1 Trench meets 1 Trench

di LoreleiJTyler
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 Trench meets 1 Trench ***
Capitolo 2: *** Quando le carte psichiche diventano mainstream ***



Capitolo 1
*** 1 Trench meets 1 Trench ***


1 trench meets 1 trench

Poche chiacchiere: dedico questa storia a coloro che hanno subito il fascino del trench, almeno una volta. Magari anche tu sei uno di loro.

Questa fanfiction vuole unire una passione ormai radicata - Doctor Who - e una che si sta pian piano formando - Constantine.

- 1 Trench meets 1 Trench -

Londra, ottobre 2014

Un uomo biondiccio e dall’aspetto trasandato, con un trench e una cravatta rossa, entra in un pub. Potrebbe essere l’inizio di una barzelletta, ma non lo è: l’uomo non ha voglia di ridere. Non si guarda nemmeno attorno, si siede al bancone e borbotta: “Whiskey, per di qua”.            
L’uomo resiste alla tentazione di fumare una sigaretta e, dopo essersi allargato il nodo della cravatta, si toglie il trench e lo appoggia sulla sedia. È appena tornato dalla Pennsylvania, dopo l’ennesimo caso misterioso. Dolore. Disperazione. Demoni. Le sue “D” più gettonate. In quel momento avrebbe solo voluto sdraiarsi su un Divano e Dormire il “sonno dei giusti”, per Dimenticare, almeno per qualche ora, che lui non era un “giusto”. Ma quelle “D” no, non arrivano mai. Non rientravano nel suo Destino.    
L’uomo col trench afferra il primo bicchiere e sospira.  

Pochi minuti dopo, un altro uomo in trench valica la porta di quello stesso pub. Sembra giovane, ma ha lo sguardo più antico dell’Universo. Si muove tra la gente come un’ombra, fino a che non si siede anche lui al bancone, non lontano dall’uomo con la cravatta rossa. Anche il nuovo venuto indossa una cravatta:  è bordeaux, con una fantasia di rose. Sotto il trench indossa un completo gessato marrone, a righine azzurrine. L’uomo con la cravatta rossa lo squadra attentamente: lui è abituato a notare le ombre. Abbassa lo sguardo fino a terra e rabbrividisce. Converse. Scarpe di tela. 

L’uomo in converse incrocia lo sguardo del barista e, per un attimo, abbandona l’espressione persa che aveva un attimo prima. Gli sorride allegro, uno di quei larghi sorrisi che potrebbe convincere qualsiasi ragazza a seguirlo in capo al mondo.               
Well… un banana daiquiri, per favore! Che sia ottimo! L’ho inventato io stesso, secoli fa!”      
L’uomo con la cravatta rossa soffoca una risata. “Questo qui è già ubriaco”, pensa.       
Mentre aspetta il suo cocktail, l’uomo in converse si accorge di essere osservato: rivolge all’uomo con la cravatta rossa un gesto amichevole e cambia posto, sedendosi di fianco a lui. Si toglie anche lui il trench, appoggiandolo alla sedia.         

Bloody Hell!” pensa l’uomo con la cravatta rossa “ci mancava solo questa!”    
L’uomo con le converse lo osserva per qualche secondo da sotto il ciuffo spettinato – ha proprio dei capelli stupidi! – poi, come se fossero amici da una vita, gli dice: “Sai dove ho imparato le cose più importanti?”
L’uomo con la cravatta rossa non sa nemmeno se rispondere o far finta di nulla: nel dubbio, scuote la testa.
“Nei pub!” risponde l’altro, annuendo con decisione “eggià! Le chiacchiere da pub sono molto istruttive! Certo, prima devi eliminare tutte le cose inutili… che sono comunque un sacco… Ma quello che rimane, oh: è pura saggezza!”   
“Perché sono le chiacchiere di chi è ubriaco perso, e solo gli ubriachi vedono la verità” risponde l’uomo con la cravatta rossa, decidendo di assecondare lo sconosciuto “e la verità è che il mondo è marcio e irrecuperabile”.            
“Queste sono le parole di un uomo sobrio, però” lo ribeccò quello, serio “un uomo sobrio che chissà contro quali demoni sta combattendo”.               
L’uomo con la cravatta rossa ride. Una risata sarcastica. “Non ne hai idea”.       
L’uomo con le converse solleva un sopracciglio. “Oh, credo di sì, invece. Ho incontrato Satana, una volta”.
“Oh, mi congratulo” esclama l’altro “e cosa è successo?”            
L’uomo con le converse solleva le spalle. “Nulla. Il Diavolo è una bazzecola: credevo di più in qualcun altro”.

L’uomo con le converse si interrompe e non aggiunge altro. L’uomo con la cravatta rossa conosce quello sguardo: lo sguardo di chi ha perso qualcuno, e sa che la colpa è sua.           
“Le chiacchiere da pub sono finite, credo” dice ad un certo punto l’uomo con le converse “è tempo che vada…”           
“E quale saggezza ne hai tratto?” chiede sarcasticamente l’uomo con la cravatta rossa.              
L’altro gli sorride. “Che esiste ancora qualcuno che ha voglia di fare quattro chiacchiere con uno sconosciuto”.              

L’uomo con le converse prende il suo trench e si allontana, ma l’altro si rende conto che ha preso il cappotto sbagliato.               
“Ehi!” lo chiama, e l’uomo con le converse si volta.        
“Ah! Sono proprio sbadato! I'm sorry, so sorry…” con la massima naturalezza, infila la mano in una delle tasche, tira fuori una carta d’identità e legge “… John Constantine”.     
John Constantine fissa l’uomo con le converse con uno sguardo di sfida e anche lui inizia a frugare nel suo cappotto, tirandone fuori un portadocumenti scuro. Lo apre e fa per leggere il suo nome, ma… vede solo una tessera vuota.             

“Cosa c’è scritto?” gli chiede l’uomo, con un sorriso beffardo, ma anche con un po’ di curiosità.             
“Niente” risponde John Constantine, stupito. 
L’uomo annuisce. “Sei uno che ne sa, John Constantine. Ti auguro di farti beffe dei tuoi demoni, specie di quelli interiori”.               

I due uomini si scambiano il trench e lo straniero con le converse s’infila il proprio. In quel momento, però, il barista arriva con il banana daiquiri.  
“Quello lo offro io, John Constantine… alla prossima!” esclama l’uomo, con un saluto “sarà difficile riconoscermi, ma sono certo che ne sarai capace: i demoni possono indossare facce diverse, ma questo già lo sai… Allons-y!               

John Constantine osserva quell’uomo solitario uscire dal pub, senza voltarsi nemmeno una volta. L’incontro non l’ha rallegrato, anzi, forse l’ha reso addirittura più triste: sa infatti che, oltre allo stesso trench, lui e lo sconosciuto indossano lo stesso tipo di solitudine. Scuote la testa per cancellare quel velo di malinconia, poi assaggia il suo daiquiri... For God's sake, è veramente orrendo!
"Si può sapere chi era quel tipo?" chiese John Constantine al barista.
"Non saprei" risponde quello "credo che si faccia chiamare Il Dottore".

- fine -

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Capitolo 2
*** Quando le carte psichiche diventano mainstream ***


Breve nota: alla fine questa fanfiction diventerà una raccolta di one-shot che descriveranno gli incontri più disparati tra John Constantine, maestro delle arti occulte, e il Dottore, che non ha certo bisogno di presentazioni... vedere la serie "Constantine" mi sta dando un mucchio di spunti! E, nell'attesa del gran finale della prima serie di Capaldi... ecco il secondo incontro tra Constantine e il Dottore! Almeno, per Constantine è il secondo incontro... come River Song ben sa, se conosci il Dottore la tua linea temporale può essere un po' sballata.

Quando le carte psichiche
diventano mainstream
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“Mi faccia capire bene, signor Constantine… mi sta dicendo che vive in un mulino più grande all’interno?”
L’adorabile morettina mi fa una smorfietta e si appoggia allo stipite della porta, con l’intenzione di non andarsene fino a quando non avrà avuto delle risposte.  Ultimamente non faccio che incontrare ragazze cosiddette “toste”, e tutte vogliono avere a che fare con me: normalmente ne sarei onorato, ma di solito questo loro interesse è sempre legato… beh, ad un sacco di guai, in verità.
“Ed è venuta fin qui per sapere solo questo, signorina…?”         
“Oswald” completa lei, con un cenno del capo. Ha il classico aspetto della “brava ragazza”, maglioncino e gonnellina al ginocchio: non potremmo essere di due mondi più diversi “e sa benissimo perché mi sono scomodata a venire in questo posto fatiscente, dove potrebbe benissimo abitarci la strega di Hansel e Gretel!”         
“Ora ha capito perché non la faccio accomodare” dico io, mentre continuo a nascondere le mani sporche di sangue dentro le tasche del trench: ho appena evocato un demone di ordine minore per una quisquilia e quello si trova ancora nella mia sorta di salotto, dentro il cerchio alchemico… L’avrei esonerato dopo cinque minuti, se quella maestrina non avesse bussato alla porta… e non è molta, la gente che viene a bussare da queste parti: in effetti, solo quelli che sanno già della sua esistenza lo fanno.        
“E no, non so perché si trova qui… signorina Oswald” aggiungo, cercando di mostrarmi beffardo, ma la ragazza non tentenna e continua ad ostentare la sua sicurezza.       
“Perché ieri ha cercato di intrufolarsi nella mia scuola, fingendosi un bidello” risponde lei “e, mi creda, ho una certa esperienza di uomini che fingono di essere bidelli: chi voleva ingannare, con quel tesserino?”
A questo punto sono veramente stupito e non riesco a nasconderlo: uno dei miei particolarissimi gadget (anche se odio chiamarli così… ma in quale altro modo potrei chiamarli?) è un pezzo di carta che, in apparenza, sembra una carta da gioco, ma in realtà può diventare qualsiasi cosa io voglia, da un biglietto da visita ad una carta di credito. Finta, ovviamente: una volta ho provato ad usarla e il lettore del bancomat ha iniziato a fare un sacco di scintille, fino a che non è semi-esploso. La carta, ovviamente, era intatta.
“Per caso lei è… una specie di… veggente?” chiedo “ultimamente un sacco di veggenti vengono a bussare alla mia porta, non vorrei che ci sia una specie di fan club”.      
“Oh no, non sono una veggente” risponde lei, sempre con quel sorriso disinvolto “anche se ne so qualcosa, del futuro…”               
“CLARA, ATTENZIONE! QUELL’UOMO INDOSSA UN TRENCH!” 
All’improvviso al fianco della signorina Oswald si aggiunge un signore piuttosto anziano (diciamo pure un vecchio): capelli grigi, sopracciglia parecchio cespugliose e occhi sveglissimi, anche se la prima cosa che noto è che ha in mano uno strano affare con una luce verde in cima che continua a fare un rumore fastidioso. Di bacchette magiche e affini ne ho viste tante, ma quell’aggeggio m’è completamente nuovo.
“Oh… Dottore!” esclama la signorina Oswald… Clara Oswald, tradendo per la prima volta un accenno di nervosismo “… non dovevi… ecco… ‘aspettarmi’ fuori?”
“Ho sondato questo mulino in lungo e in largo, ed è sicuramente pieno di cose strane!” sbotta l’uomo, il “Dottore”, continuando a muovere gli occhi di qua e di là… ovunque, tranne che verso di me “cose strane che non ci interessano: possiamo andare!”            
“Aspetti… lei ha sondato?” chiedo, costernato.              
“Oh sì, vede… Clara doveva distrarla con qualche chiacchiera mentre io esaminavo il posto” risponde il Dottore, come se niente fosse “e sicuramente ha un sacco di cose da nascondere, come il Genuya che stava tenendo così barbaramente prigioniero nel suo salotto… ma gli ho permesso di andarsene, quindi ora nessun problema! Ora ce ne andiamo pure noi!........ Clara, quante volte ti ho detto di non parlare con gli uomini in trench?!”
“Ehm… mai!” risponde la ragazza che, nonostante la fretta del Dottore, non ha intenzione di andarsene: seriamente, da dove sono usciti quei due?! “ti ricordo che anche te, una volta, indossavi un trench!” 
Il Dottore la fissa per un secondo, come se si stia perdendo in ricordi noti solo a lui, poi scuote velocemente la testa e risponde: “E infatti ero un vero sciupafemmine! Andiamo!”     
“Aspettate… aspettate!” li interrompo io: so riconoscere delle persone sospette, quando le vedo “si può sapere chi siete veramente?!”  
“Clara Oswald, insegnante d’inglese” risponde prontamente la ragazza “ma questo lei lo sa già… Questo invece è il…”
“… Dottore, molto piacere!” completa l’uomo, allungando una mano per presentarsi. Io, senza pensarci, tiro fuori dalla tasca una delle mie e gliela stringo… sporcandola inevitabilmente di sangue cerimoniale. A positivo. Almeno, così c’era scritto nella sacca ospedaliera. Il Dottore sgrana gli occhi e fissa il sangue, senza dire nulla.       
“O-ps…” mi lascio sfuggire. Ora sono nei guai.  
“Il suo nome… prego?” chiede inaspettatamente il Dottore, guardandomi per la prima volta in faccia e senza mollare la presa. Intuisco che, volendo, potrebbe spezzarmi tranquillamente un paio di dita. Del resto, che tipo di uomo è uno che si degna di prestarti attenzione solamente quando gli stringi la mano con le dita sporche di sangue?
“Constantine” rispondo, in un sussurro “John Constantine”.    
“Bene, Constantine John Constantine” dice il Dottore “di solito mi limito a ridere in faccia ai maestri delle arti occulte, dato che hanno l’insolita tendenza a scambiare semplici alieni per demoni e diavoli… Ma una domanda gliela devo proprio fare: che ci faceva alla Coal Hill School?”             
“Non mi credereste mai” rispondo tranquillamente, cercando di liberarmi dalla stretta del vecchio, ma inutilmente: non perdo nemmeno tempo a tentare di correggere il mio nome.         
“Ci metta alla prova” interviene Clara Oswald “siamo la Ragazza Impossibile e il Dottore: sono veramente poche le cose in cui non crediamo”.        
“Io non credo in un sacco di cose!” ribatte il Dottore “come la puntualità dei treni nell’ora di punta, ad esempio! E, comunque, siamo il Dottore e la Ragazza Impossibile: il mio nome viene prima!”            
“Che prima donna” commenta Clara, con un sorrisino “ora lascia la mano del signor Constantine, Dottore: sono certa che ti permetterà di usare il suo bagno, così poi potremo fare una lunga chiacchierata!”        
“Perché dovrei usare il bagno?” chiede il Dottore, costernato.
“I Signori del Tempo non usano il bagno?” domanda Clara “....................... oh, in effetti non ti ho mai visto usarne uno… Ma ti laverai almeno le mani, spero!”             
Il Dottore, in tutta risposta, lascia la presa e si lecca una delle dita, con fare pensoso. “Mh… A positivo… lo sa che, con questo sangue, una volta la Terra ha rischiato di essere invasa? Non avevo ancora il trench, ai tempi… e non avevo nemmeno iniziato a leccare le cose, credo…”   
“Sentite, siete dei fanatici di alieni?!” chiedo, sempre più confuso “perché... diciamo che io potrei occuparmi sì di mostri, ma di tutt’altro genere…”          
“Oh, cosa devo sentire!” sbotta il Dottore “ok, regola numero uno: i demoni sono alieni! Regola numero due: non è molto carino costringerli a rimanere nel salotto di casa! Regola numero tre: che ci facevi nella scuola di Clara?!”          
“La terza regola è una domanda” protesto seccamente “e si dia il caso che nella scuola della signorina Oswald ci fosse proprio un demone”.   
“Un alieno” corregge il Dottore.              
La signorina Oswald alza gli occhi al cielo e sbuffa: “Un altro!”  
“Come sarebbe a dire… ‘un altro’?!” chiedo “si può sapere chi siete?! Cacciatori di alieni?!”     
A quel punto la signorina Oswald scoppia a ridere. “Sarebbe davvero buffo!”  
“E la ragione sarebbe?!” chiede il Dottore.        
“Beh… perché tu sei un alieno!” risponde la ragazza, e a quel punto sono sicuro che quei due sono fuori di testa.         
“Dal mio punto di vista, sei tu ad essere l’alieno!” protesta il Dottore “con quella tua faccia tonda, gli occhi giganti e quel naso senza senso!”       
“Ha una faccia molto gradevole, signorina Oswald” non posso fare a meno di dire.       
“Grazie tante” risponde con un finto inchino lei “Dottore, hai più di mille anni e dovresti essere tu ad insegnare ai giovani la galanteria!”       
“La galanteria è fatica sprecata” ribatte il Dottore, che poi ritorna a guardarmi fisso “sappi che è fidanzata. Con un professore. Un professore che indossa un cravattino molto forte. O almeno, lo trovavo forte ai tempi”.          
Dottore…” sbuffa spazientita la signorina Oswald, mettendosi le mani sui fianchi.        
“Di tempo me ne state facendo sprecare sicuramente” dico, deciso una volta per tutte a chiudere la porta “e potete star certi che non ritornerò più alla Coal Hill School, dato che il demone che infestava lo studio del Preside è stato scacciato via dal sottoscritto…”          
“Ancora questa parola: ‘demone’!” mi interrompe il Dottore, spazientito “se un Sycorax la chiamasse così, ne sareste contento?! Persino Satana sarebbe offeso!......... E io l’ho incontrato!”   
“A questo non ci credo nemmeno io…” esclama Clara, ma a quelle parole mi blocco e smetto di respirare: avevo già sentito quelle parole… non molto tempo prima, da un uomo in trench. In un pub. Anche lui diceva strane cose… non ricordo molto altro.    
“Noi ci siamo già incontrati. Ne sono sicuro” dico “ma lei… era… diverso”.            
“Non me ne ricordo minimamente” ribatte il Dottore. 
“Era molto più giovane” aggiungo “ed indossava un lungo cappotto…”
“Oh-oh, lo sciupafemmine!” gongola Clara, lanciando al Dottore una gomitata.              
“… in qualche modo, siete la stessa persona” mormoro, con lo sguardo perso nel vuoto… poi riprendo a fissare il vecchio “anche lei è un demone?!”       
“……………… Clara, andiamocene: non ho tempo per i testardi” dice il Dottore, dopo una lunga pausa, allontanandosi dalla porta “di solito mi piacciono, i testardi, ma quelli che si fissano sulle cose stupide proprio non…”           
“La Coal Hill è al sicuro?” mi chiede però molto seriamente la signorina Oswald.        
“Lo è” le rispondo, con lo stesso tono "demone o alieno, non importa: qualsiasi cosa fosse, se n'è andata".
“Molto bene” conclude lei "... e... grazie".     
“CLARA!” le urla dietro il Dottore, che si è già allontanato.         
La signorina Oswald mi rivolge un sorriso di scuse. “Perdoni l’insolita visita… anche se è stata insolita anche da parte mia: non è da tutti i giorni incontrare un esperto delle arti occulte!”            
“Credo che lei ne abbia bisogno” le dico “quel signore… sembra proprio indemoniato!”               
La ragazza si lascia sfuggire una risata. “In realtà ha un grande cuore… anzi, ne ha addirittura due!”      
“Ma come…?”  
Lei, però, non mi permette di terminare la domanda. “Arrivederci, signor Constantine: mi scusi per non stringerle la mano!”               
A quel punto la signorina Oswald mi sorride e si allontana di gran corsa, all’inseguimento del Dottore.
“Prima non volevano proprio andarsene, ed ora sembra che debbano fuggire chissà dove…” penso, sempre più confuso “… il Dottore… devo ricordarmi questo nome: la faccia può anche cambiare, ma il nome rimane".

 

“Senti, Dottore…” inizia a dire Clara, all’interno del Tardis “ha veramente già incontrato quell’uomo?”
“Constantine John Constantine?” chiede lui, mentre già imposta la console per la prossima meta “no… ho conosciuto un John Constantine, però, che gli assomigliava parecchio. Forse è il figlio!... o il padre…”
Clara si limita a sorridergli. “E quante volte l’avresti incontrato?”            
“Uhm… un paio di volte… forse di più…” risponde distrattamente il Dottore “di sicuro io l’ho incontrato più volte di lui, altrimenti si ricorderebbe. Una cosa la devo dire, però: il trucco della carta psichica è geniale!”    
“Un po’ abusato, a dir la verità” dice Clara “però il trench gli sta davvero bene!”        
Il Dottore sbuffa. “Clara, my Clara, te non hai mai visto un trench indossato come si deve…”    
“Però una cosa l’ho vista” replica Clara “non ti sei ancora lavato la mano… e mi rifiuto di pulire i pulsanti del Tardis, capito? Sono la tua companion, non la tua domestica!”

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