Diciassette anni

di Arianna18
(/viewuser.php?uid=732725)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


24 agosto 1943
Londra

Oggi compio diciassette anni, e sembra che il tempo si sia fermato. La guerra invece avanza: ieri una bomba è arrivata qui facendo saltare in aria la casa di Josh e quella della signora Thompson. Mia mamma è spaventata, lei non vuole darlo a vedere, ma io l'ho capito. Da quando mio padre è partito rimane tutto il giorno seduta davanti alla finestra ad ascoltare la radio in attesa di notizie. 
L'esplosione di ieri ha aumentato il suo livello di preoccupazione e la vista delle case crollate è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. 
Quindi, oggi compio diciassette anni e sto per trasferirmi lontano da Londra, solo. 
Non voglio lasciare mia madre e la mia casa, non voglio vivere nella campagna in una famiglia di sconosciuti. Non riuscirò ad avere notizie, non saprò se mio padre sarà tornato. Io non voglio partire. Posso cavarmela qui come ho sempre fatto e invece sono costretto ad andarmene. "È solo per la tua sicurezza" aveva detto mia madre "solo finché questi bombardamenti non cesseranno, te lo prometto", ma in cuor mio sapevo che non avrebbero smesso presto. 
La mia valigia è già sul letto, tra poco è ora, parto con l'ultimo treno. Non so nulla a parte il nome della famiglia che si prenderà cura di me, nemmeno la destinazione. Non so quanto lungo sarà il viaggio né so chi viaggerà con me. Ammetto di aver paura, questa decisione presa così all'improvviso  e soprattutto senza un termine mi destabilizza. 
In questi momenti sento la mancanza di mio padre, lui non mi avrebbe fatto andare via.
Ma devo pensare a mia madre, siamo rimasti io e lei e, se andare in campagna può servire a tranquillizzarla, andrò in campagna.
Sono quasi le 6.00 p.m. È meglio portare all'ingresso il mio bagaglio. Di sicuro ci saranno nuovi aggiornamenti. 

 


Buona sera a tutti! Oggi sono andata a Torino e in un parco ho trovato l'ispirazione per questa storia . È la prima volta che tento di scrivere una cosa simile quindi non so come verrà. 
Spero che leggiate in molti e che mi facciate sapere, se avete consigli saranno ben accetti!!
Recensitee :)
- Nina
 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


25 agosto 1943
Residenza Fisher

Sono arrivato ieri sera nella villa dei Fisher, è un posto immenso, ma è completamente vuoto: fin ora non ho visto nessun altro a parte il maggiordomo e la signorina Jones, la domestica. Sono stati molto gentili con me, ma credevo di incontrare i padroni di casa.
Questa villa è così strana, è troppo silenziosa. Passando per i corridoi non ho potuto fare a meno di notare il giardino, fuori: è vuoto e strano almeno quanto l’interno. Inoltre non capisco come ci possa essere così tanto silenzio e così poche persone in un posto così immenso.
La signorina Jones mi ha mostrato la mia stanza e le varie parti della casa, mi ha detto di chiamarla se avessi avuto bisogno di qualsiasi cosa. E’ una brava donna, mi a dato subito quest’impressione, ma la sua presenza mi ha fatto ricordare mia madre: ero via da casa mia da nemmeno ventiquattro ore e già sentivo la sua mancanza.
Questa notte è stata davvero lunga, non riuscivo a prendere sonno e mi sono messo a pensare a quanto tempo sarebbe trascorso prima che i bombardamenti a Londra finissero. Mi sono chiesto più volte se avessi mai più rivisto i miei genitori, ora questa prospettiva mi sembra così irreale.

•••

1 settembre 1943
Residenza Fisher

E’ passata una settimana e ancora non ho visto nessun’altro in questa casa, comincio a sospettare che non ci sia realmente qualcuno a parte me il maggiordomo e la domestica eppure, due notti fa sono stato svegliato da un rumore improvviso, come un tonfo al piano di sotto. Non gli ho dato peso finché il mattino seguente chiedendo spiegazioni a Miss Jones mi ha risposto che non aveva sentito nulla e sbrigativamente mi ha consigliato di non farci caso.
Non sono il tipo da credere ai fantasmi, ma questo posto è davvero angosciante e… vuoto. A Londra non mi sarei mai fissato su una cosa simile, ma qui, l’idea di quei rumori mi fa impazzire. Sono sicuro di aver sentito qualcosa cadere l’altra sera e voglio sapere cosa o chi l’ha fatto cadere. Magari potrebbe essere la mia occasione di incontrare qualcuno dei Fisher, magari sono stati loro (in realtà non so quanti siano in famiglia) a fare rumore.
E’ tutto così strano e insolito e anche un minimo rumore mi fa sobbalzare e sospettare di qualsiasi cosa, l’aria qui è sinistra e, inoltre, ogni volta che passo davanti a una finestra vedo quel giardino, sempre più esteso: comincio a credere che aumenti di dimensione ogni volta che volgo il mio sguardo all’esterno della casa. Ovviamente nemmeno in giardino c’è qualcuno, solamente qualche statua e delle panche in pietra. In effetti, rispetto all’interno della casa, quel posto è fatiscente, quasi tutto diroccato forse la colpa è del bosco confinante che ormai sembra che si stia espandendo sempre più verso la villa.
Ho intenzione di andarci domani, nel giardino intendo, voglio approfittare delle belle giornate visto che presto il tempo diventerà sempre più brutto e le mie giornate sempre più noiose. In questo posto sembra che non ci sia davvero nulla d’interessante da fare, mi annoierò durante questa permanenza, ne sono sicuro.


Buon pomeriggio!! Comincio a lasciare indizi in questa nuova storia. Spero che apprezziate la forma del diario e che comunque vi piaccia.
Recensite :)
- Nina

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


13 settembre 1943
Giardino di Villa Fisher

Comincio ad abituarmi alla vita qui, credevo che sarebbe dovuto trascorrere più tempo, ma la verità è che comincio ad adattarmi. Non ho ancora visto i Fisher, ma non importa, la presenza di miss Jones mi basta: è una donna davvero gentile, penso che non farò fatica ad affezionarmi a lei.
Trascorro molto tempo in giardino, è il posto che mi fa sentire meno solo in tutta la casa, forse le statue mi tengono compagnia; a volte, mentre sono sovrappensiero, mi pare di scorgere figure e sagome che si nascondono tra i cespugli, ma subito mi devo ricredere. In effetti la solitudine comincia a giocarmi qualche brutto scherzo.
Mi piace stare all’aria aperta, ma quel posto mi suscita, talvolta, sensazioni strane, sgradevoli: non riesco, per esempio, ad avvicinarmi al confine col bosco. Lì il paesaggio cambia, il muro di sassi e calce che una volta separava la casa da ciò che c’è fuori è quasi completamente distrutto, rimangono solamente poche pietre e il sentiero di ciottoli diventa sempre più rado man mano che esce dai confini per poi sparire completamente nel buio.
Il fatto di non riuscire a vedete oltre il muro di sassi mi provoca un senso di insicurezza; anche l’odore dell’aria cambia.
La notte continuo a sentire rumori, ma a questo punto credo sia solo la mia mente che ormai si è fatta un’idea distorta della realtà. Ho deciso di non prestare attenzione a ciò che sento, ma sta volta definitivamente.

•••

28 settembre 1943

Camera mia

I rumori hanno continuato per tutta la notte, il che è strano dato che non era mai successo! Inoltre, il comportamento di miss Jones mi ha preoccupato: l’altro ieri ero, come ogni giorno, in giardino, ma questa volta avevo deciso di iniziare la mia carriera di esploratore ed addentrarmi nel bosco.
Avevo messo appena la punta del piede sul sentiero di terra battuta quando le urla spaventate di miss Jones mi sono arrivate alle orecchie. Aveva un’aria terrorizzata e mi sono preso la mia prima ramanzina da qualcuno che non fossero i miei genitori. Non volevo fare nulla di male e non mi sarei mai addentrato troppo in quel bosco, ma lei era irremovibile e mi ha vietato di avvicinarmici.
Ho ancora in testa la sua espressione spaventata, comincio a temere che in quel posto ci siano chissà quali specie di animali terribili e non vorrei mai che arrivassero fin qui. Potrebbe benissimo essere una bestia a fare i rumori notturni.
Sta notte però, non mi sono immaginato nulla, hanno continuato fino alle prime luci dell’alba: una serie di botte e di tonfi; poi appena è spuntato un raggio di sole è tornato il silenzio tombale tipico di Villa Fisher.
Non posso più pensare che si tratti della mia immaginazione, qualcosa deve pur essere, qualcosa di “materiale” di vero…

•••

5 ottobre 1943
Cucine

Sono insieme a Miss Jones, ho deciso di chiederle scusa per essermi diretto nel bosco e ho promesso di non avvicinarmi più. E’ molto più tranquilla ora e ne sono felice. Spesso ci sediamo davanti alla finestra delle cucine lei a rammendare io a leggere: ora il clima non ci permette più di stare in giardino, ma le cucine si affacciano su di esso ed è un buon compromesso.
Comincia ad assumere un aspetto ancora più spettrale ora che l’autunno sta facendo cadere l foglie degli alberi, tutti i rami sono quasi del tutto spogli. Da qua riesco ad intravedere il bosco che, invece, è ancora verde. Strano, quegli alberi non sembravano sempreverdi eppure non hanno perso una foglia.
Probabilmente non avevo prestato molta attenzione alla vegetazione, quel giorno, eppure ero convinto di non aver visto né pini né cipressi.

•••

17 ottobre 1943
Casa Fisher

Questa volta ho davvero superato il limite, quando verrà a saperlo (perché verrà a saperlo), miss Jones mi ucciderà con le sue mani!
Sono giorni che passo davanti alle finestre e sono sempre più stranito dal fatto che gli alberi del giardino, o ciò che rimane di loro, non abbiano neanche più una foglia mentre dietro si estende, per parecchie miglia, un bosco verdissimo. Sembro pazzo, è diventata un’ossessione guardare continuamente fuori dalla finestra in attesa che anche quelle foglie cadano. Di giorno non riesco a pensare ad altro e di notte, beh... di notte i rumori continuano imperterriti fino all’alba tenendo la mia mente ben occupata.
 Tornando al discorso di prima: settimana scorsa miss Jones mi aveva avvertito che presto sarebbe dovuta andare in città per sbrigare alcune “faccende importanti”, così le aveva chiamate, ma che non sarebbe stata via per molto tempo. A me non dispiaceva che si assentasse per un po’ anche se ero sicuro che mi sarei annoiato. Mi sbagliavo.
Miss Jones è partita tre giorni fa e credo torni questa sera. Sono nei guai questa volta, ieri pomeriggio ero particolarmente annoiato ed ancora una volta mi sono ritrovato a guardare fuori, ma non ho resistito e sono uscito nonostante facesse veramente freddo. Mi sono seduto sulle pietre che mi sembravano più stabili con la faccia rivolta a casa Fisher e ho cominciato a pensare. Tuttavia l’unica cosa a cui pensai fu il bosco: era dietro di me e sentivo che mi chiamava, ma io avevo promesso di non avvicinarmi nemmeno. Il sole sbucava per qualche secondo dalle nuvole fitte e disegnava sulla casa delle forme strane per poi tornare a nascondersi. Appena scomparve un debole colpo di vento alle mie spalle mi sfiorò il collo facendomi rabbrividire: mi chiamava davvero, tutto di quel luogo mi chiamava ed io ero come ipnotizzato.
Mi alzai e cominciai ad aggirarmi per il giardino senza mai passare vicino al muro di pietre che segnava il confine come se stessi aspettando il momento opportuno per fare chissà che cosa. Mi guardavo intorno, osservavo ogni cespuglio, ogni statua: cercavo solo qualcosa che mi attirasse di più.
Nulla. Era più forte di me e presto mi ritrovai sulla soglia del bosco. Le nuvole si erano diradate, ma il sole stava tramontando, non m’importava ormai ero lì. Questa volta osservai attentamente tutto ciò che potevo, il sentiero, l’erba e... gli alberi, perfettamente verdi. Non mi ero sbagliato, c’era qualcosa di strano: erano esattamente gli stessi che c’erano in giardino, ma questi con ancora le foglie sui rami.
Un’altra folata di vento mi investì, ormai il sole era sparito all’orizzonte e rimaneva solo una leggera luce rossastra. Non so come, ma i miei piedi cominciarono a muoversi da soli verso il buio. So che non dovevo, ma non riuscivo a fermarmi: ero bloccato in una specie di sogno. Passo dopo passo abbandonai il sentiero di ciottoli e sentii il terreno umido, ma improvvisamente mi sentii afferrare per la spalla e uscii così da quello stato di ipnosi. Distolsi l’attenzione dal bosco per voltarmi a vedere chi mi avesse “disturbato”: un vecchio con l’aria severa mi stava osservando, sembrava arrabbiato, ma non urlò, non mi sgridò nemmeno. Le uniche parole che emise furono: “Via di qui ragazzo!”.
Io ovviamente corsi via come un lampo, ero spaventato a morte come se mi fossi svegliato da un incubo e rientrai in casa. Il mio secondo pensiero andò all’anziano signore che mi aveva riportato alla realtà: probabilmente era un giardiniere o comunque una persona da aggiungere alla lista di “presenze” in quella residenza. Il problema alla fine era solo uno: avevo promesso a miss Jones che non mi sarei mai più avvicinato al bosco, avevo infranto la promessa e sicuramente il vecchio l’avrebbe informata.
Ora sto aspettando che questo avvenga, credo che sia appena arrivata dalla città, non ci vorrà molto prima che scopra cos’ho combinato. Non voglio darle un dispiacere, è sempre stata buona con me.

•••

21 ottobre 1943
Cucine

Sono passati quattro giorni e ancora non è successo nulla, cioè quello che intendo è che miss Jones probabilmente non è ancora stata informata oppure sa tutto ma è così arrabbiata che sta studiando un modo per uccidermi.
Non dovevo nemmeno avvicinarmi al bosco e praticamente ero già dentro. Non so cosa mi sia preso, ma sentivo come una forza che mi spingeva a camminare e io l’ho assecondata finché quell’atmosfera non si è interrotta.
So che non è giusto, ma non voglio parlarne con miss Jones: si preoccuperebbe troppo e vorrei evitarlo. Tra le altre cose in questi giorni ho tentato di ritrovare quel signore che mi ha fermato, ma qui non c’è di nuovo nessuno. Comincio a credere di essermelo immaginato come molte cose qui in questa casa.

•••

22 ottobre 1943
Salone

Questa notte i rumori erano più forti che mai, sempre tonfi e botte ma molto più pesanti del solito. Confesso che ho avuto paura per un attimo, almeno finché la mia curiosità non ha preso in sopravvento (comincio a pensare che forse dovrei dare un freno a questa mia ficcanasaggine). Sono uscito di soppiatto dalla mia camera, ricordo che faceva davvero troppo freddo per essere solo autunno, e ho cominciato a camminare nella direzione da cui provenivano i rumori. Ho attraversato il lungo corridoio che collega le camere al pianerottolo e sono sceso per le scale che portano all’ingresso. Fuori dalle finestre non potevo vedere nulla, era troppo buio: credo che il cielo fosse coperto da un fitto strato di nuvole perché non sono riuscito a scorgere neanche un tenue bagliore di luna.
Ho percorso lentamente ogni gradino per non far scricchiolare il legno vecchio e di tanto in tanto gettavo uno sguardo alle mie spalle: effettivamente avevo la strana sensazione che qualcuno mi stesse seguendo.
Era esattamente così. “Henry! Dove stai andando?!” mi aveva urlato miss Jones appena messo piede sul parquet dell’ingresso. Dovevo trovare una scusa plausibile al più presto e la cosa più sensata che mi è venuta in mente di dire è che avevo sete.
Miss Jones ovviamente ha fatto finta di credermi, ma sappiamo entrambi che era una pessima scusa. Mi ha riaccompagnato nella mia stanza ed era pronta per ritornare a dormire, ma i dubbi mi stavano opprimendo, così l’ho fermata.
“Miss Jones, lei non li sente i rumori?”
“Quali rumori?”
“Quelli che provengono dal piano di sotto. Ogni notte, ma questa volta erano molto più forti... non può non averli notati!”
“Henry, sarà sicuramente il vento.”
Sorrideva, ma il suo tono era leggermente insicuro e io l’ho notato: per questo motivo mi sono convinto sempre di più che il vento non centrasse nulla. Mi sono limitato ad annuire, ma non ero soddisfatto e miss Jones lo capì.
“Hai una certa propensione per i misteri irrisolvibili” mi ha fatto notare e io cortesemente ho fatto un cenno d’assenso.
“Vorrei raccontarti una storia, di solito lo facevo con i miei figli, ma temo che siano troppo cresciuti ora. Vuoi sentirla?”
“Certamente!”
“Bene. Allora, iniziò tutto più o meno un secolo fa, non molto lontano da qui in effetti quando Edward Scott, dopo aver fatto fortuna con le estrazioni di argento nella Norvegia del sud si stabilì qui per godersi la tranquillità della campagna. Presto conobbe una giovane ragazza, Daffodil, che abitava in un rudere insieme alla madre e ovviamente il signor Scott se ne innamorò. La madre della ragazza, donna assolutamente insolita, non approvava che sua figlia frequentasse quell’uomo: sosteneva che in lui ci fosse qualcosa di “marcio”. Tuttavia i due avevano trovato il modo di vedersi di nascosto usando un passaggio che collegava le due case ad un mulino che ora è andato perduto. Passarono alcuni anni, nessuno voleva rinunciare all’altro così decisero di sposarsi, ma quando la ragazza informò la madre quest’ultima si infuriò e la chiuse in casa.
Il destino però giocò loro in favore, se così si può dire: la vecchia signora si ammalò gravemente e presto arrivò il giorno della sua morte. Le sue ultime parole furono tremende: disse che nonostante lei stesse morendo avrebbe vegliato su sua figlia e avrebbe saputo sicuramente se le avesse obbedito non incontrando mai più il signor Scott o se le avesse disobbedito. In tal caso la giovane avrebbe dovuto accettare le conseguenze delle sue azioni. Morì subito dopo.
Daffodil, inizialmente rimase scossa ma presto dimenticò gli avvertimenti e sposò Edward. Le cose peggiorarono come era stato predetto: il signor Scott impazzì completamente, non si sa il motivo. Un giorno durante un brusco litigio prese un coltello e ferì la moglie sull’occhio accecandola.
Ogni volta che la guardava e vedeva la cicatrice, in lui, si accendeva un forte senso di disgusto finché non poté più resistere e la cacciò di casa. Non la rivide mai più.
Dopo molto tempo si risposò ed ebbe un figlio, ma qualcosa era successo, qualcosa di strano ed inspiegabile: la sua seconda moglie morì improvvisamente. Non fu un infarto, si spense senza dare segni di malattia. Non ci fu un medico che riuscì a dare una risposta sensata a quell’accaduto.
Tu ora penserai che sia strano, ebbene non è finita qui. Devi sapere Henry, che tutti gli Scott ebbero solo figli maschi e tutte le loro mogli morirono nello stesso modo inspiegabile. Si racconta che Daffodil si sia vendicata di suo marito e che avrebbe continuato finché uno Scott non fosse tornato da lei.”
Ero rapito da quel racconto, miss Jones aveva una certa abilità nel coinvolgere un ascoltatore ed io pendevo dalle sue labbra.
“Ora dove sono gli Scott?” ho chiesto. Lei ridendo dolcemente si è alzata e si è diretta verso la porta.
“E’ solo una leggenda Henry, buona notte”
Dopo averla salutata con la mano mi sono sistemato sotto le coperte e ho cercato di dormire nonostante un debole raggio di sole illuminasse la mia camera.  

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


30 ottobre 1943
Salone
La leggenda di miss Jones mi ha sconvolto, credo. Da quella notte è cambiato qualcosa in me, nella casa, non so, forse ovunque. Il fatto è che non sento un rumore da più di una settimana, la notte prima di addormentarmi è così silenziosa da mettermi a disagio. Mi ero abituato a convivere con i tonfi al piano inferiore e ora il nulla. Non è questo però il motivo del mio sconcerto: ciò che mi turba ora è il sogno che continua a tormentarmi ogni notte. Non è un incubo, ma lascia in me sentimenti forti e assolutamente contrastanti. Una ragazza, così pallida, mi guarda senza dire nulla e io cerco invano di parlare, ma le parole si fermano e lei si dissolve nel buio del bosco.
Ogni volta che apro gli occhi l’unica cosa che vorrei è sapere l’identità di quella ragazza, ogni volta che li chiudo la vedo. Capelli rossi, lineamenti dolci, ma sguardo forte e intimidatorio; ha un aspetto così misterioso e al tempo stesso così ingenuo: non riesco a smettere di pensarci. Di sicuro per essere così ricorrente nei miei sogni e nei miei pensieri non può che essere vera.
•••
3 novembre 1943
Salone
Credo di aver trovato cosa possa distogliere la mia attenzione dal bosco. E’ stata una scoperta casuale non so nemmeno come io abbia fatto.
 Ieri stavo gironzolando per la villa, ormai sono arrivate le brutte giornate e così non posso più uscire, così ho cominciato a ficcanasare un po’. Ad un tratto ho notato che una porta, nel corridoio del piano di sotto, era socchiusa e non chiusa a doppia mandata come quasi tutte le altre. Sono entrato ed era uno spettacolo fantastico: c’erano scaffali pieni di libri e ce n’erano così tanti che non sono riuscito a trovare la fine di quel labirinto di legno e carta.
Leggere mi è sempre piaciuto, i libri mi affascinano e là dentro avevo trovato ciò che stavo cercando ovvero una distrazione.
Mi sono addentrato tra i titoli e gli autori e ad ogni passo ero sempre più rapito, non sapevo più cosa scegliere finché qualcosa ha catturato la mia attenzione. La dinastia Fisher era un quaderno vecchio che probabilmente era stato fatto rilegare dopo averlo scritto, infatti la copertina non era malandata come le pagine al suo interno. Era appoggiato su una scrivania in mezzo a fogli sparsi e suscitava in me lo stesso senso di attrazione che riusciva a trasmettere la ragazza del sogno.
L’ho preso tra le mani come se fosse qualcosa di estremamente delicato, probabilmente era proprio così, e ho cominciato ad osservarlo, ma non potevo più aspettare e l’ho aperto. Non sapevo se avessi il permesso di leggere, ma ormai il danno era fatto.
Più andavo avanti nella lettura più mi accorgevo di non poter smettere, qualsiasi cosa riguardasse i Fisher esercitava su di me un senso di attrazione così forte da farmi perdere la concezione del tempo e dello spazio. Sono passati più di due mesi da quando mi sono trasferito qui e ancora non conosco il padrone di casa né alcun membro della sua famiglia, ammesso che ce ne siano, quindi credo sia giustificata la mia curiosità.
Sono rimasto in biblioteca tutto il pomeriggio e solo per puro caso sono riuscito a distogliere l’attenzione dalla lettura: miss Jones mi stava cercando e andava urlando per tutta la villa in attesa della mia risposta.
Prima di uscire ho cercato di rimettere tutto ciò che avevo preso al posto originale, nel caso la mia presenza non fosse gradita in quella stanza e poi ho raggiunto miss Jones.
•••
5 novembre 1943
Biblioteca
Sono di nuovo in biblioteca, ma fin ora non ho scoperto nulla d’interessante sul conto dei Fisher a parte che sono nobili e ricchi e possiedono moltissime miniere. Due giorni che mi intrufolo qui e non scopro nulla, sono un po’ deluso. In questo quaderno non cita la villa, o l’attuale padrone... tutto quello che sto leggendo risale agli anni 40 del secolo scorso e sono quasi tutte annotazioni di investimenti e guadagni.
Perché chiamare il quaderno La dinastia Fisher se poi non c’è nulla che la riguardi? Credo che continuerò a leggerla ancora per poco, se non troverò nulla che mi soddisfi cambierò genere di lettura. 
•••
7 novembre 1943
Biblioteca
Mi sono accorto di una cosa, in questa casa ogni minima cosa finisce per diventare una fissazione: prima i rumori, poi il bosco e ora la biblioteca. Da quando ho cominciato a passarci la maggior parte del tempo i miei sogni sono diventati sempre più realistici. Ogni notte rivedo quella ragazza e ogni notte il suo viso diventa più nitido, ma ovviamente, ad un certo punto, lei si dissolve e io mi sveglio.
Alle prime luci dell’alba io apro gli occhi e il desiderio di sapere chi sia diventa più forte, come ho detto prima, ogni piccola cosa si trasforma in una fissazione e proprio questa non poteva non essere nell’elenco.
•••
9 novembre 1943
Salone
Credevo di non riuscire più a scrivere, ieri sono accadute troppe cose che mi hanno sorpreso, anzi, a dire il vero mi hanno scosso.
Sono andato per l’ennesima volta in biblioteca convinto di lasciar perdere La Dinastia Fisher, ma, non so per quale motivo, non ce l’ho fatta: stavo davanti alla scrivania disordinata e continuavo a osservare quel quaderno ripetendo a me stesso che andare avanti nella lettura non aveva senso, di lasciar perdere, ma una sorta di forza magnetica mi attraeva sempre di più e sempre più intensamente. L’ho sollevato delicatamente e l’ho riaperto nell’ultima pagina che avevo letto, sempre le stesse annotazioni. Ho scosso la testa e mi sono deciso a chiuderlo, ma accidentalmente mi è scivolato dalle mani e aprendosi a metà sul pavimento di legno ha emesso un tonfo secco. Ho quasi imprecato, non volevo che miss Jones mi trovasse e soprattutto temevo che il quaderno si fosse rovinato. Subito mi sono chinato a raccoglierlo e dalle pagine ho notato che qualcosa era svolazzato via, una polaroid. Quando l’ho avvicinata per capire chi fosse il soggetto per poco non mi uscivano gli occhi fuori dalle orbite. Era lei, era esattamente lei così come l’avevo sognata, stesso sguardo stessa espressione, stessi lineamenti. Confesso che mi sono perso in quell’immagine non so nemmeno dire per quanto tempo, tuttavia qualcosa mi ha riportato alla realtà: il cigolio della vecchia porta mentre si apriva. Ho riposto la foto nel quaderno e il quaderno sulla scrivania appena in tempo per scampare a quella che pensavo fosse miss Jones, ma lei non apparve. Mi sono trovato davanti lo stesso uomo che mi aveva impedito di entrare nel bosco, quello che ho creduto fosse il giardiniere.
“Che ci fai qua ragazzo?!” mi ha detto con aria burbera. Ammetto che sul momento mi sono trovato in difficoltà e ho risposto la prima cosa che mi è venuta in mente.
“Mi scusi, io... ho trovato la porta aperta... volevo cercare un libro... per passare il tempo...”
“Calmati ragazzo, ho solo chiesto cosa ci facessi qui” continuava a essere impassibile.
“Sì, signore...” ho risposto sentendomi sempre più mortificato. Mentre uscivo sentivo il suo sguardo addosso, ma non riuscivo a voltarmi finché lui si è rivolto a me.
“Ragazzo, non volevi un libro?”
“Sì signore, ma non voglio disturbarla” Era così, non volevo disturbare ulteriormente.
“Questo ti potrebbe interessare, vista la tua curiosità verso i luoghi più tenebrosi e il tuo poco senso del pericolo” Sapevo a cosa si stesse riferendo.
“Grazie signore, e a proposito volevo scusarmi anche per aver disturbato il suo lavoro in giardino giorni fa...”
“Il mio lavoro in giardino?” Inizialmente non avevo capito il perché di quella domanda.
“Esattamente signore...”
“Ragazzo io non sono il giardiniere” avrei voluto seppellirmi, continuavo a dire stupidaggini una dietro l’altra a causa dell’agitazione, ma con mio grande sollievo ho notato che sul suo viso si era disegnata un’espressione divertita.
“Forse non sono stato un buon padrone di casa, Edward Fisher”
Non ci potevo credere, pensavo non fosse possibile e invece mi sono ritrovato a stringere la mano del signor Fisher, finalmente! Cominciavo a credere che ci fosse solo miss Jones qui in casa, ma no, non è così e mi sento veramente realizzato .
Dopo le presentazioni ho deciso che forse era meglio togliere il disturbo allora ho ringraziato per il libro e mi sono diretto verso la porta, ma appena la sfiorai il signor Fisher si è rivolto a me.
“Ah ragazzo, forse sarebbe meglio che la lettura di quel libro compensasse il tuo desiderio di avventura e ti dissuadesse dall’avvicinarti ancora al bosco, non so se mi sono spiegato abbastanza chiaramente”
Non potevo fare altro che annuire e confermare.
“Sì signore, è stato molto chiaro” Detto ciò sono uscito senza voltarmi e sono tornato qui nel salone con un libro in mano e molte più domande nella testa di quante ne volessi.
Ero così vicino a dare una risposta a tutti i miei quesiti e ora sono così lontano. Per non parlare del signor Fisher che mi proibisce di avvicinarmi al bosco sapendo benissimo che in questo modo può ottenere solo l’effetto contrario. Non voglio disobbedire o mancare di rispetto, ma sono sempre più convinto che ci sia qualche collegamento tra il bosco e la ragazza della foto... la ragazza del sogno. 
•••
30 Novembre 1943
Salone
E’ passato quasi un mese dall’ultima volta che ho scritto, non è successo molto, ma credo non sarei riuscito comunque ad aggiornare il diario. La guerra continua, mi ero ripromesso di non guardare più un giornale, ma giorni fa miss Jones ne ha lasciato uno sul tavolo della cucina e non ho potuto fare a meno di notare il titolo, in prima pagina. “Londra città fantasma: I bombardamenti continuano”
Non ho notizie di mia madre né tanto meno di mio padre ed il soggiorno qui, talvolta, diventa davvero insostenibile. Mi manca la mia casa e la cosa peggiore è che ora come ora non so nemmeno se c’è ancora una casa. La nostalgia mi sta abbattendo giorno per giorno. Ovviamente apprezzo i tentativi di miss Jones di farmi sentire a mio agio nonostante tutto, ma sembrano non funzionare. Inoltre il signor Fisher sembra di nuovo scomparso, da quando l’ho incontrato per la prima volta non l’ho più visto.
Settimane fa decisi di tornare in biblioteca per dare un’occhiata alla foto e al quaderno sperando di trovare tutte le informazioni che stavo cercando. In realtà non sapevo nemmeno io cosa, ma di sicuro qualcosa avrei trovato.
La porta era aperta, la stanza quella mattina aveva un profumo diverso come se qualcuno avesse lasciato lì centinaia di narcisi; anche il modo in cui la luce filtrava attraverso i vetri era cambiato, potevo scorgere ogni granello di polvere volteggiare nell’aria illuminato dai deboli raggi del sole.
In tutta tranquillità andai verso la scrivania pronto per trovare risposte, ma con una rapida occhiata notai che “La Dinastia Fisher” non era lì. Un forte senso di sconforto mi pervase, come quando si perde qualcosa d’importante, qualcosa che non ti appartiene e improvvisamente fu il panico.
Cominciai a guardarmi intorno, dapprima ispezionai la scrivania cassetto per cassetto, ma quando vidi che non era lì mi decisi a controllare ogni angolo di quella biblioteca. Ricordo di aver pensato che forse il signor Fisher l’avesse rimesso al suo posto, era un’ipotesi plausibile, ma il quaderno non c’era tanto meno la foto.
Appoggiai la schiena contro una serie di scaffali e mi sedetti a terra. Non sapevo più dove cercare, ormai avevo guardato in ogni centimetro di quel posto. Sospirai stringendo le ginocchia al petto; volevo trovarlo, ne avevo bisogno in un certo senso. Dopo qualche minuto passato a fissare il vuoto me ne andai via di lì.
Nonostante il forte desiderio di avere il libro, qualche giorno bastò a farmelo dimenticare, se non completamente, almeno in parte. Mi ero rassegnato all’idea di non trovarlo più.
Un mattino mi svegliai presto, non avevo sentito nessun rumore questa volta, ma, forse per abitudine, andai verso una delle finestre e guardai fuori; aveva nevicato quella notte e le prime luci dell’alba contribuivano a creare un’atmosfera incantata. La neve brillava e dai rami degli alberi pendevano delle stalattiti di ghiaccio, tutto era cristallizzato nel silenzio.
Rapito da quello spettacolo, tuttavia, non riuscii a fare a meno di notare qualcosa di dissonante; mi bastò girare la testa verso il bosco per accorgermi che una serie di impronte venivano verso la villa. Non erano impronte di scarpe, questo particolare mi sorprese, erano impronte di piedi nudi troppo esili per essere maschili.
Piedi nudi sulla neve. Per un secondo pensai di aver visto male, ma erano lì davanti ai miei occhi. L’unica donna che fin ora ho visto qui è miss Jones, ma perché dovrebbe addentrarsi nel bosco nel bel mezzo della notte.
Diedi un’ultima rapida occhiata e tornai nella mia stanza facendo attenzione a non far rumore; continuai a pensare a quelle impronte, ero sicuro che fossero di una donna.
Poche ore dopo scesi nella cucina con l’intenzione di fare chiarezza, tuttavia sapevo che se avessi posto una domanda troppo diretta non avrei ottenuto una risposta, era già successo troppe volte. Miss Jones era ai fornelli impegnata a controllare una vecchia teiera, sembrava particolarmente assorta nei suoi pensieri tanto che non mi sentì entrare.
Presi posto in silenzio attendendo il momento giusto per fare la mia domanda. Lei si voltò come se avesse sempre saputo che ero lì ed emise un sospiro.
- Buongiorno Henry – Disse offrendomi una tazza di the. Io continuavo ad osservare ogni sua mossa, sembrava agitata. Non sapevo come fare ad ottenere le informazioni che mi servivano senza destare troppi sospetti finché non mi venne in mente che nella biblioteca c’erano delle vecchie mappe della zona ed improvvisamente l’idea arrivò.
- Miss Jones ieri sono stato in biblioteca – Lei annuì sorridendo. – Ho notato che nelle cartine appese alla parete sul fondo sono segnate tutte le ville storiche della zona –
- Sì beh quelle carte sono molto antiche –
- Volevo sapere se qua vicino ci fosse qualcosa da visitare – L’espressione di miss Jones alla mia domanda cambiò come avevo previsto; sorrisi tra me e me.
- No, nei dintorni non c’è nulla, dovresti andare vicino a Londra, ma è troppo pericoloso –
Feci segno di aver capito, la sua risposta mi diede conferma che probabilmente oltre il bosco ci fosse un’altra tenuta. Ma ora la questione più importante era capire perché dovesse andare da villa Fisher all’altra proprietà, per di più senza le scarpe.
Cambiai discorso, ma ero sempre più convinto che i conti non tornassero e sempre più deciso ad andare in fondo alla faccenda: se nessuno voleva dirmi la verità l’avrei trovata da solo.
Dopo quella mattina trascorsi tutti i giorni a pensare ad un modo per uscire dal confine di questa casa senza che miss Jones o il signor Fisher mi fermassero.
Ora devo trovare solo il momento opportuno per uscire, ma presto andrò in quel bosco, fosse l’ultima cosa che faccio.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2813174