Abbandonata dal destino

di _Dayana_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La triste realtà ***
Capitolo 2: *** Malattia ***
Capitolo 3: *** Un incontro strano e l'inizio di un'amicizia ***
Capitolo 4: *** Desiderio ***
Capitolo 5: *** Le cose precipitano ***
Capitolo 6: *** Consapevolezze ***
Capitolo 7: *** Addio ***
Capitolo 8: *** Ripensamenti ***
Capitolo 9: *** Piccolo angelo ***
Capitolo 10: *** Prologo ***



Capitolo 1
*** La triste realtà ***


Volevo veramente bene a mia madre.
Lei era tossico dipendente.
Alcolista.
Era diventata quasi cieca e godeva di un sussidio.
Era schizzo frenica.
Però io non ho mai dimenticato che mi amava, anche se si faceva.
Continuamente.
Continuamente.
Continuamente…
 
 
Avevo appena quattro anni quando mia madre iniziò a usare droghe.
Probabilmente aveva già iniziato da tempo. Anche quando ero appena in fasce.
Questo, però, non posso saperlo. Ma non ho mai dimenticato che mi amava.
Mi chiamo Lizh Murray. E questa è la mia storia
________________________________________
-Dove sono? Dove sono i miei soldi?-
-Io non li ho presi mamma! Smettila ti prego!-
-Bugiarda! Sei una bugiarda! Dammi i miei soldi!-
-No! Ci servono per mangiare! E tu li sprechi iniettandoteli in vena!-
-Senti piccola stronza! Quei soldi mi servono!-

Chiusa in camera, rannicchiata a pallina, piangevo. Le mani fra i capelli.
Sempre! Succedeva sempre!
Mia madre litigava con mia sorella.
Lei voleva i soldi per comprarsi la droga. Mia sorella glielo impediva.

Urla, rumori assordanti, infine qualcuno che piangeva.
Mi alzi dal pavimento e aprì lentamente la porta.
La vidi.
Mia madre.
Inginocchiata davanti mia sorella.
Piangeva.


Com'è crudele il destino.
È lì.
E colpisce l’innocenza.
-Mamma?- mi avvicinai piano a lei
-Passerotto- disse guardandomi con gli occhi arrossati per le lacrime
Poi li vide.
I soldi.
Stretti nella mia mano.
Mi guardò implorandomi


-Piccola mia, ti prego. Mi servono- disse tra le lacrime
-Lizh no! Ti prego non farlo. Moriremo di fame-


Non ascoltai mia sorella. Mi sentivo quasi ipnotizzata dagli occhi di mia madre. Istintivamente allungai la mano e mia madre in un lampo mi strappo i soldi e li nascose nel cappotto.
Mi guardò e mi sorrise.

Dio come amavo quel sorriso. Pregavo giorno e notte per vederlo. Per vedere mia madre felice.
Si alzò dal pavimento e barcollando raggiunse la porta d’uscita.


-No mamma! Non andare al’acquedotto!-
Non mi ascoltò e uscì ugualmente
-Papà! Papà ti prego! Dobbiamo andarle dietro!-
-Sempre la stessa storia!


Si alzò dal divano e insieme seguimmo mia madre.
Mio padre. Potevi sederti su un divano e parlare con mio padre.
Sapeva tante cose. Era un genio. Conosceva tutte le risposte.

Guardai mio padre rincorrere mia madre.
Così stanno le cose.
I genitori sono i tuoi dei.
Io li vedevo come un esempio di quello che avrei trovato ovunque nel mondo.
Badavano così poco ai miei bisogni.
Ma io avvertivo che il loro bisogno era così forte che non mi faceva ne soffrire ne arrabbiare il fatto che non si interessassero a me.

Mi lasciò da sola.
Vicino a me un cassonetto dell’immondizia.
Trovai dei dolciumi.
Avevo fame. Tanta fame.
Li presi e li mangiai.
Non sapevo che la mia vita sarebbe cambiata in meglio.
Cambiata grazie ad un amico.
Un amico che in quel momento mi stava osservando senza che me ne accorgessi.
Nascosto nel’ombra.




 

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Capitolo 2
*** Malattia ***


Passarono gli anni e mia madre fu portava più volte al manicomio.
Ci rimaneva per interi mesi.
Dio quanto mi mancava! Era come se una parte di me se ne fosse andata.
Ma poi ricompariva. Varcava la soglia della porta e ci sorrideva.
Era diversa ogni volta che tornava a casa. Il lato positivo che mi madre fosse stata portata in manicomio fu che era di nuovo mia madre. Cucinava, puliva, si mise anche a studiare per riuscire a trovare un lavoro decente.
Per me quelli furono due mesi di tranquillità ma poi ricomparve la droga…        

-Mamma?-
Entrai lentamente nella camera da letto di mia madre.
 Lei era lì.
Distesa sull’letto.
Aveva gli occhi chiusi e una cordicella di plastica legata attorno al braccio ricoperto da macchie violacee.


-Mamma?-
-Umh? Passerotto! Vieni amore della mamma-

Con la mano indicò un lato dell’letto.
Mi avvicinai ma rimasi in piedi.
-Cosa c’è amore mio?-
Mi parlava come se niente fosse, mi sorrideva e scherzava.
-Guarda-


Le mostrai un foglio.
Una verifica.
Sull’lato in alto a destra c’era scritto un voto
100, Il più alto.
Mia madre si mise a piangere appena lo vide

-No mamma, perché piangi? 100 è un bel voto. 100 è il più alto-
-Lo…lo so passerotto-
-Tu… non hai mai preso 100?-
-No tesoro-
Spostò lo sguardo dal compito a me. I suoi occhi erano velati da una nebbia invisibile, erano stanchi, stanchi di continuare a fissare il mondo esterno, volevano solo chiudersi per non riaprirsi mai più


-Cosa cè?-
-Litz, io…sono malata. Sono tanto malata-
-Co…cosa? No…-
-Amore io ho l’AIDS-
Scoppiai in lacrime
-No tesoro, i dottori hanno detto che c’è una possibilità che io mi salvi… devo solo smetterla con la droga…-
-Mamma…-
-Shht. Vieni qui amore-


Mi abbracciò e appoggiai la testa nella sua spalla e ci addormentammo insieme.
 
 
 
*Angolo autrice*


Allora, prima di tutto ciao a tutti J
Il capitolo può risultare corto ma è una mia scelta.
Perché la storia è scritta in un diario… più avanti capirete tutto.
Bhe che ne pensate? Fatemelo sapere.
Ciaooo <3

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Capitolo 3
*** Un incontro strano e l'inizio di un'amicizia ***


Chi di noi può prevedere la propria vita a me sembra solo che ci caschi dentro e poi si deve fare del nostro meglio, mia madre stava morendo, mio padre se ne era andato, ma io dovevo credere che la mia strada mi sarebbe venuta incontro. Che cos'è una casa dopo tutto: un tetto, un letto, un posto nel quale se ci sei comunque ti portano via, se è così avevo sedici anni quando diventai una senza tetto!
Non avevo nessuno.
Ero sola al mondo.

Camminavo senza avere una meta precisa, a volte ritornavo nello stesso punto da cui ero partita a volte, invece, facevo il giro di tutto il quartiere oppure ad ogni panchina mi fermavo e rimanevo ad osservare il cielo o semplicemente un punto a caso, rimanevo per delle ore.
Avevo fame.
Non potevo fermarmi a mangiare da nessuna parte perchè non avevo soldi con cui pagare e dubito che i proprietari lasciassero entrare una senza tetto sporca e malandata, vestita solo da un paio di jeans trasandati e una felpa grigia che una volta era bianca...
Un colpo di vento mi fece rabbrividire e iniziai a sfregarmi la mani nel tentativo di scaldarle.
Accellerai il passo senza sapere, però, dove andare.
Girai l'angolo e davanti ai miei occhi apparve un insegna a led luminosa
Diceva "supermercato"
Mi avvicinai alla vetrina. In bella mostra c'erano tutti i tipi di cibi che si potevano trovare la dentro.
La mia pancia urlò reclamando da mangiare.

-Non posso entrare, non ho soldi con me...-

Poi un'idea mi balenò in testa...
Rubare.
Certo, niente di grosso, solamente lo stretto necessario.
Un pezzo di pane o altro.

-No! non posso...-

In quel momento il mio stomacò cominciò a brontolare
Entrai cercando di non dare nell'occhio.
Fortuna che la felpa mi era enorme così ebbi la possibilità di nascondere una merendina e una bottiglietta di acqua.
Stavo per andarmene quando scattò l'allarme.
Una cassiera vicino a me iniziò ad osservarmi sospettosa.
Io feci finta di nulla e proseguì
Venni bloccata dalla donna

-Hei, dove stai andando?-
-A casa...-
-Ce l'hai una casa?-
-Non sono affari tuoi!-
-Che hai sotto la felpa...se possiamo definirla così-
-Nulla...-
-Ah davvero?-

Mi strattonò e mi cadde a terra il mio piccolo bottino

-Vattene se non vuoi che chiami la polizia!-
-La prego... ho fame, non ho soldi con me...-
-Va a lavorare!-

Detto questo mi spintonò fuori dal supermercato.
Rimasi impalata davanti la vetrina un paio di minuti.
Gli occhi bruciavano.
Una lacrima scese dal mio viso ma il vento la consumò quasi subito.
Non valeva la pena piangere...
Mi abbottonai la felpa e me ne andai

-Hei tu!-

Mi fermai e con lo sguardo cercai chi aveva parlato
Parlava con me?

-Hei dico a te! ragazza?-
-Dov...dove sei?-

Bisbigliai piano

-Sono qui dietro-
-Fatti vedere-
-Non posso-
-Perchè?-
-Avresti paura di me-
-Anche tu se mi vedessi-
-Non scherzare...-
-Se ti prometto di non urlare ti fai vedere?-
-Me lo prometti?-
-Si-

Da dietro un angolo sbucò una figura.
Era alta, molto più di me.
Poco dopo un gattino mi venne incontro
Mi inginocchiai e lo accarezzai delicatamente sulla testa, lui ricambiò con delle fusa

-Che carino che sei-
-Ti piace?-
-Si...è tuo?-
-Si-
-Come si chiama?-
-Klunk-

Mi alzai e guardai il mio interlocutore che si era avvicinato
Ebbi un infarto
Davanti a me c'era un ragazzo verde con una fascia arancione... era vestito da pantaloni bianchi e una felpa azzurra.

-Cosa...- mi allontanai di qualche passo
-No ti prego, non avere paura- mise le mani avanti
Solo ora notai che aveva tre dita per mano
-Cosa sei?-
-Un mutante-
-...-
-Mi chiamo MIchelangelo, ma puoi chiamarmi Mikey, non voglio farti del male, voglio aiutarti-
-Aiutarmi?-
-Si-

La mia pancia brontolò, ancora.
Misi le mani sull'addome imbarazzata

-Hai fame?-
-Non sai quanta-
-Vieni con me, conosco un bel posto dove mangiare-
-Ma... non ho soldi con me-
-Non ti preoccupare offro io-

Mi sorrise
A mia volta gli sorrisi

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-Allora è tutto di tuo gradimento?-
-Certo che si! grazie mille Michelangelo-
-Di nulla....-
-Oh, Litz-
-Di nulla Litz-

Sorridemmo entrambi

-Ma non hai paura a farti vedere in giro? non fraintendermi ma...-
-Ho capito cosa vuoi dire e no, qui almeno non ho paura. Vedi Murakami è un mio amico e anche se cieco conosce il mio aspetto-
-Ma perdona la mia domanda... cosa sei di preciso? una rana?-
-No, una tartaruga-

Lo guardai perplessa
-Vedi qui ce il guscio- disse indicandosi la schiena coperta dalla felpa

-Litz, dove andrai a dormire?-
-Oh, bhe a casa mia...-
-Ce l'hai una casa?-
-No...-

Quando fummo fuori dal locale camminammo un po insieme

-Hai fratelli o sorelle?-
-Tre fratelli tutti più grandi di me, tu invece?-
-Una sorella...-
-Mi parli un po di te?-

Quelle parole mi colpirono come uno schiaffo in pieno volto
Non avevo mai raccontato a nessuno la mia vita

-Perdonami, non volevo essere...
-No, tranquillo. Vedi, mia madre è una tossicodipendente, si è trasferita dal nonno e mio padre è in un rifugio per poveri... io invece sono rimasta qui, non era quello che ti aspettavi vero?-
-Invece si-
-Come??-
-Vedi io ti osservo da quando sei nata, non pensare male per carità, ho cercato di aiutarmi come potevo-
-Quindi i dolci che trovai vicino al cassonetto?-
-Opera mia-
Gli sorrisi
-Grazie Michelangelo-
-No, grazie a te Litz.



 

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Capitolo 4
*** Desiderio ***


Il mattino seguente mi svegliai in un soffice letto. Le lenzuola erano candide e morbide così come una coperta arancione sopra di esse.
Mi misi a sedere e mi guardai intorno.
Ero circondata da muri bianchi e non più da cassonetti della spazzatura, guardai in alto, c’era un bellissimo lampadario azzurro e non più le stelle che mi facevano da soffitto.

-Sto sognando, è impossibile…-
Mi tolsi di dosso le coperte con estrema lentezza, quasi per paura di romperle. Una volta in piedi mi accorsi di una sedia con sopra dei vestiti nuovi.
C’era un biglietto.
Buongiorno! Scusami se durante la notte ti ho portata qua senza avvertirti, spero comunque che troverai la casa di tuo gradimento.
Oh, quasi dimenticavo, i vestiti sono per te. Li ho comprati tre giorni fa, certo non sono vestiti firmati ma spero comunque che ti piacciano.

M.

-Michelangelo, quanto sei dolce- disse sorridendo davanti ai bellissimi vestiti.
Rilessi poi il biglietto per paura di aver saltato qualcosa di importante.
-Aspetta, casa?-


Non feci in tempo a elaborare altri pensieri che sentì bussare alla porta.
- Litz? Posso entrare?-
-Si, certo-
Michelangelo fece la sua comparsa nella stanza, gli sorrisi
-Bhe? Non ti cambi? Non ti piacciono i vestiti? Posso prendertene altri se vuoi-
Non gli diedi il tempo di dire o fare altro che mi buttai letteralmente su di lui abbracciandolo.
-Grazie Michelangelo- dissi piangendo, affondai il viso tra la spalla e il collo e iniziai a piangere come una bambina
-Hei, perché piangi?- ricambiò il mio abbraccio


Solo allora mi accorsi che lui non era vestito…
Mi staccai un po’ imbarazzata per questo e per essermi lasciata andare così troppo
Michelangelo capì all’istante, quasi avesse letto nei miei pensieri e scoppiò a ridere
-Litz! Non sono nudo!-
-Oh…eh…io…- arrossì come un peperone
-Questa è la mia “ forma normale”- disse virgolettando con le dita l’ultima parola
-Si, certo… solo che ti avevo visto vestito ieri…-

Rise più forte mentre io arrossì ancora di più


-Quando sono in giro certo, quando invece so che nessuno potrà vedermi tolgo il mio costume-
-Scu…scusa-
-Sta tranquilla, dai cambiati dopo raggiungimi in cucina…-
Fece per andarsene quando si fermò e si voltò di nuovo
-Oh, Litz?-
-Si?-
-Cosa ti piace mangiare?-
-Bhe, anche un semplice pezzo di pane può andare…-
-Scherzi vero? Dai vestiti che ti preparerò una colazione con i fiocchi-
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Venti minuti dopo ero pronta.
Mi ero fatta un bel bagno caldo, mi ero messa in ordine i capelli dorati che, anni senza aver incontrato una forbice, arrivavano fin quasi il fondo-schiena e mi vestì con i nuovi indumenti.


Leggings grigi con delle decorazioni nere, sembravano quasi jeans.
Una camicetta bianca e una felpa grigia e verde sulle spalle.
Mi accorsi poi di un paio di stivaletti neri…

-Michelangelo aveva parlato di vestiti non di stivaletti-
Non li indossai.
Scesi in cucina, non ci misi molto a trovarla, seguì il delizioso profumo che arrivava fino camera “mia”
Mi schiarì la voce e Michelangelo, alle prese con quella che doveva essere una frittata, si girò e mi guardò.


-Wow!-
Arrossì, poi la sua espressione cambiò non appena vide i miei piedi scalzi…
-Emh, percaso hai trovato degli stivaletti?-
-Si…-
-Non ti piacciono?-
-No, sono molto belli-
-E perché non li hai indossati?-
-Perché credevo non fossero per me…-
Michelangelo mi sorrise

-La colazione è pronta, sarai affamata-
Annuì con la testa.
Ci sedemmo in tavola e mangiammo.
-Ti piace la casa?- mi chiese all’impprovviso
-Si-
-È tua se vuoi-
Per poco non mi strozzai con un pezzo di pane
-Cosa c’è?-
-Mia, ma sei pazzo? Non potrei accettare-
-Perché no?-
-Perché non riuscirei a pagarla-
-Oh tranquilla, so che non hai soldi o cibo o vestiti nuovi se non questi… quindi ti prenderò io ogni cosa -
Lo guardai stranita
-Cosa?-
-Nulla, non ho più fame…- mi alzai da tavola e me ne andai.
 Michelangelo mi raggiunse poco dopo
-Ho detto qualcosa di male?-
-Non voglio vivere sulle tue spalle, so cavarmela benissimo da sola!-
-Che vuoi dire?-
-Che non mi serve il tuo aiuto!-

Michelangelo arretrò dispiaciuto
-Non volevo farti arrabbiare…-
Scoppiai in lacrime e due braccia mi avvolsero. Due braccia verdi.
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*Quella sera*
-Guarda una stella cadente-
-Esprimi un desidero Litz-
Eravamo sul tetto della casa, che da quello che ho capito,la proprietaria era una certa April, distesi su un tappeto rosso
Chiusi gli occhi poi gli riaprì
-Cos’hai desiderato?-
-Non posso dirtelo, altrimenti non si avvera-
-Sai anche io ho desiderato una cosa…-
-Ah si?-


Michelangelo fece cenno di si con la testa
-Allora?-
-Non posso dirtelo altrimenti non si avvera- mi fece la linguaccia
Sospirai
-Ho desiderato di riavere la mia famiglia- mi misi a sedere Michelangelo mi imitò.
-Vedi mia madre è ammalata di AIDS e sta morendo, come ti ho già detto ieri, si è trasferita dal nonno…-


Michelangelo non proferì parola, continuò a guardarmi con i suoi occhi azzurri.
Com’erano belli
-Io non ci sono andata, lui violentava mia madre quando questa era solo una ragazzina… ma lei non ha avuto scelta, abbiamo perso la casa se così si può chiamare…-
Una lacrima scese dal mio viso
-Mio padre è in un rifugio per poveri e mia sorella, Lisa, si è trasferita, non so neanche dove.
-Ti prometto Litz, che tua madre guarirà e che riavrai la tua famiglia-
-Come fai a dirlo?-
-Perché l’ho desiderato anche io-


Gli sorrisi, lui mi asciugò con un dito una lacrima che si era fermata sulla mia guancia
-Ho desiderato questo e un’altra cosa..-
-E cosa?-
Si avvicinò, accadde tutto in un attimo. Le sue labbra sulle mie.
Ci baciammo sotto un cielo stellato.
Sembrò quasi che si fossimo isolati dal mondo. Il rumore delle macchine scomparì, il vocio delle persone era solo un ricordo lontano.
C’eravamo solo noi due.
Noi due e nessun atro.
Capì in quel momento che dovevo fare una scelta: potevo arrendermi a quello che capitava e vivere una vita creandomi degli alibi, oppure potevo fare uno sforzo; potevo fare uno sforzo e rendere la mia vita migliore!

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Capitolo 5
*** Le cose precipitano ***


La sera seguente uscì di casa.


Casa…che bello pronunciare questa parola, ero sicura di non vederne più.
Sicura di continuare la mia vita tra le strade di NewYork dove l’unica cosa che fosse stata casa fossero le innumerevoli panchine o i cassonetti dell’immondizia.

Ero stata privata di ogni cosa materiale e l’unica cosa che mi rimaneva da fare era immaginare…
Lì dentro, nei miei pensieri, risiedeva tutto il mio amore vero mia madre, mio padre e mia sorella.
Ogni qual volta che volevo rivederli mi sarebbe bastato chiudere gli occhi e loro, quasi per magia, si materializzavano davanti a me.
Potevo toccarli, erano felici, sembravano quasi una famiglia “normale” dove l’unica cosa che era abituale era l’amore e non la droga.
Ma ogni volta che riaprivo gli occhi la realtà faceva male.
Loro se n’erano andati e la droga, il fumo e l’alcol facevano da padroni.


 
-Bhe se non altro ho dato il mio primo bacio-

Iniziai a ridere, prima piano poi sempre più forte.
Ridevo per non piangere.
Ridevo per non sentire i miei pensieri
Ridevo per farmi forza.

Michelangelo era stata l’unica persona che potesse veramente capirmi. Che potesse capire la mia situazione. La mia vita.
Già… VITA
Una cosa bellissima per ognuno di noi.
Tutti la costudiscono quasi come fosse un tesoro, stando attenti a non rovinarla ma io…io non ce la facevo più.
Non riuscivo a sopportare questa vita. Questo incubo.
Il mio destino non era mai cominciato e già era finito.
Io ero finita.
La mia era finita.
Continuai a camminare in silenzio.
Mi accorsi di una cosa che mi fece paura.
Dopo pochi metri avevo il fiatone.
Non riuscivo più a proseguire.
 Mi dovetti appoggiare ad un lampione per non cadere a terra.
Iniziai a respirare stranamente.
O meglio, non riuscivo a riprendere fiato e dalla mia bocca usciva solo un rantolo.
Poi un sapore ferroso mi si sprigionò in bocca.
Iniziai a tossire in preda al panico.
Davanti ai miei occhi vedevo solo macchie nere.
La tosse si fece sempre più forte fino a farmi male.
 Mi piegai trattenendomi la pancia.
Aprì la bocca e l’asfalto di sporcò di rosso.
Iniziai a vomitare sangue.
In un momento di calma riuscì finalmente a riprendere fiato ma fu solo per un momento perché ricominciò la tosse e quel vomito rosso.
Iniziai a piangere, non sapevo che fare.

-Mi…m…miche…langelo…- Fu l’unica cosa che riuscì a dire prima di perdere i sensi.


Mi risvegliai poco dopo, ero disteso su quello che doveva essere un letto.


Le immagini erano sfuocate, così anche come i suoni, riuscì, però, a percepire una frase…
- … Tumore ai polmoni, ma è troppo esteso per essere curato-
-Grazie Donnie, ci vediamo a casa…-
Tumore? Donnie?
Cosa succedeva?
Iniziai a scuotere la testa producendo con la bocca dei lamenti.
Il mio viso era umido.
Lacrime.
-Hei, shhht, non è niente tranquilla-
Quella voce così familiare… Michelangelo.

-Mi hai fatto prendere proprio un bello spavento sai? Ma vedrai che presto starai meglio…tu…gua…guarirai- iniziò a piangere
Perché piangeva?
-Michelangelo-
-Sono qui, vedrai, andrà tutto bene.
Mi mise una mano sulla fronte
-Ma tu hai la febbre!-

Prima che potessi dire qualunque cosa sentì ancora quel sapore ferroso in bocca.
In quel momento iniziai ad agitarmi.
Michelangelo avendo capito mi prese in braccio e mi portò in bagno, dove iniziai a vomitare sangue.
Piansi.
Non volevo che mi vedesse in quello stato.
Ma lui continuava a starmi accanto
-Meglio fuori che dentro-


Lo guardai con gli occhi pieni di lacrime.
Con una mano di pulì la bocca.
E caddi in ginocchio piangendo
Michelangelo fu subito vicino a me.
Mi abbraccio e iniziò a cullarmi dolcemente
-Michelangelo, lasciami andare, sono solo un peso per te-
-Non ci penso nemmeno!-


-Ho un cancro ai polmoni vero?-
Michelangelo smise di abbracciarmi e mi guardò
-Tu come…-
-Ho sentito, e poi non ci vuole molto a capirlo da sola…-
-Vedrai, farò tutto in mio potere per curarti-


A fatica mi alzai, presi la mia felpa e feci per uscire di casa
-Hei dove vai? Ti serve riposo!-
-Riposo?-
-Vuoi guarire o no!?-
-Non posso guarire, ho sentito sai? La malattia si è troppo estesa-


Michelangelo fece un passo indietro consapevole che ogni cosa che avesse detto sarebbero state solamente bugie
-Dove stai andando?-
-Da mio nonno-
-Ma sei pazza? Hai detto che violentava tua madre!-
-Ci vado per rivederla-
-Ti accompagno! Non voglio che quell’uomo provi a toccarti!-
Gli sorrisi
In pochissimo tempo fummo davanti la casa di mio nonno.
Michelangelo era nascosto poco più dietro di me
Feci un respiro profondo o almeno ci provai
Bussai
Niente
Bussai ancora
Ancora niente
Bussai ancora più forte
-Arrivo, arrivo!- da dietro la porta si sentì una voce maschile
Mio nonno aprì la porta
-E tu che vuoi?-
-Vedere mia madre-

Mio nonno mi diede le spalle e chiamò mia madre
-Hei Annabhet! C’è l’altra bastardella!-
Poi mi guardò
-E quei vesti nuovi?-
-Un regalo…-
-Chi mai potrebbe regalarti delle cose a te! Le hai rubate!-
-Fammi vedere mia madre!-
Scansai mio nonno ed entrai
-Passerotto-
Una voce così familiare
-Mamma!- urlai e l’abbracciai
-Ma come sei cresciuta! Bambina mia!-
-Mi sei mancata tantissimo-
-Anche tu!-
Noi che era pallida in volto.
Era debole.
I suoi occhi mi guardavano ma sembrava che davanti ci fosse una nube grigia che li rendeva stanchi e assenti
Stava morendo.
Represse un colpo di tosse, non volevo che sapesse che anche io stavo… bhe..morendo


-Piccola ti trasferisci qui?- i suoi occhi erano speranzosi, mi morì il cuore
-No mamma, sono passata solo a salutarti-


Si rattristò
-Dove vivi?-
-Da un mio amico…-
-Ah…-
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Credevo veramente che la mia vita fosse cambiata. Che mia madre potesse cambiare.
Che con un abbraccio dimenticassimo tutto.
Ma poi mia madre morì…

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Capitolo 6
*** Consapevolezze ***


Arrivai in Taxi al cimitero. Taxi che, inutile a dirlo, aveva pagato Michelangelo perché io non potevo permettermi nemmeno quello.
Scesi dalla macchina gialla e presi un piccolo sentiero che si faceva strada tra le innumerevoli lapidi.
Arrivata dove si doveva tenere la cerimonia, gli occhi di tutti furono puntati su di me.
Mia sorella mi guardava e cercava di consolarmi rivolgendomi degli strani sorrisetti. Probabilmente cercava di consolare se stessa.
Mio nonno iniziò a rivolgermi uno sguardo duro. Severo. Arrabbiato.
No mio caro, non ti divertirai su di me come hai fatto con mia madre e come, molto probabilmente, starai facendo con mia sorella.
C’erano, poi, dei ragazzi, alcuni con cui avevo fatto amicizia durante il corto periodo di scuola. Mi guardavano. Nessuna espressione traspariva sui loro volti…


Mia madre fu seppellita nel settore 51. Il lotto dei poveri.
Guardai la cassa, una vecchia e grezza cassa di legno dove vi era scritto con un pennarello il nome di mia madre.
Lei era li dentro.
Degli sconosciuti l’avevano messa in quella cassa.
Era nuda. Spaventata.
NO.
Era morta e basta.
Quello che doveva essere il becchino fece per sollevare la bara aiutato da un collega quando fu interrotto da mia sorella
-No, che fate? Ci dovrebbe essere un prete! Non è così che si usa qui?-
-Quando uno muore lo seppelliamo-
-È una donna, ed è mia madre.
-Ah tanto è morta e basta!- mio nonno prese per mano mia sorella e la trascinò lontano
-Seppellitela e basta!-
Rimasi sola
Prete o non prete che importanza aveva?
Lei era morta. Forse aveva già cominciato a marcire.
 E io dovevo credere che aveva trovato l’eterno riposo
Entrai dentro la buca e mi distesi sulla bara.
Chiusi gli occhi e iniziai a piangere
La gente muore. Le cose si decompongono.
Tutto ciò che in apparenza è così solido in realtà è privo di significato.
Non ci restano altro che i gesti che facciamo.
Gesti nell’aria. È questo che ci rimane.
 
-Esci di li!-
-Dove la metterete la lapide?-
-Niente lapidi qui, non c’è spazio-


Sentii il Bip-Bip assordante di un escavatrice che faceva retro marcia.
Uscì dalla fossa e me ne andai.


Tornai a “casa” a piedi.
Ad attendermi Mikey


-Hei! Litz!-
Mi corse incontro
Forse non sapeva come comportarsi

-Io… ecco…-
-Non devi dire niente Mikey, me ne vado-
-Cosa? No! E dove?-
-Lontano-
-Vengo con te-
-NO-
-Perché?-


Non gli risposi mi chiusi in camera e iniziai a fare le valigie o meglio uno zaino con un cambio di vestiti e qualcosa da mangiare.
Non ci misi molto a prendere le cose necessarie per riuscire a sopravvivere almeno uno o due giorni, feci tutto con una estrema rapidità che mi lasciò stranita.
Una volta che uscì dalla stanza, appoggiato ad un lato del muro cera Michelangelo. Non mi guardava, fissava a terra le mani incrociate.
In quel momento mi sentivo cosi stronza. Così approfittatrice. Dopotutto lui mi aveva salvato la vita, mi aveva dato da mangiare, mi aveva comprato dei vestiti nuovi e mi aveva regalato una cosa dove le uniche spese che dovevo affrontare erano quelle di..... ora che ci penso non dovevo affrontare nessuna spesa perché provvedeva a tutto lui, comprese le mie medicine per il cancro, che, inutile a dirlo, costavano l’occhio della testa… mi domandavo dove prendesse tutti quei soldi.
Presi il mio zaino e lo misi in spalla. Lui si accorse di me e mi guardò con gli occhi lucidi.
- Bhe, è ora che vada…-
- Dove andrai?-
- Io… non lo so… ma vedrai troverò un posto…-
- Si che lo troverai! E sai dove? In mezzo alla strada! Come un barbone o peggio venduta a uomini che da te vorranno altro che della semplice compagnia!-
Il suo tono di voce era alterato.
- Non posso, capisci? Non posso continuare a rimanere qui!-
- E perché?-
- Mi sento come un peso morto, non voglio darti preoccupazioni-
- Me le stai dando adesso le preoccupazioni con il tuo modo di ragionare!-
Michelangelo venne verso di me visibilmente incazzato. Le mani chiuse a pugno
- Michelangelo… ti prego-


Alzò un pugno e lo indirizzò a me. Chiusi gli occhi e una piccola lacrima sgattaiolò dai miei occhi.
Un colpo secco che mi fece spaventare.
Aprì gli occhi spaventata. Lui era là, davanti a me. Il pugno sul muro.
Mi guardava con quei meravigliosi occhi azzurri velati da lacrime.
- Non… non andartene ti prego-

Fece scivolare una mano sul mio braccio fino ad arrivare alla mano dove mi costrinse a lasciare lo zaino
- Ti prego Litz-

Lo guardai per un momento


-Ti prego, non andartene-


Sospirai e lo guardai dritto negli occhi


-Non lo farò- dissi un sussurrò e senza accorgermene lo abbracciai e lo stesso fece lui
-Promettilo-
-Te lo prometto-


Un istante prima mi trovavo abbracciata a lui e subito dopo le nostre labbra si incontrarono in un bacio disperato.
Non volevo allontanarmi da lui
E lui non voleva allontanarsi da me.
Eravamo fatti per stare insieme.
E chissenefrega se lui non era umano o io una mutante, l’importante era che tra noi ci fosse l’amore, vero, sincero e molto spesso sofferto.
Un attimo prima ci ritrovammo a baciarci e un attimo dopo ci ritrovammo distesi su di un letto in una lenta danza dove i nostri corpi si fondevano diventando uno solo.
 
Era un amore sofferto, non sapevo ancora quanto tempo mi rimaneva prima di lasciare questo mondo, prima di lasciarlo per sempre…
 
 
____________________________
*Angolo autrice*

OK OK, potete uccidermi! xD
Ho voluto fare una pazzia scrivendo l'ultimo pezzo ( che per la cronaca è stato aggiunto dopo un bel po)  ma secondo me ci stava... voglio dire... No? A voi è piaciuto? fatemelo sapere con una recensione se volete :)
Ah, bhe non sto neanche qua a dirvi il perché di tanto ritardo (scuola xD) e dopo volevo dirvi che avendo tre storie in fase di sviluppo non riesco a seguirle contemporaneamente (manaccia quella volta che mi sono venute le idee per le storie) quindi ora mi dedico a questa fino alla fine poi continuerò con "Le ceneri della fenice" e per ultima "Figlia del sangue" ( che è molto ma molto lunga) scusate se vi ho procurato disagio e... niente me ne vado altrimenti rischio di scrivere un papiro

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Capitolo 7
*** Addio ***


Sono a conoscenza del fatto che non sto bene. Che qualcosa dentro me si è spezzato come si spezzano i rami di un albero.
Ma sono altrettanto a conoscenza del fatto che il dolore è troppo grande da sopportare. Perfino per me, che ho sempre affrontato ogni cosa con una forza inaudita.
E quindi rimando, rimando, rimando.
Ma arriverà quel momento in cui dovrò fare i conto con il passato, con le delusioni, con la tristezza, con le lacrime.
E tutto questo mi spaventa da morire.
E allora rimando
Il mattino seguente mi svegliai in un’altra stanza e non nella mia camera da letto abituale…
Girai la testa di lato e in un secondo ricordai tutto…
Lui, era la… ancora assopito.
Mi misi a sedere e un lembo di lenzuola che mi copriva scivolò a terra rivelando il mio corpo… nudo
Sgranai gli occhi e cercai di coprire almeno il mio seno, sentì le guance andare a fuoco.


- Che cosa ho fatto?- dissi rannicchiandomi a pallina e guardando Michelangelo.

Per tutta risposta lui si svegliò e mi rivolse prima uno sguardo pieno di dolcezza abbozzando un sorriso ma diventò serio quando si accorse che io non ricambiavo lo sguardo, anzi, chiusi gli occhi e sospirai, alla fine mi accorsi di tremare
Michelangelo si mise seduto sull’letto
-Litz, qualcosa non va? Ti senti male?-


Per tutta risposta io cercai di recuperare il lembo della coperta a terra per poi coprire ancora di più il mio corpo
-Che c’è?-
-Nu…Nulla- dissi girando la testa nella direzione opposta alla sua
-Non è vero… Ti conosco…-


-È per ieri sera?-
Le mie guance andarono a fuoco


-Rispondimi!-
-Si- sussurrai


Girai la testa ed annegai dentro quegli occhi azzurri


-Io…Tu… non volevi?-
-Come?-
-Non volevi accadesse questo?- disse mettendo una mano sul materasso
-Io…Non lo so… è sbagliato-
-Perché?-
-Perché io sono un umana mentre tu sei… sei un…-
-Mostro!-
-Non ho detto questo!-
-Ma lo pensavi! Si! Dopotutto hai ragione! È sbagliato! Non doveva succedere! Anzi probabilmente non dovevo neanche avere l’idea di conoscerti-
Quelle parole furono come un dardo sparato dritto al mio cuore
Ci fu un momento di silenzio poi Michelangelo si alzò dal letto e lo osservai mentre si rimetteva le protezioni, poi quando fu vicino alla porta tentai un ultimo disperato tentativo per rimediare
-Scusa, io sono un peso per te, e tolgo il disturbo-
-Farai meglio a preparare la tua roba allora-
-Si, lo farò… grazie-


Michelangelo uscì e scoppiai in lacrime. Riuscivo sempre a rovinare tutto. Probabilmente la malattia era un segno… si… dovevo andarmene da qui e in modo definitivo.
 
Mi vestì con i miei vecchi vestiti che avevo custodito mentre quelli nuovi li piegai con cura e li lasciai sopra al letto insieme a tutti gli altri regali che mi aveva fatto Mikey.

Prima di uscire a mia volta dalla camera da letto strappai un foglio dal mio diario rosso che tenevo sempre con me, dove scrivevo ogni giorno frasi o gesti di persone che vedevo quotidianamente o anche miei pensieri…
Il motivo per qui lo facevo era perché volevo costruirmi un piccolo libro con delle istruzioni per mia vita, so che sembrerà assurdo ma a volte, in momenti in cui tutto sembra perduto, un piccolo consiglio può essere d’aiuto…
Scrissi in velocità un breve messaggio per Mikey, al termine piegai il foglio e lo misi tra le pagine del diario che lasciai sulla scrivania.
Se dovevo andarmene quel piccolo quadernino non mi serviva più.
Scesi le scale e mi diressi in cucina dove c’era Michelangelo


-Bene, allora io vado…-
-Addio-
 
Sospirai e uscì e iniziai a camminare senza meta
 
 
 
 
 
 
.................................................
*Angolo autrice*
 
Buonaseraaaaaa ^^
Mi scuso per il madornale ritardo ma sapete com'è... la scuola D:
Allora, devo essere sincera questo capitolo NON MI PIACE! Ma dovevo pur scrivere qualcosa per riuscire a completare la storia (mancano due forse tre capitolo poi è finita) 
Scusate per gli errori ma non ho potuto rileggerla.
Bhe commentate se volete
Adiossss :)

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Capitolo 8
*** Ripensamenti ***


Camminai per ore sotto il della splendida città di New York.
Macinai talmente tanti passi, senza una direzione precisa, che alla fine mi dovetti fermare a riposare.


I miei polmoni diventavano sempre più deboli e fragili, ogni volta che cercavo di sopportare il dolore, ogni volta che cercavo di spingermi più in là, di non mollare ma di mettere più distanza fra me e Mikey questi iniziavano imperterriti a farsi sentire con fitte dolorose e con un bruciore interno che non mi permetteva di respirare pienamente, anzi, ogni volta che ci provavo il respiro terminava con alcuni colpi di tosse e con un sapore ferroso in bocca.
Volevo molto bene a Michelangelo, lo amavo più della mia stessa vita.
È  stato l’unica fra tanti ad essere un’ancora di salvezza per me, una spalla su qui piangere nei momenti difficili ma soprattutto è stato un amico e l’unico ad essere entrato nel mio cuore.. ed
Io gli devo tutto.
E allora perché volevo allontanarmi da lui a tutti i costi?
Mentre riposavo, seduta su una panchina fredda e umida, riflettevo.
Cosa fare ora?
Dove andare?
Bhe non che avessi molto margine di scelta, la cosa da fare era una sola… lasciarsi vivere o meglio sopravvivere fino a quando la malattia me lo avrebbe concesso…
Paura?
No, dopotutto è una ruota che continua a girare, capiterà a tutti di sospirare per l’ultima volta dopo aver salutato i proprio cari con la ripromessa di incontrarsi ancora, chiudere gli occhi e non riaprirli mai più.
Molti dicono che l’anima sale al cielo
Tutte balle!
Quando una persona muore, è morta e basta… non c’è una seconda vita dopo la morte. È un punto di non ritorno, la fine del viaggio…
E proprio per me la fine sarebbe arrivata prima di quanto immaginassi.


Mi accorsi di un leggero solletichio sulla guancia destra. Appoggiai un dito e questo si inumidì.
Lacrime.
Stavo piangendo.
Ma perché? Dopotutto ero consapevole di quello che mi sarebbe successo a breve.
E allora perché piangevo?
Alzai uno sguardo e su uno dei tanti cartelli pubblicitari c’era una lettera.
M
Successivamente un dolore più forte degli altri mi costrinse a terra dolorante, tremavo e la vista si faceva più offuscata… sapore di sangue poi il buio
 
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-Sei un folle Michelangelo! Come hai potuto?-
-Voleva andarsene e io l’ho lasciata fare!-
-Era malata testa di legno! Malata!-
-Che potevo fare Donnie? Eh? Dovevo seguirla!? Continuare a chiederle di restare!?-


La risposta del fratello maggiore arrivò secca


-Si!-


Donatello era andato a far visita al fratello e per assicurarsi che la ragazza stesse bene, ma quando arrivò trovò una brutta notizia ad aspettarlo…  Michelangelo gli aveva raccontato tutto quello che era successo negli ultimi giorni
-Tu l’amavi!-
-E tu che ne sai dell’amore? Sono anni che vai dietro a April e ne ancora ti decidi a confidarti! Questo secondo te è amare? Secondo me è una vera e propria tortura!-


Un ceffone arrivò dritto sul viso del fratello minore
-Non prendertela con me! Sei tu quello che si è fatto scappare l’amore della tua vita! Potevi salvarla! Poteva essere tua! Tu l’amavi e lei anche… perché l’hai asciata andare? La sua era una richiesta d’aiuto, voleva che tu la confortassi ma invece le hai costruito davanti un muro!-


Michelangelo cadde a terra pugnalato da quelle parole e cominciò a singhiozzare. Donatello gli si avvicinò
-Mikey, non è troppo tardi, valla a cercare, salvala, svelale i tuoi veri sentimenti! Pensi che una notte passata a letto possa farle capire che tu l’ami? Potrebbe pensare ad un atto di disperazione…-
-Io l’amo-
-Lo so ed è per questo che devi riportarla indietro-
Michelangelo si alzo e con una palmo della mano si asciugò gli occhi azzurri. Ora, in quelli brillava una nuova forza. Non più tristezza e disperazione ma coraggio e amore.
Donatello mise una mano sulla spalla del fratello e gli accennò un sorriso


Il fratello minore si vestì più in fretta che poteva per camuffare la sua vera identità, se voleva trovarla tra la folla doveva diventare parte della folla… dall’alto sarebbe stato tutto più difficile e qualcuno poteva ancora vederlo dal momento che erano appena le cinque di sera e il sole rischiarava in parte il cielo...
 
Michelangelo si mise a cercarla per ore senza risultati…
Stava per arrendersi quando scorse vicino ad una panchina una figura accartocciata a terra. Immobile.
Capelli biondi uscivano da un capellino di lana…
Era lei l’aveva trovata.
Quello che non sapeva era che la ragazza non aveva più assunto le sue medicine per il cancro da molto tempo…
Avevo pochissimo tempo a disposizione… doveva affrettarsi e subito… ma questo lui non lo sapeva…
 



---------------------------------
*angolo autrice*
Ecchimeeeee ^^
Scusate per il ritardo, allora siamo quasi alla fine della storia, mancano ancora 2 capitoli.
In questo Litz se n'è andata ma un malore l'ha sorpresa mentre si rposava... Mikey convinto da Donnie è andata a cercarla e forse l'ha trovata...
Nel prossimo capitolo ne vedremo delle belle... (spero di non finirla a natale perchè il finale è doloroso... quindi cercherò di sbrigarmi)
Ciaoo a tutti

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Capitolo 9
*** Piccolo angelo ***


Tutto ha una fine.
Niente rimane nel tempo, anche i gesti più grandi di una persona con il passare degli anni sfuma dai ricordi delle genti…
Inutile a dirlo, anche la vita ha una fine.


Negli anni più belli della nostra vita, l’adolescenza, ci ritroviamo ad avere il mondo tra la mani, ci sentiamo potenti, liberi, spensierati…
Ma in un batter di ciglia l’adolescenza finisce e subentra la vecchiaia e allora ti accorgi che il tempo a disposizione era poco, ti accorgi di non essere riuscito a realizzare i tuoi sogni, anche quelli più insignificanti, che rimangono là, sigillati in quel cassetto per sempre…
Ma che fare se la vita un bel giorno decidesse che la tua fine sarebbe arrivata ben prima della vecchiaia, sarebbe arrivata nel momento in cui sei nel fiore degli anni, nel momento in cui conosci la persona della tua vita, la tua anima gemella e ti costringe a lasciarla…
Tutto questo è crudele…
Ma io, Litz Murray stavo sperimentando questa cosa prematura…
La morte.
E mentre pensavo a questo, sentì dei passi, forse qualcuno che si stava avvicinando, poi fu il buio più totale  
 
Michelangelo POV
Mi avvicinai lentamente a quella ragazza a terra
Era immobile…
Più avanzavo verso di lei, più un presentimento terribile si insediava nel mio cuore
Allungai una mano tremante verso Litz e la girai verso di me.
Sembrava dormisse
La sua fronte era imperlata di sudore nonostante fossimo a Dicembre…


-Hei, piccola…-


Le sollevai il capo dall’asfalto e lo adagiai sulle mie gambe
-Litz, svegliati dai…-


La mia voce era scossa da tremiti, la vista si annebbiò per qualche secondo e successivamente lacrime silenziose presero a rigarmi il volto
Le misi un dito sul collo cercando di sentire sulla pelle il battito cardiaco…


-Ti prego, non andartene-


Riprovai, questa volta con più attenzione
Le mani tremavano
Riprovai ma senza risultati
Non mi diedi per vinto
Continuare a riprovare nella speranza di percepire sul mio dito un lieve battito
Riprovai
Ancora
Ancora
Ancora…
 

Iniziai a piangere, alzandola da terra appoggiai la testa tra la mia spalla e il mio collo e cominciai a cullarla avanti e indietro…
-Ti prego non lasciarmi amore mio, non adesso, sono stato uno stupido, non dovevo lasciarti andare, ti prego svegliati…-
Continuavo a parlare, a parlarle… fiato sprecato.
Continuavo a dirmi che non poteva finire così, in fondo al mio cuore speravo riaprisse gli occhi, quei meravigliosi occhi azzurri, l’avrei aiutata a guarire dal cancro e insieme avremo vissuto fino alla fine.
Ma non volevo ammettere che ormai era tutto finito.
La strinsi al mio petto e chiusi gli occhi come a ricordare tutti i bei momenti felici con le, facendomi sommergere dal caos della città…


 
 
++++++++++++++++++++++++++++
*angolo autrice*
E come al solito non riesco a mantenere le promesse!!!!!
Come dite? ceeeerto! potete uccidermi!!!
Siamo ormai alla fine...manca solo un altro capitolo poi la storia potrà definirsi conclusa

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Capitolo 10
*** Prologo ***


3 anni dopo
 
La sua storia finisce qui, quindi mi è impossibile leggervi altre pagine del suo diario…
Ma… sono rimasto con lei fino alla fine e, se volete posso raccontarvi come andò a finire…


Il giorno dopo, con l’aiuto di Donatello, seppellimmo Litz vicino alla tomba della madre.
Fummo costretti a informare sua sorella, in modo anonimo, della sua scomparsa

Rimasi vicino alla tomba della mia piccola per settimane intere, piangendo, parlandole…
Non  riuscivo a capacitarmi della sua morte


Ma poi, trovai questo, il suo piccolo diario.
Lessi giorno e notte tutto quello che aveva scritto, anche più volte, soffermandomi su quelle piccole cose che avevano caratterizzato la sua vita.
Mi rattrista, però, sapere che di me non ha scritto nulla, nemmeno un accenno…forse…forse per lei non ero importante…
Si è così, ero…sono un mostro… come posso sperare che lei… che io…noi…


Le lacrime cominciarono a scendere copiose e Michelangelo non fece niente per asciugarle, nemmeno ora che la sua famiglia gli era davanti non si trattenne, pianse come un bambino…


Leonardo gli mise una mano sulla spalla e lo abbraccio per poi uscire dalla stanza
Raffaello con un dito gli asciugò una lacrima poi seguì Leonardo
April, che per poco scoppiava a piangere, si alzò dal divano e corse fuori dalla stanza seguita da Casey e Donnie
Solo il maestro Splinter rimase un po’ con il figlio minore
-Lei ti amava, ne sono sicuro-
-No, ti sbagli…-
-Perché dici questo?-


Michelangelo non disse nulla e lasciò cadere il diario a terra
Dalla copertina rossa ne uscì una piccola lettera
Splinter sorrise e uscì anche lui, lasciando Michelangelo da solo.


Il mutante dalla fascia arancione prese la piccola letterina tra le mani
L’aprì e ne lesse il contenuto
 
Caro Michelangelo,
Se leggerai questa lettera vorrà dire che io non ci sarò più… ma non temere sarò sempre con te.
Approfitto  del poco tempo a disposizione per scriverti queste poche righe.
Sei e resti l’unica persona che abbia mai amato veramente. Sei stato la mia ancora di salvezza, sempre, il mio eroe.
Mi hai trascinata lontano dalla strada e nei pochi giorni che mi rimanevano mi hai dato amore e mi hai fatto sentire a casa, come una vera famiglia…
Spero leggerai il mio diario, spero ti chiederai perché non scrissi di te.. bhe semplice.
Tutte le cose che scrivevo tendevo a dimenticarle, non scrivendo di te il tuo ricordo rimmarrà impresso nella mia memoria anche dopo la mia morte. Veglierò sempre su di te amore mio.
Non devi essere triste, un giorno ci rincontreremo e potremo così, finalmente, stare insieme, questa veramente, senza scuse o problemi, saremo una coppia a tutti gli effetti.
Ti aspetterò amore mio.
Tua Litz, ti amerò per sempre”

 
Michelangelo si commosse leggendo quella piccola lettera. Piegò il foglio lo rimise dentro alla piccola busta. Profumava di lei.
Aprì un cassetto e ci ripose il diario con la lettera



Sull’uscio della porta si voltò


-Presto ci incontreremo amore, piccola angelo volato in cielo troppo presto-


Uscì chiudendo la porta dietro di lui lasciando che l’oscurità avvolgesse la stanza
 





Litz Murray 12/01/1997- 25/12/2014
 
 
Basato su una storia vera

 

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