I diari del dottore

di Bethesda
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Apologia delle mani ***
Capitolo 2: *** Kate ***
Capitolo 3: *** L'orologio ***
Capitolo 4: *** Via con me ***
Capitolo 5: *** Semplicemente ***
Capitolo 6: *** Miele ***
Capitolo 7: *** L'Avventura del Detective Dolente ***
Capitolo 8: *** Passato ***
Capitolo 9: *** Anarchia ***
Capitolo 10: *** Di soldatini e cabine blu ***
Capitolo 11: *** Bad Day ***
Capitolo 12: *** Doppio ***
Capitolo 13: *** Abyss ***
Capitolo 14: *** Lumos ***
Capitolo 15: *** Morfeo ***



Capitolo 1
*** Apologia delle mani ***


Apologia delle mani.

Mani di chimico.

La prima volta che mi si presentarono davanti agli occhi vennero ostentate con fierezza nonostante fossero coperte di cerotti e macchiate dagli acidi. Giocavano con le provette, miscelavano con lentezza. Se quelle mani non fossero state abili il nostro appartamento non avrebbe resistito per tutti quegli anni a causa della pericolosità di certi esperimenti.

Mani di musicista.

Veloci, leggiadre. L’archetto nella destra volteggiava con incredibile maestria mentre la sinistra reggeva il prezioso violino. Melodie note, melodie nuove. Strumenti di idee folli dettate dal momento. Quando pensava pizzicavano le corde fino ad irritarmi, costringendomi ad abbandonare la stanza. Si facevano perdonare in seguito, suonando i miei pezzi preferiti.

Mani di amante.

Correvano sulla mia pelle, accarezzavano i capelli. Trasmettevano lussuria o dolcezza a piacimento. Mi facevano ammattire. Imprigionavano le spalle e vi conficcavano dolorosamente le unghie nel momento di massimo piacere. Ma quando il loro intento era quello di prendermi il volto e portarlo alle labbra di lui diventavano le mie amiche più care.



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Capitolo 2
*** Kate ***


Kate.


La bambina si arrampica sulle ginocchia del padre che la lascia fare, sorridendo con dolcezza.
La meta è raggiunta, l’altezza è stata vinta e ora scruta tutto da quel trono protettivo che la tiene per i fianchi.
«Raccontamene un'altra!»
L’uomo che siede sulla poltrona di fronte ai due si lascia sfuggire un sorriso mentre la mano allontana dalla bocca la vecchia pipa.
«Tuo padre è più bravo nel narrare del sottoscritto».
«Ti sottovaluti», sussurra l’amico con aria scherzosa.
«Sai che la falsa modestia non mi sfiora. Semplicemente osservo i fatti e tu sei oggettivamente più abile. Inoltre non credo che Kate cerchi l’analisi nuda e cruda dei miei casi, quanto un dilettevole aneddoto».
La bambina si acciglia quando le mani del genitore la costringono a scendere da lui e la voce, dolce ma imperiosa, le impone di andare a letto.
A nulla valgono occhi dolci e parole di supplica: presto i due uomini rimangono soli.
«È follemente innamorata di te».
«Del modo in cui mi dipingi, forse. Dei miei casi. Non di me».
«Ti riesce tanto difficile ritenere di essere un eroe ai suoi occhi?»
«Lo son stato per anni ai tuoi. Era ovvio che lei avrebbe finito per provare grandi sentimenti di odio o di amore nei miei confronti. Dovevo aspettarmi altro dalla figlia del mio Boswell?»




Noticina:
Direte: "Watson padre? Suvvia!"
Ok, nel Canone non è contemplata certamente alcuna figlia ma chi sa che la fantomatica seconda moglie non abbia dato i natali a una prole di piccoli Watson? Basta, è partito tutto da questa ideuzza e poichè mi sembrava una cosa molto tenera ho voluto condividerla :3 
*fugge*

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Capitolo 3
*** L'orologio ***


Caro John,

se stai leggendo queste poche righe significa che hai trattenuto la repulsione che ti avrà provocato scoprirmi mittente di questa lettera. Ma dopotutto, immagino, ti sarà giunta nelle circostanze riportate dalla busta che la conteneva.
Speravo di poterti parlare una volta che fossi tornato dall'Afghanistan, ma mi rendo conto che il presentarmi a te sarebbe solo una sfacciataggine, così abbandono fin da ora il mio intento: non voglio che mi guardi con pietà e vergogna come l’ultima volta.
Non sono cambiato, fratello mio.  Ho sprecato la mia vita e mi sono rovinato con le stesse inferme mani con cui ti scrivo in questo  momento.
Ma questa non vuole essere una lettera di pentimento: i miei errori sono stati commessi e non posso fare nulla per tornare indietro. Per quanto sia deplorevole e non meriti nulla debbo però scriverti un’ultima volta, lasciarti un messaggio che, spero, ti faccia pensare a me con un poco di affetto.
Non so se quando tornerai ti informerai sulla mia salute o su dove vivo, né se verrai a cercarmi. Posso anzi essere sicuro che ciò non accadrà.
Non ho dunque altro modo per parlarti se non questo.
E io, fratello mio, ti chiedo perdono.  Anche se non lo merito.
Perdono per l’averti lasciato solo, per non aver assistito nostra madre, per non aver tentato di riparare ai torti di una vita fallita come uomo che avrebbe dovuto farti da guida, vista la precoce dipartita di nostro padre.
Ma anche se non otterrò alcuna indulgenza sappi solo che ti voglio bene, sempre te ne ho voluto e sarà così fino alla fine dei miei giorni.
Con fede e il più sincero affetto,

                                                                                                                                                                                                                                                                   Harry

P.S.: Ti lascio l’orologio di nostro padre, quello che tanto ammiravi quando eri piccolo. Abbine cura, più di quanta ne abbia avuta io.                    



Note: Questa lettera voleva essere un "testamento" che John avrebbe ricevuto dal fratello Harry, deceduto (la circostanza in cui Watson riceve la lettera sarebbe proprio la morte del mittente), secondo ciò che si dice ne "Il Segno dei Quattro", poco tempo prima l'avventura stessa, in quanto Watson parla di un'entrata in possesso piuttosto recente dell'oggetto lasciatogli. Ora, mi sono arrovellata un po' sul nome del fratello. Nella storia si dice che le iniziali riportate sarebbero H.W., ma esse si riferirebbero comunque al padre, poichè l'orologio dovrebbe avere 50 anni e dunque l'originale proprietario sarebbe Watson senior. A questo punto sorge un dubbio: il fratello come si chiamava? Io ho lasciato Harry, che mi sembra che nelle speculazioni vada per la maggiore! Per il resto basta: ho voluto fare questo esperimento e inserire una figura poco trattata, in un contesto comunque molto breve. Spero che vi sia piaciuto :3
Un bacio,
Beth                                  

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Capitolo 4
*** Via con me ***


«Dovrò partire».
Gli occhi del mio amico indugiarono sul caminetto spento, fuggendo i miei.
«Partire? Holmes, sei appena tornato da Londra».
«Ed è alla luce di ciò che è avvenuto là che devo andare».
Un senso di angoscia mi pervase l’animo, costringendomi a stringere il bracciolo della poltrona sulla quale sedevo.
«Cosa è accaduto?»
Un sospiro rassegnato e doloroso sfuggì alle sue labbra e finalmente volse lo sguardo verso di me.
«Ufficialmente non dovrei parlarne. Tuttavia non ritengo giusto tenerti all’oscuro di un qualcosa che potrebbe trattenermi per molto tempo».
«Holmes, cosa--»
«Un incarico. Negli Stati Uniti. Sono stato commissionato dal governo stesso».
Impiegai svariati minuti prima di riuscire a percepire l’essenza di quelle parole.
«Quanto», domandai con voce stentorea, eccessivamente falsa e non mia. Se non mi fossi imposto di non dare prova della morsa che mi aveva attanagliato lo stomaco sarebbe risultata tremante dall’emozione.
«È una questione della massima importanza. Da questa operazione potrebbero valere le azioni future dell’Inghilterra, ne non dell’Europa stessa e--»
«Quanto, Holmes», lo interruppi –una delle poche volte in vita mia.
Lui mi scrutò per pochi istanti, non so se per analizzare il mio stato d’animo o perché stesse cercando le giuste parole. Infine parlò.
«Un anno. Forse due. Potrebbe perdurare, se necessario».
Se non fossi stato seduto sarei caduto a terra, poiché sentivo gambe, braccia e membra molli.
Due anni o più. Dopo tutti gli anni passati insieme, dopo l’angolo di Paradiso che avevano costruito sulla costa inglese, dopo il ritiro. Due anni erano un’enormità, un mostro, un varco insormontabile. Le domande si accavallavano dentro di me, una marea di questioni che attendevano risposta e che mi stavano già logorando. La mia mente sembrava una fiumana continua di immagini ma queste vennero interrotte da Holmes che con tocco fermo ma placido mi incorniciò il volto con le mani, riportando ai suoi occhi il mio sguardo, ormai già proiettato verso visioni future e nefaste.
La testa sembrò svuotarsi e il sussurro di Holmes giunse flebile ma distinto.
«Vieni via con me».




Note: L'ambientazione della flash sarebbe prima dell'incarico di Holmes per il governo, quello che si conclude con "L'Ultimo Slauto-Un Epilogo". Il finale è aperto e potete immaginare quello che volete: che Watson sia rimasto in patria, come scritto nel Canone, o che sia partito con Holmes, magari sotto forma di spia pure lui. Anche se, viste le abilità dissimulatrici del dottore, ci conto poco. Oddio, mi perdo nelle mie stesse speculazioni. Sono un caso perso. Tralasciando questo, qualche noticina slash c'è: anzitutto il fatto che i due convivano insieme in Sussex. Perché l'idea che Holmes se ne stia solo soletto senza il suo Boswell mi intristisce. E se mi intristisco mi butto sull'Angst. E io non so scrivere Angst, quindi i risultati son pietosi e mi intristisco ancora di più. Ma basta divagare, che più che una nota sul testo sembra un flusso di coscienza. Volevo aggiungere altro ma mi sono scordata, quindi...basta. Nulla di più. Se non: pietà. Ho postato perché non mi faccio sentire da tempo e mi sentivo in dovere verso il fandom, ma giuro che tornerò con qualcosa di decente al più presto, appena terminato l'esame. 
Un bacio,
Beth

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Capitolo 5
*** Semplicemente ***


«La persi».

«Come accadde?»

«È difficile», sussurrai incerto.

«Raccontamelo semplicemente».

«Semplicemente», sbottai voltandomi verso di lui.

«Come si può descrivere semplicemente il dolore, la frustrazione di non poter fare nulla, di essere costretti a rimanere immobili, inermi, al capezzale di qualcuno? E quando qual qualcuno lo ami le parole cessano di avere importanza, così come i gesti. Si può solo attendere. E pregare.
Speri, ti aggrappi  a quell’unico filo consumato che ti impedisce di cadere nel baratro.
Ma poi il filo si rompe e giunge ciò che la tua mente ha tentato di scacciare. Entra, prende ciò che vuole e scivola via in silenzio mentre tu non puoi fare altro che guardare il pallore prendere possesso delle guance e il fiato flebile venir meno.
E ti senti un vile, un bugiardo, perché l’ultima cosa che hai detto è “andrà tutto bene”.
Credi che sia semplice tutto ciò?»

Taceva, il volto in ombra.

 Io mi ero alzato, non ricordo a qual punto di quel discorso.

Poi Holmes abbandonò la poltrona e ci trovammo faccia a faccia.

Lasciai che mi abbracciasse, vinto dalla sorpresa ma mosso dentro da emozioni che da anni tenevo sopite dentro di me.

«Dio, perché te ne andasti? Perché me la strapparono via? Ero così solo».

«Mi dispiace».


Note: Il periodo in cui questa flash è ambientata sarebbe il post "Casa-Vuota". Holmes  e Watson parlano, finalmente, dopo tre anni. E inevitabilmente il discorso va a cadere su Mary e sulla  morte di lei. 

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Capitolo 6
*** Miele ***


 
La governante si era allontanata da qualche ora e la sera era calata sulla campagna, ammantandola di un velo nero tarmato di stelle. Ero assonnato ma avvertii la necessità di una tazza di tè, così lasciai il bollitore sul fuoco e mi sedetti al tavolo di legno della cucina, spostando qualche provetta che Holmes aveva incautamente abbandonato – se avevo pensato che il trasferirmi in campagna con lui avrebbe eliminato i suoi esperimenti mi ero sbagliato di grosso.
Chiusi gli occhi, perdendomi in pensieri senza né capo né coda, un susseguirsi di immagini sfocate e piacevoli. Il tepore della stanza aumentava il mio desiderio di ritirarmi e stavo vagando fra vecchi casi ed avventure quando sentii qualcosa premere sulle mie labbra e con stupore aprii gli occhi, senza però privarmi di quel contatto leggero e piacevole.
Un sorriso leggero mi increspò le labbra e giocosamente andai a mordicchiare e tastare con la lingua quelle che mi avevano appena ridestato dal mio viaggio nel passato.
Con stupore avvertii un sapore dolce e vischioso su di esse, in forte contrasto con l’odore di trinciato che emanava il loro proprietario.
Mi separai da lui, guardandolo con curiosità e provocandogli un sorriso mentre faceva passare la lingua sulle labbra sottili.
«Miele», sussurrò senza riuscire a nascondere una nota divertita nella voce. «Dell’ultima raccolta».
«Davvero ottimo».
Inarcò un sopracciglio, chinandosi su di me nuovamente ma senza sfiorarmi, benché i nostri volti fossero a un fiato di distanza.
«Ne vuoi ancora un po’?»
Il tè avrebbe atteso.


Note: Credo che scrivere una fan fic, per quanto breve, a otto ore dall'orale di maturità sia la cosa più stupida che abbia mai fatto. Ma che ci posso fare? Avevo bisogno di rilassarmi!
Baci,
Beth

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Capitolo 7
*** L'Avventura del Detective Dolente ***


L'Avventura del Detective Dolente

.
[Ambientato subito dopo la fine de "L'Avventura del Detective Morente"]




Dopo aver fatto rapporto ed aver consumato un lauto pasto da Simpson’s con il mio amico, che sembrava aver ripreso colore e vivacità, decidemmo di tornare nel nostro vecchio appartamento.
 
Il caso si era risolto nel migliore dei modi e quando rientrammo a Baker street – eravamo infatti entrambi propensi per concludere la serata con un bicchiere di scotch prima che ritornassi da mia moglie – ci versammo due dita abbondanti del liquore e lo consumammo discorrendo dei particolari del caso e di altri eventuali in cui la conoscenza di certe malattie avrebbero permesso alla polizia di venire a conoscenza dell’assassino.
 
Quando finii il mio bicchiere mi alzai, lasciando intendere che l’ora tarda mi imponesse di tornare a casa.
 
Holmes lasciò la poltrona a sua volta con uno dei suoi rari sorrisi in volto, uno di quelli destinati alle sue vittorie in campo investigativo.
 
«Mi sembra che si sia rigenerato sotto ogni aspetto, Holmes».
 
«Le avevo detto che mi sarebbe bastato poco per rimettermi in piedi, e Simpson’s fa sempre al caso nostro in queste situazioni».
 
«Ne sono lieto», dissi sorridendo.
 
Poi, sempre con il sorriso sulle labbra, gli sferrai un pugno.
 
So che potrebbe sembrare un gesto barbaro al lettore occasionale, ma chiunque di voi sia avvezzo al comportamento tipico di Holmes non farà che annuire e darmi ragione per aver attentato ai suoi zigomi.
 
Holmes ricadde in poltrona, una mano a tastare la zona colpita con stupore e gli occhi su di me.
 
«Spero che basti a farle capire che la situazione mi ha preoccupato inutilmente e infastidito oltre misura. Naturalmente mi auguro che non si ripeta più, amico mio: sarebbe imbarazzante fratturarle il setto nasale e doverglielo curare subito dopo».
 
Ostentai ulteriormente il sorriso.
 
«Buona notte».
 
«Buona notte, Dottore», sussurrò Holmes senza smettere di fissarmi.
 
Lo lasciai in poltrona, ancora allibito e dolorante, allontanandomi alla ricerca di una carrozza mentre con le labbra intonavo un motivetto orecchiabile.





Note: Ok, magari Watson che tira un cazzotto ad Holmes è un po' OOC ma, diamine, ci stava! Fra questo e il grande Iato, poveretto, ne ha passate anche troppe e un po' di rivincita se la merita! Anche se questo è ambientato prima de "L'avventura della casa vuota"...diciamo che è una vendetta anticipata per entrambe le situazioni. 
Basta belinate, 
un bacio a tutti!
Beth

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Capitolo 8
*** Passato ***


«Quando lessi del suo trasferimento in questa campagna desolata pensai ad una copertura da parte del suo compagno, Mr Holmes».

Non sono uomo da abbandonarsi a fantasticherie romantiche – lascio questo compito al mio caro amico – ma quando udii quella voce fu piuttosto arduo anche per il sottoscritto dissimulare sorpresa ed aspettativa.

Continuai a dare la schiena all’avventore, le mani occupate con una delle arnie.

«Mi auguro che la conferma di tale informazione non l’abbia delusa, Mrs Norton».

«Sorpresa, sarebbe il temine più adatto».

Infine mi voltai, e la veletta che indossavo rese sfocata la vista della donna a pochi metri da me: probabilmente la vecchiaia stava dando i suoi frutti, dacché il cuore mi balzò in petto e non riuscii ad articolare verbo per qualche istante. 

Pensai che Watson, dopo tutti quegli anni, avesse avuto la meglio su di me, superando ogni aspettativa e privandomi  della mia identità di uomo di ferro, come lui stesso mi aveva definito: ritenni dunque che sarebbe stata una giusta vendetta non spedirgli il miele della prossima raccolta.

«Sono qui con mio nipote, Mr Holmes, e mi è sembrato opportuno far visita all’uomo più intelligente d’Europa».

«Si sminuisce: lei stessa mi ha sconfitto abilmente più di venti anni fa».

Evitai il suo sorriso con la scusa di liberarmi della varie protezioni.

«Nonostante sia invecchiato non assomiglia all’ecclesiastico che si fece trasportare ferito in casa mia».

«Io debbo invece convenire che l’aria del continente sia stata incredibilmente clemente con lei, Mrs Adler».

Mi morsi la lingua. Tuttavia lei sorrise con ancora più grazia al sentire in proprio nome da nubile.

«Posso essere così sgarbata da chiederle di discutere dell’inclemenza o meno del Tempo di fronte ad una tazza di tè?»

Tesi il braccio alla Donna, incamminandomi con lei verso casa.



Note: ci pensavo da un po'. Holmes da solo con le api mi uccide dentro. L'incontro con Irene Adler mi uccide ancora di più. Perché devo scrivere queste cose? Basta, nient'altro.
Baci
Beth

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Capitolo 9
*** Anarchia ***


Note: Non prendetemi sul serio. Questa dovrebbe essere una OS comica. Sarebbe addirittura troppo lunga per essere considerata flash ma sarebbe stata una bestemmia nei confronti del fandom occupare un nuovo topic solo per questa cazzata, frutto di scleri e di un'immagine postata su FB. 



Holmes ara seduto sulla poltrona, il mento sul petto e la fronte corrucciata, gli occhi ricolmi di astio puntati in mezzo alle gambe divaricate. La vestaglia  era stretta in vita ma i due lembi di essa ricadevano malamente dai braccioli, dando al mio amico l’aria di un vecchio pipistrello dalle ali malandate.
Posai il cappello e la borsa sul tavolo, avvicinandomi a lui con aira circospetta: temevo infatti che fosse in una delle sue fasi di cattivo umore, quando l’unica sua tendenza era borbottare contro i criminali incapaci e la mia capacità di scrittura, il tutto coronato dal fumo acre che produceva la sua pipa di ciliegio.
 
«Buonasera, Holmes. Novità?»
 
Ottenni unicamente un grugnito.
 
«Un caso. Una donna si è presentata da me con dei problemi riguardanti il marito. Banale: lui è fuggito perché non riesce a sopportarla, e i polsini di lei non mentono».
 
Chiedere spiegazioni sul perché i polsini della donna si fossero dimostrati tanto rivelatori mi avrebbe portato solo a ottenere una risposta sarcastica e superba ed ero troppo stanco per poter approvare questo suo comportamento senza colpo ferire.
 
«Intendi dunque giacere in poltrona fino a che non arriverà qualche nuovo caso, o posso sperare di vederti perlomeno arrivare al tavolo della cena?»
 
«Giacerò in poltrona finché non mi sarò liberato del mio problema più impellente».
 
«Problema? Holmes, quale pro--»
 
Seguii il suo sguardo, giungendo finalmente all’origine del malumore del mio amico.
 Fu come se un groppo di parole mi ostruisse la gola, e ciò che uscì dalle mie labbra fu un flebile gemito strozzato.
 
«Come vede, Watson, sono in lotta con il mio corpo. Il mio cervello non riesce a gestire l’anarchia che in questo periodo si è fatta più prepotente del solito. La questione è estremamente irritante».
 
In quanto dottore sotto i miei occhi sono passati donne ed uomini di ogni tipo, portando malattie e problemi dei generi più disparati; ma sinceramente rimasi piuttosto turbato quando mi resi conto che il rigonfiamento dei pantaloni di Holmes non era dovuto alla presenza della pipa nelle sue tasche.
 
«Holmes», riuscii infine ad articolare. «Lei ha…»
 
In tutta la mia vita di scrittore mai mi fu più difficile trovare i giusti termini per esprimermi ma, fortunatamente, il mio amico mi precedette, lo sguardo sempre fisso sulla scomoda protuberanza.
 
«…un eccessivo afflusso di sangue nel mio apparato riproduttore. Sì, amico mio, e ciò è estremamente dannoso per il mio cervello: necessito che il prezioso liquido rimanga a lavorare presso le meningi e non che si sollazzi presso i miei lombi. Non mi è di alcuna utilità in quella zona».
 
Non osai contraddirlo.
 
«Ma esattamente…quale è la causa di questo afflusso?»
 
«Le ho già risposto: anarchia».
 
«Vi sarà pure un fattore esterno».
 
«Che importanza ha», sbottò, spostando lo sguardo irritato su di me.
 
«Ciò che adesso è necessario è che si plachi».
 
Probabilmente mi lasciai sfuggire una smorfia e Holmes se ne accorse.
 
«Cosa c’è?»
 
Feci un passo verso la porta.
 
«Forse è meglio che vi lasci soli…solo! Ritornerò fra qualche ora».
 
«Non è necessario, Watson. Resti».
 
«No, veramente. Holmes, non vi è alcun bisogno che assista», dissi precipitevolmente.
 
Sembrò abbastanza contrariato e mi fissò con le sopracciglia corrucciate.
 
«Non capisco il perché sia così restio. Non le ha mai dato alcun fastidio e mi ha sempre visto farlo. Anche durante il sonno non sembra che le dia noia. Spesso si unisce anche a me con estremo diletto».
 
«Mi sta calunniando, Holmes! Non ho mai assistito ad alcuna delle sue “attività”, e non intendo affatto iniziare oggi», sbottai, rosso in volto.
 
Il mio amico sembrò piuttosto stordito, poi scrollò le spalle e allungò una mano verso il tavolino, accendendola con calma e senza togliermi gli occhi di dosso.
 
«Watson, se avessi saputo che il mio tabacco le provocava tali problemi avrebbe dovuto dirmelo».
 
Sgranai gli occhi.
 
«T-tabacco?»
 
«Cos’altro, amico mio? Il fumo rilassa le mie membra e al contempo permette al mio cervello di raggiungere il giusto livello di concentrazione. Piuttosto, l’anarchia sembra essersi placata. Le andrebbe di discutere di questa incresciosa discordanza di gusti davanti ad una tazza di tè?»
 
Non obiettai e lasciai che si alzasse, andando a reclamare la bevanda calda presso la nostra governante e lasciandomi in piedi con l’espressione di un uomo afflitto e confuso, domandandomi se dovessi o meno prolungare i turni nel mio ambulatorio per evitare futuri avvenimenti di sorta.






Nota:*fugge*

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Capitolo 10
*** Di soldatini e cabine blu ***


Questa fanfiction è stata scritta per le Olimpiadi di Writers Arena Rewind
200 METRI - Double drabble



Fandom: Sherlock Holmes (libri)/Doctor Who
Rating: verde
Parole: 200
Note: Crossover

Di soldatini e cabine blu


Holmes prese posto sulla poltrona, distese le lunghe gambe e unì le punte delle dita davanti a se.
«È cambiato dall’ultima volta», disse con voce stentorea all’uomo seduto sul divano, affiancato da una giovane donna che si guardava intorno curiosa.
«Sono cose che mi succedono».
«Cambiare completamente il proprio aspetto per ripresentarsi sempre giovane nonostante siano passati cinquant’anni? Deve convenire con me che non è certo comune, Dottore».
Costui dischiuse le labbra, la fronte corrucciata, lo sguardo perso in un angolo della stanza.
«Cinquanta», sussurrò. «Così pochi», domandò al mio amico, strappandogli un debole sorriso.
«Forse per lei possono sembrare un’inezia, eppure mi ritrova con le tempie argentate quando invece, al nostro primo ed ultimo incontro, giocavo ancora con i soldatini».
L’uomo che Holmes aveva chiamato Dottore sorrise divertito.
«A me sembra di ricordare che il tuo passatempo all’epoca non fosse certo giocare con i soldatini, quanto cercare di capire chi fossi».
«E  quanto pare le mie scoperte hanno scalfito solo la punta dell’iceberg. Ma veniamo al punto: lei non è qui unicamente per rivangare il passato».
Il Dottore si spinse in avanti, lo sguardo a sostenere quello del mio amico.
«Sono tornati, Holmes. E ho bisogno del tuo aiuto».
 
 


Note: *gongola* era da un po' che volevo fare un crossover e come assaggino mi ha dilettata parecchio!

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Capitolo 11
*** Bad Day ***


Questa fanfiction è stata scritta per le Olimpiadi di Writers Arena Rewind
200 METRI - Double drabble


Fandom: Sherlock Holmes; libri 
Rating: verde
Parole: 200
Pairing: Watson/Holmes
Note: Slash, fluff


Bad Day


La giornata sembra essere delle peggiori:
l’incontro con i testimoni si rivela inutile ed abominevolmente pacchiano – questi homini novi mancano della classe di certi aristocratici e della praticità della borghesia – e un semplice tè si trasforma in una buffonata. Mi spingo nell’East End, dove l’ipotesi formulata nella notte si rivela essere errata, ma i due uomini che mi attaccano sono la prova della vicinanza alla soluzione del caso. Ma tale scoperta vuole come pegno diversi lividi e un taglio piuttosto profondo sotto l’occhio destro. I cocchieri, spaventati dalle mie condizioni, fuggono prima che possa fermarli per tornare a casa. Comincia a piovere. La ruota di un omnibus, colpendo una pozzanghera, inferisce il colpo di grazia.
Entrando in casa vengo assalito da un Watson adirato, ma la sua rabbia, alla vista delle ferite, produce presto una filippica alla mia scelleratezza.
Mi costringe a sedere, disinfetta e cuce, il tutto corollato dai suoi borbottii contrariati.
Infine, dimentico delle sue parole, mi posa un bacio leggero sulle labbra.
 
«Sembra che la tua giornata sia stata parecchio sfortunata».
 
Sospiro, chiudo gli occhi e poso la fronte contro la sua, permettendo ad un sorriso di far capolino sulle labbra.
 
«Tuttavia potrebbe essere in netto miglioramento».

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Capitolo 12
*** Doppio ***


Questa fanfiction è stata scritta per le Olimpiadi di Writers Arena Rewind
200 METRI - Double drabble



Doppio

Fandom: Sherlock Holmes (libri)/Doctor Who
Rating: verde
Parole: 200
Note: Crossover piuttosto demenziale, oserei dire. Poveri Watson.


«Buon Dio, Dottore! Cerchi di trovare una soluzione perché la situazione è insostenibile».
John Watson, sempre più sconfortato, chiuse gli occhi nell’udire le voci lontane di Holmes e di uno dei due ospiti.
«Ha ragione! Uno è già difficile da sopportare, figuriamoci due!»
La testa del Dottore fece capolino dal Tardis e una mano andò raddrizzare gli occhiali sul naso.
«Watson e John, sto facendo tutto il possibile. Qualcosa deve essere andato storto nell’ultimo viaggio e i due universi devono essersi mescolati, inoltre--»
«Aggiustalo e basta!»
Il Dottore si zittì e fissò il più basso dei due uomini, mentre l’altro misurava a gran passi la stanza rimuginando su cosa fare per poter impedire ai due uomini nella stanza accanto di distruggere il 221B.
«La tua versione Vittoriana è sicuramente più placida. Deve essere il gap generazionale…»
John non fece in tempo a rispondere che nella stanza irruppero due uomini, gli stessi che poco prima rumoreggiavano nella camera di uno dei coinquilini.
«Il sottoscritto e la mia controparte siamo giunti ad un compromesso», cominciò Holmes.
Il Dottore vide i due Watson sbiancare.
«Collaboreremo insieme in questo universo», concluse Sherlock.
John alzò lo sguardo al cielo.
«Dio ce ne scampi».

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Capitolo 13
*** Abyss ***


Questa fanfiction è stata scritta per le Olimpiadi di Writers Arena Rewind
200 METRI - Double drabble



 Abyss

Fandom: Sherlock Holmes (libri)
Rating: giallo
Parole: 200
Note: AU Tentacle!Holmes Non è molto conosciuto come sottofandom e in italiano sono poche le fan fictions che lo trattano (ne ho trovate 10 senza contare questa), ma nonostante il primo shock me ne sono innamorata..

 
Non si fidava. La mutazione non lo aveva trasformato solo nell’aspetto, sostituendo le sue flessuose gambe con otto tentacoli di un viola talmente scuro da risultare pece. Holmes si era chiuso in se stesso, i suoi comportamenti gelidi tanto quanto la sua pelle pallida.

Solo Dio sapeva quanto avessi lottato per dimostrargli che non avrei lasciato che tutto ciò cambiasse anche il nostro rapporto: lo amavo come prima, se non con più forza. Non avrei permesso che si autodistruggesse e la notte prima lo avevo confessato, mentre i polmoni bruciavano per la mancanza d’aria causata dal suo tocco su tutto il corpo.

Dita, denti, ventose e tentacoli, uniti insieme per straziarmi di piacere.

Mi impossessai delle sue labbra, del suo sguardo di acciaio; afferrai il mio Holmes dalle profondità di quell’abisso interiore e lo trassi in salvo.

Mi crollò addosso, stremato, giacendo immobile per infiniti istanti.

«Non puoi amarmi», sussurrò al mio orecchio con la voce incrinata. «Sono uno scarto, un orrido ibrido. E il Cielo sa che non meriti--»

Lo baciai, stringendo fra le dita le sue ciocche corvine.

«Non sei nulla di tutto ciò. Sei il migliore degli uomini che abbia mai conosciuto e, Dio, ti amo». 

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Capitolo 14
*** Lumos ***


Questa fanfiction è stata scritta per le Olimpiadi di Writers Arena Rewind
200 METRI - Double drabble



Fandom: Sherlock Holmes (libri)/Harry Potter
Rating: verde
Parole: 201
Note: Crossover. Essendo ambientato durante l'eventuale giovinezza di Holmes e Watson come maghi direi che il preside all'epoca dovesse essere Everard (o Black. Non sono sicura. Chiedo perdono). Comunque Watson sarebbe, giustamente, un Grifondoro e Holmes un Corvonero. 



Lumos

Il corridoio era buio, i quadri dormivano placidi nelle loro cornici, tranne una coppia di innamorati che – con la complicità delle tenebre – si scambiavano tenere effusioni in quello che sembrava un giardino incantato.
Continuai a camminare, la bacchetta a illuminare la strada. Avvertii dei passi.
 
«Nox».
 
L’oscurità mi circondò come un mantello e mi accostai al muro, trattenendo il fiato. Quando una mano mi afferrò il polso dovetti trattenermi dall’urlare.
 
«Per essere un Grifondoro ti spaventi facilmente».
 
Sospirai, lieto di riconoscere una voce amica.
 
«Temevo fossi il guardiano».
Holmes fece schioccare la lingua contro il palato e sollevò la bacchetta, sussurrando lumos e portando la luce fra noi due, di modo che ci potessimo guardare negli occhi.
I suoi sembravano fiamma ardente.
 
«Pronto, Watson? O preferisci rimandare?»
 
Me lo domandò senza malizia, sinceramente preoccupato per poco prima.
Scossi la testa, strappandogli un sorriso.
 
«Sono pronto».
 
«Perfetto, amico mio. Bacchetta pronta: non so cosa potremmo trovare nei sotterranei».
 
«Sei sicuro che--»
 
«O quelli o la Foresta Nera. Non sono molti i posti ad Hogwarts in cui si possa nascondere un cadavere, anche solo per due giorni».
 
Strinsi le labbra e annuii, lasciando che aprisse la strada attraverso i corridoi del castello.
 
 
 
 

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Capitolo 15
*** Morfeo ***


 
Osservai il volto addormentato di Holmes, e mi sorprese constatare quanto fosse rilassato.
Giaceva immobile sul divano, il respiro flebile come quello di un gatto assopito, le labbra leggermente dischiuse. Un braccio era portato all’indietro, oltre il bracciolo, come se nel sonno avesse tentato di conquistare lo spazio che il giaciglio troppo corto non poteva offrigli; l’altro era teso verso il camino, la mano un poco dischiusa senza più la matita, che ormai giaceva sul tappeto.
Scrutai ogni centimetro del suo volto, ogni piega della sua camicia e dei pantaloni; osservai il decorso delle vene che le maniche arrotolate fino ai gomiti lasciavano intravvedere sotto la pelle diafana e mi trattenni dall’impulso di scostargli le ciocche di capelli, sfuggite alla brillantina della giornata, che andavano a posarsi sulla fronte.
Quando non vi fu più alcunché da guardare, mi sedetti per terra, ai piedi del divano, voltato verso il suo viso.
Il mio fu un impulso non dettato dalla mente: la cosa giusta da fare sarebbe stata svegliarlo per costringerlo a spostarsi nel suo letto e ritirarmi a mia volta, ma quella sera, di fronte a tale beatitudine, mi risultò quasi un insulto o uno spreco.
Rimasi fermo, accanto a lui, finché la stanchezza non mi spinse ad osare, e lasciai che la testa si reclinasse sul fianco espostomi; mi appoggiai con delicatezza, ma abbastanza per sentire lo scandire dei suoi respiri. Inaspettatamente il mio andò a sincronizzarsi con il suo, e forse, il mio ultimo pensiero lucido fu che quell’unico respiro fosse ciò che ci accomunava e ci manteneva vicini.
Ci rendeva un corpo unico.
Mi crociolai nel profumo che solitamente lo caratterizzava e che per la prima volta avvertivo così forte e familiare, unico e piacevole.
Poi la stanza andò svanendo e rimasero solo le immagini confuse fra sogno e realtà che ci prendono prima di finire fra le braccia di Morfeo. 




Note: io ho quattro storie in corso, tutte mezze scritte e non pubblicate, eppure sono qui ad aggiornare con una...drabble? Merito la fustigazione, me ne rendo conto. 

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