Tempo sprecato

di Notteinfinita
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una notizia inattesa-venerdì ***
Capitolo 2: *** Ritorno a casa-sabato ***
Capitolo 3: *** La richiesta di Ranma. ***
Capitolo 4: *** La decisione di Ranma - domenica ***
Capitolo 5: *** Tempo per noi- Lunedì. ***



Capitolo 1
*** Una notizia inattesa-venerdì ***


Tempo sprecato

 

«Akane, sbrigati, dobbiamo andare a cambiarci per ginnastica!» disse Yuka, uscendo dalla classe.

«Speriamo solo che il maniaco ci lasci in pace, oggi.» aggiunse Sayuri, sospirando.

«Già!» rispose Akane.

«Stavolta però scordati che io venga in tuo aiuto.» annunciò Ranma, rivolto alla fidanzata. «Ogni volta accorro in tuo aiuto e finisco per essere picchiato!» si lamentò.

Akane gli rispose con una linguaccia mentre il ragazzo correva in direzione della palestra.

Finito di cambiarsi, per fortuna senza visite inopportune, gli studenti si divisero: mentre le ragazze giocavano a pallavolo, i ragazzi si sfidavano a basket.

L'ora era ormai alla fine e Akane aveva appena fatto una schiacciata spettacolare che le era valsa il punto della vittoria, quando si accasciò a terra.

Abbandonando i compagni, Ranma corse in soccorso della fidanzata che giaceva a terra priva di sensi.

Con estrema cautela le sollevò il viso ponendole un braccio dietro le spalle e iniziò a darle dei lievi colpetti sulle guance.

«Akane, Akane, riprenditi!» la esortò, senza ottenere risposta.

«Saotome, la porti in infermeria.» ordinò il professore.

Senza farselo ripetere due volte, Ranma prese la ragazza tra le braccia e la trasportò in infermeria.

Il medico, dopo aver tentato, senza successo, di risvegliarla chiamò un ambulanza.

Appena giunto il mezzo, la ragazza venne caricata in barella e trasportata in ospedale a sirene spiegate. Accanto a lei, preoccupatissimo, stava Ranma.

Appena giunti in ospedale, Akane venne portata via dai medici mentre un disperato ragazzo col codino rimaneva in sala d'aspetto a struggersi per l'ansia.

Era lì da poco più di dieci minuti quando vide arrivare la famiglia Tendo e suo padre.

«Cosa è successo?» chiese Soun, bianco dalla preoccupazione.

«Mentre facevamo ginnastica è svenuta, ora la stanno visitando, non so altro.» spiegò il ragazzo, desolato. «Ma voi come l'avete saputo.»

«Sono venuti a chiamarmi in aula.» spiegò Nabiki. «Perciò ho telefonato a casa e siamo corsi qui.»

I minuti si susseguirono lenti senza che nessuno venisse a dare loro notizie della ragazza.

Erano ormai passate più di due ore quando, finalmente, un medico uscì dalla sala visite e chiese della famiglia Tendo.

«Lei è il padre?» chiese al signor Tendo.

L'uomo fece cenno di si col capo, incapace di parlare per la preoccupazione.

«Mi segua.» continuò il medico, imboccando un corridoio.

«Io sono il fidanzato!» protestò Ranma. «Ho diritto di sapere!»

Con un sospiro, il medico fece cenno a tutti di seguirlo.

Giunti in uno studio, l'uomo si accomodò dietro la scrivania, si tolse gli occhiali e si massaggiò le tempie, come se volesse prendere tempo.

«Per favore, parli.» lo pregò Soun. «Mi dica cosa è successo alla mia bambina.»

Il dottore sospirò pesantemente e congiunse le mani davanti alla bocca.

«È doloroso per me dovervi dare questa notizia ma la signorina Tendo è gravemente malata, le rimangono poche settimane di vita.*» annunciò l'uomo abbassando gli occhi addolorato.

Soun, impietrito, non riusciva ad emettere un fiato mentre i singhiozzi di Kasumi risuonavano per la stanza.

«Lei si sbaglia!» protestò Ranma, battendo un pugno sulla scrivania e incrinandone la superficie. «Lei si sbaglia.» ripeté, con minor convinzione nella voce.

«Lo vorrei tanto ma gli esami non mentono. Le prescriverò un antidolorifico per alleviare l'eventuale sofferenza ma non c'è altro che io possa fare.» spiegò l'uomo con voce triste. «Per oggi, visto che è ancora sotto sedativi, la terremo qui ma domattina potrà tornare a casa.»

Tutti ascoltarono quelle parole impietriti ne loro dolore, troppo disperati per avere la forza di chiedere alcunché.

«Se volete, prima di andare, potete vederla.» aggiunse il medico.

Facendosi forza, Soun, Kasumi, Nabiki, Gemma e Ranma entrarono nella stanza dove la ragazza riposava, ignara di tutto.

Mentre gli altri, nel salutarla, le baciarono la fronte o le strinsero la mano, Ranma si limitò a fissarla con occhi spenti mentre giurava a se stesso che avrebbe fatto del suo meglio per rendere piacevoli gli ultimi giorni di Akane.

Tornati a casa, nessuno aveva voglia di parlare e così ognuno si rinchiuse nella sua stanza e nel suo dolore.

Per la prima volta da quando Kasumi si occupava della casa, quella sera la cena non venne servita ma nessuno se ne accorse, a nessuno importava.

Chiuso nella sua stanza Soun piangeva ininterrottamente sulla spalla dell'amico Gemma.

Nabiki, distesa sul suo letto, fissava il vuoto, troppo triste per fare alcunché.

Kasumi si era rifugiata nella lavanderia, teoricamente intenta a fare il bucato, in realtà seduta con stretta tra le braccia uno dei karateji della sorella, inondato dalle sue lacrime.

Ranma, invece, si era nascosto in palestra ad allenarsi per sfogare il dolore che rischiava di squarciargli il petto.

La notte trascorse pressoché insonne per tutti gli occupanti della casa.

Erano quasi le due quando Nabiki, avvertendo un rumore fuori dalla finestra si affacciò e riuscì ad intravvedere una figura salire sul tetto in corrispondenza della stanza di sua sorella. Nonostante non l'avesse visto in viso era certa che si trattasse di Ranma come poco dopo fu certa che i rumori soffocati che sentiva erano i singhiozzi del ragazzo.

Avrebbe voluto andare da lui, dirgli qualcosa ma, a parte l'oggettiva incapacità a salire sul tetto, cosa avrebbe potuto dirgli quando lei stessa non riusciva a trattenere le lacrime?

*Forse avrei dovuto mettere una malattia specifica ma non me la sono sentita, perdonatemi.

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Capitolo 2
*** Ritorno a casa-sabato ***


Nda:visto che è da un po' che non aggiorno, per farmi perdonare, vi lascio questo piccolo capitolo. Cercherò di aggiornare al più presto.

 

 

La notte trascorse pressoché insonne per tutti gli abitanti della casa. Quando, infine, il mattino giunse e gli abitanti della casa si riunirono in sala mostravano chiaramente sul viso i segni della notte appena passata.

«Oggi vai a scuola?» chiese Kasumi vedendo arrivare Ranma con la cartella in spalla.

«Ma oggi Akane esce dall'ospedale!» protestò Soun, indignato.

«Appunto per questo.» rispose il ragazzo. «Se mi trovasse a casa o andassi a prenderla le sembrerebbe strano. Non è meglio che creda di stare bene e che trascorra tranquillamente ciò che le resta?» spiegò, sentendo la voce venirgli meno.

«Per una volta sono d'accordo con te. Forse tutte le botte in testa che hai preso da Akane non ti hanno danneggiato del tutto il cervello.» affermò Nabiki.

L'averla menzionata fece cadere un silenzio carico di dolore su tutta la stanza.

Nella mente di ognuno tornarono in mente le immagini dei movimentati battibecchi dei due fidanzati che, immancabilmente, mettevano in subbuglio tutta la casa.

«Vado a mettermi la divisa e andiamo.» disse Nabiki, per rompere il silenzio.

Usciti di casa, i due ragazzi si avviarono verso scuola. Era strano essere da soli, senza Akane.

«Devo fare una piccola deviazione.» annunciò ad un tratto il ragazzo.

Nabiki si limitò a seguirlo, per una volta erano in anticipo, ma, quando vide che si dirigevano verso il ristorante “Il gatto” la rabbia ebbe il sopravvento.

«Mia sorella è in un letto d'ospedale e tu corri dalle tue spasimanti?» urlò, afferrando il ragazzo per un braccio.

«Non è come pensi.» si giustificò il ragazzo. «Aspettami qui.» disse, poi.

Con fare silenzioso si avvicinò al locale, fece scivolare due lettere sotto la porta e raggiunse Nabiki prima che qualcuno potesse vederlo.

«Consegna queste a Kuno.» le disse, porgendole due buste, una indirizzata a Kuno e l'altra Kodachi.

Certa che il ragazzo non le avrebbe spiegato cosa avesse intenzione di fare, Nabiki desistette dalla tentazione di chiederglielo e, prese le buste, proseguirono insieme verso la scuola.

Appena entrati, vennero attorniati dai compagni che chiedevano notizie di Akane.

«Lunedì tornerà a scuola.» annunciò Nabiki, vedendo Ranma in difficoltà.

La campanella d'inizio delle lezioni, per fortuna, mise fine ad ulteriori domande e chi notò i loro visi sfatti e le occhiaie non ebbe occasione di indagare in merito.

Appena entrata in classe, Nabiki si avvicinò a Kuno e gli consegnò le buste.

«Sono lettere d'amore di Akane e la ragazza col codino!» esclamò subito il ragazzo, galvanizzato.

«Mi dispiace deluderti ma sono da parte di Ranma.» spiegò la ragazza.

«Allora si tratta di una lettera di sfida!» gridò Kuno sfoderando la sua spada di legno.

«Non ne ho la più pallida idea. Leggila!» ordinò Nabiki, esasperata.

Appena ebbe aperto la lettera, la ragazza si pose alle sue spalle per leggerne il contenuto.

 

Vediamoci questo pomeriggio.

Appuntamento alle 18:00 nel terreno abbandonato vicino la scuola.

Ranma Saotome.

 

Letto il biglietto, Nabiki rimase alquanto perplessa. Kuno, invece venne avvolto da un'aura di furia all'idea dell'imminente scontro.

La giornata trascorse tranquillamente scandita dal susseguirsi delle lezioni.

Quando anche l'ultima campanella suonò, tutti gli studenti si riversarono fuori dalla scuola.

«Nabiki!» chiamò Ranma, avvicinandosi alla ragazza.

«Dimmi.»

«Io verrò più tardi a casa.» disse il ragazzo.

«Non pensi che Akane ci rimarrà male?» chiese lei.

«È per lei che lo faccio.» confessò l'altro.

Con un mezzo sorriso, senza chiedere altro, la ragazza fece un cenno d'assenso e si avviò.

Appena giunta a casa, entrò in cucina per chiedere notizie della sorella.

«Sembra in ottima forma.» le disse Kasumi, con sguardo triste «Il medico le ha detto che ha una semplice carenza di ferro, per non farla preoccupare e per giustificare gli eventuali capogiri. Adesso è in camera sua.»

«Capisco. Papà è riuscito a comportarsi normalmente?»

«Abbastanza. Per fortuna ad Akane non è sembrato strano che l'abbracciasse quasi fino a stritolarla appena è uscita dall'ospedale.» raccontò la maggiore delle Tendo.

«A proposito di abbracci, dovremo avvisare il vecchio maniaco, così la lascerà in pace.» consigliò Nabiki.

«Ha telefonato stamattina, ha vinto tre giorni alle terme, tornerà lunedì sera. Così avremo alcuni giorni di tranquillità!» annunciò Kasumi.

«Prima che me ne dimentichi, Ranma ha detto che tornerà più tardi.» disse Nabiki. «Ora vado un attimo da Akane.»

Facendosi coraggio, la ragazza salì le scale e bussò alla porta della sorella più piccola.

«Avanti.»

«Hey, sorellina, come va?» chiese Nabiki, cercando di mantenere un tono di voce fermo.

«Un po' annoiata, papà ha voluto a tutti i costi che mi mettessi a letto, è stato così insistente che non ho potuto dirgli di no.» spiegò Akane.

«Bé, approfittane per rilassarti un po'.» le suggerì la sorella maggiore, strizzandole l'occhio. «Oggi a scuola chiedevano tutti di te. Ti salutano.»

«Che gentili!» commentò la ragazza. «E Ranma?» chiese infine, non riuscendo più a trattenersi.

«Mi ha detto che sarebbe arrivato più tardi.» rispose semplicemente Nabiki.

E ti pareva, pensò Akane, sicuramente sarà da Shan-pu o da Ukyo a rimpinzarsi, figurati se pensa a me!

Anche se la sorella non aveva detto nulla, Nabiki intuì perfettamente quali fossero i pensieri della sorella e si augurò che Ranma trovasse il modo di farsi perdonare.

Dopo aver chiacchierato un altro po', Nabiki si accorse che era quasi l'ora in cui Ranma aveva dato appuntamento a Kuno così, con una scusa, salutò la sorella e uscì di casa intenzionata a scoprire cosa avesse in mente il ragazzo.

 

Nda:Vi ho incuriosito?

 

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Capitolo 3
*** La richiesta di Ranma. ***


NDA:Chiedo scusa per il ritardo vergognoso.

Cercherò di aggiornare nel più breve tempo possibile, non prima di quindici giorni, però.

Scusatemi!

Dopo aver chiacchierato un altro po' con la sorella, Nabiki si accorse che era quasi l'ora in cui Ranma aveva dato appuntamento a Kuno così, con una scusa, salutò Akane e uscì di casa intenzionata a scoprire cosa avesse in mente il ragazzo.

Intanto, nel terreno abbandonato vicino la scuola, Ranma, appoggiato ad un tubo di cemento, aspettava l'arrivo di Kuno e degli altri.

Come era prevedibile non dovette attendere molto. Puntuali come sempre, i fratelli Kuno fecero la loro comparsa. Mentre Tatewaki cercò di attaccarlo, Kodachi tentò di avvolgerlo nel suo nastro per baciarlo.

Con un salto, si rifugiò dietro i tubi e lasciò che i due litigassero tra loro quindi, con un'abile mossa, disarmò entrambi.

«Finitela!» intimò loro. «Non sono qui per battermi!»

Normalmente avrebbero ignorato le proteste del ragazzo ma qualcosa nella sua voce li fece bloccare.

Erano abituati al suo tono impacciato, strafottente o derisorio ma non a quel dolore che stavolta sembrava pervaderlo.

«Se non vuoi combattere perché ci hai invitato qui?» chiese Kuno, sospettoso.

«Abbiate qualche minuto di pazienza, quando saranno arrivati anche gli altri vi spiegherò tutto.» rispose Ranma riprendendo posto sul tubo di cemento.

Qualche minuto dopo un vociare alterato annunciò l'arrivo di altre due persone e, nello stesso momento, approfittando della confusione creata da loro, anche Nabiki faceva il suo arrivo prendendo posto ben nascosta dietro un cespuglio.

«Lanma, amole mio, eccomi!» trillò Shampoo, cercando di buttare le braccia al collo del ragazzo ma bloccandosi nel vedere lì anche i fratelli Kuno. «Loro perché sono qui?»

«Ho bisogno di parlare con tutti voi, presto capirai.» rispose Ranma, serissimo. «Mousse, grazie di essere venuto. Hai trovato Ryoga?»

«Il tono della tua lettera mi ha fatto capire che si trattava di qualcosa d'importante. Ho fatto come mi hai chiesto ma di Ryoga nessuna traccia.» rispose il cinese, salutando l'altro con un cenno del capo.

«Chi dobbiamo aspettare, ancora?» chiese Kodachi, indispettita dalla presenza di Shampoo.

«Ranma, eccomi. Che succede?» chiese Ukyo, raggiungendo il ragazzo col codino e lanciando uno sguardo perplesso agli altri riuniti lì.

«Ora che ci siamo tutti posso spiegarvi il motivo per cui vi ho dato appuntamento.» annunciò. «Chi studia al liceo Furinkan lo sa già, ma per chi non lo sapesse ieri Akane si è sentita male durante l'ora di ginnastica.»

Kuno e Ukyo fecero un cenno affermativo col capo, senza però capire dove volesse arrivare il ragazzo.

«A scuola abbiamo detto che è tutto ok, che lunedì tornerà a scuola ma la verità è che è gravemente malata, le rimangono solo poche settimane di vita.» confessò, abbassando il capo perché nessuno vedesse i suoi occhi farsi lucidi.

«Maledetto, stai mentendo!» urlò Kuno, con rabbia.

«Vorrei davvero che fosse così.» rispose Ranma, rialzando il capo.

Il dolore dipinto sul suo volto valse più di mille giuramenti: tutti ebbero la certezza che, purtroppo, non stava mentendo.

«Ci penserò io a consolarti.» disse Kodachi, muovendosi in direzione di Ranma.

«Taci!» ordinò Kuno, trattenendola per un braccio.

Un silenzio, doloroso e irreale, pervase il gruppo.

«Le rimane poco tempo e voglio che lo trascorra il più tranquillamente possibile.» spiegò, cercando di tenere la voce ferma.

«Cosa vuoi che facciamo?» chiese Ukyo, singhiozzando.

«Ecco, vorrei che per il tempo che le resta non debba arrabbiarsi per le ragazze che mi vengono dietro o assistere al mio ennesimo combattimento con uno di voi.» rispose.

«Oh Lanma!» esclamò Shampoo, con gli occhi lucidi per il triste destino di Akane ma anche per l'affetto che il ragazzo stava dimostrando nei suoi confronti.

«Conta su di me!» rispose Ukyo, cercando di sorridergli.

«Ti dò la mia parola d'onore.» affermò Kuno, profondamente colpito dalle parole del suo avversario mentre Mousse si limitò ad un cenno affermativo del capo.

Nabiki, intanto, nascosta tra i cespugli, dovette portarsi le mani alle labbra per reprimere un singulto, non si aspettava tanta premura da parte di quel ragazzo che non faceva che chiamare “maschiaccio” la sua fidanzata.

Uno dopo l'altro, chi stringendogli la mano, chi con una pacca sulla spalla, chi abbracciandolo, salutarono il ragazzo col codino finché non rimase solo con Ukyo che si era attardata volontariamente.

«Perché non me ne hai parlato a quattr'occhi?» gli chiese, con sguardo dolce e triste.

«Io...» provò a dire con voce rotta. «Io...» riprovò, senza riuscire a dire altro mentre un groppo gli stringeva la gola e gli occhi gli si facevano lucidi.

Quando Ukyo vide le lacrime negli occhi del ragazzo comprese, non le aveva parlato da sola perché sapeva che sarebbe crollato.

Sorridendogli, nonostante le lacrime premessero per uscire, lo abbracciò stretto e lo sentì appoggiare la testa alla sua spalla, in cerca di conforto.

Dopo poco lo sentì rialzare il capo e allontanarla delicatamente da lui.

«Grazie!» le disse, cercando di sorriderle a sua volta.

Ukyo scollò le spalle e, dopo un ultimo sorriso d'incoraggiamento, se ne andò anche lei.

Rimasto solo, Ranma sospirò alzando gli occhi al cielo per ricacciare indietro le lacrime che minacciavano di sfuggire al suo controllo quindi si avviò verso casa.

Quando il ragazzo ebbe svoltato l'angolo, Nabiki uscì dal suo nascondiglio e s'incammino verso la strada che sapeva più lunga ma anche più sicura per evitare d'imbattersi in lui.

Il codinato camminava per le vie di Nerima chiedendosi come avrebbe affrontato l'incontro con la sua fidanzata. Era ormai quasi giunto nei pressi di casa Tendo quando, alzando lo sguardo, vide davanti a sé una figura conosciuta. Senza pensarci due volte, prese la rincorsa e gli saltò sulla testa con i piedi.

«Ciao P-chan!» lo salutò, esibendo il suo solito tono derisorio.

Immediatamente il ragazzo reagì estraendo l'ombrello dal suo zaino di viaggio.

«Maledetto Ranma, pagherai anche questo!» urlò, cercando di colpirlo. Ma il suo avversario era già saltato a terra ed aveva bloccato il colpo serrando l'ombrello tra le mani.

«Ryoga, ho bisogno del tuo aiuto.» disse Ranma, facendosi improvvisamente serio.

Qualcosa nel tono del ragazzo mise l'altro in allarme, quel tono non preannunciava nulla di buono.

«Di che si tratta?» chiese Ryoga, sospettoso.

«Ti spiegherò tutto, ma non qui. Seguimi.» rispose, balzando sul tetto di una casa vicina.

Saltando da un tetto all'altro e controllando che Ryoga non si perdesse, Ranma lo guidò fino al parco, prese due lattine ad un distributore e porgendogliene una lo invitò a sedersi su una panchina.

Questo comportamento insospettì ancora di più il ragazzo, non era normale per Ranma.

Dal canto suo, il ragazzo col codino cincischiava con la lattina nella speranza di trovare la forza per parlare ancora una volta di ciò che gli stava straziando il cuore.

«Vuoi spiegarmi che diavolo sta succedendo?» chiese, spazientito.

«Si tratta di Akane.» ammise l'altro, a questo punto.

«Cosa le hai fatto?» urlò Ryoga scattando in piedi e afferrandolo per il bavero.

Si sarebbe aspettato una replica velenosa o che lui reagisse colpendolo ma non era preparato a ciò che vide. Le lacrime che Ranma era riuscito a trattenere fino a poco prima iniziarono a scorrere copiose sulle sue guance, impossibili da fermare. I suoi occhi si fecero vacui ed ogni forza sembrò abbandonare il suo corpo.

Ryoga ebbe l'impressione che, se non ci fosse stato lui a sostenerlo, il suo rivale sarebbe crollato a terra.

«Sta morendo.» mormorò con la voce rotta dal pianto. «Akane sta morendo!»

«Maledetto, come osi dire una fandonia simile!» ribatté Ryoga, colpendolo con un gancio.

Come un pupazzo fatto di stracci, Ranma incassò il colpo sollevandosi in aria e ricadendo a terra nella polvere del vialetto.

Non si diede neanche la pena di rialzarsi, rimase a terra, il volto girato di lato, gli occhi spenti.

Ryoga gli si avvicinò, alla ricerca di qualcosa che smentisse le sue parole; vedendolo in quello stato capì e gli sembrò che il mondo gli stesse crollando addosso. Senza più forze, si lasciò cadere in ginocchio di fianco al suo amico.

«Non può essere, non può essere.» mormorò, cercando di convincersi mentre lacrime di disperazione gli salivano agli occhi.

Per diversi minuti i due rimasero fermi, oppressi dai loro pensieri, schiacciati dal dolore.

Facendo quasi violenza su se stesso, Ranma si mise a sedere e raccontò a Ryoga dello svenimento di Akane, della corsa in ospedale, del tragico responso del medico mentre l'altro ascoltava in un silenzio carico di angoscia.

«Per questo ti chiedo di sospendere ogni nostro combattimento e poi...ecco, avrei un' altro favore da chiederti.» disse Ranma, cercando di riprendere il controllo di se stesso.

Contrariamente a quanto aveva temuto, Ryoga non si oppose alle sue richieste, così, uno di fianco all'altro, presero la strada verso il Dojo.

Entrato in casa di soppiatto, affinché nessuno lo vedesse in compagnia di Ryoga, e predisposto ciò che aveva deciso, si avviò verso la stanza di Akane. Giuntò a metà delle scale, però, pensò che lei avrebbe visto come più “normale” se lui si fosse presentato alla sua finestra. Così, fatto dietro front, saltò sull'albero del giardino e, appeso a testa in giù, bussò alla finestra della ragazza.

Pressoché immediatamente il vetro si aprì e un' Akane evidentemente infuriata fece la sua comparsa.

«Che vuoi?» ringhiò.

«Anch'io sono contento di rivederti!» ribatté Ranma,sarcastico.

Prima che la ragazza potesse ribattere qualcosa, le lanciò tra le braccia un fagottino nero.

Akane, stupita, se lo portò davanti gli occhi e vide che si trattava di P-chan e che portava legato al collo un bigliettino con scritto “Bentornata a casa!”

Incredula, Akane lo fissò con sguardo interrogativo.

«Pensavo ti avrebbe fatto piacere trovarlo a casa quando tornavi.» disse, a mo' di spiegazione. «Solo che ci ho messo un po' più del previsto a trovarlo.»

La ragazza si diede mentalmente della stupida, mentre lei lo immaginava beatamente seduto nel ristorante di una delle sue aspiranti fidanzate lui, in realtà, era in giro per la città a caccia di P-chan solo per farla felice.

Incapace di esprimersi a parole, si limitò a sorridergli in segno di ringraziamento mentre si stringeva al petto l'animaletto.

Raramente Ranma l'aveva vista sorriderle così dolcemente. Rimase incantato a guardarla finché non perse la presa sulla grondaia e dovette aggrapparsi al davanzale della finestra per non cadere di sotto.

Akane scoppiò in un risolino divertito e lui, per una volta, fu felice della sua goffaggine.

«Vediamo quanto riderai quando ti avrò dato i compiti per lunedì!» esclamò, fingendosi offeso e balzando dentro la stanza.

«Antipatico!» ribatté la ragazza, continuando, però, a sorridere.

Dopo averle rifilato una linguaccia, Ranma prese alcuni quaderni dallo zaino e li poggiò sulla scrivania.

«Allora, c'è una poesia da parafrasare per letteratura, il capitolo dieci per storia e un nuovo teorema da imparare per geometria.»

Sbuffando, Akane si sedette alla scrivania.

«Bé, allora cominciamo dalla geometria.» propose la ragazza.

«Cominciamo?» chiese lui, confuso.

«Io non ero a scuola quindi tu dovrai spiegarmi il teorema.» spiegò, sorridendogli.

«Oh, va bene.» acconsentì l'altro, grattandosi il capo, confuso e sedendosi vicino a lei. «Il Teorema dice che l'area del quadrato costruito sull'ipo...ipo-cosa...cavolo, non riesco a ricordarlo!»

Akane lo osservò un attimo e scoppiò a ridere.

«Ho capito, telefono a Sayuri.» annunciò la ragazza «Tu resta qui e fagli compagnia.» continuò, sistemando P-Chan sulla sua sedia e uscendo dalla stanza.

Tornata dopo qualche minuto, si risedette alla scrivania e prese P-Chan in grembo.

«Per fortuna Sayuri era stata più attenta di te a lezione, certe volte mi chiedo cosa faresti se non ci fossi io!» esclamò la ragazza, scuotendo il capo, ignara dello sgomento che quelle parole avevano prodotto nei due.

Immediatamente P-Chan iniziò a divincolarsi e, sfuggito alle braccia di Akane, approfittò della porta lasciata aperta per uscire dalla stanza.

«Maledetto, torna qui!» urlò Ranma, lanciandosi all'inseguimento.

Vedendolo correre verso le scale, si lanciò oltre la ringhiera e lo acciuffò per la bandana.

Mentre il maialino si dimenava come un forsennato, Ranma si diresse in bagno e, trovata la vasca piena, vi immerse l'animaletto.

«Brutto stupido!» lo apostrofò mollandogli un pugno sulla testa mentre l'amico riemergeva in forma umana. «Dove credi di andare? Avevamo un patto!»

«Mi dispiace, non ce la faccio.» ammise Ryoga, abbassando il capo, dispiaciuto. «Quando ho sentito la sua battuta è stato come ricevere un pugno in pieno stomaco.»

«Pensi che per me sia facile?» replicò Ranma. «Mi sono sentito morire pensando che presto dovrò davvero imparare a vivere senza lei. Mi sento morire ogni volta che la guardo negli occhi e penso a ciò che le sto nascondendo.»

«Chiamami codardo se vuoi ma prima di starle vicino devo dare sfogo al mio dolore, ne ho bisogno.» spiegò.

Comprendendo il punto di vista del ragazzo, Ranma sospirò e si alzò in piedi.

In fondo lui aveva avuto almeno una notte per piangere tutte le sue lacrime e farsi forza, invece Ryoga aveva appreso la notizia e due minuti dopo si era ritrovato tra le braccia di Akane.

«Ti porto le tue cose.» annunciò, poi, uscendo dal bagno.

Riconsegnati vestiti e bagaglio al ragazzo, lo fece uscire da casa Tendo attraverso una delle finestre affinché nessuno lo vedesse quindi si diresse verso la stanza di Akane.

Trovò la ragazza fuori dalla porta, intenta a cercarlo.

«Dove eri finito?» lo rimproverò.

«Quello stupido prosciutto in miniatura è scappato.» affermò Ranma, mostrandosi contrariato.

Akane ridacchiò, divertita, sorvolando sull'epiteto usato per chiamare il suo animaletto.

«Sai com'è fatto. Il tuo è stato comunque un bel gesto.» affermò, sorridendogli e facendolo arrossire. «Ora torniamo a studiare.» propose.

Ranma si limitò ad annuire, ancora imbarazzato dal complimento della sua ragazza.

Nonostante i suoi tentativi, Ranma non riusciva proprio a concentrarsi sui compiti, così si limitava a scopiazzare qualcosa e ad osservarla di sottecchi mentre lei non lo guardava. Così, quando alcune ore dopo Kasumi chiamò per la cena, era tanto assorto nella sua contemplazione che non poté fare a meno di sussultare.

«Non pensavo fossi così assorto nei compiti!» esclamò Akane, ridacchiando nel vederlo sussultare sulla sedia e arrossire alle sue parole.

Felice di vederla di buon umore, Ranma subì la frecciatina senza replicare e si limitò a seguirla giù per le scale.

Appena entrata in sala da pranzo, Akane venne investita da un abbraccio stritolante (ed anche piuttosto umido di lacrime) da parte del padre e ci vollero gli sforzi combinati di Ranma e di Genma, nonché un'occhiataccia ammonitrice da parte di Kasumi, per ricondurlo al suo posto.

«Sorellona, grazie!» trillò felice Akane nel vedere sulla tavola una carrellata dei suoi piatti preferiti. «Se il risultato è questo forse dovrei finire in ospedale più spesso.»

All'infelice battuta della ragazza Soun lasciò cadere le bacchette mentre i suoi occhi rischiavano di tracimare di nuovo, come una diga sul punto di cedere.

«Akane, ti prego, vuoi ritrovarti con la casa allagata?» domandò Nabiki per stemperare l'atmosfera. «Piuttosto, lunedì pensi di tornare a scuola o ne approfitterai per prenderti un giorno di vacanza?» chiese, per sviare il discorso.

«Non mi sento male quindi penso di tornare a scuola, anche perché rischio di rimanere indietro con i compiti.» affermò.

«Secchiona!» la rimbeccò la sorella, elargendole una linguaccia.

«A proposito di rimanere indietro, ieri e oggi non ho potuto fare i miei allenamenti, dopo cena che ne dici se andiamo un po' in palestra? Ho bisogno di sgranchirmi.» propose rivolta a Ranma, fingendo d'ignorare la smorfia di Nabiki.

«Sei sicura?» chiese il ragazzo, allarmato. «Non vorrei che tu avessi una ricaduta.»

«Non essere stupido, mi sento in perfetta forma.» protestò. «Invece sbrigati a finire.»

Per fortuna il resto della cena si svolse senza incidenti, senza altri accenni alla malattia di Akane o rischi di inondazioni causati da suo padre.

«Allora, andiamo?» domandò la ragazza, poggiando la ciotola vuota e guardando il suo fidanzato.

Pur se titubante, il ragazzo la seguì in palestra.

«In guardia!» intimò Akane, appena furono entrati, preparandosi ad attaccarlo.

«Non sarebbe meglio andarci piano?» chiese il codinato, schivando i colpi della ragazza.

«Dai, allenati seriamente. Devo sbloccare le articolazioni!» protestò.

Visto che Akane non sembrava avere intenzione di desistere dai suoi propositi, Ranma decise di cambiare approccio e partire al contrattacco.

Con una serie di abili mosse respinse i suoi colpi, spingendola all'angolo, infine, con un abile sgambetto, le fece perdere l'equilibrio.

Per evitare che si facesse male cadendo le fece scudo col suo corpo, con il risultato di ritrovarsi riverso a terra con Akane letteralmente spalmata addosso.

Entrambi non poterono fare a meno di arrossire quando i loro occhi s'incontrarono. In quello stesso istante il rumore dello scatto di una macchina fotografica li fece trasalire.

Volto lo sguardo verso la porta, videro Nabiki che sorrideva loro seraficamente con la macchina fotografica in una mano e lo scatto rubato nell'altra.

«Nabiki, che cosa hai intenzione di fare con quella foto?» chiese Akane, balzando in piedi, allarmata.

«Bé, per certi scatti c'è sempre un buon mercato.» affermò la ragazza, sorridendo e andando via.

«Nabiki, maledetta, torna qui!» urlò Ranma, lanciandosi all'inseguimento.

In pochi balzi riuscì a raggiungerla e ad afferrarla per le spalle.

«Ti sembra il momento di pensare agli affari, quando tua sorella sta per morire?» ringhiò.

Vedendo che lei non rispondeva, la costrinse a voltarsi. Ciò che vide lo scioccò: il sorriso strafottente era svanito dal suo viso e copiose lacrime rigavano le sue guance.

«Cosa avrei dovuto dirle?» rispose, tra i singhiozzi. «Faccio queste foto perché possiamo avere dei bei ricordi quando tu non ci sarai più?»

Dispiaciuto per aver frainteso le intenzioni della ragazza, Ranma l'abbracciò per consolarla.

Un'aura sinistra alle loro spalle li portò a staccarsi repentinamente.

«Nabiki» sibilò Akane. «Cos'è, hai cambiato idea e vuoi riprendertelo?»

«No, grazie, non so che farmene di uno “sgorbio” del genere!» ribatté la ragazza, sprezzante.

«Hey!» esclamò Ranma, offeso.

«Sono inciampata e lui mi ha solo evitato la caduta.» spiegò Nabiki, prevenendo le domande della sorella.

«Non c'era comunque necessità di stringerla a quel modo.» affermò Akane, ancora irritata.

Ranma avrebbe voluto protestare ma non ebbe tempo di aprire bocca perché un pugno sferrato dalla sua ragazza lo spedì a testa in giù sul tetto della casa.

Dopo che le ragazze furono rientrate, lui rimase immobile sul tetto a riflettere.

In quel modo non andava per niente bene, si disse, non poteva continuare a litigare con Akane.

Facendo leva sulle braccia, disincastrò la testa dal tetto e con un balzo si rimise in piedi.

Mentre rientrava in casa da una finestra prese la sua decisione: era ora di fare qualcosa che non aveva mai fatto prima.

Angolo autrice: ringrazio tutti coloro che, nonostante il mio imperdonabile ritardo, abbiano continuato a seguirmi e ad attendere i miei aggiornamenti.  ^__^





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Capitolo 4
*** La decisione di Ranma - domenica ***


NDA:Salve!!! ^__^

Lo so, lo so, mi avevate dato per dispersa.

Purtroppo ho sofferto di una cronica mancanza di ispirazione seguita da una totale mancanza di tempo.

Vi chiedo scusa, sono mortificata!!!

Eccoci con il nuovo capitolo.

Mi rendo conto che è passata una vita dall'ultima volta che ho aggiornato, così, per chi si stressasse a rileggere i capitoli precedenti ecco un piccolo riassunto:


Akane si sente male durante l'ora di ginnastica. Ricoverata in ospedale, le viene diagnosticata una malattia incurabile.

La famiglia è disperata, naturalmente lei è all'oscuro di tutto.

Quando viene dimessa, tutti a casa cercano di comportarsi normalmente.

Desiderando che Akane trascorra bene i suoi ultimi giorni, Ranma da appuntamento ai suoi nemici e alle sue spasimanti e, dopo aver rilevato loro la malattia di Akane, gli chiede di lasciala tranquilla nei suoi ultimi giorni: niente combattimenti, niente assalti amorosi.

Tornato a casa, inoltre, si rende conto che gli è rimasto poco tempo da trascorrere con lei, così prende una decisione....quale? Non vi resta che leggerlo per scoprirlo! ^___-







La domenica mattina Akane si svegliò incredibilmente riposata, dormire nel proprio letto era decisamente più rilassante.

Aveva appena aperto gli occhi ed era ancora intenta a stiracchiarsi quando un picchiettio alla finestra attirò la sua attenzione.

Sbadigliando, la ragazza tirò la tenda ed aprì la finestra.

Appena l'ebbe fatto, vide una busta che penzolava dalla grondaia attaccata ad un laccetto. Incuriosita, la prese e la aprì: all'interno, un breve messaggio scritto nella disordinata calligrafia di un codinato di sua conoscenza.


Preparati per uscire.

Si parte dopo colazione.

Niente domande.

Ranma.


Sorpresa, Akane si rigirò il biglietto tra le mani in cerca di qualche indizio.

Non trovando nulla, si arrese all'idea di dover seguire il ragazzo senza sapere cosa l'aspettava.

Pur morendo dalla curiosità, decise di non dare al suo fidanzato la soddisfazione di vedersi pregare per chiarire l'arcano e si preparò con cura, sperando che l'abbigliamento scelto, un grazioso vestito con stampa floreale nei toni dell'azzurro su fondo bianco con gonna a campana e scollo a barca, fosse adatto.

Quando fu pronta, scese in sala da pranzo per fare colazione.

«Buongiorno!» esclamò, salutando la famiglia, già seduta in tavola.

«Ben alzata!» rispose Kasumi, riempiendo le ciotole e distribuendole ai commensali.

«Hey, sorellina, dove vai di bello?» domandò Nabiki, vedendola così agghindata.

«A dire il vero non lo so!» rispose Akane, lanciando uno sguardo significativo al suo ragazzo che in quel momento stava entrando nella stanza.

«Che combini, caro cognatino?» chiese Nabiki, facendo sussultare Ranma, che era rimasto imbambolato a fissare Akane.

«Io cosa?» chiese il ragazzo, sinceramente confuso.

«Akane tutta elegante, tu che ti alzi presto ed esci di domenica mattina...non me la raccontate giusta.»

«Nulla che t'interessi.» affermò il ragazzo, con un sorriso sarcastico.

«Sai che a me non potete nascondere nulla.» minacciò la ragazza.

«Non questa volta.» ribatté Ranma, sedendosi placidamente a consumare la sua colazione.

Finito di mangiare i due si diressero verso l'uscita del dojo.

Erano appena usciti in strada, scortati dall'intera famiglia, quando Genma fece spuntare dal nulla due travestimenti da vecchiette per se e per il suo amico.

«Andiamo?» propose speranzoso.

«Non stavolta.» affermò Soun, serio. «Ieri notte Ranma è venuto in camera mia (a proposito, dovresti fare un discorsetto a tuo figlio su quali siano gli orari più opportuni per le chiacchierate) e mi ha chiesto il permesso di uscire con Akane, da soli. Non posso venire meno alla parola data.»

Dopo le ultime parole, richiuse il portone del dojo, facendo cenno agli altri di rientrare.


Camminando a fianco di Ranma, Akane si limitava a lanciargli degli sguardi di sottecchi, chiedendosi quando si sarebbe deciso a dirle dove erano diretti.

«Non mi hai detto se il mio abbigliamento è adatto al posto in cui stiamo andando.» affermò, nella speranza di carpirgli qualche informazione.

«Stai molto bene.» rispose il codinato, lanciandogli uno sguardo veloce per poi distoglierlo, imbarazzato.

Vedendo che il suo tentativo era andato a vuoto la ragazza sbuffò e continuò a camminare in silenzio, anche se una parte di lei non poteva fare a meno di gioire per il complimento che era riuscita a strappargli.

Lasciando i suoi pensieri liberi di fluire, ad un tratto, Akane non poté fare a meno di pensare che il loro sembrava in tutto e per tutto un appuntamento tra fidanzati. A questa idea non riuscì ad impedirsi di arrossire, abbassò quindi il viso per evitare che Ranma potesse accorgersene.

Se gli avesse dato un'occhiata più approfondita si sarebbe resa conto che lui non avrebbe mai potuto notare il suo imbarazzo in quanto appariva a sua volta agitato e sovrappensiero.

Oh Kami, pensò il ragazzo in quel momento, fa che vada tutto bene. A questo punto le diede un occhiata veloce continuando a pregare di riuscire a farle passare una bella giornata senza che la sua innata timidezza o qualcuno dei pazzi di loro conoscenza rovinasse tutto.

Lo scampanellio di una bicicletta strappò i due dalle loro riflessioni.

Stringendo i pugni, Akane si preparò ad assistere ad uno degli assalti dell'odiata cinesina mentre Ranma s'irrigidiva temendo il momento del loro incontro.

«Ciao Lanma adorato, ciao Akane» urlò la ragazza, tagliando loro la strada e proseguendo. «La bisnonna mi frigge se non mi sbrigo, oggi abbiamo tantissime consegne.» affermò prima di sparire dietro l'angolo.

In cuor suo Ranma ringraziò la prontezza di spirito di Shampoo che aveva reso l'incontro indolore per Akane pur mantenendo un comportamento al disopra di ogni sospetto. Osservando la sua ragazza, la vide adombrarsi per qualche secondo per poi tornare a sorridere al che non poté fare a meno di tirare un sospiro di sollievo.

Erano quasi giunti in prossimità della stazione, ed Akane cominciava già a spazientirsi, quando una folata di vento portò davanti ai loro occhi una manciata di petali neri.

Con i sensi improvvisamente allerta, Ranma si guardò intorno mentre Akane sospirava, immaginando già come sarebbe andata a finire.

Dopo aver atteso alcuni minuti senza che accadesse nulla, i due si dissero di essere ormai paranoici e proseguirono varcando la soglia della stazione; così non ebbero modo di accorgersi della scena verificatasi in un vicolo lì vicino.

«Mi dispiace, signorina Kodaci.» disse Sasuke, contrito. «ma gli ordini del padroncino sono stati perentori:impedisci a quella pazza di mia sorella di disturbare la mia dolce Akane, a qualunque costo.» detto questo, si caricò sulle spalle un fagotto, presumibilmente contenente la sua padrona a giudicare dai movimenti serpenteschi e andò via saltando da un tetto all'altro.

Intanto, Ranma e Akane si erano avvicinati alla biglietteria automatica.

Nonostante i tentativi del ragazzo per occuparle la visuale, Akane riuscì a scorgere la destinazione selezionata e, mentre un'idea si faceva strada nella sua mente, un grande sorriso si apriva sul suo volto.

«Mi porti a Illusioland!» esclamò, occhieggiando il cartellone pubblicitario del Lunapark che campeggiava su una delle pareti della stazione.

«Abbi pazienza e lo saprai.» affermò Ranma, contrariato per essere stato smascherato ma Akane ormai non lo ascoltava più, gli camminava a fianco gongolando tra se e sorridendo felice.

Durante il breve tragitto in treno, i due rimasero in silenzio: Akane con gli occhi che le brillavano per la gioia e Ranma nervoso all'idea di trascorrere la giornata solo con la sua fidanzata, in quello che poteva essere considerato il loro primo vero appuntamento romantico.

Appena scesi dal treno, il ragazzo si guardò intorno in cerca delle indicazioni per il parco dei divertimenti. Ad ogni passo si faceva sempre più lampante in lui la consapevolezza che stava per affrontare qualcosa che gli era completamente sconosciuto: un appuntamento con la sua ragazza, un vero appuntamento, senza nessuno che li avrebbe disturbati o interrotti in alcun modo. Questa certezza lo rese nervoso al punto da rendere rigida e legnosa la sua andatura.

Akane, osservandolo, reprimette a stento un sorriso: non lo aveva mai visto così nervoso e vulnerabile.

Giunti davanti all'ingresso del Parco e vista la lunga fila davanti alle casse, Akane sospirò delusa.

«Con questa confusione chissà quando potremo entrare!» esclamò la ragazza.

«Donna di poca fede.» l'apostrofò Ranma, dirigendosi verso l'ingresso e tirando fuori dalla tasca due biglietti, acquistati in precedenza.

Akane lo fissò, sorpresa, non poteva credere che fosse stato così previdente.

«Andiamo.» la esortò Ranma, trascinandola dentro.

La ragazza si guardò intorno, estasiata, era troppo bello per essere vero.

«Allora, da dove vuoi cominciare?»

«Le tazze girevoli!» annunciò Akane, dopo averci pensato un po'.

Ridendo come una bambina, corse verso la giostra.

Per tutto il giro, non smetté di ridere e lanciare urletti eccitati mentre Ranma scuoteva la testa, divertito.

«E adesso la ruota panoramica.» affermò, appena scesa dall'attrazione.

«Ai suoi ordini.» bisbigliò, seguendola con le mani in tasca.

Con occhi sgranati, Akane osservava il mondo farsi piccolo sotto di lei, ignara di due occhi blu che non le si staccavano di dosso.

Ranma la osservava pensando che sarebbe voluto rimanere su quella giostra per tutta la vita ad osservare Akane sorridere stupita del panorama.

Quando la giostra si fermò, il ragazzo era ancora perso nei suoi pensieri e fu solo quando la sua fidanzata gli sventolò una mano davanti agli occhi che si riscosse dal suo torpore.

«Hey, bello addormentato, ti sei imbambolato?» gli chiese. «o forse eri troppo intento ad ammirami?» proseguì, ridacchiando.

A quella battuta, Ranma non poté fare a meno di arrossire.

«Ed io che volevo essere gentile, ti ho lasciato scegliere le attrazioni anche se mi annoiavano!» esclamò, sulla difensiva. «Bene, allora adesso andiamo nella casa stregata!» annunciò, tirandosela dietro.

Non erano neanche entrati che Akane iniziò ad urlare, chiudendo gli occhi e nascondendosi dietro il suo ragazzo.

«Che fifona!» sghignazzò lui, sentendo però crescere dentro di se un'incredibile voglia di stringersela al petto.

Si disse che, in fondo, non ci sarebbe stato nulla di male. E' vero, probabilmente Akane lo avrebbe picchiato ma sarebbe comunque stato un bel momento da portare nel cuore.

Aveva appena formulato questo pensiero, arrossendone, quando un enorme gatto fantasma sbucò da un cespuglio spaventandolo a morte.

Tremante e sotto shock, Ranma si lasciò trascinare fuori dalla Casa stregata da una divertita Akane che, dopo averlo sistemato su una panchina, gli prese qualcosa da bene.

«Grazie.» mugugnò il ragazzo, in imbarazzo per la magra figura.

Akane si limitò a sorridergli e a sedersi di fianco a lui.

«Che ne dici di andare a mangiare?» chiese, cercando di recuperare il suo autocontrollo.

«Ok.» acconsentì la ragazza, alzandosi e avvicinandosi ad una cartina del parco posta lì vicino. «In questa zona però c'è solo un chioschetto di Okomiyaki.» aggiunse, storcendo il muso per il disappunto.

«Allora spostiamoci da un'altra parte.» propose, per farla felice.

«Sono troppo lontani ed io sono stanca.» protestò lei.

«Ti senti male, vuoi tornare a casa?» chiese Ranma, allarmato.

«Esagerato, sono solo un po' affamata!» esclamò, ridendo. «Su, andiamo a mangiare!» annunciò, dirigendosi verso il locale.

«Benvenuti.» disse una voce a loro nota, appena ebbero varcato la soglia.

«Ukyo?!» esclamarono i due in coro.

«Ranma, Akane, che sorpresa!» disse la ragazza, cercando di mantenere un atteggiamento naturale. «Siete arrivati in un momento di ressa, ma un tavolo per due amici lo trovo sempre.» affermò, uscendo da dietro al bancone.

«Possiamo anche sedere al banco.» propose Ranma, in buona fede.

«No. Quei posti mi servono liberi.» ribatté Ukyo, perentoria, lanciando un'occhiataccia al codinato e guidandoli verso un separé.

«Ecco, questo tavolo è libero.» disse, facendosi da parte per farli accomodare.

«La porti ad un appuntamento e poi pensi di mangiare chiacchierando con una sua rivale. Ranma, a volte sei proprio tonto!» bisbigliò Ukyo quando il ragazzo le passò a fianco. «Allora, cosa vi porto?»

«Per me una ai gamberetti.» ordinò Akane.

«E per te una Special, come al solito, giusto?» chiese la cuoca, mordendosi la lingua nel notare l'occhiata nervosa dell'altra ragazza. «Torno subito.» annunciò, allontanandosi.

«Ukyo è stata gentile a farci sedere qui.» commentò Ranma, nel vano tentativo di allentare la tensione.

«Già.» si limitò a commentare Akane, laconica; divisa tra la rabbia per essersi ritrovata nel ristorante di una sua rivale al primo vero appuntamento con il suo ragazzo e la perplessità per il fatto che proprio Ukyo li avesse fatti sedere in un punto così appartato della sala invece che al bancone, dove avrebbe potuto tenerli d'occhio e disturbarli.

La ragazza era ancora immersa nei suoi pensieri quando l'altra arrivò con le loro ordinazioni.

«Buon appetito!» esclamò, poggiando davanti ai due i piatti fumanti per poi andarsene.

«Diamoci sotto!» incitò Ranma, afferrando le bacchette con impeto e suscitando irrefrenabili risa nella sua ragazza.

«Che c'è?» chiese il ragazzo, perplesso, vedendola con le lacrime agli occhi per le risate.

«Sei peggio di un bambino.» lo rimbrottò bonariamente, poggiando la guancia sulla mano e sorridendogli.

Vedendosi oggetto di tante attenzioni, Ranma non poté fare a meno di arrossire rischiando di strozzarsi col cibo che si era già messo in bocca.

«Io bé...» cercò di giustificarsi, senza trovare le parole.

«Su, mangiamo che si raffredda.» lo esortò la ragazza, impugnando le bacchette ed iniziando a mangiare.

Avevano da poco finito le loro okonomiyaki quando Ukyo fece capolino dal separé.

«Spero non vi offenderete,» esordì «una coppia mi aveva prenotato un'okonomiyaki dolce per il loro anniversario. Purtroppo non sono potuti venire ma io ormai avevo preparato l'impasto. Spero vi vada di mangiarla, naturalmente è offerta dalla casa.» concluse, posando il dolce sulla tavola e dileguandosi.

Abbassato lo sguardo, videro il grazioso dessert guarnito di noccioline e zucchero a velo, dalla forma a cuore e corredato di due posate.

Imbarazzati, i due iniziarono a mangiare in silenzio, senza guardarsi in faccia.

Finito il dolce, si diressero al bancone.

Dopo che Ranma ebbe pagato e salutato l'amica, i due uscirono dal locale.

«Adesso dove si va?» chiese il ragazzo.

«Guarda là che fila!» esclamò Akane, indicando una lunga coda di persone. «Deve essere un'attrazione fantastica. Voglio provarla.» affermò Akane, incamminandosi in quella direzione.

«Ma ci vorrà una vita!» protestò Ranma.

«Dopo tutto quello che abbiamo mangiato non sarà un male attendere un po' prima di salire sulla prossima giostra.» ribatté lei, sorridendo.

Rassegnato, Ranma la seguì.


«Sono andati via. Tu come stai?» chiese Ukyo, entrando nel magazzino sul retro del ristorante e accovacciandosi vicino ad una figura maschile rannicchiata in un angolo.

«Mi dispiace, ti avevo promesso di aiutarti con il ristorante ed invece...» si scusò il ragazzo.

«Ryoga non preoccuparti, capisco quanto sia difficile per te.» replicò Ukyo, dolcemente, accarezzandogli un braccio per poi ritrarre la mano, turbata. «La ami, è normale che tu ci stia male.»

«Bé, io...» provò a ribattere il ragazzo, ma alla fine si limitò a scrollare le spalle con un sorriso triste ed enigmatico sul volto.

Ukyo sentì l'impulso di stringerlo a se, sembrava così abbattuto e bisognoso di protezione ma resistette, probabilmente lo avrebbe solo messo in imbarazzo.

«Devo tornare di là.» affermò.«Tu rimani pure qui, non c'è molta confusione.»

«Grazie.» bisbigliò Ryoga, commosso da tana bontà.

Dopo che Ukyo fu uscita dalla stanza, gli occhi del ragazzo si alzarono verso il punto in cui lei si era inginocchiata ed un sospiro gli sfuggì dalle labbra.


«Vorrei almeno sapere per che razza di attrazione stiamo facendo la fila!» protestò Ranma, sgranchendosi.

«Tra poco supereremo questa giostra che ci blocca la visuale e lo vedremo.» affermò Akane, eccitata dalla sorpresa.

«Ci siamo quasi!» annunciò poco dopo Akane mentre s'incolonnavano nelle transenne che fungevano da separa fila.

Ogni traccia di sorriso sparve però dal suo viso un attimo dopo, quando lesse il nome dell'attrazione scritto su un cartello lì vicino.

«Ranma.» bisbigliò, incapace di dire altro e indicando il cartellone.

«Eternal-love, il tunnel dell'amore più lungo del Giappone.» lesse il ragazzo, sbarrando gli occhi.

Imbarazzatissimi, i due continuarono a seguire la fila. Tentare di tornare indietro era praticamente impossibile.

Giunti davanti al vagoncino a loro destinato, si guardarono ancora un attimo intorno in cerca di una via d'uscita per poi rassegnarsi a salire in carrozza.

Preso posto ai due lati opposti del sedile, si guardarono di sottecchi, incerti su come comportarsi.

Quando il trenino partì, i due sussultarono e, innervositi, si misero a fissare l'uno dalla parte opposta all'altra. Dopo un paio di minuti, però, riuscirono a rilassarsi; lungo il percorso venivano semplicemente mostrati paesaggi romantici accompagnati da musiche dolci e avvolgenti, un po' smielato per i loro gusti ma niente che non potessero affrontare.

Forti di questa nuova consapevolezza, si misero comodi sul sedile, abbandonando la postura rigida di poco prima.

All'ennesima svolta si prepararono al nuovo cambio di scenario così come era accaduto in tutte le curve successive. Quasi annoiati attesero di vedere il nuovo panorama ma, proprio all'imbocco della curva, un dislivello nelle rotaie fece sobbalzare le carrozze scaraventando Akane addosso a Ranma.

Al massimo dell'imbarazzo, la ragazza cercò di ritornare al suo posto. Qualcosa, però, la bloccò, la stretta di un braccio intorno alle sue spalle.

Stupita, Akane si rese conto che Ranma la stava stringendo a se, come lei aveva mille volte sognato facesse.

Se avesse alzato lo sguardo si sarebbe accorta del volto teso del codinato, del rossore diffuso su tutto il suo viso ma lei era troppo imbarazzata per farlo. Così, confusa, stordita ed emozionata, si adagiò sulla sua spalla, ancora incredula della situazione che si era venuta a creare.

Oddio, cosa ho fatto!” pensò Ranma, appena si rese conto di aver stretto a se Akane. Per pochi secondi temette che lei lo avrebbe spedito sulla luna ma poi la vide appoggiarsi alla sua spalla e sentì il cuore perdere un battito. Akane era davvero accoccolata su di lui, gli sembrava incredibile, si disse che quello era un ricordo che avrebbe conservato per sempre nel cuore. Il pensiero che poteva trattarsi di uno degli ultimi giorni che passava con lei lo colpì come una coltellata al petto e dovette ricorrere a tutta la sua disciplina per trattenere le lacrime ed impedire alla sua mano di tremare, preda delle emozioni.

Il tunnel più lungo del Giappone apparve ai due ragazzi incredibilmente corto. Quando Akane avvistò l'uscita si districò dall'abbraccio di Ranma e tornò al suo posto, cercando di ritrovare il suo contegno.

Appena il trenino si fu fermato, i due ragazzi scesero e si allontanarono dall'attrazione.

«Temo sia già ora di prendere il treno per tornare a casa.» annunciò Ranma, guardando un orologio pubblico lì vicino.

«Ok, andiamo.» lo esortò Akane, senza guardarlo, ancora in imbarazzo per quanto era successo.

In silenzio, i due ripercorsero la strada fino alla stazione.

«Treno per Nerima in partenza sul binario due.» annunciarono dagli altoparlanti.

«Akane, dobbiamo correre!» gridò Ranma afferrandole la mano e cercando di raggiungere il treno.

Appena entrati nel vagone, le porte si chiusero.

«Appena in tempo!» esclamò Akane, sorridendo e riabbassando lo sguardo quando si rese conto di essere a pochi centimetri dal suo viso.

Il treno era così pieno che a due fu impossibile mettere un minimo di distanza tra loro o anche solo districare le loro mani strette.

Appena giunti alla stazione Ranma si ritrovò letteralmente catapultato fuori dal vagone ed un senso di vuoto lo colpì nel momento in cui le dita di Akane sgusciarono via dalle sue.

Adagio i due si avviarono verso casa.

Strada facendo Akane non poteva fare a meno di chiedersi cosa sarebbe successo se la calca non li avesse divisi, magari sarebbero tornati a casa mano nella mano; al solo pensiero si sentì arrossire.

Erano ormai giunti a pochi metri dal dojo quando la ragazza si rese conto di non aver neanche ringraziato il suo fidanzato per la splendida giornata.

«Ranma, aspetta!» disse Akane, fermandosi di botto.

«Dimmi.» la esortò lui, perplesso.

«Ecco, io volevo ringraziarti, è stata una bellissima giornata.» affermò, sincera.

«Anch'io mi sono divertito.» le assicurò, sorridendole fiero di essere riuscito a farle trascorrere una giornata piacevole.

Rimasero a guardarsi negli occhi, incerti sul da farsi, desiderosi di annullare la distanza che li separava ma timorosi della reazione dell'altro.

Non ci rimane molto tempo, non posso sprecare questa occasione, pensò Ranma mentre già alzava la mano per portarla alla guancia di Akane.

«Oh, siete tornati!» urlò d'un tratto una voce alle loro spalle.

Sobbalzando, i due si volsero e videro Soun venire loro incontro.

«Giusto in tempo per la cena!» esclamò l'uomo, prendendoli entrambi sotto braccio e guidandoli dentro.

«Maledetto impiccione!» sibilò Ranma a bassa voce, cercando di resistere alla tentazione di mollare un pugno al futuro suocero, spedirlo in orbita e riprendere il discorso interrotto con la sua ragazza.

La cena si svolse più o meno come al solito, tranne per lo sguardo truce di Ranma e quello un po' svaghito di Akane.

Mentre andava a letto, però, Akane non poté fare a meno di pensare a quello che era quasi successo. Non si era ingannata, se suo padre non li avesse interrotti Ranma l'avrebbe baciata.

Arrossendo e nascondendosi sotto le coperte, Akane si scoprì a sorridere. Sembrava impossibile eppure si erano avvicinati e magari col tempo... chissà.

Non si permise di concludere il pensiero, troppo forte era l'emozione ma un sorriso gioioso le aleggiava ancora sulle labbra quando si addormentò.



Angolo dell'autrice: Eccoci giunti alla fine del penultimo capitolo.

Spero di non avervi deluso.

Prometto di fare del mio meglio per pubblicare al più presto

l'ultimo capitolo, ho già iniziato a scriverlo.

Baci. ^____^

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Capitolo 5
*** Tempo per noi- Lunedì. ***


NDA:Sono trascorsi due mesi dal mio ultimo aggiornamento, sorry!

A mia discolpa devo dire che non è tutta colpa mia...ad un certo punto i personaggi hanno deciso di fare di testa loro e così sono stata a lungo combattuta se oppormi o se assecondarli quindi non riuscivo ad andare avanti con la scrittura.

Prima di lasciarvi all'ultimo capitolo eccovi un breve riassunto per capire dove eravamo rimasti:

Akane si sente male durante l'ora di ginnastica. Ricoverata in ospedale, le viene diagnosticata una malattia incurabile.

La famiglia è disperata, naturalmente lei è all'oscuro di tutto.

Quando viene dimessa, tutti a casa cercano di comportarsi normalmente.

Desiderando che Akane trascorra bene i suoi ultimi giorni, Ranma da appuntamento ai suoi nemici e alle sue spasimanti e, dopo aver rilevato loro la malattia di Akane, gli chiede di lasciala tranquilla nei suoi
ultimi giorni: niente combattimenti, niente assalti amorosi.

Tornato a casa, inoltre, si rende conto che gli è rimasto poco tempo da trascorrere con lei, così prende una decisione: le farà trascorrere una fantastica giornata. 

Dopo aver chiesto a Soun di non seguirli, porta Akane al Lunapark.

Trascorrono una giornata splendida e quando si addormenta un dolce sorriso abbellisce il viso di Akane.

Era notte fonda quando qualcosa svegliò Akane. Non sapeva dire cosa fosse stato, un rumore, una presenza, la sensazione di sentirsi osservata.

Cautamente aprì gli occhi e, rimanendo immobile, diede un'occhiata alla stanza accorgendosi che la porta era socchiusa.

Con un balzo saltò giù dal letto, afferrò la sua spada di legno e spalancò l'uscio.

«Chi va là?» urlò, ma il corridoio era vuoto.

Dandosi della stupida tornò a letto. Per un attimo, gli era sembrato di vedere...no, non poteva essere lui, eppure l'ombra che aveva visto dietro la porta sembrava proprio quella di Ranma.



«Buongiorno!» trillò Akane allegra, uscendo dalla sua stanza.«Hey Ranma, hai dormito male, guarda che occhiaie!» esclamò la ragazza, vedendo l'aspetto sciupato del ragazzo.

«Bé, ecco, io...» iniziò a balbettare, non poteva certo dirle la verità.


La sua mente tornò alla sera prima, felice per la bella giornata che era riuscito a regalare alla sua fidanzata era andato in camera sua per godersi un po' di meritato riposo. Appena si era sdraiato sul futon ed aveva chiuso gli occhi, però, le immagini di Akane svenuta in palestra, della corsa in ospedale e le parole del medico avevano iniziato a tormentarlo.

Silenziosamente si era avvicinato alla camera della ragazza, aveva socchiuso la porta ed era rimasto ad osservarla. Aveva uno sguardo così sereno mentre dormiva, le labbra erano atteggiate in un sorriso e si era chiesto, con orgoglio, se non fosse stato merito suo.

Improvvisamente la gioia era sparita dal suo cuore, giorni come quelli, serate come quella erano destinate a finire presto.

Prima che avesse tempo di accorgersene, un singhiozzo era sfuggito dalle sue labbra e, nel medesimo istante, la figura nel letto si era mossa.

Era saltato sul cornicione della porta ed era rimasto avvinghiato al soffitto finché Akane non era rientrata in camera sua, quindi, con cautela, si era calato fino a terra, era salito sul tetto e lì aveva trascorso l'intera notte, troppo angosciato per dormire o per pensare ad altro che non fosse la sua Akane.


Uno spintone alla spalla lo riportò alla realtà, la sua fidanzata era ancora di fronte a lui, con lo sguardo divertito e gli occhi brillanti di felicità.

«Dii la verità, hai avuto gli incubi a causa della casa degli orrori!» suppose Nabiki, ridacchiando e oltrepassandoli.

«Hey, non sono mica un bambino!» protestò il ragazzo, lanciando però uno sguardo grato alla cognata, sapeva bene che quella battuta aveva il solo scopo di distrarre Akane dal suo aspetto.

«Magari il gatto fantasma...» gli sussurrò Akane, passandogli a fianco ridendo e scendendo le scale.

«Questo è il ringraziamento per la giornata!» borbottò il ragazzo, felice in cuor suo che lei si sentisse abbastanza bene da prenderlo in giro.

«Ragazzi, la colazione è pronta!» chiamò Kasumi.

I tre si affrettarono a raggiungere la sala da pranzo.

«Akane, non sarebbe meglio se ti riposassi un altro giorno?» chiese il padre, vedendo che portava la divisa scolastica.

«Papà non avrebbe senso perdere un altro giorno di scuola per una sciocchezza e poi oggi non ho neanche ginnastica.»

Rassegnato, Soun si mise a sedere.

Finita la colazione, i tre studenti corsero all'ingresso. Erano appena usciti di casa quando Ranma si bloccò.

«Il quaderno di matematica!» urlò, rientrando in casa.

«Io devo scappare, lascio a te il piacere di aspettare quel baka del tuo ragazzo.» disse Nabiki, salutando la sorella.

«Possiamo andare.» annunciò Ranma, tornando trafelato. «Dammi la cartella.» comandò.

«Perché?»

«Se no a scuola tutti mi accuseranno di maltrattare la povera ragazza che è stata male.» spiegò Ranma con tono ovvio.

Akane avrebbe voluto protestare ma vedendo lo sguardo da finto martire del ragazzo, sorrise, scrollo la testa e gli porse la cartella.

«Andiamo Baka o per colpa tua arriveremo in ritardo anche oggi!» esortò quindi, incamminandosi.

Da quando i Saotome si erano trasferiti in casa Tendo i due avevano fatto quella strada centinaia di volte ma stavolta apparve diversa ad entrambi.

Ranma cercò di godere di ogni passo, di ogni attimo, non potendo sapere quale sarebbe stata l'ultima volta, mentre Akane guardava il ragazzo di sottecchi e non poteva fare a meno di sorridere ripensando alla giornata trascorsa con lui al Lunapark.

Avevano appena messo piede nel cortile della scuola, quando Kuno si materializzò davanti a loro armato di un mazzo di gigli.

«Angelo mio, sono felice di vederti qui di fronte a me. Avrei voluto accoglierti in maniera più consona ma mi è stato chiesto di non metterti in agitazione perciò eccoti questo modesto omaggio.» disse, porgendole i fiori per poi sparire.

Un muscolo all'angolo della bocca di Ranma si contrasse per la tensione.

E quello secondo lui equivaleva a lasciarla in pace?” si chiese, stizzito.

D'altronde cosa poteva aspettarsi da un esponente della famiglia Kuno?

Cercando di tenere a freno la voglia di strozzarlo, Ranma seguì Akane dentro la scuola.

Arrivati in classe, vennero subito accerchiati dai compagni che chiedevano alla ragazza come stesse mentre lei, sorridente, tranquillizzava tutti.

Alzati gli occhi, Ranma vide Ukyo che lo fissava, dal suo sguardo capì che lei comprendeva il suo tormento: ogni parola rassicurante pronunciata da Akane era, per lui che conosceva la verità, come una stilettata al cuore. Per fortuna l'arrivo del professore riportò l'ordine e mise fine a quella tortura.



«Sacro fuoco guidami.» pregò l'anziana donna vestita da sacerdotessa inginocchiata di fronte all'altare. «Sacro fuoco, mostrami la via.»

«Maestra Akemi, uscite anche oggi?» chiese l'aiutante del tempio vedendo gli oggetti posti all'ingresso.

«È necessario, la mia ricerca non ha ancora dato i suoi frutti.» rispose la donna mentre il suo sguardo s'incupiva.

Sospirando la sacerdotessa si mise in piedi e lentamente si avviò verso l'uscita. Doveva compiere la sua missione, non poteva concepire un fallimento.



Il suono della campanella che annunciava l'inizio della ricreazione venne accolto con sollievo dagli studenti.

Immediatamente, Akane venne catturata da Yuka e Sayuri che, senza darle tempo di protestare, la trascinarono fuori dall'aula.

Reagendo d'istinto, Ranma si slanciò per trattenerla ma, subito dopo, si ricompose prima che qualcuno lo notasse. Non poteva pretendere di passare con Akane ogni attimo della giornata, anche se avrebbe voluto.



«Allora, dove sei stata ieri di bello?» chiese Sayuri appena si furono sedute sull'erba del cortile.

«Io veramente...» balbettò Akane arrossendo nel ripensare alla giornata trascorsa con Ranma.

«Lo sapevo, eravate voi!» esclamò ancora la ragazza, puntando gli occhi su Akane come un lupo sulla preda. «Ieri sera mia sorella Mako era alla stazione e su un treno che era appena arrivato ha visto due ragazzi che somigliavano a te e Ranma stretti l'uno all'altra.»

«Il treno era pieno.» cercò di giustificarsi.

«E dove eravate andati?» chiese Yuka, incuriosita.

«Ranma mi ha portato a Illusioland.» ammise, mordendosi il labbro, imbarazzata mentre le sue amiche si davano agli urletti estatici.

«Se questo è il risultato dovresti svenire più spesso!» scherzò Sayuri.

«Dai racconta tutto!» la incitò Yuka.

Akane sorrise ma si disse che avrebbe fatto alle amiche solo un racconto sommario della giornata. Voleva bene ad entrambe ma quell'uscita era qualcosa di troppo prezioso per farne del pettegolezzo, qualcosa che riguardava solo lei e Ranma.



«Come va?» chiese Ukyo avvicinandosi alla finestra a cui era appoggiato il ragazzo col codino ed indicando col capo il terzetto seduto sull'erba nel cortile.

Lui si limitò a rivolgerle un sorriso triste e a tornare a fissare la ragazza sul prato.

Come poteva spiegarle che da quando aveva udito le parole del medico si sentiva come morto dentro? Sentiva che la sua vita sarebbe finita con quella di Akane.

Cosa avrebbe potuto dirle “Vorrei poter morire io se ciò servisse a farla vivere” oppure avrebbe dovuto raccontale delle notti insonni e degli allenamenti protratti fino a sfinirsi pur di non pensare. No, non poteva.

«Si cerca di andare avanti.» si limitò a rispondere, facendo attenzione che la voce rimanesse ferma.

«Deve essere dura per voi.» bisbigliò la ragazza, attenta che nessun altro udisse la sua conversazione. «Anche Ryoga è distrutto.»

«Ryoga?»

«Si, lo ospito da me. L'ho già fatto altre volte e lui in cambio mi aiuta al locale.» spiegò Ukyo mentre gli occhi le si velavano di tristezza.

Con voce mesta e lo sguardo fisso fuori dalla finestra gli raccontò di come lo avesse trovato fuori dal suo locale, sabato sera, all'orario di chiusura.

Era in uno stato pietoso e così lo aveva fatto entrare.

Inizialmente non aveva voluto spiegarle cosa avesse finché lei non gli aveva chiesto se avesse incontrato Ranma e gli aveva rivelato di essere a conoscenza delle reali condizioni di Akane.

A quel punto il ragazzo era scoppiato in un pianto dirotto, urlando tutta la sua disperazione.

Da allora viveva a casa sua, nel magazzino del locale per poter essere vicino nel momento in cui fosse successo qualcosa ad Akane.

Evitò di raccontare al ragazzo di come l'amico si fosse stretto a lei piangendo ma, ripensandoci, dovette stringere forte le palpebre per impedirsi di piangere a sua volta. Sentire la forte stretta delle sue braccia su di se e la sua disperazione l'aveva devastata.

Quando finì di raccontare, si sforzò di sorridere a Ranma per poi allontanarsi, a breve sarebbe rientrata Akane e non voleva essere causa di un litigio tra i due.



Hai un senso dell'orientamento pessimo, perciò se vuoi stare vicino ad A..., insomma, a Nerima c'è un'unica soluzione, devi rimanere nel mio locale. Se non uscirai non potrai perderti. Non aprirai né finestre, né porte esterne mentre io non ci sono, promettilo!”

Le parole della ragazza delle okonomiyaki le risuonarono nella mente mentre osservava il panorama fuori dalla finestra.

Finito di parlare gli aveva sorriso e lui non aveva potuto fare altro che acconsentire alla promessa.

Era una ragazza dolcissima ed era stata molto gentile ad accoglierlo ancora una volta.

Ryoga non poté fare a meno di arrossire ripensando alla sera in cui lo aveva trovato; si era reso conto di essersi stretto a lei solo quando, finalmente, le sue lacrime erano scemate.

Appena se ne era accorto aveva fatto un balzo indietro, scusandosi mille volte; lei aveva detto che non importava ed era corsa a sistemargli il letto ma si vedeva che era a disagio.

Adesso Ukyo era a scuola e lui si ritrovava da solo chiuso nel locale.

Con un sospiro si guardò intorno, avrebbe dovuto trovare qualcosa da fare per ripagare la ragazza dell'ospitalità.


«E vai, la scuola è finita!» esclamò Ranma saltando fuori dal banco appena la campanella iniziò a suonare.

«Signor Saotome, se fossi così pronto anche quando si tratta di rispondere alle domande di algebra sarebbe il primo della classe.» commentò il professore, prima di lasciare l'aula e scatenando l'ilarità generale.

Continuando a ridacchiare, Akane gli si avvicinò.

«Andiamo a casa.» propose scuotendo la testa.

«Ciao ragazzi!» urlò Ukyo, uscendo di corsa dalla classe.

«Quanta fretta, che succede?» chiese Ranma.

«Devo correre da Ry, al locale, ho molto da fare.» spiegò la ragazza, incespicando contemporaneamente nelle parole e nei suoi stessi piedi.

«Mah!» esclamò Ranma, perplesso.

«Già, era proprio strana, magari si è innamorata.» suppose Akane, sorridendo maliziosa.

«Nooo, impossibile.»

«So che per te è impensabile che una tua spasimante volga gli occhi su qualcun' altro ma mai dire mai.» affermò, per poi uscire dall'aula.

Giunti a metà strada, la ragazza si appoggiò ad una pensilina del bus, sbuffando.

«Uff, che stanchezza!»

«Cosa ti senti?» chiese il codinato, preoccupato.

«Una gran fame, ma penso che una bella crêpe potrebbe farmi sentire meglio.»

Dopo avergli lanciato un'occhiata assassina per lo spavento che gli aveva fatto prendere, Ranma si avviò verso il chioschietto sistemato all'angolo della strada.

«Grazie!» cinguettò la ragazza quando, poco dopo, lui fu di ritorno con una crêpe alla vaniglia, quindi ripresero a camminare.

«Se continui a mangiare così la tua vita diventerà ancora più larga.» lo avvisò, saltando sulla ringhiera che recintava il fiume.

«Pensa per te, quando mangi sembri un aspirapolvere!» ribatté Akane, facendogli una linguaccia e sferrando un pugno alla ringhiera nel tentativo di farlo cadere in acqua.

«Signorina, posso leggerle la mano?» chiese un'anziana donna vestita da chiromante seduta in una specie di panchetto a lato del marciapiede.

Akane si fermò, titubante.

«No, grazie, non c'interessano queste sciocchezze!» rispose Ranma, acido.

«Il mio credo m'impone di fare almeno una buona azione al giorno, perciò il consulto per te sarà gratis, coraggio, non avere paura.» la esortò la donna.

«Dai, è divertente!» esclamò Akane, avvicinandosi.

«Bene, signorina, io sono Madame Akemi, porgimi la destra e il tuo futuro ti sarà rivelato.»

Mordicchiandosi il labbro inferiore, le porse la mano.

Nel momento in cui la prese un brillio soddisfatto sfavillò per un attimo negli occhi della donna, prima che il suo sguardo tornasse imprescrutabile.

«Ragazza complessa, testarda e caparbia.» elencò la donna.

«Non ha idea quanto!» commentò Ranma, sarcastico.

«Hai una linea della vita molto lunga» continuò, guadagnandosi un'occhiata truce da parte del ragazzo. «Vedo anche una persona molto importante, nel tuo futuro c'è una grande felicità ma solo se saprai dare il giusto valore a chi ti è accanto.» l'ammonì.

«Brava, dalle ascolto!» commentò Ranma, venendo zittito dallo sguardo di fuoco della sua fidanzata.

«In bocca al lupo.» disse la donna, stringendo per un attimo la mano della ragazza nella sua.

«Quanto le devo?» chiese Akane.

«Te l'ho detto, è la mia buona azione di oggi. Sii felice.» rispose la donna alzandosi e iniziando a smontare il suo banchetto.

«Bé, allora grazie!» esclamò Akane, salutandola.

«Non crederai a tutte le sciocchezze che ti ha detto, vero?» chiese Ranma.

«No, tranquillo, con te vicino ciò che so di avere per certo nella mia vita è una montagna di casini e di pazzi squinternati!» rimbeccò Akane, ghignando.

Giunti a casa i due si separarono per andare nelle rispettive stanze in attesa della cena.


Ranma era disteso sul suo futon quando un discreto bussare alla porta attirò la sua attenzione.

«Avanti!»

«Ranma, scusami, ho bisogno di favore.» disse Kasumi, entrando nella stanza.

«Dimmi pure.» rispose il ragazzo, mettendosi a sedere.

«Stavo preparando la cena ma mi sono accorta che è finita la salsa di soia, potresti andare a comprarla? » chiese gentilmente «Sai quanto piaccia ad Akane il sukiyaki.»

«Non c'è problema, faccio un salto al negozio.» rispose Ranma, balzando in piedi.

Non c'era cosa che non avrebbe fatto per Akane e poi era impossibile dire no di fronte alla dolcezza di Kasumi ed al suo sguardo triste quando nominava la sorella.



Trafelata, Ukyo giunse davanti al suo locale.

Dandosi della stupida, si fermò a riprendere fiato.

Perché era corsa fino a casa?

Solo per accertarsi che Ryoga non si fosse perso?

Non aveva senso, doveva tornare in se.

Fatto un grosso respiro, aprì la porta del locale.

Appena l'ebbe fatto, il rumore di un tonfo proveniente dalla sala a fianco si diffuse nell'aria.

Armatasi di spatola, si affacciò per capire cosa lo avesse provocato.

«Oink, oink!» protestò il maialino nero zuppo d'acqua e attorcigliato ai vestiti che indossava fino a poco prima.

«Oh, Ryoga, mi hai fatto prendere uno spavento!» esclamò la ragazza, avvicinandoglisi e riponendo la spatola. «Che ne dici di tornare umano?»

«Oink, oink.» rispose l'animaletto facendo segno di si col capo.

Raccolto l'animale, ed anche i suoi vestiti, Ukyo si diresse in bagno e riempì la vasca.

«Ecco fatto. Adesso ti lascio sul bordo della vasca e quando esco ti immergi.» spiegò Ukyo mettendo giù il maialino ed i vestiti.

«A dopo» aggiunse, dirigendosi verso la porta. Fatti due passi, però, sentì un piede scivolarle su uno schizzo d'acqua e, in men che non si dica, si ritrovò nella vasca, appoggiata al petto di un Ryoga tornato ragazzo e con le orecchie fumanti per l'imbarazzo.

«Mi...mi dispiace!» balbettò la ragazza, sgusciando fuori dalla vasca e fuggendo nella sua stanza con i vestiti grondanti e gli occhi coperti dalle mani per non vedere il corpo nudo del ragazzo che però non aveva potuto fare a meno di sentire premuto contro il suo.

Arrivata in camera sua, Ukyo si chiuse la porta alle spalle e si lasciò scivolare a terra.

Non si era mai sentita tanto in imbarazzo in vita sua. Certo, se non ci fosse stato il corpo di Ryoga avrebbe sicuramente sbattuto la nuca sul bordo della vasca ma forse avrebbe preferito un bel bernoccolo, ok, in realtà avrebbe preferito anche una commozione cerebrale a quella assurda situazione.

Non poteva sentirsi così agitata per lui, era solo Ryoga. È vero, in quei giorni gli era stata molto vicino, lo aveva ascoltato e consolato ed aveva scoperto quanto fosse dolce e sensibile ma ciò non giustificava il suo comportamento.

Non era successo nulla, non aveva visto nulla, è vero, aveva sentito le sue braccia che la cingevano ma si era trattato di uno stupido incidente, qualcosa a cui non aveva senso pensare ancora.

Scrollando il capo energicamente si impose di scordare quanto era successo e di tornare in se.

Quando si fu calmata un poco, si tolse i vestiti bagnati e, una volta rivestitasi, raccolse gli indumenti e li portò in lavanderia.

Passando davanti al bagno e rendendosi conto che era vuoto si disse che forse Ryoga era già sceso in cucina. Pur se titubante, si avviò anche lei da quella parte.

Come immaginato, trovò il ragazzo intento a ripulire il pavimento dall'acqua che vi aveva versato.

«Si può sapere cosa stavi facendo con quel secchio?» chiese, cercando di mantenere un tono di voce tranquillo.

«Visto che tu mi ospiti volevo fare qualcosa per te.»

«Mi aiuti già col ristorante!» protestò la ragazza.

«Si ma volevo fare qualcosa in più.» spiegò Ryoga, mantenendo lo sguardo basso, non riusciva a guardarla in viso senza ripensare a quello che era successo poco prima nel bagno. «Così avevo pensato di annaffiarti le piante.»

«Non ti sei accorto che sono finte?» esclamò Ukyo, scoppiando a ridere mentre il ragazzo arrossiva, imbarazzato.

«Scusami, non ridevo di te, anzi, grazie, sei sempre premuroso.» aggiunse la ragazza, vedendo il disagio dell'altro. «Ora però andiamo a cenare, tra poco dobbiamo aprire il locale.»

Detto questo si diresse in cucina seguita dal ragazzo.

«Un'okonomiyaki alle verdure va bene?» chiese, dirigendosi alla piastra.

«Certo.» rispose semplicemente Ryoga, iniziando a preparare la tavola.

Quando finì di cucinare i due si sedettero a tavola.

«Ukyo-chan?» chiamò una voce un po' gracchiante.

Sentendo qualcuno entrare nel locale, i due si affacciarono all'ingresso, trovandovi un'anziana coppia ad attenderli.

«Oh cara, scusami per averti disturbato, non sapevo avessi invitato a cena il tuo fidanzato.» si giustificò la donna. «A proposito, complimenti, è davvero un bel giovanotto.» aggiunse, con fare civettuolo.

Ukyo volse lo sguardo su Ryoga. Appena i loro sguardi s'incontrarono non poterono fare a meno di arrossire e di scostarsi imbarazzati.

«No, vede, lui non...» cercò di spiegare la ragazza, senza riuscirci.

«Bé, comunque, ero solo venuta a dirti che stasera verranno a cena i miei nipotini, sai quanto amino le tue okonomiyaki quindi volevo chiederti di prepararmene cinque, tra un'ora mio marito verrà a prenderle.» disse la donna. «Scusami ancora per avervi disturbato.»

Dopo aver salutato, la coppia andò via lasciandoli soli.

«Perdona la signora Harada, abita vicino al mio locale» spiegò Ukyo. «È una brava donna ma tende ad impicciarsi troppo.»

«Capisco!» esclamò Ryoga.

I due si ritrovarono a ridere insieme, l'atmosfera finalmente più leggera.

«Finito?» chiese la ragazza, poco dopo, togliendo i piatti dalla tavola.

«Grazie mille» rispose Ryoga, alzandosi a sua volta.

«Metteresti l'insegna fuori?»

«Certo, non c'è problema.» rispose il ragazzo, prendendola ed aprendo la porta del locale.

Mentre stava agganciando l'insegna intravvide una sagoma a lui familiare. Immediatamente sentì un brivido attraversargli la schiena: non c'era dubbio, il ragazzo che aveva visto saltare sui tetti era Ranma. Si chiese se quel suo correre avesse un significato sinistro, per un attimo fu tentato di seguirlo ma si disse che probabilmente stava correndo solo perché era in ritardo e farsi prendere dal panico non sarebbe servito a nulla. Dopo essersi preso un attimo per recuperare la calma, rientrò nel locale. Non avrebbe detto nulla ad Ukyo, non aveva senso farla preoccupare inutilmente.



Maledizione, possibile che oggi avessero tutti voglia di salsa di soia?” si chiese Ranma, continuando a saltare da un tetto all'altro. “Ho dovuto fare i chilometri per trovarla e adesso rischio di arrivare tardi per la cena.

Giunto sulla via di casa, saltò giù in strada. Alzati gli occhi, qualcosa attirò la sua attenzione; davanti casa Tendo era parcheggiata un'auto di proprietà dell'ospedale. La salsa di soia che aveva così tenacemente cercato gli scivolò dalle mani rotolando sul selciato mentre il ragazzo si slanciava in una corsa disperata sentendo il cuore uscirgli dal petto per l'apprensione.

Spalancata la porta di casa, ciò che vide lo gelò sul posto: Kasumi stava di fronte a lui con le lacrime agli occhi.

Barcollando, col cervello annebbiato dal panico, attraversò l'ingresso ed aprì la porta della sala da pranzo. Immediatamente, un essere singhiozzante lo strinse in un abbraccio spezza-costole. Non ebbe necessità di guardarlo per capire che si tratta di Soun Tendo.

Kasumi aveva gli occhi lucidi, suo padre piangeva a dirotto; temeva di sapere cosa fosse successo ma si rifiutava anche solo di formulare quel pensiero.

Ancora più confuso e stordito dalla disperazione alzò gli occhi in cerca di una spiegazione e ciò che vide gli mozzò il fiato.

Avrebbe voluto chiedere se era vero o se erano i suoi occhi ad ingannarlo ma si rese conto di essere incapace di emettere alcun suono.

Akane stava di fronte a lui, sorridente.

«Ranma, sto bene!» annunciò la ragazza, felice.

«Che significa?» chiese il ragazzo, smarrito.

«Ranma, il fidanzato di Akane,giusto?» intervenne il medico, palesando la sua presenza.

Il codinato si limitò ad un cenno di assenso.

«Se ricordi, quando ci siamo incontrati all'ospedale ti dissi che non c'era possibilità di errori negli esami, bé, stavolta è stato proprio così, hanno confuso gli esami di due pazienti.»

«Confusi?» chiese Ranma, cercando di capire le implicazioni di questa nuova informazione.

«Akane ha davvero una semplice carenza di ferro.» spiegò il medico, sorridendo.

«Ma allora quegli esami?»

«Appartengono ad un'altra paziente di nome Akemi Tendo, da qui l'errore.»

«E quella donna...» disse Ranma, tentando di assimilare la notizia.

«Sono già stato a casa della signora, quando le ho comunicato la notizia mi ha sorriso e mi ha risposto “Ho vissuto ben novantacinque anni, ho visto crescere i miei figli e i miei nipoti, ora è giusto che raggiunga mio marito”. È stato strano, sembrava quasi che lei stesse consolando me.»

«Dovrai sopportarmi ancora a lungo!» esclamò Akane, notando lo sgomento del ragazzo.

Finalmente libero di muoversi, dopo aver staccato da sé un piangente Soun, Ranma si avvicinò ad Akane, non sapeva cosa dirle ma sentiva come se il suo cuore avesse finalmente ripreso a battere dopo giorni in cui era stato come morto.

Giuntole davanti, deglutì a vuoto, cercando la forza di parlare.

Un senso più acuto dell'udito, però, gli permise di percepire un sinistro scricchiolio; fu un attimo e la porta scorrevole che dava sul giardino andò in frantumi mentre una folla di gente si riversava all'interno.

«Maledetto Saotome! Era tutto un imbroglio per tenermi lontano dalla mia Akane!» urlò Kuno, brandendo la sua spada di legno e cercando di colpire Ranma.

«Tesoro, sono certa che sia stata quella orribile ragazza a chiederti di starmi lontano ma adesso ti porterò con me e così potrai gustare i più deliziosi piatti della cucina francese!» esclamò Kodaci, cercando di afferrare il ragazzo con il suo nastro.

«Lanma amole, adesso che Akane sta bene non è più necessario che ti stia lontano, facciamo un pic-nic per festeggiare.» urlò Shampoo saltando sulle teste dei fratelli Kuno.

«Maledizione!» imprecò Ranma, lanciando un ultimo sguardo dispiaciuto ad Akane prima di catapultarsi in giardino con un balzo per sfuggire agli attacchi di nemici e spasimanti.

Guardandolo correre via Akane sospirò delusa. Doveva essere un bel momento ma come al solito quegli impiccioni avevano rovinato tutto.

«Scu-scusate, io dovrei tornare in ospedale.» disse il dottore, ancora sconvolto dalla scena a cui aveva appena assistito. «Spero potrete perdonarci per i dispiaceri che il nostro errore vi ha causato.»

«Mia figlia sta bene, è quello che conta.» rispose Soun, asciugando le ultime lacrime.

«L'accompagno.» propose Kasumi, precedendo il medico alla porta.

«Dottore, aspetti, potrebbe ripetermi il nome della paziente a cui appartenevano le analisi?» chiese Akane, raggiungendoli all'ingresso.

«Akemi Tendo, perché?» rispose il dottore.

«Niente, curiosità.» rispose la ragazza, arrossendo leggermente. Il nome era uguale a quello della chiromante che le aveva letto la mano al ritorno da scuola ma ciò non voleva dire nulla, non poteva di certo chiedere al dottore se la sua paziente fosse una chiromante.

Dopo che il medico fu andato via le due sorelle rientrarono in casa.

Arrivate in sala da pranzo videro che loro padre ed il suo amico avevano provveduto a riparare la porta.

«Che ne dite di metterci a tavola?» chiese Genma, allegramente.

«La cena è pronta ma Ranma non è ancora rientrato.» rispose Kasumi.

«Dubito che potrà tornare presto.» affermò Akane, tristemente. «Ceniamo.»

Si erano appena accomodati quando sentirono bussare alla porta.

«Accomodatevi!» disse Kasumi, aprendo la porta.

«Buonasera, ho portato delle okonomiyaki per festeggiare!» esclamò Ukyo entrando in sala da pranzo e poggiando sul tavolo il vassoio con le sue specialità.

«Abbiamo saputo la bella notizia, siamo felici che tu stia bene, Akane.» continuò, parlando anche a nome di Ryoga che le stava a fianco limitandosi a guardare la ragazza sorridendo.

«Ma come lo avete saputo?» domandò Akane, perplessa.

«Sasuke, il servitore di casa Kuno, saltava di tetto in tetto gridando che tu non eri malata.» spiegò Ukyo.

«Allora tutti sapevano della diagnosi, tranne me.» dedusse la ragazza, amareggiata.

«Non è così.» la corresse Ryoga, prendendo la parola per la prima volta. «Oltre ai tuoi familiari eravamo in pochi a conoscere quelle che credevamo essere le tue reali condizioni.»

«Ranma ha messo al corrente della tua situazione solo le sue spasimanti e i suoi nemici chiedendoci una specie di tregua affinché tu potessi vivere serenamente per il tempo che ti rimaneva.» spiegò Ukyo.

Improvvisamente Akane si rese conto di cosa aveva reso gli ultimi giorni diversi, non erano state le premure quasi asfissianti del padre ma l'assenza di combattimenti e di agguati da parte di pazze esaltate e Ranma era l'artefice di tutto questo.

Non poteva credere che avesse fatto tutto questo per lei.

Per questo l'aveva stretta a se nel Lunapark, perché pensava che presto l'avrebbe persa?

E perché si era dato tanta pena per lei? Solo perché impietosito dal suo triste destino o perché provava qualcosa per lei?

Mille pensieri affollarono la mente di Akane, avrebbe voluto avere Ranma lì di fronte a lei affinché chiarisse i suoi dubbi ma sapeva anche che sicuramente appena se lo fosse trovato davanti sarebbe andata nel pallone, non sarebbe stata capace di chiedergli nulla o avrebbero finito per litigare.

«Non l'ho mai visto così disperato come quel giorno in cui mi ha detto che eri malata.» confessò Ryoga, distogliendola dai suoi pensieri.

«Ora però basta con questi discorsi. Togliamo il disturbo e vi lasciamo festeggiare.» affermò Ukyo, alzandosi.

«Saremmo felici se vi fermaste per la cena.» protestò Kasumi, sorridendo.

«Devo tornare al ristorante, mi dispiace.» rispose Ukyo.

«A presto Akane, sono felice che tu stia bene.» salutò Ryoga, alzandosi a sua volta.

Accompagnati gli ospiti alla porta, la famiglia Tendo e il signor Genma si misero a tavola.

«Akanuccia!!!» urlò Happosai, entrando dalla porta sul giardino e tentando di fiondarsi sulla ragazza.

«Eh no, maestro!» lo rimproverò Kasumi. «Akane è stata poco bene quindi la lasci tranquilla.» aggiunse, sedendolo accanto a se e servendogli la cena.

I tre giorni alle terme gli avevano dato molte occasioni per sfogare i suoi istinti e poi, in fondo, neanche lui sapeva dire no alla dolce Kasumi così sedette tranquillo e la cena poté finalmente avere inizio.



«Mi è sembrato strano sentirti difendere Ranma, non è il modo migliore per cercare di conquistare Akane!» esclamò Ukyo, tentando di mantenere un tono di voce scherzoso e continuando ad incamminarsi verso il ristorante.

«Ho rinunciato ad Akane dopo ciò che è successo nella foresta di Ryugenzawa» spiegò Ryoga «Le vorrò sempre bene, avrà sempre un posto importante nel mio cuore e il pensiero che potesse morire mi devastava ma il sentimento che provo per lei adesso è quello di un amico.»

A quelle parole Ukyo gli lanciò un'occhiata veloce.

Possibile che fosse vero?

Non voleva pensarci, non voleva illudersi.

«Purtroppo però ci sono ricaduto, ho rivolto nuovamente il mio interesse ad una ragazza il cui cuore batte per Ranma.» aggiunse, fermandosi di colpo e fissandola negli occhi.

Non era da lui tanta audacia ma se c'era una cosa che aveva imparato da quanto successo ad Akane è che non si può sapere quanto tempo si ha davvero a disposizione.

Ukyo si sentì paralizzare da quello sguardo.

Aveva davvero capito quello che pensava?

«Allora mi dispiace dirtelo ma quella ragazza deve proprio essere davvero stupida. Se avesse un po' di cervello avrebbe lasciato perdere Ranma; è impossibile non accorgersi di quanto quei due tengano l'uno all'altra.» rispose Ukyo, incapace di dire di più e riprendendo a camminare per sfuggire allo sguardo del ragazzo.

«Nevica!» esclamò poco dopo, sentendo il tocco freddo di un fiocco su una guancia.

Immediatamente sentì uno scatto ed un ombrello a lei noto si tese su di lei per coprirla.

Afferrato il manico lo raddrizzò affinché l'ombrello riparasse entrambi e rivolse un sorriso impacciato al ragazzo.

Fianco a fianco i due proseguirono la loro strada. Non si erano detti molto ma entrambi sentivano che quella passeggiata sotto la neve poteva essere il primo passo di un cammino che portava alla felicità.



«Maledetti rompiscatole!» ringhiò Ranma quando, a notte fonda, poté fare ritorno a casa Tendo dopo aver seminato nemici e pretendenti.

Le stanze erano tutte buie e silenziose, per colpa di quegli stupidi si era perso i festeggiamenti per Akane e non aveva potuto passare nemmeno due minuti con lei.

Non che avesse la più pallida idea di quello che le avrebbe detto ma sarebbe già stato piacevole vederla felice e sorridente sapendo che non temeva più di perderla.

Sentendo lo stomaco brontolare, entrò in cucina, nella speranza di trovare qualcosa da mangiare.

Senza accendere la luce si diresse verso il frigorifero e lo aprì.

«Avrai fame dopo aver corso così a lungo!» esclamò Akane, accendendo la luce.

Ranma si bloccò. Moriva di fame ma temeva ciò che gli sarebbe potuto succedere se Akane gli avesse preparato qualcosa e, d'altro canto, non voleva neanche litigare con lei proprio adesso quando aveva appena scoperto che non rischiava più di perderla.

«Tranquillo, Kasumi ti ha messo da parte la cena. Vai di là, la riscaldo e te la porto.» disse Akane, quasi leggendogli nella mente.

«Gr-grazie!» balbettò il ragazzo, abbagliato dal dolce sorriso che lei gli stava rivolgendo, quindi uscì dalla stanza.



«Akemi, che ci fai qui?»

«Sorpresa!» rispose la donna, ridacchiando.

«Mi avevano detto che avrei dovuto attendere a lungo prima di rivederti.»

«E così doveva essere.» spiegò. «Solo che io ho cambiato un po' le carte in tavola.»

L'anziano le si sedette a fianco, guardandola confuso.

«Sai che sono una sacerdotessa, le mie predizioni hanno contribuito a salvare molte vite ma stavolta non c'era nulla che potessi fare se non scendere a patti con la signora dalla lunga falce.» continuò a raccontare. «Ho scorto la ragazza in una visione, avrebbe dovuto avere tutta la vita davanti ma il suo destino era segnato così l'ho incontrata ed ho scambiato i nostri destini.»

«Dimmi chi ti ricordano.» disse poi la sacerdotessa indicando i due nella cucina di casa Tendo.

«Noi due.» rispose l'anziano, cingendo le spalle della moglie.

«Bé, direi che è giunto il momento di andare.» affermò la donna, alzandosi un po' barcollante dalla nuvola su cui era seduta.

«Andiamo.» approvò l'anziano, alzandosi a sua volta e porgendo il braccio alla donna.

Un attimo dopo i due spiriti erano già spariti mentre un colpo di vento scompigliava le nubi.



«Ecco a te.» disse Akane, poggiando il vassoio sul tavolo della sala da pranzo ma senza lasciarlo anzi, stringendo la presa nel tentativo di trovare la forza di parlare. «Ukyo e Ryoga mi hanno raccontato quello che hai fatto per me. Grazie.» disse tutto d'un fiato senza trovare il coraggio di voltarsi per guardarlo in faccia.

Ranma arrossì istantaneamente.

Non sapeva se uccidere i due impiccioni o ringraziarli per il loro gesto.

L'unica cosa di cui era consapevole era la vicinanza di Akane e la dolcezza del suo profilo illuminato dalla luce.

Prima che il pensiero cosciente lo rendesse consapevole di cosa stava facendo, afferrò il braccio di Akane, costringendola a voltarsi e fece ciò che aveva tanto desiderato e sognato di fare. Passata una mano dietro la sua nuca, poggiò le sue labbra su quelle di lei baciandola con tutta la dolcezza di cui era capace.

Fu un bacio a fior di labbra ma bastò a scombussolare entrambi.

Quando si staccarono, Akane lo fissò, stupita.

Ranma si chiese se non fosse il caso di scappare o di giustificarsi in qualche modo. Immediatamente il ricordo dei giorni appena trascorsi gli affollarono la mente, le sofferenze patite gli serrarono la gola.

«Non voglio mai più rischiare di perderti.» affermò Ranma, con voce strozzata, attirando a sé Akane e stringendola tra le braccia. Non gli importava se dopo lei lo avrebbe mandato in orbita, aveva pensato di doverle dire addio e adesso voleva solo sentire il calore del suo corpo stretto al suo.

Ad un tratto un tocco morbido sulla guancia lo ridestò dai suoi pensieri. Fu solo in quel momento, quando Akane gli asciugò gli occhi con la sua mano, che si rese conto di stare piangendo.

Imbarazzato da questa sua debolezza tentò di allontanarsi ma non poté perché Akane aveva intrecciato una mano con la sua in una stretta ferrea.

«Non correrai mai più questo rischio.» bisbigliò lei, sorridendogli felice per poi accoccolarsi nuovamente tra le sue braccia.

Ranma consumò la sua cena continuando a tenere la ragazza stretta a sé, parlando di piccole cose, giocando con le esili dita di lei, assaporando finalmente un po' di felicità.

Adesso sapeva che c'era tempo per loro ed era deciso a non sprecarlo più, a godere di ogni singolo attimo che il destino benevolo aveva voluto regalargli.

ANGOLO AUTRICE:Che ve ne pare? Delusi? Soddisfatti?

                                   Vi aspettavate la Ryoga x Ukyo?

                                    Io no ma loro hanno deciso così, le scene si sono evolute da sole e così li ho assecondati.

                                    Grazie a tutti coloro che hanno seguito la storia.

                                     Spero tornerete a trovarmi.

                                          Notteinfinita.












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