Per sempre sarai in un sorriso inaspettato, in un appuntamento col mio destino.

di Killas
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Sono passati anni da quando scrissi quest'inizio di long-fic e mi fermai a soli quattro capitoli, poi persi del tutto l'ispirazione e la voglia di scrivere. Non ho voluto cambiare quasi nulla, tranne ovviamente qualche piccola imperfezione tecnica (ero una povera bimba che scriveva con i piedi!). Spero che l'idea vi piaccia, deriva tutto da un sogno che feci una notte e il giorno dopo ero lì a scrivere di getto; beh ora voglio andarci con più calma, voglio che da quell'idea ne esca qualcosa di buono.. perciò ho bisogno dei vostri pareri, che sicuramente siete moooolto più esperti di me! Basta ciance, passiamo alla storia yeah.

P.S: non so con quanta frequenza aggiornerò, tra scuola e tutto il resto sono un pò impegnata ma prometto che non farò passare mesi!
Love per tutti <3


 
CAPITOLO 1.
 
E’ il primo settembre e dovrei essere alla stazione con i miei amici, pronta per il mio sesto e penultimo anno ad Hogwarts, stringendo il carrello con i bagagli e Grattastinchi. Già, dovrei. Eppure sono ancora a casa e mancano una manciata di minuti alle 11 e io,quest’anno, non partirò. Non vedrò Hogwarts, Harry, Ron,Ginny,i gemelli, Silente, la McGranit, i corridoi, le aule, la mia amata biblioteca, la Sala Comune,calda ed accogliente, e la Sala Grande.. Non vedrò la mia seconda casa, la dimora in cui ho conosciuto l’amicizia, dove mi sono affermata come migliore studentessa, dove ho scoperto le capacità che possiedo.
Chiudo gli occhi,stringendo i pugni, e lascio che una lacrima solitaria mi percorra il viso. Guardo l’orologio. Undici meno dieci. Poi decido.
Prendo la giacca e scendo di corsa ignorando le urla di mamma e papà che litigano come al solito e inizio a correre a perdifiato verso la stazione. Da casa mia non è molto lontano ma devo fare in fretta o non riuscirò a vederli, almeno per l’ultima volta. Mi manca il fiato, non ce la faccio , ma cerco ugualmente di resistere e correre più in fretta. Urto qualcuno senza rendermene conto e per poco non finisco per terra e nonostante tutto non mi do per vinta. Devo arrivare in tempo. Cinque minuti. Eccola! La stazione di King’s Cross, bella e imponente come sempre. Entro di corsa e vado verso i binari 9 e 10 dove si trova la barriera per prendere l’Espresso per Hogwarts. Sento il cuore battere all’impazzata, quasi volesse uscire fuori dalla pelle.
Poi li vedo. Harry, Ron, Ginny, Luna, Neville e la famiglia Weasley, tutti riuniti per salutarsi prima di lasciarsi. Dio quanto sono cresciuti quei due!
Harry è un ammasso di muscoli incorniciati da un viso d’angelo dai capelli neri e due occhi, no che dico, due pozze verde smeraldo che mi incantano. Quant’è cresciuto, ormai è quasi un uomo. Il mio uomo. Il mio Harry.
E Ron, anche lui è cresciuto ma non ha mai abbandonato quell’aria da ragazzino che da sempre lo contraddistingue. Il nostro allegro e rosso Ron. Quanto bene gli voglio! Ma sarà sempre e solo bene. Non come quello che provo per..no, devo smetterla. Voglio immortalare quest’immagine prima di non vederli più.
Mi avvicino cauta e mi nascondo dietro una colonna, cacciando la testa leggermente fuori. Vedo Harry guardarsi attorno in cerca di qualcosa, o qualcuno. Magari sta cercando me..,impossibile. “Sogna Hermione, sogna pure” continuo a ripetermi mentre sento il cuore perdere un altro battito.
-Ehi Ron..Ma dov’è Herm? E’ strano che non si veda da queste parti ed è tardissimo!
-Non lo so Harry..Magari ha già attraversato la barriera ed è andata a prendere i posti.. – risponde Ron tornando a contemplare la folla di Babbani che passano ignari del gruppo di maghi che sta davanti ai loro occhi. Harry continua a guardasi attorno e per un attimo fissa il punto il cui la mia testa sparisce per un pelo prima di essere vista. Oddio e se mi avesse vista? No cavolo, che cosa ho fatto? Sono una debole, una stupida ragazzina debole. Mi manca il coraggio di dirgli addio, di ribellarmi ai miei “padroni”, ai due mostri che governavano la mia vita. Io, la fiera Grifondoro, avevo perso tutto il mio coraggio.
-Ehi ma quella..mi è sembrata Herm! Ron, guarda lì!
Ecco lo sapevo..mi ha vista! Meglio andare via! Mi giro e con una lacrima che mi solca il viso. La caccio via e riprendo la mia corsa per fuggire dalla stazione, quel luogo che ora mi fa così male mentre sento la voce di Ron che esorta Harry e muoversi e lui che mi chiama. In strada mi fermo sul marciapiede e mi lascio cadere lungo il muro, raccogliendo le ginocchia al petto e butto la testa indietro, ricacciando dentro quelle lacrime intrise di dolore. Un anno senza Harry, senza incrociare quei suoi occhi così belli e profondi, senza ridere e scherzare insieme, senza trasgredire le regole e cacciarsi in qualche guaio. Un anno senza la mia vera vita.
Resto raggomitolata lì per un sacco di tempo prima di alzarmi e rendermi conto che è ora di tornare da quei pazzi psicopatici dei ,in quella specie di prigione forzata che dovrei chiamare casa. Già. Peccato che la mia vera casa ormai sia lontano da qui, troppo lontana per poterla raggiungere. Devo rassegnarmi al mio destino. Bel destino! Meglio uno di quelli catastrofici della Cooman. Forza e coraggio, la prigione mi attende.
Che fregatura la vita!
 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***



CAPITOLO 2.

Apro la porta e butto il giubbino sulla sedia, quasi con rabbia.
-Hermione..maledetta strega dove sei stata? – urla mia madre. Ecco, si è fatta di nuovo. Non ne posso più di fare la balia a lei e quell’altro tipo di mio padre.
Beh, che dire.. Mia madre ha iniziato a drogarsi e a bere da quando ha scoperto il tradimento di papà. Ora è praticamente fuori e neanche la clinica è riuscita nulla. E’ andata, persa. Papà anche peggio: ha preso il vizio del gioco e si spende tutto in alcol e poker.
Bella famiglia vero? Eppure un tempo non eravamo così.. siamo sempre stati delle persone normali, con una vita benestante, né troppo né niente, insomma normali, diavolo! Invece adesso siamo andati alla deriva ed io non so più cosa fare. Ho provato di tutto, iniziando col parlargli ma ogni qual volta ci provo mi urlano contro riversando su di me gli effetti delle loro nuove “fisse”.
-Sono andata a fare un giro.. – rispondo io dirigendomi in cucina a prendere un bicchiere d’acqua.
-Non voglio che tu esca! Devi  restare qui chiusa in questa dannatissima casa, stupido mostro! Non ti permetterò di alimentare le maldicenze sulla mia..puah, ma quale famiglia! Al diavolo anche voi–
Questa è una delle sue solite frasi, ormai ci sono abituata. Lavo il bicchiere e lo poso al suo posto, asciugo l’acqua che ha bagnato la cucina e senza dire una parola le volto le spalle e inizio a salire le scale, per andare in camera. Ho bisogno di buttarmi a letto e dimenticare quest’inferno che è appena iniziato.
Salgo le scale velocemente per evitare le sue urla che oggi non ho intenzione di sopportare, ma ad un tratto mi sento afferrare dai capelli e trascinare giù dalle scale, cozzando con la schiena per terra. Avverto un dolore atroce e qualcosa di caldo bagnarmi la schiena: sangue. Arresto la caduta quando arrivo a piano terra e rimango raggomitolata su me stessa, serrando i pugni per cercare di scacciare il dolore della ferita. E il resto è solo l’amplificarsi del dolore di quella ferita alla schiena. Calci, pugni, ginocchiate. E’ un’altra delle sue crisi, peccato che si riversino sempre su di me.
 
Nessuno è a conoscenza del mio grande segreto, né Harry, né Ron, nei Ginny, nessuno. Non ho il coraggio di rivelare l’inferno che da qualche anno a questa parte sto vivendo, non ho il coraggio di mostrare le miei cicatrici, quei profondi solchi sul corpo e nell’anima; non posso mostrare ai miei amici le mie debolezze perché io sono stata sempre quella forte, quella temeraria che sa sempre cosa fare e se crollo io, crolliamo tutti e tre a picco, ed è l’unica cosa di cui Harry in questo momento non ha bisogno. La guerra è alla porte, l’aria si fa sempre più pesante e le morti aumentano di giorno in giorno. L’Ordine non sa più dove mettere mani, il Ministero non ci fornisce abbastanza Auror per abbattere i nemici, coloro che si offrono spontaneamente sono sempre di meno e soprattutto sono sempre meno le persone di cui potersi fidare; i Mangiamorte sono riusciti ad infiltrarsi bene al Ministero, tenendo una ristretta cerchia di ‘pezzi grossi’ sotto Imperius, facendo sì che il Ministro chiuda gli occhi di fronte alla miseria e alla distruzione che quei maledetti bastardi stanno seminando per tutta Londra. I telegiornali sono costretti a camuffare le ‘strani morti’ come vittime accidentali di un seriale che dopo aver ucciso le sue prede le marchia con un teschio; ah, poveri ciechi, se solo sapessero!
Ed io sono qui, la vivo giorno dopo giorno questa maledetta distruzione senza poter fare niente; sono un strega, una potente strega, potrei schiantare anche senza bacchetta quei due e scappare via, ma non ci riesco. Non riesco a guardare mio padre in faccia senza rivivere tutto, senza sentire le sue schifose mani addosso, senza aver voglia di vomitare tutto ogni volta che la scia del suo profumo mi arriva sotto le narici. Mi ha spezzata, piega in due, dilaniato l’anima e strappato tutto l’orgoglio, la dignità; mi ha dato la vita per poi togliermela così, giusto il tempo di un amplesso. E lo sogno, sogno tutte le notti tutti questi anni d’inferno, sogno le lacrime, le urla, il dolore delle unghia nella carne nel tentativo di non sentire l’altro dolore.
Sto impazzendo, giorno dopo giorno impazzisco prima di morire e rinascere, ancora e ancora.
C’è una sola cosa che mi tiene insieme: il suo sorriso, la luce nei suoi occhi, quella fierezza e quella testardaggine che mi hanno rapita sette anni fa. Dio quanto lo amo! Diventa sempre più difficile nascondere questo sentimento e nascondere a lui tutta verità quando vorrei solo che mi stringesse fra le sue forti braccia, quando vorrei solo sentire il suo corpo sul mio e che cancellasse tutto questo dolore. Ho bisogno di lui come si ha bisogno d’aria, ho bisogno del suo cuore puro perché il mio è ormai sporco, nero, livido d’odio.
E lui è così lontano, chiuso nella magica bolla di Hogwarts, nella sua casa, nella nostra casa e la cosa mi distrugge, anche se so che lì almeno è al sicuro. Non dovrà affrontare nessun mostro ad Hogwarts, perché il castello lo proteggerà, la nostra famiglia farà di tutto per tenerlo lontano dai pericoli, mentre io dovrò affrontare i miei mostri da sola, confortata dal suo solo pensiero.
Chiudo gli occhi e stringo i pugni, congelando in gola le urla mentre sento il disastro provenire dal piano di sotto: cosa starà andando in frantumi questa volta? Probabilmente quello che rimane del corredo di matrimonio, due o tre piatti di ceramica con quei ricami d’oro che da piccola non potevo fare a meno di ammirare incantata, o forse quei bicchieri che avevo così paura di tenere fra le mani per paura di distruggere insieme a quei felici ricordi che li legavano alla promessa d’amore dei miei genitori. Amore, certo, ma per se stessi; come aveva fatto la mia famiglia a distruggersi così, per un’insulsa donnaccia? No, c’era qualcosa di più, doveva esserci per forza del risentimento covato per anni e anni dietro quella urla, quegli schiaffi, dietro all’alcool e alla droga.
 
-BASTA, SMETTETELA DI URLARE. BASTA PAPA’!
Eravamo alle solite: mamma con una bottiglia vuota in mano, papà che la schiaccia al muro col suo peso mentre un rivolo di sangue cola lungo i ricci castani così simile ai miei, e gli occhi persi nel vuoto in preda al trip che si è fatto nemmeno un’ora fa. Per terra c’è di tutto, dal cibo all’alcool, alle sigarette, ai piatti; tutto quel macello avrei dovuto pulirlo io solo dopo aver sedato quella lite, mentre sento le urla dei vicini e i pugni del Signor Root sbattere violentemente alla porta.
-Vai via stupido spione! – urla mio padre mollando la presa da mia madre e andando verso la porta come un indemoniato, aprire i battenti e rifilare un pugno al nostro povero vicino che non ce la faceva più a sentire quel macello. Quell’uomo è un santo, mi ha soccorso così tante volte che niente basta per ripagarlo, nemmeno la  mia insulsa vita, ma forse tentare di difenderlo dalle grinfie di papà è un buon inizio. Strappo la bottiglia dalle mani di Jane e corro verso la porta, chiamando a gran voce l’attenzione di quella furia scatenata per poi spaccargli la bottiglia dritta in testa; peccato solo che con prontezza alza un braccio sul viso per ripararsi dal colpo,che gli sarebbe costata una giornata in ospedale. Ora sono nei guai e senza rendermene conto tutto sparisce.



 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***



CAPITOLO 3
 
 
Dove sono finita? Cosa diavolo è mai questo limbo sconosciuto in cui non sento niente? Oh, che piacevole sensazione non sentire nulla per una volta, ma ho paura: sono reale? Non sento le mani, le dita non rispondono al mio comando, i piedi non si muovono,restano piantati a terra immobili come bloccati da un’enorme masso. E poi non sento il cuore spiccare il volo, perché non batte a ritmo frenetico? Perché non sento quelli minuscole gocce salate imperlarmi la fronte? Niente. Io sono niente.
 
Mi sveglio dopo quanto? Ore forse? Non lo so, nel mio limbo personale non esiste tempo,spazio, non esiste niente fuorché i miei pensieri che sento riecheggiare forti e chiari, rimbalzanti sulle nere pareti della mia mente, ma quando apro gli occhi sono..in ospedale? Wow, dal limbo direttamente all’inferno, che passaggio di qualità, ma..
-Professor Silente? – chiedo con voce tremolante e piena di dubbio: è davvero Silente quell’uomo in piedi accanto al mio letto, con una lunga veste rosso cremisi piena di decorazioni dorate, e la sua inconfondibile barba bianca sempre ben curata. Sorrido, ora più che mai Silente mi sembra Babbo Natale nelle raffigurazioni che mamma e papà mi propinavano da piccola; già, la mia ingenuità da ragazzina era la parte migliore della vita, quando non capivo niente e credevo a qualsiasi cosa mi dicessero i miei perché di loro mi fidavo ciecamente, a dispetto di ora che non faccio altro che guardarli con disprezzo e paura, tanta paura.
-Salve Signorina Granger, mi dispiace incontrarla in questo spiacevole frangente ma tutti abbiamo notato la sua, come dire, assenza ingiustificata e.. – lo interrompo, non voglio che parli, non voglio dovergli dare spiegazioni, non voglio avere niente a che fare con chiunque mi ricordi lui
-No professore, io non posso tornare.. mi dispiace, perderò l’ultimo anno, non mi diplomerò, ma io..non.. – come fa quell’uomo a mettermi così in soggezione? Sarà il suo sguardo, i suoi occhi così profondi da bruciarmi la pelle, quel sorriso paterno così rassicurante che mi fa venir voglia di lanciarmi fra le sue braccia, che non riesco a parlare, ad oppormi a questa maledetta situazione. E lui la vede quella voglia di voler tornare, vede il cuore scalpitare nel petto, vede ogni singola fibra del mio corpo opporsi, vede la magia scorrere e far tremare la stanza, le lacrime pungere e spingere sugli occhi per rotolare lungo il viso, vede quell’orgoglio e quel dolore che ingoio furiosamente.
-Che succede, miss Granger? C’era un uomo prima qui fuori, è lui che ti ha salvata? E il Signore e la Signora Granger?
-Io..loro, ecco..erano molto impegnati e.. – non ci riesco proprio a dire tutta la verità, ma so che lui ha già capito senza bisogno di parole o di leggermi il pensiero, lui sa che se sono lì è per colpa loro, sa che non posso tornare perché se solo mi azzardassi a rimettere piede fuori da casa mi ucciderebbero prima di riuscire a varcare la soglia di casa. Lui sa, ma mi rispetta e rispetta la mia decisione e so che non farà nulla per fami cambiare idea, perché Silente è troppo sveglio: la sua sola presenza mi ha già convinta a tornare.
-Ricordati, mia cara Hermione , che Hogwarts sarà sempre la tua casa, pronta ad accoglierti quando vorrai tornare. C’è qualcuno che ha disperatamente bisogno di te, e nel profondo del tuo cuore sai che anche tu hai bisogno di lui..loro. Fa attenzione, non è un mondo sicuro per nessuno. Arrivederci, Hermione.
Hermione, rare volte mi ha chiamata col mio nome e sulle sue labbra ha un suono dolce, melodioso, giusto. Ma non c’è niente di più sbagliato al mondo di me.
 
 
 
-Notizia dell’ultima ora: salgono a quindici le famiglie sterminate brutalmente da questa banda di criminali incappucciati che si introduce nelle dimore e le rade completamente al sole, lasciando in un modo sconosciuto una firma inconfondibile, un orrendo teschio con un serpente. Dilaga la paura fra la gente, Londra è completamente nel panico, ma le autorità rassicurano: stiamo facendo di tutto per contrastare queste bestie.
 
Quindici famiglie sterminate, uomini donne e bambini indifferentemente da sesso ed età erano stati brutalmente uccisi e marchiati, tutti Babbani o Magonò o Mezzosangue, e il mondo Babbano le faceva passare come vittime di una banda  impazzita di “incappucciati”, probabilmente appartenenti a qualche setta satanica. Ormai i telegiornali non fanno altro che parlare di questi strani omicidi irrisolti seminando il panico tra la gente e alimentando la smaniosa sete di sangue di quegli assassini, che ora più che mai stanno riunendo le forze per fare uscire il Bambino Sopravvissuto allo scoperto; Bambino che da qualche settimana a questa parte non sta facendo altro che bombardarmi di lettere, Strilettere, minacce minatorie intimando persino Edvige di  prendermi a morsi se non le consegno immediata risposta, e puntualmente mi ritrovo con le dita insanguinate e una civetta che mi strilla addosso, facendo sì che mio padre salga ogni due per tre a lanciare qualche urlo. E’ una cosa abituale ormai, non faccio più nemmeno caso alle sue parole tanto le conosco a memoria, non salto più nemmeno quando sbatte i pugni contro la porta, ormai conosco l’intensità anche di quelli; poi ci sono volte in cui torna a casa così talmente ubriaco che non ce la fa nemmeno a battere contro la porta che si ci lascia cadere, facendomi udire un tonfo e una risata ebete, allora capisco che quello è il momento giusto per chiudermi a chiave e blindare la porta con qualsiasi mezzo se voglio evitare di finire male, di nuovo. La cosa positiva è che, quando torna a casa in questo stato, riesco a sgattaiolare via e uscire in strada, respirando finalmente aria di libertà: appena dopo tornata dall’ospedale sono riuscita a sottrarre la bacchetta e una serie di miei piccole pozioncine dallo scantinato in cui erano state rinchiuse, perciò quando posso esco in strada e tento di dare una mano a chi ne ha bisogno, senza farmi riconoscere. Non voglio che nessuno sappia che circolo per le strade della Londra babbana o qualcuno potrebbe venire a farmi la pelle per sapere dove si trova Harry, perciò lascio che il buio mi copra il viso e, celata nell’oscurità, vado a caccia: l’altro giorno ho sbaragliato un paio di Mangiamorte che stavano tentando di assassinare due giovani Magonò, catturandoli e “spedendoli” all’Ordine. Sono loro gli unici a conoscenza del mio segreto, nonostante Molly da di matto ogni giorno per la mia avventatezza e Sirius pensa di eregermi un monumento per lo stesso motivo, e sono gli unici a cui riesco a dare una mano in questo momento, anche se non mancano le milioni di domande sul perché  non mi trovo a scuola come qualsiasi diciassettenne con una bacchetta. E no, quello non potranno mai saperlo.
Questa notte è fredda, tetra, l’aria è pesante e il vento soffia sferzante sul mio volto, congelandomi la punta del naso e annebbiandomi gli occhi di lacrime; le strade non sono proprio affollate, siamo nella settimana e la gente o lavora fino a tardi o resta a tediarsi in casa nell’attesa del nuovo giorno, perciò è più facile controllare che tutte le cose vadano per il verso giusto. Sul mio cellulare ho registrato una mappa approssimata di tutti il quartieri magici colpiti e quelli a rischio, perciò mi dirigo verso le “zone rosse”, come mi diverto a chiamarle, restando nascosta nell’ombra. C’è qualcosa di diverso nell’aria, è come se riuscissi a sentire il sapore del sangue e del dolore; il cielo splende come non mai, riesco persino a vedere più stelle del solito eppure hanno qualcosa di minaccioso. Sento il pericolo, come se dentro di me ci fosse una sorta di “radar” o lucina rossa che mi avvisa ogni qual volta sta per succedere qualcosa; non me lo so spiegare, ma fin da bambina sento il potere della magia scorrermi dentro le vene, sento questa sorta di forza gigantesca prendere ogni fibra del mio corpo e investirla di potenza, sento che tutto risponde a quell’unica attitudine, e tutto reagisce secondo la sua logica, seguendo i suoi schemi e soprattutto seguendo gli impulsi che la magia mi fornisce. Sento la magia vivere dentro di me, ed è forse la cosa più meravigliosa che ci sia perché mi fa sentire forte, invincibile; una lieve fitta all’addome, lì dove c’è un profondo taglio lasciato dall’appena brutta esperienza passata, mi ricorda che infondo io non sono invincibile, che quella magia dentro mi sta guidando verso un altro guaio, verso un nemico che conosco e da cui dovrei stare in guardia. Ma i miei piedi si muovono da soli, seguono una strada che non conosco mentre la mente resta concentrata sulla realtà, così come tutti i miei sensi stanno in allerta pronti a captare qualsiasi rumore: distinguo il suono dei miei passi da quello di chi mi cammina intorno, discerno tutte le voci che sento, cercando di distinguere quale sia quella dolce di una madre e quella minacciosa di un ipotetico assassino incappucciato, cerco di sentire il rumore e il sapore della magia nera, e come se qualcosa avesse attirato quella lucina, mi giro indietro, posando lo sguardo su un vicoletto proprio alla mia sinistra: ci siamo.
Lì c’è qualcosa, lì c’è pericolo: mi avvicino con passo felpato, stringendo la bacchetta contro il fianco, con gli occhi vigili e i muscoli pronti a scattare al minimo movimento; mi accuccio contro la parete e, senza far rumore, metto la testa nel vicoletto scorgendo diverse figure nere che si muovono e ridono, e poi l’avverto l’odore penetrante del sangue. Ce n’è tanto, tanto da farmi salire i conati di vomito e, cacciando indietro la saliva con tutto quello che non ho mangiato, mi sposto in un angolino, stretto e lontano quanto basta per evocare il mio Patronus e mandare un messaggio al N°12 di Grimmaul Place. Ho bisogno di aiuto. Seguite il Patronus.
-Guarda guarda, la mezzosangue Granger. Come mai non sei a scuola zuccherino?
Bellatrix.

 

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