengono svelate un paio di cosette molto importanti. Uno: Paige è malata e sta morendo. La malattia che ho citato esiste veramente (mi sono documentata su internet, quindi non date tutte le informazioni per certe), ma non è quella che ha Paige. Si scoprirà più avanti che cos'è veramente. Due: Peter. Peter è sempre il cattivo onnipresente, ma che rimane sullo sfondo (da qualche stagione a questa parte). Qui si capisce che sta preparando qualcosa di losco. Avete già capito cosa? xD
Povero Stiles, ci va sempre di mezzo... Però la parte Stydia mi piace molto *_* Che ne pensate?
Grazie a tutti quelli che recensiscono o mettono la storia fra le seguite/preferite/ricordate ed ai lettori silenziosi. 
Ditemi cosa ne pensate del capitolo! :)
Alla prossima!
Erule

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 - The wolf among us ***


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Capitolo 4
The wolf among us
 
<< Ti senti meglio, adesso? >> chiese Scott, camminando accanto a Stiles per il corridoio.
<< Sì, abbastanza. >> rispose l’altro, facendo una smorfia per il dolore. << Credo che Garrett l’abbia fatto apposta. Non gli sono mai andato a genio. >>
<< Be’, ci mancava solo questa. >> replicò Scott, sospirando.
<< Ehi, ma quello non è Derek? >> domandò Stiles indicando una figura accanto all’entrata della scuola. La campanella suonò nello stesso istante. Dietro di loro, Kira e Malia stavano entrando in classe. << Perché indossa gli occhiali? Sta cercando di camuffarsi? >>
Scott sghignazzò.
<< Dai, Derek non si fa mai vedere qui. È un’emergenza. >>
<< Sì, ma è ridicolo lo stesso. >>
<< Meglio se non glielo dici o la lista delle persone che non ti sopporta sale. >>
<< Allora non c’è pericolo. >> replicò Stiles, seguendo Scott nella direzione di Derek. << Derek è già su quella lista. >>
 
<< Credi che li abbia uccisi lui? >> chiese Scott, con la lista fra le mani.
<< Non lo so. >> rispose Derek, alzando le spalle. << So solo che non so più di chi fidarmi. >>
<< Perché, ti fidavi di Peter? Non hai proprio imparato niente, eh? >> commentò Stiles. Derek ringhiò.
<< Ehi, calma. >> disse Scott. << Sappiamo solo che per qualche motivo abbiamo Paige dalla nostra parte che sa tutto sugli esseri sovrannaturali. Potrebbe esserci d’aiuto per trovare Kate. >>
<< Non credo voglia immischiarsi in tutto questo. >> disse Derek. << Ed io non voglio che ne sappia nulla. Quindi, state zitti. Ne riparliamo più tardi. >>
<< Derek, dobbiamo trovarla prima che lei trovi noi. >> ribatté Scott. << Dobbiamo fermarla in tempo. Non voglio che qualcun altro muoia. >>
<< Farò condurre delle ricerche alla centrale per questi uomini. Scoprirò chi sono. >>
Stiles prese il foglio dalle mani di Scott e lo lesse attentamente. Nel suo cervello sembrò scattare qualcosa, come un ricordo lontano. Dentro la sua testa riecheggiò il giornalista in TV che parlava della morte di un detenuto in fuga. Kevin Mayers.
<< Aspettate, Mayers? È il cognome di Darren. >> disse. Scott lo guardò e capì. << E suo padre è appena morto. Forse dovremmo chiedergli come è morto. >>
<< E trattandosi di Kate, mi aspetto lesioni su tutto il corpo per artigli. >> replicò Scott. << Derek, fai quello che hai detto. Al resto pensiamo noi. Ti mando un messaggio. >>
<< E rispondi, per una volta. >> disse Stiles, prima di andarsene il più in fretta possibile da lì.
 
Lydia assottigliò gli occhi, fissando Malia che non riusciva a cavarne fuori un ragno dal buco. La sua espressione appariva spaesata e concentrata nello stesso momento. Certo, avrebbe potuto aiutarla, ma non ne aveva voglia. Se Stiles non aveva insegnato la matematica alla propria ragazza non erano mica affari suoi, giusto? Si voltò a guardare il professore che girava fra i banchi, mentre lei e Malia erano alla lavagna per risolvere un’equazione. Stiles la guardò con le mani congiunte, supplicandola. Lydia si voltò in fretta, mulinando i capelli. Oh no, se lo scordava! Non avrebbe aiutato Malia mai e poi mai. Riguardò il risultato, ovviamente corretto, poi posò il gessetto, si ripulì le mani e… Dannato Stiles! Cancellò l’ultimo passaggio per far credere che non avesse ancora terminato. Guardò distrattamente l’equazione di Malia. Oh cielo, che idiota!
<< Venticinque. >> sussurrò. Malia la guardò confusa. << Il risultato! Venticinque. >> mormorò, fingendo di star scrivendo ancora. Avrebbe voluto dirle anche Stupido coyote che non sei altro, ma decise di stare zitta.
Malia scrisse in fretta. Il professore si voltò e si diresse da loro con passo deciso. Guardò l’equazione di Malia, poi osservò Lydia, che stava scrivendo di nuovo il risultato.
<< Malia ha terminato prima di te, Lydia. Stai battendo la fiacca, per caso? >>
Lydia prese un respiro profondo, mentre Stiles e Scott trattenevano il fiato. Avrebbe voluto saltare addosso a Malia e picchiarla ferocemente, ma non poteva sfogarsi. Avrebbe voluto anche urlare per far capire a quell’idiota d’un professore che Malia era inutile quanto un lavandino rotto, ma non lo fece. Guardò verso gli altri e notò che Allison non c’era. Avrebbe benissimo potuto fare una scenata in quel momento, dato che la sua migliore amica, con cui fra l’altro aveva appena fatto pace, non ci sarebbe stata per fermarla, ma non lo fece.
<< No, professore. Stavo solo… >> stava per rispondere, quando le saltò all’occhio la sua stessa scrittura, non precisa e decisa come al solito. Sembrava che il gesso scrivesse quasi in modo intermittente, non diretto. E l’idea le venne solo in quel momento.
<< Sì? >> la incalzò il professore.
Lydia si ridestò, scuotendo la testa.
<< Niente, avevo solo sbagliato a scrivere. >>
<< Bene. Ragazzi, scrivete i compiti. >>
 
<< Allison, fammi capire bene: ti sei presa un raffreddore o hai solo evitato di vedere Scott? Perché se l’hai fatto, non è stato un buon piano. Stasera organizzo una festa per illudere mia madre che sia tutto okay e darvi l’occasione di elaborare un piano in santa pace. E Scott ci sarà. Ed anche Kira. Perciò, la prossima volta che vuoi startene assente per un motivo che non riguardi la tua salute, quella del corpo, intendiamoci, parlane con me. Richiamami. >> disse Lydia, poi riattaccò il telefono.
Allison non le rispondeva da quella mattina. Dov’era andata a cacciarsi? Si sdraiò sul letto, accendendo il computer. Magari avrebbe potuto rendersi un po’ più utile, controllando chi fossero quegli uomini sulla lista. Derek non aveva dato loro neanche una notizia. Sempre il solito.
Il telefono squillò. Lo prese subito in mano, ma la chiamata era da parte di uno sconosciuto, non di Allison. Si chiese se dovesse rispondere, ma il telefono smise di squillare. Lo fissò intensamente per qualche minuto. La suoneria partì di nuovo e sembrò quasi chiamarla. Schiacciò il tasto ed avvicinò l’orecchio all’apparecchio.  Era come non sentire tutto e niente allo stesso tempo. Nella stanza c’era solo silenzio, ma nella sua testa le parole ballavano una specie di valzer. Bianco. Interrotto. Traditore. Morte. Avrebbe voluto urlare. Avrebbe voluto chiedere il nome, il nome del traditore, ma le voci smisero appena ebbe riattaccato. Sapeva solo che qualcuno stava per morire e che quel qualcuno era un traditore.
Tastiera alla mano, compose subito il numero di Scott.
Quello di Stiles era spento e lo sapeva, perché mentre stava ascoltando quelle parole, stava chiamando lui.
 
<< Dobbiamo parlare. >> disse Malia, incrociando le braccia.
<< Cosa c’è? >> chiese Stiles, sfogliando il libro di algebra. Non ci capiva niente, senza Lydia quelle parole erano peggio dell’ebraico. Alzò un sopracciglio, scuotendo la testa. No, non c’era niente da fare.
<< Guardami. >>
Quando Malia usava quel tono era meglio darle retta. Lanciò una rapida occhiata al telefono: la batteria era decisamente andata. Stiles chiuse il libro ed alzò lo sguardo. Malia aveva i capelli ancora bagnati per lo shampoo e le gambe che continuavano a muoversi, poteva sentire il tessuto dei pantaloni che sfrigolava tra le cosce, ma apparentemente non sembrava stesse facendo alcunché.
<< Malia, che succede? >> chiese. Adesso si stava davvero preoccupando.
<< So di te e Lydia. >>
Il suo cuore fece una capriola all’indietro con triplo salto mortale. Suonava tanto come un So che siete amanti e che mi stai tradendo, peccato che lui e Lydia non stessero insieme. Peccato davvero. Così scosse la testa, sorridendo.
<< Io e lei non stiamo insieme. >>
<< Lo so! Ma sto impazzendo! La maniera in cui vi guardate… Vorrei che fosse così, potrei tirarti uno schiaffo e lasciarti! >>
Malia era molto manesca, nel caso non fosse stato chiaro. Stiles rabbrividì solo all’idea. Le aveva fatto vedere troppi film romantici. Nei film romantici accade sempre che, se ragazzo tradisce la ragazza, lei gli tira uno schiaffo. Perché diamine non le aveva mostrato Star Wars? Almeno si sarebbe goduta un po’ di sana violenza e basta. E invece no! Il solito idiota.
<< Malia, arriva al punto. >>
<< D’accordo, lo farò. >> replicò lei, sospirando. << O stai con me o stai con lei. Scegli. E in fretta, non mi piace aspettare. >>
 
***
 
La serata non si prospettava delle migliori.
Insomma, punto primo: erano le dieci passate ed Allison non era ancora arrivata. Strano. Scott ovviamente aveva mandato un messaggio a Chris per chiedergli se andava tutto bene, ma come al solito, papà Argent non gli aveva risposto. Era una caratteristica degli Argent, ovviamente, quella di non rispondere al telefono quando i tuoi amici hanno bisogno di te. Punto secondo: alcune matricole si erano imbucate ed un ragazzo fra di loro era molto carino, ma le stavano infestando casa. E, non per dire, ma ne aveva trovati un paio in camera da letto. Poteva solo immaginare cosa stessero per fare. Che schifo. Punto terzo: Peter era lì. Derek aveva seriamente rischiato di picchiarlo, quando si era affacciato alla porta dicendo: << Ehi, perché nessuno mi ha invitato? >>. Al che, Lydia l’aveva spinto fuori insieme a Stiles e Scott aveva dovuto portarlo a farsi un giro. Quindi, non solo Scott non c’era, la cui presenza era praticamente indispensabile per preparare un piano, ma erano sicuri che Peter avesse capito che non si potevano fidare di lui. Lydia lo aveva ammesso a se stessa: si erano fatti prendere la mano, avevano sbagliato. In quel modo, Peter avrebbe capito sempre che loro sapevano di lui. Che cosa sapevano, poi? Solo che probabilmente faceva affari con Kate, ma era ancora tutto confuso. Chi era il traditore che sarebbe morto? Peter? No, troppo facile. Forse era qualcuno che non avrebbero mai sospettato, come Paige, ma era troppo facile, era la “ragazza nuova”! Quindi erano di nuovo all’inizio. Erano solo riusciti a sapere che quegli uomini sulla lista erano tutti prigionieri evasi o appena usciti di galera. I primi due erano già morti, gli altri due erano introvabili dappertutto.
Scese nel seminterrato, lasciando Kira di vedetta. E mentre la musica andava, lei scendeva le scale. I tacchi sbattevano contro il marmo e la sua testa non smetteva di calcolare, di pensare, di mettere insieme i pezzi. C’era qualcosa che non quadrava. C’erano delle voci che continuavano a sussurrare, ma lei non riusciva a cogliere le parole. Ed aveva scoperto che era stata chiamata al telefono da qualche idiota che aveva sbagliato numero, cercando una certa Pasticceria Il Dolce D’Oro. Bah.
<< Derek, dobbiamo parlare con Darren. È l’unico modo. >> disse Stiles, mentre Lydia entrava nella stanza.
<< Dovrebbe farlo Scott, ma non è qui. >> replicò Derek, cercando di controllare la rabbia.
<< Ragazzi, calmatevi. Posso farlo io. >> fece Malia, mettendo le mani sui fianchi. << Posso difendermi ed anche attaccarlo. Parlerà. >>
<< Non si fiderà di te. >> disse Lydia. Stiles la guardò, ma lei non riuscì a sostenere il suo sguardo. << Dobbiamo tenercelo buono. Potrebbe esserci utile. >>
<< Ci penso io. >> replicò Stiles, dirigendosi verso la porta.
<< No, non esiste! >> ribatté Malia. << Se cercasse di farti del male, tu non sapresti difenderti. >>
<< Qualcuno lo deve fare e Scott non c’è. Posso farcela. È solo un bullo ben piazzato che si crede chissà chi. Non è un problema. >>
<< Lo sarà se ti rompe la mascella. >> commentò Derek, alzando una spalla. Stiles sbuffò stizzito.
<< Posso cavarmela da solo. Voi mi coprirete le spalle. >>
<< No, non lo farai. >> disse Lydia, che fino a quel momento aveva preferito tacere. Stiles la guardò a lungo, ma lei non riusciva davvero a comportarsi normalmente, dopo quello che si erano detti in ospedale. << Non ti sei ancora ripreso. Aspetteremo Scott. >>
<< Potrebbe metterci troppo tempo. >>
La porta si aprì con uno scatto.
<< Ragazzi, Darren se ne sta andando! >> esclamò Kira.
<< Cosa? >> chiese Lydia. << Nessuno se ne va dalle feste che organizza Lydia Martin! >>
<< Andiamo a prenderlo, allora. >> disse Stiles, passandole di fianco.
Lydia stette per dire qualcosa, ma l’occhiata di Malia la fece zittire. Non capì il motivo di quel gesto, ma l’avrebbe scoperto, poco ma sicuro.
 
<< So che non vi fidate di me, ma avete bisogno di me. >> disse Peter fermandosi di fronte a Scott con un sogghigno. << Scommetto che state pensando di nuovo che io sia il cattivo per qualche motivo strano. Be’, non lo sono. Non più. >>
<< Solo perché hai una figlia? >> chiese Scott, sicuro di colpirlo nel profondo. Gli occhi di Peter furono attraversati da un flash azzurro. << Mi sembra poco per uno come te. >>
<< Uno come? >>
<< Un assassino. >> rispose Scott, duro. << Un assassino senza scrupoli. >>
Peter mostrò gli artigli e Scott voltò il colore dei suoi occhi in un rosso sangue e lampeggiangte, in automatico. Lui era un Alpha, per quanto avesse voluto, Peter era ancora troppo debole per batterlo. E adesso sapeva la cosa più importante, cioè che Derek aveva rimesso tutto a posto, compresa la lista, prima che Peter potesse accorgersene. Gli aveva solo dato un dubbio, tutto qui. Ma i dubbi possono essere cancellati.
<< Dobbiamo davvero arrivare ad uno scontro, Scott? >> chiese Peter, mentre il freddo della serata accarezzava la schiena di Scott come una mano gelata. Gli ricordò il gelo delle mani di Allison, il giorno in cui l’aveva riaccompagnata a casa.
No, non era il momento di pensare ad Allison.
<< Voglio solo sapere se sei dalla nostra parte oppure no. Dillo adesso e ti crederò. >>
Peter si passò la lingua sulle labbra, sorridendo. Qualunque parola gli avesse detto, Scott non gli avrebbe mai creduto davvero. Avrebbe potuto minacciarlo o dirgli le sue vere intenzioni senza paura, la verità, ma decise di percorrere un’altra strada.
<< Io sono con voi, finché non trovo qualcuno di più vantaggioso da frequentare. >>
<< E l’hai già trovato? >> domandò Scott, alludendo velatamente ai nomi sulla lista e quindi a Kate. Peter non colse i suoi pensieri.
L’uomo rivolse al terreno un sorriso amaro, mentre i suoi occhi brillavano alla luce della luna. Poi rispose.
<< No. >>
 
Stiles acchiappò Darren per il colletto, rischiando di cadere, dato che il ragazzo era tre volte più grosso di lui. Quello si girò, assottigliando gli occhi per la rabbia, i capelli neri tirati indietro, la maglia scura liscia sulla pancia pronunciata e la braccia che sembravano due mazze da baseball.
<< Cosa vuoi? >> chiese rabbioso.
Stiles si grattò la nuca, pensando a come intavolare l’argomento.
<< Com’è morto esattamente tuo padre? >> domandò, con la voce lievemente acuta.
Darren sembrò non gradire molto la domanda, perché lo squadrò da capo a piedi, prima di mollargli un pugno in faccia. Stiles si coprì il viso con le braccia, ma la botta non arrivò. Malia emise un ringhio capace di far rizzare i peli in testa, dopo aver tirato un calcio nello stomaco a Darren.
<< Rispondigli. >> ordinò. Darren continuò a rantolare a terra. Malia gli tirò un altro calcio. << Rispondigli! >>
<< Malia, non c’è bisogno di… >> stava dicendo Stiles, ma un’occhiata della ragazza lo fece indietreggiare. << Sto zitto. >>
<< Allora? >> chiese Lydia, arrivando con il telefono in mano. << Ha parlato? >>
<< Non ancora. >> rispose Malia. Darren continuava a lamentarsi per il dolore.
Lydia si inginocchiò di fianco a lui, facendo leva sui tacchi, guardandolo con un sorriso ironico. Lo schermo del suo telefono era illuminato dal suo sfondo.
<< Ti conviene parlare Darren, altrimenti Malia ti farà in pezzettini così piccoli, che neanche tua madre riuscirà a riconoscerti allo specchio. >> disse Lydia. << Allora? >>  
Darren sputò saliva, poi si mise seduto, respirando a stento. Li guardò a lungo, tutti e tre, provando odio.
<< L’hanno trovato in periferia. Era pieno di sangue dalla testa ai piedi e pieno di graffi. Probabilmente è stata colpa di un animale selvatico. Uno di grossa taglia e molto arrabbiato. >>
Lydia guardò gli altri due. La loro occhiata d’intesa era così ovvia.
<< Grazie mille, Darren. >>
Lydia si avvicinò a Stiles e Malia, tornando dentro casa. Derek era andato a cacciarsi chissà dove. Kira corse verso di loro tutta trafelata.
<< Allora? Cos’ha detto? >>
Stiles sospirò.
<< Quello che sapevamo già. >> rispose gravemente. Lydia non riuscì a non guardarlo. << Kate è tornata in città. >>
 
Derek bussò alla porta con decisione. Se Paige non avesse risposto subito l’avrebbe sfondata. L’aveva chiamato pochi minuti prima, chiedendogli di correre da lei, perché qualcuno era riuscito ad entrare in casa sua. In quella città, per qualche ragione, tutti avevano i numeri di telefono di tutti per vie traverse.
Paige aprì la porta tremando con in mano un coltello sporco di quello che sembrava sangue. Derek entrò subito, cercando con gli occhi qualcosa. Non sapeva bene cosa aspettarsi, se un cadavere, una persona, un lupo o un giaguaro, ma non ebbe molto tempo per pensarci. La risposta lo accecò in pieno un attimo dopo. Un uomo di circa quarant’anni, i capelli radi e biondi, gli occhi chiari, rantolava nel salotto di Paige, una ferita quasi mortale che cercava di rimarginarsi all’altezza del suo stomaco. Derek era sicuro di avere poco tempo per conoscere la ragione per cui quell’uomo si trovava lì ed era abbastanza certo di sapere chi fosse.
Si inginocchiò di fianco a quello, mentre Paige lo fissava con occhi spenti. Non riusciva a muoversi, solo a tremare come una fiamma colpita dal troppo vento. Il tizio continuava a mugolare, contorcendosi sul pavimento. Derek gli tirò su la testa, costringendolo ad aprire gli occhi per guardarlo.
<< Lei è Jonathan Homb? >> chiese.
<< E tu sei Derek Hale? >> domandò l’altro ironico, facendo un sorrisetto contorto da una smorfia di dolore. La ferita era troppo profonda. Stava morendo. Derek riusciva a sentire il suo dolore pulsare nelle proprie vene. Era orribile.
<< Sì. Chi ti manda? Kate? Cosa ci facevi qui? >>
<< Volevo solo rubarle l’argenteria. Ha lasciato la finestra aperta mentre si stava facendo la doccia. >>
Derek si voltò e si accorse solo in quel momento che Paige indossava l’accappatoio. I suoi occhi erano stanchi ed era terrorizzata. Non avrebbe retto a lungo. Doveva fare in fretta. Si rivolse di nuovo a Jonathan, che stava agonizzando.
<< Rispondimi. Sei qui per conto di Peter? Lavori per Kate? >> chiese dei nuovo, con voce più alta, avvertendo l’odore di lupo perforagli le narici. << Dimmelo! >>
<< Posso solo dirti che devi guardarti le spalle, amico. >> rispose Jonathan con un sorrisetto.
Poi, cominciò a tossire furiosamente, sputando sangue copiosamente. Derek lo fissò impotente. Non che gli importasse davvero se fosse morto o meno, ma continuava a ricordargli che anche Paige aveva continuato così per dei minuti lunghissimi ed era finita solo perché lui aveva messo fine a quel tormento. Jonathan tossì per un’ultima volta, poi scivolò con la testa lungo il pavimento e spalancò gli occhi, senza più muovere un muscolo.
 
Lydia si massaggiò le braccia, seduta sul letto. Stiles, Kira e Malia erano ancora al piano di sotto per controllare la festa, mentre Scott li stava raggiungendo, dopo aver lasciato Peter al loft. Si guardò i piedi, lasciati liberi da quelle zeppe maledette. Per tutta la sera la mancanza di Allison si era fatta sentire più del solito. E se fosse scomparsa? E se fosse stata rapita? O peggio, se fosse morta di nuovo? Dopo il suo ritorno credeva che avrebbe potuto contare sulla sicurezza che lei non l’avrebbe più lasciata sola, perché insomma, non è possibile morire una seconda volta dopo che qualcuno ti ha riportato in vita, giusto?
Il cellulare squillò con la sua solita suoneria. Lydia lo prese in mano e quando vide che la chiamata era di parte di Allison, rispose subito.
<< Allison! Dove diavolo eri finita? >> esclamò Lydia, saltando su.
<< Lydia, non urlare. >> disse Allison, ridacchiando. << Sto bene. Io e mio padre siamo andati a cercare Kate. >>
<< Da soli? Ma sei impazzita? Allison, tua zia è pericolosa! >>
<< Lydia, lo so. Ero con mio padre. So prendermi cura di me stessa. >>
<< Allison, non sono Scott. Non devi rassicurarmi come se fossi una bambina. Voglio solo sapere perché non me l’hai detto. >>
<< Perché altrimenti saresti venuta con me o ti saresti preoccupata tutto il giorno… >>
<< Invece così sono stata senza pensieri, vero? Stamattina ho rischiato di prendere a pugni Malia! È irritante come… come… Stiles. >> disse sorpresa, guardando verso la porta.
<< Come Stiles? >> chiese Allison, non capendo.
Stiles deglutì, guardando Lydia negli occhi.
<< Le ho detto che è finita. >> disse. Lydia sentì il cuore battere frettolosamente nel petto, il respiro di Allison che le soffiava nelle orecchie. Stiles le rivolse un sorriso appena accennato, come se la sua vita non stesse andando in pezzi. << Ho lasciato Malia. >>
 
Paige strinse il coltello nella mano destra, prima che le cadesse a terra producendo un rumore metallico. Derek si ridestò e si alzò, guardandola. Paige si sentiva in colpa. Si era solamente difesa, dopotutto. Quell’uomo era entrato in casa sua, lei era uscita dalla doccia con un accappatoio addosso e l’aveva visto sorridere con quei denti aguzzi… Aveva afferrato in fretta il coltello dal tavolo per difendersi, lui si era scagliato contro di lei, Paige era corsa via, si era nascosta dietro il divano, aveva gridato, ma lui l’aveva atterrata, facendole scivolare il coltello dalle mani. Si era ritrovata indifesa con i polsi che chiedevano pietà, perché stretti troppo forte. Lui l’aveva tirata su e lei ne aveva approfittato per tirargli un calcio negli stinchi, riprendere il coltello, girarsi per guardarlo in faccia, ma lui si era già slanciata contro di lei ed il coltello… si era conficcato nel suo ventre. Ci erano voluti un paio di minuti buoni, prima che lei si rendesse conto di quello che era successo e chiamasse Derek per chiedergli aiuto. Poi aveva aspettato lì, rannicchiata nell’angolo fra il bagno e la cucina open – space.
<< Paige, è finita. È morto. >>
<< L’ho ucciso io. Non volevo ucciderlo. >> disse Paige, con le mani che le tremavano. << L’ho ucciso io. >> ripeté, con un filo di voce.
Derek si avvicinò a lei piano. Ricordava bene la prima volta che aveva ucciso una persona. Era stata la sua prima ragazza, Paige, con quegli occhi così brillanti e tanta voglia di vivere. Era stato difficile come non mai e lo ricordava sempre, perché il colore delle sue iridi non era stato più quello di una volta, da quel momento in poi. All’inizio si era sentito perso ed era stato così per un bel po’ di tempo, finché non era cresciuto ed altri problemi si erano scontrati con lui, cercando di smontarlo. Non si era mai dimenticato, però, di com’è sentirsi vuoti e colpevoli. Le poggiò le mani sulle spalle con incredibile dolcezza. L’ultima volta che gli era accaduto era stato da adolescente, con quella Paige che aveva amato tanto.
<< Non devi sentirti in colpa, quando vuoi solo proteggere la tua vita. I lupi imparano a vivere così. >> disse. << Noi siamo forti in branco. Ti fidi di me? >>
Paige lo guardò negli occhi. Quel blu fortissimo ricominciò a brillare, poco meno intensamente del solito, certo, ma era già moltissimo. Paige annuì.
<< Io mi fido sempre di te, Derek. >>
Derek era colpito da quelle parole. Insomma, anche l’ultima volta si era lasciato ingannare dalle parole di Jennifer Blake, ma stavolta era diverso. Era stato attento fino a quel momento per non cadere di nuovo in qualche tranello, ma in qualche modo, sentiva che Paige non era affatto come Jennifer. Non era lei. Come non era la Paige che aveva amato da ragazzino. Era qualcuno di completamente diverso.
Le sorrise, lasciando scivolare le mani sulle sue spalle.
<< Starai bene, Paige. >>
E non sempre è un male essere diversi.
 
Peter guardò la luce accesa dietro la finestra. Scosse la testa, capendo quello che era successo. Assurdo, stai fuori una notte e guarda cosa ti capita! Aveva anche dovuto lasciarsi minacciare come se nulla fosse da un ragazzo – Alpha. Che senso aveva detenere tutto quel potere e non poterlo usare? Ancora per poco, comunque.
Il cellulare squillò. Guardò il numero e ghignò.
<< Ehi. Sì, è morto. Non alzare la voce, andrà tutto bene. Ce ne manca uno. E se poi non va come avevamo previsto, entro in gioco io. Cosa? Credi davvero che Scott o Derek riusciranno a fermarmi? Ti sembro forse un dilettante? D’accordo, dammi ancora altro tempo. Lo so, siamo vicini alla scadenza. Non c’è bisogno di ripetermelo ogni volta. Ci penso io. >>
Attaccò, poi prese la lista dalla tasca. Fece scattare la penna e tirò la terza linea sul foglio. Derek avrebbe anche potuto comportarsi da buon samaritano, ma era nato dopo di lui e c’erano alcuni segreti di cui non era al corrente o trucchi che lui e sua sorella usavano contro i genitori. Per non parlare di alcune verità che l’avrebbero travolto, appena scoperte.
E quando sarebbe successo, lui sarebbe stato a guardare, ridendo, Derek Hale che stramazzava al suolo e che non si sarebbe mai più rialzato. 







Angolo autrice:
Ciao :D
Dunque, credo che anche in questo capitolo vengano svelate piano piano molte cose a cui fare attenzione.
Numero uno: Mayers è stato ucciso da Kate, ma era anche sulla lista di Peter. E Peter, alla fine del capitolo, sta parlando con qualcuno. Qualche idea? Numero due: si è capito che stanno attaccando Paige per qualche motivo, ma non si sa ancora come mai. Numero tre: per tutti i fan Stydia, Stiles ha lasciato Malia! Ma cosa si saranno detti lui e Lydia? Non si sa ancora xD. Però ricordatevelo, perché sarà importante più avanti. Numero quattro: Lydia ha sentito delle voci riguardo ad un traditore ed alla morte di questo traditore, probabilmente. Secondo voi, chi sarà?
Domanda, domanda, domanda: vi fidate di Peter? La parte in cui lui e Scott parlano mi piace molto, non so come mai xD. Forse perché vedere uno scontro fra il "cattivo" ed il "buono", ma senza usare armi, è diverso dal solito. 
Come al solito ringrazio tutti quelli che seguono/preferiscono/ricordano la storia, i lettori silenziosi e chi recensisce. Grazie davvero!
Ditemi cosa ne pensate in una recensione!
Alla prossima!
Erule

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 - Like a phoenix ***


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Capitolo 5
Like a phoenix
 
Stiles si passò le mani sul viso, non sapendo cosa fare. Non credeva che sarebbe mai arrivato a quel punto, un punto di rottura, inevitabile ed incontrovertibile, dove sembrava che tutte le linee convergessero dentro, creando un’unica piramide di fili rossi. I suoi casi. Le sue questioni irrisolte. Ed una di queste era Lydia. Quello che provava per lei era stato un sentimento unico ed irripetibile. Si sforzò di parlarne al passato, ma Malia aveva distrutto il suo castello di bugie e le mura gli erano crollate tutt’intorno. Era finita. Doveva solo dirle le verità, in fondo. Non voleva più ingannare nessuno, né Malia, né Lydia, né se stesso.
<< Come l’hai capito? >> chiese, la bocca asciutta.
<< Da come la guardi. >> rispose Malia, con un paio di occhi tristi. Stiles si sentì un verme.
<< Non ti ho mai ingannata. >>
<< Lo so. >> replicò lei, sedendosi accanto a lui. << Ma so anche che non provi per me quello che dovresti provare. Quei film che mi hai fatto vedere quest’estate facevano davvero schifo. >> disse. Stiles rise. Malia lo guardò sorridendo. Si chiese se avrebbe più sentito la sua risata come la sentiva ora, fresca e cristallina attraverso le vene, ma calda e roca a contatto con la pelle. << Eppure, ho capito la lezione che volevi impartirmi. Si dice così, giusto? Be’, tu non ti sai spiegare, ma ho capito lo stesso. Volevi che io imparassi che puoi amare senza essere ricambiato. E per quanto ti faccia provare dolore, è quello che ti rende più umano. E ne vale la pena. >>
Stiles avvertì gli occhi riempirsi di lacrime, ma non pianse. Abbracciò Malia, accarezzandole la schiena. Avrebbe voluto dirle che non l’avrebbe mai lasciata sola, che la fine di qualcosa è anche l’inizio di un’altra, ma le parole gli si bloccarono in gola. Malia lo allontanò piano da sé, come per fargli capire che l’aveva apprezzato, ma anche che quel gesto non era ancora nelle sue corde.
<< Malia, senti, mi disp… >>
<< Non dire niente, okay? È già… >> lo interruppe Malia, cercando le parole. Doloroso? Stupido? Sdolcinato? << …imbarazzante così. >>
Stiles annuì, passandosi una mano sulla nuca.
<< Oh, giusto. Sì, be’, rimaniamo comunque amici. >>
Malia alzò un sopracciglio. Era la solita frase che dicevano nei film. Stiles avrebbe voluto tirarsi un pugno in faccia da solo. Che tatto.
<< Stiles, se non sai cosa dire, conta fino a dieci e poi morditi la lingua. >>
Be’, il suo ragionamento non faceva una grinza.
 
Parrish chiuse la porta dell’ufficio a chiave. Lo sceriffo stava allineando alcune carte sulla scrivania – fotografie -, mentre Stiles stava affiggendo in bacheca altri fogli ed anche delle freccette, in modo che bloccassero i fili rossi. Intorno al tavolo, stavano seduti Allison, Scott, Lydia e Malia, mentre in piedi c’erano Chris, Deaton e Peter. Derek era ancora fuori dalla stanza, accanto alla macchinetta del caffè, che cercava di convincere Paige ad entrare per raccontare la sua versione dei fatti. Jordan si sentiva esaltato. Insomma, era un po’ come entrare nel vivo di un poliziesco!
<< Allora, cominciamo dall’inizio. >> esordì lo sceriffo. << Tutto è cominciato con Allison. È tornata in vita in qualche modo e sappiamo solo di un foglietto lasciato sul bancone di Deaton. La calligrafia sembra femminile, ma probabilmente è contraffatta. Poi sappiamo che Paige è stata aggredita due volte da un paio di lupi mannari, un tempo avanzi di galera. E non ultimo, il padre di un ragazzo è stato trovato morto per lesioni dovute ad artigli molto affilati. >> disse. Peter si rigirò una delle freccette di Stiles fra le mani. Sembrava che non stesse dando molta attenzione a quello che stava dicendo lo sceriffo. Gli altri invece erano concentrati al massimo. << Kevin Mayers. Dannis Colton. Jonathan Homb. E pensiamo che l’ultimo possa essere Stuart Fulton, evaso ieri dal carcere di massima protezione. Potrebbe essere il più pericoloso dei tre. >> disse. Peter non doveva capire che lo avevano scoperto.
<< Ma come mai il padre di Darren non ha aggredito Paige? Perché è morto prima di tutto questo? >> chiese Scott.
<< Ancora non lo abbiamo capito, purtroppo. >> rispose l’uomo, con aria grave.
<< Io credo di saperlo, in verità. >> ribatté Deaton, avvicinandosi al tavolo. << Quando gli uomini cercano di andare contro la natura, devono pagare un tributo. Ci sono degli equilibri che non possono essere distorti a lungo. E la resurrezione - chiamiamola in questo modo - di Allison è uno di questi. >>
Allison si guardò le mani premute contro le cosce bianche, imbarazzata. Scott la guardò a lungo, indugiando contro il suo volere sulla sua bocca rossa e sui suoi occhi brillanti. Non avrebbe dovuto guardarla così, lo sapeva, ma gli era mancata così tanto… Ogni volta che la poteva guardare, toccare o accarezzare di nuovo era come respirare. Non voleva pressarla, non avrebbe mai preteso niente da lei, ma le parole premevano sui denti per uscire fuori, sulla lingua e sulle labbra, per dirle che l’amava ancora, che il loro addio era solo servito a fargli capire che non poteva fare a meno di lei, che era la sua ancora perenne, ma poi, una vocina nella sua testa fermava l’stinto di lupo e lo zittiva. Sospirò, pensando a quanto fosse bella in quel vestito a fiori.
<< Stai dicendo che… quell’uomo… è stato sacrificato per riportare indietro mia figlia? >> chiese Chris, mettendo le mani sulle spalle di Allison. Lei non sbatté le palpebre, non sembrò sentirsi in colpa, ma trattenne il respiro aspettando la risposta di Deaton.
<< Temo proprio di sì, Chris. >>
Lydia trasalì. Stiles si voltò per guardare gli altri. Allison deglutì, Scott si muoveva irrequieto sulla sedia, Malia guardava fuori dalla finestra e Lydia era bianca come un lenzuolo. Stette per muoversi verso di lei, ma un sibilo passò vicinissimo al suo orecchio e si immobilizzò.
<< Quindi? >> chiese Peter, andando al centro della stanza con nonchalance. << Cos’abbiamo capito? Solo che uno stupido idiota che si è fatto prendere dalla polizia è morto al posto di Allison. E allora? L’avete riavuta indietro, perché vi importa tanto il come? >>
<< Hanno ucciso un uomo per riportarmi in vita, Peter. >> replicò Allison, alzandosi. Sembrava furiosa. << Tu sei solo un cinico senza cuore, ma a me importa. >>
<< Ma sei viva! >>
<< Non l’ho chiesto io! >>
<< Ehi, calmatevi. >> disse Chris, frapponendosi tra i due. << Non ha senso litigare fra di noi. >>
<< Scott, avevi detto che ci potevamo fidare di lui. >> disse Malia, alludendo a Peter.
<< Possiamo. >> replicò Scott deciso, alzandosi. << Sentite, tutto quello che sappiamo è che dietro tutto questo c’è Kate. Allison e suo padre hanno scoperto il suo nascondiglio, >> spiegò e Lydia capì il motivo della scomparsa di Allison per quell’intera giornata, << ma non hanno trovato niente. >>
<< E come facciamo a capire che era di Kate? >> chiese Peter, levando la freccetta che aveva quasi colpito Stiles dalla bacheca. Stiles gli fece la linguaccia appena Peter si fu voltato. Scott represse una risata. << Tiriamo ad indovinare o abbiamo una qualche specie di Oracolo da consultare? >>
<< Abbiamo impronte, pistole scariche, vestiti in brandelli e soprattutto, >> rispose Allison, rivolgendosi a Peter con un sorrisetto ironico, << un po’ di tirapiedi con il petto squarciato da artigli. Ti basta come spiegazione, Peter? O forse vuoi che Scott ti dia una dimostrazione? >>
Scott si schierò al fianco di Allison, sorridendo. Peter assottigliò gli occhi, ma non disse nulla. Continuavano a prenderlo in giro, anche dopo tutto quello che avevano passato. Incredibile. Non sarebbe durato molto.
<< Non mi serve, grazie. >> rispose freddamente.
Peter prese la chiave sul tavolo, aprì la porta e la lasciò sbattere dietro di sé.
<< Faceva molto prima donna, vero? >> chiese Stiles, alzando un sopracciglio.
Lydia alzò gli occhi al cielo. Malia invece si strinse vicino a lui e Scott notò che Lydia aveva cambiato leggermente espressione. Sembrava più… fredda.
<< Qual è la nostra prossima mossa? >> chiese Chris, rivolgendosi al padre di Stiles.
Lo sceriffo deglutì, poi prese la pistola in mano e la caricò.
<< Direi andare al covo di Kate. >>
 
***
 
<< Ditemi perché facciamo le missioni peggiori sempre quando cala il sole. C’è qualcosa di malsano, in tutto questo. >> si lamentò Stiles, alla soglia del covo di Kate.
Scott alzò le spalle.
<< È più divertente. >>
Scott entrò nel rifugio abbandonato seguito da Stiles che borbottava qualcosa come Se per te la parola divertente significa essere sbranato da un giaguaro, accomodati pure. Io proprio non capisco i lupi. Proprio no.
Il posto era desolato e si trovava in periferia. Era una vecchia fabbrica di lana che aveva chiuso una decina d’anni prima. Tutto quello che avrebbe potuto riportare a Kate era stato tolto o portato via. Più che altro perché non sarebbe stato proprio bello fare una ricognizione attorniati da cadaveri. Dentro c’erano alcuni tavoli e qualche macchinario, ma più che altro teli di plastica e stanze piene di ragnatele. Era tutto grigio e spettrale. Da un paio di finestre con i vetri spaccati filtrava una bella luce, rossa ed arancione, per via del sole che stava tramontando. Allison aveva l’arco puntato, pronta per colpire. Lydia passeggiava con i suoi soliti tacchi alti accanto a Jordan. Lo sceriffo era occupato a parlare con il padre di Scott alla stazione di polizia, che lo stava interrogando su cosa stavano facendo. Stiles sperò che non si fosse lasciato sfuggire nulla. Dopo che Allison era tornata in vita, ovviamente avevano dovuto raccontare ai genitori tutta la verità. Avevano omesso qualche particolare, come Sai mamma, sono quasi morta o Sono stato posseduto da un essere molto malvagio. Non tutti lo avevano accettato bene fin da subito (la madre di Lydia era svenuta per diversi minuti), ma alla fine li avevano supportati. Anche se il padre di Scott voleva che smettesse di ficcarsi nei guai per quella Allison, ma da quando Melissa gli aveva risposto per le rime, lui aveva smesso di dirglielo. Tutti gli altri, invece, avevano ricevuto una spiegazione fasulla. Peter non aveva detto loro cosa si era inventato, ma Chris si era lasciato sfuggire qualcosa come Era partita per una vacanza senza avvisare o Si era finta morta perché stava facendo un’audizione per un horror. Stiles aveva preferito non indagare oltre. Comunque, nessuno aveva porto loro più di tante domande ed andava bene così.
<< Lydia, ehi. >> mormorò, spostandosi verso la ragazza. << Tutto okay? >>
<< Tutto bene. >>
<< Riguardo a quello che ti ho detto alla festa… non ero serio. Insomma, puoi anche dimenticarti di quello che ti ho detto. >>
Lydia si fermò e lo guardò negli occhi. Stiles si sentì quasi intimorito da quello sguardo. Di solito Lydia lo rivolgeva ai nemici o all’estetista quando sbagliava a farle la manicure e non era affatto un buon segno. Forse stava prevedendo la sua morte e neanche quello andava bene. Di sicuro era furiosa con lui.
<< Dopo quello che hai avuto il coraggio di dirmi? >> chiese, con voce lievemente acuta. Stiles deglutì. << Stai scherzando, spero. >>
<< Lydia, io… >>
<< NON C’È NIENTE! >> urlò Derek, spazientito. << Stiamo perdendo tempo inutilmente. Kate è andata via da un bel pezzo. Stiamo solo cercando cadaveri. La gente continua a morire e noi non riusciamo a trovare quella dannata… >>
<< Derek, calmati. >> lo interruppe Chris, mettendogli una mano sulla spalla. Dopo il ritorno di Allison, sembrava essere diventato un padre comprensivo anche nei confronti degli altri. << La troveremo. >>
Paige guardò Derek preoccupata, tormentandosi le dita. Scott lo notò.
<< Anche se la trovassimo, tu non avresti il coraggio di ucciderla. >>
Chris si inumidì le labbra, pallido.
<< Farò tutto quello che sarà necessario. >> replicò. << Te lo prometto. >>
<< Ehi ragazzi, guardate cos’ho trovato! >> esclamò Scott, accanto ad Allison.
Si avvicinarono tutti e videro delle impronte. Sembravano grandi e calcate, sicuramente di un uomo. Allison non avrebbe saputo dire di quanti anni, ma probabilmente non era giovane. Davanti a sé, la tenda cominciò a muoversi.
<< Impronte fresche. >> disse Chris.
Allison preparò l’arco.
<< State pronti. >>
La tenda continuò a muoversi, la plastica produceva un rumore strano. Il vento le solleticò il collo, sfiorandole i capelli. Sentì il cuore battere forte, quasi frenetico nel petto. Aveva una rabbia famelica che le ribolliva dentro. Perché Kate l’aveva riportata in vita? Dopo quello che era diventata, non credeva che fosse rimasta una parte ancora umana in lei. Di sicuro c’era dietro qualcosa. Non sentiva più niente, non un briciolo d’amore per lei, solo rabbia. O forse, se proprio doveva essere sincera, solo malinconia. Gli occhi asciutti sembrarono bruciare. La freccia incoccata le stava graffiando le dita. Sentì un grido, probabilmente quello di Paige e lanciò.
La tenda volò via e dietro… si rivelò solo una finestra dai vetro infranti. Si voltò nella direzione dell’urlo e capì che era stata concentrata troppo a lungo sulla tenda. Di fronte a lei, sull’uscio della porta, c’erano due enormi Berserker che li stavano fissando. Avvertì un formicolio al braccio. Paura. Non poteva permettersi di avere paura. Gli altri erano tutti in fila ai suoi lati pronti ad attaccare. Derek spinse Paige verso una stanza lì accanto e lei sparì, inghiottita dal cemento. Aveva fatto delle ricerche in base a quello che qualche informatore aveva detto loro su Kate e sui suoi, quindi sapeva che c’era solo da scappare. Il problema era che la porta era sbarrata.
Scott si slanciò per primo contro di loro, seguito a ruota da Derek. Chris cominciò a sparare con una pistola, ma i proiettili finirono in fretta, così dovette cambiare arma: una mitragliatrice. Allison usò un paio di frecce, ma si accorse quasi subito che erano inutili. Stiles aveva la sua amata mazza da baseball, ma non sarebbe servita a molto. Prese Lydia per mano e cercò di portarla al sicuro. E d’un tratto, Scott veniva scagliato contro il muro dietro di lei. Forse aveva strillato, ma non era molto sicura. Aveva le orecchie piene del rumore dei Berserker che si muovevano e distruggevano tutto. Corse verso Scott e si inginocchiò alla sua destra.
<< Scott, sei sveglio? Riesci ad alzarti? >> chiese, cercando di non far trasparire il panico nella voce.
Scott prese a tossire furiosamente.
<< Sì, sto bene. >> rispose, provando a rialzarsi. Crollò di nuovo sul pavimento.
<< Scott, ti prego! >> esclamò, Allison con voce strozzata. << Ho bisogno di te. >>
Scott la guardò a fatica. Vedeva tutto sfocato e pieno di polvere. Si fece forza e si costrinse a tirarsi su. Fece leva sulle braccia e sulle gambe, poi si rialzò. Allison lo guardò come se fosse stato un malato terminale che all’improvviso rinsaviva.
<< Posso farcela. >> disse, interpretando il suo sguardo. << Sto bene. >>
Allison deglutì, annuendo. Lo vide sfrecciare di nuovo verso i nemici, ributtandosi nella mischia. Suo padre stava facendo fatica e tenergli testa: stava finendo i colpi. Derek era a terra. Uno dei due bestioni lo tirò su in malo modo, graffiandosi la pelle e la maglia. Aveva il viso ridotto male e molti tagli. Quando i suoi piedi si allontanarono dal terreno, Allison non ci vide più. Elaborò un piano per uscire di lì. Le serviva solo un diversivo. Scoccò una freccia verso la mano del Berserker, che la fissò e lasciò Derek.
<< Stiles! Porta via Lydia quando te lo dico! >> gridò.
Scoccò un’altra freccia e l’altro Berserker prese ad avanzare verso di lei. Chris si gettò contro il muro, cercando di scansarlo. Scott era terrorizzato.
<< Allison, è un piano suicida! Smettila! >> esclamò.
<< So quello che sto facendo! Posso prendermi cura di me! >> rispose. << Papà, appena te lo dico, lancia quella granata! >>
I Berserker le si avvicinarono. Uno dei due cercò di colpirla, quello più vicino, ma Allison si scansò in tempo.
<< Allison, no! >> urlò Scott.
<< Stiles, ORA! >>
Stiles uscì dal nascondiglio insieme a Lydia, correndo a più non posso verso l’uscita. Scott si morse l’interno della guancia, imprecando sottovoce, poi si slanciò verso Derek e lo aiutò ad alzarsi.
<< Paige… >> mormorò Derek, con gli occhi mezzi aperti. << Paige… >>
<< Ci penso io, voi uscite! >> disse Chris, andando a prendere Paige.
Uno dei due Berserker cercò di artigliare Allison. Lo scansò, saltellando come un coniglio. Aveva solo un’ultima freccia, ma non poteva sprecarla.
<< EHI, BRUTTI BESTIONI! >> urlò Paige dietro di loro, cercando di non sembrare terrorizzata. Allison strabuzzò gli occhi. I due si voltarono.
<< Paige, corri! >>
<< Sbrigati, Allison! Signor Argent, vada via! >>
Chris lanciò la piccola bomba a mano ancora con la sicura ad Allison, poi corse via titubante. Paige indietreggiò, mettendo le braccia davanti al viso. Uno dei due bestioni alzò un braccio per ghermirla, ma Allison sfrecciò nello spazio fra i due, scivolò verso Paige, le prese una mano e corse fuori, mentre lanciava la granata nella fabbrica.
 
Rotolarono fuori con il cielo già dipinto di blu scuro.
Allison buttò fuori l’aria, ma non ci fu molto tempo per rimanere sdraiati. Scott l’aiutò ad alzarsi, mentre Stiles pensava a Paige ed andarono lontano da lì. Si fermarono dietro la jeep di Stiles, parcheggiata poco lontano da lì, ma abbastanza da non esplodere assieme all’edificio. Derek sembrava uno straccio, ma per fortuna il fisico stava già cominciando a curarsi da solo. Paige si sedette accanto a lui, spalla contro spalla. Non era sicura che fosse sveglio, ma il suo respiro regolare era veloce, quindi probabilmente era cosciente. Lydia si guardò intorno, aspettandosi di vedere Parrish spuntare da qualche parte, ma non lo vedeva. Era scomparso quasi subito e non era riuscita a capirne il motivo. Forse aveva seguito quelle impronte fuori dal prefabbricato.
<< Ci hai salvati tutti, Allison. >> disse Scott, sorridendo. Allison alzò le spalle.
<< Così sembra. >> rispose. << Chissà se sono morti o… >>
Allison si bloccò. Di fronte a loro, una manciata di cenere prese volare in cerchio come un tornado. I granelli si inseguivano fra di loro. Lydia si alzò e tese la mano verso di loro, guardandoli come se avesse finalmente capito ogni cosa. Parrish non era morto o lo avrebbe sentito. E non era morto, perché non era umano.
La sua mano sfiorò l’uniforme della polizia. Si ritrovò a guardare Jordan senza capire. Gli altri si alzarono in fretta, fissando il ragazzo davanti a loro, rinato dalla cenere. Aveva un grosso squarcio all’altezza del petto pieno di sangue raffermo. Scott vide che i pantaloni erano bruciacchiati. Allison si portò le mani alla bocca.
<< Credo di dovervi delle spiegazioni. >> disse, imbarazzato.
<< Non servono. >> replicò Paige, facendosi largo fra gli altri. << Tu sei una fenice. >>
 
Melissa cercò di non curarsi di quella conversazione, ma una parte di lei non riusciva davvero a resistere a tutta quella sorpresa. Continuò a fasciare il braccio di Derek, ma con le orecchie ascoltava tutto quello che si stavano dicendo nel suo salotto.
<< Sono saltato dalla finestra e ho inseguito quell’uomo. Si è trasformato in un lupo e abbiamo lottato, finché lui non mi ha ferito. Sapevo che non sarei riuscito a tenergli testa ancora a lungo, così mi sono trasformato. Le fenici si rigenerano di continuo. Se arrivi al momento prima in cui stai per morire, puoi tornare cenere e poi rinascere. Non sono immortale, ma posso salvarmi in più occasioni, diciamo così. >> spiegò Jordan, guardando prima l’uno, poi l’altro fra i partecipanti alla riunione.
Lydia cercò di guardare dall’altra parte. Stiles continuava ad annuire come in trance. Scott si grattò la nuca, confuso.
<< Jordan, senti, credo che tu abbia ancora delle cose da spiegarci. >>
<< Tipo perché sei qui. >> disse Stiles.
Jordan sospirò.
<< Siete sicuri di reggere anche questo? D’accordo, parlerò. Ero nell’esercito, anni fa e successe. Tutti i miei compagni erano morti ed io stavo per soccombere, ma mi trasformai al colpo mortale. Non avevo motivo per farlo, se non uno solo. E cioè venire qui. Dovevo proteggere una persona. >> rispose. Lydia alzò lentamente lo sguardo verso di lui. E Jordan seppe che aveva capito. << Allora avevo ventiquattro anni e sono il fratello maggiore di Isaac. Il mio vero nome è Jordan Lahey. >>
Melissa sgranò gli occhi. Neanche nelle telenovele spagnole più ridicole saltava fuori una trama simile. Derek si alzò dalla poltrona e tornò in salotto.
<< Perché non ce l’avevi mai detto? Isaac lo sa? >> chiese Derek.
<< No, lui non ne sa niente. Non sono riuscito a dirglielo. Mi sono sentito così in colpa… Nostro padre gli ha fatto troppo male. E io non c’ero. >>
<< Dovrebbe saperlo. >> disse Scott. << Allison gli ha detto di essere viva. >> continuò, quasi in modo amaro. Allison lo guardò a lungo.
<< Scusate se ve lo dico solo ora. Comunque, dovete sapere che Stuart Fulton è scomparso. Sono riuscito a strappargli poco e niente. Ci aveva seguito fin lì e voleva Paige. Non so altro. Mi dispiace. Vorrei potervi aiutare di più. >>
<< Grazie, Jordan. >> disse Melissa. << Se vuoi, puoi riposarti qui stanotte. >>
<< No, sto bene. Dov’è il bagno? >>
<< Al piano di sopra. >>
<< Grazie. >>
Jordan andò di sopra. Chris disse ad Allison che era ora di andare. Salutarono tutti ed uscirono. Stiles e Scott presero un po’ di gelato e si infilarono in cucina, mentre Melissa andava via per fare il turno di notte. Derek riaccompagnò Paige a casa.
<< Che ne pensi? >> chiese Stiles a Scott, prendendo i cucchiaini dal cassetto.
<< Non lo so. Adesso sono troppo stanco per pensare. >> rispose. << Se fossi nei panni di Isaac, credo che vorrei sapere di avere un fratello maggiore, ma allo stesso tempo ne sarei spaventato. Recuperare il tempo perduto è molto difficile. >>
Stiles annuì, riempiendosi la bocca di gelato alla vaniglia.
<< Giusto, fratello. >> replicò, mandando giù. Scosse la testa, infreddolito.
<< Stiles, non mangiare come un porco. >> lo redarguì Scott sorridendo, poi prese una bella cucchiaiata anche lui. << Ehi, dov’è Lydia? >>
<< Vado a chiederle se vuole un po’ di gelato. >> si offrì Stiles, alzandosi.
 
<< Sei qui perché era la stanza di Isaac? >> chiese Lydia, appoggiandosi con la spalla allo stipite della porta.
Jordan si voltò, sorpreso.
<< Perché sei qui? >>
<< Rispondi prima alla mia domanda. >>
<< Sì, è così. >> rispose, guardandola con circospezione. << Questo guantone da baseball era suo, non se ne separava mai. >> disse, mostrandole quello che aveva in mano.
<< Puoi fidarti di me. Ecco perché sono qui. >>
<< Sono dalla vostra parte. >> replicò Jordan, mettendo via il guantone. Si avvicinò verso di lei. << Sono sempre stato dalla vostra parte, Lydia. Sto cercando di proteggervi tutti. >>
<< Per Isaac? >> chiese Lydia, con il fiato corto. Le sembrava all’improvviso di non avere più aria nei polmoni.
Jordan la guardò negli occhi. La guardava come nessuno l’aveva mai guardata. Era come se nascondesse tutto e niente, come se potesse tradirla ma dolcemente, forse anche accoltellarla sul posto e lei l’avrebbe amato comunque. Si sentiva completamente rapita da come la guardava, da come muoveva il petto quando respirava, da come la linea della sua clavicola fosse morbida alla pari di una pennellata d’inchiostro, sotto le vesti smembrate.
<< Non solo per Isaac. >> rispose, mentre il cuore di Lydia minacciava di esplodere. Non erano distanti, loro erano uguali. Lo aveva capito davvero solo quando lui aveva confessato.
Probabilmente non avrebbe dovuto farlo. Non avrebbe dovuto tirarlo a sé per il colletto e baciarlo, sentirsi bruciare dentro come una fenice che sta morendo e nascendo allo stesso tempo, avvertire i piedi incollati al pavimento, ma lo fece. Non avrebbe dovuto sentirsi in colpa, ma fu così. Non avrebbe dovuto pensare agli occhi di Stiles mentre le diceva tutto, tutto quello che non le aveva mai detto prima, ma lo fece. E, soprattutto, non avrebbe dovuto chiedergli di rimanere con lei, quella notte.
Ma lo fece.
 
<< Grazie per avermi riaccompagnata a casa. >> disse Paige, scendendo dall’auto. Derek la imitò.
<< Mi sento più sicuro se ti riaccompagno io. >>
Paige sorrise.
<< Ti sei accorto di quello che hai appena detto? >> chiese.
<< Paige, posso salvarti. >> replicò Derek. << Il morso di un lupo mannaro… >>
<< No. >> lo interruppe Paige. << Grazie, ma no. Non voglio diventarlo. >>
<< Può salvarti la vita. >>
Paige sospirò, guardandolo dolcemente.
<< Hai presente quando sai che dovresti davvero mangiare la verdura perché fa bene, ma non lo fai perché non ti piace? Be’, per me è così. Non voglio diventare un lupo mannaro. Posso scegliere e scelgo di morire da mortale. >>
Derek era disperato.
<< Per favore, voglio salvarti. Oggi sei stata davvero coraggiosa e sei viva per miracolo! Mi è già successo e… non voglio dover dire di nuovo addio a qualcuno che conosco. >>
Paige gli rivolse un sorriso amaro, scrutandolo con quei suoi profondi occhi blu.
<< Ti voglio bene, Derek. Non dovrai assistere anche a questo. >> disse, sfiorandogli una guancia con la mano. << Farò in modo che non accada, quando la malattia peggiorerà. Buonanotte. >>
Derek la lasciò andare, impotente. La vide aprire la porta del palazzo, entrare e salire le scale con passo lento e misurato. Aveva imparato a riconoscerlo con i suoi sensi di lupo, ormai. Avrebbe dovuto lasciarla morire di sua volontà, ma non ci riusciva. Perché quando si tratta di lasciare andare le persone che ami, è sempre più difficile che perderle.
Così, si slanciò verso il palazzo corse da lei, la prese per un polso e la baciò. Si sentì attraversare da una scarica elettrica lungo la spina dorsale, ma si sentì anche dannatamente libero.
 
<< Sei un idiota, Fulton. >> disse Kate a denti stretti, poi gli tirò un calcio. Stuart Fulton si contorse di nuovo dal dolore, urlando. << Non ci si può mai fidare di nessuno. >>
<< Nemmeno di me? >> chiese una voce dietro di lei. Sorrise d’istinto, flettendo la schiena come un gatto.
<< Bentornato. >> disse, girandosi.
Peter si inumidì le labbra.
<< Ha fallito anche lui, eh? >>
<< Già. A quanto pare mi rimani solo tu. >> replicò, andandogli incontro. Gli ticchettò le mani sul petto, guardandolo famelica. I suoi occhi si illuminarono come un paio di fari accesi nel buio. << Non fallirai, vero? >>
Peter la prese per le spalle con leggerezza.
<< Affatto. Sai che non fallisco mai. >>
Kate gli sorrise. Fulton gridò di nuovo.
<< Odio quando non chiudono la bocca. >>
Caricò la pistola, non si voltò nemmeno e sparò.
Le grida si spensero nell’eco dell’acqua che correva lungo i tubi delle fogne.








Angolo autrice:
Happy Moonday a tutti! Ma vi rendete conto che questo sarà l'ultimo? ç_ç
D'accordo, a parte questo... Cosa ne pensate del capitolo? Devo dire che ci sono parecchi colpi di scena è.é
Dunque: abbiamo Lydia e Parrish insieme, ma anche i favolosi Derek e Paige *_*
E poi quel simpaticone di Peter che collabora con Kate. Lo avevate capito?
E poi certo, la rivelazione di Parrish. L'idea veramente viene dai vari spoiler su internet, ma non so se nella serie tv alla fine sarà così. Be', qui Jordan è il fratello di Isaac ed anche una fenice u.u
La scena della fabbrica mi è piaciuta molto, anche perché c'è Allison che ha un'idea geniale e mi mancava ç_ç (spero che non sembri troppo inverosimile).
Devo dire che mi dispiace molto per Malia, mi piace come personaggio, ma Stiles non prova dei sentimenti abbastanza forti per lei e così decide di lasciarla, invece di illuderla. E poi be', non si sa ancora cosa si sono detti lui e Lydia alla festa xD.
Potrei aggiornare ogni lunedì, ma non prometto niente.   
Sappiate che il prossimo capitolo sarà più lungo e ricco di sorprese!
Grazie a tutti quelli che recensiscono o mettono la storia fra le preferite/seguite/ricordate ed anche ai lettori silenziosi. Grazie, grazie, grazie!
Ciao :)
Erule   

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 - Dead lines ***


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Capitolo 6
Dead l
ines
 
<< Lydia, ehi. >> esordì Stiles quella mattina, avvicinandosi alla ragazza.
Lydia emise un suono soffocato fra un Ehi ed un Vai.
<< Ciao, Stiles. >>
<< Tutto bene? L’altra sera sei sparita. Mi sarei offerto di riaccompagnarti a casa, ma forse l’ha fatto Parrish. >> disse. Lydia trasalì.
<< Non… Non importa, ci ha pensato lui. >>
<< Lydia, sei pallida. >> notò Stiles, preoccupato. << Senti, se è ancora per quella storia… >>
<< No, non è per quello. Scusa, devo andare a lezione. >>
Lydia scomparve nella folla di studenti. Stiles si fermò a pochi passi dall’entrata. Cos’era successo? Perché Lydia continuava ad evitarlo? Sapeva di averle detto delle parole davvero difficile da dimenticare, ma non voleva che il loro rapporto cambiasse in quel modo. Scott lo raggiunse e gli mise una mano sulla spalla.
<< Tutto bene, amico? >>
<< Non direi. Lydia mi evita. >>
<< Ancora? >>
<< Sì, ma ho il sospetto che sia per qualcos’altro. Qualcosa che non riguarda me. >>
 
<< Non voglio coinvolgerti. >>
<< Posso aiutarvi. Tu mi hai salvato la vita e loro sono i miei studenti. Voglio farlo. >> replicò Paige, stringendo il bicchiere d’acqua che aveva fra le mani. Dentro, gli altri stavano discutendo sul nuovo piano d’azione e ricapitolando gli eventi.
<< Paige, quel bicchiere sta per esplodere. >>
<< Dannazione! >> esclamò, poi lo buttò nel cestino. Derek scosse la testa, sorridendo. Era così impacciata e divertente, che neanche se ne accorgeva.
<< Ho detto loro che non devi farlo per forza, ma sanno che ti intendi di quelle cose. >> disse, poi abbassò la voce. << Intendo creature sovrannaturali. >>
Paige parlò con voce bassa, imitandolo.
<< L’avevo capito. >>
Derek schioccò la lingua.
<< Mi stai prendendo in giro? >>
<< Non mi permetterei mai. >> rispose Paige, alzando le mani.
Derek fece finta di lasciargliela passare.
<< Cosa puoi dirci su Kate che non sappiamo? Cosa puoi dirci su di un giaguaro che non sa controllarsi? >>
Paige gli rivolse un sorrisetto che non gli piacque affatto. Somigliava tanto a quello di Kate ed una volta lui amava Kate.
<< Quando non si controllano, sono più facili da ingannare. >>
 
Scott guardò la lavagna con curiosità. Aveva Allison in testa e di certo continuare a guardare le gambe di Allison che stava seduta di fronte a lui non aiutava un granché la concentrazione. Il tratto di Paige era sottile e leggero, quel giorno. Era vestita come al solito con un tubino giallo, un maglioncino verde, un paio di ballerine blu ed un cerchietto bianco. I ragazzi continuavano a guardarla sorridendo, ma dopo quello che era successo con Darren, nessuno si permetteva più di prenderla in giro apertamente. Inoltre, sembrava stranamente felice. Continuava a canticchiare in modo stonato dalla mattina. Per qualunque cosa fosse, lui era contento per lei. Era un’ottima insegnante e meritava di stare bene. A lui e Stiles piaceva molto, tanto che non riusciva ad immaginare un giorno di scuola in cui non ci fosse stata lei. Era come se non vedesse niente, dopo di lei e questo lo spaventava un po’. Era come sapere che nel futuro ci sarebbe stato qualcuno, preferibilmente Paige, ma non ne era molto sicuro. In fondo, anche con Jennifer Blake era stato così. All’inizio era sembrata a tutti una buona amica e poi… Derek era stato quello che l’aveva presa peggio. Una batosta del genere era stata difficile da digerire.
Le gambe di Allison si mossero. Possibile che i suoi occhi traditori lo riportassero sempre da lei? La vide alzare un tallone, mentre l’altro piede gli girava intorno come un serpente. E ricordò com’era abbracciarla e tenerla stretta a sé sul tetto di casa sua, quando prima tutto era diverso. Si costrinse a non pensarci. Ogni ricordo faceva solo male, un male cane che non riusciva a cancellare.
<< Scott. >> mormorò Stiles, accanto a lui. << Scott! >>
<< Che c’è? >>
<< Devo dirti una cosa. >> rispose, con il viso pallido e le labbra esangui. << Forse ho capito cos’ha Lydia. >>
 
Il suono della campanella fu come sentire la tromba di guerra. Tutti gli studenti sciamarono fuori dalla scuola come se stessero scappando da un dinosauro. Scott seguì Stiles, il viso ancora triste ed un leggero tic all’occhio. Allison sfrecciò fuori con Lydia, che la stava trascinando per mano. Gli rivolse un sorriso furtivo. Scott alzò la mano per ricambiare il saluto, con il cuore che pulsava in maniera irregolare.
Si fermarono sulle scale a parlare.
<< Allora, si può sapere che hai scoperto? >> chiese Scott.
Stiles stette per rispondere, ma fu interrotto da una voce squillante che richiamò la loro attenzione.
<< Buongiorno, ragazzi! >> esclamò Paige. << Tutto bene? Vi è piaciuta la lezione? >>
Scott la fissò, smarrito.
<< Sì… credo. >> rispose Stiles, passandosi una mano nei capelli.
<< Be’, non male. A me piace molto Dickens. >>
<< Oh, meno male. Ero preoccupata che potesse essere sembrata poco originale. D’altronde, Dickens è un classico sempre intramontabile, non credete? >>
Ma prima che uno dei due potesse rispondere, un clacson risuonò vicino a loro. Paige si voltò radiosa e sorrise. Stiles strabuzzò gli occhi. Non poteva credere che in quell’auto rossa ci fosse Derek con un paio di occhiali da sole. Di nuovo.
<< Scusate, ma devo andare. Ci vediamo! >> esclamò, correndo giù per le scale. << E fate i compiti! >>
Scott alzò le sopracciglia e spalancò la bocca. Eh no, eh. Non un’altra volta. Sembrava che tutto si stesse ripetendo esattamente come l’ultima volta. Vai a vedere che Paige era un altro Darach e che loro avrebbero dovuto dire addio ad un’altra finta amica.
<< Scott, dimmi che non è vero. >> disse Stiles, continuando a fissare la scena. Paige era salita in auto e Derek gli stava sorridendo.
Scott lo salutò.
<< Quasi quasi vado a farmi vedere da un medico. Magari sto rivivendo la mia adolescenza più volte per capire cos’ho fatto di male per meritare tutto questo. >>
Stiles deglutì.
<< Non la rivivrai mai abbastanza per perdonarti. >>
<< No, non credo proprio. >>
 
***
 
Allison posò il telefono sul materasso, indecisa sul da farsi. Era rimasta a fissare lo schermo per almeno una decina di minuti, prima di costringersi ad alzarsi per cambiarsi. Lei e Scott non si parlavano da un po’ e così aveva deciso di chiamarlo per chiedergli se gli andava di studiare insieme. In realtà, in passato ci avevano provato molte volte e non è che avessero studiato molto. Tuttavia, Scott aveva accettato. Così adesso era ora di levarsi la tuta e di indossare qualcosa di un po’ più… femminile. Lydia avrebbe detto provocante, ma dovevano solo studiare, mica andare in un locale a luci rosse! Indossò una canottiera, un paio di pantaloncini di jeans e delle scarpe comode.
Suo padre era uscito a cercare Kate per l’ennesima volta. In quei giorni non faceva altro. Tanto meglio, casa libera. Eppure, da una parte, non era per niente tranquilla. Insomma, Kate era diventata un’altra persona. Chi le diceva che avrebbe risparmiato il suo stesso fratello? Non era nemmeno sicura che fosse stata proprio lei a riportarla in vita. Perché avrebbe dovuto farlo? Perché le voleva bene? Se le voleva bene davvero, dov’era adesso? A fare patti con Peter? No, non riusciva ad accettarlo. Kate non l’amava. Non più. Di sicuro ci doveva essere dietro qualche piano losco a cui avrebbe dovuto partecipare. Oh no, non l’avrebbe convinta. Dopo quello che era successo a Scott a causa sua, perché di sicuro era lei il capo dei Berserker, non sarebbe mai stata dalla sua parte. Nonostante le volesse ancora bene.
Il campanello suonò. Allison trasalì. Un’ultima occhiata ai capelli… No, adesso sembrava davvero Lydia! Scosse la testa. Scese le scale velocemente ed aprì la porta con un gran sorriso. Scott si grattò la nuca imbarazzato. Il cuore mancò un battito. Era difficile guardarlo senza pensare a tutto quello che avevano passato insieme.
<< Vieni, entra pure. >> disse.
<< Grazie. >>
Scott salì le scale davanti a lei. Aveva lo zaino in spalla e portava un paio di jeans grigi ed una felpa rossa. Allison strinse i pugni, rivolgendo lo sguardo al soffitto. Doveva smettere di pensare a lui in quel modo. Erano stati lontani per due mesi, Kira era innamorata di lui e sua zia era una pazza assassina! (Di nuovo). C’era altro a cui pensare, in quel momento.
Scott si sedette sul letto. Lei lo imitò, dopo aver preso i libri di letteratura. Per la prima volta, studiarono davvero. Paige era una brava insegnante e così il solo leggere gli appunti faceva risparmiare un sacco di tempo. Allison era sdraiata sul letto con i piedi nudi che sfioravano il cuscino e gli occhi che guardavano Scott, seduto a gambe incrociate di fianco a lei, che leggeva assorto la pagina del libro su Dickens. Non avrebbe dovuto guardarlo e nemmeno osservare i suoi occhi che seguivano le lettere, la sua bocca che mimava le parole, la sua mandibola… Scosse la testa con forza e Scott se ne accorse.
<< Allison, tutto okay? >> chiese, sorridendo.
Allison si sforzò di sembrare calma.
<< Sì. Ho solo bisogno di… una pausa. Ti va un bicchiere di tè? >> chiese. Scott annuì. << Perfetto. Vado e torno. >>
Andò in cucina con una velocità straordinaria. Strinse così tanto i lati del tavolo da far sbiancare le nocche. Continuava a girarle per la testa il nome di Scott. Si morse il labbro inferiore con violenza. No, non poteva lasciarsi andare. Era stata così brava, perfino quando lui non faceva altro che guardarle le gambe, lei non aveva mai ceduto. Suo padre una volta l’aveva messa in guardia su di lui, dicendole che Le brave ragazze sono le peggiori. Prese un bel respiro, poi riempì di tè freddo un paio di bicchieri. Il liquido girava a spirale nel bicchiere di vetro e… Scott, Scott, Scott. No, no, no! Non doveva andare così! L’aveva invitato con le migliori intenzioni e adesso invece non faceva altro che pensare a come stava bene con quella maglietta bianca, a come risaltassero i suoi muscoli (ma aveva fatto palestra in quei due mesi?), a come… No. Basta. Doveva smetterla. Prese i bicchieri e tornò al piano di sopra.
<< Ehi, stavo cominciando a preoccuparmi. >> esordì Scott con quel suo sorriso dolce, sfiorando il bicchiere che Allison gli stava porgendo. << Ci hai messo un po’ per… >>
Eh no, adesso basta.
Allison lasciò i bicchieri sulla scrivania e lo baciò. Scott sembrò sorpreso per un attimo, ma un secondo dopo stava già percorrendo la schiena di Allison con le mani. Non era sicuro che stesse accadendo sul serio. Aveva sognato quel momento per così tanto tempo, persino quando lei era morta (sentendosi in colpa), che adesso sembrava irreale. Scivolò contro lo schienale del letto, le gambe di Allison che avvolgevano le sue. Sentire la sua pelle concreta sotto le dita era come toccare l’acqua per la prima volta. Però, Allison stavolta non gli sarebbe scivolata via dalle mani. Sarebbe rimasta. Continuava a baciarlo con una passione crescente e la sentì quasi senza respiro. Una mano sfiorò la bretella della canottiera, mentre l’altra era ancora sulla schiena di Allison. E ad un certo punto, lei si staccò leggermente e lo guardò negli occhi. All’inizio era seria, poi stava sorridendo. Fece risaltare le fossette come due fari accesi nel buio. Scott le sorrise di rimando, felice come non lo era da tanto tempo. Avrebbe voluto dirle qualcosa di romantico, ma non gli salirono le parole in gola. Forse non c’era davvero bisogno di dire niente.
<< Allison, sono a casa! >> esclamò la voce di Chris dal piano di sotto.
Scott impallidì. Allison si rialzò la bretella della canottiera e saltò subito su.
<< Svelto, nasconditi nell’armadio! Se viene a sapere che stiamo di nuovo insieme, darà di matto! >> disse Allison, spingendo Scott nell’armadio.
Prese i libri e li nascose sotto il letto. Cercò di levarsi il rossore dalle guance, si sedette sul letto con una gamba penzoloni ed aprì di nuovo la pagina su Dickens. Chris aprì la porta un attimo dopo, il viso stanco.
<< Stai studiando? >> chiese, appoggiandosi allo stipite della porta con un braccio.
Allison annuì.
<< Domani Paige interroga. Devo essere pronta. >>
<< Bene. >> disse, andando in camera da letto. << EHI, SCOTT! Puoi uscire dall’armadio, adesso! >>
Allison strabuzzò gli occhi. Come diamine aveva fatto a beccarli? Scott uscì dall’armadio e Chris rientrò in stanza.
<< Quando andavo di nascosto a casa di tua madre, io perlomeno non lasciavo indumenti in giro per casa. >> disse Chris, alludendo alla maglietta di Scott sotto il cuscino di Allison. Non si era neanche accorta di avergliela sfilata!
Allison arrossì, Scott fece finta di guardare da un’altra parte.
<< Giusto. >> disse Allison, ridando la maglia a Scott.
<< Oh, per la cronaca, dopo tutto questo tempo non è più una sorpresa. Smettete di nascondervi come due fuggitivi. >> replicò Chris, poi andò a buttarsi sotto la doccia.
Scott si grattò la nuca, imbarazzato.
<< Non dovremmo studiare insieme. Finiamo sempre per… >>
<< Già. >> lo interruppe Allison. << Quella di studiare insieme è sempre stata una pessima idea. >>
<< Già. >>
Rimasero in silenzio per qualche minuto, poi Scott riprese i libri e se ne andò. Allison fece scivolare il cellulare fra le dita, poi compose il numero di Lydia.
<< Ehi. >> disse Allison.
<< Ho fatto un casino. >>
<< Anch’io. >>
<< Io peggio. >> replicò Lydia, che probabilmente si stava mangiando le unghie. << Sono stata con Parrish. Due volte. >>
 
Lydia si alzò dal letto con una lentezza disumana.
<< Allison scusa, ti richiamo dopo. >> disse. Guardò Stiles confusa e spaventata. Cosa volevano dire quelle parole? Cosa voleva dire che aveva lasciato Malia? << Cosa significa? >> chiese. Poi alzò la vice, non volendo. << Cosa significa?! >>
Stiles alzò gli angoli della bocca in un sorriso.
<< Sapevo che avresti reagito così. >> rispose. Poi espirò. << Lydia, io ne posso più. Sto fingendo da quando eravamo in terza elementare e tu mi passavi di fianco senza neanche degnarmi di uno sguardo. >>
<< Tu non fingi, Stiles. Lo sanno anche i muri che sei innamorato di me. >> ribatté dura.

Non voleva parlargli in quel modo, ma una parte di lei era terrorizzata. E se si fosse dichiarato a lei? e se le avesse dato un ultimatum? No, lei gli avrebbe detto di no, sempre. Andiamo, si parla di Stiles! Quel ragazzo imbranato che a scuola era preso in giro da tutti, perché era strano. Non che lei fosse ancora la ragazza snob di una volta, ma fidanzarsi di un punto in bianco con Stiles no. Insomma, erano diventati buoni amici. Andava bene così, giusto?
Stiles sembrava afflitto. La musica alta della festa gli riempiva le orecchie di note stonate e parole sconce. Il suo sorriso era tirato e falso, il suo viso sembrava rispecchiare un ragazzo più vecchio di quello che era. Lydia era troppo spaventata per parlargli a cuore aperto, sapeva che era ancora troppo presto, ma lui non ce la faceva più. Doveva dirglielo, dirle tutto quello che provava, farle capire che senza di lei niente era luminoso come il sole. E sì, sarebbe stato anche sdolcinato, ma a chi importava? Tanto Lydia gli avrebbe semplicemente detto No, grazie e poi tutto sarebbe tornato come prima. Come sempre.
<< Lydia… >>
<< No, Stiles. >> lo interruppe lei. << Non ti azzardare a dire un’altra parola. >> lo minacciò con il telefono in mano. << Non voglio sentire. Noi siamo amici. Perché non può bastarti questo? >> chiese, quasi disperata.
<< Mi è bastato. Mi è bastato per tanto tempo, ma adesso non posso più sopportarlo. >>
<< Perché? >> chiese Lydia, sull’orlo di un baratro. << Perché non puoi? >>
<< Perché io ti amo, Lydia. >> rispose Stiles, avvicinandosi a lei di un passo. Lydia trasalì. << Ti amo quando mi urli contro e ti amo quando mi stringi forte la mano, perché hai paura. Ti ho amata quando piangevi per Jackson ed io desideravo solo spaccargli la faccia, perché non capiva quanto meravigliosa tu fossi e che perdere te equivale a perdere la luce del sole. Ti amo quando dici che sei forte e non hai bisogno di me. Dannazione, ti amo anche quando piangi, perché non c’è niente di più bello al mondo che guardarti quando sei più fragile, perché quel vetro incrinato sei davvero tu. >> disse. Lydia sentì le ossa sciogliersi e fondersi come lava. Le gambe non reggevano quasi più il suo peso. Il cuore le batteva all’impazzata nel petto. Se gliel’avesse confessato solo qualche mese prima, probabilmente gli avrebbe detto di sì. Ma non ora. Stiles scrollò le spalle, abbassando il capo. << So che non mi vuoi, Lydia. So che avevi bisogno di me un tempo, ma che adesso ha di nuovo Allison. Non voglio che il nostro rapporto cambi, credimi, è l’ultima cosa che vorrei. Avevo solo bisogno di dirtelo ed avevo bisogno che tu mi ascoltassi. Non mi aspetto che tu dica qualcosa. Puoi anche non parlare. L’hai sempre fatto, d’altronde. Giusto? >> chiese, con un sorriso triste. Lydia sentì le lacrime pizzicarle gli occhi.
<< Stiles, mi dispiace. Non avrei mai dovuto trattarti male per tutti quegli anni. >> replicò, poi la voce le si smorzò in gola. << Mi dispiace… >> mormorò, con gli occhi lucidi. Pensò se Stiles credesse che era più bella in quel modo, se magari il verde dei suoi occhi risaltava di più al buio.
<< Non fa niente. >> disse Stiles, alzando una spalla. << Fammi solo un favore, d’accordo? Fai che non cambi niente fra di noi. >>
Lydia socchiuse le labbra bagnate, quasi piangendo.
<< Non posso. >> sussurrò. Si sentì stringere il cuore. Si portò una mano all’altezza del petto e strinse l’abito. << Non posso. >> ripeté.
Stiles annuì.
<< Sapevo che l’avresti detto. Tu sei Lydia Martin. Non me lo dimentico mai. Anche tu dovresti farlo. >> replicò.
Poi aprì si richiuse a porta alle spalle silenziosamente, così com’era entrato.
 
Allison aprì di nuovo la bocca per parlare, poi la richiuse. Lydia sbottò, spazientita.
<< E parla! Di’ qualcosa, dannazione! >>
<< Non so cosa dire. >> replicò Allison.
<< Chiedimi, non so, perché l’ho fatto. >> rispose Lydia. Allison aprì la bocca per parlare, di nuovo, ma Lydia ricominciò, fuori di testa. << Non lo so! Credo di averlo fatto, perché mi sentivo sola e so che lui si sente come me: senza un posto nel mondo e con tante domande. O forse perché Stiles ha confessato di amarmi ed io non so cosa fare. L’ho fatto per ripicca. Oh, sono una persona orribile! >> spiegò, portandosi le mani alla testa.
<< Lydia, calmati. >> disse Allison, in ginocchio sul proprio letto. << Non sei una cattiva persona. L’hai fatto solo perché eri terrorizzata dall’idea che tu possa esserti innamorata di Stiles. >>
<< Non è vero. >> ribatté, arricciando il naso. Allison ridacchiò.
<< Lo vedi? >> disse Allison. << Continui ad insistere nel dire che non provi niente per Stiles, ma non è vero. In questi ultimi due mesi, ti è stato accanto come nessuno è mai riuscito a fare con te. Come puoi fingere ancora che per te non valga niente? >>> chiese Allison. Lydia sospirò. << Io non ci credo. Non posso crederci. >>
 
<< Quindi… vi siete baciati? >> chiese Stiles, seduto sulla sua scrivania. Scott annuì, poi sprofondò con la testa sul cuscino.
<< Cosa devo fare? >>
<< Non lo so, amico. >> rispose Stiles, giocando con la matita. << Ma un bacio tipo a stampo o con la lingua? >>
Scott alzò un sopracciglio.
<< Secondo te? >>
Stiles schioccò la lingua.
<< Giusto. >> disse. << D’accordo, credo che questo voglia dire che è ancora innamorata di te. Mi pare ovvio. >>
Scott roteò gli occhi.
<< Ma davvero? >> replicò, ironico.
<< Okay, smettila di prendermi in giro. >>
<< Stiles, dai. Stai dicendo cose stupide da mezz’ora. >> disse Scott, mettendosi a sedere sul letto. << Cosa c’è che non va? Cosa ci sta nascondendo Lydia? >>
Stiles deglutì, evitando lo sguardo dell’amico. Era difficile parlare con lui di Lydia, ultimamente. Forse perché la situazione stava cominciando a diventare più grave, dato che aveva deciso di parlarle e confessarle tutto. E poi, dire ad alta voce quello che pensava faceva male. Faceva male più delle altre volte, perché adesso lei sapeva. E sembrava che l’avesse fatto apposta per ferirlo.
<< Lydia è stata con Parrish. >>
 
Derek le prese la mano, sorridendo. Era strano camminare per strada affiancato da una ragazza, in modo del tutto normale, senza che lei fosse per forza un’assassina, una mercenaria o un nemico temibile. Certo, se non avesse saputo che stava morendo se la sarebbe goduta molto di più, ma non si può avere tutto dalla vita. Per una volta, una sola, era davvero felice. Paige era così leggera e dolce, che riusciva a fargli dimenticare di tutto, dei suoi problemi, di Kate, di Peter e di tutto il mondo. Una parte di sé si chiedeva se stesse sbagliando di nuovo, se fosse una marionetta al servizio di qualcuno che voleva ucciderli, ma le sue mani profumavano di crema e non gli dispiaceva affatto.
<< Ti ho detto che ho fatto delle ricerche su di voi. >> esordì Paige, rompendo il silenzio. Derek la guardò con curiosità. << In realtà, ho scoperto che i miei genitori avevano dei fascicoli su alcune famiglie che hanno a che fare con il sovrannaturale, come gli Argent e gli Hale. Non so chi fossero e non so che malattia ho, anche se probabilmente è genetica. Credo che i miei fossero delle creature come voi, lupi o altro, ma non ho voluto saperne altro. Ho cercato su internet, in biblioteca ed in altri posti tutto quello che potevo sapere riguardo a strani casi capitati, come omicidi o cose del genere e ho trovato Beacon Hills. Così mi sono documentata e ho saputo i vostri nomi, ho conosciuto i vostri volti… Insomma, il primo giorno di scuola sapevo già che Stiles si chiamava Stiles e che Scott era il suo migliore amico. >> spiegò. Si fermarono nel bel mezzo del marciapiede, Derek che le teneva ancora la mano. << A casa ho un Bestiario simile a quello della famiglia Argent. Allison me lo ha mostrato. Per questo motivo so tutto sugli esseri sovrannaturali. L’ho studiato. Conosco a memoria tutte quelle pagine. E credo di sapere cosa ci sta nascondendo Peter. >> disse.
Derek deglutì.
<< Cosa ci sta nascondendo? >>
Paige lo osservò a lungo con quei suoi occhi blu, piccoli ed innocenti, il sorriso un po’ triste, le guance pallide.
<< Credo che rivoglia i suoi poteri, Derek. Se hai il potere una volta, prima o poi, lo rivuoi. >> rispose. Poi fece un sorriso amaro. << E credo che voglia togliersi dai piedi tutti quelli che potrebbero essergli d’intralcio. Vale a dire te e Scott per primi e a seguire, tutti gli altri. >>
 
Chris abbassò la pistola, sospirando.
<< Perché sei tornato? >> chiese Kate, avvicinandosi.
<< Perché voglio chiederti di fermarti. >> rispose Chris.
<< Non posso, Chris. >> replicò Kate. << Di’ ad Allison che le voglio bene. >>
<< Allora è vero. Sei stata tu. >> disse Chris, buttando fuori l’aria.
<< Certo che sono stata io. >> fece Kate, quasi con rabbia. << Chi avrebbe avuto il coraggio di uccidere una persona per riportarla indietro? Tu non l’avresti mai fatto. Ti saresti inventato qualche idiozia come Allison non lo vorrebbe o Noi non siamo assassini, Kate. >> disse, facendogli il verso. << Torna a casa, Chris. L’hai fatta uccidere tu. >>
Chris si guardò intorno, senza riuscire più a reggersi in piedi. C’erano solo macerie, dopo l’ultima volta. Allison era stata bravissima con quella granata. Aveva creduto di riuscire a far ragionare Kate, ma si rendeva conto solo adesso che non ci sarebbe stato verso. Invece di dirgli che non era stata colpa sua, Kate continuava a girare il coltello nella piaga.
<< Non è stata colpa mia. Non l’ho voluto io. >>
<< No, ma l’hai fatto accadere. >> replicò Kate, caricando il fucile. << Levati dia piedi, Chris. Non voglio che Allison rimanga senza padre. >>
Chris gettò la pistola a terra. Poi allargò le braccia, allungando le dita. Kate lo guardò confusa, il fucile puntato verso di lui che le scivolava dalle mani. Che cosa stava cercando di fare? Voleva farsi ammazzare? Credeva che avrebbe esitato?
<< Fallo. >> disse Chris.
<< Non puoi costringermi. >>
<< Fallo! >>
<< Sei disarmato! >>
<< FALLO! >> urlò.
<< Non posso! >>
<< FALLO! >>
Si sentì il rumore di un sparo. Chris chiuse gli occhi. Kate ansimò, stringendo il fucile tra le mani, gli occhi lucidi. Chris riaprì gli occhi, guardandola. Kate si portò una mano alla spalla, da cui stava sgorgando sangue a fiotti. Dietro Chris c’era Parrish, la pistola ancora puntata verso di lei. E dietro Parrish c’era…
<< Allison. >> mormorò Kate.
Allison aveva l’arco puntato contro di lei, le labbra serrate e le mani ferme. Scott spuntò da un lato, Derek da un altro. Kate si sentì accerchiata. Le tremavano le mani. Poi, Chris si sfilò l’altra pistola dalla tasca. Kate rise.
<< Ne ho sempre una di riserva. Dovresti saperlo. >> disse Chris.
Kate annuì.
<< Ti voglio bene, Allison. L’ho fatto per te. Era l’unica soluzione. >>
<< Cos’hai fatto? >> chiese Allison, senza abbassare l’arma.
<< Devo pagare il mio debito o lui ti farà del male. >>
<< Lui chi? Peter? >> chiese Scott.
Kate sbuffò ironica. Loro non potevano capire.
<< No, non lui. >> rispose. << Non farlo, Allison. Lasciami andare. Lasciami andare, questa volta. Lasciami saldare il conto. >>
<< Non volevo tutto questo. >>
<< Non tu, forse. Ma io sì. >> replicò Kate. << Io ti amavo, piccola mia. >>
Allison abbassò leggermente l’arma.
<< Non ci sarà una prossima volta, Kate. >>
<< Lo so. Perdonami per tutto il male che ti ho fatto, Allison. E perdonami per quello che farò. >>
Allison si sporse per cercare di correrle incontro, ma un attimo dopo, Kate stava già fuggendo. Scoppiò in lacrime e si rifugiò fra le braccia di Scott.
 
***
 
Scott gli diede una pacca sulla spalla, sorridendogli.
<< Ci vediamo dopo? >>
Stiles annuì.
<< Sì, a casa tua. Non ti preoccupare. >>
<< Stiles, ehi, so che non sono bravo con i consigli, ma non credo che tu debba fare nulla. Lydia non l’ha fatto per ferirti, sono sicuro che è perché prova qualcosa per Parrish e basta. Magari non ti aiuta, ma è sempre meglio di niente. >>
<< Già. >> disse Stiles in tono lugubre, seduto sulle scale della scuola. << Ne sono certo. >>
Scott lo salutò con un cenno, titubante. Era come se adesso la sua vita si stesse ricomponendo, pezzo dopo pezzo, mentre quella di Stiles si stava sgretolando. Era come se chiedesse di essere salvato, ma Scott non sapeva come aiutarlo, per quanto lo volesse con tutto il cuore. Così, si limitò a lasciarlo lì a pensare, quella sera. Tornò a casa con lo stomaco stretto in una morsa d’acciaio. E quello che vide sulla soglia lo lasciò di sasso.
Stiles, nel frattempo, stava seduto con le guance fra le mani. Perché diamine Lydia aveva dovuto fargli questo? Non era davvero geloso di lei e Parrish insieme, ma era furioso. Insomma, Lydia aveva un buon cuore. Perché non poteva ricambiare il suo amore, finalmente? Forse la verità è che non possiamo costringere le persone ad amarci, anche se siamo le persone migliori del mondo.
<< Ehi. >> disse una voce, facendolo ridestare.
Stiles alzò lo sguardo e riconobbe l’ultima persona che avrebbe mai creduto di poter vedere quella notte.
<< Paige. >>
 
<< Dov’è Derek? >> chiese Peter, sfogliando alcune carte fra le mani.
<< In bagno. Cosa sono quei fogli, se posso permettermi? >>
<< No, non puoi. >> rispose Peter, rimettendo i fogli nel cassetto del tavolo. << E comunque non preoccuparti, sono solo bollette da pagare. >>
<< Davvero? >> domandò Paige, facendo un passo verso di lui.
Peter la squadrò.
<< Stai sospettando di me, bellezza? Solo perché sei sotto la protezione di Derek, non significa che tu possa mettere il naso nei miei affari. Nessuno può. È chiaro? >>
<< Non stavo insinuando nulla, Peter. >> replicò Paige. << Era solo una domanda. >>
<< Mi stai facendo innervosire. >> disse Peter, avvicinandosi. Paige sentì il suo respiro caldo sfiorarle l’orecchio e rabbrividì. << Non sei salva solo perché ti porti a letto mio nipote, carina. Se ti lasci sfuggire qualcosa di inopportuno su di me, per te saranno guai. >>
<< Come che Malia è tua figlia? >> rispose Paige, non sapendo trattenersi.
Peter si ritrasse e la guardò negli occhi. Era come osservare un serpente a sonagli e chiedergli tacitamente di non aggredirti. Era sicura che lui sapesse di lei e lei sapeva di lui. Eppure, nei suoi occhi vide anche tanto dolore.
<< Dalia. >> mormorò Peter, come incantato.
Paige sbatté le palpebre.
<< Cosa? >>
Peter scosse la testa.
<< Niente. È solo che… mi ricordi tanto una persona. >> replicò, poi uscì dal loft.
<< Peter! >> chiamò Paige, con i piedi ancorati al terreno per non cadere. << Dalia era mia madre! >>
 
<< Non so nemmeno perché te l’ho raccontato. >> disse Stiles alla fine, sospirando.
<< Forse perché sai che posso capirti. >> replicò Paige, passandogli una mano sulla schiena. Stiles rabbrividì al contatto.
<< Hai le mani fredde. >>
<< Oh, scusa. >> disse, ritraendo la mano. << Effetto della malattia. >> si giustificò. Stiles la guardò. Non l’aveva mai vista più giovane di come appariva quella sera. Sembrava che non fosse mai cresciuta per davvero. Si chiese se fosse a causa della malattia o solo perché non aveva mai conosciuto i suoi genitori. << Posso capire come ti senti, Stiles. Anche a me una volta è capitato di innamorarmi e di non essere ricambiata. Ero al liceo e lui era bellissimo. Era il capitano della squadra di basket. Io lo amavo come non mi era mai successo. Ero persa per questo ragazzo e lo seguivo a tutte le partite. >> raccontò.
<< E poi? Cosa accadde? >>
Paige fece un sorriso amaro.
<< Finì il liceo. Lui aveva un anno più di me. E nel giro di un’estate, io mi ero già dimenticata di lui. >>
<< Ma… com’è possibile? Tu lo amavi. >> ribatté Stiles.
<< Io lo amavo, sì. Lo amavo tanto e l’ho amato per due anni, ma lui se n’è andato. Non è mai tornato e non sapeva nemmeno chi io fossi. >> rispose, con gli occhi lucidi. << E te lo racconto non per dirti che ti innamori tanti volte nella tua vita, te lo dico perché vorrei che tu capissi che, per quanto faccia male… >>
<< …ne vale la pena. >> completò Stiles la frase per lei. Paige sorrise.
<< Per quanto faccia male, non si muore per amore. >> disse Paige. << Ed anche se Lydia dovesse cambiare strada e lasciarti indietro, tu resteresti comunque il meraviglioso ragazzo che sei ora. >>
Stiles abbassò lo sguardo.
<< Se lo fossi davvero, Lydia sarebbe con me, adesso. >>
Paige alzò gli occhi al cielo, cercando di reprimere il bisogno di piangere.
<< Non dirlo, Stiles. Non dirlo, perché non è vero. Tu sei il mio studente più brillante e sei la persona migliore che conosca. Quindi ti prego, non buttarti giù così. >> ribatté Paige. E fu in quel momento che Stiles capì che era rabbrividito perché Paige gli piaceva e non perché aveva le mani gelate. Era come sua madre, gentile e troppo dolce per quel mondo.
<< Come fai? Come ci riesci? >> chiese.
Paige gli sorrise.
<< A fare cosa? >>
<< Ad essere così positiva. Ad aiutarci tutti. Persino dopo tutto quello che hai passato. >>
Paige scrollò le spalle.
<< Perché altrimenti non mi rimarrebbe niente in cui sperare. Non credi? >>
 
Allison si allungò le maniche fino alle dita, salutando Scott con un sorriso appena accennato. Scott le si avvicinò con la bocca ancora spalancata.
<< Ehi. >>
<< Ciao. >> disse Scott. << Che ci fai qui? >>
<< Pensavo che dovessimo parlare. Sai, dopo quello che è successo fra di noi oggi pomeriggio. >>
Scott annuì.
<< Certo. Come vuoi tu. >>
 
Lydia ignorò l’ennesima chiamata di Jordan. Quella mattina si erano rivisti e poi lei era scappata via, dopo… Insomma, era andata via. Non volevo vederlo e non sapeva cosa dirgli. Probabilmente perché avrebbe dovuto dire a voce alta il vero motivo per cui si era cacciata in quella situazione e non voleva ammetterlo. E non voleva ferire Jordan.
Si guardò i piedi a lungo, seduta sul letto. La linea bianca delle unghie era perfetta, dopo un colpo di lima. Non era interrotta o intermittente. Oh, cielo! La sua mente cominciò ad elaborare il tutto. Una consapevolezza improvvisa le esplose in faccia come una bolla di sapone. Si accasciò sul letto in silenzio, le mani che coprivano il viso. No, non anche stavolta. Un po’ di tregua, per favore…
 
<< Perché hai detto quelle parole? >> chiese Scott, passeggiando con Allison lungo la strada.
<< Quali? >>
<< Non ho chiesto io di essere viva. Hai detto così. E poi mi hai detto che avevi bisogno di me. Se hai bisogno di qualcuno, vuoi essere vivo. >>
Allison soppesò le parole che aveva appena pronunciato Scott. Come poteva spiegargli come si sentiva? Era arduo più di dovergli confessare che gli aveva rotto il suo giocattolo preferito o che le aveva rubato la merenda. Quelli erano problemi da bambini. E loro non erano più bambini da molto tempo.
<< Non voglio che nessun altro si faccia del male a causa mia. E fa schifo sapere che mia zia ha ucciso una persona per resuscitarmi. Mi sento in colpa. >>
<< Non è colpa tua. >>
<< Lo so, ma è come se lo fosse. Questa storia è iniziata a causa mia. >> replicò. << Sai, Isaac mi aveva detto che sarebbe venuto. >>
Scott s’irrigidì.
<< Ah, sì? >>
<< Già. Solo che poi ha preferito non venire. >>
<< Preferisci la compagnia di Isaac alla mia? >> chiese Scott, fermandosi. Allison scosse la testa.
<< Non hai capito. >>
<< No, probabilmente no. Perché quando mi hai baciato, oggi pomeriggio, ho creduto che fossi innamorata di me. >> disse duro.
<< Non è venuto, perché gliel’ho chiesto io. >> replicò Allison sulla difensiva.
<< E perché? Sai quanto ho sofferto io quando sei morta? Dopo che avevi detto di amarmi, di avermi sempre amato! >>  
<< Anche io ho i miei problemi, Scott! Anche io sono fragile! >> esclamò Allison, allargando le braccia. << Perché pensi di essere tu la vittima di tutto questo? >>
<< Perché tu non lo sei! Non è colpa tua se tua zia è una pazza omicida o se io ti amo ancora! >>
Allison non continuò. Le tremò il labbro inferiore, come era successo al Motel California, quando aveva creduto che avrebbe perso Scott per sempre. Avrebbe voluto salvarlo, salvarlo da se stesso, ma non trovava le parole. Ed ora, il problema si stava ripresentando. La pioggia prese a battere feroce sulle loro teste, sulle spalle, sui vestiti. Il vento le scompigliò i capelli.
<< Scott… >>
<< Non dire niente. >> replicò Scott, indietreggiando quasi spaventato da quello che aveva appena urlato. << Non dire niente, per favore. >>
E scappò via.
 
Paige si richiuse la porta alle sue spalle. Nel loft non c’era nessuno. Derek era andato da Deaton per controllare il messaggio e le aveva dato le chiavi di casa. Si guardò intorno circospetta, ma di Peter non c’era traccia. Si avvicinò velocemente alla scrivania, aprì il cassetto e trovò il doppio fondo. Prese in mano le carte di Peter e le lesse rapidamente.
Il tempo sta per scadere.
Ultimo avviso.
La voglio viva.
Annullerò il patto.
Incompetenti.
Tutti i messaggi erano scritti a computer e la data dell’ultima era quella del giorno prima. Paige non capiva con chi stesse collaborando Peter, ma era sicura di questo: non era Kate. Era qualcuno di più pericoloso di lei. Rimise le carte al loro posto.
La porta si aprì cigolando. Paige si voltò terrorizzata. Le gambe sembrarono non reggerla più in piedi. Un paio di occhi azzurri la fissarono con rabbia. Le braccia le prudevano e sembravano infiammate.
<< Cosa stai facendo? Frughi tra le mie cose? >> chiese Peter, avvicinandosi.
Paige mise la mano nella borsa, stringendo il coltello che aveva usato per uccidere accidentalmente Jonathan Homb.
<< No. >> mentì. << Non lo farei mai. >>
<< Paige, cosa sai sul mio conto? >> chiese Peter, mentre gli artigli spuntavano lentamente. Paige deglutì. << Cosa sai veramente? >>
<< Niente. Lo giuro. >> rispose di nuovo, spostandosi piano al lato, verso la porta.
<< Il tuo cuore batte forte. Sta per uscirti fuori dal petto, per caso? >> domandò ghignando. Paige strinse di più il coltello, che le stava scivolando via a causa della mano sudata.
<< Non posso ucciderti, ma forse posso farti parlare. Dimmi cosa sai. >> intimò, mentre Paige correva verso la porta, dietro il divano. Peter la raggiunse sull’uscio della porta, furioso. << DIMMI COSA SAI! >> urlò.
Ma Paige stava già correndo.








Angolo autrice:
D'accordo. Respiriamo un momento tutti insieme. Okay.
Happy Moonday a tutti! So che Teen Wolf è finito ç_ç, ma io continuo a scriverlo u.u Avete visto il finale? Non so, a me è piaciuto, ma credo solo sia stato il degno finale di una stagione del genere. Insomma, è stata effettivamente bella, ma ha peccato in molti punti. Non voglio stare qui a parlarne, altrimento non finiremmo più, ma la penso così xD.
Allora, tornando al capitolo... tosto, non è vero? Cosa ne pensate? Devo dire che è il mio preferito (oltre che il più lungo ed intenso). Succedono molte cose che cambieranno la storyline da qui in poi. In primo luogo, gli Stydia *_*. Mi sono emozionata molto scrivendo la dichiarazione di Stiles e quindi la scena della festa. Finalmente sappiamo cosa si sono detti! Però il Marrish ostacola, ostacola... Insomma, Lydia è comunque stata con Parrish, a Stiles non fa molto piacere xD (anche se è stata con lui perché si sentiva sola ed impaurita da quello che Stiles prova per lei è.é). E poi i miei meravigliosi Scallison *___*. Però certo, il finale non è stato il massimo per quei due... Vabbé. E poi, cosa pensate che abbia scoperto Lydia su quelle voci che aveva sentito? Vi svelo un'anticipazione: nel prossimo capitolo si scoprirà chi è il traditore! Via col televoto! No, niente televoto xD. Ma secondo voi chi è? Anche la parte fra Paige e Stiles mi piace molto. E fra parentesi, Peter e Paige? Cosa pensate del passato di Peter? E poi Derek e Paige che finalmente stanno insieme! Oh, anche la scena tra i fratelli è stata molto intensa, mentre la scrivevo mi dispiaceva per Chris :( 
Adesso smetto di scrivere, altrimento questo spazio diventa più lungo del capitolo xD.
Grazie a tutti quelli che recensiscono o mettono la storia fra le preferite/seguite/ricordate, ai lettori silenziosi, grazie davvero!
Al prossimo capitolo! La rivelazione sarà uno shock!
Erule  

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 - The betrayer ***


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Capitolo 7
The betrayer
 
<< Paige. >> chiamò Scott. Paige si voltò e lo guardò con curiosità. << Posso parlarti in privato, per favore? >> chiese.
Paige annuì.
<< Certo. >>
Scott aprì la porta dell’altra classe e vi s’infilò, seguito da Paige. Strinse la spallina dello zaino, indeciso su cosa dire. Paige abbracciò i libri al petto, mettendosi di fronte a lui. Scott la osservò a lungo. Non era sicuro che fosse giusto parlarle, ma aveva davvero bisogno di sapere. Si ricordava di come Stiles gliel’avesse descritta la sera prima, piccola ed indifesa. E così sembrava a lui. Certo, aveva mostrato di avere un gran coraggio, soprattutto contro i Berserker, ma appariva comunque come la “bambina” che avevano visto il secondo giorno di scuola.
<< Stiles mi ha raccontato quello che vi siete detti ieri sera. >> esordì. Paige sorrise. << Gli è stato molto d’aiuto. Credo che gli abbia ridato speranza. Volevo ringraziarti. Io non ero riuscito a fare altrettanto. >>
<< Figurati. >>
<< Non sono qui solo per questo, né tantomeno per chiederti dei consigli amorosi. Vorrei solo chiederti se possiamo fidarci davvero di te. >> disse serio, anche se gli tremavano le gambe. La conosceva così bene, che darle del “lei” gli risultava davvero arduo. Paige non avrebbe mai potuto rispondergli che era una dei cattivi, se lo fosse stata, ma se avesse anche solo vacillato, Scott era sicuro che non ce l’avrebbe fatta. Stavano perdendo troppe persone e questo gli faceva davvero ripensare a tutto quello che aveva fatto fino a quel giorno.
Paige si inumidì le labbra, guardando il pavimento. Era una domanda difficile e non sapeva come rispondere. Non poteva solo dirgli che potevano fidarsi di lei o Scott avrebbe pensato che quello che aveva da dire era tutto lì. Si guardò i piedi per un attimo, poi i suoi incrociarono quelli di Scott. E capì che, se l’avesse deluso, lui non si sarebbe più fidato di lei.
<< Potete farlo. >> rispose decisa. << Vi voglio bene come se foste la mia famiglia. Non farei mai niente che possa nuocervi. Lo giuro su ciò che mi è più caro al mondo. >>
Scott sospirò, sollevato.
<< Grazie. Era importante per me sentirtelo dire. >>
La campanella suonò. Scott uscì dalla classe e salutò Stiles. Paige li fissò da dietro il vetro, posando una mano sulla porta. I ragazzi stavano ridendo, allegri. Sorrise amaramente, poi spinse la porta e tornò nel corridoio.
 
<< Mamma, ciao! Sono in ritardo! >> esclamò Lydia, scendendo le scale di fretta. Superò la cucina, attraverso il corridoio, aprì la porta… Poi la richiuse, tornò indietro a ritroso e si affacciò sull’uscio della stanza. << Cosa ci fai tu qui? >>
Jordan si alzò dalla sedia con lentezza. Lydia non poteva crederci. Pur di parlare con lei, si era spinto fino a casa sua. Da non credere.
<< Dobbiamo parlare. >>
<< Come sei entrato? >>
<< Gli ho aperto io! >> rispose la voce di sua madre dal piano di sopra. Lydia emise un gemito infastidito. Le sarebbe venuta una crisi di nervi a breve, poco ma sicuro.
<< Grazie mille, mamma. >>
<< Prego, tesoro! >>
<< Dammi la forza... >>
<< Lydia. >> disse Jordan, avanzando verso di lei di un passo. << Non vorrei che tu pensassi a me come quel genere di ragazzo. >>
<< Cioè? >>
<< Uno di quelli che si comporta da debole perché è debole. >> rispose. Lydia si accigliò, confusa.
<< Di che stai parlando? >>
<< Sto dicendo che fra di noi è andata in quel modo, perché ho voluto che andasse così. Non è stato solo un momento che poi sarebbe passato. >> rispose. Lydia sbatté le palpebre più volte. No, Parrish, no. << Sono innamorato di te, Lydia. E non c’è niente che tu possa fare per farmi cambiare idea. >>
 
Stiles si sedette il più lontano possibile dai primi posti, dove di solito si sedeva Lydia. Scott stava proprio davanti a lui, con Allison di fianco che non gli parlava. Si chiese se quella fosse la prima volta che accadeva, perché quei due in pratica si erano fidanzati fin da subito. No, probabilmente no. Però gli dispiaceva. Il periodo migliore di Scott era stato quello in cui era stato fidanzato con Allison. Ricordava ancora le loro mani intrecciate quel giorno in cui Scott stava per perdere la calma e lei l’aveva aiutato così tanto.
Sentì la sedia di fianco a lui muoversi e si voltò per vedere chi c’era. Sbiancò di colpo. Lydia non arrivava mai in ritardo, mai. E proprio quel giorno, si era seduta di fianco a lui. Perfetto! Mancava solo un cracken grosso quanto una montagna che li voleva tutti morti, per rovinargli la giornata. Lei lo guardò di sfuggita, alzando gli angoli della bocca in un sorriso timido e lui ricambiò. Non riusciva a rimanere arrabbiato con lei a lungo.
<< Buongiorno. >> esordì Paige, entrando in classe. << Oggi ancora Dickens. Scriverò qualche frase alla lavagna e voi le analizzerete, spiegandomi cosa significano secondo l’autore e secondo il vostro personale punto di vista. >>  
Paige cominciò a scrivere. Allison era affascinata dalla sua scrittura, così bella e pulita, anche se intermittente e non sempre decisa. Cominciò a prendere appunti, scrivendo quello che Paige stava dettando. Poi alzò il capo e le fissò la schiena. Guardò le parole che stava scrivendo e le tornarono in mente le parole di Lydia. La penna le cadde di mano.
<< Scott. >> bisbigliò Lydia. << Scott! >>
<< Che c’è? >> chiese Scott, continuando a scrivere.
<< Guarda il telefono. Guardalo subito. >>
Scott fece attenzione a non farsi scoprire e guardò lo schermo del telefono. Aprì il messaggio di Lydia. C’era la fotografia del biglietto che Deaton aveva trovato sul bancone al negozio. La osservò per un paio di minuti, poi rivolse lo sguardo verso Lydia.
<< No. >>
<< Scott, sai che è così. >> replicò Lydia, con il viso triste.
<< Ci dev’essere una spiegazione. Non può essere. Me l’ha giurato! >> mormorò, con voce sempre più crescente. Sentì gli occhi pizzicare.
<< Scott, abbassa la voce. Ti stanno guardando tutti. >> disse Stiles. mentre metà classe stava attenta alla lezione di Paige. << Che succede? >>
Scott non rispose. Si sedette meglio sulla sedia, le mani che avvolgevano la testa. No, non era possibile. Non poteva essersi fatto ingannare per così tanto tempo. Non poteva essere! Si sentì osservato. Guardò alla sua destra e vide Allison, gli occhi consapevoli.
<< Scott, mi dispiace. >>
Perché le dispiaceva? Perché era quello che, più di tutto, si era fidato? Perché si era lasciato mettere nel sacco in quel modo? Perché era un idiota? Perché le dispiaceva? Le dispiaceva per lui o per lei, perché si era fatta ingannare in quel modo stupido?
<< Lydia, non posso. >> sussurrò, sicuro che lei lo stesse ascoltando. << Non ce la faccio. Non posso dirglielo. >>
Stiles gli sfiorò una spalla con la mano, afflitto. Anche lui aveva capito e sentiva il cuore pulsargli nel petto in modo doloroso.
<< Devi farlo, Scott. Tocca a te. >>
Scott chiuse gli occhi. Probabilmente, il suo destino era quello di essere tradito dalla persona di cui si fidava di più. La campanella suonò inaspettatamente. Era già passata un’ora. Gli studenti si alzarono quasi in simultanea ed uscirono dalla classe, mentre Paige dava ancora loro i compiti per l’indomani. Stiles e Lydia gli lanciarono un’ultima occhiata, poi uscirono con gli altri, aspettando fuori dalla porta.
<< Se vuoi, resto con te. >> disse Allison accarezzandogli un braccio, mentre Paige metteva via i libri.
<< No. È una cosa fra me e lei. >>
Allison annuì.
<< Ti aspetto fuori. >>
Dopo che Allison fu uscita, Scott rimase in piedi di fronte alla cattedra per un po’. Osservò Paige sistemare l’astuccio, l’agenda, i libri… Poi alzò lo sguardo e gli rivolse un sorriso curioso.
<< Ehi, che succede? C’è qualcosa che vorresti dirmi su Dickens? >>
Scott deglutì, la bocca asciutta. Prese il cellulare dalla tasca e ritrovò la foto. Era sicuro che non sarebbe riuscito a parlare, quindi si limitò a mostrargliela. Le porse il telefono. Paige lo osservò ed impallidì lievemente, ma non sembrava aver capito.
<< Avevi detto che potevo fidarmi di te. >> disse Scott, senza guardarla in faccia.
<< Scott, è così. >>
<< Me l’hai giurato solo un’ora fa. >>
<< Scott… >>
<< Mi hai mentito guardandomi negli occhi! >> urlò, stavolta guardandola. Paige sembrava sul punto di piangere da un momento all’altro.
<< Scott, ti prego… >>
<< Non è come sembra? Dillo, avanti. Di’ che non volevi farci del male, di’ che non sei stata al servizio di Kate per tutto questo tempo. Menti di nuovo. >>
<< Non sono la sua spia, Scott. >>
<< Questa è la tua scrittura! HAI MENTITO A TUTTI QUANTI! Hai mentito a me, a Stiles, a Lydia, ad Allison, a Derek… Sai cosa succederà, quando lo saprà? >> chiese, fuori di sé. Non tanto per la rabbia, quanto dalla delusione. Paige scosse la testa.
<< Scott, ti prego, non l’ho fatto per nuocervi. L’ho fatto per aiutarvi, perché era la cosa giusta da fare. Io vi voglio bene. >> disse, allungando una mano verso di lui, ma Scott la respinse. I suoi occhi lampeggiarono d’un rosso fuoco.
<< Se ci volessi davvero bene come dici, adesso dovresti confessarmi tutto. Adesso giuro io, Paige. Giuro che se non lo fai adesso, non avrai più niente da me. >> replicò. Paige aveva il cuore che le tamburellava nel petto. << Né la mia amicizia, né la mia lealtà e neanche il mio rispetto. >>
Paige si morse l’interno della guancia con violenza, tanto da avvertire il sapore metallico del sangue in bocca. Aveva promesso di non parlare o altrimenti sarebbero venuti a cercarla. Aveva promesso. Avrebbe perso Scott e Stiles e Derek, ma l’avrebbe fatto, pur di tenerli al sicuro. Doveva tradire le persone che amava di più, per salvarle.
<< Mi dispiace, Scott. Non posso dirti niente. >>
Scott riprese il telefono dalle sue mani, cercando di non fare caso ai brividi che gli percorrevano la schiena. Poi la guardò negli occhi, ghignando.
<< Non credere che il giudizio di Derek sarà più clemente del mio, perché ti sbagli di grosso. >>
Paige annuì, gli occhi ancora lucidi.
<< Lo so. >>
 
Allison smise di parlare, mentre Derek nell’altra stanza stava ancora urlando. Immaginò di stare nei panni di Paige, la testa bassa e le unghie spezzate, che chiudeva gli occhi ed ascoltava Derek urlarle contro. Rabbrividì.
<< Quindi, Lydia ne ha parlato ad entrambi. >> ricapitolò Stiles, guardando Allison e Scott. Il loft sembrava ancora più vuoto, adesso. << Qualcosa di bianco e di interrotto. Il gessetto. È così che abbiamo capito che quelle voci si riferivano alla scrittura di Paige, la stessa del biglietto. >> disse. Gli altri due annuirono. << Le Banshee prevedono la morte. Forse questa è la chiave per scoprire chi fra di noi sta per morire. Il traditore morirà. Quindi, Paige morirà. >>
Scott deglutì.
<< Ora come ora, non mi interessa del suo destino. >>
<< E poi, morirà comunque. >> aggiunse Allison. << Paige è malata. Non si può curare. >>
<< Lydia lo sa? >> chiese Stiles. Scott scosse la testa.
<< Dovremmo dirglielo? >> domandò Allison.
<< Non lo so. Credo che si sentirebbe impotente. Vorrebbe di sicuro aiutarla. >> rispose Stiles.
<< Credo che debba deciderlo tu, Stiles. >> replicò Scott. Stiles strabuzzò gli occhi. << Sì, tu. Sei la persona più vicina a lei da quando… da quando Allison è morta. >> disse. Allison lo fissò. << Decidi tu. Noi ti appoggeremo. >>
Stiles ci rifletté per qualche minuto. Le urla gli arrivarono forti e chiare, minacciando di rompergli i timpani. Derek continuava a parlare, sgolandosi, ma Paige non spiccicava neanche una parola. Si guardò intorno, spaesato. Perché doveva prendere una decisione così importante da solo? Lydia lo avrebbe odiato, se non gliel’avesse detto. Eppure, dirglielo avrebbe significato solo procurarle altro dolore e voleva proteggerla.
<< Stiles, cos’hai deciso? >> chiese Scott.
Stiles li guardò a lungo, poi deglutì.
<< No. >> rispose. << Lydia non dovrà saperlo. >>
 
Derek aveva gli occhi lampeggianti, azzurri come le sfumature del cielo sul metallo, dilatati. La guardò furioso, respirando come un toro che sta per attaccare. Paige continuava a rimanere in silenzio, gli occhi lucidi e lo sguardo basso, le scarpe slacciate. Si rigirò il foglietto tra le mani, rabbioso.
<< A chi va la tua fedeltà, Paige? Non riesco a capire. Perché vuoi proteggere Kate? Lei ti vuole morta! Vuole che tu perda tutto, ma non te ne frega niente. Perché stai dalla sua parte? Avrei dovuto capirlo fin dall’inizio. Ti aveva già istruita, non è vero? Sapevi già tutto su di noi. Mi hai mentito su tutto. >> disse Derek. Paige mormorò qualcosa. << Cosa? Alza la voce, fatti sentire da tutti. >>
Paige si inumidì le labbra.
<< Io non vi ho mai mentito. >> rispose, con la gola asciutta. Non aveva voce. << Ho omesso, ma non ho mai mentito su niente. >>
<< Perché non puoi parlarmene, Paige? >> chiese Derek.
<< Perché ho promesso. E perché verrebbero a prendermi, se ve lo dicessi. >>
<< Posso proteggerti. >>
<< Non puoi. Nessuno può. >> replicò. Derek sembrava essere sull’orlo della disperazione. << Anche se, nelle mie condizioni, non è così importante. >>
E d’un tratto, Derek capì.
<< Sei venuta qui, perché se fossi morta non sarebbe importato. >> disse. Paige alzò lo sguardo. I suoi occhi rossi contrastavano il blu delle iridi. << Non vuoi essere curata, perché non vuoi diventare un lupo. O forse perché il morso potrebbe risvegliare la tua vera natura, nascosta fino ad ora dalla malattia. La natura dei tuoi genitori. >>
Paige si lasciò sfuggire un sospiro, uno di quelli tremolanti per il pianto.
<< Giusto. >>
Derek abbassò le spalle, sconfitto. Si era fidato di lei per tutto quel tempo… Che cieco! Era stato cieco! Si era lasciato abbindolare dalle sue belle parole, dal suo aspetto angelico, dai suoi difetti da persona normale… Aveva preferito essere felice. Ogni volta che l’aveva baciata, ogni volta che l’aveva toccata, ogni volta che l’aveva chiamata… era stata una bugia. Deglutì silenziosamente, mentre Paige ancora non lo guardava. Si sentì un idiota totale. Aveva creduto di poterle perdonare tutto, il suo passato, i suoi errori, tutto. Non era vero. Non poteva perdonarle quello.
<< Esci. >> disse secco. Paige alzò lo sguardo, ma lui lo rifuggì. << Vattene e non tornare. Non provare a tornare o giuro che ti butto fuori a calci. >> replicò duro, ma la voce gli tremava. << Non tornare. >> finì e la sua voce si spezzò.
Paige gli rivolse un’ultima occhiata, poi prese la borsa ed uscì. Derek scaraventò il tavolo contro il muro. Poi il silenzio lo avvolse di nuovo, rumoroso e vuoto.
 
***
 
Melissa si sedette accanto a Scott e lo abbracciò. In un’altra occasione l’avrebbe respinta imbarazzato, le avrebbe sorriso e le avrebbe detto che andava tutto (anche se no, non andava affatto tutto bene), ma non lo fece. Aveva bisogno di sicurezze e lei lo capiva. Paige era diventata troppo importante in così poco tempo e per i ragazzi era stato un colpo scoprire che in realtà li aveva ingannati tutti. L’ultima volta che l’aveva stretto così forte era stata alla morte di Allison ed anche quando loro si erano lasciati definitivamente. Però, lei aveva conosciuto Paige e non le era mai sembrata una ragazza cattiva, né che tantomeno non fosse dalla loro parte. E non aveva nemmeno spiegato loro perché l’avesse fatto, non aveva nemmeno tentato di difendersi dalle accuse. Forse nessuno di loro avrebbe voluto sentirlo, ma lei non riusciva a guardare suo figlio soffrire di nuovo così tanto.
Lo lasciò andare. Scott aveva gli occhi rossi e gonfi, anche se non stava piangendo. Melissa gli passò una mano sulla schiena dolcemente.
<< Scott, so che non vuoi ascoltare, ma devi farlo. So che le vuoi ancora bene. >>
<< Ci ha ingannati tutti, mamma. >>
<< Non la sto difendendo. Sto solo dicendo che forse non l’ha fatto con delle cattive intenzioni. >>
<< Ci ho parlato, mamma. Non lo rimpiange. E continua a dire che ci vuole bene. >> ribatté Scott, duro. << Non posso crederci. Mi ha mentito guardandomi negli occhi! Come se mentire ad una persona a cui vuoi bene sia la cosa più naturale del mondo. >>
<< Scott, non parlare come se non sapessi come ci si sente. >> lo redarguì Melissa. << Sei troppo duro con lei. Non lo merita. >>
<< Jennifer lo meritava. >>
<< Paige non è Jennifer, Scott. >> disse Melissa. Scott sospirò. << Paige ha fatto del bene a tutti voi, ha cercato di aiutarvi sempre e come poteva. Pensa quello che vuoi, ma io non credo che sia una persona cattiva. Credo solo che sia stata incastrata. >>
Scott si inumidì le labbra.
<< Cosa dovrei fare? >> chiese, guardandola negli occhi. Melissa gli sorrise.
<< Credo che dovreste scoprire che cosa vi sta nascondendo davvero, prima che sia troppo tardi. >>
 
Paige lasciò le chiavi del loft sul tavolo. Fuori, il cielo era grigio e minacciava pioggia. Si guardò intorno, cercando di imprimersi nella memoria quel luogo che probabilmente non avrebbe più rivisto. Era stata tagliata fuori. Non aveva voluto spiegare niente e così era tutto finito. Non era esattamente quello che avrebbe voluto, quando aveva deciso di trasferirsi a Beacon Hills. E di certo non lo voleva adesso.
Alzò lo sguardo. Quel passo felpato l’avrebbe riconosciuto ovunque. Strinse il coltello nella borsa.
<< Hai perso tutto, Paige. >> disse Peter, le mani dietro la schiena, sulla soglia dell’abitazione. << Perché non gliel’hai detto? >>
<< Derek sa tutti di te e Kate. Gli ho detto dei messaggi che ho trovato. >>
Peter era una maschera di rabbia, ma sembrava che stesse cercando di controllarsi.
<< Hai messo mio nipote contro di me. >>
<< Malia ti odierà per quello che hai fatto. >>
<< Oh, se è per questo mi odierà anche per quello che sto per fare. >>
Paige mantenne il sangue freddo e la determinazione nella voce.
<< Sanno tutto, Peter. Non si fidano più di te già da tempo. E non puoi usarmi per ricattarli. >>
<< E chi ti dice che voglia farlo? >> chiese, alzando un sopracciglio. Rise. << Credete tutti che possiate farmi rinsavire solo usando il nome di mia figlia. Non avete ancora capito che questi giochetti funzionano solo con le brave persone. Ed io no, oh no mia dolce Paige, non sono per niente una brava persona. >>
Paige deglutì.
<< Kate butterà via anche te. >>
<< Non credo proprio. >>
<< Ti fidi di lei? >>
<< Non è questo il punto. >> rispose Peter, avanzando lentamente verso di lei. Paige tirò fuori il coltello. << Sono io che getterò via lei come uno straccio usato. E poi, Derek ritroverà il tuo corpo smembrato per strada. >> disse. Paige impallidì. << Ormai non sei più sotto la sua protezione. Alla fine di tutta questa storia, non sarai che polvere. Anche se, devo ammetterlo, hai avuto coraggio ad uccidere Homb. >>
Paige abbassò lo sguardo.
<< È stato un incidente. Vorrei non averlo fatto. >>
Peter ormai era ad un paio di passi da lei.
<< Te la farò pagare, Paige. >> disse. Paige lo fissò. I suoi occhi azzurri erano famelici e rabbiosi. Il coltello le cadde di mano. << E non ci sarà niente, niente, che Derek o Scott potranno fare per salvarti dal tuo destino. >>








Angolo autrice:
Ciao :3
Che dire? Siete rimasti senza parole? Ve lo aspettavate? Okay, magari un po' sì, ma Paige era abbastanza insospettabile per certi versi. Non è dalla parte di Peter e si capisce, vuole bene agli altri e lo dice... C'è qualcosa che non va. lo scoprirete nel prossimo capitolo xD.
So che potrebbe sembrare che non accada niente, ma serviva un capitolo di passaggio (in cui c'è una grossa rivelazione) e dove si capisse quanto questo faccia male a tutti, perché si fidavano di Paige e le vogliono bene. 
Il finale emblematico è praticamente l'inizio del caos che seguirà, quindi tenetevi forte, perché ne vedrete davvero di tutti i colori.
Grazie a tutti quelli che recensiscono o mettono il capitolo fra le storie seguite/preferite/ricordate, anche ai lettori silenziosi!
Al prossimo aggiornamento!
Erule 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 - Ultraviolence ***


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Capitolo 8
Ultraviolence

 
<< Non sono qui solo per questo, né tantomeno per chiederti dei consigli amorosi. Vorrei solo chiederti se possiamo fidarci davvero di te. >>
<< Potete farlo. Vi voglio bene come se foste la mia famiglia. Non farei mai niente che possa nuocervi. Lo giuro su ciò che mi è più caro al mondo. >>
<< Grazie. Era importante per me sentirtelo dire. >>
 
Scott stava seduto sugli scalini della scuola, lo zaino posato al suo fianco. Si passò una mano nei capelli, scompigliandoli. Erano due giorni che non vedeva Paige. Avrebbero dovuto avere lezione solo oggi, ma probabilmente lei aveva avuto la bella idea di non presentarsi. Ed aveva fatto bene. Vederla gli avrebbe solo procurato maggiore dolore. Tuttavia, con la scuola deserta e senza il vociare alto degli studenti, lui aveva sentito il bisogno di rimanere in un posto che gliela ricordava. Gli era tornato in mente uno dei loro ultimi dialoghi. Stava cercando di capire dov’era la falla del sistema, dov’era la spaccatura in cui potesse infilarsi per risolvere quel rompicapo. Sua madre diceva che lei era innocente, ma era difficile capire quando l’avesse detto davvero, anche se non apertamente. Lui, di più caro al mondo, aveva Allison. Allison, Stiles, sua madre. Ma lei? Paige, che non aveva niente ed era nata dal niente, che cos’aveva?
 
<< Scott, ti prego, non l’ho fatto per nuocervi. L’ho fatto per aiutarvi, perché era la cosa giusta da fare. Io vi voglio bene. >>
 
Si portò le mani alla testa.
Vi voglio bene come se foste la mia famiglia.
Io vi voglio bene.
Come poteva avergli mentito? Come poteva avergli detto una cosa del genere, dopo averli traditi? Voleva crederle, davvero, ma aveva bisogno di prove, di parole che gli facessero capire che lei era innocente. Forse aveva creduto che Kate fosse una brava persona. Ah, sì? E come spiegava tutto quello che stava architettando con Peter? Una persona intelligente come lei che si faceva ingannare in quel modo. Perché diamine era dovuto capitare proprio a loro? Perché di nuovo? Si era fidato di lei. Ogni volta sbagliava, ogni volta era peggio della precedente. Voleva fare solo qualcosa di buono. Voleva solo… Voleva solo… salvarli tutti. Si alzò di scatto, sfilò il cellulare dalla tasca e scrisse il messaggio.
 
Paige stava seduta contro il muro, le mani che le coprivano il volto. La porta d’acciaio di fronte a lei era chiusa a chiave. La stanza era completamente al buio. Le pareti erano fatte di mattoni. Era due giorni che stava chiusa lì dentro, quindi aveva potuto contarli uno ad uno, sfiorando ogni crepa nel muro, ogni segno, ogni rientranza. Era nervosa e spaventata, quindi questo le stava facendo aumentare il prurito alla pelle e di conseguenza lei continuava a grattarsi. La malattia stava peggiorando. Quello era solo un sintomo.
La porta si aprì con un colpo secco. Lei non si mosse. Sentì i passi leggeri e felpati avvicinarsi. Qualcuno si abbassò alla sua altezza, probabilmente facendo leva sugli avampiedi, i gomiti poggiati sulle ginocchia ed un ghigno malvagio ad illuminargli il viso. Le sfiorò le dita, ma lei rafforzò la presa contro la faccia. Così, la mano si fece più forte e le tolse le dita dal volto. Si ritrovò a guardare quell’espressione ormai familiare che tanto odiava. Non credeva che sarebbe mai arrivata ad odiare qualcuno, ma lo fece.
<< Guardami. >> disse la voce, maschile e roca. Paige non alzò lo sguardo. << Guardami, Paige. >>
Paige deglutì, ma continuò a non obbedire. L’uomo di fronte a sé le prese il mento fra due dite e lo portò alla sua altezza, graffiandole la pelle per la resistenza. Paige sentì il labbro inferiore tremarle e le gambe ferme, di ghiaccio. E non di ghiaccio in senso lato, ma proprio di ghiaccio. Lì dentro faceva un freddo cane e la malattia non faceva altro che farle ancora più male.
<< Peter. >> mormorò con disprezzo.
Peter alzò un angolo della bocca in un sorriso.
<< Sempre io. >>
<< Cosa vuoi ancora? >>
<< Niente. È questo il bello. Non voglio assolutamente niente. >>
Paige gli mostrò i polsi, rossi e graffiati.
<< Ma davvero? >> chiese ironica.
<< Ti ho torturata solo per sapere che cosa sei andata a raccontare a mio nipote. Non l’ho voluto io, credimi. E poi, non ti ho fatto neanche tanto male, mi sembra. >>
<< Ah, no? Scagliarmi contro il muro ripetutamente e graffiarmi con quelle tue schifose unghie da licantropo lo chiami Non ti ho fatto neanche tanto male? >> domandò, sarcastica.
Peter la spinse con la testa contro il muro. Paige emise un urlo strozzato.
<< Senti signorina, ti conviene smettere di rispondermi in quel modo o ti prometto che sarò molto meno gentile. >>
<< Se vuoi uccidermi, fallo. >> disse, a denti stretti.
Peter rise.
<< Ma io non voglio ucciderti, Paige. Io voglio solo torturarti per tutto il fastidio che mi hai provocato. >>
Paige sentì pizzicarle gli occhi.
<< Questa è violenza gratuita. Io non ti ho mai fatto niente. >>
<< No, ti sbagli. Tu hai avvertito Derek. Questo è fare qualcosa. >> rispose. Poi la guardò bene in faccia, con la luce dietro le spalle che gli faceva da faro. << Perché sei così rossa? >> chiese, quasi preoccupato.
Paige stette per chiudere gli occhi.
<< Sto soffocando. Mi manca l’aria. >>
<< No, non puoi morire adesso. Non ti ho ancora consegnata. >>
<< Non sono un pacco. >>
<< Per me sì. >> replicò. << Kate! Kate! >> chiamò.
<< Lasciami andare, Peter. >> disse Paige, con le palpebre pesanti.
<< No. Resta con me. Paige, resta con me! >> replicò, scuotendola. La sua sembrava quasi una supplica.
<< Lasciami andare… >>
<< Paige. Paige! PAIGE! >>
 
Scott entrò nel loft fuori di sé. Derek aveva le mani che stringevano il lato del tavolo, così tanto da far sbiancare le nocche. Si voltò subito, osservando Scott furioso di fronte a lui, il telefono in mano.
<< Che succede? >>
<< C’è qualcosa che non va. >>
<< Lo so. >> replicò Derek. Scott sgranò gli occhi.
<< Lo sai? >>
<< Ieri l’ho sentita urlare. Ero nei pressi della scuola e l’ho sentita urlare. Il problema è che non è andata a scuola, ieri. >>
<< E nemmeno oggi. >>
<< Peter è scomparso. Credo che l’abbia rapita. >>
<< Forse è così. Le ho mandato un messaggio. >> disse Scott, facendogli vedere lo schermo dove apparivano le parole Dove sei? << Inutile dire che non mi ha risposto. >>
<< C’è qualcosa che non va, Scott. Se quei lupi la volevano morta, perché è ancora viva? E cosa c’entrano Peter e Kate in tutto questo? >>
Scott buttò il telefono sul divano, rabbioso.
<< Non lo so! E questa cosa mi sta facendo impazzire! >>
<< E se invece avessimo sbagliato tutto? >> chiese una voce femminile dietro Scott. Il ragazzo si voltò di scatto.
<< Lydia? >>
<< E se il loro piano fosse sempre stato quello di prendere Paige e non di ucciderla? >>
Derek deglutì.
<< No… >>
<< Kate ha parlato di un debito con qualcuno. E se lei avesse portato in vita Allison, anzi no, avesse chiesto a qualcuno di farlo e questo qualcuno le avesse chiesto Paige in cambio? >>
 
Paige riaprì gli occhi. Aveva sognato di essere in camera con Derek dopo un appuntamento in un ristorante. Erano seduti sul letto. Lui la guardava come non l’aveva mai guardata, gli occhi pieni d’amore ed un sorriso dolce ad illuminargli il volto. Non aveva mai pensato seriamente a quanto fosse effettivamente bello Derek. Non affascinante, ma bello. Bello quando sorrideva, bello quando le scapole risaltavano sotto la maglietta blu, bello quando gli sfiorava la calvicola e lui rabbrividiva… E poi, si era sporto per baciarla. Aveva stretto la sua maglietta, mentre lui le percorreva la schiena con le mani. Poi…
<< Sei sveglia. >>
Paige sbuffò.
<< E viva, anche. Spariamo un petardo per la felicità. >> replicò. Si guardò i tagli sulle braccia. I lividi erano già stranamente spariti, ma i contorni dei graffi si vedevano ancora.
<< La malattia rallenta il processo di guarigione del tuo corpo, Paige. >> disse Peter.
Paie scosse la testa.
<< Cosa stai dicendo? >>
Peter la osservò bene. Sembrava ancora una bambina piccola, bella e graziosa come una bambola di porcellana. Nei suoi ricordi era sempre rimasta così, non era mai cresciuta. I suoi occhi blu erano proprio uguali a quelli di sua madre. E sicuramente i suoi capelli erano quelli di Michael, non c’era nessun dubbio.
<< Hai gli occhi di tua madre. >>
<< Non sono Harry Potter. >> borbottò Paige. Peter ridacchiò.
<< Mi saresti piaciuta, in un’altra situazione. >>
<< Quando? E come facevi a conoscere mia madre? >>
Peter sospirò. I suoi occhi si rattristarono. Sembrava che ogni ricordo di lei gli procurasse un dolore infinito. Paige si sentì dispiaciuta per lui.
<< Ho conosciuto i tuoi genitori molto tempo fa. >> rispose. << In realtà, ho conosciuto molto bene Dalia. Dalia Hawthorne. Lei sì che era bellissima. Aveva i capelli rossi e gli occhi blu. Era capace di far girare la testa a molti ragazzi del nostro corso all’università. Era bella da morire, Paige. >>
Paige si sentì cadere, un groppo in gola che le fermava le parole.
<< Li hai uccisi tu. >> mormorò. << Hai ucciso i miei genitori… >>
<< No, Paige. Io ho ucciso tuo padre. Tua madre è stata portata via dalla malattia, molto tempo prima. >> replicò Peter, sembrando quasi… dispiaciuto. La voce gli tremava. << Mi dispiace davvero tanto. >>
 
Allison alzò un sopracciglio, contrariata. Stiles se ne stava sul letto con una gamba penzoloni, le puntellandosi sui gomiti. Kira si grattò la nuca, indecisa.
<< Non l’ho voluta io, okay? >> disse Malia. << Garrett ha insistito tanto e poi mi ha dato della codarda. Cos’avrei dovuto fare? >>
<< Dirgli di no, per esempio. >> rispose Allison, sarcastica. Malia le lanciò un’occhiata.
<< Non potevo. >>
<< Avresti potuto colpirlo. Adesso ci toccherà andarci per forza. >> commentò Stiles. Malia abbassò lo sguardo. << Ehi, non fa niente. Non è colpa tua. Garrett fa arrabbiare anche me. >> disse dolcemente. Malia scrollò le spalle.
<< Mi dispiace. >>
<< Non fa niente, dai. Ci andremo. A che ora è il party a scuola? >> chiese Kira.
<< Alle dieci. >> rispose Malia. << E dice che dobbiamo portarci un cambio. >>
 
<< Hai una malattia degenerativa, Paige. Ho fatto delle ricerche, ma non sapendo da dove viene, né chi fossero i tuoi genitori, è difficile constatare cos’hai. Somiglia ad una certa sclerosi sistemica, che colpisce soprattutto le donne e si manifesta verso i trent’anni. Le macchie rosse sulla pelle sono solo il primo sintomo. Gli organi interni vengono contagiati e si induriscono, portando anche ad una chiusura dell’apparato respiratorio. In alcuni casi non c’è cura. >>
 
<< Vuoi sapere come si chiama? Rewind systematic patology. Ovvero malattia sistematica del ritorno. In pratica, i tuoi organi torneranno allo stato di partenza e cioè quando non ce li avevi. In poche parole, ci sarà un processo di ritorno a quando tu non esistevi. E quindi, alla morte. >> spiegò Peter, seduto di fronte a lei. << E sai qual è la cosa peggiore? È congenita. >>
Paige socchiuse le labbra.
<< Chi di loro? >> disse in un soffio, conoscendo già la risposta. Forse voleva solo sentire il resto della storia.
Peter deglutì.
<< Dalia. >>
 
Scott lesse velocemente il messaggio di Kira. Un’altra festa? Ma non avevano capito che ogni volta succedeva qualcosa di brutto, alle feste? Ce n’era una in ogni telefilm ed era sempre un’occasione per fare casino o uccidere qualcuno. Nel loro caso, poi, non si presagiva nulla di buono.
<< Vengo con voi. E porterà Argent. >> disse Derek. Scott e Lydia lo fissarono. << Devo trovare Paige a tutti i costi. >>
 
<< Siamo stati insieme per anni e poi è arrivato tuo padre. Quel Michael Cotton era uno strafigo pieno di soldi e senza amici. Io ero molto meglio di lui. Ha portato tua madre alla pazzia. Per me, è come se l’avesse uccisa lui. >> raccontò.
<< Non voglio sapere niente di loro. Non voglio sapere che erano delle cattive persone. È per questo motivo che non ho mai fatto delle ricerche su di loro. >>
<< L’hai fatto, Paige. L’hai fatto, perché hai trovato me. >>
<< Io ho trovato Kate. >>
<< Kate, certo, che stava lavorando con me. Ti ha convinta che avresti compiuto una buona azione e così sei entrata nel laboratorio di Deaton, dato che non eri un essere sovrannaturale e hai lasciato quel biglietto. Hai superato le barriere tranquillamente ed è per te se Allison adesso è qui con noi. >>
Paige annuì.
<< Avevo trovato dei fogli sugli esseri sovrannaturali, il Bestiario… e li ho studiati. Ho trovato anche un vecchio diario di mia madre dove parlava di te ed anche una vostra foto da giovani. >> disse.
<< Tuo padre era un lupo, Paige. È per questo che lo incolpo della morte di tua madre. Ha innescato la malattia quando l’ha trasformata. Lei era una volpe rossa. In alcuni casi, rarissimi, una malattia sopita dentro di te può rivelarsi se ti trasformi. Lei l’aveva ereditata dalla sua famiglia. Io lo sapevo, per questo non mi ero mai permesso di toccarla. Ma quell’idiota di tuo padre… lui avevo dietro certa gente, certa gente davvero pericolosa e lei era incinta di te. >> raccontò. Paige aveva gli occhi lucidi. << È morta quando tu avevi un anno. Come potevo lasciare impunito quello sciocco di tuo padre? Così, una sera, abbiamo litigato di brutto ed io l’ho ucciso. Avresti dovuto vedere il tuo visino, piccolo e pallido, mentre lo chiamavi. Urlavi a squarciagola il suo nome. E lui non poteva risponderti. >> disse.
Paige vide il dolore per la perdita riflesso nei suoi occhi chiari.
<< Perché ti ha lasciato? >>
Peter fece un sorriso amaro.
<< Perché io non volevo avere figli. Non volevo sposarla. E lei se n’è andata. >>
<< Hai avuto Malia. >>
<< Sì, ma non di mia spontanea volontà. E non sono nemmeno sicuro di sapere chi sia sua madre. >>
Paige gli sfiorò una guancia. Peter la fissò a lungo negli occhi. Quel colore così intenso gli ricordava tanto quello di Dalia. Sembrava la sua copia. Tranne per i capelli, rossi come il fuoco, la pelle diafana e l’altezza di Lydia. Paige era alta quanto suo padre, nella media. Aveva rimpianto la morte di Dalia per tutta la sua vita. All’orfanotrofio, gli avevano sempre detto che Paige era una bambina sorridente, ma malinconica. E lui si rivedeva in lei. Entrambi avevano perso tanto.  
<< Ti perdono. >> disse.
Peter la guardò, confuso.
<< Cosa? >>
<< Ti perdono per quello che hai fatto. >> ripeté. Peter non si accorse di avere la bocca aperta, troppo incredulo. << Ma non ti perdono per averla lasciata andare. >>
 
***
 
Appena arrivarono, Lydia sentì subito che la festa sarebbe stata un fiasco. Punto primo: non l’aveva organizzata lei. Punto secondo: era a tema Paintball. Garrett era davvero un ragazzino. Stiles le corse subito incontro, dandole un fucile.
<< Stiamo in coppia? >> chiese.
Lydia gli lanciò un’occhiataccia.
<< Ti pare? >>
Stiles scosse la testa.
<< No. >>
<< Appunto. >>
Vide Allison in lontananza con l’arco puntato. Colpiva con un velocità straordinaria. Garrett e Malia erano già coperti di colore dalla testa i piedi. E questo le fece molto, ma molto piacere. Be’, a quanto pare quella festa aveva anche dei risvolti positivi. Kira stava fissando Scott come un cane osserva una fetta di carne. Certe volte era più ridicola di Malia. E ce ne voleva, eh. Ridacchiò, mentre Stiles si allontanava da lei. avrebbe voluto chiamarlo per dirgli che le dispiaceva, ma Garrett la prese in pieno. E quella era una borsetta di Prada. Prada.
<< Sai quanto vale una borsa del genere?! IO TI AMMAZZO! >>
 
Derek mandò l’ennesimo messaggio a Paige. Non aveva ancora imparato molto bene ad usare un telefono, ma Scott gli aveva fatto un breve corso. Chris stava di fianco a lui, la pistola puntata. L’unico posto vicino alla scuola in cui poteva nascondersi Peter era la scuola stessa, ma nei sotterranei non c’era nessuna straccia di loro.
<< Derek, credo che non siano qui. >> disse Chris.
<< Continuiamo a cercare. >>
<< Ehi, >> esordì, mettendogli una mano sulla spalla, << so che ti senti in colpa per averla lasciata andare, ma tu hai fatto tutto il possibile. >>
<< Non le ho creduto! Dev’esserci una spiegazione. >>
Il cellulare vibrò nella sua tasca. Controllò e vide che gli era appena arrivato un messaggio. Ed il mittente era…
<< …Paige. >>
Una sola parola brillava sullo schermo: Aiuto. La chiamò, ma il telefono era spento. Probabilmente la batteria era scarica o magari non prendeva. Lo rintracciò con il metodo che gli aveva insegnato Scott, quello con cui con il tuo smartphone puoi trovarne un altro. E la trovò.
<< Dov’è? >> chiese Chris.
<< Nel caveau degli Hale. >>
 
Quella sarebbe stata di sicuro una lunga notte.
Allison si levò la maglietta, il cambio pronto sul lavandino. Si lavò sotto la doccia, tanto era nel bagno femminile. Quell’idiota di Garrett l’aveva colpita ripetutamente per vendetta, sporcandola tutta. Si ripulì velocemente, poi cercò a testoni la maglietta. Aveva appeso un asciugamano come tenda, tanto per stare riparata nel caso fosse arrivato qualcuno. Avvertì un’altra mano sfiorare la sua, calda in contrasto con il freddo del lavandino su cui aveva appoggiato l’indumento. Si affacciò, spaventata ma anche decisa.
<< Scott. >> disse, stupita. << Che ci fai qui? >>
Scott la guardò, ma non le guardò il viso, bensì le gambe. Sembrava in trance e la sua espressione non la faceva stare tranquilla.
<< Ti stavo cercando. >>
<< Be’, mi hai trovata. >> disse Allison. << E sono abbastanza nuda al momento. >>
<< Ti ho già vista così. >>
<< Scott, noi non stiamo più insieme da un bel po’ di tempo. Siamo amici. >>
Quel dialogo le ricordava tanto la disavventura al Motel California, quando Scott era stato per un attimo sotto il controllo di qualche entità e l’aveva trovata a farsi una doccia. E sapeva benissimo cosa stava per succedere.
<< Potremmo aggiustare le cose fra di noi. >> disse Scott, stringendole la mano. << Potremmo tornare ad essere amici molto più… intimi. >>
<< Quelli non sono amici, Scott. Noi due lo siamo. >> replicò dura, cercando di scuoterlo. Il rumore dell’acqua contro il pavimento la fece rabbrividire. In teoria, lui avrebbe dovuto lasciarla e tornare in sé, ma non fu così. Garrett gli aveva messo qualcosa nel ponch, di sicuro. Ma non alcol, perché i lupi non si ubriacano.
<< Noi non siamo amici, Allison. >> disse Scott, artigliando l’asciugamano con l’altra mano. Allison fece saettare lo sguardo per la stanza. La porta era chiusa a chiave. Il cuore le martellava ferocemente nel petto. << Non lo siamo mai stati. >>
Stava per levare quella specie di tenda, quando Allison gli tirò un calcio ben assestato nello stomaco. Si mise in fretta la maglietta lunga che si era portata come cambio e prese l’arco per il Paintball. Scott tossì, poi la guardò negli occhi, rabbioso. Sapeva che in uno scontro simile, lui un Alpha e lei con un arco giocattolo, lui avrebbe avuto la meglio, ma Allison non perse il sangue freddo.
<< Scott, torna in te! >> esclamò. I suoi occhi, per tutta risposta, lampeggiarono d’un rosso sangue. Allison ne ebbe quasi paura. Indietreggiò verso gli armadietti dello spogliatoio, l’arco puntato. << Scott, questo non sei tu. >>
<< Oh, sì che sono io. È il lato peggiore di me. Il lato che ti vuole tutta per me. >> replicò, con un ghigno che non era da lui. Allison rabbrividì e si sentì quasi in colpa per questo.
<< No Scott, tu devi ascoltarmi! Non mi faresti mai del male. >>
Andò a sbattere contro uno degli armadietti. Scott le tolse l’arco dalle mani. Allison si guardò intorno, cercando un appiglio, qualunque cosa, ma non c’era niente. Scott le accarezzò il braccio sinistro, percorrendolo, fino ad arrivare alla sua guancia. Sentì tutto il corpo bruciare a quel contatto.
<< Cosa c’è di sbagliato, Allison? Cosa c’è di sbagliato in noi due? >>
Per un attimo, la sua voce suadente la stava per illudere che quello fosse quasi il vero Scott, ma quando lo sentì troppo vicino, davvero troppo vicino per i suoi gusti, cercò di tirargli un altro calcio. Lui la bloccò. Con le mani libere, gli tirò uno schiaffo sul collo e lo fece barcollare di lato, poi lo gettò a terra. Corse verso la porta, aprì e scappò via.
Fu imbarazzante arrivare nel bel mezzo della festa con indosso solo una maglietta, le guance rosse e senza scarpe. La buona notizia era che tutti erano troppo ubriachi per darle retta. Tutti tranne i suoi amici.
<< Allison, cos’è successo? >> chiese Stiles, preoccupato. Il cuore di Allison batteva ancora troppo velocemente per via dello spavento.
<< È Scott. Lui… >> stava dicendo, ma le due gambe stettero per cedere. 
Scott la stava fissando… mentre stava baciando Kira. Il suo cuore minacciò di andarle in pezzi in quel preciso istante. Impossibile. Indietreggiò, poi cominciò a correre, cercando lo spogliatoio per cambiarsi o nascondersi o piangere. O tutte e tre le cose.
Impossibile.
 
Derek sentì il cuore scoppiargli nel petto. Stava lì, fermo immobile, a guardare la donna che aveva amato di più nella sua vita, accasciata al suolo, pallida e senza respiro, tanto da pensare che fosse morta. Se Peter l’aveva uccisa, l’avrebbe pagata. Chris, dietro di lui, controllava che non arrivasse nessuno.
<< Prendila, Derek. >> disse frettoloso. Lui non si mosse. << Derek, non è detto che sia morta. Prendila. Fallo adesso. >>
Derek annuì debolmente, poi corse verso Paige e cercò di svegliarla. La scosse più volte. Lei riaprì gli occhi, rossi e gonfi come la sua pelle. Ormai era arrivata all’ultimo stadio. Erano quasi arrivati alla fine.
<< Derek… >>
<< Paige, alzati. >>
<< Mi dispiace. Credevo di compiere una buona azione. Io mi fido solo di te. >>
<< Paige, andrà tutto bene. Ti perdono. Alzati. >> disse Derek, con il cuore che gli martellava forte nel petto.
<< Derek, io ti a… >>
<< Che scena strappalacrime. >> esordì una voce dietro di loro. Derek chiuse gli occhi, furioso.
<< Peter. >> pronunciò, digrignando i denti.
<< In carne ed ossa. >>
<< Derek, vattene. Non ti farà del male. >> disse Paige.
<< Cosa? E chi l’ha detto? >> chiese Peter allargando le mani, con un sorrisetto.
<< Lo dico io. >> minacciò Paige, premendo sulle mani per guardarlo in faccia. << Lo devi a mia madre. >>
Peter impallidì.
<< Io non le devo niente. >> disse una voce femminile.
Il rumore di uno sparo riempì la stanza. Paige strillò.
<< Kate! >> urlò Chris.
Paige gridò, un grido straziante e senza voce. E nello stesso istante, da un’altra parte, anche Lydia gridò.
<< DEREK! DEREK! >>
 
<< Allison. Allison, aspetta! >> disse Scott, correndole dietro.
<< Possibile che nessuno possa lasciarmi in pace, per una volta? >> sbottò alterata, infilandosi in una via laterale.
Scott la seguì ed imboccarono una strada illuminata solo dalla luce dei lampioni al lati, le case spente come spettri senza vita ed il cielo trapunto di stelle lontane.
<< Allison, per favore. Devo spiegarti. Voglio spiegarti. >>
<< No. >>
<< Ti prego. >> replicò Scott, con voce strozzata.
Allison si voltò. Il vento scompigliò i capelli ad entrambi. Allison aveva gli occhi rossi ed il viso pallido, le labbra esangui e senza più rossetto. Scott si sentì così male da sentirsi cadere, ma anche molto arrabbiato con se stesso.
<< Non devi spiegarmi niente. Fino a poco tempo fa io ero morta. Ti sei innamorato di nuovo. >> disse. Le si smorzò la voce. << È una cosa bellissima. >>
<< Ma io mi sento in colpa! >>
<< Perché? Tu sei andato avanti. Non stiamo più insieme da mesi. Succederà di nuovo anche a me. >> ribatté, con voce sempre più acuta ad ogni parola.
<< Non ci credi nemmeno tu. >>
<< Siamo giovani, Scott. Avremo di nuovo una possibilità. >>
Le parole di sua madre gli rimbombarono in testa. La gola gli si seccò all’improvviso.
<< Io sono innamorato di te adesso, Allison. Mi sento in colpa per aver baciato Kira in un momento di debolezza. Vorrei non averlo mai fatto. >>
Allison buttò fuori l’aria, dopo aver proferito un commento molto intelligente come Oh.
<< Non sei mai così impulsivo. >>
Anche se era stato probabilmente posseduto da qualcosa, lui non se n’era reso veramente conto, Allison sentiva che c’era un fondo di verità in quello che aveva appena fatto. Sapeva che lui era bloccato. Sapeva che il rapporto che avevano adesso non era più lo stesso.
<< Lo so. È solo che… sono così stanco. Non ce la faccio più. Vorrei solo che tornasse tutto come prima. >>
Prima della tua morte. Allison lo capì. Le parole aleggiavano nell’aria fra loro due come un gas tossico. Non aveva detto ad Isaac di tornare, perché era ancora perdutamente innamorata di Scott.
<< Non possiamo continuare a raccontarci bugie, Scott. >> disse Allison, stringendo le dita della mano destra a pugno e poi mollando la presa. << Comincio io, d’accordo? Isaac non era te. E credo che fosse solo una parentesi molto lunga di tutto quello che stava succedendo fra di noi. Non lo amavo. Non potevo. Io avevo te. >> disse. Scott ricambiò il suo sorriso tenero. << Lui era solo… non voglio sminuirlo, voglio solo dire che non avevamo lo steso amore che legava te e me all’inizio. >> continuò. << E non mi mancava più di quanto possano mancarmi un polmone o un altro organo, ma solo un braccio o una gamba. Capisci quello che sto cercando di dirti, Scott? Tu sei più importante. >>
Scott abbozzò un sorriso timido, le guance colorate di rosso. Probabilmente quello era il suo turno per parlare, ma non sapeva che cosa dirle esattamente. Il suo stomaco gorgogliò con un’eco di Mi sei mancata o Sono un idiota perché ti amo o anche il leggendario I miei dannati sensi di lupo si stanno acutizzando. Della serie Trovatevi una stanza, avrebbe detto Stiles.
<< Sto solo pensando a cosa dire. >> replicò infine, imbarazzato. Allison alzò un sopracciglio in modo molto ironico, come a dire Mica ci sta correndo dietro un giaguaro. Abbiamo tutto il tempo del mondo.
Poi, le sue mani si mossero da sole e sentì diramarsi un formicolio lungo il braccio sinistro. Forse era per effetto dell’alcol, ma si ricordò che i lupi non possono ubriacarsi. Guardò Allison, che sembrava terrorizzata.
<< Scott, sei viola. >>
<< Non respiro. >> disse Scott a malapena, stramazzando al suolo emettendo un gemito strozzato.
Allison corse verso di lui. Si accovacciò al suo fianco, gli ascoltò il battito e lo vide osservare il cielo con occhi vitrei. Ma il suo alito parlava chiaro: odore di ponch corretto e mandorla dolce. Veleno.
<< Scott. >> disse, nel panico più totale, scuotendolo per un braccio. << Scott, ti prego, svegliati! >>
Ma lui non rispondeva. Prese il cellulare dalla tasca e chiamò Lydia. Il numero da lei chiamato… Dannazione! Le dita le tremavano e schiacciavano lo schermo con fin troppa decisione. Chiamò Stiles, che rispose dopo tre squilli.
<< Stiles, per favore, vieni qui subito. >>
<< Allison, dove sei? Stai calma. >>
La sua voce, lontana anni luce da lei e spenta, sembrava quasi consapevole.
<< Stiles, devi venire qui subito. >> disse, stranamente senza versare nemmeno una lacrima. Nei suoi occhi terrorizzati c’era solo il vuoto della disperazione. Allison, respira. La sua voce apparì come quella del silenzio, muta e dalle labbra cucite. << Scott è morto. >>    







Angolo dell'autrice: 
Saaaalve :3
Lo so, lo so, sono in ritardissimo, ma ho avuto molto da fare.
Dunque, non vi dirò niente sul finale di questo capitolo, perché se dovremo piangere o ridere o sclerare insieme lo faremo alla fine del prossimo, che avrà un finale ancora peggiore di questo - eh già, la crudeltà degli scrittori non ha limiti - quindi state pronti.
Il titolo "Ultraviolence" è ispirato alla canzone di Lana del Rey, mi sembrava adatto al contesto (più che altro per la scena macabra fra Peter e Paige).
Se vi state chiedendo perché Paige dice di aver perdonato Peter per l'uccisione di suo padre, la spiegazione è questa: lei non conosceva i suoi genitori, quindi ha comunque un certo distacco nei loro confronti e da quanto Peter le racconta, suo padre non era un uomo molto onesto o gentile (non che Peter lo sia, eh). Diciamo solo che capisce il motivo che ha spinto Peter ad ucciderlo per quello che è successo a Dalia, che lui amava davvero e spero che si capisca. Paige è comunque un personaggio di una dolcezza infinita, forse anche troppa, perciò mi sembrava giusto che gli dicesse quelle parole.
La malattia di Paige è completamente inventata da me, ma ho cercato di renderla più o meno realistica. Quindi sorge spontanea la domanda: ma chi era i genitori di Paige? E poi ci sarà anche una bella parte su Allison e Kate, ecc. quindi ci sarà anche lo scontro finale e... non vi anticipo più niente, sorpresa! xD
Grazie a tutte le persone che recensiscono, che leggono e basta o che inseriscono la storia fra le seguite/preferite/ricordate!
Al prossimo capitolo! preparate fazzoletti e pop corn (da mangiare, non da tirare addosso allo schermo, eh xD), vi serviranno entrambi u.u
Erule

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 - Long way home ***


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Capitolo 9
Long way home

 
Diciamo solo che, se avesse pensato a tutte le cose orribili che aveva fatto, Stiles non sarebbe riuscito più a dormire la notte. Sembrerà strano, ma sì, proprio lui: Stiles. Stiles, che non si era mai perdonato per aver conficcato la spada nel ventre di Scott ed averla rigirata, le sue urla nelle orecchie e la sensazione di pace. Che cosa? Come si può avere pace nella guerra? È un ossimoro. Eppure, era quello che aveva provato. Aveva goduto di tutto quel dolore, del dolore di Lydia che gridava il nome di Allison sino a squarciarle i polmoni, degli occhi pieni di lacrime di Scott alla morte di Allison, del sapore che aveva l’ultimo respiro di una persona che amava, amava, amava. Se ripensava a tutte le cose orribili che aveva fatto, pensava sempre che non erano niente, niente rispetto a quello che provava adesso. Non erano niente in confronto al dolore che adesso gli corrodeva la pelle come veleno, veleno, che gli attraversava le vene come fuoco, fuoco, che gli spaccava le ossa e lo faceva cadere in ginocchio (che faceva male e faceva male e faceva male, male, male).
Scott, tu sei qualcuno.
Scott, tu sei il mio migliore amico.
Scott, tu sei mio fratello.
Scott.
Sentì la mano di Lydia sulla propria spalla. Si sentiva… Ma come si fa a descrivere come ti senti quando sei spezzato? Come fai a spiegare come ci si sente, quando un dolore troppo grande ti spacca le ossa e minaccia di non farti smettere di piangere, di consumarti finché persino il tuo cuore non urla (e tu lo senti, lo senti), finché non arrivi allo stoppino, finché non ti raggomitoli sul divano e ti addormenti. E poi, oh sì, poi ti svegli e l’incubo ricomincia. È meno forte di prima, sempre meno, ma non passa. Non passa mai. Non passerà mai. E poi ti rialzi, i piedi doloranti che camminano sulla graticola dei tuoi stessi polmoni bruciati, il fiato mozzo per il troppo pianto e gli occhi rossi, gonfi, irriconoscibili. O forse, forse, sei tu quello irriconoscibile.
È morto.
Non gli uscirono nemmeno quelle due parole dalla bocca. Non un Mi dispiace, non un Ti uccido, Peter, non un È colpa mia. C’era solo un Com’è successo? Io dov’ero? Perché nessuno ha gridato? Perché Lydia non aveva urlato? Perché lui non aveva sentito un filo spezzarsi, un pezzo di cuore che andava in frantumi, un… qualcosa, qualcosa, qualcosa! Scott era lì, davanti a sé, gli occhi chiusi, le labbra violacee, le guance asciutte per le lacrime. E lui riusciva solo a pensare Impossibile. Impossibile che fosse successo. Impossibile che lui non l’avesse avvertito. Se era uno scherzo, era uno scherzo di pessimo gusto.
<< Stiles… >> mormorò Allison, le labbra rosse e le mani tremanti. << Stiles, la polizia sta arrivando. E anche l’ambulanza. Tuo padre vorrà sentire la nostra versione. >> disse.
<< Stiles, i genitori di Scott sapranno cosa fare. >> replicò Lydia, le parole da dire pesanti come macigni. << Si prenderanno cura di lui. >>
Stiles riuscì solo a guardare il corpo senza vita di Scott e sussurrare qualcosa. Lydia si abbassò alla sua altezza e lui la guardò. Aveva gli occhi grandi, lucidi e sofferenti. Sembrava un bambino, uno scricciolo indifeso, come era stato ad otto anni quando le aveva regalato un mazzo di fiori e le aveva detto che era tanto, tanto bella.
<< Non respira. >> ripeté, in un sussurro. Lydia lo guardò negli occhi, confusa. << Lydia, non respira. >>
Sembrava un pazzo che continuava a ripetere le stesse parole. Poi si ricordò del suo urlo, non molto tempo prima, forse mezz’ora o forse meno. Scott doveva essere morto. Perché se non era morto lui, chi lo era?
E poi, Allison si avvicinò a Scott. Lo osservò come quando osservava un’arma e cercava il guasto, la falla nel sistema, il punto di scissione. Qual era il punto di scissione di Scott dal proprio corpo? Qual era l’errore? Sentì solo Stiles ripetere come in trance Non respira.
<< Allison, cosa stai cercando di fare? >>
Allison sfiorò il petto di Scott con una mano.
<< Sto cercando il punto. >>
<< Quale punto? >>
<< Il punto che non lo lascia respirare. >>
Fu in quel momento che Lydia lo sentì. Si alzò di scatto, voltandosi. Il suo cuore cominciò a battere all’impazzata. Sentì l’urlo che prima aveva quasi superato il suo. L’urlo dolorante e soffocato di una donna.
E gridò.
 
<< Cosa gli hai fatto? >> chiese Paige, cercando di alzarsi. << Come gli hai fatto?! >> strillò. << Era una pallottola d’argento, quella? Lo era? Rispondi, Kate! >>
<< Non è morto, stai tranquilla. >> rispose Kate, con un sorrisetto che fece alterare Paige ancora di più.
<< Kate, lascialo stare. Abbandona il passato. Lascialo andare, per favore. >> disse Paige, alzandosi a malapena. Riuscì solo a dirigersi verso Derek, poi si lasciò scivolare accanto a lui, agonizzante per via del proiettile.
Kate le rivolse una risata sprezzante.
<< Credi davvero che io sia ancora innamorata di lui? Se mai lo sono stata, sia ben chiaro. >> replicò. Derek lanciò un urlo, sfilando il proiettile dalla spalla.
<< Allora, Derek? Cosa pensi di quello che ha fatto la tua bella Paige? >> chiese Peter, ghignando. << Sei fiero di lei? >>
<< Peter, smettila. È sempre stata fra me e te. Quindi, lascia stare Paige. >>
Peter avanzò verso di lui, lo sguardo puntato sui suoi occhi adesso azzurri. Lo osservò a lungo, riuscendo finalmente a capire tutto. Non era arrabbiato con Paige. L’aveva perdonata. Nonostante credesse che fosse una spia di Kate, l’aveva perdonata.
<< Oh cielo Derek, tu la ami. >> fece Peter.
Paige guardò Derek, che evitava il suo sguardo. Non aveva mai pensato che forse Derek era innamorato di lei, che era andato a salvarla per amore e non per dovere. Non credeva di potergli stare così tanto a cuore.
<< Che scena pietosa. Lui quando arriva, Peter? >> chiese Kate, disgustata.
<< Presto. Fra poco. Appena avrò constatato che Scott è morto. >> rispose Peter.
<< Spero che quell’idiota di Garrett abbia fatto il suo dovere, avvelenando il ponch. >> disse Kate, incrociando le braccia.
Derek sgranò gli occhi. Paige impallidì.
<< Scott è…? >>
Chris caricò la pistola.
<< Ritira i tuoi Berserker, Kate. Smetti di comportarti in questo modo. >>
<< Devo pagare il mio debito, Chris. Dannazione, perché non puoi appoggiarmi, una volta tanto? >>
<< Perché stai facendo del male a tutti noi! E anche ad Allison! >> esclamò. Kate sembrava che fosse stata appena colpita da un pugno. << Se Scott muore, lei non te lo perdonerà mai. >>
Peter scrollò le spalle.
<< Ma se non muore, io non glielo perdonerò mai. >>
<< Tu starai lontano da mia sorella, Peter. >> disse Chris, poi fece scattare la pistola.
Nel giro di un secondo, Peter stava sanguinando copiosamente dal petto. La pallottola lo aveva colpito lievemente sulla destra, lasciando il cuore scoperto. Si chiese perché Chris Argent avesse voluto mancare il bersaglio di propria volontà, ma non ebbe tempo per dare voce ai suoi pensieri.
I Berserker erano già sulla soglia del caveau.
 
Allison si sfregò le mani, poi strappò con un colpo secco la maglia di Scott. Lydia la guardò come a dire Non mi sembra il momento di pensare a certe cose, ma cambiò idea un attimo dopo. Allison appoggiò l’orecchio al suo petto, premendo con le dita sulla pelle.
Polmoni: niente.
Gabbia toracica: niente.
Sterno: bingo!
Premette il pollice con forza nel punto giusto e sentì. Sentì il pallino che avrebbe dovuto trovare. Veleno della neve. Era quello il nome nel Bestiario. Era un nome particolare attribuito a quel veleno creato apposta per i licantropi. Si formava una pallina come una palla di neve da qualche parte (di solito all’altezza del petto) e bisognava rimuoverla rompendola, così che il veleno si spargesse. Certo, poi sarebbe servito l’antidoto. Questo metodo dava solo un po’ di tempo in più. Ancora qualche minuto e Scott sarebbe morto per asfissia. Quella pallina era capace di togliere il respiro. Stiles l’aveva capito. E lei ebbe la prova di questa teoria quando, un secondo dopo, Scott rinsavì e le diede una testata.
<< Ahia! >>
<< Scusa… Ehi, che sta succedendo? >>
Stiles buttò fuori l’aria, ridendo.
<< Meno male che ti sei svegliato, amico. Stavamo per iniziare la festa senza di te. >>
<< Un’altra festa? Per carità, basta. >>
<< Non credo che sia finita. >> disse Lydia, mentre Allison accarezzava la guancia di Scott. << Sento i passi dei Berserker da qui. Sono al caveau. >>
Allison si alzò di scatto.
<< Andate subito lì, scommetto che ci troverete Peter, Paige e Derek. Io arrivo subito. >>
<< Dove stai andando? >> chiese Scott, senza lasciarle la mano.
<< Ho un piano. So cosa fare. Solo… non esitate. >>
<< A fare cosa? >>
<< Lo capirete. >> disse Allison, poi corse via, verso la scuola.
Gli altri si alzarono e corsero in direzione del caveau.
 
Paige avrebbe voluto davvero rimanere a guardare quello che stava succedendo, tanta era l’adrenalina nelle vene, ma non ne ebbe il tempo. Le sue braccia erano rosse dalla spalla alle dita per quanto si era grattata e le gambe non reggevano più il suo peso. Avvertì le orecchie chiudersi, la nausea e quella sgradevole sensazione che si ha prima di svenire.
<< Paige, resta con me. >> disse Derek, mentre Chris cercava invano di tenere a bada tre Berserker. Peter e Kate se ne stavano in un angolo a guardare, ridendo di lui. Paige osservò i suoi occhi, verdi e luminosi. Voleva vedere il suo volto, prima di morire. Voleva che lui fosse l’ultimo ricordo a rimanerle in memoria. <>
Paige gli accarezzò la guancia.
<< È finita, Derek. Sorridi. Sei bellissimo. >>
<< Paige… >>
Le palpebre si chiusero. Derek rimase a guardarla per un attimo, con il cuore a brandelli. Le posò un bacio sulla fronte, stringendola a sé. Poi la adagiò in un angolo e si trasformò.
Eh be’, quelli erano i rinforzi, non c’erano dubbi al riguardo. Peter ringhiò, sfoderando gli artigli. Kate spalancò la bocca per la sorpresa, ma poi sorrise. Scott era davvero uno duro a morire. Se fosse stata solo di dieci anni più giovane…
<< Dov’è lei? >> chiese Kate, puntando la pistola contro Scott. << Dov’è Allison? >>
<< Non ti perdonerà mai, Kate. >>
Kate deglutì.
<< Ed io non perdonerò mai te per essere vivo. >> disse, poi sparò. Scott deviò il colpo, saltando dall’altra parte della stanza.  
Derek si avventò contro uno dei Berserker, ma sapeva che era uno scontro già perso in partenza. Lui era ferito e loro erano intoccabili. Kate doveva solo ritirarli. Sentì Chris al suo fianco sparare contro un altro Berserker. Scivolò verso il suo nemico, colpendolo alle gambe. Non servì a fargli perdere l’equilibrio, anzi, lo fece solo infuriare ancora di più. Lo prese di peso e lo scaraventò contro il muro. Si rialzò a fatica, osservando Paige con gli occhi chiusi, la testa appoggiata al muro. Sembrava che dormisse… Scosse la testa. Paige era viva. Poteva ancora salvarla. Corse verso il Berserker, lo artigliò e lo spinse via con tutta la forza che poteva concedergli il suo corpo malandato. Forza che non bastò.
Scott balzò fuori dal caveau per avere più spazio in cui potersi muovere. Peter lo seguì, gli occhi azzurri assetati di sangue. Gli si slanciò addosso, ghermendolo. Gli graffiò il volto, poi lo spedì a pochi metri da sé. Scott si rialzò a fatica e lui lo riprese per il collo, le fauci rabbiose.
<< Sai Scott, è iniziato tutto per caso. Era solo un gioco innocente. >>
<< Tu non sei mai stato innocente, Peter. >> ribatté Scott gelido.
<< Voglio che tu sappia tutta la storia, prima della condanna. >> disse, poi lo schiaffò contro il terreno. Scott digrignò i denti, ma non urlò.
<< Ti condannerò a morte, Peter. Mi sono fidato di te. >>
<< Sappiamo entrambi che non è vero. >> replicò. Cercò di artigliarlo di nuovo, ma Scott fu più veloce e lo schivò. << Paige stava cercando notizie sui suoi genitori e l’hanno ricondotta a me, che ero stato il primo vero fidanzato di sua madre. Il problema è che lei non ha trovato me, ma Kate. Kate l’ha convinta che la cosa migliore fosse aiutare quella ragazza appena morta, sua nipote, la cara Allison Argent su cui aveva fatto delle ricerche. Pensava che fosse una cosa buona, non le costava niente e così fece quello che Kate le aveva chiesto di fare. Entrò da Deaton e lasciò il biglietto. Gli esseri sovrannaturali sono tenuti alla larga, ma lei non lo era. Kate le chiese espressamente di scrivere il biglietto a mano, così che fosse riconosciuta da voi e poi allontanata, nel caso vi foste affezionati troppo. Lei aveva un buon cuore, povera fanciulla e voleva in cambio la vostra felicità. >> disse.
<< Lei ha un buon cuore. >> lo corresse Scott. Lo prese di soppiatto, lo agguantò e lo morse. Peter urlò con tutto il fiato che aveva, poi scalciò via Scott di dosso.
<< Nel frattempo, io e Kate eravamo diventati amanti. E non fare quella faccia disgustata. Lei serviva a me ed io a lei. Ci tenevamo buoni a vicenda. Le ho insegnato il controllo, anche se ancora non è molto brava. Non sai quanti graffi mi ha procurato. >> raccontò. << Comunque, lei voleva gli Argent al potere e quindi rivoleva Allison indietro. Lascia stare che le volesse bene, questo è un dettaglio. I lupi nella lista, quegli avanzi di galera, servivano per prendere Paige, per portarla a noi. Kate non voleva essere scoperta subito, così si è servita di loro. Ha ucciso Mayers per riportare indietro Allison, per riequilibrare la natura. Io avrei dovuto consegnare Paige a Kate ed è quello che ho fatto. E sì, tralasciamo che l’ho anche picchiata, dato che mi aveva praticamente fatto scoprire da Derek. >> disse.
Scott si slanciò contro di lui, rabbioso. Lo buttò a terra e gli mancò la gola con gli artigli per poco. Peter lo spinse via. Si rialzò e ringhiò.
<< Ti ucciderò, Peter. >>
<< Io volevo solo il potere, nient’altro. Volevo tornare Alpha uccidendoti e Kate mi disse che poteva aiutarmi. Ha fatto avvelenare il ponch da Garrett, ma non è servito. E sai una cosa, Scott? >> chiese. Scott lo squadrò da capo a piedi. Non poteva ancora credere che avesse compiuto tutte quelle azioni, senza che nessuno se ne accorgesse per così tanto tempo. << Non siamo noi i veri cattivi. Non siamo noi ad aver resuscitato Allison. >>
Scott strinse i pugni.
<< Kate parlava di un debito da pagare. >>
<< Certo. Noi dovevamo pagare Paige. >> replicò Peter.
Dietro di loro, la battaglia imperversava. Derek cacciò un urlo stridulo, rotolando fuori dal caveau. Un Berserker uscì fuori per attaccarlo. Chris aveva la giacca sporca di sangue e stava finendo i proiettili contro un altro Berserker. Nel frattempo, Malia e Kira erano arrivate, sfoderando artigli e katana contro il terzo nemico. Kate era occupata a portare fuori Paige per darla a chissà chi come se fosse stata un pacco. E di Allison, neanche l’ombra. Gli tornò in mente il bacio che aveva dato a Kira. Allison non gliene aveva parlato, ma era sicuro che lei sapesse che l’aveva fatto solo per via del veleno.
Si rivolse di nuovo a Peter.
<< Chi è stato? Chi è il vostro creditore? >>
Peter sorrise.
<< Non conosco il suo vero nome. È questo il bello. Si nasconde sotto ad un cappuccio. Nessuno ha mai visto il suo vero volto o sentito la sua voce. E sai, anche se sembra assurdo da credere, io l’ho visto in azione. Posso assicurarti che non c’è niente di fasullo in quello che fa. >> rispose. Fece una pausa. << Si fa chiamare il Mago. E vuole Paige, perché è l’unica che sa tutto sugli esseri sovrannaturali. È lui che ha resuscitato Allison. È lui che ci ha dato una scadenza ed era entro la mezzanotte di questa serata. Sta venendo a prenderla. E no, se te lo stai chiedendo, Derek non potrà fare niente per fermarlo. >>
 
Lydia prese la pistola che Allison le aveva lasciato e cercò il caricatore. Stiles la fissò, la mazza da baseball fra le mani e la consapevolezza di non poter fare niente. Lydia cercò invano di caricare l’arma, ma non ci riuscì. La scaraventò dall’altra parte della stanza, urlando per la disperazione.
<< Lydia, per favore, fermati. >>
<< Io voglio aiutarli, Stiles. Non è possibile che non possiamo fare niente. Dobbiamo fare qualcosa! C’è qualcuno che sta morendo e non so nemmeno chi è! In teoria dovrebbe essere Paige, perché le voci dicevano che il traditore sarebbe morto, ma non so se… >>
<< Lydia. >> la interruppe Stiles, posando la mazza sulla panca. Lo spogliatoio maschile era così vuoto, adesso. Le mise le mani sulle spalle, guardandola dritto negli occhi. Lydia aveva gli occhi rossi e le labbra tremanti. << Lydia, Paige morirà comunque. E non sarà colpa tua. >>
Lydia sbatté le palpebre.
<< Cosa? Che costa stai dicendo, Stiles? >>
<< Lei è malata, Lydia. >>
Lydia spalancò gli occhi. I suoi occhi grandi, luminosi e splendidi. Gli si strinse il cuore.
<< Perché non me l’avete detto? >>
<< Ho deciso di non dirtelo, perché ti avrebbe fatto troppo male. >> rispose.
<< Io volevo solo aiutare… >> replicò, non sapendo dove guardare. Ogni punto sembrava perso in un oceano di dissapori. << Io volevo solo salvare la vita dei miei amici. >>
<< Lo so, ma non puoi fare niente per salvare Paige dal suo destino. >>
<< Anche se ci ha fatto tanto male, è pur sempre una nostra amica. Non possiamo lasciarla morire! Stiles, non possiamo lasciarla morire! >> gridò Lydia, mentre Stiles ormai la teneva per i polsi.
Sembrava che andasse a rallentatore. I suoi occhi verdi sapevano di speranza, ma le sue labbra esangui sapevano tanto di fine. Sbatté le palpebre, le lacrime che le bagnavano le guance. Non voleva, non voleva davvero farla piangere, ma doveva dirglielo. Lei aveva un cuore gentile, anche se poteva sembrare il contrario e lui sapeva che avrebbe fatto qualsiasi cosa per salvare le persone che amava.
<< Non possiamo farci niente, Lydia. >>
<< Non posso aspettare che muoia! >>
<< Non possiamo! >>
<< Non la lascerò morire! >>
<< Non puoi sentirti in colpa per qualcosa che non dipende da te! >> urlò Stiles, sorprendendosi del suo stesso tono di voce. Lydia tirò uno strattone, riprese la pistola e si diresse verso la porta.
<< Non lascerò che lei muoia di nuovo. >>
Stiles abbassò le spalle. Si accorse solo un secondo dopo delle parole di Lydia.
<< Di nuovo? >> chiese. Lydia deglutì, la mano destra ancora sulla maniglia della porta. << Lydia, ma stai parlando di Paige o di Allison? >>
 
Fu quando vide i suoi amici a terra, che Scott capì che era finita. L’erba gli solleticava la schiena. Si era dimostrato più forte di Peter, quando lo aveva scaraventato contro un Berserker, provocandogli un dolore inaudito, ma poi lui lo aveva ferito gravemente all’addome e lui non era più riuscito a camminare molto bene. Kate stava aspettando il Mago, Paige accanto a lei con il viso violaceo e le braccia rosse. In pratica questo tizio poteva essere chiunque, ma di sicuro era un pazzo. A quanto pare voleva Paige per cercare di distruggerli tutti. Della serie Sai che novità. Era un mago, certo, ma che gusto c’era se non li colpiva bene, nel profondo? Non poteva certo fare una magia qualunque ed ucciderli o farli morire di asfissia come accadeva in Star Wars (a detta di Stiles). O forse, la risposta era che non era quel tipo di mago come lo era Harry Potter e aveva bisogno di sapere come uccidere alcuni esseri sovrannaturali.
Peter si avvicinò pericolosamente a lui. Lo tirò su stringendogli il collo. Scott cercò di divincolarsi, ma era davvero stanco. Lo sguardo assassino di Peter sembrò quasi dirgli che stava per morire.
<< Peter. >> disse una voce dietro di lui. << Lascialo andare. >>
In lontananza, Kate urlava al fratello che non avrebbe mai avuto il coraggio di ucciderla.
<< Derek, assisterai alla dipartita del tuo più caro adepto. Quasi mi dispiace non poter vedere la tua faccia, quando sentirai il cuore smettere di battere. Un giorno dissi a Paige che ti avrei strappato il cuore indirettamente dal petto. E così farò. Stanotte, le due persone più importanti per te moriranno. Sono davvero un bravo zio, non credi? >> esclamò ironico, stringendo il collo di Scott.
Dietro di loro, Chris alzava la pistola e la puntava contro Kate. Kate faceva lo stesso contro Chris.
<< Peter… non risolverai niente… così. >> rantolò Scott, soffocando.
<< Scott! >> gridò Malia, correndo loro incontro. << Peter, mollalo! Mollalo subito! >>
<< Faresti del male a lei? >> chiese Derek. Peter ringhiò.
<< Non oseresti. >>
<< Faresti del male alla tua stessa figlia? >>
Malia si bloccò all’improvviso, a pochi passi da loro. Scott aveva la vista appannata per via delle lacrime, ma la vide strabuzzare gli occhi, le guance pallide. Poco lontano, Kira stava a terra e Stiles stava correndo insieme a Lydia verso di loro. Scott emise un No strozzato.
<< Tu sei mio padre? >>
Peter si distrasse. Si distrasse per voltarsi e guardarla e quello fu il suo punto di non ritorno. Derek lo colpì, tanto forte da fargli diventare gli occhi azzurrissimi per un secondo. Lo gettò a terra.
<< Mi dispiace, Malia. >> disse, poi aiutò Scott a rialzarsi.
Lydia gridò. Un grido tanto forte da squarciare un cuore o rompere una finestra. Stiles si coprì le orecchie per il dolore. Scott sbatté più volte le palpebre e riconobbe Allison proprio alle spalle di Kate, gli occhi lucidi e la mano ferma sulla freccia. Chris teneva la pistola puntata contro la sorella, le labbra serrate.
<< Non lo faresti mai, Chris. >> disse Kate, sogghignando. << Sono tua sorella. >>
Chris deglutì, mentre uno dei Berserker stava per colpire Kira svenuta a terra. Le sue ciglia erano imperlate d’acqua. Scott lo vide aprire e chiudere le palpebre molto lentamente. Era come se tutto il mondo, tutto il tempo, si fossero fermati per assistere a quella scena.
<< Mi dispiace, Kate. >> fece, con quella sua voce roca.
Kate spalancò gli occhi e stava per voltarsi, quando la freccia di Allison vibrò nell’aria. E la colpì. La colpì dritto al cuore. Un po’ come Cupido. Kate spalancò la bocca. Tossì sangue, poi si accasciò al suolo. Allison cadde sulle ginocchia, distrutta. Scott prese a correre verso di lei, il tempo che si dilatava e si dilatava e si dilatava. I Berserker si fermarono. Peter serrò le palpebre, mormorando un Dannazione! Scott scivolò accanto ad Allison e l’abbracciò. La strinse tanto forte da farsi male alle mani. Allison scoppiò a piangere.
Ti voglio bene, Allison.
<< La solita incompetente! >> urlò Peter, alzandosi in piedi. Malia lo fissò. << E lei voleva il potere! >>
<< Non si tratta di potere! Si tratta di persone! Si tratta di salvare delle vite innocenti! Vite che hanno bisogno di protezione! >> esclamò Derek. Peter sembrava scosso, ma non dava segno di volersi tirare indietro.
Scott rimase a guardare la scena, Allison che ancora singhiozzava fra le sue braccia.
<< Le ha voluto bene fino alla fine e guarda cos’è successo. >> disse, riferendosi ad Allison. << Lei l’ha uccisa. È questo che fanno le persone che ami. Ti uccidono. >>
<< Non tutte. >> ribatté Derek. << Alcune muoiono per salvarti. >>
Lydia si avvicinò a loro con le lacrime agli occhi. Derek si voltò a guardarla. Era impossibile che il suo cuore avesse già capito tutto, ma era così. Fu come sentire tutto il suo corpo cadere, la pelle che cedeva e si divincolava dalle ossa. I suoi occhi erano così consapevoli.
Ancora prima che lei parlasse, lui sapeva già quello che gli stava per dire.
<< Mi dispiace, Derek. Dobbiamo riportarla a casa. >>
 
La strada verso il loft non gli era mai sembrata così lunga come quella notte. Peter era sparito assieme ai Berserker, mentre tutti gli altri erano andati con lui. I genitori di Scott si erano occupati della festa, così come il padre di Stiles.
Derek adagiò Paige a terra, non riuscendo più a trasportarla. Si sedette a gambe incrociate sul pavimento con lei fra le braccia. Il suo cuore batteva ancora, ma era sempre meno veloce. Si misero tutti intorno a loro con le mani congiunte quasi come in preghiera. Deaton aveva già dato a Scott l’antidoto e lui si sentiva un po’ meglio. Lydia deglutì silenziosamente, mordendosi il labbro inferiore per la rabbia. Stiles le strinse la mano. Derek diede una spintarella a Paige e lei riaprì gli occhi, le labbra esangui e screpolate, gli occhi stanchi. Lo guardò con dolcezza, le palpebre pesanti.
<< Ehi… >>
Derek si sforzò di rimanere calmo.
<< Ehi. >>
<< Abbiamo vinto? >>
Derek sorrise.
<< Sì. A quanto pare, il mago non si è presentato. >>
<< Chi? >> chiese Paige, confusa.
<< Lascia perdere. >>
Paige premette la testa contro il suo petto.
<< È finita, Derek. Lo sento. >>
Derek deglutì, le labbra che gli tremavano.
<< Non dire così. >>
<< Mi dispiace di non essere riuscita a tenerti lontano da tutto questo. E mi dispiace di non averti detto la verità. Non ero la spia di Kate. Volevo solo aiutarvi. Volevo riportare in vita una ragazza dolce e gentile. >> disse, poi tossì. La sua mano era rossa per il sangue. Allison si strinse di più a Scott.
<< Lo so. So tutto. Ti perdono, Paige. >>
Paige fece un sospiro di sollievo, sorridendo.
<< Ti amo, Derek. >> disse. Derek chiuse gli occhi, un groppo in gola che non lo faceva parlare e gli occhi pieni di lacrime. << Io mi fido di te. >>
E poi, con tutta la tranquillità del mondo, chiuse gli occhi.
 
Lydia accarezzò il braccio di Stiles. Sentirlo concreto al proprio fianco in un momento così difficile, la faceva sentire meglio. Aveva chiuso ed archiviato quello che era successo con Parrish. Aveva capito che l’aveva fatto solo perché si sentiva sola e confusa. Si guardò intorno, le facce tristi dei suoi amici le provocavano un dolore infinito.
E le venne l’idea.
<< Mordila. >>
Derek scosse la testa.
<< Non vuole. >> disse. << Sarei un egoista, se lo facessi. >>
<< Fra due minuti sarà morta, Derek. Ce la farai? Riuscirai a sopportarlo? Perché io non ce la farò. >>
Derek deglutì.
<< Non posso. Potrebbe non sopravvivere. >>
<< Morirà in ogni caso. Provaci. >>
Derek alzò lo sguardo e cercò quello di Scott. I suoi occhi erano sinceri come sempre e gli dicevano che l’avrebbe appoggiato sempre e comunque, qualunque fosse stata la sua scelta.
Io mi fido di te.
Sentì le zanne sfiorargli la lingua. Non si era nemmeno accorto di aver dato il comando. Deglutì piano, indeciso. Il tempo pareva scorrergli lungo la pelle, prendendosi gioco di lui. E poi lo fece. Fu delicato e preciso. Sentì una scarica elettrica percorrergli la schiena, esattamente quello che sentiva quando la baciava. Si staccò e la vide sussultare. Il morso venne assorbito subito dal braccio. Rimase lì, fermo, ad aspettare un segno. Aspettò la risposta del corpo.
Quella notte, Paige non si svegliò più.  








Angolo autrice:
State piangendo? Perché io sto piangendo ç_ç
Scrivere questo finale è stato davvero difficile. E triste, ovviamente. 
Non vi dirò nulla, di nuovo, perché nel prossimo capitolo verrà spiegato quest'ultimo pezzo, quindi dovrete aspettare il prossimo aggiornamento. Stavolta sono stata puntuale!
La storia del veleno me la sono inventata di sana pianta, ve lo dico xD. Scott è vivo!
Allora, cosa pensate di Peter e di tutta la storia che c'era dietro la resurrezione di Allison? Vi aspettavate la morte di Kate (per mano di Allison)?
Questo è uno dei mie capitoli preferiti, soprattutto per la parte con Paige e per quello che succede fra gli Argent ed anche l'inizio con Stiles. E poi c'è lo scontro finale!
Comunque, vi ricordo (con mio profondo rammarico sigh) che questo è il nono capitolo e che quindi ne mancano solo altri tre alla fine.
D'accordo, credo di aver detto abbastanza xD. Grazie a tutte le persone che seguono/preferiscono/ricordano la storia, i lettori silenziosi, chi recensisce!
Ciao :)
Erule 

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 - Bow and arrows ***


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Capitolo 10
Bow and arrows
 
<< Stiamo lentamente perdendo tutto, Scott. Non possiamo continuare a litigare ogni volta per le stesse ragioni. >>
Scott annuì lentamente, lo sguardo vuoto e perso oltre il muro dietro di lei. Si chiese se forse non fosse lei quella ad avere ragione, ma se magari era invece nel giusto Scott quando diceva che stare separati faceva più male del solito adesso che lei era tornata. Probabilmente avrebbero dovuto mettere in chiaro la situazione che si era creata fra di loro ora che potevano farlo, durante quelle specie di calma apparente che precede le tempeste, ma non aveva la forza per farlo.
<< Hai ragione. >>
<< Ho detto ad Isaac di non tornare, perché sono ancora innamorata di te. >> disse Allison. E fu a quel punto che finalmente Scott alzò lo sguardo e lo puntò su di lei. Era freddo, vuoto e distante. Che senso aveva dirgli una cosa simile, se poi voleva stare lontana da lui il più possibile? Scott se lo sarebbe chiesto, presto o tardi e lei gli avrebbe risposto che non lo sapeva, ma che aveva solo avuto bisogno di dirglielo.
Scott dischiuse leggermente le labbra e fece a voce bassa: << Okay. >>
Allison sospirò, capendo quanto quella storia lo stesse ancora logorando dall’interno. Ora che tutti sapevano la verità, la parte della storia che non conoscevano, il sentirsi in colpa era diventato il piatto della colazione. Scott, Stiles e Derek, quelli che erano stati più vicini a Paige, erano distrutti. Se poi vogliamo aggiungerci anche il dolore per le ferite che non passavano molto facilmente, facciamo jackpot.
<< Scott, ehi, vieni a bere qualcosa di caldo. Ti farà bene. >> disse Lydia con un sorriso dolce, allungando una mano verso di lui.
Scott emise un sospiro stanco, poi si sforzò di sorridere. Sotto i suoi occhi si potevano vedere benissimo delle ombre, in aggiunta aveva i capelli scompigliati ed i vestiti laceri. Allison gli sfiorò la mano con le dita, poi lo seguì con lo sguardo mentre lui andava in cucina con Lydia. Stiles le fece l’occhiolino. Allison sentì la mano grande e callosa di suo padre che si chiudeva forte sulla sua spalla. Lei gliela strinse, traendo un respiro profondo. Quella situazione faceva schifo anche a lei, ma non poteva fare niente per migliorarla. Derek stava ancora seduto accanto al letto di Paige, le sue mani che avvolgevano la mano destra della ragazza e di tanto in tanto le dava un bacio rassicurante. Derek non stava certo meglio di loro: da quando Paige era in coma, lui riusciva solo a borbottare qualcosa come Mi date un bicchiere d’acqua? o Stiles, levati dai piedi. Non parlava con cattiveria, ma non gli piaceva che chiedessero spesso come stava o se aveva bisogno di qualcosa. E da quando era morta Kate, lei non poteva fare a meno di pensare a quanto si sentisse in colpa. Suo padre l’aveva confortata, dicendole che era necessario e che, se non l’avesse fatto lei, l’avrebbe fatto lui, perché Kate non era più la stessa persona di una volta ed andava fermata. E solo ora capiva come si era sentita Lydia quando lei era tornata in vita: persa, spaventata, sola. Per lei era stato esattamente così, con Kate. Era sicura che le avesse voluto bene o non avrebbe mi fatto un patto con quel mago per riportarla indietro, ma non aveva provato rimorso per tutte le azioni orribili che aveva dovuto commettere e che voleva commettere anche dopo aver consegnato Paige a lui. Per esempio, uccidere Scott. E chissà, forse persino lei.
<< Perché hai esitato? >> chiese allora, la gola arida. Chris si mosse confuso alle sue spalle. << Perché non hai ucciso Peter quando avresti potuto? Perché l’hai mancato? >>
Chris buttò fuori l’aria.
<< Credo di averlo fatto, perché dopo aver saputo tutto quello che aveva fatto Kate, io non volevo diventare come lei. >> rispose. Allison non era sicura che, al suo posto, avrebbe fatto lo stesso, ma in effetti lei aveva ucciso Kate. E si sentiva in colpa. << Non pensare neanche per un secondo che tu sia un’assassina come lei, Allison. È stata lei a condurci a tutto questo. Tu hai solo dovuto difenderti. >>
<< Non ha attaccato me. Non aveva nessuna intenzione di fare del male a me. >>
<< L’avrebbe fatto, Allison. Le sue buone intenzioni sarebbero state offuscate dalla sua natura di giaguaro. Senza controllo, ti avrebbe uccisa. >>
<< Forse no. >>
<< Forse non l’avrebbe fatto, è vero. Però avrebbe ucciso Scott. E stai certa che non si sarebbe tirata indietro. E cosa avresti fatto tu, allora? >>
Allison si inumidì le labbra per prendere tempo, ma la risposta le uscì spontanea.
<< Avrei ucciso lei. >>
 
Scott pose le mani intorno alla tazza. Probabilmente era quella che la madre di Lydia aveva portato da casa, perché Derek non possedeva delle tazze bianche piene di ghirigori e disegni che ricordassero dei fiori che sbocciano in primavera. Fiorellini rosa. Lydia gliela riempì nuovamente di tè, sperando di non sembrare troppo malconcia. Scott lo notò. Notò i suoi occhi stanchi e senza trucco, le pelle pallida delle sue mani, i capelli raccolti frettolosamente in uno chignon. Deaton aveva detto loro che Paige forse si sarebbe ripresa, ma il suo corpo aveva bisogno di tempo per riprendersi dalla malattia e lasciarla trasformare. La malattia, a quanto pare, aveva fermato il processo di trasformazione fin da quando era nata. Dato che i suoi genitori erano entrambi degli esseri sovrannaturali, lei era nata con quella predisposizione. Se il morso l’avesse risvegliata, lei sarebbe stata una di loro. Secondo Derek, essendo la sua natura gentile e schietta, non sarebbe stata un lupo mannaro. Quindi, bisognava solo aspettare e vedere.
Lydia si sedette sulla sedia fra i due ragazzi e si levò le scarpe, massaggiandosi le caviglie. Quei dannati trampoli le avevano provocato un bel dolore alle gambe, dato che li aveva portati per molte ore di fila senza fermarsi. Stiles la guardò sorridendo, facendo risalire alla luce delle vecchie memorie.
<< Ti ricordi quando avevamo preso in giro Lydia quella volta, al terzo anno delle medie, perché lei si era messa quegli stupidi tacchi? >> chiese Stiles, seduto sulla sedia con un braccio che avvolgeva lo schienale di un’altra, sorridendo. Scott dapprima non si ricordò, poi annuì più volte.
Lydia scosse la testa divertita.
<< Ehi, era la prima volta che li indossavo! >> cercò di difendersi. << Abbiate un po’ di pietà. >>
Scott e Stiles scoppiarono a ridere.
Lydia sorrise. Era bello guardarsi adesso, a distanza di anni e rivedersi a sorridere insieme ancora una volta. Dopo tutto quello che avevano passato, Lydia aveva dubitato a lungo su questo, ma adesso tutto il senso di disagio le aveva lasciato lo stomaco, facendola sentire libera. E poi, la risata di Stiles era un toccasana per lei. Forse avrebbe dovuto spiegargli perché l’aveva evitato, forse avrebbe dovuto confessargli che aveva avuto bisogno di Parrish solo come una distrazione, un modo per smettere di pensare a lui. Non c’era un senso logico nel guardarlo come lo stava guardando lei adesso, con una ciocca di capelli davanti al viso e le iridi brillanti, una luce nella pupilla, quasi con amore e con dolcezza. Non le era mai successo, per quel che ricordava, di osservarlo in quel modo. E non era affatto male.
<< E vi ricordate di quella volta in cui abbiamo copiato tutti al compito di economia ed il coach ci ha minacciato di annullarci il compito? >> chiese Scott.
<< Oh cielo, eravamo delle matricole, Scott! Avevamo tutto il diritto di farlo! >> esclamò Lydia.
<< Lo abbiamo ancora adesso, a dire la verità. >> disse Stiles. Lydia spalancò la bocca, fintamente indignata e gli tirò il cuscino che stava sulla sedia vuota accanto alla sua. << Ahia. E va bene, no. E comunque, poi non ce l’ha annullato. Io avevo preso una B. Grazie, Lydia! >> esclamò, facendole l’occhiolino. Lydia sorrise, ma sentì anche le guance andare lentamente in fiamme.      
<< E quella volta che avete buttato Jackson nel fango alla partita di Lacrosse? >>
<< Quella volta se lo meritava, mi aveva suggerito di regalarti dei gerani, ma tu eri allergica ai gerani. E così mi gettasti il mazzo di fiori in faccia! >> replicò Stiles. Scott prese a ridere come non gli succedeva da molto tempo a quella parte, tanto che gli vennero i crampi allo stomaco.
Lydia accarezzò la guancia a Stiles. Lui la osservò confuso, ma capì che il suo non era un gesto premeditato. Era stata naturale, per una volta.
<< Mi dispiace di averlo fatto. Era stato un gesto carino. >>
Scott rimase a fissarli per qualche secondo, poi simulò una brutta tosse.
<< Io vado a cercare Allison. >> disse, poi si alzò ed uscì dalla stanza.
Stiles alzò un sopracciglio mentre lo guardava uscire, poi si rivolse di nuovo a Lydia. Avrebbe voluto scappare a gambe levate da lì, solo perché la tensione fra lui e Lydia era tornata a farsi sentire. Si grattò la nuca, imbarazzato. Cos’avrebbe dovuto dirle? Cosa dovevano dirsi due amici che non erano più nemmeno quello? Si sentì fuori posto, quasi a disagio. Era una sensazione orribile che partiva dalla bocca dello stomaco e finiva alle gambe, bloccate.
<< Non ti ho evitato perché mi hai detto quelle cose, Stiles. >> esordì Lydia, rompendo il silenzio che si era creato. Stiles si accigliò. << E non l’ho fatto nemmeno per quello che è successo fra me e Parrish. Credo che ormai lo sappiano tutti. L’ho fatto perché il pensiero di rivederti dopo quello che mi avevi detto e dopo quello che avevo fatto, mi faceva sentire ancora peggio. Il senso di colpa mi stava distruggendo sempre di più. >> disse. Stiles si mosse irrequieto sulla sedia. Cosa stava cercando di dirgli? Lydia prese un bel respiro, prima di continuare a parlare. << Ti ho evitato, perché ho avevo usato Parrish come una distrazione. Ho capito solo dopo che era inutile, perché ogni volta che ti vedevo tornava tutto a galla. Il punto è che, mentre baciavo lui, io pensavo a te, Stiles. Pensavo al nostro bacio quella volta in cui tu avevi avuto quell’attacco di panico. Pensavo che forse è ora di comportarsi da grandi e dirti che… che io… >> disse, ma era difficile andare avanti. Stiles le strinse la mano e le sorrise in modo incoraggiante. Lydia buttò fuori l’aria. << Credo di essermi innamorata di te, Stiles. E non mi sono mai sentita così completa e nel giusto come ora. >>
 
Scott si sedette accanto a lei, sfiorandole le gambe nude. Allison si voltò per guardarlo, rivolgendogli un sorriso mesto. Sulle scale della scuola sembrava tutto più bello, quel pomeriggio di quella giornata orrenda. Era cominciata con la morte di Kate e forse sarebbe finita con quella di Paige, quindi si costrinse a non pensarci. Osservò il cielo arancione tingersi d’un rosa pelle e d’un rosso sangue. Si chiese a quanti funerali avrebbe ancora dovuto assistere, prima che quella storia finisse. Quante persone doveva ancora piangere. Quante volte si sarebbe ritrovato lì, sui quei gradini accanto ad Allison, chiedendosi se fosse lui il prossimo.
<< Adoro il tramonto. >> disse Allison. La sua voce sembrò rimbombare nel nulla. << Mi fa ricordare che, anche dopo tutto quello che abbiamo perso e tutto quello che abbiamo lasciato, la vita va avanti. La giornata continua e continua e continua, senza darti il tempo di respirare o di capire ciò che sta succedendo. >>
Scott la guardò intensamente, delineando il suo profilo nella sua mente. Riusciva quasi a toccare leggermente il suo naso che si stagliava contro il panorama come in un quadro, i suoi occhi brillanti, le sue labbra rosse, i suoi capelli scuri, le sue guance diafane. Gli ricordava tanto una bambola di porcellana, di quelle che piacevano tanto a sua madre quando era piccola. Era bello poter tornare a parlare con lei, ascoltando il suono della sua voce un po’ bassa e dolce.
<< Sì, hai ragione. >> disse.
Allison gli sorrise, poi intrecciò la propria mano con la sua. Scott la baciò sulla fronte, come aveva fatto molte volte quando erano stati fidanzati. Allison posò la testa sulla sua spalla e rimasero a guardare il cielo, finché il sole non scivolò definitivamente nell’oblio della notte.
 
Melissa si richiuse la porta alle sue spalle. L’uomo si passò le mani nei capelli, stanco. Melissa rimase immobile a guardare la sua schiena, le scapole che risaltavano sotto la giacca. Lui si voltò e si mise le mani sui fianchi, lasciando intravedere la pistola, sospirando.
<< Avanti, dillo. >>
<< Cosa? Sei un idiota? >> replicò Melissa, alzando un sopracciglio. << Credo che tu lo sappia già, giusto? Lo spero, perlomeno. Qual era la tua intenzione, Rafe? Far arrabbiare John? Perché ci sei riuscito benissimo. Per l’ennesima volta. >>
<< Vorresti smettere di farmelo notare, per favore? >>
<< No, perché se non te lo faccio notare, tu continui a ripeterlo. >>
<< Mi dispiace, okay? È solo che… stanotte Scott ha rischiato davvero grosso. >>
<< Non è stata la prima volta, se può farti sentire meglio. >> disse Melissa, con un mezzo sorriso.
Rafe aprì la bocca per parlare, poi la richiuse.
<< No, credo di non volerlo sapere. Voglio saperlo? >>
<< No, non credo. >>
<< Meglio così. >> replicò Rafe. Poi si avvicinò a lei, cercando di sfiorarle il braccio, ma Melissa si ritrasse. Rafe fece comparire un sorriso amaro sulle labbra. << Grazie per essermi stata così tanto d’aiuto, in questi mesi. Da quando sono tornato, Scott cerca di starmi alla larga più che mai e tu… be’, tu riesci a riunirci come se fossimo una vera famiglia. Quindi, grazie. >>
Melissa alzò le spalle, le mani sulle braccia.
<< Figurati. >>
La porta della stanza si aprì con uno scatto ed uscirono il padre di Stiles e Deaton. Melissa si raddrizzò subito, Rafe stava di fianco a lei con le mani in tasca.
<< Allora? >> chiese l’uomo.
<< È morta. >> dichiarò lo sceriffo.
<< Stavolta Kate non tornerà più indietro. >> disse Deaton.
 
Derek sentì come se il suo cuore stesse andando in pezzi tutto insieme. Gli era successo solo una volta prima di allora, quando lui aveva molti anni di meno ed un paio di occhi azzurri. Il cuore di Paige aveva smesso di battere e lui non era riuscito a smettere di piangere per le ore che erano seguite a quell’evento. Ed ora stava accadendo di nuovo. Paige stava distesa in quel letto da qualcosa come diciotto o diciannove ore, mentre lui non aveva dormito ed aveva continuato a bere caffè. Non che lo aiutasse davvero (aveva già i nervi a fior di pelle) e non era nemmeno tanto sicuro che ai lupi facesse effetto, ma era come avere un amico silenzioso che gli faceva compagnia. E poi insomma, chi non vorrebbe ridere di Stiles che cerca di fare il caffè, mentre Lydia gli urla contro? A proposito, quei due erano diventati troppo silenziosi da quando Scott se n’era andato… Come mai? Se Paige fosse stata sveglia avrebbe detto qualcosa come Fatti gli affari tuoi, loro sono giovani ed innamorati, per poi correre a spiarli dietro la porta. E lui avrebbe dovuto riferirle tutto, dato che non l’udito da lupo sentiva molto meglio di lei.
La sua mano si mosse. Derek sobbalzò. Poteva pur sempre essere un falso allarme, magari era solo… Porca miseria, si stava svegliando!
<< Stiles! Lydia! Venite qui! E chiamate anche Scott ed Allison! >>
 
Si posero tutti intorno a lei come fosse stato un girotondo dei bambini. Deaton stava seduto al posto di Derek, la mano attorno al polso di Paige per controllare il battito. Derek stava lontano dagli altri, le braccia incrociate. Stava cercando di calmare il respiro, perché se qualcosa fosse andato storto, almeno avrebbe sofferto di meno.
<< Allora, doc? >> chiese Stiles. << Come sta? >>
<< Il battito è ancora debole, ma si sta svegliando. >> rispose Deaton.
Scott era quello più vicino, con una mano sulla spalla sinistra di Paige. Allison stava di fianco a lui, seguita da Lydia, Stiles e suo padre. Era preoccupato perché non riusciva ad assorbire il suo dolore e l’ultima volta che era successo era stato con Allison ed Allison stava morendo. Sperò davvero che non fosse così per Paige. Ricordava quando aveva immaginato se lei ci fosse stata o no, dopo tutto quello che era successo. Non sarebbe stata con loro anche al college, ma come avrebbero fatto a non ascoltare più i suoi consigli o i suoi sproloqui su Dickens o su Derek, o…? Si sentì stringere la mano tanto forte da fargli male. Urlò dal dolore. Un dolore insopportabile e pungente, che non era suo, ma lo avvertiva comunque.
<< Che sta succedendo? >> chiese Derek, arrivando accanto a loro.
Deaton cercò di tenere ferma Paige, ma non era molto semplice. Era come se stesse avendo delle convulsioni. Derek vide tutto andare a rallentatore: le mani di Stiles che le avvolgevano le braccia, la mano di Scott stretta nella sua, Chris che cercava di tenerla ferma… Era troppo per lui. Si girò per un secondo e dopo quel secondo, non sentì più niente. Si disse che forse, finalmente era finita. Forse era morta ed aveva smesso di stare in quel modo orribile. Poi, la voce di Deaton gli arrivò forte e chiara alle orecchie.
<< Furba e scaltra. Non potevi che essere una volpe, Paige. >> disse Deaton, sorridendo.
Derek si voltò di scatto. Il viso di Paige somigliava moltissimo a quello di una volpe, ma il suo pelo era bianco e non rosso. Il bianco stava per l’innocenza, mentre il rosso per il fuoco dentro. Le sembianze di creature sovrannaturale sparirono quasi subito, lasciando spazio al suo splendido sorriso. Continuò a stringere la mano di Scott e lo guardò negli occhi.
<< Sei vivo. Non sai quanto sia felice per questa bella notizia. >> fece Paige e la sua voce cristallina era la cosa più bella che Derek avesse mai sentito. Poi alzò il collo per guardare dietro di loro preoccupata ed incrociò il suo sguardo. Scoppiò a ridere di vero cuore ed allungò le braccia verso di lui. << Ehi grande, grosso e cattivo lupo burbero, non è che mi abbracceresti? >>
Derek roteò gli occhi, un po’ imbarazzato ed un po’ felice.
<< Neanche ti sei svegliata e già pretendi di essere trattata come una regina. >>
Ma non riuscì a negarle quell’abbraccio di cui aveva tanto bisogno anche lui.  
 
Parrish stava correndo come non aveva mai fatto prima d’allora. Neanche a scuola, neanche all’Accademia Militare aveva mai corso così veloce. Caricò di nuovo la pistola, il cuore che gli martellava nel petto ad ogni passo.
Aveva trovato la porta di casa aperta, così si era insospettito ed aveva tirato fuori l’arma. Non c’erano tracce sul parquet, ma quando aveva alzato il capo… La figura seduta sulla sua poltrona stava giocando pigramente con una foto di Lydia fra le mani. L’aveva recuperata da internet e stampata, è vero, ma era sua. Il buio lo avvolgeva da ogni lato, minacciandolo come se avesse avuto un arco e delle frecce, come Allison. Lui aveva puntato la pistola… e poi si era ritrovato a correre più forte che poteva verso il bosco di Beacon Hills.
Si nascose dietro un albero, stravolto. Scivolò contro la corteccia, ansimando, la pistola ancora ben stretta in pugno. Deglutì più volte, poi cercò il telefono nella tasca. Sapeva che erano tutti occupati con Paige, ma magari sarebbero riusciti a vedere un dannato messaggio sul telefono. Scrisse in fretta, poi il telefono gli cadde dalle mani. Quella persona era adesso di fronte a lui, le mani pronte a ghermirlo e lui con la pistola puntata al suo petto.
<< E così, il tuo cuore sanguina per lei. >> disse, la voce bassa e roca. Parrish cercò di regolare il respiro. << Non sai che è ancora più difficile, avvicinarsi alle persone delle quali il cuore ha già sanguinato molto in passato? >>
Parrish si alzò lentamente, passando la mano libera sulla corteccia dell’albero per trattenersi.
<< Lydia non è mia e non è di certo affar tuo. >>
Quello alzò le spalle.
<< No, in effetti, no. >> replicò. << Ma tu sei un’alternativa vincente per fare in modo che lo siano Scott ed i suoi amici. >>
<< Si può sapere cosa volete tutti da Scott? >> chiese, esasperato.
<< Quello che tutti noi non abbiamo, mio caro agente. >> rispose, rivelando il suo volto. Si tolse gli occhiali e Parrish inorridì alla vista. << E non sto parlando di lealtà, onestà o qualche altra idiozia dei ragazzini. Parlo di potere ed il potere è qualcosa che appartiene solo ai grandi. >>
Il sangue di Parrish schizzò dappertutto.







Angolo autrice:
E SBAM! Okay, lo so, vi ho fatto aspettare a lungo per sapere se alla fine Paige ce l'avrebbe fatta o no e... Ce l'ha fatta! :D
E poi ovviamente la sorpresona: gli Stydia!! *balla la conga* Qui finalmente si sono messi insieme *cough cough*
La parte in cui ricordano i vecchi tempi mi piace molto, non so... ha un che di familiare e dolce.
La situazione degli Scallison è ancora un po' incerta... Allison deve ancora fare i conti con quello che ha fatto. Credo comunque che si addicesse al suo personaggio, anche se è stata una scelta un po' forte. Però insomma Kate non sapeva controllarsi e stava andando incontro alla pazzia, Allison lo sapeva e l'ha fermata proprio perché le voleva bene.
Chi pensate sia il cattivo finale?? E povero Parrish comunque :(
Ho una certa idea che mi frulla nella testa... Mi piacerebbe continuare la storia con un sequel, perché penso di avere ancora un po' di cose da spiegare e raccontare... Non so se lo scriverò o quando lo pubblicherò, ma... cosa ne pensate? Fatevi sentire! :D
Grazie a tutti quelli che recensiscono o mettono la storia fra le seguite/prferite/ricordate o leggono silenziosamente!
Ciao ciao!
Erule 

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 - The Magician ***


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Capitolo 11
The Magician
 
Lydia guardò distrattamente il suo telefonino che lampeggiava, segno che era arrivato un nuovo messaggio, ma non vi badò. Rotolò invece verso il proprio comodino e guardò l’orario: le sette del mattino. Si era persino svegliata in orario per andare a scuola. Accese la radio, che dava una vecchia canzone allegra di qualche anno prima. Si sedette di scatto sul letto non appena sentì il rumore della porta che si apriva.
Stiles portava fra le mani un magnifico vassoio pieno di cibo: croissant, caffè, spremuta d’arancia e biscotti. E sorrideva. E lei era in quel periodo di una relazione in cui si diventa matti per ogni cosa bella e quello era uno di quei momenti. Stiles le si sedette accanto, già vestito di tutto punto ed appoggiò il vassoio sul comodino.
<< Buongiorno. >> disse.
Lydia spostò il capo di lato, un sorrisetto furbo ad illuminarle il volto.
<< Sei sicuro che dobbiamo andare a scuola, oggi? >>
Stiles alzò un sopracciglio.
<< In che senso? >>
Lydia scosse la testa. Era così idiota da rovinare persino il romanticismo! Decise di prendere lei l’iniziativa, facendogli capire quello che intendeva. Dopo aver passato una notte insieme (solo a dormire, eh) ed averla vista in camicia da notte, lui davvero non aveva capito?
Lo attirò a sé per il colletto e lo baciò.
 
Scott continuò a percorrere con le mani la schiena di Allison per tutto il tempo che ci metteva suo padre a fare la doccia (ed era capace di rimanerci per ore). A Chris non piaceva molto l’idea che Scott rimanesse a casa sua giorno e notte, soprattutto perché lui e sua figlia facevano troppo casino come due ragazzini, ma se quella era una buona scusa per vigilare su Allison, tanto meglio. E poi, diciamo che aveva capito che sua figlia non era una santa.
<< Mi fai quasi venire voglia di perdere il controllo. >> disse Scott, mentre Allison ridacchiava.
<< Non ti permettere, l’ultima volta è andata malissimo! >>
<< Ho detto quasi, infatti. >>
La porta si aprì proprio mentre Allison lo stava baciando di nuovo. Si staccò da lui alla velocità della luce, coprendosi con le coperte. Chris controllò che avessero entrambi addosso il pigiama, assottigliando gli occhi, poi tornò indietro e scese le scale.
<< La colazione è pronta! >>
Scott sbuffò.
<< Tuo padre deve avere un radar, per queste cose. Ci interrompe sempre nei momenti migliori! >>
Allison scoppiò a ridere.
 
Paige ringhiò irrequieta, unendo le dita sotto il mento. Stava seduta sul divano con i piedi premuti contro il tavolino di fronte a sé. Si era svegliata di malumore e questo non andava affatto bene. Soprattutto perché si era appena risvegliata da un coma ed era viva. Dopo tutto quello che aveva passato, credeva che ormai il peggio fosse passato, invece no. Adesso doveva concentrarsi, fare yoga e Derek era diventato praticamente il suo personal trainer, nonché fidanzato. E non andava molto bene, dato che ogni volta che la sfiorava perdeva il controllo e lo scaraventava dall’altra parte della stanza per reprimere altri istinti. Il più delle volte Derek le insegnava tecniche di difesa o l’uso della rabbia per incanalare le energie ed attaccare, ma c’era un solo problema: lei non aveva abbastanza rabbia. Insomma, dopo tutto quello che le era capitato, ci si chiederebbe come dannazione sia possibile una cosa simile, giusto? Be’, Derek aveva una risposta anche per quello: lei era troppo gentile. Esatto. Era una persona troppo buona, troppo fissata a cercare una minuscola parte di bontà negli altri o ad aiutare le vecchiette per strada, per infuriarsi. E allora, cosa avrebbe dovuto fare? Lui sapeva controllare solo la rabbia ed anche Scott, così come Peter. Quale emozione avrebbe dovuto usare lei per incanalare l’energia che stava rischiando di scoppiarle dentro, minacciano di svuotarla di qualsiasi altra emozione? Ebbene sì, Derek aveva la risposta anche a quella domanda ed è questa: l’amore. Perché è qui che converge tutto il resto: generosità, lealtà, gentilezza… Era troppo buona? Bene, avrebbe usato tutta quella bontà contro i suoi nemici.
Derek stava in piedi di fronte a lei, un paio di pantaloni da ginnastica e le braccia incrociate. Sul suo viso si fece largo un sorriso, quello di qualcuno che sa quanta strada tu ancora debba percorrere, ma che sa anche che ce la farai.
<< Paige. >>
<< Non dire Paige come se stessi cercando di far ragionare una bambina. >>
<< D’accordo, allora ti chiamerò con un nomignolo strano, uno di quelli che ti affibbiano i fidanzati. Hai presente? Amoruccio, pulcina, tesoro mio… >>
Paige scattò su, allontanò il tavolo con un calcio e gli saltò addosso. Odiava quei soprannomi smielati e Derek lo sapeva. Non sarebbe mai riuscito a farla arrabbiare abbastanza per usare quell’energia, ma era comunque divertente vederla fiondarsi su di lui, scansarla e poi buttarla a terra.
Paige si rialzò con i capelli scompigliati e le guance rosse. Derek alzò le spalle, come a dire che lui era troppo forte per essere battuto, ma doveva pur insegnarle in qualche modo. Allora Paige cominciò a menare pugni a raffica, mosse diverse che le aveva insegnato Derek quella stessa mattina (aveva scoperto che le volpi bianche hanno un’ottima memoria ed imparano in fretta), calci e gomitate nelle costole. Derek parò ogni colpo e qualche volta la rivoltò come un calzino, sbattendola al tappeto con un solo colpo.
Paige si fermò un attimo, ansimante, i capelli stretti in una coda alta e le pupille dilatate. Derek riprese fiato per qualche secondo, ma si sentiva già benissimo. Per lui era un semplice allenamento, ma per Paige era una seduta infinita in palestra. E lei odiava la ginnastica. Si sgranchì le braccia, la schiena, le nocche, poi attaccò Derek a sorpresa. Fu un movimento solo, fluido e circolare. Lui non se ne accorse nemmeno. Poi lo spinse contro il muro, mentre lui era ancora confuso da quello che aveva appena visto. Si fermò di fronte a lui, alzando appena lo sguardo per incontrare il suo. Poi sorrise. Derek non aveva mai sentito il petto scaldarsi così tanto come in quel momento. Così, più veloce della luce, prese il suo viso fra le mani e la baciò. Era quasi un bacio rabbioso, dove i denti cozzano fra di loro e fanno rumore, ma era anche passionale e spontaneo. E cinque secondi dopo, Derek l’aveva colpita nella rientranza del ginocchio e l’aveva fatta cadere.
<< Sei stato scorretto! >> esclamò Paige, ridendo.
Derek ghignò, porgendole una mano per rialzarsi.
<< Mai abbassare la guardia. >>
 
Lydia guardò lo schermo del telefono, mentre la porta del bagno si richiudeva alle sue spalle. C’era un messaggio da parte di Parrish e risaliva alla notte prima. Si lisciò la camicia di Stiles addosso mentre apriva il file. Le lettere sembravano lampeggiare nella sua testa mentre le leggeva. Siete in pericolo. E quando mai non lo erano? Ma era quello il punto: loro lo sapevano già. Quindi significava che il pericolo era vicino o che forse, ce n’erano un altro, forse addirittura peggiore, che gravava su di loro come la spada di Damocle. Sgranò gli occhi, riaprì la porta e cercò Stiles con gli occhi, ma non c’era. Scese le scale di corsa, chiamandolo.
<< Stiles! Stiles, è successo un casino! >> esclamò, entrando in cucina.
John alzò lo sguardo verso di lei, la schiena appoggiata al piano cottura, un sopracciglio alzato per la sorpresa. Stiles, seduto sulla sedia, si voltò velocemente, rischiando di farsi seriamente male al collo. La scena appariva abbastanza comica, perché Lydia aveva indosso solamente la camicia di Stiles ed ovviamente la biancheria, il telefono fra le mani; mentre John aveva la divisa e Stiles aveva lo zaino di scuola al suo fianco.
<< Dovrei… presumere che tu non sia andato a scuola come mi hai appena detto, giusto? >> chiese John, fissando ancora Lydia. Stiles chiuse gli occhi, facendo una smorfia.
<< Giusto. >>
Lydia arrossì violentemente, pensando a cosa dire per discolparsi.
<< Eravamo stanchi e… >> stava dicendo, ma lo sguardo di John faceva capire benissimo che non si sarebbe bevuto un’altra bugia. << Okay, non siamo andati a scuola. Non è un problema, oggi c’erano solo i test. >>
<< No, in effetti no. Cos’è il futuro in confronto a quello che stiamo vivendo? >> chiese John ironico, cercando di fare passare quella frase per una citazione colta. Stiles scivolò sempre più in basso, sperando in qualche modo di sparire. << Siete tornati insieme, vedo. >>
<< Noi non siamo mai stati insieme. >> ribatté Lydia, poi lanciò un’occhiata a Stiles. Il suo ragazzo stava sprofondando.
John boccheggiò.
<< Ah, no? >>
<< No. Lydia, ehi, dovevi dirci qualcosa? >> chiese Stiles, rialzandosi da terra.
<< Sì. Parrish mi ha mandato un messaggio. Credo che gli sia capitato qualcosa di brutto. Davvero brutto. >>
 
***
 
L’erba bagnata produceva rumore come si scricchiolio sotto i suoi piedi. Continuò a correre, il giubbotto corto che le sfiorava le costole. Saltò un’altra roccia, ansimando. Poi si fermò. Mise le mani sulle ginocchia, cercando di riprendere a respirare normalmente. Era colpa sua. In qualche modo, era tutta colpa sua. Se fosse successo qualcosa anche a Parrish, non se lo sarebbe mai perdonata. Si guardò intorno, aguzzando la vista. Sentì uno scatto nei suoi occhi, come quando metti una lente a contatto. E seppe che avevano cambiato colore. Derek diceva che quando accadeva, il loro colore naturale si voltava in un grigio brillante, argentato come l’acciaio. Non era ancora brava ad avvertire l’odore, per quello le serviva Derek. E tutto d’un tratto, sentirsi così deboli faceva schifo. Era come non avere l’indipendenza, come mancare di qualcosa di continuo.
<< Allison, di qua! È vicino! >> esclamò Scott, sorpassandola. Allison corse dietro il ragazzo, l’arco in pugno.
<< Scott! >> chiamò Stiles, fermandosi per riprendere fiato. << Scott, porca miseria, sai che odio correre! >>
<< Muoviti, lumacone. >> disse Lydia, tirandolo per un braccio.
Chris camminò dietro di loro con la mascella serrata, la pistola in mano. Paige sapeva che si sentiva afflitto per la morte della sorella e certe volte si chiedeva se la incolpasse di questo. Allison le aveva confidato che per un po’ l’aveva fatto, ma che poi aveva capito che era solo furioso per quello che era diventata Kate. In fondo, l’aveva cresciuta lui. Era come se avesse sbagliato a fidarsi, come se avesse sbagliato a volerle bene, come se avesse sbagliato e basta.
Paige sentì un profumo familiare perforarle le narici. Sapeva di lupo e di fumo. Si sentì stringere da dietro ed ogni fibra del suo corpo urlò. Chiuse gli occhi, buttando fuori l’aria. Se Derek l’avesse saputo, le avrebbe di sicuro detto che non era colpa sua. Non aveva voglia di discutere con lui, così si limitò solamente a lasciarsi scivolare contro il suo petto.
<< Lo troveremo, Paige. >> disse Derek.
<< Lo so. >>
<< E allora perché ti sento lontana? >>
Avrebbe voluto dirgli che c’era un peso a gravarle sul cuore, che da quando era diventata una volpe sentiva tutti i suoi amplificati e le trapanavano le orecchie, che sentiva odore di sangue e… Un attimo. Odore di sangue?
<< Derek, è qui. >> disse Paige. Derek la lasciò ed acuì i suoi sensi. << Lo senti? >>
<< Allison, SPOSTATI! >>
<< È una trappola! >> gridò Paige, ma non ebbe il tempo di correre via, perché il terreno le era esploso sotto i piedi.
 
Scott si risvegliò con la gola in fiamme e la vista offuscata. Si rialzò a fatica, il cuore che batteva all’impazzata nel petto. Gli faceva male tutto, ogni muscolo ed ogni costola. Il fianco destro gli bruciava. Probabilmente era ferito, ma sarebbe guarito presto. Si guardò intorno e tutto quello che vide fu qualche nuvola di fumo ed i capelli scuri di Allison che mulinavano nel vento. Sentì un sibilo e poi vide gli occhi di Allison spalancarsi e guardarlo. Avvertì le gambe cedere. Aveva le pupille dilatate e gli occhi lucidi, il rossetto più scuro del solito. L’arco le cadde dalle mani. No, non poteva essere. Non poteva succedere di nuovo.
Allison!
L’urlo di Lydia gli perforò i timpani.
 
Lydia si rialzò con la testa che le doleva ed una gamba immobile. Era come se si fosse addormentata, perché la gamba non voleva saperne di rispondere ai suoi comandi. Fece leva sui palmi delle mani, sulle braccia e sull’altro piede per cercare di alzarsi. Aveva capito cos’era accaduto: probabilmente il corpo di Jordan era rimasto da qualche parte dietro di loro, mentre la traccia di sangue era rimasta dove Scott li stava portando.
<< Ti aiuto io. >> disse una voce un po’ roca davanti a lei.
Lydia prese la mano e si alzò. Aprì la bocca per parlare, ma non le uscirono le parole. Quel ragazzo era Stiles, ma c’era qualcosa di diverso in lui. Punto primo: la sua voce era troppo profonda, rispetto alla solita un po’ più acuta. Punto secondo: aveva un paio di ombre scure sotto agli occhi, come quando era stato posseduto dal Nogitsune. Punto terzo: portava gli stessi vestiti di quando avevano sconfitto il Nogitsune, esattamente quelli del Nogitsune. Lydia inorridì, indietreggiò, ma non cadde. Stiles teneva ancora la sua mano stretta nella sua. Le sorrise in un modo che non le piacque affatto.
<< Non avete mai imparato a non fidarvi di una volpe, vero? >>
 
Chris aveva la sguardo fermo e puntato oltre la canna della pistola. Di fronte a lui c’era Kate e solo quello gli faceva capire che era tutto solo un sogno – un incubo – dato che sua sorella era appena morta. La vide sorridere come non aveva mai fatto. La vide avanzare verso di lui con le braccia aperte e lo sguardo innocente. Non fu nessuno di quegli atteggiamenti a fargli capire che non era reale, ma qualcos’altro.
<< Mi dispiace, Kate. >>
<< Non è colpa tua, fratellone. >>
Chris si costrinse a non piangere. Gli occhi gli pizzicavano. Prese un bel respiro, caricando la pistola. Si sentì uno scatto.
<< Mi dispiace di non averti salvata. >>
E sparò.
Il rumore rimbombò per tutto il bosco. Kate si piegò sulle ginocchia, sputando sangue. Sul suo stomaco c’era un’enorme macchia rossa, che sporcava la maglietta bianca. I suoi capelli biondi e luminosi si tinsero di grigio e lei cadde a terra. Chris si portò il dorso della mano verso il naso, cercando di non crollare. Il piccolo e fragile corpo di Kate scomparve nel nulla. Si era presentata a lui con le sembianze della bambina che era stata. Non aveva saputo proteggerla. Quello sarebbe stato per sempre il suo peggior rimpianto.
 
Stiles si alzò di scatto e corse alla ricerca di Scott. Non sapeva perché doveva cercare proprio lui, ma qualcosa dentro di sé ne era sicuro. All’improvviso, qualcuno lo sbatté contro un albero ed un paio di labbra morbide si posarono sulle sue. Sentì il respiro mancargli dai polmoni, la testa che si staccava magicamente dal collo. Il problema era che avrebbe dovuto sentire il profumo, quello di Lydia, che sapeva di fragola e caramelle. Si staccò da lei e la guardò negli occhi. Il colore delle sue iridi era troppo scuro, troppo nero, per essere reale. Se quella fosse stata la sua Lydia, qualcosa dentro di lui sarebbe scattato, probabilmente il cuore, con quello stesso movimento che fanno due ingranaggi perfettamente allineati che si incastrano.
<< Mi dispiace Lydia, ma questa non sei tu. >>
E la figura si allontanò da lui lasciandogli piano le mani, il viso triste, facendosi trasportare dal vento.
Riprese a correre, ignorando le grida nella sua testa. Corse veloce nel bosco, finché non gli fece male la milza. Si fermò nel bel mezzo della foresta, respirando a malapena. Alzò lo sguardo e vide Scott con le mani lungo i fianchi e gli occhi persi. Si diresse verso di lui, gli si parò davanti e lo scosse.
<< Scott! Scott! >> disse. << Qualunque cosa tu stia vedendo, a parte me s’intende, non è reale. Non è reale, okay? >>
Scott fece scivolare lo sguardo su di lui.
<< Stiles… >>
<< Sì amico, sono io! >>
<< Allison è morta. Non sono riuscito a fare niente per… per… >>
<< No Scott, Allison sta bene. >>
Scott scosse piano la testa.
<< Lei non c’è più. Mi ha lasciato di nuovo da solo. Non posso andare avanti ancora. >>
<< SCOTT! >> gridò la voce di Allison poco lontano. Scott si voltò e la vide. Aveva un taglio lungo la guancia, il fiatone, ma teneva ben stretto l’arco con una mano.
<< Allison? >>
<< Scott! Grazie al cielo, stai bene! >> esclamò, abbracciandolo. Scott le diede dei colpetti sulla schiena, assicurandosi che fosse vera.
Stiles sospirò per il sollievo.
<< Meno male, stavo già rivivendo la scena del Motel California. >> commentò. << Cos’hai visto? >>
<< Ho visto le stelle e ho sentito il grido di Lydia. >> rispose Allison, lasciando Scott. << Quando non ho sentito la voce di Scott, ho capito che non stavo morendo veramente. E poi la guancia mi bruciava. Era strano. >>
<< Bene. Dobbiamo solo sapere dove sono gli altri. >>
<< Io sono qui. >> disse una voce dietro di loro. Si voltarono e videro Derek, lo sguardo vacuo.
<< Ci sono anch’io. >> replicò Chris, raggiungendoli. Allison gli rivolse un sorriso radioso. Almeno lui era salvo.
<< Dove sono Lydia e Paige? >> chiese Stiles.
Un secondo dopo, uno strillo gli fece capire che Lydia era solo a pochi passi da loro. Si lanciò verso quel suono, correndo, cercando di non fare caso a quanto gli facesse male la milza o il fegato o le gambe. Sapeva solo che Lydia aveva bisogno di lui. I piedi erano in fiamme e stava calando la notte. Il cielo era d’un blu scuro e si sentivano già i versi dei gufi.
<< Lydia! >> chiamò, con il cuore che gli martellava nel petto. Se le fosse successo qualcosa…
<< Stiles, non… non ti avvicinare… >> disse lei, con un bastone fra le mani.
<< Ma cosa…? >>
<< So che sei il Nogitsune. A quanto pare non ti è bastato quel calcio nelle… >>
<< Lydia, non sono il Nogitsune! >> esclamò Stiles.
<< Bravo, è proprio quello che direbbe lui! >>
Stiles strinse i pugni, battendo i piedi per terra.
<< Lydia, sono io. L’incubo è finito. >>
<< Ma davvero? >> chiese, poi gli tirò il bastone sul braccio.
<< Ahia! Mai sei impazzita?! >>
Lydia prese un altro bastone da terra.
<< Non provare ad avvicinarti! >>
<< Lydia! >> urlò Allison, correndo verso di loro. << Lydia, è tutto a posto! >>
<< Non ci credo! Siete i fantasmi della mia coscienza! >> ribatté. Indicò prima l’uno e poi l’altra. << Tu perché non ti ho mai chiesto scusa per averti trattato così male e tu perché non sono riuscita a salvarti quella notte. >>
Lo sguardo di Allison si addolcì, ma era comunque molto preoccupata. Stiles sospirò. Quella specie di magia si stava servendo dei quattro elementi, come la terra ed il vento e stava anche mostrando loro le peggiori preoccupazioni, paure o desideri che avevano. Erano illusioni ottiche o sogni, visioni. Insomma, li stava colpendo tutti a livello psicologico.
<< Lydia, noi siamo reali. Cos’hai visto? >>
<< Il Nogitsune. Ho visto te vestito da Nogitsune. >> rispose con voce assente. Lasciò cadere il bastone per terra. << Stiles? >>
<< Sì. Sono io, Lydia. >>
Lydia gli corse incontro e lo abbracciò.
 
Derek continuò a guardarsi intorno, mentre Chris seguiva le tracce lasciate da Parrish la sera prima. Continuarono a camminare sino ad una roccia enorme accanto ad un albero. Chris aveva la pistola puntata e lo sguardo fermo, mentre Derek aveva gli artigli pronti per ferire. Si avvicinarono al masso senza far rumore. Chris vi arrivò per primo.
<< Derek, è qui. >> disse.
Derek corse verso di lui.
<< Sento il suo respiro. È vivo. >>
Chris si mise in ginocchio di fronte a Parrish. Aveva una ferita sulla fronte ed un’altra sulla spalla destra. Stava accasciato contro la pietra e non si muoveva. Dovevano portarlo subito via di lì e condurlo in ospedale.
<< Sbrigati, aiutami. >> disse Chris.
Derek lo prese in braccio e si avviarono verso la fine del bosco. Si sarebbero incontrati tutti al di fuori, nel caso fosse successo qualcosa. Non si sentiva nulla al di fuori dei soliti rumori della notte, come quelli degli animali o del fruscio delle foglie.
<< Cos’hai… Che cos’hai visto? >> chiese Derek.
Chris non rispose subito. Faceva troppo male ripensare a lei.
<< Ho visto Kate da bambina. >> rispose secco, senza far trasparire alcuna emozione. Derek abbassò lo sguardo. << E tu? >>
<< La mia casa che andava in fiamme. L’incendio. >>
<< Ci sentiamo tutti in colpa per non essere riusciti a salvare qualcuno, vero? >> chiese Chris, amaro.
Derek annuì.
<< Credo di sì. >>
Arrivarono presto al limitare del bosco. Derek poggiò Parrish nella jeep di Stiles, mentre Chris si metteva al volante. Non avrebbe mai lasciato sua figlia da sola, ma sapeva che poteva fidarsi di Scott.
<< Tu non vieni con me? >> chiese.
<< No. Devo cercare Paige. >>
 
Paige arrancò verso il masso e lasciò che la schiena vi scivolasse contro. Le faceva male il braccio e le pizzicavano gli occhi. Aveva appena visto Peter che la minacciava di nuovo, come aveva fatto quando l’aveva rinchiusa ed aveva lottato contro di lui sino a farlo sparire. E con lui era scomparsa anche la paura. Prese un bel respiro.
<< Paige, stai bene? >> chiese la voce di Derek, mentre la raggiungeva.
<< Credo di sì. >> rispose. << Dove sono gli altri? Sono vivi? >>
Non Stanno bene?, ma Sono vivi? Derek annuì. Paige si rilassò.
<< Meno male. >>
<< Andiamo via, d’accordo? >>
<< Mi sembra che siate un po’ di fretta. >> disse qualcuno alle spalle di Derek.
I due si girarono di scatto e videro un uomo avvolto in un mantello blu con un cappuccio che gli copriva il viso, abbastanza alto e con la barba (l’unico dettaglio visibile del viso). Il cappuccio era a punta e Derek capì subito chi era.
<< Sei il Mago? >> chiese, mettendo un braccio davanti a Paige come per separarla da lui. La ragazza, dietro di lui, si alzò lentamente.
<< Sì, sono io. In carne ed ossa. >> disse. Aveva una voce profonda e pronunciava ogni parola in tono solenne.
<< Che cosa vuoi da noi? >>
<< Niente, signor Hale. Io sono solamente al servizio di un galantuomo che mi fatto una promessa. >> rispose, facendo roteare la mano destra. Forse stava per pronunciare un incantesimo.
<< Chi è? >>
<< Non posso rivelare il suo nome. >>
<< Sarà Peter. È sempre colpa di Peter. >> disse Paige.
<< No, non è lui il lupo che state cercando. >>
Si sentì un ringhio feroce ed un attimo dopo, Scott si stava fiondando sul mago con i denti affilati. Il mago lo fece sbalzare attraverso l’aria verso Derek, lo prese in pieno e capitolarono dall’altra parte del luogo. Allison fece vibrare una delle sue frecce, ma il mago la deviò. Lydia e Stiles cercarono di fuggire passando inosservati dietro gli alberi, ma il mago fece alzare la terra, che li fece saltare in aria.
<< Di chi sta parlando, allora? Chi ci vuole morti? >>
<< Io sono solo un vile mercenario, signorina Cotton. >> rispose l’uomo, avanzando verso di lei. Sembrava che avesse i piedi scalzi. << Uso solo trucchi di prestigio, illusioni ottiche e qualche volta il poteri dei quattro elementi. Faccio anche uso di sogni e di psicologia inversa. Sono solo un illusionista, in fondo. E poi, raramente, riporto in vita le persone a noi care che non ci sono più. >> spiegò. Allison lo fissò. Allora era grazie a lui se adesso lei respirava ancora. << I miei sono trucchetti di magia che si possono imparare sui manuali. Sono nato con una certa predisposizione, ma so usare molto poco i miei poteri. Sono troppo pochi o troppo poco intensi per poterli controllare. Così, occasionalmente, mi metto all’umile servizio dei bisognosi. La signorina Argent aveva bisogno di me e così il mio padrone, chiamiamolo in questo modo. Non si preoccupi signorina Cotton, non abbiamo più bisogno dei suoi servigi. A quanto pare è meglio uccidervi in questo modo, che cercare di colpirvi nel profondo usando le sue conoscenze sugli esseri sovrannaturali. >>
Erano tutti basiti. Insomma, avevano creduto che quel mago li volesse tutti morti per qualche ragione sensata ed ora venivano a sapere che era solo un mercenario al servizio di qualcuno e non era neanche un vero mago! Assurdo.
<< E cosa ti dà questo lupo? >> chiese Paige.
<< Mi darà una pietra per avere il pieno controllo dei miei poteri. >>
<< Non credi che ti stia ingannando? >>
<< No, perché se lo facesse, lo ucciderei all’istante. >>
La freccia d’argento di Allison lo colpì in pieno viso, prendendogli la guancia. Il mago fece scaturire delle fiamme dalle sue dita e si voltò verso di lei. Allison era terrorizzata, ma non lo fece trapelare. Scott si gettò contro il mago seguito a ruota da Derek. Paige voltò i suoi occhi in un grigio metallo, ma non ci fu bisogno di attaccare: il mago era già sparito in una nuvola di fumo.
 
***
 
<< Forse eravamo in troppi. >> suggerì Allison.
<< Secondo me l’ha solo richiamato all’ordine. >> disse Scott.
<< Sì, insomma, un mago del genere che non ci uccide per paura. Impossibile. >> replicò Stiles.
<< Io dico solo che magari questo tizio vuole per noi una morte lenta e dolorosa. >> fece Lydia, accavallando le gambe. Stiles aveva fissato quel movimento un po’ troppo a lungo, ma a lei non dispiacque. << Magari è qualcuno che ci odia e quindi vuole distruggerci da dentro, in qualche modo. >>
<> chiese Scott.
Ma prima che Lydia potesse rispondere, Melissa disse loro che potevano entrare nella stanza di Parrish. Entrarono solo Lydia, Stiles, Scott ed Allison, attorniando il letto. Jordan aveva il viso pallido ed una fasciatura alla testa, un’altra alla spalla. Aprì piano gli occhi, deglutendo a fatica. La sua mano si mosse leggermente e Lydia gliela strinse, sorridendogli. Stiles sospirò.
<< So chi mi ha colpito. È un uomo. Un lupo. Lui… credo sia cieco. >> mormorò.
Stiles chiuse gli occhi, mentre Scott guardava da un’altra parte. Magnifico.
<< Indovinate chi ci vuole morti? Di nuovo. >> disse Lydia.
Scott rispose con cuore pesante.
<< Deucalion. >> 









Angolo autrice:
So di essere in lieve ritardo, ma ho avuto da fare xD
Comunque, che ne pensate della svolta? In un solo capitolo si sono rivelati ben due nuovi cattivi! Okay, il Mago può sembrare un tizio idiota che viene dal 1800, parla strano e fa ridere, ma non sottovalutatelo. Magari dopo tutti questi capitoli avevate pensate all'ultimo scontro finale con il Mago, ma non c'è stato perché lui ha solamente mostrato le sue capacità (una piccola parte, a dire il vero). E poi Deucalion... ci mancava solo lui in effetti xD Ve lo aspettavate?
E poi l'inizio è stato molto fluff, con baci ed abbracci di tutte le coppie :3 
Non mi dilungo troppo, dico solo che come previsto il prossimo sarà l'ultimo capitolo. Lo so, è triste anche per me, ma è così ç_ç
Grazie a tutti quelli che recensiscono o preferiscono/seguono/ricordano la storia, ai lettori silenziosi! Ditemi cosa ne pensate e se leggereste un eventuale sequel!
Ciao :)
Erule 
 

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 - Lungs ***


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Capitolo 12
Lungs
 
Scott sfiorò la mano di Allison con l’intenzione di stringerla, ma lei l’allontanò piano. Lui rimase in silenzio, le mani in tasca e lo sguardo rivolto verso quegli alberi dalle foglie gialle che ormai conosceva a memoria. Era andato in quel cimitero più volte in quell’ultimo anno che in tutta la sua vita. Allison, alla sua destra, fece un sospiro pesante, segno che si sentiva frustrata. L’abito nero finiva con un pizzo che le sfiorava le cosce e poi indossava dei sandali bassi. La sua treccia era laterale e scomposta ed aveva gli occhi rossi per il troppo pianto. Quella mattina, al telefono, Scott aveva capito che aveva pianto tutta la notte. Gli aveva risposto a scatti o con poche sillabe, quindi era palese che stesse ancora uno schifo per via di Kate.
Allison si fermò e Scott e fece lo stesso, voltandosi per guardarla. Aveva le guance rosse per il freddo e l’arco stretto nella mano destra.
<< Sono dovuta venire di nuovo al suo funerale, Scott. Io non capisco… abbiamo solo diciassette anni! Come possiamo affrontare tutto questo? Ho dovuto portarmi arco e frecce per potermi difendere da un eventuale attacco a sorpresa di Peter o di quel mago o di Deucalion! >> sbottò, le labbra gonfie che sembravano uscire fuori dal viso come un dipinto. << Tutto questo è troppo, per noi. Io non ce la faccio più. Ho bisogno di normalità. >>
Scott le accarezzò le braccia.
<< Allison, ce la faremo anche stavolta. Adesso siamo insieme. Possiamo affrontare tutto. >>
Allison deglutì.
<< Ho appena ucciso mia zia, Scott. >> replicò, con voce roca e fredda. << Non riesco più a riconoscermi allo specchio. Io volevo bene a Kate. >>
<< Non è colpa tua, Allison. >> ripeté Scott. Allison guardò da un’altra parte, quasi stufa. Non voleva ascoltare di nuovo quella pantomima. Lei aveva scoccato quella freccia, lei aveva ucciso Kate, lei aveva deciso che l’avrebbe fatto. L’avrebbe fatto e basta, non era stata indecisa come suo padre. Sarebbe stata l’unica cosa da fare per sbarazzarsi di lei. Ormai aveva capito che Kate non sarebbe più tornata ad essere la zia che era stata una volta: simpatica, frizzante, allegra. Aveva dovuto fermarla. Ed ora il senso di colpa minacciava di ingogliarla viva. << Ehi, guardami. Tu non sei diversa dalla ragazza che ho conosciuto allora, non sei diversa da quella certa Allison Argent che è morta per salvare i suoi amici. Tu l’hai fatto, perché non potevi tirarti indietro. Anche tuo padre l’amava, ma se fosse stato necessario, l’avrebbe fatto. Ti ricordi cosa ti disse? Non sei costretta a farlo. Posso farlo io. Dimmi che te lo ricordi, perché so che è così. >>
Allison annuì, avvertendo un nodo in gola che non la faceva respirare.
<< Sì, ha detto così. >> rispose, con un sorriso dolce ad incresparle le labbra.
<< Esatto. Quindi adesso smettila di massacrarti. >>
Allison espirò, poggiando la sua testa contro la spalla di Scott.
<< Grazie. >>
 
Malia guardò di nuovo la foto, poi la rimise nel cassetto della scrivania. Non aveva parlato con nessuno di quel pacco postale che le era arrivato proprio quella mattina, la mattina del funerale. Non sapeva di chi fidarsi o con chi si sarebbe sentita a proprio agio nel parlarne. In realtà, una persona c’era. Il problema era che non se la sentiva. Insomma, non voleva dare fastidio a nessuno, né essere un peso. Quando era un coyote, se la cavava sempre da sola. Era abituata. Allora perché adesso non riusciva più a fare a meno di parlare, di raccontare a qualcuno chi era e cosa voleva, di passeggiare per strada ed arrivare sino a casa di Stiles solo per controllare che stesse bene?
Scosse la testa, poi si diresse nel salone del loft. Dato che lei e Derek erano praticamente cugini, aveva accettato di vivere da lui per un po’. Sarebbe potuta tornare a casa del suo padre adottivo, ma ora che sapeva l’identità del suo vero padre, non le andava molto. Era stato come immergere la testa nell’acqua, essere spinta sempre più giù, finché i polmoni non smettono di pompare aria e tu perdi conoscenza. La verità le era esplosa in faccia come una bolla di sapone e l’aveva sommersa. Peter? E sua madre aveva veramente avuto il coraggio di stare con lui? Le veniva da vomitare al solo pensiero. Meno male che in quel momento non c’erano Derek e Paige o avrebbe rimesso di fronte al pubblico. Quei due ormai sembravano una coppia consolidata da anni, come se nemmeno il fuoco potesse scalfirli. Lui dormiva da lei quasi tutte le notti e per la maggior parte della giornata se ne stavano fuori, così che lei potesse avere il suo spazio. Anche se, ormai, non riusciva più a stare da sola a lungo.
Suonarono alla porta con insistenza. Chi poteva essere a quell’ora? Erano quasi le otto di sera. Si sistemò il cappello di lana, poi si avviò verso la porta.
<< Ehi. >>
Malia spalancò la bocca, mentre il suo cuore cominciava a correre in circolo nel petto.
<< Stiles? Cosa ci fai tu qui? >>
 
Lydia stava con la schiena rivolta verso l’armadio che stava nella stanza. Era andata a prendere Jordan per riportarlo a casa, mentre Scott stava fuori dalla porta. Jordan le aveva chiesto un momento per parlarle e lei aveva acconsentito. Con tutto quello che era successo così in fretta in quel lasso di tempo, non erano ancora riusciti a chiarire la loro situazione. Stiles era andato da Malia con la sua benedizione, anche se era comunque un po’ gelosa. Il loro era rimasto un rapporto speciale, avevano condiviso tante cose... Si chiedeva se fosse legittimo provare quello o se invece avrebbe dovuto farne a meno e lasciare a Malia una piccola parte di Stiles. Forse avrebbe potuto condividerlo ogni tanto, solo perché erano tutti amici.
Jordan aveva finito di cambiarsi e le fece un fischio per avvertirla. Lydia si voltò ed alzò gli angoli della bocca in un sorriso. Era un po’ tesa, ma in fondo era stata lei a dare il via alla cosa, quindi non aveva il diritto di lamentarsi.
<< Allora? Cosa volevi dirmi? >>
Jordan prese un bel respiro. Aveva la spalla sinistra fasciata, alcuni punti di sutura sulla fronte e sulla guancia sinistra, ma per il resto bene. Le fenici guarivano lentamente, a meno che non si trasformassero in cenere. In quel caso, tutte le ferite sparivano.
<< Mi dispiace. Credo di aver insistito troppo con te, Lydia. Non sarei dovuto venire a casa tua e… >>
<< Ehi, è tutto okay… >> disse Lydia, facendo un passo verso di lui.
<< No, non lo è. >> la interruppe. Lydia indietreggiò. << Non è così, perché io provo ancora qualcosa per te. Non sono sicuro che sia amore, forse è solo che mi piaci e mi piaci talmente tanto che penso che lo sia. So che abbiamo qualcosa come dieci anni di differenza e che io non c’entro niente con te, non è mai stato così e forse non lo sarà mai, ma… vorrei solo che tu mi dicessi che stiamo bene, che stiamo a posto così. >>
Forse la verità era che loro erano due mondi troppo diversi, che non si sarebbero mai incontrati. Oh, sapeva che questa è una frase abbastanza stupida da dire, perché gli opposti si attraggono, ma magari bisogno solo leggere la frase in chiave diversa. Gli opposti si attraggono, sì, ma poi non si incontrano. E se lo fanno, cozzano soltanto. Erano stati soli entrambi e si erano incontrati, ma adesso non lo erano più. Lei aveva Stiles ed anche Allison e lui aveva ancora Isaac.
E allora lei gli sorrise, i capelli che le sfioravano il viso e le mani congiunte come in preghiera.
<< Siamo a posto così. >>
 
Paige si buttò sul divano, stanca morta. Si sdraiò, scrocchiando le nocche e si sgranchì la schiena. Quella seduta d’allenamento era stata davvero ardua da superare. Adesso ci voleva una pausa. Derek le aveva insegnato ad usare il Trischele ed un mantra per concentrarsi, così che non dovesse trasformarsi e nemmeno perdere il controllo. Lo guardò levarsi la maglia e mostrare il tatuaggio che aveva sulla schiena: rappresentava il Trischele. Non l’aveva mai visto, anche se lui gliene aveva parlato e adesso sembrava la cosa più bella del mondo. Non tanto per il tatuaggio in sé, che non era neanche tanto nei suoi gusti, ma per la semplicità che lui usava nel compiere piccoli gesti di tutti i giorni davanti a lei. Cucinava, si allenava nel bel mezzo del soggiorno o prendeva qualche libro strano sui lupi e si metteva a leggerlo. Lei si sedeva sul divano e lo fissava, nascondendosi dietro a qualche compito di scuola da correggere, ma lui la beccava sempre.
Derek si voltò e le sorrise, alzando un sopracciglio.
<< Mi stai fissando. Di nuovo. >>
<< Non è vero. >>
<< Lo fai di continuo. >>
<< Sei il mio ragazzo, ho il diritto di farlo. Sarebbe strano se non lo facessi. >>
<< Ma tu sei strana. >> rispose Derek, andando a sedersi accanto a lei.
<< Grazie tante. >> replicò Paige incrociando le braccia, fingendosi offesa. Derek rise. Il suo viso s’illuminava come un fuoco d’artificio nella notte, quando lo faceva. Paige lo fissò senza volerlo. << Sei bellissimo, Derek. Non posso credere che nessuno te l’abbia mai detto. >>
Derek si sentì quasi arrossire. L’attirò a sé e le posò un bacio fra i capelli.
<< Se dovessi mai farti un complimento, ti direi che sei una persona da amare, Paige. >> replicò. Paige guardò il suo profilo, curiosa. << Ed io ti amo. >>
 
<< Cos’è quella? >> chiese Stiles, mentre Malia si rigirava la foto tra le mani.
Le aveva chiesto più volte se stava bene, dicendo più volte che gli dispiaceva di non averle raccontato nulla di Peter, scusandosi, quasi mettendosi in ginocchio, facendo scoppiare lei a ridere. Malia l’aveva perdonato già da tempo, in realtà. Aveva perdonato tutti loro. Certo, all’inizio si era sentita un po’ tradita, ma poi Scott le aveva spiegato che l’avevano fatto per il suo bene.
<< Questa è la foto che mi è stata recapitata stamattina. >> rispose, porgendogliela. << Credo che il mittente sia Peter. Forse l’ha fatto per farmi capire che mi vuole bene, ma che è l’ultimo favore che mi fa. >>
Stiles la prese in mano, lanciando un’ultima occhiata a Malia. Poi la guardò bene. C’erano un uomo che somigliava moltissimo a Peter da giovane ed una donna dai capelli d’un biondo miele e gli occhi dolci di Malia. Sembrava molto vecchia, dato che era ingiallita e sgualcita. Probabilmente di addirittura vent’anni prima. Ma quanti anni aveva Peter?!
<< Malia, ma lei è tua madre? >> chiese, alzando lo sguardo.
Malia alzò le spalle, deglutendo piano.
<< Leggi dietro. >>
Stiles voltò la foto e lesse: I lupi del Deserto. Peter smettila di dire che non è un bel nome per una band. Un giorno ti mancherò. Cecily xx. Stiles alzò di nuovo lo sguardo su Malia, osservandola bene. Aveva gli occhi lucidi, ma lo sguardo era determinato.
<< Vuoi cercarla, non è vero? >>
<< Kira verrà con me. >>
<< Sai a cosa stai andando incontro? >>
Malia sorrise.
<< Sì, ma è bello che ti preoccupi ancora per me. >> rispose.
 
Scott acuì l’udito. Sentiva il rumore amplificato e minacciava di spaccargli i timpani. Lydia e Parrish uscirono dalla stanza, ma lui aveva già capito che non sarebbero scappati. Loro lo guardarono confusi, notando gli artigli.
<< Scott, cosa sta succedendo? >> chiese Jordan.
<< Stanno arrivando. >> rispose Lydia. << Dobbiamo andarcene? >>
<< Chi? >>
<< Non abbiamo tempo. Sono già qui. >> disse Scott.
<< Volete dirmi di chi state parlando? >> chiese Jordan, spazientito.
<< I Berserker. >> rispose Scott, puntando lo sguardo verso la porta dell’ospedale. << Sono qui. >>    
La porta di fronte esplose. Un paio di Berserker si riversarono dentro, imponenti e minacciosi. Scott ringhiò. Lydia spinse Jordan di nuovo nella stanza, chiudendola a chiave. Poi prese in mano il cellulare. Cercò subito il numero di Stiles fra i preferiti, ma il pavimento tremò ed il telefono le scivolò dalle mani. Imprecò.
<< Lydia, ce la faremo. >> disse Jordan, sfilando la pistola dalla borsa che aveva con sé.
<< No, Scott non può affrontare due Berserker da solo. Morirà. Dobbiamo chiamare aiuto. >>
Un grido femminile le fece gelare il sangue nelle vene. Era Melissa. Non era sicura che avesse gridato per via di Scott o per se stessa, perché era troppo spaventata per rendersene conto. Le montò il panico nello stomaco come la panna che si usa per farcire le torte. Si slanciò verso il letto e cercò a tentoni il telefono.
E la porta saltò. Jordan cominciò subito a sparare.
<< Lydia, apri la finestra! >>
<< Non posso saltare giù! >> replicò Lydia, cercando ancora il telefono.
<< Non hai altre opzioni! >>
<< Sì, invece. >>
Trovato! Prese il cellulare e chiamò Stiles. Il telefono cominciò a squillare, mentre Jordan veniva sbattuto contro il muro. Lydia strillò. Scott saltò fuori dal nulla e prese il Berserker per le spalle, ruggendo. Lydia si scontrò contro il letto, finendoci sopra e gambe all’aria.
<< Lydia? >> chiese Stiles, dall’altro capo della linea.
<< Stiles, chiama Derek! O vieni subito qui, ma fa’ qualcosa! >>
<< Lydia, che succede? >>
Scott le finì quasi addosso, compiendo una tripla capriola per aria. Ai tempi anche lei lo faceva, quando faceva ginnastica dopo la scuola. Il Berserker provò a colpirla, ma lei sgusciò via, lasciando cadere il telefono da qualche parte nella stanza. Corse per il corridoio, avvertendo tutto il mondo rallentare e le urla dei pazienti nelle orecchie. Aprì la porta con violenza e si scaraventò fuori, fermandosi. Non poteva lasciare i suoi amici a morire, ma non sapeva nemmeno cosa fare. Si guardò intorno e trovò una mazza di metallo da poter usare. La prese, poi tornò dentro e si lanciò contro l’altro Berserker che le stava venendo addosso. Gli tirò un colpo, poi un altro, poi un altro ancora, ma era inutile: non gli faceva nemmeno un graffio. Allora quello la prese per un polso, le impose di lasciare la mazza ed in seguito la spedì contro la fine del corridoio. Le facevano male le costole ed anche la schiena, non dimenticandoci dei polmoni, che sembravano essere stati sbattuti in una centrifuga. Buttò fuori l’aria, mentre quel mostro avanzava di nuovo verso di lei. Ma i rinforzi? Che sfiga, succede solo nei film. Cercò di rialzarsi, ma non aveva più forze e le doleva dappertutto. Se non altro, lei ci aveva provato. Sarebbe morta con la consapevolezza che Stiles l’amava.
E poi, tutto si fermò. Si fermò come quando metti pausa mentre stai guardando un film o come quando vuoi scattare una fotografia. Si mise a sedere e guardò di fronte a sé. Il Berserker stava guardando qualcosa di fronte a sé e quindi qualcosa dietro di lei. Si voltò di scatto e vide Allison con una granata in mano e l’arco nell’altra. Fece saltare la bomba nella mano come se fosse stata una pallina.
<< Fate evacuare il piano. Subito! >> ordinò ad un paio di infermieri. << Adesso ci divertiamo. >>
Fece volare la granata in aria e mentre quella affrontava la forza di gravità, lei lanciava una freccia dalla punta d’argento verso il bestione. Colpì in pieno un punto non coperto dalle ossa e lo fece grugnire. Quello si preparò alla carica.
<< Sono tutti abbastanza lontani! >>
<< Lydia, corri! >>
Lydia non se lo fece ripetere due volte. Si alzò dolorante e si spostò prima che il Berserker potesse colpirla. Allison si spostò indietro di due passi, poi lanciò la bomba. Lydia si coprì le orecchie con le mani. Le ossa saltarono in aria. Sentì solo quel rumore strano dopo un’esplosione, quella specie di sibilo acuto che sembra non finire mai.
<< Allison! >>
<< Sono qui, Lydia. Sono qui. >> rispose, togliendole le mani dalle orecchie.
<< Ti ha chiamata Stiles? >>
<< Stiles? No. Sentivo che c’era qualcosa che non andava. Sono venuta per Scott. >>
<< LYDIA! >> urlò Jordan, uscendo tutto trafelato dalla stanza. << Non sono riuscito a fare nulla… >>
Allison s’irrigidì.
<< Cosa stai dicendo? >>
<< Scott. Lui è… >>
Allison non gli lasciò terminare la frase. Corse per il corridoio, entrò nella stanza e si affacciò alla finestra. Fuori c’erano il Berserker con Scott tenuto stretto per il collo, la faccia viola ed i piedi lontani da terra. Ma lei aveva finito le bombe a mano! Ringhiò, poi scavalcò e si ritrovò fuori. Preparò un’altra freccia, ma sapeva che non sarebbe bastata. Avvertì il sibilo familiare, ma lo colpì sull’osso. No, no, no! Scott stava per morire! Prese un’altra freccia… e lo mancò. Era troppo preoccupata! Non ce l’avrebbe fatta. Le rimbombarono in testa le parole di sua madre.
Allison, respira.
Incoccò la freccia…
Allison, respira!
…e lo colpì in pieno.
Il Berserker lasciò Scott in malo modo. Ruggì e si voltò verso di lei. Allungò la mano per prendere un’altra freccia, ma non ne trovò. Oh, no. Aveva perso. Non poteva più fare niente. Si voltò e ne vide alcune per terra. Non avrebbe fatto in tempo a prenderle.
Fu allora che lo sentì. Era il ruggito di un animale diverso da un lupo. Non era un coyote. Era una volpe. Quelli che le sembrarono Paige e Derek si slanciarono contro il Berserker, attaccandolo. Lei recuperò le frecce e le incoccò. Un secondo dopo, suo padre stava chiamando il suo nome.
<< ALLISON! Usa questa! Derek, Paige, andate via! >>
Allison prese la bomba, mentre Paige attaccava e Derek portava via Scott. Tolse la sicura e lanciò. Le ossa scoppiarono di fronte a lei. Si coprì le orecchie per il rumore. E d’un tratto, era tutto finito.
 
<< Lei sta bene? >> chiese Stiles, correndo verso di loro. Lydia si alzò dalla panca e si sforzò di sorridergli. << Grazie al cielo, stai bene! >> esclamò, per poi stringerla forte.
Lydia ricambiò la stretta, ma Stiles la stava soffocando. Nel frattempo, Melissa stava medicando alcuni pazienti rimasti feriti. Derek stava in piedi a braccia incrociate ad ascoltare il racconto di Allison e Scott, con Paige al suo fianco.
<< Credo che li abbia mandati Peter. >> disse Allison. << Kate è morta e loro erano al suo servizio. >>
<< No, Peter non lo farebbe mai. Preferisce uccidere con i suoi artigli. >> ribatté Derek.
<< Sarà stato Deucalion. Ci vuole tutti morti e soprattutto vuole morto Scott. Il Mago avrebbe fatto tutto da solo. >> commentò Paige.
<< Probabile. Spero solo che non si riuniscano insieme. >> disse Scott. << O sarebbe davvero un bel guaio. >>
 
***
 
Allison prese la mano di Scott, respirando piano.
<< Sei sicura di volerlo fare? >>
Allison annuì.
<< Sì. >>
<< D’accordo. >>
Scott imbucò la lettera, il cuore pesante nel petto. Allison aveva appena fatto domanda per un’università abbastanza lontana da lì. Erano abbastanza in anticipo, ma l’università francese accettava già le domande, quindi Allison aveva preferito portarsi avanti. Lydia stava ancora studiando, mentre Stiles sbuffava continuamente. Malia e Kira erano partite per il Messico, mentre Parrish si era diretto verso la Francia, da Isaac. Derek e Paige vivevano al loft insieme e sembravano la coppia più felice del mondo. Era da un po’ di tempo che né Peter, né il Mago, né Deucalion si facevano vivi, così avevano deciso di imbucare quella lettera. Scott non ne era molto contento, perché lui forse avrebbe fatto domanda all’università di Beacon Hills dove avrebbe lavorato Paige e non gli andava di non vedere più Allison. Stare senza di lei per due interi mesi, infiniti, in cui aveva pianto finché i polmoni non gli erano esplosi, era stato abbastanza.
<< Grazie. >> disse Allison, per poi baciarlo. Scott le rivolse un sorriso.
<< Prego. >>
Poi s’incamminarono verso casa, il braccio di Scott stretto attorno alle spalle di Allison, che non sembrava volerla lasciare per nessuna ragione al mondo. 








Angolo autrice: 
*sniff sniff* Ciao a tutti! :) 
Ebbene sì, è finita. Wow. Questa è stata la mia prima long su EFP ed è appena finita. Non ci posso credere. Mi mancherà davvero moltissimo. fra l'altro è una storia a cui tengo molto, quindi essere arrivata alla fine è davvero un bel traguardo. E già che ci sono, ringrazio anche tutte le fantastiche persone che l'hanno recensita dall'inizio alla fine, quelli che l'hanno inserita fra le seguite/preferite/ricordate e ringrazio anche i lettori silenziosi. Grazie davvero! Sono contenta che la storia vi sia piaciuta e grazie per tutte le belle parole che avete speso per commentarla!
Commento: non saprei esattamente che dire. La scena iniziale fra Paige e Derek è molto bella, così come quella fra Jordan e Lydia. Entrambe molto romantiche, è vero, ma anche estremamente vere secondo quello che provano entrambe le coppie. I cattivi sono in agguato e sono molti, quindi preparatevi... perché nel SEQUEL ne vedrete delle belle! Ve ne avevo già parlato, quindi non credo sarete molto stupiti xD, ma sto progettando di scriverlo. Non so quando lo pubblicherò e nemmeno come si chiamerà (credo Anchor 2, comunque scriverò che è il seguito), ma ho lasicato il finale aperto proprio per quello. Per il momento la storia finisce qui, comunque. Quindi se volete recensirla fatelo adesso o mai più :D. Si dice quello che succederà ad ogni personaggio, quindi credo che non manchi nulla. 
Se vi è piaciuta "Anchor", andate a leggere anche Il Mondo Attraversabile: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2750536&i=1  Un saluto a tutti! 
Alla prossima :)
Erule

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