La Nobile Arte

di A_Typing_Heart
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un Uomo, e una donna intelligente ***
Capitolo 2: *** Un Uomo, e un amichevole consiglio ***
Capitolo 3: *** Un Uomo, e un cambiamento necessario ***
Capitolo 4: *** Un Uomo, e una prova d'amore ***



Capitolo 1
*** Un Uomo, e una donna intelligente ***


Ryohei Sasagawa era uno di quei ragazzi giapponesi convinti che ogni persona avesse dei diritti e dei doveri imprescindibili, e nel caso specifico che ogni uomo avesse il diritto di praticare la boxe e il dovere di comportarsi da uomo. Le ragazze avevano il diritto di essere ragazze, di farsi proteggere dagli uomini quando necessario e anche qualche dovere che non stava a lui precisare. Per quanto dotato di una spiccata fisicità Ryohei non brillava per il suo acume o per il suo intelletto fino. Soleva allenarsi tutto il giorno imponendosi sempre più del giorno precedente e il suo morale era sempre alle stelle, non importa che cosa gli accadesse, che fossero compiti in classe, esami o qualsiasi ostacolo. Con il "cammino di un uomo" da seguire attraverso la boxe si sentiva sempre una persona di valore. Non aveva mai dubitato di se stesso e di quello che faceva in tutta la sua vita. La sua via era il pugilato, il suo sostegno era sua sorella minore Kyoko. Non aveva bisogno di niente finchè avesse avuto queste due cose.
Un martedì mattina Ryohei non si svegliò all'alba, ma prima ancora per allenarsi. Erano le quattro appena quando uscì di casa per una lunga ed estenuante corsa che avrebbe stremato anche il più resistente atleta della scuola Namimori. Il suo entusiasmo per la prova di forza lo portò a correre più del previsto e finì per mettere piede nel cortile scolastico molto più tardi del solito, all'orario d'ingresso di tutti gli altri studenti. Era molto seccato per questo, non aveva potuto esercitarsi al sacco prima delle lezioni e si ripropose di lavorare il doppio nel pomeriggio.
«Nii-chan!»
Ryohei si fermò quasi oltre il cancello appena si sentì chiamare. Sua sorella stava arrivando in quel momento, riparata sotto l'ombrello giallo, in compagnia di una sua amica dall'aria seria. La guardò con appena un po' di curiosità poichè non gli pareva di averla mai vista. La sorella intercettò lo sguardo e sorrise più ampiamente.
«Nii-chan, conosci già Hana-chan?» disse lei. «Hana chan, questo è il mio fratellone!»
Hana si limitò a fare un cenno di saluto con la testa senza proferire motto, mettendosi piuttosto a osservare il fratello dell'amica, con gli occhi scuri che saettavano dalla cicatrice sul sopracciglio al cerotto sul naso. Ryohei non ne aveva idea e se l'avesse saputo non se ne sarebbe curato in quanto Uomo, ma il suo aspetto era eccessivamente trasandato per attirare la gran parte delle ragazze coetanee, e per le poche restanti bastava esibire il suo estremo carattere per scoraggiarle.
«Yoroshiku!» rispose lui al suo saluto, a un livello di voce un po' troppo alto.
«Sei uscito presto stamattina, nii-chan... dove sei stato?»
«Ho seguito un nuovo percorso di allenamento e ci ho messo troppo tempo! Domani lo coprirò molto più velocemente e potrò fare gli esercizi al sacco prima della campanella!»
Al solo citarla quella suonò l'entrata e gli studenti iniziarono a confluire dentro l'edificio lentamente, rallentati dalla pioggia e dalla chiusura degli ombrelli nell'ingresso. La sorellina di Ryohei lo salutò allegramente augurandogli un buon allenamento nel pomeriggio, mentre l'amica replicò lo stesso cenno di saluto di prima avviandosi con lei alla porta. Ryohei non pensava a nessuna delle due in particolare in quel momento e gettò un'occhiata desiderosa alla porta della stanza del club di boxe, rammaricandosi che ci fossero ancora molte ore di lezione a separarli.


Ryohei, da pessimo studente che era, non era in grado di ricordare praticamente nulla che non potesse essere ricordato con il corpo, pertanto dell'amica di sua sorella gli rimase in mente poco o niente. Ne ricordava il nome perchè l'aveva sentito altre volte a casa, ma del suo aspetto non ricordava altro che capelli lunghi e occhi neri. Non conservava alcun ricordo di come lo aveva guardato la prima volta, a malapena il cenno di saluto che gli aveva fatto, l'averla incontrata non aveva lasciato apparentemente nessun segno nella sua vita. Al punto che, quando andò nella classe di Kyoko a cercarla, neanche notò la sua amica.
«Oh, il fratellone di Kyoko.»
Ryohei si voltò verso di lei e dopo qualche secondo la riconobbe. Dove poi riuscì a pescare nella memoria il suo cognome è un mistero tutt'oggi.
«Oh, Kurokawa!» esclamò, avvicinandosi a lei. «Dov'è Kyoko?»
«Ha accompagnato Misuzu in infermeria.» rispose lei, posando di nuovo lo sguardo sul libro. «Perchè la cercavi?»
«Dovevo dirle che resterò fino a tardi per il recupero!»
«Cavolo, ma lo sai che hanno inventato le e-mail per queste cose?»
Quello che ovviamente Hana Kurokawa non poteva sapere era che non solo Ryohei non aveva mai mandato una e-mail in vita sua, ma nemmeno possedeva un cellulare. Sarebbe stato solo una perdita di tempo: per lui un messaggio poteva essere recapitato a voce, se doveva parlare a qualcuno bastava andare a cercarlo e dirglielo, incurante del fatto che potesse trovarsi anche fuori casa in qualsiasi luogo della città. Nulla era impossibile per Ryohei Sasagawa, niente tranne fare le cose come una mente più aperta e forse pigra concepirebbe.
«Ah, aspetta, Sasagawa... Kyoko doveva portarti una cosa.»
Ryohei si fermò e tornò indietro di un passo di fronte al suo banco. Restò a osservarla mentre abbandonava un libro dalla copertina rigida di tessuto rosso e lettere dorate stampate per chinarsi alla ricerca di qualcosa nella borsa di sua sorella. Ovviamente non gli passò neanche per l'anticamera del cervello di aprire quel libro, di chiederle cosa stava leggendo o anche solo di sforzarsi di leggere al contrario un titolo in alfabeto occidentale: che un uomo leggesse o si interessasse alle letture di una ragazza non era contemplato nel suo codice personale, poteva essere un Uomo anche senza leggere alcunché.
«Ecco.»
Hana Kurokawa riemerse dal banco con in mano un bento avvolto in un furoshiki dall'aria familiare, ma Ryohei dovette afferrarlo prima di rendersi conto di essersi dimenticato per l'ennesima volta il bento sul tavolo della cucina. Dette in un improvviso urlo che fece sussultare Hana e anche qualche altro studente intorno.
«L'ho dimenticato alla grande!!»
«Sì, beh...» fece Hana dopo essersi ripresa dallo spavento. «Come ogni volta Kyoko te lo ha portato.»
«Lo mangerò in meno di nove minuti... mentre corro a ringraziare Kyoko!»
Ryohei corse fuori dalla classe rischiando di investire due studenti che stavano entrando, sempre con un urlo estremamente carico di energia motivazionale. Naturalmente i due entrarono chiedendosi chi fosse quel pazzo e che diavolo avesse da urlare. Al suo banco Hana riaprì il libro, scuotendo la testa con un sorriso esasperato.
«Ci vediamo, fratellone di Kyoko.»


Fino all'ultimo momento Ryohei fu combattuto, tentato dall'idea di marinare il recupero pomeridiano che facevano lui e altri tre o quattro sbandati con dei voti disastrosi. Avrebbe preferito passare tutto il giorno nella stanza del club di boxe, era anche ritornato un membro che aveva di recente lasciato perdere. Alla fine però si convinse che sarebbe stato solo peggio evitare le lezioni e ci andò controvoglia.
Forse se Ryohei Sasagawa non fosse mai andato a quella lezione nulla di ciò che ho già narrato avrebbe avuto un senso e non avrebbe mai avuto un seguito. Non lo sapremo mai, perchè lui ci andò, come ho già detto.
La lezione di inglese era estremamente noiosa per Ryohei, che a malapena in quella lingua sapeva presentarsi e i termini tecnici del proprio sport preferito. I pugili non avevano bisogno di parlare molto, i loro pugni parlavano la stessa lingua in tutti i ring di tutti i paesi del mondo, quindi era facile capire quanto il nostro protagonista ritenesse futile la materia e tutto il tempo che era costretto a dedicarle. Ben presto abbandonò la testa sul palmo della mano mentre faceva rullare la gomma tra le nocche scorticate come unica espressione della sua impazienza. Fissava la lavagna e l'insegnante senza avere la minima idea del senso che avessero quelle parole e fantasticava su che cosa stessero facendo al club, su che cosa avesse convinto Sumaru Inoue a ritornare sui suoi passi e approfittando nel tempo morto per pensare a che cosa avrebbe dovuto dire alla presentazione dei club da lì a un mese.
Uscì completamente dallo stato catatonico all'improvviso non appena l'insegnante sollevò dalla cattedra un libro dalla copertina rossa con il titolo stampato in lettere dorate. Stavolta a prima vista aveva riconosciuto il libro che aveva degnato appena di uno sguardo sul banco di Hana e che gli era scivolato via senza suscitare il minimo interesse. Si sforzò di ascoltare e a quanto ne aveva capito era una raccolta di poesie in lingua inglese di un qualche scrittore famoso dell'Europa. Quando l'insegnante sollevò un altro libro il suo cervello si scollegò dall'aula e dalla lezione, ma continuò a pensare al libro e ad Hana Kurokawa. Kyoko era una ragazza semplice, studiava per avere dei voti alti, ma non era mai stata nella graduatoria più alta della scuola, leggeva solo qualche romanzo da ragazzine al di fuori dei libri scolastici, le piaceva fare cose da ragazze come andare a fare shopping o assaggiare i dolci delle pasticcerie più rinomate della città. Era sinceramente sorpreso che la sua migliore amica fosse così diversa da lei. Era seria e non sorrideva, leggeva libri difficili... che altro faceva nel suo tempo libero? Aveva un qualche club? Che cosa le piaceva fare? Accompagnava Kyoko nelle sue uscite ogni volta? Si rese conto di non sapere assolutamente nulla di lei, ma questo lo sapeva anche prima. La cosa che lo sorprendeva era scoprire che lo infastidiva non avere nessuna risposta alle sue domande su di lei.
Continuò a scervellarsi inutilmente alla ricerca di stralci di quello che Kyoko potesse aver detto di lei a casa, ma la sua memoria da pesce rosso non lo aiutò. Alla fine della lezione schizzò via dalla classe, ma non prima di essersi accaparrato il libro rosso per il compito assegnato dalla professoressa.

Non credo di sorprendervi dicendo che con quel libro Ryohei ci fece poco o niente, se non avere conferma del fatto che Hana doveva essere estremamente intelligente, mostruosamente più di lui per cavare un senso da tutte quelle parole strane che andavano a capo in modo insolito. Seppure con la traduzione a fronte non comprese il significato di nessuna delle poesie nè a che cosa si riferissero in maniera così criptica.
Modificò i suoi allenamenti in modo da potersi trovare nel cortile quando la gran parte degli studenti entravano a scuola e con loro sua sorella e la sua amica, che fissava maniacalmente, convinto che mantenere il contatto visivo lo rendesse un osservatore più attento. Tuttavia qualcosa la notò comunque, come il fatto che Hana portava sempre il cardigan invece del gilet, che aveva una gonna che era più lunga delle altre e ormai riusciva quasi ogni mattina a notare se si era arricciata i capelli oppure no.
Non era riuscito a scoprire molto sui suoi impegni e sulle cose che le piacevano, dato che continuava a seguire gli allenamenti assiduamente. L'aveva vista uscire ogni volta da scuola insieme a Kyoko, e la comparsa di una gang sconosciuta di ragazzi che picchiavano e rapinavano gli studenti che si avventuravano soli in certe zone gli dava una valida scusante per chiedere alla sorella dove fosse stata, con chi e a che ora. Dagli interrogatori serali scopriva che per quella settimana Hana e altre amiche erano sempre state insieme, in qualche negozio (tra cui una libreria) e a studiare alternativamente a casa di una o dell'altra. Ryohei arrossì da solo come un idiota al solo pensiero di dire a Kyoko di portare le sue amiche a studiare a casa, ma dato che lui non ci sarebbe stato non aveva alcun senso e saltare un allenamento solo per vedere una ragazza sarebbe stato tradire la sua arte e la sua via. Se si fosse trattato di vedersi con lei da solo sarebbe stata un'altra faccenda, una cosa virile che forse avrebbe meritato di togliere tempo a qualcos'altro.
Hana Kurokawa era un pallino nel suo cervello, lo tenne sveglio più di una notte in cui trovò anche il tempo di fare il compito d'inglese, per quanto fosse in suo potere fare. Nella sua testa era una buona occasione, poteva semplicemente dirle che si ricordava di averle visto in mano il libro e di aver bisogno di un aiuto con quel compito. Poteva essere una splendida occasione per parlare con lei.
Il mattino di lunedì andò a scuola senza fare jogging per la prima volta da quando aveva memoria, probabilmente dall'epoca della terza elementare. Si era premurato di mettersi persino la cravatta, anche se un po' allentata. Non riuscì a liberarsi delle bende sulle mani, però. Erano come medaglie sulla giacca di un militare, un distintivo sul petto di un poliziotto, il suo orgoglio e il suo tratto distintivo, per cui decise di tenerle. Sarebbe stato capace di masticare una per una ogni matita e penna della sua classe per l'impazienza che arrivasse l'intervallo e finalmente la campanella gli permise di arraffare il libro e fiondarsi nel corridoio in direzione dell'aula della sorella. Sarebbe andato tutto liscio se poco prima di arrivare non avesse sentito due studenti parlare vicino alla finestra.
«Ti prego, Mitsuo! Fammelo copiare, che figura ci faccio se non so nemmeno fare un'espressione?!»
«Un votaccio come sempre, che cambia?»
«Ma non posso fare la figura dello stupido davanti a lei!!»
Ryohei si bloccò nel corridoio come se fosse diventato di marmo. Molto lentamente alzò il libro e lo guardò, realizzando che il suo piano per parlare con Hana Kurokawa era probabilmente il suicidio sentimentale più elaborato della storia (ovviamente non con questi termini, ma è la conclusione a cui arrivò). Aveva davvero intenzione di andare da lei e mostrarle quanto impedito fosse in inglese? Voleva davvero farle sapere che non era capace di leggere i suoi stessi libri anche se aveva un anno in più? Probabilmente ad Hana avrebbe fatto piacere attirare l'attenzione di qualcuno che condividesse i suoi gusti, o almeno che fosse in grado di spiegarle il perchè non li condivideva. Perchè aveva deciso di fare una cosa tanto stupida?
«Ah, Sasagawa... hai di nuovo dimenticato il bento?»
Ryohei alzò gli occhi scoprendo che Hana Kurokawa stava uscendo dalla sua classe e l'aveva visto. Si affrettò a nascondere il libro dietro la schiena e per liberarsi dall'imbarazzo scoppiò in una risata fragorosa.
«Assolutamente no, stavolta l'ho ricordato!»
«Ah... bene... cerchi Kyoko?»
«Uhm, in realtà io volevo solo... solo... s-sa... uhm...»
«Salutarla?» completò lei, guardandolo in modo strano.
«Ehm, certo! Certamente! Io non so stare tanto tempo senza vedere Kyoko, sono venuto a salutarla!»
«Allora te la chiamo.»
Hana sparì nella classe lasciando a Ryohei il tempo di prendere un sospiro e chiedersi che cosa diavolo stesse facendo. Era davvero così difficile parlare con una ragazza? Non era riuscito nemmeno a dire che era passato a salutarle entrambe e non ebbe più modo di correggere il tiro, perchè Kyoko lo raggiunse senza la sua migliore amica, che rimase seduta al banco a fare chissà cosa con un giornaletto che sfogliava avanti e indietro più volte. Sebbene si fosse ostinato a parlare a voce alta e a sostare davanti alla porta lei non alzò più lo sguardo verso di lui finchè non la campanella non lo costrinse a battere in ritirata.


 

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Capitolo 2
*** Un Uomo, e un amichevole consiglio ***


Hibari Kyoya era praticamente la nemesi di Ryohei Sasagawa. Era come lui un tipo fisico, orgoglioso e con una precisa idea di come le varie categorie di persone dovessero vivere le loro vite, ma al contrario di lui era un tipo silenzioso, molto riservato, che odiava le folle al punto da essere sull'orlo della sociopatia, nessuno al mondo l'aveva sentito gridare e sopravvivere per raccontarlo; il suo tono consueto era una sorta di profondo, mortifero sussurro, come fosse perennemente al capezzale della sua allegria morente. Non dimostrava mai entusiasmo per niente e nessuno, ma come Ryohei era capace di uccidere per proteggere quello che amava, e si dava il caso che ciò che più amava fosse un edificio scolastico, lo stesso che frequentava.
Si stava godendo una tranquilla mattinata esente da lezioni come la maggioranza delle sue mattinate, libero da bazzeccole come lo studio in virtù del suo ruolo di presidente del comitato disciplinare e assoluto despota della scuola e di buona parte della città. Sedeva alla scrivania con il giornale aperto accanto a un bento vuoto e una tazza di tè ancora piena e fumante, ma proprio quando stava per gioire interiormente della sua splendida giornata la porta venne spalancata e richiusa con violenza, come avrebbe potuto fare un uragano.
«Hibari, dobbiamo parlare da uomo a uomo!» tuonò Ryohei comparendogli davanti senza preavviso.
«Oh.» fece Hibari. «Ma certo, fai con comodo, vuoi del tè per caso?»
Chiunque altro avrebbe colto la vaga sfumatura di sarcasmo nella voce del temibile presidente del comitato e si sarebbe affrettato a chiedere scusa per aver invaso il territorio in modo così irruento, ma qui si sta parlando di Ryohei Sasagawa, che di sarcasmo e di Hibari non ha mai capito un fico secco.
«Grazie!»
Un attimo dopo lui svuotò la tazza e la rimise dov'era. Hibari la fissò, combattuto fra l'incredulità che qualcuno avesse davvero osato bere dalla sua tazza, lo stupore che potesse non essersi ustionato l'esofago dato che il tè era bollente e la furia di non avere più nemmeno una goccia da bere. Alzò gli occhi grigi sull'indesiderato ospite cercando di trattenersi dal pestarlo.
«Che cosa diavolo vuoi, Sasagawa?»
«Dicono che tu hai una bellissima fidanzata, Hibari! È vero?»
Era ovvio dalla sua espressione scioccata che Hibari non si sarebbe mai aspettato quell'argomento di conversazione e dentro di sé si chiese anche come aveva fatto un tale impiastro a saperlo. E dire che avevano anche cercato di essere discreti quasi come se una relazione fosse un crimine.
«Come diavolo fai a saperlo?»
«L'ho sentito al club di pugilato! Allora, è vero?»
«Che cosa vuoi, Sasagawa?» domandò lui sulla difensiva.
«Voglio sapere come hai fatto a conquistare quella ragazza!» fece Ryohei spostando bruscamente la sedia e prendendovi posto, come a dire che non si sarebbe mosso senza una risposta. «Che cosa hai fatto per piacerle? Che cosa le hai detto? Voglio sapere tutto!»
Hibari avrebbe voluto dirgli molte cose in quel momento: di alzarsi dalla sua sedia e uscire dal suo ufficio, di andarsene a quel paese tanto quotato insieme ai pettegolezzi su di lui, che non era un prete per raccogliere le sue confidenze e tantomeno era suo amico, ma l'unica cosa che emerse su tutto il resto era il presupposto dietro tutte quelle domande.
«Cosa ti fa pensare che io abbia fatto qualcosa di speciale per piacerle?!»
«Nessuna ragazza sana di mente si metterebbe con te, devi aver fatto qualcosa!»
Hibari lo fissò indispettito. Nessuno era mai venuto a molestarlo così fastidiosamente in tutta la sua vita.
«A lei piaccio perchè sono figo, ecco perchè.» sbottò lui. «Perchè ogni cosa che faccio la faccio bene, per questo sono figo.»
«Quindi si è fighi quando si fanno le cose per bene, giusto?»
«Sì, è così. Si è fighi quando si sanno fare le cose nel modo giusto e con classe, ecco perchè... oh, ma perchè perdo tempo a spiegare una cosa simile a te? Tu non puoi sembrare figo neanche se reciti.» tagliò corto Hibari, aprendo il giornale e sparendovi dentro. «Se lo spiegassi a quella tazza sarebbe la stessa cosa.»
In effetti Ryohei Sasagawa aveva già spostato la sua scarna attenzione ai pensieri che gli ballavano in testa, senza sentire una parola di quello che Hibari stava dicendo. La ragazza di Hibari lo aveva scelto perchè era "figo", ed era figo perchè sapeva fare bene le cose. Pensò a che cosa sapeva fare bene lui e gli venne in mente soltanto la boxe. Era l'unica cosa che sapesse fare, non era bravo in nessun tipo di lavoro domestico, non aveva mai cucinato in vita sua, non dedicava tempo a nessun altro sport e a nessun passatempo, ancora meno allo studio. Se voleva sembrare "figo" per Hana Kurokawa doveva farle vedere quello che riusciva a fare meglio. Doveva vederlo combattere, era l'unico modo. Si alzò di scatto dalla sedia e corse fuori dalla stanza.
«Grazie, Hibari, sei un amico!»
«No che non lo sono!» gli gridò dietro Hibari. «Se va male NON ritornare!!»

Per Ryohei non fu semplice trovare l'occasione adatta per mostrare ad Hana il suo unico talento, ma solo la prospettiva di combattere davanti a lei gli metteva addosso una carica di energia mai sperimentata prima. Si allenò molto a più a lungo e molto più intensamente in vista del prossimo decisivo incontro, al punto di arrivare a marinare più di un recupero. Raramente la mattina riusciva a vedere sua sorella e la sua amica prima di entrare a scuola, ma il suo interesse non si affievolì per niente, anzi sembrava crescere.
Alla fine si presentò l'occasione perfetta con l'arrivo del torneo fra le scuole, un torneo che coinvolgeva ogni singola scuola del paese in tornei prefetturali i cui vincitori potevano competere nei regionali e infine ai nazionali. Dato che l'anno precedente i risultati non erano stati eccellenti per il club di boxe a causa del polso che si era rotto, Ryohei vide quel momento come la rinascita promessa: sul ring che non aveva potuto toccare l'anno precedente, contro i campioni della scuola vincitrice dell'anno precedente, poteva ottenere una sfolgorante vittoria. Si vide in piedi con il guantone alzato verso il cielo, le luci puntate addosso, l'avversario a terra per knock out, l'arbitro che gridava il suo nome, la folla che applaudiva e fra di loro spiccava il volto rapito di una ragazza dall'aria familiare...
«Onii-chan?»
Ryohei si riscosse dalle sue fantasie e alzò la testa coperta dall'asciugamano. Sulla soglia della stanza del club era appena apparsa sua sorella Kyoko, sorridente come al solito. Persino dopo un massacrante allenamento era in grado di scattare in piedi al minimo preavviso, mentre la maggior parte dei ragazzi della scuola a malapena sarebbe stato ancora vivo.
«Kyoko!»
«Volevi vedermi, onii-chan?»
«Esatto!» disse lui, prendendo il massimo del coraggio. «Kyoko, so che a te non piace vedermi combattere, ma per una volta io voglio che tu ci sia al mio torneo!»
«E perchè proprio adesso?»
«Perchè questo è il torneo in cui riprenderemo il titolo per la nostra scuola, e vincerò! Voglio che per una volta tu ci sia quando vincerò!»
Kyoko lo guardò stupita, perchè il fratello non le aveva mai chiesto prima di venire a un incontro di boxe, ma questa volta per lui sembrava così importante che non se la sentì proprio di rifiutare. Gli sorrise e annuì.
«Va bene, allora verrò al torneo!»
«Kyoko, devo chiederti un altro favore!»
«Quale?»
«Porta anche Kurokawa con te!»
Kyoko poteva anche non essere una volpe, ma persino lei mangiò la foglia e guardò il fratello con una strana espressione, in parte sorpresa e in parte divertita, l'aria tipica di chi vede confermare dei sospetti insoliti. Ryohei si accorse troppo tardi di essersi esposto in maniera fatale.
«Cioè, voglio dire...»
«La porterò con me per farmi coraggio durante il tuo combattimento.» disse lei, continuando a sorridere come al solito. «Le dirò che mi hai chiesto di esserci ma che non riesco ad assistere da sola, va bene?»
«Assistere a cosa?»
Hana Kurokawa sopraggiunse dal cortile con aria vagamente annoiata, ma naturalmente Ryohei era troppo contento per notarlo. Era più che contento, era decisamente su di giri e per quanto vedeva lui Hana era sorridente e decisamente di buonumore quanto lui. Raddrizzò le spalle e gonfiò il petto come avrebbe potuto fare un gallo nel pollaio.
«Mio fratello combatterà al torneo delle scuole e mi ha chiesto di andarlo a vedere!» disse Kyoko allegramente all'amica. «Vuole vincere il titolo che abbiamo perso lo scorso anno a tutti i costi! Andiamo a fare il tifo?»
«... Al torneo di boxe? Kyoko, dici sul serio?»
«Per lui è importante, quindi lo è anche per me!»
«Beh... se proprio la metti così... devo accompagnarti?»
«In due lo sosterremo il doppio, vero, onii-chan?»
«Assolutamente sì!» gridò di rimando Ryohei, inconsapevole del fatto che il mettere passione in una frase non era sinonimo di aggiungere decibel.
«Beh... allora okay. Okay, verrò anch'io.»
«Grazie, Hana! Sei grande!»
«Sai cos'è grande? Il nostro ritardo al club, hanno già cominciato, andiamo...»
«Oh! È vero... allora ci vediamo a casa, onii-chan! Impegnati con l'allenamento, vogliamo vederti vincere!»
Hana prese il polso di Kyoko e insieme corsero via verso la palestra più grande per le attività del club. Ryohei sentì zampillargli la gioia nel petto e a stento si trattenne dall'urlare il tempo necessario per chiudere la porta della stanza del club. Poi si lasciò andare ad un forsennato urlo di vittoria prima di continuare il suo programma di allenamento. Non seppe mai che il suo urlo aveva fatto sussultare Hibari che passava lì di fronte diretto al campo di baseball.

Con tutti gli allenamenti massacranti che il club di boxe aveva seguito, il torneo interscolastico arrivò fin troppo in fretta. Sumaru Inoue ebbe due o tre crisi di urla e pianti per la mole di lavoro e l'ansia del torneo incombente ma in qualche modo Ryohei riuscì a convincerlo a presentarsi quel giorno, con il palazzetto dello sport pieno di gente. Tutti con la stessa giacca del club di boxe di Namimori, un cerotto sulla faccia e le mani fasciate fecero l'iscrizione al torneo fra i primi. L'entusiasmo di Ryohei subì una brusca impennata quando vide sua sorella vicino al bar e con lei la sua amica Hana. Si congedò dal resto del gruppo e raggiunse le ragazze.
«Siete venute!»
«Lo avevamo promesso!» disse Kyoko, aveva l'aria molto emozionata. «Come ti senti, onii-chan?»
«Alla grande! Farò a pezzi chiunque oggi! Vi mostrerò la mia boxe!»
Hana Kurokawa si gettò un'occhiata nervosa intorno, ma Ryohei non aveva idea che lo avesse fatto perchè, con il suo minacciare a voce molto alta, era diventato bersaglio delle astiose occhiate di altri partecipanti. L'unico pensiero di Sasagawa era se dovesse o no dire qualcosa ad Hana prima di combattere, rassicurarla sulla vittoria, o qualche altra cosa da uomini. Inconsapevole del fatto che l'ultimo pensiero di Hana era la sua incolumità o il piazzamento della scuola ai regionali.
«Io vado, ci vediamo dopo il torneo!»
Ryohei dedicò uno sguardo unicamente ad Hana Kurokawa e forse per la prima volta Hana stessa capì quale contorto meccanismo l'aveva portata a passare la giornata a guardare ragazzi intenti a farsi a pezzi a colpi di guantone. 
E quel giorno ne vide proprio tanti di pugni, ma difficilmente avrebbe potuto essere diversamente andando ad assistere a un torneo di pugilato. Per diverse ore tutte le scuole della prefettura salirono a turno sul ring in un tripudio di violenza regolamentata da un individuo con la maglia a righe. Se ne vide di ogni, tra pugili della stessa scuola che litigavano fra loro per combattere per primi, altri che venivano presi dal panico e si aggrappavano alle corde per non affrontare gli avversari, paradenti che schizzavano via, sangue, sudore e colpi proibiti per la gioia della gran parte del pubblico. La gran parte, ma non tutto.
Ryohei Sasagawa era senza dubbio il miglior pugile sul ring quel giorno e sconfisse tutti i suoi avversari per knock out, nonostante avesse incassato anche qualche colpo al limite del regolamento e parecchie brutali legnate. Chiunque non fosse pratico di boxe si sarebbe chiesto se davvero valesse la pena di avere la faccia ridotta in quella maniera per vincere un torneo scolastico per cui non si viene nemmeno pagati, ma per Ryohei Sasagawa alzare il pugno al centro di quel ring equivaleva a vincere un incontro per il titolo mondiale, perchè nella sua mente vincere quel giorno significava avere la gloria e la donna che desiderava.
Durante l'annuncio della sua vittoria aveva cercato ovunque nella folla esultante, nonostante l'occhio sinistro ci vedesse molto poco per un brutto gancio incassato ingenuamente, alla ricerca delle uniche due donne che per lui contassero qualcosa: sua sorella e Hana Kurokawa. Riuscì a trovarle finalmente sul sesto spalto, più a destra rispetto al ring centrale. Kyoko saltellava applaudendo e gli stava gridando qualcosa che nel caos del palazzetto non poteva sentire, ma Hana non aveva affatto lo sguardo che sperava di vederle. Non era affatto felice, non applaudiva nemmeno. Ma naturalmente la testa di Ryohei aveva pronta una risposta anche per questo: era sicuramente turbata dai colpi che aveva preso, ma non appena si fosse rimesso in sesto sarebbe stato diverso. Un paio di cerotti, un po' di ghiaccio, quando avesse visto che stava bene allora avrebbe potuto tranquillizzarsi e lasciarsi andare liberamente. Dopotutto, era perfettamente normale che una donna si preoccupasse per l'incolumità del proprio uomo.

Ryohei Sasagawa si fece medicare in fretta mentre per risparmiare tempo faceva del suo meglio per asciugarsi il sudore e cambiarsi i vestiti, dato che non gli pareva carino presentarsi da una ragazza con dei calzoncini sporchi di sangue, poco importava se la suddetta lo aveva appena visto sputare sangue sul ring. Appena ricevette il permesso del medico per uscire con le proprie gambe, schizzò fuori dallo spogliatoio e corse lungo i corridoi cercandola, per poi inchiodare quando la vide vicino alle uscite del palazzetto. Si aggiustò il colletto della tuta e si diede il contegno che supponeva dovesse avere un uomo che torna dalla guerra, orgoglioso di aver servito il suo paese e sicuro di trovare una compagna felice del suo rientro. Purtroppo lo sguardo di Hana non era propriamente quello di una devota moglie che riabbraccia il marito veterano di guerra.
«Oh, Kurokawa!» fece lui a mo' di saluto. «Allora, come ti è sembrato?»
Hana lo fissò con uno sguardo che era più consono a Hibari che a una ragazza in adorazione.
«Che cosa ti è saltato in testa, Sasagawa?!»
Ryohei si fermò qualche passo più distante di quanto avrebbe voluto e per la prima volta non seppe che cosa rispondere. Nei suoi vari scenari mentali, Hana non gli aveva mai parlato in tono aggressivo.
«Lo so che cosa stai cercando di fare! Non so in quale primitivo regno tu viva visto che Kyoko non ti assomiglia per nulla anche se è tua sorella, ma per conquistare una ragazza non la si porta a vedere uno spargimento di sangue!»
Non si aspettava che i suoi discreti tentativi di seduzione venissero così platealmente intercettati da Hana, sebbene sapesse che era una donna intelligente. Era proprio costretto a improvvisare.
«È la boxe! Lo spargimento di sangue è inevitabile quando i pugni di due uomini si incontrano!»
«Quello che ho visto io là dentro sono degli idioti a cui piace così tanto prevaricare sugli altri da picchiarsi a vicenda per vedere quale uomo delle caverne ha più forza dell'altro!» fece lei allargando il braccio verso la porta da cui aveva lasciato la tribuna. «Se soltanto avessi chiesto una sola cosa a Kyoko su di me sapresti che io odio gli uomini che si comportano da imbecilli, e tu mi hai mostrato il massimo della tua stupidità!»
«Hibari mi ha detto che per conquistare una donna si deve mostrare loro quello in cui siamo bravi, e l'unica cosa che io so fare davvero è la boxe!»
«Hibari?!»
La voce di Hana aveva raggiunto nuovi livelli di acutezza e dovette prendere un profondo respiro per non mettersi a urlare quanto Ryohei. Stizzita, si passò la mano fra i capelli tirandoli via dalla faccia. Solo in quel momento lui notò che li aveva arricciati ed erano lucidi, erano particolarmente curati.
«Tu hai chiesto a Hibari come trattare con una ragazza?! Se fai una domanda a un cavernicolo è ovvio che avrai in risposta una tattica da cavernicolo!»
«Un cavernicolo? Ma quindi, tu non trovi che Hibari sia figo?»
«Non è figo per niente! Quello è un pazzo psicotico! Dice cose senza senso, guarda tutti come se fosse un dio e risolve tutti i suoi assurdi problemi picchiando le persone! Non è figo, è un idiota!»
«Eppure dicono che ha una bellissima ragazza!» insistette Ryohei, come se il semplice fatto che Hibari Kyoya avesse una splendida compagna lo collocasse primo nelle classifiche di fascino e capacità di seduzione.
«Ce l'ha, ma anche lei è mezza matta, è anche lei una a cui piace picchiare la gente! Ma per l'amor del cielo, Sasagawa... perchè non riesci nemmeno a pensare a una cosa così ovvia?! Sono la migliore amica di tua sorella e tu vai a chiedere consiglio a un decerebrato? E hai anche la bella pensata di dargli retta e farmi vedere... questo! A me e a tua sorella, anche!»
«Questo è la mia vita, il cammino di un vero uomo!» ribattè Ryohei, che iniziava a trovare fastidioso che Hana parlasse di boxe come se fosse una pratica medioevale. «La boxe è chiamata anche la nobile arte!»
«La nobi... che nobiltà c'è nel prendere a pugni un altro uomo fino a farlo svenire?! Godete a farvi del male e osate anche chiamarla "nobile arte"?!»
Hana Kurokawa mosse qualche passo e gli si fece sotto come e peggio di un pugile, puntandogli il dito davanti alla faccia con un'espressione di furia terrificante. Ryohei potè finalmente notare anche un'insolita ombra di trucco delicato sopra i suoi occhi scuri e un tono particolarmente rosato sulle sue labbra.
«Ti ho visto, che cosa credi? Ti ho visto baciarti le nocche come fossero una benedizione divina! È... ridicolo! Ridicolo e assurdo!»
Hana si voltò di scatto e i suoi capelli dai morbidi ricci ondeggiarono proprio davanti a lui. Un momento dopo la ragazza corse via uscendo dal palazzetto e lasciandolo solo nel corridoio, con un pugno di cocci di sogni infranti e un delicato profumo di fiori nelle sue narici.

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Capitolo 3
*** Un Uomo, e un cambiamento necessario ***


La freddezza di Hana Kurokawa nei confronti di Ryohei Sasagawa diventò così evidente che tutta la classe della ragazza cominciò a darsi alle congetture. Tutti i maschi avevano assistito al torneo e la scuola intera in pochi giorni seppe che la Kurokawa era andata a vedere gli incontri di Sasagawa. All'improvviso tutti ebbero la strana idea che i due stessero insieme e che avessero appena litigato per un motivo sconosciuto, impressione rafforzata dal fatto che Sasagawa Ryohei tentava di parlare con lei ad ogni occasione senza successo, arrivando anche a gridarle le sue scuse lungo il corridoio all'ora di pranzo.
Questi pettegolezzi erano talmente diffusi che persino Hibari Kyoya, il supremo pezzo grosso di Namimori, così in alto da non essere disturbato nemmeno dal sistema scolastico che avrebbe dovuto piazzarlo al primo anno di un qualche liceo anzichè ancora alle medie, aveva saputo del risultato disastroso dell'approccio di Ryohei. Non fu del tutto sorpreso quando lo vide irrompere nuovamente nel suo ufficio, ma ciò non lo rese più bendisposto di quanto non fossa stato la prima volta.
«Sasagawa, di nuovo qui?»
«Dobbiamo parlare, Hibari.»
«È proprio qui che ti sbagli, non sta scritto da nessuna parte che devo parlare con te.»
«Che cosa devo fare, Hibari? Kurokawa non ammira per niente la mia bravura nella boxe, anche se ho vinto i prefetturali! Che cosa può fare un uomo se l'unica cosa che è in grado di fare non piace alla donna che vuole conquistare?!»
Hibari prese atto che Ryohei non aveva alcuna intenzione di ascoltare le sue proteste e lo fissò con aria indagatrice. Gli pareva un uomo molto diverso da quello che aveva fatto irruzione la volta scorsa, aveva l'aria di chi non aveva dormito e mangiato regolarmente e trovò divertente che tutto ciò fosse a causa di una ragazza. E trovò anche più divertente che stavolta i pettegolezzi fossero arrivati dall'altra parte della barricata.
Stava per parlare quando notò uno sguardo stranamente malinconico che Sasagawa diede alle proprie mani, come al solito fasciate. Quel momento di debolezza diede a Hibari il senso della situazione più dei vari pettegolezzi. Mosso da una strana sensazione di pietà, stavolta porse volontariamente il suo tè al pugile.
«Senti, Sasagawa... ci sono un sacco di modi per piacere a una ragazza... forse a Kurokawa non piace la boxe, ma le piaceranno altre cose, no? Qualcosa in comune ce l'avrete.»
«Ma se a lei fa schifo quello che per me è la vita che cosa possiamo avere in comune?!»
«Beh, se le cose stanno così lasciala perdere e basta, ci sarà qualche altra ragazza carina a cui piacciono le montagne di muscoli senza cervello.»
«Hibari, io voglio lei!»
Hibari distolse lo sguardo dalle scartoffie dei vari club e tornò a guardare Ryohei con vago interesse. Perchè doveva proprio andare a chiedere a lui tutte quelle cose? Forse se avesse ripetuto quelle magiche parole in faccia ad Hana Kurokawa lei avrebbe cambiato idea, ma non s'illudeva che ci arrivasse da solo.
«Senti, Sasagawa... io non ho tempo per te e mi sorprende che tu ne abbia per stare qui a lamentarti di una ragazza a cui non piace la boxe.» disse alla fine. «È normale che a una donna non piaccia combattere e non ami vedere la violenza, alle donne piacciono altre cose.»
«Ma alla tua ragazza piace invece! Perchè Kurokawa invece pensa che io e te siamo dei cavernicoli?!»
Hibari a malapena sapeva chi Kurokawa fosse e in quel momento decise che non gli era simpatica.
«Evidentemente a lei piacciono quegli uomini smielosi che sono gentili e fanno regali, che diavolo vuoi che ne sappia?! Io nemmeno la conosco questa qui!»
«È molto bella, ha...»
«Non me ne frega niente nemmeno se ha le antenne, ora levati dal mio ufficio.»
«Ma che faccio con Kurokawa?»
«Quello che ho detto prima, falle qualche smanceria. Devi essere gentile. Non chiedermi come essere gentile con le ragazze, tanto non sono capace di farlo, la gentilezza non è nella mia natura.»
Ryohei Sasagawa aggrottò le sopracciglia e strinse gli occhi mentre il suo cervello cercava di pensare a qualcosa che non fosse istintivo. Stava pensando ad Hana, al fatto che gli aveva detto più volte di non andare a chiedere consiglio a Hibari perchè ne avrebbe avuto solo soluzioni da cavernicolo. Ma lui era un Uomo, non avrebbe mai avuto la faccia di andare a chiedere consiglio sulle donne a sua sorella.
«Hibari! Dimmi tutte le cose che tu non faresti mai per piacere a una donna!»
Hibari restò piuttosto spiazzato dalla richiesta, ma poi guardò assorto verso la bacheca dei trofei sportivi.
«Io non lascerei mai il comitato per una donna.» rispose alla fine. «Non mi renderei mai ridicolo cambiando i capelli o i vestiti per piacerle. Non le farei stupidi regali, non le lascerei messaggi romantici nè farei il ragazzo gentile e carino solo per farmi perdonare qualcosa... ehi, che stai facendo?»
Ryohei stava prendendo appunti su un foglio a caso preso dalla scrivania, con la penna del comitato disciplinare di Hibari. Ovviamente era consapevole di avere una pessima memoria, quindi una cosa così importante doveva assolutamente scriversela.
«Non devo dimenticarmelo!»
«Sasagawa, un'altra cosa dovresti sapere, e vale per la Kurokawa come per chiunque.»
«Che cosa?»
«La gente ODIA che gli si urli in faccia, è chiaro? Smettila di gridare come un pazzo.»
«Oh! Non lo sapevo. Scusa.» fece Ryohei in una specie di roco sussurro, mentre lo scriveva. «Hai altri consigli da darmi?»
Hibari si sporse sulla scrivania andandogli più vicino possibile, al punto che per Ryohei era fin troppo poca distanza tra due uomini e raddrizzò la schiena allontanandosene.
«Non sussurrare, non sei al capezzale di qualcuno che muore.» sussurrò di rimando Hibari, sarcastico. «Ora lascia la mia penna e vattene dal mio ufficio.»


Ryohei Sasagawa passò un intero fine settimana senza vedere Hana Kurokawa, senza chiederne notizie a Kyoko seppure sapesse che probabilmente erano uscite insieme e soprattutto senza allenarsi. Il medico gli aveva consigliato di riposare il più possibile in vista dei regionali, ma le raccomandazioni dei dottori non gli avevano mai fatto venire scrupoli a massacrarsi di esercizi comunque per sfogare la sua dirompente energia e il suo estremo entusiasmo... il problema era che per la prima volta aveva sentito calare proprio questi ultimi. La sua energia non era ai soliti folli livelli oltre l'umana sopportazione, e Ryohei attribuiva questo calo alla mancanza di entusiasmo per la boxe, provocato da Hana con le sue pungenti critiche. Non solo non capiva la boxe e non le piaceva, ma lei la odiava. La detestava, la trovava una pratica primitiva, violenta, per uomini stupidi e sadici. Per quanto potesse non essere intelligente Ryohei non era sadico, non aveva mai visto il pugilato come uno strumento per fare del male, anzi, come uno per non danneggiare gli innocenti. Nella boxe ci si misurava con persone dello stesso sesso e della stessa stazza, che si erano allenate, avevano ricevuto la forza e la tecnica per affrontare una sfida che avevano deliberatamente accettato. Lui la vedeva come una battaglia leale fra uomini di eguale livello, una guerra di orgoglio in cui tutte le disparità erano eliminate, dove le uniche cose a fare la differenza erano la passione, la forza interiore e l'ambizione.
Purtroppo non riusciva a trovare le stesse parole che ho usato ora, per cui ogni volta che aveva cercato di intavolare il discorso con una riluttante Kurokawa che a malapena lo guardava mentre tentava di sfuggirgli, aveva fatto fiasco. Ormai cominciava davvero a pensare che anche solo avere un rapporto normale con Hana Kurokawa fosse impossibile, non sarebbe nemmeno più riuscito a scambiare un saluto o una frase circostanziale con lei per il resto dell'anno... e dopo quell'anno, lui sarebbe andato al liceo di Namimori, ma Hana era una brava studentessa, probabilmente avrebbe puntato una scuola migliore, magari nella città vicina. Un'ardua scelta si affacciava al cuore di Ryohei: lasciare la boxe per avere Hana Kurokawa, o lasciar perdere la prima ragazza che avesse mai notato (amato era una parola che non gli sfiorò nemmeno il cervello) per essere fedele allo sport che tanto venerava e che tanto gli aveva dato?
Dopo il week end di tormento, Ryohei aveva preso una saggia decisione: stare a vedere se con "quello che Hibari non avrebbe mai fatto" riusciva almeno a restringere la frattura tra lui e la ragazza che popolava i suoi sogni, prima di porsi il problema di lasciare o no la boxe. Il mattino non uscì comunque ad allenarsi prima della scuola e usò il tempo per vestirsi con particolare cura. Arrivò persino a mettersi la cravatta dell'uniforme, che non indossava mai.
«Onii-chan, come mai così elegante?»
«Non ho un motivo in particolare, mi va così!» le rispose, ostentando il solito buonumore. «Che c'è per colazione, Kyoko?»
E così, dopo un'abbondante colazione alla giapponese con riso e zuppa i due fratelli Sasagawa si avviarono insieme a scuola. Come al solito Kyoko si doveva fermare davanti alla casa di Hana Kurokawa e fece così anche quel mattino, anche se lanciò un'occhiata preoccupata al fratello quando suonò il campanello. Pochi istanti dopo Hana corse fuori dalla casa e non poteva essere più ovvio che si era alzata tardi, con il fiocco storto, i capelli particolarmente scarmigliati e la borsa ancora aperta. Un'altra cosa piuttosto ovvia era che non si aspettasse di vedere Ryohei così presto, o non sarebbe mai uscita ridotta in quel modo. Perchè semplicemente, se le ragazze vogliono essere belle per i ragazzi che piacciono loro, ancora di più vogliono essere impeccabili per quelli che hanno già rifiutato. Gli strani meccanismi dei cervelli femminili sono tutt'oggi un mistero anche per menti più brillanti di quella di Sasagawa.
«Che fai tu qui?»
Ryohei dovette appellarsi al massimo delle sue capacità per tenere a mente tutto quello che avrebbe dovuto fare e soprattutto per metterlo in pratica senza esplodere. Doveva essere gentile, non doveva gridare, non doveva dire nulla che potesse anche solo sembrare aggressivo e non doveva nominare la boxe, almeno per quel giorno...
«Ho pensato di venire a scuola insieme a Kyoko e a te.» disse con irriconoscibile pacatezza. «Non ti darò nessun fastidio.»
Hana sembrò sorpresa, ma non disse niente e decise di comportarsi come se Sasagawa non fosse nemmeno lì. Si sistemò al volo i capelli, lanciandosi in una descrizione della serata frenetica che avevano avuto in casa a causa dello scaldabagno e lamentandosi delle pile per la sveglia che sospettava le avessero venduto già scariche a metà. Normalmente Ryohei avrebbe gridato indignato e sarebbe corso a reclamare al negozio di persona anche se fosse stato un centro commerciale della città vicina, ma quella mattina non lo fece e restò in silenzio ad ascoltare. Alla fine, quando arrivarono a scuola, pensò che non era nemmeno così difficile una volta superati i primi minuti.
«Onii-chan, oggi sei al club tutto il pomeriggio?»
«Ah, no, non tornerò al club fino ai regionali, penso.» disse sforzandosi di non guardare Hana. «Il medico dice di stare a riposo e stavolta gli darò retta! Magari è per questo che non sono riuscito a vincere nemmeno un incontro ai regionali, due anni fa!»
«Capisco!» disse Kyoko sorridendo ampiamente. «Meglio così, sarai riposato e guarito per i regionali!»
«Dopotutto lo sport deve servire la salute e non il contrario!»
Hana Kurokawa non fu l'unica a sorprendersi della grande saggezza dimostrata da Ryohei in questa frase. Kyoko si affrettò a confermare con ardore.
«È proprio vero, onii-chan! Sono davvero contenta che la pensi così anche tu!»
La prima campanella della scuola suonò e parte dei gruppetti di ragazzi che chiacchieravano in cortile iniziarono a confluire all'ingresso. Tre studentesse del primo anno si affrettarono passando accanto ai Sasagawa e a Kurokawa parlando di libri da restituire prima delle lezioni. Kyoko fece uno strano verso.
«Devo restituire il libro anch'io! Corro prima della lezione, a dopo, Hana! Ci vediamo, onii-chan!»
«Kyoko!» protestò Hana, senza riuscire a trattenerla. «Cavolo...»
Ryohei capì immediatamente che non avrebbe avuto un'occasione migliore di quella. Anche senza prendere il foglietto dalla tasca della giacca ricordava comunque le "cose che Hibari non avrebbe fatto": non avrebbe mai fatto il ragazzo carino e gentile solo per farsi perdonare qualcosa.
«Kurokawa, mi dispiace molto per essere stato invadente e averti costretta a venire a vedere il torneo anche se non ti piaceva l'idea!» snocciolò prima che lei pensasse di scappare via come le altre volte, a voce più alta di prima, ma almeno non stava urlando. «Non ti coinvolgerò mai più nelle attività del mio club e non parlerò più di boxe in tua presenza! Non volevo assolutamente infastidirti, anzi!»
Hana Kurokawa lo guardò negli occhi per la prima volta dal torneo, ma non disse nulla. Si limitò ad annuire prima di avviarsi verso l'ingresso. Ryohei le lasciò un paio di passi di vantaggio prima di seguirla, osservandola per cercare di capire che cosa pensasse. Si toccò i capelli sei volte nel breve tempo che le occorse per arrivare all'armadietto e cambiare le scarpe, poi lo guardò ancora.
«So quali erano le tue intenzioni al torneo e so quali hai adesso.» disse Hana, in palese imbarazzo. «Ma non otterrai niente fingendoti diverso da quello che sei davvero. Sei stato carino stamattina, ma io lo so che tu non sei davvero così. Faresti meglio a lasciar perdere.»
Hana Kurokawa scappò via mentre Ryohei rimase nell'ingresso con una scarpa sola e l'altra in mano. Ovviamente il suo cervello aveva registrato soltanto una cosa di quello che Hana gli aveva appena detto, rendendo vano il significato di tutto il resto: "sei stato carino stamattina". Quindi la sua teoria funzionava, per piacere a una ragazza normale bastava fare quello che Hibari non avrebbe mai fatto per una donna.

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Capitolo 4
*** Un Uomo, e una prova d'amore ***


Nel pomeriggio del venti aprile Ryohei attendeva qualcuno o qualcosa, appoggiato al muro del cortile della scuola di Namimori. Scrutava la strada con aria seria mentre si rigirava una monetina fra le nocche. Sapendo come la situazione peggiorava riguardo alla gang che aggrediva gli studenti e avendo saputo delle molteplici aggressioni a ragazzi della Namimori, non si sorprese di trovare Hibari in strada anzichè a scaldare la bella poltroncina del suo ufficio. Dal canto suo, nemmeno Hibari pareva essere sorpreso di trovare Sasagawa a fare la sentinella al cancello e fece un enigmatico sorriso al suo indirizzo.
«Sasagawa, perchè sei qui fuori anziché in classe?»
«Per lo stesso motivo per cui tu non sei stato in ufficio.» ribattè lui. «Controllo se girano qui intorno dei tizi sospetti.»
«Ogni aggressione è sempre più vicina alla scuola, alla stazione e alla fermata dell'autobus. Quei patetici bastardi si pentiranno di aver preso di mira la mia scuola e gli studenti di Namimori.»
«Hibari, quello che hai detto sembrava quasi una frase da eroe!»
Hibari fissò Ryohei con una faccia imperscrutabile, impossibile per chiunque capire se fosse arrabbiato o soltanto a suo modo lusingato. Hibari Kyoya, un uomo con la varietà di espressioni facciali di una teiera. Poi ripetè il misterioso sorrisetto di poco prima, smentendo la teoria della teiera.
«A proposito, stamattina la Kurokawa aveva un mazzetto di margherite dentro l'armadietto.» fece Hibari con un tono forzatamente casuale. «Tu ne sai qualcosa?»
Fu il turno di Ryohei di esibire un misterioso sorriso. Chissà perchè, gli uomini hanno una passione particolare per farsi sorrisi da uomini vissuti parlando di donne, anche se si tratta di due ragazzini come in questo caso.
«So che è il suo compleanno.» rispose Ryohei. «Qualcuno le avrà fatto un regalo.»
«Qualcuno?» domandò Hibari, che sembrava spassarsela un mondo. Per quanto uno come Hibari potesse spassarsela senza spargere sangue, naturalmente.
«È una cosa che tu non faresti mai, no? Regalare fiori a una ragazza per il suo compleanno.»
«No, mai.»
«Allora sicuramente le avranno fatto piacere.»
Hibari ritornò all'espressione indefinibile, forse indeciso se sentirsi offeso per l'uscita o se essere impressionato per la singolare soluzione architettata da Ryohei. Forse scelse entrambe le opzioni, perchè c'era qualcosa di acido nel sorriso che fece subito dopo, dedicando un intenso sguardo al grande orologio sulla facciata della scuola.
«Non sembrava per niente contenta, le ragazze hanno cominciato a prenderla in giro nell'ingresso quando li hanno visti... la Kurokawa è diventata tutta rossa, ha urlato di stare zitte a tutte e li ha buttati nel bidone.»
Ryohei questo non se lo aspettava di certo e perse ogni traccia di sorriso, mentre girava la testa per guardare Hibari. Purtroppo lui gli voltava le spalle, impossibile provare a intuire una bugia. Non seppe che cosa dire e prese a scervellarsi sul perchè avesse reagito tanto male. Era stato per le altre ragazze? Avrebbe fatto meglio a lasciarli in un posto dove avrebbe potuto trovarli quando fosse stata sola?
«Però...» aggiunse Hibari quando pensò che la suspance fosse abbastanza.
«Però? Però cosa? Però cosa?!»
Hibari lo guardò con un'espressione incredibilmente divertita, chiunque si sarebbe strofinato gli occhi credendo di sognare per la rarità che stava vedendo.
«Però è tornata a prenderli di nascosto, l'ho vista. Se li è messi dentro la borsa come se stesse rubando qualcosa dai grandi magazzini.»
Ryohei si sentì talmente sollevato che gli venne da ridere a immaginare la scena. Era anche indicibilmente felice che Hana non avesse davvero gettato via così i fiori che le aveva regalato apposta per il suo compleanno, anche se l'avevano messa in imbarazzo. In fondo allora c'era ancora speranza, lei non pensava che fosse un capitolo già chiuso, se no non avrebbe voluto alcun regalo da lui. Non era forse così?
«Sembra che tu abbia trovato una strada per la donna che volevi, Sasagawa... ora che hai qualcosa devi proteggerlo.» disse Hibari, fissandolo con aria seria. «Proteggile entrambe, tua sorella e la tua ragazza.»
«Non è la mia... beh, non ancora! E poi che stai dicendo, Hibari?! Metti angoscia!»
«C'è una gang là fuori che aggredisce gli studenti della mia scuola, lo hai dimenticato? Io non posso essere ovunque, quindi fai la tua parte e almeno assumiti la responsabilità di quelle due.»
«Lo farò! Dopotutto, tu devi preoccuparti della tua fidanzata!»
«... La mia ragazza non è nemmeno di questa scuola.»
Ryohei guardò Hibari ad occhi spalancati. C'era decisamente qualcosa che gli sfuggiva, a partire dall'aria depressa con cui lo aveva detto. Insomma, più depressa rispetto al suo solito tono, non era molto più di una sfumatura della voce.
«Co... ma come cavolo hai fatto a metterti con una di un'altra scuola, se sei sempre qui?! Dove diavolo l'hai incontrata?!»
«Per quale motivo dovrei dirtelo?!»
«Sei stato tu a dirmi che non era della scuola, adesso ho diritto di chiedere!»
«Non ho tempo di chiacchierare con te, Sasagawa!»
Hibari si voltò con tutte le intenzioni di andarsene, ma il muscoloso braccio di Ryohei lo afferrò e lo trascinò diversi passi indietro, quasi scaraventandolo fuori dal cancello. Prima che potesse minacciarlo di ucciderlo però il pugile gli puntò un dito contro.
«Se non me lo dici andrò a chiedere a tutte le ragazze dell'Aoi e della Midori se sei fidanzato con loro!»
«Ma che... sarebbe la cosa più stupida del mondo.»
«Sai perfettamente che sono in grado di fare qualsiasi cosa, per quanto estremamente stupida!»
«Fai pure, se hai tempo da perdere.»
«Quindi non è dell'Aoi nè della Midori? Allora andrò a chiederlo anche a Kokuyo!»
Qualcosa di indefinibile attraversò gli occhi grigi di Hibari Kyoya, eppure era così evidente che persino Ryohei lo notò e scoppiò a ridere trionfante.
«La tua ragazza è della Kokuyo, allora! Va bene, allora non ti chiederò altro, puoi andare!»
Ryohei continuava a ridersela e Hibari in un altro momento avrebbe volentieri picchiato qualcuno che lo metteva in imbarazzo e che gli consentiva di andarsene come se avesse potere su di lui, ma vuoi per il fatto che Sasagawa era qualificato ai regionali, vuoi che aveva davvero voglia di andarsene e porre fine a quell'interrogatorio, Hibari infilò il cortile e puntò dritto verso l'ingresso.
«Ehi, Hibari!» gli gridò dietro Ryohei. «Una volta usciamo tutti e quattro insieme, così me la presenti!»
«Tutti e quattro CHI?!»
«Tu, io, la tua ragazza e Kurokawa!»
«Pensa prima a fidanzarti con Kurokawa, idiota!»
Hibari scomparve dentro la scuola e Ryohei tornò a scrutare le strade, sollevato dalle buone notizie che aveva sentito. Nessuno dei due si accorse che il club di baseball, quello di atletica e qualche studente affacciato alla finestra aveva sentito il loro ultimo scambio di battute urlato da un lato all'altro del cortile.


All'uscita dei ragazzi da scuola chiunque avrebbe capito che la notizia delle aggressioni sempre più frequenti e vicine si era diffusa come un'epidemia, infatti tutti i ragazzi si muovevano a ranghi compatti in direzione delle proprie abitazioni. Dal cancello Ryohei poteva vedere Hibari che stava vicino ai ragazzi del comitato disciplinare e stava parlando con una studentessa del primo anno con occhiali e trecce e l'aria spaurita. Non poteva ovviamente sentire che cosa dicevano con il brusio di centinaia di ragazzi, ma lo vide fare un cenno e uno del comitato scortò la ragazza in strada e si avviò con lei verso una delle fermate dell'autobus. A quanto pareva Hibari prendeva molto sul serio il suo compito di proteggere la scuola e tutti gli studenti.
«Onii-chan! Pensavo che non venissi oggi...»
«Beh, sono venuto a prendervi per accompagnarvi a casa! Avete sentito delle aggressioni, no? Due ragazze non dovrebbero andare a casa da sole finchè Hibari non si occuperà di quei vigliacchi.»
Kyoko sorrise e annuì, dando in tutto e per tutto ragione al fratello. Lo ringraziò e si mise a parlare di quello che dicevano a scuola sul numero e l'aspetto degli aggressori, ma le voci erano talmente tante che non si sapeva a cosa credere. Per qualche motivo Hana Kurokawa restò a qualche passo di distanza dall'amica e da suo fratello, senza avere il coraggio di guardarlo negli occhi. Ryohei, dando prova della sua sporadica capacità di osservazione, notò un petalo bianco fare capolino dalla chiusura della cartella della ragazza e seppe che Hibari non gli aveva mentito.
«Kurokawa, che fai lì?» le disse col tono più spontaneo possibile. «Andiamo a casa!»
Su un'altra cosa Hibari non aveva mentito e gli fu chiaro in quel momento: alcune ragazze scoppiarono in fastidiosi e ostentati risolini non appena lui le rivolse la parola. Una di quelle si indicò il naso e Ryohei capì che per qualche motivo trovavano ridicolo il suo cerotto. Al pugile non era mai capitato prima nella vita di trovare stupido qualcuno, eppure in quel momento quelle ragazze gli sembravano davvero... stupide. Non avevano niente di meglio a cui pensare invece di rendere il suo rapporto con Hana ancora più difficile di quanto non fosse?
«Hana-chan, andiamo?» le chiese dolcemente Kyoko.
«...Sì...»
Hana si accodò a loro mentre altri gruppi lasciavano la scuola e si disperdevano nel dedalo di piccole strade che attraversavano l'area residenziale di Namimori. Alcuni studenti da soli o coppie di studentesse erano accompagnate da un membro del comitato disciplinare che lanciavano occhiate guardinghe tutt'intorno, ma nessuno di loro seguì Hana e Kyoko. Ryohei fu molto fiero del fatto che Hibari si fidasse davvero a lasciare che fosse lui a proteggere le due ragazze, anche se sperava di non essere costretto a fare a pugni di nuovo di fronte ad Hana, senza contare che anche sua sorella sarebbe stata in pena se fosse accaduto.
Kyoko era piuttosto di buonumore, sia lei che l'amica avevano preso un voto molto alto nell'ultimo test di matematica e avevano fatto una fantastica torta alla lezione di economia domestica, ma Hana non sembrava essere la stessa persona che aveva condiviso quei momenti con lei. Camminava guardando la strada e non diceva nulla. Ryohei non riusciva a capire che cosa avesse e si chiese se non avesse a che fare con le ragazze di poco prima.
«Oh, e poi stamattina Hana ha ricevuto dei fiori!»
Sia Ryohei che Hana furono strappati dai loro pensieri, lui fu preso da una sorta di panico, lei impallidì stringendo più forte le mani sulla cartella. Furono reazioni così spropositate che persino Kyoko notò che qualcosa non andava e guardò da lui a lei senza arrivare a una conclusione sensata. Dopotutto era pur sempre una Sasagawa.
«Ah... fiori? Ma certo, fiori! Sono cose che si regalano alle ragazze, no?» fece Ryohei ostentando una grassa risata. «Probabilmente ha molti ammiratori, è ovvio che riceva fiori!»
«Io... io ho dimenticato una cosa.» disse all'improvviso Hana, tornando qualche passo indietro. «Ho dimenticato una cosa a scuola e... mi serve assolutamente... faccio una corsa e torno, eh? Andate avanti!»
«Hana, ma è pericoloso!»
«Ci metterò un momento, lo prometto!»
Senza esitare un altro momento la ragazza si girò e corse via in direzione della scuola. Ryohei le gridò di aspettarli, che sarebbero andati insieme, ma Kyoko gli prese il braccio e scosse la testa, facendogli un gran sorriso.
«Non possiamo andare con lei, Onii-chan... credo sia andata a prendere i tuoi fiori.»
Ryohei fu quasi sconvolto di scoprire che anche sua sorella era stata abbastanza sveglia da capire chi avesse mandato i fiori ad Hana quel mattino, ma non fece in tempo a chiederle come lo avesse capito perchè dalla strada della scuola arrivarono dei compagni di classe di Kyoko che la salutarono. Li conosceva tutti di vista, uno di loro giocava a baseball e si chiamava Yamamoto. Gli altri li aveva incrociati qualche volta andando dalla sorella durante l'intervallo. Uno dei due di cui non sapeva il nome intavolò il discorso delle sentinelle del comitato disciplinare e in quel momento a Ryohei venne un dubbio. Hibari aveva detto che Hana aveva preso i fiori dal bidone vicino all'ingresso e li aveva nascosti nella borsa, e lui aveva visto il petalo... che cosa era tornata a prendere Hana a scuola?
«Avrebbe dovuto farsi accompagnare anche Kurokawa...» disse il ragazzo più basso. «Non mi sembra una buona idea andarsene in giro da soli dalle parti della stazione... soprattutto per una ragazza...»
«Ma Hana è solo tornata a prendere una cosa a scuola, era con noi.» disse Kyoko.
«Beh, vi ha scaricato.» disse l'altro ragazzo rudemente. «L'abbiamo appena incrociata e stava andando dalla parte della stazione, non andava verso la scuola.»
Kyoko e Ryohei si scambiarono un'occhiata densa di significato. Ryohei imprecò sonoramente rivolgendo gli occhi in alto, quasi potesse controllare l'aura di Hana e scoprire dove si trovava. Non poteva credere che una ragazza così intelligente potesse essere stata così incosciente da andarsene da sola in quella situazione solo perchè era in imbarazzo per un mazzo di margherite...
«Yamamoto, ti affido Kyoko!»
«Eh? Ma dove vai, senpai?»
«Devo trovare Kurokawa prima che la trovino loro! Per favore, accompagnate Kyoko a casa!»
«Va bene, lascia fare a noi.»
«Onii-chan!»
Ryohei non rispose alle proteste della sorella e corse via lungo le strade, maledicendo quei fiori e pregando di fare in tempo a raggiungerla prima che le succedesse qualcosa di brutto.


Ryohei correva per le strade intorno alla stazione senza avere un'idea di dove fosse la ragazza che cercava. Era andata da quella parte, ma poi? Non vedeva praticamente nessuno in giro, nessuno a cui chiedere se avesse visto una ragazza con l'uniforme delle medie Namimori passare da sola. Disperato e scordandosi completamente qualsiasi tattica, decise di chiamarla e sperare che lo sentisse e rispondesse.
«KUROKAWA!» gridò senza smettere di correre per le strade. «KUROKAWA! DOVE SEI?»
Non ebbe nessuna risposta, ma le sue orecchie innaturalmente tese colsero un grido lontano. Senza pensarci più di mezzo secondo infilò la strada sulla sinistra e si avvicinò di corsa al punto da cui pensava fosse arrivato l'urlo, purtroppo si perse nel silenzio dopo che un treno fu passato sferragliando vicino a lui. Rallentò fino a fermarsi. I polmoni gli facevano male e il suo respiro affannoso era l'unico rumore che udiva. Era come affondato sotto il mare, incapace di sentire qualsiasi rumore...
«KUROKAWAAA!»
Il suo grido sembrò rimbombare fra i muri e le case, uccelli spaventati presero il volo frusciando dall'albero più vicino. Un momento dopo qualcos'altro rispose al suo richiamo, alzandosi dalla strada accanto.
«Sasagawa!!»
«Chiudi il becco!»
La voce di Hana lo aveva chiamato con un tono che non le aveva mai sentito, era spaventata. Quanto alla voce che le aveva intimato di tacere, non la conosceva. Ebbe la certezza nel suo intimo che si trovasse con i misteriosi aggressori degli studenti della Namimori e corse da lei. Il dolore ai polmoni scomparve, sostituito da un bizzarro miscuglio di sensazioni contrastanti: l'urgenza e la calma, la preoccupazione e la freddezza.
Raggiunse la strada adiacente e scoprì tre individui con l'uniforme della scuola media Hirenkyo, che avevano affrontato durante il torneo e sconfitto sonoramente. Non gli parve vero di vedere fra i tre anche uno dei loro pugili, che stava strattonando il braccio di Hana.
«Lasciatela subito!» intimò Ryohei ai tre.
«Altrimenti?» fece uno dei due sconosciuti. «Gira al largo e vivrai più a lungo.»
Ryohei tentò di schivarli e raggiungere Hana, ma i due lo placcarono respingendolo. Tentò una seconda volta con più impeto, ma venne comunque trattenuto mentre guardava l'altro pugile strappare la cartella dalle mani di Hana e aprirla per frugarci dentro.
«Ridammela!» gridò Hana, tentando di riprenderla e finendo spintonata per terra. «Dammela, razza di...»
Ma non sapremo mai quale razza Hana Kurokawa attribuiva al pugile della Hirenkyo, perchè lui sbattè via il mazzo di margherite e imprecò ad alta voce per l'esiguità del suo bottino, perchè nella cartella di Hana non c'era nulla che per lui avesse un valore. Stizzito, calpestò i fiori più volte, rovinandoli irrimediabilmente. 
«Dannazione! Da come la difendeva sembrava averci messo dentro un sacco di soldi, e invece c'è solo un bento vuoto, libri e degli stupidi fiori!» sbottò lui, gettando la cartella a terra. «Uno spreco totale di tempo... ci abbiamo rimediato un cellulare da due soldi!»
La studentessa della Namimori non si rialzò nemmeno da terra e non protestò per riavere il suo cellulare. Si limitò ad allungare la mano per prendere quello che restava dei fiori schiacciati, un fascio di gambi piegati e qualche petalo spiegazzato ancora attaccato ad essi. Ryohei non poteva vedere i suoi occhi, celati dai suoi lunghi capelli mossi, ma in qualche modo poteva sentire quanto era triste, quanto era in imbarazzo e quanta voglia aveva di piangere. Che razza di uomo era se lasciava che Hana fosse attaccata, derubata e piangesse senza fare niente?
Si avvicinò per la terza volta ai due studenti che ridacchiavano della sua ostinazione, senza sospettare che questa volta non aveva nessun motivo per trattenere i suoi pugni. Alzò le braccia e con soli tre colpi ben assestati i due sconosciuti finirono a terra, gemendo e rantolando per il dolore. Il pugile dell'Hirenkyo fece due passi indietro e alzò le braccia pronto a battersi, ma Ryohei raggiunse prima Hana, senza però abbassare la guardia.
«Kurokawa, sei ferita?»
«No.» disse lei piano. «Sto bene.»
«Non temere, io ti proteggerò.»
Le voltò le spalle pronto a fronteggiare il pugile e gli altri due studenti che si stavano rialzando con tutte le intenzioni belliche del caso. Avrebbe voluto dirglielo guardandola negli occhi, ma temeva di non riuscire a spiegarsi, come altre volte in cui avrebbe voluto farle capire cosa pensava. Aveva finalmente capito che cosa poteva dare un intento nobile ai suoi pugni...
«Questa volta ti chiedo di guardare... perchè oggi questi pugni saranno alzati per proteggerti e finalmente la mia arte potrà essere chiamata nobile!»
Ryohei Sasagawa sarebbe stato particolarmente soddisfatto di se stesso se solo avesse potuto vedere lo sguardo che Hana gli riservò in quel momento: gli occhi e il viso trasfigurati da una sorta di sorpresa, di piacevole stupore, gli occhi di chi aveva scoperto la vera natura di qualcosa. In quel caso, di qualcuno. Non li distolse dall'uomo che le aveva chiesto di guardare, nemmeno un momento. Nemmeno quando gli avversari giocarono al massimo della loro slealtà, con calci, pugni, colpi bassi e alle spalle. Hana fu forte e continuò a guardare, fu capace di capire i sentimenti di Ryohei e non intervenire in nessun modo per non ferire l'orgoglio che voleva mostrarle. Ma più di tutto, fu felice quando tutto finì e Ryohei andò verso di lei, ridotto pressochè come lo era alla fine del torneo di boxe, ma trionfante sui tre studenti stesi a terra.
«Ce l'hai fatta.» gli disse burbera Hana, prendendo la cartella.
«Eh... dei pugni con una nobile missione non potevano perdere!»
Hana Kurokawa arrossì appena sulle gote, ma prima che potesse decidere che cosa rispondere la gamba sinistra di Ryohei collassò e lo resse per un pelo. Gli era stato sferrato un pesante calcio sul ginocchio, era già incredibile che non fosse rotto. Un momento dopo Ryohei e Hana realizzarono di essere più vicini che mai e praticamente abbracciati. Sincronicamente distolsero lo sguardo, in imbarazzo.
«Andiamo... a casa, eh?» disse Hana. «Puoi appoggiarti a me per camminare.»
«Mi spiace per questo, Kurokawa.»
«Hana.»
«Eh?»
«Mi chiamo Hana... puoi chiamarmi così.» disse lei, passando il braccio dietro la sua schiena per aiutarlo a reggersi in piedi. «Direi che te lo sei meritato.»
Ryohei non aveva un vocabolario da scrittore di romanzi, ma dubitava che anche se ne avesse avuto a disposizione uno da sfogliare sarebbe riuscito a spiegare come si sentiva a stare così vicino a lei, avere il permesso di chiamarla per nome ed essere... così vicino a lei! A malapena riusciva a pensare ad altro, quasi nemmeno si accorgeva delle ferite che aveva riportato, poi lo sguardo cadde sul libro di poesie straniere dentro la cartella della ragazza.
«Hai anche oggi quel libro... ci ho fatto un compito di inglese su quello!»
«Lo so... me lo ha detto Kyoko...» disse lei sorridendo appena. «Sai, è quel compito che ci ha fatto pensare, a me e a Kyoko, che io ti piacessi... anche se a dire il vero non so che cosa tu abbia visto in me.»
Ryohei fu preso da un attimo di panico. La risposta più spontanea e sincera era "non ne ho idea", ma poi pensò che non fosse una bella cosa da dire a una ragazza. Cercò freneticamente qualcosa da dire e alla fine decise di dire quello che pensava più o meno essere la verità.
«Io non... beh, sapevo che eri nel mio destino!»
Hana lo guardò sorpresa, dopodichè scoppiò in una risata cristallina. A Ryohei, infatuato alla grande, parve un suono fantastico.
«È la stessa cosa che ha detto Kyoko! Ha detto, "magari se lui è mio fratello e tu la mia migliore amica non è un caso, magari è destino che le due persone che amo di più siano fatte per stare insieme!"... così, ha detto!»
«Allora stiamo insieme?!»
«Non esagerare, Ryohei.» fece lei seria, prima di sorridere di nuovo. «Però... sono stata sorpresa che tu mi abbia mandato dei fiori... è stato molto carino. Grazie.»
«Se ti sono piaciuti, te ne porterò degli altri! Quel delinquente te li ha completamente rovinati!»
«E... vorrei dirti grazie per aver usato i tuoi pugni per me.»
Ryohei prese fiato e tentò di non scoppiare per la soddisfazione e la gioia. Gli fu incredibilmente difficile trattenersi dal gridare e mantenere il controllo sufficiente per parlarle ancora una volta, mentre dalla via del passaggio a livello sopraggiungevano studenti della Namimori.
«Grazie per avermi insegnato che cosa sia davvero nobile!»
Subito dopo, su di loro piombarono Kyoko e i suoi compagni di classe, seguiti da due ragazzi del comitato e da Hibari. Piovvero su di loro domande su domande, Kyoko li abbracciò entrambi piangendo, Hibari andò a sincerarsi che non ci fossero sopravvissuti, probabilmente. Purtroppo qualcuno pensò che Ryohei fosse un po' troppo pesante per essere sorretto dall'esile Hana Kurokawa, così si offrì di accompagnarlo a casa e il gruppo marciò verso la zona residenziale a sud di Namimori.
Per tutta la strada, Ryohei Sasagawa e Hana Kurokawa si scambiarono occhiate furtive e sorrisi appena accennati, ma nemmeno una parola. Avrebbero avuto tempo di parlarsi ancora quando ci fosse stata meno folla intorno a loro. Non era detto che non ci fosse ancora tempo per stare in biblioteca a sistemare quel compito d'inglese, prima dei regionali.

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