Trick or treat?

di SonounaCattivaStella
(/viewuser.php?uid=107096)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***
Capitolo 5: *** V ***
Capitolo 6: *** VI ***
Capitolo 7: *** VII ***
Capitolo 8: *** VIII ***



Capitolo 1
*** I ***


Il 31 di ottobre è arrivato e con sé anche la famigerata festa di Halloween. Ogni abitante si è preparato almeno un mese prima per avere la casa addobbata al meglio, tutti tranne il sottoscritto: Kariya Masaki. Halloween è una delle feste più commerciali al mondo, la gente spende fior di quattrini e per cosa poi? Per una serata da "urlo"? No, non è una cosa che fa per me.
Il sole sta scendendo un po' per volta all'orizzonte, colorando il cielo delle consuete tonalità del tramonto. Una flebile luce fa capolino dalla mia finestra e mi illumina mentre guardo il mio riflesso allo specchio. Sospiro sonoramente, rassegnato a ciò che vedo: mi chiedo ancora come sia potuto accadere che abbia accettato di accompagnare quell'irritante confetto rosa in giro per la città a chiedere dolci e di essere qui a truccarmi da zombie. Giuro che più tardi uccido Ranmaru e i suoi metodi di persuasione.
Finisco di prepararmi dando qualche ritoccatina alle cicatrici che ho riprodotto con maestria e guardo il mio lavoro allo specchio: sono orribilmente orribile, ma devo dire di aver fatto davvero un ottimo lavoro. Sembro Frankenstein, ma più bello e giovane, ovviamente. Faccio una prova "smorfie" per vedere quale potrebbe addirsi meglio al mio costume e un'idea mi affiora in mente. Ghigno e penso che all'arrivo del rosa potrei fargli proprio un bello scherzo.
Improvvisamente, suona il campanello e mi giro a guardare perplesso l'orologio: è ancora presto quindi non è Ranmaru. Mi avvicino all'ingresso e utilizzo lo spioncino per vedere chi è stato a suonare. Non vedo nessuno e decido di aprire appena la porta, curioso. Mi si parano davanti due ragazzini vestiti in modo veramente terrificante, roba da far accapponare la pelle.
«Dolcetto o scherzetto?» Chiedono in coro. Anche la voce fa venire i brividi lungo la schiena, sembrano dei veri demoni.
«Non ho niente da darvi, andate a rompere da un'altra parte.» Dico con tono secco chiudendo loro la porta in faccia.
Ho già detto che odio Halloween?
Dopo circa un'oretta il campanello suona nuovamente e dallo spioncino vedo che stavolta è Ranmaru. Un ghigno si stampa sul mio viso, sfoggio l'espressione più terrificante che mi riesce fare e apro la porta di scatto, urlando e facendo versi spaventevoli.
«Dammi il tuo cervello!» Urlo con la bava alla bocca.
Ranmaru caccia un urlo di sorpresa e paura, quasi non lo vedo cadere rovinosamente giù per i due gradini del portico. Lo guardo ricomporsi e non posso fare a meno di piegarmi in due dalle risate. È stata una scena davvero esilarante.
«Ma sei scemo?!» Dice colpendomi in testa con un secchiello a forma di zucca.
«Ahi! Non sei stato tu a dirmi di essere il più credibile possibile?» Chiedo massaggiandomi il bernoccolo che mi ha procurato e facendolo entrare in casa.
Ora che si trova sotto la giusta luce lo guardo meglio: indossa pantaloni neri superattillati che mettono in risalto i muscoli delle gambe scolpiti dagli allenamenti, una camicia bianca e leggera macchiata di sangue finto in vari punti ed un mantello nero e rosso. Mi prendo un attimo anche per guardargli il volto che per l'occasione è più pallido del solito, ha le labbra rosse con piccole sbavature di sangue ai lati e i capelli sono stati lasciati liberi di contornargli il viso: è vestito da vampiro. Un bellissimo vampiro oserei dire. Lo guardo fisso per un po' e lo vedo sorridermi, ha persino i canini appuntiti.
«Hai finito di mangiarmi con gli occhi?» Chiede divertito.
Avvampo e ringrazio il trucco pesante che ho sul viso che nasconde il tutto.
«Non ti sto mangiando con gli occhi.» Rispondo a tono.
«No? Hai la bava alla bocca.» Dice ridacchiando.
Mi tocco le labbra che noto essere asciutte e lui si piega in due dal ridere; l'ha detto apposta. Lo fulmino con lo sguardo e incrocio le braccia al petto, per quanto bello e intrigante possa essere rimane comunque un irritante confetto rosa.
«Allora, quali sono i programmi per stasera?» Chiedo scocciato.
«Ho trovato questo invito sul tappeto davanti la tua porta. Dice che il museo organizza una festa a tema. Che ne dici, andiamo?» Pone la domanda guardandomi speranzoso.
Sbuffo sonoramente; odio i musei, sono noiosi, pieni di polvere e qualche volta anche un po' inquietanti, ma vedere Ranmaru sfoggiare il suo solito sguardo da cucciolo mi fa perdere ogni speranza dal poter anche solo pensare di rifiutare.
«E va bene! Andiamo a questa dannata festa.» Dico roteando gli occhi infastidito.
«Grazie!» Strilla eccitato lanciandosi al mio collo di slancio.
Per evitare di perdere l'equilibrio lo afferro dalla vita stringendolo involontariamente a me. Avvampo nuovamente sentendo il suo corpo aderire perfettamente al mio. "Masaki, datti una cavolo di calmata!" penso inspirando profondamente con il solo risultato di peggiorare il mio stato dato che ho i suoi capelli sciolti a pochi centimetri dal mio naso. Ha un così buon profumo... Ranmaru mi risparmia altri minuti di tortura staccandosi e, afferrandomi per mano, mi trascina allegramente fuori di casa.






Capitolo revisionato

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** II ***


Arriviamo davanti al museo che, per l'occasione, ha un aspetto ancora più inquietante del solito: teschi, pipistrelli, ragnatele, sangue finto, scheletri e zucche con strane smorfie decorano in modo macabro ogni angolo disponibile. Un brivido mi percorre la schiena e cerco di nasconderlo; Masaki non ha e non deve avere paura di niente. O almeno questo è quello che cerco di far credere a che mi circonda e, soprattutto, a me stesso.
Entriamo e l'atmosfera all'interno non è da meno, le luci soffuse creano strane ombre sulle tele colorate dei quadri e sui volti delle statue esposte. Sembra quasi che i soggetti dipinti sulle tele si muovano e che le sculture ci guardino malignamente. Che brutta idea, CHE-BRUTTA-IDEA. Perché mi sono fatto trascinare fino a qui? Nemmeno mi piacciono i musei!
«Wow! Certo che sono stati davvero bravi!» Esclama estasiato Ranmaru guardandosi attorno. Lui adora questo tipo di feste e costringe sempre me a fargli compagnia.
Non c'è molta confusione. Ci sono solo alcuni ragazzini vestiti in maschera che, come noi, sono venuti qui incuriositi dall'insolito evento. In fondo è strano che proprio un museo proponga una festa. Sarà qualche trovata commerciale per invogliare la gente a venire qui più spesso.
Percorriamo il primo corridoio ed io non mi sento per niente tranquillo, Ranmaru continua a fermarsi per osservare meglio i giochi di luce sui quadri mentre io cerco di svignarmela il più velocemente possibile. Arriviamo di fronte l'ennesimo quadro con raffigurata una natura morta quando, ad un tratto, la luce comincia ad abbassarsi finché non salta del tutto. Mi gelo sul posto, i sensi in allerta e lo sguardo fisso nel vuoto. Il buio è opprimente, la paura mi assale e, involontariamente, allungo le mani fino a sentire sotto le dita la stoffa della camicia di Ranmaru. Mi aggrappo a lui stringendogli convulsamente il braccio, continuo a guardandomi attorno anche se non vedo assolutamente niente. Quando ritorna la luce tiro un sospiro di sollievo e maledico mentalmente il momento in cui ho deciso di acconsentire alla richiesta del rosa. Mi tranquillizzo e con lo sguardo vago lungo il corridoio, ma sento come l'impressione di avere due occhi puntati contro. Mi giro ed incontro le iridi azzurre di Ranmaru che mi guarda tra il divertito e il perplesso.
«Sapevo che non riuscivi a starmi lontano, ma spingersi fino a questo punto...» Dice ridacchiando a pochi centimetri dal mio viso.
Mi accorgo solo ora di essere praticamente avvinghiato a lui e mi scosto di colpo quasi mi fossi scottato.
«Non è come sembra!» Bofonchio allontanandomi imbarazzato.
Lui mi fa un sorrisetto quasi malizioso, ma non aggiunge altro. Lo vedo solo guardarsi attorno con aria perplessa.
«Masaki, non noti qualcosa di strano?»
Lo imito ed effettivamente noto che qualcosa non torna. Il corridoio è deserto, dentro l'intero museo regna il più assoluto silenzio. Anche la musica che aleggiava in sottofondo è sparita. Dov'è finita tutta la gente che c'era prima?
«Se ti riferisci ai ragazzi che girovagavano qui prima, saranno andati più avanti. Sai quante stanze ha questo posto. Hai forse paura?» Ammicco dandogli piccole gomitate al braccio.
«Niente affatto. Quello che ha paura qui mi sa che sei tu.» Ghigna facendomi bloccare di colpo, il braccio ancora piegato.
«Non è vero!» Affermo corrucciato. Decido di ignorarlo e comincio a camminare fino alla fine del corridoio.
Lo sento ridacchiare e seguirmi stando a pochi centimetri da me, continuo a far finta che non esista e aumento il passo con aria spavalda facendogli vedere che io non ho paura. Anche se ha ragione, non gliela darò mai vinta. Mai. Assolutamente. Ne vale del mio altezzoso orgoglio.
Arriviamo nell'altra stanza, ma la troviamo vuota come il corridoio che ci siamo lasciati alle spalle. La cosa è veramente strana, non può essere che nel giro di venti secondi siano andati tutti così avanti.
«Secondo me se ne sono andati. È l'unica spiega-» Le parole mi muoiono in gola quando vedo un'ombra passare veloce da una delle finestre dietro la testa di Ranmaru.
«Masaki? Che c'è?» Chiede seguendo il mio sguardo terrorizzato.
«C'è... c'è qualcuno lì fuori!» Rispondo indicando la finestra. Lo vedo alzare un sopracciglio.
«Quella finestra è troppo alta, è impossibile che tu abbia visto passare qualcuno. Ti sei fatto prendere dalla soggezione del momento.» Dice scuotendo la testa.
Forse ha ragione lui, in fondo le luci sono ancora soffuse e creano ombre strane ovunque. Guardo un'altra volta la finestra ed ho la strana sensazione di essere osservato.
«Senti, visto che non c'è più nessuno che ne dici di tornare indietro e andarcene? Magari andiamo in un altro posto.» Chiedo afferrandogli la mano e tirandolo con me. Voglio uscire di qui immediatamente.
«Sì, per me va bene. Andiamo» Risponde stringendomi la mano. Questo contatto riesce a farmi tranquillizzare almeno un po', mi fa sentire sicuro. Che strana sensazione.
Arriviamo all'ingresso dove troviamo il portone principale chiuso, proviamo più volte ad abbassare la maniglia, ma niente. Non si apre. Frugo nella tasca del pantalone alla ricerca del cellulare e quando lo prendo scopro che non c'è campo, lo stesso vale per il telefono di Ranmaru. Vado letteralmente nel panico.
«E ora? Che facciamo? Io voglio uscire da qui!» Esclamo lanciandomi di spalla contro il portone e rimbalzando indietro, dolorante. Mi sarò procurato sicuramente un livido.
«Ehi! Calmo, usciremo da qui. Forse più avanti ci sarà qualche altra porta, o una finestra bassa da cui uscire. Non c'è bisogno di farsi prendere dal panico.» Dice lui sorridendomi sicuro. Ma come diavolo fa a restare calmo in una situazione del genere?! Io non ci volevo nemmeno venire qui!
Mi afferra nuovamente la mano e mi guida per il corridoio da cui siamo venuti, mentre camminiamo osservo i quadri che rispetto a prima hanno qualcosa di diverso, di sinistro. Non può essere solo la mia immaginazione! Torniamo di nuovo nella stanza in cui ho visto l'ombra alla finestra e quando alzo lo sguardo resto pietrificato tanto da far bloccare anche Ranmaru.
«Masaki, cosa c'è stavolta? Te l'ho detto, non c'è nes-» Non lo faccio finire di parlare e gli afferro la faccia facendolo voltare in direzione della finestra: è stata sprangata dall'interno.
Spalanca gli occhi sorpreso e spaventato, ora ha capito che non mi sto immaginando le cose e che c'è qualcosa che non va.
«Ora mi credi, Ranmaru?» Chiedo nascondendomi dietro di lui. Che gran coraggio.
«Sì. Dobbiamo uscire da qui!»
Camminiamo diretti alla stanza successiva guardandoci attorno in allerta. I quadri di questo corridoio sono ancora più inquietanti dei primi: sono stati "modificati" con della pittura che sembra essere fresca. Una tela in particolare attira la mia attenzione, non per ciò che raffigura o per i segni di pittura verde su di essa, ma per una scrittura sotto la cornice fatta con lo stesso colore che lo imbratta.
Non uscirete mai più da qui
Tiro per la manica Ranmaru facendogli leggere la scritta e quando alziamo nuovamente lo sguardo sul quadro per poco non mi viene un collasso: la faccia del tizio raffigurato ha cambiato espressione e ci fissa dall'unico occhio che la pittura non ha imbrattato. Il rosa indietreggia terrorizzato quanto me, mi afferra e cominciamo a correre per tutto il corridoio. Arrivati alla fine ci troviamo davanti un enorme quadro sporco di pittura color del sangue e, prima di riuscire a proseguire la nostra corsa per svoltare l'angolo, ecco che un'altra scrittura si materializza sul muro proprio sotto i nostri occhi.
Se andate avanti non tornerete più indietro
Ranmaru si piega in avanti per riuscire a leggere meglio la scritta in rosso. Nel compiere questo gesto perde l'equilibrio scivolando su di una chiazza di colore e, anziché andare a sbattere contro il quadro, vi entra dentro. Stupito, ho giusto il tempo di afferrarlo per un braccio e anche io vengo trascinato nell'enorme dipinto insieme a lui.






Capitolo revisionato

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** III ***


Apro gli occhi che avevo chiuso passando attraverso il quadro, mi massaggio la guancia dolorante che ho sbattuto sbilanciandomi e la prima cosa che faccio è assicurarmi che Ranmaru stia bene. Mi isso sulle braccia e vago con lo sguardo in cerca della sua figura che si trova proprio a pochi centimetri da me; anche lui è caduto rovinosamente a terra e cerca di darsi un contegno sistemando le varie parti del suo costume di Halloween.
«Tutto ok?» Chiedo preoccupato guardandolo dalla testa ai piedi.
«Oh, Kariya Masaki che si preoccupa per me? Devi essere proprio spaventato.» Ridacchia facendomi infuriare.
«Fottiti.» Rispondo di rimando. Uno cerca di essere “carino e premuroso” e questo è il risultato.
«Quanto siamo permalosi. Comunque sì, sto bene. Grazie per il pensiero.» Dice scompigliandomi i capelli e facendomi arrossire. Ringrazio ancora una volta il pesante strato di trucco che ho messo sul viso.
Faccio una smorfia per mascherare il mio vero stato e, incrociando le braccia al petto, sposto il mio sguardo su ciò che ci circonda. Alzo un sopracciglio quando riesco a mettere a fuoco l’ambiente: siamo all’ingresso del museo. Ma com’è possibile? Non eravamo lungo un corridoio, di fronte al quadro dentro al quale siamo caduti?
«Ranmaru, hai visto dove siamo?» Chiedo perplesso. Non riesco a trovare una spiegazione logica a ciò che è appena successo.
«Sì e non capisco come ci siamo arrivati.» Risponde lui con altrettanta perplessità.
Continuo a guardarmi attorno finché i miei occhi non si posano sulla maniglia luccicante della porta di ingresso. Corro verso di essa nella speranza che sia aperta, ma anche stavolta non si sposta minimamente. Mollo un calcio contro il liscio metallo dell’anta e impreco sia per la fitta di dolore che si spande dall’alluce sia per l’intera situazione: siamo ancora bloccati in questo dannato museo. Sbuffo sonoramente e mi volto rassegnato a guardare Ranmaru che ricambia il mio sguardo con altrettanta rassegnazione. C’è una cosa, però, che ha attirato la mia attenzione mentre perlustravo il locale con lo sguardo: le pareti non sono del consueto color panna con i pannelli in legno color caramello, tipiche dei musei e presenti in quello che stavamo visitando, ma sono grigie con pannelli di lucido legno nero. Se è possibile, l’atmosfera è ancora più tetra e macabra di prima; nemmeno le luci, che sono più forti e brillanti, sembrano riuscire ad illuminare la sala lasciando così tutto in penombra.
«Questo non è il museo della nostra città.» Sentenzio alla fine.
«Come?» «Guarda, è tutto diverso qui. È come se fossimo stati catapultati in un’altra dimensione passando attraverso quel dannato quadro. Quindi trovando quello dovremmo riuscire a tornare indietro.» Dico convinto della mia teoria.
«Hai ragione. Il quadro si trova nel corridoio che porta alla seconda stanza, andiamo.» Afferra nuovamente la mia mano ed io gliela stringo, il suo calore riesce a farmi restare lucido.
Attraversiamo il primo corridoio al quale non stanno più appesi quadri raffiguranti qualche battaglia importante o il volto di un illustre personaggio, ma dipinti inquietanti e senza senso. Alcuni sembrano quasi muoversi, come se le pennellate di colore avessero vita propria e strisciassero lungo la tela. Rabbrividisco e stringo maggiormente la mano di Ranamaru.
Il corridoio finisce davanti ad una porta bordeaux che sostituisce l’arcata che avrebbe dovuto essere presente all’ingresso della prima stanza espositiva. La cosa non fa altro che inquietarmi ulteriormente, ma non mi pongo ulteriori domande sul perché e sul come la struttura del museo sia cambiata. Stiamo per aprire la porta ed entrare nella stanza quando per terra notiamo delle impronte lasciate con della vernice blu e sul muro una scritta simile a quelle apparse vicino al quadro.
Resterete qui con noi per sempre
«Col cavolo!» Mi lascio sfuggire con un ringhio basso. Chiunque abbia architettato tutto ciò deve essere proprio fuori di testa.
Ranmaru abbassa la maniglia spingendo la liscia superficie bordeaux ed entriamo titubanti nella stanza. Restiamo per un attimo perplessi e confusi; non è come quella del museo, non ci sono quadri appesi alle pareti, ma solo una decina di porte chiuse. Nessuna traccia del corridoio successivo.
«Cosa diamine significa tutto questo?» Chiedo ad alta voce rivolto a non so bene chi.
«Cosa volete da noi?» Chiede a sua volta Ranmaru con un tono di voce misto tra paura e rabbia. È la prima volta in tutta questa assurda serata che lo vedo perdere la pazienza.
Sui muri della stanza cominciano ad apparire diverse scritte tracciate con svariati colori accesi, piccoli disegni e scarabocchi occupano le pareti lì dove non ci sono parole. Sembra quasi ci sia qualcuno che si sta divertendo con le tempere e i pastelli. Capiamo solo dopo un attento sguardo che le lettere formano i nostri nomi scritti e intrecciati tra di loro più volte. Davanti ai nostri piedi vengono tracciate poche e semplici parole con la pittura gialla.
Andiamo, divertiamoci un po’
Accanto alla scritta viene disegnata una grossa freccia che indica le porte, un chiaro invito a sceglierne una e aprirla.
«E va bene. Volete sfidarci? Troveremo il modo di uscire da qui!» Urla Ranmaru al nulla e, continuando a tenermi per mano, apre la porta che si trova proprio di fronte a noi.






Capitolo revisionato

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** IV ***


Entriamo e ci troviamo davanti un’immensa stanza piena di scatoloni, statue e manichini. Questi ultimi sono misteriosamente senza testa, tutti. Ci incamminiamo tra gli scatoloni che sembrano creare un labirinto, ce ne sono davvero tanti, ammucchiati lì da non so quanto tempo. Starnutisco più volte a causa della polvere alla quale sono allergico, facendo saltare in aria Ranmaru.
«Scusami, non volevo farti spaventare.» Dico rendendomi conto solo dopo di avergli chiesto scusa per la prima volta. Non è da me.
Lo vedo guardarmi perplesso, anche lui non si aspettava di sentirmi dire quelle parole, non in questa vita almeno. Mi sorride ed io non posso fare a meno di scordarmi per un attimo dove ci troviamo. Non so quando ne come sia successo, ma è da un po’ di tempo che ho capito di provare qualcosa per il confetto rosa ambulante e questa situazione assurda fa uscire una parte di me che nemmeno io sapevo di avere.
«Tranquillo, non fa niente.» Risponde infine continuando a sorridere.
Avanziamo all’interno della stanza intenti a cercare una via di uscita quando ad un tratto sentiamo dei rumori sinistri e stavolta non sono io la causa. Ranmaru mi guarda spaventato, sta per dirmi qualcosa ma non gli faccio nemmeno aprire bocca. Caccio un urlo pazzesco e lo afferro per la manica cominciando a correre: una statua si era avvicinata minacciosamente a lui con l’intento di afferrarlo.
Cerco di rifare il percorso al contrario ma sembra che le scatole siano state spostate creando altri passaggi da cui sbucano fuori statue e manichini che cercano di prenderci. Me la sto facendo letteralmente sotto! Altro che “Masaki non ha paura di niente”, in questo posto chiunque avrebbe una fifa assurda! Continuiamo a correre evitando tutto ciò che si muove all’interno della stanza finché non veniamo accerchiati da quelle inquietanti cose.
«E adesso? Che facciamo?» Chiede Ranmaru con le spalle attaccate alle mie. Non ne ho la più pallida idea, ho solo tanta paura.
Mi guardo attorno in cerca di una qualsiasi via di uscita, i manichini e le statue continuano ad avanzare finché non mi viene un’idea.
«Buttiamo giù queste scatole!» Dico al rosa indicando gli scatoloni che stanno alla mia sinistra.
Lui annuisce, afferra la mia mano e ci lanciamo contro le scatole che cadono giù rovinosamente aprendo un varco e sotterrando quegli strani esseri. Finalmente troviamo la porta che raggiungiamo con un ultimo scatto aprendola e tornando nella stanza delle porte.
Abbiamo il fiatone per la corsa fatta e per la paura. Questo posto è davvero terrificante, vorrei proprio capire chi ha architettato tutto e soprattutto perché se la stanno prendendo con noi.
«E ora?» Chiedo a Ranmaru tra un respiro e l’altro.
«Ora scegliamo un’altra porta.» Risponde lui rimettendosi in sesto.
«Cosa?! Tu sei pazzo! Io torno indietro.» Sentenzio dirigendomi alla porta di ingresso della stanza. La trovo chiusa a chiave e tento più volte di sfondarla, ma niente. Mi fanno male le spalle a forza di colpire porte che non ne vogliono sapere di aprirsi. Impreco a bassa voce e incrociando le braccia al petto raggiungo nuovamente il rosa.
«Bene, quale apriamo?» Sbuffo scontroso e amareggiato.
«Quella?» Chiede indicando la seconda porta alla destra di quella che ospitava i manichini e le statue mozzate.
Non rispondo e mi dirigo a passo di carica alla porta, la apro e faccio cenno a Ranmaru di seguirmi. Questa situazione comincia a stancarmi.
Entriamo e stavolta anziché una stanza troviamo un lungo corridoio. Lo percorriamo e notiamo che in una delle due pareti stanno appesi quattro grossi quadri. All’interno del primo vi è mezza testa pelata che ci guarda in modo inquietante, nel secondo la testa è raffigurata per intero e continua a fissarci, nel terzo vi è nuovamente l’enorme testa che riporta una piccola modifica allo sguardo, un po’ di rosso contorna la parte inferiore degli occhi, quando arriviamo al quarto quadro mi si rizzano tutti i peli che ho in corpo e capisco cosa rappresenta la piccola linea rossa: sangue. Le testa nel quarto quadro ha delle linee rosse che gli rigano il volto, piange sangue. Prendo la mano di Ranmaru e lo trascino via da quell’inquietante quadro che si è impresso fin troppo bene nella mia mente. Arriviamo alla fine del corridoio ed entriamo in una stanza dentro la quale stanno tante teste, anch’esse pelate, ed uno specchio appeso al muro. Rabbrividisco nel vedere quelle teste senza corpo così simili a quella del quadro e cerco di tornare indietro, in fondo non c’è niente in questa stanza. Vengo però fermato dal rosa che strattona la mia manica indicando lo specchio, vicino ad esso spicca una scritta in arancio.
Non volete dare una sbirciatina? In fondo è solo uno specchio
«Appunto perché lo dite voi che è un semplice specchio noi non vogliamo guardarlo.» Dico ad alta voce girandomi per andarmene. Rimango però pietrificato nel vedere che le teste non stanno più allineate lungo le pareti ma si sono spostate creando delle file che mi bloccano il passaggio. Alzo gli occhi al cielo rassegnato e faccio dietro front.
«E va bene, ho capito! Guardiamo questo dannatissimo specchio!» Ringhio avvicinandomi alla cornice.
«Masaki, per me non è affatto una buona idea…» Dice Ranmaru affiancandomi.
«L’hai visto no? Non abbiamo altra scelta.» Sputo fra i denti. Sto diventando davvero irascibile.
Ci specchiamo e vediamo solamente le nostre orribili facce riflesse, con il trucco così per come lo abbiamo fatto poche ore prima.
«Visto? Non c’è niente.» Dico girandomi.
«Masaki… aspetta, guarda.»
Guardo nuovamente lo specchio e vedo che alle nostre spalle c’è qualcosa. Ci giriamo di scatto ma non c’è niente. Rivolgiamo lo sguardo allo specchio e stavolta quel qualcosa che prima non era altro che un’ombra prende forma: una di quelle teste senza corpo fluttua a pochi centimetri da noi. Mi giro e me la ritrovo davanti che mi guarda con il suo sguardo inquietante e iniettato di sangue. Urlo e le do un pugno spaccandola in mille pezzi. Vedo le altre teste cominciare a muoversi verso di noi così scattiamo in direzione del corridoio scappando via da quella stanza.
Quando torniamo nella solita stanza sento la mano destra calda e appiccicosa, la guardo e noto che è rigata dal sangue. Devo essermi ferito le nocche nel dare il pugno a quella testa.
«Ahi…» Mi lascio scappare osservandola.
«Dammi qua.» Dice Ranmaru prendendomi delicatamente la mano ferita.
Strappa un pezzo del suo mantello e dopo aver pulito un po’ di sangue me la fascia con attenzione. Guarda il suo lavoro compiaciuto e vi lascia su un bacio. Resto spiazzato da questo suo gesto ed avvampo.
«G-grazie.» Bofonchio imbarazzato.
«Figurati.» Risponde lui sorridendomi. Giuro di aver letto una nota di preoccupazione nel suo sguardo.
«Bene, quale scegliamo ora?» Chiedo distogliendo lo sguardo dai suoi profondi occhi azzurri. Mi ci potrei perdere dentro.
«Mmmhh… terza a sinistra della prima?» Chiede indicandola.
«E terza a sinistra sia.»






Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** V ***


Varchiamo la porta ed anche qui ad attenderci c’è un lungo corridoio, stavolta però lungo le pareti non c’è niente se non una scritta in viola con sotto una strana bambola. Ci avviciniamo e leggiamo le poche parole scritte.
Mi portate con voi?
Quella scritta deve riferirsi sicuramente alla bambola dato che non vi è altro in questo corridoio.
«No, grazie.» Dico prendendo sottobraccio Ranmaru avviandomi. Non facciamo nemmeno cinque passi che troviamo nuovamente la bambola con la solita scritta viola sopra.
Perché mi lasciate qui?
Mi giro e noto che la bambola dietro di noi è sparita. Come diavolo c’è finita davanti ? La ignoriamo, facciamo altri cinque passi ed eccola lì, seduta a terra con la scritta sul muro.
Non voglio restare sola. Vi prego
Io e il rosa ci guardiamo negli occhi insicuri sul da farsi. Se c’è una cosa che ho capito in questo posto è che non bisogna mai dare tutto per scontato.
«La prendiamo?» Chiede Ranmaru guardando la bambola.
«Stai scherzando, vero?! Non se ne parla proprio!» Esclamo guardandolo allibito. Ma non gli entra in zucca che questo posto non è il nostro mondo e che una semplice bambola può trasformarsi SICURAMENTE in un qualche mostro?!
«Masaki non sappiamo cosa può attenderci alla fine di questo corridoio, magari questa bambola potrà esserci utile.» Dice accovacciandosi per prenderla.
Alzo gli occhi ambrati al cielo rassegnato, so già che parlarne ancora sarebbe inutile. Osservo meglio la bambola che tiene tra le mani, certo che è davvero brutta! Ha la carnagione azzurra, i capelli lilla sparati in aria, la bocca cucita in uno strano sorriso e gli occhi grandi e rossi. È inquietante tanto quanto tutto il resto di questo posto. Andiamo avanti e nel corridoio non succede più nulla, si sente solo l’eco sinistro dei nostri passi sul pavimento. Arriviamo davanti ad una porta, la apriamo ed entriamo in una stanza piena di casse con altre bambole sedute sopra ed un enorme quadro rosa appeso al muro. La porta dietro di noi si chiude di colpo, provo ad aprirla ma risulta essere chiusa a chiave. Ci guardiamo attorno spaventati ed una scritta, anch’essa rosa, appare sotto al quadro.
Trovate la chiave o restate a giocare con noi PER SEMPRE
Trovare la chiave?! Dove diamine dovremmo cercarla? Afferro una delle bambole e sento all’interno del suo ventre un oggetto, la apro e vi trovo una pietra. Quindi funziona così, la chiave sta all’interno di una di queste bambole. Il tempo che questo pensiero si forma nella mia mente sento Ranmaru fare un gridolino e indietreggiare fino ad arrivare con le spalle contro la porta, ha lo sguardo terrorizzato. Seguo la traiettoria dei suoi occhi e sbarro i miei quando vedo che nel quadro rosa sono spuntati dei capelli simili a quelli delle bambole in questa stanza. Indietreggio a mia volta e vedo un pezzo di testa cominciare ad apparire. Se non ci sbrighiamo resteremo intrappolati qui! Mi fiondo su di un’altra bambola, la apro e la trovo vuota. Ne prendo un’altra e un’altra ancora ma niente, nessuna traccia della chiave. Guardo il quadro e vedo che è spuntata più di metà faccia che ci guarda con i suoi enormi occhi rossi fuori dalle orbite. Rabbrividisco e cerco la chiave, le bambole stanno finendo ed io non so più dove cercare. Ranmaru è rimasto pietrificato alla vista del quadro dal quale ora la bambola ci guarda, sono spuntati il naso e gli angoli della bocca.
«Ranmaru riprenditi! Se non ci sbrighiamo resteremo bloccati qui dentro PER SEMPRE!» Lo scuoto disperato ma non da segni di vita. La bambola che ha raccolto nel corridoio gli cade dalle mani e sento un rumore metallico provenire da essa. La prendo e aprendola trovo finalmente la chiave.
Sposto il rosa dalla porta e con mani tremanti infilo la chiave nella toppa. Mi giro giusto un attimo per afferrare Ranmaru e urlo vedendo la bambola uscire dal quadro con un’espressione folle sul volto e le mani protese verso di noi. Riesco a chiudere di nuovo la porta giusto in tempo prima che la bambola potesse uscire del tutto dal quadro. Mi giro verso il rosa che sta seduto a terra con lo sguardo fisso sulla porta, è letteralmente sotto shock.
«Ranmaru?» Lo chiamo ma non risponde né si volta.
«Ranmaru.» Continuo a chiamarlo scuotendolo appena. Niente, non succede niente.
Cosa diavolo faccio ora? Non vorrei essere indelicato e schiaffeggiarlo quindi mi resta un’ultima cosa da fare. Andando contro me stesso e contro ogni previsione lo abbraccio, lo stringo a me e lo cullo leggermente.
«È tutto finito, siamo al sicuro per ora.» Sussurro tra i suoi capelli rosa che avendoli sciolti mi solleticano il volto e il collo. Il suo profumo mi inebria, come ho fatto a non accorgermi prima di quanto fosse buono?
Lo sento rilassarsi e mi avvolge di rimando tra le sue braccia, so che non è il momento né il luogo adatto per fare certi pensieri ma il calore del suo corpo incastrato col mio mi manda in tilt il cervello. Mi beo di questo fantastico contatto, non so se usciremo vivi da qui quindi mi prendo tutto il tempo di questo mondo per tenerlo tra le braccia il più possibile.
«Scusami…» Mi sussurra a pochi centimetri dal collo. Il suo fiato che mi solletica manda scariche piacevoli in tutto il mio corpo.
«Non ti preoccupare. L’importante è che siamo usciti da lì sani e salvi. Per ora.» Dico accarezzandogli i capelli.
Alza il viso ed incontra le mie iridi ambrate, sento l’irrefrenabile voglia di baciarlo ma non lo faccio, per una volta non penso solo a me stesso ma a noi, alla nostra amicizia, non vorrei rovinarla.
«Andiamo?» Chiede spostandomi una ciocca di capelli turchesi dal volto.
«Andiamo.»
Gli afferro la mano e liberandolo dal mio abbraccio mi alzo trascinandolo con me. Percorriamo il corridoio al contrario finché non arriviamo di nuovo nella stanza con le porte.
«Stavolta scelgo io.» Dico guardando Ranmaru con aria di superiorità. Si, mi piace, ma questo non cambia il fatto che io sia più astuto e intelligente e lui molto irritante.
Guardo le dieci porte tutte uguali tra di loro, in tre siamo già entrati quindi ne restano altre sette.
«Entriamo nell’ultima a destra.» Sentenzio avviandomi verso la porta. Con la coda dell’occhio lo vedo alzare gli occhi al cielo sorridendo per poi seguirmi all’interno della stanza.






Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** VI ***


Ci ritroviamo all’interno di una grande stanza con muri alti e spessi ai quali sono appesi tanti quadri. Sembra di essere in una galleria d’arte, non al museo. Li osserviamo distrattamente seguendo il percorso formato dalle pareti, stranamente non appaiono scritte o strani esseri. Mentre camminiamo la mia attenzione viene catturata da un quadro raffigurante una fanciulla vestita di blu, il cartello sotto di essa riporta il titolo dell’opera “La Lady in blu”. Ha attirato il mio sguardo perché è l’unico quadro in questa stanza sul quale è dipinto qualcosa di sensato. Ranmaru, che non si è accorto che mi sono fermato, è andato avanti finché anche lui non si è bloccato ad osservare meglio un quadro.
«Masaki, vieni a vedere.» Mi chiama senza spostare lo sguardo dal dipinto.
Lo raggiungo e noto che sta osservando un quadro raffigurante un’altra fanciulla “La Lady in rosso
«Lì ce n’è un altro, solo che la ragazza è vestita di blu.» Dico indicando il muro al quale sta appeso il quadro. Solo che c’è un piccolo particolare: il dipinto non sta più appeso al muro ma è a terra e da esso esce per metà la ragazza che avanza verso di noi trascinandosi con le braccia. Afferro prontamente il rosa giusto un attimo prima che il quadro della Lady in rosso gli piombasse addosso e cominciamo a correre. Oggi ho fatto più corsa di quella che faccio normalmente agli allenamenti e c’è da sottolineare che io odio correre.
Seguiamo il percorso che formano le pareti seguiti da quei due cosi mostruosi, da lontano intravedo una porta, non mi importa cosa possa esserci dietro, noi dobbiamo uscire da qui! Accelero seguito a ruota da Ranmaru quando ad un tratto lo sento urlare. Mi giro spaventato per capire cos’è successo e vedo che una delle Lady, stavolta in giallo, l’ha afferrato per il mantello e lo trascina con se. Non ci siamo accorti che c’era un altro quadro con una di quelle ragazze demoniache. Con uno scatto lo afferro per un braccio tirandolo a me ma quell’essere ha una forza disumana e con uno strattone mi fa perdere la presa dal rosa. Mi fiondo nuovamente su di lui stavolta prendendolo per i fianchi, lui si aggrappa alla mia schiena in una sorta di abbraccio mentre io cerco di strappare la stoffa del suo mantello. Ci riesco e con un ultimo scatto lo trascino dall’altra parte della porta. Per lo sforzo mi cedono le gambe e cado rovinosamente sopra di lui finendo con la faccia a pochi centimetri dalla sua.
«S-scusa, non mi sento più le gambe.» Dico imbarazzato cercando di alzarmi ma senza risultato.
Lui non dice niente, si limita a sorridermi dolcemente e ad abbracciarmi facendo aderire ancora di più il mio corpo al suo. Avvampo nel sentire ogni muscolo del suo corpo a contatto col mio e volto il capo non riuscendo a tener testa al suo sguardo. Lo sento sporgersi appena e percepisco le sue labbra poggiate sul mio collo, una scarica di piacere mi invade il corpo e chiudo gli occhi spostando spontaneamente la testa di lato per dargli un miglior accesso al mio collo. Vorrei che quest’attimo non finisse mai ma lo sento staccarsi e apro nuovamente gli occhi puntando le mie iridi ambrate confuse nelle sue color del cielo.
«Grazie…» Dice continuando a scrutarmi col suo sguardo penetrante.
Non riesco a resistere oltre e mi fiondo sulle sue labbra baciandolo. Ho davvero avuto paura di perderlo.
Non mi scansa per come avevo immaginato, anzi, approfondisce ancora di più il bacio insinuando la lingua nella mia bocca. Ci stacchiamo per mancanza di ossigeno e gli mordo leggero il labbro inferiore per poi passare a baciare e mordergli il collo.
«Non ero io il vampiro?» Chiede in un sospiro.
Affondo un po’ di più i denti all’altezza delle clavicola e lo sento gemere piano. Questo basta a mandarmi in pappa il cervello facendomi dire addio ai miei poveri neuroni. Se non fossimo intrappolati in questo dannato posto sarei andato oltre a questi semplici baci. A proposito, ma dove siamo finiti? Mi stacco appena da lui ed osservo il posto in cui siamo finiti, è un semplice corridoio con le pareti spoglie.
Decido di alzarmi e aiuto anche lui a rimettersi in piedi, mi sento molto imbarazzato dopo quello che è successo.
«Un corridoio? Chissà dove porta.» Dice ad alta voce prendendomi per mano incamminandosi.
Lo percorriamo tutto finché non svolta a destra e al centro notiamo che c’è qualcuno accovacciato. Ci avviciniamo cauti, pronti a scappare nel caso in cui quella figura ci attacchi, e quando arriviamo a pochi centimetri da lei notiamo che si tratta di una ragazza dai lunghi capelli color del grano. Non sembra averci sentiti e ci guardiamo dubbiosi. Che facciamo?
«Ehi, tutto ok? Possiamo aiutarti?» Chiede Ranmaru rivolto a quella misteriosa ragazza.
Lo guardo in cagnesco, è mai possibile che non ci pensi su un attimo prima di aprir bocca?! Cinque minuti fa stava per essere ucciso da delle “Lady” demoniache e ora che fa? Rivolge la parola ad una ragazza sconosciuta e misteriosa. È proprio un caso perso.
La ragazza si gira e ci fissa curiosa con i suoi grandi occhi verdi attraverso le lenti dei suoi occhiali, dal suo sguardo si capisce che non si aspettava di incontrare gente.
«Come ti chiami?» Continua a chiedere Ranmaru con un tono di voce dolce e gentile. Lo fulmino con lo sguardo continuando ad osservare diffidente la fanciulla. Non mi dice nulla di buono.
«Jeanne. Voi chi siete invece? E che ci fate qui?» Chiede di rimando la bionda alzandosi. Sembra che abbia la nostra età.
«Io sono Ranmaru, lui invece è Masaki. Siamo arrivati qui attraverso un quadro esposto al museo. Sapresti dirci come fare ad uscire da questo posto?» Il rosa fa le dovute presentazioni usando quel suo tono smielato. Mi urta il sistema nervoso.
Jeanne ci guarda ed uno strano bagliore le attraversa le iridi verdi.
«Certamente. Se volete vi faccio da guida, ormai conosco bene questo posto.» Risponde sorridendoci allegra facendoci strada. Quel “ormai conosco bene questo posto” non mi convince per niente, meglio non fidarsi troppo di questa qua.








Angolino piccino picciò autrice:
Salve gente! Finalmente Fanny ha di nuovo internet fisso! *^* *Spara fuochi d’artificio ballando su di un piede.*
Tornando a noi, ho deciso di inserire delle immagini in alcuni capitoli. Quindi se vi va andate a dare un’occhiata, non ve ne pentirete :3
Ora, so cosa state pensando leggendo e guardando questa immagine. Penserete “Oh, ma quanto sono belle queste Lady!”, ecco, io ora vi ammazzo tutti con quest’altra immagine perché no, non sono realmente così ciccipucci, ma così :3





Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** VII ***


Jeanne ci conduce nuovamente nella stanza con le porte e Ranmaru non si contiene nel ringraziarla e parlare amabilmente con lei. Io sto ad una dovuta distanza di sicurezza con le braccia incrociate al petto. Si, sono geloso, geloso del suo comportamento nei confronti di quella appiccicosa ragazzina.
«Volete una tazza di the con dei biscotti?» Chiedo sarcastico all’ennesima risatina della bionda.
Ranmaru mi guarda perplesso ed io ricambio fulminandolo. Mi sorride scuotendo appena la testa, ha capito il motivo del mio comportamento. Jeanne si attacca al suo braccio, mi guarda con uno sguardo carico d’odio e mi rivolge un ghigno terrificante. Resto basito, cosa avrà in mente?
«Andiamo nella terza stanza a destra.» Se ne esce il rosa prima che io possa metterlo in guardia dalla ragazza.
Lei gli sorride allegra approvando la scelta e lo accompagna a braccetto dentro. Io resto a pochi passi di distanza senza mai toglierle gli occhi di dosso, pronto a farla fuori qualora fosse necessario. La porta conduce ad un’enorme stanza circolare completamente vuota, tranne per un grosso quadro appeso dritto di fronte la porta. Ci avviciniamo per osservarlo meglio: raffigura due ragazzi sorridenti vestiti da demoni, sicuramente fratelli data la somiglianza tra di loro. Il cartello sotto il dipinto riporta il nome del quadro “Trick or treat?” e una lampadina si accende nel mio cervello. Quelli sono i due ragazzi che hanno suonato alla mia porta poche ore fa, ecco perché mi sembravano familiari.
«Io li conosco questi ragazzi.» Sentenzia Ranmaru facendomi voltare verso di lui sorpreso.
«Hanno suonato alla mia porta poco fa. Io ero di fretta ed ho dovuto mandarli via senza dargli nessun dolcetto.» Spiega davanti al mio sguardo indagatore.
«Anche io li conosco. Hanno suonato anche alla mia di porta e li ho cacciati in malo modo…» Bofonchio facendomi piccolo piccolo.
«Jeanne, chi sono?» Chiede il rosa alla ragazza.
«Oh, loro sono i miei fratelli.» Risponde sorridendo.
La guardiamo perplessi dato che il più grande dei due sembra avere esattamente la nostra età ed hanno i capelli castani, come possono essere fratelli?
«Cioè, sono i miei fratelli acquisiti. Sono arrivati qui un paio di anni fa proprio come voi. Io all’epoca ero una ragazzina, mi sentivo tanto sola e loro hanno deciso di restare a giocare con me.» Continua allargando ancora di più il sorriso. Questa storia non ha senso, com’è possibile che siano rimasti qui dentro alcuni anni fa se sono venuti a fare “Dolcetto o scherzetto?” alle nostre porte?
«Eh… che fine hanno fatto?» Chiedo cercando di venire a capo da questa storia assurda.
«Beh… non ci sono più. Sono morti.» Dice lei come se fosse la cosa più semplice e normale del mondo. Io e Ranmaru ci scambiamo uno sguardo di puro terrore. Quindi erano fantasmi quelli che abbiamo visto?
«Io direi di andare. Qui non troverete l’uscita.» Continua trascinandosi dietro il mio compagno terrorizzato.
Sto per seguirli quando una scritta al lato della cornice attira la mia attenzione.
Perderai ciò che ami. Resterà qui per come siamo rimasti noi
Spalanco gli occhi e indietreggio quando vedo che i volti dei due ragazzi cominciano a mutare: la pelle diventa scura e il sorriso sui loro volti si trasforma in un ringhio malefico. Hanno lo stesso aspetto di poco fa, quando hanno suonato. Avevo ragione allora, quelli non erano costumi, sono diventati dei veri demoni e scommetto che dietro a tutto questo ci sono loro.
Corro dietro a Jeanne e Ranmaru. Non devo perderlo di vista perché so che la scritta sul muro si riferisce a lui.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** VIII ***


Li raggiungo nella stanza delle porte e afferro per un polso Ranmaru tirandolo verso di me abbracciandolo possessivo.
«Ehi, tutto ok?» Chiede ricambiando l’abbraccio.
Non rispondo e affondo la faccia nel suo petto. Quelle parole mi riecheggiano nella testa e la paura di perderlo si fa sempre più strada dentro di me.
«Ti amo.» Sussurro sulla sua camicia.
«Come scusa?» Chiede sorpreso.
Alzo il viso facendo incatenare i nostri sguardi, lo amo e non posso rischiare di perderlo senza averglielo detto prima.
«Hai capito.» Bofonchio imbarazzato. Non è da me esternare in modo così palese i miei sentimenti, figuriamoci ripetere le cose due volte.
«Ridillo.» Soffia a pochi centimetri dalle mie labbra.
«Ti amo.» Dico quasi in trance. Il suo fiato sul mio volto, le labbra a poche centimetri da me, i suoi occhi, tutto di lui mi manda in pappa il cervello.
«Ti amo anche io.» Dice prima di baciarmi passionale facendo intrecciare nuovamente le nostre lingue, non mi potrei mai stancare di questo contatto inebriante.
Quando ci stacchiamo sorrido ebete per poi guardare da sopra la spalla di Ranmaru con un ghigno trionfante quell’appiccicosa di Jeanne, ma il ghigno mi muore sulle labbra quando incontro il suo sguardo: le iridi verdi di pochi attimi prima ora sono rosse, se fosse possibile mi avrebbe ucciso solo con lo sguardo, e le sue labbra formano un sorriso sinistro, da folli. Il tempo di far girare il rosa nella sua direzione lei assume nuovamente il suo aspetto normale sfoggiando uno smielato sorriso.
«Andiamo?» Chiede avvicinandosi nuovamente a Ranmaru prendendolo sotto braccio. La vedo lanciarmi uno sguardo quasi compiaciuto prima di avviarsi verso l’ultima porta a sinistra.
Entriamo in quella che è a tutti gli effetti un’immensa biblioteca piena di grossi e vecchi tomi polverosi, quadri e statue. Me la faccio alla larga da questi ultimi nel caso in cui se la pensino e comincino a camminare come prima.
La giriamo in lungo e in largo e non capisco cos’è che dovremmo cercare qui dentro. Non ci sono porte né finestre, quindi non può assolutamente essere questa l’uscita. Sto per chiedere il senso di questa inutile passeggiata quando la mia attenzione si posa su di un quadro sul quale sono raffigurate le fiamme di un rogo. Leggo il cartello sotto la cornice “Jeanne d’Arc” e un campanello di allarme si accende dentro di me. Mi balenano davanti agli occhi le parole in rosso di poco fa e spalanco le mie iridi feline. Ogni pezzo del puzzle va al suo posto, è lei l’artefice di tutto ciò! Ha costretto quei due ragazzi a restare per sempre qui fino a farli morire e ora vuole fare lo stesso con Ranmaru. Il terrore si impossessa di me quando noto di aver perso di vista i due. Li devo trovare prima che sia tutto perduto.
«Ranmaru!» Urlo correndo tra le file di scaffali. Non ricevo risposta e vado nel panico. Lo chiamo più volte senza ricevere risposta, ho paura che si troppo tardi finché non lo sento urlare.
«Masaki!» Il suo tono trasuda paura da ogni lettera.
Riesco a capire da che parte è arrivata la voce e in pochi secondi li raggiungo. Quando arrivo la scena che mi si para davanti mi gela sul posto: Jeanne è circondata da un’aura sinistra, i suoi capelli biondi ora sono corvini, negli occhi non è rimasta più nemmeno una traccia del bel verde di prima, sono rossi, rossi come il sangue e con un ghigno folle si avvicina lentamente a Ranmaru che si ritrova con le spalle al muro.
«Ora resterai qui con me. Io posso amarti meglio di quell’insopportabile ragazzino.» Dice con una voce da oltretomba sfiorando una guancia al rosa che la guarda terrorizzato.
«Ferma! Leva le tue sudice manacce da lui!» Urlo attirando la sua attenzione.
Lei si gira verso di me guardandomi perplessa e divertita.
«Ho da proporti una cosa. Lascia andare Ranmaru e in cambio potrai fare di me ciò che vuoi. Solo se prima però riuscirai a prendermi.» Dico senza scompormi di una virgola. Ho davvero tanta paura ma non lo do a vedere, l’unica cosa che importa ora è salvare Ranmaru, ciò che ne sarà di me non ha importanza.
«Mmmmhh… va bene. Ti conviene cominciare a scappare, sai? Io ho tanti assi nella manica!» Urla con la sua voce terrificante lanciandosi verso di me.
Con un veloce scatto corro lontano da lei inoltrandomi nella biblioteca e mettendo molta distanza tra di noi. Ad un tratto però dagli scaffali cominciano a piombare giù pesanti tomi con l’intento di ferirmi o rallentarmi, li schivo tutti ringraziando i miei riflessi da calciatore e continuo a correre nell’immensa rete di scaffali. Cerco di ricordarmi dove può trovarsi l’uscita quando ad un tratto qualcosa mi afferra la caviglia facendomi cadere a terra. Mi giro terrorizzato dall’idea che possa essere lei ed invece vedo solo un lungo e nero braccio uscire dal muro arpionato alla mia caviglia. Lo scalcio via e ricomincio a correre evitando altre braccia che spuntano dal nulla. Mi volto giusto un attimo per vedere dove si trova Jeanne e quando mi giro nuovamente freno di colpo per evitare di finire tra le fauci di un’orribile libreria che mi intralcia il cammino mostrando i suoi denti aguzzi. Riesco a raggirarla e scappare via.
Arrivo nuovamente nel corridoio in cui si trova il quadro vuoto di Jeanne e capisco di essere vicino all’uscita, uscita alla quale non arriverò mai perché la ragazza spunta di colpo davanti a me bloccandomi ogni via di fuga.
«Bene bene Masaki, mi sa che ho vinto io. E sai che ti dico? Vi terrò entrambi, come ho fatto con quegli insignificanti ragazzini.» Sibila tra i denti avvicinandosi a me.
Indietreggio e quando le spalle incontrano il quadro lo sento muoversi appena. Volto lo sguardo e vedo le fiamme dentro di esso muoversi e allungarsi verso di me, vuole intrappolarmi dentro al suo stesso quadro.
Quando arriva a qualche centimetro da me la vedo ghignare e con un urlo disumano si lancia nella mia direzione. Pochi attimi prima che le sue mani si chiudano sulla mia gola mi sposto di lato facendole perdere l’equilibrio. Sorpresa cade contro il quadro entrando per metà, con una spinta la butto dentro e osservo il quadro tornare normale, con una Jeanne bionda avvolta dalle fiamme del rogo, prima che anch’esso prenda fuoco.
Uno scatto alla mia destra mi fa saltare in aria e vedo che uno degli scaffali a parete si sposta mostrando un corridoio dove alla fine vi è appeso l’enorme quadro dal quale siamo entrati: la nostra via di uscita.
Corro tra gli scaffali chiamando Ranmaru con le lacrime agli occhi finché non vado a sbattergli contro a metà strada. Lo abbraccio contento riempiendolo di baci.
«Per un attimo ho avuto paura di perderti.» Sussurra tra i miei capelli.
«Anche io.» Ammetto stringendolo ancora di più a me. Finalmente è tutto finito, possiamo tornare a casa.
«Ho trovato l’uscita, seguimi.» Dico intrecciando le mie dita con le sue trascinandolo nel corridoio che è spuntato dalla parete.
Arriviamo davanti all’enorme quadro che stavolta non riporta segni di pittura, nessun messaggio sinistro appare vicino ad esso, raffigura semplicemente la nostra bellissima città in un caldo pomeriggio d’estate.
«Torniamo a casa.» Dice sorridendo Ranmaru entrando nel quadro insieme a me.




«La prossima volta niente più feste, si sta qui a coccolarci al calduccio.» Sentenzio imbronciato chiudendomi la porta di casa alle spalle.
Ranmaru si avvicina a me con un sorriso malizioso sulle labbra, mi bacia e comincia a togliermi i vestiti di dosso.
«Direi che è un’ottima idea. Ho imparato la lezione.» Dice prima di riprendere il suo lento lavoro con i vestiti del mio orribile trucco di Halloween.






Angolino piccino picciò autrice:
Ed eccoci alla fine purtroppo çAç di questa fic. Ma non disperatevi, tornerò presto con una nuova RanMasa un po’… particolare C:
Spero che questa sia stata di vostro gradimento! ^^
Alla prossima!
Fanny ♥

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2893748