Toxic

di Damon94
(/viewuser.php?uid=728881)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Bryan ***
Capitolo 3: *** Coincidenza? ***



Capitolo 1
*** Bryan ***


Bryan
- Dai se vieni secondo me ti divertirai! - disse la biondina prendendo in mano un'altra bottiglia di birra. - Bryan e Joe saranno felici di vederti... sarà divertente! - iniziò a ridere, alzandosi e venendo verso di me. - Allora vieni? - mi chiese, appoggiando la sua mano sulla mia. Annui, quella serata sarebbe comunque finita bene. - Benissimo! - urlò, attirando l'attenzione di quasi tutte le persone dentro il bar. Il locale dove mi portò, era davvero squallido, la tinta sulle pareti era tutta rovinata, era un salone piccolo rispetto alle discoteche dove sono abituata ad andare. L'unica cosa positiva era che non vi era tanta gente, odiavo le sale piene di gente avevo sempre la sensazione di soffocare. Mentre camminavamo sulla pista da ballo, la biondina iniziò a sorridere e a salutare due ragazzi che stavano appoggiati alla parete dall'altra parte della sala. Uno era alto, indossava un giubbotto di pelle, jeans attilati che mettevano in risalto la sua figura slanciata, i capelli neri lunghi fino alle spalle coprivano leggermente gli occhiali identici al modello degli occhiali di John Lennon. L'altro, più basso del primo, aveva dei capelli ondulati dello stesso colore del sole, indossava un giacchetto di jeans, quando mi avvicinai notai lo splendido colore dei suoi occhi, un miscuglio di tutte le tonalità dell'azzurro. - Joe! - urlò la biondina abbracciando e baciando appasonatamente il ragazzo col giubbotto di pelle, mentre il ragazzo dai capelli biondi mi studiava con lo sguardo. - Joe, Bryan lei è Lydia. Lydia loro sono Bryan, e Joe, il mio ragazzo. - disse la biondina prendendo per mano Joe e andando in pista a ballare, anche se non era molto un ballo stavano abbracciati, e si baciavano così intensamente che pensai si stessero per fondere in una cosa sola. - Lydia, giusto? - mi chiese Bryan, facendomi focalizzare l'attenzione su di lui. Annui. - Ti va di ballare? - mi allungò una mano e lanciò una rapida occhiata a Joe e alla biondina, aggiungendo subito dopo - Ovviamente non come loro -. Risi, era simpatico Bryan, unpochino mi dispiacque di averlo conosciuto proprio di giovedì. Ballammo tutta la sera, mi divertii tantissimo, Joe e la biondina si erano andati ad appartare in macchina circa dopo nemmeno due canzoni, io e Bryan eravamo rimasti per circa quattro ore. Mi raccontò un po' della sua vita, di come aveva conosciuto Joe e la biondina, scopertasi poi Kate, di come era felice che tra poco avrebbe rivisto la sua città natale, e della sua passione per i Pumped Up Kicks. Quando uscimmo dalla discoteca, mi prese per mano e mi accompagnò fino alla sua macchina, una porche gialla e nera molto elegante. Lo guardai, oltre ad aver ballato aveva anche bevuto molto quindi era molto probabilmente ubriaco, le sue guancie erano rosse ciò metteva in risalto i suoi occhi, a dir poco magnifici. - Bryan? - dissi, lui mi guardò poi mi prese il viso tra le mani e mi bacio intensamente. Dopo un po' si allontanò, guardandomi, aveva un'espressione indecifrabile sembrava affaticato, eccitato, desideroso, e indugiò con lo sguardo ancora un po' sulle mie labbra. - Bryan - dissi rompendo il silenzio, avevo fame ma potevo aspettare ancora un poco... - Casa tua. -. Un piccolo sorriso si distese sulle sue labbra, prima di aprirmi la portiera. Casa sua era piccola, un piccolo appartamento con due camere da letto, un cucina abbastanza grande, un bagno e il salotto, ogni stanza era diversa dall'altra. Il salotto aveva le pareti nere, era piuttosto dark sembrava essere ad Halloween, la cucina aveva i colori del trmonto d'estate, il bagno racchiudeva l'atmosfera della spiaggia d'inverno, la sua camera da letto era semplice: le pareti erano bianche, vi era una semplice letto, e un piccolo armadio bianco, l'altra camera invece era di Joe, e al momento era occupata da lui e dalla biondina. Appena raggiugemmo il letto, mi iniziò a spogliare, e iniziammo a fare sesso. Non fu eccitante come mi aspettavo, ma non ne rimasi delusa. Quando finimmo, avevo una fame immensa, e il mostro entro di me stava per avere la meglio. Bryan stava disteso accanto a me, era nudo, la sua carnagione pallida risplendeva alle prime luci del mattino, i suoi capelli arruffati avevano preso una delicata tonalità del giallo, e i suoi occhi mi studiavano il viso in cerca di emozioni. - Bryan? - sussurrai, lui mi si avvicinò e mi disse con gli ochi di continuare. - Grazie. - lo baciai delicatamente, - e scusa se non rivedrai la tua città natale -. Lui mi guardò con aria confusa, per questo lo ribaciai, quando mi allontani mi sorrise con gli occhi e con le labbra. Mi potresi e iniziai a baciare il suo collo, Bryan emettè un piccolo gemito di piacere, i canini si affilarono e capii che era il momento. Lo morsi. Il sangue fresco si mischiò al sudore della sua pelle, il mostro ruggì dentro di me obbligandomi a fare più pressione oramai non riuscivo più a tirarmi indietro. Succhiai fino all'ultima goccia di sangue, poi mi allontanai piano, piano e lo guardai. Il suo dolce sorriso era stato rimpiazzato da un'orrenda espressione di orrore e anche insolita consapevolezza. Più affamata che mai mi alzai, ancora nuda, e andai nella camera di Joe. Quando aprii la porta fui percossa da un aspro odore di limone, la stanza era tutta completamente nera, le uniche cose colorate erano i corpi nudi della biondina e di Joe avvighiati l'uno all'altra impegnati a fare ciò che avevamo appena fatto io e Bryan. La biondina mi guardò incredula mentre Joe continuava a entrare dentro di lei, mi avvicinai e la guardai fissa negli occhi, le ordinai di stare zitta soggiogandola. Joe si allontanò e mi guardò confuso mentre rientrava in se, lo afferrai per la nuca e lo morsi senza nemmeno dargli il tempo i parlare. A differenza di Bryan lui iniziò a urlare, mentre gli risucchiavo l'ultima goccia di sangue dal corpo. Quando ebbi finito, bevvi anche il sangue della biondina. 
Appena tolsi la vita anche a Kate, la solita sensazione di pace mi pervase, togliendomi per un attimo la colpa di aver ucciso più di un miliardo di persone durante tutta i miei millenni di vita. Rimasi un po' seduta accanto al corpo senza vita della biondina, prima di ritornare in camera di Bryan, dove cercai i mie vestiti, e il mio cellulare. Appena lo accesi trovai otto chiamate perse da Leyla, e una da Jack, feci una smorfia. Jack di sicuro voleva un po' del sangue che avevo rubato qualche giorno prima all'ospedale, Leyla invece l'aveva scoperto e mi voleva riproverare, ormai la conoscevo troppo bene. Era da quando era piccola che la conosco, ero molto amica di sua madre, e di praticamente tutti Reed dal primo originario Reed, forse Leyla era la Reed che si interessava di più al mio bene dopo Camilla, morta circa duecento anni prima, di carattere erano uguali, e anche la voce era la stessa per questo la richiamai. - Ley - dissi, mentre mi infilavo i pantaloncini. - Lydia! Dove sei stata! Devi obbligatoriamente venire da me! Sei nella merda! - urlò prima di riattaccare. Incuriosita mi infilai velocemnte il top, e presi una felpa azzurra di Bryan. Ci misi poco ad arrivare nel suo monolocale, perchè si trovava nello stesso quartiere. Appena entrai, avevo le chiavi del suo monolocale da quando se l'era comprato, era come la mia casa, però mi avevo obbligato di giurare di non uccidere nessuno lì perchè, disse, che se no lo spettro della vittima l'avrebbe perseguitata. Leyla si precipitò da me, abbracciandomi e poi dandomi un leggerissimo schiaffo sul viso. La guardai aveva gli occhi gonfi, il trucco colato e indossava una vestaglia di lino rossa che le arrivava fino alle caviglie. - Ley che succede? - chiesi preoccupata. - Hai per caso ucciso qualcuno? - sussurrò studiandomi, annui, le lacrime le rigarono le guancie e mi dette un secondo schiaffo. - Merda Lydia! Sei impazzita? Hai ucciso  quasi cento persone in solo quattro mesi, e derubato dieci ospedali in cinque settimane! I telegiornali non sanno più che inventarsi! - iniziò a camminare per la stanza, giocando nervosamente con un braccialetto rigido che le avevo regalato per il suo sedicesimo compleanno. - Ricordi Sophia? La mia amica fidanzata con un cacciatore di vampiri? - Annui, sapendo già cosa mi avrebbe detto. - Loro lo sanno! Sanno chi è dietro tutti questi furti e omicidi! Ti stanno dando la caccia! Lydia! - urlò. Rimasi impassibile, era da dieci mila anni che mi rompevano i cacciatori di vampiri, da quando uccisi la moglie del loro fondatore, usano ogni sucsa possibile per darmi la caccia. Come ogni volta in quelle situazioni, dovevo sparire per uno o tre anni, un qualsiasi altro vampiro avrebbe fatto la fine che volevano facessi io. - Ley, ti va di andare a Miami? - le chiesi, uscendo di casa. 

** LAVORI IN CORSO **

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Coincidenza? ***


Leyla non mi aveva ancora perdonato il fatto che me per la duecento cinquantesima volta ci fossimo trasferite in un’altra città. Ogni volta mi seguiva, cercando di farmi sentire in colpa tenendo il muso per tutto il viaggio, e ogni volta non funzionava. Questa volta amai molto la città dove mi trasferii: Miami, avevo solo ricordi felici in quella città, e non è una cosa da poco se hai un milione di anni. – Ly! Dove hai messo i trucchi? – mi chiese Leyla dal bagno, eravamo andate a vivere a casa di un mio vecchio amico, William, nel medioevo eravamo stati anche fidanzati per cinquant’anni ma alla fine l’avevo lasciato, troppo noioso. – Sono nel secondo cassetto sotto il lavandino! – le urlai, avviandomi verso la porta d’ingresso.– Ley vado a fare un giro! – continuai, prendendo le chiavi dalla credenza. – Scherzi, vero?! Ci sono ancora tutte le valigie a giro! Quando torna William? – mi domandò venendo nell’ingresso, indossava un accappatoio verde menta, l’avevo comprato anni prima in Italia, aveva la crema gialla apposta per i brufoli spalmata su tutto il viso, i capelli raccolti in una coda sfatta e ai piedi delle ciabatte rosa. – Ley ma cos’hai fatto?! – risi quando lei mi fulminò con lo sguardo, amavo prenderla in giro. – Comunque Will ritorna tra due giorni, e non essere gelosa! Dopo ti porto a fare un giro nella boutique più bella di tutta Miami! – le dissi, prima di uscire dalla porta. L’aria estiva di Miami mi pervase, era così bello essere di nuovo a casa. Avevo vissuto davvero tanti secoli lì, l’avevo vista crescere sotto i miei occhi, ovviamente cambiavo sempre identità, o quartiere in particolare, ma per un periodo non riuscivo proprio a non stare a Miami. E’ una di quelle città che fanno l’effetto di una calamita, ovunque andrai cercherai sempre un po’ di quella città nelle altre. Oramai era da cento anni che non ci venivo, aspettavo il momento che le vecchie generazione morissero per giocare con le nuove, ingenue. Per questo i miei piedi mi condussero immediatamente nel bar “La vecchia Roma”, ero stata alla sua inaugurazione avvenuta duecento anni fa. L’aveva aperto una mia cara amica umana, Luna Bonnie Floris, non volle diventare vampiro neanche quando sapeva che le restavano pochi mesi di vita. Quando entrai nel locale, ci rimasi male nel vedere che era stato completamente ristrutturato. Le pareti bianche erano decorate da delle foto in bianco e nero del Colosseo, i tavolini erano bianchi con le rifiniture in oro come le sedie, e il bancone era completamente oro. Mi diressi verso quest’ultimo, attirata dal ragazzo che stava servendo un signore. Era alto, aveva i capelli biondo sporco lunghi fin sotto le orecchie, grandi occhi verdi, le guance decorate da tante piccole lentiggini e indossava una maglietta a maniche corte bianca, che lasciava a intravedere i muscoli sotto di essa. Devo dire che l’idea di bere un po’ del suo sangue mi attirò. Appena mi sistemai sullo sgabello, venne da me, e per poco non mi schifai dal fatto che fosse un vampiro. Oramai riconoscevo il nostro odore ovunque, mi ero pure esercitata nel capire da quanti anni erano trasformati, e lui era un novellino di dieci anni. – Salve, vuole ordinare? – mi chiese, studiandomi. – Si, grazie. Vorrei un cafè macchiato. – sorrisi in modo seducente, mentre un lieve languorino si faceva strada dentro di me. Avevo sempre preferito il sangue dei vampiri a quello umano, aveva un sapore più acido e invitante. Lui sorrise a sua volta e andò a preparare il caffè macchiato. Quando me lo servì, mi tolsi il giacchetto di pelle, lasciandomi così solo una leggera canottiera rossa molto scollata, i suoi occhi indugiarono nel posto giusto. Come ogni volta che mettevo a punto questo piano, dopo un’ora ci trovavamo nel letto singolo a casa sua. Quest’ultima era molto bella, molto di più rispetto a quella di Bryan Stevens e Joe Brown, aveva molto più stile. Inoltre, questa volta fu molto più eccitante. Appena mi penetrò un'ultima volta, l'odore del suo sangue mi pervase a tal punto che faticai a non morderlo subito. Quando si distese accanto a me, esausto, lo guardai, i suoi occhi verdi mi ricordavano l’erba del prato della mia casa natale. Allungai una mano, e gli toccai i capelli, erano setosi di un biondo magnetico, come il suo fisico. Non era tropo muscoloso, era come mi piaceva a me, con un po’ di pancietta, ma non troppa. Anche questa volta mi dispiaceva un po’ ucciderlo, d’altronde uccidevo sempre le persone più belle, tranne quando avevo davvero troppa fame. Lui mi guardò, girandosi su un fianco, rabbrividì assomigliava a ... – Come ti chiami? – mi chiese fissandomi la bocca. – Tu? – gli domandai. Lui rise, strofinandosi la mascella. – Cameron, Cam per gli amici. – rispose continuando a guardarmi la bocca. – Cam? – dissi avvicinandomi, e baciandolo lievemente. – Qual è il tuo cognome? – chiesi d’istinto. Cam fece un’espressione confusa rispondendomi – Stevens -. Coincidenza? Leyla non mi aveva ancora perdonato il fatto che me per la duecento cinquantesima volta ci fossimo trasferite in un’altra città. Ogni volta mi seguiva, cercando di farmi sentire in colpa tenendo il muso per tutto il viaggio, e ogni volta non funzionava. Questa volta amai molto la città dove mi trasferii: Miami, avevo solo ricordi felici in quella città, e non è una cosa da poco se hai un milione di anni. – Ly! Dove hai messo i trucchi? – mi chiese Leyla dal bagno, eravamo andate a vivere a casa di un mio vecchio amico, William, nel medioevo eravamo stati anche fidanzati per cinquant’anni ma alla fine l’avevo lasciato, troppo noioso. – Sono nel secondo cassetto sotto il lavandino! – le urlai, avviandomi verso la porta d’ingresso.– Ley vado a fare un giro! – continuai, prendendo le chiavi dalla credenza. – Scherzi, vero?! Ci sono ancora tutte le valigie a giro! Quando torna William? – mi domandò venendo nell’ingresso, indossava un accappatoio verde menta, l’avevo comprato anni prima in Italia, aveva la crema gialla apposta per i brufoli spalmata su tutto il viso, i capelli raccolti in una coda sfatta e ai piedi delle ciabatte rosa. – Ley ma cos’hai fatto?! – risi quando lei mi fulminò con lo sguardo, amavo prenderla in giro. – Comunque Will ritorna tra due giorni, e non essere gelosa! Dopo ti porto a fare un giro nella boutique più bella di tutta Miami! – le dissi, prima di uscire dalla porta. L’aria estiva di Miami mi pervase, era così bello essere di nuovo a casa. Avevo vissuto davvero tanti secoli lì, l’avevo vista crescere sotto i miei occhi, ovviamente cambiavo sempre identità, o quartiere in particolare, ma per un periodo non riuscivo proprio a non stare a Miami. E’ una di quelle città che fanno l’effetto di una calamita, ovunque andrai cercherai sempre un po’ di quella città nelle altre. Oramai era da cento anni che non ci venivo, aspettavo il momento che le vecchie generazione morissero per giocare con le nuove, ingenue. Per questo i miei piedi mi condussero immediatamente nel bar “La vecchia Roma”, ero stata alla sua inaugurazione avvenuta duecento anni fa. L’aveva aperto una mia cara amica umana, Luna Bonnie Floris, non volle diventare vampiro neanche quando sapeva che le restavano pochi mesi di vita. Quando entrai nel locale, ci rimasi male nel vedere che era stato completamente ristrutturato. Le pareti bianche erano decorate da delle foto in bianco e nero del Colosseo, i tavolini erano bianchi con le rifiniture in oro come le sedie, e il bancone era completamente oro. Mi diressi verso quest’ultimo, attirata dal ragazzo che stava servendo un signore. Era alto, aveva i capelli biondo sporco lunghi fin sotto le orecchie, grandi occhi verdi, le guance decorate da tante piccole lentiggini e indossava una maglietta a maniche corte bianca, che lasciava a intravedere i muscoli sotto di essa. Devo dire che l’idea di bere un po’ del suo sangue mi attirò. Appena mi sistemai sullo sgabello, venne da me, e per poco non mi schifai dal fatto che fosse un vampiro. Oramai riconoscevo il nostro odore ovunque, mi ero pure esercitata nel capire da quanti anni erano trasformati, e lui era un novellino di dieci anni. – Salve, vuole ordinare? – mi chiese, studiandomi. – Si, grazie. Vorrei un cafè macchiato. – sorrisi in modo seducente, mentre un lieve languorino si faceva strada dentro di me. Avevo sempre preferito il sangue dei vampiri a quello umano, aveva un sapore più acido e invitante. Lui sorrise a sua volta e andò a preparare il caffè macchiato. Quando me lo servì, mi tolsi il giacchetto di pelle, lasciandomi così solo una leggera canottiera rossa molto scollata, i suoi occhi indugiarono nel posto giusto. Come ogni volta che mettevo a punto questo piano, dopo un’ora ci trovavamo nel letto singolo a casa sua. Quest’ultima era molto bella, molto di più rispetto a quella di Bryan Stevens e Joe Brown, aveva molto più stile. Inoltre, questa volta fu molto più eccitante. Appena mi penetrò un'ultima volta, l'odore del suo sangue mi pervase a tal punto che faticai a non morderlo subito. Quando si distese accanto a me, esausto, lo guardai, i suoi occhi verdi mi ricordavano l’erba del prato della mia casa natale. Allungai una mano, e gli toccai i capelli, erano setosi di un biondo magnetico, come il suo fisico. Non era tropo muscoloso, era come mi piaceva a me, con un po’ di pancietta, ma non troppa. Anche questa volta mi dispiaceva un po’ ucciderlo, d’altronde uccidevo sempre le persone più belle, tranne quando avevo davvero troppa fame. Lui mi guardò, girandosi su un fianco, rabbrividì assomigliava a ... – Come ti chiami? – mi chiese fissandomi la bocca. – Tu? – gli domandai. Lui rise, strofinandosi la mascella. – Cameron, Cam per gli amici. – rispose continuando a guardarmi la bocca. – Cam? – dissi avvicinandomi, e baciandolo lievemente. – Qual è il tuo cognome? – chiesi d’istinto. Cam fece un’espressione confusa rispondendomi – Stevens -.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2891076