☠ One Piece ☠

di Light Clary
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** IL ragazzo col tatuaggio dell'allungo ***
Capitolo 2: *** Episodio 2 - Il cacciatore di Pirati ***
Capitolo 3: *** Episodio 3 - La libertà di Louis ***
Capitolo 4: *** Episodio 4 - Uno sguardo al passato. ***
Capitolo 5: *** Episodio 5 - Un Pagliaccio di Capitano ***
Capitolo 6: *** Episodio 6 - Il Domatore domato ***
Capitolo 7: *** Episodio 7 - La sfida ***
Capitolo 8: *** Episodio 8 - Ora siamo in 3! ***
Capitolo 9: *** Episodio 9 - Capitan Bugiardo ***
Capitolo 10: *** Episodio 10- L'ipnotizzatore! ***
Capitolo 11: *** Episodio 11 - Complotto Smascherato ***
Capitolo 12: *** Episodio 12 - Scontro alla Scogliera ***
Capitolo 13: *** Episodio 13 - Le gemelle siamesi ***
Capitolo 14: *** Episodio 14 - Confronto tra vita e morte ***
Capitolo 15: *** Episodio 15 - I piccoli moschettieri ***
Capitolo 16: *** Episodio 16 - Atto Finale ***
Capitolo 17: *** Episodio 17 - Up All Night! ***
Capitolo 18: *** Film - Per Tutto L'oro del Mondo! ***
Capitolo 19: *** Episodio 19 - Il passato delle 3 spade ***
Capitolo 20: *** Episodio 20 - Il Ristorante sul Mare ***
Capitolo 21: *** Episodio 21 - Un aiuto per Jim ***
Capitolo 22: *** Episodio 22 - Don Crocell ***
Capitolo 23: *** Episodio 23 - Proteggere Baratie! ***
Capitolo 24: *** Episodio 24 - L'uomo dagli Occhi di Falco ***
Capitolo 25: *** Episodio 25 - Fuoco e Fiamme. ***
Capitolo 26: *** Episodio 26 - Il Sogno di Due Cuochi. ***
Capitolo 27: *** Episodio 27 - Un debito di gratitudine. ***
Capitolo 28: *** Episodio 28 - Io non morirò! ***
Capitolo 29: *** Episodio 29 - La fine delle ostilità ***
Capitolo 30: *** Episodio 30 - Il Cuoco di Bordo ***
Capitolo 31: *** Episodio 31 - Sulle tracce di Viola ***
Capitolo 32: *** Episodio 32 - La Nemica è Lei! ***
Capitolo 33: *** Episodio 33 - Assassina ...? ***
Capitolo 34: *** Episodio 34 - La Verità del Fantasma ***
Capitolo 35: *** Episodio 35 - Segreti dal Passato ***
Capitolo 36: *** Episodio 36 - Un Legame Indistruttibile ***
Capitolo 37: *** Episodio 37 - Aiutami ***
Capitolo 38: *** Episodio 38 - Attacco ad Arlong Park ***
Capitolo 39: *** Episodio 39 - Con una Spada ***
Capitolo 40: *** Episodio 40 - Lo Scontro Subacqueo ***
Capitolo 41: *** Episodio 41 - L'Ultimo Sforzo ***
Capitolo 42: *** Episodio 42 - La Furia ***
Capitolo 43: *** Episodio 43 - La Fine di Un Impero ***
Capitolo 44: *** Episodio 44 - Addio Città Natale (Fine1) ***



Capitolo 1
*** IL ragazzo col tatuaggio dell'allungo ***



"Uno dei grandi piaceri della vita sta nel fare quello che la gente dice che non riuscirai a fare.
WALTER BAGEHOT

La differenza che si potrebbe dare tra i due tizi che se ne restavano appollaiati sulla prua di vedetta e le persone all'interno della nave che stavano celebrando il ventisettesimo anniversario di matrimonio del capitano con la sua signora, era grande. Intanto perché i due erano costretti a sopportare il caldo solo per restare in avvistamento di altre imbarcazioni e avevano come passatempo solo un mazzo di carte. Navigavano da due settimane eppure non erano ancora decisi a fare del tutto amicizia per questo si limitavano a scommettere soldi. Le persone che se ne restavano all'interno, accomodate nel grande salone principale che aveva come decorazioni tanti palloncini dorati e bianchi e festoni infioccati qua e là, si godevano la festa parlando allegramente tra di loro, sorseggiando uno champagne fresco e spumeggiante e invitando i più eleganti gentlemen o le più affascinanti signore ad un lento. La pista da ballo era circondata da grandi vetrate che portavano al ponte e davano una perfetta visuale del mare, quel giorno meno agitato del solito. L'estate non era del tutto finita in quello scampolo di territorio. 
Il comandante stava allegramente chiacchierando con degli amici che si stavano complimentando per la bellezza della consorte. Ella, nel frattempo, cedeva l'ennesimo ballo ad uno dei due figli. Il più giovane. Ma poi con le traveggole alla testa, gli chiese di fermarsi e lui l'aiutò a sedersi. La festeggiata fece correre lo sguardo tutt'intorno. L'ambiente e tutto il resto erano perfetti. Esattamente come li aveva immaginati. Mentre si godeva il panorama oltre le vetrate, scorse di fronte una di esse, una fanciulla girata di spalle che guardava incantata le onde incresparsi sulla nave e i raggi del sole risplendere sulla superficie di esse.
-Ei - disse la moglie del comandante rivolta al secondo genero - Perché non inviti a ballare quella signorina laggiù? - indicò la ragazza che aveva da poco intravisto -Sembra carina.
Il ragazzo, che nonostante tutte le giravolte fatte con tante dame diverse non si era stancato, decise di invitare al prossimo valzer quella giovane che se ne stava in disparte. Si avvicinò pensando che i passi echeggianti, provocati dalle sue scarpe ben laccate attirassero direttamente la sua attenzione. Ma alla fine fu costretto a tossicchiare per obbligarla a voltarsi. E si rese conto di quanto fosse carina. Aveva lunghi capelli castani che le ricadevano morbidamente sulle spalle, due intensi occhi color nocciola, un viso perfetto che sembrava di porcellana e l'abito di seta bianca che indossava la faceva sembrare proprio una bambola.
Il figlio del comandante arrossì all'improvviso. Doveva ammettere che era la ragazza più deliziosa che avesse visto fino ad allora. Come aveva fatto in precedenza, s'inchinò: - Mi scusi signorina. Non vorrei importunarla ma ... sarei molto felice se mi concedesse il prossimo valzer - rialzò lo sguardo e con stupore, notò che lei stava sorridendo e inoltre gli stava tendendo la mano. Soddisfatto di aver compiuto la piccola impresa, gliel'afferrò delicatamente e poi entrambi si diressero verso la pista, pronti a volteggiare.
Ma tornando ai due uomini che se ne restavano sulla prua di vedetta a gettare scale reali su doppi assi, si erano stufati di perdere soldi o altre preziosità in una partita ed erano tornati a fissare l'orizzonte pensierosi. Se sottocoperta c'era il relax fatto persona, sul ponte c'era la noia.
-Che ore sono? - chiese il primo che era anche il più anziano dei due.
Il secondo diede un'occhiata al suo prezioso orologio da polso: - L'una in punto - rispose al compagno.
Questo cominciò a sbuffare a ciondolarsi aggrappato alla ringhiera: - Il ricevimento durerà ancora tre ore! Non credo di riuscire a sopportare il caldo fino ad allora!
-Io propongo di andare a rilassarci nella piscina - disse il secondo - Almeno lì c'è il chiosco dei succhi.
-Non possiamo. Il comandante ci ha detto di restare immobili e di avvistare se ci sono minacce all'orizzonte perché non vuole che il suo anniversario venga in questo modo rovinato.
-Figuriamoci! - disse il secondo tornando a guardare il mare che avanzava sotto di loro - Quali "orrendi pericoli" possiamo incontrare in un oceano tranquillo come questo? Anzi a dire il vero una bella invasione pirata sarebbe meglio che restare ancora qui a scioglierci - l'altro gli diede ragione.
Nel frattempo, nella stiva più bassa della nave, si trovavano gli altri marinai, che non erano stati selezionati per il turno di guardia, a differenza dei primi due. Se ne restavano tranquilli a rilassarsi sul piccolo balcone dei loro dormitori, impugnando le lenze delle canne da pesca, mentre bevevano vino a sazietà e ridevano sonoramente.
Ad un certo punto però, un piccolo tonfo interruppe le loro chiacchiere. Erano traballati e i calici di bevanda si erano un tantino rovesciati.
-Oh, no diamine!- si lamentò uno di loro dando un pugno al tavolino - Un'annata andata così in spreco!- non riusciva a specificare bene le parole ma gli amici compresero a cosa si riferisse.
-Ma cos'era? - disse il più sobrio di loro alzandosi e sporgendosi dalla ringhiera. E la sua espressione cambiò - Oh, porca miseria!
-Cosa c'è?- gli domandarono gli altri.
-Venite a vedere!- gli chiamò lui invitandoli a guardare. Loro si misero al suo fianco e diedero un'occhiata alle onde che scorrevano sotto i loro piedi. Sgranarono gli occhi.
Appoggiato alla ringhiera come se fosse una calamita, c'era un contenitore della spazzatura molto lungo e con il coperchio sigillato da parecchi lucchetti. Galleggiava per via del materiale di plastica laccata di blu, verticalmente e sembrava essersi incastrato in qualche scanalatura della nave, visto che la seguiva allo stesso tempo in cui questa si allontanava. I marinai restarono increduli. Da giorni non avvistavano nessun tipo di rifiuto in quelle acque. Ed ora era spuntato fuori questo strano bidone della spazzatura? Pensando di fare un favore all'ambiente, decisero di tirarla su. Agganciarono ai manici delle funi ancorate e presero a tirare. In breve scoprirono che non si trattava di un lavoro assai facile. Infatti il contenitore si rivelò essere più pesante di quanto immaginassero. E cominciarono le ipotesi più assurde:
- E se dentro ... ci fosse un cadavere?
-O magari pietre.
-Che siano preziose?
-Secondo me è un barile contente ancora tanto ... tanto vino - singhiozzò uno veramente ebbro.
Caricarono il bidone a bordo e si ripresero asciugandosi la fronte. Erano davvero affaticati.
-Vediamo cosa abbiamo qui - disse il più robusto. Provò a sganciare i lucchetti già arrugginiti dal troppo tempo passato in acqua con le sue possenti braccia. Però non ottenne granché. Anzi le catene restarono medesime. Provarono a tirarle tutte insieme, dando calci e usando la punta di un bicchiere rotto per scassinarlo. Ma i lucchetti non si mossero e il contenitore restò ancora bloccato.
-Qui ci vogliono le maniere forti!- disse il forzuto - Andate a prendere il martello! - ordinò agli amici. Il fatto di non essere riuscito da solo a rompere le forzature, lo irritava e decise di ricorrere alla virilità.
Due di loro si alzarono e fecero per aprire le finestre e rientrare, ma un suono improvviso li fece sobbalzare. Si trattava dai contrasti di un campanaccio. Accompagnato da una voce urlante: - EMERGENZA! EMERGENZA! NAVE PIRATA IN AVVICINAMENTO! NAVE PIRATA IN AVVICINAMENTO! - e riconobbero la voce di uno dei due uomini che si stavano annoiando sul ponte fino a mezz'ora fa.
-Pirati? - esclamarono in coro, col viso pallido. Cercarono di recuperare la compostezza e correre ai posti di manovra, ma il vino cominciò il vero effetto e tutti ebbero dei giramenti di testa che permisero loro di arrivare almeno fino alle scale. Poi crollarono e si dovettero trascinare aggrappandosi uno sopra l'altro. In breve si dimenticarono di quel misterioso bidone.
I balli e le risate si interruppero all'improvviso nella sala dei ricevimenti. L'allarme infatti era arrivato anche alle orecchie degli invitati che in preda al panico si erano rifugiati sotto i tavoli, nascosti nei bagni e semplicemente accasciati a terra. Il figlio del comandante, lasciò perdere il valzer concesso alla bella ragazza di prima e si precipitò a sorreggere la madre, che stava avendo uno svenimento. La sua ex partner, però non sembrò paralizzata dal terrore come gli altri. Anzi, approfittò nella confusione per oltrepassare le persone che correvano a destra e a sinistra ed entrare da sola nell'ascensore che l'avrebbe portata sul ponte. Il tragitto della salita le bastò per afferrare i lembi del suo lungo vestito bianco, levarselo portandolo verso l'alto e rilevando altri indumenti al di sotto di esso. Adesso indossava una maglietta bluastra infilata nei pantacollant rossi, una benda viola sulla fronte, degli stivaletti che finora erano stati coperti dal vestito e quest'ultimo si era tramutato in una specie di cintura. La ragazza sorrise quando sbucò sul ponte e riconobbe sulla grande bandiera di una nave che avanzava, il leggendario vessillo di Jolly Roger. Il grande scheletro indossava un cappello dalla lunga piuma rossa ed era molto inquietante. Però non mise timore alla giovane, che si affacciò dal parapetto scorgendo una scialuppa di salvataggio ancorata per bene alla nave e ci balzò sopra come se nulla fosse. Tirò fuori dalla maglietta uno stiletto molto affilato, che usò per tagliare le corde che attaccavano la barchetta piccola a quella grossa. Dopo averla liberata, agguantò le pagaie e prese a remare faticosamente, lontano dalla nave vacanziera, diretta a quella pirata.
Sul ponte della nave col vessillo, tutti gli uomini sorridenti e sghignazzanti, lanciarono degli agganci sulla poppa della nave che avevano in mente di attaccare e aspettarono il segnale per salirci sopra.
Ad un certo punto, la porta che accedeva al sottocoperta si spalancò. E una donna bassa e grassoccia, che indossava il cappello a piuma molto simile a quello presente sulla bandiera, si presentò sul ponte. Un grosso sorriso sulle labbra. Al suo arrivo tutti sbiancarono e si misero sull'attenti.
-Bene miei uomini - disse lei osservando compiaciuta la nave che avevano fiancheggiato - Non voglio prigionieri! Ma neanche spargimenti di sangue. Non troppi almeno - sghignazzò sotto i denti gialli - Arraffate tutto ciò che trovate! Non voglio vedere mani vuote, intesi?
-INTESI - dissero in coro i membri dell'equipaggio.
-Allora tutti all'assalto! - ordinò la donna puntando il ponte dell'altra imbarcazione con una mazza di ferro che non lasciava un solo istante.
-AGLI ORDINI CAPITANO ALVIDA! - risposero di rimando i suoi uomini.
Poi impugnarono per bene le funi e si lanciarono verso la loro preda, tirando fuori corde, pistole, spade e sacchi.
Il capitano Alvida guardò orgogliosa il lavoro che i suoi individui svolgevano con grande violenza, prelevando ogni genere di cosa preziosa che scorgevano a debita distanza.
Si accorse però, che non tutti erano saliti sull'altra nave. Infatti vide che un ragazzino tremante e cadaverico con gli occhiali, guardava terrorizzato il ponte di comando che avrebbe potuto benissimo raggiungere con un piccolo salto aggrappato a quella specie di liana che non lasciava andare. La donna s'irritò.
-KODEY! - gridò a squarciagola. Il ragazzino sobbalzò e iniziò a sudare - Cosa stai aspettando? - gli domandò il capitano Alvida mettendosi al suo fianco.
-Ca ... ca ... capitano ... - balbettò lui - non ... credo ... di potercela fare.
-Si che ce la fai, razza di incapace!- gridò lei dandogli uno schiaffo alla testa - E ti conviene sbrigarti se non vuoi ritrovarti spiaccicato a terra e grondante di sangue! - sollevò il piede - Ora va! - e lo riabbassò premendolo forte nel didietro del ragazzo, spingendolo fuori dalla nave e facendolo arrivare tempestivamente sull'altra - E guai se non mi porti almeno cinquanta monete d'oro! - lo minacciò mostrandogli la mazza di ferro. Poi si diresse a prua.
Il ragazzo di nome Kodey deglutì e piagnucolò mentre si rimetteva in piedi riprendendosi dalla botta. Si guardò intorno. I due uomini che stavano di guardia sul ponte erano stati legati e cercavano di liberarsi ed andare ad aiutare le persone che si trovavano sottocoperta.
Kodey decise di fare almeno un tentativo di furto per togliersi il pensiero. Raggiunse l'ascensore e scese al secondo piano. Ma dopo aver visto in che modo i suoi "colleghi" depredavano i signori vestiti costosamente, decise di passare ad un piano ancora più inferiore. E quando si ritrovò in un silenziosissimo e desertissimo corridoio, ebbe più coraggio e cominciò a percorrerlo timorosamente. Aprì le porte che trovava una dopo l'altra ma la maggior parte erano chiuse a chiave. Quelle che trovò aperte erano o bagni o dispense dei salvagenti. Ad essere sincero non c'era nulla di prezioso. Arrivò sul fondo della corsia, dove c'era una porta di legno socchiusa. L'aprì scaltramente e sbirciò all'interno. Scoprì di trovarsi nella cabina da letto più grande dei marinai, con tanto di balcone. Entrò e fu subito invaso da una puzza di letti non fatti e di alcol. Bottiglie di vino e champagne infatti erano versate su tutta la terrazza. Scorse una cintura appesa su un letto a castello che era impreziosita con delle gemme luccicanti. In fretta l'agguantò e se la mise in tasca. Dando un'occhiata in giro non notò altri oggetti di valore. Poteva quindi squagliarsela e tornarsene sulla nave di Alvida.
Ma ... uno strano rumore lo costrinse a restare. Paralizzato non mosse un muscolo, impaurito all'idea che ci fosse qualcuno. Dopo due minuti regnati dal silenzio però lo fecero tranquillizzare. Spostò quindi lo sguardo verso il balcone e si rassicurò del tutto osservando il vuoto. Non c'era nessuno a parte lui, si disse. Ironizzò sereno e fece per aprire la porta, ma questo fu prima che un grosso bidone della spazzatura azzurro, buttato sulla terrazza, fece un balzo e si ripiegò subito come se nulla fosse.
Kodey gridò e cadde all'indietro, vicino la porta. In questo modo però, se la beccò in piena faccia visto che qualcuno entrò all'improvviso travolgendolo.
Si portò una mano alla fronte ora arrossata. Alzando lo sguardo appannato riconobbe i volti di due degli uomini di Alvida che lo guardavano ridendo. Poi lo sgridarono severamente.
-Incapace! Stai qui a cazzeggiare mentre noi facciamo il lavoro sporco! - disse il primo ringhiando - Solo perché sei il più giovane della ciurma non hai il diritto di non fare nulla! Ora alzati e va a fare il tuo dovere!
Kodey non obbedì; indicò il bidone azzurro balbettando terribilmente: - Quel ... quel cocococoso si ... muoveva!
-Ma che cretinate vai dicendo? - disse il secondo uomo - Non lo vedi che è solo un contenitore dell'immondizia?
-Si è mosso - insistette il ragazzino con voce stridula - Ve lo giuro!
I due uomini si misero a deriderlo: - Amico, credo che il nostro Kodey abbia fatto la sua prima sbronza!
-Ve lo giuro, ragazzi! - singhiozzò Kodey con le lacrime agli occhi - Credo ... che lì dentro ... ci sia un'animale!
-Sicuramente sarà un topo! - disse il secondo - Ma una cosa è certa. È più intelligente di te - e ripresero a ridere.
Ma non per molto. Infatti i loro occhi ebbero la possibilità di scorgere il bidone rotolare su sé stesso e finire all'indietro. Sia loro, sia Kodey gridarono.
-Vi-vi-visto? - tremò quest'ultimo aggrappandosi al palo di uno dei letti presenti nella stanza - Non credo ... che un topo ... abbia questa forza.
-Magari è un pesce appena pescato ... che non si sta fermo - ipotizzò il primo uomo. Si leccò le labbra - Mm se è uno squalo o un pesce ancora più grande, farcelo arrosto sarà un pranzo da re! - e si avvicinò al contenitore. Il compagno lo seguì mentre il ragazzino restò fermo e paralizzato.
-Accidenti! È completamente sigillato!- dissero gli altri riferendosi alle catene e ai lucchetti. 
-Ora ci penso io! - disse il primo. Estrasse dalla cintura una lama assai affilata e mise dritto il bidone. La sollevò - Ora lo infilzo per poi aprirlo a modi squarcio!
-Sei un genio! - si congratulò il compagno facendosi da parte per lasciargli il tempo di agire.
L'uomo si concentrò, prese la mira del coperchio e cominciò a contare: - 1 ... 2 ... e ... 3!! - stava per affondare la punta nella plastica ma all'improvviso, sotto lo sguardo scioccato, spaventato e sprovvisto dei tre, il bidone si aprì da solo! E tutto questo in soli cinque o ancor meno, secondi.
Le catene si ruppero come se fossero state elastiche, i lucchetti volarono da una parte all'altra e il coperchio andò dritto in faccia all'uomo con la spada, che si ritrovò con un bernoccolo in fronte.
Ma le stranezze non erano di certo finite! Infatti a venir fuori dal contenitore non fu un pesce o un altro animale, come pensavano. Ma bensì una persona. Un ragazzo! Si stava stiracchiando e sbadigliava con qualche occhiaia ancora presente sul volto. Un lucchetto colpì il secondo uomo in pieno volto offuscandogli la vista, per questo Kodey fu l'unico a distinguerne le caratteristiche prima degli altri. Era un giovane sui diciotto o diciannove anni. Era molto alto, con i capelli castani e farfugliati che gli coprivano le orecchie, gli occhi verdi, le labbra un po' sottili e oltre a una maglietta blu e dei jeans, portava sulla testa un cappello in feltro beige che sembrava antico.
Uscì dal bidone continuando a sbadigliare e si sistemò meglio le scarpe da ginnastica, ricoperte di fango.
-Accipicchia che bella pennichella mi sono fatto! - la sua voce era molto profonda e mezza secca. Alzò lo sguardo e studiò l'ambiente - Però adesso voglio trovare solo qualcosa da bere - si toccò la gola - Mi sento disidratato! - abbassò lo sguardo e si accorse dei due uomini sdraiati a terra. Incluso il ragazzino - Scusami - gli disse - sai dove posso trovare un po' d'acqua? - ma vedendo che Kodey non rispondeva ancora traumatizzato, gli si avvicinò - Ei? Ca-pi-sci la m-i-a lin-gua? - gli chiese.
Kodey deglutì- il volto di quel ragazzo non metteva timore. Anzi era simpatico. Ma poteva sempre trattarsi di una trappola. Meglio stare allerta. Ad ogni modo voleva che la smettesse di parlare in sillaba per questo annuì.
-Bene! - disse il ragazzo - Allora, sai se qui da qualche parte c'è un bar ... una locanda ... o un ristorante? - il ragazzino scosse la testa - Ah fa niente. Grazie lo stesso - gli sorrise e fece per aprire la porta ed andarsene. Ma una voce alle sue spalle lo fermò.
-Ei tu! - era maschile. E piuttosto indignata. Si voltò e vide i due uomini che si erano rimessi in piedi.
-Posso aiutarvi? - chiese loro restando tranquillo e non preoccupandosi delle spade che i due impugnavano.
-Se questo è uno scherzo, non è divertente!- disse il primo - E' bello sbucare fuori all'improvviso e colpire di sorpresa la gente, non è così? - si avvicinò. Il coltello ben teso - Ma ora ti faccio vedere se riderai ancora! - e partì con un affondo di spada, puntato al petto del ragazzo - MUORI! -Ma ... sotto gli occhi di tutti ... la lama andò a ficcarsi nel muro. Il giovanotto infatti, con i riflessi pronti si era spostato.
-Si può sapere che volete? - disse alzando le spalle - Mi sono svegliato e ho fame. Tutto qui.
-Sì certo! - lo derise il secondo, ora più furioso che mai - Quale idiota si addormenterebbe mai in una spazzatura?
Oh. Il ragazzo arrossì e si grattò la testa: - Non mi ci sono messo di propria volontà - spiegò - Stavo camminando tranquillamente nel porto dei mulini alla ricerca di un'imbarcazione, quando all'improvviso un cavallo imbizzarrito mi si è messo alle calcagna e mi sono infilato in quel bidone che era pieno di ciambelle avanzate da uno degli abbondanti pranzi dei marinai. Mi sono abbuffato e mi sono addormentato. Poi non so che è successo. L'ultima cosa che ricordo è che ho sentito qualcuno ridere della liberazione del mio pranzo e poi dei rumori metallici. Ed ora sono qui - rise ancora - quindi è stata solo una coincidenza - si stiracchiò - ma mi sono rilassato abbastanza da ritornare in forma. E adesso sono pronto a partire verso gli oceani! Ma prima avrei bisogno di uno spuntino.
Kodey e i due uomini si squadrarono sconcertati. La piccola storiella di quel ragazzo era stramba. Più che stramba.
-Fai anche lo spiritoso, eh? - disse il primo ritornando all'attacco - Vediamo se ci riesci senza testa!
Ma il ragazzo lo schivò di nuovo. Stavolta a partire furono in due e si misero a fare affondi, stoccate, punte dritte e retroverse e fendenti. Però il ragazzo era molto svelto e riuscì a non farsi colpire neanche una volta. Però decise di difendersi approfittando dell'attimo di ansima dei suoi avversari. Sotto gli occhi di Kodey, unì le dita formando un cerchio e chiuse gli occhi. Si alzò uno strano venticello che gli scompigliò i capelli. Una strana aurea di energia lo fece sembrare più luminoso. Sempre con gli occhi chiusi enunciò: -Gum Gum Pistol! - Kodey non seppe se il tempo avesse improvvisamente aumentato il processo di velocità, ma ciò che vide lo sconvolse in dieci secondi. Infatti le braccia di quel ragazzo improvvisamente si allungarono come se fossero elastiche e centrarono in pieno i volti dei due uomini che crollarono a terra col naso esploso di sangue. Se ne sarebbero rimasti lì per un bel po'. Il ragazzo adesso aveva di nuovo le braccia normali e guardava con le sopracciglia incrociate i suoi aggressori. Alzò le spalle: - Se la sono cercata - e afferrò la maniglia fischiettando.
-Ma ... che ... razza ... di-did-i scherzo è qu-que...sto? - Kodey non sapeva che queste parole erano uscite fuori dalla sua bocca. Se ne pentì quando vide il ragazzo voltarsi e guardarlo a lungo.
-Come hai detto? - gli chiese. Il ragazzino non rispose. Ormai il palo del letto era diventato come una specie di orsacchiotto che non aveva nessuna intenzione di lasciare andare - Sei un tipo strano - disse il ragazzo mettendosi inginocchio - Come ti chiami?
Era stata una domanda semplice e delicata, senza tono minaccioso o infame. E questo diede a Kodey la forza di rispondere tra mille ingoiamenti di saliva: - Kodey.
Il ragazzo che aveva di fronte sorrise e gli prese la mano: - Piacere Kodey. Il mio nome è Harry! - poi cambiò discorso - scusa se te lo chiedo, ma potresti spiegarmi dove ci troviamo?
-E...ecco ... - si era tranquillizzato ed ebbe la forza di conversare - Siamo ... su una piccola nave da crociera ...
-Davvero? - esultò il ragazzo di nome Harry - Siamo in crociera? Che forza! Quindi ho la possibilità di rilassarmi un pochino, prima di partire verso il Grande Blu!
-Che cosa? - esclamò Kodey - Partire verso il Grande Blu?
-Esatto! Sarà una cosa pazzesca! Non vedo l'ora di prendere il largo!
-Scusa ... ma perché vuoi andare ... nel Grande Blu? Non lo sai ... che è il posto più pericoloso che esista?
-Non m'importa. Lo raggiungerò ad ogni costo. Perché ... - rispose portando una mano al cuore stretta a pugno - il mio sogno è quello di diventare ... - e lo disse con molta fierezza - Il re dei Pirati!

 

 

-Quante meraviglie! - disse Alvida osservando incantata tutte le splendide ricchezze che i suoi uomini caricavano sulla nave. C'erano vari gioielli, sacchi colmi di monete e banconote, statue dal valore inestimabile e addirittura vestiti costosi sottratti ai passeggieri - Ottimo lavoro - rise il capitano indossando una collana di perle vere. Poi però si accorse che tre membri dell'equipaggio mancavano all'appello. E uno di questi era Kodey. Ringhiò: - Ah, se quello stupido marmocchio si è addormentato di nuovo sul lavoro non la passerà liscia! - strinse ancora di più la mazza di ferro dalla quale non si separava mai e con un grande salto, atterrò sulla nave che avevano saccheggiato - Andrò a vedere di persona cosa sta combinando - decise. Picchiò le assi di legno sotto i suoi piedi più volte e malvagiamente ghignò: - E non mi servirà fare tanta strada- detto questo sollevò la mazza e la riabbassò violentemente. L'impatto con un oggetto tanto potente, mandò in mille pezzi una parte del ponte, creando un varco che conduceva direttamente alle stive. Alvida ci saltò dentro e si preparò a ispezionarlo.

Nel frattempo la ragazza dai lunghi capelli castani, aveva raggiunto il retro della nave di Alvida. Aiutata da una o più sagole, si era arrampicata fino ad un oblò che conduceva all'interno e ci era entrata senza timore.
Si ritrovò nella dispensa del vitto, dov'erano presenti tantissime casse di frutta, verdura, carne e bibite. Afferrò una mela e l'addentò con appetito come se non mangiasse da tanto tempo. Ma non erano gli alimenti il suo obbiettivo. Infatti dopo quella breve merenda, aprì lentamente la porta e raggiunse un corridoio. Controllò attentamente che non ci fossero uomini di guardia e lo attraversò di corsa. Quando arrivò di fronte una porta fortemente blindata, capì di essere arrivata nel posto giusto. Tirò fuori dalla tasca un pugnale e cominciò l'operazione di scassinamento a cui era tanto abituata.
C'impiegò qualche minuto, ma alla fine riuscì ad aprire la porta. Entrò di corsa e la chiuse dietro di sé. Non era una stanza molto grande o piena. C'erano soltanto un tavolo con varie mappe geografiche, un baule pieno di candele e lanterne, una finestra a sbarre e un quadro di una donna che gioca a cricket. Sospettosa e sicura allo stesso tempo, la ragazza spostò di mezzo il quadro e sorrise quando vide che dietro di esso era nascosta una cassaforte. C'era però un difetto: non aveva la minima idea di quale fosse la combinazione per aprirla.
Come se qualcuno dal cielo l'avesse ascoltata, alle sue spalle si presentò un uomo: - Ei!- strepitò facendola sobbalzare ma non di certo voltare - E tu chi sei?
"Accidenti" pensò la ragazza. Doveva ricorrere a uno stratagemma. Quello che da sempre funzionava. Fece un finto sorriso e si voltò verso il tizio: - Salve - lo salutò cominciando a maneggiare con la maglietta e avvicinandosi - buonuomo, menomale che siete arrivato - lui la guardò confuso - avevo proprio bisogno del vostro aiuto - e mentre parlava si abbassava la scollatura della maglietta. Sempre di più.
L'uomo arrossì fino alla punta delle orecchie e i suoi modi di fare, cambiarono. Si tolse il cappello: - Mi dica pure, bella signorina! Cosa posso fare per lei?
-Niente di importate - disse la ragazza sorridendo e mettendo bene in evidenzia le ciglia -Vorrei solo aprire quella cassaforte.
-Come? - lui sembrò ripensarci - Ma ... è segretissimo ... il capitano mi ha ordinato di non rivelarlo ad anima viva.
-Non potresti fare - le sorrise la ragazza scoprendosi una gamba - una piccola eccezione per me? Solo questa volta! - e gli fece l'occhiolino.
Posseduto dalla seduzione, l'uomo cedette e si lasciò uscire il codice per sbloccare la cassaforte.
-Sei stato molto gentile - lo ringraziò la ragazza - ti meriti proprio un bel premio - senza lasciarla finire, lui si avvicinò con le mani tese verso il suo petto. Lei agì tempestivamente e lo colpì alla nuca con il manico del pugnale. L'uomo finì a terra il tempo necessario per scombinare la serratura.
Quando la cassaforte fu aperta e la ragazza ci guardò dentro, non credette ai suoi occhi. Era piena di banconote da duecento milioni di danari, incluse monete e gemme: - Che bottino!- rise soddisfatta. Poi prese dalla tasca uno dei sacchi che aveva portato e lo riempì svuotando la cassaforte.

Harry non seppe se fosse stato più assordante l'urlo di Kodey o il rumore del soffitto che si disintegrava sopra di loro. Entrambi lo assordarono. Stava parlando tranquillamente con quel ragazzino, quando una grassa e orrenda signora era comparsa all'improvviso al centro della stanza, ricoperta di pezzi di legno e polvere.

-Oh, eccoti qui!- ringhiò lei indicando Kodey con il bastone - Buono a nulla! Sei sempre l'ultimo! - lo rimproverò odiosamente - Avanti! Fammi vedere quello che hai trovato.
Il ragazzino con gli occhiali era più bianco di un lenzuolo e tremava più di una foglia: - Ca ... pitano ... - disse fra i singhiozzo e le balbuzie - non ... io ... non ...
-COSA? - non lo lasciò finire lei - Non hai rubato nulla? NEANCHE STAVOLTA? - sbraitò indignata.
Kodey mise le mani a modi preghiera: - La prego! Mi perdoni! Non succederà più! - piagnucolò - La prossima volta ... starò più attento ... e le porterò ogni ricchezza che mi chiederà!
-STA ZITTO!- gridò Alvida colpendo il ragazzino in pieno volto con la sua mano ingioiellata. Harry la fissò con occhi sbigottiti. Vide Kodey rialzarsi con la guancia rossa e gonfia e strinse i pugni - Ti sei presentato per l'ennesima volta a mani vuote! - continuò la donna - Ormai ho capito che non me ne faccio nulla di un incapace come te! - sollevò la mazza fino a farle sfiorare il soffitto ormai inesistente - Quindi è meglio che ti tolga di mezzo!- decise - O diventerò la feccia dei sette mari!
-NO! - la implorò Kodey coprendosi la testa con le mani - La prego! - ma lei lo ignorò e partì all'attacco.
L'altro ragazzo però, più svelto si mise davanti al ragazzino e si beccò lui la mazza in pieno capo.
-Ma cosa ... - esclamò Alvida mollando la sua arma.
Sia lei, sia Kodey erano rimasti allibiti di fronte quello strano ragazzo.
Infatti il bastone, non gli aveva fatto nulla se non ... abbassarlo ... come una molla. Si rimise in piedi tranquillamente massaggiandosi la testa e sistemandosi meglio il cappello. Si rivolse alla donna con sguardo cagnesco: - Le hanno mai insegnato che non si violentano mai i minori? - chiese- Eh, vecchia OBESA?
Se fosse stato possibile che Kodey diventasse ancora più bianco, fu quello che successe sul suo viso: - Ma sei ... impazzito? - balbettò con voce stridula.
-Stupido moccioso! - disse il capitano ora con sguardo più infuocato che mai - Come hai osato .. chiamarmi?
-Lo ripeto volentieri! - disse Harry tranquillamente incrociando le braccia - Cessa, obesa, decrepita e rompiscatole!
Alvida chiuse gli occhi e fece un mezzo sorriso. Riprese la sua clava e l'accarezzò come se fosse stato un cucciolo: - La mia mazza non ti ha fatto neanche un graffio - ragionò ad alta voce - E visto che questo è un fenomeno che raramente avviene, non può che significare una cosa - riaprì gli occhi- Devi essere stato colpito da una delle Folgori del Diavolo non è così? - Harry sorrise.
-Indovinato! La Folgore Gom Gom, mi ha colpito in petto e mi ha donato il tatuaggio dell'allungo - detto questo si sollevò la maglietta scoprendo il petto. Su di esso era raffigurato un insetto simile o ad una farfalla o ad una falena. E al di sopra dei capezzoli c'erano due uccelli: - I simboli dell'estensione- continuò rimettendosela apposto - e grazie a questi, ora ho la capacità di allungarmi a mio piacimento! Sono diventato di gomma! - in quel momento il suo collo si allungò sempre di più e sparì nel buco creato dal bastone: - UH - lo sentirono esclamare dal piano di sopra - C'è una scatola di manghi! - e il suo collo si riabbassò. Ora in bocca aveva un frutto, mangiato intero.
-Accidenti! - disse Kodey ad occhi così sgranati che sembravano voler esplodere da un momento all'altro.
-La folgore Gom Gom, dici? - sorrise Alvida - So io allora come farti a pezzi - e pigiò col pollice un pulsante sul manico della mazza, che in due secondi si ricoprì di spine d'acciaio.
-Oh! - sussultò Harry già captando il pericolo.
-PRENDI QUESTO! - il Capitano partì con un affondo, che però il ragazzo riuscì a evitare. Però il colpo non prese Kodey in pieno. Capendo che il ragazzino era in pericolo, Harry gli afferrò il braccio trascinandolo a sé - Reggiti! - gli ordinò stringendolo al petto con una mano, mentre l'altra si allungava verso l'alto. Trovò appoggio quando il braccio raggiunse il ponte di comando e prima che Alvida attaccasse ancora, si tirò all'insù usandolo come una corda. Lui e Kodey furono trainati verso l'alto come se fossero a cavallo e in breve si ritrovarono sul ponte.
-Evvai!- rise Harry divertito - Alla faccia tua, strega! - sfotté Alvida guardandola sotto i varchi da lei creati. Si voltò verso Kodey. Quel "trasporto" lo aveva traumatizzato ma non abbastanza da farlo parlare.
-T-t-tu ... sei ... di gomma?
-Esatto amico! - gli rispose alzando il pollice.
-Credo di sentirmi poco bene - e non aveva tutti i torti. Si portò una mano alla testa cercando di non svenire -Come fai ... a essere ...
-Te l'ho detto! Sono stato colpito da una delle Folgori del Diavolo - replicò Harry.
-Ma ... credevo fossero solo una leggenda ...
-Anche io. Finché non mi è capitato di passeggiare nel bosco quando il cielo era pieno di nubi nere e un fulmine mi ha centrato in pieno. Ma come vedi sono ancora vivo. E' fantastico possedere il tatuaggio dell'allungo. L'unico difetto è che ho perso la capacità di nuotare.
-Sì ... me l'hanno detto ... - disse il ragazzino- che chiunque venga colpito da una Folgore del Diavolo, affoga al solo contatto con l'acqua.
-Proprio così - Harry si guardò intorno. Scorse gli uomini di guardia ancora legati come salami e chiese: - Cosa è successo qui? - ad uno di loro.
-Siamo stati attaccati ... - rispose lui tossendo gocce di sangue. Doveva aver ricevuto un pugno molto violento - Da quei ... pirati.
-Cosa? - esclamò il ragazzo con occhi illuminati - Ci sono dei pirati? Dove? Dove? Dove?
-Sei impazzito? - esclamò Kodey uscendo dallo stato di shock e rendendosi conto della situazione - Non ti rendi conto di chi hai appena ... sfidato ...? - balbettò guardando nel varco - Il Capitano Alvida! Ora che l'hai fatta arrabbiare non te la farà passare liscia! Devi scappare! O ti farà a fettine!
-Ah, intendi la grassona di poco fa? - chiese Harry - Ma se non riesce neanche a tenere in mano una mazza! - rise.
-Non è uno scherzo! Se perde il controllo della violenza, distrugge tutto e tutti! Ti prego scappa! - a quel punto Harry gli diede una piccola pacca sulla testa - Ahi! Perché mi hai colpito?- domandò massaggiandosela.
-Per darti una calmata! - spiegò il ragazzo - Ti comporti come se avessimo a che fare con chi sa chi!
-Mi agito quanto basta! Quella donna ... è molto temuta nel mare orientale ... può diventare una belva, volendo!
-Fai parte del suo equipaggio se ho capito bene ...? - a quella domanda Kodey abbassò lo sguardo rattristato.
-Ecco ... non ... esattamente ... - si rimise in piedi e andò a sedersi vicino la ringhiera, abbastanza lontano dal buco nel pavimento. Harry lo raggiunse e gli si mise al fianco - Vedi ... - continuò lui - è stato un brutto scherzo del destino - chiuse gli occhi - è successo due anni fa - cominciò a raccontare - Vivevo in un istituto dato che sono orfano. Un giorno andai a pescare allontanandomi un po' troppo dalla riva, ma sono stato catturato dagli uomini di Alvida e da allora mi ritrovo a fare il mozzo per lei. Ma ... come hai notato ... non ho un cuore di Leone. Se non faccio quello che mi dicono, mi ammazzano.
-Scusa, perché non sei scappato?
-Tu non capisci ... al solo pensiero che il capitano mi scopra ... sono terrorizzato ...
-Beh, a essere sincero ti invidio.
-Cosa? Perché?
-Perché fai parte di una ciurma di pirati forti e coraggiosi. Io invece non ho neanche un membro nella mia ciurma.
-Come? Vuoi formare una ciurma? Perché?
-Mi sembra di avertelo già detto - esclamò Harry fiero - Perché un giorno voglio diventare il Re dei Pirati!
-COSA? - urlò Kodey - Ma ... ma,ma io pensavo stessi scherzando prima ...
-Non sto affatto scherzando - e il suo tono era più serio che mai - è il mio sogno da quando ero piccolo. Ma per farlo dovrò trovare uomini arditi, intrepidi e senza paura che si uniranno a me. E poi salperemo all'avventura!
-Devi essere fuori di testa!- disse Kodey tremante - Lo sai che  ottenere quel titolo significa avere il controllo di tutto il mondo? E poi dovrai trovare  ... il leggendario tesoro del Re dei Pirati , morto tempo fa ... vuoi impossessarti dello One Piece???
-Proprio così! Un giorno troverò il Grande Tesoro One Piece e sarò il successore di Gord Rogers!
-Ma come, proprio così? Tutti i pirati del mondo lo stanno cercando!
-Includi anche me!
-No ... tu sei pazzo ... non è possibile ... sei un ragazzo che all'apparenza ... è così fragile ... no è ridicolo! - si beccò un'altra panata sul capo - Ahi! E questo perché?
-Per calmarti - ripeté Harry per la seconda volta. Poi sospirò: - Non centra se ce la farò o meno. E' ciò che voglio.  - si tolse il copricapo beige e lo guardò come se si trovasse di fronte una persona a lui cara - inoltre ho una promessa da mantenere. E se morirò cercando di realizzare la mia ambizione... mi andrà bene lo stesso! - Kodey lo guardò ammirato.
-Non ho mai visto ... uno così determinato ... - commentò Kodey ad alta voce.
-Già - sorrise Harry rimettendosi il cappello in testa - Scusa, ma ora vado a cercare una scialuppa - si alzò e cominciò a perlustrare il ponte e a chiedere agli uomini senza preoccuparsi che fossero legati.
Kodey guardò per terra e poggiò la testa sulla spalla. Aver visto come quel ragazzo aveva affrontato la donna che da sempre lo tormentava e dopo aver osservato con quanta convinzione era deciso ad affrontare mille pericoli solo per realizzare il suo sogno, gli fece tornare in mente un desiderio che anche lui tanto ambiva.
-Magari potrei provarci ... - disse sottovoce. Poi l'alzò e chiamò: - Harry? - lui fermò la sua ricerca.
-Sì?
-Secondo te ... - trasse un profondo respiro e sputò il rospo. Non l'aveva mai detto a nessuno prima. Ma ormai Harry gli ispirava molta fiducia - Ho qualche possibilità di arruolarmi nella marina militare? - alzò lo sguardo - Ho sempre sognato di diventare il comandante di gente fiera e intelligente. Non ricordo molto dei miei genitori. Ma una cosa la rammento: Mio padre era il primo ufficiale di un'armata valorosa e potente che ha catturato più di duecento pirati.
-Che forza! - rise Harry - Beh, a occhio e croce non sei il coraggio fatto persona. Però ti ci vedo come ufficiale - rispose alla fine - Ma se diventerai un militare, dovremo essere nemici! Tu sarai il cacciatore e io la preda. Infondo sono un pirata - disse scherzosamente - ad ogni modo spero che il tuo sogno si avveri!
Kodey lo guardò radiosamente. Aveva avuto un incoraggiamento! Nessuno gliel'aveva mai fatto prima. Ora era determinato come Harry a realizzare il suo sogno e per farlo era pronto a combattere anche contro il temerario capitano Alvida. A proposito di lei: sbucò all'improvviso dal varco e si diresse verso di loro tenendo la mazza ben tesa: - ORA VI FACCIO VEDERE IO! - gli minacciò.
Il ragazzino gridò: -PRESTO HARRY! DOBBIAMO SCAPPARE! - lo prese per mano e fece per tirarlo via, ma il ragazzo restò e aspettò che la donna arrivasse. Lei intanto aveva chiamato a raccolta i suoi uomini, che l'avevano raggiunta e stavano per eseguire l'ordine di eliminare quelle due "canaglie".
Harry allora si preparò. Mise le dita a cerchio come prima: - Preparatevi! - annunciò ai suoi avversari per poi pronunciare: - Gom Gom Gatling Gun! - il suo petto si illuminò e cominciò a mandare raffiche di pugni a non finire. Sembrava possedere cinquecento mani, quando in realtà erano sempre le stesse solo ripetute mille volte. I colpi centrarono tutti gli uomini di Alvida, inclusa lei che finì all'indietro. Era un attacco molto potente, ma aveva effetti brevi. Consapevole di questo, Harry prese Kodey per mano: - Andiamocene, prima che si riprendano. Hai visto una scialuppa qui da qualche parte? - il ragazzino scosse la testa.
-Però ... ce n'è una bella grossa ... sulla nostra nave - si ricordò poi.
-Benissimo! - disse Harry - Tieniti allora - e allungò di nuovo il braccio in modo tale da aggrapparsi all'albero maestro della nave di Alvida. Stringendo l'amico sottobraccio si lasciò andare e i due furono trainati violentemente sul ponte della seconda nave. Fu un impatto un po' violento. Almeno per Kodey che fece fatica a rimettersi in piedi.

-Ecco una barca finalmente! - disse Harry indicando un gondola ormeggiata sulla prua - Dai vieni - disse incitando l'amico a salirci a bordo.

-Cosa?- esclamò - Vuoi che venga con te? Ma io ... non voglio essere un pirata ...
-Infatti non sei obbligato a diventare un membro del mio equipaggio - lo tranquillizzò l'amico - però se vuoi arruolarti nella Marina Militare non devi restare su questa nave, non trovi?
Per la prima volta, dopo tanto tempo, Kodey ebbe il coraggio di sorridere. Quel ragazzo gli stava offrendo la possibilità di fuggire per sempre dalle grinfie di quella orribile creatura e realizzare il proprio sogno. Non dovette nemmeno esitare per dare una risposta. Tolse il telo della scialuppa e impugnò i remi.
-NON COSI' IN FRETTA! - disse all'improvviso una voce femminile.
Con orrore i due si voltarono e videro che la donna era ritornata sulla sua nave.
-Ancora tu!? - sbuffò Harry seccato.
-NON MI SFUGGIRETE TANTO FACILMENTE! - gridò lei cominciando a maneggiare con la mazza. I due fecero in tempo ad abbassarsi e questa passò loro sopra senza neanche sfiorarli.
-Adesso mi hai davvero rotto - disse Harry. E prese ad affrontarla dandole infiniti pugni e colpendola soprattutto alla pancia. Lei si difendeva con il bastone e riuscì a graffiargli il braccio con le lunghe unghie laccate di rosso. Ma non fu questo a fermare il ragazzo di gomma. Infatti balzò in alto e riatterrò allungando il piede e dando un calcio in piena faccia ad Alvida, che lasciò andare la mazza.
-KODEY! - gridò lei facendo sobbalzare il ragazzino - TI ORDINO DI PORTARMI LA MAZZA!
Lui sbiancò e cercò di nascondersi di più nella scialuppa. Aveva sopportato quelle gridate e quegli ordini per due anni. E non aveva mai protestato - SUBITO KODEY! - ma adesso aveva la possibilità di cambiare. Di realizzare il suo desiderio. Di scappare ed essere felice. Non sarebbe certo stata una vecchia montata come lei a fermarlo.
-SCORDATELO VECCHIA OBESA! - strepitò finalmente dando libero sfogo a ciò che voleva dirle da tempo.
Harry si mise a sghignazzare mentre la donna divenne rosso fuoco: - Che cosa hai osato dirmi?
-LO RIPETO!- continuò Kodey con le lacrime agli occhi - SEI LA CREATURA PIU' DISGUSTOSA DEL MONDO E NON VOGLIO PIU' OBBEDIRTI! IO MI ARRUOLERO' IN MARINA E TI CATTURERO' BRUTTA CESSA!
Alvida divenne la rappresentazione umana della rabbia. Tirò fuori dalla cintura una pistola e la puntò verso il ragazzino: - SEI MORTO, SGORBIO! - Kodey gridò e cercò di indietreggiare ma sarebbe piombato in acqua.
Il grilletto fu premuto.
-Fermo! - disse Harry mettendosi davanti. E incredibilmente ... il proiettile gli rimbalzò sopra senza ferirlo.
-Ma cosa diavolo ... - esclamò il capitano restando scioccata.
-Te lo ripeto - disse il ragazzo che aveva di fronte - Sono di gomma! I proiettili mi fanno il solletico - detto questo caricò il pugno - e ora pagherai per ciò che hai fatto al mio amico Kodey! GOM GOM PISTOL! - e le diede un pugno all'insù sul mento talmente feroce da scaraventarla lontano. Verso l'orizzonte del mare. E l'ultima cosa che si sentì di lei fu un urlo e una bestemmia.
-Incredibile! - dissero i suoi uomini guardando a bocca aperta il cielo dov'era sparita - E' riuscito a sconfiggere il capitano! Nessuno c'era mai riuscito prima d'ora!
Harry si ripulì le mani sul vestito, si sistemò meglio il cappello e si rivolse agli uomini: - Voi! - loro impallidirono - Passatemi un coltello! Subito! Devo tagliare le funi della scialuppa così io e Kodey potremo andarcene.
Timorosi di fare la stessa fine del loro capo obbedirono e gli lanciarono una spada molto affilata: - Vi ringrazio - disse il ragazzo - e ora lasciatevi consigliare - continuò poi mentre risaliva sulla barca - trovatevi un altro capitano - strofinò la lama sulle corde che li tenevano ancorati alla nave e precipitarono in mare. Una volta lì cominciarono a remare, allontanandosi sempre di più fino a sparire a vista: - Ecco fatto - disse Harry dopo che le due navi furono sparite - adesso puoi realizzare il tuo sogno. E io il mio.
Kodey stava ancora piangendo, ma non per la paura di ritrovarsi con un proiettile in testa, ma dalla gioia di essere finalmente libero: - Io ... non so come ringraziarti, Harry.
-Figurati, amico! - rise passandogli un remo - Ora aiutami a remare, però.
-Dove siamo ... diretti? - chiese tirando su col naso e asciugandosi gli occhi.
-In una base militare - rispose l'amico - se vuoi arruolarti ti dovrai presentare e dimostrarti forte, determinato e pronto a rischiare la vita per la giustizia. E io invece partirò alla ricerca di un equipaggio.
-Sai ... se stiamo cercando una base militare, ricordo che ieri, ci siamo passati di fronte con la nave di Alvida per racimolarci le provviste. Credo che non sia molto distante. Ma dobbiamo seguire la corrente opposta, credo.
-Molto bene. Allora andiamo verso Sud, giusto?
-Esatto.
-Perfetto - e mentre presero a remare, Kodey non finì il racconto.
-Sai, durante quella sosta, ho avuto l'occasione di sentire dal venditore di frutta una notizia davvero sconcertante!
-Davvero? Quale sarebbe?
-Pare che il comandante della base dove siamo diretti, il grande Ammiraglio Morrigan, abbia da poco catturato e fatto prigioniero il famigerato cacciatore di pirati Louis!
-Come? Un cacciatore di pirati? E chi sarebbe?
-Cosa? - esclamò il ragazzino - Non conosci Louis? Possibile?
-Possibilissimo. Però sono curioso. Dimmi chi è.
-E' ... un ragazzo terribile ... un vero mostro ... è uno spadaccino che combatte con tre spade e diventa una furia quando qualcuno lo sfida ... alcuni sostengono sia una bestia intrappolata in un corpo umano.
-Ah - disse Harry molto interessato - quindi è forte.
-Altroché! Ha catturato un sacco di pirati facendoli fuori in un colpo solo! - deglutì Kodey.
-Sai se è anche coraggioso?
-Stai scherzando? Ha affrontato i demoni del mare per mangiarli a colazione! Per me è l'essere più valoroso che esista - cambiò improvvisamente espressione - scusa, perché me lo hai chiesto?
-Beh - rispose Harry - se è in gamba, lo volevo come compagno.
-Co ... co ... COSA? - strillò Kodey barcollando e facendo oscillare la scialuppa - Ma tu sei pazzo! Stai di nuovo parlottando cose senza senso. ... Ahi! E ora perché mi hai colpito?
-Non farmi sempre la predica - disse Harry sorridendo e guardando all'orizzonte - Piuttosto continuiamo a remare. Sono curioso di conoscere questo temuto cacciatore di pirati!

TO BE CONTINUED

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Capitolo 2
*** Episodio 2 - Il cacciatore di Pirati ***




Kodey se ne restava appisolato con la testa appoggiata su un sacco che una volta conteneva delle provviste e russava profondamente. Tutto quel remare, nelle ultime ore, lo aveva definitamente distrutto. Harry invece non la smetteva di impugnare i remi e farli scorrere nell'acqua. Raggiungere la base militare dell'ammiraglio Morrigan era a capo dei suoi pensieri e non si fermò certo di fronte la stanchezza. Inoltre c'erano le lattine di carne tritata che avevano trovato in una piccola botola una volta partiti a tenerlo sveglio. Certo, se ne era ingurgitate sedici tutte in una volta, ma aveva deciso di riservare le ultime cinque per la colazione. Intanto non si sentiva affatto stanco e raddoppiò la forza. Chissà, magari questo Cacciatore di Pirati tanto temuto, avrebbe potuto diventare uno dei suoi uomini. Era da tempo che progettava di formare una ciurma. Voleva con sé un intelligente navigatore, un carpentiere professionista, un cuoco in gamba, un dottore esperto e un musicista coi fiocchi. Sarebbe stato l'equipaggio perfetto per lui. Bastava solo trovare persone disposte a unirsi a lui e poi sarebbe finalmente partito all'avventura, come promise sette anni fa. Diventare il Re dei Pirati era il suo scopo e non si sarebbe fermato davanti a nulla. Intanto conoscere il Cacciatore di Pirati Louis, aveva superato tutte le sue curiosità e non vedeva l'ora di conoscerlo e vedere se era così pericoloso come si diceva.

Passato ancora qualche minuto, Kodey si svegliò: - Buongiorno - disse al suo amico aprendo una delle lattine rimaste e trangugiandola come se fosse una tazza. Non avevano un sapore eccezionale ma bastava a saziarlo. Lui almeno - Hai avvistato terra? - chiese a Harry.
-No - rispose lui - però uno squalo ci è passato davanti.
-Cosa? - esclamò il ragazzino tossendo e guardandosi intorno - Dove?
-Non temere. L'ho intravisto ore fa. Se torna ce lo cuciniamo.
-Non ha senso - disse Kodey - avremo già dovuto avvistare terra! Abbiamo mantenuto la stessa rotta per tutto il tempo. Non dovrebbe mancare molto.
-Mi sorprende la tua abilità! Ti sai regolare in mare aperto.
-Non direi di essere un esperto. Ma me la cavo. Infondo questa capacità è fondamentale per chi vuole arruolarsi in marina - e si perse nei sogni a occhi aperti - E sono sicuro che non manca molto perché il mio sogno si avveri - Harry lo lasciò alle sue fantasie e continuò a remare.
E finalmente, dopo mezz'ora, intravide in lontananza uno strato di terra rialzata che da lì sembrava parecchio piccola. Man mano che si avvicinavano però divenne una vera e propria isola con una grande a alta città. Sulla cima del colle dov'era stata costruita, c'era una grande fortezza che rispecchiava a grandi caratteri di marmo la scritta "Morrigan's Base"
-Eccoci! - esclamò Kodey con gli occhi illuminati dall'emozione - E' la base militare dell'ammiraglio Morrigan!
-Perfetto - rise Harry accelerando ancora di più le remate. In breve arrivarono al porto, dove lasciarono la scialuppa ormeggiata. Scesero e si diressero verso al fine della spiaggia. Raggiunsero una strada dov'era in corso un mercato e tutti compravano e vendevano armoniosamente. Lo stomaco di Harry brontolò. Non aveva molto soldi con sé. Ad ogni modo bastarono per comprare due mele. Ovviamente non la condivise con Kodey che fece finta di non rimanerci male: - Ora ci conviene entrare nella fortezza giusto?- chiese con la bocca piena.
-Credo di sì - rispose l'amico - Così tu conoscerai il famigerato Louis e io potrò arruolarmi - non si accorse di aver parlato un po' troppo ad alta voce. Infatti quando nominò Louis, molte persone si allontanarono di corsa intimorite e un venditore spostò la sua bancarella di gioielli dall'altra parte del viale.
-Cosa prende a quelle persone? - chiese Harry scorgendo un bambino che improvvisamente si era messo a piangere e una signora un po' anziana che era sul punto di crollare a terra svenuta.
-Credo che il nome del cacciatore di pirati sia un taboo da queste parti.
-Esagerati - disse Harry - quanto mai potrà essere violento sto ragazzo?
-Più di quanto tu possa immaginarti - disse Kodey tremando - Non sono più tanto convinto di voler andare a vederlo.
-Ei. Se vuoi arruolarti in Marina devi essere pronto ad affrontare ogni tipo di pericolo che incontri sulla tua strada. Cominciare da lui non mi sembra una cosa come affrontare un'arpia a tre teste! - vedendo che il ragazzino si era bloccato, lo prese per il braccio e cominciò a trascinarlo - Dai andiamo! Sono troppo eccitato! - non ottenne risposta - Non vorrai dirmi che hai già perso l'impeto?
-Come? No, no! Di sicuro ... però ...
Non rispose e tenne le labbra serrate. Senza accorgersene però, l'amico lo aveva già scortato dall'altra parte del paese. Fino a capitare dinanzi un altissimo ingresso di bronzo con su scritto MARINE.
A Kodey vacillarono le gambe e strinse i pugni. Adesso era a un passo dal conseguire il suo sogno. Trovò il sorriso di prima e si asciugò le lenti degli occhiali, appannate: - Ci sono quasi - disse a se stesso. Si voltò per ringraziare Harry. Probabilmente mancava poco agli addii ... ma non lo trovò accanto a sé - Ei - si girò da una parte all'altra -Harry? Dove sei? - udendo vagiti di sforzo provenire dall'alto, alzò gli occhi verso le mura che circondavano la fortezza e spalancò le pupille. Il suo amico stava cercando di arrampicarsi per scavalcare la parete: - Harry!- esclamò facendolo sobbalzare e perdere la presa. Il ragazzo cadde all'indietro.
-Cazzo, che dolore! - si lamentò massaggiandosi la schiena - Che c'è? - chiese burbero al ragazzino.
-Ma che stavi facendo? - gli domandò Kodey.
-Stavo cercando di entrare - rispose lui pulendosi il cappello dalla polvere e scrocchiandosi le dita - Devo cercare questo demone sì o no?
-Sì ... ma non in questo modo ... entriamo e chiediamo ai soldati di farcelo vedere - propose l'amico.
-No. Mi stufo troppo - e detto questo allungò il braccio incredibilmente fino ad afferrare il poggiolo del muro - Così è più facile - prese Kodey sottobraccio e si lasciò sollevare dall'altro come se fosse una corda. I due arrivarono sulla cima della parete, dove rimasero attaccati. Il ragazzino deglutì.
-Se ci vedono, ci scambiano per infiltrati e dovrò dire addio al mio sogno - disse - posso aspettarti di sotto - fece per mollare la presa. Ma erano parecchio in alto e non voleva spaccarsi una gamba prima di presentarsi agli ufficiali.
Dall'altra parte della recinzione, c'era un cortile molto grande circondato da travi di filo spinato.
-Vedi per caso il cacciatore? - domandò Harry facendo scorrere gli occhi qua e là.
-Non sarà di sicuro qui - disse il ragazzino con gli occhiali - Come ti ho già detto è noto per la sua violenza! Lo avranno rinchiuso nei sotterranei.
-Eccolo! Deve essere lui!- esclamò all'improvviso il suo compagno in estasi, indicando con il dito un punto sul fondo del campetto.
Kodey lo seguì e si paralizzò.
Due pali messi uno in verticale e l'altro in orizzontale, tenevano crocifisso con delle corde un ragazzo. Lo sguardo abbassato, gli occhi chiusi, le gambe distese, la maglietta bianca sporca, la fusciacca azzurra mezza squarciata e una fascia nera legata al ginocchio.
-Porca Miseria! - strillò con le mani sulle labbra Kodey -E' ... p-p-roprio lui ...
-Potrebbe scappare facilmente se qualcuno lo slegasse quelle corde - ragionò Harry - Magari lo faccio io.
-Ma che cacchio dici? - gridò il ragazzino impallidito - Quello ci uccide non appena sciogli il primo nodo, Harry!!!!
-Non ti devi preoccupare d questo. Hai già visto di cosa sono capace.
-Sei fuori di testa - piagnucolò Kodey.
La discussione dei due, venne però interrotta da una terza voce un po' più lieve: - Ei voi! - entrambi si voltarono verso la croce piantata nel terreno dov'era legato il ragazzo ... che ora aveva alzato lo sguardo, rivelando un volto attraente, dagli occhi azzurri ma con sguardo quasi assassino. Kodey oscillò e Harry dovette reggerlo per non farlo cadere - Che cazzo guardate? - continuò il ragazzo - Sparite!
Kodey balbettò frasi incomprensibili e fece di tutto per trascinare l'amico via di lì, ma lui non si mosse: - Ti prego Harry andiamocene! - qualcos'altro attirò la sua attenzione pochi secondi dopo.

 

 

Qualcuno infatti aveva appena appoggiato una scala di legno sulla cima del muro dove si trovavano e stava salendo. Sentì il cuore a mille, pensando si trattasse di un soldato che li aveva sgamati. Ma restò sbigottito quando vide che a montare era una ragazzina sugli undici anni. Aveva i capelli legati in una coda marrone e portava sulle spalle una borsetta rossa. Quando li vide, se ne fece una ragione futile. Si guardò intorno per vedere se oltre a loro quattro non ci fosse nessun'altro. Sicura di questa certezza, si lanciò nel cortile, dove atterrò leggermente e con le gambe tese. Evidentemente faceva danza. Quando la vide correre verso il ragazzo legato, Kodey andò nel panico: - Ei! Fermati! È pericoloso! - ma la ragazza si voltò e gli fece cenno di tacere.

-Stai un po' zitto! - e continuò a camminare.
-Harry, fa qualcosa - disse il ragazzino all'amico - Louis, la ucciderà!
-Staremo a vedere - ribatté Harry restandosene buono, buono.
Intanto la ragazzina si era fermata a pochi metri dal ragazzo che guardandola chiese: - Cosa vuoi?
-Ti ho portato una cosa - disse lei sorridendo all'improvviso. Frugò nella borsa e ne estrasse delle crocchette avvolte in un fazzoletto. Gliele porse: - Le ho fatte con le mie mani. Spero ti piacciano.
Louis si girò dall'altra parte: - Non ne ho bisogno. Vattene - disse brusco.
-Andiamo, non mentirmi. So che sei affamato. Non mangi da tanto tempo!
-Ne sono consapevole ma ... - tese le orecchie e dopo aver udito un rumore familiare prese a rimproverare la ragazzina come se avesse compiuto un atto grave - Vattene! Subito! Sparisci all'istante!
-Non lo farò se prima non avrai mangiato!
-Devi andartene, cazzo! Vattene prima che ... - ma un rumore metallico fece voltare entrambi a destra. Un piccolo portone di metallo, era stato aperto e tre persone si stavano avvicinando.
Kodey sorrise: - Menomale. Sono dei soldati! La ragazza è salva!
Uno dei tre uomini, uno strano tipo dal ciuffo e l'abbigliamento mezzo scarlatto, sorrise una volta giunto di fronte i due. Si girò verso la ragazzina: - Bene, bene! Un'intrusa! - lei indietreggiò - Cosa sei venuta a fare? - ma non ebbe bisogno di una risposta. Scorse le crocchette e sogghignò: - Come sei gentile! Mi hai portato la merenda! - ne agguantò una e se la infilò in bocca.
-Non era per te! - si lamentò la ragazzina pestando i piedi a terra - Le ho fatte per lui - rimase immobile quando l'uomo vomitò la sua crocchetta e tossì disgustosamente.
-Che schifo ... di merda! - strillò puntando la bambina - Ma quanto sale ci hai messo? 
-Ecco io ... - arrossì lei - Pensavo sarebbero usciti più buoni.
-Ah, sì? Ti faccio vedere io cosa ne faccio delle tue sporche cagate!- detto questo prese l'altra crocchetta la buttò a terra e la pestò - Merda! Merda! Merda! - continuò a urlare.
Alla ragazzina vennero gli occhi lucidi.
-Che stronzo!- pensò Harry a voce bassa.
-Ora stammi a sentire - continuò l'uomo prendendo dalla tasca un rotolo di pergamena e leggendolo - Secondo il grande Ammiraglio Morrigan - sorrise - Nonché mio padre, chiunque aiuti i prigionieri sarà giustiziato - la ragazzina sussultò terrorizzata.
-Quello sarebbe dunque il figlio dell'ammiraglio? - sussurrò Kodey.
Il presunto figlio dell'ammiraglio si rivolse ad uno dei due uomini che lo accompagnavano: - Butta questa ficcanaso al di là del muro.
Lui prese a sudare: - Ma ... io ...
-Sei sordo? Ti ho detto di lanciarla via! Fallo o dico tutto a mio padre, idiota.
-Ehm ... - lui si rassegnò - sissignore - afferrò la ragazzina e se la mise in spalla. Lei prese a piagnucolare, ma l'uomo riuscì a sussurrarle in un orecchio: - Scusami piccola. Fai finta di appallottolarti - e la scagliò in alto. Lei volò via e urlò paurosa di farsi male. A portarla in salvo ci pensò Harry che l'afferrò in un abbraccio in aria e la fece atterrare sana e salva. Lei non se ne rese subito conto, ma quando lo fece lo ringraziò amorevolmente. Kodey li raggiunse atterrando in un cespuglio. Ne uscì ricoperto di foglie e corse verso la ragazzina: - Sei ferita? Stai bene? - esclamò preoccupato - Quell'uomo è un farabutto! Che bisogno c'era di ricorrere alla aggressività!?
Intanto nel cortile, Louis stava guardando l'uomo con rabbia e disgusto: - Vergognati, bastardo!
Lui se la rise: - Dovresti smetterla di fare il gradasso, eroe. Ancora non ti decidi a morire?
-A me invece risulta che il salario concordato stia per terminare- disse Louis - Mancano 10 giorni.
-Certo - disse il figlio dell'ammiraglio Morrigan - Staremo a vedere se resisterai, spadaccino di merda - e se ne andò senza smettere di sghignazzare.
-Me la pagherai cara Paul! - gli promise Louis alle sue spalle.
-Certo mi preparerò ... se sopravvivrai.
-Figlio di puttana - imprecò dentro di sé il ragazzo legato.
Tornò a fissare il terreno, ma scorse due scarpe dritte che gli stavano di fronte. Appartenevano ad un ragazzo con il cappello che lo guardava a braccia incrociate.
-Ei! - strillò una voce dall'altro capo della parete - Ma dove ti sei cacciato?

 

Harry rivolse per la prima volta la parola al prigioniero: - Mi hanno detto che davvero spietato. Ti sei fatto legare e imprigionare. Però sei forte, vero?

-Senti, questi non sono affari tuoi! Vattene! - gli urlò di rimando Louis. Ma Harry non si mosse.
-Non fare il permaloso! Al tuo posto io sarei già morto dalla fame. Strano che tu non ne abbia.
-Ma io sono diverso da te. - sorrise malizioso - Devo cercare di non morire! Non mi arrenderò mai!
-Esatto! E' un istinto di sopravvivenza - Harry sembrava studiare le sue risposte come se facessero parte di un quiz - Beh, ci vediamo - si voltò e camminò via.
-Aspetta un attimo! - lo richiamò il ragazzo - Non è che ... - guardò la poltiglia di crocchetta ancora spiaccicata sul terreno - Potresti ... passarmela?
-Cosa? - esclamò Harry raccogliendola - Non la vorrai mangiare? E' diventata dura come un sasso!
-Stai zitto e dammela! - gridò Louis.
Harry inarcò le sopracciglia e non obbiettò altro. Mise in bocca del ragazzo i resti della crocchetta e lui cominciò a masticarli con enorme appetito senza fare neanche una faccia disgustata. Dopo aver ingoiato tossicchiò.

-Ti avevo detto che era pesante - disse Harry.

-No, no - lo contraddette Louis - era buono. Ora mi sento meglio - Harry lo guardò e sorrise.
 

Poco dopo, Harry, Kodey e Rita, la ragazza, si trovavano sul retro di una locanda, seduti su dei barili vuoti a parlare.

-Davvero? - esclamò lei gioiosa - Lo ha mangiato?
-Tutto in una volta - gli raccontò Harry - E ha detto che gli è piaciuto molto.
-Oh ... sono molto contenta!
-Senti Rita - le chiese Kodey - E' vero che Louis è un essere malvagioe pericoloso come si dice in giro? - lei lo guardò meravigliata. Quelle parole sembravano averla offesa.
-No! Questa è una balla! - portò le mani al petto - Louis è ... molto gentile invece ... è stato legato a quella croce per salvare me e mia madre!
-Come scusa? - le chiese Harry - Di che stai parlando?
-E' successo tutto per colpa di quel bastardo di Paul, il figlio dell'Ammiraglio Morrigan - e cominciò a raccontare.
Flashback 
L'uomo di nome Paul, se ne andava a zonzo per le strade del paese, con la scorta che per suo ordine puntava i fucili a tutti i passanti: - Fuori dai piedi, gentaglia! - diceva Paul - Lasciatemi passare! - un grosso alano rabbioso ringhiava a tutti quelli che lui indicava. Entrarono in una locanda che svuotarono dai clienti: - Via, figli d'un porco! Lasciatemi spazio o vi sbatto tutti in galera! - in preda al panico le persone lasciarono il Bar.
Paul si sedette sul bancone dove una donna lo guardò intimorita.
-Vattene, brutta bestiaccia!- disse la voce di Rita che stava tentando di tenere lontano il cane dagli avanzi.
-Ei tu, peste che non sei altro, perché non lasci stare il mio cucciolo che vuole solo un boccone?
La donna dietro il bancone, la mamma della ragazzina, la pregò: - Per favore, smettila!!
L'alano guardò la ragazzina con la bava alla bocca: - Accidenti - disse Paul - a quanto pare non ci sarà bisogno di richiedere della carne. L'ha già trovata - e il cane balzò su Rita che gridò nel panico. Ma il cane, invece di affondare i denti nel suo braccio, li affondò in uno sgabello che qualcuno gli aveva appena tirato e lo aveva centrato. L'alano finì all'indietro e andò a sbattere su uno dei tavoli, dove prese in piena spina dorsale una forchetta. Si accasciò a terra guaendo e sanguinando. Tutti si voltarono verso il lanciatore. Un ragazzo che beveva tranquillamente un boccale di birra. L'unico che non aveva lasciato la locanda.
-Ei tu! - strillò Paul prendendo dalla tasca una spada da scherma - Ma come cazzo ti permetti? Si può sapere chi sei? - non attese la risposta perché lo capì da solo - Aspetta ... non sarai per caso ... Louis ...? Quello che chiamano il cacciatore di Pirati?
Louis lo guardò in cagnesco: - E' un problema?
-Come può un cacciatore di pirati mettersi contro la marina? Facciamo lo stesso lavoro dopotutto!
-Lasciami in pace, sto mangiando! - lo ignorò lui infilandosi in bocca uno strudel. Paul digrignò e urlando partì all'attacco con la spada tesa verso il ragazzo. Questo però si fece da parte con la schiena e lo disarmò dandogli un calcio sulla mano. La spada andò a conficcarsi sul soffitto. Non era finita qui. Louis infatti approfittò dell'attimo di distrazione di quel maledetto per dargli un pugno in faccia e metterlo al tappeto. Quando Paul si riprese e alzò lo sguardo vide che il ragazzo gli stava puntando contro una spada: - Sei un po' troppo fastidioso per i miei gusti! - Paul tremò per pochi minuti, poi però rise a malapena.
-Sai che se mio padre venisse a sapere quello che è appena successo - puntò Rita e la madre che si strinsero forte - quelle due sgualdrine verrebbero arrestate immediatamente e condannate! - Louis non rispose. Continuò a fulminarlo con lo sguardo ma Paul continuò a parlare: - Ascolta, calmati adesso. Se vuoi ti propongo uno scambio. Ecco la mia proposta: tu ti fai arrestare al posto di questa donna e di sua figlia e se riuscirai a sopravvivere alla croce giustiziale senza cibo per circa ... un mese, verrai rilasciato - Louis abbassò la spada.
-Hai detto per un mese intero? - non esitò affatto - D'accordo.

Fine Flashback
-Da allora sono passate tre settimane- disse Rita terminando il racconto - Paul non la smette di torturarlo e di umiliarlo. Sono riuscita più volte a portargli qualche cosa... ma non è di certo bastato a soddisfare la tremenda fame che deve ancora patire - sospirò asciugandosi gli occhi - E lui , sopporta in silenzio per noi.
Kodey la guardò inquieto: - Ora mi sono chiare molte cose - cercò l'approvazione di Harry, ma l'amico fissava il cielo più pensieroso di lui.
A interrompere le loro chiacchiere, fu un rumore assordante provenire dall'interno della locanda.
Si precipitarono a vedere costa stava succedendo. Rita si allarmò.

 

Seduto sul bancone di fronte a sua madre, c'era Paul che teneva i piedi poggiati in un cesto di frutta: - Portami da mangiare bellezza - ordinò rivolto alla donna - E ricordati per me è tutto gratis! Sbrigati! Non ho tempo da perdere in questa sporca bettola! - Harry lo guardò parlare silenziosamente. Tra una risata, un bicchiere di vino e l'altro, Paul annunciò: - Ormai mi sono stancato. Quindi ... ho deciso di far fucilare Louis domani all'alba! - Rita si coprì la bocca con le mani - Non vedo l'ora di togliermi dai piedi quel degenerato fallito - l'uomo non la smetteva di ridere - Vi prometto un bello spettacolo!

Harry strinse i pugni così forte da farsi male. Irritato scattò in avanti e gridò: -GOM GOM PISTOL! - il suo pugno doloroso colpì sullo zigomo il figlio dell'ammiraglio Morrigan che andò a sbattere con il resto della faccia sul muro.
-Ma che ... cavolo ... - gemette toccandosi l'occhio mezzo nero. Guardò il suo aggressore: - E tu chi sei? - Harry lo avrebbe colpito di nuovo se alle spalle Kodey non lo avesse trattenuto: - Non sei altro che un infame! - gridava mentre si ribellava alla presa dell'amico.
-Come ti sei permesso? - domandò Paul - Forse non è chiaro chi hai davanti! Sono il figlio dell'ammiraglio Morrigan!
-NON ME NE FOTTE NIENTE!- strillò Harry -Per me sei solo uno sporco maiale!
-Ti farò vedere! Dopo che gli avrò detto cosa mi hai fatto ...
-Sei un codardo! Fatti sotto!
-Harry ti prego calmati - lo implorò Kodey - Non vorrai inimicarti la marina già da ora, vero? - vide che l'amico aveva smesso di opporre resistenza.
-Non ho più dubbi ormai - lo sentì dire - ho deciso. Prenderò Louis nel mio equipaggio!

 

Nel frattempo, all'interno della base militare, seduto comodamente nel suo ufficio a fumare un sigaro con lo sguardo rivolto verso il mare, l'ammiraglio Morrigan stava ripetendo ad uno degli ufficiali che gli aveva portato il caffè che era lui il più grande di tutti.

-Sissignore - approvò l'uomo stando sull'attenti - Lei è il più grande, Ammiraglio Morrigan.
-Come mai abbiamo avuto il meno della solita percentuale ultimamente? - domandò l'ammiraglio.
-Beh - arrossì l'ufficiale - c'è un limite alle tasse da pagare ... non si può pretendere di più dalla gente. Ormai sono tutti quasi al verde.
Morrigan fece una tirata con il suo sigaro: - Forse non sono abbastanza rispettato! - disse seriamente.
-Papà! - si udì una voce affannata provenire dal corridoio al di là della porta - Papà! Papà! - e Paul fece irruzione nell'ufficio. Una mano poggiata sullo zigomo ancora nero: - Papà, devi uccidere una persona che mi ha pestato! 

 

Louis si era addormentato. Ormai oziare era il suo unico passatempo. Inoltre lo faceva in maniera talmente scomoda. Le braccia restavano rette e insorte e lo lasciavano a ciondolare e ormai aveva la maggior parte dei muscoli addormentati.


Stava sognando. Sognava una giovane ragazza dai capelli lucenti che le sorrideva. Sognava un bambino che cadeva a terra. Sognava la ragazza che diceva "Mi spiace Louis. Ho vinto ancora".
Sognò di parlare a sé stesso, come se una parte del suo spirito lo stesse incoraggiando "Hai promesso a Crista che saresti stato forte! Non ti devi fare sopraffare in questo modo! Devi resistere!"
Louis si svegliò di soprassalto e sollevò lo sguardo. Il ragazzo di quella mattina, era tornato.

 

-Oh sei ancora tu! - disse seccato - Ma non hai niente di meglio da fare?

-Intendo liberarti - sorrise Harry a braccia conserte - così diventerai un mio compagno.
-Che cosa hai detto? - esclamò Louis - Non capisco.
-Sto cercando pirati forti che vogliano unirsi a me.
-Mi rifiuto! Stai cercando di diventare anche tu un bastardo? Sprechi il tuo tempo con me.
-Dimmi un po' cos'hai contro i pirati?
-Pirata  è sinonimo di Pezzo di Merda.

-Tu non mi sembri da meno - Louis lo guardò stranito - Sei considerato da tutti un brutale demone.

-Non me ne frega un accidenti di ciò che si dice in giro su di me. Non ho mai fatto cose di cui mi sia dovuto pentire! - sorrise - E sopravviverò, puoi starne certo!
-Vedo che sei molto determinato - disse Harry tornando a sorridere - Ma ormai ho deciso che farai parte della mia ciurma! Fine della discussione!
-Chi sei tu per decidere per me?!
-E' vero che sai maneggiare le spade?
-Già. Ma quello stronzo di Paul mi ha confiscato la spada. 
-Te la riporto io!
-Che?
-Si, andrò a riprenderti la spada - ghignò - ma se vuoi che te la ridia devi accettare la mia offerta.
-Sei un ricattatore! - lo insultò.
Harry se la rise e corse lontano: - Sto arrivando, Paul!
-Pazzesco ... vuole davvero entrare nella base da solo... - Louis non poteva crederci - Ei! Guarda che stai andando dalla parte sbagliata! L'entrata è da quella parte!
-Come? Oh, è vero! Mi sono sbagliato - e sempre sorridente allungò le braccia, afferrò il cancello dalla parte opposta del cortile e si fece trasportare da loro.
Louis rimase con la bocca spalancata e gli occhi sgranati: - Ma ... cosa ... diavolo... come ... come ha ...


Sul giardino pensile della fortezza, una trentina di uomini stava issando con delle corde un'altissima statua di marmo che raffigurava il loro comandante. Morrigan dava loro gli ordini con precisione: - Cercate di tirarla su in un colpo solo! - al suo fianco Paul si lamentava.

-Papà! Perché non mandi qualcuno a vendicarmi? Te l'ho già detto, quel pezzo di merda che sta alla locanda, mi ha colpito in pieno volto! Nessuno si era mai permesso a parte quel pezzente di Louis! Nemmeno tu mi hai mai picchiato - Morrigan restò girato e non lo guardò. Però gli rispose:
-E perché non provi a chiederti come mai ... fino ad oggi ... io non l'abbia mai fatto?
-Beh ... forse perché sono il tuo amato figlioletto?
-Sì ... sei mio figlio - Paul sorrise - purtroppo! - ed ecco che il padre gli mollò uno sganascione sull'altro zigomo. Adesso aveva entrambe le guance nere. Morrigan strinse forte l'ascia da cui non si separava mai: - Ma sei talmente rincoglionito, che picchiarti non sarebbe servito a niente! E adesso apri bene le orecchie! - Paul lo guardò tremante - Sai solo contare su di me perché qui il vero Uomo sono io!!! Sono stato chiaro? - lui annuì lacrimando. L'ammiraglio gli voltò di nuovo le spalle rivolgendosi ad alcuni dei suoi uomini - Mi hanno detto che ci sono state strane visite nel cortile del prigioniero!
Paul, cercando di rifarsi onore disse: - Ho già provveduto io a sistemare io quella piccola invadente, papà.
-L'hai uccisa, mi auguro - si aspettò il padre.
-Beh no papà - rispose il figlio - è una bambina ....
Morrigan si rivolse al primo ufficiale: - Tu!
-Sissignore, mi dica.
-Vai a a cercarla e poi uccidila !
-Cosa? Ma ... signore ... è solo una ragazzina. Non le sembra un po' eccedente?
-Anche se è una bambina, la considero una cittadina sleale che si è ribellata ai miei ordini!
Il primo ufficiale allora, ribatté a testa alta: - No... non lo farò!
Il comandante non gliela perdonò. Si avvicinò e gli colpì la tempia con la sua ascia. L'uomo cadde a terra con mezzo cranio spaccato. Una scena davvero orribile. In molto urlarono.
-Papà ... perché sei così arrabbiato'!
-Se sono diventato capo ufficiale di questa base è grazie alla mia forza insuperabile! Ricordate che la carica è ciò che conta di più al mondo!  Io sono il migliore! Ciò significa che tutte le mie decisioni e i miei gesti non sono mai sbagliati e ogni mio ordine deve essere eseguito! Se qualcuno ha qualcosa da obbiettare, lo faccia! - nessuno parlò se non per assecondare le sue parole fintamente - Bene. Alla ragazzina ci penseremo più tardi - sorrise - finalmente la mia statua è pronta dopo due anni di lavorazione! Diventerà il simbolo della mia forza! - e riprese a incitare gli uomini a sollevarla - Rappresenterà la mia grandezza! - uno degli uomini riprese fiato per un secondo, ma nel farlo fece ciondolare il braccio destro della statua. Si sbrigò a riafferrarla: - Ei tu! Hai rischiato di rovinarla!- disse Morrigan. Il soldato deglutì: - Mi perdoni non succederà!
-Questa è la mia statua! Se ferisci lei, è come se ferissi anche me! Sei morto! - e sollevò l'ascia.

 

Intanto, al di sotto del tetto dove tutti i soldati si erano riuniti, Harry camminava tranquillo senza preoccuparsi delle guardie assenti: - Devo trovare quel ritardato di Paul e farmi dire dove trovo la spada di Louis - sentì un coro provenire dall'alto. "Oh issa" diceva: - Proviene da lassù - capì. E si mise ad allungare la mano per trovare un appoggio più in alto possibile. Si aggrappò ad uno dei merli del tetto. Emozionato di fare un volo simile, saltò e si tirò col braccio mentre la terra sotto di lui si faceva sempre più piccola. Ma la forza era un po' troppa e infatti invece di arrivare direttamente sul tetto, la pesantezza lo fece volare ancora più in alto: - Mi sono dato troppa spinta! - nessuno vide chi era. Scorsero soltanto una sagoma volante.

Morrigan, per fortuna dell'uomo che stava per uccidere, si distrasse e osservò la figura.
Harry non voleva alzarsi oltre, per questo afferrò una delle corde che reggeva la statua di marmo e si fermò. Ma nel farlo la trascinò in avanti. Tutti corsero via per non essere travolti e il "monumento" andò in mille pezzi.
I soldati, Paul e il padre urlarono. L'unico a restare zitto fu Harry che guardava tutti senza capire. Però sapeva di aver combinato un danno. Sudato e arrossato disse: - Chiedo umilmente scusa! - l'ammiraglio lo guardò per pochi secondi e gridò con quanto fiato aveva in gola: -UCCIDETE QUELL'INDIVIDUO! VOGLIO LA SUA TESTA!
-Subito signore!- i soldati partirono alla carica con i fucili.
-Papà! - disse Paul - E' lui! E' proprio lui il tizio che mi ha picchiato! - Harry si accorse della sua presenza e rise.
-Oh, eccoti! - gli si avvicinò - Ti stavo appunto cercando - lui cercò di allontanarsi, ma il ragazzo di gomma lo afferrò per la spalla. Una presa molto forzuta - Vieni con me. Mi servi un attimo! - e tenendogli stretta la clavicola, lo trascinò attraverso la porta che dava all'interno.
-Lasciami andare! - pretese Paul mentre sparivano.
-Signore! - lo chiamarono gli altri.
-Inseguiteli, presto! - ordinò loro Morrigan.
-Comandante! -disse all'improvviso uno di loro affacciandosi - C'è qualcuno nel cortile del detenuto! - lo avvisò.
-Che hai detto? - mormorò lui a denti stretti, più furioso che mai - Un altro ribelle? Ma che sta succedendo?!?!

 

All'interno della base, qualcun altro si era infiltrato. Era una ragazza. La ragazza dai lunghi capelli castani! Camminava tra un corridoio e l'altro controllando che la via fosse libera. Aveva scelto il momento adatto per entrare nell'ufficio del comandante e trovare la cassaforte. Non era stato faticoso a parte quando all'ingresso aveva dovuto sedurre due ufficiali ed essersi fatta dire la combinazione.

Dopo aver aperto lo sportellino si ritrovò davanti molte banconote ma nessun altro pezzo di valore. Si accontentò di quei soldi infilandoseli nel sacco. Infilatoci dentro l'ultimo gruzzo, fece per andarsene, ma toccò sul fondo della cassaforte un pezzo di carta che non era dipinto di verde. Era un rotolo di cartapecora. Il cuore le balzò in gola: - E' lei! La ... mappa ... del Grande Blu! - . Ansiosa la srotolò, ma il sorriso le svanì quando vide che su quel documento era disegnato soltanto un jolly roger dal naso rosso e poche parole. Era dunque un falso. Lesse le scritte: Capitano Wise. Conosciuto da tutti come l'invurnerabile- la ragazza strinse la pergamena e gli occhi. Guardò fuori. Si stava scatenando un gran putiferio.
 

 

Harry teneva Paul per la collottola e lo trascinava da una parte all'altra come un cane: - Lasciami andare, bastardo, lasciami!

-Dimmi dov'è la spada di Louis! Parla!
-Va bene! Va bene, te lo dico! Ma tu lasciami! - si arrese Paul alla fine.

Harry volle credergli per questo smise di corre ma non lo lasciò. Lui fu costretto a confessare: - E' nella mia stanza. Ci siamo passati davanti qualche istante fa.

-Avresti potuto dirmelo prima cretino! - si girò pronto a tornare indietro, ma si ritrovò tre uomini che gli puntavano addosso fucili assai carichi.
-Fermo dove sei! Lascialo subito andare!

Harry non si fece timore: - Neanche per sogno - mise Paul davanti a sé come uno scudo e sorrise: - Adesso sparate pure se volete - Paul urlò.

-No fermi non sparate! Deponete le armi! Deponete le armi! - e sempre usandolo come protezione, Harry si fece spazio tra gli uomini e riprese la corsa.


Nel cortile, intanto, Kodey si era fatto coraggio ed era andato ad aiutare il suo amico. Adesso stava cercando di slegare Louis.

-Perché sei venuto, ragazzino? - gli chiese lui - Stai rischiando di venire sparato a vista!
-Non posso accettare tutte le cose ripugnanti che accadono in questo paese! Mi disgusta. E pensare che ci tenevo a diventare un marinaio fiero e onesto!
-Fermati. Non posso scappare via da qui. Posso resistere ancora.
-Senti, la tua esecuzione è fissata per domani!
-Cosa?
-Paul non aveva intenzione di rispettare il vostro accordo sin dall'inizio! Ti ha sfruttato come un giocattolo illudendoti e adesso vuole ammazzarti!
-Quel figlio di puttana!
-Quando Harry lo ha saputo è andato su tutte le furie e lo ha menato! -

 Louis si voltò verso la base militare. Quel ragazzo ... -sicuramente la marina gli starà dando la caccia. Kodey sorrise al ragazzo legato - Senti Louis, non ti sto chiedendo di diventare un pirata, perché è una tua scelta e non devo intromettermi ... ma ti supplico: cerca di aiutarlo! - lui lo guardò agnostico - Senti, nessuno può aiutarti, a parte Harry! È la tua ultima speranza! E contemporaneamente tu sei la sua!

-Fermo! - disse una voce improvvisa. I due si voltarono. Una decina di marinai teneva i fucili mirati su di loro. L'ammiraglio Morrigan, il più alto, restava dietro: - Ragazzo sei in arresto per aver complottato alle mie spalle! In quanto a te, spadaccino, tieniti pronto a essere giustiziato seduta stante! Procedete uomini! Uccideteli entrambi!
 

 

Harry entrò nella camera di Paul. A dire il vero, sembrava appartenere ad una ragazza per via delle pareti rosa, dei fiori sistemati qua e là e di vari animali di peluche sistemati ovunque. Nauseato si guardò intorno. Scorse tre spade appoggiate vicino la finestra con le tende rosa e alla scrivania che reggeva vari coloranti per la faccia: - Eccola! - disse entusiasta. Mise Paul sul tappeto. L'uomo infatti era svenuto per i tanti capogiri: - Ma come faccio a sapere qual è quella di Louis? - si domandò - Oh beh ... le porterò via tutte e tre - uno strano rumore lo convinse ad affacciarsi e rimase allibito - Kodey! - esclamò.

-Voi due avete calpestato il mio territorio! - disse l'ammiraglio Morrigan - Volevate fare un colpo di stato insieme a quell'altro ragazzo col cappello, vero?

-Io combatto sempre da solo, dovresti saperlo! - gridò Louis cercando di non mettere di mezzo i due ragazzi - A differenza tua! Che ti circondi di uomini corrotti dalla tua prepotenza!

-Non sottovalutarmi sbruffone d'un bastardo! - continuò il comandante - La tua forza non è nulla in confronto alla mia supremazia - parlò ai suoi uomini - Caricare le armi!

"Non posso finire così ... devo mantenere la promessa fatta a Crista!" pensò Louis guardandolo con odio.

Harry non poteva non intervenire. Tenendo le spade alla cintura, si aggrappò alle ante della finestra e fece illuminare il petto con la frase: - GOM GOM SLINGSHOT!- allungò le braccia e si scagliò in alto come una frusta umana. Atterrò come un fulmine di fronte i due, mentre Morrigan gridava: - Fuoco!- e si beccò tutti i proiettili.
-NO! - strillò Louis.
-HARRY NO! - sbraitò Kodey.

 

Ma tutti rimasero sotto shock per due minuti quando videro che le pallottole non gli avevano fatto niente e si trovavano tutti ai suoi piedi. Era ancora vivo e vegeto. Harry rise a crepapelle: - Le pistole o qualunque tipo di arma da fuoco non funzionano su di me! Sono imbattibile!

Louis a malapena riuscì a parlare: - Ma si può sapere ... cosa ... o chi diavolo sei???
Harry lo guardò sorridente: - Mi chiamo Harry. E un giorno diventerò il Re dei Pirati!

 

TO BE CONTINUED

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Capitolo 3
*** Episodio 3 - La libertà di Louis ***


Tutti erano rimasti con il fiato sospeso e lo sguardo fisso sul ragazzo che aveva appena evitato trecento proiettili sul proprio corpo. Lui se ne restava tranquillo a sorridere a tutti e a presentarsi al ragazzo legato.
Louis continuava a balbettare a sudare e a cercare di ripetere ciò che gli aveva appena detto il ragazzo: - Cosa hai detto??... Vorresti diventare ... il Re dei Pirati?  Ma che diamine vuol dire?
Harry gli sorrise: -  Conquistare l'immensa quantità di ricchezza chiamata One Piece e diventare il padrone degli oceani. Il pirata più temuto da tutti. Colui che domina il Grande Blu! In sintesi, la persona più potente che esista.
-Ragazzino! - gridò una voce proveniente dal gruppo di soldati posti di fronte i tre ragazzi. Harry si voltò e si ritrovò a squadrare il grande Ammiraglio Morrigan - Dimmi un po' una cosa - continuò lui - Sei stato colpito da una delle Folgori del Diavolo, non è così?
-Esatto! - rispose lui sollevandosi la maglietta - La Folgore dell'estensione, che mi ha donato il tatuaggio dell'allungo! Ora sono diventato di gomma. Quindi vedi di non scaricare le pistole e i fucili inutilmente - disse tornando a rivolgersi a Louis - A proposito, tieni - e prese dalla cintura le spade che aveva sottratto dalla camera di Paul - Ho trovato queste tre spade. Non sapevo quale fosse la tua, quindi te le ho portate tutte e tre!
Louis le guardò con occhi luminosi e sorrise: - Hai fatto bene. Perché sono tutte e tre mie! Quelle canaglie me le hanno confiscate - vide che Harry non era intenzionato a porgergliele.
-Ora però devi darmi una risposta, Louis - disse Harry guardandolo seriamente - Hai due possibilità: prenderle e diventare un nemico del governo e combattendo per sempre al mio fianco ... oppure rimani lì come un salame aspettando una pallottola in testa - sorrise scaltramente - Allora?
Il ragazzo legato guardò prima lui, poi le spade ed infine i soldati. Quella, pensò, era forse la domanda più assurda che qualcuno gli avesse mai proposto. Però era allettante. E la risposta non si fece attendere.

-Mi sembra evidente, diavoletto ... piuttosto che morire per mano di quei bastardi militari ... preferisco diventare un pirata - rispose in un sorrisetto.
Harry gioì a quelle parole: - Evvai! Ho trovato il mio primo compagno! Sono il migliore!!!

-Okay, okay, ma adesso che ne diresti di slegarmi? - lo rimbeccò Louis dimenandosi dalle funi.

Gli uomini di Morrigan intanto, stavano pendendo dalle labbra del loro comandante che non riuscivano a comprendere ciò che aveva detto quando si era rivolto a quello strano ragazzo: - Le Folgori del Diavolo? - esclamarono cominciando a parlottare tra di loro.
-Ma non è possibile!
-Pensavo fossero solo una leggenda!
-Allora esistono davvero!

-Esistono eccome - disse Morrigan -Anche io ero cinico. Ma non si tratta di una leggenda metropolitana. Si dice che cinque volte all'anno, nelle terre dal clima sempre sterile, strani nuvoloni color pece si congiungano a formarne uno soltanto, immenso, che comincia a far piovere centinaia di fulmini, come se fossero gocce di una violenta tempesta. È un evento molto raro, ma si dice che chiunque venga travolto da uno di queste folgori acquisisca poteri soprannaturali, come la capacità di creare enormi maremoti o sputare fuoco o diventare una semi sanguinaria. Ciò che ha appena dimostrato quel Cappello di Feltro è la prova vivente della loro esistenza! - indicò Harry che si era messo da fare per tentare di sciogliere i nodi che tenevano stretto Louis ai pali. Faceva fatica vista la strettezza di essi.

L'ammiraglio strinse la sua ascia e digrignò i denti: - Me ne infischio se è fatto di gomma! Ha osato sfidarmi e morirà! - si rivolse ai suoi uomini - GETTATE LE ARMI DA FUOCO E RICORRETE ALLE SPADE! AMMAZZATELI! - loro obbedirono sfoderando pugnali e lame e precipitandosi verso i tre.
-Harry sbrigati!- lo implorò Kodey dando una mano al suo amico - Stanno arrivando! - ma con orrore si accorse che quattro mani erano bastate a sciogliere solo il primo nodo.

-Svelto, passami una delle spade! - gli ordinò Louis muovendo la sua mano mezza libera.
Sembrava essere troppo tardi. Sembrava che gli uomini avessero affondato le loro armi nei crani delle loro vittime e per loro non ci sarebbe stato più nulla da fare. Kodey si coprì gli occhi e cadde in ginocchio aspettando di scorgere una luce e poi San Pietro. Ma scoprì di respirare ancora e di provare ancora il caldo della paura e le gocce di sudore su tutto il corpo. Provò a socchiudere gli occhi e gli parve di nuovo di essere defunto, perché ciò che vide era assolutamente una cosa fuori dal mondo.
Louis reggeva tre spade. Una in bocca e le altre due ben tese, che bloccavano in un colpo solo tutte le altre venti che cercavano di farlo secco. Era riuscito a parare i colpi tutto da solo.

-Wooou! - stava esclamando Harry - Cazzarola che figata!

I soldati indietreggiarono. Fecero per partire alla carica, ma vedendo Louis che li guardava con sguardo omicida e le armi ben tese che li minacciava dicendo: - Una sola reazione e vi ammazzo - se la diedero a gambe. Il ragazzo riuscì a parlare sempre con la terza spada stretta tra i denti. Si rivolse al ragazzo di gomma: - Ormai ti ho promesso che diventerò un pirata. Mettersi contro la Marina significa diventare un criminale ricercato. Ma ti seguirò solo ad una condizione: non rinunciare mai alla mia ambizione.

-Quale Ambizione?- chiese Harry.

-Io voglio diventare lo Spadaccino Più Forte del Mondo. E se dovessi rinunciare a questa mia ambizione per colpa tua, ti squarterò il ventre in un secondo!

Harry lo guardò senza capire: - Perché dovrei ostacolarti? Lo Spadaccino Più Forte del Mondo? Ma certo! Per essere il compagno del Re dei Pirati è il minimo che tu possa fare - sorrise.
Anche Louis sorrise seriamente, forse per la prima volta pensò Kodey: - Ti ringrazio amico!

 

Ma i due non si erano ancora scordati di Morrigan che continuava a bacchettare i suoi uomini: - Branco di incapaci, che cazzo state aspettando? Uccidete immediatamente quei tre bastardi!

Harry portò le dita di fronte il petto: - GOM GOM WHIP! - e d'impulso la sua gamba si allungò verso i nemici mandandoli al tappeto uno dopo l'altro, usandola come una frusta. Spedì parecchio distante metà dei soldati.
-Bravo Harry! - si complimentò Kodey - Hai fatto strike!

-Comandante, sono troppo forti per noi! - si lamentarono i soldati riparandosi dietro l'ammiraglio Morrigan.

Ma lui cominciò a prendergli a calci uno dopo l'altro: - E' un mio ordine! Chiunque osi ribellarsi, verrà fatto a pezzi seduta stante!
I soldati lo guardarono ripugnanti. L'odio che avevano nei suoi confronti ora era più intenso che mai ma non volevano di certo tirarlo fuori. Kodey però sembrò notarlo. Sapeva che quell'uomo non faceva affatto onore alla marina e che di sicuro quei soldati obbedivano solo per timore di perdere la vita: - Sei un farabutto! - gli gridò -Uomini! Ribellatevi alla prepotenza di quel despota! - vide scattare alle sue spalle Harry, che partì a tutta carica verso l'ammiraglio. Provò a tirargli un pugno, ma lui si fece scudo con la ceppa, ferendolo alle nocche.

-Non sarà certo uno come te a sconfiggermi! - gli comunicò. Provò a spaccarlo in due più di una volta, ma finì sempre con l'affondare la sua arma nel terreno. Era un ragazzo davvero veloce, ma non abbastanza da colpirlo a sua volta. All'ennesimo spostamento, Harry fece un salto che lo portò abbastanza in alto da raggiungere la testa dell'uomo e colpirla fortemente con la scarpa. Questo lo fece seriamente incazzare. Infatti dopo essersi rimesso in piedi e avere imprecato contro l'avversario, provò ancora e ancora a rompergli l'ascia in testa.

Ma Harry sfottendolo, ripeté la mossa di prima ed ebbe gli stessi risultati. Un calcio in faccia.
Quando Morrigan cadde a terra, lo prese per la collottola e cominciò con una scarica di pugni: - Come comandante sei una vergogna, figlio di troia! Hai rovinato il sogno del mio amico Kodey! Prendi questo!

Gli uomini osservarono la scena senza reagire. Quel ragazzo era un vero portento!

-ASPETTA!- disse una voce abbastanza riconoscibile - FERMO RAGAZZINO! GUARDA CHI HO QUI CON ME. 
Harry alzò lo sguardo e sbiancò. Paul, con la faccia arrossata a causa del trascinamento per mezza fortezza e i vestiti strappati, era tornato. Teneva la punta della sua pistola premuta sulla fronte di Kodey, mentre col braccio gli cingeva il collo - Sta a sentire brutto stronzo, se tieni alla vita di quest'altro bastardo, resta fermo dove sei! Accenna una sola reazione e gli sparo! - Kodey deglutì con le lacrime agli occhi.
-Non ascoltarlo! - urlò a Harry cercando di parlare attraverso la gola serrata - Uccidi quel delinquente! Non voglio esserti d'intralcio!

Il ragazzo di gomma ghignò: - Buono a sapersi - si scroccò le dita avvicinandosi ai due - Arrenditi figlio d'un padre di merda! Kodey è molto più determinato di te!

-Stai lontano! - gridò Paul stringendo di più il ragazzino - Guarda che non scherzo!

-Harry! - lo chiamò l'ostaggio - Stai attento! Dietro di te!

Morrigan abbassò violento la sua ascia contro l'avversario. Harry non se ne preoccupò. Urlò: - GOM GOM PISTOL! - e fece partire un pugno che colpì in pieno Paul. Il ragazzo lasciò andare Kodey che cadde a terra a riprendere aria.
-Un altro strike! - ghignò. Poi si voltò verso l'ammiraglio, che aveva lo sguardo perso nel vuoto. Assente. Dilatato. Crollò a terra formando una pozza di sangue tutt'intorno a lui, mentre Louis alle sue spalle, ripuliva la punta della spada, rossa - Grazie amico - lo ringraziò Harry.
Louis sorrise ancora: - Figurati ... capitano.
Continuarono a scambiarsi sorrisi d'intesa e guardarono i soldati: - Se qualcuno vuole catturarci si faccia avanti!
Loro si guardarono. Il corpo immobile dell'ammiraglio, quello tremante di suo figlio e infine i due ragazzi artefici di tutto quanto. Si tolsero i cappelli, gettarono le armi per terra e li lanciarono in aria strillando felici e prendendo a danzare felicemente. Festeggiarono la liberazione della tirannia e acclamarono i due giovani.

Louis crollò a terra sfinito.

-Stai bene? Che ti succede? - gli chiese Kodey - Ti hanno ferito?
Lui scosse la testa: - E' solo fame.

 

Poche ore dopo, tutti e tre si ritrovarono alla locanda. La mamma di Rita offrì loro il cibo gratis e poterono abbuffarsi in santa pace per riposarsi dal combattimento. Tutti quanti in città, andarono a ringraziarli per averli liberati e tra un boccone di carne e una stretta di mano, tutto lo stress passò.

-Ci voleva proprio - si complimentò Harry infilandosi uno stuzzicadenti in bocca - Un combattimento ti riduce sempre allo sfinimento.

-Sapevo che eri forte - disse Rita con occhi luminosi - Molto più dell'ammiraglio Morrigan.

-Certamente - concordò Harry - Non sono nemmeno il quadruplo di quello lì. E credimi, diventerò ancora più forte quando varcherò l'entrata del Grande Blu. Anche perché ora ho un compagno.

-Dimmi Harry - disse Louis con la bocca piena di pesce fritto - Oltre me, chi ha nella tua ciurma? Hai detto che stai cercando nuove reclute. E se vuoi diventare il Re dei Pirati, avrai già raccolto un bel mucchio di uomini, no?

Harry scosse la testa: -Per il momento solo tu! 

-Cosa? Siamo solo io e te? 
-Esatto.

-Ma secondo te un equipaggio come può essere formato da soli due membri?

-Che te ne frega? Siamo due membri forti.

-Va bene, va bene. E dimmi ... la tua nave? Qual'è? - si affacciò dalla finestra. La locanda sul retro dava una vista perfetta del porto dove si intravedevano tutte le navi arrancate.

-Eccola - Harry indicò la scialuppa a vela con la quale era fuggito con Kodey dalla nave di Alvida.

Louis strabuzzò gli occhi: - E' quella? Stai scherzando?

-No, affatto. So che sembra banale. Ma un giorno ne avremo una gigantesca tutta per noi.

-Ah, sì? E come?

-In un modo o nell'altro. Sarà così grande che le bandiere da issare saranno più di una! - e iniziò a fantasticare con occhi persi.

-Mi sa che ho trovato un capitano con le idee confuse - pensò Louis tra sé e sé.

-Harry non ha un senso di organizzamento ottimo - lo informò Kodey ridendo.

-E quale sarà la tua destinazione quando salterai? - chiese Rita sedendosi vicino a Harry.
-Punterò sul Segmento Carminio! - rispose lui.

A Kodey uscì il succo di pesca dal naso. Prese a tossire e a premersi vari tovaglioli sulla faccia: - Vorresti partire con quella scialuppa da due soldi da solo con lui verso il Segmento Carminio? Ma è impossibile! Toglitelo dalla testa!

-Perché dici così? - domandò la ragazzina.
Il ragazzino sbuffò e prese a descrivere: - Come ben sapete in questo mondo esistono due vasti oceani: L'Huge Boat e il Lost Compass.Entrambi sono separati da un continente, una vasta distesa chiamata Segmento Carminio; al centro di esso sorge una città.
La rotta che attraversa il lembo di terra e che passa con una linea immaginaria attraverso questa città, si chiama Grande Blu! Raccontano che Gord Rogers, il leggendario Re dei Pirati, anni fa abbia accumulato tutto ciò che l'uomo possa desiderare. Ma scomparve lasciando il Grande Tesoro One Piece in un punto sconosciuto del Segmento. Questa voce si diffuse dai pirati, che partirono affrontando le mille avventure pericolose che quella rotta presiede tentando di diventare i suoi successori. Trasformarono il Grande Blu in un enorme campo di battaglia. Infatti il luogo è chiamato anche Cimitero dei Pirati. E non c'è bisogno di spiegarne il motivo! Dicono che chiunque si sia avventurato laggiù non abbia più fatto ritorno.

 

Harry sorrise a quella storia inquietante: - Non mi faccio scoraggiare! E' lì che si trova One Piece ed è lì che andremo!

Louis ricambiò: - Proprio così ormai è deciso!
-Ti ci metti anche tu, Louis? - esclamò il ragazzino.
-Ma tanto tu non vieni con noi - gli ricordò lo spadaccino - quindi non ti devi preoccupare.
Kodey sospirò: - E' vero che non vengo con voi ... però mi preoccupo, Harry - si rivolse all'amico - So che ci conosciamo da poco ... ma io sento che tra noi si è instaurata una gran bella amicizia ... non credi?
-Assolutamente! - rise Harry- Anche se ci separeremo non smetteremo di essere amici, ci puoi giurare.

Kodey guardò prima lui, poi Rita e infine Louis. Abbassò lo guardo arrossito: - Sapete, non ho mai avuto amici. Mi sono sempre arrangiato da solo. Nessuno mi ha mai difeso. Non ho mai cercato di contare sulle mie forze per uscire dalle difficoltà. Però adesso sono cambiato. Grazie a voi ho trovato il coraggio di avere fiducia in me stesso! Finalmente sono pronto ad arruolarmi nella marina militare!

-Dovresti preoccuparti un po' più per te stesso che per Harry, non trovi? - lo rimbeccò Louis - Da quel che ho capito hai trascorso parecchio tempo a servire il Capitano Alvida, giusto? - lui annuì - Non credo che se la marina lo venisse a sapere deciderà di prenderti.
 

Con grande coincidenza, nel locale fecero irruzione alcuni dei primi ufficiali. Kodey impallidì e fece finta di tornare a concentrarsi sulla cotoletta di pollo.

Il primo soldato prese la parola e si rivolse a Harry: - Tu col cappello ... mi hanno riferito che sei un pirata, vero?
-Verissimo! - rispose lui - Ho già un uomo con me. Quindi considerateci una ciurma.

-Ascolta - continuò l'ufficiale - Ti siamo molto riconoscenti per averci liberato dalla dittatura dell'ammiraglio Morrigan. Tuttavia, visto che pratichi la pirateria, è dovere di noi Marine Militari intervenire. Dovrei arrestarti seduta stante - passarono alcuni attimi di silenzio - Ma visto ciò che hai fatto per noi ... mi limito ad ordinarti di lasciare l'isola immediatamente! Non farò rapporto al quartier generale se ti sbrighi - alcune persone che da fuori stavano origliando non trovarono affatto giusto quel discorso.

-Ma che razza di parole sono?
-Quei due sono i liberatori della città!
-Si vergogni, sergente! Vi ricordiamo che anche voi temevate Morrigan, prima del loro arrivo.

Harry guardò a lungo l'ufficiale. Poi si voltò verso Louis e gli fece un cenno. Entrambi si alzarono: - Va bene - ringraziarono la mamma di Rita dell'ottimo pranzetto e salutarono lei con una stretta di mano leggera.

-Uffa. Devi partire subito?- domandò lei rattristata.
-Sì purtroppo. Ciao - la salutò Harry con una carezza. Si mise in spalla il sacco con le provviste e si diresse verso la porta con l'amico. Kodey li guardò allontanarsi paralizzato.

-Tu non sei un suo compagno? - gli domandò l'ufficiale facendogli battere il cuore a mille.

Harry si voltò verso di lui e avvicinandosi disse: - Se anche lui è un pirata? Beh ... - Kodey deglutì e si aspettò che l'amico scuotesse la testa e negasse tutto. Ma tutto si aspettò meno che un pugno in faccia da parte sua. Crollò a terra con la guancia dolorante. 
-No. Non lo è - sentì dire a Harry un minuto dopo - Se lo fosse stato avrebbe tentato almeno una piccola reazione - e affiancato da Louis lasciò la locanda.
-Evidentemente non fa parte del suo equipaggio - ragionò l'ufficiale ad alta voce.

Kodey sentì le lacrime salirgli. L'aveva colpito di proposito! Era tutto calcolato. Harry voleva dimostrare un falso rispetto che nutriva nei suoi confronti per illudere tutti che non erano amici. Lo aveva aiutato ancora una volta e lui non se n'era accorto. Doveva fare in modo che i suoi sacrifici non sarebbero stati inutili. Prese il coraggio delle sue azioni, si rimise in piedi e parlò chiaramente: - Comandante! - disse all'ufficiale con la testa china: - Io ... vorrei che lei mi permettesse di arruolarmi in marina! Sono pronto a fare anche lo sguattero! Ma voglio entrare in Marina ... la scongiuro! - tenne lo sguardo serio abbastanza a lungo.

Il primo ufficiale osservò il suo sguardo determinato per parecchio tempo. Un suo compagno provò a dirgli: - Non è meglio rifletterci con attenzione? Non sappiamo assolutamente niente di questo ragazzino ancora immaturo! A questo punto sarebbe meglio fare delle indagini e scoprire ...

-Scoprirete soltanto che mio padre era primo ufficiale e che da sempre aspiro a diventare come lui! - esclamò Kodey quasi con rabbia.
Il comandante tenne gli occhi fissi su di lui ancora qualche minuto dove altro si sentì che i loro respiri. Poi li chiuse e si voltò di spalle: - I pirati ci danno parecchio filo da torcere - Kodey per un attimo pensò fosse tutto perduto - Preparati a una vita difficile figliuolo - a queste parole sgranò gli occhi senza muovere un muscolo. 

Aveva avuto il permesso! Ci era riuscito! Finalmente aveva raggiunto il traguardo. Portò una mano sulla fronte: - La ringrazio! - disse. Però non resistette. Crollò in ginocchio e scoppiò in un pianto disperato.


Il paese accompagnò con lo sguardo i due ragazzi fino al porto, quando salirono sulla scialuppa e si spinsero via dalla riva.
-Qualcosa mi dice che d'ora in poi Kodey se la caverà alla grande - disse Harry.
-Allora non mi sbagliavo: era una sceneggiata!- ridacchiò Louis agguantando uno dei remi - Sei un bravo attore!- rivolse uno sguardo all'isola che si stava facendo sempre più lontana - Comincia bene la mia carriera di pirata. Scacciato da una città come se fossi un cane. Beh, è questione di abitudine, giusto? - Harry rise.

 

-EI HARRY! - lo chiamò una voce dalla riva. Kodey era arrivato appena in tempo per salutarlo. Con lui c'erano Rita e i suoi nuovi compagni marinai - Ti ringrazio Harry! - continuò lui mettendosi sull'attenti - Non dimenticherò mai quello che hai fatto per me!

-Un marinaio che ringrazia un pirata! Sembra una barzelletta! - risero i due pirati. Un vento favorevole li fece allontanare sempre di più.
Harry sollevò entrambe le braccia: - Buona Fortuna Kodey! A presto Rita!
-Spero di rivederti, buon viaggio! - lo salutò la ragazzina.

E tutti i marinai alle loro spalle sotto ordine del comandante, si esibirono nel loro tipico saluto militare. Il comandante vide i due ragazzi sulla scialuppa continuare a salutare quelli che presto sarebbero diventati i loro cacciatori. Si rivolse al nuovo membro: - Quello è un vero amico - Kodey lo guardò incredulo. Lui gli rivolse un sorrido complice e consapevole. Gli occhi gli si riempirono nuovamente di lacrime e annuì a riguardo: -Sì è vero.

Il primo ufficiale alzò la voce: - Avendo salutato i pirati abbiamo infranto una delle prime regole del codice della marina! Per questo salteremo la colazione per tre giorni di fila. Intesi? - i suoi uomini approvarono.
Kodey non la smise di piangere e sorridere: "Harry" disse illudendosi che il ragazzo sentisse i suoi pensieri "Un giorno ci rincontreremo ... anche se tu sei un pirata ... e io ormai un marinaio" si asciugò le lacrime fiero " Alla prossima ... amico mio"

 

Harry si tenne stretto alla prua della barca con il vento che gli scompigliò i capelli. Si tenne stretto il cappello: - Finalmente partiamo come una vera ciurma di corsari!

-Già - concordò Louis seduto comodamente dietro di lui - Incontro a nuove avventure.

-Evviva! E un giorno ... diventerò il Re dei Pirati!

Louis inarcò le sopracciglia: - Dai molta importanza a questa tua fissazione! Ma cosa ti spinge a diventare il Re dei Pirati? C'è qualche motivo in particolare?

Harry arrossì e si accarezzò il cappello ripensando a quando un caro amico glielo mise in testa per la prima volta: - Ecco ... ho fatto una promessa ... giurai ad un uomo che un giorno avrei formato un equipaggio, trovato il tesoro One Piece e diventato il successore di Gord Rogers! Il cappello che ora indosso ne è la prova.

Louis lo guardò ancora con le idee non chiare. Ma nonostante questo sorrise all'enorme spirito vivace del suo nuovo amico:  - Sì, ho capito.
 

Harry guidò la scialuppa verso il tramonto. La loro destinazione si faceva sempre più vicina e sentì che nessuno li poteva fermare. 


TO BE CONTINUED

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Capitolo 4
*** Episodio 4 - Uno sguardo al passato. ***



Accompagnata dal trasporto delle onde e ondeggiata lievemente dalle loro forti increspature, una scialuppa solcava tranquilla il Mare Orientale, portandosi a bordo tre passeggieri.
Si trattava di tre uomini. Un trio di filibustieri che ammainavano fieri la loro piccola bandiera. Raffigurava un teschio dal naso rosso. Soddisfatti accarezzavano il loro bottino: un forziere colmo di piatti e posate d'oro e d'argento. Ognuna corrispondente ad un ottima cifra di denaro.
-E' stata una fortuna aver fatto quell'irruzione su quel peschereccio della Marina e aver arraffato questa meraviglia!- stava ridendo uno dei tre uomini.
-Hai ragione. Quella canaglia del capitano sarà orgoglioso di noi - gli fece eco il secondo - e chissà potrebbe spettarci la parte più vasta.
Risero tra di loro compiaciuti e allo stesso tempo ansiosi di arrivare a destinazione e mostrare il loro operato al boss. Però qualcosa attirò l'attenzione di tutti e tre.
-Guardate! - disse quello più grasso che era stato il primo ad accorgersene.
Aguzzando la vista riuscirono ad intravedere una minuscola imbarcazione vacillare nella loro direzione. Sembrava non esserci nessuno a comandarla. Incuriositi remarono fino a ritrovarsela di fronte e notarono che non era così deserta come sembrava. Infatti sdraiata sul ponticello c'era una ragazza. Lo sguardo arrossato e perso nel cielo e il respiro affannato.
-Una ragazza? - esclamarono i tre uomini un po' delusi.
Il più anziano ghignò e parlò con modi che sembravano gentili ma non lo erano: - Ei, bambola per caso hai bisogno di aiuto? - sotto gli occhi suoi e dei compagni, la ragazza sollevò la testa abbastanza da guardarla attentamente in faccia. Alla vista degli uomini sorrise.
-Oh ... - gemette - Spero ... non sia un miraggio ... spero ... che le persone che ho di fronte ... non siano soltanto frutto della mia immaginazione - si portò una mano alla gola - Perdonatemi, non so chi siete ... ma vi sarei grata se mi deste un bicchiere d'acqua. Vi prego! Guardate - rimettendosi normalmente seduta, puntò il dito dall'altra parte della barchetta dove si trovava. Gli uomini sussultarono. Una cassa abbastanza interessante era posta vicino la ragazza - Sono anche disposta a pagarvi - disse lei continuando a sorridere - Vi prego, aiutatemi.

 

I tre uomini si guardarono a vicenda sorridendo e mostrando denti più che gialli, neri. Parlò di nuovo il più vecchio anche a nome degli altri: - Molto volentieri. Ma prima vogliamo vedere il contenuto di quel forziere - e con un balzo, insieme ai compagni, saltò sulla scialuppa e spinsero da parte la ragazza, credendola molto debole per difendersi. Poi sollevarono il coperchio della cassa sempre raggianti. Era molto pesante e arrugginito e ci misero un po', ma alla fine riuscirono a sollevarlo. Ma ciò che videro li lasciò più che allibiti, infuriati. Infatti il forziere conteneva soltanto un pezzo di carta, sul quale era disegnata una mano stretta a pugno che sollevava il terzo dito e una linguaccia vicino: - Ma che cazzo di scherzo è questo? - si voltarono pronti a fargliela pagare a quella doppiogiochista ... però lei non era più accanto a loro.

Infatti si stava allontanando sorridendo e deridendoli ... a bordo della loro barca: - Grazie! Siete stati molto gentili!
-NO! - gridarono in coro - STRONZA IMBROGLIONA!
La ragazza continuò a ridere, poi rivolse lo sguardo verso l'orizzonte ed annunciò: - Vi comunico che un fronte freddo con nuvole a bassa quota è in avvicinamento in direzione Sud-Ovest! Presto si spingerà un nubifragio così violento da rivoltare le gondole più fragili! - in effetti nuvoloni minacciosi si raggrupparono nella parte di mare dove si trovava la sua vecchia barca e forti gocce precipitarono così manescamente, accompagnate anche da grandine, che provocarono piccoli pizzicotti alle pelli dei tre uomini che in preda al panico oscillarono e ben presto finirono nell'acqua ormai congelata. La ragazza gioì. Ancora una volta le sue previsioni erano esatte. Mentre si allontanava ben assicurata sulla sua nuova imbarcazione, salutò un'ultima volta: - Non temete! Il vostro tesoro è in buone mani!
-TORNA QUI BRUTTA PUTTANA! - gridarono i tre uomini con le ossa congelate, tentando di rincorrerla. Vedendo che era tutto inutile non poterono fare altro che prometterle: - LA PAGHERAI!
Il caldo però non si fece attendere troppo e ben presto tornò a bagnare le fronti dei navigatori dei mari.

 

Sulla loro barca, Louis e Harry, i due ragazzi sbarcati da due giorni e ancora in balia dell'oceano, sopportavano il sudore bagnandosi di tanto in tanto la faccia con della fresca acqua marina. Le scorte si erano concluse e non vedevano l'ora di approdare da qualche parte a rifornirsi.

-Secondo te quanto manca ad avvistare un'isola? - chiese Louis appena risveglio da uno dei suoi tanti pisolini.
-Non lo so - gli rispose Harry facendosi aria con il cappello - Ma da qualche parte arriveremo. Voglio dire ... le correnti non possono andare avanti all'infinito, no?
-Sei strano - esclamò il suo compagno - Ambisci a diventare il Re degli Oceani e non hai la più pallida idea di come si sfruttino le tecniche di navigazione!
-Vedrai che imparerò con l'esperienza - replicò Harry - E poi scusami tanto, ma dovresti essere tu l'esperto! Eri o non eri un cacciatore di pirati?
Louis inarcò le sopracciglia e guardò fisso il cielo: - A dire il vero non ho mai avuto l'intenzione di diventare un cacciatore di teste di predoni. Ho preso tempo fa il mare ... perché stavo cercando una persona. Ma una volta preso il largo non riuscii più a tornare a casa. Così mi diedi alla cacciagione e al guadagno di taglie pirata per guadagnarmi da vivere.
-Però sei un pessimo marinaio.
-Fanculo!

 

Un vento improvviso asciugò le loro fronti imperlate di sudore, ma prese con sé il cappello in feltro di Harry: - NO! - esclamò lui mettendosi a rincorrerlo. Sapeva che avrebbe potuto ripescarlo facilmente, ma vederlo volare via gli riportò alla mente una voce. Un aspetto. Una persona: - Sai, questo cappello è il compagno di molte battaglie. Mi ha seguito in centinaia di avventure ... non posso dartelo gli ci sono troppo affezionato - anche se era passato molto tempo ricordava bene quelle parole. E non avrebbe mai dimenticato quel giorno.

Nove anni prima
La locanda della signora Cox non era mai stata così rumorosa. Nelle strade del villaggio si udivano le risa, i singhiozzi e le chiacchiere dei suoi ospiti. Una banda di pirati dall'aspetto per niente minaccioso che aveva deciso di alloggiare su quell'isolotto per qualche giorno. Trovarono che la cervogia che da ore stavano ingurgitando fosse di una squisitezza assoluta. Avrebbero continuato così tutta la notte. Anche perché i meno etilisti si stavano riempiendo le tasche di banconote scommettendo più di venti bicchieri.
Sul bancone Anne riempì altre sei tazze. Le divertiva molto avere un'allegra e spensierata combriccola come quella a farle compagnia. Il loro capo inoltre era esilarante. Si trattava di un uomo alto e robusto, con i capelli rossi, il cappello in feltro, gli occhi scuri, una sottile barbetta e la palpebra destra attraversata da tre cicatrici che sembravano essere i graffi di un gatto. Sorrise chiedendone un altro boccale.
Al suo fianco era seduto un ragazzino. Un bambino sui nove o dieci anni lo guardava pieno di stima e meraviglia: - Voglio che mi porti con te nel tuo prossimo viaggio! - stava dicendo all'uomo coi capelli rossi - Anche io voglio diventare un grande pirata.
L'uomo inghiottì un gran sorso di birra e lo guardò ridendo: - Non credere che sia una passeggiata, piccino.
Il bambino incrociò le braccia: - Perché scusa?
A rispondergli fu un altro uomo con tutti i capelli neri rialzati verso l'alto e una fascia che portava scritto il suo nome un po' sbiadito: - Te lo spiego io. Per diventare un grande pirata non bisogna soltanto essere specializzati nel nuoto. Bisogna avere anche una grande capacità nel combattimento e nell'astuzia.
Il ragazzino si lagnò: - Ma io sono bravissimo a combattere! Il mio pugno è forte come un pezzo d'amianto!
-Figuriamoci - lo derise il rosso.
Lui lo guardò indignato: - Insomma, perché?
-Sei ancora troppo piccolo - riprese l'uomo con la fascia legata alla fronte - Hai la stessa età di mio figlio, sei soltanto un marmocchio!
-Non è vero! Sono grande!
-Non arrabbiarti, Harry - gli disse il rosso passandogli un bicchiere più piccolo degli altri - Bevi una buona spremuta! Sono i frutti che mi hai visto cogliere stamattina!
Alla vista di quella bibita il ragazzino sorrise. Era la sua bevanda preferita quella al pompelmo: - Che bello, grazie!- e la mandò giù tutta in un sorso.
Il rosso riprese a sghignazzare imitato dai compagni: - Guardate come beve il bambino!

 

Al ragazzino venne il singhiozzo. In effetti si rese conto che quel succo non sapeva di pompelmo o di qualsiasi altro tipo di frutta. Era molto zuccherato. Dello stesso colore che c'era nella bottiglia che stava tenendo Anne. La donna rideva girata di spalle. Si rese così conto di essere stato preso in giro e di aver trangugiato dello champagne. Ringhiò rivolto al rosso: - Non sei divertente!

-Perché te la prendi? - disse lui - Adesso diventerai grande! - tutti gli altri uomini risero a crepapelle.
- Non ridete! Fatela finita!- disse il piccolo Harry. Tutto quel ridere però fu bruscamente interrotto da un potente calcio che dall'esterno scardinò la porta. Tutti ammutoliti osservarono le persone che stavano irrompendo.
-E' permesso? - disse una di loro facendosi avanti. Apparteneva ad un uomo alto dal mantello marrone, la tuba dello stesso colore e occhi a fessura. Si guardò intorno: - Dalle vostre espressioni ebeti ho capito di aver interrotto un raduno di pirati, non è così? - schiacciò il resto della porta e si avvicinò alla signora Cox. Lei sbiancò: - Salve dolcezza, siamo un gruppo di gangster ma non abbiamo intenzione di torcere nessun capello ai bastardi disgraziati che ospiti nella tua misera locanda. Vogliamo solamente comprare dieci barili di birra.
Anne sospirò: - Sono spiacente di informarla che non ne è rimasto più neanche uno. Li abbiamo terminati. Questi .... Gentili pirati sono talmente tanti che l'hanno consumata in poco tempo.
L'uomo con i capelli rossi e il cappello in feltro si girò a guardare l'uomo col mantello sorridente: - Ci dispiace. A quanto pare abbiamo dato fondo bucato alle scorte della locanda. Però se vuoi prendi questa bottiglia. Non l'ho ancora aperta - disse porgendogli una bottiglia di vetro ancora tappata per bene.

 

L'uomo col mantello allungò una mano per prenderla, ma la ritirò indietro solo per chiuderla a pugno e farla scattare mandando in frantumi la bottiglia. Tutto il contenuto andò addosso al rosso bagnandolo interamente. Anne strinse a sé il bambino, come lei traumatizzato L'altro uomo si asciugò le nocche tagliuzzate: - Una bottiglia non basta neanche per pisciare. C'è una taglia di 8 milioni di danari sulla mia testa, sporco cagnaccio, trattami con rispetto!

Il rosso, ancora gocciolante dalla birra non mosse un dito: - Accidenti, che peccato, tutto quell'ottimo liquore sprecato in questo modo ... senza contare che per terra è tutto bagnato ... - si mise in ginocchio - scusami Anne, mi passeresti uno straccio?
L'uomo col mantello sguainò una spada e la usò per rovesciare e distruggere tutti i boccali e i piatti che c'erano sul bancone. Dopo l'assordante concerto di vetro rotto, per terra si creò un putiferio: - Eccoti accontentato, stronzo - disse rivolto all'uomo col cappello in feltro - Visto che ti piace così tanto pulire datti subito da fare - voltò le spalle a lui e a tutti gli altri e si rivolse agli uomini che lo avevano accompagnato - Questa sporca bettola non offre niente. Andiamocene - e lasciò la locanda salutando - Arrivederci sciagurati.
Il bambino strinse i denti. Quella sceneggiata lo aveva orripilato.
La signora Cox si chinò sull'uomo dai capelli rossi: - State bene capitano Shane?
Lui prima la tranquillizzò: - Ma si, calmati, sono più che sano - poi sorrise. E questo sorriso bastò a far scoppiare in una sonora risata tutta la sua ciurma.
-Sei conciato da buttar via!
-Fai davvero ribrezzo! - e se la goderono come se fossero stati vittime di uno scherzo.
Il piccolo Harry questo non poté tollerarlo: - CHE AVETE DA RIDERE? - tutti si voltarono a guardarlo - Non ti vergogni Shane? Perché non hai reagito? Avresti potuto metterlo al tappeto facilmente! Invece ti sei fatto umiliare in questo modo e per giunta ci ridi sopra! Tu non sei un vero pirata!

 

L'uomo con i capelli rossi lo guardò seriamente: - Capisco la tua irritazione, Harry. Ma perché dovrei prendermela per così poco? Mi sono solo sporcato di birra.

Il ragazzino ancora scosso e con la faccia furiosa, lasciò la locanda di corsa lasciando tutti confusi.
-Lo perdoni capitano - si scusò Anne.
-Non ho nulla da scusargli - sorrise Shane - E' molto precisato per essere così piccolo - rivolse lo sguardo fuori dalla finestra. Grossi nuvoloni erano pronti a svuotarsi sul paese. Magari con tanto di grandine, vento, tuoni e fulmini. Però quelle nuvole avevano un non so che di strano. Infatti sembrava si muovessero intorno ad una sola. Sempre più vicino, per condensarsi e unirsi a lei come se fossero pezzi di un puzzle. In questo modo avrebbero creato un unico gigantesco nuvolone. Uno strano presagio attraversò la mente di Shane e poi il ricordo di un fenomeno molto raro che solo una volta aveva avuto la fortuna di assistervi: - Oh, no! - mormorò.

Harry correva per i vicoli più stizzito che mai. Aveva una tale voglia di prendere a calci quel tizio col mantello che non seppe più cosa stava facendo. Non si era neanche reso conto di essere scappato dalla locanda e stare correndo a casaccio senza una meta sotto un cielo che preannunciava pioggia. Ma il fatto era che le imprese del grande capitano Shane, avevano reso di lui il suo idolo. Il suo esempio. E sapere che non aveva accennato alcuna reazione quando era stato sminuito lo mandava su tutte le furie. Decise così di rimediare lui stesso all'errore. E svolgere quello che lui non era stato in grado di fare. Guardò il cielo. Si era totalmente tinto color del pece e non prometteva nulla di buono, ma al ragazzino non venne alcuna intenzione di ritornare da Anne e i pirati. Proseguì senza voltarsi indietro finché non raggiunse il porto. Lo trovò deserto. Tutti si erano riparati per la tempesta in arrivo. Quella parte del paese, pensò, non era mai stata così silenziosa.

 

Fece per andare nella vecchia baracca del pensionato marinaio Tullio per chiedere se da qualche parte aveva visto quei manigoldi. Però nei successivi quindici secondi tutto ciò che vide fu il nulla totale, bianco e pallido. Come se fosse entrato in un foglio bianco ancora da scrivere. Sentì un tremito solleticarlo in tutto il corpo, andò in iperventilazione mentre vibrava come la suoneria di un cellulare. Avvertì i capelli rizzarsi tutti sulla nuca, i vestiti strapparsi in varie parti e gli occhi chiudersi. Aveva caldo e provò la sensazione di tenere la mano sul fuoco troppo a lungo, su tutto il corpo. Sia all'interno che all'esterno. Non strillò. Aprì la bocca dalla quale non uscì nessun suono. Tutte quelle emozioni in così poco tempo vinsero sulla sua pressione che si abbassò abbastanza da farlo svenire.

Harry aprì lentamente gli occhi. Così lentamente che dopo i primi secondi ancora non vedeva granché. Si accorse di essere sdraiato di pancia sul polveroso e acciottolato terreno. Si sentiva come se avesse preso la corrente. Quando sollevò definitamente le palpebre, si accorse di stare fissando due paia di stivaloni neri. Alzò lentamente lo sguardo. Mettendo a fuoco ciò che era successo prima della perdita di sensi, ricordò di stare cercando una persona. E come per magia quella persona in quel momento si trovava davanti a lui a fissarlo.
Anne correva senza sosta. Se ne fregava del fiatone, della sofferenza di asma e del male ai calli. Riuscì a raggiungere il municipio prima di quanto pensasse. Non aveva mai corso così velocemente. Spalancò la porta senza neanche bussare: - Signor Sindaco! - gridò.
Un nonnetto baffuto, sobbalzò rovesciandosi addosso una tazza di caffè: - Signora Cox! - esclamò sorpreso ripulendosi - Cosa la porta ...
-La prego mi aiuti! - si limitò a dirgli la donna.

L'uomo col mantello, dopo aver sentito quelle farneticazioni da parte di quel ragazzino, perse le staffe. Innanzitutto lo sbatté contro una fontana e gli tenne ferma la faccia con il tacco del suo stivale: - Odio perdere del tempo con mocciosi bastardi come te - disse ad Harry.
-Devi chiedergli subito scusa! - disse il ragazzino attraverso la scarpa. Dimostrò un grande coraggio: - Come osi prenderti gioco di lui? - si sentiva ancora stordito a causa della brutta botta. Dopo essersi risvegliato aveva visto che i banditi stavano per prendere il largo e lasciare l'isola e sentendoli ancora ridere di Shane e i suoi uomini non si era più controllato e aveva cominciato ad urlargli contro cose come: "Non potete ridere di loro! Sono dei grandi pirati! Lasciate stare Shane, brutti stupidi!" ed aveva già ricevuto due schiaffi. Ma non versò neanche una lacrima. Per sua fortuna Anne, che era uscita a cercarlo lo aveva intravisto ed era subito corsa a chiamare aiuto.
-Hai usato parole troppo forti per la tua età - disse l'uomo col mantello sfiorando la spada - e questo mi ha fatto parecchio incazzare. Meriti una punizione esemplare - strinse forte la sua arma e fece per sfoderarla.

 

-No, aspetti! - disse una voce alle sue spalle. Si voltò. La signora Cox, insieme ad un vecchio coi baffi erano accorsi -Lasci andare il ragazzo! - lo scongiurò il sindaco - Non so cos'abbia combinato Harry, ma cerchi di capirlo ... è solo un bambino ... siamo pronti a darle qualsiasi cifra lei richieda per la sua liberazione. Lo risparmi, per carità!

-Signor ... Sindaco - balbettò il bambino.
-Un discorso parecchio commovente vecchio veterano - ghignò l'uomo col mantello - Ma la risposta è no! Questo bastardo è stato impertinente e non può passarla liscia! - ringhiò estraendo la spada.
-Non mi fai paura!- gemette Harry -Sei un maledetto maiale!
-Con questo hai firmato la tua condanna - disse l'uomo col mantello sollevando la spada - Addio, bamboccio.
-Harry! - singhiozzò Anne sul punto di svenire - La scongiuro non gli faccia del male!
A un certo punto, però, tutti furono distratti da una risata. Alzarono lo sguardo seguendola e videro che raggruppato interamente e con lo sguardo tranquillo, c'era l'equipaggio del capitano Shane, con lui in prima fila: - Mi sembrava strano che non ci fosse nessuno alla locanda - disse - Ciao a tutti. Ci si rivede.
-Shane ... - tartagliò Harry.
-Harry - lo salutò il capitano - a quanto pare ti sei cacciato come al solito nei guai - sogghignò - e non mi riferisco al fatto che sei spiaccicato al muro.
-Cosa? - esclamò l'uomo col mantello - E tu che vuoi?
-Sei stato colpito da una delle Folgori del Diavolo a quanto pare - continuò il rosso ignorandolo.
-Le Folgori del ... cosa?- chiese Harry confuso.
-Ma come, non sai cosa sono le Folgori del Diavolo? Ora rispondi a questa domanda, non è che ti senti strano come dire ... elettrizzato? - non ottenendo risposta capì di avere colto nel segno - Come sospettavo. Sei stato colpito dai leggendari fulmini grazie ai quali si acquisiscono poteri sovrumani. In più di un tatuaggio. Chissà tu dove ce l'hai! Sono proprio curioso di scoprire quale capacità hai acquisito!

 

-Stai zitto! - urlò l'uomo col mantello - Non so perché sei ancora in questo paese ... ma ti conviene sparire! - ma Shane non lo ascoltò e avanzò lentamente. Allora l'uomo col mantello fece un cenno ad uno dei suoi uomini che scattò premendo la punta della pistola contro la testa del rosso.

-Fai un altro passo e ti pianto una pallottola seduta stante! - lo minacciò.
Ma il capitano non aveva smesso di sorridere. Volse gli occhi verso l'uomo che lo teneva fermo: - A quanto pare ti piace scherzare col fuoco. Se mi punti in questo modo la pistola fai il gioco sbagliato.
-Ma che cazzo stai dicendo? - disse l'uomo.
-Che hai commesso un grosso errore. Tutto qui.
Si sentì uno sparo e una persona cadde a terra. Ma lo sparo non provenne dalla pistola dell'uomo. E la persona a cadere non fu Shane. Uno dei suoi uomini infatti era partito e prima che il suo capo facesse una brutta fine aveva fatto fuori l'uomo che lo aveva aggredito. E tutto questo masticando un pezzo di carne. Sembrava essere stato tutto programmato. Lui e i suoi uomini non persero la calma. E il sorriso.
-Ma come ... osano? - disse l'uomo col mantello. I suoi scagnozzi erano furibondi.
-Questo è sleale! - urlarono.
-Davvero? - disse Shane.
-Forse non vi è ancora chiaro con chi avete a che fare - disse il suo compagno con la fascia sulla fronte.
-Siamo dei pirati. Non dei santarellini! - continuò il suo capitano.
-Fate silenzio! - proferì l'uomo col mantello - Non avete alcun diritto d'immischiarvi!
Shane smise di sorridere. Tenne gli occhi nascosti dal cappello in feltro e parlò seriamente stavolta: - Ora aprite bene le orecchie perché non lo ripeterò una seconda volta. Poco fa, sono stato abbastanza paziente quando alla locanda mi avete svergognato. Mi avete deriso, ma ci sono passato sopra. Finché si scherza si scherza. Ma ... - sollevò lo sguardo. Gli occhi erano assassini e lo sguardo cagnesco: - c'è un limite a tutto! Non perdono chi osa fare del male a un amico!

 

Harry lo guardò sbigottito. Si stava per commuovere. L'uomo col mantello però non lo lasciò andare. Se la rise di gusto: - Sai quanto me ne frega! - poi ordinò ai suoi uomini - Portatemi i loro cuori! Ero intenzionato a fare un salto al mercato nero e ora ne ho i motivi! - e loro partirono alla carica con le spade ben tese.

Ma sotto gli sguardi di tutti, il più alto degli uomini di Shane, maneggiando il suo fucile si fece avanti. I suoi compagni non si mossero consapevoli di quello che stava per succedere. Infatti in breve, riuscì a mettere al tappeto gli avversari. Tutto da solo. E bastò soltanto colpirli alla testa con il manico del fucile. L'uomo col mantello era rimasto solo. Anne e il sindaco si abbracciavano sconcertati e più bianchi di un cadavere. Harry era scioccato: - Caspita ... - l'uomo col mantello ora era davvero intimorito.
-Sei solo un illuso - gli disse Shane - Se vuoi combattere contro di noi dovresti procurarti un'armata più valente, non ti pare?
- Un momento ... - disse l'uomo col mantello senza più sorridere - calmatevi ... io non ce l'ho con voi ... ma con questo bambino ...
-Sbaglio o avevi detto che sulla tua testa pendeva una taglia da 8 milioni? - disse il rosso - Probabilmente hanno commesso un errore di stampa! Dovevano fermarsi solo a 8! - si schioccò le mani - Ma mi va bene lo stesso!
Capendo di essere nei guai, l'uomo ricorse all'unica via di fuga. Sbatté a terra una strana palla di sabbia che si rivelò essere un fumogeno nero. Coprì a tutti la vista: - Ma che razza di scherzo è questo? - si chiese Shane quando il fumo si dilatò. Cercò con lo sguardo l'uomo. Ma non c'era traccia di lui ... né di Harry: - No, Harry! - gridò.

 

Si tolse il cappello e lo strinse con foga: - Merda! Me lo sono lasciato sfuggire! Se l'è portato via! - si lasciò un po' prendere dal panico - Che cosa facciamo adesso?

I suoi compagni cercarono di calmarlo: - Non temere, andremo a cercarlo.
-Maledizione - sussurrò colui che aveva messo fuori gioco l'intera banda di briganti - Speriamo in bene.

 

Ridendo a crepapelle, l'uomo col mantello se l'era data a gambe ed era riuscito a raggiungere il largo. Teneva Harry per la collottola. Lui faceva di tutto per dimenarsi ma inutilmente.

-Sono stato un fottuto genio! - disse l'uomo - Nessuno verrebbe a cercare un moccioso in mezzo al mare.
-Lasciami andare! - si lamentò il ragazzino - Sei solo un brutto bastardo! Shane ti prenderà e ti pesterà di brutto! Tu non sei niente in confronto a lui! Sei un codardo!

 

L'uomo gli rivolse uno sguardo omicida: - Ne ho abbastanza di te piccolo bastardo - ghignò - Da quel che ha detto Shane sei stato colpito da uno delle Folgori del Diavolo - gli strappò la maglietta rivelandogli il petto. E solo allora Harry si rese di avere uno strano tatuaggio. Raffigurava un insetto simile ad una farfalla, ma di più a una falena e due uccelli all'altezza delle spalle. Erano abbastanza grandi da ricoprirgli mezzo pettorale. L'uomo sorrise: - Ah! Riconosco questo simbolo. Il simbolo dell'estensione e della leggerezza. Allora devi essere stato colpito dalla Folgore Gom Gom! - gli agguanto la faccia facendogli parecchio male - Il che significa ... che sei diventato di gomma! - e sotto lo sguardo terrorizzato del ragazzo, il suo collo si allungò come se fosse il capo di una matassa. L'uomo glielo allungò per puro divertimento e quando lo mollò, questo tornò a penzolare normalmente come una molla.

-Cheeee? - esclamò Harry - Sono ... di gomma?
-Ahahaha! E' meglio che tu sappia che chiunque venga colpito da un fulmine del Diavolo perde per sempre la capacità di nuotare - sorrise più malizioso che mai - e questo è un punto a mio vantaggio!
-Cosa vuoi ... - ma prima di terminare la domanda, il povero Harry venne scaraventato tra le onde. Il contatto con l'acqua lo fece sentire come un pezzo di piombo. Di solito nuotava come un pesce, ma in quel momento si sentì come se entrasse nel mare per la prima volta. Annaspò cercando di rimanere a galla, chiamò aiuto, ma tutto quello che riuscì a sentire furono le risate euforiche dell'uomo col mantello.
-Addio bastardo! - l'uomo riafferrò i remi ed era sul punto di fuggire lontano. Ma alle sue spalle, improvvisamente, un'onda si rialzò e scoprì le fauci di una delle anguille più grandi del mondo. 

Si trattava di uno dei tanti mostri che popolavano i Mari. L'uomo gridò più di Harry, ma a differenza sua non durò a lungo. Infatti nessuno poté fare niente e quell'enorme creatura allungò le fauci contro di lui divorandolo al primo colpo. I denti sporchi ancora del suo sangue non riuscirono a saziarlo. I suoi occhietti rossi scorsero la persona che stava increspando l'acqua, tanto batteva le mani cercando di non andare a fondo. Harry guardò il mostro e gridò ancora più forte. Specie quando lo vide avanzare verso di lui e spalancare l'enorme bocca. Era molto affaticato e aveva bevuto molta acqua. Il respiro gli veniva difficile. Era la fine. Non poteva fare altro che lasciarsi trasportare sott'acqua fin quando non avrebbe chiuso gli occhi per l'eternità. Perché aspettare? Abbassò le palpebre e sentì il freddo dell'acqua avvolgerlo. L'ultima cosa che avvertì fu uno strappo. Poi tutto divenne buio.

Sentì una voce. Qualcuno lo stava chiamando. Una voce maschile: - Harry ... respira ... prendi quanta aria puoi ... non mi lasciare Harry ... ti prego ... - qualcosa gli salì in gola. Uno scroscio d'acqua. Tossì fino a vomitare e a lacrimare. Sentiva freddo e continuava a tossire mentre gli occhi diventarono due cascate. Qualcuno gli stava battendo fortemente la mano sulla schiena per aiutarlo a sputare quanta acqua possibile. Dopo un po' sentì lo stomaco vuoto e respirò profondamente mentre gli occhi offuscati individuavano l'ambiente. Si trovava sulla riva della spiaggia. Era vivo. Vicino a lui una voce diceva gioiosamente: - Oh, grazie al cielo stai bene - la riconobbe.
 

-S...hane - fu la prima cosa che disse con la gola secca. Si voltò verso il suo amico, ma ciò che vide lo paralizzò. Il capitano dai capelli rossi, infatti, gli era seduto accanto. Sorrideva. Era bagnato. Sanguinava e ... non aveva il braccio sinistro. Harry gridò e si coprì la bocca con entrambe le mani - Shane ... il ... il tuo ... - prima di terminare, lo vide avvolgerlo in un abbraccio e stringerlo al petto con il braccio destro. Harry non si mosse però riuscì a guardare oltre la riva, fra le onde. Qualcosa stava a galla tra di esse. La sagoma mastodontica di un anguilla che formava una pozza di sangue ... non solo suo: - Shane ... - ripeté Harry mentre altre lacrime fuoriuscivano dagli occhi - Tu mi hai ... il tuo braccio ...

-Non ha importanza - disse il rosso con voce tranquilla mentre lo stringeva affettuosamente - L'importante è che tu sia salvo - e la mezz'ora che passò, il ragazzino la trascorse a piangere, senza staccarsi da Shane.
 

Due giorni dopo quell'incredibile giornata dov'erano successe tante cose tutte insieme, la ciurma di pirati di Shane era pronta a prendere il largo. Harry e Anne, si trovavano al porto a salutarli. Stavano caricando a bordo della loro nave le provviste e avevano ancora qualche minuto prima di salpare.

-Allora stai andando - disse il ragazzino.
-Già - gli sorrise Shane - Abbiamo già perso troppo tempo ... dobbiamo riprendere il mare. Ti mancherò vero?
-Sì - confessò Harry un po' imbarazzato - mi mancherai molto. Ma ora so di poter contare sulla mia sicurezza e le mie forze. Non portarmi più con te.
Shane gli fece la linguaccia: - Non lo farò neanche se me lo chiedi in ginocchio! E comunque dubito molto che riuscirai nel tuo intento.
Harry s'imbronciò: - Lo vedrai! Un giorno formerò un equipaggio di uomini forti e valorosi e insieme solcheremo tutti gli oceani! Diventerò un pirata molto temuto e troverò il Grande Tesoro One Piece ... diventerò ... il Re dei Pirati! - tutti i membri della ciurma lo guardarono sorridendo.
-Wou - gli disse Shane - allora a me farai una pippa - esitò un secondo - in questo caso ... -Harry non fece in tempo ad alzare lo sguardo perché gli venne coperto dal cappello in feltro che il capitano gli aveva appena poggiato sulla testa - Te lo lascio. Sai quanto gli sono legato. Abbine cura - al di sotto del cappello, il ragazzino versò molte lacrime di commozione e gratitudine. 

Tenne stretto al petto il cappello anche dopo che la nave del rosso si allontanò dal porto. Lui e gli altri abitanti del suo villaggio salutarono i pirati con affetto. Guardò sorridente in mezzo alle lacrime, il suo amico che ricambiava a sua volta: - Ci rivedremo ancora - lo sentì dire - quando il tuo sogno si sarà realizzato. Quando sarai diventato un grande pirata, torna da me. Promettimelo ... Harry.

Louis guardò a lungo il suo compagno che osservava il suo cappello come se fosse la cosa più preziosa che possedesse. In un certo senso era così: - Cerca di non perdere quel copricapo - gli disse - so che gli ci sei molto affezionato - Harry gli sorrise.
-Hai ragione - disse rimettendosi il cappello in testa. Si stiracchiò e tornò a guardare l'oceano che scorreva sotto di loro - Allora, pensiamo a cosa procurarci per fare uno spuntino? Non ci vedo più dalla fame! - uno strano verso fece sollevare a entrambi lo sguardo. Uno strano rapace gli sorvolava. Sorrisero. Eccoli accontentati: - Ci penso io - disse Harry. Lanciò in alto il braccio come una corda e questo si allungò all'infinito. Agguantò la zampa del volatile. Però non riuscì a tirarlo giù. Era più forte di quanto immaginassero. Infatti fu viceversa. L'uccello accelerò il processo di volo, ma in questo modo trascinò con sé anche Harry, che venne ricongiunto col resto del braccio, venendo però sollevato a circa quindici metri da terra. Gli artigli del rapace lo agguantarono e riprese il volo: - Oh, oh - disse capendo di essere nei guai - AIUTOOOOOOOO!

 

Sotto di lui, Louis si era dato da fare e stava remando all'impazzata inseguendoli: - NON POTEVI STARE PIU' ATTENTO RAZZA DI IDIOTA? - gli urlò. Non doveva farselo scappare. Però un imprevisto lo distasse. Una richiesta di aiuto più vicina infatti, gli disse che c'era qualcuno nei dintorni. Ed ecco che tre uomini che lottavano con forza tra le onde, stavano sbracciando nella sua direzione.

-AIUTO! AIUTACI!
-Cazzo, ci mancava anche questo! - disse Louis. Si rivolse agli uomini - Aggrappatevi! - e passò davanti abbastanza lentamente da permettere a quei tre di afferrare i bordi della scialuppa a issarsi a bordo. Una volta saliti, però, rivolsero al ragazzo uno sguardo crudele.
-Grazie del passaggio. Ma ora ti conviene sgomberare, stronzo - tirarono fuori le armi.
Louis guardò prima loro, poi i tre uomini. Inarcò le sopracciglia. Peggio per loro.
Infatti entro due minuti riuscì a pestarli sufficientemente da farsi paventare.
-Ti chiediamo scusa - dissero loro fingendo di farsi gentili - Ma come facevamo a sapere che eri Louis, il Cacciatore di Pirati? Perdona la nostra irruenza, di solito siamo gentili con tutti - gli obbedirono prendendo i remi e dandosi da fare mentre lui osservava il cielo preoccupata.
-Per colpa vostra ho perso di vista il mio amico - ringhiò - Vi conviene darvi da fare se non volete che vi squarti il ventre come si deve!
-Sì subito agli ordini!

La ragazza dai lunghi capelli castani, era inseguita. Correva per le strade di un piccolo paesino tenendo stretta una mappa. Alle sue spalle una decina di uomini la richiamavano: - TORNA QUI SPORCA LADRA! - ma lei non si fermò e continuò l'avanzata. Doveva riuscire a seminarli il tempo necessario per saltare a bordo della sua barca e fuggire via. Però doveva ammettere che erano parecchio veloci. Ad ogni modo, un aiuto le arrivò ... dal cielo.

Harry infatti, dopo aver dato un calcio ben assestato al petto di quel volatile che lo aveva rapito, si fece mollare e precipitò esattamente tra lei e gli uomini. Sollevò un cumulo di pulviscolo. Tutti erano increduli. Non avevano ben specificato cosa fosse appena atterrato. In mezzo alla polvere si sentì una voce: - Accipicchia! Un volo così te lo ricordi per tutta la vita - e poi una figura umana alzarsi e sorridere - Ma come al solito non mi sono fatto niente!

TO BE CONTINUED

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Capitolo 5
*** Episodio 5 - Un Pagliaccio di Capitano ***




Tutti erano rimasti col fiato sospeso. Vedere come improvvisamente quel ragazzo fosse atterrato dal cielo non era una cosa che si vedeva tutti i giorni e li lasciò parecchio sconcertati.

Harry si stava pulendo il cappello dalla polvere e si grattava celermente la testa: - Ad ogni modo è stato divertente - si guardò intorno - Ma ora mi piacerebbe sapere che fine ha fatto Louis.

La ragazza dai lunghi capelli castani lo guardò a lungo e sorrise. Forse le era venuta un'idea per cacciarsi fuori da quel brutto pasticcio. Si rivolse al ragazzo col cappello in feltro come se lo conoscesse da una vita: - Capo! Grazie al cielo siete venuto a salvarmi! - lui la guardò senza capire. Era una ragazza carina che le sorrideva meramente.
-E tu chi saresti? - le domandò.

Gli uomini che si erano buttati al suo inseguimento, ritrovarono il valore e presero a mugugnare.

La ragazza mise nelle mani di Harry il rotolo di pergamena che stava stringendo e se la diede a gambe: - La lascio a te! Io ho già fatto la mia parte - gridò scomparendo in un vicolo.
Harry guardò il pezzo di carta senza capire.
-Così saresti il suo capo? - brontolò uno degli uomini puntandogli la spada contro - Sgancia il malloppo se non vuoi ritrovarti senza un organo interno!
Lui li osservò uno alla volta. Non badò affatto alle loro avvisaglie: - Scusate, qualcuno di voi ha visto il mio amico? - si toccò la pancia - E visto che ci siamo ... sapreste dirmi se c'è un ristorante da queste parti?
I tre lo guardarono a denti stretti. Il più grosso si fece avanti: - Ti faccio passare io la voglia di fare lo spiritoso! - e fece partire la mano che colpì forte la guancia di Harry arrossandola del tutto. Il suo cappello finì a terra. Non ci vedette chiaro e reagì tirando un pugno al suo aggressore così feroce da mandarlo al tappeto. Si rimise il copricapo in testa: - Non toccarlo mai più!- lo avvertì.
Gli altri due, indemoniati, partirono alla carica: - Ora vedrai, bastardo!

La ragazza, che era riuscita a saltare sul tetto di una piccola abitazione deserta, stava osservando la scena preoccupata: - Ora quelli lo ammazzano! - si disse. Ma si sbagliava. Eccome!

Infatti non vide chiaramente come fece, ma lo sentì gridare: - GOM GOM PISTOL - e poi scorse i tre pirati sdraiati a terra col naso sanguinante e qualche dente fuori posto.
-Non ... ci ... credo ... - balbettò. Harry la sentì e alzò lo sguardo: - Ma sei un fenomeno! - si complimentò lei saltando prima su un balcone e poi di nuovo in strada: - Li hai battuti a mani nude! 
-E' stato un gioco da ragazzi - disse lui con un po' di vanità - A proposito, vuoi dirmi chi sei?
-Sono una predona dei marinai e dei pirati. Mi chiamo Viola - si presentò -  Ma puoi chiamarmi Vivy.
- Harry. Molto lieto - ricambiò lui.
-Ei! - disse Vivy - Che ne dici di aiutarmi a rubare i tesori che cela quest'isola? Diventiamo soci?

Harry non era affatto allettato da quell'offerta e rifiutò. Poi le voltò le spalle e camminò senza sapere dove stesse andando. Lei alzò le spalle e fece per cambiare direzione, però quando lo vide cadere in ginocchio pensò che avesse bisogno di un aiutino. Quando lo raggiunse, comunque, si accorse che si stava solo lamentando.

-Cavoli! Sono ore che non tocco cibo! Sono sfinito!
-Se hai tanta fame posso darti qualcosa io.
Lui si alzò di scatto e le sorrise: - Wou! Come sei gentile! Andiamo allora!

 

Nel frattempo, nella piazza principale del paese, un gruppo di persone se ne restava riunito, seduto e in assoluto silenzio davanti una catapecchia di legno. Il loro capo stava tenendo una conversazione 

privata con uno di loro e non esigeva neanche il ronzio di una mosca.

L'uomo che gli si trovava di fronte deglutiva e si stringeva nello scialle di pelle che indossava. Il capo era girato di spalle, completamente avvolto dall'oscurità. La sua voce però si udiva. L'unico rumore del momento: - Non avete ancora ammazzato il ladro, vero?
-Purtroppo ... - balbettò l'uomo - ... è riuscito a scappare ... ma possiamo assicurarti che presto lo cattureremo - sorrise sperando in una soddisfazione.
-Mi avete deluso - disse però la voce avvolta nell'ombra - E questo non mi va bene.
-Mi rendo conto di aver fallito Capitano Wise ... ma cerchi di capire ... 
-Cosa dovrei capire? Sentiamo! - non ebbe una risposta. Quindi continuò: - Strano che qualcuno sia riuscito ad entrare qua dentro. Sai che quando vado a mangiare, lascio sempre un uomo di guardia. Cos'è successo?
-Ecco ... vede signore ... io ... 
-Non rispondere. Credo di sapere già come sono andate le cose. Sicuramente il ladro deve averti messo KO. E tu, incapace e differito come sei non hai saputo difenderti o chiamare aiuto e in questo modo hai dato la meglio a lui - il proprietario della voce avanzò - Come è successo? - disse profondamente.
-Beh ... - l'uomo non seppe da dove cominciare. Era terrorizzato all'idea di dire al suo capo che il ladro era una ragazza che era riuscita a persuaderlo e a manovrarlo come un burattino - era molto forte.
-Sai. Anche io sono molto forte. Non per questo sono ritenuto uno dei maggiori flagelli dell'oceano - un guanto bianco venne alla luce, teso verso l'uomo - E se qualcuno venisse a sapere che uno dei miei uomini più forti non ha saputo uccidere un solo semplice ladro, non credo che la mia reputazione sarà più la stessa.

 

-Capitano - singhiozzò l'uomo con le spalle al muro e lo sguardo impallidito - Mi perdoni ... le prometto che non ricapiterà! A-a-acciufferemo quel furfante e lo uccideremo sotto i suoi occhi.

-Ma come? Piangi pure, adesso? Tsk Tsk Tsk. Uno con la tua attitudine non deve piangere - una sagoma alta e longilinea partì all'assalto e fece ritrovare l'uomo con una mano stretta sulla gola.
-Mi ... perdoni ... - gemette lui tentando di sciogliere la presa.
-Sai che non tollero chi si prenda gioco di me. Chiunque osa ... finisce col ...?- lo sprintò a rispondere.
-Ga ... lle ... ggia ... re - disse l'uomo sperando nella sua misericordia.
-Esatto. E sai ... credo sia giunto il momento di insegnartelo!
-No ... la prego ... NOOOOOO

Tutti gli uomini al di fuori della catapecchia sussultarono e si misero in piedi col cuore a mille. Chi portava il cappello se lo tolse come rito funebre. Quando videro la porta aprirsi e il loro capo uscire e impartire ordini non azzardarono contestare: - Andate a cercare il ladro! E riportatemi la mappa! Se entro stasera non divorerò le cervella di quel farabutto ... lo sostituirò con le vostre. INTESI?

-Sissignore, capitano Wise! Ai suoi ordini!

 

-Così tu vivi in questa grande casa ... tutta da sola? - chiese Harry mandando giù un altro boccone di quel panino con prosciutto e lattuga.
Vivy scosse la testa: - Non è casa mia. Non abito qui. Ho visto che era vuota e mi ci sono accampata per qualche giorno. Per fortuna il frigo era pieno.
Harry guardò fuori dalla finestra: - Questa è la città più silenziosa che abbia mai visto.
-Lo so - disse la ragazza - gli abitanti si sono spostati dalla parte opposta perché sono terrorizzati dal Capitano Wise.
-E chi sarebbe?

-Il famigerato pirata che si è impossessato di quest'isola. Non si sa come dopo il suo arrivo sono avvenute molte scomparse e ritrovamenti di cadaveri. Soprattutto di bambini.
-Che cosa?! Ammazza i bambini! Credo che andrò a fargli una visitina.
-Cosa? Vorresti batterti con lui? Sei fuori! Ti ammazzerebbe ancora prima di iniziare il duello.
-Questo è tutto da vedere. Infondo hai visto come me la sono cavata con quegli uomini! E poi non volevi il mio aiuto?
-Certo! Per rubare tutte le sue preziosità ma non per ucciderlo!
-Bene. Una volta che l'avrò ucciso tu potrai prenderti tranquillamente tutti i suoi tesori.
La ragazza lo guardò allibita: - Ma fai sul serio?
-Ovvio! Non posso permettere che un killer di bambini agisca senza interventi! - vedendo che l'aveva completamente zittita, cambiò discorso - Così sei una ladra.

-Oh ... sì - sorrise lei - Però mi concentro a depredare soprattutto i pirati. Perché si sa. Ci sanno fare con le ricchezze. Vedi, io ho un obbiettivo nella vita. Ottenere la somma di cento milioni di danari.

-Incredibile! E cosa te ne fai di tutto sto denaro? Ti basta per una vita!
Lei abbassò lo sguardo e voltò dall'altra parte del soggiorno: - Sono affari miei - prese dal tavolo il rotolo di pergamena. Harry non sapeva cosa farsene visto che non era a conoscenza neanche del contenuto: - Ad ogni modo, se riesco a decifrare la mappa nautica del Grande Blu, riuscirò a trovare i pirati più benestanti. E raggiungere quella somma sarà un gioco da ragazzi.

Il ragazzo finì di bere il suo bicchiere di birra e la guardò improvvisamente interessato: - Decifrare una mappa? Fammi capire ... sei un marinaio?

-Non esattamente - disse Vivy - Però ci so fare con la navigazione e me la so cavare meglio dei normali marinai.
Harry si alzò e le sorrise: - Ma questo è fantastico!
Lei lo guardò confusa: - Perché?
-Stammi a sentire - esclamò lui - Ho una proposta. Vuoi salpare con me e venire a far parte del mio equipaggio?
-Equipaggio?
-Sì. Sono un pirata.
Vivy divenne improvvisamente stizzita: - No! - incrociò le braccia - Quindi sto parlando con un predone del mare?
-Proprio così. Vedi - si tolse il cappello - Tempo fa promisi ad un caro amico, di formare la ciurma più temuta dell'oceano e di trovare il tesoro One Piece, diventando così il padrone di tutti i mari!

La ragazza batté le mani sul tavolo: - Ti ripeto che sono una ladra che ruba ai pirati! Non vedo perché dovrei diventare una di loro! Ho un avversione per quelli come te.

-Dai, non farti pregare, Vivy. Vieni con noi - insistette lui.
-Toglitelo dalla testa! - disse quasi in un grido.

La loro discussione venne però interrotta da due voci che provenivano da fuori: - Li hai trovati? - guardarono fuori dalla finestra restando in ginocchio. Due uomini stavano confabulando con aria frettolosa. Li riconobbero. Erano due del trio che Harry aveva fatto fesso poco fa.

-No. Non sono neanche qui.
-Maledizione! Se non troviamo quei mocciosi entro stasera, saremo il suo prossimo pasto!
-Se becco quello stronzo col cappello, giuro che lo riduco in poltiglia! Scoviamoli al più presto - e si spostarono correndo dalla parte contraria.
-Dannazione - sussurrò Vivy - Ci stanno cercando! - le venne in mente uno stratagemma. E si rivolse ad Harry sorridendo: - Facciamo così: se mi farai un favore mi unirò a te.

Harry fu raggiante: - Sul serio? Dimmi cosa devo fare. Farò qualunque cosa!

Lei non smise di sorridere: - Una cosa che, sono sicura, sarai d'accordo di svolgere. Devi venire con me dal Capitano Wise.
-Ma certo! Infondo avevo intenzione di andarci lo stesso.
-C'è una piccola eccezione - continuò la ragazza. Ed ecco che tirando fuori dalla tasca un pezzo di corda molto spessa, avvolse con essa i polsi del ragazzo immobilizzandolo.
-Perché ora mi hai legato? - chiese lui.
-Per essere proveniente. Non ti dispiace vero?
-Affatto. Anzi, sono proprio curioso di conoscere questo pirata assassino. Muoviamoci.
-Non darmi la precedenza. Devi sembrare mio prigioniero.
-Mentre andiamo mi spiegheresti il tuo piano?
-No. Lo capirai!


Non si fecero attendere molto. E fecero un favore ad alcuni di quei pirati. Il loro comandante infatti, scontento del loro fallimento, era già pronto a farli fuori, quando uno degli uomini di guardia arrivò di corsa portando la notizia che due ospiti inattesi erano giunti fin lì per parlare con lui.

-Chi sarebbero? - chiese il capitano.
-Si tratta della ragazza che ci ha derubati - rispose il suo scagnozzo.
-Cooosa? - esclamarono gli altri all'unisono.
Il Capitano rimase parecchio meravigliato. Si grattò il mento per qualche minuto. Poi però si decise: - Portala da me- ordinò.
Qualche minuto più tardi, due ragazzi gli si stavano avvicinando. Si trattava di una bella ragazza che camminava fiera e a testa alta e di un ragazzo con i polsi legati dietro la schiena che veniva spinto rudemente da lei.
-Sì sono loro!! - disse uno che riconobbe il giovane che lo aveva messo al tappeto.
Quando i due si ritrovarono di fronte il capo di quella banda di pirati, altro non videro che un clown. Aveva il viso dipinto di bianco, il naso rosso, la testa calva, i capelli rossi dietro le orecchie, le labbra dello stesso colore, due sopracciglia disegnate con un pennarello e una calzamaglia colorata con merletti e guanti.

Metteva molta smania, ma Vivy prese quanto fiato riuscì e parlò spingendo Harry in avanti: - Eccovi il ladro capitano Wise - disse. Poi si avvicinò al clown e gli porse un rotolo di pergamena: - Insieme a lui la mappa che vi era stata sottratta.

Il pagliaccio la prese e la esaminò per controllare che non si trattasse di un falso. Guardò la ragazza di trasversale: -Questo tuo gesto mi sorprende parecchio. Cosa ti ha spinto a tradire il tuo capo?
Vivy sorrise: - Durante una discussione mi ha confessato di volersi tenere lui il 50% del vostro malloppo e non mi sembrava giusto, dopo tutto il lavoro che ho fatto per lui. Così l'ho imprigionato a tradimento! - lo derise indicandolo.

Tutti gli uomini la guardarono increduli. Anche Harry, che forse stava lentamente capendo l'idea di Vivy. Non aveva dubbi, tanta ingegneria gli sarebbe servita nel suo viaggio.

-Inoltre capitano - continuò lei - Sono venuta per chiederti ... se vorresti prendermi nella tua ciurma.
-CHEEE? - strillarono tutti.
-Esatto - sorrise Vivy - Durante i miei viaggi per mare molte volte ho sentito parlare della grandezza del leggendario Capitano Wise, e ora che ho l'occasione di diventare una dei suoi, non voglio certo tirarmi indietro - in cuor suo sperò di essere stata abbastanza convincente.

 

Il pagliaccio rimase davvero stupito dalle parole di quella giovane. All'apparenza sembrava uno spuntino delizioso. Però dopo aver sentito che lo riteneva una "leggenda" e che unirsi a lui significava realizzare il suo più grande sogno ... tolse questa ipotesi. Sorrise.

-Si vede che sei un vero peperino. Benvenuta nella ciurma!
-Evviva!- fece finta di gioire lei.
Vide il Capitano Wise afferrare Harry per le spalle e spingerlo tra le grinfie dei suoi uomini: - Occupatevi di lui.

A Vivy balzò il cuore in gola. Una brutta sensazione la pervase.

Ma si tranquillizzò quando vide che lo stavano semplicemente spingendo in una gabbia portatile per leoni.
-Ti piace questa tua sistemazione? - lo sfotterono mentre sigillavano i cinque lucchetti.
-Oggi sono proprio di ottimo umore - la ragazza non si accorse subito che il clown stava parlando con lei- Dimmi dolcezza, qual è il tuo nome?
-E' ... Viola ... chiamatemi Vivy.
-D'accordo Vivy - sorrise il pagliaccio - Allora per festeggiare il tuo arrivo, daremo un grande banchetto questa sera. È una giornata favolosa! - gridò accompagnato dalle grida medesime dei suoi uomini.

Così, poche ore dopo, tutti stavano svuotando barili interi di rum, addentando qualsiasi tipo di carne, brindando alla nuova benvenuta, cantando stonatamente e ballando indecentemente. La ragazza si tenne a debita distanza dai più alcolizzati e si limitò, per entrare meglio nella parte, a deridere i giocatori dello Knife Game e scommettere su quanti drink riusciva a ingurgitare. Una vera e propria tamarra.

Harry intanto osservava tutto questo con la pancia che brontolava. Gli venivano lanciati pezzi di avanzi come se fosse un cane, ma si attribuì a non tentare la fuga, curioso di vedere cos'altro avesse in mente Vivy.
 

Lei intanto beveva a sazietà e mangiava con ingordigia. Cercava in tutti i modi di entrare nel personaggio e non farsi sgamare. Brindava al suo "Nuovo Capitano" e per altre cose restò muta.

Ad un certo punto della festa, Wise richiamò l'attenzione di tutti: - Ascoltate! Mi è venuta un'idea per riscaldare l'ambiente - chiuse l'occhio - Avete capito vero?
-Sì! - esultarono gli uomini.
-Bene! Allora preparate il Cannone Penny!
Vivy non capì esattamente a cosa si riferisse, però guardò gli scagnozzi del clown, trainare a mano un grandissimo cannone proprio al centro della piazza. Un altro portò una grossa palla di cannone laccata di rosso e ce la infilò dentro. Quando toccò il fondo provocò un fortissimo rumore.
-Cosa state preparando? - chiese la ragazza.
-Ti divertirai. Credimi - ghignò Wise - E' una Palla Calibro 28 da 79 centimetri! Grazie ad essa, tutti gli altri pirati mi temeranno. E credimi mia cara, possedendo il cannone Penny e il potere della Mia Folgore del Diavolo, sarò imbattibile!
-Questo ... è molto bello - disse Vivy - Ma come mai ora hai caricato il cannone?
-Molto semplice - sorrise il clown voltandosi minaccioso verso il ragazzo in gabbia. Afferrò il polso della ragazza e gli mise in mano una scatoletta di fiammiferi. Poi la trascinò di fronte il cannone. A un passo dalla miccia: - Ora voglio che punti il cannone Penny contro il tuo amico e lo faccia saltare in aria.
-Che cosa?- esclamarono i due ragazzi all'unisono.
-Proprio così - sorrise il pagliaccio - E questo tuo minuscolo atto, piccola, servirà a dimostrare la tua fedeltà nei miei confronti. Quel bastardo d'un ladro avrà la fine che si merita. Lo finirei io stesso ma vedi ho appena mangiato.

Harry deglutì quando vide che il cannone era puntato diritto nella sua direzione: - Oh, cazzarola!

Vivy cominciò a sudare. Tutti la esortavano a sparare. Rimase paralizzata e col fiato sospeso. Le opzioni erano due, o si rifiutava e finiva con la testa su un piatto d'argento o quel ragazzo sarebbe andato all'altro mondo. Non sapeva che decisione prendere. Era molto confusa. E intanto il tempo passava.

 

Louis, nel frattempo era approdato al molo di Float. Con lui portava i tre uomini che terrorizzati dalla sua superiorità non potevano fare altro che obbedirgli.
-Allora - chiese loro - Dove si trova questo vostro capitano?
-Nella piazza principale, al centro della città - risposero loro.
-Vi conviene portarmi subito da lui - disse Louis mettendo una mano sulla spada - Adesso.

-Insomma Vivy, perché ci metti così tanto? - il capitano Wise stava cominciando a perdere davvero la pazienza - Cosa stai aspettando? Obbedisci! Spara addosso a quel ragazzino! Non fare la guastafeste! - la ragazza deglutiva e teneva stretto il fiammifero. Le mani le tremavano, così come le labbra.
Harry la guardò per un po': - Sembri spaventata - le disse. Lei alzò lo sguardo su di lui - Sei bianca cadaverica. Ecco cosa succede a mettersi insieme a dei pirati con tanta leggerezza.
-Di cosa stai parlando? - esclamò lei - Meglio ammazzare le persone?
Harry scosse la testa: - No - le sorrise - Parlo del coraggio di rischiare la propria vita.
A Vivy si sgranarono gli occhi e aprì la bocca. Stava per ribattere quando sentì qualcuno afferrarle un braccio. Un uomo le aveva strappato dalle mani il fiammifero: - Senti, bella, non possiamo stare qui una vita. Ora ti mostro io come si fa - accese la fiammella e l'avvicinò alla miccia.

Vivy si fece prendere da un'ondata di rabbia. Un istinto dentro di lei partì- tirò fuori il pugnale dal quale non si separava mai e con forza usò la manica per colpire l'uomo sulla testa. Questo finì sdraiato e con una ferita aperta sulla fronte. Tutti si zittirono. Lei tremò come una foglia: - Oh, merda!
-Vivy - la richiamò il clown con sguardo omicida - Hai cinque secondi per spiegarmi il motivo del tuo gesto!

Lei inspirò tutto d'un fiato: - L'ho fatto per un motivo. Non voglio diventare un pirata assassino come voi. Uccidere le persone innocenti va contro i miei principi! Anche se si trattasse di uno sciocco come quello!

Harry chinò la testa: - Bene, alla fine ti sei decisa a salvarmi la vita.
-Non farti venire strane idee! - replicò lei - L'ho fatto per me stessa!
Il ragazzo in gabbia alzò le spalle. Poi però lanciò un urlo quando si accorse di una cosa: La miccia del cannone era ancora accesa e si stava consumando poco a poco: - Vivy! Fa qualcosa!
-Brutta sgualdrina! - gridò intanto il pagliaccio - Come osi prenderti gioco di me? Uccidetela! - e i suoi uomini partirono alla carica con le armi ben pronte.

La ragazza riuscì a schivarli due volte e li oltrepassò di giro. Corse a più non posso verso il cannone che era quasi giunto alla fine. Il tavolo con le bevande era troppo vicino. Non le restava che una cosa da fare. Allungò dunque le mani e le chiuse a pugno intorno alla fiammella. Strillò, sudò, pianse e la faccia le divenne rossa.

-Vivy, no! - Harry riuscì a liberarsi le mani dalle corde, ma restava ancora il problema della gabbia.
La buona notizia era che Vivy era riuscita a spegnere la miccia. Ormai debole e con le mani ustionate si accasciò a terra a sudare: - ATTENTA! - gli urlò Harry che vide tre uomini pronti a colpirla alle spalle. Se ne accorse troppo tardi. Chiuse gli occhi aspettandosi il peggio.
Però non nessuno la trafisse.
Infatti una grossa figura le si era parata davanti e aveva bloccato le spade ... con altre tre.
-Vergognatevi! - disse una voce - Numerosi come siete, contro una sola avversaria! Siete sleali! - quando la ragazza si voltò, vide i suoi aggressori distesi a terra e un ragazzo che puntava loro contro tre spade.
Harry andò fuori di sé dalla gioia: - Louis! Sei arrivato! Sapessi come sono contento di vederti!
Il ragazzo si voltò verso Vivy: - Sei ferita? - le chiese. Lei scosse la testa e lui si rivolse ad Harry: - Certo che per essere giovane vai in giro a cercare guai come se fossero puri divertimenti! Ti ho lasciato nel becco di un uccello e ti ritrovo chiuso in una gabbia come un topo!
-Sono gli imprevisti della vita! - ribatté scherzosamente il suo amico.

Intanto tra gli uomini di Wise si era scatenato un mormorio:

-Louis? Ho sentito bene?
-Sì l'ha chiamato così!
-Lui sarebbe il cacciatore di taglie temuto da tutti i filibustieri?
-E' incredibile ha sconfitto sei uomini da solo!
-Meglio stargli alla larga.
Il loro capitano avanzò spingendoli da parte e si rivolse al ragazzo: - Così tu saresti Louis, il Cacciatore di Pirati? - Louis si voltò a squadrarlo - Certo, da come ti descrive la gente, passi di più per un uomo forte e muscoloso, invece che un moccioso tutt'ossa! Sei venuto per incassare la taglia sulla mia testa?
Il ragazzo gli voltò le spalle: - No. Non m'interessa quanti vali. E non m'interessi tu. Ho smesso di dare la caccia ai Pirati.
-Beh, piccolo bastardo, non me ne fotte un accidente il motivo della tua visita. Tanto ti ammazzo lo stesso!
Louis lo guardò con aria di sfida: - Provaci!
-Con immenso piacere! - Wise tirò fuori dalle tasche due coltelli molto lunghi e affilati e gli lanciò come acrobata di un circo - Allora preparati, perché la tua testa sarà l'ultima cosa che divorerò! - sorrise leccandone la lama. I suoi uomini lo incoraggiarono ad eliminare quel ragazzo. Lui intanto si preparava mettendo in posizione le tre spade. Due impugnate, la terza in bocca. Vivy si fece da parte.
Quando il pagliaccio partì, si scagliò su Louis come fa un leone con una scimmia. Ma il ragazzo, più svelto, eseguì una Punta Roversa perfetta. Ovvero, allargò il gomito e mosse il pugno verso il fianco. In questo modo la sua arma aveva compiuto una completa rotazione che fece filtrare la spada sull'avambraccio del clown, mozzandolo. Lui cadde a terra mentre il resto dalla spalla in giù li piombò accanto. Non si mosse.

Louis, soddisfatto, ripose le spade nel fodero: - Ti avevo avvertito.

-Sei stato grande, amico! - si complimentò - Quello stronzo ha avuto quello che si meritava.
Un rumore interruppe le loro chiacchiere. Delle varie risate. Si voltarono e videro che gli uomini di Wise se la stavano godendo alla grande, come se si trovassero al cinema al momento più comico di una commedia.
-Che hanno da ridere? - pensò Vivy ad alta voce - Non capisco ... il loro capitano è appena morto e loro ...
-Che vi ridete, pazzoidi?- chiese Harry ancora dentro la gabbia.
-Vorrei sapere cosa c'è di tanto divert ... - Louis non finì al frase. Gli occhi gli si spalancarono e dilatarono, cominciò a sudare e ad avere conati di vomito. S'inginocchiò toccandosi la milza ... dov'era appena trapassata una spada.


Vivy gridò, Harry chiamò il nome dell'amico più volte. Poi entrambi videro con stupore cos'era successo ... la mano mozzata di Wise ... si era alzata e aveva trafitto il ragazzo alle spalle. La rimosse lentamente. Louis si premette la mano sulla ferita mentre chiedeva a gemi chi fosse il responsabile. Con orrore vide il corpo del clown rimettersi in piedi e il braccio riattaccarsi come se fosse fatto di plastilina.

-Folgore del Diavolo - sorrise il pagliaccio - Il Fulmine di Taglia e Incolla! - si scoprì una parte del petto dov'era tatuata una forbice (l'insetto) - Grazie a questo potere, ora le parti del mio corpo si possono smembrare e rimembrare a proprio piacimento! Puoi anche farmi a fette, ragazzino, ma i miei arti torneranno a posto! Te lo garantisco! - e se la rise alla grande.
-Non ci posso credere ... - balbettò Vivy impallidita - E' ... smontabile ... ho sentito spesso parlare delle Folgori del Diavolo ma credevo fossero una leggenda ...

Louis respirava ancora. Fortunatamente per lui, aveva il corpo molto robusto, quindi una ferita del genere non lo uccise, ma lo indebolì. Sudava e tossiva.

-FINISCILO, CAPO! - lo esortarono i pirati.
-Sarà un onore per me - disse Wise. Sollevò il coltello dalla parte del manico, pronto ad abbassarlo sul ragazzo.
-SEI UN CODARDO! - lo fermò una voce assai acuta - SOLO I VIGLIACCHI COLPISCONO GLI AVVERSARI ALLE SPALLE! NON SEI UN LOTTATORE LEALE! SEI SOLO UN PAGLIACCIO DI MERDA CON UN NASO FINTO! -tutti si ammutolirono. Vivy indietreggiò ancora, gli uomini sbiancarono. Nessuno si era mai rivolto così al loro capitano. O meglio ... nessuno era mai riuscito a farlo.

-Come hai osato chiamarmi, figlio di una troia? - ringhiò il pagliaccio voltandosi piano, piano verso la gabbia. Non esitò neanche un attimo - LA PAGHERAI! - e fece volò verso il ragazzo facendo partire un affondo violentissimo.

-HARRY! - esclamò Louis alzando lo sguardo.
Ma il capitano non ebbe la morte che sperava. Infatti Harry era riuscito a deviare il colpo e ad allontanarlo con un pugno attraverso le sbarre: - Preparati bastardo, perché io ti ucciderò!

Il pagliaccio si rimise in piedi: - Uccidermi? Non essere ridicolo! Io sono invincibile! Sono un divoratore di uomini e bambini! Finirò per divorarvi tutti! E lo farò in modo così lento e doloroso che, credetemi, non lo sentirete nemmeno! Partirò dal tuo amico!- si voltò verso Louis. Ma rimase sconvolto, quando vide che il ragazzo era riuscito a rimettersi in piedi e ad impugnare nuovamente le spade - Ora ti sistemo io! - Wise cominciò a muovere le spade addosso a lui come se stesse dando pugni al muro. Louis riuscì più volte a pararle. Poi, sapendo che l'infilzamento sarebbe stato inutile, fece un piccolo sgambetto al clown, il tempo necessario per aggirarlo e correre dalla parte opposta. Raggiunse il retro del cannone Penny, ormai spento e lo girò nell'altra direzione: verso il capitano e i suoi uomini: - Accendi ... la miccia ... - ordinò esausto a Vivy, crollando di nuovo in ginocchio.

-D'accordo - lei non obbiettò. Prese un altro dei fiammiferi.
-No ... aspetta ... non facciamo scherzi ... - balbettò il clown, per la prima volta col volto spaventato. I suoi uomini si nascosero dietro di lui - Dentro il Cannone c'è una Bomba Penny ed è mortale... non lo fare ... - provò a convincere la ragazza. Lei però con le mani ancora doloranti, puntò la fiammella contro la miccia e l'accese.
Poi lei e Louis andarono a ripararsi sotto la tavolata con le orecchie tappate: - No! Spegnetela subito! - continuava a ripetere il pagliaccio senza risultati.
La miccia non impiegò molto a consumarsi ... e in breve caricò del tutto. Il cannone sparò.

 

TO BE CONTINUED

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Capitolo 6
*** Episodio 6 - Il Domatore domato ***




Il bianco del nulla. Un'accecante luce color nuvola avvolse tutto e tutti quando il cannone Penny sparò. Si sollevò una gran quantità di cemento di un palazzo che crollò pezzo a pezzo e spazzò via tre o quattro case. Di Wise e i suoi uomini neanche l'ombra. Non si seppe se erano riusciti a fuggire o fossero rimasti uccidi dalle radiazioni. Ma non era questa la cosa importante al momento.
Louis, riuscì a smontare i lucchetti della gabbia dov'era rinchiuso Harry e a liberare l'amico. Era ancora molto debole oltretutto. La ferita era ancora aperta e perdeva molto sangue. Il ragazzo col cappello in feltro lo fece appoggiare alla sua spalla e insieme si fecero strada nel mezzo del fumo.

 

Si allontanarono dalla piazza principale, facendosi strada nelle minuscole vie della cittadina. Di tanto in tanto Louis gemeva di dolore e tossiva.

-Dimmi se posso fare qualcosa - gli chiese l'amico.
-Non ... preoccuparti - balbettò lui tenendosi la ferita ben premuta - E' solo ... una piccola ... abrasione.
-Non dire idiozie - disse una terza voce. I due si voltarono accorgendosi che non avevano imboccato quella strada da soli. Accanto a loro c'era Vivy che seguiva la loro stessa andatura frenetica:- Non puoi sforzarti con quella ferita! Dobbiamo trovare un medico! - disse.
-Harry - domandò Louis - Mi dici ... chi è lei?
-Lei è Vivy - la presentò il ragazzo - ed è la nostra navigatrice!- disse radioso.
-Hai preso un granchio! Io non sono il navigatore di nessuno!- negò la ragazza.
-Ti assicuro ... che sto benissimo - digrignò Louis cercando di resistere al dolore.
Lei era stupefatta. Come faceva, con quell'apertura profonda a dire che andava tutto per il meglio? In effetti a parte il sangue che fuoriusciva e la faccia sudata, camminava come se stesse alla grande.
-Incredibile. Si comporta come se non sentisse niente ... - pensò a bassa voce - Ma si vede che sta soffrendo - poi si disse che infondo a lei non gliene doveva importare proprio nulla. Quei due infatti erano comparsi nella sua vita per pura casualità. Grazie a loro era riuscita ad evitare una brutta fine, però ora doveva rimettersi in sesto e concentrarsi sulla sua missione. Per questo svoltato il sesto vicolo cambiò direzione, lasciandoli confusi.

 

Intanto, nelle profondità dei sotterranei di una vecchio arsenale, seduto comodamente su una poltrona e tenendo lo sguardo puntato sui suoi uomini feriti, Wise dettava ordini ben precisi. Alcuni di loro non erano sopravvissuti al botto, ma quelli che erano ancora vivi bastavano e avanzavano. Era molto furioso. Per fortuna i cadaveri delle vittime riuscirono a tirarlo su di morale. Adorava le carni spellate un po' abbrustolite dal cannone Penny. Si asciugò il muso sporco di sangue e si rivolse allo scagnozzo più vicino. Non sembrava affatto spaventato di essere il prossimo dessert: - Quel terzetto di merda, crede di avermi messo fuori gioco - disse - Hanno trovato pane per i loro denti! - scrutò l'uomo con circospezione. Lui intanto accarezzava la criniera di un grosso felino che gli dormiva accanto: - Sai già cosa devi fare - disse il clown.

L'uomo sorrise: - Uccidere Louis. Sarà un giochetto da ragazzi.
 

Tornando ai due ragazzi, si erano fermati in una piazzetta dalle minuscole case, seduti sul portico di una che sembrava abbandonata da tempo. Louis aveva smesso di gemere. Con un fazzoletto aveva tappato la ferita che però ancora pulsava di brutto. Si ritenne molto fortunato ad essere ancora vivo.

-Chissà se c'è un ospedale da queste parti - disse Harry.
-Non ce n'è bisogno - provò a convincerlo l'amico - Sento ... di potercela fare.
-Sarà come dici tu. Io propongo di chiedere ad un medico. È più esperto di te in queste cose non ti pare?

 

Louis stava per ribattere. Però qualcosa catturò i suoi occhi e la sua attenzione: - Ei, non siamo soli - Harry abbassò lo sguardo. In piedi di fronte al portico dove si trovavano, c'era un barboncino. Lo sguardo perso nel vuoto e gli occhietti poco vispi.

-Uh, un cane - rise Harry inginocchiandosi. Senza vedere alcuna reazione da parte sua, incrinò la testa: - Ma è impagliato o sta dormendo all'in piedi? - provò a toccarle la testa, ma ecco che il cane scattò azzannandogliela. Harry la ritirò subito. Non sanguinava però c'era ancora il segno dei denti: - Brutto sacco di pulci!- lo insultò - A quanto pare sei cresciuto tra i cassonetti! Oh ... Vivy! - non si aspettava di rivederla così presto.
La ragazza infatti, dopo averli lasciati, si era persa in un labirinto di curve, che l'avevano fatta sbucare nella stessa zona dove erano spuntati loro.
-Oh, ancora voi! - disse seccata.
-Come va ... navigatrice? - la salutò Louis.
-Vi ripeto che non sono la vostra navigatrice!
Harry stava per reiterare, ma il cane che lo fissava ancora in "cagnesco", gli saltò addosso cercando di azzannargli la gola. Non sentì niente a causa del corpo di gomma, ma cercò in tutti i modi di scrollarselo di dosso: - Insomma! Basta! Smettila! Ma che cazzo ti ho fatto?
-In effetti sembrava lo stessi stuzzicarlo - quella voce non apparteneva a nessuno dei tre.
Un signore infatti, si stava avvicinando al trio. Era un vecchietto con bombetta e giacchetta. Senza barba ma con pochi capelli bianchi.
-E lei chi è? - domandarono i ragazzi.
-Ho l'onore di essere il sindaco di questa città. Voi piuttosto chi diamine ... - non finì la domanda. Non ci mise molto ad accorgersi della maglia sanguinante di Louis - Oh, ragazzino ... ma tu sei ferito ... hai bisogno di cure immediate. Scommetto che è stato quel mascalzone di Wise a conciarti così! Vieni. Devo avere una cassetta di pronto soccorso a casa mia - senza opporsi, il ragazzo lo seguì in un alto edificio.

 

Mentre aspettava il loro ritorno, Harry incrociò le mani imbronciato. Infatti, quello strano barboncino si faceva accarezzare senza problemi da Vivy, mentre guardava lui ancora con i denti sporgenti.

-Ha un collare - disse leggendo una piccola targhetta - Si chiama Cherif.
-Non so cosa gli abbia detto o fatto per farlo irritare.
-Probabilmente non sopportava che lo toccassi o lo guardassi a lungo.
-E' molto strano - il sindaco uscì dall'edificio - Ho avuto il tempo di disinfettarlo e bendarlo. Secondo me dovremo portarlo all'ospedale, ma è così ostinato!
-Come sta Louis? - domandò Harry.
-Ha detto che avrebbe ripreso le forze facendosi una bella dormita. Sta sonnecchiando tranquillo nella mia stanza.
Sapendo che il suo amico stava bene, il ragazzo volle interrogare il sindaco: - Mi scusi, è suo questo cane?
-No. Non è di nessuno a dire il vero - rispose l'uomo.
-Cosa se ne fa qui da solo a fissare il vuoto?
-Fa la guardia a quel negozio - indicò un'insegna posta sul tetto del portico dove si trovavano. Recitava le parole DOG'S PARADISE col disegno di un cane che sgranocchia un osso.
-Oh! - esclamò Harry - Ma allora è un negozio di cibo per cani - se la rise - Sicuramente aspetta l'apertura per potersi fare una bella mangiata.
-Non esattamente, figliuolo - lo corresse il sindaco - Ad essere sinceri questo posto è chiuso da anni.
-Davvero?
-Sì. Il proprietario, che era anche un mio carissimo amico, è scomparso da poco senza eredi a cui lasciarlo - abbassò lo sguardo. S'inginocchiò ad accarezzare il cucciolotto e gli lasciò sotto il muso una piccola scodella piena di croccantini che cominciò subito a sgranocchiare - Dovete sapere che era anche il suo padrone. L'unica persona che gli era rimasta al mondo. Adesso è solo. E tocca a me nutrirlo. Ha avuto un ictus improvviso e mentre veniva portato all'ospedale, promise a Cherif di tornare. Ma in cambio lui avrebbe dovuto fare la guardia al negozio. Da quel giorno non si muove da questa piazza. Questo posto per lui rappresenta un tesoro inestimabile. E credo già sappia che il suo padrone non tornerà più a casa.
-Che tristezza - sospirò Vivy grattando le orecchie del cane.

 

Harry stava per riprovarci a fargli almeno una carezza. Ma all'improvviso, la scodella del mangime traballò e un rumore somigliante a quello di enormi passi, provenne dal retro di una casa dal tetto nero. Il ragazzo strinse gli occhi per visualizzare attentamente. Riuscì ad intravedere una grossa zampa, accompagnata da un corpo felino, uscire allo scoperto. Appartenevano entrambi ad un leone. Un grande gattone con gli occhi gialli e la criniera ... lilla? Vivy e il sindaco strillarono sobbalzando all'indietro. Cherif ringhiò e Harry rimase molto impressionato.

Il leone si avvicinò a passo fulmineo. Accanto a lui c'era uno strano tizio. Indossava un mantello con cappuccio di pelle bianca e stringeva nelle mani una lunghissima frusta. Si fece avanti e con un gesto della mano fece fermare la belva. Si rivolse ai ragazzi: - Salve gente. A quanto pare non siete andati molto lontani.
-Chi sei? - chiese Harry.
-Mi chiamo Morty. E sono uno dei più forti scagnozzi al servizio del capitano Wise. Il più fedele, forse.
Il sindaco indietreggiò: - E' il domatore di belve feroci! - spiegò tramortito. Prese la mano di Vivy credendola la più indifesa - Dobbiamo scappare! - e la trascinò dietro un vicolo.
-Comando ogni tipo di animale feroce - disse Morty. Abbassò lo sguardò sul cagnolino e lo spinse da parte con un calcio: - Fuori dai piedi, bastardino - in questo modo poté avvicinarsi di più al ragazzo col cappello in feltro - Stammi a sentire, sei soltanto un ladruncolo da strapazzo. E non mi interessi. Potrei anche ordinare al mio leone River di starsene tranquillo e non sbranarti. Però devi dormi dove si trova Louis!
Harry lo guardò con aria di sfida: - Te lo sogni!

 

L'uomo digrignò: - Come vuoi! Rivy! All'attacco! - con un balzo il leone scattò in avanti e diede una violenta zampata al ragazzo, così intensa da mandarlo a sbattere contro il muro di un'abitazione non vicina. Non lo videro più.

Morty, sicuro di averlo fatto secco accarezzò la criniera della belva: - Ottimo lavoro, gattino mio. Vieni. Andiamo a cercare Louis da un'altra parte. Non c'impiegheremo molto a ucciderlo. E portandolo in pasto al capo, guadagneremo la metà del malloppo! - stava per cambiare direzione, ma l'insegna di Dog's Paradise, attirò la sua attenzione: - Guarda, guarda! Un negozio di cibo per cani - Cherif era tornato di fronte l'ingresso e vigilava guardingo: - Fatti uno spuntino, amico mio - Rivy avanzò verso la porta. Il barboncino allora prese ad abbaiare cercando di proteggere l'entrata a tutti i costi.
Harry era andato a sbattere contro una botte di vino e l'aveva distrutta. Si rialzò un po' dolorante per le schegge acquistate in varie parti del corpo. Aveva un graffio sul petto, che però non sanguinava.
-E così quel gattino vuole giocare - sorrise senza far caso al poco dolore - Lo metterò fuori gioco. Dopodiché ucciderò quel clown di merda e alla fine chiederò a Vivy di unirsi a noi. Non mi ci vorrà molto.

 

-OH ... MIO ... DIO ... - disse una voce familiare. Il sindaco e Vivy osservavano la scena esterrefatti.

-Non ci posso credere ... sei vivo - disse il vecchio con la faccia mezza sudata.
-Non è stato così efficace il suo attacco - disse Harry - Anzi, credo abbia bisogno di più pratica.
-Incredibile - sussurrò la ragazza.
-Scusate, ma adesso devo andare da quel tizio col leone - il ragazzo girò i tacchi - Ha detto di voler rintracciare Louis. Non posso permetterglielo. Sconfiggerò lui e poi toccherà al suo capo.
-Scusa - lo richiamò un attimo il sindaco - Mi spieghi ... come mai vuoi combattere il pirata Wise? Cosa ti ha spinto a venire qui e a sfidarlo?
-Molto semplice - rise Harry - Non posso permettere che un pazzo se ne vada in giro a divorare la gente. Inoltre - guardò Vivy dal basso verso l'alto - Ho bisogno della sua mappa del Grande Blu ... e di una navigatrice - lei inarcò le sopracciglia e lo vide correre via senza neanche ribattere.
Cherif era gravemente ferito a una zampa. Aveva abbaiato, ringhiato e messo in azione i denti. Con tutte le forze che possedeva, la massimo era riuscito ad affondare le zanne nel polso di quell'uomo con la frusta. Ma poi il leone lo aveva messo al tappeto e aveva sfondato il piccolo negozio del suo padrone distruggendo ogni cosa. Quel posto era per lui un tesoro. Gli ricordava i bei giorni passati con l'unico amico che gli era rimasto al mondo. E ora anche quello era distrutto. Poteva solo uggiolare davanti le macerie e ululare per il dolore.

 

Harry vide la scena e ne rimase orripilato. Come si poteva essere tanto crudeli? Giurò a sé stesso che quel bastardo l'avrebbe pagata cara.

Lui intanto stava mandando al diavolo quel cane, che gli aveva lasciato un segno ben evidenziato dei denti sul polso: - Diventerà la mia prossima pelliccia! - decise. Il Leone si stava leccando le zampe, sdraiato al suo fianco. Distruggendo quel negozio, aveva scoperto che tutti i cibi per cane erano avariati, così era rimasto senza cibo ... di nuovo - Non temere, mio piccolo Rivy - gli promise Morty - Quando avremo finito con Louis e il capo ne avrà divorato le interiora, a te spetteranno le ossa. Vedrai che accetterà - il felino si leccò le labbra e si rimise in piedi tirando per la maglia il suo padrone.
-Si hai ragione. Prima è, meglio è - incominciarono la perlustrazione, però qualche minuto dopo, si ritrovarono davanti l'ultima persona che potessero aspettarsi - T-tu?? - esclamò Morty.
Harry lo guardava con occhi serrati e mani strette a pugno: - Ci si rivede.
-Ma ... come è ... possibile ... pensavo di averti ammazzato!
-Ci vuole ben altro per mettermi fuori gioco, brutto pezzo di merda! - gridò il ragazzo avanzando.
-A quanto pare, avrai anche del buon fegato per merenda Rivy - sorrise l'uomo accarezzando il leone - Fallo lentamente, in modo da assaporarlo come si deve.

 

La belva partì alla carica, già pronta con la bava alla bocca e le zanne ben tese. Harry restando immobile per i primi minuti, si spostò agli ultimi, finendogli direttamente alle spalle. Il leone voltò la testa e corse nella direzione opposta sempre con artigli e fauci preparate. Stavolta però il ragazzo usò la sua tecnica di difesa. Portando le mani a cerchio di fronte il petto e gridando: - GOM GOM RIFLE! - arrotolò il braccio, già allungato, più volte su sé stesso e lo scagliò su Rivy, La rotazione dell'avambraccio ne aumentò la velocità e sembrò proprio come un proiettile. Un proiettile che centrò il leone in pieno petto, aprendogli una grossa ferita sul collo. Si accasciò a terra gemendo e lagnandosi. Morty chiamò il suo nome più volte ma non ottenne risposta dal suo animale. Non corse da lui. Rimase lì fermo e il tremito che aveva alle mani passò su tutto il corpo quando Harry si voltò a squadrarlo: - Ma ... come-e- ... hai ... - il ragazzo si scoprì il petto.

-Folgori del Diavolo - spiegò sorridendo. Poi prese a camminare verso il domatore.
Morty deglutì e si asciugò la faccia sudata: - Oh ... porca miseria - cercò di sorridere e di fingersi gentile - Non avevo nessuna intenzione di sfidarti ... ti prego di perdonarmi ... ti scongiuro!
Ma Harry non abboccò: - Non posso farlo! Avete ferito il cagnolino e distrutto il suo più grande tesoro! Meritate una lezione appropriata! - l'uomo provò a scappare - GOM GOM PISTOL! - il suo braccio partì allungandosi a pugno fino ad incontrare la testa di Morty che crollò all'indietro con la fronte mezza sanguinante. Non era morto ma respirava a fatica. Harry si chinò su di lui prendendolo per la collottola: - Non ti ucciderò per un semplice motivo; porta questo messaggio a quel pagliaccio: Se vuole può liberamente provare a uccidere me o Louis, ma le sole cose che otterrà saranno infiniti cazzotti su quel suo naso del cazzo! Intesi? - l'uomo annuì con la vista offuscata. Harry non perse altro tempo con lui. Lo lasciò ripulendosi sulla maglietta e ritornò in piazza.

 

Lì trovò Vivy con il sindaco che stava medicando amorevolmente la ferita alla zampa di Cherif. Lui uggiolava ancora e neanche le carezze lo fecero sentire meglio: - Che bastardi - commentò la ragazza osservando le macerie del negozio -Distruggono le cose più care solo per divertimento!

Harry rimase molto sorpreso quando vide che ora poteva accarezzarlo senza beccarsi i suoi denti nella carne: - Mi dispiace molto. So quanto era prezioso per te. Hai anche lottato per difenderlo. Non ti ho visto, ma sicuramente sei stato grandioso - Cherif gli diede una leggera leccatina. Poi zoppicò infilando il muso nei resti del negozio che ne uscì con qualcosa tenuto fra i denti. Era una foto. Raffigurava un vecchietto sorridente col berretto di lana, il pizzetto grigio e il viso pieno di rughe che lo teneva in braccio quando non era altro che un cucciolo. Il volto del cagnolino sembrava felice. Scodinzolò, come se il ritrovamento di quella foto significasse aver conquistato un nuovo tesoro. Si allontanò senza lasciarlo giurando a sé stesso che stavolta niente glielo avrebbe portato via.
-Abbi cura di te! - lo salutò Harry.
Cherif si voltò per un attimo, guardò lui, Vivy e il sindaco e la sua coda si agitò ancora di più. Poi prese un viale di bidoni della spazzatura e sparì.

 

-Speriamo se la cavi - disse la ragazza. Si rivolse ad Harry: - Così ... hai sconfitto quel leone gigantesco? Ero sicura ti avrebbe staccato al testa a morsi!

Lui le sorrise: - Come vedi sono ancora qui! E gli ho messi al tappeto quei due stoccafisso!
Lei ricambiò il sorriso. A dire il vero erano gli unici ad avere uno sguardo felice. Il sindaco però non sembrava provare la stessa emozione.
Infatti guardava il vuoto con i pugni serrati e la faccia rossastra: - Dovrei vergognarmi - i due si voltarono.
-Perché dice così?
-Un ragazzino all'apparenza fragile, combatte valorosamente ... e io ... che ho il dovere di proteggere questo paese ... me ne sto con le mani in mano senza far niente ... - si voltò verso i ragazzi - Fino a qualche tempo fa, noi non eravamo altro che dei beduini affamati che giravano il mondo alla ricerca di un'abitazione! Raggiunta quest'isola ci siamo dati tanto d'impegno per costruirne un paese: il nostro! Abbiamo impiegato dieci anni a renderla quella che oggi stesso è ... questo posto è il mio più grande tesoro ... non posso permettere a quel bastardo di distruggerlo - Vivy e Harry si guardarono meravigliati da tanta irritazione - Quasi tutti i giorni, lancia una di quelle sue cannonate ... che radono al suolo metà dell'isola ... è imperdonabile ciò che vuole fare ... non posso più stare fermo! Non posso lasciare che degli invasori, cani di mare vengano a distruggere il lavoro di noi onesti cittadini!
-Cosa vuole fare?

 

Il sindaco frugò nella sua giacca e ne estrasse un revolver abbastanza lucido: - Combatterò la mia battaglia!

Vivy impallidì e lo prese per un braccio: - Aspetti ... starà scherzando? Vuole davvero andare a combattere Wise e la sua ciurma?
-Sono il sindaco! Devo proteggere questo luogo a costo della mia vita! - la spinse da un lato e poi si mise a correre maledicendo il capitano Wise e il giorno in cui è nato.
-L'ho visto piangere! - si accorse la ragazza - Si farà ammazzare! Non startene lì impalato, fermalo!
Harry non smise di sorridere: - Sta tranquilla! Mi sta simpatico, non permetterò che lo uccidano!
-Già. Nemmeno io - questa voce apparteneva a Louis. Il ragazzo era uscito dal municipio con lo sguardo ancora un po' assonnato. Tutto quel baccano lo aveva svegliato e anche se avrebbe preferito riposarsi ancora un po', decise di scendere a controllare e aveva assistito alla scena. Aveva la ferita bendata.

 

-Vuoi andare anche tu? - gli domandò Vivy.

Louis ridacchiò: - Ci sarà da divertirsi! E poi ho un conto in sospeso con quel pagliaccio di merda - si toccò le bende ancora un po' rossastre. Non poteva negare che bruciassero, ma era abbastanza forte da resistere.
Lei li guardò a lungo. Harry le si avvicinò: - Sconfiggeremo quel circo di dementi e ci prenderemo la mappa del Grande Blu - le prese le mani. Questo gesto la imbarazzò parecchio - Avanti Vivy, diventa una nostra compagna!

 

La ragazza le ritirò nascondendo il rossore: - Non diventerò mai un pirata - era seria, però sorrideva - Però potremo collaborare ... d'altronde il nostro obbiettivo è lo stesso! - Harry rise.

-Idiota! - gridò il capitano Wise dando un calcio al corpo ferito di Morty - Sei stato sconfitto!
-Sono ... desolato ... capitano Wise - balbettò lui ancora sanguinante.
-Che coglione! Ti sei fatto battere da uno come Louis!
-No ... mio signore ... - lo contraddette l'uomo - Non è stato Louis ... siamo stati battuti ... da quel ragazzino con il cappello in feltro!
-Cosa? Quel moccioso tutt'ossa?
-Proprio così e mi ha anche detto ... di riferirvi ... che non lo prenderete mai.
Il clown digrignò i denti aguzzi:- E così il piccolo vuole giocare! Vedremo se avrà ancora voglia di fare lo spiritoso!

 

-WISE IL CLOWN! - gridò una potente voce proveniente dal fondo della piazza.

-E mo' chi è? - si chiese lui alzandosi.
-Sono il sindaco! - il vecchio teneva la pistola puntata contro il pagliaccio - E ti sfido!
Wise e i suoi uomini lo guardarono e poi scoppiarono tutti a ridere: - Non sapevo avessimo assunto un nuovo comico!
-Silenzio!- gridò il sindaco -Questa città è mia, è il mio tesoro e non permetterò che tu la conquista!
-Senti amico, non sono in vena di scherzi! Levati dai piedi o ...
-Non scherzo - continuò lui - Con la tua arroganza e la tua perfidia, porterai questo paese alla distruzione! Te lo impedirò!

 

Il pagliaccio, ormai seccato, allungò un braccio in avanti. La sua mano si smembrò dal resto del corpo e volò a stringersi intorno alla gola del sindaco: - Stammi a sentire, sornione che non sei altro, io m'impossesserò del Grande Blu e di tutti i suoi tesori! Tutti i tesori del mondo sono miei! Compresa la tua amata città - lo sollevò tanto da fargli diventare la faccia mezza rossa - Anzi, visto che ci tieni così tanto, avrai l'onore di morire con lei diverso - lo avvicinò sempre di più alla sua bocca di pescecane, spalancata. Per il sindaco era la fine, sembrava. Ormai era giunta la sua ora.

Ma qualcuno arrivò diritto in suo soccorso: il ragazzo con il cappello in feltro lo strappò dalle grinfie del pagliaccio spingendolo da parte.
-TU? - gridò Wise.
Vivy e Louis, alle sue spalle, si accertarono che il sindaco stesse bene. Respirava ancora.
Rassicurato, Harry si voltò verso il capitano. Erano faccia a faccia: - Sono venuto per suonartele, pagliaccio di merda!

TO BE CONTINUED

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Capitolo 7
*** Episodio 7 - La sfida ***


Il Capitano Wise, ritrasse a sé la mano che si riunì al resto del corpo. Lo strinse violentemente al pugno mentre rivolgeva con intensissimo odio il guardo verso i tre ragazzi: - Maledetti - sibilò - Con quale coraggio vi ripresentate di fronte a me? Di fronte il possente Capitano Wise?
Ma loro non lo stettero ad ascoltare.
Vivy precisava quale fosse il suo vero scopo: - Ricordate, a me interessa prendere tutti i suoi tesori, nient'altro!
-Sì ce lo hai ripetuto mille volte!- disse Louis.
-A me invece basta solo la mappa - s'intromise Harry.

 

Il sindaco, intanto, aveva appena smesso di tossire. Era quasi stato strangolato ed era andato vicinissimo alla fine. Ma ora si era completamente ripreso ed ebbe la forza di parlare: - Cosa siete venuti a fare qui, ragazzini? Questa ... è la mia battaglia! - disse con tono agguerrito. Harry gli si avvicinò mentre lui continuava a protestare: - Io sono il sindaco di questo paese! E' il mio! E' mio compito difenderlo! Non dovete immischiarvi! - riprese il revolver e fu sul punto di mirarlo nuovamente verso il pagliaccio. Ma il ragazzo glielo impedì. Prima lo stordì con uno schiaffo, dopodiché lo spinse dentro una dependance abbandonata, che chiuse a chiave. Se ne sarebbe rimasto buono per un po' e non si sarebbe cacciato nei guai.

-Ma ... sei fuori? - esclamò Vivy sconcertata - Perché cazzo lo hai fatto?
Lui le sorrise: - Rompeva!
Louis lo assecondò: - Meglio così.
L'amico si rivolse nuovamente al clown: - Preparati al peggio, pagliaccio di merda!
Lui strinse i pugni ancora di più: - Tu! Miserabile bastardo! - ordinò ai suoi uomini - Scagliategli contro il cannone Penny! Spazzatelo via! Voglio vederlo in poltiglia! - un gigantesco pallone fu puntato verso il ragazzo.


Vivy e Louis si allontanarono aspettandosi una grande esplosione, ma lui restò impalato a sorridere: - FUOCO! - una grossa palla di cannone partì alla carica, diretta nella sua direzione.

Però Harry sapeva già cosa fare. Mise le mani di fronte il petto: - GOM GOM FUUSEN! - la sua bocca aspirò tantissima aria. Come un aspirapolvere. E il suo corpo si gonfiò come un palloncino, deformandosi fino a formare una specie di palla umana. Tutti, eccetto Louis già consapevole, restarono a bocca aperta. La palla di cannone, quindi, rimbalzò su questa specie di scudo umano e ritornò indietro come se fosse stato un materasso. Volò quindi via, fino ad esplodere in un punto non troppo distante. Sgonfiandosi, Harry ritornò normale. Sospirò: - Era tempo che non lo facevo con tanto sforzo! E' stato davvero mitico!

Scampato il pericolo, i suoi amici uscirono allo scoperto. La ragazza gli si avvicinò: - Non riesco ... a crederci ... insomma: prima combatti contro un leone e ne esci intero, poi fai questa ... questa cosa col corpo ... insomma sei un alieno o cosa?

Harry le sorrise e cercò di mettersi un po' in mostra: - Ti è piaciuto? Era il Gom Gom Fuusen! Mi permette di ricacciare indietro le palle di cannone e i proiettili!
Vivy sbuffò: - Non era questa la risposta che volevo sentire!
Il pagliaccio avanzò verso di loro: - Il cannone Penny ha centrato in pieno l'edificio dove i membri del mio equipaggio si erano rintanati - strinse i denti - E ora per colpa tua, probabilmente sono tutti stecchiti! - i pochi uomini che erano rimasti interi, indietreggiarono spaventati. Morty balbettò alla vista di Harry: - Ca-ca-capitano ... è lui ... il ragazzo ... possiede i poteri di una Folgore del Diavolo ... è di gomma.
-Di gomma, dici? - ripeté Wise - Ora capisco come ha fatto!
-Sei ... snodabile? - gli domandò Vivy.
-Già!- il ragazzo, per dimostrazione, afferrò il suo pollice e cominciò ad allungarlo fino a farlo diventare più teso di tutti gli altri. La ragazza si coprì la bocca, impressionata.
Il pagliaccio pure era alquanto sorpreso, ma non abbastanza da farsi spacciare per un fifone: - Non m'importa se una Folgore del Diavolo ti ha colpito! Ucciderti non sarà comunque un problema per me.

Harry strinse di nuovo i pugni: - Voglio proprio vedere!

-D'accordo- il capitano sollevò le mani - Allora tanto vale cominciare!
-Sono impaziente!
-Bene, inizierò da voi allora! - la voce di Wise sembrava vicina e allo stesso tempo lontana, come se dopo averla fatta uscire una raffica di vento l'avesse spostata. I ragazzi non lo videro più.

Louis si sentì improvvisamente strano. Uno strano calore lo avvolse e non sentì più il sole dietro la schiena, come se qualcuno lo stesse coprendo: - Mi hai sottovalutato, Louis! - disse una voce . Il ragazzo non fece in tempo a voltarsi perché una mano si strinse intorno alla benda che ricopriva la sua ferita e gliela strappò violentemente. Dopodiché lo colpì in pieno sull'apertura macchiandosi il guanto di rosso. Vivy gridò, Harry chiamò il nome dell'amico, mentre lui strillava stringendosi il fianco: - Devo ammetterlo, ci sai fare - disse il suo aggressore - Ma ricordati che ce n'è solo uno di più forte e non sei tu! - gli diede un calcio spingendolo da un lato e poi sollevò lo sguardò verso i due ragazzi - Ora tocca a te, bellezza!

-Bastardo! - urlò Harry con tutto il fiato in gola - Prenditela con me e lascia stare loro!
-Ho un conto in sospeso con tutti voi! - lo minacciò il clown - Prima ucciderò i tuoi amici facendoti perdere la testa dalla disperazione e poi ammazzerò te così lentamente da farti assorbire ogni singolo dolore! La tua carne sarà mia! - i suoi denti improvvisamente si allungarono e la sua bocca si tramutò in quella di uno squalo.

 

La ragazza indietreggiò terrorizzata. Harry le mise un braccio sopra le spalle e le sussurrò: - Scappa via.

-E voi?- chiese lei in ansia.
-Ce la caveremo - rispose l'amico in un mormorio - Tu va a cercare la mappa del Grande Blu.
Vivy annuì in un sospiro e se la svignò in un vicolo correndo più veloce che poté. In cuor suo si augurò che i due ragazzi potessero uscire sani e salvi.
-Dove credi di andare, brutta puttana!? - le urlò il capitano Wise smembrando tutto il braccio che stava per prendere la direzione presa dalla ragazza - Torna qui!

 

Ma Harry lo afferrò appena in tempo e senza molta fatica riuscì a sbatterlo a terra e a spiaccicarlo con quanta forza possibile. Mentre il pagliaccio gridava per il dolore, il ragazzo lo guardò con occhi a fessura: - Non ti intromettere!

-Bastardo! - lo maledette l'avversario.
-Harry ... - balbettò Louis dietro di lui - Io ... non ce la faccio - la ferita ancora sanguinava e si vedeva lontano un miglio la sua debolezza.
-Non ti preoccupare - lo rassicurò l'amico - Ci penso io a questo buffone! E poi partiremo alla volta del Grande Blu!
Wise sembrò allertarsi un pochino. Avanzò verso il ragazzo: - Voi vorreste partire per il Grande Blu? Non è un luogo adatto a dei mocciosi come voi! Cosa ci andrete a fare? - gli sfotté - Una gita in famiglia?
-No - rispose Harry - Partiremo alla ricerca di One Piece, il grande tesoro di Gord Roger, il Re dei Mari e in questo modo io diverrò il suo successore!

 

Il pagliaccio inarcò le sue sopracciglia disegnate e scoppiò in una risata satanica: - Stai sognando un po' troppo! Come può uno stronzo tutto molliccio come te, diventare il padrone dei sette mari? Te lo dico io cosa diventerai in breve: il mio pasto!

Il ragazzo tolse il piede dalla mano di Wise, che ritornò dritta dal suo padrone: - Lo sai che parli assai? - gli chiese mettendosi in posizione di attacco - Fatti sotto, piuttosto!
Il clown impugnò le sue spade nelle fessure delle dita: - Con vero piacere. Ti ucciderò prima che tu possa solo toccarmi! Sei di gomma, questo è vero, ma una lama affilata come quella che forma questi dieci pugnali, può comunque perforarti! Ti ridurrò ad un colabrodo! - e partì alla carica ripetendo la sua mossa di spostamento furtivo più in fretta del solito. Stava per affondare le armi nella pelle del suo avversario, ma lui riuscì a schivarsi appena in tempo e ad allontanarsi abbastanza: - Non puoi evitarle per sempre! - gli fece presente Wise - Meglio ora, no?

Harry mise le mani di fronte il petto e fece il suo attacco: - GOM GOM PISTOL! - il suo braccio si allungò stretto in un robusto pugno, ma il pagliaccio lo schivò abbassandosi. Stava per mozzargli il braccio ancora prolungato, ma lui tornò indietro giusto in tempo.

Il clown lanciò le mani verso di lui, però fecero di nuovo liscio. Harry ricorse ad un altro pugno che ripeté altre tre volte. Ma ogni volta Wise, o smembrava la testa e il bacino per non farsi colpire o saltava in avanti pronto ad infilzarlo. All'ultima schivata, il ragazzo andò a sbattere contro un tombino e si beccò un piccolo livido sul mento.
-Merda! - disse rialzandosi - Se solo non ti fossi scomposto!

l pagliaccio lo guardò leccandosi le labbra: - Ancora vivo? Interessante! Meglio così! Sai, i miei pasti sono più succulenti quando sono squartati per bene! - la mano partì di nuovo e stavolta fu ad un passo dal tagliargli la gola, ma Harry cercò di tenerla ferma con le mani a debita distanza dalla faccia. Wise spingeva in avanti, lui all'indietro. Ma non poté resistere a lungo, però una cosa la ottenne, non fece scattare le lame verso il collo, ma verso la guancia ed un leggero sfioramento che lo fece però sanguinare ugualmente. Cadde all'indietro mentre guardava il guanto ritornare dal suo proprietario, che ora rideva come un matto: - Non te lo aspettavi, vero bastardo?

Harry si tolse il cappello poggiandolo per terra. Questo era sporco di sangue e non aveva alcuna intenzione di rovinarlo ancora. Era il suo tesoro. Si rimise in piedi con la guancia sgorgante sangue: - Maledetto - disse.
-Scusa, non volevo sporcare il tuo bel faccino - continuò Wise sogghignando dietro i denti aguzzi.
-Hai quasi rovinato la cosa più preziosa che ho al mondo! - gli urlò in faccia Harry - Il cappello regalatomi dall'uomo che mi salvò la vita! Il Capitano Shane! Non ti perdonerò mai per avere oltraggiato così il mio e il suo onore!

Il clown aveva improvvisamente cambiato espressione, restava parecchio sorpreso e con le braccia conserte: - Hai detto ... capitano Shane? Ti riferisci a quel bastardo coi capelli rossi?

-Capelli rossi? Lo conosci?
-Ma certo! Mi era molto familiare quel cappello in feltro che indossavi ... era di quello stronzo sporco doppiogiochista! Colui che è riuscito a battermi quando ero ad un passo dall'impossessarmi di tutti i tesori del mare settentrionale! Quel figlio di puttana non avrà mai il mio perdono!

 

Harry non ci vedette più. Era stato abbastanza paziente quando lo aveva visto colpire a morte Louis e tentare di ammazzare anche Vivy. Ma dopo aver ascoltato come disonorava l'uomo che tempo fa gli salvò la vita, perse la pazienza: - STA ZITTO! - strillò correndo nella sua direzione col pugno caricato - NON SEI DEGNO DI DIRE IL SUO NOME! NON PUOI NE' DEVI PIU' PERMETTERTI DI PARAGONARLO A TE! - e stavolta lo colpì perché Wise smembrò la testa ma lasciò il ventre che fu schiacciato dal colpo violentissimo di Harry. Si accasciò a terra prendendo a tossire violentemente. Alzò lo sguardò con occhi iniettati di sangue: - Io parlo come voglio di quel fottutissimo pirata da quattro soldi! - il ragazzo gli afferrò la guancia prima che questa potesse riessere smontata col resto del viso.

-Shane è un grandissimo uomo! Non m'importa cosa sia successo tra te e lui, ma se ti azzardi ancora una volta ad offenderlo giuro che ti riduco in poltiglia!
Wise se lo levò di dosso con un violento schiaffo alla guancia col taglio: - Le tue minacce non mi fanno nessuna paura! - si rimise in piedi normalmente - E per quanto riguarda, Shane, non m'interessa se lo conosci o siete amici! Quel bastardo mi ha rubato tutti i tesori sotto il naso, ed è meglio che tu sappia che non posso lasciare in vita chi abbia commesso un crimine del genere! Che sia donna, vecchio o neonato! Li divorerò tutti! E quando avrò finito con voi teppisti, mi occuperò dei poveri abitanti misericordiosi di quest'isola, ingoiandone uno dopo l'altro.
-Non te lo permetterò! Non mi hai ancora sconfitto, brutto pezzo di merda!
-Non ancora! Ma credimi, di te non resterà più nulla fra meno di due minuti!

 

Harry all'improvviso, sentì i polsi bloccati dietro la schiena. La mano dell'avversario era riuscita a raggiungerlo e ora lo teneva bloccato, mentre l'altra, postatagli di fronte, era pronta ad affondare la lama che già gli sfiorava il petto.

TO BE CONTINUED

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Capitolo 8
*** Episodio 8 - Ora siamo in 3! ***




Per Harry sembrava giunta la fine. La lama del pugnale di Wise stava quasi per entrargli in petto e farlo restare ucciso. La mano che gli teneva i polsi bloccati dietro la schiena gli impediva qualsiasi movimento e lo tenevano fermo sul posto. Il pagliaccio se la rideva già pronto a subire la finalmente tanto desiderata morte di quel ragazzo. Il colpo di grazia arrivò per un soffio. Infatti, ricorrendo ad un ultima speranza, Harry aveva infilato la spada tra i denti e ora agitava la testa imbizzarrito.
-Ma che fai? - gli urlò il clown cominciando a muovere la mano tentando di farlo cedere: - Molla all'istante!

Ma il ragazzo approfittò di quell'attimo per allungare la gamba all'insù e dare un calcio al guanto smembrato dal corpo, mandandolo a sbattere per terra. Ora che non aveva più nessuna arma che lo teneva sott tiro si sottrasse alla presa del capitano e ritornò in posizione sferrando i suoi attacchi.

-GOM GOM PISTOL! - il suo pugno scattò così velocemente che a stento lo vide. Questo centrò in pieno il volto del pagliaccio facendolo cascare all'indietro. Gli si avvicinò: - Tu sei solo uno sporco assassino bastardo! - gli disse - Non m'impedirai mai di raggiungere il Grande Blu! Io formerò la ciurma più temuta della storia e troveremo il leggendario tesoro che ci farà diventare i padroni dei mari!- annunciò fiero di se stesso - E tu non potrai fare niente per fermarci! - mise un piede sul torace di Wise cominciando a bombardarlo di calci e pugni. Riuscì a farlo sanguinare parecchio. Si fermò dopo una manciata di minuti.

-Harry!- sentì qualcuno chiamarlo. Si voltò e sorrise. Vivy era tornata. In mano teneva un grosso sacco colmo di non si sa cosa e in mano reggeva una pergamena - Durante la fuga ho trovato il seminterrato dove questo farabutto teneva tutti i tesori e dopo essermene appropriata ho trovato questa - srotolò il foglio - E' la mappa che stavi cercando! - gli spiegò.

-Sei mitica, Vivy! -si congratulò il ragazzo.
-I miei tesori! - la voce proveniva dalla bocca del pagliaccio. Il ragazzo sbiancò. Distraendosi un secondo per la comparsa della ragazza, aveva permesso all'avversario di smembrarsi dalla vita all'insù e ora stava volando senza gambe verso di lei con la bocca appuntita tesa in avanti. Vivy cominciò a correre: - Come hai osato prelevarmeli? Credevi di potermi fottere, vero Viola? - gli urlò correndole dietro - Ti farò a pezzi!

 

Harry intervenne in un modo alquanto strambo. Agguantando le gambe del clown che erano rimaste nelle sue mani, tirò un violento calcio nelle parti basse. Così forte che riuscì a scorgere del sangue. Wise spalancò le pupille e si fermò sospeso a mezz'aria mentre strillava e sbavava: - I miei ... testicoli ... - balbettò.

-Stalle lontano! - lo avvertì il ragazzo.
-Questi tesori, ora mi appartengono brutto buffone!- esclamò la ragazza dandogli un calcio in faccia.
Lui alzò a malapena lo sguardo: - Stronza! Sono miei questi tesori!
-Da quanto un ladro fa la predica ad una ladra? - rise Vivy - Sono una furfante professionista e se c'è una cosa che ho imparato in questi ultimi anni è che se un oggetto di valore finisce nelle mie mani è mio e solo mio! - strillò.

 

Il mezzo corpo del pagliaccio si risollevò fermandosi a debita distanza da lei: - Così saresti disposta a tutto vero zoccoletta? - sogghignò. Non ottenne risposta. Vivy non ne ebbe il tempo. Wise infatti la colpì sfiorandole la guancia con la spada. Lei fu presa alla sprovvista. Gridò e si lasciò prendere in ostaggio facilmente. Il pagliaccio le puntò a fondo la lama alla gola: - Prova a proteggerla adesso, brutto pezzo di merda! - urlò a Harry.

Lui si bloccò. La sua amica si trovava in una brutta situazione. Muovere le gambe verso i gioiellini dell'avversario avrebbe significato la sua fine. Doveva escogitare qualcosa. Teneva la mano sulla coscia del pagliaccio. A poca distanza dal suo punto debole. Senza accorgersene allungò il dito medio avvolgendolo lentamente.
-I tesori ora sono di nuovo miei! - disse il clown all'orecchio della ragazza - Chi è la furfante professionista?
-Lasciami! - gemette lei cercando di allungare la mano nella sua tasca. Ma non ebbe tregua.
-Obbediscile! - gridò Harry. E senza aspettare risposta cominciò a tirare. Dopo il primo urlo Wise allentò la presa e Vivy riuscì a prendere il coltello e a colpirlo con il manico spaccandogli il naso ora più rosso che mai. Il ragazzo allora riprese con i calci e i pugni alle parti basse. Il capitano non ci vedette più dal dolore: - Morite! - augurò.
-Vivy! - disse il ragazzo di gomma raggiungendola - E' giunto il momento di farla finita - lei capì e gli passò il pugnale. Lui lo impugnò come si deve e schiacciò la faccia di Wise violentemente. Poi si sedette sulla sua vita smembrata guardandolo negli occhi - Hai perso Wise! - gli annunciò - I tuoi giorni di divoratore cannibale sono finiti!
-No ... aspetta ... ASPETTA!- provò a fermarlo il clown.
Ma Harry non ebbe pietà: - Fottiti! - e affondò il pugnale nella sua gola dalla quale sgorgò una grande quantità di sangue in massa. Gli occhi del pagliaccio si dilatarono e si chiusero.

 

Il ragazzo sospirò sudato. Sollevò la mano mezzo sporca di sangue e si rimise in piedi. Si voltò verso l'amica. Anche lei era parecchio bagnata: - Ho vinto! - le disse orgoglioso.

Lei sorrise: - Mi hai salvato la vita, ti ringrazio.
-Figurati! - Harry riprese il suo cappello e se lo rimise in testa - Stai bene? - le domandò poi riferendosi al taglio sulla guancia. Lei si asciugò il sangue e annuì
-Guarirà presto.
-Lo spero - disse il ragazzo. Guardò il sacco colmo di monete e cose dorate: -Però! La somma di tutti queste cose supererà i diecimila danari!
-Già! Si vede che Wise era esperto nel saccheggio di altri pirati! Ma nessuno batte la sottoscritta!
Harry prese la cartina nautica e la studiò attentamente: - Sì è lei! La Mappa del Grande Blu!
-La volevi, vero? Consideralo un mio regalo per avermi salvata.
-Evviva! - esultò lui - Questo vuol dire ... che ti unirai a noi?
Lei si accigliò: - Non diventerò mai un pirata - gli ricordò - Ma ... - guardò in alto esitando parecchio - Va bene! Stando con voi guadagnerò parecchio! - ghignò poi - Ma ricordati che sono solo in collaborazione!
-Sì che bello! - gioì il ragazzo.

 

Insieme raggiunsero Louis. Il ragazzo si era addormentato. La ferita aveva smesso di sanguinare: - Dai, svegliati Louis! - lo scosse l'amico.

Lui aprì lentamente gli occhi e riuscì a mettersi seduto: - Hai sistemato quel bastardo? - domandò.
-Sìsì! - rise Harry - E ho ottenuto la cartina del Grande Blu e una navigatrice!
Lo spadaccino rivolse uno sguardo alla ragazza e inarcò le sopracciglia. Ma lo distolse subito: - Mi manca il sangue - respirò a fatica - Non so se riuscirò a camminare.
-Lo credo - disse Vivy - Dopo tutti i colpi che hai ... - all'improvviso impallidì portandosi le mani alla bocca - Oh, Porca Miseria! - esclamò - Ci stavamo scordando del sindaco!
-Già! Il sindaco! - Harry corse nella catapecchia dove lo aveva sbattuto. Ne uscì portandoselo in sella. Lo poggiò delicatamente al muro di una casa. Il primo cittadino era vivo però aveva ancora il segno della brutta botta: - Ei nonno! Sveglia! - il vecchio gemette e tossicchiò. Ad aprire gli occhi ci mise così tanto che per un attimo credettero fosse deceduto. Ma quando si svegliò e guardò l'ambiente che lo circondava, ricordò ogni cosa in breve.
-Tu! - Gridò rivolto al ragazzo che aveva di fronte - Perché lo hai fatto? Potevo sconfiggere quel clown da solo e invece mi hai ...
-Se non ti avesse fermato non saresti qui! - corse in sua difesa Louis.
-Già! Non può illudersi di fare una cosa di cui non è capace! - intervenne Vivy - Noi abbiamo sconfitto quel farabutto abbastanza difficilmente! Lei non sarebbe durato un minuto!
Ma l'uomo non demorse:- Era mio dovere proteggere questo paese ... non voi stupidi ... ragazzini!
-Piantala adesso o te le suono di nuovo - disse Harry dandogli del tu - Quel clown di merda è morto! 

Se non ci credi va a farti un selfie con lui. Sta in mezzo alla strada. Io ho fatto quello che dovevo. E ora posso anche andarmene. Venite ragazzi - fece appoggiare Louis alle sue spalle in modo che potesse camminare senza fatica. Poi insieme a lui e a Vivy, salutò il sindaco e si allontanò.

-No! Tornate qui ... voi ... - provò a fermarli lui.
-Fermi! - disse una quinta voce. I ragazzi furono costretti a voltarsi e rimasero increduli. Giunti da un angolo distante del paese, tra i boschi, erano arrivati e ora li stavano interrogando, un gruppo di concittadini di Float. Alcuni aiutarono il sindaco a rialzarsi: - State bene signor sindaco? - lui annuì.
-Chi siete? - domandò un uomo ai tre.
-Mi chiamo Harry. E sono un pirata.
-COSA? - esclamò la gente inclusa Vivy.
La ragazza diede una violenta manata in testa all'amico: - Deficiente!
-Devono essere in combutta con quell'assassino del capitano Wise! - cominciarono a parlottare le persone.
-Prendiamoli! - e un gruppo di vigilanti partì all'inseguimento armati di pistole e manganelli.

Ovviamente Harry e i suoi amici voltarono tempestivamente i tacchi e se la svignarono. Sentirono dei colpi partiti dietro di loro ma fortunatamente riuscirono ad evitarli.

-Sei un babbeo! - urlava nel frattempo la ragazza.
-Si sarebbero arrabbiati comunque! - gli fece notare Harry - Presto svoltiamo in quel vicolo! - disse prendendo improvvisamente una curva. L'amica li seguì e quando entrarono in una semioscurità si ritrovarono davanti una vecchia conoscenza: - Cherif! - esclamarono sorpresi.
Il cagnolino scodinzolava felice di rivederli. Le sue condizioni sembravano migliorate.
-Sono andati di là! - dicevano nel frattempo i poliziotti.
-Oh cazzo! - disse il ragazzo di gomma superando in fretta il cane - Scusa amico, ma dobbiamo proprio scappare. Sarà per un'altra volta! - quando lo lasciarono da solo, non seppero che Cherif aveva allontanato i poliziotti abbaiando nella direzione opposta. Era conosciuto soprattutto per essere un eccellente cane da guardia e lo sceriffo fu così ingenuo da credergli e seguirlo. Il barboncino li portò nel punto esatto dove giaceva il cadavere del pagliaccio in una pozza di sangue secco.

Così i tre ragazzi poterono giungere al porto tranquillamente. Vivy riconobbe la nave rubata il giorno prima a degli uomini alquanto ingenui e vi condusse gli amici.

-E' più grande di quella che avevamo noi - notò Louis.
-Lo so. Mi è stato molto facile prenderla! I suoi vecchi proprietari erano dei coglioni per natura - rise lei.
-Ah, è così che stanno le cose? - disse una voce alle loro spalle. Voltandosi videro tre uomini dall'aria bizzarra. Vivy deglutì. È vero che quando parli del diavolo spuntano le corna, perché coloro che stava sfottendo ora la guardavano in cagnesco.
-Ti stavamo aspettando piccola sgualdrina! - disse il primo - Questo è un incontro del destino!
-Chi sono? - chiese Harry.
-I suddetti coglioni per natura - arrossì la ragazza.
-Ma bene. Ti sei fatta degli amici. Allora impartiremo anche a loro una bella lezioncina! - disse il secondo. Punzecchiò con il coltello la testa piegata del ragazzo che stava col viso all'ingiù e il corpo appoggiato alla spalla di Harry: - Ei bastardo, sveglia.
-Ma che ... - ma quando Louis alzò lo sguardò e incrociò quello dei tre uomini, questi impallidirono improvvisamente ricordandosi con orrore il ragazzo che gli aveva ammazzati di botte. In preda al panico lanciarono un urlo.

-Oh, mio dio! - disse nel frattempo uno dei cittadini appena ritornato dalla strada dove giaceva Wise - Che cosa orribile!

-Non ci posso credere ... - balbettava allo stesso tempo il sindaco mentre gli veniva poggiata una borsa del ghiaccio sulla ferita - Il Capitano Wise è davvero ... defunto.
-Sì a quanto pare - disse uno dei poliziotti che si occupava dell'imbalsamazione del cadavere. Sembrava avere un'aria alquanto gioiosa - Ed è per noi una cosa veramente incredibile signore. Ormai non speravamo più che quel malvagio pagliaccio facesse la fine che meritava. Ma purtroppo abbiamo perso le tracce di quei tre ragazzini.
Il sindaco alzò lo sguardo e le mani: - State lontani da loro! - disse quasi in un grido.-Cosa? Perché?
- Non permetterò che quei ragazzi vengano arrestati.
-Ma ... Sindaco ... sono pirati!
-Nessuno può prendersela con loro ... tranne me!
-Ma cosa sta dicendo?
-Signore! - disse all'improvviso un giovanotto correndo a fare rapporto - Abbiamo avvistato i pirati! Sono scappati verso il porto!
-Corriamo a prenderli! - disse allora il capo della polizia accompagnato dalle ragioni degli altri.
-FATE SILENZIO! - urlò il Sindaco attirando l'attenzione di tutti. Si fece spazio tra la folla prendendo a correre: - Vi proibisco di andare al porto! Sistemerò io la faccenda! - e allungò il passo - Ho ancora tante altre cose da dire a quei tre! Non possono andarsene in questo modo!
Purtroppo per lui però, la barca con sopra Harry, Louis e Vivy, che dopo aver sistemato quei tre briganti avevano potuto definire conclusa la disavventura su quell'isolotto, era già partita.
Abbastanza lontana dalla spiaggia. Però non esageratamente. Quando il vecchio arrivò riuscì ancora a scorgerla. Gridò con tutto il fiato che aveva in gola sperando che lo sentissero: - RAGAZZINI! - e fu udito - Pensavo ... -continuò ansimando - Che morire, dimostrando il mio coraggio e affetto verso questo paese ... avrebbe dato un senso alla mia vita ma ... - aveva le lacrime agli occhi ... sorrideva - AMICI! VI RINGRAZIO!
Harry sorrise imitato dagli altri due: - Di niente! - rispose salutandolo - Stammi bene, nonnetto!
"Stupidi ragazzini" ripeté a sé stesso più volte mentre non finiva con le lacrime - Se non fosse stato per loro ... l'isola sarebbe stata perduta ... - tirò su col naso - Non ho parole - e augurò loro buona fortuna col cuore.
Dopo averli visti sparire, fece per tornare dai suoi cittadini che lo aspettavano a braccia aperte ma quando abbassò la gamba, pestò qualcosa di molto duro. Abbassò lo sguardo e sgranò gli occhi. Ai suoi piedi c'erano due sacchetti colmi di dobloni d'oro.


-RIPETI! CHE COSA CAZZO HAI FATTO? - strillò Vivy afferrando Harry per la collottola.

Lui deglutì cercando di restare lo stesso sorridente: - Ho solo spartito la metà del sacco col tesoro col nostro amico sindaco!
-TU SEI FUORI DI TESTA! SOMMATA L'INTERA CIFRA SI SAREBBERO OTTENUTI 5 MILA DANARI!
-Beh, avranno bisogno di soldi per riparare la città dai danni, no? - ridacchiò l'amico.
-ERA IL MIO DENARO! SONO QUASI MORTA PER PRENDERLO! - afferrò l'amico per le orecchie e gli incrinò la testa fino a farla sprofondare nell'acqua - IO TI FACCIO BERE L'OCEANO! TI MANDO A FONDO!
-Smettila! - tossì lui cercando di rimetterla fuori - Non so nuotare! Se li rivuoi valli a prendere! Bruuuph - fece alcuni gargarismi.
-E' TROPPO TARDI! VAMMELI A RIPRENDERE TU!
-E come ... cough ... minchia faccio ...? Ne hai altri ... no? Bruph ... cough! Louis ... aiuto!

Ma l'amico intanto se la rideva alla grande. Quei due bisticciavano come cane e gatto e lo facevano sbellicare. Doveva ammettere che il loro viaggio cominciava bene. Guardò l'orizzonte mentre il vento a favore lo rinfrescava: - Beh, che sia fortuna o sfortuna - commentò - alla nostra avventura si è unita anche una navigatrice.

TO BE CONTINUED

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Capitolo 9
*** Episodio 9 - Capitan Bugiardo ***




Nel pacifico villaggio solare di Shirop , ancora regnava il silenzio. Erano le sette del mattino di domenica per giunta e nessuno aveva intenzione di alzarsi finché ne avessero voglia. Le strade erano deserte. Così come l'ingresso che portava alla centrale. Nessuno lo sorvegliava.
Un ragazzo dai capelli neri tirati all'insù in un curioso ciuffo, il corpo gracile e due energici occhi color mandorla, ebbe quindi via libera. Portava sempre con sé la copia esatta dell'ufficio dello sceriffo e non gli fu difficile penetrarci all'interno. Ormai lo conosceva a memoria, come il palmo della sua mano. Ovviamente il comandante sapeva delle sue infiltrazioni ogni weekend e aveva aumentato i sistemi di sicurezza in modo minore. L'unico cambiamento infatti erano delle trappole per volpi sparse qua e là. Se il ragazzo le avesse pestate avrebbe potuto dire addio ad una delle sue agili gambe. Però si era preparato a questo inconveniente. Aveva tempo ogni settimana per programmare le sue entrate e scoperto il trucchetto seppe evitarlo. Arrivò dietro la scrivania come al suo solito e scassinò i tre lucchetti che sigillavano il primo cassetto. Furbo il vecchio sceriffo! Ma mai quanto lui, si disse. Riuscito ad aprirlo, tirò fuori la radiotrasmittente e dopo avere attaccato vari fili elettrici, alcuni ai collegamenti con i megafoni accesi in varie parti del paese e altri a piccoli amplificatori. Accese il microfono e con alcuni meccanismi azionò le piccole radioline che mezza cittadinanza possedeva. Prese un bel respiro profondo e cominciò a gridare dentro le solite avvertente: - GENTE! E' TERRIBILE! I PIRATI ATTACCANO! I PIRATI! I PIRATI! GENTE SCAPPATE! EVACUATE IL PAESE IL PRIMA POSSIBILE! STANNO ARRIVANDO I PIRATI E CI UCCIDERANNO! DOBBIAMO METTERCI AL RIPARO!!!

Accompagnata dal dolce ondeggiare delle onde, la barca che trasportava Harry e i suoi amici, navigava tranquilla alla ricerca della prossima meta. I tre ragazzi avevano passato ventiquattro ore a parlare della grande avventura che li aspettava e nonostante la fame e la stanchezza di star lì a ciondolare su una gondola da due soldi, riuscirono a conoscersi abbastanza a fondo da definirsi una vera e propria squadra.

Vivy sbuffò per l'ennesima volta quel giorno: - Sentite - richiamò gli amici - Non possiamo sperare di prendere la rotta per il Segmento Carminio in queste condizioni.
-Già - concordò Harry - Senza bevande e cibarie non andremo da nessuna parte. Moriremo di fame.
-Non mi riferivo a questo, idiota! La rotta che stiamo seguendo è la più pericolosa del mondo! Soprattutto perché ci sono un sacco di pirati che viaggiano alla ricerca di One Piece! E sicuramente hanno delle navi molto potenti!
-Hai ragione - disse il ragazzo di gomma - Abbiamo bisogno di più compagni!
-Considerando la scarsità di membri dell'equipaggio e di questa bagnarola - continuò l'amica - Sopravvivere è probabilmente improbabile!
-Abbiamo bisogno ... - elencò lui - Di un ottimo cuoco, un bravo strumentista e poi un carpentiere e ...
Vivy si rassegnò: - Perché spreco il mio fiato con voi? - rivolse un occhiata alla corrente - Virando leggermente verso Sud dovremo sbarcare su un isolotto. Magari ... una nave più grande sarebbe l'ideale. Dobbiamo riuscire a trovarla - guardò il sacco colmo dei tesori sottratti a Wise - Ma questo significherebbe ... rinunciare ad un quarto del mio tesoro!
-Un quinto se ci mettiamo anche la carne - la corresse Harry.
-E il vino - fece eco Louis.
-Ma fate sul serio?! - esclamò la loro amica dando un loro un piccolo cazzotto sulla nuca.

 

Nel frattempo il ragazzo dal ciuffo continuava a strillare a ripetizione nella ricetrasmittente. Ed essa, collegata ai megafoni e alle radio, trasmetteva le sue urla per tutto il villaggio. Più acute che mai: - SONO ARRIVATI I PIRATI! DOVETE SCAPPARE! A TUTTA LA CITTADINANZA! FUGGITE! METTETEVI AL RIPARO! SONO QUI! I PIRATI SONO QUI! - continuò così per altri venti minuti. Poi, esausto e con la gola secca, staccò le spine e se la rise di nuovo: - Chissà se ci sono cascati ancora - si chiese giocherellando con la poltrona girevole.

Non passò molto tempo, perché la porta dell'ufficio si spalancò di colpo. Il ragazzo cadde all'indietro preso alla sprovvista. Alcuni uomini entrarono. Tutti in pigiama. Il più vecchio di loro che portava una medaglietta all'altezza media del capezzolo, sotto una camicia da notte si fece avanti: - Di nuovo qui? - ringhiò rivolto al ragazzo. Lui deglutì e si limitò a salutarlo con la mano.
-Salve sceriffo Weiss! Buona domenica anche a voi signori poliziotti!
-Per l'ultima volta, Zayn - disse il vecchio tirando su il ragazzo in un colpo solo - Se non la smetti con i falsi allarmi ti getto in gattabuia e do la chiave in pasto al mio cane!
-Non si arrabbi così tanto - disse lui - Era solo uno scherzo!
-Lo fai ogni singola domenica! - strillò uno degli uomini - E ci stordisci la mattina con la tua vocetta fastidiosa!
-Ma stavolta non la passerai liscia brutto marrano! - avanzò un secondo. Reggeva in mano una scopa - Ora ti faccio un occhio nero
-Sì anch'io! - approvarono gli altri avanzando.

 

-Oh cazzo! - disse il ragazzo. Trovò alla svelta un modo per svignarsela. Afferrò la camicia da notte dello sceriffo e la tirò su fino a coprirgli la faccia. Ciò che gli uomini videro li lasciò paralizzati. Il tempo necessario perché il ragazzo potesse saltare sul ramo dell'albero vicino la finestra, scenderlo come una scala e raggiungere le strade.

-Eccolo! - gridavano altri paesani dietro di lui - Non lasciamolo scappare.
-Caspita - lui se la diede a gambe prendendo come al solito il suo passaggio segreto dietro un salice e li seminò.
-Accidenti, ci è scappato di nuovo! - li sentì deludersi - Quel ragazzino non la smette mai! Quando lo trovo lo concio per le feste - e si allontanarono continuando a imprecare.
Il ragazzo uscì allo scoperto sdraiandosi ai piedi dell'albero: - E anche questa domenica sono riuscito a portare in questo noioso paese un venticello stimolante - si congratulò a sé stesso godendosi i raggi del sole.

 

Restò rilassato per qualche minuto. Poi però fu interrotto da due vocette stridule: - Eccolo! - si rimise seduto timoroso che lo avessero scoperto. Ma si rassicurò quando vide due bambini che lo guardavano sorridenti. Uno portava i capelli biondicci davanti agli occhi, l'altro teneva i suoi neri legati in un codino e lasciava intravedere i minuscoli occhietti caramellati.

-Ti abbiamo trovato Zayn - risero.
Lui fece altrettanto: - Buongiorno club di corsari!
-Buongiorno anche a lei capitano!
-Thad, Timothy, ci siete solo voi? Dov'è Gennaro?
-E' andato al porto - rispose il bambino biondo - Doveva consegnare una lettera della mamma agli scaricatori. Ma tornerà in tempo per il solito giuramento - non l'avesse mai detto.
All'improvviso tutti e tre udirono un grido provenire dal bosco. Incuriositi vi si addentrarono e dopo aver svoltato alcuni angoli si scontrarono con un ragazzino con gli occhiali e i capelli neri. Era sudato. Aveva fatto una lunga corsa.
-Oh sei arrivato Genni - disse il secondo bambino - perché sei così agitato?
Il terzo ansimò con le lacrime agli occhi: - E' terribile! E' terribile!
-Calmati - disse il ragazzo maggiore facendogli aria con la mano - Respira a fondo e dicci tranquillamente cos'è successo.

Gennaro si asciugò la fronte e tossì per un po'. Dopo aver ripreso fiato balbettò: - Sono arrivati i pirati!

-Cosa? - esclamarono gli altri tre.
-Guarda che Zayn ha già fatto il solito scherzo domenicale - gli fece notare il ragazzo di nome Thad.
-Ma ... non è uno scherzo - continuò il ragazzino - Li ho visti ... hanno una bandiera ... con un teschio ... si stanno avvicinando alla costa Nord!
-Da ... vvero?
-Sì ve lo giuro! Siamo in pericolo!
-Oh Merda! - disse il ragazzo col ciuffo - Allora dobbiamo scappare! - si alzò improvvisamente impallidito e prese a correre lontano. Ma i tre bambini lo fermarono.
-Aspetta! Dove vorresti andare?
-Non vuoi diventare un vero pirata, capitano? - chiese Timothy - Che razza di pirata scappa di fronte ad altri pirati?
-Sulla bandiera che ho visto ... -continuò Gennaro - C'era lo stemma conosciuto come ... il vessillo di Wise il Clown!
-Co-co-cosa? - balbettò il ragazzo - Wise il Clown? Ripeto: scappiamoooo! - si girò pronto a fuggire. Ma ciò che il bambino disse in seguito lo bloccò.
-Però era solo una piccola scialuppa ... e se ho visto con attenzione a bordo sono solo in 3!
Il ragazzo li guardò sorridente: - Bene! Allora andiamo! Prepariamoci a difendere il villaggio!

I bambini emozionati lo acclamarono saltando dalla gioia e lo seguirono ascoltando il suo piano.

Intanto la barca di Harry approdò sulla spiaggia cristallina e dalla riva luminosa per via delle conchiglie e lui e gli altri scesero ammirandone lo splendore.
Louis si stiracchiò: - E' bello poter toccare di nuovo terra.
L'amico strinse gli occhi, mettendo a fuoco delle abitazioni sulla collina distante: - Ma quello non è un villaggio?
-Sì - notò anche Vivy - Però è molto piccolo.
-Non importa - disse Harry con l'acquolina in bocca - Avranno pure qualcosa da mangiare, no?
-Babbeo!
Un fruscio improvviso interruppe la loro discussione. Alzarono lo sguardo rivolti sul pezzo di scoglio non troppo alto. C'erano cespi e fusti ma alcuni di questi si stavano muovendo in maniera troppo agitata per essere normale.
-Meglio stare in guardia - disse Louis accorgendosene per primo. Tenne strette le spade alla cintura - C'è qualcuno.

 

Vivy indietreggiò mentre Harry avanzò. Ma d'improvviso si sentì un rumore simile a quello di uno sparo e il ragazzo vide qualcosa atterrare più veloce della luce accanto al suo piede. Sobbalzò.

Louis guardò ancora con più attenzione il punto da cui sembrava provenuto quel proiettile e restò di sbieco quando un'enorme bandiera che raffigurava un semplice teschio si materializzò da dietro una siepe.
-Oh, cavolo! - gridò la ragazza nascondendosi dietro la barca - Ma ... che sta succedendo?
Attraverso le foglie riuscirono a sentire un verso simile ad una risata parecchio acuta. E poi una persona venne allo scoperto. Un ragazzo. I capelli tirati all'insù in un bel ciuffo, la maglietta bianca e lo sguardo fiero e ridente.
-Non ve l'aspettavate vero? - chiese ai ragazzi.
-E tu chi sei? - domandò Harry incuriosito.
-Sono colui che difende questo villaggio ad ogni costo - si presentò il ragazzo - Il mio nome è Zayn! Sono conosciuto da tutti come Capitano Zayn! Il temerario predone dei sette mari! Se avete intenzione di attaccare quest'isola, fareste meglio a girare i tacchi! Perché io e i miei 8000 uomini non ve lo permetteremo.

Il ragazzo di gomma sgranò gli occhi: - Che cosa? - esclamò - 8000? Incredibile!

Vivy lo spinse da parte rivolgendosi allo strano ragazzo: - Ci stai prendendo per il culo, vero?
 

Zayn impallidì: - Come? No ... io ...

-Andiamo, ammettilo che era tutta una cazzata.

-Come? Una cazzata? - domandò Harry all'amica.

-Maledetta furfante! - disse Zayn - Va bene, forse ho esagerato. Non ho 8000 seguaci ... comunque ne ho molti!

-Sì certo - ghignò la ragazza - Fammeli contare ... sono solo un terzetto!

Tre bambini troppo esposti, sbucarono fuori all'improvviso dai cespugli e terrorizzati corsero via: - Ci ha scoperto!
-Ei! Voi!- provò a chiamarli il loro amico - Non abbandonatemi, ragazzi!
Vivy intanto raccolse la pallottola che per un pelo non aveva sfiorato Harry. E non era un proiettile: - Ma questa è una biglia di pachinko! - ridacchiò - Sei proprio un coglione!
Harry rise con lei: - Sei proprio uno spasso - disse rivolto al ragazzo.
-Bastardo! - si offese lui - Non prendermi in giro! Io sono un tipo veramente coraggioso - tirò fuori da dietro la schiena una frusta verdognola che impugnò ber bene e puntò verso i tre: - E per dimostrartelo ora ti scaglio contro altre biglie, tutte insieme! Riesco a farle diventare veloci quanto proiettili, volendo!
Il ragazzo di gomma si abbassò il cappello sugli occhi: - Va bene, fallo pure! Avere una pistola in mano vuol dire mettere a repentaglio la propria vita - Zayn corrugò la fronte - Sto solo cercando di dirti che quella fionda non è uno strumento molto minaccioso.

Louis stette al gioco ed estrasse una delle sue tre spade: - Le persone che hai di fronte sono dei veri pirati! Ti conviene stare attento a non giocare col fuoco. Potresti bruciarti!

Il ragazzo con il ciuffo, ancora con la frusta puntata li guardò a lungo. Quei due avevano un'aria molto decisa e minacciosa. Sudato e col fiato sospeso, non seppe se lanciare o no le sue preziose biglie. Gli bastava sollevare di poco il pollice per dare il suo prezioso colpo. Però ... non ci riuscì. La paura di morire prese il sopravvento. Rimise la fionda in tasca e crollò in ginocchio aspettandosi il peggio: - I veri pirati mi differenziano sia nel coraggio che nella forza- rivelò. Ma ciò che le sue orecchie udirono, furono risate.
-Non sono parole mie - disse Harry - Quelle erano tipiche parole del famoso capitano Shane.
Zayn a quel nome riprese colore e guardò il ragazzo più meravigliato che sorpreso: - Hai detto ... Shane? Shane il rosso? Il grande pirata? Lo conosci?
-Esatto. E conosco anche Yaser - lo guardò attentamente - Tuo padre.

Il ragazzo si coprì la bocca. Da tempo non sentiva quel nome. Nominato da un estraneo almeno. Doveva saperne di più. Si sporse abbastanza per far vedere loro che sorrideva amichevolmente: - Avete fame? - aveva centrato.

Più tardi tutti e quattro si trovavano seduti in una piccola locanda abbastanza fornita di carne e frutta che riempì la pancia dei tre viaggiatori. Ma intanto Zayn volle sapere di più su suo padre. Ed Harry lo accontentò.
-Avevo appena 10 anni quando l'ho conosciuto.
-Ma ... come hai fatto a capire che ero suo figlio?
-Semplice, sembri lui con venti anni in meno!
-Non riesco a credere che faccia parte dell'equipaggio del leggendario Shane il rosso!
-Non so dove sia ora. Ma so per certo che è ancora insieme a lui.
-Incredibile! - Zayn aveva lo sguardo perso e gli occhi illuminati.
-Era un vero asso con la pistola. Riusciva a prendere la mira e a centrare in pieno anche da una distanza di kilometri. Ricordo inoltre che mi parlava spesso di te. Così tanto che ricordo ancora la sua reazione quando gli dissi che mi ero stufato.
-Cosa fece?
-Mi disse che non si sarebbe stancato mai e poi mai. Che la vostra era stata una separazione molto sofferta ma ne era valsa la pena. Disse che la bandiera pirata lo stava chiamando. Credimi, Yaser è un pirata eccezionale.
-Sì lo so. Prese il largo mettendo in pericolo la sua vita ogni giorno! Sono molto orgoglioso di lui! E' il mio unico idolo.

Vivy finì il suo piatto di purè e si rivolse a Zayn: - Senti, ora che siamo amici, sarà più facile farti questa domanda: Vedi, stiamo cercando una nave e altri membri per il nostro equipaggio. Sai se qui nessuno potrebbe aiutarci?

-Beh ... non credo ... insomma, lo avete visto anche voi: questo villaggio è molto piccolo!
-Non credo - s'intromise Louis - Mentre venivamo qui ho intravisto sulla cima più alta della collina una villa - il ragazzo deglutì - E sembrava molto grande e lussuosa. Deve appartenere sicuramente a gente ricca.
-Se conosci i proprietari potresti chiedere loro di aiutarci finanziariamente? - lo pregò Vivy.
Ma Zayn si alzò di scatto: - Lì non si va, mi avete capito? - i tre lo guardarono senza capire. Cosa gli era preso all'improvviso? Non fu l'unica stranezza. Si allontanò: - Scusate, mi sono appena ricordato di un impegno. Vi devo lasciare. Lasciate tutto sul mio conto. Il proprietario è un amico. Ciao - e sparì in strada.
-Strano - dissero i tre amici all'unisono.

 

Ma non si sbagliavano. Fuori dal villaggio sulla cima della collina, c'era davvero una villa. Forse era la residenza più grande di tutta l'isola. Era tutta tinta di bianco e qua e là erano disegnati pizzi dorati. Peccato che tale bellezza non riservasse al suo interno gioia e allegria.

Seduta nella sua stanza, sdraiata nel suo letto dalle tende trasparenti e le lenzuola rivestite di rosso, c'era una ragazza bionda che guardava il vuoto soltanto respirando. Il garofano posizionato sul suo comodino, trasmetteva una dolce musica di violino che però non la facevano sorridere ... o muovere. Aveva provato ad esprimere il suo desiderio al maggiordomo, ma lui non ne volle sentire e si era tristemente mortificato per non poterle obbedire. Ma lei continuava a chiedersi, come mai tutti erano così contrariati al fatto di non invitare Zayn a stare con lei? Lo vedeva molto poco e quando capitava non era per molto tempo. Non quello necessario per godere della sua compagnia. Gli piaceva vederlo. Gli piaceva lui a dire la verità. Per questo tutte le volte che era costretta a mandarlo via, lasciava la gioia e metteva tanta tristezza e solitudine nel suo cuore: - Voglio vederlo - sussurrò. Ma anche qualcun altro desiderava vederla. Ed era proprio lui, Zayn, il ragazzo più racconta-frottole dell'isola! Come sempre raggiunse la villa, la circolò fino a giungere dalla parte opposta, dove era ancora aperto il suo passaggio segreto, alcune mattonelle spostate di lato che riuscivano a farlo passare. Una volta nel sontuoso giardino tutto fontane rose e fiori, il ragazzino percorse le scalette che portavano al piccolo padiglione e usò i rami di un ciliegio in fiore come scala. In questo modo arrivò di fronte una finestra coperta all'interno da tende rosa accesso. Bussò con il codice segreto: due indici, cinque mignoli e un piccolo pugno. Aspettò un attimo e sorrise raggiante quando una bellissima ragazza dai capelli biondi e gli splendidi occhi azzurri venne ad aprirgli: - Zayn! - esclamò felice.
-Ciao Perrie- arrossì lui. Tossicchiò e mantenne la calma: - Vedo ... che sei migliorata.

-Oh, sì. I dottori hanno detto che forse era meglio diminuire di un pochino le mie dosi di medicine. Però ... oggi mi sento in forma. Allora, cosa sei venuto a raccontarmi oggi ... capitano Zayn? - gli strizzò l'occhio scherzosa.

-Okay, senti questa. Ne ho una davvero divertente. La storia di quando a soli 5 anni, dovetti scampare da una foresta di meduse giganti!
-Non vedo l'ora di sentirla!
-Allora, io e la mia valorosa ciurma di uomini coraggiosi, stavamo solcando il mare meridionale alla ricerca di un magico tesoro custodito da un mostro marino. Ma all'improvviso enormi tentacoli elettrici sono sbucati dalle acque e hanno rapito i miei uomini!
-Cavoli! Dov'erano finiti?

-Dalla regina delle meduse! Non era altro che un umanoide dalla coda di pesce e i tentacoli che si credeva una gnocca quando invece era una cessa - la ragazza rise di gusto - Voleva i miei uomini per sceglierne uno di loro come sposo! Ma quando mi presentai al suo palazzo s'innamorò di me! Allora gli dissi "Mi spiace signora, ma la pedofilia è illegale per me. Dentro o fuori dall'acqua" - Perrie continuò a sentire questa assurda storiella tra le risate e le lacrime. Adorava le storie di Zayn e non si stancava mai di ascoltarle. Avrebbe continuato così tutto il giorno.

Nel frattempo, Harry e gli altri, usciti dalla locanda con le pance piene, avevano involontariamente incontrato Gennaro, Timothy e Thad. Per un attimo i tre bambini urlarono ritenendoli ancora persone pericolose. Ma addolciti dalle tenere parole di Vivy si convinsero che non era gente cattiva.
-Scusate, dov'è il nostro capitano? Zayn? - chiesero loro.
-Non lo sappiamo. All'improvviso si è fiondato fuori come una furia. Avreste dovuto vederlo, sembrava aver visto un fantasma - raccontò Harry.
I tre bambini si guardarono con la mascella serrata. Diedero un'occhiata al grande orologio posto sopra la minuscola chiesetta del paese e all'unisono dissero: - C'è un solo posto dove si reca a quest'ora.

 

Una mezz'ora dopo, si trovavano tutti e sei di fronte l'imponente cancello della villa.

-Cavoli, ma è davvero enorme! - commentò Vivy.
-Che ci verrebbe a fare Zayn in un posto come questo? - domandò Louis.
-Ecco ... lui ... - raccontò Gennaro - Ha una relazione con la figlia dei vecchi proprietari ... la bella signorina Perrie.
-Come? Davvero?
-Sì. Purtroppo la signorina in questi tempi è di costituzione debole e non esce mai. Se ne sta sempre chiusa nella sua stanza come una prigioniera. Dopo la morte del padre l'anno scorso è caduta in depressione ed è sempre triste. Per questo quando il Capitano Zayn, si accerta che non ci sia nessuno in giro va a farle visita di nascosto e le tiene compagnia regalandole un po' di felicità, raccontandole qualche bugia divertente che la tengano su di morale.
-Non può stare con lei tutto il tempo? - chiese Harry.
-No purtroppo - continuò Thad - Perché il nostro capitano è la feccia del paese, ritenuto da tutti come un poco di buono. E i domestici che si prendono cura di Perrie non accettano mai di farlo entrare in villa. Ma lui non si da per vinto e si ribella alle loro prediche.
-Per questo gli vogliamo bene! - disse Timothy - Perché è molto altruista e sa fare il leader con noi: il club de corsari.
-E sapete se la signorina ora sta meglio? - volle sapere Vivy.
-Sì! L'affetto di Zayn fa effetto!

-Molto bene - esclamò Harry - Allora entriamo e le chiediamo se può fornirci una nave.

-E' impossibile entrare.
-Chi lo ha detto? - ghignò il ragazzo di gomma. Prese con la mano i suoi amici e i bambini mentre allungò l'altra fino a raggiungere la cima delle sbarre. I tre ragazzini strillarono impauriti.
-Ma come ... hai fatto?

Harry senza lasciarli andare, si diede una spinta trascinandoli in alto con sé. Però ci mise come sempre troppa forza e si ritrovarono tutti e sei a vagare nel cielo.
Perrie fu la prima ad accorgersi di sei figure che piombavano dall'alto verso di loro urlando come ossessi. Anche Zayn scorse qualcuno cadere e atterrare ai piedi dell'albero dov'era seduto. E altre cinque piombarli addosso e usarlo come una specie di materasso. I bambini erano traumatizzati. Vivy e Louis prendevano a schiaffi e pugni Harry: - Imbecille! Stronzo! - Zayn sgranò gli occhi riconoscendoli.
Perrie si sporse di più dalla finestra: - Ma chi sono? Ei vi siete fatti male?
-No ... tutto apposto - rispose Harry rialzandosi - Tu sei Perrie?
-Sì sono io.
-Sono venuto a chiederti un favore.
-Un favore da me? Di che si tratta.
-Ecco ... - Harry non fece in tempo a porre quella domanda perché una nuova voce si unì alle presenti.

-Ei voi! - tutti si girarono. Proveniva dal padiglione. Una persona si stava avvicinando: - Chi siete? Cosa fate qui? - un uomo li raggiunse.

Si trattava di un uomo dai capelli neri lucidi pettinati ordinatamente all'indietro, gli occhiali rotondi e uno smoking bianco e nero. Il suo sguardo incuteva timore.
-Kyron! - esclamò Perrie bianca come un lenzuolo.
L'uomo li guardò uno alla volta: - Siete nei guai per essere entrati nella villa senza permesso! - si sistemò meglio gli occhiali usando solamente il palmo.
Zayn e i tre bambini tremavano conoscendolo già. Harry invece lo guardava diligentemente: -E questo mo chi è?

 

TO BE CONTINUED

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Capitolo 10
*** Episodio 10- L'ipnotizzatore! ***




L'uomo di nome Kyron, fissava i ragazzi e i bambini con gli occhi a fessura. Le rughe sulla fronte, le sopracciglia inarcuate, il naso arricciato e la bocca mezza aperta da un lato. I tre bambini si aggrapparono alle gambe di Vivy e Louis come se fossero i loro genitori. Zayn invece lo guardava bruscamente.
Perrie intanto cercò di sdrammatizzare: - Kyron ... posso spiegarti ... queste persone sono venute per ...
Ma lui la interruppe: - Non m'interessa signorina. Ne parleremo più tardi se permette! - e si rivolse al gruppetto - Vi ordino di andarvene immediatamente o sarò costretto a chiamare lo sceriffo!
-Un attimo - lo interruppe Harry - Ecco ... siamo venuti a richiedere una nave.
-E' fuori discussione ragazzino - esclamò il maggiordomo - E per quanto riguarda te, Zayn - lui deglutì - le dicerie che si dicono di te in paese sono più che fondate! Di te si dice che non hai passato un'infanzia agevole. Tua mamma è mancata quando non eri altro che un bambino e tuo padre ... sì ... ho sentito parlare anche di lui.
-Cosa vuoi dire? - domandò il ragazzo.
-Kyron - provò a fermarlo Perrie - Smettila!

Ma il maggiordomo non si scompose: - Tu sei solo il figlio di uno sporco pirata! - Zayn strinse i pugni e i denti - Ascoltami ragazzo, non so e non m'interessa cosa tu faccia al di fuori delle mura di questa villa. Ma ti avverto! Se soltanto provi ad avvicinarti ancora una volta alla signorina, giuro che ti ammazzo!

-Cosa ... hai ... detto ...? - chiese in sillabe, più incazzato che mai.
-Tu e lei appartenete a due mondi completamente diversi! Siete come il giorno e la notte, il bene e il male! Insieme non possono convivere! E poi sappiamo entrambi - continuò Kyron - Che l'unico motivo per cui le fai compagnia sono i soldi. Ammettilo! Quanti ne vorresti accumulare sposandotela?
-Basta Kyron! Stai zitto! - urlò Perrie - Chiedi scusa a ... - tossì violentemente per lo sforzo dell'urlo e respirò a fatica.
-Non ti affaticare Perrie! - gli disse dolcemente Zayn provando ad entrare nella sua stanza.
-Non chiederò mai scusa, signorina - non la smise il maggiordomo - Questo ragazzo è un selvaggio! Un buono a nulla! Uno che nella vita non otterrà mai nulla. È ovvio il fatto che un poveraccio come lui provi simpatia nei confronti di una fanciulla dal patrimonio come il suo!

-Adesso smettila! - Zayn piombò giù dall'albero atterrando in piedi senza neanche farsi male. Avanzò a pugni stretti.

-Mi fai pena - disse Kyron - Chissà quando odio provi nei confronti di tuo padre! Un bastardo senza cuore che abbandona la moglie ammalata e il figlio di pochi anni solo per andare alla ricerca di tesori!
-Figlio di puttana! - gridò il ragazzo - Non parlare mai più così di mio padre!
-Perché te la prendi tanto? Potevi raccontare in giro qualche bugia. È il tuo forte, no? Chissà, magari potevi dire in giro che Yaser era un uomo d'affari ... o che tu non sei suo figlio!

Zayn non resistette. Scoppiò perdendo la pazienza e mollò un violento pugno sul volto dell'uomo: - STA ZITTO, BASTARDO!

Tutti con lo sguardo sospeso. Perrie con gli occhi lucidi, i bambini ancora più spaventati, i tre ragazzi increduli e muti. Kyron cadde all'indietro e sulla sua guancia si formò un profondo livido schiacciato.
-Zayn ... - sussurrò la biondina singhiozzando.
Il maggiordomo si rimise in piedi sistemandosi gli occhiali: - Questa ne è la prova. Tale padre tale figlio. Due degenerati che preferiscono ricorrere dalla parola direttamente alla violenza! Non puoi negare di essere un disgraziato!
-ZITTO! - ripeté Zayn rosso in faccia - Non devi più permetterti di dire certe cose, intesi? Io sono fiero di mio padre. Lui non è senza cuore! Ha solo inseguito il suo sogno ed ha dimostrato grande coraggio nelle sue battaglie. Non mi vergognerò mai di avere lo stesso DNA di un pirata! - strillò con tutto il fiato che aveva in gola.
-Non lo neghi dunque? A me basta dire questo! - il maggiordomo si rimise in piedi - Sei il figlio di uno sporco pirata e lo confermi fieramente. Illudi la signorina per ereditarne la sua fortuna e nel farlo le racconti un mucchio di cavolate su quel bastardo d'un predone!

-Maledetto, lo hai detto ancora! - Zayn era sul punto di mollargli un altro cazzotto ma le urla rotte dal pianto di Perrie lo fermarono.

-Ti prego fermati, Zayn! - lui la guardò - Kyron non è cattivo ... lo fa solo per proteggermi ... ma stavolta ha esagerato. Però ... io non credo a tutto quello che ha detto ... mi fido di te!
Il ragazzo lasciò andare il maggiordomo: - Oh, Perrie - sussurrò.
-Vattene via - gli disse Kyron - Non osare più mettere piede in questa villa o ti uccido sul serio!
-Sì. Me ne vado. Ma perché lo voglio, non perché me lo hai ordinato tu! - Zayn si allontanò spingendolo da un lato. Perrie non lo vide più in faccia ma sapeva che teneva ancora lo sguardo colmo d'odio e disprezzo - Non tornerò più! - lo sentì dire. Sentì un tonfo al cuore temendo dicesse sul serio. Non poteva sopportare la sua assenza. Chiuse le finestre e si buttò sul letto a singhiozzare.

Thad, Timothy e Gennaro, avevano intanto acquistato un sacco di coraggio e si erano rivolti al maggiordomo gridando e pestando i piedi: - Brutto maggiordomo bastardo!

-Non parlare più così del nostro capitano! Lui non è come dici tu! Sei uno stupido!
-Sì un brutto stupido! - ma bastò uno sguardo minaccioso dell'uomo per farli tornare ad abbracciare Vivy.

Intanto anche Harry si era assai infuriato. Voleva a tutti i costi prendere a legnate quel farabutto, ma Louis lo tratteneva: - Sei un bastardo! Gran Pezzo di merda, vediamo cosa sai fare! Fatti sotto se nei hai il coraggio!

-Harry, calmati!
-Lasciami Louis! E tu brutto stronzo non la passerai liscia! Ora vengo lì e ...
-Sparite anche voi!- ordinò loro Kyron.

Vivy e Louis ci misero un po' ma alla fine riuscirono a portare via il loro amico imperversato.

Perrie aveva nascosto la faccia sotto il cuscino e non ne usciva più da dieci minuti. L'unico rumore che ci fu in seguito, oltre ai suoi piagnistei, fu lo scricchiolio della porta che lentamente si apriva. Kyron entrò, spingendo un carrellino di legno sul quale erano poggiati un piatto di spaghetti al sugo, un altro con merluzzo fritto e prosciutto e una teiera fumante di tisana.
-Il pranzo, signorina - disse il maggiordomo.
La ragazza alzò di poco lo sguardo ma lo risprofondò subito: - Non ho fame. Lasciami in pace!
-Ma signorina - continuò Kyron - Lo sa benissimo che non può rimanere a digiuna. Il dottore ha detto che un calo di pressione potrebbe solo farla peggiorare.
-Ho detto che non mi va!- replicò lei - Vattene!

L'uomo chinò la testa da un lato sospirando. Sul volto aveva un'aria dispiaciuta: - Come vuole. In tal caso cambiasse idea, glielo lascio qui - si girò pronto a tornare in corridoio. Ma si fermò quando sentì Perrie gemere.

-Perché hai detto quelle cose a Zayn? - la guardò - So benissimo che ti ho disobbedito, vedendolo di nascosto ... ma non è stata una buona ragione per offenderlo in quel modo.
Kyron si permise di sederle accanto. Lei smise di singhiozzare ma non si staccò dal cuscino. Ad ogni modo sentì la sua calda e profonda voce parlarle dolcemente: - Ormai ... sono passati tre anni ... da quando sono arrivato in questa villa. Lei signorina è cresciuta, come lo sono io. Entrambi ricordiamo perfettamente quel giorno come se fosse ieri. Non dimenticherò mai la ragazzina che mi vide zoppicare sino alle porte del cancello e provò per me una forte compassione. Provenivo da una nave di trasporto, dal quale ero stato cacciato accusato di un furto. Non sapevo dove andare, né da chi tornare. Ormai ero solo. Ma ... - sorrise con lo sguardo illuminato e affettuoso - Quando vostro padre mi accolse generosamente offrendomi la possibilità di cambiare vita, ho capito di aver trovato casa mia - Perrie lo guardò asciugandosi gli occhi. Anche lei non si era scordata del giorno in cui Kyron era piombato nel suo giardino implorando cibo e acqua. E suo padre era stato così magnanimo da aiutarlo rendendola felice: - Il vostro defunto padre, signorina ... è il mio salvatore. Per questo devo ripagargli il favore, prendendomi cura di voi signorina. Sua figlia - l'uomo si coprì la faccia con le mani parlando sull'orlo delle lacrime - Mi rendo conto di essere molto spesso invadente nei vostri rapporti di amicizia ma ... quel Zayn non è certo un ragazzo che goda di un'ottima reputazione! Se ... vi accadesse qualcosa signorina ... io ... io... non me lo perdonerei mai! - non si fece vedere in faccia. Ma alzò lentamente lo sguardo quando sentì la leggiadra mano della ragazza sulla sua spalla. La guardò intensamente, trasmettendole la stessa emozione che provava quando c'era ancora il suo papà - So che siete arrabbiata per quello che è successo prima in giardino ... ma ...

-Non dire così - disse Perrie - Tu ti preoccupi sempre per me, Kyron. E te ne sono grata.

-Oh ... signorina - il maggiordomo le strinse le mani e si piegò stando con la fronte sulle sue ginocchia in segno d'immensa gratitudine.
-Ma hai frainteso Zayn - continuò lei -non è un delinquente. Sono sicura che non mi sta vicino per i soldi. Provo un forte sentimento per lui ... e sono sicura di essere ricambiata.
Kyron si rimise in piedi tornando serio: - Non mi farà cambiare idea sul conto di quel ragazzo.
-Uffa! - mise il broncio la ragazza - Sei un testardo.
-Sì sono un testardo - la guardò sorridendo.
Lei per scherzare gli diede una cuscinata in faccia e lui le si buttò addosso solleticandola. Lo stesso giochino che le faceva suo padre da piccola quando era triste. Perrie non si sentì più infelice e tantomeno sola.

Intanto, Louis, Vivy e i tre bambini se ne stavano sdraiati sotto il sole in un piccolo campo dove circolava un gregge di pecore. Harry non era con loro.

-Dov'è andato? - chiese la ragazza.
-Chi lo sa? - provò a ipotizzare l'amico - Forse è andato a cercare Zayn.
-Il capitano è andato sulla scogliera - gli informò Timothy - Va sempre lì quando è giù di morale.
-Oh ... mio ... DIO!- gridò all'improvviso Gennaro saltando all'indietro.
-Che ti prende? - gli chiesero gli amici.
-Guardate! - il ragazzino indicò un punto dinanzi a sé e quando tutti lo seguirono restarono di stucco.
Qualcuno si stava avvicinando in modo a dir poco ... bizzarro! Infatti man mano che avanzava, capirono che si trattava di una persona ... sospesa ad un metro da terra. E che percorreva le strade lentamente.
-Mamma mia ... che tipo strano! - commentò Thad.

L'uomo arrivò di fronte i cinque e dopo averli guardati uno ad uno disse: - Mi hai chiamato strano? - il bambino deglutì. Lo sconosciuto ritornò con i piedi per terra. Era un signore con un pizzetto marroncino e i capelli legati in un piccolo codino: - Non sono strano - disse.

-Sei ... un mago? - chiese Vivy.
-Non dire assurdità- si presentò - Sono solo un ipnotizzatore di passaggio, che ha imparato la tecnica della levitazione. Il mio nome è Jago.
-Come? Un ipnotizzatore? - esclamarono i tre bambini, sorpresi - Accidenti, che forza! Ci dai una dimostrazione?
Jago li guardò: - Cosa? Ma che cazzate andate dicendo? Dovrei far vedere a dei mocciosi le mie impareggiabili abilità? Va bene - l'ultima frase lasciò tutti sorpresi.
-Ha già cambiato idea? - disse Louis.
-Ora, bambini - disse l'uomo rivolgendosi a loro come se fosse un prestigiatore del circo. Tirò fuori dalla tasca uno strano cerchio fatto con lama tagliente, che era attaccato ad un filo. Cominciò a sventolarlo di fronte i tre: - Guardatelo attentamente - loro non staccarono gli occhi un solo istante - Bene, quando conterò fino a tre vi addormenterete. Pronti? Uno ... due ... tre!

Thad, Timothy e Gennaro chiusero gli occhi crollando all'indietro. E anche lo stesso Jago svenne sotto gli occhi di tutti.

-Ma ... che è successo? - domandò Vivy senza capire.
-Questo coglione si è auto-ipnotizzato! - spiegò in breve Louis.

 

Zayn era sulla sporgenza di uno scoglio e si godeva le gocce di mare che le onde trasportavano sulla sua pelle quando si schiantavano sulle pietre. Guardava il mare pensieroso e col fiato sospeso. Venne raggiunto da qualcuno.

-Oh ... eri qui! - si girò. Vide Harry sedersi accanto a lui.
-Sei tu - lo riconobbe sorpreso - Cosa ci fai qui?
-Niente. Facevo un giretto. Tu invece, che fai qui?
-Ecco ... pensavo a quel maggiordomo del cazzo. Come si è permesso di insultare mio padre? - strinse i pugni.
-Già, anche secondo me quel tizio è un bastardo. Può dire quello che vuole, ma noi sappiamo meglio di lui che Yaser è un fenomeno di pirata!

Zayn sorrise: - Io sono orgoglioso di lui. Anche se quel figlio di puttana ha infranto il suo orgoglio. Non potrò mai perdonarlo.

-Ah no? E come farai per rivedere la signorina?
Il ragazzo arrossì: - Tornerò da lei. Questo è sicuro. Anche se quel bastardo non mi chiederà scusa.
Harry guardò la scogliera sotto di loro e sgranò gli occhi. Scosse violentemente la spalla di Zayn: - Guarda! - gli sussurrò - E' lui!
Osservando attentamente il piccolo vialetto che portava al porto, i due ragazzi videro due persone avvicinarsi. Anche se erano a debita distanza, riuscirono a riconoscere Kyron ... e un secondo uomo. Si fecero piccoli, piccoli restando in ascolto. Cosa ci facevano lì?
-Jago - disse Kyron rivolto all'altro uomo - Sei in ritardo. Ti avevo detto di non passare dal villaggio, altrimenti avresti semplicemente sprecato tempo.

-Sciocchezze. Non ho sprecato nulla - disse il secondo uomo - Ho avuto un piccolo inconveniente con dei ragazzini, ma sono riuscito a uscirne.

-Ma chi sarà? - mormorò Harry.
-Shh! - lo zittì l'amico.
-Allora - sentirono dire al maggiordomo - I preparativi sono stati dettagliati e organizzati?
-Certamente - ghignò Jago - Siamo pronti in qualsiasi momento ... per l'assassinio della ragazza!


Il tempo sembrò fermarsi per Zayn. Non sentì più il cuore o i rumori che lo circondavano. Il sudore gli imperlò la fronte, gli occhi quasi uscirono fuori dalle orbite e la voce che uscì dalle sue labbra non sembrò la sua: - Ha d-d-detto ... assassinio?

-Non chiamarlo assassinio, Jago - disse Kyron - Incidente! Chiamalo semplicemente, incidente.
-Oh sì giusto. Un grave incidente.
-Ma che cazzo stanno dicendo? - sussurrò Harry.
-Non lo so - balbettò Zayn.
-Non sarò sufficiente ucciderla - proseguì il maggiordomo - La signorina Perrie perderà la vita in un grave incidente.
-Ricapitolando - disse Jago - Domattina attaccheremo il villaggio appiccando fuoco e fiamme, dopodiché io personalmente mi recherò alla villa e ucciderò la ragazza. In questo modo tu potrai ereditare la sua fortuna.
-Sì. Le mie intenzioni sono queste. Ma c'è un problema, non ho alcuna parentela di sangue con lei. Ed è qui che entrano in ballo i tuoi poteri ipnotici. Prima di ucciderla, devi farle scrivere un testamento in cui sosterrà che tutto il suo patrimonio andrà a me. Intesi? - l'uomo annuì. Kyron sogghignò: - In questo modo potrò impadronirmi delle sue ricchezze. Ho impiegato tre anni ad acquistarmi la sua fortuna e quella di tutto il paese. Non desterò sospetti!

 

-Già. Ti sei messo la divisa di un pinguino abbastanza a lungo ... capitano Kuro! La tua trovata di far credere a tutti di essere stato fucilato dalla Marina tre anni fa, quando invece a essere ucciso fu un vostro sosia, è stata una mossa davvero geniale. Mi hai stupito. Pensavo che rinunciare alla pirateria fosse la scelta peggiore che potessi fare. Invece eccoti qui, ad un passo dal concludere il tuo piano.

-Volevo condurre una vita tranquilla. Senza che la Marina mi stesse sempre addosso. Diciamo che sono ... - lo guardò scherzosamente - Un pacifista!
Jago scoppiò a ridere: - Sei un pacifista perfetto! Sei riuscito a distruggere da solo un'intera famiglia!
-Non me l'aspettavo che il padre della ragazza cascasse nella mia trappola velenosa così facilmente. Non ho neanche dovuto sporcarmi di sangue. Ma non è questo l'importante adesso.
-Già! Io e gli altri uomini abbiamo ancorato all'approdo dall'altra parte dell'isola già da una settimana! Aspettiamo soltanto il segnale.
-Dì loro che non ci sarà ancora molto da attendere.
Zayn strappò ciuffi d'erba così violentemente da farsi male alle nocche: - E' disgustoso! - bisbigliò - E' una cosa ... disumana ...
-E' proprio un complotto - disse Harry.
-Certo che lo è! Non li hai sentiti? Sono esseri spietati! Ho sentito dire che il capitano Kuro è morto tre anni fa, dicevano che fosse un uomo senza scrupoli, un vero assassino! Ed eccolo ancora vivo! Vuole mettere le mani sul patrimonio della mia Perrie! Il villaggio sarà attaccato ... e lei verrà uccisa! No, non voglio ... non posso ... permetterlo! - era bianco cadaverico.
Harry compì un atto stupido. Davvero stupido. Si mise a urlare a squarciagola: - EI VOI DUE! NON AZZARDATEVI A FARE DEL MALE A PERRIE O VI AMMAZZO!

Zayn indietreggiò all'istante col cuore a mille: - Ma che cazzo fai? - disse con voce stridula - Idiota, spostati o ... - troppo tardi.

Kyron e Jago alzarono lo sguardo. Li scorsero entrambi.
-Bene, bene - disse il primo - Ci rivediamo, bambini! Avete sentito tutto?
-No / Sì - nello stesso momento in cui Zayn negò, Harry confermò - E vi fermeremo!
Kyron si rivolse al complice: - Pensaci tu.
-Agli ordini - Jago tirò fuori un piccolo cerchio di lama tagliente - Voi due, guardate attentamente questo oggetto.
Harry si chinò di più: - Ma che cos'è?
Zayn, già con un brutto presentimento, provò a trascinarlo via: - Non guardarlo! E' sicuramente una trappola!
-Quando conterò fino a tre, ti addormenterai - continuò l'uomo - Uno ... due ... tre!
La testa di Harry cominciò a vorticare. Le palpebre gli si fecero improvvisamente pesanti e vide tutto offuscato. Oscillò in avanti e scivolò, precipitando giù dallo scoglio. Atterrò vicino i due uomini.
-NO, HARRY!
-E' caduto di testa - sorrise Kyron - Poveretto, non credo sia sopravvissuto! Ei Jago, svegliati! Hai ancora il problema di ipnotizzare anche te stesso?

-Merda ... - balbettò Zayn respirando a fatica - L'ha ucciso ... quel bastardo ... Merda!! - sentì le lacrime salirgli agli occhi e scendere lentamente.

-Sistemiamo anche lui? - chiese l'ipnotizzatore.
-Non è necessario - lo fermò il falso maggiordomo - E' conosciuto da tutti come un bugiardo. Nessuno gli crederà. A domattina, Jago. Attaccherete all'alba. Distruggete il villaggio, ammazzate donne vecchi e bambini e mi raccomando non dimenticatevi di uccidere quella sgualdrina di Perrie! - alzò lo sguardo verso il ragazzo - Hai sentito, Zayn? E' già tutto programmato! Voglio vedere come farai a proteggere il tuo paese e la tua amata tutto da solo.

Zayn girò i tacchi e scappò via: - Maledetto! - strillò entrando nel bosco - Bastardo! Figlio di una troia! Tutti gli abitanti del mio villaggio verranno uccisi e anche Perrie morirà! No! NO! NOOO! Non voglio! Non posso permetterlo! - non poteva evitare di piangere.

Pensò a Perrie, a quando l'aveva conosciuta nel suo giardino, ai bellissimi momenti passati insieme, quando passavano le giornate nelle risate delle sue storie e nei suoi bellissimi sorrisi.

-MALEDIZIONE! NON POSSO PERMETTERE CHE LE FACCIANO DEL MALE! NON POSSO!

 

TO BE CONTINUED

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Capitolo 11
*** Episodio 11 - Complotto Smascherato ***



Ormai era passata più di un’ora. Zayn e Harry non si facevano ancora vivi e per i loro amici cominciava ad essere una cosa non rassicurante.
-Sono in ritardo – disse Timothy guardando per l’ennesima volta il suo orologio da polso – forse il Capitano è rimasto troppo sconvolto. Oppure si è addormentato sulla scogliera.
-Tanto vale andare a cercarlo – propose Gennaro più in ansia di tutti.
-Ei un momento – li fermò Thad scrutando l’orizzonte – Eccolo! – esclamò indicando uno stretto punto fra due alberi nel bosco vicino. Una figura si stava avvicinando in modo molto tempestivo. Era Zayn. Dapprima nessuno di loro riuscì a scorgere la sua espressione.
-Ei – lo salutò Vivy quando si avvicinò – Dove sei stato?
-Harry non era con te? – gli chiese Louis.
Ma il ragazzo gli ignorò tutti, superandoli come se fossero cartelli stradali e si diresse a passo svelto verso il villaggio. Per un attimo riuscirono a scorgere le sue guance umide e i denti stretti in una morsa.
-Forse è ancora offeso? – ipotizzò la ragazza.
-Non credo. Aveva una faccia! Deve essere successo qualcosa – la contraddissero i tre bambini.
Louis, più pensieroso degli altri, si rivolse a loro rivelando così le sue intenzioni: - Diteci come arrivare alla scogliera.

Zayn, intanto, ansimante e senza più aria nella gola, giunse al villaggio con le gambe doloranti e la milza pulsante.
Ma non furono questi ostacoli a fermarlo. Proseguì oltrepassando vicoli e stradine e finalmente arrivò di fronte la centrale di polizia. Spalancò la porta senza neanche bussare e spingendo qua e là i poliziotti di guardia, giunse nell’ufficio dove trovò seduto comodamente in poltrona a sorseggiare caffè, lo sceriffo Weiss. Entrò così all’improvviso che la tazzina gli si rovesciò addosso. Bollente.
-Per mille ciambelle!- esclamò dopo essersi ripreso dall’urlo che lo aveva stordito. Non appena vide chi era appena entrato s’ingrugnì – E tu cosa fai qui? Hai finalmente deciso di chiedere scusa o ti sei auto-consegnato?
-Sceriffo! – gridò il ragazzo picchiando i pugni sul tavolo – Deve dare immediatamente l’allarme!
-Come prego?
-SIAMO IN PERICOLO! – continuò lui – Stanno arrivando i pirati!
L’uomo inarcò le sopracciglia, tirò fuori da una scatoletta un sigaro e se lo accese: - Ti ci metti anche nel pomeriggio, Zayn?
-Co … cosa?
-Siamo già costretti a sopportare le tue sciocchezze di mattina. Ma lasciaci in pace per il resto della giornata, almeno! - esclamò allungando le braccia.
-Sceriffo … - balbettò il ragazzo – Guardate che non è una bugia … stavolta è la verità.
-Sì, come no!
-Lei deve credermi! L’ho sentito con le mie orecchie! I pirati arriveranno domani all’alba e distruggeranno il villaggio! Dobbiamo metterci in salvo, dobbiamo contattare la marina, dobbiamo fare qualcosa! – continuava a urlare.
-Oh, adesso basta! – lo interruppe lo sceriffo cominciando ad innervosirsi – Siamo tutti stufi delle tue menzogne! Mi spieghi perché devi sempre mettere in paranoia la gente per nulla?
-Non sto mentendo! – ribatté Zayn – La prego sceriffo, mi creda! Siamo in pericolo!
-Sei pregato di lasciare il mio ufficio, Zayn.
-NO! – il ragazzo prese il vecchio per le spalle e cominciò a scrollarlo – Se lei ha davvero a cuore questo paese quanto l’ho io, deve fidarsi di me! Non è una menzogna! E’ la verità! Stanno arrivando i pirati!
-Lascialo! – gli ordinarono degli uomini entrati all’improvviso. Alcuni lo afferrarono staccandolo dal loro capo, altri gli puntarono contro dei revolver.
-La prego sceriffo! Dia l’allarme o sarete tutti spacciati!
-Adesso smettila!- urlò Weiss.
-Questa volta hai superato ogni limite! – si unirono i suoi uomini.
-Non sei altro che un bugiardo, un ciarlatano!
-Perché mai dovremo crederti?
-Ormai lo sappiamo che parli, parli, ma racconti solo fesserie!
-Se fossi una persona onesta e di buon cuore, come Kyron, il maggiordomo della villa, avremo anche potuto fidarci!
Quell’ultima frase lasciò il ragazzo col fiato sospeso. Lo avevano paragonato all’uomo che voleva uccidere la sua Perrie. L’uomo che progettava di distruggere il villaggio! Lui sapeva che nessuno gli avrebbe creduto. Ecco perché non lo aveva ucciso come aveva fatto con Harry. Quel maledetto!
-Se fossimo così ingenui da crederti, dovremo lasciare il villaggio inutilmente! – continuarono i poliziotti – Ma stavolta non la passerai liscia! Passerai un po’ di tempo al fresco! – stavano per agguantarlo e ammanettarlo, ma il ragazzo diede loro delle gomitate e saltò dalla sua solita via di scampo: la finestra.
Ovviamente udì alle sue spalle voci che gli ordinavano di fermarsi e non sarebbe passato molto che avrebbero cominciato a rincorrerlo.
-Maledizione! – gridò correndo lontano – Ma perché? Perché? – nessuno voleva credergli.

Intanto i tre ragazzini, Vivy e Louis, erano giunti sulla cima di una scogliera bagnata dalle onde che vi si schiantavano sopra.
-Ecco è qui che viene il Capitano quando si sente triste – spiegò loro Thad.
-Non c’è traccia di Harry – notò Louis – Chissà dove sarà finito!
-Però – commentò la ragazza sporgendosi – E’ una bella altezza!
I suoi amici la sentirono sussultare e strillare pochi istanti dopo: - Che succede? – le chiesero.
-Oh, madonna! – esclamò la ragazza indicando un punto distante – G-guardate! Laggiù!
Louis si tenne aggrappato ad uno spuntone di roccia affacciandosi con più inclinazione. Scorse una sagoma distesa sugli scogli sotto di loro. Accanto ad essa c’era un cappello in feltro:- Ei eccolo! – lo riconobbe.
-Sì è lui! Il ragazzo di gomma! – gli fecero eco i bambini.
-Ma che ci fa lì? – disse Vivy.
-Andiamo da lui! – spiegò Gennaro – Venite, da questa parte c’è un sentiero!
Attraversando una stradina acciottolata e ripida, scesero scroscianti, fino a raggiungere il punto esatto dov’era il loro amico. Lui era girato di schiena e aveva il pugno chiuso. Si chinarono verso di lui. Aveva alcuni graffi sulla maglietta mezza strappata.
I bambini si coprirono gli occhi: - Ecco perché il capitano aveva quell’espressione! – disse Timothy.
-Poverino, sarà morto sul colpo cadendo da quell’altezza!
La ragazza e lo spadaccino si guardarono. Non sembravano né dispiaciuti né malinconici. Lui, anzi, tirò fuori una delle sue tre spade e cominciò a punzecchiare la schiena del suo amico. Immediatamente, gli arti delle gambe e delle braccia pulsarono. Harry aprì gli occhi e si mise lentamente a sedere. I tre ragazzini rimasero di stucco
Non appena li vide, il ragazzo sorrise: - Ciao ragazzi! Bella mattinata!

Nel frattempo, fra le galatee mura della villa, la signorina Perrie leggeva tranquilla un romanzo, standosene seduta sul suo letto. Qualcuno bussò alla sua porta ed entrò. Si trattava di uno dei maggiordomi a cui era più affezionata: il vecchio Noche. L’uomo si era preso cura di lei ancor prima dell’arrivo di Kyron e qualunque cosa lei desiderasse, faceva di tutto per fargliela ottenere: - Mi scusi signorina?
-Sì, dimmi – gli sorrise mettendo da parte il suo libro.
-Come aveva richiesto, sono corso al paese qui vicino a ritirare il ricamo che aveva ordinato al sarto qualche tempo fa.
-Davvero? – la ragazza sorrise raggiante – Che bello, è arrivato! Fammelo vedere!
L’uomo tirò fuori dalla giacca un involucro di carta bianca e lo srotolò lentamente. Conteneva un minuscolo cuscino a forma di fagotto con sopra stampate queste parole: Grazie di Esserci Sempre.
-E’ bellissimo! – commentò Perrie tenendolo stretto al petto – Pensi piacerà a Kyron?
-Ne sono sicuro! Ne rimarrà entusiasta, signorina! – rispose Noche riprendendolo e rimettendolo nella carta – Glielo farò trovare personalmente stasera.
-Grazie Noche. Lui è sempre stato così premuroso con me. Voglio dimostrargli la mia gratitudine.
-E’ davvero una ragazza adorabile signorina. Ora però la lascio riposare.
-Va bene. A dopo, Noche.

Lasciata sola, la ragazza ritornò a rilassarsi nella lettura. Però passati venti minuti, uno strano rumore la interruppe. Udì strani colpetti, piccoli ma numerosi. Ne sentì sei. E subito riconobbe il loro codice segreto. Con il viso contento corse ad aprire le ante delle finestre e vide il suo Zayn seduto al solito ramo del ciliegio.
-Sei venuto! – esclamò sorridente – Per un attimo ho creduto davvero … che non tornassi più – in breve però, si accorse che il ragazzo non condivideva il suo stesso sorriso. Anzi, aveva l’espressione più cupa che gli avesse mai visto. Il volto sudato, le labbra tremanti, le sopracciglia tenute all’ingiù, gli occhi socchiusi: - Va tutto bene?
Zayn allungò la gamba verso la finestra e poggiandole entrambe sul davanzale, si diede una spinta entrando: - Devi … scappare! – disse alla ragazza – O verrai uccisa!
Perrie aggrottò la fronte: - Cosa intendi dire?
-Sei stata ingannata Perrie! – continuò il ragazzo parlando a razzo – Kyron in realtà è un pirata! Vuole ucciderti! – furono queste parole a fermare il cuore della ragazza.
Si sentì come se una folata di vento gelido la stesse avvolgendo e lei fosse nuda. Sentì un grosso tonfo al cuore mentre chissà come, le mani si stringevano al pugno. Lo guardò senza sorridere: - Aspetta un attimo … stai scherzando?
-No! – ribatté Zayn con sguardo serio – Ti scongiuro fidati! Non sto mentendo! L’ho sentito con le mie orecchie! Kyron è un pirata! Si è fatto assumere tre anni fa, fingendosi un maggiordomo, solo allo scopo d’impadronirsi del tuo patrimonio! E’ stato lui a uccidere tuo padre e ora vuole eliminare anche te!
Perrie indietreggiò: - Ma cosa … stai dicendo?
-Sto dicendo che lui e i suoi uomini verranno a ucciderti domattina all’alba! – la ragazza serrò le labbra e strinse gli occhi. Non poteva sentire quelle parole provenire da Zayn. Non era possibile – Quell’uomo è solo un figlio di puttana! – continuava lui – Devi scappare o morirai! Ti prego Perrie, fuggi.
-Ascolta – balbettò lei sull’orlo delle lacrime – Riconosco che è stato offensivo nei tuoi confronti … ma non puoi calognarlo in questo modo … non è da te Zayn!
-Non è una bugia … - anche il ragazzo sembrava sul punto di scoppiare in lacrime – E’ la verità … ti prego … - fece per prenderle la mano ma lei la ritrasse alla svelta – Ti prego … - continuò lui oscillando – Credimi!

Intanto gli altri vennero a sapere la verità. Harry raccontò loro ogni cosa. Non ricordò molto. Come mai si fosse improvvisamente addormentato ma di certo ricordava la conversazione sentita tra Jago e il maggiordomo.
-COSA? – gridarono i tre ragazzini impauriti – IL VILLAGGIO VERRA’ STERMINATO E PERRIE UCCISA?
-Hanno detto così – ripeté il ragazzo di gomma.
-Ho sempre pensato che Kyron fosse una persona cattiva! – disse Timothy.
-Ecco perché il capitano aveva quell’aria così spaventata – continuò Thad.
-Povera Perrie, dobbiamo fare qualcosa – finì Gennaro.
-Per fortuna lo abbiamo saputo in tempo – disse Vivy, l’unica sorridente – In questo modo potremo scappare. Quei pirati avranno una bella sorpresa domattina. Ci conviene levare le tende ragazzi.
-Sì è vero, dobbiamo scappare!- esclamarono i bambini correndo via – Andiamo a fare i bagagli, così fuggiremo!
Rimasti soli, i tre ragazzi ragionarono ad alta voce.
-Dobbiamo ricordarci di comprare le provviste prima di scappare – disse Harry.
-Non è questo il problema principale! – gli fece notare Louis.
-Già – disse la ragazza – Ci conviene tornare al porto e levare l’ancora ragazzi. Immediatamente.
-Un momento – la interruppe l’amico col cappello – Prima voglio sapere che fine ha fatto Zayn.
-Sarà andato alla villa ad avvertire Perrie.
-Muoviamoci allora.

Zayn e Perrie non lo sapevano. Anche se i loro pensieri erano differenti, ne avevano uno in comune. Quello del loro primo incontro. Era da poco morto suo padre e la ragazza si sentiva sola e affranta. Ma un giorno, mentre passeggiava nel bosco in sella a un cavallo, incontrò un ragazzo che abbagliato dal suo fascino si mise a parlarle. Lei da un primo momento lo respinse sospettosa si trattasse di un bandito. Ma dopo un po’ la sua spensieratezza l’attirò e ci chiacchierò a lungo. Lui la fece ridere assai. Lei era convinta che non avrebbe mai più provato una gioia simile, invece quel ragazzo era riuscito a restituirgliela. Senza accorgersene si erano addormentati uno sulle spalle dell’altra, passando così una notte magica. E la mattina dopo, neanche se ne accorsero.
Ma ora che si trovavano faccia a faccia a dirsi quelle cose, entrambi riprovarono la sensazione di sentirsi abbandonati.
-Io amavo le tue bugie – disse Perrie abbassando lo sguardo – Amavo te … ma … perché hai dovuto … rovinare tutto? Perché lo hai fatto? Perché Zayn?
-Ti sbagli Perrie, non ti sto ingannando! Non lo faccio per vendetta. Kyron vuole davvero farti del male.
-Ti prego smettila – gli chiese quasi come un imploro – Smettila!
La loro conversazione fu interrotta dalla porta della stanza che si spalancò all’improvviso. Era Noche, che aveva sentito degli strani rumori e voleva accertarsi che Perrie stesse bene:- Signorina! – esclamò quando vide Zayn in piedi alla finestra. Tremante estrasse dalla giacca una piccola pistola puntandola contro il ragazzo.
Ma lui non ragionò in quel momento. Tutto ciò che voleva era proteggere Perrie. Così le afferrò il polso attirandola a sé: - Devi scappare!
-Lasciami! – le ordinò – Zayn … ora basta!
-Lascia subito la signorina villano! – gli ordinò il maggiordomo sempre con l’arma ben puntata.
-Ti prego, fidati di me – disse Zayn. E con un balzo spiccò fuori dalla finestra senza lasciarla andare. Il suo atterraggio gli piegò una caviglia ma almeno lei non si era fatta niente però aveva la testa girevole.
Noche chiamò aiuto e tutte le altre guardie accerchiarono il ciliegio minacciando Zayn con altre pistole.
Ma lui li allontanò lanciando biglie a volontà con la sua fionda di cui era maestro.
-Zayn … - balbettò la ragazza con la vista appannata. Il salto l’aveva stordita – Fermati … ti prego!
Lui le prese la mano e cercò di trascinarla via. Ma lei non si mosse. Si voltò a guardarla: - Capirai che non sto mentendo! Devi metterti al riparo o ti uccideranno! Per favore ascoltami …
Neanche Perrie ragionò molto con la testa. Però fu sicura del suo gesto. Mollò un forte ceffone al ragazzo. Forse il primo che avesse mai tirato in vita sua e il primo che lui avesse mai ricevuto. Si toccò la guancia adesso rossa. La ragazza gli voltò le spalle col volto rigato di lacrime: - Vattene! – gli ordinò – Non voglio più vederti!
Il tempo sembrò fermarsi tra di loro. Fu come se una strana magia avesse bloccato i loro cuori.
Noche arrivò in giardino con il pollice al grilletto: - Sta lontano da lei! – ordinò a Zayn – O sparo!
Lui capì che l’uomo non scherzava. Per questo corse via cercando di raggiungere il suo passaggio in mezzo alle mattonelle che dividevano la strada dalla villa. Ma il colpo partì lo stesso e lo colpì al braccio. Zayn cadde in ginocchio fra gemiti e urla.
Perrie si coprì la faccia: - Zayn …
Il ragazzo si tenne stretta la ferita e riprese la sua fuga. Sparì. Ora lo sapeva: era solo.
Ripercorso il villaggio, nel frattempo, Harry e gli altri avevano trovato una piccola folla di cittadini che erano sulle tracce di Zayn come loro. Ma c’era differenza. Volevano malmenarlo e sbatterlo in prigione per la più grande assurdità che avesse mai raccontato.
-Sono proprio esauriti questi qui – commentò Louis mentre salivano su per la collina che portava alla villa.
Furono raggiunti dai tre bambini. Anche loro stavano cercando il capitano ma non lo trovavano da nessuna parte.
-Siamo già stati alla villa – raccontò Thad – Ma abbiamo trovato solo un gruppo di gente che gridava il suo nome.
-Non è neanche in paese! – disse Vivy – Chissà, forse è scappato dall’isola.

Non era esattamente così. Il ragazzo a dire il vero non si trovava molto distante da loro. Camminava dalla parte opposta cercando di trattenere le lacrime. Il sangue aveva smesso di sgorgare dal suo braccio ma dolorava lo stesso. Ripensando a ciò che era successo con Perrie pensò che anche nella morte non avrebbe trovato qualcosa di più avvallato. Lei lo aveva lasciato solo perché lui voleva proteggerla. Quel bastardo di Kyron ora era ad un passo dall’ucciderla e lui non poteva fare niente, se non pensare alle sue persone più care che venivano lentamente ammazzate una dopo l’altra il giorno seguente. Ne sentì all’improvviso le voci. Erano del suo club. Lo stavano cercando. Non doveva dire nulla a loro. Erano solo dei ragazzini. Cercò di coprire la ferita come meglio credeva e seguendo le loro voci li raggiunse con un mezzo sorriso: - Ei ragazzi, sono qui! – notò che non erano soli. C’erano anche Louis, Vivy e … Harry???
Zayn sgranò gli occhi e rimase con la bocca spalancata. Loro lo raggiunsero.
-Finalmente! – esclamò il ragazzo di gomma – Ma dov’eri finito?
Lui lo guardò aprendo bocca solo all’ultimo: - Ma … tu … sei vivo?
-Cosa? Certo che sono vivo!
-Ma … che succede? Insomma … ti ho visto volare giù dalla scogliera … come fai a …
-Oh quello! – rise Harry – Beh, le precipitazioni dall’alto non hanno alcun effetto sul mio corpo. Grazie alla Folgore del Diavolo che mi ha colpito sono diventato allungabile! – spiegò tirandosi la mano quel tanto che bastava da impressionarlo.
-Folgore del diavolo … - balbettò Zayn – Ma … non erano una leggenda?
-A quando pare no.
-Capitano! – lo interruppe Gennaro – Abbiamo saputo dell’attacco dei pirati domattina!
-Cosa? – esclamò il ragazzo dal ciuffo – Lo sapete?
-Sì! – continuò il bambino – Dobbiamo andare a dirlo a tutti! Bisogna avvertire la marina!
Zayn si bloccò. Quei tre ragazzini stavano dimostrando un grande spirito valoroso nonostante sapessero del pericolo che incombeva su di loro. Ripensando alle reazioni di Perrie e degli abitanti del villaggio quando aveva cercato di dire loro la verità … capì che non poteva contare su di loro. Inoltre non voleva mettere in pericolo i suoi amici. Si strinse di più la ferita e davanti lo sguardo di tutti scoppiò a ridere.
I tre bambini lo guardarono sbigottiti.
Lui li guardò: - Che scemi! Ci avete creduto!
-Cosa? – esclamarono loro – Vuoi dire che si è trattata di una delle tue solite frottole?
-Ovvio! – mentì Zayn – Ero offeso con quel demente del maggiordomo e ho pensato di andare un po’ a sputtanare di lui in paese. Ma non pensavo che anche voi ci foste cascati!
Harry e i suoi amici si guardarono senza capire.
I ragazzini ridevano più gioiosi e speranzosi che mai: - Era uno scherzo, ma certo! E Harry ti ha tenuto il gioco!
-Sì molto divertente – disse il loro amico – Ora però si è fatto tardi. È quasi ora di cena e non voglio che le vostre mamme si preoccupino. Tornate a casa.
-Ha ragione capitano – disse Gennaro – E poi dobbiamo disfare le valigie che abbiamo preparato nel caso non si fosse trattato di uno scherzo.
Si allontanarono tutti e tre diretti al villaggio. Sembravano felici, ma i ragazzi li sentirono mugugnare: - Comunque il capitano mi ha deluso, non mi sarei mai aspettato che inventasse una scusa per ferire un’altra persona! Anche se questa è antipatica come quel maggiordomo.
Zayn abbassò lo sguardo sistemandosi meglio la maglietta. Vide i ragazzini andarsene in silenzio e poi si girò tirando su col naso.
-Ei – gli chiese Harry – Perché hai detto questa cavolata? Sappiamo entrambi di trovarci in una brutta situazione.
Il ragazzo lo guardò: - Era prevedibile che solo loro mi avrebbero creduto … non volevo mettergli in pericolo – sentì la ferita palpitare e urlò.
-Oh, mamma mia! – disse Vivy accorgendosene solo in quel momento – Ma sei ferito! Muoviti, dobbiamo disinfettarti!
Gli altri lo aiutarono a restare dritto. La vita gli si appannò piano, piano. Con un po’ di buona volontà riuscirono a raggiungere la parte di scogliera dov’era armeggiata la scialuppa con la quale erano giunti a Shirop.
La ragazza prese il kit d’emergenza che si era portata dall’isola precedente e con un pezzo di cotone e dell’antisettico, picchiettò sul braccio dell’amico. Lui strinse i denti cercando con tutte le forze di non mettersi a gridare come un ossesso.
-Non sono un medico – ammise lei – Ma so per certo che se cerchi di non sforzarlo guarirà prima del previsto – finita la medicazione serrò l’ascella – Domani il villaggio verrà attaccato, non è così?-
Zayn annuì: - Non c’è alcun dubbio. Ma come devo fare? Tutti credono sia una delle mie bugie!
-Se lo confermiamo anche noi vedrai che ti crederanno – propose Louis.
-No! – lo bloccò il ragazzo dal ciuffo – Devo … mantenere la mia reputazione da racconta-frottole.
-Ma che stai dicendo? – dissero i tre in coro.
-Ho deciso … di fermare i pirati sulla costa! Prima che raggiungano il paese! In questo modo tutti penseranno che non sia successo nulla e ogni cosa tornerà alla normalità! – strinse gli occhi – E’ vero … mi hanno sparato e cercato di mandarmi all’ergastolo … ma non posso abbandonarli … questa è casa mia. Devo difendere Perrie a tutti i costi … io la amo – i ragazzi si guardarono.
Louis strinse la fodera della spada: - Sapevo che infondo eri una persona sensibile!
-E molto coraggioso – si unì Vivy – Sei disposto a combatterli da solo. Ti daremo una mano – disse seria – Ma ricorda che tutto il tesoro va a me!
-Bene – sorrise Harry – Siamo pronti alla battaglia allora!
-Voi … - Zayn li guardò uno alla volta – Volete battervi … al mio fianco? Ma Perché?
-Quei bastardi saranno parecchi! – valutò il ragazzo col cappello.
-E poi in te riusciamo a vedere la paura fatta persona – lo sfotté Louis – Ti serviremo!
-Che … cosa? Paura io? Ma che dici …
-Dillo alle gambe che ti tremano e al sudore che ti scende a catinelle!
-Oh, cazzo – Zayn vide che in effetti nutriva un grande panico in sé stesso – Ma è giustificabile! Insomma … abbiamo a che fare con i pirati di Kyron! Quando si è fifoni, si è fifoni! – li vide ridacchiare e s’irritò – Non me ne faccio una minchia della vostra commiserazione! Andatevene!
-Ora smettila, coglione! – gridò Harry.
-Non capisci che vogliamo aiutarti? – esclamò Louis.
-Già! – continuò il suo amico – Non stiamo rischiando la vita per commiserazione! Ma perché hai dimostrato coraggio!
Zayn rimase impietrito di fronte a quelle parole. Erano rare le occasioni in cui lui dimostrava un grande spirito valoroso, avventuriero e determinato. Quei tre ragazzi erano pronti al suicidio per aiutarlo a salvare la sua Perrie e il suo paese. Pensò di non aver mai incontrato gente così prodiga. Non avrebbe ottenuto nulla da solo. Ma sentì che al loro fianco sarebbe riuscito a sconfiggere Kyron. Aveva bisogno di loro.
Si asciugò una lacrima che gli stava colando sullo zigomo. Non era il momento per me commozioni. Avevano un maggiordomo da uccidere!

TO BE CONTINUED

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Capitolo 12
*** Episodio 12 - Scontro alla Scogliera ***



Zayn condusse i suoi amici sulla cima di un’altra scogliera, poco più a Sud, situata su un pendio dissestato. Il cielo notturno li aiutava con le sue stelle e la sua luna la salita. Arrivati in cima esausti fecero il punto della situazione.
-Attaccheranno risalendo questo declivio – disse il ragazzo dal ciuffo – Non è molto distante dal paese. Tutto il resto sono faraglioni, non riuscirebbero a oltrepassarli. Quindi se blocchiamo loro l’accesso da questa collinetta non giungeranno mai al villaggio.
-Bene, è facile allora – commentò Vivy che si aspettava di peggio.
-Si fa presto a dire che è facile – continuò Zayn – Ma la vera valutazione deve ancora essere decifrata. Dipenderà tutto dalla nostra forza e dalla nostra volontà! Cosa vi riesce meglio?
Louis tirò fuori una delle spade: - Mutilare!
Harry serrò il pugno: - Ammazzare!
Vivy si scroccò le dita: - Arraffare!
-Io sono bravo a scappare – rise il ragazzo.
-Scordatelo! – esclamò Harry – Devi combattere anche tu!

Intanto, Kyron aveva fatto ritorno alla villa. Tutti i maggiordomi non facevano altro che parlare male di Zayn e questo gli fece capire che nessuno aveva creduto a ciò che il ragazzo aveva detto riguardo la verità.
Perrie dormiva, così l’uomo si diresse nelle cucine. Ci trovò soltanto Noche che stava dando una ripulitina agli utensili ancora sconvolto per ciò che era successo con la signorina.
-Ho saputo – disse Kyron versandosi del tè.
-Sì lo so – rispose l’uomo scuotendo la testa – E’ davvero incredibile! Quel ragazzino è un … mostro! Come può spezzare il cuore della signorina … cercare di rapirla … e poi affermare che tu sei un pirata? – rise scherzosamente – Ha un cervello senza rotelle!
-Già – ghignò Kyron – Credo abbia avuto ciò che si meritava – lo sguardo del maggiordomo si posò improvvisamente su una piccola scatoletta posta vicino il tavolo. Era un pacchetto regalo con un bel fiocco verde. Accompagnato da un biglietto. Il mittente era proprio lui – E questo? – chiese prendendolo tra le mani – Che cos’è?
Noche alzò gli occhi e sorrise: - E’ un regalo da parte di Perrie! Quella ragazza è un vero angelo. Ci teneva così tanto a ringraziarti per tutto quello che hai fatto per lei e per questa famiglia negli ultimi anni.
Kyron inarcò la fronte mentre scopriva il contenuto del regalo. Si trattava di un fagotto di lana così piccolo da poter essere il cuscino di uno scoiattolo. C’erano ricamate le parole Grazie di Esserci Sempre.
L’uomo lo guardò ancora e ancora. La ragazza gli aveva fatto un simile regalo? Era stata così ingenua da credere che seriamente lui era venuto in quella villa con la promessa di proteggerla da tutto e da tutti? Sciocca ragazzina, pensò. Il suo gesto era molto generoso e le faceva presupporre di fare come fa una bimba per la festa del papà. Molto presto sarebbe morta per mano sua e questo non poteva certo evitarlo. Un po’ gli dispiaceva di ucciderla ma rinunciare alle sue ricchezze per mantenerla in vita non era una cosa tipica del famigerato pirata Kuro.
Kyron sorrise malizioso. Si avvicinò al caminetto e ci scaraventò dentro con forza il cuscinetto ricamato.
A quel gesto Noche spalancò la bocca: - Kyron! – esclamò – Ma … cosa … hai fatto? Il regalo della signorina!
L’uomo lo guardò. Una strana aurea perfida gli copriva gli occhi tenebrosamente: - Non ne ho bisogno. Lei me lo ha già fatto un regalo. Mi donerà il suo patrimonio e tutti i beni di questa villa!
Noche ancora con la bocca semiaperta, indietreggiò senza saperne il motivo: - Ma di che cosa stai parlando?
Kyron avanzò tenendo una mano misteriosamente dietro la schiena: - Fra un paio d’ore potrò finalmente smetterla con questa commedia del cazzo. Potrò rivelare finalmente la mia vera identità. Ma per quella sgualdrina e per tutto il villaggio sarà ormai troppo tardi! – tirò fuori la mano. Dalle dita spuntavano cinque lame affilate. Era come se ogni unghia fosse l’elsa di una diversa spada. Le sollevò.
Il povero vecchio Noche cadde all’indietro ed ebbe solo il tempo di cercare di urlare: - Perrie, scappa! – che le spade gli penetrarono nel petto.

Passarono diverse ore. Il paese era sprofondato serenamente in un sonno beato senza preoccuparsi di nulla.
Ma dalla stiva di una nave ancorata vicino il pendio, stava uscendo sospettosamente Jago. L’uomo era stato appena svegliato dai suoi uomini. Erano più o meno le quattro e aveva ancora parecchio sonno. Ma la paura della reazione che avrebbe potuto avere Kyron se avessero fatto tardi lo svegliò del tutto.
-Tutti pronti uomini? – chiese ai suoi scagnozzi che già inforcavano spade, pugnali, pistole e fucili. Si levò un grande urlo di battaglia – Bene. Ricordate, attaccate il villaggio, depredatelo e incendiatelo. Poi correte diritti alla villa e pestate la ragazza. Ma non uccidetela! Prima devo farle fare testamento e poi ci penserò io alla sua bella testa!

Harry e gli altri, ancora nello stretto della scogliera, avevano appena finito il loro piano di salvataggio. Servendosi di ben dieci barili di olio, avevano cosparso la strada davanti a loro in modo tale da far scivolare chiunque provasse a oltrepassarla. In questo modo i pirati non avrebbero potuto proseguire oltre.
-Dopo che saranno caduti come birilli li uccideremo o costringeremo ad arrendersi – spiegò alla fine.
-Io preferisco la prima opzione – sorrise Louis impugnando le sue spade.
-E’ stata una bella strategia – si complimentò Harry dando una pacca sulla spalla dell’amico.
Vivy guardò il cielo: - Teniamoci pronti. È quasi l’alba.
I quattro ragazzi si misero in posizione aspettandosi da un momento all’altro di scorgere all’orizzonte un esercito di bucanieri assetati di sangue. Il vento scrosciava forte e impetuoso, muoveva gli alberi, i fili d’erba, i fiori e i cespugli. La gente sarebbe rimasta tranquilla anche quella giornata, si promise Zayn. E nessuno avrebbe saputo niente. Ma in cuor suo temeva profondamente di non uscirne vivo. Ma si sentiva protetto a fianco di quei ragazzi.

Dopo il trentesimo minuto, Harry provò a guardare ancora meglio il mare. Ma non vide niente.
-Strano – disse – Come mai non arrivano? Si sta facendo giorno.
-Chissà cosa sarà successo – espresse Louis – Forse si sono svegliati tardi.
-Vedrete che arriveranno – disse Zayn – Qualche minuto di ritardo.
All’improvviso la ragazza fece loro un segno violento di tacere e tese attentamente le orecchie.
-Che ti prende? – le chiesero i suoi amici.
-Non sentite anche voi … questo vocifero? – chiese Vivy. I tre la guardarono interrogativamente. Loro non sentivano nulla – Sì sono sicura. Sento qualcosa. Sono voci! E provengono da qualche parte. Molto distante.
Anche Zayn si bloccò. Non perché aveva sentito o visto qualcosa ma perché un orribile pensiero gli era appena balzato in testa: - Porca Miseria … non sarà che …
-Cosa? – lo esortarono a continuare i suoi amici.
-I fato è che … - disse il ragazzo ora con la fronte sudata e i denti stretti – A Nord … c’è un pendio roccioso identico a questo!
I ragazzi sgranarono gli occhi accigliati: - Cosa? Vuoi dire che abbiamo sbagliato salita?
-Cazzo! Io pensavo attaccassero qui perché è il luogo dove li ho sentiti parlare.
Vivy si batté violentemente una mano sulla fronte: - Vuoi dire che ora per impedire la catastrofe dobbiamo correre il più velocemente possibile verso Nord e affrontare pirati frettolosi?
Harry strinse i pugni: - Dobbiamo sbrigarci o attaccheranno il villaggio!
-Se andiamo verso Nord li raggiungeremo in pochi minuti – spiegò Zayn – Muoviamoci! E’ un pendio uguale a questo.
Vivy all’improvviso strillò: - Maledizione! Ricordo di aver visto un pendio uguale a questo nel luogo dove abbiamo approdato con la nostra scialuppa! I tesori! I miei tesori! Se quelli li trovano …
Harry e Zayn cominciarono a correre: - Merda!- disse quest’ultimo – Il piano dell’olio era perfetto ed è andato a monte!
Louis fece per seguirli. Anche Vivy, che però senza volerlo poggiò il piede in una delle pozze d’olio e fu costretta ad aggrapparsi all’amico per non cadere. Ma in questo modo lo trascinò giù con sé. Il ragazzo fece di tutto per non finire a faccia nell’olio ma era alquanto faticoso.
-Aiutami! Sto scivolando! – disse lei tenendogli ben stretta la gamba.
-Lasciami! – gli ordinò lui.
Ma la ragazza ebbe un lampo di genio. Usò il corpo dell’amico come una specie di scala e si diede una spinta e atterrare nella zona asciutta. In questo modo però, lo aveva letteralmente travolto e mandato sul fondo della cascata d’olio: - Ti ringrazio – gli disse sorridendo. Poi corse via lasciandolo lì come un’idiota – Scusa! – gli gridò – Ma i miei tesori sono in pericolo! Vedi di cavartela!
-Vaffanculo Viola! – urlò Louis ormai interamente unto.

Intanto senza accorgersene, Harry e Zayn avevano preso vie completamente diverse.
-E’ una scaglia quello! – disse quest’ultimo accorgendosi che l’amico non era più al suo fianco. Lo immaginò in vantaggio, ma a dire il vero il ragazzo di gomma si era diretto dall’altra parte. Continuava a ripetere che doveva continuare dritto verso Nord senza mai fermarsi e non si preoccupò dell’assenza di Zayn al suo fianco.
Vivy invece aveva preso la stessa direzione di Zayn anche se non aveva la più pallida idea di dove conducesse.

I pirati ormai stavano per entrare nel bosco e da lì raggiungere il villaggio.
Zayn sentì le loro grida. Sempre più forte. E arrivato all’inizio della pendenza li intravide. In fretta estrasse la sua fedele fionda e cominciò a sparare a raffica biglie e chiodi. La maggior parte colpirono gli uomini in faccia e ai piedi, facendoli scivolare. Tutti indietreggiarono involontariamente.
Jago capì che c’era qualcuno in cima alla salita. Tenne il suo cerchio stretto in tasca. E quando vide una sagoma spuntare in mezzo agli alberi, restò sorpreso: - Tu? – esclamò riconoscendo un ragazzo visto il giorno prima.
Zayn ansimò per un po’. Poi fiero e con la fionda ben impugnata urlò: - Il mio nome è Zayn! Vi stavo aspettando! Andatevene immediatamente da quest’isola o morirete! – ordinò loro. Si rese conto che era da solo. I suoi amici ancora non erano arrivati. Stava fronteggiando un esercito di uomini pericolosi tutto da solo e abusando della sua falsa valorosità. Uomini che lo stavano deridendo e che erano sul punto di risalire, togliendolo di mezzo.

Louis nel frattempo era in una situazione disperata. Nonostante riprovasse e riprovasse a salire l’olio glielo impediva: - Miseria! – imprecò atterrando sul fondo per la millesima volta – Non ci riesco.

Anche Harry non se la cavava tanto bene. Infatti si era ritrovato di fronte il villaggio: - Cosa? – disse – Ma … come
sono arrivato qui? Ha detto di andare a Nord, così ho seguito il freddo …

Jago si fece avanti e guardò il ragazzo negli occhi: - Sei quello che ha sentito il complotto. Che intenzioni hai?
Zayn deglutì e parlò ad alta voce: - Vi avverto … se non lasciate immediatamente l’isola … chiamerò i miei 800 uomini e vi farò ammazzare uno dopo l’altro!
Tra i pirati scoppiò un piccolo mormorio:
-800?
-Ma chi si crede di essere quel moccioso, Barbanera?
 -800 uomini? – disse Jago – Ma ci hai preso per dei babbei?
-Capitano Jago! – fu improvvisamente richiamato da uno dei suoi uomini – Abbiamo appena perlustrato quella barca laggiù. E guardate cosa abbiamo trovato! – in mano teneva stretto un saccone. Lo semiaprì e tutti furono investiti dal lieve bagliore di pepite e altri oggetti in oro o valore prezioso.
-Vale una fortuna! – disse uno dei pirati – Saranno almeno 4 milioni Berry!
Zayn provò a sfruttare questa cosa a suo vantaggio: - Ehm … quello è il mio tesoro.
-Cosa? Il tuo tesoro?
-Sì esatto. Se volete … ve lo posso cedere.
-Che? Ce lo stai regalando?
-Sì … è tutto vostro … e considerando questo mio gesto, lasciate subito l’isola!
I pirati si guardarono. Quello voleva corromperli!
Jago si fece avanti: - Da quando in qua i bucanieri chiedono il permesso per prendere le cose? Il tuo tesoro è nostro … così come il tuo stupido villaggio! E ora … - tirò fuori dalla tasca la sua lama arrotondata – Fissa attentamente questo cerchio. Al mio tre ti farai da parte. Uno … due …
Zayn cominciò a sentire la testa girare come se qualcuno ci parlasse attraverso. Ma pochi secondi dopo sentì un forte dolore e qualcuno lo scaraventò per terra. La nuca non girava più ma dolorava.
La causa era Vivy, che tirando fuori dal laccio sulla gamba il suo pugnale, lo aveva colpito con il manico.
-E quella chi è? – domandarono i pirati.
Lei fece una scrollata di testa tirandosi i capelli all’indietro. Si rivolse agli uomini con l’arma tesa: - Ascoltatemi bene voi! Quelli sono i miei tesori! Vi conviene trattarli con cura e rimetterli dove li avete trovati perché non vi darò nemmeno un centesimo, sono stata chiara??
-Vivy, ma perché cacchio lo hai fatto? – gridò Zayn rimettendosi in piedi. Sentì un piccolo bernoccolo in testa.
-Stavi per cedergli i miei tesori, imbecille!- replicò l’amica.
-Non potevi dirmelo senza menarmi?
-Babbeo. Non ti rendi conto che ti ho salvato? Ancora un secondo e saresti finito sotto il controllo di quello – indicò Jago. L’uomo si era ipnotizzato da solo un’altra volta e si era fatto da parte come diceva l’ordine – E’ un ipnotizzatore!
-Oh – disse Zayn affiancandola – Ora mi è tutto chiaro.
-A proposito dov’è Harry? Non era dietro di te?
-Che ne so! E’ sparito a vista.
-Accipicchia, deve essersi perso come al suo solito! Proprio in un momento del genere!
-Bene. Allora detto io le istruzioni. Tu li affronti io ti copro le spalle.
-Cosa? Perché devo essere io a rischiare la pelle? Sono cinquanta, inoltre io sono una femmina!
-Non sottovalutare una donna ad un uomo. Io sono terrorizzato.
-Che c’entra? Io ho quasi pianto dal terrore quando li ho minacciati.
-Non vedo nessuna lacrima. Se vuoi dire una bugia rendila credibile.
-Zayn … - gli diede uno schiaffo – TU SEI L’ULTIMO CHE PUO’ FARMI LA PREDICA SULLE MENZOGNE!
Jago osservò il litigio tra i due con fare quasi divertito: - Non abbiamo tempo da perdere con quei due – disse ai suoi uomini – Uccideteli e proseguite verso il villaggio.
-SI’ – accordarono i pirati partendo all’attacco. Lame affilate pronte ad accoltellare i due ragazzi, che però se ne accorsero.
-Oh, no e adesso? – disse Vivy stringendosi all’amico.
Lui, avendo un lampo di genio, tirò fuori dalla tracolla una manciata di spuntoni che lanciò sulla strada dei nemici.
-Micidiale inferno di punte! – gridò nel momento dello scaglio.

Louis, ancora non aveva trovato un modo per salire la cascata di olio. Malediceva la sua amica in continuazione giurando a sé stesso di dirgliene quattro.
Intanto però gli altri avevano sicuramente bisogno del suo aiuto per sconfiggere i pirati di Kuro. Sperò soltanto che non fossero già stati uccisi. Beh, c’era Harry con loro. E per un po’ se la sarebbero cavata. Ma non poteva certo mancare la sua presenza. Riprovò un ultimo rimedio. Estrasse le sue spade conficcandole nel terreno e le usò appiglio per la scalata. Si ritrovò sulla cima in poco tempo. Esausto e ancora con i vestiti e i capelli unti.
-Sì! – gridò ai quattro venti entusiasta – Ce l’ho fatta! E ora dove si trova la costa nord?

Harry aveva cambiato direzione e proseguito dal punto dove si era diviso con Zayn: - Ha detto dritto verso Nord. Quindi verso l’alto, se ricordo bene la posizione del punti cardinali – ma non andò esattamente come aveva sperato. Infatti andò a sbattere contro uno spuntone di roccia procurandosi un piccolo livido: - Dannazione, ma dove cazzo è il Nord!?

I pirati di Kuro, tornando nella zona della battaglia, avevano ormai la pianta del piede mezza bucata dai chiodi dei due ragazzi, che ridevano soddisfatti. Alcuni rimbalzarono dal dolore e caddero per terra ottenendo nuove punte nelle braccia e nella schiena.
-Grande, Zayn. Sta funzionando – disse Vivy.
-E ora – annunciò l’amico prendendo una biglia un po’ più grande della altre – Metallic Star! – e quando la lanciò, questa colpì un pirata mettendolo al tappeto – Era di piombo – spiegò all’amica sorridente – Non sbaglia mai.
-BASTARDI! – gridarono i pirati più incavolati che mai.
Il sorriso sul volto della ragazza, si spense quando vide che gli spuntoni erano atterrati anche intorno a loro, circondandoli ed impedendo la fuga: - Oh no! E ora come facciamo …?
-Sei tu che li hai lanciati dall’altra parte! – gli ricordò Zayn a braccia conserte.
-ORA TI AGGIUSTO IO! – sentì una voce alle sue spalle.
Ma non ebbe neanche il tempo di voltarsi, perché qualcuno lo colpì violentemente sulla parte scoscesa del collo, con un martello. Il ragazzo finì a terra vomitando rivoli di sangue.
Vivy gridò, mentre il pirata aggressore del suo amico le ghignava: - Credevate davvero di poterci fermare con degli assurdi giochi da bambini? – e le mollò una sberla così violenta da farla ruzzolare su delle pietre – Andiamo ora. Il capitano ci sta aspettando.
-Fe … rmi … - Zayn ebbe la forza di afferrare la gamba del suo aggressore.
-Che cazzo vuoi? Mollami, bastardo maledetto! – provò a liberarsi lui pestandogli la testa come uno zerbino.
-Io … - gemette il ragazzo – Non vi farò … oltrepassare questo pendio … il villaggio … non deve … essere distrutto.
-Ora mi hai stancato! – un uomo massiccio sollevò la spada e mirò al cuore di Zayn.
Ma Vivy, ancora un po’ stordita, riuscì a rimettersi in piedi e a ferirlo con il suo pugnale. Le arrivò un altro rovescio, che le fece sanguinare il labbro.
Jago gridò a più non posso: - Piantatela di perdere tempo con quei ficcanaso! Lasciateli dove sono e correte in paese! Sapete di cosa è capace il capitano se perde la pazienza! Ci ucciderà con le sue mani!
A quel pensiero i suoi uomini cominciarono a sudare e ripresero la salita scavalcando i corpi dei due ragazzi.
Zayn non poté fare niente. Il pensiero di Thad, Gennaro, Timothy e Perrie che venivano uccisi … il suo villaggio incendiato … la sua casa distrutta … era ancora più doloroso di tutti i calci che stava ricevendo dai nemici.
Alzò piano, piano la testa asciugandosi il sangue e … non crebbe ai suoi occhi.
Vide i pirati venire gettati all’indietro uno dopo l’altro all’indietro. Volavano come uccelli e atterrarono doloranti all’inizio del pendio.
-CHE SIGNIFICA? – gridò Jago.
-Ca … pitano … - balbettò uno degli uomini – All’entrata del bosco … ci sono due persone …
Vivy si mise in ginocchio e rivolgendo uno sguardo verso il boschetto sorrise: - Finalmente!
Ad avanzare, sudati e affaticati stavano arrivando due ragazzi.
-Che razza di sfigati – diceva il primo – Non hanno neanche reagito – spostò lo sguardo sulla ragazza e digrignò i denti – Viola, sei una stronza! Mi hai lasciato lì come un cretino e per miracolo ne sono uscito!
-Zayn! – esclamò il secondo – Sei proprio un bastardo! Perché non mi hai detto esattamente in quale parte nordica dovevo dirigermi?

Momentaneamente, Kyron stava uscendo dalla villa. Ormai il sole era sorto da un pezzo e ancora non aveva sentito le urla dei paesani e le risate dei suoi uomini. Che si fossero dimenticati? Non potevano, visto che erano a conoscenza delle conseguenze. Avrebbero trascorso il resto della loro vista con il cuore fuori dal petto.
Mentre il maggiordomo camminava tra i sentieri dell’isola, diretto alla scogliera, non si accorse che qualcuno lo stava seguendo con lo sguardo.
-E’ proprio lui. Ma che ci fa fuori dalla villa a quest’ora? – si chiese Gennaro nascosto quieto dietro un albero.

TO BE CONTINUED

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Capitolo 13
*** Episodio 13 - Le gemelle siamesi ***



Jago rimase lì impalato come un’idiota a fissare i suoi uomini a terra, alcuni feriti altri esausti. Ridotti in questo stato soltanto da due ragazzini.
Zayn era senza parole: - Siete … davvero forti.
-Mi hai fatto scivolare sull’olio, cretina – gridava Louis.
Vivy in difesa, restò con le braccia conserte: - Non potevo fare altrimenti. E’ stato un bene che almeno uno di noi due sia riuscito ad arrivare fin qui.
-Ma allora perché cazzo non sei potuta cadere tu? – replicava l’amico.
-Allora, tanto per cominciare – diceva intanto Harry a Zayn imitando la sua voce – “Andate verso Nord” ma come accidenti faccio a capire che direzione devo prendere con simili illustrazioni?
-Cosa? Ma sei tu che ti sei perso correndo davanti a tutti – ribatté il ragazzo dal ciuffo.

L’ipnotizzatore osservò quei quattro ragazzini bisticciare come se andassero ancora all’asilo. Guardò il cielo. La notte e l’alba erano ormai passati da un pezzo e sapeva meglio di tutti che il capitano era molto irascibile. Al solo pensiero rabbrividì. Doveva in fretta correre ai ripari.

-Ascoltate uomini! – richiamò i suoi scagnozzi – Non abbiamo altro tempo da perdere in questo posto. Se non riuscite nemmeno a sconfiggere due ragazzini, tanto vale usare estremi rimedi – e detto questo tirò fuori dalla tasca il suo prezioso cerchio di lama – Ora fissate attentamente questo cerchio. Quando conterò fino a tre, assumerete forze quasi sovraumane, guarirete dalle ferite, diventerete più vigorosi e ucciderete quei mocciosi in cinque minuti! Uno … - Harry e gli altri se ne accorsero. Lui si fece più avanti senza capire

Due … - i suoi occhi incontrarono il cerchio – TRE!

I pirati lanciarono un urlo di guerra davvero assordante. Afferrarono qualsiasi arma capitasse a tiro e presero a correre come ghepardi verso il quartetto. I loro piedi a contatto con la pietra, creavano enormi fenditure. Bicipiti si gonfiarono sui loro petti e le bocche producevano suoni simili a ruggiti e ringhi di lupo.

-Oh, mio dio! – esclamò Vivy – L’ipnotismo ha fatto davvero effetto!
Gli uomini erano sempre più vicini, con sguardo indemoniato.
-Scappate voi due! – ordinò Louis – A loro ci pensiamo io e Harry! – si avvicinò al suo amico – Sei pronto? – ma non ottenne risposta – Harry? – si protese di più e si accorse che il ragazzo teneva lo sguardo abbassato. Gli occhi nascosti dall’ombra proiettata dal suo cappello – Ei Harry? Mi senti? – provò a scuoterlo.

Il ragazzo sollevò lo sguardo. C’era qualcosa di diverso dai suoi occhi. Erano così dilatati che sembravano bianchi Harry strinse i denti, sollevò i pugni al cielo e lanciò un ringhio canino.

Louis capì: - Porca miseria, sei stato ipnotizzato anche tu? – fu come se l’amico non l’avesse sentito. Corse giù per il pendio veloce come una lepre. I suoi amici lo guardarono allibiti. Se era vero anche lui era sotto ipnosi … allora aveva aumentato le sue potenzialità.

Harry infatti senza neanche urlare la sua mossa, partì con una scarica di pugni a mitragliatrice che colpì uno dopo l’altro gli uomini che aveva di fronte, come se stesse giocando al tira a segno. Se così fosse stato avrebbe vinto più di cinquanta premi, perché i pirati, ancora più malridotti di prima volarono all’indietro atterrando nuovamente ai piedi di Jago. Egli si strinse forte il cerchio: - Il capitano aveva detto che non avremmo avuto intralci … ma si sbagliava. Quelli non sono dei semplici ragazzi – vide il ragazzino col cappello in feltro superare i corpi mezzi svenuti dei suoi uomini e corre nella sua direzione. Deglutì aspettandosi il peggio, ma Harry lo oltrepassò correndo dritto verso la sua nave.

-Ma che sta facendo? – disse Zayn dalla cima del pendio.

Il suo amico si fermò di fronte il vascello pirata della banda di Kuro e allungò le mani finché esse non toccarono la cima della prua. Improvvisamente le sue braccia si gonfiarono, così come il petto e gli addominali delle gambe. E sotto gli sguardi di tutti, sotto un ondata di sudore e di rossore facciale, staccò una piccola parte della nave su cui era scolpita una donna gatto e tenendosela sottobraccio la sollevò.

L’ipnotizzatore capì al volo le sue intenzioni, voleva schiacciarli come moscerini. Si sbrigò a fermarlo: - Quando conterò fino a tre ti addormenterai! Uno, due, tre!
Harry smise di urlare. Chiuse inaspettatamente gli occhi e crollò a terra facendo cascare la prua al suo fianco. Cominciò a russare.

Quando la parte della nave toccò il suolo roccioso, andò in mille pezzi lanciando da tutte le parti pezzi enormi di legno e ferro. Si sollevò un gran polverone.
-E’ incredibile – dissero stupefatti i tre ragazzi, unici ancora in piedi.

Andando dall’altra parte del boschetto, erano in una fitta conversazione i tre bambini Gennaro, Thad e Timothy. Il primo di essi, stava raccontando agli amici di avere stranamente avvistato Kyron uscire dalla villa e dirigersi verso la costa mentre passeggiava da quelle parti.
-Aveva un’aria davvero inquietante – concluse il racconto.
-Chissà se Perrie sta bene – pensò Thad.
Timothy si grattò la testa: - Non so perché ragazzi, ma ho una brutta sensazione. Penso che i nostri amici non mentissero ieri.

-Stai dicendo che i pirati attaccheranno sul serio?
-Sì. Pensateci, il capitano dice sempre bugie a fin di bene. Sicuramente ha mentito, dicendo di aver mentito, per tenerci al sicuro. Avete notato infatti quanto era strano?
-Oh – a Gennaro vennero gli occhi lucidi – E noi che lo abbiamo anche giudicato male!
-Siamo davvero una pessima ciurma!
-Ma se è la verità … Perrie allora è in pericolo! – strillò Timothy.
-Presto dobbiamo correre alla villa!

Nel frattempo, tra le mura nella villa, Perrie si stava lentamente svegliando. Che sogno terribile aveva avuto! Raffigurava  Zayn che entrava dalla finestra, la bloccava al letto ed estraeva un coltello.

“Maledetta bastarda! Mi hai deriso perché nelle mie vene scorre il sangue di un pirata” e nonostante lei lo pregasse tra le lacrime di risparmiarla, lui le abbassava l’arma nel petto.

La ragazza si stropicciò gli occhi e diede un’occhiata fuori dalla finestra. Si accorse di essere sudata. Con orrore ricordò ciò che era successo il giorno prima e le venne di nuovo da piangere, come se non fosse bastata tutta la notte per versare il suo dolore. Tossì violentemente sentendo una forte asma impadronirsi di lei. Guardò sul comodino. Le boccette di antibiotico erano tutte vuote. Doveva prenderne altre. Ma siccome non aveva molta voce per chiamare qualcuno, decise di scendere a prenderle da sé. Si avvolse nella sua vestaglia di lana beige e un po’ barcollante uscì nel corridoio. Scendendo le scale notò molto silenzio nella villa. Forse non aveva mai sentito così tanta quiete. Inoltre non vide nessuno. Forse era troppo presto, però a lei il sonno era completamente passato quindi decise di continuare. Arrivò di fronte la porta della cucina. Stranamente vide che era socchiusa. Gli antibiotici si trovavano nella dispensa.

Non c’era neanche Kyron, lui che sempre verso le cinque o le sei svegliava il cuoco per suggerirgli cosa prepararle per colazione. Entrò nella cucina e si guardò intorno. Il sole illuminava l’ambiente attraverso le finestre. Dava luce a ogni cosa, persino agli angoli più bui delle mensole. Era una giornata splendida. Ma quando gli occhi della ragazza videro su cosa era puntato uno dei tanti raggi, si sentì svenire. Vide una sagoma distesa a terra. La sagoma di una persona distesa di pancia. Sdraiata su una pozza di sangue.

Perrie gridò impallidita. Cadde all’indietro coprendosi la faccia con entrambe le mani. Con orrore identificò chi fosse: - NOCHE!- urlò con la gola infiammata. Tempestivamente corse a chinarsi verso il vecchio prendendo a scuoterlo col cuore a mille – Noche … che cosa è successo … ti prego rispondimi … Noche … NOCHE! – quando non ottenne risposta per la prima volta le venne un giramento – Non morire … - ansimò. Ma quando vide piccole razioni provenire dalla testa dell’uomo riprese a respirare normalmente – Noche, ti scongiuro parlami! – gli sollevò la testa. Aveva sputato parecchio sangue. Ma riuscì ugualmente a parlare: - Si … gnorina – balbettò con voce secca. Sorrise: - Per fortuna … sta bene.

La ragazza mise il braccio di Noche intorno al collo e poi lo sorresse aiutandolo a mettersi in piedi e ad appoggiarsi al muro. Era gravemente ferito al ventre che però aveva smesso di perdere. Si precipitò a bagnare una pezza e a premerla sulla ferita. Il vecchio gemette.

-Resisti Noche … ti prego non cedere – disse lei con le lacrime agli occhi – Ma chi ti ha fatto una cosa simile? – alzando lo sguardo vide che anche il vecchio stava piangendo – Noche …
-Kyron … - singhiozzò lui – E’ stato Kyron … mi ha aggredito – Perrie si tappò la bocca –Sì … Kyron in realtà … è un pirata …

-Ma … cosa stai dicendo … - balbettò la ragazza confusa.
Lui ottenne le forze necessarie per dare spiegazioni: - Lui … si è avvicinato a questa casa … per ottenerne il patrimonio …
-No … - strillò lei – Non è possibile!
-E’ la verità! Glielo giuro!

A Perrie sembrò di ricevere una freccia nel cuore. Sentì un dolore che, ne era sicura, era più forte di quello che provava ora Noche: - Allora … - disse – Quello che ha detto Zayn …
-Oh, quel povero ragazzo – continuò Noche sempre lacrimando – E’ venuto a sapere la verità … e ha cercato in tutti i modi di salvarci … ma noi ingenui non abbiamo voluto credere alle parole …

Nella mente di Perrie rimbombarono orrendamente le parole di Zayn: “Devi scappare! Sei in pericolo! Kyron ti ucciderà! Ti prego credimi” ripensò allo schiaffo che gli aveva dato. Aveva troncato la loro splendida relazione solo perché lui desiderava proteggerla. Lacrime copiose le scesero dagli occhi.

-Abbiamo preso le difese di un mascalzone!- riprese Noche – E abbiamo scacciato un giovane tanto coraggioso … che voleva salvare il villaggio … che ha rischiato la vita per avvertirci …
La ragazza cadde sul pavimento nascondendosi il viso tra le mani. Avrebbe tanto voluto che qualcuno la picchiasse. Se lo meritava. Si mise a gridare: -C’E’ QUALCUNO? VI PREGO AIUTATEMI! NOCHE E’ FERITO! AIUTO!

-E’ inutile – la fermò in vecchio – Da ieri l’intero personale della tenuta è in ferie.
-Oddio … - tremava come una foglia – Allora … io …
-Non si faccia prendere dal panico! Siete ancora viva. Pensate con calma a cosa dovete fare.
-Che devo … fare? – la ragazza era bianca cadaverica.
-Ascolti – il vecchio le prese la mano – Se Kyron vuole gli immensi beni di questa villa, allora rendeteglieli!
-Cosa?
-Non sono cose da proteggere se c’è di mezzo la morte – le spostò una ciocca dal viso accarezzandole la guancia bagnata – E’ assurdo, ma l’unica che può fermare quel farabutto è lei signorina. Non deve sentirvi responsabile – la guardò intensamente negli occhi – Pensa di farcela?

Lei si asciugò gli occhi: - Hai ragione … non devo scappare di fronte questa situazione – e decise – Andrò a parlare di persona con lui.

Tornando alla scogliera i fatti erano un po’ confusi.
Harry dormiva profondamente, i pirati erano a terra immobili e i tre ragazzi guardavano Jago aspettandosi la prossima mossa.
-Sono quasi del tutto sconfitti? – domandò Vivy che stava aiutando piano, piano Zayn ancora stordito dalla martellata.
-Non saprei – rispose Louis.
-Dannazione quel moccioso ce l’ha fatta!- disse Jago furioso – Di questo passo non arriveremo mai al villaggio e verremo massacrati.

Improvvisamente alle sue spalle, proveniente dall’interno della nave ancora in piedi, ci fu una voce molto acuta e stridula: - Ei ma che cosssa ssuccede qui? – sibilante.

L’ipnotizzatore riconobbe quella voce e si voltò verso la nave ghignando improvvisamente: - Ma certo, che idiota! Mi ero dimenticato dei nostri assi nella manica – e strillò – VENITE A NOI SORELLE BOOTGRUNTER!

Qualcosa di nero spiccò un salto e atterrò saldamente sulla scogliera. Venne piano, piano alla luce. Si trattava di una donna.
Spaventosamente orribile. La pelle biancastra, i capelli neri tirati tutti in un ciuffo spettinato, occhi neri sia dentro che fuori, visto che circondati da una cipria come la pece, polsini di diamanti, labbra nere, un vestito nero con la fibbia, calze a rete e una spada ben stretta in pugno. Si mise in posa: - Parsy … - si presentò, per poi girarsi. Ciò che i ragazzi videro li lasciò senza fiato, perché un altro corpo spuntava sulla schiena della donna. Sembrava la sua controfigura se non fosse che era senza testa: - e Carsy! Insieme siamo le gemelle siamesi Bootgrunter! Ci avete chiamato capitano?

-Gemelle … - balbettò Vivy.
-Siamesi? – le fece eco Zayn.
-Ma è rivoltante – disse Louis con faccia disgustata – Quelle due sono unite e una non ha nemmeno la testa! Mi viene il vomito.
-Quello ci intralcia la strada – spiegò Jago indicando lo spadaccino – Uccidetelo!

La donna con la testa studiò attentamente Louis: - Vuoi che facciamo fuori quello lì? – aveva uno sguardo un po’ timoroso – Non saprei … sembra molto forte. E poi noi due non veniamo richiamate per cose simili. Siamo le custodi della nave.
-Muovetevi! – strillò il loro capitano.
-E va bene. Faremo del nostro meglio – la donna si piegò e cominciò a correre in salita come un ghepardo mente la sua gemella estraeva un’altra spada, sdraiata sulla sua schiena – Preparati ragazzino!

Louis tenne pronte le sue tre armi: - State lontane o vi faccio a pezzi.

Le due si avvicinavano lentamente, ma quando furono abbastanza vicine da farsi vedere in faccia, partirono all’attacco saltandogli addosso. Il ragazzo se le scrollò facilmente. Le vide rimettersi in piedi. Parsy sorrideva: - Hai creduto alla stronzata delle custodi vero?
Non ti conviene sottovalutare le sorelle Bootgrunter. Siamo agili come gatti e ci divertiamo a graffiare come tali – senza che lui se ne accorgesse, si era fatto fregare due delle spade.
-Ei ridatemele! – strillò furioso.
-Perché dovremo? – sorrise la donna accarezzandole – Ne hai una e ti avanza. Da quel che vedo sei un tipo molto forte. Ma non credo sopravvivrai se ti scontri con noi due. Le tue spade sono ingombranti – e gettò via quelle che gli aveva sottratto.

-MALEDETTA!- urlò Louis. La oltrepassò e cercò in tutti i modi di riprendersele, ma Parsy gli balzò alle spalle bloccandogli i polsi. Il ragazzo cadde all’indietro mentre le mani gli venivano premute sulla schiena.
-Tocca a te Carsy – sorrise quella con la testa.
Quella senza allora, era sul punto di abbassare la sua spada sulla coscia del ragazzo, amputandogliela. Ma Louis tirò la testa all’indietro colpendo col cranio la fronte di Parsy e questa lo lasciò andare.
-Dannazione, mi è sfuggito! – imprecò sottovoce – Hai avuto fortuna ma alla prossima mossa ti faremo a pezzi!
-Non sono pratico nei combattimenti se uso una spada – disse Louis. Vide le gemella avventarsi su di lui e le loro quattro mani cercare di trafiggerlo. Cercò in tutti i modi di deviarli usando l’ultima spada che gli era rimasta però era un’impresa troppo complessa. Non avrebbe resistito a lungo.

-Che guaio – disse Vivy preoccupata – Dobbiamo aiutarlo!

Zayn allora prese la sua fionda e mirò con una palla di metallo: - Gli coprirò le spalle – ma quando il proiettile partì e Louis se ne accorse, stranamente si mise davanti, come in difesa delle gemelle e la palla lo colpì sulla vertebra. Il dolore era così lancinante da distrarlo. In questo modo Parsy riuscì a sfiorargli il petto con la spada lasciandogli un taglio profondo.
-Idiota!- gridò la ragazza dando un colpo in testa a Zayn – Come hai potuto colpirlo?
Ma lui negò: - Ti sbagli … si è spostato di sua volontà.

-Cosa? Lo ha fatto volontariamente?
Louis si voltò lentamente verso gli amici: - Sei un coglione Zayn! Vuoi farti ammazzare? – le sorelle lo riattaccarono vedendo che ancora si reggeva in piedi. Lui riprese a deviare i colpi, stavolta più debole.
Vivy comprese tutto: - Lo ha fatto … per salvarci. Quelle due si sarebbero incazzate se la tua fionda le avesse colpite e avrebbero attaccato noi!

Zayn rimase sbigottito. Quel ragazzo stava rischiando la vita e allo stesso tempo si preoccupava per loro? Che coraggio. Che lealtà nei loro confronti.
La sua amica decise mettendosi in piedi: - Vado a recuperare le altre due spade – le individuò. Erano a poca distanza dai corpi svenuti dei pirati.

-Aspetta!- provò a fermarla, ma lei era già lontana. Teneva stretto il suo pugnale nel caso qualcuno cercasse di attaccarla. Percorse la discesa il più velocemente possibile. Le gambe si muovevano da sole. Era ad un passo dalle spade. Ne afferrò il manico ma qualcuno la colse di sorpresa.

Le venne voglia di gridare, di piangere, di dormire, quando sentì qualcosa di affilato sgararle la spalla. Divenne pallida mentre vide un rivolo di sangue colarle sulla maglietta e le si annebbiò la vista.

-VIVY! – urlarono Louis e Zayn quando la videro a terra.

Jago ripose il suo cerchio di lama con cui l’aveva colpita in tasca: - Le spade non si toccano! – disse alla ragazza caduta ai suoi piedi. I suoi occhi malefici si spostarono sulla cima del pendio e di scatto si sgranarono e diventarono vigliacchi. Qualcuno era appena uscito dal bosco e guardava la scena a braccia conserte e con le sopracciglia inarcate. Si sistemò per bene un paio di occhiali rotondi sul naso e criticò: - Mi stavo chiedendo quale fosse il motivo del vostro ritardo. L’alba è ormai passata da un pezzo.

Tutti si voltarono per vedere da dove provenisse quella voce. La gemella Parsy urlò indietreggiando e dimenticandosi del combattimento contro Louis. I pirati si ripresero al suono di quella voce agghiacciante e s’incupirono diventando come dei lenzuoli: - Il … capitano Kuro … - mormorarono balbuzienti – Ci … ucciderà …
-Ca … pitano … - tartagliò Jago, forse il più nervoso – C’è una spiegazione … per tutto quanto!

Kyron guardò prima i suoi uomini, poi le gemelle, poi Zayn che sudava, Louis che lo guardava per niente impaurito, Vivy mezza svenuta con la spalla sanguinante e infine Harry ancora addormentato vicino la loro nave. Che scena ridicola, pensò prima di gridare: - SIETE DEGLI INCAPACI!

TO BE CONTINUED

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Capitolo 14
*** Episodio 14 - Confronto tra vita e morte ***





Tutti avevano lo sguardo puntato sul maggiordomo. Zayn tremava come non mai, Vivy a terra gemeva dal dolore per la spalla ferita, Louis lo guardava con occhi a fessura e i pirati tremavano come foglie. Evidentemente l'unico che sembrava starsene tranquillo in quel momento era Harry che ancora non si era svegliato dal sonno ipnotico.

-Non avrei mai pensato che la banda di Kuro si fosse rammollita così tanto! Farsi mettere alle strette da un branco di stupidi mocciosi! E' una vergogna che infanga il mio nome! - gridò Kyron con la vena pulsante sulla fronte - Cos'hai da dire JAGO??

L'ipnotizzatore deglutì ingoiando una grande quantità di saliva. Gli venne in mente la prima difesa che pensò: - Però ... siete stato voi a dire ... che se avessimo lasciato vivere quel ragazzino con la fionda... non avremmo avuto problemi.

E' vero. L'ho detto - disse il suo capitano - Ma dovevate aspettarvi che questo piccolo bastardo avrebbe tentato in tutti i modi di opporvi resistenza. L'unica cosa che ho valutato male è la vostra insulsaggine! - strillò.

-Come scusa? - a parlare era stata Parsy, la gemella siamese con la testa - Ci state definendo incapaci, capitano Kuro? - puntò contro l'uomo la spada - Un tempo eravate molto forte, imbattibile. Ma ora sono passati tre anni - ghignò - Voi oziavate tranquillo in questo stupido villaggio ma noi non abbiamo di certo cazzeggiato! Abbiamo conquistato cento villaggio e affondato un'infinità di vascelli!

Il maggiordomo serrò la mascella: - Cosa vorreste dire con questo, mia cara?
In tutta risposta la gemella si mise a quattro zampe e cominciò a correre con l'altra che si agitava sulla sua schiena: - Che non potreste battere chi si è tenuto in allenamento dopo tutti questi anni! - superarono Louis e partirono alla carica tenendo le armi impugnate.
-PARSY! CARSY! NON FATELO! - provò ad avvertirle Jago.
-Spiacente stronzo di merda, ma tu non sei più il nostro capitano! Ti ammazziamo - gridò Parsy. Era ormai ad un passo dall'uomo ed eseguì un perfetto fendente mentre sua sorella dall'alto un mandritto.

Kyron non si mosse per il momento. Strofinò più volte i piedi sul terreno muovendoli a saltello e sparì a vista.

Le gemelle toccarono con le loro lame il vuoto: - Ma cosa ...
-Chi volevate ammazzare? - sentirono una voce alle spalle.
Louis strinse i denti. Il maggiordomo era finito dietro di loro semplicemente eseguendo quelle strane mosse.
-Ha usato ... i passi furtivi - balbettò l'ipnotizzatore mangiandosi le unghie - Una tecnica di spostamento silenzioso che gli permette di cogliere gli avversari alle spalle - capì che era impossibile sottrarsi a una persona del genere.

Il Capitano Kuro allungò le braccia e dalle dita si allungarono dieci lame acuminate.

-Gli artigli di gatto! - urlarono i pirati. Ora ne erano certi: Kuro non aveva dimenticato come uccidere.
Egli tenne le gemelle ferme e terrorizzate minacciandole con le sue spade. Parsy pianse: - Ci ... perdoni capitano ... prometto ... promettiamo ... di non sfidarla mai più. La prego abbia pietà di noi!
Lui sembrò farsi convincere: - Ora statemi a sentire. Lo ripeterò una volta sola. Vi do 5 minuti. E se in 5 minuti non sistemerete questa faccenda vi ucciderò uno alla volta. A partire da voi due! - ripose gli artigli dietro la schiena e si sedette su un sassone come uno spettatore curioso di vedere come va a finire uno spettacolo.

Sul volto di Jago comparve un sorriso sudato: - Abbiamo ancora ... 5 minuti - si rivolse alle sorelle Bootgrunter - Se togliamo di mezzo quel tipo con la spada avremo campo libero!

Parsy si scroccò le dita: - Lo stavamo mettendo in difficoltà prima. Lo faremo a pezzi in 5 secondi! - e con le loro lame puntate corsero verso Louis sulle zampe come felini pronti ad azzannare la loro preda.
Il ragazzo era molto stanco. Gli risultava davvero difficile tenerle a bada solo con una spada. Ma doveva resistere.

A questo punto intervenne Vivy. La ragazza cercò in tutti i modi di non pensare al dolore penetrante che aveva alla spalla quasi aperta. Se la strinse con una mano mentre si rimetteva in piedi. Doveva agire in fretta prima che Jago se ne accorgesse di nuovo. Con un salto lo oltrepassò e con un possente calcio lanciò le due spade abbastanza lontano da lei e parecchio vicine all'amico. Lui le colse in fretta: - Ti ringrazio - le sorrise.

Poi ne impugnò due e la terza la strinse tra i denti. Chiuse gli occhi concentrandosi solamente sulle tecniche con la quale se la cavava meglio. Le gemelle erano sempre più vicine a infilzarlo. Ma videro scattare in aria tre spade, che si abbassarono sulla specie di linea vitale che le univa, aprendola e spezzandola. Le aveva divise. Un grumo di sangue e uno strano liquido arancio si sparsero ovunque. Parsy e Carsy caddero a terra irrigidendosi e dimagrendo in modo impressionante. Gli occhi della sorella con la testa divennero interamente bianchi e poi si rimpicciolirono fino a farle diventare le orbite vuote.
-NO! - urlò l'ipnotizzatore - Le ha sconfitte ... con un colpo solo!

La voce di Kyron lo fece rabbrividire: - Mancano 4 minuti!

Louis soddisfatto della vittoria ottenuta si rivolse a lui: - Non ti conviene sprecare 5 minuti! Li sconfiggerò io fino all'ultimo uomo!

Ci fu un piccolo momento di sospensione. Poi l'uomo socchiuse gli occhi: - 3 minuti.
Jago, in preda al panico ricorse a ciò che meglio gli riusciva. Si avvicinò ad uno dei pirati altamente massiccio e gli sventolò davanti il suo cerchio di lama ora mezzo rosso dal sangue di Vivy: - Guarda attentamente questo cerchio! Quando conterò fino a tre assumerai una forza incredibile. Sarai uno spadaccino migliore di quello lì e lo ucciderai in un colpo solo, mi hai capito? Uno ... due ... tre!

L'uomo si rimise in piedi. I suoi pettorali si gonfiarono come un airbag e impugnò sei spade tutte insieme e le maneggiò come fa un giocoliere del circo. Sbavava come un cane rabbioso. Louis rimase di sasso. Lo vide precipitarsi verso di lui. Si preparò.

Ma Vivy sapeva che non avrebbe retto a lungo. E che magari durante il combattimento l'ipnotizzatore avrebbe potuto ricorrere al suo potere anche con gli altri pirati scagliandoli tutti contro di lui. Aveva bisogno di aiuto. Girò i tacchi e corse verso Harry che ancora non aveva aperto gli occhi. Doveva approfittare e svegliarlo.
Jago se ne accorse: - Stupida ragazza - mormorò.

Lei si chinò sull'amico col cappello dandogli pizzicotti e schiaffeggiandolo: - Harry svegliati! Svegliati subito!

Louis vide Jago lanciare contro la sua amica il cerchio di lama come un frisbee. Se l'avesse colpita avrebbe anche potuto rimanere decapitata: - ATTENTA VIOLA!
Kyron non se ne preoccupò: - 2 minuti!

La ragazza non ebbe il tempo di voltarsi e vedere che il cerchio volava nella sua direzione. Chiuse gli occhi aspettandosi la fine. Ma ecco che una strana forza la trascinò per terra facendoglielo evitare. 

Era Harry che l'aveva presa per le gambe facendola cadere. Aveva la faccia rossa per via degli schiaffi: - Ma sei scema Vivy? Che modi hai di svegliare la gente? - il cerchio colpì lui che si era rimesso in piedi. Ma non lo uccise. Semplicemente gli sfiorò la guancia procurandogli un piccolo taglio: - Ah che dolore!- si lamentò. Infuriato prese il cerchio e lo distrusse schiacciandolo sotto i piedi - Vivy mi hai fatto male!

-Che centro io? E' stato ... - sentì la spalla pulsare e si distese a terra.
Harry si chinò a osservarla: - Ei ...ma sei ferita!
-Non ti preoccupare ... - balbettò lei a denti stretti - Sto bene ... ho già fatto la mia parte ... e ora tocca a te. Devi vincere!
Harry si smanicò e inspirò profondamente: - Si hai ragione! Ora ci penso io a mettere tutti al tappeto.
-Fallo soprattutto per i miei tesori - li ricordò l'amica.
Lui la guardò ironicamente. Poi rivolse lo sguardo sul pendio. Vide Louis infilzare uno dei nemici. 

L'uomo si era distratto dall'urlo di Harry e si era fatto colpire alle spalle.

Kyron tenne le braccia conserte: - Un minuto!

I pirati si guardarono paralizzati: - E' impossibile ucciderli in un minuto ... siamo spacciati!

Harry guardò il maggiordomo: - Oh bene. È arrivato il bastardo impostore!
Lui strinse i pugni: - Quel moccioso ... non era morto precipitando dalla scogliera? - si chiese - Beh non ha importanza. Sarà un piacere ammazzarlo di nuovo!

All'improvviso uno strano rumore lo centrò ai timpani. Sembrava un suono simile ai battiti di un tamburo. Qualcosa che pesta per terra. Dei piedi. Dei passi. Qualcuno gli si stava avvicinando: - Nessuno può colpirmi alle spalle!- disse a sé stesso. Sfoderò le sue dieci lame. Si sentì la voce di Zayn: - NOOO! - e poi il ragazzo che si precipitava alle spalle del maggiordomo facendo da scudo ad una persona. Kyron dunque, nell'esatto momento in cui compì un'artigliata di tigre, colpì proprio Zayn. 

Lui crollò a terra mentre sotto le spalle si creavano graffi sanguinanti. Da sotto le sue braccia uscì una persona: Perrie!

Era lei che aveva protetto impedendo all'uomo di farle del male.
La ragazza si coprì la bocca e scosse tremante il ragazzo: - Zayn ... ti prego dimmi qualcosa!
Lui sollevò lo sguardo in modo da farle ammirare la faccia segnata dalla martellata di prima: - Perrie ... che sei venuta a fare ... devi scappare!
Lei gli accarezzò dolcemente il volto: - Perdonami ... ti prego. So che mi odierai per non averti creduto ... sono stata una sciocca ...

-Non ha importanza - le disse Zayn - Ma ora devi fuggire! La tua vita è in pericolo!

-No! - strillò Perrie - Non posso lasciarti combattere e rischiare la vita! Se ti succedesse qualcosa ... non me lo perdonerei mai - dai suoi bei occhi lucidi cominciarono a sgorgare lacrime amare. 

-Signorina Perrie - qualcuno la chiamava. L'inconfondibile voce del maggiordomo - Cosa ci fate qui?

La ragazza strinse i denti e si voltò con i pugni serrati verso Kyron: - Ora ... smettila ... maledetto pirata! SMETTILA! - lui abbassò le sopracciglia. Lei si mise in piedi. Erano a quattrocchi: - Noche mi ha raccontato tutto!

Ora tutti gli sguardi erano puntati su di lei. A Jago gli si riaccese una speranza. Se il vero obbiettivo del piano si era disturbato di venire direttamente da loro non c'era più bisogno di assediare il villaggio. Bastava ucciderla lì dov'erano: - Ora ascoltami - la sentì dire al capitano Kuro - Se quello che realmente cerchi di ottenere è il mio patrimonio ... te lo cedo. Ma tu e i tuoi uomini dovete lasciare in pace quest'isola e andarvene!

L'uomo la studiò attentamente. Sorrise: - La tua è un'offerta allettante. Insomma accettarla significherebbe risparmiarmi la fatica di uccidere molti innocenti e di macchiarmi del loro sangue. Potrei anche acconsentire - il battito cardiaco di Perrie per un momento tornò normale. Con la speranza di avercela fatta - Tuttavia - continuò Kyron - C'è un'altra cosa che voglio ottenere a tutti i costi.
Lei indietreggiò: - Un'altra cosa?
-Proprio così. Ciò che desidero ... è la tranquillità della mia anima.
-Tranquillità?

-Sì. Tutto ciò che voglio è essere felice. Come tutti d'altronde. Ho dedicato questi ultimi tre anni a accaparrarmi la fiducia di tutti. Gli abitanti di Shirop mi hanno fatto sentire a mio agio. Non voglio che tutta questa serenità mi lasci. Per questo - alzò la voce - I MIEI PIRATI ATTACCHERANNO E DISTRUGGERANNO IL VILLAGGIOE tu - indicò la ragazza con una delle dieci lame - morirai lasciando un testamento. Queste due cose fondamentali resteranno invariate.

Perrie con mano tremante frugò nella tasca della giacca. Non sentiva più i suoi polmoni andare avanti regolarmente.
-Devi scappare! - le urlò Zayn - Parlare con lui è inutile! Scappa! Fuggi via!

La ragazza estrasse un revolver piccolo ma carico. Lo puntò verso Kyron. Le mani vibravano. Setiva freddo ma la forza di parlare non le mancò: - Vattene ... o sparo!

Kyron guardò prima l'arma poi lei: - Mi punti contro una pistola eh?
-VATTENE DA QUI!

Lo sguardò del maggiordomo improvvisamente si affievolì. Un'espressione che sembrava esprimere orgoglio e commozione: - Sei cresciuta molto in questi anni piccola Perrie - disse con un mezzo sorriso - Sei diventata una ragazza coraggiosa, bella e altruista. Stai rischiando la vita solo per il tuo paese. Eppure ancora oggi ricordo com'eravate il giorno che sono giunto fin qui. Una giovane fanciulla piena di vitalità e compassione. Ne abbiamo passate tante insieme, ricordi? - la ragazza lo guardava col labbro tremolante e gli occhi pieni di lacrime. Era prigioniera di quelle parole - Ricordi quando, dopo la morte dei tuoi genitori- continuò l'uomo - Ti sei chiusa in te stessa senza uscire mai di casa o rivolgere la parola a nessuno? Io ero lì. Sempre pronto a fare qualunque cosa per vederti felice. Quante risate tra le mura della villa. Ancora ricordo quella volta che abbiamo aiutato lo chef a preparare la torta per il tuo compleanno. Ci siamo divertiti molto scherzando con la farina e il cioccolato - i suoi occhi dietro gli occhiali ridevano - E tutte le volte che abbiamo fatto shopping in città? Che risate quando mi facevi provare tutti i cappelli più vistosi e colorati. Ridevi sempre quando ascoltavi le mie storie che con gioia ti raccontavo per tenerti compagnia durante i periodi di malattia.

-Ky ... ron ... - immersa in quei ricordi Perrie si rigò il viso di lacrime che ancora non smettevano di uscire.
-Mi sono sempre dedicato a te, bambina - sorrise il maggiordomo - proprio come fa un padre - senza che lei se ne accorgesse le prese la pistola dalle mani. Non appena la ebbe in mano la strinse: - Sì ho sopportato tutto questo - sempre sorridente la guardò negli occhi - E l'ho fatto per il giorno in cui ti avrei uccisa -la ragazza sgranò gli occhi rendendosi conto di non avere più il revolver. Lui lo gettò via: - E quel giorno finalmente è arrivato. Io, il famoso Capitano Kuro, noto a tutti per la spavalderia e la ferocia, sono stato costretto a recitare per tre anni la parte dell'adorabile nei confronti di una stupida mocciosa! - Perrie strinse i denti. Ormai aveva la vista offuscata.
-Bastardo - disse Zayn.

-Ti rendi conto di quello che ho dovuto passare? - urlò Kyron - Delle umiliazioni che ho dovuto subire? Mi sono abbassato al livello di una sgualdrina viziata come te solo per fingermi tuo amico! Il temibile Capitano Kuro non fa certe cose! Lui ammazza e prende!

Zayn non ci vide più dalla rabbia. Afferrò il revolver lì vicino e scattò in piedi come una furia: - FIGLIO DI PUTTANA!- premette il grilletto e quello partì.
Ma Kyron usò nuovamente i passi furtivi e si spostò in tempo. Lo colse alle spalle circondandogli la faccia con la sua mano a cinque lame: - Per quanto riguarda te, bastardo, servo ancora rancore per il pugno che mi hai tirato l'altro giorno.
-Zayn! - singhiozzò Perrie.
-Me lo hai tirato senza pietà - ghignò l'uomo - Non credo di poterti perdonare.

Zayn deglutì. Sentì che ormai era finita. Era troppo debole per difendersi. Non ce l'avrebbe fatta.

Si sentì un grido: - GOM GOM PISTOL!.

Kyron vide qualcosa volare nella sua direzione. Provò a identificarlo ma solo alla fine si rese conto che si trattava di un pugno che lo colpì dritto sullo stesso zigomo dove aveva subito l'altro colpo. Ma questo era molto, molto più forte. Cadde all'indietro liberando Zayn dalle lame. Ora aveva della melma nera al posto dello zigomo.

Harry ritrasse il pugno e sogghignò: - Perché non lo hai detto subito che non ti piacciono i pugni?

 

TO BE CONTINUED

 

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Capitolo 15
*** Episodio 15 - I piccoli moschettieri ***



Kyron giaceva a terra. Gli occhiali spaccati, il naso sanguinante e il respiro affannato.
I pirati guardarono quello strano ragazzino come se fosse un alieno: - Ma … avete visto?
-Come ha fatto?
-Gli si è allungato il braccio …
-Ha colpito il capitano!
Harry strinse meglio il pugno e serrò la mascella: - Questo è solo un assaggio – lo informò.
Zayn non poteva aspettarsi niente di più sconvolgente e allo stesso tempo sorprendente. Ma si sbagliava.
Un grido familiare echeggiò tutt’intorno: - CLUB DEI PIRATI A RAPPORTO! – lui e gli altri si girarono e con la bocca serrata e gli occhi sgranati videro tre ragazzini abbassarsi sul corpo del capitano Kuro e tempestarlo di botte usando palette da spiaggia. Erano molto determinato a mal ridurgli l’intera faccia a un livido.
-Ragazzi – disse Zayn – Ma che state facendo?
-Sei un farabutto! – gridava Gennaro.
-Muori! – urlava Thad.
-Prendi questo! – concludeva Timothy.
-E ora chi sono quelli là? – osservò Jago.
-Ma cosa gli è saltato in mente? – balbettò Louis alquanto scioccato.
Zayn corse dai suoi tre piccoli amici e li bloccò: - Adesso basta, fermatevi! – li allontanò da Kyron ora con gli occhiali divisi a metà – Dateci un taglio cavolo!
-Così impara – dissero loro fieri del loro gesto.
-Madonna … - disse l’ipnotizzatore – Ora il capitano sarà più incazzato che mai … quelle stupide piccole pesti!
I tre bambini si girarono verso Zayn e si aggrapparono alla sua maglietta:- Capitano perché ci ha mentito? Noi siamo una squadra! Se dobbiamo proteggere il villaggio lo facciamo insieme.
-Non stavolta – rispose il ragazzo dal ciuffo – dovete scappare! Andatevene via subito!
-Non vogliamo! – protestarono loro – Vogliamo combattere con te o ci dimostreremo pivellini! – un rumore fregante li immobilizzò. Si resero conto di avere qualcuno alle spalle. Qualcuno in piedi. Qualcuno arrabbiato. Molto arrabbiato. Voltarono lo sguardo così lentamente che il loro collo sembrava arrugginito. Quando i loro occhi incontrarono quelli del maggiordomo assai irritato, si gettarono a terra stringendosi l’un l’altro, tremanti come foglie. La vista di quelle dieci lame affilate che spuntavano dalle dita di Kyron li terrorizzò.
Ma per l’uomo fu come se non ci fossero. Li oltrepassò avanzando verso Zayn e quando gli fu a un metro di distanza gli sferrò un violento calcio nei reni che lo fece strisciare a metri di distanza. Il ragazzo si strinse lo stomaco quasi sul punto di vomitare.
-Zayn! – esclamarono i suoi amici.
Kyron, soddisfatto, alzò lo sguardo finché non individuò Harry: - Niente male quel pugno – commentò asciugandosi il sangue che colava dalle narici – Tu possiedi il potere di una Folgore del Diavolo non è così?
-Sì – rispose il ragazzo di gomma – La Folgore Gom Gom che mi ha donato il tatuaggio dell’allungo.
Ci furono pochi secondi silenzio interrotti solo dalle esclamazioni stupite dei pirati. Poi il Capitano Kuro si rivolse al suo ipnotizzatore: - Jago! – lui scattò sull’attenti.
-Mi dica signore.
-Mi occuperò io di quel bastardo col cappello – lo informò – Tu prenditi cura della signorina facendole scrivere un testamento. Poi uccidila – girò la testa sogghignando – In più … mi fai la gentilezza di schiacciare quelle tre formiche– indicò con la testa i tre bambini.
Jago sorrise:- Ricevuto – avanzò con il suo cerchio fidato sempre in mano.
Ma Louis gli sbarrò la strada con una delle sue spade: - Fermo dove sei. Fai una sola mossa e ti taglio a fettine!
L’uomo chiese aiuto con lo sguardo ad uno dei suoi uomini che sorprese lo spadaccino alle spalle sbattendolo contro la scogliera e tenendolo fermo con la lama del suo pugnale sulla gola.
L’ipnotizzatore aveva la via libera e accelerò il passo.
Zayn si sentiva imponente. Era bloccato a terra dolorante e le quattro persone che aveva più care al mondo erano in pericolo. Non sentiva più le forze per alzarsi e affrontare Jago faccia a faccia. Ma la sua debolezza era solo una palla al piede. Però intervenne lo stesso.
Trasse un bel respiro e urlò: - PIRATI DI ZAYN! – attirando l’attenzione dei bambini – Ascoltatemi!
Aspettandosi già un’altra predica, il terzetto si lamentò: - Non scapperemo!
Ma il ragazzo li interruppe: - Dovete … - balbettò – aiutare Perrie … - i ragazzini si guardarono senza capire – Ascoltatemi – li richiamò il loro amico – Ora vi affiderò una missione assai importante, degna di veri pirati: portate Perrie il più lontano possibile da qui. Difendetela da tutto e da tutti … e non dite che non potete perché … proteggere quello che abbiamo di più caro è la ragione per cui abbiamo fondato il nostro club! – i tre ammirarono le sue parole con devozione e occhi lucidi – Mi fido di voi ragazzi – continuò Zayn – e so che ce la farete. So che eseguirete … quest’ordine del vostro capitano!
-Oh, Zayn – gemette Perrie.
-SI CAPITANO!- gridarono in coro Thad, Timothy e Gennaro. Fecero lentamente alzare Perrie – Presto sbrighiamoci! Da questa parte – e la guidarono velocemente verso il bosco.
Zayn sospirò. Era riuscito a farli scappare. Sarebbero rimasti al sicuro.
Jago si risvegliò da uno stato di trance e fece girare il cerchio di lama sull’indice prendendo la mira: -Dove credete di andare? Non mi sfuggirete ma…AAAH! – urlò prima di finire la frase. Qualcosa di duro e rapido lo aveva colpito alla spina dorsale piegandolo in due. Si trattava di una pallina di piombo. Lanciata da Zayn ancora a terra ma con la frusta alzata – Maledetto bastardo! – disse rimettendosi in piedi ancora scosso.
-Non perdere tempo! – gli ordinò Kyron – Valli a prendere!
La ragazza e i bambini erano ormai spariti tra gli alberi. L’ipnotizzatore ci si infilò e scomparve a vista.
Il maggiordomo si avvicinò a Zayn: - E’ inutile che ti sforzi tanto moccioso! Conosco abbastanza bene le gravi condizioni di Perrie e so che la sua debolezza non riuscirà a sfuggire a Jago. Figuriamoci se degli sciocchi vermicelli come quei tre possono sconfiggerlo!
Intanto Louis aveva messo KO anche quell’ennesimo uomo che aveva osato attaccarlo. Ora tutti i pirati sapevano che era meglio non mettersi contro di lui.
Harry nel frattempo avanzava a grandi passi verso il Capitano Kuro.
All’improvviso si udì un forte botto proveniente dal bosco. Uno stormo di uccelli spaventati si sollevò.
-Cosa … è stato …? – chiese Zayn col cuore a mille.
-Chi lo sa – ghignò Kyron – Avevano Jago alle calcagna. Perché non vai a controllare se stanno bene? Ma forse … potrebbe essere troppo tardi.
-Figlio di puttana! – maledisse il ragazzo dal ciuffo – Hai vissuto con Perrie per tre anni … non hai alcuna pietà per lei?
-Nessuna – confessò sicuro il maggiordomo – Come ho detto lei è solo una parte del mio piano. Dopo la sua morte potrò ringraziarla.
-E’ un bastardo senza speranza – commentò Louis.
-Non avevo intenzione di risparmiarlo fin dall’inizio! – disse Harry – ZAYN! – chiamò poi – Vai a cercarli! Mettili in salvo! Ce la caviamo noi qui.
Lo spadaccino sorrise: - Già, in breve faremo piazza pulita.
Zayn guardò prima l’uno poi l’altro. Ormai era a conoscenza della loro forza e sapeva che ce l’avrebbero fatta. Poggiò entrambe le mani su una roccia rialzata e provò ad usarla come appiglio. Il punto del calcio premeva su di lui mandandolo minuto dopo minuto al vomito più estremo dalla sua vista. Si sentiva come se tutte le ossa si stessero spezzando una dopo l’altra. Il sangue ancora colava sul punto della martellata e aveva la vista poco appannata. Il tentativo di alzarsi fu invano. Crollò in poco.
-E’ già impressionante che tu riesca ancora a muoverti – disse notevolmente Kyron.
-Sta zitto! – strillò Zayn riprovando un’altra volta – Io … ti giuro che non la passerai liscia … hai osato tradire i sentimenti di Perrie e degli abitanti del villaggio … io … non posso permetterti di farle del male!!!!!! – ricadde nella stessa posizione di prima.
-Zayn! – esclamarono i suoi amici.
-Dannazione – incespicò lui sul punto di piangere – Non riesco a muovere neanche un muscolo …
Il Capitano Kuro trasformò una risatina nervosa in un vero sghignazzamento fastidioso e diabolico: - Mi fai davvero ridere – ritornò con la sua espressione seria e inquietante – Io ho tradito loro? Mi vuoi sfottere? Ogni cosa era pianificata! Non è come giocare a fare il pirata, andando in giro a spacciarti da capitano – Harry si morse il labbro. Ascoltarlo lo stizziva sempre di più – Perciò stai fermo a terra e non ti muovere. Anche se riuscissi a raggiungerli, non avrai alcuna speranza contro Jago.
-No … - proferì Zayn con la faccia mezza schiacciata al suolo – non mi importa … se non ci riesco … io … li voglio proteggere – sentì calde lacrime salate scendergli dagli occhi – perché io sono il capitano del club dei pirati di Shirop! Io … - prese una forza assurda per gridare le seguenti parole – NON TI PERMETTERO’ DI ALZARE UN SOLO DITO NE’ SU DI LORO NE’ SU NESSUN’ALTRO ABITANTE DEL VILLAGGIO!
Harry rimase un po’ impietrito davanti a tanta determinazione. Era stupito. E anche ammaliato.
- Cosa vuole fare? Ah ah ah, sta delirando quello stupido sciocco! – sentì delle risate alle sue spalle. Si voltò e vide tutti i pirati deridere il suo amico del suo spirito coraggioso. Dalla rabbia sollevò un enorme macigno con le vene che pulsavano sui muscoli e lo scagliò contro di loro. Alcuni di essi rimasero schiacciati, altri si scansarono tremanti.
-Chiudete il becco! – li avvertì zittendoli tutti quanti.
-Ei Harry! – udì Louis che lo chiamava. L’amico si era caricato Zayn sulle spalle – Andiamo a inseguire l’ipnotizzatore. Qualche problema?
-Nessuno – lo rassicurò – Vai!
Lo spadaccino risalì il pendio. Non c’era solo la ferita ancora bruciante sul petto ma anche il peso dell’amico sulla schiena a rallentarlo. Ma si disse che senza di lui non sarebbe mai riuscito a trovare Perrie e gli altri. Superarono il Capitano Kuro ma lui li fulminò con lo sguardo: - Ei, voi pazzi, chi vi ha dato il permesso di oltrepassare questa scogliera?
-Sono stato io! – urlò Harry. Kyron vide la sua mano partire verso di lui e stavolta fu pronto a evitarla buttandosi a terra. Louis ne approfittò e corse nel bosco facendosi perdere di vista.
Il ragazzo di gomma si trasportò sulla cima del declivio e provò a colpire di nuovo l’uomo. Lui usò i suoi speciali passi furtivi e gli andò alle spalle tentando di infilzarlo con le sue dieci lame, ma Harry si voltò in tempo e provò a sferrargli un calcio micidiale. Ma il maggiordomo sparì di nuovo. Ricomparve a pochi metri di distanza. Erano a quattr’occhi.
-Prima di cominciare a sfracellarti vorrei chiederti una cosa – sorrise beffardo – visto che sei uno straniero perché ti sei fatto coinvolgere?
Harry esitò, poi sorrise a trentadue denti: - Perché qui vive un ragazzo che non voglio vedere morto!
-E’ un bene. Perché sarà il motivo della tua morte!
-Non sarò io a morire.
-Te la mostrerò io la morte! – balzò verso di lui che però si scansò.
-GOM GOM PISTOL! – il suo pugnò scattò ma lui deviò ancora. Kuro lo sbatté a terra servendosi di un bel calcio. Harry si rimise in piedi e riprovò ancora, ancora e ancora con il pugno.
Ma all’undicesimo, Kyron ci saltò sopra spiaccicandolo. Sbadigliò: - Mi sto annoiando – e usando il suo braccio ancora allungato come una corda, attirò il ragazzo a sé e gli assestò una pedata in pieno volto che lo schiacciò a terra. Harry sentì il sangue assaporargli le labbra. Gli aveva rotto il labbro. Se lo asciugò guardandolo ancora con fermezza.
Intanto i pirati facevano il tifo per il loro capo:- Uccidetelo Capitano Kuro! Fatelo fuori in tre secondi! Siete grande Capitano Kuro!
Ma l’uomo anziché vantarsi di essere così tanto idolatrato gridò a squarciagola: - NON CHIAMATEMI COSI’! – le bocche di tutti si chiusero – Non avete ancora capito razza di idioti! Questo è il piano per sbarazzarmi definitamente del Capitano Kuro! – Harry lo guardò senza capire e ascoltò il suo curioso racconto – Ero stufo! Stufo della vita che conducevo! Passare intere giornate a pianificare tutto per scampare alla marina sempre alle nostre calcagna! Ne avevo abbastanza di quei cani del Governo che continuavano a darmi la caccia per intascare la mia taglia! Non ne potevo più, così progettai con Jago di ipnotizzare un uomo camuffato con le mie sembianze e obbligarlo a consegnarsi e a farsi giustiziare. Io invece sparii, arrivando in questo insulso villaggio dove ho cominciato la messa in scena dell’onesto cittadino! Ma oggi, dopo che il mio piano avrà successo, otterrò il mio vero obbiettivo: soldi e una vita tranquilla! – si rivolse a Harry – Hai capito adesso, ragazzino? Questo piano è in corso da tre anni e non fallirà per mano tua! – corse nella sua direzione con la mano destra affilata in posizione.
Il ragazzo calcolò il tempo che avrebbe impiegato a raggiungerlo. Ormai a pochi metri di distanza, allungò le mani dietro la schiena e le usò per agguantare il masso più vicino. Con una forza incredibile lo portò dinanzi a sé proprio mentre l’avversario affondava le cinque lame. Queste s’infilarono nel macigno e Harry lo ritrasse con tanta potenza da spezzarle. Ora Kyron aveva a disposizione solo quelle dell’altra mano.
-Non ne potevi più, dici? – ghignò il ragazzo – Se hai così tanta paura della fama del mare, allora non meriti più di poterti definire un pirata! – gli diede un rovente pugno che finalmente lo centrò sul volto – Se vuoi un confronto di ambizioni … - continuò mentre lo vide cadere a terra – la mia è molto più importante!


TO BE CONTINUED

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Capitolo 16
*** Episodio 16 - Atto Finale ***



Perrie, scortata dai tre ragazzini, camminava a passo veloce nel bosco. Si sentiva debole a causa dello sforzo eccessivo nella corsa ma proseguì per non rallentarli.
-Dite che l’ipnotizzatore ci segue ancora? – chiese Gennaro guardandosi alle spalle – Io non vedo nessuno!
-Forse lo abbiamo seminato – ipotizzò Thad – Ma non si sa mai, restiamo in allerta.
-Non preoccuparti Perrie! – sorrise Timothy reggendole il braccio – Ti proteggeremo a ogni costo!
-Già! Lo abbiamo promesso a Zayn! E manterremo la parola data – ricordarono gli altri due.
Lei sorrise: - Vi ringrazio.
All’improvviso udirono lo stesso suono che avevano sentito pochi minuti prima, era simile a quello di tronchi arcuati che cadono per la vecchiaia, ma sapevano che il motivo doveva essere un altro e non li faceva stare tranquilli.
Jago infatti stava lanciando a raffica il suo cerchio di lama che dopo aver traforato gli alberi e averli fatti crollare, ritornava indietro come un boomerang. In questo modo poteva vedere dove si nascondevano le sue prede: - Dove siete, sporchi insetti!? – gridò dopo aver controllato dietro il decimo tronco crollato – Non mi sfuggirete così facilmente! Sarò costretto a radere al suolo il bosco fino a trovarvi e poi ammazzarvi! – tagliò cespugli, rami bassi di querce e sassoni abbastanza grandi da poterli occultare, ma non vide alcuna traccia – Dove siete, stupidi mocciosi!

Intanto oltre a loro cinque, un’altra persona correva nel bosco. Era Louis. Seguiva le indicazioni che Zayn gli dava sdraiato sulla sua spalla e lo usava come un navigatore satellitare: - Vai a est! – esclamò lui – Ho detto vai a est!
-Non mi regolo! – disse lo spadaccino – Dì destra o sinistra.
-Allora di là! – lo fece svoltare a sinistra – Muoviti, più veloce!

I suoi amici continuavano a correre, ma Perrie rallentò sempre di più fino a cadere in ginocchio. I bambini la accorsero. Lei respirava a fatica avendo un piccolo attacco di asma: - Scusate – ansimò sorridendo per rassicurarli – Fareste meglio … a continuare senza di me …
-Ma che dici? – strepitò Timothy.
-La nostra missione è proteggerti e lo faremo! – disse Thad valorosamente.
-Ei … ma sei calda – notò Gennaro toccandole la fronte – Forza, tieni duro!
-Ti aiutiamo noi – provarono a farle da appoggio – presto muoviamoci!
Un grido non molto lontano fece gelare loro il sangue nelle vene: - Uscite allo scoperto ragazzacci!
-Oh mio dio!  - sudarono i ragazzini – E’ lui!
-Vi ringrazio per quello che fate per me – disse la ragazza ora rossa in viso – Ma ora dovete scappare …
-Venite fuori bastardi! – la voce era sempre più vicina.
I bambini non sapevano cosa fare. Erano in preda al panico e una voce nella loro testa diceva di scappare e lasciare lì la loro amica, in questo modo Jago non li avrebbe più seguiti. Ma il desiderio di difenderla era più ampio. Se era disposta a sacrificarsi per loro erano pronti a fare altrettanto! Comunicarono attraverso uno sguardo d’intesa e tesero in avanti le loro palette, uniche armi che avevano a disposizione: - Battiamoci fino alla fine, ciurma del Capitano Zayn.
-Non potete farlo – mormorò Perrie a fatica – Siete ancora dei bambini. Non voglio che vi facciano del male a causa mia!
-Il capitano dice sempre che Noi non affrontiamo il pericolo per morire, ma per vivere – gli fece presente Timothy. Gli altri due annuirono con uno sguardo pieno di coraggio e determinazione.

Intanto alla scogliera vigilava lo stato d’animo più sconvolto che una ciurma di pirati potesse avere. Quel ragazzino aveva spezzato i primi cinque artigli del Capitano Kuro rendendolo ora più feribile.
Kyron si rimise lentamente in piedi. Aveva la fronte sanguinante. Quando lo videro di nuovo in piedi i suoi uomini ripresero a onorarlo: - Uccidete quel bastardo, capitano! Massacratelo! Fatelo secco!
Il maggiordomo si girò verso di loro e urlò più forte di prima: - State zitti! – i pirati si ammutolirono nuovamente – Mi occuperò di voi più tardi – annunciò poi – Lo stesso vale per quell’incapace di Jago.
-Ma … perché volete ucciderci? – chiese uno dei pirati – Dovevamo attaccare questo villaggio. Siamo un po’ in ritardo sul programma ma possiamo ancora distruggerlo.
-E poi – aggiunse un altro – Sarà Jago a occuparsi della ragazza, quindi il vostro piano sarà riuscito dopotutto.
Kyron sorrise: - Non dovete più preoccuparvi del piano. Visto che i vostri cadaveri resteranno qui, potrò provare la mia innocenza – gli uomini impallidirono – Sapete, io non ho mai avuto l’intenzione di lasciarvi abbandonare questo villaggio vivi e vegeti! Potrebbe essere problematico. Non voglio che uno di voi un giorno mi ritrovi.
-Non … è possibile … - balbettarono i pirati – Quindi il vostro obbiettivo è stato ucciderci dopo la fine del complotto.
-Esatto – sorrise l’uomo – Era tutto pianificato da tre anni ormai.
-Siete stupidi o cosa? – disse Harry attirando l’attenzione – Sono proprio una ciurma di coglioni.
-Coglioni, dici? – domandò Kyron – Un equipaggio non è che composto da cani servili e incapaci di adattarsi alla vita civile! Senza un piano adeguato non sono capaci di combinare niente! Non hanno mai smesso di seguire i miei ordini. Sono solo delle pedine nelle mie mani. Io decido se lasciarli vivere oppure no! Qualunque sia l’ostacolo, il piano deve continuare e loro moriranno al completamento – vedendo lo sguardo immobile e a labbra serrate che il ragazzo gli rivolgeva, alzò di più la voce – Si tratta del destino di tutti i pirati! Non ti azzardare a farmi la morale, ragazzino!
Harry tenne le braccia conserte: - Anche se sei il capitano e disponi più di cento uomini – sorrise- non potrai mai avere la meglio contro Zayn!
-Cosa? – ringhiò il Capitano Kuro – Tu osi paragonarmi ad un finto capitano da due soldi come quel bastardo? Non farmi ridere! – sollevò la mano dalle lame mozzate – Non devi sopravvalutarti a me solo perché mi hai privato di cinque artigli. IN COSA E’ SUPERIORE, DIMMELO! – prima di sentire la sua risposta eseguì di nuovo i passi furtivi in modo da spostarsi velocemente. Comparve alle sue spalle.
-La sua fede – replicò Harry voltandosi di scatto – TU NON HAI LA MINIMA IDEA DI COSA RAPPRESENTA UN PIRATA! – e gli diede un pugno stavolta sul mento che lo mandò a sbattere sulla roccia del pendio, riempiendola di crepe – si sollevò un gran polverone.
Dopo qualche istante, Kyron si fece avanti ora con un livido sotto la bocca, ma ancora vivo per sfortuna: - Ora vedrai – sorrise malizioso – Sarà terrificante. Tanto quanto lo è un pirata tornato dall’inferno un incalcolabile numero di volte! – ed ecco che abbassò lo sguardo e stranamente prese a ciondolare le braccia come se fossero campane, facendole tintinnare. Harry lo trovò buffo, ma non capì la reazione dei pirati.
Erano in ginocchio e chiedevano pietà: - No Capitano! Vi scongiuro! Quello no! Per favore, non fatelo! – alcuni di loro avevano gli occhi lucidi e frignavano come dei bambini che non volevano andare a scuola – No vi prego! L’attacco Shakushi no!
-Ci ammazzerà tutti!
-No, capitano, no!
-Vi prego! No!
-Non capisco – disse Harry guardandolo stranamente – Perché tanto panico? Sta solo barcollando come se stesse per svenire! – distolse lo sguardo dagli uomini terrorizzati e lo rivolse di nuovo al maggiordomo. E rabbrividì.
Kyron si era fermato. Aveva alzato lo sguardo … ma i suoi occhi erano dilatati. Completamente bianchi.
Strane onde di fumo ondeggiarono su tutto il pendio e l’uomo si materializzò. Harry non lo vide più.
Intanto era arrivata anche Vivy. La ragazza, con la spalla ancora sanguinante, si era intrufolata nella nave dei nemici e aveva arraffato una buona grana. Si affacciò a prua per vedere se era ormai tutto finito. Ma trovò i pirati immobili come se fossero stati pietrificati. Un fumo li attraversò. Ed ecco che cominciarono le urla.
Uno di loro cascò a terra. Laceri profondi e grondanti affondati sul suo petto. Morì. Non si vide il colpevole.
-Ma … come fa … ? – balbettò il ragazzo di gomma indietreggiando.
All’uomo ucciso ne seguirono un secondo, un terzo, un quarto. Tutti con il torace squarciato.
-No! – gridò uno degli uomini rimasti in piedi – Si sposta così velocemente da cogliere di sorpresa i nemici! – deglutì – In passato ha ucciso molti compagni con questa tecnica!
Vivy si coprì la bocca con le mani.
Anche Harry sentì un improvviso dolore tremendo. Abbassò lo sguardo e vide i segni di graffi sanguinanti sugli avambracci e sulle cosce. Non si resse più in piedi. Però resistette; non erano ferite mortali. Vedere i pirati cadere uno dopo l’altro gli fece stringere i denti così tanto che li sentì quasi crepare.
-PERCHE’ STAI UCCIDENDO I TUOI COMPAGNI!?– urlò con tutto il fiato che aveva in gola.
Un altro dolore. Stavolta le lame gli avevano sfiorato la milza. Con rabbia intensa ripensò a tante cose tutte in un solo secondo: al coraggio di Zayn, all’amicizia tradita di Perrie, alla fiducia di quei tre ragazzini, alla perfidia di Kuro e infine all’audacia di Shane, l’uomo che gli aveva regalato il cappello dal quale non si separava mai. Istintivamente allungò una mano senza ricorrere al suo potere della Folgore e afferrò una stoffa nera pinguino. La sbatté violentemente sullo strato di roccia ormai mezza lacerata dai colpi dell’attacco incontrollabile appena usato. Kyron fermò la sua mossa speciale.
-Eccoti bastardo – sorrise Harry.
-Pazzo … - sorrise lui rimettendosi in piedi – Avresti dovuto restartene tranquillo e lasciarmeli uccidere. Guardali, ora per colpa c’è chi è morto o chi è morto a metà! – squadrò il suo sguardo battagliero – Immagino che tu abbia qualcosa da dire.
-Sì – annuì il ragazzo – Io non diventerò mai un pirata come te!
-Non che tu lo voglia!- rise il maggiordomo puntandogli contro le cinque lame rimaste – Non puoi. Perché non vivrai abbastanza! Stai per agonizzare, poi morirai dato che io ti avrò fatto a pezzi! – indietreggiò un po’ – Mi impegnerò abbastanza. Non ho più tempo da perdere con te – e riprese a ciondolare in quello stano modo.
Harry provò a fermarlo correndo più veloce che poteva. Ma l’avversario scomparì come prima. Ora poteva colpirlo in qualsiasi istante. Si guardò intorno. Ma non vide né sentì nulla, a parte il suo cuore che andava a mille.

Nel frattempo nel cuore del bosco Jago era ancora alla ricerca dei tre ragazzini e della signorina.
-Uscite, sporchi ragazzini! – gridò – So che siete nascosti qui! Farete meglio ad arrendervi e mi assicurerò di non farvi troppo male! – all’improvviso vide un fruscio provenire da una siepe lì accanto. Fece per avvicinarsi, ma all’improvviso la testa di un bambino comparve dal cespuglio. Thad.
-Va bene. Ci arrendiamo – annunciò sventolando una piccola bandiera bianca.
L’ipnotizzatore ghignò e avanzò verso di lui: - Come se io credessi alle parole di mocciosi come … - non riuscì a terminare la frase perché di scatto qualcuno tese sotto i suoi piedi una corda che lo fece inciampare e cadere in avanti.
-ADESSO!- urlò Thad.
Da dietro un albero comparve Gennaro che si chinò sulla faccia dell’uomo svuotandoci addosso un barattolo di pepe. Alle sue spalle lo seguì Timothy che gli inflisse un violento colpo con una pietra. I due raggiunsero l’amico nella siepe. Jago starnutiva e gocciolava dal mento allo stesso tempo. Si sentiva soffocare. To
I tre bambini pensavano fosse il momento adatto per balzargli addosso e ucciderlo con altre pietre. Balzarono verso di lui ma quando gli erano quasi addosso, l’uomo si voltò di scatto e si scostò facendo cadere a terra That e Timothy a cui si sbucciarono i gomiti e poi afferrò per la gola il terzo sbattendolo al busto di un tronco.
-Gennaro! – lo chiamarono gli amici.
-Pensavate di avermi in pugno vero? – rise soffiandosi il naso - Sono un pirata. Nessuno mi fotte! E ora vi concio per le feste! – detto questo afferrò anche gli altri due scaraventandoli sullo stesso tronco di Gennaro.
I tre bambini ora erano a terra doloranti e immobili. Si strinsero l’un l’altro.
-E ora tocca a te ragazza!- urlò l’ipnotizzatore – Esci subito allo scoperto! Sai non vorrei che capitasse qualcosa di sgradevole a questi poveri ragazzi! Se tieni così tanto a loro allora perché non vieni a impedirmi che uccida prima loro? – minacciò armeggiando i suoi cerchi di lama in direzione del terzetto terrorizzato. Si udirono foglie calpestate e la figura bella e slanciata di Perrie si presentò seria e a pugni serrati di fronte Jago che quando la vide rise malizioso – Eccoti qui allora!
I ragazzini sbiancarono: - No Perrie vai via! Scappa! – urlarono così forte queste parole che non molto distante da lì, le orecchie acute di Zayn riuscirono a udirle a malapena.
-Credo … di avergli sentiti – disse a Louis – Presto sbrighiamoci! – esclamò!
-Zitti voi! – Jago fece per ferirli con il suo cerchio di lama e farli tacere. Loro si fecero piccoli, piccoli.
-Fermatevi! – gridò la ragazza– l’uomo la guardò – Ascoltate – inspirò profondamente – Redigerò il testamento solo se giurate di non fare loro alcun male.
-Cosa?
-No Perrie! – disse Thad – Una volta che lo avrai scritto ti ucciderà!
-Non ho scelta – rispose lei a sguardo basso.
-Desolato – sorrise l’ipnotizzatore – Non si negozia con me! Lei redigerà il testamento al capitano anche con la forza e dopodiché sia lei sia questi tre mocciosi sarete ammazzati! Fine della storia.
Perrie allora raccolse da terra una pietra aguzza e se la portò all’estremità delle arterie. L’uomo e i bambini sussultarono: - Ora detto io le condizioni! Se non giurate di non torcere un capello ai bambini mi suicido e voi non avrete nessun testamento!
-NO ASPETTA!- gridò Jago – Sono un uomo morto se non firmi quel pezzo di carta – vedendo che la ragazza faceva sul serio fu costretto a cedere alle sue suggestioni – Va bene, risparmierò i bambini. È una promessa – nessuno riuscì a vedere le sue dita incrociate – Ma ora … - porse una penna alla ragazza. Lei serrò le labbra. Gli occhi le divennero lucidi. Allungò la mano e la prese.
Thad, Timothy e Gennaro erano paralizzati e piangevano silenziosamente quando la videro compilare quel modulo, firmarlo e porgerlo all’uomo qualche minuto più tardi.
Una volta che lo ebbe tra le mani Jago lo controllò assicurandosi che non ci fossero imbrogli. Poi spinse Perrie ad un arbusto e la bloccò con una mano sulla gola stringendola sempre di più.
-Perrie! – singhiozzarono i bambini.
L’uomo sollevò il cerchio di lama e fece per passarlo sul collo della giovane decapitandola.
-ECCOLI! – sentirono all’improvviso. Tutti si voltarono e videro un ragazzo correre nella loro direzione. Brandiva tre spade.
Louis aveva fatto scendere Zayn dalla sua spalla e ora correva verso Jago: - Dì le tue preghiere bastardo!
-E’ meglio che mi sbrighi – disse lui vedendo che lo spadaccino era ancora troppo distante. Non ce l’avrebbe mai fatta ad arrivare in tempo. Era meglio sistemare prima la ragazza.

Harry non vedeva niente. Si muoveva come una trottola aspettando di trovarsi Kuro da qualsiasi direzione. Ormai con la testa che girava riuscì a scorgere lo strano fumo che lo invase. Ed ecco che sentì una lama trafiggergli la spalla. 

TO BE CONTINUED
 

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Capitolo 17
*** Episodio 17 - Up All Night! ***



Harry sentì un tremendo dolore. Avvertì un piccolo vuoto sulla spalla che ora era mezza trafitta. Si scostò per evitare che la lama affondasse più di così creandogli proprio un buco. Ora, più sanguinante che mai dalle varie parti dove Kyron lo aveva ferito, raccolse tutte le forze rimaste e voltò lentamente la testa mantenendo lo stesso tempo di movimento con la mano, che pochi secondi dopo si strinse intorno al collo di Kuro. Il ragazzo ne approfittò e fece passare entrambe le braccia dietro la schiena dell’uomo attorcigliandole una contro l’altra. Fece la stessa cosa ai suoi piedi con le gambe. In questo modo lo aveva sotto tiro.
-Lasciami bastardo! – si dimenò il maggiordomo provando a infilzarlo con le sue lame.
Harry gli sorrise debolmente: - Con questo i tuoi tre anni di accurata pianificazione sono falliti!
I pirati, alcuni resistiti all’attacco del loro capitano si guardarono e ripresero col rabarbaro:- Quel ragazzino sta avendo la meglio!
-Forse … se vince noi non verremo uccisi!
-Allora dobbiamo sperare che riesca a farcela. È la nostra unica speranza.
-Sì! Vai così Cappello in Feltro! Uccidilo!

Intanto nel bosco, i tre ragazzini provarono a bloccare Jago premendogli la loro paletta sopra le gambe: - FERMATI! NON TE LO PERMETTEREMO! – gridarono.
L’ipnotizzatore strinse i denti per il tremendo dolore avvertito. Poi si girò e diede violenti calci ai bambini buttandoli distante: - DANNATI MOCCIOSI! – urlò per poi tornare a concentrarsi su Perrie.
Louis correva a velocità sonica verso di loro con le spade ben impugnate: - Fermo, maledetto!
Jago ghignò stringendo di più la presa intorno alla gola della ragazza: - Sei arrivato troppo tardi spadaccino!
-Non penso proprio – anche lui ghignava. Si fermò a metà strada e con un solo affondo mutilò il ramo di un arbusto – Tocca a te!- disse all’amico che aveva alle spalle.
Zayn sorrise: - Grazie! Senza quel ramo posso prendere meglio la mira – tirò fuori la sua preziosa fionda e dopo aver calcolato per bene la traiettoria, sganciò.
-Vi prego … - tossì Perrie con la voce secca – Aiutatemi …
Quando Jago stava per infilzarla col suo cerchio, venne colpito in pieno volto da una pallina, che non appena lo toccò … esplose. L’uomo gridò sentendo la faccia prendere fuoco e lasciò la presa. La ragazza cadde a terra tossendo e tenendosi la gola. I ragazzini la accorsero.

Harry tirò indietro la testa. Il collo, grazie al potere della Folgore del Diavolo, si allungò sempre di più fino a giungere alla riva della spiaggia.
-Il mio piano … - ringhiò Kuro cercando ancora di liberarsi e ripensando a tutto ciò che aveva dovuto passare, compresi i giorni trascorsi con la signorina – NON FALLIRA’ MAI!
-GOM GOM BELL JAR! – gridò Harry. Il suo petto si illuminò.
Il ragazzo col cappello trasse in avanti la faccia con una velocità estrema e la sua fronte colpì violentemente il maggiordomo sulla fronte lasciandogli una lesione profonda, molliccia e sanguinante. Colpito in pieno cervello. Gli occhi di Kyron si dilatarono e insieme a tutto il corpo cadde a terra senza muoversi.
Harry, con la testa un po’ girevole, decise di essere sicuro al 100 per cento di aver vinto. Per questo staccò con una pedata una delle cinque lame dall’unghia di Kuro e l’affondò nel suo petto. L’uomo sputò sangue.
Il suo petto smise di sollevarsi.
Il ragazzo sbuffò e cadde in ginocchio a stringersi la spalla. Il combattimento era finito. E lui ne era uscito vincitore.
Il feroce Capitano Kuro non avrebbe più fatto del male a nessuno.
-E’ finita – disse.
I pirati guardarono prima i loro compagni uccisi, poi quelli battuti dallo spadaccino, le sorelle siamesi e infine il cadavere di Kyron.
-Incredibile!- sorrisero – Ha battuto il Capitano!
-Un semplice ragazzino!
-E’ davvero stupefacente! – si rivolsero a lui amichevolmente – Dicci figliuolo, qual è il tuo nome?
-Harry Styles – rispose lui – Mi sono battuto contro un pirata che ha abbandonato il proprio nome ed è scappato dal mare. Contro un uomo che non è degno di definirsi un pirata. Sappiate una cosa; non c’è possibilità che io possa essere battuto. Un vero pirata non abbandona il suo nome fino al giorno della sua morte.
-Harry? – disse un uomo perplesso – Sono sicuro di non aver mai senti questo nome!
-Ricordatevelo – sorrise il ragazzo – Perché è il nome del futuro Re dei Pirati! – senza lasciare loro il tempo di ribattere, prese con una mano sola il corpo di Kuro e lo lanciò verso di loro. Questo atterrò lasciandoli terrorizzati. Come per paura che si risvegliasse: - E ora – ordinò loro Harry – lasciate subito l’isola e buttate il cadavere in mare! – vedendo che esitavano gridò– SUBITO!
Gli uomini girarono subito i tacchi trascinando il corpo del loro capitano fino al ponte di comando. In breve tirarono su l’ancora e si allontanarono dalla scogliera senza farsi più vedere.
Il ragazzo sorrise ancora e si sdraiò.
-Ei Harry – sentì una voce. Vivy con un sacco colmo di ricchezze sulla schiena, gli si sedette vicino: - Persino tu devi essere esausto dopo una battaglia come questa, no?
-Già – annuì l’amico.
-Scusa, ma perché prima eri così furibondo?
-Prima quando?
-Quando Kuro ha fatto fuori metà dei suoi uomini. Avevi una faccia che sembrava stesse ammazzando i tuoi seguaci.
-Loro non mi piacciono. Però non si devono trattare i propri compagni in quella maniera. Infondo sono loro che ti seguono nelle mille avventure che un pirata incontra in mare.
-Beh, alcuni pirati non sono così nobili come nei tuoi sogni. E il Capitano Kuro ne è un classico esempio.
-Comunque … io ho fame.
-Idiota – gli disse dandogli uno schiaffetto.

Nel frattempo, anche Jago era stato battuto. Aveva tutta la faccia ustionata e non apriva gli occhi né respirava da parecchi minuti.
Zayn riprese le forze, era corso subito da Perrie e non l’aveva più staccata dal suo abbraccio a cui si erano uniti anche i bambini. Loro non avevano niente di rotto a parte gli occhiali di Gennaro che erano ricoperti di schegge.
-Fatemi un favore – disse loro Zayn ridendo – Non raccontante a nessuno della giornata di oggi, okay?
-Cosa? – esclamò il trio – Ma perché?
-Hai messo a repentaglio la tua vita per salvare il villaggio. Se lo sapesse il sindaco Weiss non ti considererebbe più un poco di buono – gli fece notare Timothy.
-Già! – aggiunse Thad – Ora diventerai un eroe!
-Hanno ragione – disse Perrie – dovresti chiarire tutti i malintesi che ci sono stati.
Zayn le sorrise accarezzandole la testa: - Che malintesi? Penseranno che sto ancora mentendo. Non ha senso rivelare cose che è meglio dimenticare. Si creerebbe il caos. Non voglio mettere nel panico un villaggio che è sempre stato così tranquillo e vivace. Meglio lasciare le cose come stanno. Inoltre questa è un’occasione speciale: non ci saranno più pirati disposti ad attaccare l’isola di Shirop! Siete tentati dal dirlo o saprete mantenere il segreto e fare finta che non sia mai successo niente?
I bambini e la ragazza si guardarono.
-Io starò muto – giurò Thad solennemente.
-Anche io  - fece eco Gennaro.
-Pure io se è per il bene del paese- s’intromise Timothy.
Perrie li guardò e sorrise annuendo: - Anch’io.
Zayn li guardò gioioso di essere riuscito a proteggerli e li abbracciò ancora.

Intanto al villaggio la gente stava uscendo di casa ed era sconvolta perché per la prima volta i viali erano deserti e silenziosi, il che significava che Zayn non era nei paraggi. Avrebbero dovuto gioire che quel piantagrane se ne fosse finalmente andato ma cominciarono a sentire la mancanza delle sue urla senza la quale il paese sembrava disabitato. Il sindaco Weiss uscì dalla centrale addentando una ciambella: - Forse siamo stati troppo duri con lui ieri – osservò confidandosi con uno dei suoi uomini – è tutto così … vuoto senza le sue grida.
-Sono sicuro che domani tornerà alla carica con le sue frottole – sorrise il poliziotto – e noi come al solito saremo pronti a rincorrerlo.
-Ah, ah- rise il sindaco – quel ragazzo è un combina guai. Ma mi chiedo cosa sarebbe Shirop senza di lui.

Poco dopo, Zayn si trovava con Vivy, Louis e Harry seduto all’ombra di un albero. La ragazza stava lentamente medicando le loro ferite che bruciavano ma allo stesso tempo davano sollievo di guarigione.
-Vi ringrazio – sorrise il ragazzo dal ciuffo – Senza di voi non ci sarei mai riuscito.
-Ma cosa blateri? – disse Louis – Se non avessi rischiato la tua vita per questo io me ne sarei rimasto con le mani in mano.
-Lo stesso vale per me – approvò Harry.
-Ma ora non importa – sorrise la ragazza stringendosi il sacco come un bambino – ora ho di nuovo i miei tesori!
Gli amici risero.
Zayn poi rimase impalato a osservare il bel cielo azzurro cosparso di nuvole e uccelli. Respirò prendendo molta aria fresca: - Grazie a questa disavventura – disse deciso – ho finalmente preso una decisione.
Tutti lo guardarono alzarsi e voltare loro le spalle senza capire a cosa si riferisse.

Qualche ora dopo Thad, Timothy e Gennaro si erano diretti in una vecchia legnaia, il covo segreto del club dei corsari. Zayn li stava aspettando.
-Perché ci hai chiamato? – chiese Thad sbadigliando – Eravamo andati a casa a dormire.
-Scusate. Ma era importante – il ragazzo dal ciuffo trasse un profondo respiro – Lo sapete che sono fiero di voi vero?  - questa frase li sorprese – Avete fatto un lavoro eccellente con la ciurma di Kuro. Avete dimostrato grinta e coraggio. Cose che non devono mancare a un pirata che si rispetti. Come vostro Capitano mi ritengo soddisfatto.
-Non abbiamo fatto granché – sorrisero loro arrossendo.
-Abbiamo solo fatto quello che ci hai detto tu.
-Inoltre tu sei stato molto più audace di noi.
-Siete stati davvero grandi – continuò Zayn – Avete protetto Perrie nonostante foste terrorizzati. Avete imparato molto da quando, cinque anni fa, il nostro club ha preso vita. Tuttavia – il suo sorriso si affievolì – ho una notizia da darvi – i tre lo guardarono estremamente curiosi – Ho deciso – dichiarò lui – di prendere il mare – i ragazzini lo guardarono ancora senza capire. Lui cercò in tutti i modi di continuare a sorridere: - Sì … salperò. Così diventerò un vero pirata. Sapete mi sono sempre chiesto se valesse la pena restare per sempre e perdermi le bellezze del mondo. Beh, da quando ho incontrato quei ragazzi mi sono schiarito le idee. Seguirò le orme di mio padre e diventerò e abbraccerò il mare come ha fatto lui. È per questo … - disse lentamente – che devo lasciare l’isola. Strillò rivolgendo lo sguardo ad una spiaggia non molto distante: - La bandiera pirata mi chiama! – guardò orgoglioso il vessillo disegnato dai suoi amici qualche tempo prima. Simbolo del loro club.
-Zayn … - dissero i bambini aprendo finalmente bocca – Stai scherzando vero?
-E’ solo un’altra delle tue frottole, ammettilo – Timothy strinse i pugni.
-Non puoi … così all’improvviso – disse Gennaro – Non ami questo villaggio?
-Che ne sarà della nostra ciurma senza di te? – esclamò Thad.
Il ragazzo dal ciuffo non si voltò a guardarli: - Fatemi un favore … non dite le mie ragioni agli abitanti … solo … salutateli da parte mia. E ditegli che mi mancheranno.
-No! – si lamentarono i bambini – Non voglio! Non partire ti prego!
Si voltò a guardarli teneramente. Avevano gli occhi pieni di lacrime e anche lui cominciava a versarne qualcuna. Si perse in ricordi lontani.

Cinque anni fa, quando era ancora un ragazzino e stava giocando da solo a fare il pirata immaginando di trovarsi circondato dalla marina, aveva visto avvicinarsi a lui tre bambini molto piccoli che lo guardavano incuriositi.
“Tu sei Zayn vero?” gli avevano chiesto.
“Esatto” aveva risposto il ragazzino.
“Sei molto conosciuto in paese. Lo sai?”
“Ovvio. Sono Il feroce Capitano degli oceani! Zayn il Pirata” aveva detto fieramente.
“No” avevano riso loro “A dire il vero sei conosciuto per essere un gran bugiardo”
Lui aveva fatto il broncio per un po’, ma poi prendendo quei piccolini in simpatia aveva detto: “Da oggi fate ufficialmente parte della ciurma di Zayn”
Loro lo avevano guardato interrogativamente:” Eh? Quale ciurma?”
“Non proprio una ciurma. Un club. Per gli appassionati di avventura!” sui loro volti si era aperto un gran sorriso di ammirazione “Benvenuti a bordo ciurma”
E quante ne avevano passate insieme. A giocare ai bucanieri, a cacciare le lucertole, ad aiutare gli animaletti a trovare rifugi in inverno, a buttarsi sui mucchi di foglie in autunno, passare nelle strade degli alberi di ciliegio in primavera, a buttarsi dagli scogli in Estate. La loro era stata un’infanzia felice e un legame mai spezzato.


Tornando al presente, Thad si tappò le orecchie. Lui e gli altri ormai erano un fiume di lacrime: -Zitto! Non voglio sentirti parlare del passato! – pregò al suo amico.
-Non voglio sentirti – ripetéTimothy.
-Non è da te parlare così … - singhiozzò Gennaro – Perché … vuoi lasciarci … perché? – si nascose la faccia tra le mani. I singhiozzi suoi e degli altri erano molto rumorosi.
-Sei cattivo, Capitano!
-Cattivo! – echeggiarono gli altri due.
Zayn s’inginocchiò e li costrinse dolcemente a guardarli. Anche lui aveva gli occhi lucidi: - Quali sono i vostri sogni?
-Io … - disse Timothy – Vorrei un giorno aprire una taverna …
-Io voglio diventare un abile carpentiere – affermò Thad.
-Io voglio essere uno scrittore – finì Gennaro.
-Bene – sorrise Zayn – Allora non lasciate che il fuoco affievolisca le vostre ambizioni – guardò con infinita tenerezza i volti dei suoi amici rigati di lacrime – Dovete promettermi … - disse a fatica sempre sorridendo – che perseguirete i vostri obbiettivi … con grande determinazione. Da questo momento – allungò le mani verso di loro – il club dei pirati di Zayn – li accolse amorevolmente nelle sue braccia – è sciolta – desiderò non lasciarli più andare e continuare a sentire i loro pianti e il loro affetto.
La loro bandiera improvvisamente si staccò e fu portata via da un vento improvviso.

Intanto nella locanda del paese, Vivy, Louis e Harry si stavano rifocillando spendendo parecchie monete per un pasto completo a base di tre arrosti di pollo con patate e pesce fritto.
-Beh … - disse Louis ingoiando l’ultimo sorso di vino – Abbiamo avuto il nostro rancio. Penso sia ora di ripartire.
-Hai ragione – concordò Harry tenendo fra i denti una lisca.
La porta si aprì e Perrie entrò raggiungendo il loro tavolo: - Eccovi qui – sorrise.
-E’ un bene per te andartene in giro così?- gli chiese Vivy.
-Sì – spiegò la biondina – Nell’anno precedente la mia malattia era dovuta al fatto della depressione per la morte dei miei genitori. Zayn si è sempre impegnato per tirarmi su di morale. E ora non scadrò più in quello stato. Vi ho causato un sacco di problemi. E vi sono molto debitrice per quello che avete fatto per me. Perciò – sorrise vispa – Vi ho fatto un regalo.
-Cosa? Un regalo? – esclamarono i tre.
-Si tratta per caso di soldi? – volle sapere Vivy.
-Di carne? – chiese Harry.
-Di nuove armi? – domandò Louis.
-No – disse Perrie divertita – Nessuna di queste tre cose. Se volete scoprirlo … seguitemi giù alla spiaggia.

Zayn chiuse la sua valigia e si sedette sul letto. Guardò con apprensione la piccola catapecchia dov’era sempre vissuto. I suoi amici avevano promesso di custodirla per bene nel caso un giorno lui sarebbe tornato.
-Presto dovrò dire addio a tutto questo – disse il ragazzo consapevole di parlare da solo – dovrò dire addio alle scampagnate, agli intrufolamenti nell’ufficio del sindaco la domenica mattina, a combinare un sacco di scherzi in paese, ad andare a trovare Perrie. Già, pensò rivolgendo uno sguardo alla villa sulla collina, Perrie. Sarebbe stato più faticoso abbandonarla che con i bambini. Sapeva esattamente quel che faceva. Stava abbandonando la sua casa natale per partire alla ricerca di avventure ma non si poteva sapere se un girono sarebbe tornato.
Uscì dalla casa stringendo forte la valigia. Le rivolse un ultimo sguardo e un ultimo sorriso e poi s’incamminò verso il porto.

Intanto, Harry, Vivy e Louis, che avevano seguito Perrie sulla spiaggia dov’erano arrivati il primo giorno, erano rimasti a bocca aperta e completamente paralizzati di fronte la cosa più maestosa che avessero mai visto.
Di fronte a loro, galleggiante sulla riva e ancorata ad una roccia si ergeva una caravella di legno di frassino. Ben levigata e con strutture di legno bianco. Sulla cima di uno dei due alberi maestri, uno dei quali di vedetta, non sventolava nessuna bandiera. La vela era triangolare. Sulla polena, al posto della classica sirena era scolpito uno strano animale simile ad un ariete con le corna arrotolate; sul cassero di poppa c’era un'altra vela a righe rosse e la cabina del timone che dava accesso anche al sottocoperta.
Sotto la nave c’era Noche. L’uomo, dopo essersi ripreso dall’aggressione di Kyron, aveva aiutato la signorina a fare ai suoi amici quel magnifico regalo: - Ta dà! – disse indicando la caravella – Vi presento la Up All Night!
-E’ davvero … tutta per noi? – balbettò Harry senza crederci.
-Sì. Sarebbe una grande gioia se l’accettaste – disse Perrie sorridendo.
-L’ho progettata io – spiegò Noche – Infatti porta più o meno il mio nome che in spagnolo significa Night, Notte. La struttura della nave e le vele del doppio albero fanno tutte parte del sistema di controllo centrato a poppa. Sotto la polena si trova la stiva dei cannoni che può anche fare da dispensa per il cibo. Chi è il navigatore? – Vivy alzò la mano – Vieni con me mia cara, ti mostrerò come manovrarla – e la condusse sulla nave.
-E’ bellissima – commentò Louis ammirato.
-Ho preparto ogni cosa di cui abbiate bisogno per salpare – disse la biondina.
-Grazie – esclamò Harry gratuitamente – sei stata davvero fantastica!
-Ei ciao gente – disse una voce dietro di loro.
Si voltarono e videro avanzare verso la riva Zayn. Il ragazzo stava trascinando con una mano una valigia, con l’altra la corda di una piccola scialuppa. Perrie sentì un tonfo al cuore. Non appena lui la vide serrò le labbra. La prese in disparte e nessuno riuscì a capire cosa si stessero dicendo.

-Così … stai partendo anche tu – capì lei quando lui ebbe finito. Guardò il mare mentre la brezza delle onde le scompigliava i capelli. Era una splendida sensazione.
-E’ stata una decisione molto difficile – disse Zayn provando a prenderle la mano. Lei se la fece prendere e la strinse forte – Devo partire prima che cambi idea – la guardò intensamente nei suoi bellissimi occhi – Non provare a fermarmi …
-Non lo farò – sorrise Perrie a occhi lucidi – Sai ho avuto da subito il presentimento che lo avresti fatto – si asciugò una lacrima – Quindi … è un addio?
-No – la contraddisse lui prendendola tra le braccia – No. Non è un addio. Non devi restare col pensiero che non ci rivedremo più. Di sicuro viaggerò molto, molto lontano da qui. Ma … tornerò. E quando tornerò vedrai, avrò delle storie da raccontarti più belle di quelle che ti ho narrato in passato. L’unica differenza è che stavolta saranno vere.
La ragazza gli accarezzò il viso: - Non vedo l’ora – e gli saltò al collo. Le loro labbra si premettero per qualche minuto.
Harry li guardò teneramente dalla cima della loro nuova caravella.
Quando Zayn si staccò da Perrie si rivolse a loro: - Statemi bene anche voi – si raccomandò – Chissà, magari un giorno ci rincontreremo!
Il ragazzo di gomma inarcò le sopracciglia: - Perché scusa?
-Come perché? Anche io diventerò un pirata. Quindi c’è la possibilità che verremo di nuovo coinvolti in qualche avvenimento fantastico del futuro.
-Ma che dici? – domandò Vivy a braccia incrociate.
-Smettila di dire sciocchezze – gli ordinò Louis– e sali a bordo.
Zayn aggrottò la fronte tentennante: - C … che?
-Ormai sei uno dei nostri – gli fece capire Harry con un sorriso – pronto a levare l’ancora … cecchino di bordo?
Il ragazzo dal ciuffo sentì le gambe tremare e il cuore andare a mille. Quei ragazzi gli avevano appena offerto di entrare a far parte del loro equipaggio … di salpare verso mille pericoli in compagnia di persone coraggiose e super simpatiche … affrontare migliaia di peripezie in compagnia di amici fedeli e straordinari.
Vide la mano di Harry allungarsi e tendersi verso di lui.
Sentì una sola lacrima di gioia rigargli il volto. Cercò di nasconderla con una battuta: - Il capitano sono io vero?
-Non diciamo sciocchezze! – ribatté Harry piuttosto offeso – Io sono il capitano!
Tutti scoppiarono a ridere e prima che Zayn afferrasse la mano dell’amico ed egli lo trascinasse a bordo, rivolse un ultimo sguardo alla sua ragazza e gli fece una piccola strizzata d’occhio.
Un giorno capì lei dal suo sguardo.
Il ragazzo dal ciuffo salì e quando tutti e quattro i componenti dell’equipaggio furono sulla Up All Night si levò un urlo di gioia che durò fino a quando Vivy, come gli aveva spiegato Noche, mosse una leva di comando che si trovava nella cabina del comandante e la caravella prese a muoversi. Il vento spiegò le vele e le dolci maree la trasportarono sempre più distante dall’isola di Shirop.

Dall’alto della scogliera, il trio di ragazzini la guardava allontanarsi con lo sguardo un po’ assente. Non piangevano però.
-E così il capitano è partito – disse Thad.
-Già – confermò Gennaro un po’ giù di morale – Ma mi solleva pensare che sia in compagnia di quei ragazzi così dinamici.
-E’ vero – gli diede ragione Timothy – Non ho mai visto nessuno forte come loro – fece spallucce sorridendo – Immagino non ci sia niente da fare. Ha sempre detto che voleva diventare un pirata.
-Quando gli abitanti del villaggio sapranno della loro partenza si rattristeranno – disse il primo con già una punta di nostalgia.
-Già – ripeté il ragazzino con gli occhiali – quando c’era lui le mattine erano sempre così rumorose e spensierate.
A Thad all’improvviso balzò in mente qualcosa che gli accese una lampadina: - Ei! – disse – Ho un’idea! – gli amici lo guardarono senza capire.

Sulla spiaggia Perrie si stava asciugando le ultime lacrime. In cuor suo si augurò che Zayn potesse essere felice nella vita che ha scelto.
-Ha un cuore buono dopotutto – le disse Noche stringendole la spalla.
-E’ stato così difficile mentire – dichiarò lei.
-Parlate di Kyron signorina?
-No.
-Ah – sorrise dolcemente l’uomo stringendola più forte – Allora volete dire che in realtà volevate convincerlo a restare – le annuì e nascose la faccia tra le mani – Sapete, ho sentito molte storie dagli abitanti sul villaggio sul conto di Zayn. So che non ha passato un’infanzia facile – la ragazza incuriosita alzò lo sguardò.
-Perché?
-Beh, dovete sapere che quando suo padre lasciò il villaggio per arruolarsi in una ciurma di pirati lui era davvero molto piccolo. Avrà avuto circa sei anni. E nello stesso periodo … sua madre si spense.
12 ANNI FA
Un bambino stava correndo per le strade. Le guance vispe, il sorriso sul volto e gli occhi pieni di lacrime. Gridava: - PRESTO! STANNO ARRIVANDO I PIRATI! STANNO ARRIVANDO I PIRATI! – si diresse verso una casa fuori dal villaggio e la spalancò con forza precipitandosi dentro: - Mamma! – chiamò – E’ arrivata la nave di papà! Papà è qui! È tornato! L’ho visto!
Un signore in camice bianco, seduto vicino ad un letto lo zittì: - Piano Zayn. Non devi alzare così tanto la voce.
Dal letto provenne un gemito. Una donna pallida dai capelli scuri e con una pezza bagnata sulla fronte, si mise lentamente a sedere perdendo molto sudore. Il bambino gli si avvicinò: - Mamma, papà è venuto a prenderci!
-Zayn … tesoro - ansimò lei dolcemente accarezzandogli il viso – non dire bugie a mamma. Sai che papà non tornerà.
-Sì che tornerà – singhiozzò lui con un mezzo sorriso – e quando guarirai … ci porterà in giro per i mari … lo ha promesso …
-Mi dispiace – insistette lei sorridendo – ma non tornerà … Ma lo sai: sono ancora orgogliosa di avere sposato un uomo come lui.
-Sai mamma … - disse il piccolo Zayn – Ho sentito di una medicina leggendaria che guarisce ogni male.
-Oh, piccolo mio … tu … sogni troppo.
-A me piace sognare – ora il bambino non sorrideva più – perché sono figlio di un pirata … io voglio che tu guarisca mamma.
-Ti voglio bene figliuolo. Diventa coraggioso come tuo padre – dopo aver detto queste parole gli occhi della donna si chiusero lentamente bagnati dalle lacrime di suo figlio.


Noche finì di raccontare l’infanzia del ragazzo: - Non so perché lo facesse. Fosse perché si sentiva solo. Ma da quel giorno in mese in mese, in anno in anno, andò in giro a dare il falso allarme dell’arrivo dei pirati. Anche se sapeva che stava mentendo. Chissà, forse un giorno sperava che le sue parole diventassero reali. Ha sempre immaginato che la nave di suo padre approdasse sulla costa. E che lo portasse con lui in giro per il mondo – guardò Perrie. La ragazza aveva smesso di piangere. Stava osservando la schiuma che la Up All Night aveva lasciato dietro di sé. La nave ormai era scomparsa – Gli abitanti del villaggio pensano che trovi felicità e speranza nelle bugie – continuò l’uomo – Lui che ha perso entrambi i genitori non poteva restarsene tranquillo mentre voi versavate lacrime per la stessa ragione – prese la mano della ragazza –D’ora in poi dovete diventare più forte signorina. Per ripagare quello che lui vi ha fatto in questi anni.
-Sì – decise Perrie aprendosi in un bellissimo sorriso –Mi hanno detto che loro non combattono per morire ma per vivere. Zayn mi ha sempre incoraggiata a vivere. Mi ha donato una vigoria e una forza di volontà infinita. Grazie a lui ora so di poter contare sulle mie forze. Inseguirò i miei obbiettivi e m’impegnerò fino al giorno del suo ritorno.
-Ben detto signorina -Noche si sentì soddisfatto di averla finalmente fatta sorridere.

-ALLA NOSTRA NUOVA NAVE! – urlò Harry sollevando la brocca– E AL NOSTRO NUOVO AMICO! – i suoi tre amici ripeterono le sue stesse parole e poi brindarono con dell’ottimo champagne.
Harry era entusiasta. Finalmente aveva trovato una nave. Una vera nave. Dove la sua avventura nel grande blu poteva avere inizio. E condivideva tutta questa gioia insieme ai suoi amici. Che ora erano in tre.

-Okay, siete pronti? – chiese Thad. Aveva spiegato attentamente il suo piano ai suoi amici e loro lo avevano ascoltato un po’ stupiti.
-Sei sicuro di volerlo fare?- chiese Timothy ancora incerto.
-Sì! – esclamò l’amico – E’ compito nostro portare lo spirito di Zayn nel villaggio ora che se n’è andato.
-Va bene – si arresero gli altri due – Uno … due … tre  … - inspirarono profondamente e presero a correre per le strade del villaggio: - PRESTO PRESTO CORRETE! STANNO ARRIVANDO I PIRATI! I PIRATI! DOBBIAMO SCAPPARE! I PIRATI ATTACCHERANNO IL VILLAGGIO! STANNO ARRIVANDO I PIRATI! I PIRATI! – non riuscivano a evitare di sorridere mentre trasmettevano le menzogne del loro amico nell’isola di Shirop. In questo modo nessuno lo avrebbe mai dimenticato. 

TO BE CONTINUED



NOTA AUTRICE

Beh, sono già a buon punto della storia non trovate? Mi do da fare dalla mattina alla sera per scrivere questi capitoli e penso stiano venendo abbastanza bene (credo)
Ad ogni modo cosa ne pensate della mia idea? Vi piace? Credete sia stupida?
Lo so che scrivere One Piece significa scrivere 670 capitoli che ancora non sono finiti, inclusi gli special e i film (in più l'autore ha ammesso che continuerà per altri dieci anni!!!!) Beh ... perché no? Io amo scrivere e scrivere la mia serie preferita con i miei cantanti preferiti mi diverte veramente. Per questo compirò questa impresa e scriverò quanto posso! Spero mi seguiate. Se volete aiutare la storia a diffondersi spargete la voce. Sarebbe bello che altre persone la venissero a leggere. Ci tengo alle loro opinioni e soprattutto alle vostre. Mi riferisco a coloro che mi hanno già recensito e vi ringrazio infinitiamente. Spero di ricevere altri vostri commenti. Intanto mi metto subito all'opera e scriverò l'altro capitolo che uscirà tra due o tre giorni circa ;) ;) ;) 
PS (Vi è piaciuta la mia idea di chiamare la nave come il primo album dei 1D? Credo sia appropriato per la Going Merry! )
UN BACIO

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Capitolo 18
*** Film - Per Tutto L'oro del Mondo! ***



Un tempo, nel Grande Blu, viveva un pirata conosciuto da tutti come il corsaro dell’oro. Il suo nome era Woodrow. Si dice che in centinaia di battaglie, egli abbia accumulato la più grande quantità d’oro mai conquistata che brillava sul ponte del suo galeone, illuminando la strada nelle notti oscure e tempestose.
Sono ormai parecchi anni che l’esistenza di Woodrow si è sbiadita. Si dice che abbia nascosto il suo tesoro su un’isola misteriosa e che sia poi andato a morire. La sua voce è udibile anche adesso. Molti pirati negli ultimi anni sono partiti alla ricerca del favoloso bottino del pirata leggendario, ma nessuno è ancora riuscito a metterci le mani sopra.
Per raggiungere l’isola sperduta, infatti, occorre una mappa che sembra essere disegnata da Woodrow stesso. Chi riuscirà a entrarne in possesso, potrà localizzare l’isola leggendaria dove sono nascoste immense quantità di oro.


Una piccola bagnarola galleggiava nel mare notturno in tempesta. La pioggia aveva smesso di cadere e la persona a bordo di quel ridicolo mezzo di trasporto poté togliere il cappuccio che lo copriva rivelando così il volto di un ragazzino. Andava alla deriva senza conoscere la destinazione. Ripensava continuamente alla leggenda del pirata dell’oro ricordandosi a memoria le parole incise sul suo libro di miti.
Si alzò una fitta nebbia che gli offuscò la vista. Socchiuse gli occhi cercando di intravedere le onde, ma invece scorse qualcos’altro. La grossa sagoma di una nave dalla quale non proveniva nessun genere di suono. Involontariamente la cassa dove stava viaggiando, si accostò all’ancora sprofondata negli abissi e non si mosse. Forse era un segno. Doveva salire a bordo e chiedere aiuto.
Il ragazzino si strinse nel mantello e prese la salita su per la grossa catena dell’ancora. Era scivolosa e si ritrovò a stringere con le dita cozze e ricci di mare attaccatasi durante le soste. Ma non fu questo a fermarlo. Nonostante la giovane età si sentiva coraggiosamente valoroso. Mise un piede dopo l’altro pensando di trovarsi su una scala e dopo una mezz’ora circa passata tra piccoli scivoli e tante sudate, si aggrappò alla ringhiera del ponte di comando. Quando poggiò il sedere sul legno si sdraiò desideroso di dormire per più di un’ora. Ma una risata agghiacciante lo fece sobbalzare. Gattonò seguendo la luce di un lampo e rimase nascosto dietro un barile vuoto. Ciò che i suoi occhi videro lo lasciarono paralizzato. Il ponte era completamente sparso di cadaveri d’uomini insanguinati e sgozzati. Solo uno di loro era in piedi. Lui rideva. Era la figura di un uomo alto e massiccio, che si chinò su uno dei corpi senza vita e prese dal suo pugno chiuso e rosso un rotolo di pergamena. Lo strinse e rise ancora gelando il sangue nelle vene del ragazzino.
-Finalmente – lo sentì dire – ce l’ho fatta – srotolò il foglio che teneva – La mappa di Woodrow – lo sollevò – E’ MIA! – e riprese a ridere ancora più forte.
Il ragazzino non seppe perché lo fece ma si lanciò dalla ringhiera da dove era venuto finendo nelle acque gelide della burrasca. 


A bordo della Up All Night, Harry con i suoi compagni, guardava tranquillo l’orizzonte del mar tranquillo su cui navigavano pensando solo alle tante esperienze che avrebbe presto vissuto.
Louis, come di solito si era appisolato sul ponte a prendere il sole, Zayn controllava dalla cima di vedetta l’avvistamento di un’isola e Vivy era sottocoperta a leggere.
La nave era davvero bellissima. Oltre a un piccolo ma accogliente bagno, una dispensa, una cucina e due camere da letto, c’era una grande libreria dov’erano riposti da chissà quanto tempo libri sulla navigazione e sulle leggende.
Si erano divisi le stanze per la notte:
Vivy, dormiva nella camera più grande che occupava un caminetto, un letto, la libreria, una scrivania e un telescopio trovato in una botola. Lo studio perfetto per lei.
Gli amici invece dormivano su delle comode amache appese nella camera che erano costretti a condividere. Ma non era un problema visto che nessuno dei tre evitava di russare la notte.
A parte questo, il timone della caravella si trovava sul ponte. C’era voluto un po’ di tempo per saperlo maneggiare come si deve ma alla fine ci riuscirono con un po’ di logica.
Erano passati cinque giorni da quando avevano lasciato l’isola di Shirop. Le provviste ormai erano quasi giunte al termine. Era parecchio complicato pescare visto che non possedevano delle vere e proprie esche ma semplicemente dei pezzi d’alghe che si erano saldate alla nave durante le maree. E in più non avvistavano nessuna isola per rifornirsi. Non erano molto abili ai fornelli ma un pesce fritto o un piatto di pasta riuscivano sempre a farlo anche se molto spesso crudo e freddo.
Vivy chiuse incantata l’ultimo volume che si era divorata in poche ore. Sospirò perdendosi nei suoi pensieri espressi a voce alta: - L’isola misteriosa. Il luogo dove Woodrow ha nascosto il suo leggendario bottino – prese dalla tasca una bussola che aveva trovato nel cassetto e uscì sul ponte per controllare meglio la rotta “Se le informazioni che ho raccolto sono vere … l’isola dovrebbe trovarsi in questo tratto di mare” pensò stavolta nella mente “Accidenti, se avessimo la mappa sarebbe più semplice”
Era così assorta nelle proprie riflessioni che non si accorse che Harry le era piombato accanto facendola sobbalzare e urlando: - Allora, quando si mangia?
-Deficiente! – gridò con una mano al cuore. Lo spinse di lato – Mi hai fatto venire un infarto!
-Vedi che ho fame! – le ripeté l’amico.
-Non dipende da me. Ha abboccato qualcosa?
-No. Purtroppo oggi nessun pesce. Ma in dispensa c’è ancora qualcosa vero?
-Solo una brocca d’acqua e le lische delle sogliole di ieri sera.
-Cosa? – esclamò Zayn scendendo a poppa – Vuoi dire … che siamo a corto di cibo?
-Sembra proprio di sì – confermò la ragazza.
-Oh, mamma! – si afflissero i due – Allora moriremo!
Louis si svegliò. Aveva sentito quanto bastava: - Abbiamo ancora sullo stomaco la cena di ieri sera. Ma se non ci basta fino alla prossima isola sarà la fine.
-Vivy, fa qualcosa! – la pregò Harry in ginocchio.
Lei si scostò e disse indignata: - Ascoltate, io non ho nessuna colpa! Avevamo provveduto di scorte a sufficienza per un mese di viaggio. Ma se tu ti sei sgolato tutto in tre giorni, che cappero vuoi?
-A dire il vero … - la corresse l’amico – Sono due giorni.
-Idiota! – la ragazza gli diede una piccola botta – Invece di startene qui a vantarti di queste sciocchezze, pesca! Spara a un gabbiano! Rimedia!
Voltò i tacchi e ripercorse il ponte diretta di nuovo alla sua stanza. Ma delle presenze sconosciute le si manifestarono davanti e trasalì. Tre uomini, tutti con baffi ispidi, la guardavano di sottecchi mentre uscivano dalla cantina con dei sacchi sulle spalle.
-Ciao bellezza – la salutarono – Tutto bene?
-Chi siete? – strillò lei stringendo i pugni – Dove volete andare coi miei tesori?
-Spiacente, ma da questo momento non sono più tuoi – ghignarono maligni. Fecero alla ragazza una faccia smanierata e poi balzarono su uno scafo accostato alla nave.
Lei corse subito dagli altri: - Svelti ragazzi, ci sono dei ladri!
-Ladri? – chiese Harry – Intendi persone malvagie?
-Non saprei – gli rispose Zayn facendo spallucce – D’altronde anche noi siamo ladri.
-Già, siamo malvagi anche noi – rise Louis ghignando.
-Sbrigatevi! – gridò Vivy – Stanno scappando!
I tre ragazzi si sporsero per osservare meglio la situazione. Gli uomini stavano ordinando a qualcuno dentro una cabina di far partire la loro bagnarola.
-Ei voi! – strillò il ragazzo di gomma – Fermi! – uno degli uomini gli sparò. Il proiettile colpì il ragazzo sulla fronte. Lui cadde all’indietro. Nessuno però urlò. Infatti si rimise in piedi pochi secondi dopo. La pallottola girava su se stessa al suo fianco.
Harry si strofinò la fronte. Era vero che le pistole non potevano ucciderlo però gli provocavano un prurito tremendo: - Avevi ragione, Vivy – ringhiò a denti stretti – Sono dei bastardi! – quando lo videro ancora in piedi gli uomini sbiancarono.
-Ma … - balbettò quello con l’arma in mano – L’avevo centrato in pieno! – vedendo che il giovane si stava lanciando sullo scafo provò a spararlo ancora. Vide i proiettili colpirlo, ma neanche una goccia di sangue.
-Ahi! – si lamentò Harry grattandosi un po’ ovunque una volta arrivato a bordo – Maledetti, questa me la pagate! – mise le dita sul petto – GOM GOM PISTOL! – il suo pugnò partì e centrò il piccolo albero maestro dello scafo. Questo venne distrutto e crollò addosso agli uomini.
In quel momento, alle sue spalle, dalla cabina di controllo, uscì un bambino. Aveva assistito a tutta la scena e ora se ne restava lì impalato e tremante.
-Oh? – disse Harry quando lo notò – E tu da dove salti fuori?
-Quel ragazzo è di gomma – capirono i tre uomini ricomparendo nuovamente.
-Deve essere stato colpito da una delle Folgori del Diavolo! – intuì il primo – Come è successo a Golide!
-Golide? – chiese il ragazzo – E chi sarebbe?
In quel momento tutti gli occhi furono puntati su una nave in avvicinamento. Sul pennone erano scolpite uova di oro intenso e il legno era stato verniciato di giallo. Il vessillo raffigurava un teschio dai denti dorati.
-Oh, no! – strepitarono i tre uomini – E’ Golide! Sta per scatenare il suo intenso potere! Scappiamo! – detto questo afferrarono i sacchi con dentro i tesori e si buttarono in mare.
-FERMI DOVE SIETE! – Vivy provò a tuffarsi e a inseguirli ma Zayn la trattenne.
-Aspetta, quel tizio sulla nave non mi piace affatto – indicò l’uomo che stava sulla prua. Non riuscirono a studiarne le caratteristiche attentamente però erano sicuri che stesse alzando le braccia.
Il bambino sbraitò e prese a indietreggiare. Harry non capì il perché.
L’uomo si accese, come una torcia. Un intenso fuoco giallognolo lo ricoprì interamente e una forte scarica di energia gli uscì dalla bocca. Non si seppe esattamente cosa accadde. Ma improvvisamente onde anomale si abbatterono sulla Up All Night, incrinandola. E altre cinque afferrarono nella loro morsa i ragazzi disperdendoli in parti opposte.

Qualche minuto dopo, dall’increspatura delle onde del mare tornato più calmo di prima, sbucarono le teste di Harry e Louis. Il ragazzo di gomma si reggeva con una mano all’amico per non sprofondare, visto che a causa dei suoi poteri elastici aveva perso la capacità di nuotare e con l’altra si teneva sulla spalla il bambino che durante le ondate aveva perso i sensi.
Lo spadaccino agguantò un ripiano di legno che apparteneva un tempo al piccolo scafo, andato distrutto e ci salì aiutando poi l’amico.
-Ma che razza di magia era quella? – chiese Harry svuotando il suo cappello dall’acqua.
Piano, piano anche il bambino tossì e socchiuse lentamente gli occhi: - Lui chi è? – domandò Louis.
-Non lo so. Era sullo scafo di quei tre.
-Allora deve essere un loro complice!
-No – negò il ragazzino dopo che si fu ripreso del tutto ed ebbe analizzato la situazione – Io non sto dalla parte di quegli uomini.
-Chi sei allora?
-Mi chiamo Tobias e sono un pirata – i due ragazzi soffocarono una risata – Guardate che è la verità! Mi imbarcai tempo fa per andare alla ricerca della leggendaria isola dell’oro. Però il pirata di prima, il perfido capitano Golide, mi ha catturato e obbligato a lavorare per lui. Per fortuna adesso sono libero. Essere stato suo prigioniero mi ha permesso di spiare le sue mosse e … - si rese conto che i due ragazzi non lo stavano ascoltando.
-Sto morendo di fame – diceva Harry – Ora che ho ingoiato solo acqua di mare, più di prima.
-A chi lo dici. Sto per svenire – concordò il suo amico.
Ad un certo punto i loro nasi captarono qualcosa, un aroma fritto … di pollo … di tajadas … di pollo e tajadas!
-Oh mamma! – sostenne Louis inspirando profondamente.
-Da dove viene questo profumino invitante? – Harry si guardò a destra e a sinistra in modo tempestivo. Il collo gli dolorò.
-Guarda! – l’amico lo scosse indicandogli un punto a distanza. La sagoma di qualcosa che galleggiava. Da lì sembrava provenire l’odore.
I due ragazzi si ghignarono a vicenda e fecero da remo al pezzo di reliquia con le braccia in modo quasi demoniaco. Tobias si dovette aggrappare saldamente per non finire in mare.
Più si avvicinavano, più si accorsero che quella non era una barca con passeggieri. Era solo una grane zattera che trasportava una baracca dal tetto verde e con il logo luminoso: RESTORAN.
-Evviva, è un ristorante! – gioirono Louis e Harry prima di buttarsi a bordo della zattera e spalancare la porta della baracca. Al suo interno trovarono un uomo barbuto intento a mescolare un brodo dentro un pentolone dall’altro capo di un bancone che gli divideva.
Anche Tobias entrò. Appena lo vide, l’uomo sgranò gli occhi: - Oh, eccoti finalmente – disse soltanto dedicandogli non molta attenzione.
-Ciao nonno Baldas – arrossì il ragazzino sedendosi sul bancone.
-Sei scappato di casa per l’ennesima volta. Ma di solito ritorni dopo due giorni, mentre stavolta ne sono passati tre – disse l’uomo – Hai superato il record ragazzo mio.
-Non è dipeso da me – ribatté Tobias – Mi hanno catturato e …
-Ei – strepitò Harry battendo il pugno ripetutamente – Potete rimandare a dopo le chiacchiere? Noi abbiamo fame!
Baldas si voltò verso i due clienti: - Chi sono questi Tobias, tuoi amici?
Il bambino annuì a stento: - Li conosco abbastanza da sapere che stanno morendo di fame.
L’uomo allora si raddrizzò con la schiena e si rivolse ai due come fa un gentiluomo con degli ospiti: - Dite cari signori … cosa volete mangiare?
E così Louis e Harry s’ingozzarono di qualsiasi cosa che leggevano o scorgevano sul menù. Era tutto squisito. Ormai non avevano più la bocca vuota da dieci minuti.
-Uo onno è ecceioae! – commentò Harry con la bocca piena di varie spezie.
-Mio nonno sarà anche un cuoco eccellente – rispose Tobias. Non sorrideva – Però è un testardo. Ha sprecato la sua vita per dedicarsi soltanto alla preparazione dello spezzatino di soia, la sua specialità, e se ne resta qui tutto il giorno ad attendere clienti che non arrivano mai. Non è la vita che fa per me. Io voglio diventare come il grande Woodrow.
Louis alzò lo sguardo dal suo piatto di salsicce: - Woodrow? Il pirata dell’oro? – quando lo riabbassò fece spuntare gli occhi fuori dalle orbite. Il suo piatto era pulito: - Ma cosa …? – non ci fu bisogno di tempo per comprendere. Harry si era fatto fuori tutto: - Ma sei uno stronzo! – frignò saltandogli addosso – Ti meriti una bella lezione!
-Calmati! – disse Baldas riempiendoglielo di nuovo con wurstel – Tutti tuoi! – Louis lasciò andare l’amico e si concentrò sulla sua porzione.
Harry si rialzò sporco di polvere. Sapeva che quando i suoi amici minacciavano di picchiarlo lo facevano con spirito giocoso. Anche se spesso Vivy non scherzava.
-Chi sarebbe questo Woodrow? – domandò a Tobias.
-E’ … un grande predatore – gli narrò il bambino – Sconfisse centinaia di predoni e s’impossessò dei loro tesori fino ad accumularne un’immensa montagna. Ha ucciso i pirati più disonesti mantenendo così alto il nome della pirateria. È entrato nella leggenda ed è il mio più grande ideale.
-Peccato che sia morto anni fa – gli fece notare Louis.
-No! – esclamò Tobias sicuro di sé – Sono certo che è ancora vivo e si trova sull’isola dove ha nascosto il suo leggendario bottino. È lì che stanno mirando Golide e il suo equipaggio. Vogliono raggiungere l’isola e rubare tutto quell’oro. Ma anche io ho un obbiettivo: raggiungere l’isola prima di loro, incontrare Woodrow e mettermi al suo servizio!
Harry si grattò il mento: - Ei Louis?
-Dimmi.
-Ho deciso: voglio incontrare questo pirata dorato.
-Cosa? Perché?
-Se è coraggioso e simpatico non lo vorresti con noi nella ciurma?
-Come? Vorresti che facesse parte dei nostri?
-Esattamente.
-Ei tu! – strepitò Tobias capricciosamente – Chi ti credi di essere? Perché un grande capitano come Woodrow dovrebbe entrare nella ciurma di semplici persone come voi e mettersi alla guida di un ragazzo come te?
-Semplice – confessò Harry – Perché questo ragazzo – si indicò da solo – è colui che presto diventerà il Re dei Pirati!
-Che cosa? – sussultarono nonno e nipote.
-Già – disse il ragazzo di gomma sorridendo – Infatti io e i miei amici siamo diretti verso il Grande Blu e una volta lì cercheremo e troveremo One Piece! Il più grande tesoro del mondo!
-Ma che sciocchezze dici? E’ facile per te burlarti di un ragazzino come me, vero?
-Senti marmocchio – lo squadrò Louis con sguardo penetrante – So che può sembrare assurdo, ma vedi che Harry non scherza. Fa sul serio.
-Esatto – ripeté l’amico alzandosi– Allora Louis, sei d’accordo? Andiamo alla ricerca di questo Woodrow?
-Con piacere – sorrise lo spadaccino – ma prima dobbiamo trovare Zayn, Vivy e la nave.
-Già. Spero stiano bene – i due si allontanarono con passo deciso.
-Un momento! – li richiamò Baldas – Fermi dove siete. Vi state scordando un dettaglio.
-Cioè? – chiesero voltandosi.
-Il conto – questa risposta li paralizzò. L’uomo picchiettò a raffica su una calcolatrice e sussurrava i piatti che i due avevano divorato – In tutto … - disse infine – fanno dieci danari.
Louis spalancò gli occhi: - Cosa? Dieci danari? Ma … è pochissimo! Un’inezia – gioì per pochi istanti – Peccato però … che al momento non abbiamo soldi.
Baldas s’irrigidì: - Cosa hai detto?
-No, no! Voglio dire … i soldi li abbiamo … ma sono sulla nostra nave … che non sappiamo dove sia.
-Io ho solo questa in tasca – disse Harry tirando fuori una piccola roccia levigata – Ti va bene? Potresti usarla come coltello – provò a barattare quel futile scambio. Vedendo che non cedeva allora promise: - Guarda, il tempo di trovare la nostra nave e ti porteremo più del prezzo richiesto – afferrò il braccio dell’amico – Ma ora dobbiamo proprio andare.
Il vecchio strinse i pugni e mostrò il suo lato da gorilla. Afferrò le spalle dei due ragazzi con tale foga da fare loro molto male: - Voi non andate da nessuna parte!

Nel frattempo, non a molti kilometri di distanza, il Capitano della nave dal pennone dorato, seduto sul ponte di comando sopra un trono laccato altrettanto d’oro si stava subendo una piccola predica da parte dei suoi uomini.
-Ci scusi capitano – dissero i tre tizi che erano a bordo della Up All night, completamente fradici – Non stiamo dicendo che lei abbia sbagliato … ma ha rischiato di colpire anche noi col suo micidiale Attacco dell’Inflessione Tsunami
-Eravate sulla mia traiettoria – borbottò Golide praticamente disinteressato – Non è colpa mia se vi trovavate nel luogo sbagliato al momento sbagliato.
-Lei ha ragione … però …
-Basta adesso! – urlò l’uomo dando un pugno sul bracciolo del trono che fece immediatamente zittire i pirati – Piuttosto – cambiò discorso prendendo e srotolando una pergamena giallognola – Non avete avvistato niente? Ormai dovremo essere vicini.
-Niente, signore – affermò il primo uomo – Ma l’incursione su quella nave di ragazzini ha avuto successo! Siamo riusciti a ottenere un bel bottino.
-Per ora non m’interessa – sbottò Golide – L’isola di Woodrow non deve essere ancora tanto lontana e quando la raggiungeremo, tutto l’oro del mondo sarà mio!
-Sissignore – concordarono i tre uomini inginocchiandosi – Solo suo.
Nessuno si accorse di una presenza straniera che se ne restava appesa ad una delle cime esposte fuori dalla nave e origliava ogni cosa tenendosi aggrappata.
“Ah, ecco quali erano le sue intenzioni” pensò Vivy nella sua mente “L’isola dell’oro!” il suo sguardo si posò sulla pergamena che Golide stringeva ghignante “Che quella sia …?”
-Eccola! – quell’urlo le fece mollare per un attimo la presa e strisciò in mare fino ai talloni. Riafferrò in tempo la corda prima di affondare. L’esclamazione sentita non era riferita a lei. Un uomo dalla cima di vedetta stava indicando un punto all’orizzonte, dando l’allarme: - La vedo! – confermò – Sì è lei! L’isola leggendaria dell’oro è davanti a noi!
Golide lanciò un grido e una risata gioiosa e allo stesso tempo maligna: - Finalmente l’abbiamo trovata!
Anche Vivy la scorse e non gli poté non scappare un sorriso.
Si trattava di un’isola molto verdeggiante: a capo di tutto c’era la vetta di una montagna che poteva benissimo essere un vulcano, la densità delle nuvole assai abbassate sulle fonde dei bonsai che ricoprivano metà dell’isola. Il clima tropicale trasportava una brezza fredda in una giornata assai calda. Sulla spiaggia dalle dune di granuli di sabbia gessosa, la marea trasportava piccole onde che si fermavano a metà della battigia. Fu lì che approdarono.
La ragazza attese che gli undici pirati formanti la ciurma della nave dorata scesero a terra e poi, afferrando un binocolo trovato per caso osservò meglio la situazione. Li vide perlustrare la spiaggia da cima a fondo. Golide non spostava gli occhi dalla mappa, né la lasciava anche per mezzo secondo. Sarebbe stato molto difficile per Vivy sottrargliela.
Ad un certo punto vide un’altra nave incastrata tra due grosse rocce scoscese, abbastanza vicine. La riconobbe subito, era la Up All Night! Cercò di scrutarla al meglio possibile per vedere se i suoi compagni erano a bordo ma la trovò deserta. Era andata alla deriva da sola.
-CAPITANO! – sentì all’improvviso ritornando a spiare i pirati – Guardate un po’ qua!
Vivy girò meglio l’occhiello dei binocolo per mettere meglio a fuoco la situazione. Rabbrividì.
Vide i tre uomini di prima che avanzavano verso Golide spingendo in avanti un ragazzo alla quale tenevano tre pistole premute sulla schiena. Lo riconobbe: era Zayn!
-Lo abbiamo trovato svenuto sulla riva – spiegarono i tre, portando il ragazzo al cospetto del loro capo – Ma non sembra sia stato a lungo in stato di incoscienza!
-Chi sei? – gli domandò Golide incrociando le braccia e guardandolo di sottecchi – Parla!
Zayn, d’impulso ricorse alla sua arma migliore; la bugia: - Che domande fai? Non dirmi che non hai mai sentito parlare dell’intrepido e coraggioso Pirata Zayn!
-Sicuramente è un pirata che come tanti è venuto qui per il tesoro di Woodrow – ipotizzò uno dei pirati ignorando la sua presentazione.
“Tesoro?”  si chiese lui sottovoce “ Ma di che parlano? E poi chi sono?”
Golide lo studiò a lungo, poi frugò in tasca e ne estrasse tre dobloni d’oro che mise nelle mani del più grosso dei suoi scagnozzi: un tipo grosso, scuro, con i capelli neri a treccia e le piume messe in stile indiano. Teneva stretto uno spadone di lama violacea: - Uccidilo – gli ordinò il capitano.
Zayn indietreggiò: - No! Un momento! Non facciamo scherzi … se morirò voi non saprete mai il punto esatto in cui è nascosto il tesoro! – non gli veniva in mente altro.
Golide aggrottò la fronte: - Che vuoi dire? Vorresti farci credere che tu per caso sai dove si trova?
Il ragazzo deglutì. Ormai il fuoco della padella era acceso: - Certo che lo so! – sorrise – Sono un cacciatore di tesori molto esperto, sapete? Non ho mai sbagliato un colpo! Se decido si scavare in un punto, state sicuri che da lì sono sempre usciti diamanti e gioielli.
-Diamanti e gioielli? Solo quello? – l’uomo non sembrava sorpreso, né soddisfatto.
-No certo che no! Anche altre cose, come argento, zaffiri, lapislazzuli …
-Uccidilo – disse di nuovo Golide al tizio di prima.
-Un attimo! Non farlo!
-Non m’interessano le pietre preziose – il capitano sorrise mostrando tre dei suoi denti che erano laccati di un colore acceso – Io voglio solo oro!
-Oh … giusto … l’oro! Sai conosco un posto dove ne troverai immense quantità!
Golide si leccò le labbra e si strofinò sulla faccia una delle sue collane dorate come se fosse un gatto col padrone: - Sì, l’oro! L’oro! – sospirò.
Zayn capì che era un po’ suonato. Vide il pirata indiano minacciarlo con la spada: - Dov’è allora?
-Ecco … - balbettò il ragazzo dal ciuffo ora sull’orlo del precipizio – Vi ci porterei volentieri … ma non sarà semplice senza una mappa!
-Eccola! – gli porsero una strana pergamena e lui sbuffò frastornato.
-Bravi. Ce l’avete – cominciò a studiarla attentamente. Sussultò quando scoprì che erano alla ricerca del leggendario tesoro del mitico Capitano Woodrow. Il pezzo di carta dava come informazioni solo una scritta antica scritta a inchiostro:
Se volete scovare le ricchezze di Woodrow, avanzate verso Sud, dove troverete una Grande Balena con la coda puntata verso ###
Alla fine della scritta il testo diventava illeggibile come se gocce d’acqua ci fossero finite sopra.
-Tu ci capisci qualcosa in questo punto? – gli chiesero i pirati.
Zayn rispose stavolta più sicuro: - Est.
-Cosa?
-Verso Est – vedendo i loro volti assai confusi capì di trovarsi nelle grinfie di un gruppo di rimbambiti – Andiamo, è semplice! Se una balena si gira verso Ovest, la coda di riflesso si sposta verso Est. Deve essere lì che si trova il tesoro.
-Sei sicuro? – disse Golide ancora sospettoso.
-Sicurissimo!
-Bene – sogghignò – Incamminiamoci allora.
Zayn sentì improvvisamente i polsi bloccati dietro la schiena e poi uniti da un laccio tagliente: - Un attimo, devo venire anche io?
-Vorrei ben vedere! – rispose il capitano spingendolo in avanti – Non fare scherzi o sei morto! – e così si addentrarono nella foresta sparendo dalla visuale di Vivy.
-Perché si deve sempre cacciare nei guai? – disse sospirando rassegnata.
-ORA BASTA! – quella voce non le era nuova. Proveniva da una zattera ormeggiata dall’altro lato che sembrava arrivata proprio in quel momento. A bordo c’erano: un ragazzino imbronciato, un uomo irritato e due ragazzi incatenati schiena contro schiena. Uno aveva un cappello in feltro.
-Porca Miseria! – inveì la ragazza indignata – Anche loro! – non ci fece molto caso. Sapeva che i suoi amici erano dei rincretiniti però erano assai in gamba – Si arrangeranno da soli – si disse fiduciosa mentre saltava giù dalla nave atterrando sulla spiaggia.

-SLEGACI SUBITO! – sbraitò Louis dimenandosi nelle catene – Non puoi trattarci in questo modo!
-Ti abbiamo detto che ti avremo pagato, che cos’altro vuoi? – gridò Harry – Che ci sdebitiamo lavorando? Vuoi una mano in cucina?
-No – Baldas scosse la testa – Quelle sono punizioni adatte a mio nipote – indicò Tobias che era sceso sul bagnasciuga per lavare i piatti – Due scrocconi come voi meritano di peggio.
-NON CHIAMARCI SCROCCONI! – urlarono i due.
-Dovete pagarmi!
Louis alzò a malapena la testa e rivolse uno sguardo all’isola. Ghignò: - Ma certo. Ora capisco perché ci hai portato qui. Stai cercando la fortuna di Woodrow e visto che gli esperti di tesori qui siamo noi due, vuoi obbligarci a cercarlo al posto tuo!
Baldas deglutì. Che intuito: - Chiudi quella boccaccia!
Un’improvvisa folata di vento strappò il cappello in feltro dalla testa di Harry e finì nelle mani del ragazzino che lo prese al volo: - Per favore, Tobias, ridammelo! – gli chiese tranquillizzato dal fatto di non averlo perso – E’ molto importante per me!
-Tu finisci di lavare quelle stoviglie! – gli ordinò il nonno – Non battere la fiacca sprecando il tempo in giochetti del genere o non prenderai mai il mio posto!
-Io non prenderò mai il tuo posto! – strillò Tobias – Non ho intenzione di passare il resto della mia vita a fare lo spezzatino!
-Non rispondermi con quel tono, Tobias! Tu fai quello che ti dico io! PUNTO!
-NO! – gridò il bambino – Te lo scordi! Tu sai solo parlare di spezzatini! Sono le uniche cose che contano per te! Anche più di me! – diede un calcio alla pila di piatti frantumandoli –Io mi sono stancato! Vado a cercare Woodrow e stavolta NON TORNO! – detto questo voltò i tacchi e si addentrò nella foresta.
-Ei fermo! – lo richiamò Harry – Il mio cappello! – si mise faticosamente in piedi e con un salto scese dalla zattera e prese a inseguirlo ancora legato e con l’amico traballante sulla schiena che prendeva varie botte in faccia dalle catene – Ciao nonnetto - si fermò a salutare – Un giorno torneremo a pagarti – e riprese a correre nella vegetazione – Tobias! – sparirono anche loro – Fermo!
Rimasto solo, Baldas sospirò rimanendo a guardare il punto esatto dov’erano fuggiti. Con la faccia rammaricata guardò i piatti tutti spaccati: - Ritorna – si augurò.

-E questa sarebbe la balena? – esclamò Zayn a bocca spalancata. Dopo aver camminato per circa mezz’ora in compagnia dei pirati, si erano ritrovati di fronte la grossa statua di pietra del mammifero che stavano cercando. Una statua.
-Eccola qui! L’abbiamo trovata – disse Golide.
-Se la balena è puntata verso ovest – ricordò il ragazzo – La coda punta verso Est. Quindi il tesoro deve essere … - calcolò la distanza dove mirava la coda e vide spuntare in mezzo agli alberi di una sporgenza lontana le cime di uno strano tempio abbandonato – laggiù.
-Muoviamoci allora.

-TOBIAS! – all’ennesimo richiamo il bambino si fermò e lasciò che i due amici incatenati lo raggiungessero -  Ti dispiacerebbe ridarmi il cappello adesso? – ansimò Harry esausto dalla corsa.
-Sì certo. Tieni – rispose lui rimettendoglielo in testa.
-Grazie. Ora però dobbiamo trovare un modo per liberarci. Giusto Louis? – non ottenne risposta – Louis? – si accorse che l’amico teneva gli occhi chiusi – Non ci posso credere, ti sei addormentato? – a dire il vero non era proprio addormentato. Solo intontito da tutte le botte che la catena gli aveva inflitto.
Tobias abbassò lo sguardo stringendosi le braccia: - Dimmi la verità, Harry.
-Che cosa?
-Per poter diventare un grande pirata … bisogna essere grandi e forti, vero? – chiese titubante.
-Decisamente è così.
-Allora è solo fatica sprecata la mia! Woodrow non mi vorrà mai perché sono piccolo e debole.
-Beh, cresci allora.
-Uh?
-Non sei il solo ad avere un sogno. Anche io ho un obbiettivo da raggiungere. E per farlo devo continuare a guardare avanti e procedere sempre diritto!
-La fai troppo facile.
-Beh, ti saluto. Io devo andare a cercare i miei amici e trovare un modo per spezzare queste catene. A proposito … - chiese guardando gli alberi che li circondavano – Come si fa a tornare indietro?

Zayn non era certo in una situazione migliore. Si stavano ora dirigendo verso il templio che avevano avvistato vicino la statua della balena. Il ragazzo scoprì molte più cose sul conto di quei pirati. Per esempio, che per riuscire a mettere le mani sulla mappa di Woodrow, avevano ammazzato tutti i suoi uomini che avevano continuato a navigare dopo la sua, se mai fosse vera, scomparsa.
Si ritenevano imbattibili e presto avrebbero conquistato tutto l’oro del mondo.
-Sarà nostro! – risero guardinghi.
-SARA’ MIO! – gridò Golide a correggendoli a denti stretti.
-Oh, sì certo Capitano. Sarà solo suo!
Zayn li vide molto sospettosi nei suoi riguardi. Non ci avrebbero messo molto a capire che era un bugiardo patentato. Alla prima occasione avrebbe dovuto scappare il più lontano possibile da loro.

Harry camminò stavolta a passo quasi felpato. Louis si era svegliato e gli aveva fatto una piccola ramanzina sul fatto di non correre quando si aveva qualcuno sulla schiena.
Insieme a Tobias camminarono per alcuni minuti nella flora, senza incontrare nessuno. Sbucarono sul pendice di una sporgenza rocciosa. La stessa che avevano imboccato pochi minuti fa.
-Ma siamo tornati dov’eravamo prima – sbuffò stufato.
-Stiamo girando intorno senza nemmeno accorgercene – si lagnò Tobias pestando i piedi per terra.
-Non eri così insicuro quando sei fuggito – lo sfotté Louis.
-Fai lo spiritoso? – gridò il bambino.
-Stai calmo – sorrise Harry sedendosi per terra – Lamentarsi fa venire fame.
-Non vi sopporto! – ringhiò il ragazzino stringendo i denti. Erano proprio due imbecilli quelli!

Arrivati di fronte il templio, Golide spinse in avanti Zayn: - Eccoci arrivati!
-E … allora? – balbettò il cecchino confuso.
-Come, e allora? Indicaci dov’è l’oro!
-Oh … l’oro?
-Sì! Non eri tu quello che sapeva esattamente dove si trovava?
-Oh … giusto … ecco … io … - restò a guardarsi intorno provando a cercare un diversivo ma passò troppo tempo e i sospetti dei pirati furono fondati.
-Brutto cialtrone!- disse uno di loro colpendolo alla nuca col manico della pistola.
Zayn finì a terra con la testa che vorticava.
-Ci hai preso in giro per tutto il tempo vero? – grugnarono gli uomini – Che ne facciamo, capitano?
-Uccidetelo – ordinò lui più irritato degli altri.
Due uomini puntarono le armi a fuoco contro il ragazzo che strillò sapendo di essere ormai spacciato.
-TRADITORE! – disse una voce improvvisa.
Tutti sollevarono lo sguardo. All’entrata del tempio c’era una ragazza assai carina dai lunghi capelli castani. Quando Zayn la vide sentì il cuore riempirsi di gioia: - Sei tu Vi …
Vivy gridò impedendogli di concludere la frase: - Sei un traditore Zayn!
-Co … cosa?
-Chi sei tu? – domandò Golide alla giovane.
-Sono … Dolefina … la nipote del grande pirata dell’oro Woodrow.
-Davvero, sei sua nipote? – esclamarono i pirati.
-Zayn! – urlò lei senza muoversi da lì – Sei un traditore! Hai svelato loro dov’è il tesoro di mio zio?
-Che?
-Scommetto che avrai detto a questi pirati che l’oro si troverebbe … scavando qui – pestò col piede per terra – In questo punto esatto!
Il cecchino capì che l’amica stava cercando di salvarlo. Per questo stette al gioco: - Sì Dolefina! Mi hanno costretto! Alla fine … ho dovuto rivelare che … scavando in quel punto all’entrata per circa tre giorni, troveranno l’oro di tuo zio!
-Cosa? – esclamò Golide –L’oro è nascosto lì?
-E ci basterà scavare per soli 3 giorni? – dissero gli altri – Ma allora è facile! Mettiamoci subito a lavoro!
Vivy ghignò. Camminando nel bosco e avendo visto il suo amico combina guai in una situazione complicata aveva capito che era giunto il momento di salvarlo. Ma ne era valsa la pena.
“Tre giorni sono sufficienti” si disse “Il tempo di trovare l’oro e scappare”
-Non occorrerà tutto questo tempo – disse all’improvviso Golide alzando le mani – Troveremo il punto esatto dell’oro in dieci … secondi!
I pirati compresero le sue intenzioni e si nascosero tra i cespugli. Anche Zayn le ipotizzò. Riuscì a liberarsi dalle corde e corse verso la ragazza.
-Ma che sta … - provò a chiedere lei.
-VIA! – strepitò lui spingendola da un lato.
Scariche di energia ultrapotente, uscirono fuori dalle mani e dalla gola del pirata Golide che la scagliò contro l’entrata del tempio. Questa andò in mille pezzi crollando in buona parte.
Le macerie evitarono per un soffio i due ragazzi che indietreggiarono schivandole.
-Stai bene? – chiese Zayn all’amica.
-Sì. Ma … cos’è stato?
-Deve avere il potere di una Folgore del Diavolo! – guardò l’uomo. Stava caricando un altro colpo – Presto corriamo via! E’ pericoloso!

Il secondo scoppio, stavolta più forte dell’altro, fece alzare un’onda fumogena che fu avvistata anche dal piccolo campo di fiori dov’erano Harry, Louis e Tobias.
-E quello cos’è? – chiese il ragazzino indicandolo. Si scorsero le colonne crollare.
-Forse è il palazzo che cercavamo – disse Harry. Prese a correre diretto in quella direzione seguito a ruota dal bambino e con l’amico ancora incatenato sulla schiena.

Zayn e Vivy si ripararono in un albero cavo e videro il tempio crollare davanti ai loro occhi.
-Vedi i tatuaggi che ha sul petto scoperto? – disse lei indicando il pirata – Raffigurano delle effusioni sonore. Deve essere stato colpito dalla Folgore Goe Goe, che permette di dare alla voce una potenza tale da distruggere qualunque cosa.
-Se continua così manderà tutto in rovina!
-Non è stata una buona idea dirgli che l’oro era qui!
-L’idea è stata tua!
Golide rideva continuando a lanciare raffiche di energia sonora che piano, piano demolivano l’edificio: - Continuerò così finché il tesoro non verrà alla luce!
-Ei tu! – una voce lo fermò. Vide un ragazzo con uno strano cappello piombarli davanti. Aveva le mani e qualcuno legato dietro la schiena – Fermati, bastardo! – urlò Harry infuriato – Così finirai per distruggere il palazzo
-E tu chi sei? Come osi offendermi? – sbottò Golide a denti stretti.
-Mi chiamo Harry. Il futuro re dei pirati – girò la schiena – E lui è Louis.
-Ciao – salutò lo spadaccino ironicamente.
Il ragazzo di gomma rivolse un’occhiata al tempio che aveva davanti. Buona parte non era ancora franata. Lanciò un grande grido di chiamata: - WOODROW! SE LI’ DENTRO?! VIENI FUORI!
Golide sghignazzò deridendolo: - Non so a che scherzo stai giocando, ragazzo. Ma sei un pazzo se pensi che ti risponderà. Woodrow è morto da anni ormai.
Harry si girò a guardarlo con l’occhiata più seria e scontrosa che riuscì a fare: - Tu non puoi dirlo. Non ha alcuna prova – Tobias rimase ad ascoltare le sue parole – Finché nel mondo ci saranno persone che lo credono ancora vivo, non si può avere la certezza assoluta!
-Brutto stronzo! – il grosso pirata si scroccò le mani rumorosamente e cominciò a caricare un altro grido destinato ai due ragazzi.
-Ma perché sono legati? – domandò Zayn uscendo con Vivy allo scoperto.
Il ragazzino spostò di lato i suoi amici: - Indietro! – disse deciso e valoroso usando un bastone come arma – Ci penso io a proteggere l’oro!
-Tu non t’impicciare piccolo bastardo – disse Golide.
-No! – rispose Tobias deciso – Su quest’isola il grande Woodrow ha nascosto l’oro che solo un pirata coraggioso e col cuore determinato sarà in grado di trovare. Io lo troverò e poi mi unirò a lui! Non permetterò che finisca nelle tue mani!
-Ora mi hai scocciato – l’uomo sollevò la mano dagli artigli dorati e la riabbassò sul piccolo.
Harry allungò una gamba e lo spinse di lato. Louis intanto riuscì a sfoderare con i denti una delle sue tre spade e ferì Golide al braccio incrinandosi davanti il più possibile. Ci riuscì nonostante fosse ancora immobilizzato.
-Maledetti! – imprecò lui toccandosi la parte sanguinante – ADESSO BASTA! – dalla sua bocca uscirono raffiche di energia che sputò in vari punti.
-ANDATE VIA DI LI’! – gridarono ai loro amici Vivy e Zayn.
Harry corse nella loro direzione il più veloce possibile. Quando si furono riuniti senza neanche salutare presero a scappare nella foresta. Ma una specie di saetta sonora atterrò ad un passo da loro, sollevandoli blandamente e scaraventandoli in aria, lontani dal tempio. Golide non riuscì più a vederli.

I ragazzi atterrarono sulla collinetta dove c’era la statua di pietra della balena. Non era stato un volo per altezza, ma per lunghezza quindi non si spaccarono le ossa ma si procurarono lo stesso graffi e lividi. Harry finì a faccia spiaccicata, mentre Louis lo usò involontariamente come cuscino. Per fortuna non si fece niente a causa della sa faccia quasi plasmabile.
-Cazzarola, che volo – disse Vivy rimettendosi in ginocchio.
-Sta bene ragazzino? – chiese Zayn a Tobias, atterrato vicino a lui.
-Credo di sì – rispose lui massaggiandosi la nuca.
-Riuscite sempre a cacciarvi in qualche pasticcio – sbuffò la ragazza passandosi una mano tra i capelli. Ne estrasse una forcina con la quale riuscì a scassinare il lucchetto delle catene e liberò i suoi amici.
-Finalmente – dissero i due massaggiandosi le braccia addormentate.
-E’ bello rivedervi ragazzi.
Il ragazzino si sporse più dalla collina: - Oh, no! Hanno completamente distrutto il tempio di Woodrow!
In effetti ora non restava che un mucchio di macerie di quel grande e maestoso palazzo.
-Uff – sospirò Zayn turbato – Ora il tesoro di Woodrow sarà sepolto sotto quei resti!
Tobias lo guardò in cagnesco: - Perché anche tu te ne voi impadronire?
-Cosa? No, tranquillo. So bene che il tesoro appartiene a Woodrow, sempre che sia ancora vivo …
-Certo che lo è! – ruggì il bambino.
Zayn sobbalzò.
-Né il tesoro, né Woodrow si trovano in quel castello – affermò Vivy.
-Come fai a saperlo? – le chiese Louis.
L’amica lo guardò e ghignò maliziosa. S’infilò una mano nella scollatura della maglietta: - Mi conoscete ormai. Riesco a prendere le cose alle persone da sotto il naso anche a occhi chiusi.
-Che vuoi dire?
-Ta dà! – la ragazza tirò fuori un pezzetto di carta ripiegato con cura. Lo aprì lentamente e questo si rivelò essere una mappa.
-Ei … è la mappa di Woodrow! – esclamò Zayn riconoscendola.
-Sei grande Vivy! – rise Harry.
-Non c’è di che! - sorrise la ragazza – Comunque da quello che ho scoperto, l’arrivo al tempio non era altro che un trucco per far cadere gli ingenui in un tranello e tenerli lontani dal vero tesoro. Analizziamo attentamente questa cartina.
-Sì ma come facciamo? Lo hai visto anche tu che alcune le ultime parole sono illeggibili – gli fece notare Tobias.
-A questo rimedio subito – la navigatrice estrasse dalla tasca un pacchetto di fiammiferi e ne accese uno. Lo portò con estrema delicatezza sotto la mappa.
-Ei! – disse Louis – Che vuoi fare? La vuoi bruciare?
-No, babbeo. Questo è un piccolo stratagemma per leggere meglio. Così riusciremo a scoprire cosa dicono le parole smacchiate – la fiammella era sempre più vicina alla carta. In effetti riuscirono a intravedere delle lettere al posto della parte sbiadita. Si piegarono tutti per vedere meglio.
Ma ecco che il fiammifero sfiorò la pergamena mandandola a fuoco. S’incenerì nell’attimo di un secondo.
Ci furono alcuni secondi di assoluto silenzio. Nessuno parlò ne mosse gli occhi. Analizzarono attentamente la situazione e poi i tre ragazzi strillarono: - VIOLAAAA! – infuriati.
-Forza, continuiamo la ricerca! – sorrise lei a malapena e rossa in viso.
-Oddio! – piagnucolò Zayn – Senza la mappa siamo perduti! Non arriveremo da nessuna parte!
-Già! Voglio proprio vedere come cacchio facciamo adesso a rintracciare Woodrow – disse Louis a braccia conserte.
Harry s’intromise più calmo degli altri: - Scusa Zayn, ti ricordi qualche riferimento utile?
-Solo un piccolo accenno a quella balena di pietra. Diceva che bisognava arrivarci se questa aveva la faccia puntata a ovest e la coda ad est. Ma ad est c’era solo quel tempio!
-Eh? – il ragazzo di gomma girò interamente la balena di pietra. Quando risbucò fece spallucce: - Guarda che la coda non è puntata ad Est.
-Che cosa? – trasalì il cecchino.
-Venite a vedere – tutti si avvicinarono e incredibilmente videro che le pinne della coda della statua si allungavano in effetti verso est, ma erano piegate in direzione Nord. Seguendo il suo getto, puntava dritta ad una montagna. La più alta dell’isola. Girava su se stessa come un specie di cilindro. Le nuvole coprivano interamente la cima. Poteva essere benissimo un vulcano ma il magma sotterraneo non aveva dato nessun segno di tremolio se mai fosse stato attivo.
Harry sorrise: - Pronti per la scalata?

Più tardi, tutti e cinque, servendosi dei centinaia di spuntoni e rientranze che trovarono sulla superfice del monte, compirono la scalata più lunga della loro vita. Il vento era a loro favore. Non li faceva sudare troppo e non era troppo forte da spazzarli via. Erano ormai a due metri d’altezza un quarto d’ora dopo. A volte si fermarono a riposare su piccoli sentieri che però finivano e li obbligavano a riprendere a salire.
C’era stato un piccolo spavento in cui Tobias aveva messo un piede al fallo e stava per precipitare. Zayn lo aveva preso per un soffio.
-E’ troppo difficile per un bambino come te – fece notare Louis – Ti conviene fermarti alla prossima sporgenza e aspettare.
-No! – protestò il ragazzino – Io … devo farcela. Perché se non mi dimostro forte Woodrow non mi prenderà mai con sé! Io voglio incontrarlo! Devo incontrarlo!
-E lo incontrerai Tobias – gli assicurò Harry, davanti a tutti. Mise un piede sull’ennesimo viottolo che trovò. Ma lì lanciò un urlo di gioia: - Venite! C’è una grotta! Possiamo riposarci! – li aiutò a salire uno alla volta.
Dopodiché tutti e cinque entrarono nella piccola caverna ansiosi di chiudere gli occhi per un po’.
Una volta dentro però, trovarono una piccola sorpresa che li lasciò a bocca aperta.
-No … - balbettò Tobias – Nonno?
Baldas era seduto su un masso. Aveva la fronte grondante di sudore e le mani graffiate.
-Ciao – ansimò quando vide suo nipote – Che ci fate qui? – gli raccontarono in breve la situazione. Poi però vollero ottenere loro delle spiegazioni. Il vecchio abbassò lo sguardo: - Woodrow era solito nascondere i suoi tesori nei luoghi più alti e inaccessibili. Così questo mi è sembrato il posto ideale.
-Come fai a saperlo? – chiese il bambino togliendo il broncio che teneva da quando lo aveva rivisto –Non dirmi … che lo hai conosciuto? – lui non rispose – Dimmi la verità nonno!
Baldas si decise finalmente a rispondere. Le parole che gli uscirono lasciarono tutti con la bocca aperta e gli occhi sgranati: - Io e Woodrow … siamo cresciuti insieme … eravamo come fratelli.
67 ANNI FA
In una piccola isola campagnola, seduto sulla cima di una scogliera, c’era un ragazzo di circa quattordici anni. Aveva i capelli rossicci tirati all’insù, gli occhi marroni persi nel paesaggio del tramonto che rendeva le onde del mare violette e la mente colma di pensieri.
Fu distratto da un richiamo: “Ei Woodrow!”
Sbatté più volte le ciglia. Si voltò e vide un ragazzo all’incirca della sua età avvicinarsi. Era un giovanotto con una bandana a quadri in testa, un piccolo grembiule da cucina e un’espressione soddisfatta. In mano reggeva una pentola.
“Cosa c’è Baldas?” domandò il primo ragazzo.
“Questa volta ho fatto uno spezzatino coi fiocchi. Ti andrebbe di assaggiarlo?”
L’espressione sul volto del giovane Woodrow divenne assai seccata: “Ora mi hai davvero stancato! Questa tua ossessione per la cucina è andata troppo oltre! Chi mai vorrebbe mangiare i tuoi piatti?”
Il giovane Baldas s’irrigidì: “Invece di dare questi tuoi stupidi giudizi affrettati, perché non lo provi?”
“Non m’interessa” lo ripudiò l’altro. Frugò nella tasca dei pantaloni e ne estrasse un piccolo oggetto luccicante “Guarda” glielo mostrò. Si trattava di una piccola pepita “Questo è oro. Questa misera pietra è tutto ciò che mio padre ha raccolto dopo un’intera vita passata nelle miniere. E’ il frutto di un’esistenza piena di fatiche e di rinunce! Ma io non seguirò mai le sue orme” sorrise fiero “Un giorno diventerà un grande pirata e ruberò l’oro ai malvagi! Unisciti a me Baldas! Ho bisogno di un fido compagno che stia sempre al mio fianco!”
Invece di ottenere un’espressione entusiasta o emozionata da parte dell’amico, Woodrow vide solo delusione e negazione.
Baldas si sedette e mise da parte la pentola: “Ho imparato molto da tuo padre. Mi ha insegnato a preparare molti piatti. Mi ha insegnato la gioia della buona cucina”
Il ragazzo lo guardò nauseato: “Sai che guadagno fare il cuoco”
“Posso farti notare una cosa? Non so se l’hai notato ma l’oro non ride, non piange, non dimostra emozioni o segni di vita. È solo una stupida pietra gialla”
“Cosa? Una stupida pietra?”
“Un giorno tuo padre mi fece i complimenti per lo spezzatino. Da quel giorno ho deciso di dedicarmi solo ed interamente alla cucina e di servire ai miei futuri clienti dei piatti favolosi”
“Tu sei matto. Matto da legare. Nella vita ci sono ambizioni più forti di queste” tirò fuori dalla tasca un’altra cosa. Un pezzo di stoffa arrotolato. Si rivelò essere una bandiera con il Jolly Roger “Avanti Baldas. Presta giuramento a questa bandiera e vieni con me. Insieme accumuleremo grandi ricchezze”
“Non m’interessa” gli ripeté lui con più forza.
“Sei uno sciocco!” Woodrow si avventò su di lui dandogli un pugno in faccia. L’amico reagì.
Cominciarono a duellare dandosi testate e manate in quantità. S’insultavano a vicenda mentre rotolavano nell’erba insudiciandosi. All’ennesimo cazzotto, una folata di vento sollevò di poco la bandiera di Woodrow. Il ragazzo si allungò per prenderla. Ma non si accorse che ormai era troppo vicino al precipizio.
“ATTENTO” gli urlò Baldas da dietro.
Afferrò la maglietta dell’amico cercando di non fare mosse azzardate, ma la roccia sotto le loro ginocchia crollò sotto il loro peso ed entrambi precipitarono nel vuoto.
Woodrow, con il ragazzo agganciato alla sua vita, riuscì comunque ad aggrapparsi grazie alla bandiera, al ramo appuntito di una lunga pianta che spuntava dalle sporgenze. Rimasero appesi e con il mare agitato sotto di loro.
“Oh, merda” ansimò Baldas “Che paura!” Ma purtroppo la stoffa non sembrava reggere a lungo. Si stava piano, piano staccando. Il ragazzo la guardò per un tempo che parve infinito. Un emblema assai prezioso stava per essere distrutto. Ed entrambi sarebbero morti. Inspirò profondamente mentre prese la decisione più difficile della sua vita: “Woodrow … la tua bandiera sta per strapparsi”
“E’ colpa tua” lo incolpò l’amico “Se non avessi fatto storie non ci troveremo in questa situazione!”
“Ascolta Woodrow …”
“Che vuoi?”
“Continua … a coltivare la tua aspirazione … qualunque cosa accadi”
E all’improvviso … Woodrow non sentì più il peso dell’amico che gli restava attaccato. Spalancò gli occhi mentre sentiva il battito del suo cuore a mille.
Non seppe quanto tempo passò. Ma riuscì ad abbassare lo sguardo per vedere una sagoma alta quanto lui finire tra le onde. Il silenzio venne sopraffatto dal suo urlo squarciato “BALDAAAAS!”



Harry e gli altri ascoltarono la storia con il fiato sospeso.
Alla fine il vecchio si coprì la faccia con la mano: - Persi conoscenza e venni salvato da un peschereccio che mi riportò al villaggio. Restai in coma per tre giorni. Al mio risveglio m’informarono che Woodrow era partito senza rivelare a nessuno la sua meta. Da allora non ci siamo più rivisti. L’affetto che provo per lui è quello di sempre. L’affetto per un amico impetuoso e testardo che ha sempre rifiutato la mia cucina. Eppure ….- terminò prendendo qualcosa da dietro il masso dove stava -sono sicuro che se oggi lo potrò riabbracciare, mangerà lo spezzatino che gli ho preparato- estrasse una piccola pentola chiusa dalla quale usciva un odore invitante.
Harry gli sorrise: -Il tuo spezzatino è un capolavoro.
-Beh- sorrise Baldas -Sarà meglio che ricominci la scalata. Non voglio che si raffreddi.
-Sì hai ragione. In marcia!
E così ripresero la salita arzilli e riposati. E stavolta giunsero fino in cima, dove trovarono un sentiero che li condusse di fronte una baia dal tetto di paglia.
Si guardarono emozionati e avanzarono velocemente.
Trovarono la porta aperta. Dentro tutto era completamente vuoto. Niente mobili e niente persone. Solo un vecchio camino dalla legna bagnata.
-Sembra disabitata -disse Louis controllando in un’altra stanza altrettanto vuota. Insospettito si avvicinò di più al camino che in effetti dava un’aria di mistero.
Lo tastò per qualche istante, finché i suoi occhi non si posarono su una minuscola teca di vetro impolverata che reggeva la legna – Mi chiedo se … - si disse levando di mezzo i ceppi e dando un affondo di spada alla lastra. In questo modo rivelò delle scale che scendevano nel pavimento.
Tutti sussultarono: - Grande! – esultò Harry – Hai un grande intuito Louis. Non sei idiota come sembri.
-Idiota sarai tu, coglione! – replicò l’amico.
-Chissà dove portano – chiese Vivy avvicinandosi al passaggio segreto.
-Deve essere lì che si nasconde Woodrow! – gioì Tobias battendo le mani.
Tutti e sei avanzarono pronti alla discesa. Ma l’udito di Louis riconobbe un suono inconfondibile alle sue spalle. Quello di una spada estratta.
-A TERRA!- gridò.
Gli amici si abbassarono e videro una grossa lama violacea oltrepassarli e fare a pezzi in un solo colpo il camino. Per fortuna le macerie non tapparono il passaggio segreto.
Si girarono e videro un grosso uomo indiano che brandiva la spada guardarli pieno di odio.
Alle sue spalle c’era un altro uomo massiccio e dalle unghie affilate e dorate: - Golide! – gridò Tobias indietreggiando.
Il pirata puntò lo sguardo verso Zayn e mostrò i denti: - La coda della balena non punta ad est! Ci hai ingannati figlio di puttana! – il ragazzo si fece piccolo, piccolo.
-Capitano! – lo chiamò uno dei suoi uomini – Ecco l’entrata!
-Imboccatela subito! – ordinò Golide – Ci condurrà all’oro!
Il ragazzino, in preda ad un attacco di rabbia, si scagliò contro di lui: - Vattene via!
Suo nonno però fu più veloce di lui e si parò davanti a Golide proprio mentre lui stava riabbassando la mano. Colpì il vecchio con un violento ceffone che gli graffiò la faccia come gli artigli di un gatto.
-Nonno! – strillò Tobias.
Vide sia lui, che la pentola con lo spezzatino finire a terra e rovesciarsi.
Lo sguardo del pirata ricadde su di lei: - C’è dell’oro lì dentro? – e la svuotò con un calcio. La carne e le verdure finirono nella polvere.
-NO! – urlò il bambino – Fermo! Quello è lo spezzatino che mio nonno ha preparato con tanta cura e passione per Woodrow! Non lo toccare!
Golide lo guardò aggrottando la fronte. Poi sorrise: - Intendi … così? – e schiacciò avidamente tutti gli ingredienti sotto il peso della sua scarpa.
Baldas si rimise a sento in ginocchio e rimase impalato ad osservare con occhi quasi lucidi il piatto che con affetto aveva cucinato per il suo amico, andare distrutto.
Suo nipote piangeva e allo stesso tempo gridava furioso correndo verso Golide con una pietra in mano. Il pirata sollevò gli artigli: - Ora mi hai stancato moccioso!
-Tobias! – gridò Baldas ormai pronto a vederlo cadere a terra. Ma qualcosa salvò il piccolo.
Un pugno che partì carico e colpì l’uomo sullo zigomo.
Harry avanzò verso di lui scroccandosi la mano che aveva allungato.
-Tu … miserabile bastardo … - ringhiò il pirata quando si riprese – Come hai osato?
Il ragazzo si chinò e afferrò con le mani i resti dello spezzatino. Sotto gli occhi di tutti li portò alla bocca. Nessuno proferì alcun segno di disgusto. Aspettarono solo che lui si alzasse e dicesse soddisfatto: - E’ buonissimo – si rimise lentamente in piedi – Il migliore che abbia mai mangiato! – i suoi occhi ora divennero furibondi – Stronzo! Non perdonerò mai il tuo gesto ripugnante!
-Non mi fai paura! – Golide schiccò le dita e l’indiano fece scattare la sua spada verso il ragazzo.
Altre tre pararono l’attacco. Louis si era parato davanti all’amico difendendolo: - Non preoccuparti – gli disse – Tengo io a bada questo!
-Ah – sorrise l’indiano guardandolo – Tu devi essere Louis. Il cacciatore di pirati tanto temuto! Non mi fai alcun timore!
-Uccidilo – gli ordinò il capitano – Portami la lama macchiata del suo sangue e riceverai cento monete d’oro!
-Con piacere! – l’indiano mostrò tutti e trentadue i denti e con un dritto fendente, abbassò con estrema violenza la sua arma sulle tre dell’avversario che con fatica riuscì a tenerla lontana dalla sua testa.
L’indiano lo spinse in avanti, facendogli strofinare le suole sul terreno. Lo spinse contro un enorme macigno.
-Ti darò cinquecento monete d’oro! – ricalcolò Golide.
Il suo seguace allora prese una forza sovraumana e le braccia di Louis cominciarono a dolorare per la fatica di tenere il peso di quello spadone.
-Mille monete d’oro!- ricambiò Golide  per la terza volta.
L’indiano gridò e spinse ancora e ancora finché la roccia non si spaccò. Il ragazzo cadde all’indietro.
-LOUIS! – gridò Zayn.
L’amico continuò a parare il colpo dell’avversario, ma stavolta lo guardò intensamente negli occhi e ci parlò: - Sei ripugnante – l’indiano inarcò le sopracciglia senza smettere di spingere con l’intenzione di spezzare in due le sue lame ed infilzarlo – ti fai manipolare da Golide come una marionetta! – l’uomo lo ascoltò – I tuoi occhi … dicono che hai vergogna di padroneggiare una spada per delle stupide monete! Di avere infangato il tuo onore di spadaccino! – l’avversario smise per un istante di silurare.
-CHE ASPETTI? – lo richiamò Golide – Uccidilo!
Louis si alzò di scatto con le spade ancora strette e allontanò di qualche passo l’indiano.
-Devo ammetterlo. Ci sai fare – gli disse sorridendo – Ma uno spadaccino che non è fiero della propria arma è un uomo infelice. E questa è la grande e tragica differenza che ci separa!
L’indiano ripartì pronto ad un affondo.
Ma Louis ebbe il tempo di concentrarsi nella sua mossa speciale. Si mise la terza spada in bocca e chiuse gli occhi. Le spade eseguirono più volte diversi mulinelli nelle sue agili mani e si udì uno strappo sonoro mentre il ragazzo riuscì a spostarsi di dieci centimetri a braccia spalancate, mentre l’indiano finiva al suo fianco. Passarono due secondi.
Dal petto dell’uomo uscì un fiotto di sangue e cadde a terra inerme.
Louis ripose le armi al loro posto: - Non l’ho fatto per ammazzarti – disse all’uomo che in effetti respirava ancora nonostante stesse nuotando in un fiume di sangue – Quando avrai capito che l’onore per uno spadaccino è la cosa fondamentale, torna pure a cercarmi. Ti cederò la rivincita.
Tobias aveva osservato il combattimento esterrefatto: - Incredibile!
Vivy gli sorrise: - Questo è solo un piccolo assaggio delle loro capacità.
Harry avanzò verso Golide: - Ora penseremo a te, lurido bastardo!
Il pirata fu illuminato da una strana aurea fosforescente: - Preparati! Ora sono davvero furioso!
I suoi uomini, terrorizzati, corsero a ripararsi. Lo stesso fu per Baldas e gli altri.
Solo Harry restò a guardare la grande scarica di energia abbagliante che uscì dalla bocca dell’avversario, colpendolo in pieno.
Si sentì scaraventare sempre più lontano. Quella potenza lo avrebbe gettato giù dalla montagna in poco tempo. Con tutta la velocità che riuscì a ottenere, si aggrappò a due massi appuntiti e fu come una fionda umana, con tutto il corpo distante dalle braccia elasticizzate. Si tuffò in avanti brutalmente: - GOM GOM SLINGSHOT! – e finì addosso a Golide spingendolo contro un pietrone che all’impatto si spezzò in tanti sassolini.
-Ma come hai osato? – disse sbavando mentre si rimetteva in piedi. Riprovò a ricaricare il suo attacco vocale.
-GOM GOM PISTOL! – il pugno di Harry volò verso la sua faccia, ma il pirata lo bloccò, non con le mani ma non la bocca. Il ragazzo sentì i denti entrargli sempre di più nel palmo come a staccarlo. Iniziò a sudare mentre si ribellava alla stretta.
Golide allora ne approfittò e si scagliò contro di lui mandandolo a sbattere per terra. Provò più a volte a colpirlo con i suoi artigli. Lui spostò in continuazione la testa per evitarli ma alla fine non poté evitare un forte graffio sotto il braccio. Gemette.
Ma allungò le braccia intorno al collo del pirata e lo sbatté per terra. Il tempo per riprendere fiato.
Golide si rimise in piedi e spiccò un grosso salto per riatterrare sopra di lui. Si levò un gran polverone.
-HARRY! – gridò Louis non riuscendo più a vedere l’amico.
Lo vide rialzarsi a fatica e agganciarsi a Golide come un ragno. Allungò all’indietro la testa per poi gettarla su di lui con una potente testata: - GOM GOM BELL JAR!
Il pirata ondeggiò con una brutta lezione sulla faccia. Cadde a terra.
-Vai così! – tifò Zayn per il suo amico.
Golide riaprì gli occhi urlando come un ossesso, ora più arrabbiato che mai. Si mise a muovere gli artigli a raffica verso Harry con l’ansioso desiderio di trafiggerlo almeno da qualche parte. Il ragazzo perse un piccolo strato di pelle sul braccio ma riuscì a resistere al dolore e ricorse alla svelta ad un altro attacco.
-GOM GOM GATLING GUN! – infiniti pugni partirono a mitragliata colpendo ripetutamente Golide e riempiendolo di lividi e lesioni e inoltre gli ruppero le varie corazze d’oro che indossava.
-NON TI PERMETTO DI TOCCARE IL MIO ORO! – gridò accendendosi di una luce accecante. Alzò le mani al cielo e allo stesso tempo gridava assordantemente come se qualcuno gli stesse affondando sempre di più una spada nel cuore. Nella sia gola si formò una palla di luce incandescente che partì a razzo mentre lui non la smetteva di urlare.
Harry allora si gonfiò. Quasi come un pallone e accolse quella tensione elevata addosso a sé, cercando di trattenerla come una rete. Sentì una scossa tremenda in tutto il corpo, ma doveva resistere. Raccolse tutte le forze rimaste e si issò in avanti rispedendola dall’artefice. Golide strillò ma non per aumentare la sua potenza. Per il terrore. La palla di energia lo investì.
Tutt’intorno fu illuminato dal quel bagliore e sembrò non contare molto più quella del sole. Il ventò aumentò scompigliando i capelli di tutti, la polvere e la luce impedirono loro di vedere cos’era successo. D’improvviso avvenne come un’eruzione vulcanica, ma al posto del fumo e della lava, un’esplosione di pietre, potere e radiazioni lucenti.
Tutta la parte di montagna opposta alla vecchia casa abbandonata che ospitava, crollò. E con lei Golide e i suoi pirati. Quando sia la temperatura, sia la luminosità sembrarono essersi ristabiliti, Louis e gli altri si fecero in avanti sporchi di polvere e con i vestiti e i capelli scombussolati dal vento. Harry era seduto per terra con la testa che sembrava capovolta e il cappello stretto in mano. Piano, piano si rimise in piedi stringendosi il braccio incrostato. Sorrise ai suoi amici: - Ecco fatto.
Tobias fece un sorriso a trentadue denti e si avvicinò al ragazzo per abbracciarlo: - Sei stato formidabile!
Il ragazzo di gomma rise di gusto e poi si rivolse al nonno del bambino: - Senti Baldas, mi dispiace di aver mangiato il tuo spezzatino. Ma ormai era caduto in terra. Se non lo facevo io, chi sennò?
Il vecchio chinò la testa di lato: - Ma figurati. Sono contento che ti sia piaciuto.
Poi Harry si avvicinò alla sua ciurma e tutti si batterono il cinque soddisfatti.
-Bene – ghignò Vivy – Ora perché non pensiamo al tesoro?
-Oh giusto! – si ricordò il suo capitano – Il tesoro! Woodrow!
E tornarono a occuparsi del passaggio segreto che il crollo per fortuna non aveva tappato.
Scesero claustrofobicamente la scala a chiocciola. Le pareti erano sempre più strette e si chiusero quando sbucarono in una lunga galleria di carrelli da miniera. L’unica luce proveniva da fievoli lanterne ancora non consumate del tutto. Vivy ne prese una e fece strada.
Tobias stava davanti a tutti. Non poteva crederci, finalmente avrebbe conosciuto il suo eroe, Woodrow! Lui e suo nonno si sarebbero rivisti dopo tanto tempo e ad Harry e i suoi amici sarebbe toccata una buona parte dell’oro come ricompensa per il loro coraggio.
La ragazza si fermò dopo venti minuti passare a camminare e a contemplare il silenzio: - C’è una porta – affermò indicando una grossa asse di legno che sbarrava i cammino. Si girò verso i suoi amici. Il ragazzino sudava dall’emozione e gli altri erano così ansiosi che quasi tremavano: - La apro – disse spingendola piano, piano.
-Vado prima io – disse Harry valorosamente prendendole la lanterna dalle mani. Entrò a passetti nella stanza tutta penombra. Si fermò dopo due secondi.
Vedendolo titubare anche gli altri si fecero avanti. Trasalirono e sobbalzarono.
A parte le pareti di roccia vuote e la paglia sul pavimento, l’unica altra cosa presente era una seggiola … sulla quale era seduto uno scheletro. Era la carcassa di un teschio impolverato e con mille ragnatele in tutte le estremità delle ossa. Indossava una casacca rossa inscurita col tempo e un cappello a piuma ricoperto di formiche.
Rimasero a osservarlo per un tempo che sembrò infinito.
Tobias sentì la mano di suo nonno sulla spalla. Lo vide abbassare lo sguardo. Gli occhi gli si riempirono di lacrime: - No … non può essere … no, non ci credo … questo non è il cadavere di Woodrow! Deve essere da qualche altra parte! – si rassegnò quando vide un piccolo teschio giallo sul cappello che lo scheletro portava. Si strinse di più al vecchio: - Oh nonno! No!
-Guardate! – disse improvvisamente Zayn indicando un punto in alto – Ci sono delle scritte lassù!
Harry fece luce sul soffitto rivelando parole per fortuna ancora leggibili.
Questo messaggio è per coloro che stanno cercando tutto il mio oro. Il mio nome è Woodrow: l’uomo che un tempo era conosciuto come il grande pirata dell’oro.
Ma ora sono solo un vecchio in attesa della fine. Così ho regalato tutto l’oro che ho accumulato nella mia esistenza a persone che ne avevano più bisogno di me. Ho dedicato la mia esistenza a lottare per quella che da sempre era la mia ambizione: ho ottenuto una quantità d’oro inimmaginabile. Tutto quello che un uomo vorrebbe possedere.
Ma un giorno mentre mi godevo tanta ricchezza, riportai alla mente le parole di un caro amico: “L’oro non ride, non piange, non mangia. Non possiede emozioni. E’ solo una stupida pietra gialla”
Allora mi resi conto che ciò che da sempre ho voluto raggiungere depredando infinite navi e rischiando più volte la morte non era l’oro. Ma l’emozione che potessero regalarmi le incredibili avventure del mare.
Mi spiace deludervi, cercatori, ma qui non troverete più un solo grammo d’oro. Tuttavia un altro tesoro che sicuramente non prenderete in considerazione ma che per me ha un valore inestimabile è qui. Vi prego di estendervi a non recare danni a questo luogo. Perché è qui che riposa il mio tesoro. Quello più vero. Quello più grande.

Harry finì di leggere e si voltò lentamente verso il teschio. Vide Baldas studiarlo per un po’ e poi prendere da una tasca della casacca un lembo di stoffa. Srotolandolo si rivelò essere una bandiera col Jolly Roger, rattoppata in un punto che si era strappato anni prima.
Sul disegno del teschio erano scarabocchiate minuscole parole a inchiostro: Baldas. Lo stesso giorno in cui ti sacrificasti per me, decisi di partire. Ti ho sempre tenuto nel mio cuore. Mi esortasti a continuare a lottare per il mio sogno. Ho seguito il tuo incoraggiamento. E ci sono riuscito. Me ne vado da questo mondo soddisfatto.
-Oh … Woodrow – balbettò il vecchio stringendo la bandiera tra le mani.
Zayn si avvicinò a Tobias sorridendogli: - Dovresti essere fiero di tuo nonno. E’ un uomo formidabile! Gode della stima del grande pirata Woodrow!
-Due amici – considerò Louis – Uno un pirata e l’altro un cuoco. Ma entrambi carichi di entusiasmo e determinazione.
-Nonno – singhiozzò il bambino – Mi dispiace … scusami tanto per tutte le cattiverie che ti ho detto – corse tra le sue braccia – Ti voglio bene.
-Piccolo mio – sorrise Baldas accarezzandolo – Devi vivere seguendo quelli che sono i tuoi desideri. Ma sappi … che puoi sempre contare su di me.
Tobias sorrise di gioia.
Tutti sorrisero inteneriti da quella scena commovente. E non sembrarono prendersela troppo per avere compiuto quel viaggio a vuoto. Avevano ottenuto qualcosa di meglio dell’oro: una riappacificazione tra due amici e tra nonno e nipote.

Al tramonto, dopo aver passato ore e ore a rimuovere la Up All Night dai due massi che la incastravano da quella mattina, Harry e i suoi amici furono pronti a levare le ancore.
-E così ve ne andate – disse Baldas che con il nipote gli stava salutando sulla spiaggia.
-Eh sì – confermò Harry un po’ dispiaciuto – Voi invece cosa farete?
Il vecchio guardò l’isola alle sue spalle: - Ci daremo da fare. Costruiremo un luogo dove Woodrow possa riposare in pace.
-Sì! L’isola misteriosa diventerà il villaggio dell’oro! – esultò Tobias saltellando felice.
-Ah – rise Zayn – Come Tobi? Non vuoi più scappare e diventare un pirata?
Il ragazzino scosse la testa: - Per il momento resto qui con mio nonno. Credo di essere ancora troppo piccolo per decidere il mio futuro.
-Ha, ha! Ben detto!
-Ei ragazzi! – la voce di Vivy si avvicinò sempre di più. Era andata a farsi una passeggiata dalle parti dell’approdo di Golide. Stava ritornando con un grosso sacco colmo di ricchezze: - Dopotutto non ce ne andremo a mani vuote!
- Cos’è sta roba? – domandò Louis indicando i sacchi.
-E’ il tesoro di Golide. Non credo avesse eredi. Quindi è tutto mio! – rise lei entusiasta.
-Sei sempre la solita – dissero i tre ragazzi rassegnati.
-A proposito – la ragazza prese dal sacco alcune monete e le porse a Baldas – Questo è per pagare il conto dei miei amici – si voltò verso di loro – Ovviamente me li dovete! Con tanto d’interessi!
-Sei un egoista di merda! – la insulto Louis con poco scherno. Si levò una piccola risata.
-Non ce n’è bisogno – disse il vecchio restituendole le monete – Abbiamo deciso di lasciare aperto il loro conto.
-Così sapendo che avete un debito, dovrete ritornare un giorno – spiegò meglio Tobias.
Vivy fece una smorfia un po’ delusa. I suoi compagni sorrisero.
-Bene amici – disse Harry alzando le spalle – E’ ora di spiegare le vele! Si parte!
Così salirono a bordo della Up All Night che qualche istante dopo già ripartiva verso l’orizzonte.
-Addio! – si salutarono – Buona fortuna!
-Ciao amici! Grazie di tutto! – sventolò la mano Tobias – Spero di rivedervi presto!
-Ciao Tobias! – ricambiarono i ragazzi – Ciao Baldas!
E continuarono a dirsi “Arrivederci” fin quando la nave non sparì a vista.
Il ragazzino si strinse al vecchio: - Sai nonno … sono sicuro che Harry diventerà il Re dei Pirati.
Baldas sorrise: - Lo credo anch’io.

-Sapete una cosa ragazzi? – disse Harry raggiungendo gli amici sul ponte – Tutto questo parlare di spezzatini e cose varie mi ha fatto venire in mente che non abbiamo ancora un cuoco a bordo.
-Ne avremmo davvero bisogno – concordò Zayn – Non siamo portati per i fornelli.
-Speriamo di trovarne uno davvero in gamba durante il viaggio – disse Louis.
-Intanto però – s’intromise Vivy – Mi siete ancora debitori per cucinare per voi provvisoriamente!
-Uffa Viola! Non cambi mai – sbuffarono i tre ragazzi.
Tra risate e vari litigi, ripresero l’avventurosa traversata nello sconfinato oceano.
TO BE CONTINUED

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Capitolo 19
*** Episodio 19 - Il passato delle 3 spade ***



Era una calda mattinata. Il sole ardeva e i suoi raggi colpivano le onde a cannonate. Il legno della Up All Night ormai era così bollente che sembrava stesse per diventare un tizzone ardente.
I ragazzi si stavano godendo un po’ di relax restandosene sulla prua a prendere il sole.
Vivy leggeva su una sdraio una rivista, Louis dormiva, Zayn lucidava la sua frusta e Harry risbucava dal sottocoperta con un grosso scatolone.
-Cos’è quello? – chiese la ragazza leggendo su di esso la parola DANGER.
-L’ho trovato in magazzino – spiegò l’amico – Prestami il coltello un attimo Vivy.
Il ragazzo allentò con il pugnale i vitigni che avvitavano il coperchio della cassa, così da poterla aprire.
-Wou! – esclamarono lui e Zayn chinandosi a vedere – Sono palle di cannone!
-E’ un bene che le abbiamo trovate – sorrise la ragazza – Non avevi detto che volevi sperimentare il cannone, Harry?
-Lasciate fare a me – disse il cecchino raccontando come al solito baggianate – è da quando avevo tre anni che cavalco le palle di cannone!
-Dobbiamo cercare di capire come funziona – lo ignorò il capitano avvicinandosi al cannone – Ei Louis! – lo chiamò – Tu ha idea di come …? – vedendo che l’amico russava ancora lo lasciò perdere – Che palle!
-Se andiamo un po’ più a Sud ci sarebbe un posto perfetto dove fare pratica – lo informò la navigatrice.
-Davvero? Allora dirigiamoci subito lì! Vieni Zayn!
-Non per questo mi chiamano “Zayn: Il signore del cannone
Mentre erano troppo occupati a usare l’arma da fuoco, non badarono a Louis che non si decideva a svegliarsi.
A dire il vero il sogno che stava facendo non era proprio frutto d’immaginazione. Era realtà. Un ricordo.
NOVE ANNI PRIMA
La scuola di arti marziali del signor Masashi Endo era la più famosa del paese.
Molti ragazzi la frequentavano e lì, ci si poteva imparare di tutto. Dal karate all’aikido, o per gli appassionati di tiro con l’arco: il Kyudo. C’era anche una piccola piscina per apprendere il Suijutsu (Combattimento individuale in acqua).
Infine si praticava un eccellente addestramento con le spade.
Il corso più seguito infatti, era proprio quello di Kendo. Siccome il signor Masashi da giovane era stato un campione di scherma e uno spadaccino assai dotato, avrebbe dato ai suoi allievi migliori insegnamenti in quella materia.
Quel giorno i giovani alunni del primo corso, si stavano esercitando a maneggiare le spade, eseguendo la stessa mossa in continuazione, mentre il Signor Masashi li guardava soddisfatto, seduto a terra.
Ma il riscaldamento fu interrotto da una voce: - Ei, c’è qualcuno? – una voce li fece voltare tutti verso la Doma, appena aperta. Qualcuno era entrato nella Katei.
Si trattava di un ragazzino di circa dieci anni, con i capelli castani tirati all’insù e i piccoli occhietti azzurri che scrutavano i ragazzi uno alla volta: - Mi chiamo Louis – si presentò senza timidezza – E sono qui per sfidare questo dojo. Se c’è qualcuno di abbastanza forte venga avanti e si batta con me!
Il signor Masashi rise: - Non vedevo tipetti come te da tempo.
Il piccolo Louis incrociò le braccia: - Non mi sottovaluti solo perché sono un bambino. Sono imbattuto in tutte le città vicine.
-Va bene – accettò il maestro senza smettere di sorridere – Allora accettiamo la tua sfida.
-Bene – ghignò il ragazzino – Se vinco mi prenderò la sua insegna.
-E se perdi?
-Beh … mi unirò al suo dojo. 
-Abbastanza accettabile – sparì per un momento nell’Engawa. Lo sentirono fare un nome: - Vieni Crista! – e poi ritornò nella sala accompagnato da una ragazza.
Una quattordicenne molto carina, con lo sguardo serio, i capelli neri corti e allo stesso tempo fluenti e gli occhi blu.
-Mi hai chiamato, padre? – chiese guardando il signor Masashi.
Lui si rivolse a Louis che la guardava confuso e stupito: - Non sono un padre che si vanta della propria figlia – spiegò – Ma Crista è la migliore allieva del mio corso. Sarebbe felice di scontrarsi con te.
-Cosa? – esclamò il ragazzino – Dovrei combattere … contro di lei? – era molto deluso. Si aspettava un avversario più grosso e serio di lui. Qualcuno che gli avrebbe fatto onore. Invece gli toccava battersi con quella bambinetta da niente: - Capito – si rassegnò alla fine.
-Bene – sorrise il maestro – Allora potete anche cominciare – condusse Louis di fronte un contenitore di spade di bambù, chiamate Shinai– Scegli tutte quelle che vuoi.
Il ragazzino sorrise. Ne mise in bocca una e prese nelle mani altre due.
Lui e Crista erano faccia a faccia. Lei pronta con la sua unica arma.
-Bene, iniziamo– disse suo padre – prima, inchinatevi – loro fecero un piccolo ossequio.
-Quello è tutto matto – bisbigliavano intanto gli altri ragazzi – Non sa cosa gli aspetta.
-Okay – disse il maestro – Cominciate!
Crista guardò a lungo Louis negli occhi. Poi, prima che lui potesse anche solo spostare le spade, partì all’attacco. Non si seppe come, ma le tre spade scelte dal ragazzino volarono a terra, insieme a lui.
Quando si rialzò lentamente e lanciò uno sguardo colmo di odio verso la ragazzina, vide che lei non sembrava affatto sfinita. Come se ancora dovesse muoversi. Digrignò i denti e afferrò due spade, stavolta, tralasciando la terza.
-Ti hanno insegnato la tecnica a due spade? – notò Crista.
-Oggi è la prima volta che impugno una Shinai.
-Sul serio? – sorrise il signor Masashi – La prima in assoluto?
-Sono forte! – esclamò Louis a voce alta – E diventerò il più forte! – partì alla carica – Non perderò contro una femmina!
Ma la ragazza non lo fece avvicinare più di quattro passi perché la sua spada partì a razzo e lo bastonò con un colpo solo sulla faccia. Gli alunni rimasero con la bocca aperta immaginando il suo dolore. Louis cadde a terra con il viso rosso.
-Colpo Singolo! – annunciò il maestro – Fine incontro! Vince Crista!
La vincitrice commentò: - Questo ragazzino è come un cinghiale. Un dilettante! Sei di dieci anni in anticipo per maneggiare le spade.
-Cosa … hai detto? – gemette Louis con i pugni chiusi mentre si rialzava adagio.
-Vorresti la rivincita? – chiese lei comprendendolo dal suo sguardo –  Merda! Una sconfitta è una sconfitta! Accettala!
-Beh – s’intromise Masashi – A quanto pare hai perso, ragazzo. Quindi …
-Sì – confermò lui – Mi unirò a questo dojo. Qualche problema a riguardo?
-Certo che no – sorrise il maestro.
-Io – disse Louis – Continuerò ad allenarmi, allenarmi e allenarmi. E ti batterò, ragazzina! Ricordatelo!  - i due ragazzi si lanciarono uno sguardo di sfida.
-Non accadrà mai – lo informò lei.

Passarono diversi mesi da quel giorno.
Louis si era dimostrato essere l’allievo più agguerrito del dojo. Anche dopo una stressante giornata di allenamenti non la smetteva di impugnare due Shinai alla volta. Bastonava la grande quercia che ospitava il retro della Katei, distruggeva rami di bambù solidissimo, si legava un masso alla vita e poi lo trainava come un mulo per rafforzare le gambe e le braccia, fendeva l’aria a non finire. Persino con l’arrivo dell’inverno, con pioggia o neve non la smetteva per un istante. Durante le corse mattutine dell’intera classe, lui era davanti a tutti e portava il suo compagno più pesante sulle spalle.
Crista osservava i suoi allenamenti in silenzio. Era un povero illuso, si disse. L’aveva già sfidata altre volte. Moltissime altre. Ma veniva sempre battuto. Non fu però considerato un debole.
Il ragazzo infatti arrivò a battere in una sfida frontale, il membro più forte dei corsi avanzati. Masashi lo guardava soddisfatto di tanto impegno. I suoi compagni ormai erano sicuri che la sconfitta di Crista era vicina. Ma non arrivò.

Alla duemillesima sfida, Louis cadde a terra mentre Crista segnava il Colpo Singolo. E vinceva ancora.
-2000 Vittorie , 0 Sconfitte – disse sorridente.
-Dannazione – imprecò lui.
-Resti sempre un pivellino, Louis – affermò la ragazza – Come puoi essere così debole … per essere un uomo?
-Louis non è debole – mormorarono tra di loro gli altri ragazzi – E’ il più forte tra noi maschi, vero? Vince anche contro gli adulti.
-MA E’ PIU’ DEBOLE DI ME! – strillò Crista che gli aveva sentiti- Anche se impugnasse dieci spade – girò i tacchi e lasciò la sala – Un debole è un debole. Un cane che perde dovrebbe starsene buono, se abbaia a riguardo si rende solo più patetico – disse prima di sparire.
Louis, mantenendo la calma si rimise in piedi ripulendosi dalla polvere. Il maestro lo affiancò: - Hai perso ancora. Però sei diventato molto più forte.
-Maestro! – esclamò improvvisamente uno dei ragazzi – Non è che le stai dando lezioni private speciali solo perché è tua figlia, vero? Non sarebbe giusto!
-Ma no – negò Masashi – Non farei mai una cosa del genere. È vero che Louis è diventato più forte. Ma lo stesso vale per Crista!
Louis sbuffò: - Vado a lavarmi la faccia – e uscì anche lui dal dojo.
-Dannazione – disse a sé stesso mentre era sotto l’acqua fredda – Perché non riesco a battere Crista? PERCHE’? Io diventerò lo spadaccino più forte del mondo! Non posso farmi umiliare in questo modo da lei! Non posso! – e prese una decisione. Un’idea che avrebbe messo in atto quanto prima. Quella notte.


Quella sera, seduto per terra di fronte il fuoco e una buona ciotola di sakè, Masashi chiacchierava allegramente con il suo collega Tzudaira: - I progressi di Louis sono incredibili – commentò quest’ultimo  - Si allena più di chiunque altro. E il risultato è abbastanza prevedibile. Comunque non riesce ancora a battere tua figlia.
Masashi sospirò: - C’è un muro enorme che blocca il futuro di una spadaccina – l’amico lo guardò senza capire – Date le circostanze, non posso lasciarle in eredità il dojo.
-Padre! – Crista irruppe nella stanza con lo sguardo indignato.
-Che fai? – sussultò Tzudaira – Stavi origliando?
-Padre … - balbettò lei ignorandolo – Diventerò la più grande spadaccina del mondo! Lo vedrai!
Il padre non la guardò. Teneva lo sguardo basso: - Crista – disse mortificato – Una femmina … non riuscirà mai a diventare la più forte del mondo – era serio come non mai.
Gli occhi della figlia si fecero lucidi. Lui non aveva fiducia in lei. A pugni stretti corse via. Uscì dal vialetto di casa e percorse la piccola boscaglia che la circondava. Arrivò di fronte un lago sulla quale rimase a fissare il suo riflesso sotto quello della luna. Si nascose il viso tra le mani.
-Che stai facendo qui? – sentì una voce. Alzò lo sguardo. Louis era di fronte a lei. Teneva in mano due spade.
-Dovrei chiedertelo io – sibilò lei asciugandosi in fretta le lacrime – Come mai qua a quest’ora?
Il ragazzino si avvicinò: - Sono venuto a chiederti la battaglia n°2001. Questo sarà il nostro ultimo duello. E combatteremo con delle spade vere – informò mostrandole le due armi dalla lama affilata che stringeva.
Lei lo guardò per un po’. Poi annuì: - Bene – e ricorse di nuovo a casa.
Entrò nel magazzino sul retro e si avvicinò alla spada che suo padre teneva riposta con cura. Ne osservò l’affilatezza a lungo: - Wado Ichimonji – lesse sul manico.
Ritornò da Louis. Lui impugnava due Katane e lei quella sola. Si guardarono a lungo e s’inchinarono come tutti i combattimenti. Poi lui partì gridando.
Cercò di eseguire uno sgualembro perfetto, ma la spada di Crista la bloccò a incrocio. Lo spinse distante.
Allora lui partì con l’altra e riuscì a tagliarle una minuscola ciocca di capelli. Lei fece un tondo, che però fu deviato. Indietreggiarono per squadrarsi meglio. Ripresero subito.
Tra un colpo di spada, un fendente, un affondo, un montante, una cavazione, un controtempo, una punta dritta e roversa, nessuno ebbe la meglio per venti minuti.
Louis affannò sudato. Anche lei era esausta ma non lo dimostrava.
-Due spade reali devono essere pesanti – giudicò – Sembra che i tuoi attacchi manchino un po’ di resistenza.
-CHIUDI IL BECCO – gridò lui. Ma nel farlo abbassò la guardia e l’avversaria riuscì a disarmarlo di entrambe le spade. Poi lo spinse per terra. Affondò la lama nel terreno a un passo dal suo orecchio.
-Vinto – sussurrò – Per 2001 volte.
Le due Katane di Louis si piantarono nell’erba distante.
Crista si rialzò asciugandosi la fronte.
-Dannazione – sentì singhiozzare. Abbassò gli occhi sul ragazzino ancora a terra. Teneva le mani sugli occhi: - Non è possibile – si lamentava tra le lacrime – Merda … non posso accettarlo … non posso.
Crista non rise. Girò lo sguardo altrove: - Sono io che dovrei piangere. Perché non posso accettarlo – lui spiò attraverso le dita smettendo di piagnucolare – Noi ragazze – continuò lei – quando cresciamo, diventiamo più deboli degli uomini. Probabilmente presto riuscirai a battermi. Sai … ti sento spesso gridare che diventerai il miglior spadaccino del mondo … quello era anche il mio sogno. Ma mio padre mi ha detto … che non è possibile per una donna. E io lo sapevo – confessò senza alzare gli occhi – Da sempre. Louis, deve essere bello sentirsi un uomo. Purtroppo io non lo sono. E non posso accettarlo – si portò una mano sul seno – Il mio corpo sta cominciando sempre più a svilupparsi. Presto … sarò io la debole – lacrime copiose le scendevano dagli occhi.
Louis si rimise in piedi. Dopo averla guardata strinse i denti: - Dopo avermi battuto, come puoi dire certe cose? – lei alzò lo sguardo e lo fissò negli occhi – E’ spregevole – urlò il ragazzo – In tutto questo tempo il mio obbiettivo eri tu!
-Louis … - sussurrò attraverso gli occhi colmi.
-Che tu sia uomo o donna? – continuò lui – E’ questo che dirai il giorno che ti batterò? Come se non fosse grazie alle mie abilità? Mi fa sentire, dopo tutto l’allenamento che ho fatto, un completo idiota! – lei smise di lacrimare – Non dire più cose del genere, Crista! – si avvicinò a lei – Promettimelo – tese la mano in avanti – Un giorno, uno di noi due diventerà il miglior spadaccino del mondo. Competeremo per vedere chi ce la fa!
Guardando tanta determinazione e forza nei suoi occhi, la ragazza chiuse gli occhi: - Stupido! Dire queste cose sebbene tu sia un debole – così gli afferrò la mano – Lo prometto!
Restarono con le mani strette per un po’ guardandosi intensamente negli occhi. C’era aria di sfida in essi. Ma per la prima volta i due ragazzi si sorrisero.


Anche Crista da quel giorno si impegnò a fondo. Tanto che riuscì a mettere fuori combattimento tutti i membri degli ultimi corsi, lasciandoli a bocca aperta.
-Straordinario – si dicevano – Sembra essere diventata ancora più forte di prima!
Suo padre la guarda incredulo. Senza commentare.


Arrivò il tramonto della seconda settimana dalla promessa tra Louis e Crista. Lui era sulla riva del ruscello ad allenarsi con i pesi: - Devo aumentare la mia resistenza – disse nella sua mente – Finché non riesco a impugnare quante spade voglio! Se due non sono sufficienti, ne userò tre! – si accorse in breve di non essere più solo. Vide tre suoi compagni lì impalati a fissarlo. Il loro sguardo era offuscato da un velo di tristezza.
-Cosa c’è? – chiese loro posando a terra i pesi. Non ottenne risposta: - Che avete?
Il primo di loro gli rispose. Fu una frase di tre parole. Divise. Tre piccole, semplici e allo stesso tempo funeste parole: - Crista – fu la prima delle tre – è morta.

Louis rimase immobile. La bocca semiaperta. Avvertì brividi a non finire sulla schiena e le braccia vibrare. Non parlò. Ne respirò. Rimase solo a gustare quell’amara risposta che lo paralizzò interamente.


La pioggia era fitta. La folla però avanzava sul viale di ciliegi in fiore, diretto al cimitero, sotto gli ombrelli neri. Trasportavano una piccola bara con sopra delle violette e farfugliavano silenziosamente tra di loro. Louis si strinse di più nella giacca nera e cercò di sentire.
-La piccola ha mancato il gradino con il piede sulle scale del magazzino – disse un uomo – Ed è atterrata di testa.
-Magazzino? – domandarono le donne.
- Sì. Sembra che fosse andata lì a cercare una pietra per affilare la sua Katana.
-Perché cercava una cosa del genere? – chiese un signore – Era ancora una bambina. Alla sua età non si usano Katane, ma Shinai.
-Chi lo sa – fu la risposta di molti.
Louis osservò a lungo la bara della ragazza. Non pianse. Né gridò. Rimase a contemplarla senza proferire nulla. La seguì fino all’arrivo al cimitero e fino al momento della sepoltura. Solo a tarda serata, quando ormai tutti se n’erano andati, si decise anche lui a rientrare, sparendo tra la nebbia di quel giorno molto dolente.


La scuola chiuse in segno di lutto per sette giorni. Ma questo non fermò gli allenamenti di Louis. Si rifugiava sempre sul retro del dojo e combatteva ancora più aggressivo di prima. Se la prendeva con le rocce, con gli alberi, con le canne di bambù, con le aste di legno. Le trattava come se fossero la causa di tutto. Ogni tanto mentre ringhiava come un cane per il troppo sforzo, gli sembrava di vedere la ragazza che lo guardava allenarsi. Ma quando si voltava trovava solo il nulla di fronte a sé. Il pensiero di Crista gli dava la forza necessaria per affrontare qualsiasi cosa. Alla riapertura del dojo, fu considerato il più forte di tutti. Batteva chiunque osasse sfidarlo. Ma alla fine dei combattimenti non dimostrava né soddisfazione né felicità. Solo rabbia. Tanta rabbia. E questo non sfuggì agli occhi del maestro Masashi Endo.

Un giorno lo raggiunse mentre tagliuzzava fendente dopo fendente il grosso ramo spezzato di un acero rosso. Quando Louis lo vide si fermò. Masashi non rideva. Non lo faceva spesso dall’accaduto. Gli fece segno di seguirlo.
Raggiunsero la sala dell’addestramento, deserta.
Si sedettero in ginocchio. L’uomo di spalle.
-Gli uomini sono esseri molto fragili, Louis – disse dopo attimi di silenzio, con lo sguardo chino – Crista era … una che odiava perdere. Sin da piccola si è allenata in questo dojo. Ottenendo abilità tali da poter battere anche gli adulti. Per questo motivo è diventata piuttosto arrogante. Fu in quel momento … che ci sei apparso davanti, Louis – il ragazzino aprì di più gli occhi – E per questo ti ringrazio. Per poter battere te, che diventavi più forte, giorno dopo giorno, lei si è concentrata sempre di più sugli allenamenti. Non voleva perdere contro un ragazzo come te. Così iniziò a rompere gli ostacoli che gli impedivano di diventare una spadaccina- sospirò – Dopotutto sono un padre come tanti altri – Louis strinse gli occhi e prese a tremare – Anche ora mentre ti guardo – continuò l’altro amaramente – Sento un dolore nel mio cuore.
Il pavimento si bagnò di piccole goccioline, che cadevano ripetutamente dagli occhi di Louis.
-Maestro – singhiozzò il ragazzino con sforzo di voce – Quella Katana … quella di Crista … la dia a me, per favore – lo pregò guardandolo con occhi dilatati – Io – giurò solennemente – prenderò una parte del suo allenamento! E diventerò ancora più forte! Diventerò così forte che il mio nome raggiungerò i cieli! Io … - balbettò a sobbalzi – sarò il più grande spadaccino del mondo! Ce lo siamo promessi … io l’ho promesso a Crista! – si nascose il viso tra le mani piangendo a dirotto.
Masashi lo guardò teneramente e sorrise: - Va bene – accettò. Louis alzò lo sguardo. Il maestro prese la Katana tra le mani e la tese in avanti: - L’anima e i sogni di Crista, li lascio a te – confermò deciso.
Il ragazzino fissò la spada a lungo, poi il signor Endo. Infine lanciò un grido disperato di gioia e dolore e riprese a piangere ancora e ancora mentre avvertiva l’energia della sua amica nella spada che ora apparteneva a lui.

Da quell’indimenticabile giorno, trascorsero diversi anni.
Quando un enorme spuntone di roccia, nel giardino sul retro del dojo, veniva tagliato a metà, significava che Louis ci aveva messo lo zampino.
Il ragazzo, ormai diciottenne, in una calda mattina di agosto, stava poggiando un mazzolino di margherite su una lapide al cimitero e sorrideva alla foto della ragazzina che c’era impressa sopra.
-Sono passati otto anni da allora – gli disse il vecchio Masashi Endo alle sue spalle – Finalmente partirai, Louis.
Il ragazzo annuì: - E lo farò per mantenere la mia promessa – sorrise risoluto. S’inchinò al suo maestro, ripose nelle fodere della fusciacca le sue tre spade e poi abbandonò il cimitero.
-Louis! – lo chiamò Masashi. Lui si voltò a guardarlo ancora una volta: - Abbi cura di te, ragazzo mio.


BOOOM! BOOOM! BOOOM!

Louis aprì di scatto gli occhi stordito da tanto fracasso. Si alzò ancora intontito: - Ma che succede? Che state facendo? – chiese ai suoi compagni.
-Stiamo facendo pratica col cannone – gli rispose Harry indicando uno scoglio discosto – Ma non siamo ancora molto concreti.
-Lascia fare a me – Zayn lo spinse da parte. Accese la miccia e puntò l’arma di nuovo verso l’ammasso di roccia: - Ecco … vediamo … - calcolò – Credo che la distanza corrente … sia giusta. Bene, 3, 2, 1 … fuoco!- la palla uscì dal cannone. Lo scoglio fu fatto a pezzi, centrato in pieno.
-Straordinario! – esclamò il ragazzo di gomma meravigliato – Sei un mito Zayn!
Il ragazzo non si aspettava proprio di colpirlo al primo colpo: - Modestamente – si vantò – Sono il maestro della mira – si batterono il cinque.
Louis li guardò e sorrise.
Poco dopo tutti e tre raggiunsero Vivy nella sua stanza. La ragazza stava chiudendo l’ennesimo libro di navigazione: - Ho dettagliato al meglio la mappa – comunicò – Direi che siamo pronti per partire alla volta del Grande Blu!
-Non ancora – scosse la testa il capitano – ricordate che abbiamo ancora un ruolo da coprire su questa nave.
-Oh, sì. Quello dell’addetto alla cucina – si ricordò la navigatrice – Ma se mi pagate, posso cucinare io – sorrise.
-Scordatelo! – esclamarono i suoi amici.
-Un cuoco è fondamentale in un viaggio del genere – continuò Harry – Ma c’è anche un'altra parte che non può mancare.
-Sarebbe?
-Un musicista.
-Cosa? – sbuffò Louis – E io che pensavo stessi per dire qualcosa di costruttivo, una volta tanto!
-Andiamo! – replicò l’amico – I pirati devono cantare. E poi …
La loro conversazione fu interrotta da un rumore improvviso: - VENITE FUORI PIRATI – era una voce profonda e minacciosa che proveniva dal ponte.
-Ma che succede? – chiese Vivy ritirandosi di più nella stanza.
Si sentirono rumori di legno spaccato.
Harry uscì a vedere. Vide sul ponte un tizio dai capelli neri, gli occhiali da sole e un drago rosso disegnato sulla guancia: - E tu chi cazzo sei? – gli chiese infastidito. Vide i barili dell’acqua grondare ovunque. L’uomo brandiva una grossa spada e stava lentamente spaccando la sponda della caravella – Perché stai distruggendo la nostra nave?
-Non importa chi sia io! – ruggì lo straniero – Perché ora ti ammazzo! – eseguì un affondo che mancò il ragazzo di un centimetro.
-Quanti ce ne sono là fuori? – chiese Louis noncurante, restandosene ancora seduto.
-Uno solo – gli rispose Zayn.
Lo spadaccino sorrise: - Lasciate fare a Harry allora.
-Ho ucciso un’infinità di pirati! – disse l’uomo al ragazzo dopo la seconda deviata – Ed uno sporco pirata senza nome come te osa uccidere il mio compare?
Il ragazzo di gomma indietreggiò: - Cosa intendi? Non so di quale compare tu stia parlando! E smettila di distruggere questa nave!
-Muori! – provò ancora a colpirlo l’uomo.
Louis sgranò gli occhi: - Un momento … ma … questa voce …
Harry reagì spingendolo con forza verso l’albero maestro. L’impatto fu violento e l’uomo vide per un attimo tutto offuscato. Quando ritornò a vedere con normalità, scorse un ragazzo avvicinarsi a lui.
-Sei proprio tu Jonathan …? – disse Louis aggrottando la fronte.
-Chi … - balbettò mettendosi seduto – Chi osa dire il mio nome senza alcun rispe … - si bloccò quando vide la sagoma alta e solenne del ragazzo con tre spade alla cintura. Sobbalzò: - Oh … Louis …?
-Sei proprio tu – disse lo spadaccino ormai sicuro.
-Ma che … ci fai qui?
-Tu che ci fai qui – ribatté Louis – E dov’è Sauk? Non siete insieme?
-Eh? – si intromise Harry più confuso che mai – Voi vi conoscete?


TO BE CONTINUED

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Capitolo 20
*** Episodio 20 - Il Ristorante sul Mare ***



A bordo del bastimento della Marina Militare, comodamente seduta su un tavolo a due a sorseggiare dell’ottimo Rum, c’era una coppia rilassata. Lei era un affascinante biondina dalle labbra rosee e gli occhi chiari. Lui un capellone nero, con una piccola cicatrice sotto l’occhio marrone e la carnagione opaca.
-Allora – sorrise lei maliziosa mentre versava altro vino – Dove mi porti oggi?
-Al miglior ristorante di questo mondo mia cara – rispose l’uomo.
-Non dirmi che si trova in mezzo all’oceano! – chiese lei meravigliata.
L’uomo le strizzò l’occhio facendo oscillare la mano con anelli di ferro sulle nocche: - Facciamo un brindisi alla tua bellezza, tesoro – i due fecero tintinnare i calici e tornarono a guardare il mare che scorreva sotto di loro.

Louis strabuzzò gli occhi. Con un salto raggiunse il ponte: - Sei proprio tu Jonathan – confermò sorpreso.
L’uomo col tatuaggio del drago si tolse gli occhiali sperando di aver visto male: - Louis … non ci posso credere! – esclamò ormai sicuro di non essere miope – Ma … che ci fai su una nave pirata?
-Ci vivo – rispose il ragazzo.
-Cosa? – strillò l’uomo – Ma come … perché … io …
-Dov’è Sauk? – domandò Louis – Non è con te?
Jonathan abbassò lo sguardo e camminò verso la sponda. Lo spadaccino lo seguì. Vide che l’uomo aveva le lacrime che gli scendevano da sotto gli occhiali. Sporgendosi dalla nave vide una zattera ancorata ad essa con una corda. Sopra di questa c’era sdraiato un uomo. Teneva gli occhi chiusi, la faccia bluastra e grosse macchie di sangue in varie parti del corpo.
-Sauk … è … - balbettò Jonathan a fatica – Molto malato.
-Cosa? – esclamò Harry che aveva osservato la scena – Vuoi dire che è ancora vivo? – l’uomo annuì.
Insieme riuscirono a portare Sauk sulla nave. Videro che ancora respirava anche se in maniera così lenta da riuscire a tento a scorgerla. Anche Zayn e Vivy accorsero a vedere.
-Il mio compagno … stava così bene fino a poco tempo fa – spiegò Jonathan con le lacrime agli occhi – Ma poi … il suo viso ha cominciato a impallidirsi … varie ferite si sono riaperte, gli è caduto qualche dente e ha perso molto sangue. Non so più che fare! Allora ho pensato di lasciarlo su quello scoglio per attendere la sua fine insieme a lui – indicò l’ammasso di roccia distante – Ma improvvisamente è arrivata una palla di cannone che ci ha fatto crollare varie macerie addosso. Per un pelo ce la siamo cavata – riprese a singhiozzare.
Harry e Zayn si guardarono sbiancati: - Scusaci tanto! – dissero all’unisono.
-Se avessimo saputo che c’era qualcuno su quello scoglio … non lo avremmo mai bombardato … credici!
Jonathan voltò il capo: - Come se delle stupide scuse potessero guarirlo! Louis … lui sta morendo! – restarono tutti col fiato sospeso. Il respiro di Sauk si faceva sempre più lieve. Attesero atterriti la sua espirazione.
Vivy però li spinse da parte e si chinò sul suo corpo. Tirò fuori la lingua violacea e la controllò per un po’. Jonathan la spinse via: - Che cazzo fai? Non lo toccare o io …
-Zitto! – gli urlò lei più forte – Ragazzi – disse ai suoi amici – Ci sono dei limoni della stiva. Portatemene alcuni.
Harry e Zayn corsero subito via spingendosi a vicenda e inciampando per la fretta. Ritornarono con dei limoni in mano. Seguendo le istruzioni della ragazza, li usarono per bagnare il viso del malato che ora aveva la faccia unta. Si udì un forte odore di aspro.
-Ma perché questo? – chiese Louis a braccia conserte.
-Il suo sangue è infetto – illustrò Vivy – Se le sue ossa non sono state colpite, dovrebbe rimettersi nel giro di qualche giorno.
-Dici davvero sorella? – gioì Jonathan afferrandole il braccio – Oh, grazie infinite sorella! – lo disse così in fretta da farle arrivare qualche goccia di saliva in faccia.
Lei si scostò: - Piantala di chiamarmi sorella! – poi ritornò a chiarire – Decine di anni fa, questa malattia ha provocato molti decessi. La sua causa è semplicemente una cattiva alimentazione, poiché molte navi non avevano i mezzi per conservare frutta o legumi. Per fortuna ai nostri tempi si è trovato un rimedio.
-Sei incredibile – commentò Harry – Sembreresti quasi un dottore.
-Secondo me alcune teorie le stai esponendo a casaccio – disse Zayn sospettoso.
-Tutti dovrebbero saperle! – strillò la ragazza adirata – Altrimenti un giorno potreste morire!
Si sentirono vari colpi di tosse. Sauk sotto lo sguardo di tutti si mise seduto. La sua pelle riacquistò il colore naturale un po’ abbronzato e la respirazione tornò regolare. Jonathan corse ad abbracciarlo e insieme si esibirono in un balletto strambo. Forse la danza della guarigione.
-Come diamine si fa a guarire così in fretta? – postulò Louis impressionato.
-NON E’ POSSIBILE INFATTI! – strepitò Vivy infastidita da tanta stupidità.
I due uomini si fermarono: - Scusate se ci presentiamo solo adesso, come si deve.
-Io sono Jonathan.
-E io sono Sauk. E insieme siamo dei cacciatori di pirati. Di taglie.
-Conosciamo Louis perché molto spesso abbiamo collaborato – spiegò Jonathan – E’ bello rivederti, amico.
-Non avrei mai pensato di ritrovarvi in questa situazione, ragazzi – disse lo spadaccino – Sono senza parole.
-Siamo noi a doverlo essere – replicò Jonathan – Com’è possibile che un cacciatore di pirati, conosciuto e temuto come te … sia diventato uno di loro?
-Ho le mie ragioni – ghignò il ragazzo. Si avvicinò per stringere la mano ai suoi vecchi amici. Ma uno di loro crollò ai suoi piedi. Sauk infatti aveva di nuovo quell’aria debole e malata. Stava ritornando in quelle pessime condizioni.
-Lo avevo detto io che era presto per gli sforzi – sbuffò la ragazza.
Quella sera, mentre Sauk, dopo aver mangiato altri diversi limoni, era stato portato nella camera di Vivy a riposare, gli altri si trovavano in cucina a discutere.
-Allora – volle sapere Harry – Ci sono imprevisti di questo tipo quando si viaggia per mare?
Jonathan annuì.
-Cazzarola – esclamò Zayn – Significa che se vogliamo continuare il nostro viaggio, dobbiamo avere una buona nutrizione.
-E ritorniamo al discorso del cuoco – disse Vivy.
-Ora che sappiamo i pericoli della mala alimentazione piratesca, dobbiamo assolutamente prelevarne uno– affermò Harry – La nostra prossima missione sarà trovare un cuoco!
-Trovare un cuoco che soddisfi le vostre esigenze – sorrise Jonathan divertito – Sapete – ricordò all’improvviso – Conosco un posto che fa al caso vostro.
-Davvero? – esultò il ragazzo di gomma– Allora dicci la rotta da seguire!
-Si trova nello stesso tragitto che conduce al Grande Blu.
-Perfetto! – applaudì il capitano – Assolutamente perfetto! Passiamo da questo posto, ci prendiamo un cuoco e poi via! Dritti verso il Grande Blu!
-La direzione – enunciò Jonathan – E’ Nord-Est!

I ragazzi si misero d’impegno. Manovrarono il timone, seguirono alla lettera le norme di Vivy e si diressero nel punto indicato dal loro nuovo amico. Harry, seduto sul pennone a scrutare meglio l’orizzonte, al giungere dell’alba, scorse una piccola sagoma galleggiante a dritta. Man mano che si avvicinarono, vide che si trattava di una nave, perché due grandi alberi maestri la affiancavano e intravide una grossa ruota a pale a propulsione a poppa. Ma somigliava più a una casa a tre piani. Un ristorante, letta l’insegna.
Una nave ristorante.
-Eccolo! – urlò Jonathan puntandoci contro il dito – Il Ristorante dei mari! Baratie! - il gruppo restò allibito – Che ne pensate?
-E’ davvero incredibile!- disse Harry che già sentiva un buco allo stomaco – E’ una nave … ma è anche un ristorante! – iniziarono a commentare tra di loro guardandosi con occhi luminosi.
Ma un rumore frastornante li zittì tutti quanti. Una specie di clacson. Una sirena per lo più. Apparteneva a una nave di ceppo azzurro, grande quasi quanto la loro che li stava affiancando. Sulla vela c’era il simbolo della Marina. Sussultarono quando la videro avvicinarsi.
-Spero non vogliano attaccarci – disse Zayn già nel panico.
-Ho un brutto presentimento – sospettò Louis restando con le mani sul fodero delle spade.
Un uomo si affacciò dal ponte: - Che strana bandiera pirata – disse facendo oscillare i lunghi capelli neri. Si appoggiò al parapetto facendo intravedere i suoi anelli di ferro – Io sono il Luogotenente del Quartier Generale della Marina. Sono Helgi Pugno D’Acciaio! Chi di voi è il capitano?
Jonathan impallidì e sparì sottocoperta. Non voleva farsi scambiare per un pirata e finire dietro le sbarre.
Harry si fece avanti:- Io – rispose sistemandosi il cappello – Sono Harry! Abbiamo issato la nostra bandiera da poco, per questo vi è sconosciuta.
Zayn orgoglioso guardò lo stemma sulla vela. Lo aveva dipinto personalmente e raffigurava un teschio con un cappello in feltro. Piccolo riferimento al loro Capitano.
-Che stupido scherzo- rise Helgi – Questa è più un gingillo che una nave pirata. Sapete, mi occuperei molto volentieri di voi ma … - si voltò e prese la mano di una bellissima ragazza – ho altri progetti per oggi. Quindi è meglio se smammate – e senza aggiungere altro attraversò la barella della sua nave. Mentre passava di fronte i suoi ufficiali, sussurrò: - Sapete cosa fare – loro non parlarono finché non videro sparire lui e la ragazza nel ristorante.

Harry e agli altri raggiunsero Jonathan in cucina. L’uomo stava sfogliando dei strani pezzi di carta.
-Tu lo conoscevi? – chiese lui Harry – Quel tipo strano, intendo.
-Sì, lo conoscevo – rispose l’amico stringendo forte i pezzi di carta – Abbastanza da dirti che è un farabutto! Uno stronzo! Dice di prendersi tutto il merito per cose che in realtà non ha fatto! Si limita solo a dare ordini e a inventare cazzate sulle vittorie! L’unica cosa che sa fare è sfoggiare in bellavista quegli anelli di ferro. E intanto – tese di più i fogli – tutti questi mascalzoni sono a piede libero ad ammazzare la gente per divertimento! – infuriato li gettò per terra e sbatté la porta della camera di Vivy, andando a fare compagnia a Sauk.
Lei si inginocchiò per osservare meglio quelle pagine: - Cosa sono questi? – erano dei manifesti. Avvisi di taglie. I manifesti sui pirati più ricercati del momento con la cifra più alta. Alcuni erano segnati con un pennarello rosso, altri invece erano ancora da catturare. Quando gli occhi della ragazza si poggiarono su uno in particolare, divennero vitrei. Sentì il cuore battere un sacco e le mani le tremarono. Tremò tutta.
-Ei Vivy, tutto bene? – le chiese Harry vedendola strana.
Ma l’amica non poté rispondere. Non ne ebbe il tempo. Un botto improvviso scosse il rivestimento. Corsero subito sul ponte. Videro il cannone della nave della Marina puntato verso di loro e uno scoppio alle loro spalle. Avevano tentato di farli annegare ma il bersaglio era stato mancato. Gli uomini si prepararono a ricaricare.
-SPOSTATEVI! – gridò Harry mettendosi davanti ai suoi compagni. Quando la palla partì, il ragazzo urlò: - GOM GOM SLINGSHOT!– si gonfiò come un pallone e l’accolse addosso a sé esibendosi nella fionda umana. Fu subito scaraventato via. Allungando le braccia e aggrappandosi all’albero maestro impedì di finire in mare. Tenne la granata saldata sé per un po’ e poi slanciandosi in avanti la rimandò dai marinai. Purtroppo lo il battage fu troppo violento e la palla sorpassò la nave militare e andò a schiantarsi proprio sul ristorante Baratie. Il locale non saltò in aria o crollò. Tuttavia sul tetto si formò un enorme cratere dal quale uscirono vagonate di fumo nero. A parte questo, nessun danno.

All’interno, proprio nella stanza dove l’esplosivo era detonato, c’era un uomo corpulento sdraiato a terra immobile.
-Capo! – urlarono alcuni uomini irrompendo nella stanza ora devastata. Si chinarono sull’uomo e lo scossero – Capo? Cos’è successo? Sta bene? Mi sente?
L’uomo aprì gli occhi neri e si grattò la testa pulsante. Emise un gemito di dolore. Si guardò intorno, dopodiché si chinò a fatica sul pavimento e prese un lungo cappello bianco da chef tutto stropicciato. Se lo mise in testa. Una grossa macchia di sangue che usciva dalla fronte, macchiò lui e il copricapo. Senza curarsene, disse in tono autoritario agli uomini: - Tornate subito a lavoro! – mentre si rimetteva in piedi.
-Ma Padrone … siete ferito … - provò a ribattere uno degli uomini.
-Volete forse che m’incazzi? – ringhiò lui – E’ compito di voi cuochi soddisfare i clienti! Non vorrete mica mandare a monte il mio ristorante vero? - loro deglutirono e si dileguarono fuori dall’ufficio.

Una mezz’oretta dopo, quando approfondirono indagini accurate sul responsabile dell’accaduto, alcuni uomini che non erano miliziani della marina, ma dipendenti massicci del ristorante, scortarono via Harry dalla sua nave e lo condussero nell’ufficio del loro capo. Lui li seguì senza opporsi, rosso in faccia per la vergogna.
-Eccolo Padrone – dissero gli “investigatori” – E’ lui il colpevole di tutto – spinsero Harry in avanti e lo lasciarono da solo con il loro capo.
L’uomo dai capelli ambrati si sistemò meglio la benda sulla fronte e scrutò il ragazzo di gomma con i suoi piccoli occhietti neri.
Harry ingoiò saliva: - Sono … veramente mortificato! – disse mettendosi in ginocchio. Nel farlo si ritrovò a fissare una delle gambe dell’uomo … di legno. Sbraitò e sentì infiniti groppi in gola: - OH, CRISTO … NOOOO!
L’uomo gli diede una botta in testa più violenta di quella che riceveva a volte da Vivy: - Idiota! Non è a causa tua se l’ho persa!
-Ah … no … ? – balbettò il ragazzo tranquillizzandosi e asciugandosi il sudore dalla faccia –Ce l’avevi già?
-E’ successo molto tempo fa – spiegò l’altro chiudendo per un istante gli occhi. Ritornò a fissarlo rigidamente e si indicò la fronte sanguinante: - MA QUESTA E’ OPERA TUA! – indicò il soffitto franato – E ANCHE QUESTA! Le mie cure immediate saranno molto costose! Così come la ricostruzione del tetto. Non pensare di svignartela come se niente fosse, ragazzino!
Il ragazzo si sistemò meglio il cappello in feltro: - Io non ho nessuna intenzione di fuggire.
-Ah no?
-No. Però … non ho soldi.
L’uomo schernì malizioso: - Ammiro il tuo coraggio. Se tu non hai denaro … dovrai lavorare qui gratuitamente.
-Bene – sorrise Harry – In questo modo mi farò rimborsare.
- Tu lavorerai qui … per un anno.
-Sì per un a… un momento … COSA? – esclamò il ragazzo comprendendo di slancio le ultime tre parole – Un anno?!?! MA STIAMO SCHERZANDO????


Nel frattempo, Helgi e la sua bella fidanzata, avevano preso posto in un tavolo a due posto vicino la finestra. Il ristorante era molto raffinato. Stracolmo di gente. Arredato in stile antico e con un’orchestra che suonava violoncelli e ottavini creando una dolce melodia. I due aspettavano l’arrivo delle bevande.
Un ragazzo giunse con passo moderato dinanzi a loro e versò del buon vino rosso nei loro calici.
Molti clienti si voltarono verso la coppietta: - Ma quello non è il famoso tenente Helgi detto Pugno D’acciaio? – cominciarono a bisbigliare tra di loro.
-Sì è proprio lui!
-Che onore per questo posto! Avere per cliente un membro del Quartier Generale della Marina.
-Quella ragazza che è con lui è proprio fortunata!
La biondina rise guardando il fidanzato: - Hai visto? Tutti ci guardano.
Helgi non sembrò sorpreso: - E’ perché ammirano il tuo fascino! – fecero tintinnare i bicchieri e li svuotarono delicatamente in un sol sorso. Poi l’uomo osservò l’ultima goccia rimasta nel suo. Inarcò le sopracciglia studiandola attentamente. Si rivolse al ragazzo che se ne stava ancora lì con la bottiglia mezza vuota: - Il colore di questo vino – annusò nel calice – e questo odore … non mi sono nuovi -  in molti si girarono a osservarlo incuriositi – Si tratta di una delle migliori fragranze del Nord. A volte generoso e dolce con una sottile agrezza … a occhio e croce … questo vino … - fece finta di riflettere per un po’ – è della stirpe dei Raymond Vineyard and Cellar … ho ragione, cameriere? – ghignò strizzando un occhio al giovane che gli stava davanti.
Lui non si mosse più di tanto: - Sbagliato – rispose tranquillamente. Prese la mano di Helgi con una forza incredibile e ci mise dentro un cucchiaio: - Non mi sembra il caso di parlare di queste sciocchezze, signore. La zuppa si raffredda – disse indicando il piatto di brodo fumante che un suo collega aveva posato sul tavolo poco prima. L’uomo rimase impalato con la posata stretta a mezz’aria.
Il ragazzo si allontanò. Voltò a stento la testa dai capelli biondi e si presentò parlando con una sigaretta mezza spenta in bocca, senza guardarli con i suoi occhi azzurri: - E per vostro appunto, il mio nome è Niall e sono il Vice Capo Cuoco. I camerieri se ne sono andati tutti ieri – e riprese la camminata tra i tavoli.
Tutti i clienti che si erano girati ammirando la sicurezza di Helgi, scoppiarono a ridere mentre riponevano lo sguardo sui loro piatti. Anche la sua fidanzata rideva silenziosa: - Ma come potevi sapere di questo vino?
Il tenente arrossì imbarazzato: - Ho … sbagliato … si vede che oggi il mio palato deve essere irritato … - provò a giustificarsi. Sentì alle sue spalle i clienti che gli ridevano dietro. Gli stessi che poco prima lo adulavano:- Ma che cazzo è successo? – imprecò nella sua mente mentre affondava il cucchiaio nella zuppa – Io … credevo di aver detto al padrone di portarmi il vino che ho menzionato … in modo da poterlo riconoscere … - digrignò i denti lanciando un’occhiataccia in direzione del ragazzo biondo che stava salendo la scala a chiocciola che avvolgeva la grossa colonna al centro della sala principale. Per colpa sua aveva fatto la figuraccia più infame della sua esistenza.

Harry sollevò l’indice e lo puntò verso l’uomo dalla gamba di legno: - Io non resterò che una settimana!
Lui scosse la testa: - Come puoi essere così fiducioso?
Harry sollevò due dita: - Facciamo due settimane.
-Cosa? Mi stavi per distruggere il locale e pretendi che ti faccia lavorare qui solo per due settimane?
-Allora arriviamo a tre.
-Mi stai sottovalutando ragazzino …- detto questo l’uomo poggiò le mani a terra e fece ruotare le gambe come se fossero pale di un elicottero e lo colpì sulla faccia di gomma. Esse possedevano una grande forza nonostante una di loro mancasse. Il ragazzo fu spinto contro il muro. Non ci mise molto a riprendersi.
-RIFIUTO! – gridò – Ho dovuto attendere dieci anni per diventare un pirata! Io rifiuto pienamente di restare qui un anno! – l’uomo lo fissò con un briciolo di interesse – Ascolta facciamo così – continuò Harry – Visto che non ho opposto resistenza e mi sono denunciato pacificamente da solo, dopo una settimana dovrò essere perdonato!
-Veramente? – sorrise gamba di legno – Beh, visto che hai così poco tempo, lascia che ti mostri qual è l’uscita più rapida – gli schiacciò il ginocchio – Devi farti tagliare una gamba – lo informò prendendo da un cassetto una sega per gli affettati.
Harry serrò le labbra: - Rifiuto – ripeté. Riuscì a scorgere una vena sulla fronte dell’uomo e rabbrividì.

Helgi si specchiò più e più volte nella zuppa senza mai ingerirla. Era troppo ingombrato e furioso per compiere qualunque gesto. Desiderava solo farla pagare a quell’impertinente d’un cameriere. In quel momento un piccolo millepiedi camminò vicino ai suoi piedi. Non appena lo vide ci schiacciò subito sopra la sua scarpa lucida. Rise maligno.
-CAMERIERE! – strepitò possentemente poco dopo. L’orchestra smise di suonare e tutti i rumori cessarono. Tutti gli sguardi erano puntati su di lui.
Il ragazzo biondo con la sigaretta si avvicinò lentamente e con lo sguardo menefreghista: - Vi ho già detto che non sono un cameriere – ridisse con voce calma. Invece di puntare subito gli occhi sul tenente, li abbassò prima sulla signorina in sua compagnia: - Lo sa? Lei è veramente affascinante – la lusingò prendendole una mano – Le andrebbe qualcosa di speciale per dessert?
Helgi batté il pugno dagli anelli di ferro sul tavolo richiamando la sua attenzione. Il ragazzo si voltò ad ascoltare le sue pretese: - Dì un po’, il tuo ristorante serve sempre degli insetti schifosi ai clienti? – indicò col cucchiaio il suo piatto di minestra. Abbassando lo sguardo il ragazzo scorse galleggiare in mezzo ad essa un millepiedi che non sembrava morto affogato. Aveva la pancia schiacciata – Spiegami come c’è finita questa roba nella mia zuppa! – Helgi rise a crepapelle dentro di sé. Con quella scusa la reputazione di quel ristorante avrebbe preso un brutto colpo.
Ma il biondino che gli stava davanti sorrise invece di desolarsi amareggiato: - Vi chiedo scusa, signore. Non ne sapevo nulla – non tolse mai le mani dalle tasche – di solito, serviamo gli insetti accompagnati con dell’ottimo coniglio in salmì e non dimentichiamo mai la salsa di tuberi piccante!- tutti risero più forte di prima. Dovettero girare la faccia per non farsi vedere con le lacrime agli occhi.
Helgi se subì una dopo l’altra. Strinse il pugno così forte da sentire dolore alle nocche: - Osi … - sussurrò alzandosi di scatto – Prenderti gioco di me!? – gridò come un ossesso. Batté nuovamente il pugno sul tavolo ma stavolta ci mise dentro tutta la forza di cui era capace. Il tavolo si spezzò come un rametto sotto le mani di un bambino. Anche le gambe cedettero disperdendo milioni di schegge. Piatti, bicchieri e bottiglie andarono in frantumi e allagarono buona parte del pavimento.
Un ombra calò sul viso del ragazzo biondo. Si chinò a osservare i resti del brodo: - Se si toglieva l’insetto era ancora bevibile. Per preparare questa minestra sono occorsi tre giorni, in modo da togliere tutte le impurità. Helgi gli pestò con forza la mano. Il ragazzo non urlò.
-Il tuo atteggiamento è assai disprezzabile, ragazzino! – gli disse il tenente – Io sono il cliente! Un cliente che paga! Tu devi fare quello che ti dico io! – urlò.
La sua fidanzata provò ad allontanarlo, imbarazzata più che mai: - Ti prego, caro smettila!
Ma Helgi la spinse violentemente da parte: - Chiudi il becco! – le ordinò facendola finire a terra. Poi ritornò a fissare il ragazzo.
Lui non alzò lo sguardo. I suoi occhi erano per un attimo diventati invisibili, sostituiti da un velo amaro e nero: - Si potrebbe riempire lo stomaco con il denaro? – chiese all’uomo.
-Cosa? – domandò lui a denti stretti.
-Ti ho chiesto – ripeté il biondino – Se del denaro potrebbe soddisfare la fame di qualcuno! – il ragazzo scattò.
Le sue gambe entrarono in azione. Le fece ruotare più e più volte servendosi anche delle mani tenute ben salde a terra. La sua energia lasciò tutti di stucco.

Harry si prese un altro pugno in faccia. Non reagì, però continuò a negare le offerte dell’uomo.
-Credi che dire sempre “no” basti? – gli ruggì contro.
Il ragazzo non si arrese. Sapeva di aver sbagliato e che quell’uomo dalla gamba di legno aveva tutte le ragioni per avercela con lui e costringerlo a metterlo al suo servizio per così tanto tempo. Ma lui aveva altri ideali per la testa. L’avventura. I suoi amici. Il grande Blu. One Piece.
Si rialzò dolorante dopo l’ennesimo colpo: - NO! – gridò ancora.

La solita atmosfera calma e accogliente che troneggiava nel salone principale era sparita. I numerosi cuochi dalla cucina erano accorsi a vedere ed erano rimasti pietrificati.
-Niall … - balbettarono – Cosa hai fatto …?
Gocce di sangue cadevano una dopo l’altra dal corpo sollevato per il collo del luogotenente Helgi Pugno D’acciaio, che dopo aver ricevuto un calcio sovraumano dal ragazzo biondo che stava cercando di umiliare, aveva ricevuto da egli una dura mazzata. Ora, con la mezza faccia ricoperta di sangue e il respiro difficile poteva solo gemere.
Il biondino che ancora lo teneva sollevato non era ferito. Né sembrava essersi affaticato troppo: - Vuoi batterti? – disse senza assumere espressioni o toni furiosi – Io non spreco il cibo in questo modo. Ricordati bene di questo giorno. E anche … che opporsi ad un cuoco sul mare equivale a un omicidio! – e restò così, la figura principale di quegli attimi in cui nessuno né fiatò, né si mosse, restando a contemplare l’incredibile forza di quello strano ragazzo che all’apparenza si sarebbe potuto descrivere come un ragazzo insolito. Ma chi credeva questo si sbagliava.
Di grosso.

TO BE CONTINUED

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Capitolo 21
*** Episodio 21 - Un aiuto per Jim ***



Nel piano intermedio del ristorante Baratie, dove si trovavano le cucine, in molti erano incoscienti di ciò che stava succedendo nella sala principale, tutti molto concentrati nella preparazione dei pasti.
Kingsley stava ripetendo per la millesima le norme basilari del ristorante Baratie di fronte lo specchio. Si era chiuso nel bagno e osservava il suo riflesso da uomo con corporatura massiccia e dalle robuste braccia pelose. Si sistemò meglio il grembiule scuro e strinse la fascia bianca avvolta intorno alla testa rasata.
- Essere sempre cordiali con la clientela – stava elencando in tono dispotico nonostante non stesse parlando con nessuno – Questa è la regola d’oro di ogni ristorante! Il cliente è un re! Il cliente deve sempre essere servito, non importa dove e quando! Il cliente è il vero padrone dei ristoranti – in realtà dentro di sé aspirava a ben altre cose della garbatezza. La mancia. Ogni giorno, dopo il lavoro adorava ripetere le seguenti parole: - Grazie signore, in tutto sono 1000 Berry! Sganci pure – e rideva a crepapelle. Era forse il cuoco più avido di tutto il ristorante.
Guardò il piccolo orologio appeso al muro del bagno. Erano ormai quindici minuti che si trovava chiuso là dentro. Doveva tornare in sala e farsi pagare da coloro che avevano appena finito di mangiare. Si aggiustò ancora il look togliendosi un pelo incarnito dal mento e uscì in corridoio. Prese l’ascensore che lo portò nel salone principale. Quando le portiere si aprirono aspettò a occhi chiusi di essere invaso dalla dolce sinfonia creata dall’orchestra. Invece il suo udito rimase soldo per qualche secondo. Senza capire si guardò intorno chiedendosi come mai il maestro avesse smesso di dirigere la musica. Lo capì subito. Tutti gli sguardi erano puntati su un ragazzo biondo che teneva sollevato per la gola un uomo che sanguinava.
Kingsley strillò rompendo il silenzio: - GESU’! Il … cliente … - era strano pensare che fino a poco prima stava ripetendo chiaro e tondo le regole del trattamento cordiale e ora assisteva a quella scena -  Niall! – strillò rivolto al ragazzo – Stai combinando di nuovo casini? – avanzò pesantemente – Che hai fatto a quel poveruomo stavolta? Che … è in più un tenente della marina!  - notò scrutando meglio il viso dell’uomo insanguinato.
Il ragazzo biondo si voltò a malapena verso di lui: - Cosa c’è ora, stupido cuoco? Smettila di urlare.
Kingsley ringhiò come un cane: - Un cuoco inutile come te non deve neanche azzardarsi di chiamarmi stupido! Il buon servizio è l’orgoglio di questo ristorante! Ma tu non sai nemmeno cosa significhi! Che cavolo è successo?
-Che ci posso fare? – rispose il ragazzo – Quest’individuo tratta il cibo come spazzatura e poi insulta il cuoco! – il suo tono si stava alzando a dismisura – E’ per questo che gli ho dato una lezione! – detto questo lasciò andare Helgi facendolo accasciare a terra col respiro lieve.
-Ma … in che cazzo di posto sono finito …? – gemette riprendendosi poco a poco – Non ho mai visto un ristorante che tratta i clienti in questo modo! Io … LO FARO’ CHIUDERE! – si rivolse al ragazzo – Informa il tuo chef, brutto pezzo di merda! Farò venire qui le forze armate a portare via questa bettola con la forza e di tutti voi non resteranno che ossa!
Il biondino strinse i pugni: - In questo caso – sussurrò facendosi sentire – Dovrò chiuderti la bocca – si scrocchiò le dita delle mani e si avvicinò a lui nuovamente. A fermarlo intervennero altri due cuochi.
-Aspetta, non lo fare! Calmati!
Il ragazzo cercò di opporsi dimenandosi e gridando al tenente: - Non sopporto la feccia della tua specie! Ora mi occupo io di te, brutto figlio di …
-Fermo! Hai fatto abbastanza Niall! Se continui va a finire che chiudiamo per davvero! – gli fecero notare.
-TI SPACCO LA FACCIA! – continuava lui ignorandoli e tentando di afferrare il viso di Helgi.
Ma improvvisamente, a interrompere tutto, fu una porta spalancata di scatto e due persone che ci uscivano correndo. La prima era un ragazzo con un cappello in feltro, l’altra un uomo grassoccio con una gamba di legno e un’aria alquanto assassina.
-FERMATI! Tu non vai da nessuna parte! – gridava al ragazzo.
-Mi spiace, ma ho già detto che non posso rimanere! – ribatteva Harry cercando di raggiungere l’uscita.
Fu bloccato dall’uomo che gli saltò sopra come un cane e lo fece atterrare violentemente sopra un secondo tavolo che si ruppe come uno stuzzicadenti.
I clienti furono paralizzati ancora di più. Era il secondo gesto più violento che mai avessero visto tra le mura di quella nave-ristorante.
Quando l’uomo con la gamba di legno se ne accorse sputò in faccia ad Harry: - E’ COLPA TUA STUPIDO MOCCIOSO! ORA HAI DUE DEBITI DA RIPAGARMI!
-Ma che minchia vuoi? – replicò lui – Sei tu che ti sei buttato addosso a me!
La loro lite fu interrotta dalle pretese dei cuochi lì presenti.
-Capo Zeph! Ci aiuti! Niall è impazzito! – alzarono entrambi lo sguardo e videro un ragazzo biondo che in tutti i modi cercava di aggredire un uomo ricoperto di sangue, seduto a terra.
L’uomo con la gamba di legno lo richiamò rimettendosi in piedi: - Ei! Niall! – il biondino si bloccò non appena lo vide.
-Oh – sbuffò seccato – E’ arrivato il Vecchio Decrepito!
-Stai cercando di distruggere il mio ristorante di nuovo? – urlò il Capo Zeph avanzando sempre di più – BUONO A NULLA! – e gli mollò un forte cazzotto sulla guancia.
Helgi finalmente ghignò a quel gesto ma non durò a lungo. Infatti l’uomo, dopo aver creato un piccolo livido sul volto del ragazzo, diede una violenta ginocchiata in faccia, con la gamba di legno, a lui. Al tenente si spaccò il naso. Sanguinò più di prima. Tossì, starnutì e lacrimò con conati infiniti.
-E TU ESCI FUORI DI QUI! – gli ordinò l’uomo.
“Anche lo chef … è così …” pensò Helgi nella sua mente contorcendosi dal dolore “A giudicare da come si comportano non sembrano cuochi, ma pirati!”
Kingsley afferrò il ragazzo biondo per la maglietta: - Ora ascoltami! Il cliente è un re!
Lui ribadì indifferente: - Questa regola si applica sui clienti che accettano di mangiare quello che gli prepari!
-Se volete battervi, fatelo in cucina! – gridò l’oro il Capo Zeph.
-TENENTE! – le attenzioni furono rivolte alla porta d’ingresso dov’era appena entrato un uomo in uniforme – Tenente Helgi! E’ successo un casino!
-Com’è movimentato questo ristorante – commentò Harry che non si era mosso di un muscolo.
-Tenente! – continuò il nuovo arrivato – L’uomo di Crocell è fuggito!
-Co … sa? – gemette Helgi.
-Abbiamo inviato sette membri dell’equipaggio per cercare di riacciuffarlo … ma …
-Impossibile! – strillò il tenente – Quando lo abbiamo preso stava morendo di fame! Era troppo debole!
Nella sala si era scatenato il panico:
-Ha detto Crocell?
-Oh, no!
-Non è il pirata più forte di tutto il Mare Orientale?
-Quindi è vivo?
-Non può essere!
-Veramente … - il soldato provò ad approfondire meglio. Ma …
BUM!
Uno sparo.
Il soldato cascò in avanti con un grosso foro nel centro della schiena.
I clienti gridarono e presero a correre all’impazzata dall’uscita sul retro. Ora il locale era mezzo vuoto.
Intanto un’altra figura entrò nel locale. Tutti gli occhi erano puntati su di lui.
Si trattava di un uomo che sembrava anoressico. Aveva folti capelli luridi, una peluria compatta sul viso e sul petto, un panno sporco avvolto intorno al corpo gobbo e una pistola in mano. Andò a sedersi al primo tavolo che vide come se niente fosse.
-Portatemi qualsiasi cosa. Da mangiare – ordinò – Questo posto è un ristorante, giusto?
Kingsley gli si avvicinò con un mezzo sorriso finto: - Beh, vi do il benvenuto.
-Non lo ripeterò una seconda volta! – rifece l’uomo – Datemi da mangiare!
Il cuoco dinanzi a lui si grattò la testa: - Perdonate la mia rozzezza … ma … voi avete denaro per pagare? – si ritrovò con la pistola dell’uomo puntata sulla fronte.
-Ti va bene una pallottola in …
Ma eco che il sorriso sul volto di Kingsley svanì. Caricò un pugno violento e atterrò quel tipo in un colpo solo. La pistola volò via.
-Uffa! – sospirò Capo Zeph – Siamo alle solite, Kingsley! Perché dovevi spaccare anche la sedia?
-Incredibile! – trasalì Harry.
Il ragazzo di nome Niall si limitò a guardare tirando la sua sigaretta sempre di più. Dopo un po’ lasciò la sala senza farsi notare.
-Un cliente deve pagare il conto! – grugnì Kingsley pestando la faccia, ora nera, dello sconosciuto.
I pochi clienti rimasti lo esultarono elogiandolo come un eroe. Aveva appena salvato la situazione.
Il pover’uomo, ora indifeso, si toccò lo stomaco con un gesto dolorante.
Kingsley sorrise: - Sento i crampi che provengono dalla tua pancia.
-Ho davvero fame … portatemi qualcosa vi prego … qualunque cosa … o potrei morire!
-TI CONVIENE ANDARTENE SE NON SEI UN CLIENTE BEN INTENZIONATO! – e riprese a malmenarlo.
Helgi deglutì: - Questo è troppo … - si rimise in piedi – Giuro! Non metterò più piede in un posto del genere! – e gattonò veloce verso la sua nave ormeggiata là fuori.
-Molto bene cari clienti – trionfò Kingsley dopo aver afferrato l’individuo per i capelli – Mi occupo io di lui! Tornate pure a mangiare in serena armonia! Musica! – fu acclamato con un sonoro applauso e l’orchestra ripartì.

Trascinò il morto di fame sul retro del ristorante e lo scaraventò dall’uscita secondaria della cucina, una piccola passerella deserta: - Sparisci e non farti più vedere – gli intimò richiudendosi la porta alle spalle.
Si poterono udire dei singhiozzi provenire dalla bocca dell’uomo: - Maledizione – gemette mettendosi a fatica in ginocchio – Questa gente … una volta … non mi avrebbe trattato così – tutto indolenzito e ancora con profonde trafitture nella pancia, potette soltanto restare lì a soffrire e a piangere.
-Hai fame, si vede! – sentì una voce. Alzò a malapena lo sguardo e vide un ragazzino dai capelli castani, gli occhi verdi e un cappello in testa osservarlo dal basso balconcino del piano superiore.
-E tu che cosa vuoi? – esigé l’individuo – Vattene!
Harry scrollò le spalle e fece per rientrare. Ma il rumore di una porta che sotto di lui si apriva lo costrinse a riaffacciarsi. Qualcuno aveva raggiunto l’uomo. Si trattava di un ragazzo. Lo riconobbe, era lo stesso che prima aveva causato tanta confusione in sala. In mano teneva qualcosa. Lo vide chinarsi su quel tipo.
Gli mise davanti agli occhi una ciotola fumante e colma di riso condito con pinoli, zafferano, cardamomo, uva passa e una salsa di tofu. Il tutto era accompagnato con un bicchiere d’acqua.
Il ragazzo biondo la poggiò e si sedette là vicino continuando a fumare: - Mangia – disse soltanto.
L’uomo deglutì venendo invaso dall’odore invitante di quella pietanza. Girò la testa: - Riprenditelo e vattene! – balbettò – Non sono così miserabile. Non lo voglio!
Lui non lo guardò neanche. Gli occhi persi nel cielo: - Finiscila di parlare e mangia. Per me chiunque ha fame è un cliente da servire.
-Io non sono un cliente! – il suo stomaco brontolò ancora.
Il ragazzo inspirò: - Il mare è così vasto, ma anche così crudele. Una volta che non hai né cibo né acqua, non immagini quanto può essere terrificante. La fame è una piaga troppo dura da sopportare – l’uomo lo ascoltò senza proferire risposta – Credimi. Io so cosa vuol dire patire la fame – finalmente il ragazzo lo guardò – Non penso che tu sia pronto a morire pur di non perdere la faccia. Ti conviene mangiare e partire per un’avvenire migliore – sorrise infine.
L’individuo non esitò a lungo. Ora che conosceva la sua occasione che poteva anche essere l’ultima non la sprecò. Afferrò il piatto di riso e cominciò a divorarlo ingozzandosi più volte. Si infilava intere cucchiaiate in bocca e anche dopo il terzo l’aveva già mezza svuotata. Il dolce sapore di quel piatto finalmente toccò il suo palato. Sentì nuove lacrime scendergli: - Mi … vergogno tanto … - singhiozzò mentre ingoiava – Pensavo … che non ce l’avrei fatta … che sarei morto di fame … grazie … è buono – mangiò ancora e ancora – Non ho mai mangiato niente di così buono! Grazie – ripeté dalla gioia – Grazie!
Niall sorrise: - Mi fa piacere.
Harry aveva osservato tutta la scena. Aveva sentito tutto, aveva studiato tutto. Si disse che il comportamento di quel ragazzo era davvero notevole. Le sue parole inoltre erano molto concrete e razionali. Si vedeva che era un tipo in gamba: - Non ho dovuto faticare per trovare un cuoco! – esclamò raggiante. Scavalcò con un salto il balcone e atterrò vicino ai due di scatto facendoli sobbalzare – Vedo che alla fine non sei morto per un pelo – disse indicando l’uomo non più affamato. Rise contento per lui poi si avvicinò al ragazzo: - Ei ciao!- si presentò tendendogli la mano – Mi chiamo Harry.
-Piacere … sono Niall – rispose il ragazzo stringendogliela stranito.
Harry andò direttamente al punto: - Sono un pirata. Vuoi far parte del mio equipaggio?
-Cosa? – chiese lui confuso e con le sopracciglia inarcate.
-Sì – continuò l’altro – Diventa il cuoco della mia ciurma!
-Tu … sei un pirata?
-Esatto!
-Ah! Allora è per questo che hai sparato al nostro ristorante.
-No … te lo giuro, è stato un incidente! Non ne avevo alcuna intenzione.
-Beh, non farti strane idee su questo ristorante. Pensa che una volta il proprietario era un Grande Pirata.
-Ma chi? Il tizio con la Gamba di legno? Un pirata?
-Proprio quel Vecchio Decrepito. Questo posto è come un tesoro per lui. I cuochi che lavorano qui lo ammirano e sono tutti ex-pirati. Per questo l’idea di trasformarlo in una nave è un’atmosfera ideale. Capita molte volte di prestarsi al servizio di corsari.
-Accipicchia. Allora deve avere seri problemi.
-Diciamo che molte persone vengono qui apposta per assistere a scontri tra pirati e cuochi. Molti camerieri allora hanno lasciato il ristorante.
-Ah! Ecco perché quello voleva che restassi qui per un anno! – rifletté ripensando a tutte le botte che Capo Zeph gli aveva dato. Dopo un po’ ritornò a proporre: - Dai, unisciti alla mia ciurma!
Niall semichiuse gli occhi: - Rifiuto! C’è una ragione per cui sono costretto a rimanere in questo posto.
-No! Io rifiuto! – esclamò Harry avvicinando di più il viso al suo.
-Che cosa … rifiuti? – chiese il biondo.
-Rifiuto il tuo rifiuto! – ripose il ragazzo di gomma –Sei un bravo cuoco e inoltre sembri essere poco più grande del mio amico Zayn!
-E ora che c’entra l’età?
-C’entra, c’entra! Non ci andava di avere a bordo un veterano lunatico. Per questo ti unirai alla mia ciurma!
-Un attimo, non puoi parlare come se decidessi tu per me! Dovresti chiedere la mia opinione!
-Sentiamo! Qual è questa opinione?
Niall volse la testa altrove: - Non sono tenuto a raccontartelo.
-Cosa? Prima mi dici di chiedertelo e poi reagisci così!
-Parlavo del fatto se fossi o non fossi d’accordo! – strepitò il biondo coi nervi – Non tirare conclusioni affrettate! Testone dal Cappello in Feltro di merda!
-Che cosa hai detto? Vuoi che questo “Testone” ti faccia il culo?
Il loro litigio improvvisato fu fermato dall’uomo: - Scusate se interrompo la vostra discussione …
-Che cazzo vuoi? – schiamazzarono in coro i due voltandosi a guardarlo.
-Io mi chiamo Jim – si presentò lui ingoiando l’ultimo boccone – E faccio parte della ciurma di Don Crocell. Tu hai detto di essere un pirata, vero? Qual è il tuo obbiettivo?
-Voglio trovare One Piece – rispose il ragazzo di gomma– E mi sto preparando a raggiungere il Grande Blu. La mia nave è quasi completa.
-Quanti siete?- chiese Jim.
-Con lui siamo 5 – Harry indicò Niall.
-Perché conti anche me?? – domandò lui seccato.
-Lascia che ti dia un consiglio perché a pelle mi stai simpatico – disse Jim – Non andare verso il Grande Blu. Sei ancora troppo giovane. Non devi dirigerti verso la tua morte troppo presto. Il Grande Blu rappresenta solo una piccola parte del mare. Se vuoi veramente diventare un grande pirata, ogni mare merita di essere esplorato.
-Davvero? – chiese Harry incuriosito – Tu sai qualcosa a proposito del Grande Blu?
-No – l’uomo prese a tremare – Non ne so niente. Non se so proprio niente. Per questo ho paura.
-Non sembri coraggioso nonostante tu faccia parte della ciurma di Don Crocell – s’intromise Niall – O almeno, non si direbbe vedendoti.
-Già – concordò Harry – Beh, terrò a mente i tuoi consigli. Ma la mia decisione non cambia.
-Sul serio? – esclamò l’individuo – Saresti disposto a rischiare la vita solo per raggiungere il tuo obbiettivo?
-Il mare è così grande – replicò il ragazzo – Non si sa mai quanti eventi ti possa riservare. E come disse una volta una persona di mia conoscenza – si toccò il cappello mandando un bel pensiero a qualcuno – “Se non cogli l’avventura quando ti capita davanti, questa ti si ritorcerà contro mordendoti il sedere” – vedendo che non avevano capito specificò sbellicandosi – In altre parole, Cogli l’attimo.
Jim e Niall si guardarono e scoppiarono a ridere.

Intanto, nella cucina tutto sembrava tornato alla normalità. I cuochi si stavano dando da fare per portare ai clienti i piatti richiesti. Ma mentre erano alle prese con griglia, forno, frigo e lavandino, parlottavano animatamente. Al centro di tutto c’era Russ.
-Cosa pensi succederà adesso?- stava chiedendo a suo fratello Kingsley – Ora che hai pestato quel ceffo … non pensi che potrebbe andare a chiedere rinforzi?
-Perché dici questo? – chiese Kingsley occupato a tagliare delle verdure.
-Beh – spiegò il fratello con un’aria cola di ansia – Perché se è vero che fa parte dell’armata di Don Crocell … le cose non potrebbero mettersi male. Perché questo tizio … dirige un’armata di 50 navi ognuno con un proprio capitano. E’ considerato come il capo di tutti i pirati del Mare Orientale. Praticamente … è un demone. Ho sentito dire che all’incirca ha 5000 uomini sotto il suo controllo. Se il poveraccio che è venuto prima gli dicesse che ha avuto rogna in questo ristorante … passeremo un brutto guaio. La nave potrebbe venire distrutta in un’istante!
Kingsley lo guardò disgustato: - Allora sarei dovuto restarmene fermo con le mani in mano mentre quello si sedeva e pretendeva? Sarebbe umiliante per lo stesso nome di Baratie. Per noi cuochi dallo spirito guerriero! Ce la siamo sempre cavata! Abbiamo respinto molti attacchi pirati negli ultimi anni. Se hai paura, fratellino, puoi anche andartene!
Russ strinse forte il coltello che teneva in mano: - Non ti sei chiesto come mai tutti i camerieri se ne sono andati? Appunto per questo motivo! Per ciò che succede qui praticamente tutti i giorni! E’ colpa tua se i dipendenti vengono trattati come cani!
-Quegli invertebrati nono sono di alcuna utilità!
-Nemmeno tu sei fondamentale, egoista del cazzo!
-Che hai detto?
Si stava per scatenare una rissa. Ormai tutta la cucina aveva lo sguardo puntato sui due fratelli. Purtroppo però, entrò aspramente Capo Zeph: - Imbecilli! Non me ne frega nelle vostre stronzate! Tornate a lavoro!
I cuochi obbedirono senza controbattere e si rimisero ai fornelli.

Jim slegò il piccolo imbozzo della scialuppa che si era procurato con l’aiuto dei due ragazzi e fu pronto a partire.
-Bene. Io devo andare. Immagino di non averti alterato le idee nemmeno un po’, giusto?
Harry sorrise: - Indovinato! Grazie per il consiglio ma io partirò lo stesso alla volta del Grande Blu!
-Beh, in caso ti auguro buona fortuna – l’uomo si voltò verso Niall – A te sono molto riconoscente. Sei il mio benefattore. Quel riso era veramente il più buono che abbia mai mangiato … mi piacerebbe tornare un giorno.
Il ragazzo sorrise compiaciuto: - Sarai sempre il benvenuto!
-Ei! Mocciosetto! – sentirono gridare alle spalle.
Si voltarono. Sul balcone della sala principale era affacciato Capo Zeph. L’uomo si era accorto da troppo dell’assenza dei due ragazzi: - Ecco dov’eri! – i suoi occhi si posarono sulla ciotola e il bicchiere che erano stati il pasto di Jim. Ora erano vuoti.
Niall ci si mise di fronte, come a scudo: - Vai Jim – sussurrò.
L’uomo abbassò lo sguardo: - Scusa … non volevo mettervi nei guai …
Il biondino non rispose subito. Si chinò e raccolse sotto gli occhi di Capo Zeph i resti del pasto che si era permesso di servire senza il suo consenso. E sempre sotto il suo sguardo, li gettò in mare. Questi affondarono quanto prima.
-Ora – disse ridendo – Non ci sono più ragioni per cui dovrei essere rimproverato.
Jim sentì lacrime di commozione salirgli agli occhi. Quella era davvero la persona più altruista che avesse mai conosciuto. Lo vide girarsi e guardarlo con un occhio strizzato: - Non farti acchiappare di nuovo Jim.
La vela della scialuppa si spiegò e questa si allontanò sempre di più con l’uomo a bordo. Egli s’inchinò senza trattenere un singhiozzo: - Grazie infinite Niall! Non dimenticherò mai il tuo atto di bontà – e con questa parola prese il largo tranquillamente.
I due ragazzi lo osservarono sparire sorridendosi a vicenda.
-Niall! Sguattero! – li richiamò Capo Zeph – Basta cazzeggiare! Tornate a lavoro!

Harry giunse per la prima volta in cucina. Indossava una strana divisa da lavoro rossa a righe bianche: - Ciao – sorrise ai cuochi che lo guardarono inquieti – Sono Harry e per un po’ mi occuperò dei lavori di pulizia.
Senza ricambiare nemmeno un sorriso, i cuochi lo spinsero verso un lavandino: - Comincia col lavare i piatti! – gli dissero.
Il ragazzo allora cominciò subito a sfregare le spugne sui pentoloni sporchi. Quando le sue orecchie sentirono gli chef parlare di Niall, s’incuriosì e origliò.
-Quello che ha fatto oggi è stato davvero ripugnante – dicevano disgustati.
-Già! – esclamava Kingsley – Non mi sono mai trovato a mio agio avendolo come vice capo-cuoco.
-Non possiamo farci nulla – sospirava Russ – Sapete che è il miglior cuoco del ristorante.
-Già – concordavano gli altri scocciati – Anche se lui e Capo Zeph non se la intendono alla grande.
-Ma voi sapete perché continua a restare sempre qui? – chiese poi uno degli addetti al freezer.
-Sicuramente aspira al posto di Zeph – rispose sicuro Kingsley – Vuole diventare lo Chef principale.
Mentre Harry ascoltava, non si rese conto di aver mandato in frantumi circa nove piatti. Era così preso dalla conversazione da non sentirli scivolare via dalle sue mani. Quando i cuochi se ne accorsero divennero furenti.
-SEI UNA TESTA BACATA! – gli urlò Russ mettendogli uno strofinaccio in mano – Lava per terra. Non dovrebbe essere un problema.
Il ragazzo sorrise confortante: - Lascia fare a me! – ma non andò esattamente nel migliore dei modi.
Infatti senza volerlo appoggiò una mano sulla padella che arrostiva sul fuoco e si ustionò. Urlò tremendamente e nel farlo cadde sulla credenza dei bicchieri che si scosse come se fosse in corso un terremoto. I calici di vetro andarono in frantumi. I cuochi non ne poterono più e implorarono Kingsley di portare quella peste fuori dalla cucina. L’uomo lo trascinò nel corridoio e lo guardò dritto negli occhi sorreggendolo per la maglietta: - Ascolta coglione patentato, non rimettere più piede in cucina! Aiuta a servire i clienti! – ruggì sputandogli in faccia – Ricorda cosa hanno ordinato e ce lo dici! Ci riesci almeno in questo fottuto compito? – Harry annuì e fu spinto via, verso le scale. Mentre le scendeva ritornando nella sala principale, sfotteva quegli antipatici uno dopo l’altro. Avrebbe potuto benissimo girare i tacchi e fuggire alla faccia loro, però non prima di aver convinto Niall a seguirlo.
Arrivato tra i tavoli lo cercò con lo sguardo sperando di ricevere un aiuto, ma i suoi occhi incontrarono tre persone sedute spensieratamente che ridevano. Erano i suoi compagni! Louis, Vivy e Zayn: - Ciao cameriere! – lo salutarono.
Sgranò gli occhi e li raggiunse: - E voi … che fate qui?
-Ci siamo stufati di aspettare – spiegò Zayn ridendo – E siamo venuti a sapere che lavorerai qui per un anno. Perché non ci porti qualcosa da mangiare? – fece l’occhiolino.
Il ragazzo di gomma vide che sul tavolo erano già stati serviti tanti tipi di pesce diverso: - Mi avete lasciato da solo! – sbuffò offeso – Io mi spacco la schiena a lavorare e voi vi riempite lo stomaco! Che belli amici che ho!
-E’ il nostro giorno libero – ghignò Louis voltando la testa.
Harry ne approfittò per fargli un dispetto. Sputò dentro il suo bicchiere di birra e aspettò che lo ingurgitasse.
Zayn e Vivy si coprirono la faccia trattenendo a stento le risate. Avevano visto tutto.
-Almeno spero che le bevande siano di vostro gradimento – ridacchiò Harry.
-Sono davvero ottime – Louis sollevò il suo calice – Mi dispiace molto che ti sei ritrovato a fare lo sguattero – lo avvicinò sempre di più alla bocca. Le risate dei tre erano diventati più forti. Ma ecco che quando Harry pensava che lo scherzo era riuscito, vide l’amico afferrarlo per l’orecchio tirarlo verso di sé e fargli bere con la forza la birra al posto suo: - Perché non ci dici tu se è buona o meno? – il ragazzo di gomma si affogò e tossì con la voglia di vomitare sapendo cosa gli era sceso in gola. Louis rise soddisfatto: - Tu a me non mi fotti – gli tenne presente.
Il cecchino e la ragazza non poterono più trattenersi e sghignazzarono come matti. Tutti si girarono verso di loro. Le risate erano parecchio rumorose e fastidiose.
Niall alzò lo sguardo dal tavolo dove stava versando vino e scorse il quartetto: - Si vede che quelli sono suoi amici – si disse osservando i loro modi di fare simili a quelli di Harry. Li studiò uno ad uno. Un tizio muscoloso con tre spade alla cintura, uno strano tipo con il ciuffo tutto tirato all’insù e … una ragazza.
Una bella ragazza.
Una splendida ragazza.
Una stupenda ragazza che rideva più delicatamente degli altri mentre si accarezzava i lunghi capelli castani.
Niall si bloccò. Senza levarle lo sguardo di dosso diede la bottiglia al cliente: - Se lo serva da solo – disse. E poi si avvicinò a quel tavolo.

Poco dopo Vivy sentì un dolce aroma abbastanza vicino. Il profumo di una rosa. Chinò lo sguardo e spalancò gli occhi quando vide un ragazzo biondo inchinato dinanzi a lei che le porgeva il suddetto fiore.
-Ringrazio il Destino – disse Niall poeticamente con un sorriso sul volto – Per aver permesso questo favoloso incontro – gli occhi dei quattro ragazzi erano puntati in modo interrogativo su di lui e sulle sue smancerie – Ah l’amore! Una forza innaturale che ti coglie all’improvviso quando meno te ne accorgi! Il tuo volto da fata ha scatenato dentro di me un’emozione inspiegabile! E pur di starti accanto, di ammirare i tuoi occhi sono disposto a tutto! Anche a diventare un pirata! – la ragazza prese il fiore parecchio imbarazzata e assillata mentre ascoltava le ridicolezze di quello strano ragazzo – Ma ahimè! – diceva in stile drammatico – La sorte ci ha fatto incontrare nonostante un ostacolo molto grande ci separi!
-Sarei io l’ostacolo, Niall? – disse una voce rompendo quel momento così strambo. Capo Zeph era arrivato in sala e il biondino si era voltato verso di lui senza più sorridere.
-Riecco il Vecchio Decrepito – disse arrabbiato per l’interruzione alla sua cantilena.
- Sai io non ho nessun problema – lo informò Capo Zeph facendo una smorfia irritata – Potresti anche unirti a loro e diventare un pirata. Non c’è il disperato bisogno che tu rimanga qui!
Niall strinse i pugni e i denti. Sentì una rabbia quasi incontrollabile impadronirsi di lui appena udì quelle parole.


La grotta era piena di stalagmiti che giungevano fino al soffitto. L’impregnato era polare nonostante fuori ci fosse un bel sole. Il fosco era cupo. Il relitto della nave completamente avvolta dalla muffa galleggiava nell’unica pozza di fiume della caverna. Jim, giunto sul ponte e avendo raccontato la sua disavventura, s’inchinò al cospetto della figura mastodontica che si rizzava sopra di lui.
-Capisco – sostenne una voce profonda – Quindi è solo grazie a questo cuoco se non sei morto di fame e sei riuscito a tornare qui. Giusto, Jim?
-Sì … signore – confermò lui – Ma … non mi aspettavo di ritrovarvi in questo stato … e con la nave in simili condizioni … Don Crocell! – esclamò deciso alzando lo sguardo.
-Dimmi – lo incitò la voce.
Jim inspirò profondamente e poi annunciò deciso: - La condurrò alla nave-ristorante chiamata Baratie – infine sorrise malizioso.

TO BE CONTINUED

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Capitolo 22
*** Episodio 22 - Don Crocell ***



Niall riuscì a placare quella crisi di rabbia che avrebbe potuto scatenarsi dal suo interno. Non voleva farlo di fronte una ragazza, soprattutto.
-Stammi a sentire Vecchio Decrepito – borbottò rivolto a Capo Zeph – Io qui sono l’assistente del Capo Cuoco. Come puoi insinuare che la mia presenza non sia più necessaria?
-Tu ricorri alle mani con i clienti troppo facilmente – spiegò l’uomo squadrandolo in cagnesco – Ti abbordi tutte le belle ragazze che vedi e sei incapace a cucinare! Non sei altro che un impiccio per questo ristorante!
-Che costa stai dicendo? – ringhiò il biondino stringendo i pugni così forte da farsi male. Sentì delle risate provenire dal fondo della scala a chiocciola. Scorse altri cinque cuochi che sghignazzavano nella sua direzione.
-Gli altri cuochi ti evitano, giustamente – continuò Capo Zeph – Perché non diventi un pirata? Abbandona questo ristorante.
-Ma cosa stai dicendo? – ripeté Niall – Io mi chiedevo che cosa volessi dirmi e tu mi pugnali con tali parole, vecchiaccio! Passi ancora per i tuoi insulti … ma non ti perdonerò per aver criticato la mia cucina! Poco importa ciò che dirai – avanzò mentre il suo tono si alzava sempre di più – E me ne frega ciò che puoi pensare! – agguantò la maglietta dell’uomo con foga.
Lui non reagì subito: - E ora cosa vorresti ottenere afferrandomi così? Sei solo un’imbecille! – e lo scaraventò violentemente addosso al tavolo dei quattro ragazzi. Così quel giorno, un altro tavolo andò perduto. Per fortuna Zayn e gli altri riuscirono a prendere tra le mani piatti e bicchieri per impedire che si facesse troppo male.
-Maledetto … - imprecò Niall rimettendosi in piedi con graffi sulle braccia – Te ne freghi di me … e io me ne frego del modo di merda in cui mi tratti! Resterò in questo ristorante e diventerò un cuoco! Rassegnati!
Capo Zeph strinse i denti: - Fino al giorno in cui creperai! – urlò prima di risalire le scale e sparire.
Nella sala era nuovamente piombato il silenzio.
-Bastardo – disse il biondino rimettendosi in piedi. Sentì una mano avvolgerle le spalle.
-Visto? – gli disse Harry gioioso – E’ d’accordo che tu parta! Quindi puoi diventare un pirata!
-Te lo sogni! – ribatté lui mentre cercava di sistemare la situazione. Sistemò il tavolo al meglio del quale le gambe erano fortunatamente solo molto scheggiate. Rimise in tavola i piatti trattenuti dai ragazzi. Si diede una sistemata ai capelli: - Ti chiedo perdono – sorrise rivolto a Vivy – Mi sono mostrato troppo rude. Per scusarmi, ti chiedo di accettare la specialità della casa, la macedonia di frutta, mia bella signorina.
La ragazza si gustò il palato: - Grazie sei così gentile!
Zayn s’imbronciò: - E per gli altri non hai niente da dire? – vedendo che il ragazzo lo ignorava pestò i piedi a terra frustato – Guarda che sto per lamentarmi alla gestione! Cuoco pervertito!
Niall sbuffò e gli porse una tazzina fumante: - Eccoti del thè, sporco ingrati!
Il cecchino divenne rigido: - Mi stai provocando? Guarda che non mostrerò nessuna pietà – rimase colpito dallo sguardo inquietante di quel biondino – Ehm … Louis … pensaci tu.
-Battiti da solo – rispose l’amico tornando a mangiare.
Vivy sorrise: - Aspettate, per favore, non battetevi per me! – disse con tono teatrale.
Niall rimase lucido: - Come vuoi – obbedì.
Zayn inarcò le sopracciglia: - Scusa? Chi è che si batte per te???
La ragazza continuò rivolta al cuoco: - Qui inoltre la cucina è davvero eccellente … però … è tutto troppo caro … non è che … - chiese mentre gli accarezzava furbamente il volto – mi faresti un piccolo sconto?
Niall con lo sguardo imbambolato annuì: - Per te è tutto gratis!
Lei gioì abbracciandolo: - Grazie!
Gli altri si guardarono. La loro amica non cambiava mai.
-Voi però pagate – ricordò loro il biondo smettendo per un attimo di sorridere.
Louis e Zayn sbuffarono indignati: - Mi sembrava strano …
Harry invece rise di gusto. Niall lo prese per un braccio: - E tu smettila di non fare un cazzo! Porta dei tovaglioli ai clienti!
-Uffa … - il ragazzo di gomma con lo sguardo scocciato tornò al lavoro allontanandosi dai suoi amici.
 
Passarono quattro interminabili giorni. La Up All Night restava sempre ancorata di fronte al ristorante e i suoi membri cominciavano a stancarsi di non poter riprendere finalmente il mare.
Harry svolgeva i lavori più umili in cui ne combinava di tutti i colori. Niall era insopprimibile, non si decideva ad accettare la sua proposta nonostante amasse fare la corte a Vivy. I cuochi se la prendevano sempre anche per il più piccolo sbaglio e non sfuggivano le legnate di Capo Zeph.
Il quarto giorno c’era un’immensa foschia. Vivy, Louis e Zayn sedevano sulla prua della nave con lo sguardo assente.
-Quando cacchio partiremo? – chiese il cecchino guardando con nostalgia il mare che si estendeva intorno a loro – Harry non può realmente restare qui per un anno!
-Che importa? – sdrammatizzò Vivy sorridendo – Qui si mangia bene e inoltre non si paga!
-TU NON PAGHI! –le ricordarono gli amici ansimando.
Videro Harry uscire più tardi con il saccone della spazzatura.
-Ei!- lo chiamarono – Perché non leviamo le tende? Andiamocene da qui!
-Mi dovete dare ancora un po’ di tempo – rispose il loro capitano – Andrò a parlare con il Capo … -la sua frase si bloccò a metà.
Le sue orecchie infatti avevano sentito un rumore fin troppo riconoscibile. Uno sciabordio. Un lento scroscio d’acqua che si faceva sempre più vicino. Proveniva dall’orizzonte nebbioso. Harry socchiuse gli occhi. Riuscì a scorgere una grossa figura che avanzava sull’acqua. Una nave. Non fu l’unico a notarla.

Un bambino nella sala principale l’aveva vista per primo, e dopo averla indicata alla mamma divertito, questa aveva sparso la voce generando il panico. Tutti i clienti si misero alle vetrate per cercare di studiarla attentamente.
Ricominciarono i soliti brusii.
-Ai lembi ci sono dei simboli minacciosi!
-Guardate! C’è una bandiera con un teschio!
-E’ una nave pirata!
-Quel vessillo … - balbettò un uomo in particolare attenzione – sì … non ci sono dubbi … è il tiranno di tutto il Mare Orientale …
-Non starai dicendo …?
-Sì … è … DON CROCELL! – e iniziarono le urla degli uomini, i mancamenti delle donne e i pianti dei più piccoli.
Man mano che la nave si avvicinava, si rivelò essere molto più alta di quella di Harry. L’albero maestro superava addirittura il ristorante. Era parecchio malridotta. La vela maestra era strappata a lembi, il legno che la formava a stento stava in equilibrio sulla cresta dell’onda, la poppa a forma di bocca di pantera era mezza distrutta e a bordo non sembrava esserci segno di vita. Pareva più una nave fantasma. Anche Niall, Capo Zeph e tutti gli altri cuochi la osservavano increduli.
-Perché sono qui? – si chiedevano tutti.
-Visto Kingsley? – gridò Russ – Te l’avevo detto che sarebbero venuti!
Il fratello deglutì con la faccia sudata: - Non sarà venuto qui … per vendicare l’affronto del suo subalterno? – pregò iddio che non fosse così.
Harry rimase fermo sul ponte del ristorante ad osservare l’immensa imbarcazione avvicinarsi.
-DOBBIAMO SQUAGLIARCELA! – gli gridò Zayn.
-Quella nave è davvero enorme! – giudicò Vivy col cuore in gola.
Anche Sauk e Jonathan, che erano rimasti a tenere loro compagnia in tutto quel tempo, avevano la faccia sgomenta.
Harry raggiunse Niall dall’altra parte della nave, dal quale si godeva una visuale perfetta.
-E’ davvero incredibile! – gli disse meravigliato – Pensi che Jim sia tornato … a ringraziarti?
Il biondino rispose senza guardarlo: - Ne dubito fortemente. Sarebbe troppo strano.
La nave fantasma si fermò a poca distanza dal Baratie. Mezza clientela si era già dileguata dalla parte opposta.  
-Accidenti! – commentò Harry – Sarà anche gigantesca ma è ridotta in uno stato pietoso.
-Si direbbe che sia stata attaccata con dei cannoni – ipotizzò Niall studiandola al meglio.
-Sicuro? Sembrerebbe più il relitto di un ciclone.
Ad un certo punto, videro una grossa sagoma nera innalzarsi dal ponte.
-Si mostrano – disse Niall stringendo le pupille. I due ragazzi rientrarono e rimasero in attesa.


Le poche persone rimaste nella sala principale si erano tutte strette nella parte più piccola. I cuochi invece si nascondevano o in cucina, o schiacciati sui gradini delle scale per restare a guardare. Capo Zeph non c’era.

La porta principale, dopo interminabili minuti di ansia si aprì rivelando una figura imponente. Tutti restarono col fiato sospeso. Il tempo sembrò fermarsi.
Un uomo dalla corporatura massiccia, coperta da pochi indumenti, avanzò reggendosi ad un secondo tipo: Jim. L’uomo che lo accompagnava aveva il volto sfigurato, la testa calva, occhi segnati da occhiaie profonde e una pallidità che lo ricopriva ovunque. Sembrava debole. Così debole da non reggersi in piedi.
La sua presenza scatenò lo stesso un panico tra le persone che si trattennero dal non urlare.
-Scu … scusatemi … - balbettò l’uomo bianco cadaverico – potreste darmi … qualcosa da mangiare … e da bere? – tremava – Se il problema è il denaro … posso darvene quanto ne desiderate. Ho dimenticato a quando risale il mio ultimo pasto … per favore … nutritemi … o per me sarà la fine … vi prego …
I cuochi si guardavano. Quel tipo così temibile li stava … supplicando?
-Ma che succede? – chiese Russ.
-Non ha l’aria malvagia – fece eco Kingsley – E’ veramente il famigerato Don Crocell? Colui che dirige la più grande truppa di pirati del nostro mare?
-Ha davvero l’aria di essere affamato – mormorò Harry appoggiato alla ringhiera della scala a chiocciola. Vide Niall oltrepassarlo e sparire di sopra.
Il presunto Don Crocell barcollò col respiro pesante.
-Capitano! – lo chiamò Jim cercando di farlo riprendere. Non poté fare niente. L’uomo cascò in avanti con gli occhi dilatati: - Don Crocell! – urlò l’uomo scuotendolo ripetutamente – Vi prego! – si rivolse in ginocchio ai cuochi – Salvate il nostro Capitano! Sta morendo di fame! Non mangia da settimane! Se non fate qualcosa morirà! – nessuno sembrò preoccuparsene. I clienti restavano lì a guardarlo disgustati e senza alzare un dito. I cuochi facevano altrettanto.
Kingsley rise a voce alta: - Dunque sarebbe questo il famoso Don Crocell? Quel disgraziato sdraiato per terra?
Jim insistette: - Ora abbiamo i soldi! Per questo siamo dei clienti!
-Ma non prendermi per il culo! – ribatté il grosso cuoco. Si rivolse a Russ: - Va a contattare la Marina. Non si ripresenterà un’occasione come questa per catturarlo! – gridò rivolto verso i due- Non vi daremo una sola briciola di pane! Legateli! – ordinò ai suoi colleghi.
-Ha ragione – concordarono i clienti tra di loro – Se riprende le forze non sappiamo cosa ci farà!
-Lasciamolo crepare di fame. È meglio per tutti.
-Sarà la sua punizione per tutti i suoi crimini.
-Ha fatto troppe cose orribili nella vita.
-Già! Se si sentirà meglio sono sicuro che si prenderà questo posto con la forza.
-Non vi daremo niente!
-Io … - gemette all’improvviso Don Crocell alzando di poco la testa – Non vi farò niente … dal momento che mi date qualcosa da mangiare … vi prometto di restare tranquillo … dunque … per favore … salvatemi …
-Don Crocell – disse Jim reggendolo – non fate così … non dovete umiliarvi … non è da voi!
-Ve lo giuro … - continuò l’uomo – ve ne prego … non importa cosa … anche avanzi … qualsiasi cosa commestibile!
Jim era commosso dalla sua penuria e s’inginocchiò anche lui.
Straordinariamente le loro preghiere furono esaudite.
Una persona si avvicinò. In mano teneva una ciotola di riso appena sfornato.
Jim lo riconobbe: - Niall … sei tu …
Il biondino senza esitazioni poggiò la pietanza di fronte Don Crocell senza sorridere o proferire qualcosa.
Harry e gli altri cuochi erano con la bocca semiaperta.
Jim non poté crederci: - Niall … - non disse altro. La misericordia di quel ragazzo lo aveva allibito. Vide Don Crocell afferrare il viso con le mani e riempirsi la bocca con enormi bocconi e voltò la testa per nascondere le lacrime.
-NIALL! RIPRENDITI QUEL CIBO! – sbraitò Russ avanzando non più di due passi – Non ti sei reso conto di chi sono quelle persone?? Quello è Don Crocell! Il pirata più potente di tutto il Mare Orientale! – indicò l’uomo che masticava con ferocia il riso. Il fratello di Kingsley, vedendo che il biondino non rispondeva prese a raccontare: - Tutto è cominciato quando si trovava in prigione. Si è fatto passare per un militare. In seguito ha ucciso il Capitano della Nave e ne ha preso il comando. A partire da quel momento ha iniziato a compiere le sue malefatte. Usava perfino la bandiera della Marina per accedere ad alcuni porti e dopo ne approfittava per devastare completamente la città! Usava perfino una falsa bandiera bianca per cogliere i nemici! Farebbe qualunque cosa per la vittoria! È così che è diventato quello che è!
-E’ proprio un bastardo – pensò Harry dentro di sé.
-Quest’uomo ha sempre saputo giocare d’astuzia – continuò Russ – Credi che se ne andrà senza dire nulla dopo che avrà finito? Come puoi credere alle sue parole? Guardare morire degli scarti come lui è il solo ed unico metodo per salvare il mondo! Niall! Mi stai ascoltando?
PUM!
Quel botto provenne dal grosso pugno che l’uomo a terra aveva appena colpito. Tutti si abbassarono a guardarlo. Lo videro alzarsi dopo aver finito la sua ciotola di riso. La sua figura smisurata ora era diventata anche più forte. Il suo pugno si alzò e sotto gli occhi di tutti percosse Niall in pieno volto. Negli attimi che seguirono, il ragazzo fu catapultato dall’altra parte della stanza mentre un rivolo d sangue gli usciva dal labbro. Finì a terra. Immobile.
Harry si coprì la bocca. I cuochi sobbalzarono. I clienti urlarono e uscirono in fretta dal locale.
-Oh, no … NIALL! – gridò Russ a squarciagola.  
Jim sgranò gli occhi senza alzarsi da terra. Li strinse: - Non erano questi i patti! – urlò – Don Crocell … voi mi avevate promesso che non avreste fatto nulla contro questo ristorante! Per questo vi ho condotto qui! Il Ragazzo che avete appena colpito … è il nostro benefattore … vi ha salvato la vita! – l’uomo in tutta risposta lo afferrò saldamente per la clavicola facendogli provare un dolore lancinante.
-Già – sorrise – Era un piatto davvero squisito! Mi sento in piena forma! – e per dimostrarlo strinse ancora di più l’osso della spalla. Jim urlò fino a restare senza voce. Don Crocell lo sbatté a terra senza smettere di ghignare.

Quando Zayn, Louis e Vivy videro le persone terrorizzate che uscivano dal ristorante dirette alle loro imbarcazioni tra infiniti strilli, si guardarono confusi.
-Ma che sta succedendo là dentro? – volle sapere il cecchino.
-Lo sapremo se andiamo a dare un’occhiata – gli propose Louis. Si voltò verso la nave fantasma ormeggiata non molto distante dalla loro – Non avverto nessuna presenza a bordo …
-Speriamo che Harry stia bene – disse Sauk.
-Io e Zayn andiamo a vedere – decise lo spadaccino prendendo l’amico per un braccio.
Lui provò ad opporsi: - Cosa? Ma non è pericoloso?
-Non dirmi che hai paura?
-Cosa? No … è solo che …
-Allora muoviti! – ed entrambi balzarono sul ristorante – Ci vediamo tra un po’. Non muovetevi da lì – dissero ai tre rimasti sulla Up All Night. Vivy abbassò lo sguardo.
Ormai nel Baratie c’erano soltanto i cuochi, Harry, Jim e quell’uomo così crudele e irriconoscente.
-E’ un ristorante piccolo ma di ottima qualità! – disse Don Crocell studiandolo attentamente – Ormai è mio – informò tutti ad alta voce.
Niall si mosse leggermente. Sollevò la testa. Dal meno colava il sangue: - Allora … è per questo … - riuscì a malapena a sorridere amaramente.
L’uomo si avvicinò a Kingsley che lo guardò ingoiando quanta saliva in vita sua: - La mia nave cade a pezzi – gli spiegò – Ecco perché ne cercavo una nuova. Dopo che avrete finito di eseguire il mio ordine, lascerete qui questa nave-ristorante.
-Cosa? – esclamò Russ.
Don Crocell indicò la nave fantasma là fuori: - Ci sono ancora più di 100 uomini a bordo della mia reliquia. Sono tutti morti di fame. Preparate per loro 100 porzioni di cibo e acqua. Alcuni per fortuna sono riusciti a sopravvivere ma non ce la faranno a lungo … Preparatele Immediatamente! E la morte sarà immediata … PER CHIUNQUE DISOBBEDIRA’! – sembrò che dalle sue narici uscisse fumo come ai tori imbestialiti.
Jim si strinse forte la spalla ancora dolorante: - Niall – chiamò a bassa voce. Il ragazzo lo sentì e si volto nella sua direzione: - Niall … mi dispiace … non sapevo che sarebbe finita così …
Kingsley si avvicinò al biondo: - Idiota! Guarda cos’hai combinato! E’ colpa tua se … - ma lui né lo guardò né lo ascoltò. Rimase a osservare la mortificazione di Jim per qualche secondo. Poi con sguardo deciso, si rimise in piedi. Cominciò a salire le scale.
-Ei! Dove cazzo stai andando? – lo richiamarono i cuochi.
-In cucina – rispose lui asciugandosi il sangue dalla bocca – Ho 100 porzioni di cibo e acqua da preparare.
-Cosa? – gridarono Russ e suo fratello.
-Oh … Niall – gemette Jim.
-Niall! – ribadì invece Harry in modo interrogativo. Non capiva cosa avesse in mente. Sembrava determinato.
E tutto il resto degli chef strepitò: - CHE COSA HAI DETTOOO??
Don Crocell ghignò: - Come sei ragionevole ragazzino.
Il biondino non poté proseguire perché in breve i cuochi lo circondarono puntandogli addosso coltelli, forchettoni, scope, padelle e altre “armi” da cucina.
-Sei un traditore, Niall! – gli urlarono in faccia.
-Sei una spia di Don Crocell, non è così?
-Non ti lasceremo mai andare in cucina!
-Tu non lasci questa stanza, maledetto!
-Non sopporteremo più le tue follie!
Niall li guardò uno per uno. Non un briciolo di ansia nei suoi occhi. Fece una soffiata con la sigaretta. Poi allargò le braccia: - Avanti – i cuochi si guardarono senza capire – Se volete fermarmi, fatelo! – Harry lo fissò immobile – So benissimo … - continuò lui – che quel tipo è solo un figlio di puttana … Ma non sono affari miei – alzava sempre di più la voce – Non mi interessano questo genere di cose! Quello che succederà dopo averlo nutrito, non mi riguarda assolutamente! Io sono un cuoco. Se qualcuno ha fame io gli do da mangiare. E’ il mio lavoro. Niente di più – tutti esitarono. Rimuginarono sulle sue parole e per un nano secondo si convinsero a lasciarlo passare.
Ma Kingsley li fece riprendere. Si avvicinò al ragazzo e lo atterrò con un potente pugno nel mezzo della schiena. Lui boccheggiò di dolore.
-Ma cosa hai fatto? – chiese Russ.
-Portatelo fuori – ordinò suo fratello ai cuochi. Si rivolse al biondino che non riusciva a mettersi in piedi: - Niall! Io so che tu servi del cibo di nascosto ai clienti indesiderati che io caccio dal ristorante! Me ne infischio di chi ha ragione e chi ha torto. Ma questa volta hai superato ogni limite. Non posso lasciarti agire liberamente. Proteggerò questo ristorante - si avvicinò al cassetto di un vecchio mobile – Per fortuna il nemico è uno solo.
Niall, ancora a terra, lo guardò omicida. Lo vide estrarre dal cassetto uno strano panno che avvolgeva qualcosa.
-I pirati vengono qui da noi quasi tutti i giorni – continuò Kingsley – E io sono sempre preparato per questo! – si girò  verso l’uomo che stava ancora in piedi all’ingresso – Allora, hai mangiato bene mio caro Don Crocell? Se vuoi ti posso portare un dessert. IL DESSERT CHE SPUTA FUOCO! – e srotolò dal panno un enorme pezzo da artiglieria dalla forma di un cannone e le dimensioni di un bazooka –ASSAGGIA QUESTO! – Kingsley caricò l’arma e sparò. Da essa partì un getto di luce rossastra e accecante che volò verso Don Crocell. Si creò un forte rombo che fece rizzare a tutti i capelli sulla testa e sprigionò da chissà dove, nuvoloni di fumo.
Poco dopo, l’uomo era sparito.
-La porta deve essersi sicuramente rotta – disse Kingsley soddisfatto – Ma ne è valsa la pena. Ho salvato il ristorante!
-E cosa … ne dovremo fare degli uomini di Crocell che sono sulla sua nave? – domandò Niall riprendendosi.
-Che ne so? - replicò il cuoco massiccio divertito –Magari li imburriamo e usiamo come esche agli squali che poi ci cuciniamo. E per un attimo il pericolo sembrò passato. Ma furono dei poveri illusi se lo credevano veramente.


Il fumo ancora avvolgeva l’entrata. Dal suo interno provenne una voce: - Che delusione – e poi un uomo si fece avanti. Don Crocell era vivo e non sembrava aver ricevuto molti danni al corpo – Cuoco di merda! – inveì rivolto a Kingsley. L’uomo e suo fratello rimasero sbigottiti.
Il pirata ora teneva in mano due pistole abbastanza cariche e in più altre mitragliatrici sbucavano dalla sua strana divisa. Un’armatura di piombo di genere medievale. Si mise a sparare a raffica.
I cuochi urlarono. Molti di loro furono colpiti.
-Il suo corpo … ma cosa … - si chiese Harry restandosene immobile nel suo nascondiglio.
I superstiti corsero a ripararsi dietro o sotto i tavoli.
Con uno schiocco di dita Don Crocell ripose le armi spuntate dalla sua armatura al loro posto: - Come osate sfidarmi? – ringhiò togliendosi i guanti e rivelando anelli di diamanti – Io sono il più forte! -fece girare il braccio come se fosse di metallo – Ho un braccio in titanio iper potente! La mia corazza è la più potente che esista! Le mie stesse arterie sono delle armi mortali! Ho un’armata di 50 navi e una ciurma di 5000 uomini! Tutte le battaglie che ho combattuto, ne sono uscito trionfatore! Io sono l’essere perfetto per portare il titolo di dominatore supremo!!
Harry ascoltava rapito le sue parole minacciose. Ad un certo punto avvertì alle sue spalle dei passi scendere le scale. Fece passare Capo Zeph. L’uomo teneva in mano un sacco di dimensioni colossali. Sembrava che al suo interno ci fossero due dromedari. Avanzò verso Crocell e glielo posò dinanzi.
-Ecco – lo informò – 100 porzioni di cibo. Portale alla tua nave – i due erano a quattr’occhi.
Studiandolo meglio, Don Crocell sentì un nodo in gola e il cuore battere forte.
-T-t-u … - balbettò rivolto al vecchio con la gamba di legno che lo esaminava disdegnante – Tu sei Zeph! – e lo disse con un tono così deciso, così scioccato, che il silenzio nella sala principale divenne più intenso di prima.

TO BE CONTINUED

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Capitolo 23
*** Episodio 23 - Proteggere Baratie! ***



Per la prima volta sembrava esserci del timore negli occhi di Crocell. Il trovarsi gli occhi di Capo Zeph riflessi nei suoi gli aveva provocato uno strano tremito e poi una piccola fitta al cuore.

L’uomo con la gamba di legno rimase ad osservarlo a quattr’occhi per pochi secondi. Voltò le gambe e si diresse verso la cucina mentre le suppliche dei suoi subalterni ancora rimasti in piedi ma con lesioni sul viso, cercavano in tutti i modi di farlo ragionare su una follia di cui lui sembrava convintissimo.
-Perché lo ha fatto? Non sa chi è quello?
-Se la sua ciurma riprenderà le forze, attaccheranno il ristorante!
Capo Zeph fece l’indifferente: - Dipenderà tutto se avranno ancora abbastanza spirito combattivo per farlo! – spostò l’occhio di poco – Dopo ciò che è successo sulla rotta del Grande Blu.
I cuochi si sbalordirono. Perfino il Pirata più famigerato del loro mare non era riuscito a traversare quella rotta così pericolosa.
Lui intanto teneva ancora gli occhi sgranati: - Allora sei proprio tu – strinse i denti – Zeph detto Piede Rosso. Sei ancora vivo, dunque. Il famoso pirata Capitano e Cuoco.
-Cosa cambia se sono ancora vivo? – volle sapere Zeph inizialmente senza voltarsi – Non ti riguarda. Come puoi ben vedere, ora sono solo un cuoco.
Don Crocell scoppiò a ridere: - Interessante. Ma secondo me, piuttosto che dire di essere diventato un cuoco ora, dovresti dire che non puoi fare altro che il cuoco! Ma guardati! Zeph Piede Rosso! Colui che non utilizzava le sue mani per combattere – riportò alla mente ricordi sanguinolenti – I tuoi calci micidiali potevano frantumare una roccia e persino lasciare un’impronta sul metallo. Il nome Piede Rosso proviene dal sangue rimasto sulle tue scarpe a forza di colpire i tuoi nemici – abbassò gli occhi sulla gamba di legno dell’uomo – Ma adesso hai perso la tua preziosa arma – ghignò – Mi sono arrivate voci che tu l’abbia persa in un’incidente. E per te una gamba in meno significa che non sei più in grado di combattere.
Capo Zeph non si mosse: - Non posso più combattere. E allora? Anche senza gambe ho fintanto le mie mani. Sarò ancora in grado di cucinare. Se vuoi qualcosa dillo chiaro e tondo.
-Zeph Piede Rosso … tu facevi parte di quei pirati che hanno navigato lungo il Grande Blu e che ne sono tornati indenni. Sono sicuro che devi aver conservato il diario di bordo di quel periodo – i suoi occhi a fessura sembravano trasmettere scintille di ingegno – Dammelo! – ruggì.
Harry si stupì, ancora appoggiato alla ringhiera delle scale a chiocciola. Quel vecchietto d’uno scorbutico aveva davvero navigato nella rotta del Grande Blu?
-Quindi tu vuoi quel diario – comprese Capo Zeph restando a quattr’occhi con Don Crocell – Si dà il caso che io ce l’abbia ancora. Ma non te lo darò mai! – gridò alla fine – Quel diario rappresenta l’orgoglio e la gioia dei miei viaggi passati con i miei compagni. Se dovessi dartelo … sarebbe sicuramente un peso troppo grande per te!
Don Crocell serrò la mascella e sputò sul pavimento: - Perfetto. Vorrà dire che verrò a prendermelo personalmente. E’ vero che ho fallito la mia conquista sul Grande Blu. Ma resto sempre il più forte qui, nel Mare Orientale! Ho potere e ambizione! L’unica cosa che mi manca sono delle informazioni. Di cui ho assolutamente bisogno. Per questo mi occorre il tuo diario. A quel punto ricongiungerò una nuova flotta, mi impadronirò del tesoro One Piece e mi metterò a Capo di Tutti i Pirati, diventando il loro Re!
Passarono alcuni secondi di silenzio, che vennero interrotti da uno strepito profondo. Harry saltò giù dalla scala e avanzò: - Aspetta un momento – disse con fermezza fermandosi e squadrando in cagnesco Don Crocell – Sarò io che diventerò il Re dei Pirati, brutta testa calva! – l’idea che qualcuno fosse così precisato ad impossessarsi del suo sogno lo mandava su tutte le furie.
I cuochi gli lanciarono sbirciate stravolte: - Ma cosa stai dicendo?
Niall inarcò le sopracciglia.
-Non dire fesserie, imbecille! – urlò Kingsley – Tu non faresti nemmeno le scarpe ad uno come lui!
-E’ solo un presuntuoso di merda – lo sfotté il ragazzo di gomma.
Don Crocell non si mosse: - Cos’hai detto, moccioso? Farò finta di non aver sentito.
-Invece hai capito molto bene – ribatté Harry – E se vuoi te lo ripeto: presuntuoso di merda!
L’uomo strinse i pugni: - Non sto scherzando …
-Nemmeno io.
-Non scherzare troppo, piccolo bastardo! È perché non avevo nessuna informazione che i miei uomini sono morti in 7 giorni! Visto che non abbiamo attraversato neanche la metà del Grande Blu! Come puoi pensare che un moccioso come te possa farcela?!
-In … sette giorni … - balbettò Russ sbiancando – I pirati di Crocell … in una sola settimana … ma com’è possibile …
-Sfortunatamente per te, non mi piacciono questi generi di scherzi – continuò Don Crocell rivolto ad Harry – Ma se insisti … mi vedo obbligato a farti fuori!
Il ragazzo piegò il braccio a pugno: - Darò una bella occhiata alle tue budella.
L’uomo sentì una vena pulsargli sulla fronte. Quel ragazzino lo aveva davvero sfidato e per lo più con un sorriso convinto sulle labbra?
-Molto bene. Visto che ci tieni così tanto, ti spedirò dritto all’inferno! – le spalliere della sua corazza si sollevarono rivelando quattro fucili a percussione.
Harry non sembrava spaventato. Anzi si stava riscaldando i muscoli, pronto a combattere. A differenza sua i cuochi, eccetto Niall e Zeph, si riparavano da tutte le parti aspettandosi una seconda esplosione.
Un rumore metallico si sentì dal fondo della sala. Due ragazzi erano appena entrati.
-Problemi, Harry? – chiese Louis facendosi avanti. Zayn al suo fianco, tremava come una foglia.
-Se ti serve aiuto … non devi fare altro … che chiederlo … - disse, bianco per la fifa.
Harry si girò verso di loro sorpreso: - Ragazzi … siete stati lì tutto sto tempo? Beh, non c’è bisogno. Ora vedrete come lo sistemo.
-Va bene! – Zayn sorrise tranquillizzato – Se lo dici tu … noi non facciamo nulla.
Louis invece sbuffò, desideroso di uno scontro. Entrambi si sedettero restando a guardare come se fossero al cinema: - Fallo nero!
Don Crocell emise una risata davvero fastidiosa e stuzzicante: - Quei due formerebbero la tua ciurma? Siete pietosi!
Harry sollevò due dita: - Ti sbagli. Ce ne sono altri due!
Niall s’incrinò: - Spero che tu non stia contando anche me! – quella risposta fu ignorata.
Don Crocell ripose al loro posto le armi che gli spuntavano dalle spalle: - Mi occuperò più tardi di te – agguantò il saccone gigante che Capo Zeph gli aveva portato – Ora devo dare queste razioni di cibo alla mia ciurma – voltò le spalle e uscì dal ristorante – Se non volete morire – fu il suo ultimo avvertimento – Approfittate di questo poco tempo che vi do per fuggire. Non voglio altro che questa nave e il diario di bordo. Ma se cercate la morte – sorrise – Sarò lieto di offrirvela su un piatto d’argento – e con passi piccoli si diresse verso la nave taciturna con cui era arrivato. Jim, ancora a terra con la spalla indolenzita, non lo seguì.
 
Intanto, sulla Up All Night, erano rimasti soltanto Sauk, Jonathan e Vivy. Erano inconsapevoli di ciò che stava succedendo tra le mura del ristorante e si stavano chiedendo dove fossero finiti i loro amici.
-C’è troppo silenzio – disse Sauk – Starà andando tutto bene?
-Non saprei – confutò Jonathan – Spero non ci siano problemi.
-Secondo me sarà meglio andare a controllare.
-Hai ragione. Ei! Vivy! – chiamarono la ragazza, che se ne stava appoggiata sulla sponda opposta reggendo uno strano foglio giallognolo. Lei non rispose, né si voltò: - Ei! Sorella?! – i due si guardarono e le si avvicinarono.
Si sporsero di più: - Sorella?!!
La ragazza sobbalzò e si girò di scatto portandosi il foglio che reggeva dietro la schiena. Era rossa in faccia: - Ehm … ditemi – balbettò – Cosa … avete detto? – chiese cercando in tutti i modi di non portare la loro attenzione su ciò che nascondeva. Si vedeva lontano un miglio che si stava tenendo qualcosa di molto importante per sé.
Sauk e Jonathan si guardarono. Come mai la loro amica era diventata improvvisamente così strana e disattenta?
Ritornando tra le mura del Baratie, si poterono udire i piccoli singhiozzi di Jim. Tutti lo guardavano con odio mentre cercavano di far rinvenire i compagni svenuti dopo il botto.
-Mi dispiace Niall – ansimò lui tenendo gli occhi abbassati con fare mortificato – Non pensavo che le cose sarebbero degenerate così.
Il biondino non gli rispose. A farlo fu Capo Zeph.
-Non c’è bisogno delle scuse. I cuochi agiscono come sembra loro più opportuno.
Kingsley sussultò: - Ma cosa dite, Capo? State prendendo le difese di Niall? Perché?
-Già! – gli fece eco Russ – E’ solo colpa sua se ci troviamo in questo guaio!
-Sicuramente vuole la distruzione di questo ristorante! – sbraitò un altro chef indicando il ragazzo.
-ZITTI! – quell’urlo fece ammutolire tutti. Capo Zeph sembrava furibondo – Voi non capite niente! Ditemi … siete mai stati sul punto di morire di fame? In mezzo all’oceano … senza cibo, né acqua! È una necessità terribile! Insopportabile! Voi non sapete cosa si prova! – Niall abbassò lo sguardo mentre si riaccendeva la sigaretta e fumava senza parlare.
-Ma … cosa state dicendo, Capo?- chiesero gli altri cuochi.
-Niall, in questo è diverso da voi – furono le semplici spiegazioni di Zeph.
Tutti guardarono il biondino a lungo. Lui non ricambiò. Chiuse gli occhi continuando a fumare. Loro erano confusi. Quel ragazzo sapeva cose che loro ignoravano completamente?
-Invece di stare qui a parlare a vanvera – li riprese l’uomo con la gamba di legno – Fareste meglio a dirigervi verso l’uscita laterale.
Kingsley strinse la scopa che ancora brandiva: - No! Io resto a combattere! Ne ho le palle piene di prenderle! Adesso mi darò una mossa!
-Anche io! – fece eco suo fratello – Questo è il nostro ristorante. Non abbiamo altro posto dove andare.
I cuochi, anche quelli semisvenuti, si alzarono riprendendo le armi che impugnavano poco prima. Avevano un’aria molto combattiva e determinata. Erano pronti alla battaglia.
-Ma che state facendo? – gridò Jim – Non avete visto fino a che punto è potente Don Crocell?!
-Ei, Jim! – Niall finalmente aprì bocca – Mettiamo le cose in chiaro. È dovere di un cuoco dar da mangiare a chi ha fame. Ma … - si avvicinò ad uno dei tanti tavoli rovesciati. Pestò una delle sue gambe di legno facendolo innalzare e con la sua di gamba, lo sbatacchiò, riportandolo in piedi. Senza nemmeno usare le mani. Ci si sedette: - Il mio avversario ora ha la pancia piena. Anche se dovessi ammazzare i tuoi compagni, non mi duole. Con chiunque voglia impadronirsi di questo ristorante, non avrei nessuna pietà – fissò l’uomo con occhi assassini – Neanche se fossi tu. Hai afferrato?
Jim sentì gocce di sudore imperlargli la fronte. Deglutì.
-Se va bene a te dire una cosa del genere, Niall – disse Kingsley ironicamente – allora siamo a cavallo.
-Taci – rispose il biondino senza guardarlo – cuoco del cazzo.
Harry si avvicinò ai suoi amici: - Visto? – esclamò – Avete visto che cosa ha fatto?
-Cosa cambia … - gemette Zayn ancora impaurito – L’importante … è filarsela da qui ancora in vita!
-Calma! – lo zittì Louis – Anche se è un tipo tosto come Don Crocell, è stanco. Io non me lo rivedo nei panni del disumano assassino di tanti anni fa.
-Ei Jim! – lo chiamò Harry ricordandosi di una cosa – Sbaglio o hai detto che molto tempo fa non sapevi niente del Grande Blu, ma che ci sei ugualmente andato?
L’uomo ingoiò ancora più saliva. I suoi occhi si dilatarono: - Io non ne so nulla – parlottò – Quello che è successo dopo il nostro arrivo nel Grande Blu, non so cosa fosse. Forse un sogno … un incubo. Ma finzione o realtà non so da che parte riattaccarmi. Perché – un pensiero, uno solo, brevissimo, lo paralizzò – non posso arrivare a credere che lui … quell’uomo … abbia distrutto da solo … 50 navi pirata!!
-CHE COSA? – urlarono tutti i presenti.
-E’ successo tutto in un attimo – raccontò Jim – quando quell’uomo è apparso … le navi hanno cominciato a colare a picco una dopo l’altra … Se non fosse scoppiata una burrasca, anche la nostra nave ammiraglia sarebbe andata in mille pezzi. Non so nemmeno quanti dei nostri compagni siano sopravvissuti … è stata un’esperienza impossibile perfino da narrare. Non voglio più pensare … a quell’uomo. Lo sguardo che aveva … i suoi occhi … taglienti come quelli di un falco!
Louis improvvisamente si alzò: - Cosa? – gli amici lo guardarono. Aveva gli occhi attoniti: - Cos’hai detto? – chiese con le mani tremanti
-Quel tipo – chiarì Capo Zeph – E’ Occhi di Falco – tutti pendevano dalle sue labbra – Hai detto che aveva lo sguardo come quello di un falco. Quindi non è sicuro che tu abbia visto proprio lui. Ma gli avvenimenti terribili che hai detto di aver visto sono sufficienti a provare con certezza che fosse lui.
-Occhi di Falco – sibilò Louis stringendo i pugni.
-Lo conosci? – gli chiese Harry.
-Sì – rispose l’amico – E’ l’uomo che sto cercando da quando ho intrapreso il mare per la prima volta.
-Avevate fatto qualcosa a quel tizio? – domandò Niall.
-Assolutamente niente! – riprese Jim.
-Lo avrete disturbato durante il suo riposino? – Capo Zeph scherzava ma nessuno rise, compreso lui.
-Non prendermi per il culo! – strillò l’uomo a terra – Non avrebbe mai abbattuto le nostre navi per così poco!
-Non t’incazzare – l’uomo con la gamba di legno fece spallucce – Era solo un’ipotesi. Può accadere tutto e niente per raggiungere il Grande Blu.
-Ma che razza di posto è? – frignò Zayn riprendendo a tremare.
-Sicuramente ci si troverà di tutto e di più – lo informò Louis.
Il cecchino si lamentò: - Harry … mi-mi sa che p-per ora dovremo lasciar … perdere l’idea di and-d-are in quel posto.
L’amico all’inizio non disse nulla. Poi spalancò un enorme sorriso: - Sono eccitatissimo! Sarà una vera figata!
-Non hai capito una sola parola di quello che ti ho detto? – lo richiamò Zayn.
Louis sfoderò una delle sue spade: - In questo caso, devo andare verso quella rotta anch’io.
-Cosa? – gli esigette l’amico fifone con le lacrime agli occhi.
-Quell’uomo – spiegò lo spadaccino – Occhi di Falco, è il mio obbiettivo. Una volta arrivati, lo potrò incontrare.
Niall spostò lo sguardo su di lui: - Ma sei stupido? Si direbbe che ti vuoi suicidare.
Louis replicò: - Forse hai ragione. Ma non sono uno stupido. Il giorno in cui ho deciso di diventare il miglior spadaccino del mondo, ho anche deciso di rischiare qualunque cosa per esserlo. Nessuno a parte me stesso, può trattarmi da idiota.
-Già – rise Harry – Anche io sono precisato sul mio obbiettivo!
Zayn fece un finto sorriso: - Come guerriero del mare sono come te!
-Sottospecie di bugiardo – Louis gli diede una spallata.
Niall li osservò tutti e tre: - Banda di Idioti – li definì.
Capo Zeph invece sorrise senza farsi notare.
-Ei – strepitò Kingsley riportando tutti nella situazione – Avete capito o no in che razza di casino siamo? La nave pirata che è qua fuori, è la nave di Don Crocell!!! Discuterete più tardi dei vostri argomenti da bambini. Ora dobbiamo pensare alla nostra difensiva!

Don Crocell, infatti dopo aver svuotato tutti i viveri che gli aveva dato Zeph, sul ponte della sua nave, ad essi si avvicinarono i suoi uomini come cani bastonati che infilano il viso nella loro ciotola. Si saziarono sfamandosi e riempiendosi la pancia. Sentirono le forze ritornare, il colore cadaverico dai loro corpi si dissolse, i loro palati avvertirono un sapore e le loro pelli morte, lasciò spazio ad una già più carnosa. Si sentivano rinati.
-Finalmente quell’incubo è finito! – gioirono rimettendosi per la prima volta su due gambe dopo tanto tempo.
-Già – ghignò il loro capitano osservandoli ad uno ad uno. Tutti si fermarono ad ascoltarlo: - Adesso possiamo ripartire verso il Grande Blu.
I suoi compagni lo guardarono trasalendo: - Cosa? – un tremito li attraversò.
-Capitano … - su fece avanti il suo luogotenente – Vuole davvero tornare là? Ma è una follia …
Don Crocell gli rispose in modo assai semplice. Sparandogli. Lasciò che una pallottola gli oltrepassasse il petto e poi parlò agli altri scandalizzati: - Ci sono altre obiezioni?
Loro saltarono ed applaudirono: -Evviva! Torneremo nel Grande Blu! – ovviamente il loro entusiasmo era falso.
-Bene – spiegò loro il comandante – Prima di tutto abbandoneremo questo relitto e ci impadroniremo della nave ristorante. A bordo non ci sono che una banda di miserabili cuochi. Ce la sbrigheremo facilmente – e con questo li esortò ad impugnare spade e fucili e a correre verso il Baratie.
 
Il calore della vampa verdognola che oscillava sulla candela incassata sul piccolo fusto della zattera di ceppo, era l’unica cosa che occupava quella mini imbarcazione. Il suo unico passeggero era in ginocchio. Teneva il viso nascosto dall’ombra generata dal suo copricapo nero dal quale spuntava una piuma color menta. In mano reggeva una spada a forma di croce, dalla lama tagliente. Sembrava essere stata fabbricata con tutti i pugnali del mondo fusi. L’essere misterioso si accarezzò il pizzetto e i baffetti neri. Alzò di poco gli occhi. Si aggiustò meglio il mantello viola che gli ricadeva su tutta la schiena e osservò con diligenza l’insegna della nave a cui si stava avvicinando. BARATIE.

I Cuochi, ancora nella sala principale, sentirono le urla degli uomini di Crocell rafforzati, che scendevano scatenati dalla loro nave, arrancando verso la loro entrata. Sembravano lupi pronti a sbranare decine di agnelli.
-Diamoci da fare – urlò Kingsley sollevando il suo coltello – Proteggeremo questo ristorante!
-SI’- gridarono gli altri combattivamente  - LO PROTEGGEREMO!
 
La zattera dell’uomo ormai era molto vicina. Peccato che sul suo cammino aveva trovato a bloccargli la strada, un’immensa nave malridotta dalla quale stavano scendendo uomini agguerriti.
Fu questione di un secondo. Forse anche di meno.
Quando l’uomo fece comparire il suo viso da sotto il cappello, tutti sentirono un fragore aguzzo. Finì quasi subito. Era stato breve quanto un battito di ciglia.
Nessuno vide né capì da dove proveniva.
Ma in quel momento ne guardarono le conseguenze.
Il relitto della nave di Don Crocell, si spezzò. In due parti. Mentre veniva risucchiato dalle acque, ora in tormenta, con i pochi uomini rimasti a bordo, l’uomo ripose nel fodero la sua spada da cento stiletti.
Harry e gli altri erano pietrificati. Non capivano cosa fosse successo. Tenevano gli occhi sgranati e mille domande bloccate in gola.
-COS’E’ SUCCESSO!!?? – gridò Don Crocell agli uomini che cercavano di aggrapparsi a più cose possibili mentre la poppa si alzava e si abbassava lentamente tra le onde.
-DON CROCELL! – lo chiamarono loro – LA NAVE AMMIRAGLIA E’ STATA RIDOTTA A BRANDELLI!
L’uomo non aggiunse altro. Se avesse parlato dalla sua bocca sarebbero partiti solo infiniti “Come” e “Cosa”. Come poteva un’imbarcazione grande come quella venire distrutta? Era forse una delle navi più grandi del mondo, che ora si stava inabissando sollevando gigantesche increspature che fecero traballare la nave ristorante.
Al suo interno, i cuochi rotolavano da una parte all’altra, spinti dal traballamento.
Capo Zeph si tenne aggrappato alla ringhiera delle scale: - Levate l’ancora! – ordinò – Altrimenti anche noi finiremo in fondo al mare!
-Agli ordini! – Russ cercò di tenersi in equilibrio e alla fine riuscì a lasciare la sala e a dirigersi al piano di sopra, nella cabina di comando.
-Merda! – esclamò Louis ricordandosi di una cosa – Vivy, Jonathan e Sauk sono ancora a bordo della nostra nave! – insieme a Zayn si precipitò verso l’uscita scivolando qua e là di tanto in tanto.
-Cavoli, speriamo non sia troppo tardi – si augurò il cecchino seguendolo.
Anche Harry si unì a loro.
Quando uscirono videro la nave di Don Crocell venire risucchiata completamente dal mare. Ma un’altra cosa attirò la loro attenzione. Una sagoma stava nuotando verso di loro urlando e piangendo: - Ragazzi! – lo riconobbero. Era Jonathan. Annaspava faticosamente. Dietro di lui nuotava a sbracciate Sauk. Li aiutarono ad aggrapparsi al ponticello del Baratie. Quando i due ebbero sputato rivoli di acqua e preso abbastanza aria poterono parlare.
-Cos’è successo?- chiese loro Harry – Dov’è la nostra nave? Dov’è Vivy?
-Una cosa pazzesca … - tossì Jonathan – Davvero … ci dispiace … non abbiamo potuto fare niente.
-Dov’è Vivy? – ripeterono in coro i tre ragazzi.
-Andata – rispose loro Sauk – Ha spiegato le vele e se n’è andata.
-Sì- gli fece eco Jonathan – si è allontanata con la Up All Night, portando con sé i tesori! Si è messa a ridere ed è sparita all’orizzonte.
Zayn, Louis e Harry esitarono per assaporare al meglio le parole. Poi di nuovo all’unisono sbraitarono: - CHE COSA?!?!?!?!


Capo Zeph si affacciò dalla sala. Ormai della nave fantasma non c’era più alcuna traccia. Però un’altra imbarcazione era comparsa tra la nebbia ormai dilatata. Spalancò gli occhi quando riconobbe una strana bandiera sventolare dal piccolo albero maestro di una zattera di ceppo: - Quell’uomo …
Anche Don Crocell se ne accorse: - No! Ci ha seguiti!
Louis seguì il loro sguardo e poi avvertì una potente fitta al cuore: - Impossibile … - mormorò. Man mano che la zattera si avvicinava riuscì a distinguere la persona che ci stava a bordo. Aveva il volto ricoperto dal cappello, ma reggeva in mano una spada a lui fin troppo familiare – E’ lui – ormai ne era sicuro – L’uomo dagli Occhi di Falco!

TO BE CONTINUED

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Capitolo 24
*** Episodio 24 - L'uomo dagli Occhi di Falco ***



Harry non ci poteva credere. Non ci voleva credere. Né lui né i suoi compagni visto il modo in cui si guardavano. Sconvolto. Senza parole. Incredulo.
-Vivy è scappata con la Up All Night? – chiese per la dodicesima volta.
-Sì! – risposero urlando in coro Sauk e Jonathan. Ancora sputavano acqua di mare dopo averne bevuto in abbondanza.
-Ci volete spiegare esattamente cos’è successo? – pretese Zayn.
-E’ successo tutto all’improvviso – i due uomini iniziarono a raccontare.

UN’ORA PRIMA
Jonathan spinse in avanti Sauk e insieme si avvicinarono a Vivy sulla sponda della nave.
La ragazza era ancora assorta nei suoi pensieri. Teneva in mano un volantino dalla carta giallastra da cui non staccava gli occhi nemmeno per un secondo. Si vedeva che qualcosa la turbava.
-Che c’è, sorella? – le domandò Jonathan – Ormai è da un pezzo che fissi quell’elenco dei ricercati.
-No. Non è niente – lei provò a nasconderlo schiacciandoselo al petto ma ormai gli amici lo avevano visto.
-Sei grande – si complimentò Sauk – Ti interessi ad un farabutto dalla taglia molto alta. Catturandolo guadagneresti una fortuna. Ma è meglio non mettersi di mira con uno come Arlong. Anche se ormai è da molto che non si fa più sentire. Sembra sparito.
-Probabilmente ha trovato una sistemazione e si è collocato lì facendosi i fatti suoi – ipotizzò Jonathan.
-Io però ho sentito di recente che sta per tornare in movimento – ribatté il suo compagno.
-Già – replicò l’altro – Una taglia da 20 milioni di Berry attira l’attenzione. Ma è così forte che potrebbe ucciderci entrambi anche se lo attaccassimo insieme.
I due si accorsero di essere rimasti soli sul ponte. Videro Vivy risalire dalla sua stanza. In mano teneva una maglietta. La ragazza arrossì.
-Che stai facendo? – chiesero i due.
Lei si portò una mano alla scollatura della camicetta che indossava. Chiuse un occhio: - Scusatemi, vorrei cambiarmi i vestiti. Potreste girarvi? Un secondino? – non sembrava imbarazzata. Anzi parecchio allettante.
Jonathan e Sauk avvamparono e sudarono: - Vuoi farlo qui? Adesso? Proprio … adesso?
-Non posso? – chiese dolcemente Vivy cominciando a sbottonarsi.
Gli amici sobbalzarono, più rossi di lei. Si voltarono dandole le spalle: - Prego, prego! Fa con comodo! – passarono alcuni secondi. I due erano immobili. Alle loro spalle sentivano il suono dei bottoni che si sganciavano e poi della stoffa che sfilava sulla pelle.
-Pensi … - mormorò Sauk muovendo soltanto le labbra arricciate – che potremo dare una sbirciatina? Solo un attimino?
-Sicuro! – approvò il suo compagno. Entrambi si girarono quasi sbavando.
Ma invece di ritrovarsi di fronte una magnifica visuale, videro due mani pressare sulle loro facce e mandarli all’indietro. L’urto fu così manesco da spingerli fuori bordo. Atterrarono tra le onde e rimasero a galla.
Qualcuno li aveva spinti.
Alzarono lo sguardo sulla nave. Vivy era di spalle. Non si era affatto cambiata.
-Ma cosa stai facendo? – sbraitarono sputando tossendo.
La ragazza esitò qualche istante. Poi si voltò. Sorrideva arzilla: - Come “che faccio”? Lo faccio per il Business! – i due l’ascoltarono senza capire – Io sono una ladra specializzata a derubare i pirati. Quindi questa nave non fa eccezione. Inoltre non ricordo di aver detto di fare mai parte della ciurma di Harry. Gli dissi soltanto che avrei collaborato. Lui e gli altri non sono niente per me. Li stavo solamente usando. Però mi sono divertita in questo poco tempo che ho trascorso con loro – fece l’occhiolino ai due e si diresse nella cabina del timone – Salutateli da parte mia!



 
Jonathan terminò la spiegazione: - Abbiamo provato a inseguirla. Ma è riuscita a svignarsela. Non so perché l’abbia fatto. Ci dispiace ragazzi. So che ci avevate chiesto di badare a lei alla nave. Ma non c’è stato niente da fare.
Zayn e Louis strinsero i denti. Quest’ultimo diede un forte pugno al muro, lasciandoci una crepa.
-Maledizione! Quella stronza traditrice si è servita di noi!
-Quella nave era un regalo di Perrie! – ringhiò l’amico ricordando la sua dolce amica.
Harry invece non sembrava incavolato. Anzi, era salito sulla sponda del Baratie: - Aspetta un attimo … - scrutò al meglio l’orizzonte – Eccola! La vedo! – indicò lontano. Chiudendo a malapena gli occhi, si poteva scorgere un puntino nero in distacco: - E’ la Up All Night! – dichiarò il ragazzo. Si voltò verso Sauk e Jonathan: - Avete ancora la vostra zattera? Quella con cui siete arrivati da noi?
I due si guardarono: - Sì. Penso di sì.
-E’ veloce? – chiese ancora Harry.
-Abbastanza – disse Sauk – Insomma, ha una vela resistente e dei remi.
-Louis! Zayn! – il ragazzo ora parlava a loro – Andate! Recuperate Vivy e la nave! – ordinò.
-Lascia perdere – rispose Louis – E’ tempo perso. Perché dobbiamo prenderci il disturbo di inseguire quella ragazza? E’ un imbrogliona. Lo è stata fin dall’inizio.
-Non possiamo andare avanti senza la nostra navigatrice! – replicò l’amico col cappello.
I due ragazzi guardarono il loro capitano. Nei suoi occhi c’era quella luce di determinazione e testardaggine che nessuno, ma proprio nessuno riusciva a toglierli.
-Ho capito – sospirò lo spadaccino rassegnato.
Sauk e Jonathan ripresero la loro zattera un po’ malandata, trovata dall’altra parte del ristorante e dopo averla rassettata in breve furono pronti a cederla ai loro amici.
-Tu che vuoi fare, Harry? – chiese Zayn.
-Devo sistemare un paio di cose al ristorante – rispose il ragazzo – Vi raggiungerò più avanti.
-Fa attenzione – si raccomandò Louis – Quei tizi non sono normali.
-Sì – annuì Harry – Lo so.

I superstiti al naufragio della nave fantasma, rimasti attaccati a dei pezzi di relitto galleggianti erano mezzi storditi. L’acqua che li aveva sommersi usciva in quantità dagli occhi, dalle orecchie e dalla bocca.
Mentre cercavano di capire cosa stava succedendo, videro una scialuppa illuminata da una strana candela con la fiamma verde che stava in cima alla vela. A bordo c’era un uomo con un grosso copricapo dal quale spuntava una piuma color menta. Quando alzò lo sguardo, tutti si paralizzarono. Non bastava chiedere. Non bastava esitare. Non bastava pensare. Era necessario guardare quei piccoli fori aurei che occupavano tutto lo spazio delle pupille. Così tetri. Così impressionanti. Così spaventosi.

-E’ lui – gemette un uomo aggrappato al ponticello del Baratie –L’uomo che ha distrutto la nostra flotta!
-Quel bastardo – disse invece Don Crocell pestando un piede a terra.
-E’ tornato, Don Crocell! – balbettò uno dei suoi uomini – Ci ha seguiti per ucciderci tutti!
Queste comunicazioni giunsero alle orecchie di Louis. Il ragazzo alzò gli occhi verso la scialuppa dalla fiamma verde e divenne cereo. La fuga di Vivy lo aveva distratto da ciò che stava mirando pochi minuti prima. Vide la persona con la lunga spada a forma di croce, il suo viso, i suoi occhi.
-Quell’uomo – reiterò deglutendo.
Harry notò che il suo amico doveva saperne di più: - Louis, tu sai chi è quello?
-E’ … l’uomo che sto cercando – rispose Louis – E’ Drakul. L’uomo dagli occhi di falco.
-Drakul, l’uomo dagli occhi di falco? – ribadì il ragazzo di gomma confuso.
-Sì – riprese l’amico – E’ lo spadaccino più forte del mondo.
-Sarebbe quello l’uomo che ha sbaragliato la flotta di Crocell? – chiese Kingsley indicando la scialuppa in avvicinamento – A guardarlo non sembra un uomo fuori dal comune e la sua arma non è poi così particolare.
-La sua arma ce l’ha sulla schiena – rispose Capo Zeph a braccia conserte. Indicò la grossa croce che spuntava dalle spalle dell’uomo col mantello violaceo.
-Volete dire … che ha distrutto cinquanta navi servendosi di quella sola spada? – domandò Russ.
Il suo superiore annuì: - Occhi di Falco è lo spadaccino più forte che esista. Il più forte di tutti gli spadaccini esistenti.

Non pensavo di incontrarlo così presto …” pensò Louis con un fremito nel cervello. Poggiò una mano sull’elsa delle sue tre spade “Finalmente … il mio destino è arrivato!”

La zattera dell’uomo ignoto si fermò.
-Maledetto! – gli urlarono gli uomini ancora vivi – Perché diavolo ci hai attaccato?
Drakul Occhi di Falco si voltò a guardarli per un breve attimo. Il pizzetto nero che gli scendeva sul mento e i baffetti che gli trapassavano la bocca si mossero quando lui parlò per la prima volta: - Per ammazzare il tempo.

-NON PRENDERCI IN GIRO! – strillò un subordinato di Crocell estraendo dalla tasca la pistola e sparando tre colpi verso l’uomo col cappello dalla piuma menta.
Egli allungò dinanzi a sé la grossa spada con l’elsa a forma di croce e chiuse gli occhi. Gli bastò incrinarla di 2°. I proiettili volarono superando gli angoli della sua testa. Lui non si era mosso. Non fu colpito.
-Ma cosa … - si chiese lo sparatore indietreggiando – Come ha fatto a …
-Le ha deviate – spiegò una voce dietro di lui – Ha diviso in due le pallottole con la sua spada – Louis si fece avanti camminando sul ponticello della nave-ristorante. Sorrideva. Diretto verso Drakul.
I pirati di Crocell lo riconobbero: - Quel ragazzo ha tre spade!
-Non sarà mica …
Louis si fermò: - Non ho mai visto una spada così – commentò guardando lo spadone di Drakul – Hai tagliato quella nave usandola come un coltello da cucina. Vero?
-Esattamente – rispose l’uomo dagli occhi di Falco.
-Capisco – il ragazzo sorrise – Sei il più forte. Ho preso il mare tempo fa, solo per incontrarti.
-A che scopo?  - domandò Drakul.
-Diventare io il più forte! – Louis prese dalla tasca la fascia verde che indossava sempre durante i combattimenti. Se la legò sulla fronte. Mise la prima dell’impugnatura delle sue spade in bocca e strinse forte le altre due.
Era pronto a battersi.
Drakul ghignò: - Sei un pazzo.
Louis tese verso di lui la prima spada: - Hai tempo da sprecare, vero? Allora battiti con me!
Ormai né i pirati, né i cuochi avevano più dubbi: - E’ proprio Louis! Il Cacciatore di Pirati!
-L’uomo dalle tre spade!
-Incredibile!
Niall era più sorpreso di tutti: - Quello lì?
-Harry, le cose si mettono male! – disse all’improvviso Zayn – Stiamo perdendo di vista la Up All Night! Harry? – l’amico non rispose – Mi ascolti? – a dire il vero teneva gli occhi concentrati sulla situazione dei due spadaccini.
-Povero debole che non sei altro – spasimò l’uomo dagli occhi di falco. Con un salto raggiunse la piattaforma di legno sul quale si trovava Louis – Se tu fossi stato un vero spadaccino – gli disse – Saresti stato capace di capire subito la differenza che c’è fra noi due senza estrarre le tue spade. Sfidandomi … pensi di aver compiuto un atto di coraggio? O solo per dimostrare la tua ignoranza?
-Deriva dalla mia ambizione! – ribatté il ragazzo che come al solito riusciva a parlare anche con la spada stretta fra i denti – E’ per una promessa fatta ad una cara amica.
-Lo spadaccino più forte del mondo, Drakul Occhi di Falco, contro il famoso Cacciatore di Pirati Louis! – annunciò Kingsley sbigottito, rimasto a guardare come tutti gli altri – A che razza di combattimento stiamo per assistere?
-Nessuno può battere il nostro amico! – ricordò Sauk.
-Louis è il migliore! – gli fece eco Jonathan.

Sotto gli occhi di tutti, Occhi di falco tenette il suo spadone a croce legato alla schiena ed estrasse invece dalla cintura un pugnale. Piccolissimo. La lama era così sottile da intravedersi a malapena.
-Cosa vuoi fare con quello? – gli chiese Louis.
-Non voglio impegnare tutta la mia forza solo per un leprotto! – disse Drakul – Anche se si tratta di uno spadaccino abbastanza famoso come te. Dopotutto siamo nell’Huge Boat. Il più tranquillo dei quattro oceani. Sfortunatamente per te non ho niente di più piccolo di questo.
-Non prendermi in giro! – Louis scattò correndo verso l’uomo – Se morirai non avertene a male!
-Sei come una rana in un pozzo – Occhi di Falco non si mosse – Devi ancora conoscere il vero mondo!
La sfida cominciò.
-DEMON CUT!- gridò Louis.
Il suo fendente incrociato partì e tutte e tre le spade eseguirono un abbassamento violento. Ma si bloccarono. Qualcosa le fermò immobilizzandole insieme a Louis.
-Co … cosa? – si chiese il ragazzo. Non poteva credere a ciò che vedeva.
Drakul non si era spostato di un passo. Non aveva ansimato nemmeno una volta. Teneva soltanto il piccolo pugnale in avanti. E con la sua minuscola punta aveva bloccato il colpo del ragazzo. Le tre spade non si muovevano a contatto con quell’arma all’apparenza insignificante ma nelle mani di un uomo come lui, un vero portento.
-Com’è possibile? – esclamarono Sauk e Jonathan – Il Demon Cut, efficace al 100%, è stato deviato da un misero stiletto? Ma com’è possibile?

Non riesco a muovermi” disse Louis nella sua mente “Cosa diavolo succede? Nessuno è mai riuscito a parare questa tecnica, eppure lui con quel misero giocattolo … possibile … possibile che sia così dotato?”
Si ritrasse violentemente e ripartì un altro colpo: - Non può essere!  
E si spinse più avanti che poté, ripetendo infiniti affondi, fendenti, dritti, roversi, spaccanti e taglianti. Incredibilmente Drakul non aprì bocca per lo sforzo, non versò nemmeno una goccia di sudore, non mosse l’altro braccio come a farsi scudo, non indietreggiò. Si limitò soltanto ad agitare freneticamente la mano che teneva il pugnale deviando facilmente tutti i colpi del suo avversario. E solo al centoquattresimo colpo delle sue tre spade, gli ferì il braccio con la lama dello stiletto.
Louis gemette e si fermò cadendo a terra.

I suoi amici erano scioccati.
Lo videro rialzarsi quasi subito e riprendere il combattimento. Le sue spade si muovevano scatenate tenute ben salde nei suoi pugni bagnati. L’uomo dagli occhi di falco però, la prendeva come un gioco.
Stava avendo la meglio usando solo quella minuscola arma. Che cosa inattuabile!
-Che spade feroci! – commentò l’uomo dopo l’ennesimo affondo parato.
Louis digrignò i denti e mosse le mani come per scacciare delle mosche. Freddamente. Era intenzionato a colpirlo almeno una volta ma la punta delle sue armi nemmeno sfiorava Drakul, indaffarato solo a incentrare il palmo per maneggiare il pugnale.
Si stava rendendo davvero ridicolo.
Non era lì per fare la figura dello scemo. Uno spadaccino forte come lui, messo spalle al muro da quell’insulso coltellino. Non riusciva ad accettare le incredibili capacità di Drakul. Era lì per mantenere una promessa.
La promessa di Crista.
Il volto della ragazza le comparve in testa per un breve attimo.
Un pensiero che lo stornò.

L’uomo dagli occhi di falco trasse la mano facendogli colpire a vuoto la sciabolata successivo.
Il ragazzo perse l’equilibrio. Mentre raggiungeva l’asse di legno, sentì un forte manrovescio dietro la testa da parte di Drakul che gli stordì le cervella.
Sentì delle voci.
Forse erano i suoi amici che lo chiamavano preoccupati per lui.

No. Era una voce femminile. Nella sua mente.

Sei fortunato, Louis. Tu sei un maschio. E potrai diventare il più forte. Io non avrò un futuro da spadaccina.

Un’altra voce stavolta. Più una visione. Un bambino in lacrime, davanti un uomo dallo sguardo chino.

Prometto di diventare il miglior spadaccino del mondo! Ce lo siamo promessi … diventerò il più forte anche per lei! Per Crista! Per la mia amica!

Questi brevi ricordi non lo riportarono alla realtà per due minuti.

Vide tutto appannato. Era a terra e Drakul era fermo, in piedi vicino a lui, perfettamente lucido.
“Se non lo sconfiggo” si disse in testa “Non potrò mai tener fede alla promessa fatta”
Cercò di rimettersi in piedi sempre stringendo la terza elsa in bocca. Ma oscillò e ritornò sdraiato.
L’uomo aggrottò la fronte: - Qual è il tuo scopo, ragazzo? – gli domandò –Perché cerchi questo potere? Sei solo un debole.
-Come osa chiamarlo debole? – gridò Sauk – Maledetto bastardo!
-Ti facciamo vedere noi adesso!- echeggiò Jonathan.
I due fecero per raggiungerlo sulla piattaforma e saltargli addosso ma furono bloccati da Harry.
-Non interferite! – ordinò a pugni chiusi – Abbiate pazienza!
Louis fissò gli occhi aurei di quell’uomo con i suoi imperlati di sudore: - Io non posso perdere – dichiarò. E si preparò a ultimare la sua norma: - Tora Fighter! - mentre la gridava un altro ricordo si impadronì dei suoi pensieri.

Rivide Harry il giorno in cui lo aveva conosciuto.

Perché dovrei ostacolarti? 

Diceva la voce del suo amico.

Lo spadaccino più forte del mondo? Per essere il compagno del futuro Re dei Pirati è il minimo che tu possa fare!

Il triplice colpo delle sue tre spade partì.
Ma l’agilità di Drakul lo precorse e si ritrovò con la punta del suo pugnale nel petto.

Louis abbassò le braccia mentre veniva avvolto da un alone opaco.
Quel colpo non fu fatale. La lama non era penetrata fino in fondo. Ma non mancò una manciata di sangue.
Il ragazzo però non cadde. Restò in piedi. Con gli occhi aperti e la faccia gronda.

I presenti erano ammutoliti. In quel momento sembrava che le uniche voci esistenti fossero quelle dei due sfidanti.
-Vuoi che ti colpisca al cuore? – chiese Occhi di Falco ancora con il pugnale teso – Perché non ti ritiri?
-Non lo so – soffocò Louis mentre liquidi rossi colavano dalle sue labbra – Non è solo per me stesso … se mi ritirassi adesso … credo che rovinerei tutto … la promessa e il giuramento che feci tanti anni fa … e non potrei mai più tornare in questo posto davanti a te, mai più!
Drakul incurvò le sopracciglia: - Esatto – disse serio – questa si chiama sconfitta.
-Ecco … perché … non posso ritirarmi – continuò il ragazzo sentendo la ferita allargarsi sul petto.
-Anche se dovessi morire? – l’uomo sembrò stupito.
Louis schernì altero: - Non ho paura di morire!
“Che grande forza di carattere” pensò Occhi di Falco guardando quel giovane determinato “Preferisce la morte alla sconfitta!” ritirò il pugnale dal suo petto e lo asciugò dal suo sangue.
-Ragazzo, dimmi il tuo nome – disse poi riponendolo nella tasca.
Lui innalzò le braccia e mise in posizione le spade: - Louis Tomlinson – rispose.
Drakul ghignò: - Me lo ricorderò. Era da tempo che non incontravo uno della tua stoffa. Quindi … –estrasse nobilmente dalla schiena la sua spada a forma di croce. Nelle sue mani si fece più acuminata e imponente attorniata di scuro – ti farò omaggio usando la mia Spada Nera, che è la più forte del mondo.
Louis strinse di più le Katane: - Accetto con piacere la tua offerta!
I pirati urlarono. Quella dell’uomo era la spada che aveva tagliato in due la loro possente imbarcazione.

“E’ la mia ultima occasione” si disse il ragazzo “Diventare il numero uno o morire?”
I suoi occhi ancora offuscati videro la sagoma agile di Occhi di Falco muoversi reggendo la croce in mano.
Le tre due spade che impugnava rotearono come eliche.
-TRI’ THOUSAND SAHOL! – si preparò ad attaccare.
Ma Drakul volò verso di lui come un falco e si ritrovò a dargli la schiena in un attimo. Dopo averlo percosso. Nessuno si era accorto di niente, tanta era idonea la sua sveltezza. Si sollevò uno strato di polvere.
Le due spade che Louis teneva si spezzarono come stuzzicadenti mentre lui avvertiva un’altra lesione più profonda sul ventre. S’inginocchiò tossendo. Era finita. Aveva perso.
Non se lo aspettava.

Si tolse l’ultima arma che gli era rimasta dalla bocca e la infoderò. Si alzò girevole e tutti poterono vedere il grosso segno che gli ricopriva i pettorali.
“E’ questo dunque, l’immenso potere che il mondo ha su di me” si disse comprendendo.
Si girò verso Drakul e inspiegabilmente aprì le braccia parandosi di fronte a lui. Nessuno capì.
Louis sorrise resistendo ai dolori: - Una ferita dietro la schiena è un disonore per uno spadaccino – era una delle prime regole che gli erano state insegnate. Non le avrebbe mai violate.
L’uomo dagli Occhi di Falco sorrise: - Ben detto.
Chiunque avrebbe detto che il ragazzo aveva assunto quella posizione solo per annunciare la sua sconfitta. Ma se non si era spadaccini esperti come quei due si farfugliava e basta.
Drakul infatti, troncò l’altra estremità del petto di Louis con un violento dritto sgualembrato. In questo modo gli marchiò una perfetta croce rossa.
Un fiume di sangue schizzò da tutte le parti uscendo dal corpo del ragazzo come aria da un palloncino.

Jonathan e Sauk piansero come bambini, Zayn si coprì gli occhi.

Harry lanciò l’urlo più forte della sua vita: - LOUIS! NOOOOOOOOOOOOOOOO!

Niall trasalì tappandosi la bocca: “E’ uno sciocco …” si disse  “Il suo stupido obbiettivo lo ha portato a sfidare il numero uno al mondo! Il risultato era scontato. Può essere più importante il suo ideale alla morte stessa?” e sbraitò irritato da tanta illusione – ABBANDONA LA TUA AMBIZIONE!

Louis cadde dalla piattaforma finendo in acqua, che assunse una tinta rossastra.
I pirati di Crocell erano pietrificati: - E’ questa la potenza del Grande Blu? La potenza del mondo?
-Neanche il cacciatore di pirati ha avuto successo contro di lui!

Harry strinse i pugni: - Maledetto – sussurrò – Maledetto! – digrignò– MALEDETTOOOOO!!! – e mentre Jonathan e Sauk si tuffavano in mare per recuperare il loro amico, il ragazzo di gomma allungò il braccio fino alla piattaforma del duello. Non appena trovò un appiglio si spinse in avanti facendosi trasportare dalla mano allungata.
E fu lì che tutti i cuochi videro per la prima volta i suoi poteri di estensione.
Niall spalancò la bocca facendo cadere la sigaretta: - Ma … come può essere?
Fu Don Crocell a rispondere per tutti: - Quel ragazzino possiede i poteri delle Folgori del Diavolo.
Quando Harry si ritrovò di fronte a Drakul provò a sferrargli un’infinità di pugni: - Figlio di Puttana! – ma lo spadaccino si scansò facendolo andare a sbattere contro una catasta di legno della nave affondata.
-Sei compagno di quel giovane spadaccino? – gli chiese vedendolo rialzarsi – Non temere. Il tuo amico è ancora vivo.
Harry sobbalzò: - Cosa?
Si sporse dal relitto e vide tre sagome nell’acqua. Erano Jonathan e Sauk ancora in lacrime che sorreggevano Louis.
Il ragazzo aveva gli occhi chiusi, il tuffo lo aveva ripulito dal sangue, che però continuava a uscire dai suoi colpi di tosse.
-Louis!- lo chiamò Harry – Louis!!!!
Zayn si avvicinò ai tre con la zattera e li aiutò ad issare l’amico a bordo. Quando lo ebbe sdraiato accanto a lui, si sbrigò a prendere la cassetta di sicurezza dei due uomini.
Drakul ripose la spada a croce al suo posto: - Per te non è ancora giunto il momento di morire, ragazzo! Ricorda! Io sono Drakul Occhi di Falco! Conosci te stesso, conosci il mondo e diventa più forte! Non importa quanto tempo passerà. Io ti aspetterò sul trono del più forte. Prova a superare la Spada Nera. Prova a superare me. Louis Tomlinson! – le sue erano parole allevianti.
Louis tossì ancora. Poi prese ad ansimare piano. Non era svenuto. Aveva sentito tutto.

Capo Zeph si sbalordì: - Non ho mai sentito Drakul Occhi di Falco pronunciare queste parole. La forza di volontà di quel ragazzo deve averlo stimolato.

Lo spadaccino si girò verso Harry: - Ragazzino, qual è la tua ambizione?
-Il Re dei Pirati – rispose.
Drakul sorrise: - Questo è ancora più difficile che superarmi.
-Lo so. Ma lo diventerò a tutti i costi.
-Louis! – sentì singhiozzare Jonathan e Sauk – Fratello, ti prego, dì qualcosa!
-Per fortuna è vivo – li tranquillizzò Zayn finendo di disinfettare le ferite.

-Louis – Harry vide il braccio del suo amico alzarsi. Reggeva l’ultima spada rimastagli.
-Harry – fiatò – Puoi … sentirmi?
-Sì – gli affermò Harry.
- Ti sei preoccupato vero?- domandò lieve il suo amico inspirando a fatica – Perché se non divento il miglior spadaccino del mondo, ti metto nei guai vero? – sputò ancora sangue.
Sauk gli toccò la spalla: - Non sforzarti! Basta non parlare!
Ma lui continuò ignorandolo: - Harry … ti prometto … - aveva le lacrime agli occhi. Per la prima volta da quando lo conoscevano tutti lo videro piangere: - TI PROMETTO CHE NON PERDERO’ MAI PIU’! Io lo batterò. E non subirò più una sconfitta finché non sarò diventato il miglior spadaccino del mondo! Qualcosa in contrario? RE DEI
PIRATI?!?


Drakul sorrise.

Harry anche, più intensamente: - Niente, amico! Così mi piaci!
-Siete una bella squadra – commentò Occhi di Falco – Vorrei incontrarvi ancora – voltò le spalle dirigendosi verso la sua scialuppa dalla fiamma verde – Chissà, magari un giorno.
-Fermo, Occhi di Falco! – questa era la voce di Crocell, che era balzato sulla scialuppa con lo sguardo furioso diretto verso l’uomo – Non eri venuto fin qui per la mia testa?
Drakul non si girò ma rispose menefreghista: - Questa era la mia intenzione. Ma mi sono divertito abbastanza per oggi. Torno a dormire.
Crocell ghignò: - Può essere stato abbastanza divertente per te, ma io ancora non mi diverto – estrasse dalla sua corazza le mitragliatrici – Il tuo unico impegno è quello di morire!! – e sparò. I botti furono tremendi.
Si sollevò una nuvola di zolfo e tutto divenne opaco.

Quando si dilatò, di Drakul e della sua scialuppa non c’era traccia. Era fuggito.
-Bastardo – Don Crocell ripose le armi scontento.

Harry era rimasto aggrappato al ponte del Baratie. Si girò verso la zattera dei suoi amici: - Andate! – ordinò loro – E prendete Vivy!
Zayn rise fiero: - D’accordo! Io e Louis riporteremo indietro Vivy! Tu convinci quel cuoco a venire con noi! E quando saremo in cinque– esclamò già trionfante – Potremo finalmente partire verso il Grande Blu!
-Sì!- concordò Harry sollevando il suo cappello – Ora andate!
Sauk rimase al ristorante con lui mentre la zattera con a bordo gli altri tre si allontanò.
Don Crocell si rivolse ai suoi uomini: - Ciurma! Ora che non ci sono più disturbi la vera battaglia può iniziare. Prenderemo il loro ristorante!
-SIII! – approvarono i pirati.
Harry si rivolse a Zeph: - Nonnetto, se ti tolgo dai piedi quei parassiti cancelliamo quel debito?
Il cuoco fece spallucce: - Come ti pare … 

TO BE CONTINUED

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Capitolo 25
*** Episodio 25 - Fuoco e Fiamme. ***



Harry esultò. Finalmente aveva trovato una soluzione per uscire da quel conveniente che lo teneva bloccato lì da quattro giorni.
-Bene, è deciso -  decretò squadrando Zeph negli occhi – Io mi occupo di quei sociopatici e tu mi lasci andare.
L’uomo con la gamba di legno si accarezzò il mento: - Affare fatto. Anche perché se restassi un’ora di più mi manderesti in rovina con tutti i casini che combini.
-Perfetto! – esclamò il ragazzo.
-Senti – gli proferì il Capo – E’ vero che vuoi diventare il Re dei Pirati?
-Certo. E lo diventerò sicuramente.
-In questo modo molte persone si danno delle arie – sorrise – ma queste parole le ho sentite dire da pochi.
-Tu sei stato un pirata molto famoso un tempo. Non hai mai voluto diventare il Re dei Pirati?
Zeph guardò il cielo: - Il passato è passato. Oggi possiedo un ristorante e questo mi si addice perfettamente.
 
Don Crocell continuava a ghignare mostrando i denti giallognoli. Indicò il Baratie: - Compagni! Prendiamoci quella nave e il Grande Blu non ci farà più paura! Come quando camuffavamo la nostra barca con una della marina, o come quando esibivamo una falsa bandiera bianca, potremo avvicinarci al nemico e attaccarlo più facilmente con un finto ristorante! – il suo piano era molto equilibrato. Nessuno avrebbe potuto pensare che un locale galleggiante fosse la dimora di un gruppo di pirati sanguinari.
Alcuni dei suoi uomini però non sembravano molto sicuri.
Uno si avvicinò cauto: - Ma Capitano … e se incontrassimo di nuovo Drakul Occhi di Falco? Lui ormai sa … - non continuò. Crocell gli piantò una pallottola in petto prima di farlo finire.
Gli altri seguaci si allarmarono. Lo videro voltarsi e sentirono un groppo in gola.
-Non avrete paura di quel tipo, mi auguro? Credete che una persona normale possa sul serio spezzare in due un galeone? Drakul ha il potere delle Folgori del Diavolo. In questo mondo molti pensano che non siano altro che leggende queste strane saette che forniscono a chiunque ne venga colpito un potere soprannaturale. Il Grande Blu è infestato da persone straordinarie come lui. Quando Drakul ha attaccato la nave, ha dovuto per forza utilizzare il potere di una delle Folgori. E lo stesso vale per quel moccioso col Cappello di Feltro. Una volta entrato nel Grande Blu sarà solo un pirata ordinario – strinse il pugno – Ma Zeph Piede Rosso ci ha navigato per un anno. Sono certo che lui sa come controllare queste bestie. Ed i suoi segreti devono essere scritti nel diario di bordo. Forse … potrebbero esserci addirittura informazioni sul tesoro One Piece lì dentro!
-Lei ha ragione – approvarono i subordinati con lo sguardo accanito – Una volta in nostro possesso potremo recuperare anche One Piece!
Il loro comandante ghignò di nuovo: -Bene. Allora impadroniamoci di quel ristorante!!!
-SIIIII’!!!
Niall si tolse la sigaretta di bocca facendo uscire parecchio fumo.
-La barca sta per diventare un campo di battaglia – annunciò.
Immagini sfocate si formarono nella sua mente. Ricordi di un giorno lontano. Un giorno che avrebbe preferito cancellare per sempre ma purtroppo gli era impossibile. Sfondi di una tempesta, di una nave che affonda … di un bambino che cade.
Si diede una manata in fronte riscuotendosi da quei pensieri e concentrandosi meglio sulla situazione.
Si rivolse ai cuochi: - Andate a spiegare le natatoie.
-Cosa? – chiese uno di loro – Perché? Questo faciliterà a quei folli l’arrembaggio.
-Andate – insistette il biondino –Il ristorante non diventerà un campo di battaglia. Se fosse così – guardò Zeph che ricambiò – Il vecchio Decrepito avrebbe da borbottare.
-Cos’hai detto? – gli ribadì il Capo.
-Che sei un vecchio decrepito! – ripeté Niall – E voi sbrigatevi! – i cuochi obbedirono e corsero sottocoperta.
Don Crocell e i suoi partirono strillando arduamente mentre tiravano fuori varie armi.
Harry si riscaldò. Stavano arrivando. Toccava a lui.
Si aggrappò saldamente al ponte: - GOM GOM – strillò partendo – SLINGHSHOT! – fu scaraventato verso il gruppo quasi in accostamento. Decollò sopra di loro spingendoli in mare con un livido sul naso.
Il loro capo strinse i denti mentre quello stupido ragazzino ficcanaso, dopo il suo colpo micidiale atterrava su ciò che restava dell’albero maestro della nave fantasma.
I cuochi s’impressionarono: - Ma è micidiale! E’ fantastico.
-Sulla rotta del Grande Blu, tutti sono come lui – disse Niall osservandolo attentamente.
-Niall – sentì il Vecchio chiamarlo – Guarda attentamente il combattimento di quel ragazzo. Non distogliere lo sguardo prima della fine del combattimento.
Il biondo curvò le sopracciglia.
Cosa intendeva Capo Zeph con quelle parole?
Harry si resse meglio sul tronco da cui penzolava per evitare di finire in mare.
-Attaccate la barca di coloro che vi hanno dato da mangiare! – strillò collerico – Siete dei bastardi ingrati! Vi gonfierò di legnate!
Don Crocell gli rise in faccia: - Hai scelto di batterti sul mare nonostante sia il punto debole di tutti coloro che sono stati colpiti dalle Folgori del Diavolo! Se toccassi l’acqua il tuo corpo diventerebbe rigido come un incudine e affonderesti.
-Ma sono fatto di gomma!
I cuochi tifarono per lui urlando di gioia.
Intanto uno dei cuochi gridò dall’interno del Baratie: - Niall! Sto per aprire le natatoie!
La nave tremò scossa da un leggero terremoto e le onde s’incresparono mentre qualcosa emergeva dallo scafo. Due spianate di legno si aprirono come un ventaglio e circondarono l’intero ristorante. Il pontone appena uscito dall’acqua innalzò alcune onde che sommersero i pirati in mare.
-E … quello da dove è uscito? – esigettero sbigottiti.
Ora che il Baratie era affiancato da quegli spaziosi basamenti alteri, sembrava più stabilizzato.
-Che forza! – commentò Harry incredulo.
Niall si fece avanti sulle piattaforme appena comparse. Le mani in tasca: - In questo modo possiamo batterci, pirati di ciarpame! – proclamò rivolto a Don Crocell.
-Capisco – schernì lui – un pontone per battersi senza danneggiare l’interno della nave. Visto che molto presto sarà nostra … è una trovata geniale. Mi piace sempre di più.
-Non te lo daremo mai! – gridò un cuoco.
-Niente affatto! – continuarono gli altri.
-Non sottovalutarci, mascalzone!
-Siamo cuochi-combattenti!
-Andatevene se non volete morire! – urlarono Russ e Kingsley.
I due fratelli, mentre parlavano, spingevano a più non posso i meccanismi di uno strana barca a pedali, con la prua a forma di sgombro. I cuochi tirarono alcune leve e spinsero vari pulsanti. Dalla bocca del pesce partirono cannonate che centrarono in pieno relitti ancora galleggianti della nave affondata, annientandoli del tutto.
Tutti rimasero allibiti dalla potenza di quella misera imbarcazione.
-Figata! – esclamò Harry – Anche io lo voglio quello!
-Preparati, Crocell! – gridarono i due fratelli puntando verso di lui – Assaggerai la furia del cannone Sgombro!
Caricarono e spararono. Il flusso di luce incandescente colpì l’uomo in pieno. Ma la sua corazza lo bloccò e quella stangata non fu altro che una valicata.
Russ e Kingsley spalancarono la bocca: - Ma … com’è possibile???
Lui sputò per terra e due vene gli pulsarono viola sulla fronte: - Io sono Don Crocell! Il pirata più forte del mondo!!!
Harry lo contraddette: - No! Quello sono io!
Crocell s’infuriò ancora di più: - Non ho tempo di giocare con voi! – e con una forza brutale fece uscire dalla sua armatura un bazooka che sparò ancor prima di essere puntato sulle vittime. Fortunatamente per i due il colpo urtò soltanto la loro barca e gli scaraventò lontano facendoli atterrare sulle creste marine. Risalirono in superfice con le facce carbonizzate e varie lesioni sulle braccia. I colleghi gli aiutarono. Il loro cannone Sgombro era stato altrettanto scagliato in aria dove ancora volteggiava. Stava precipitando. E sembrava voler schiantarsi proprio sul Baratie. I cuochi sul ponte urlarono: - CI SPIACCHICHERA’! AIUTOOO!
Quello fu il suo momento.


Niall fece una tirata di sigaretta. Dopodiché sorrise.
Si chinò sulle ginocchia e spiccò un salto enorme. Arrivò a dieci metri di altezza. Tutti gli sguardi erano su di lui. E sulla sua gamba che roteando su se stessa e calciando il metallo del pedalò trasmettendogli una potenza quasi inumana, lo spedì dalla parte opposta.
Harry spalancò la bocca tanto da farsi male alle mandibole.
Capo Zeph non sembrava molto sorpreso.
I cuochi sudarono: - Oh, mio dio!
Don Crocell strinse i pugni: - La sua gamba …
Il biondino ritornò a terra atterrando comodamente senza rompersi qualcosa. Si rialzò e riprese a fumare soddisfatto. Lo sgombro piombò in mare innalzando uno spruzzo d’acqua manesco.
-Avete visto? – si guardarono i pirati – Che forza incredibile ha nella gamba! Ha respinto quella barca!
-E’ questa la forza del piede di Niall! – commentò Russ esterrefatto.
-Fantastico! – disse Harry. Quel ragazzo possedeva doti incredibili anche in robustezza oltre che in cucina.

-Ora basta con le chiacchiere! – gli riprese Kingsley mettendosi a fatica in piedi – All’attacco! – lui e un gruppetto di cuochi partirono alla carica brandendo coltelli e altri utensili acuminati. Si diressero verso coloro già approdati sulle piattaforme.
Ma si ritrovarono di fronte una forza maggiore e vennero respinti a calci.
-Anche se armati – disse uno di loro sputando addosso a Kingsley – Dei cuochi restano sempre dei cuochi! Non potete essere forti come noi che combattiamo da più tempo! Tornatevene a cucinare!
-Merda!! – imprecò il cuoco massiccio – Loro sono più forti di tutti i pirati con cui ci siamo scontrati prima d’ora.
-Non paragonateci a quei pezzenti! Noi siamo la ciurma di Don Crocell! La più temuta di questo mare!
-Vi avverto – disse il loro capitano – Questa nave ora è proprietà del sottoscritto!
-Non così in fretta – ghignò Niall – Noi siamo ancora qua.
-Ha ragione! – gridò Russ aiutando il fratello a rialzarsi – Noi due in 10 anni abbiamo lavorato in più di 300 ristoranti. Siamo stati sempre licenziati a causa dei combattimenti. Ma abbiamo finito per ritrovarci in questo posto!
I suoi ricordi andarono a parecchi anni prima.

Un giovanissimo Kingsley dai capelli neri ondulati e un Russ con occhiali d’epoca, spalancavano la porta della cucina di una nave-ristorante. Ci trovarono dentro un uomo dai capelli chiari e la gamba di legno, seduto su una sedia a pelare patate e un bambino biondo con occhi azzurri che lavava i piatti alla sua destra.
“Salve” si presentarono “E’ questo il ristorante di Zeph Piede Rosso? Assumete cuochi giusto?”
L’uomo con la gamba di legno nemmeno li guardò ma rispose: “In effetti è vero. Qui poco importa chi sia il cliente. Chiunque voglia da mangiare, noi lo serviremo!” alzò lo sguardo “Sareste pronti … a seguire questo ideale?”
I due fratelli si guardarono con occhi umidi dall’eccitazione. Poi scattarono sull’attenti: “Sissignore!”
“Benvenuti a bordo!”


Ritornarono al presente.
-Al Baratie abbiamo imparato molte cose. Ci è stato permesso sia di cucinare sia di batterci in risse- dissero in coro afferrando degli arpioni da caccia alla balena – Non esiste un ristorante migliore!
-Assolutamente – disse Niall accendendosi meglio la sigaretta – Ora capisci, Crocell? Cucinare e combattere per noi è uguale. Confrontanti a quello che abbiamo passato, voi siete una bazzecola! 
-Proteggeremo il Capo e il nostro ristorante! – caricarono gli altri cuochi. Ripartirono all’attacco e stavolta, con più determinazione, riuscirono a spingere fuori dal ponte con ferite aperte, vari pirati. Che però reagirono colpendoli a loro volta. Ora erano visibilmente più facinorosi.
Russ e Kingsley erano i più feroci e tappezzavano tutti macchiandosi i grembiuli di sangue.
Ma d’improvviso si ritrovarono sporchi del loro stesso sangue. Qualcuno li aveva colpiti e ora stava uscendo dall’acqua, salendo sulle piane. Un uomo che fino a quel momento non si era fatto notare.
Al suo arrivo, tutti si fermarono e puntarono gli occhi su di lui. Indossava un elmo romano con la cresta rossa, un’armatura ben rivestita di metallo, impugnava due scudi d’acciaio dai quali spuntavano delle lame e portava dalle cosce in giù delle cavigliere di ferro. Era incredibile vedere come riuscisse a reggere tutto quel peso.
-Cosa state facendo?- domandò facendo scorrere gli occhi neri e storcendo la bocca contornata da un pizzetto.
-E quello chi è? – chiese Harry ancora sospeso all’albero sinistrato.
-Io sono – si presentò l’individuo – L’uomo dagli Scudi D’acciaio della ciurma di Crocell! L’invincibile Hub! – tutti gli altri pirati si emozionarono alla sua comparsa. Come se la considerassero una risorsa importante.
Russ e Kingsley gemettero ancora feriti dalle lame che spuntavano da uno dei clipei.
Niall e Capo Zeph guardarono quell’uomo con immenso disprezzo.
Un pirata ne approfittò avvicinandosi a Kingsley e cercando di sottrargli il coltello che stringeva, per poi affondarglielo nel petto.
-Lascialo – gli ordinò Niall avvicinandosi – Tanto creperai presto – vedendo che non obbediva, gli mollò un calcio in piena faccia che lo mandò a sbattere contro altri uomini come una palla su dei birilli. In questo caso, Strike. Il coltello che era riuscito solo a toccare roteò in aria e il biondo lo afferrò con prontezza di riflessi.
-Che forza che ha nel piede – considerò nuovamente Harry – Avevo ragione a volerlo reclutare – adesso era ancora più determinato a volere quel ragazzo in squadra.
-Il coltello è l’anima per un cuoco – disse Niall rimettendolo nella mano mezza addormentata di Kingsley – Gli estranei non sono autorizzati a toccarlo.
-Ni…all – balbettò l’uomo provando a muoversi.
-Riposati – gli consigliò il ragazzo senza guardarlo – Qui ci penso io.
Vide un quintetto agguerrito correre verso di lui: - Non sei altro che un miserabile cuoco! Pensi di poterci battere?!
Il biondo mise le mani per terra e fece ruotare a eliche le gambe che centrarono in pieno tutti e cinque gli uomini, deformando loro il volto: - Nessuno mi dà del “Miserabile” – asserì rimettendosi in piedi.


Hub s’incuriosì: - Perché ti batti solo con le gambe, e le tue mani?
Niall le rimise in tasca: - Le mani a me servono solo per cucinare – sollevò il piede – Ti ammazzerò con le gambe.
L’uomo schernì: - Ammazzarmi? Impossibile! Durante gli ultimi 61 combattimenti, non ho versato nemmeno una goccia di sangue. Nemmeno una. Questo prova la mia potenza. Sono un uomo ricoperto d’acciaio, ferro e metallo. Sono invincibile.
-Quante arie! – criticò Harry.
-MOCCIOSO! – sentì strepitare una voce alle sue spalle – NON SCORDARTI DI ME!
Il ragazzo si voltò e deglutì. Don Crocell stringeva una catena avvolta intorno ad una palla di ferro aguzza che scagliò contro di lui. Però colpì soltanto il tronco su cui era appigliato, spezzandolo in due. La prima metà affondò, l’altra venne catapultata verso il ristorante. Harry ci si staccò appena in tempo per evitare di venire schiacciato alle mura e finì impetuosamente addosso ad Hub, facendo vibrare la sua armatura come un gong.
Fortunatamente non era finito in acqua, si disse rimettendosi in piedi, noncurante dell’uomo che gli aveva fatto da piedistallo. Si mise al fianco di Niall.
L’uomo degli scudi sentì qualcosa colargli dal naso. Ci poggiò il dito sopra e lo guardò. Rosso. Sangue.
Sanguinava dal naso.
-Cazzo! – sclerò Don Crocell – Questo non va bene.
-Oh, no! – si atterrirono i suoi uomini – Sta sanguinando! Sta per scaldarsi!
-Ti prego, resta calmo Hub!
-E’ solo un po’ di sangue! Non farti prendere dal panico!
Hub era pallido. Tremava pigiandosi le dita sul naso: - Questo tipo … è pericoloso – parlottò – pe-ri-co-lo-so.
-Che gli prende? – volle sapere Niall.
-E’ solo sangue dal naso – disse Harry facendo spallucce.
Ma il regresso dell’uomo fu sconcertante.
Si mise a sbatacchiare gli elmi uno sull’altro come se fossero dei cembali. Essi emanavano un suono pungente e rintronante, accompagnato dalla sua voce stridente: - PERICOLO! PERICOLO! PERICOLO!
-SMETTILA HUB! – lo rimbeccò Crocell – Non t’innervosire per una cazzata del genere!
Ma l’uomo continuò quella strana reazione di panico, infastidendo tutti.
Finché non prese fuoco.
Una vampa bianca lo avvolse accendendolo. Ma lui non s’incenerì. Sembrava facesse parte di lui e continuò a urlare.
-NO! STA COMINCIANDO! – gridarono i pirati – Quando Hub si spaventa, utilizza il fuoco!
-Cosa? – Harry li guardò augurandosi che scherzassero. Si sbagliava.
L’uomo degli scudi smise di percuoterli. Li sollevò al cielo e strepitò il suo attacco: - Special Fiver!


Dal suo corpo uscirono lingue di fuoco vero che andarono a posizionarsi in varie parti della spianata di legno ardendo intensamente.
-Bruciate! – sibilò Hub ridendo – Con la mia armatura e le mie fiamme, sono invincibile!!!!
-Dannazione! – Niall e Harry indietreggiarono dalla parte incendiata, sentendo molto caldo.
Don Crocell non sembrava adempiuto. Per niente. Era inferocito: - Coglione! – urlò – Stai incendiando la mia nave! – ma il suo seguace lo ignorò.
Niall sentì le fiamme, non solo a breve distanza dalla sua pelle, ma anche dentro gli occhi. Non nel suo riflesso. Nel suo interno. Ardeva di rabbia. Il ristorante stava per bruciare.
Coi pugni chiusi, scattò in avanti: - Brutto Bastardo, stai incendiando il nostro ristorante! – con un balzo raggiunse Hub, proprio mentre questi si attorniava in un cerchio di fuoco protettivo. Erano a quattr’occhi con le fiamme che impedivano loro la fuga.
-Stupido! – strillò Russ – Niall! Ti abbrustolirai come una sardina! Vieni via di lì!
Ma il ragazzo non lo ascoltò. Mollò un calcio sul petto di Hub. Il suo piede attraversò le fiamme, ma non s’incendiò.
-Quel tipo è letteralmente impazzito! – commentarono i pirati che stavano cercando di allontanarsi a bordo dei resti della nave affondata – Vuole diventare una torcia umana!
-Tu! – ringhiò Hub squadrando in cagnesco il biondino dinanzi a lui – Hai osato attaccarmi con il mio Special Fiver!
Niall ghignò e tese in avanti la sigaretta: - Imbecille. Un cuoco non ha paura del fuoco.
L’uomo si accigliò. Maledizione, quell’attacco non aveva avuto effetto su quel ragazzino. Era davvero un avversario allarmante.
-Ti incenerirò! – provò a intimorirlo – Fuoco!! – una raffica di lingue uscirono dal suo corpo come lava di un vulcano. Miravano di piombare vicino all’entrata. Dove c’era Capo Zeph. Fermo. A braccia conserte.
-Si sposti! – lo esortarono i cuochi, messi già al sicuro.
Ma l’uomo non li considerò. Calcolò la distanza tra le vampe di fuoco e lui. All’ultimo, sollevò la gamba di legno e la sgarò con uno strattone provocando una soffiata. Le fiamme che stavano per cadergli addosso, si dissolsero nell’aria.
Lo shock dei presenti aumentò.
Ad Hub venne voglia di frignare come un bambino a cui è caduto il gelato. Il suo colpo speciale era stato sbaragliato.
-Una cosa del genere era come un dolcetto per me – gli comunicò Zeph mordendosi la mascella.
-Bel colpo, nonno – si complimentò Harry esterrefatto.
Don Crocell strinse i pugni così forte da far pulsare le vene. Agguantò la catena della sua palla di ferro spinata e la fece roteare su se stessa mirando alla piattaforma. Doveva contrastare prima che la situazione diventasse incontrollabile: - Finirete in fondo all’oceano! – li avvertì mollando la catena.
La palla volò dritta verso il cerchio di fuoco.
-Niall, attento!!! – strillò Harry.
Il biondino non aveva via di scampo, circondato dalle fiamme rischiava di finire schiacciato sotto il peso della palla.
In tutta fretta, il ragazzo di gomma, superò con un balzo le fiamme che lo separavano da lui, bruciandosi le cosce dei pantaloni e gli si parò di fronte respingendo la sfera con la forza delle braccia, che andò a centrare il terzo albero maestro della nave fantasma, rimasto ancora in piedi.
-L’hai respinta … - ansimò Niall riprendendosi dallo spavento – Ma come hai fatto? – vide che il suo salvatore stava frignando spegnendosi con le mani le piccole fiammelle che gli pizzicavano i pantaloni.
L’albero colpito dalla palla s’incurvò e pestò in pieno, l’elmo di Hub.
L’uomo degli scudi diventò violaceo mentre sangue in quantità gli usciva dalle narici e dalla bocca. Cadde nel fuoco esanime. Non sarebbe più stato un problema.
-E’ stato battuto … - balbettarono i pirati sconvolti – Hub è stato battuto … da due ragazzini …! – i suddetti ragazzini erano riusciti a levarsi dal cerchio di fuoco. Avevano la faccia carbonizzata e puzzavano di fumo.
-E’ stato un gioco da ragazzi – sorrise Harry. Niall fece lo stesso.
All’improvviso sentirono un tonfo e un gemito alle loro spalle.
Si voltarono.
Videro Capo Zeph sdraiato a terra con un piede premuto sulla spiana dorsale.
Quel piede era di Jim.
L’uomo teneva premuta contro la testa di Zeph, una pistola a doppio proiettile.
-Il combattimento è finito – annunciò con fare minaccioso.
Don Crocell esultò: - Ben fatto Jim! Spara! Ammazza Zeph Piede Rosso! – gli ordinò – Una volta morto il ristorante potrà essere nostro!
Niall ed Harry guardavano colui che avevano creduto loro amico, tenere in ostaggio il capo, dolorante. Guardarono Jim in cagnesco, mentre lui non trasmetteva né dispiacere né obbligo a compiere un atto tanto orribile.
Aveva le intenzioni ben chiare.

TO BE CONTINUED

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Ciao ragazzi! Sono tornata
Con un nuovo capitolo!
Lo so di essere in ritardo, ma c'è voluto tepo per ricostruire i capitoli precedenti, cambiando i caratteri e lo stile, che ritenevo più appropriato.
Inoltre ho dato una piccola modifica anche alla trama e al titolo. 
E lo ritengo decisamente più adatto.
Beh, cosa dire, spero di ricevere al più presto vostre recensioni.
Vi ringrazio di cuore per tutte quelle lasciate finora.
Sono bellissime e mi esortano ad andare avanti.
Concludo dicendo che questo capitolo è dedicato ad una mia lettrice speciale ^__^

IMLIMITEDEDITION!!

Tornata dopo tanto tempo di misteriosa scomparsa. Tvb ;)

In più ringrazio inifinatemente anche AKERYANA, ZAYLE, SOMETHING97, VITADAHAZZ e tutti i nuovi autenti che mi commenteranno in futuro ;) ;) 



A prestoooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooo

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Capitolo 26
*** Episodio 26 - Il Sogno di Due Cuochi. ***



Harry era allibito. Non si sarebbe mai aspettato una cosa del genere da parte di Jim. Tenere in ostaggio Capo Zeph era davvero un colpo basso e ora lui e Niall non potevano fare altro che restarsene immobili con le mani legate senza reagire.
Il vecchio con la gamba di legno, mortificato sotto il peso dell’uomo che gli teneva la pistola puntata alla testa, non gemeva. Restava solo con lo sguardo abbassato ricoperto da un telo d’ombra.
Jim lo pestò.
-Sarà stato anche un potente pirata – disse – Ma ora non è altro che uno stupido cuoco. Ho intenzione di piantargli una pallottola in testa – sollevò lo sguardo verso i due ragazzi – Se volete veramente salvare questo vecchio, Niall, vi prego di abbandonare la nave seduta stante. Non ci tengo molto a uccidervi.
Il biondino rifletté i suoi occhi azzurri in quelli scuri di Jim.
-Abbandonare? – chiese mordendo la sigaretta tra i denti – Non ci penso proprio! – abbassò lo sguardo su Zeph – Mi fai pena Vecchio Decrepito – lo criticò deluso – Pretendi di essere un vero cuoco-combattente e ti fai mettere in ridicolo in questo modo?
L’uomo con la gamba di legno alzò la testa quel tanto che bastava per incrociare il ragazzo: - Non farmi la predica … moccioso.
Niall replicò urlando irritato: - Smettila una buona volta di chiamarmi così!! Non sono più un bambino in caso non l’avessi notato!!!!
I cuochi si guardarono stupefatti: - Perché dice questo? – chiesero.
-Jim! – continuò il biondo – Punta la pistola su di me!
-Cosa? – esclamò Harry – Idiota, vuoi farti ammazzare?
-Forse – rispose semplicemente l’altro.
-Niall … - balbettò Jim traspirando – ma perché…?
-Se vuoi morire … mi occuperò io di te  - questa voce proveniva da un punto della piattaforma che ancora bruciava. Una sagoma massiccia si stava rialzando a fatica e avanzando.
Tutti sussultarono.
Si trattava di Hub!
L’uomo era ancora vivo!
Ma quando Niall se ne accorse fu troppo tardi. Se lo ritrovò alle spalle a sussurrargli in una risata maligna: - E’ meglio se stai fermo! Tra poco bollirò il tuo cervello e lo aggiungerò al menù!
Detto questo colpì il ragazzo sul volto con uno dei suoi scudi. La percossa fu denso.
Niall sputò sangue a non finire e Hub lo mandò a sbattere contro il muro del ristorante.
Harry gridò il suo nome: - Perché non l’hai evitato????
L’amico tossì e si premette la fronte che pulsava. Dopo un attimo di ripresa, si asciugò il sangue che ancora gli colava dalla bocca e riuscì a sputare: - Quel tipo … avrebbe premuto il grilletto … - spiegò.
Jim allentò di poco la presa alla pistola ma non la mollò.
-Perché lo fai? – ripeté rivolto al biondo –Se te ne vai, tutti saranno salvi, lo capisci?
-Non lo farò – ribatté Niall – Questo posto … è … il suo tesoro! – tutti gli occhi erano su di lui – A causa mia … il Vecchio … ha perso tutto … - sembrava assorto in lontani pensieri – La sua forza … il suo sogno … - quando un immagine sanguinolenta gli piombò nella mente, riprese abbastanza forze da alzarsi – Allora io … non … NON VOGLIO CHE IL VECCHIO PERDA ANCORA UN’ALTRA COSA!!!!
Capo Zeph lo guardava con labbra serrate. Anche in lui stavano riaffiorando lontani ricordi, che però evitò di riportare alla luce.
-NIALL, ATTENTO! – urlò all’improvviso Kingsley provando ad avvertirlo.
L’allerta arrivò in ritardo anche in quel momento.
Hub si abbatté nuovamente sul biondino tamponandogli la nuca con due scudi.
Gli occhi del ragazzo si fecero vitrei. Grossi grumi di sangue gli mascherarono mezzo volto e il corpo cedette a terra, immobile.
Sentì qualcosa differente dal dolore.
Voci.
Nella sua testa.
Il cuore dei mari? Ci credi davvero?
E poi un’altra. Stridula. Di un bambino.
Si, io ci credo! È il mare leggendario! Deve pur esistere da qualche parte!
Niall perse i sensi. E tutte le memorie che si era trattenuti fino ad allora, si accumularono nella mente formando immagini.
Ricordi. Del passato.
NOVE ANNI PRIMA
Un’imbarcazione da crociera navigava tranquilla nel mare Orientale. Al suo interno la gente si divertiva con il potere del joker e gruzzoli di denari e scommesse afflitte giravano da una parte all’altra.
In cucina, nei piani inferiori, gli chef erano indaffarati a preparare ciò che richiedevano le ordinazioni del Capitano per il buffet.
Gli addetti alle pulizie giravano intorno ad un tavolo brandendo stracci e scope. Ridacchiavano.
-Sei stupido o cosa? – diceva il più alto di loro – Il Cuore dei Mari non è altro che una leggenda. Ma in quanto cuochi di questa nave … anche noi sogniamo di scoprirlo.
-Davvero? – esclamò la persona a cui tutti si stavano riferendo. Un bambino sui dieci anni con i capelli biondicci un po’ scuri e occhi azzurri: - Visto che anche voi ci credete? Ma io lo troverò! – disse solenne.
I cuochi risero di nuovo: - Tu dici che vuoi trovarlo, Niall, ma sai almeno dove si trovi il Cuore dei Mari?
-Certo che lo so! – frignò il bambino– Il cuore dei mari è il centro di tutti gli oceani! L’East Blue, il West Blue, il North Blue e il South Blue. Il che vuol dire che lì si trovano tutti i tipi di pesci dell’universo! Ecco che cos’è il Cuore dei Mari! Per il cuoco di una nave è il paradiso! – sorrideva sognante – E il mio più grande desiderio è quello di arrivarci un giorno! In quel mare si trovano tutte le specie marine!
Uno chef interruppe la cottura di un fagiano per guardare il ragazzino: - Tutti i cuochi vorrebbero arrivarci per conoscere nuove specie e inventare nuovi tipi di piatti.
-Già! – sorrise un altro – Potrei passare la mia vita a cercarlo … se esistesse.
-Non esiste – cercarono di chiarire altri sguatteri – Il Cuore dei Mari è un mito. Riflettici un po’ e capirai. È solo una fantasia inventata.
Un uomo che doveva essere il Capo Cuoco entrò in cucina interrompendo i discorsi: - La pausa è finita! A lavare i piatti, Niall! – gli ordinò sommesso dalle risate degli altri cuochi.
Il bambino mise il broncio e fece loro una smorfia, contrariato.
Quella notte, dopo aver servito l’intero casinò e tutti i suoi fortunati, i cuochi si sedettero intorno al tavolo della cucina a contemplare gli infiniti avanzi che erano la loro cena. Erano state lasciate molte prelibatezze, quindi il loro palato restò soddisfatto.
-I clienti sprecano troppo cibo – commentò uno di loro tagliando a metà un’aragosta addentata da qualcuno e infilandone un pezzo in bocca.
Il piccolo Niall, vicino la spazzatura, guardò disgustato: - Che schifo! Perché mangiate gli avanzi se c’è roba che ancora nessuno ha toccato? – chiese indicando un salmone ancora intatto – Io sto buttando le cose che ormai non sono più buone.
-Un cuoco non deve mai dire una cosa del genere – gli disse uno di loro con la bocca piena di crosta di pane – Non dimenticare che cuciniamo in una nave. Se succede un problema, bisogna abituarsi a non sprecare nulla – prese una lisca di tonno e gliela porse – Ne vuoi un po’?
Il bambino gli diede le spalle: - No, grazie! – tutti eccetto lui, risero.
Ma la loro allegria fu interrotta da uno strano suono che avvertirono farsi sempre più vicino.
Grida, tonfi e boati.
Provenienti dai piani superiori.
Ad un certo punto la porta si spalancò e un uomo trasudante e cadaverico balbettò ai cuochi:- I pirati … ci attaccano!
Tutti scattarono in piedi, increduli.
-I pirati? – chiese Niall stranito.
Tutti si precipitarono fuori.
Sul ponte la pioggia cadeva fitto e i barlumi delle lanterne erano scarsi. Però riuscirono lo stesso a intravedere il grande vascello che li costeggiava.  
Alcuni gridarono riconoscendo il vessillo sulla bandiera e iniziò il panico tra i passeggeri:- E’ LA NAVE DI ZEPH PIEDE ROSSO! E’ TORNATO DAL GRANDE BLU!
Il Capitano della nave, insieme ad altri marinai, si ritrovarono a fronteggiare i pirati saliti sul ponte di comando, con il loro comandante dinanzi. Un uomo magro, giovane, con il mantello bianco e addominali robusti.
I cuochi e i passeggeri terrorizzati, rimasero a guardare attraverso la vetrata della sala principale.
-Non mi sarei mai aspettato … - deglutì il Capitano – Di ritrovarmi di fronte a Zeph Piede Rosso, un giorno. Perché??
Il giovane Zeph gli sputacchiò in faccia: - Destino – rispose semplicemente – ALL’ARREMBAGGIO! – gridò rivolto ai suoi uomini che partirono alla carica con armi in pugno – Prendete tutti i tesori che trovate!
Il casinò fu invaso da uomini agguerriti che strapparono, collane, orecchini e anche vestiti da donne, ferirono uomini da cui presero i bottini guadagnati e ruppero le macchine da gioco, arraffandone il bottino. In breve riempirono otto sacchi d’oro e argento.
Niall stava a guardare paralizzato, nascosto dietro le balaustre delle scale. Il cuore gli andava a mille. La paura di essere ucciso come già molti dei passeggeri, lo attanagliava. Però raccolse coraggio e decise di anticipare quei farabutti.
 
Zeph Piede rosso osservava soddisfatto i suoi uomini lasciargli davanti agli occhi infinite ricchezze e si leccò le labbra immergendo le mani tra dobloni e perle.
-
Fermo! – sentì all’improvviso, provenire dalle sue scarpe.
Abbassò lo sguardo. Un marmocchio che brandiva una padella e un coltello da cucina lo fissava giocando a fare l’eroe. Rise divertito.

-Cosa fai con quei cosi, moccioso? Attento, potresti farti male – lo sfotterono alcuni pirati.
-Io … non vi lascerò uccidermi! –li ignorò Niall.
I cuochi che pochi minuti prima, stavano seduti con lui in cucina, strabuzzarono gli occhi e strillarono disperati: - Niall, cosa vuoi fare? Vieni via di lì! Non attaccarli! Guarda che non scherzano!
Non sapevano cosa fare. Quel bambino, seppur coraggioso era uno sciocco a gettarsi in un’impresa del genere. Non avrebbe avuto speranza contro uomini di quella stazza.
-Ti spedisco volentieri al paradiso, moccioso – ghignò Zeph avvicinandosi.
-NO! – ribatté il ragazzino tenendo ben teso il coltello – Sarò io a ucciderti per primo!
Ma l’uomo davanti a lui non ebbe pietà. Sferrò un calcio micidiale al petto di Niall, facendolo volare e sbattere di schiena sull’albero maestro, scheggiandolo.
-NIALL! – urlarono i cuochi. Non potevano fare nulla per aiutarlo. Tutte le pistole dei pirati erano su di loro.
Essi si congratulavano: - Ben fatto, Capitano! Così si fa!
Niall sanguinava dalla fronte e ansimava con asma dal petto ora arrossato. Tutto indolenzito, si trascinò nuovamente ai piedi di Zeph. Erano tutti stupiti di vederlo ancora reattivo.
-Io … non morirò! – gemette allungando le mani piene di schegge e abbrancando il piede dell’uomo – Io … sarò il primo … a trovare il Cuore dei Mari!
Quella frase immobilizzò Zeph per una manciata di secondi. Non parlò.
I suoi uomini invece derisero crudelmente quel bambino: - Avete sentito? Vuole trovare il Cuore dei Mari! Povero stronzetto illuso! Capitano ditegli di smetterla di sognare una cosa così stupida! Nemmeno nel Grande Blu l’abbiamo trovato.
Uno dei cuochi si coprì la faccia, piagnucolando: - Perché continua con quella storia? Si farà ammazzare!!
Infatti il pirata se lo scrollò dal piede sollevando la gamba e calciandolo come una palla da calcio.
Il bambino perdeva sangue anche dal naso. Era tramortito. Per uno della sua età non era abituale sentire dolori così intensi.
-Io … non … morirò … - riuscì a mormorare prima di svenire dalle fitte.
Zeph non rideva. Lo scrutava. Non era adempiuto come pensava. Sentiva un peso. Un macigno nel petto ingigantito dalle parole di quel marmocchio. Una sensazione nuova.
-Capitano! – lo risvegliarono i suoi uomini vedendo che la tempesta aumentava – Dobbiamo andare via di qui!
-Okay – accordò il Capitano – Portate il bottino sulla nave.
-E voi?
-Io vi raggiungo.
Invece rimase lì a rimuginare silenzioso sul corpo del ragazzino ancora per qualche minuto.
Troppo tempo.
Improvvisamente uno scossone tremendo percosse la nave speronandola e scossandola. Un’onda anomala avvolse il ponte come una rete, travolgendo la maggior parte degli sventurati e trascinandoli con sé in fondo all’oceano. Tra loro il piccolo Niall, che fu immerso dall’acqua grigia e salata e sbalzato fuori dalla nave.
-NO, NIALL! – gridarono i cuochi aggrappati all’albero maestro.
Sotto lo sguardo sbalordito di tutti, Zeph si slanciò all’inseguimento dell’onda che aveva intrappolato il bambino. Con un calcio ruppe in due l’albero maestro e mentre questo precipitava in mare, lo usò come una passerella per raggiungerlo altrettanto.
“Stupido ragazzino” pensò mentre riempiva i polmoni di aria e s’immergeva nella burrasca.
I suoi uomini erano sgomenti. Perché stava rischiando la vita per uno stupido marmocchio?
I loro pensieri furono interrotti dall’immagine dell’onda anomala più grande che avessero mai visto, che s’innalzava sopra la loro nave.

 
Zeph sentì un freddo gelido percuoterlo. L’acqua era ghiacciata e inoltre agitata. Semichiuse gli occhi che bruciavano da morire per il sale e si mosse all’impazzata per scendere sempre più giù e non tornare a galla. 
Sentiva già i polmoni pesanti ma non si arrese subito. Perlustrò la zona per qualche secondo e non ci mise molto a intravedere a stento la piccola sagoma scura e nitida di un bambino biondiccio. La corrente lo trascinava sempre più in profondità e non si dimenava. Doveva ancora essere svenuto.
Zeph nuotò più celermente cercando in tutti i modi di raggiungerlo, ma un tonfo alle sue spalle lo catapultò poco distante. La nave che avevano saccheggiato, stava affondando davanti ai suoi occhi.
Fu un tale spavento per lui da sprecare molta aria che tratteneva nelle guance, facendola uscire in migliaia di bollicine.


Niall aprì di poco gli occhi. Avvertì freddo intorno a lui e caldo contemporaneamente. Una forza lo stava trascinando verso il basso e un’altra energia lo immobilizzava.
Era un sogno, pensò. Stava sognando.
Sentiva i polmoni avvampare e la gola seccarsi. I capelli unti gli solleticavano il viso violaceo.

Solo un brutto sogno.
Voleva svegliarsi. Voleva rendersi conto che non stava annegando.
Provò a richiudere gli occhi per poi risvegliarsi nel suo letto, nel dormitorio dei cuochi, ma prima di abbassare le palpebre assistette ad una piccola scena poco sopra di lui.
 
Zeph imprecò dentro di sé. Strinse i denti cercando di tenere la bocca sigillata.
Maledizione, il piede gli si era incuneato in due assi di metallo che un tempo erano le sponde dalla sua nave.
Tirò, tirò con tutto sé stesso cercando di disincastrarsi, ma il relitto era più forte di lui e lo stava lentamente trascinando negli abissi. Doveva fare qualcosa perché ora anche la sua vita era in pericolo.
Si girò nella speranza di trovare tra i residui qualcosa con cui svincolarsi. Ma tutto ciò che i suoi occhi infiammati e pieni di sale riuscirono a scorgere, fu l’ancora della sua nave, ancora unita alla catena, che si staccava dal resto dell’imbarcazione ormai a brandelli e veniva trascinata via dalla tempesta.
Allungando una mano, Zeph riuscì ad agguantare la catena.
Cosa poteva farci? Non era abbastanza pesante da usare come una fune di salvataggio.
Intanto la sua nave precipitava sempre di più.
Così come Niall.
Un pensiero teorico lo mitizzò.
E per metterlo in atto dovette ricorrere a tutta la sua forza di volontà.
Con le forzute mani, avvolse intorno al piede incastrato la catena.
Dopodiché conficcò la punta dell’ancora nel legno della nave.
Infine si issò più su che poté. Non era intenzionato a raggiungere la superfice, anche se ormai i polmoni richiedevano quanta aria necessaria per non fargli perdere conoscenza.
Resistette e si spinse.
Tirò, tirò, tirò. Sempre con più forza.
CRACK
L’acqua si tinse di rosso.
Niall non vide altro. L’apnea gli offuscò del tutto la vista e svenne tra spasmi d’asfissia.
L’ultima cosa che sentì, fu una stretta d’acciaio che gli circondava la vita e qualcosa che lo riportava verso l’alto.
 
Sentì l’intensità sole accecarli momentaneamente gli occhi. Si svegliò. Tossì vomitando grandi quantità d’acqua e riempì i polmoni di aria rendendosi meravigliosamente conto di essere vivo.

L’acqua gli uscì dal naso, dalle orecchie e dagli occhi. Se li strofinò mettendo a fuoco il cielo limpido e sereno che si stagliava sopra di lui.

Si rese conto di trovarsi seduto su un terreno roccioso riscaldato dal sole. Si tolse i capelli umidi dalla faccia e ne assaporò il calore rimettendosi sdraiato su una parte più luminosa. Non aveva più freddo.

-Ti sei svegliato, ragazzino -  fu il primo suono che sentì - Sei stato fortunato.
Girandosi notò una figura seduta a gambe incrociate, di schiena, su un pietrone rialzato poco più in là.

Sobbalzò quando riconobbe l’uomo che lo aveva preso a calci sulla nave e nel farlo provocò una fitta dolorosa al petto. Se lo tastò gemendo.
-Avresti dovuto morire già da un pezzo – continuò Zeph senza guardarlo – con i calci che ti ho rifilato.
Niall non ebbe paura di parlare con lui. Sapeva che al momento era indifeso: - Dove siamo? – domandò – Dov’è la nave?
-La nave su cui viaggiavi è annegata – rispose l’uomo – come la mia. E penso che tutti siano affogati. Probabilmente noi due siamo i soli sopravvissuti.
-Dove ci troviamo?
-Su uno scoglio disperso in mezzo all’oceano. Non abbiamo neanche avuto la sfacciataggine di imbatterci in un’isola. No. Le onde ci hanno sbattuto su questa misera rupe. Senza niente per sopravvivere – il bambino deglutì – Certo, c’è il mare, ricco di pesci. Ma se scendiamo un po’ più in basso per pescare, non ci sarà più possibilità di risalire vista la conformazione delle pareti rocciose. Siamo bloccati qui.
Niall digrignò i denti: - E’ tutta colpa tua! – strillò – Ti ucciderò!
Zeph continuò a dargli le spalle: - Per il momento, dobbiamo solo aiutarci a vicenda finché non passerà una nave, altrimenti non ritroveranno che i nostri scheletri.
-I nostri … scheletri? – il ragazzino rabbrividì.
L’uomo gli indicò un sacco di medie dimensioni, chiuso alle sue spalle: - Quello è per te – gli spiegò – E’ la tua razione di cibo. Per fortuna le onde lo hanno scaraventato sullo scoglio insieme a noi. Se sopporterai la fame, potrai fartelo bastare per cinque giorni. Ti consiglio di razionarle.
Il biondino nutriva un forte odio nei confronti di quel vecchio. Come sia stato possibile arrivare fin lì in sua compagnia era un mistero. Ma era colpa sua se ora la nave e i cuochi che erano la sua unica famiglia, non c’erano più.
Mentre lo guardava colmo d’odio, vide che l’uomo teneva accanto a sé un sacco di dimensioni enormi.
-Ei! – esclamò – Quel sacco contiene le tue scorte di cibo? Ma è tre volte più grosso del mio! Non è giusto!
Zeph esitò qualche secondo prima di replicare: - E’ ovvio. Io sono un adulto. Il mio stomaco è più grande di quello di un bambino, non ti pare? – il suo tono si fece aggressivo – Sono già stato abbastanza generoso a spartire i viveri con te. Ma io non provo pietà nei tuo confronti. Quindi accontentati!
Lui strinse i denti: - Vecchio Decrepito! – lo insultò.

Zeph lo mandò a scrutare il mare dall’altra parte dello scoglio, in modo da avere due visuali perfette.
-Se avvisti una nave, vienimi ad avvisare. In altri casi non rivolgermi la parola. Non c’è motivo per cui dovremmo tenerci compagnia. – e così lo aveva cacciato.
 E così, quella sera, quando il sole rosso s’infilava nell’orizzonte del mare, Niall si ritrovò a guardarlo seduto dalla parte opposta della rupe. Zeph era parecchio distante. Non riuscivano nemmeno a vedersi.
-Brutto balordo – si disse il ragazzino imbronciato – Se passa una nave a prendermi non gli dico niente! – e mentre garantiva questo, svuotava il sacco che il vecchio gli aveva dato.
Conteneva quattro tozzi di pane, tre pere, due mele, una piadina, quattro pomodori, un porro, tre gorgonzola, due vaschette di marmellata al melograno, un sacchetto di biscotti bianchi e una bottiglietta d’acqua.
-Bene – sospirò sereno disponendoli in fila davanti a sé  - Ho cibo a sufficienza per cinque giorni. Una o due navi passeranno di qui. Ma in caso di dubbio, raddoppierò le razioni di venti.  – sorrise rassicurante – In venti giorni sarò salvo. Figuriamoci se in tre settimane non passa una barca in questo tratto di mare. Devo stare tranquillo – e guardò speranzoso l’orizzonte con occhi luminosi – Andrà tutto bene.
 
Lentamente il cielo si scurì e calò la notte. La luce della luna illuminava la rupe e ondate di freddo lo travolsero.
Niall raccolse una pietra aguzza e ci intagliò un segno su una pietra per regolarsi sul tempo.
-Nessuna nave – sospirò – Pazienza. Aspetterò domani.
Non aveva molto sonno. La brutta avventura nel mare lo aveva scosso troppo.
Meglio così, si disse, perché se avesse resistito al sonno, un’imbarcazione sarebbe potuta passare mentre lui dormiva. Si godette il mare notturno sorridente e restò allerta di qualsiasi spostamento sospetto delle onde.
Il giorno dopo non tardò a farsi vedere. Cominciò a mangiare.
Per colazione scelse una leccata di marmellata.
Per pranzo un morso di pane.
E per cena la consumazione intera di un pomodoro che non poté trattenere.

Le ore passavano incontrollabili. Il mare era sempre lo stesso.
Nessun avvistamento nemmeno quel giorno, sbuffò tracciando un’altra lineetta al far della notte.
Si mise sdraiato sulle ghiaie usandone una manciata di più piccole come cuscino e il sacco ormai vuoto come coperta. Non chiuse gli occhi. Doveva stare sveglio, si disse.
Una nave sarebbe dovuta passare da un momento all’altro.
Però il sonno cominciava a diventare incontrollabile.
Decise di restare sveglio anche la quarta notte usando i porri che non tanto gli piacevano per rinforzarsi.
Ma la stanchezza si impadronì di lui la sesta notte.
Senza rendersene conto aveva trascorso dieci giorni su quella rupe.
Non si dimenticava mai di tagliare con la pietra le giornate che passavano, perché cominciava a credere che presto avrebbe perso la cognizione del tempo.
Il dodicesimo giorno aveva finito la frutta e l’acqua.
Il sedicesimo giorno la verdura.
Il ventesimo giorno il gorgonzola.
Il trentunesimo giorno i biscotti.
Il quarantacinquesimo giorno il formaggio.
Il sole picchiava forte il settantesimo giorno.
In quelle settimane era capitato solo tre volte di imbattersi in una pioggia rinfrescante, ma ormai padroneggiava soltanto il caldo.

Niall era sempre lì. Seduto a guardare il mare. Con l’ultimo pezzo di pane rimasto. Ricoperto di muffa, inoltre.
Grosse borse gli pesavano gli occhi azzurri, viste le poche ore di sonno, lo sporco del sudore e il bianco della fame lo ricoprivano. Era dimagrito di molto e la pelle stava assumendo toni sempre più cadaverici.
Intanto il mare ondeggiava tranquillo senza trasportare nessuna barca. Come sempre.

Il ragazzino pianse ripensando alle cene appetitose su cui si buttava abbuffandosi di tutto, dopo un’intera giornata a pelare patate e a lavare i piatti. Erano questi i suoi unici doveri in cucina. Gli unici per poter diventare un cuoco come si deve, gli ripetevano i suoi vecchi amici.
Purtroppo ormai, quelle prelibatezze, non erano altro che allucinazioni.
Ritornando con la memoria all’ultimo giorno della sua felicità, ricordò le squallide parole che aveva pronunciato: “Che schifo! Perché mangiate gli avanzi?”
Ora comprendeva che orribile spreco le persone facevano del cibo. Se avessero provato l’immensa fame che provava lui in quel momento, avrebbero mangiato perfino cose ringurgitate.
Avrebbe addentato di tutto. Perfino la lisca di pesce che gli era stata offerta e che lui con ripugnanza aveva respinto.   
Al momento poteva solo accontentarsi del nauseante sapore di quel pane muffoso su cui versava lacrime a non finire, mentre lo stomaco gorgogliava fastidioso.
Niall sollevò il braccio per asciugarsi gli occhi, ma nel farlo, mise alla prova la sua debolezza. La mano lasciò andare il pane che precipitò giù dallo scoglio, finendo in mare.
-NO! – urlò con voce secca provando a riafferrarlo. Non ce la fece. Sarebbe significato buttarsi senza ritorno. Con lacrime abbondanti guardò il sacco vuoto. Non gli era rimasto più niente.
Restò quindi a contemplare, depresso e con la pancia vuota, l’orizzonte che non si decideva a mandargli una salvezza.
Ore.
Giorni.
Settimane.
Ormai era così debole da non riuscire nemmeno ad afferrare la pietra, unica sua compagna rimasta, per intagliare l’ottantesimo giorno.
Tutte le volte che si addormentava, era con la paura di non svegliarsi più.
Si fece sempre più magro, fino a poter circondare il braccio solo con un dito. Il grembiule che indossava ormai era più grande di lui.
Si ammalò beccandosi un attacco di calore e dovette sopportare raffiche di asma e colpi di tosse, senza niente da mettere nella bocca secca.
L’unico misero aiuto, fu una pozza d’acqua che si formò durante una pioggerella. Poté dissetarsi ma non bastò a rafforzare il suo corpo.
La pelle gli si seccò e si beccò ustioni violacee sulla faccia e sulle gambe.
Al limite aveva provato perfino a strappare un lembo di stoffa dai pantaloni e mangiarselo. Era salato, come il mare che lo aveva avvolto. Lo fece vomitare.

Quando si risvegliò l’ottantacinquesimo giorno, ringraziando ancora di essere vivo, per la prima volta rivolse uno sguardo dall’altra parte dello scoglio.
“Il vecchio” pensò per non stancare le corde vocali aride “Sarà ancora vivo?”
Decise di andare a controllare.
Si strusciò sulla pietra come un gatto, tagliandosi su quella rialzata. Le usò come appoggio, quasi stesse scalando una montagna.
Trascinandosi, meravigliato che i muscoli ancora rispondessero, riuscì a trasportare il suo corpo fino al luogo in cui si era svegliato ottantacinque giorni prima.
Rimase quatto dietro una pietra a osservare. E rimase stupito.
Zeph era nell’esatto punto in cui lo aveva lasciato. Girato di spalle, con le gambe incrociate. Era ancora vivo.
Ma la cosa più assurda, era che il sacco che teneva al suo fianco, era sempre gigante. Come se non fosse mai stato aperto.
“E’ … ancora pieno!” si disse Niall esaltante. Ci doveva essere ancora tanto da mangiare là dentro.
Finalmente una speranza.
Con impeto raccolse il coltello con cui aveva provato a difendersi il giorno del naufragio. Era atterrato lì con loro e finora era bastato soltanto a tagliare la frutta e il pane.
Lo impugnò per bene e il pensiero di mangiare gli diede la forza di rimettersi in piedi: - Devo prenderglielo! – mormorò sbavando – E’ tutta sua la colpa! E se vorrà impedirmelo … lo uccido! – sembrava ben intenzionato.
Detto questo avanzò barcollando di qualche passo. Aveva le vertigini e dovette appoggiarsi per non cascare.
-Perché sei qui? Hai visto una nave? – la voce di Zeph lo agghiacciò. Si era accorto di lui, nonostante fosse sempre girato. Non per questo si arrese.
Sollevò il coltello: - Sono venuto … a prendere il tuo cibo! Ammazzami se vuoi, ma senza cibo io morirò lo stesso! Lo hai conservato tutto per te … e ora … mi serve! – detto questo, senza vedere reazioni da parte del vecchio, si gettò sul sacco, squarciandolo col coltello.
Si aspettò il ritrovamento di qualsiasi cosa commestibile. Che però non avvenne.
Una luce intensa lo abbagliò, mentre enormi quantità di monete d’oro, gioielli, gemme, perle e banconote, venivano fuori da quel sacco enorme.
Niall lasciò cadere il coltello mentre una strana espressione gli deformava il volto.
-Ma cosa … - balbettò provando a scavare in fondo al sacco. Trovò soltanto altre preziosità. Niente cibo.
Si buttò sulle ginocchia affranto.
-Non capisco … qui ci sono solo … tesori.
-Io sono ricco senza niente da mangiare – disse Zeph – Ironico. Non trovi?
-Ci sono solo tesori – ripeté Niall col respiro affannoso – Ma allora … - prese con le mingherline mani il mantello del vecchio e lo scrollò – Dimmi subito dov’è il tuo cibo! Dimmelo! Come hai fatto a nutrirti finora? Insomma! – vedendo che non rispondeva gli si mise davanti – Parlami! – e solo allora vide cos’era che quella lunga mantella nascondeva dietro di sé.
Un corpo scheletrico. Pelle ossuta così ridotta da lasciare intravedere a stento le ossa. Capelli fragili, quasi fatti di carta, epidermide bluastra, occhi dilatati e stomaco così sottile da riuscire a scorgere.
Il bambino rimase paralizzato. Il peso delle gambe lo fece cadere a terra, mentre i suoi occhi scorgevano un’altra orrenda visione. Al vecchio mancava un piede. Il sangue era ancora ben visibile all’interno dell’arto, che però aveva bloccato legandoci attorno un laccio.
-Il tuo piede … - gemette – Cosa … è successo?
Un lampo gli si manifestò davanti facendolo sussultare.
Una visuale appannata.
Lui che affonda.
Qualcuno che nuota verso di lui.
Una catena intorno ad una gamba.
Quel CRACK.
L’acqua che si macchiava di rosso.
-Tu … - mormorò rendendosi finalmente conto di cosa era successo – allora non è stato un sogno … tu … hai perso il piede … per salvarmi … - Zeph non rispose. La sua faccia era incrostata dalla siccità.
Gli occhi del ragazzino si riempirono di lacrime: - Ma allora … tu hai … hai dato a me tutto il cibo che c’era?
L’uomo esitò: - Esatto – rispose tossendo, restando però con lo sguardo serio.
-Senza una gamba … non potrai più essere il pirata che eri – singhiozzò Niall.
-Dici giusto – confermò Zeph.
-Perché? – si coprì la faccia – Perché mi hai salvato? Non avevi motivo di farlo! Io ero pronto a ucciderti, lo sai? – vedendo che non rispondeva, strepitò – Perché???
-Perché … - si decise a rispondere lui – tu e io … abbiamo lo stesso sogno.
-Lo stesso … sogno? Oh … il … Cuore dei Mari?
-Esatto.
-Ma … i tuoi uomini hanno detto che non esiste!
-Esiste – gli tolse i dubbi – Se un giorno andrai nel Grande Blu … sono sicuro che il Cuore dei Mari si trova lì. Ma io ormai non posso più essere un pirata. Quindi tocca a te trovarlo – con queste parole si lasciò cadere all’indietro sollevando un gran polverone dal suo fiacco corpo.
-Ei! – esclamò Niall mettendogli le mani sul petto – Stupido vecchio … non morire! Non farmi questo … non puoi abbandonarmi così … tu devi vivere!
Zeph tremò come una foglia e tossì delicatamente: - Sai … - borbottò lievemente – In questi giorni ho riflettuto molto … mi sono chiesto quante persone sono morte attraversando questo dannato oceano. Ne ho spesso incontrate che stavano morendo di fame, come noi e ho avuto un’idea … non sarebbe bello … avere un ristorante in mezzo all’oceano?
-Un ristorante?
-Sì. E ho promesso a me stesso che se uscirò vivo da qui, ne costruirò uno per finire lì i miei giorni. Aiutando sempre gli affamati e dandomi da fare come cuoco.
Niall per la prima volta dopo giorni, sorrise, sempre con le lacrime agli occhi: - D’accordo. Se è questo il tuo sogno ti aiuterò. Ma … tu non morire …
Zeph tossì ancora: - Cosa pensi di fare per aiutarmi? … sei solo … un povero moccioso …
-Io diventerò forte! Ma tu – riprese a singhiozzare – non devi morire! Non devi lasciarmi …
Ad un tratto, qualcosa lo spinse a scrutare l’orizzonte.
Il mare scorreva calmo sotto l’abbagliante luce solare di quella mattina. I gabbiani sorvolavano il cielo … e si stava avvicinando.
Niall sgranò gli occhi, dicendo a sé stesso che non poteva essere possibile.
Provò a strabuzzargli e a guardare meglio. La forma era sempre lì. Ancora più vicina.
“Non è possibile” pensò dandosi tre pizzicotti.
No, era la verità. Le fiancate, le vele, l’ondeggiamento.
Una nave.
Non volle restare a esitare e a chiedersi se fosse un altro miraggio.
Il ragazzino balzò in piedi e gridò come mai in vita sua: - EI! VOI! AIUTATECI!! SIAMO QUI! PRESTO SALVATECI! VI SCONGIURO VENITE A SALVARCI! AIUTOOO! SIAMO QUI! – raffiche di saliva e lacrime amare gli riempivano bocca e occhi. Sbracciava e saltava e non la smetteva di urlare. Zeph non era in condizioni di aiutarlo e pensando a lui ci mise ancora più anima nel tono, urlando fino ad assordarsi da solo. La gola ormai era senza voce.
Si accasciò a terra a tossire.
Rialzò pregante lo sguardo verso l’imbarcazione.
Cambiava la rotta principale. Stava venendo verso la rupe.
 
Niall era a terra con fitte di dolore. Il colpo di Hub lo aveva stordito parecchio, ma ora, grazie a brevi ricordi che si erano formati nella sua mente, aveva ritrovato la forza per battere un pugno a terra con ferocia e rialzare la faccia sanguinante.
-Questo stupido vecchio – disse – ha perso la gamba … per salvarmi la vita … - si rimise in piedi traballante – Gli devo tutto … ho un enorme debito nei suoi confronti! Non dimenticherò mai ciò che ha fatto e sono pronto a sdebitarmi!!
Tutti rimasero immobili di fronte le sue parole.
Harry lo guardava stupito.
Zeph con ritrosia.
Jim con terrore: - Niall … non sfidare la sorte, ti prego dammi ascolto!
Il biondo ghignò: - Proteggerò questo ristorante.
Harry nascose il viso sotto il cappello e strinse i pugni.
Kingsley deglutì: - Vuoi morire o cosa?
-Stupido imbecille! – fece eco Russ.
Hub sorrise: - Molto commovente quello che hai detto – sollevò i suoi scudi – peccato che questo ristorante ha già chiuso. Adesso è una nave pirata.
Harry stava trattenendo dentro di sé un impeto di rabbia troppo intenso. Che liberò in quel momento.
Con la faccia rossa, fece scattare il piede e lo allungò a dieci metri sopra la sua testa e sopra tutto il ristorante, tenendosi in equilibrio.
-Che vuoi fare? – domandarono tutti.
Lui non rispose. Riabbassò il piede con una potenza distruttiva facendo illuminare il potere del tatuaggio sul petto e gridando: - GOM GOM FOOT!!!!
La gamba ritornò a terra, affondandosi nel centro delle piattaforme intorno al ristorante, che saltarono in aria come se colpite da una bomba.


TO BE CONTINUED

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Capitolo 27
*** Episodio 27 - Un debito di gratitudine. ***



Il calcio di Harry aveva provocato una grande eruzione di onde che si erano tranciate sul ristorante che per fortuna non affondò, ma si straripò sia all’interno che all’esterno.
Le spianate di legno erano ormai un cumulo di ripiani galleggianti scheggiati. In molti erano finiti in mare, altri invece ci galleggiavano o si reggevano alle tavole.
Pioveva ancora per il botto, nonostante il cielo fosse privo di nuvole.
Erano tutti esterrefatti di come il semplice calcio di un ragazzino avesse distrutto una piattaforma così solida. Jim era sempre all’entrata del Baratie e non mollava la pistola puntata su Capo Zeph, ancora a terra.
Harry era soddisfatto del suo lavoro. E coperto dall’ombra del cappello di feltro, ghignò. Il motivo di quel gesto rimase ancora sconosciuto.
Don Crocell avvampò: - Il moccioso vuole distruggere la nave o cosa? – non poteva più permettere che quei parassiti lo intralciassero. Impartì un ordine ben preciso senza dettagli a Jim: - Fai saltare le cervella al vecchio! Subito!
Jim tentennò. Sentì l’arma tremargli nelle mani. Guardava il suo ostaggio. Colui che stava rischiando la vita solo perché aveva voluto stoppare la fame, offrendo cibo ai nemici senza rimpianti.
-Lui … ci ha salvato – si fece scappare.
Gli occhi del suo comandante mandavano scintille di rabbia: - Tu stai … disobbedendo???
Harry mobilitò l’attenzione di tutti su di sé: - Non vi ho attaccato. Ho solo distrutto le piane.
Crocell sentì la rabbia crescere sempre di più.
Anche Niall sembrava furibondo, aggrappato alla sponda della nave ristorante: - Che diavolo avevi intenzione di fare, coglione? – chiese balzando sul pezzo di legno su cui si trovava Harry.
-Affondare il ristorante – rispose soltanto, lui.
-Cosa? – sbraitarono tutti.
-Sì – ripeté il ragazzo di gomma determinato – Lo farò affondare.
Kingsley e gli altri cuochi, fuori bordo, sgranarono le pupille. Ora non capivano più da che parte stava quel ragazzino dai poteri formidabili.
Niall non se ne preoccupò: - Ma cosa dici? – chiese agguantando con violenza la maglietta di Harry – Ti si è rincretinito il cervello o cosa?
-Se distruggessi la nave, non avrebbero più motivo di attaccarci – spiegò lui provando a far seguire all’amico un ragionamento logico.
-COSA?
Zeph non si fece vedere. Ma nascose un piccolo sorriso.
-Ma tu … sai che debito ho verso questo posto?- ribatté Niall irato mollando il ragazzo e spingendolo rude.
-E allora? – gli domandò Harry – Non dirmi che vuoi perdere la vita per questo ristorante. Non sei stato già abbastanza pestato? – indicò i segni sanguinosi sul volto del biondino – Sei stupido se la pensi così.
-Cosa hai detto?
Stavolta fu Harry ad agguantarlo per la maglietta e fissarlo negli occhi azzurri: - Non è certo morendo che rimborserai il tuo debito! – strillò seriamente – Lui non ti ha salvato la vita per far sì che un giorno ti sacrificassi. Sei pronto a morire? Solo i codardi agiscono così!
-Allora dimmelo tu se hai un’idea migliore!
-Infatti ce l’ho!
-E’ stupida!
-Mai quanto la tua!
Jim li guardò. Stavano bisticciando come la prima volta che li aveva conosciuti. Sembravano due bambini. Non si rendevano conto della situazione in cui erano immischiati e litigavano tranquillamente.
-Non mi sembra il momento di discutere – vide Hub, ancora in piedi su un legno vicino, deridere i due ragazzi – Sappiate che non potete niente contro di noi. Soprattutto ora che abbiamo un ostaggio! – Niall e Harry si zittirono e lo ascoltarono incatenati alle sue parole – Siete stati molto sfortunati a cadere nelle nostre mani – fece tintinnare i suoi scudi che s’incendiarono – Con il mio attacco Fire vi ridurrò in poltiglia! – e si scagliò contro i due al massimo della potenza. Il suo obbiettivo era colpirli ferocemente, come aveva fatto a Niall poco prima. Era ad un passo dal duetto, quando qualcosa di intervenuto lo bloccò impedendo di fare loro del male.
PUM!
Uno sparo.
Una pallottola volante.
Andò a conficcarsi nell’unico lato visibile della faccia di Hub, non coperto dall’elmo.
Ci fu un forte schizzo di sangue che sporcò i due ragazzi, i quali si scansarono appena in tempo per impedire che il corpo massiccio dell’uomo cascasse loro addosso mentre finiva per terra. Inerme.
-Perdonami Hub- sentirono dire a Jim. Lo videro abbassare la pistola – Devi farti da parte.
-Jim – sclerò Don Crocell senza badare molto al compagno ucciso – Mi stai forse tradendo?
L’uomo ripose la pistola in tasca. Poi scavalcò il corpo di Capo Zeph e saltò su un'altra reliquia. I suoi occhi erano percorsi da una sinistra luce: - Mi dispiace Don Crocell. Questo ragazzo ci ha salvati. Perciò non posso lasciarlo morire – rizzò le spalle – Non così – ed estrasse dalla cintura qualcosa.


Si trattava di un Kubotan. Un’antica arma composta da una pesante asta di ferro facile da impugnare, collegata ad una grossa palla metallica. Costruito apposta per i bersagli più deboli. Un colpo sarebbe stato letale da rompere un osso o paralizzare arti o muscoli.
Ognuno la guardò rabbrividendo. Si poteva chiaramente vedere la potenza di quell’oggetto anche senza toccarlo.
Jim lo strinse più forte mentre i suoi occhi assassini si spostavano: - Lasciate che sia io a uccidere Niall, Don Crocell! – sorrise malizioso.
Il biondo lo guardò impressionato.
Don Crocell fece sparire le vene dalla fronte. Assunse uno sguardo pensieroso: - Non stai scherzando. Tu. Primo Tenente della mia ciurma di pirati.
Kingsley e Russ intanto, erano corsi ad assistere Zeph, che a fatica si rialzava: - Come state padrone?
Niall guardò prima loro, poi l’uomo che lo sfidava: - Tenente, eh? – chiese non molto sorpreso.
Harry sentì caldo. Quell’arma aveva messo un po’ d’ansia anche a lui. Poi però sorrise come al suo solito: - Hai visto com’è caduto nella mia rete?
-Zitto con le stupidaggini! – gli disse Niall incrociando le braccia – Non volevi forse distruggere la nave?
-Niall – lo chiamò Jim facendolo voltare – Avrei preferito che abbandonassi la nave senza obbligarmi a farti del male. Ma apparentemente è impossibile.
-Io non mi muoverò di qui – replicò il biondo con freddezza – Non vi impadronirete di questo ristorante finché sarò vivo.
-In questo caso – sputò Jim – Lascia che mi occupi io di te. È la sola cosa che posso fare.
Niall fece spallucce. Prese dalla tasca un’altra sigaretta e se la ficcò in bocca senza nemmeno accenderla: - Molto gentile, smidollato! – disse ironico.
-Vale anche per te, Cappello di Feltro – continuò l’uomo.
Harry, come il suo amico, non dimostrò nemmeno un briciolo di paura: - Non ne vale la pena. Io non perderò mai contro uno come te.
I pirati erano più indiavolati che mai. Ne avevano fin sopra i capelli delle maldicenze di quel ragazzino: - Bastardo! Come osi insultare il nostro tenente?!
-Hai abbastanza fegato per dire certe cose?
-Noi siamo i pirati di Don Crocell! I più potenti dell’Huge Boat!!
Harry soffocò una risata: - Piuttosto siete solo il più numeroso?
I pirati si morsero a sangue il labbro, digrignarono i denti e fecero a fatica a reggersi a galla, più occupati a reggere la collera che li impadroniva.
-Hai toccato una ferita aperta – notò Niall facendo una tirata di sigaretta.
Gli uomini stavano per tirare fuori le armi e lanciarsi tutti contro Harry per fargli la pelle, ma il loro Capitano intuì le loro intenzioni e li bloccò: - State indietro!
-Capitano … ma quello ha osato …
-Quando ci si infuria perché si viene trattati da deboli, significa che si è deboli sul serio! Lasciamo che sia il combattimento a decidere chi è forte e chi è debole. State al vostro posto! – spiegò Crocell minaccioso.
-Sì Capo – i suoi subordinati si fecero da parte.
-D’accordo Jim – acconsentì Crocell rivolto nuovamente all’uomo – Sbarazzati di quel cuoco. In quanto al ragazzino … - sogghignò maligno – mi occuperò io di lui.
-Ricevuto, Don Crocell – ricambiò Jim tornando a fronteggiare Niall.
-Ei! Moccioso! – il pirata ora parlava ad Harry – Preparati. Una volta ammazzato il tuo amico, ti farò assaggiare tutta la potenza del padrone dell’Huge Boat! Potrai anche essere stato colpito da una Folgore del Diavolo o altre stronzate simili, ma capirai che è tutto inutile contro di me!
Harry scosse la testa: - Parla finché vuoi. Ma io ti massacrerò lo stesso – sorrise – Non vedo l’ora di cominciare – e cominciò a fare qualche flessione come un riscaldamento.
-Piccolo arrogante – imprecò Crocell ancora più desideroso di ucciderlo.
Intanto Niall era ancora a quattr’occhi contro Jim. I due si fissavano con profondo odio. A breve il loro duello sarebbe cominciato.
-Quello è spacciato – commentarono i pirati – Se Jim ha sfoderato la sua arma significa che non scherza!
-Non per questo il suo soprannome è l’Orco.
-Anche se i suoi avversari implorano pietà lui li uccide senza esitazione.
-E’ un vero demone. Un uomo dal cuore di ghiaccio.
Jim non stette a godersi quelle lodi. Fece roteare più volte il Kubotan su una mano sola, caricandolo.
-Mi dispiace, Niall – disse per l’ultima volta – Non potrai battermi.
Il biondo fece un’altra tirata e soffiò: - Lo vedremo omiciattolo.
Lo scontro iniziò.
Jim si piegò sulle ginocchia sempre continuando a ruotare l’arma in una mano sola. Senza perdere l’affluenza, si slanciò verso il ragazzo.
Niall mise le mani in tasca e sollevò il piede pronto a sferrare uno dei suoi potenti calci. Ma quando la gamba partì, l’avversario si era scansato giusto il tempo di farlo colpire a vuoto. Dopodiché gli lanciò contro il Kubotan, che non colpì lui ma l’asse di legno su cui si trovavano che venne perforata da un profondo pertugio.
Il ragazzo era esterrefatto da tanta brutalità.
Vide Jim riagguantare con facilità la sua arma e provare una seconda volta a centrarlo, ma schivò anche quell’attacco. Provò nuovamente a calciargli il viso, ma con la sua agilità compì un’oscillazione laterale con il busto dritto e non fu neanche sfiorato.
Servendosi stavolta solo del manico del Kubotan, Jim riuscì con veemenza a buttare per terra il biondino, tenendoglielo premuto sulla gola. Infine divise i due pezzi di ferro che componevano l’arma. Con uno tenne atterrato l’avversario mentre con l’altro, quello collegato alla sfera di metallo, si preparò a colpirgli la testa immobilizzata.
-Niall! – gridò Harry vedendolo in difficoltà.
L’amico respirava a fatica. Quell’affare gli bloccava la faringe e non riusciva a muovere nemmeno braccia e gambe. Poté soltanto ansare stentatamente.
-Dunque, stavo dicendo – disse Jim roteando il pezzo di ferro – tu non puoi battermi – sorrise malizioso – Addio. La farò finita una volta per tutte.
-Sei formidabile, comandante! – esultarono i pirati – Ammazza quel moccioso in un colpo solo!
-Forza Niall! – incoraggiavano invece i cuochi dalla parte opposta, ma con più dimissione. 
Il biondo smise di tremare. Nei suoi occhi si leggeva un misto di destrezza e stasi.
Jim fece partire la mazzata strepitando: - Muori!
La sfera gli avrebbe spaccato in due la testa, se Niall in quel momento non avesse sputato in faccia all’avversario la sigaretta ancora accesa dal quale non si era mai separato dall’inizio.
L’uomo sentì la cenere negli occhi e perse il controllo della situazione.
Fu il momento adatto per agire.
Niall si scrollò di dosso il ferro che lo teneva bloccato e il colpo che Jim aveva indirizzato alla sua tempia, batté su un’altra parte della spianata, frantumandola.
Stavolta il biondino riuscì a caricare un possente calcio e a schiacciarlo sul viso dell’uomo, rompendogli un dente e una vena del naso.
Ma Jim non cadde subito a terra. Un attimo prima, usando le poche forze rimaste, sfoggiò meglio il Kubotan e con un movimento articolare delle braccia, percosse con la palla di ferro le costole del cuoco.
Niall gridò dolente e finì disteso vicino il rivale.
 
Ora anche i pirati erano terrificati.
Il loro comandante era stato sconfitto con un solo calcio. Ci voleva ben altro per mettere al tappeto uno come lui. Quel ragazzino possedeva una forza incredibile.
Non vollero subito credere però, che Jim fosse stato battuto.
-Idioti! – disse loro Don Crocell come se avesse letto i pensieri negli sguardi – Vi siete scordati chi è che state guardando? Jim è degno di essere definito Orco. Per questo motivo è il comandante delle mie truppe. Fra poco si scatenerà.
Come se quelle fossero state parole magiche, i due combattenti si mossero e poco per volta si rimisero in piedi. Niall a stento.
Non riusciva a respirare senza avvertire profonde fitte al punto dov’era stato colpito. Sicuramente aveva 5 o 4 falde rotte.
-Sta bene? – chiese Kingsley preoccupato.
-Come può star bene dopo tutti i colpi che si è preso – gli rispose Russ.
Niall barcollava e sanguinava ma riuscì lo stesso a sorridere: - In fin dei conti … - tartagliò – La tua mazza di ferro … non è molto efficace.
Harry sorrise sempre più ammirato dall’audacia del suo amico.
Poi però i suoi occhi si spostarono su Crocell. L’uomo restava seduto sul relitto da cui non si era mosso dalla fuga di Drakul Occhi di Falco. Non si era affatto mosso. E nemmeno ora alzava un dito.
Poteva essere la sua occasione! Lo avrebbe colto di sorpresa e sistemato una volta per tutte.
Lentamente si avvicinò all’albero della vecchia nave affondata che collegava la sua pianata di ferro a quella del pirata e prese ad attraversarla come un ponte. Prima tallonando, poi correndo.
Iniziò a portare le due dita davanti al petto. In questo modo avrebbe potuto caricare un pugno così feroce da deformargli la faccia come se fosse di plastilina.
Ormai a pochi metri di distanza, si preparò ad enunciare il suo attacco.
Ma Don Crocell ghignò roteando gli occhi di scatto: - Dove credi di andare? – sibilò prima di lanciare in acqua una strana pallina.
Non appena questa sparì sotto la superfice, ci fu un’esplosione e le onde che si alzarono rispedirono Harry sullo spiazzo da cui era partito.
L’uomo scoppiò in una disgustosa risata con la bava alla bocca.
Il ragazzo di gomma si tolse il cappello di feltro e lo strinse tra le mani come un’antistress.
-Stronzo!!! – urlò – Vuoi batterti o no?
Don Crocell si grattò il mento: - Battermi con te? Perché? Per ammazzare qualcuno, io non uso che una cosa soltanto. Ed è ciò che chiamano forza. Imprimitelo bene in testa, pezzo di merda!
-Cosa? – ringhiò Harry – Questo “Pezzo di merda” ora ti rompe i maroni! – un urlo alle sue spalle lo bloccò.
Vide il pirata ghignare soddisfatto.
Si girò: - Niall!
Il suo amico era per terra ridotto piuttosto male. Si premeva la gola, vomitava sangue e spasimava cercando di respirare invano. Al suo fianco, Jim in piedi, teneva ignobilmente il pezzo dalla sfera metallica … macchiato di rosso.
-Le sue ossa sono ridotte in poltiglia adesso! – vociarono i pirati– Ammazzalo Jim!
-Merda! – imprecò uno dei cuochi – Se non fosse già stato ferito da quel tizio con gli scudi …
Jim riunì i due pezzi di ferro ricostruendo il Kubotan e tornò a farlo ruotare.
Niall però riuscì lo stesso a spiaccicare parola: - E’ tutto … qui … bastardo …? – e a sorridere. Cercava di apparire ancora rissoso, ma dentro si sé sapeva che indolenzito com’era non avrebbe avuto speranza.
Jim sollevò la sua arma: - Ecco il colpo finale. Non opporre resistenza! – per l’ennesima volta provò a colpirlo con la sfera alla tempia, ma il biondo si scansò debolmente.
Irrobustì la gamba destra e la slanciò frustamente schiacciando sul legno la testa dell’avversario a cui si ruppero altre piastrine dal naso.
Jim rimase immobile assorbendosi tutto il dolore.
Niall si mise in ginocchio soddisfatto di essere riuscito a reagire. Ma all’improvviso avvertì una fitta tremenda attraversargli tutto il corpo. Sentì le ossa del ginocchio e delle costole spezzarsi e gli arti pulsare. Sentì il tremendo bisogno di gridare e di accasciarsi tastandosi le nervature, tutte dolenti.
-Niall! – strillò Harry pauroso di immaginarsi cosa stesse provando.
-Non ne può più! – disse Russ afflitto – Era già troppo malmesso prima di cominciare lo scontro! Si è sforzato così tanto da non riuscire a reggere nemmeno i propri attacchi!
Il ragazzo si contorceva gemendo e crepitando. Non riusciva a più a muoversi.
Jim ne approfittò. Si rimise in piedi con le narici sanguinanti e si gettò addosso a lui, prendendolo per la gola.
-Bravo Jim! – godette Don Crocell – Finiscilo!
Harry fu preso dall’iniziativa di correre a salvare il suo amico. Ma si frenò quando vide una cosa astrusa.
 
Jim era immobile. Continuava a cingere la gola di Niall e a impugnare il Kubotan. Però non si muoveva. Fissava gli occhi azzurri del ragazzo, attraversati da dolore e avversione. Gli stessi occhi che pochi giorni prima gli avevano sorriso offrendogli da mangiare. Che gli avevano salvato la vita. Stava per uccidere colui che aveva avuto misericordia. L’unico che si era deciso ad aiutarlo. Che non si era fatto scrupoli a dargli del cibo. Che lo aveva aiutato a scappare senza finire di nuovo nelle mani della marina. Il suo benefattore. Si stava per macchiare del sangue dell’unica persona che avesse mostrato gentilezza nei suoi confronti.
Sentì lacrime penose pizzicargli gli occhi e poi scendere una alla volta.
Niall le vide cadere una alla volta, bagnandogli il volto e non capì.
-Non posso.
Harry, i cuochi, i pirati e Don Crocell non fecero né dissero niente. Stettero soltanto a guardare. Alcuni credettero di aver capito male. Altri invece furono costretti ad ammettere che quelle parole erano reali.
-Non posso – ripeté Jim – Io … - con uno scatto allontanò la mano dalla gola di Niall – Non posso farlo Don Crocell! – singhiozzò rivolto al suo capo.
Niall riprese a respirare debolmente mentre assisteva a quel piagnisteo.
-Non posso – continuò l’uomo senza smettere di lacrimare – Non posso uccidere questo ragazzo.
-Cos’hai detto? – mormorò Don Crocell.
-Mi dispiace – rispose Jim. Ripensò con rimpianto a quando inizialmente aveva rifiutato il piatto di riso che quel cuoco gli aveva offerto, ma poi aveva ascoltato le sue parole. Sembrava che Niall conoscesse la stessa sensazione orribile che provava lui quando stava per soccombere dalla fame. E offrire del cibo a qualcuno era un dovere per lui. Soddisfare gli affamati era il principale diritto di un cuoco.
Forse Niall era l’unico a conoscerlo.
-E’ la prima volta – spiegò Jim riprendendosi dai ricordi – che qualcuno è stato gentile con me … che mi ha trattato … come una persona e non come una feccia umana. Per questo non posso ucciderlo – vide un’espressione poco rassicurante negli occhi del suo capitano. Si mise per questo in ginocchio: - Non voglio andare contro i suoi ordini, Don Crocell. Tutto ciò che lei ha deciso o fatto finora, non ha mai avuto torto. Io rispetto la sua forza. Lei ha fatto tanto per me. Mi ha persino nominato comandante delle sue truppe. Per questo … io obbedirò a qualunque ordine lei mi imporrà. In futuro. Ma … cerchi di capirmi.  Non posso uccidere Niall! – e queste furono le sue ultime parole.
Si allontanò dal corpo del ragazzo restando con lo sguardo abbassato.
Harry si avvicinò all’amico aiutandolo piano, piano a rimettersi in piedi. I due fissarono Jim lungamente, sorpresi da quel suo gesto di gratitudine
Lo videro alzare gli occhi ancora lucidi. Sorrideva speranzoso: - Don Crocell … se fosse possibile … la prego, lasciamo questo ristorante.
Don Crocell sgranò gli occhi e scattò in piedi furibondo: - Tu!!! – sbraitò – Non solo disobbedisci ai miei ordini! Ma osi anche dirmi cosa cazzo devo fare?!? Ma chi ti credi di essere, figlio di puttana? Mi hai deluso. Ti sei fatto vincere dai sentimenti. Ma te ne pentirai.– detto questo si staccò la spalliera d’oro della sua possente corazza e la tese in avanti come uno scudo.
Questo si aprì, riducendo le estremità in una pistola un po’ differente da quelle normali. Più voluminosa.
Jim sbiancò e indietreggiò: - No! Non mi dica che …
Anche gli altri uomini erano andati nel panico. Presero a sobbalzare e a nuotare più lontano possibile.
-MH5! – strepitò uno di loro – E’ la più terrificante delle armi! Un gas velenoso!!!
-Cosa? – esclamò Niall.
-Un gas velenoso? – echeggiò Harry.
-Presto! – i pirati frugarono dentro le magliette e ne tirarono fuori delle strane mascherine con il quale si coprirono la faccia – Dobbiamo metterci le maschere protettive! È un gas mortale! Chiunque lo respira sa bene quali saranno le conseguenze!
-Ma perché la volete usare, Capitano?
-Non immischiatevi! – grugnì Crocell – E’ un combattimento. L’unica cosa che conta è la vittoria! Qualunque sia il modo di ottenerla! Il vincitore è il re. Il perdente può andare all’inferno. Che importa il modo? Solo il risultato è importante. Io voglio vincere! Ecco la vera potenza!
Harry avvertì un impeto di rabbia che provava solo in rare occasioni.
Anche Niall lo sentì, però ancora dolorante com’era non poteva dimostrarlo: - Bastardo – si limitò a dire.
Jim con mano tremante, sfilò dalla maglietta la sua di maschera.
-GETTALA VIA! – gli ordinò Don Crocell – Tu non fai più parte de mio equipaggio! Muori!
Gli occhi dell’uomo si dilatarono. Gli sembrò di ricevere un pugnale nel cuore. Nella sua testa rimbombarono quelle parole dette dal suo capitano. Dal suo ufficiale. Dal suo compagno.
Harry non ne poté più di quel farabutto. Riattraversò stavolta più svelto, l’albero maestro che lo collegava alla spiana di Crocell: - Pezzo di merda! – gli urlò – Non ti lascerò sparare il gas velenoso!
-Esci dai coglioni, tu! – l’uomo lanciò nuovamente in acqua un’altra minuscola sfera esplosiva che eruttò di qualche onda, catapultando Harry dalla parte opposta.
-Maledizione – imprecò – Jim. Non ascoltare quel vigliacco. Lo ammazzerò.
Jim però non sembrava intenzionato a mettersi contro quell’uomo: - Non parlare così di Don Crocell! – lo difese aspramente – E’ lui il più forte. La gente come te non può niente contro di lui.
-Imbecille! – gli rinfacciò Niall – Vuoi aprire gli occhi?! Quel tipo vuole ucciderti!
-Evidentemente – disse Jim – Essere sentimentale durante una missione. Equivale ad un tradimento – sollevò la mascherina – Per questo … me ne devo assumere le conseguenze – e con un gesto fulmineo gettò la maschera antigas in acqua, dove affondò in breve.
-NO! – urlò Harry.
-Perché? – chiese Niall a denti stretti – Perché?!
-Hai capito alla fine – ghignò Don Crocell – Preparati! Morirai con quei due mocciosi! – e senza altre esitazioni, enunciò: - MH5 ATTACK!
Dalla pistola che impugnava, partì un botto vibrante e ne uscì una palla di cannone racchiudente un gas.
I cuochi si allontanarono a nuoto o sott’acqua.
Kingsley e Russ trasportarono Capo Zeph nel ristorante.
Crocell s’infilò una maschera.
Harry invece allungò le braccia e ne impugnò due, sottraendole dal viso di due pirati che rimasero senza.
-Niall! Jim! Prendetele! – disse lanciandole verso di loro.
Si voltò pronto a rubarne un’altra per sé.
Ma …
-Cazzo! – gridò in preda al panico – Sono andati tutti sott’acqua! – provò a guardarsi intorno ma non vide nessuno. Tutti scomparsi. L’unico senza protezione era lui.
La palla di cannone era sempre più vicina.
Harry la vide esplodere davanti ai suoi occhi e una nebbia tossica sollevarsi e avvolgere ogni cosa.


TO BE CONTINUED

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Capitolo 28
*** Episodio 28 - Io non morirò! ***



Il fumo lentamente si diradò dopo essere rimasto sospeso a circondare il ristorante per più di dieci minuti.
Harry era a terra e si teneva premuto sulla faccia una maschera vuota che grazie al cielo aveva scorto all’ultimo minuto e ci si era buttato sopra.
I cuochi, ormai parecchio distanti dalla nave-ristorante, erano allibiti da quanta malvagità potesse dimostrare un essere così ignobile come Don Crocell. Continuarono a chiedersi se Harry e Niall stessero bene, gli unici rimasti sulla piattaforma più vicina al nemico.
Niall restava ancora a terra. Non riusciva ad alzarsi con le ossa ancora indolenzite. Jim era sopra di lui e gli teneva la mano schiacciata sulla maschera. Non si muoveva.
-Jim – gli disse dimenandosi – Lasciami … Jim …
Harry si girò levandosi a sua volta la protezione. Ciò che vide lo terrificò.
Jim aveva il viso interamente violaceo, le palpebre si erano ristrette e seccate, gli occhi erano fuori dalle orbite, le narici erano un ruscello di sangue e gli zigomi bagnati erano esplosi in piccoli pezzi di carne. Il suo volto deturpato ricordava un’immersione nell’acido.
-JIM! – i due ragazzi si ripugnarono di quella vista oscena.
Il loro amico cadde in avanti respirando a tentoni. Niall lo sorresse.
-Jim … - balbettò Harry – Ma io … te l’avevo data la maschera … dove … - si ritrovò a fissare quella con cui lui si era riparato – Tu? – concluse con mani tremolanti – Me l’hai lanciata tu?
Don Crocell, soddisfatto, scoppiò in un’altra risata diabolica: - Povero idiota! Hai preferito mettere a rischio la tua vita per salvare quella di una persona che ti ha offerto dello stupido cibo! Come si dice, uno scemo non impara finché non muore!
I due ragazzi lo guardarono omicidi.
Niall poggiò gli occhi sull’uomo ansimante che sorreggeva. Stava cercando di parlare. Però era rivolto a Don Crocell. Gli era rimasto talmente fedele, dopo aver disobbedito ai suoi ordini e si era apprestato ad eseguirli in seguito, non mettendosi la maschera protettiva e respirando il gas velenoso.
-Jim … - gli disse tornando a fissare il pirata – Hai scelto di seguire la persona sbagliata.
-Stai compatendo quel pezzo di merda? – osservò Crocell ghignante.
-Pezzo di merda? – digrignò Niall.
-Sì- confermò l’uomo – Uno stupido che mi delude e non ubbidisce ad un mio comando, non è più niente. Infondo ho dimostrato una grande pietà. Uccidendolo prima che commetta nuovamente lo stesso errore.
Persino i suoi uomini erano increduli. Il loro Capitano, incredibilmente, aveva deciso di uccidere il Comandante delle sue flotte. Il suo braccio destro. Il suo primo ufficiale. Colui che da sempre si era impegnato per portarlo alla vittoria. Per proteggerlo. Come quando si era fatto catturare dalla Marina al posto suo. Cominciarono a provare ribrezzo verso di lui.
 
Niall sentiva Jim continuare a gemere a fatica.
Gli venne un improvviso lampo di genio: - Kingsley! – lo chiamò vedendo che lui e suo fratello erano tornati sull’uscio del ristorante – Non avevamo dell’Atropina nel magazzino?
Il cuoco ci pensò un attimo: - Sì. Ne sono rimaste alcune dosi dopo la bonifica del mese scorso.
-Prendilo! – gli ordinò.
-Cosa? Ma … lui è un nemico.
-Ho detto prendilo!- replicò aggressivo.
Capo Zeph, che si reggeva a fatica in piedi, incrociò le mani: - Idiota! Mettigli la maschera, piuttosto. Deve contenere dell’antidoto per sfuggire a del vapore così intenso. Almeno potrà respirare temporaneamente.
Niall obbedì e mise la maschera che era stata sua, sul viso dell’amico malato.
-Portatelo di sopra – ordinò Zeph ai due cuochi fratelli.
-Muovetevi! – gli accelerò il biondino.
Kingsley e Russ sbuffarono balzando sulla piccola spianata di legno: - Abbiamo capito! Calmati! – con le mani robuste sollevarono il corpo rinsecchito di Jim e lo trasportarono nel ristorante.
-Non morire, Jim – gli raccomandò Harry –Devi sopravvivere, hai capito? – sperò con tutto il cuore che l’amico lo sentisse - Ci penserò io a massacrare questo bastardo.
-E’ inutile – gli disse Don Crocell – Al massimo gli resta un’ora.
-Zitto! – gridò il ragazzo di gomma – Ora ne ho abbastanza delle tue cazzate, figlio di puttana.  
Niall si mosse appena e riuscì ad afferragli il braccio: - Fermo. Che vuoi fare? Se lo attacchi frontalmente finirai nella sua trappola e morirai!
Lui si tolse il cappello di feltro e lo poggiò a terra. Dopodiché sollevò gli occhi che trasmettevano la stessa energia battagliera e assassina che aveva sempre prima di uno scontro: - Io non morirò – disse solamente.
Si scrollò dalla presa dell’amico e si lanciò in picchiata sullo stesso albero maestro dov’era stato sfrattato già due volte. La terza non avrebbe fallito.
-Idiota – sibilò Don Crocell armeggiando con la corazza – Ci provi ancora pur sapendo benissimo che non ne uscirai vivo! – in seguito si limitò a rilanciare in acqua le palline esplosive. Stavolta erano sette. Non appena scoppiarono, sollevarono un’altra onda gigantesca. Che però non fermò Harry, che proseguì – Bene. Lo hai voluto tu! – l’uomo tese in avanti il suo scudo multiuso e lo postò su una modalità azzardata. Questo bombardò verso il ragazzo, dardi aguzzi che sfrecciarono come giavellotti.
Harry però continuò ad avanzare, benché ne tenesse uno conficcato nel ginocchio e un altro nella spalla. Ma la sua rabbia poteva sovrastare quel dolore tremendo.
Finalmente riuscì a raggiungere la piana di legno dov’era Don Crocell: - GOM GOM PISTOL!
Mentre il suo pugno partiva, il pirata credette di proteggersi parandosi davanti il suo scudo tempestato di spine di metallo acuminate.
Harry fece come se non ci fossero. Il suo pugno scattò e le nocche si conficcarono nelle spine dello scudo insanguinandosi. Ma l’impatto fu così violento che riuscì ad assestare il colpo prestabilito a Crocell, il quale si procurò un profondo livido sulla mascella che lo fece cascare per la prima volta dolorante, a terra.
I suoi uomini strillarono sbigottiti. Nonostante lo scudo acuminato, quel ragazzo aveva attaccato e ora il loro capitano era al tappeto. Era la prima volta che veniva colpito. L’avevano sempre ritenuta una cosa impossibile.
Harry aveva il polso gocciolante di sangue e i due dardi penetrati nella carne. Ma sorrise lo stesso. Con una mossa rapida, impugnò il primo giavellotto e se lo staccò dalla spalla incarnita per poi lanciarlo lontano. Sentì un bruciore atroce. Ma resistette: - Io uscirò vivo da questo combattimento – affermò passando al dardo nel ginocchio. Fu più doloroso rimuoverlo e tutto il male che provò, servì per gridare: - Sarai tu a morire!!
Dopo che le frecce furono levate, il ragazzo strinse i denti mentre le ferite si adeguavano sulla pelle.
Barcollò un attimo, sentendo la spalla, il polso e il ginocchio pulsare. Poi sollevò lo sguardo e sogghignò: - Non mi farò sconfiggere da te! Come vedi i tuoi dardi e il tuo scudo mi hanno profondamente ferito. Ma sono ancora qui e sarò io a batterti!
Niall lo osservò continuando a premersi le costole rotte: - E’ un incosciente – commentò sapendo benissimo di sbagliarsi. Dopo aver assistito a quella scena sanguinolenta era più che sicuro che Harry avesse qualche chance di battere Crocell.
Capo Zeph lo guardò per un istante: - E’ difficile trovare persone come lui. Determinate a combattere fino alla morte per raggiungere i propri obbiettivi.
-Combattono fino alla morte? – chiese Niall.
Il cuoco ansò: - Comunque finisca questo contrasto, che vinca o perda, mi piace il suo spirito volenteroso.
Gli altri chef si guardarono tra di loro sorridenti. Poteva farcela. Quel ragazzo poteva sconfiggere Don Crocell e salvare loro e il ristorante.
I pirati invece stavano lentamente perdendo la stima verso Don Crocell.
Lui, la leggenda del Mare Orientale. Il padrone dell’Huge Boat, si stava facendo mettere in ridicolo da uno stupido moccioso.
 
Si ricredettero, però, quando videro il loro capitano rimettersi in piedi e mutare nuovamente il suo scudo, dal quale spuntò una grossa lama tagliente, con la quale cercò di mutilare un arto a Harry.
Il ragazzo si scansò deviandolo e quando lo scudo-lancia, colpì il legno sul quale erano, questo esplose facendo barcollare l’intera piattaforma.
-Ma che diamine … - il ragazzo non capiva. Sembrava una comune picca … ma deflagrante.
I pirati esultarono. Il Pirata aveva finalmente sfoderato la sua arma definitiva.
-Preparati, bastardo – frizzò Don Crocell – A differenza dei piccoli dardi che prima ti hanno trafitto, lasciandoti comunque in piedi, questa lancia segnerà la tua morte in un colpo solo! – e provò nuovamente ad infilzarlo ma lo mancò. Riprovò, riprovò e riprovò, fendendo solo l’aria.
Harry era agile, ma si stancava facilmente di saltare e rotolare per non finire con la lama in petto.
-Sei troppo lento, brutto degenerato – sostenne per ammazzare il tempo.
-Miserabile insetto! – il pirata era davvero furioso. Fece un nuovo affondo, ma stavolta colpì il suo bersaglio. L’asta di legno su cui poggiavano i piedi del ragazzo. Questa esplose ed Harry finì in aria.
Crocell allora gli scagliò contro la lancia e questa lo sfiorò. Esplose.
-HARRY! – urlò Niall.
L’amico finì con la schiena sull’albero maestro, tutto ricoperto di cenere. Per alcuni secondi non si mosse.
Fumava come se qualcuno lo stesse arrostendo al barbecue.
Crocell ghignò soddisfatto riprendendosi la lancia: - Hai capito ora chi è il più forte?
Harry rabbrividì e tossì fuliggine. Sentiva il corpo mezzo abbrustolito ma non carbonizzato. A fatica si rimise in piedi e quando ebbe riacquistato le sue incredibili forze, si pulì i vestiti dalla polvere: - L’ho capito già da un pezzo – mugugnò – E non sei tu.
-Cosa può fare? – si chiese Niall – Quel pezzo di merda di Crocell, continua a tirare fuori armi, una dopo l’altra. Se continua così, Harry non ha possibilità.
Capo Zeph tornò a fissarlo: - Anche se fosse munito di mille armi, non riuscirà mai a spezzare l’energia che scorre nelle vene di quel ragazzino. In un combattimento tra pirati, chi esita anche per un solo secondo pensando alla morte, muore –
Niall lo guardò: - Di che stai parlando? – non ebbe risposta.
Intanto Harry provò a tirare un altro pugno a Don Crocell, che però lo deviò e con un’agilità impressionante, gli balzò alle spalle colpendolo ancora con la lancia esplosiva, che lo rimandò a terra.
-Quel ragazzo non ha nessuna esitazione – continuò Capo Zeph.
Il ragazzo di gomma fece passare altri secondi, poi si rimise in piedi tossendo più di prima e tornò a fronteggiare Crocell.
-Bastardo! – disse lui mandandogli un’altra scarica esplosiva, conficcando l’asta nella piattaforma.
Harry venne scaraventato sopra l’albero maestro che gli aveva fatto da ponte. Ormai si sentiva come una salsiccia nel forno al microonde. La pelle era mezza infiammata.
-E’ solo volontà di sopravvivere? – riprese Capo Zeph.
Ridacchiò quando vide che il ragazzo si stava ancora rialzando: - O è un rifiuto alla morte per la determinazione di continuare a combattere?
Niall assisteva taciturno. Il suo amico continuava ad essere colpito da quella lancia esplosiva e il più delle volte ritardava a riprendersi. Ma lo faceva. Ogni singola volta che Don Crocell sembrava avesse avuto la meglio su di lui, egli si rimetteva in piedi. E sorrideva, ripetendo che non si sarebbe mai arreso. Non aveva mai visto tanto spirito di sopravvivenza e ne rimase meravigliato.
Al quarto attacco da parte del pirata, al quale Harry si alzò, i cuochi si rassegnarono alla splendida realtà. Quel ragazzino era la loro speranza. E ce l’avrebbe fatta. Gli avrebbe salvati.
Estasiati presero ad incoraggiarlo a continuare. A non gettare via la spugna. Ma non era necessario. Harry era deciso a vincere.
Don Crocell mostrò i canini come se fosse un vampiro: - Ora mi sono stancato!! – sbraitò eseguendo un affondo di lancia nell’albero maestro dov’era sdraiato Harry.
Questo esplose, portando il ragazzo a pochi metri di altezza. Precipitò ma vista la sua materia di gomma non si ruppe nessun rene. Ormai la piattaforma era mezza distrutta.
Harry vedeva tutto appannato. Quel piccolo volo gli aveva riportato dentro una fresca aria pomeridiana, ma il bruciore continuava ad attanagliarlo. Ad ogni modo, ondeggiando come su una tavola da surf, ritornò per la quinta volta su due gambe: - Dì … la verità … - mugolò ansante – Quell’ancia ha sempre funzionato … non ti è mai servito … usarla … cinque volte di seguito – quelle furono parole anticipanti.
Sotto gli occhi di tutti, la lama spuntata dallo scudo di Crocell, che formava la sua possente laccia, si spezzò. Come uno stuzzicadenti.
-NO!- urlò il pirata sgranando gli occhi – Ma come … è possibile …
-Ormai non ti servirà più a niente – ghignò Harry – Preparati! Perché ti ucciderò!!!


TO BE CONTINUED

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Capitolo 29
*** Episodio 29 - La fine delle ostilità ***



Don Crocell era fuori di sé, nessuno prima di allora era mai riuscito ad avere la meglio sulla sua possente Lancia Devastante e a sfidarlo in un modo così arrogante e cocciuto come quel moccioso col Cappello di Feltro.
-Nessuno! – tuonò in risposta ai suoi pensieri.
Harry sorrise soddisfatto: - Il tuo giocattolo senza lama non è altro che un misero bastone con degli esplosivi. Di potenza minore.
Don Crocell strinse i denti: - Un bastone con degli esplosivi? La sua potenza sarà sufficiente per farti a pezzi!
-Nel tuo stato potrai provarci. Ma non ne sarai all’altezza! Io ne sono all’altezza.
-Maledetto! Continui a paragonarti a me, ma sei soltanto un insulso smanioso di merda che ora morirà!
-Io non morirò – Harry pronunciò ancora quelle parole. Erano ancora generali. Chiare come il sole.
Il pirata partì alla carica tendendo possentemente i polsi e sparando da due granate spuntante all’improvviso, una vampa di fuoco. Harry la evitò e il fuoco colpì la superficie dell’acqua.
-Ma quante fottute armi ha quel tipo? – si chiese Niall incredulo.
Harry portò le dita dinanzi al petto: - GOM GOM GATLING GUN! – fece partire la mitragliata di pugni che bersagliò il petto dell’uomo. Ma la corazza dorata che lo ricopriva non crepò.
Continuò più che poté. Le sue braccia sembravano centinaia e non la smettevano di colpire. Ma ben presto si stancarono e lui fu costretto a indietreggiare.
-E’ inutile – gli disse Crocell sputacchiando – I tuoi attacchi sono niente contro la mia armatura. Non riuscirai mai a scalfirla!
-Io invece … penso di esserci vicino – il ragazzo prese molta aria nei polmoni asciugandosi il sudore. Era pronto a lanciare un’altra scarica di pugni. Lo sentiva che non mancava molto al cedimento di quella dannata corazza. Ma quando alzò lo sguardo, non vide nessuno. Crocell era sparito.
Una voce alle spalle lo fece sobbalzare: - Sono qui!
Si voltò di scatto. Vide il pirata in piedi, in cima al secondo albero maestro della sua vecchia nave inabissata che galleggiava drittamente.
-Ma come ha fatto …? – si chiese Harry inarcando le sopracciglia.
Crocell gli puntò contro il suo scudo: - Ascolta. È dalla migliore armatura, dalle migliori armi e dalla miglior resistenza che si capisce chi è il più forte. Hai capito adesso?
-Basta con le tue cazzate! – sbottò il ragazzo di gomma – Il più forte sono io! GOM GOM PISTOL! – stavolta i pugni che si allungarono verso l’alto furono due.
Ci mise tutta la forza di cui era capace e affondò le nocche più che poté nella corazza di Crocell. Spinse. Così tanto da sentire le ossa degli snodi, elevarsi dolenti. Strinse i denti fiaccamente e pressò sull’armatura ancora di più. Crocell gli lanciò contro una pallina esplosiva, che però, non atterrando da nessuna parte vista l’altezza, esplose nell’aria provocando una nube di fumo nocivo. Harry sentì gli occhi bruciare e la gola serrarsi. Trattenne il fiato mentre con un ultimo sforzo, spingeva giù dall’albero l’avversario.
Don Crocell precipitò giù. Il ragazzo ritrasse le braccia intorpidite e tossì con la faccia annerita.
I suoi estremi però erano serviti.
 
L’armatura d’oro di Crocell decedette. Riempiendosi di crepe.
L’uomo sbiancò. Non lo credeva possibile. Nessuno lo credeva possibile.
Andò in collera. L’ira più intensa che avesse mai sentito in anni di combattimenti e vittorie. Ruggendo come un leone, tirò fuori una dozzina di palline esplosive, grandi il triplo di quelle precedenti e le sganciò addosso al ragazzo che ancora tossiva sfinito. Dopodiché si fece trasportare in mare.
-E’ UNA TRAPPOLA! – strepitò Niall cercando di avvertire l’amico – SCAPPA! – ma era troppo tardi.
Si sentì una serie di rombi. Come se fossero appena stati lanciati in aria, missili artificiali. Pezzi di legno esplosero e volarono in varie direzioni, coloro che erano in acqua si allontanarono, un grande cumulo di fumo ricoprì ogni cosa offuscando la visuale.
-HARRY!
 
Don Crocell riemerse aggrappandosi ad una reliquia e urlò trionfante. Finalmente quel moscerino era annientato.
O forse no?
Davanti ai suoi occhi, due braccia ricoperte di graffi e spellature uscirono dal vapore, accompagnate da un corpo malridotto ma ancora intatto.
Harry scese in picchiata verso di lui come un falcone e ancora una volta usò il – GOM GOM PISTOL! – il suo pugno centrò per la terza volta l’armatura di Don Crocell. E questa esplose come un palloncino.
Pezzi dorati si staccarono uno dopo l’altro dal corpo dell’uomo e affondarono insieme alle loro armi nascoste, mentre lui restava scoperto con un inutile indumento scuro facile da mirare.
Il ragazzo, dopo quel colpo micidiale, per non annegare, si aggrappò ad una piana di legno e rise come se non sapesse di essere ferito.
 
I cuochi strabuzzarono gli occhi dopo averli tenuti spalancati per quei minuti che erano seguiti ed esultarono sollevando i pugni. Alcuni più sensibili piansero di gioia.
-Sei un grande, ragazzino!
Harry tossì per un po’. Poi sollevò il pollice: - Ho vinto!
Purtroppo non era ancora finita.
Ci fu un’ennesima esplosione sulla piattaforma dove pensava di potersi finalmente riposare, che lo catapultò a metri di distanza dal suolo. Mentre roteava in aria, Don Crocell gli lanciò addosso una rete d’acciaio probabilmente presa dai residui della sua armatura, che lo avvolse completamente. Detto questo fece per tirarlo verso di lui in modo da trascinarlo in fondo agli abissi.
-Sarò io a ridere per ultimo, figlio di puttana! – sbavò rabbioso – Una volta in mare affogherai e la vittoria sarà mia!
Harry aveva metà corpo bloccato da quei nodi che gli stringevano ovunque. Sapeva benissimo di aver perso la capacità di nuotare. Non avrebbe più avuto scampo. L’unica soluzione non era fuggire da quella morsa ma di sterminare una volta per tutti quel farabutto. Mentre sentiva che l’acciaio con cui era formata la rete gli premeva le braccia lasciando segni, ebbe un lampo. Una cosa precaria ma l’unica che ebbe. La mossa finale con cui aveva sconfitto avversari passati. Allungò una mano, prese uno dei milioni di frammenti legnosi che ormai attorniavano quella parte di mare. Aguzzo. Come sperava.
Non si fece scrupoli. Il volto troppo iracondo di Crocell gli trasmise una furia incontrollabile. Ricordando tutto quello che aveva fatto, a Niall, a Jim, a Capo Zeph e a lui. A come si era permesso di sostenere che sarebbe diventato il Re dei Pirati, portando guerre sanguinolenti del Grande Blu. Alla sua cocciutaggine sull’essere il più forte. Sulla sua nausea nei confronti di un atto di generosità. Era un uomo orripilante. Non meritava la sua compassione e tantomeno meritava di vivere.
Così Harry non si fece scrupoli a usare le ultime forze rimaste nel braccio per piantargli quel pezzo di legno affilato nella fronte.

Don Crocell urlò. Uno schizzo di sangue gli uscì dalla testa. Urlò come un ossesso mentre il sangue gli mascherava la faccia. I suoi occhi si fecero vuoti e minuto dopo minuto passato a dissanguarsi e a strillare, servì alle sue forze per sparire e portarlo giù, nel mare.
I suoi uomini gridarono e alcuni di loro si immersero provando a riportarlo in superficie.
Harry sospirò e chiuse gli occhi in un ultimo sorriso. Ma visto che si trovava ancora prigioniero della rete, anche lui finì sott’acqua.
I pirati risalirono il corpo statico del loro Capitano. Privo di vita.
-E’ stato sconfitto – balbettarono increduli.
-Don Crocell!
-E’ stato sconfitto!
-Ma com’è possibile?!?!
I cuochi gioirono ancora più di prima: - EVVIVAAA! SEI GRANDE RAGAZZINO! EVVIVAA!
 
Kingsley e Russ risbucarono dall’interno del ristorante: - C’è riuscito – sussurrarono esterrefatti.
-E’ davvero formidabile.
Dietro di loro c’era Jim. All’uomo erano state somministrate varie insuline e fatto riprendere i polmoni con una mascherina di flebo. Era tornato a respirare, nonostante vedesse ancora piuttosto appannato e si reggeva ad una stampella.
Non poteva credere alle sue orecchie.
Don Crocell aveva perso?
 
Niall stranamente non sentì più le stesse fitte che lo avevano paralizzato. Forse il dolore era dovuto più alla preoccupazione di non farcela che ai colpi del Kubotan. Per questo riuscì nuovamente a muoversi cercando di non sforzare i muscoli.
Capo Zeph gli si avvicinò: - Invece di stare lì impalato, ti conviene andare a ripescarlo.
Lui lo guardò senza capire: -Che dici?
-Non tornerà a galla –gli spiegò in breve dandogli le spalle – Coloro che sono stati colpiti dalle Folgori del Diavolo perdono la capacità di nuotare e il solo contatto con l’acqua li indebolisce.
Il biondo sgranò gli occhi: - Che cos’hai detto? – in fretta si tolse le scarpe e la felpa – Stupido Coglione! Me lo dici solo adesso? Se affoga la responsabilità è tua! – dopo essere rimasto solo coi pantaloni, si tuffò in acqua. La freschezza lo invase e si dimenticò del dolore.
Mentre scendeva sempre più in profondità, muovendosi come un pesce, il ragazzo si guardò velocemente in giro con gli occhi che gli bruciavano. Aveva paura di non riuscire a localizzare Harry e abbandonarlo al suo destino. Scese ancora di più. L’acqua gli tappò le orecchie ma non fu un problema.
Non lo fu, finché pochi secondi dopo non iniziarono ad esaurirsi le sue risorse d’aria. Si tappò la bocca continuando a voltare la testa in varie direzioni.
“Dove sei, maledizione?” si chiese.
Spinse da parte un pezzo di legno che come tanti altri fluttuava tra le onde e affondò di ancora un paio di metri. Un pugno di bollicine gli uscì dalla gola. Non gli restava molto tempo.
Poi finalmente, dopo un altro giro di circospezione, lo vide. Harry era atterrato sul fondo sabbioso, ancora avvolto nella rete e aveva gli occhi chiusi.
Niall si sbrigò a raggiungerlo. La rete era impigliata in una tavola scheggiata. Difficile da levare.

Tieni duro” provò ad inviare all’amico un pensiero “Non eri tu quello che si rifiutava di morire? Non era questo in cui credevi?”
Mentre si dava da fare per rimuovere la rete dal legno, ripensò in un attimo a quando Harry, determinato, si era staccato dalla pelle le frecce che lo avevano colpito, a quando si era subito tutte quelle esplosioni uscendone sempre vivo. A quando assicurava che non avrebbe perso.
Poi tornò con la mente a Louis. Alla sua battaglia contro Drakul Occhi di Falco. A quando si era lasciato ferire mortalmente per il proprio orgoglio. Per la propria fermezza.
Tutti loro” pensò Niall mentre con uno strattone disincastrò la rete e tirava fuori l’amico. Si diede un balzo e cominciò la risalita in superficie “Harry” continuò a dirsi “Louis. Sono tutti … così … determinati”
In un attimo rivide sé stesso da piccolo. Quando aveva la grande ambizione di trovare il Cuore dei Mari.
Con questi pensieri, tenendo l’amico intorno alle spalle, agitò le gambe doloranti e riuscì a portare la testa fuori dall’acqua. Trasse un enorme respiro per poi compiere l’ultimo sforzo e nuotare fino al Baratie.
-Cerca di resistere Harry – tossì, spingendolo sulla nave ristorante e raggiungendolo.
 
Jim era allibito.
Si era appena avverata la profezia che lui da sempre aveva valutato impossibile oltre l’infinito.
Don Crocell che veniva battuto.
-Ma com’è potuto accadere? – gemette rivolgendo uno sguardo al suo ex Capitano, circondato dai suoi uomini in lacrime – Com’è possibile? Non può … essere vero. Il dominatore dell’Huge Boat.
-Se non ci credi – gli rinfacciò Kingsley – Guarda con i tuoi occhi! Quello stoccafisso è stecchito! Andato! Defunto! E l’armatura di cui andava tanto fiero è ridotta a brandelli.
-Ha perso davvero – fece eco Russ – Devi accettarlo.
Jim chiuse gli occhi.
Da sempre Don Crocell era stato l’unico che lui avesse mai ammirato. Ne rispettava la forza, il coraggio, la perfidia. Era sempre stato convinto che lui fosse il migliore di tutti.
Con un’espressione frustrata, gettò via la stampella e si strascicò da solo.
 
Niall scuoteva Harry brutalmente. Gli fece pressione sul petto due o tre volte. Nessuna reazione.
-Avanti, avanti! – lo esortò col cuore in gola – Harry, non morire! Hai ancora i tuoi ideali! Su, non fare scherzi! – Harry non si mosse – Dai! Non morire! Harry! – continuò a chiamarlo.
Cominciava ad andare veramente nel panico.
Ma dopo poche altre pressature, il ragazzo di gomma sputò un po’ d’acqua senza aprire gli occhi. Respirava rumorosamente. No. Russava. Dormiva.
Niall sgranò gli occhi. Tirò un sospiro di sollievo sedendosi accanto al corpo dell’amico. Gli diede una piccola botta in testa: - Idiota! Mi hai fatto venire un infarto! – poi però sorrise, contento che stesse bene e lo lasciò riposare in pace.
 
Gli uomini contornati intorno al cadavere di Crocell lo funeravano abbattuti. Non potevano ancora farsene una ragione che il loro Capitano fosse stato piegato. Avevano sempre sospettato che qualcosa nel Grande Blu lo avesse cambiato. Da quando avevano incontrato Occhi di Falco, non era più stato lo stesso. E la vittoria di quello stupido ragazzino ne era una prova.
Ad un certo punto, si avvicinò Jim che sembrava completamente migliorato.
Prese il corpo di Crocell e con una forza bruta se lo mise in spalla.
-Andiamo – disse ai pirati – Ritiriamoci e ricominciamo da zero.
Loro non fecero obbiezioni. Non avevano accennato nemmeno una volta a lui da quando Don Crocell aveva ammesso di cacciarlo dall’equipaggio. Non era un’ammenda averlo al decreto.
Si stavano per rialzare e seguirlo ovunque andasse. Ma prima Jim si girò verso i due ragazzi.
-Grazie di tutto, Niall – gli disse.
Il biondo sorrise: - Torna quando vuoi – le stesse parole con cui lo aveva salutato la prima volta.
Ma l’uomo non aveva finito: - Riferisci ad Harry questo, quando si sveglia: digli … che ci rivedremo sulla rotta del Grande Blu.
Niall si sorprese: - Tu vuoi …
-Sì – lo interruppe l’amico – Ci ho pensato parecchio. Ed è la sola cosa che voglio fare. Non so se un giorno l’ambizione che aveva Don Crocell diventerà anche la mia. Infondo ho inalato il suo gas micidiale. Forse non mi resta molto da vivere. Ma …  - un colpo di tosse lo pausò per pochi secondi – è inutile prendere una decisione del genere solo perché ho i minuti contati. Questa volta farò le cose per bene. Altrimenti non avrei più alcun diritto di nascondermi. Finora mi sono sempre posto dietro il nome di Don Crocell. Ogni volta presa una decisione, non avere timore di alcun avversario. Queste cose … me le ha insegnate Harry.
Niall rimase molto colpito da quel discorso. Sorrise ammirevole. Poi si rivolse ai due cuochi: - Kingsley! Russ! Cedetegli la barca che usiamo per le provviste!
-Cosa? – esclamarono i due fratelli come sempre contrasti alle sue idee – Perché dovremo aiutare i pirati che volevano ammazzarci?
-Possono benissimo andarsene a nuoto! – sbottò Kingsley.
-Chiudete il becco e portatela qui!!! – sbraitò il ragazzo irritato dalle loro continue lamentele.
I due fratelli si impaurirono. Dopo aver visto di quali grandi capacità possedeva Niall, sinceramente lo temevano un po’. Per questo obbedirono come soldatini, nascondendo singhiozzi di vergogna.
 
Poco dopo, tutto l’equipaggio di Crocell era a bordo di una piccola barca a vela che li conteneva tutti. Erano pronti a salpare e a lasciare per sempre il Baratie.
Jim fu l’ultimo a salire. Aveva ancora delle cose da dire a Niall:
-E’ strano. Ripensando al passato mi preoccupavo sempre per ogni dettaglio. Invece ora sono qui con la mente piena di progetti per il futuro. Sembra stupido a dirsi – rivolse un’occhiata ad Harry che dormiva ancora. Rise e con un salto raggiunse i compagni sulla barca – Beh, alla prossima Niall. Grazie per la nave. Non è un problema se non la riporto indietro vero?
Il biondino sghignazzò: - Provaci, femminuccia.
-Addio, allora.
-Ricordati questo – esclamò improvvisamente Kingsley avvicinandosi con gli altri chef alle sue spalle – Questo è il Baratie! Il ristorante dei cuochi combattenti! Nessuno se ne impadronirà!
-Già – concordò Jim – Fate davvero paura.
Spiegò la vela senza altre esitazioni e finalmente riprese il mare. Avrebbe preferito parlare con Harry un’ultima volta prima di dirgli addio … o arrivederci. Ma mentre salutava con la mano Niall, si disse che non c’era bisogno di augurargli buona fortuna. Con la sua forza e la sua determinazione non ne aveva proprio bisogno. Vide la nave ristorante svanire all’orizzonte. Non l’avrebbe più rivista. Ora toccava a lui. Intraprendere la rotta girovaga e affrontare i rischi più ardui affinché il destino avesse voluto dargli vita.
 
 
A parecchie coordinate di distanza da dove si era appena conclusa la battaglia tra cuochi e pirati, la Up All Night navigava tranquilla trasportata dalle dolci onde di un pacato mare vespertino.
Seduta sulla prua a osservare la schiuma che si formava sulla chiglia per poi venire sbatacchiata, Viola pensava.
Sorrideva. Ma con poca convinzione. Era riuscita ad ottenere quello che voleva. La nave con tutti i suoi tesori. Stava ritornando e lì tutto si sarebbe sistemato. Aveva un ordine da rispettare. La affrontava da anni ormai. Non poteva fermarsi proprio ora che era quasi raggiunta al traguardo. Avrebbe eseguito quel ricatto anche a costo della sua vita e senza ostacoli.
Si sentiva felice di poter finalmente dichiarare di aver ottenuto la somma sperata: 100.000000 di danari.
Ma … qualcosa la turbava. Pensava che si sarebbe fatta una grossa risata ripensando a come Harry e gli altri fossero stati così illusi dal credere che lei fosse un’amica. Invece … stava male.
Sono stati così gentili
Ripensò con una punta di rimpianto a quando si erano conosciuti, a quanto fossero stati felici di averla a bordo con loro a tutto quello che avevano passato ridendo e scherzando. Non erano come tutti gli altri pirati con cui finora aveva avuto a che fare. Erano diversi. Per questo sentiva una certa nostalgia.
Per un attimo un pensiero banale le attraversò la mente:
Chissà se ci rincontreremo … se potrò tornare da loro
Scacciò alla svelta quella misera illusione. Provò a riderci sopra ma sentì qualcosa di umido pizzicarle gli occhi. Erano lacrime, che scendevano copiose dagli occhi lucidi. Mischiandosi ai suoi singhiozzi.
Vivy si strinse nelle spalle chiudendo gli occhi. Le cose sarebbero mai tornate come un tempo? Lei doveva continuare. Non sapeva cosa le aspettava. Quale fosse il suo destino. Ma aveva preso una decisione e sarebbe andata fino in fondo.
Perché in quel momento il suo unico pensiero era questo.
-Voglio essere libera!
S’inginocchiò e si sciugò gli occhi. O almeno ci provò. Perché quando quel nome le tornò nella mente pianse ancora più forte emettendo urli addolorati.

-Marian 


TO BE CONTINUED

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Capitolo 30
*** Episodio 30 - Il Cuoco di Bordo ***



Dopo essere stato incosciente per quasi quattro ore, Harry mosse le palpebre.
Sentì qualcosa di bagnato sugli occhi. Una pezza. La stessa sensazione di freschezza la avvertì nelle parti dove, ricordò, Crocell lo aveva colpito con le sue esplosioni. Man mano che si riprendeva, si accorse di essere stato bendato in quei punti.
Lentamente si mise a sedere togliendosi la pezza bagnata dagli occhi e si guardò intorno. Si trovava in una stanza quadra che conteneva un letto abbastanza comodo che aveva appena disfatto, un armadio, una scrivania, un comodino e una finestra. Seduto sulla balaustra c’era Niall che fumava e guardava l’orizzonte. Anche lui era stato bendato nei punti in cui il Kubotan lo aveva percosso. Ma non sembrava dolente.
Harry mugugnò. Non memorizzava esattamente cos’era successo dopo aver infilato il palo di legno nella testa di quel pirata farabutto. Ma l’importante era che fosse vivo. E che Don Crocell fosse stato sconfitto.
Si grattò la testa. Le dita sfiorarono i capelli.
Sussultò: - Oh, Dio! Il mio cappello! – si guardò intorno col sudore alla fronte, terrorizzato all’idea di averlo perso – Dov’è il mio Cappello di feltro? Dov’è?
-Rilassati – gli disse Niall senza voltarsi a guardarlo – E’ sul cassettone vicino a te.
L’amico abbassò di scatto la nuca verso il comodino posto al suo fianco. Il cappello era poggiato lì. Rasserenato lo afferrò rimettendolo al suo posto.
-Ti senti meglio ora? – gli chiese il biondino.
-Sì. Non ho più dolori – rispose Harry guardandosi le bende sulle braccia e sulle gambe – Che fine hanno fatto quegli uomini? E Jim? Dov’è Jim?
-Se ne sono andati. Jim stava bene. E ho anche un messaggio da parte tua. Ha detto che vi rivedrete sulla rotta del Grande Blu.
-Davvero? – il ragazzo sorrise – Sono felice che si sia ripreso. Ah … a proposito – si ricordò improvvisamente- Visto che vi ho tolto dai piedi quei tipi … non sono più costretto a restare qui, giusto?
-Esattamente.
Harry lo raggiunse al balcone. Voleva riprovarci. Ritentare non nuoceva.
Fece l’indifferente giocherellando col cappello e guardando altrove: -  E dimmi … tu …
Fu come se Niall gli avesse letto i pensieri. Anticipò la risposta: - Non verrò con te. Non voglio diventare un pirata. Rimarrò qui e continuerò a fare il cuoco, finché quel Vecchio Decrepito non avrà riconosciuto le mie capacità culinarie.
Harry sbuffò e abbassò lo sguardo tristemente: - Ho capito – concluse malinconico – Ci rinuncio allora – e si nascose sotto l’ombra del cappello.
Niall provò a spiegargli le sue motivazioni più serenamente: - Non posso partire. Quelli che lavorano qui sono tutti inaffidabili. Il ristorante calerebbe a picco. Però … posso assicurarti che ci andrò un giorno.
-Dove?
-Nel Grande Blu.
Il ragazzo di gomma sorrise: - Beh, allora andiamoci subito!
-No. Adesso no. Non è ancora il momento per me.
Harry abbassò gli occhi.
A Niall dispiacque averlo deluso. Provò quindi a distrarlo cambiando argomento. E come fa un liceale con il compagno di banco, si mise a chiacchierare dell’argomento che più gli stava a cuore. Che più lo faceva sorridere e gli rimetteva su il morale anche nelle più tristi delle situazioni.
-Ei – disse ad Harry richiamando la sua attenzione – Hai mai sentito parlare del Cuore dei Mari?
Il ragazzo aggrottò la fronte: - No. Mai sentito.
-In quel mare si trovano i pesci di ogni parte del mondo. Dall’East Blue, dal North Blue, dal West Blue e dal South Blue. Per un cuoco è come il paese delle meraviglie. E si trova proprio nel Grande Blu! – mentre descriveva quel luogo come il paradiso, ridendo e con occhi luminosi, non si accorse che qualcuno stava origliando la loro conversazione.
 
La camera di Niall si trovava proprio sopra quella di Capo Zeph. L’uomo era seduto alla finestra e riusciva a sentire tutto ciò che i due ragazzi seduti al balcone si stavano dicendo senza farsi scorgere.
Il modo in cui il biondino raccontava del Cuore dei Mari, era pari a quello di un bambino tornato dalla sua prima volta al Parco Divertimenti. Felice. Immaginoso. Indicato.
Zeph dovette ammettere che lo stesso entusiasmo che stava sprizzando dai pori di Niall gli ricordava sé stesso da giovane. Alquanto ambizioso e credente nell’esistenza di quell’oceano mitico.
Ghignò ritirandosi nella sua stanza: - Sciocco moccioso.
 
 
Un’ora più tardi, Kingsley annunciò l’ora di pranzo.
I cuochi si ritrovarono tutti nell’androne principale. Erano stremati siccome avevano passato le ultime ore a rettificare ai danni causati dalla battaglia contro i pirati. Non c’erano i clienti.
Capo Zeph aveva annunciato che il ristorante sarebbe stato riaperto da lì a qualche giorno per restaurarlo al meglio.
Si sedettero sulle due grandi tavolate poste una di fronte all’altro e si buttarono sul buffet.
Harry e Niall arrivarono per ultimi. Fecero correre lo sguardo nella sala alla ricerca di un posto vuoto. Ma tutti erano stati occupati. Gli unici in piedi erano loro.
-Ma come può essere? – si chiese Niall osservandosi meglio intorno – Ce n’erano molte di più. Voglio dire … è un ristorante!
I cuochi, a bocca piena, rivolsero loro degli sguardi calunni: - Vi conviene mangiare per terra, ragazzini! – e risero intossicandosi.
I due si guardarono interrogativamente. Niall si fece avanti, prese due vassoi porgendogliene uno e lo accompagnò al buffet servendosi varie pietanze. Una volta che i piatti furono pieni, andarono a inginocchiarsi in un angolo sul pavimento esposto al sole.
-Si comportano in modo strano – disse Harry mandando giù una cucchiaiata di fave.
-Fanno sempre così – lo rassicurò Niall poco convinto.
E continuarono il pranzo in silenzio, vincendo la tremenda fame.
 
A metà pranzo, successe qualcosa di astruso.
Kingsley, seduto a capo della prima tavolata, si riempì la ciotola di una strana zuppa color giallastra. Quando ne ebbe ingoiato una mestolata, sgranò gli occhi. Poi gli strinse e fece una smorfia.
Richiamò l’attenzione di tutti battendo un forte pugno sul tavolo: - Chi ha preparato la zuppa di patate?
Niall sollevò lo sguardo e sorrise alzando una mano: - Sono stato io – rispose fiero – Buona, vero? Stamattina mi è uscita meglio del solito e …
Ma l’uomo non ricambiava affatto. Il suo sguardo era una maschera di nausea: - Fa schifo! – affermò – E’ una cosa disgustosa! Una porcheria stomachevole! Al massimo può diventare concime per porci – e sotto lo sguardo di tutti svuotò sul pavimento la zuppa con tutta la ciotola – Lo sai che pulisci tu vero? – ordinò a Niall.
Lui  strinse i pugni e i denti mentre si alzava da terra.
Harry non disse nulla impegnato com’era a divorare un arrosto. Però stette a guardare.
-Bravo. Lo hai detto tu stesso. Se è per i porci, non vedo perché ti lamenti se l’hai appena assaggiata – sentì ribattere Niall a Kingsley.
L’uomo si toccò lo stomaco: - Sto veramente per vomitare – e prese a sputare un po’ ovunque.
Tutti gli occhi erano su di loro.
-Conosco troppo bene i sapori delle cose che cucino – esclamò il biondino avanzando irritato – C’è qualcosa che non va con quel tuo cazzo di palato!
Russ prese un po’ di quella minestra che aveva provocato tanto scalpore e la provò. Ebbe la stessa reazione del fratello.
-Fa veramente cagare! Ma a cosa l’hai mischiata? A piscio o a merda?
-E’ immangiabile! – si lamentò un altro cuoco sputandola.
-Mamma … datemi dello zucchero – implorò un quarto infilandosi delle zollette per il caffè in bocca.
E così un po’ per uno, tutti provarono quella minestra. Finendo con la lingua di fuori e i cucchiai per terra.
-E’ imbevibile!- confermarono a Niall.
-Sei davvero pessimo!
-Porca Troia che schifo!
-Passatemi dell’acqua!
-Io corro al bagno … sto per rimettere.
 
Il ragazzo osservò con sguardo fermo quelle sceneggiate. Alla fine latrò: - Cosa state cercando di fare, bastardi?
Fu Kingsley a replicargli puntandogli contro un mestolo: - Sei soltanto un vice capo-cuoco fasullo! Non sei migliore di noi. Non lo sei mai stato. Sei solo qui da più tempo.
-Inoltre sei anche il più violento – s’intromise Russ – Non hai mai cucinato da Dio. E ci siamo trattenuti per non offenderti. Ma quando è troppo è troppo. È una cosa inaudita!
Niall fece per far scoppiare una rissa, diventando tutto rosso e con i calci alzati.
Una voce alle sue spalle lo fece voltare.
-Siamo Cuochi di Mare – disse Capo Zeph posando il cucchiaio vicino la sua ciotola di minestra – Non possiamo permettere che neanche una goccia di cibo venga sprecata.
E davanti a tutti svuotò la sua ciotola in un sorso.
Niall rimase silente. Forse, forse, si disse, il vecchio l’avrebbe pensata diversamente dagli altri cuochi.
Ma quando ebbe finito, Zeph prese la ciotola e la sbatté a terra violentemente mandandola in frantumi. Si rivolse al ragazzo tossicchiando: - Che cazzo ci hai messo in quella minestra? Intendi far chiudere il ristorante o cosa??
Il biondo scattò in avanti e lo agguantò per il grembiule: - Ora smettila di scherzare! – gli gridò in faccia – Dimmi cosa c’è di diverso tra la mia minestra e la tua!!
-Tra la mia e la tua? – l’uomo lo fissò a lungo negli occhi adirati.
Dopodiché gli sferrò un cazzotto sul viso che lo mandò al tappeto: -Non paragonarti più a me, brutto stronzo! Io sono colui che ha cucinato in tutti i mari del mondo! – strillò mostrandogli ancora il pugno teso.
Niall si mise seduto toccandosi il punto in cui era stato colpito. Guardò intensamente Zeph.
Erano fissi l’un l’altro.
In quel momento il ragazzo sentì il disperato bisogno di urlare. Di gridare a tutti quanto odiasse quel vecchio.
Per un minuto si pentì di averlo salvato, tanto tempo fa, su quello scoglio. Avrebbe dovuto marcire.
Si scordò di tutti i benefici che Zeph aveva fatto per lui. Lo odiava e lo avrebbe odiato in eterno, si disse.
Si alzò e corse fuori dalla sala imprecando. Nessuno lo seguì. Né lo chiamò. Lo guardarono attraverso le finestre lanciarsi in aria e calciare il vuoto continuando a strillare.
-Non sono un moccioso!
 
Harry, ormai parecchio assillato, si avvicinò a quella tanto odiata zuppa e ne prese un po’ col mestolo portandoselo alle labbra.
Quando quella scese in gola, fu attraversato da una sensazione mai provata prima. Gli ingredienti si mischiavano tra di loro, generando un aroma saporito e allo stesso tempo dolcificato.
Il latte scremato si contendeva alle carote e al sesamo. Le patate erano il sapore principale e se si aveva la fortuna di trovarci ancora uno spicchio d’aglio non fluidificato, si sarebbe detto che si addiceva perfettamente al parmigiano e al basilico.
Il ragazzo si leccò l’interno della bocca rendendosi conto di non sentire più quel sapore così magnifico. Aveva ingoiato. In fretta si riempì una ciotola più adatta ad un insalata e bevve con avidità la minestra di Niall. La consumò in tre secondi.
-Ma che puttanate state dicendo? – chiese ai cuochi mentre se ne versava ancora – Questa minestra è fantastica! È sublime! È …
-Lo so – disse Capo Zeph a braccia incrociate.
Harry si fermò a guardarlo: - Come, lo sai?
-Sì – rispose l’uomo – Da sempre.
 
Il ragazzo guardò gli uomini. Avevano assunto una manifestazione avvilita sul volto. Abbassarono tutti lo sguardo serrando le labbra.
Capo Zeph guardò il contenitore della minestra.
-La cucina di Niall è profondamente rispettata da ognuno di noi.
-Questa volta si è davvero superato – dichiarò un cuoco.
-Era talmente buona che ho dovuto sforzarmi per fingermi schifato  - disse Kingsley.
-Sembrava piuttosto arrabbiato – disse Russ – Ma d’altronde lo sarei anch’io se criticassi un piatto talmente squisito come questo.
 
Dopo essersi sfogato in quei pochi minuti, Niall decise di tornare in sala e chiarire la faccenda a suon di calci. Non gli interessava se erano tutti battaglieri e magari più forti o più deboli di lui. Voleva vendicarsi. Era il suo desiderio. E non avrebbe avuto pietà.
Allungò una mano verso la porta e fece per abbassarla. Ma qualcosa lo bloccò.
Sentì la voce di Harry esclamare a gran voce: - Ma quindi stavate bleffando?
Non si mosse mentre origliava anche la voce del Vecchio Decrepito: -Sì. Era una pantomima. Ma se non l’avessimo messa in scena quello sciocco non sarebbe partito.
Niall rimase sempre immobile e restò di fronte la porta chiusa ad origliare, più confuso che ma
 
Harry restò con il mestolo a mezz’aria: - Partito?
-Sì – spiegò Capo Zeph – Se non sbaglio hai detto che ti serviva un cuoco nella tua ciurma. Non sto provando a forzarti o altro. Ma … pensi di poter portare con te quella nostra piccola peste nel Grande Blu? – il ragazzo sgranò gli occhi – Il Grande Blu è tutto ciò che ha sempre sognato – continuò l’uomo – Sarà felice.
Kingsley e Russ scoppiarono a ridere: - Il Capo è stato un vero rompiscatole a chiederci questa stupida piccola recita – sghignazzò il primo.
-Avevo paura che Niall scoprisse tutto – disse il secondo – Con la tua interpretazione pessima.
Il fratello gli diede una piccola botta in testa: - E la tua cos’era allora? Non avrai mai una carriera di attore – e ripresero a ridere.
Un cuoco si fece avanti: - Non so voi, ma io ne voglio ancora di quella minestra!
-Anche io – echeggiarono gli altri.
-Pure a me!
-Pure a me!
 
Niall era pietrificato. Mentre li sentiva gioire al dolce sapore della sua minestra, crollò seduto a terra. Le mani gli tremavano mentre tirava fuori l’accendino dalla tasca e si accendeva la sua sigaretta. Non ci riuscì. Si nascose il volto tra le mani. Non stava piangendo. Però mille pensieri gli trapelavano la testa e preferiva assimilarli ponderando anziché farsi vedere dagli altri.
La sua rabbia si dissolse.
-Maledetti – sussurrò senza alzare la testa.
Le parole di Capo Zeph gli turbinarono la testa più delle altre.
Nel Grande Blu sarà felice.
Quando si decise ad alzare la testa, la prima cosa che scorse fu il mare.
Il mare che circondava quel luogo da sempre. Che il più delle volte aveva provato ad attirarlo verso di sé. Verso le mille avventure che avrebbe potuto concedergli. Ma anche se aveva continuato a giurare che prima o poi sarebbe partito per andare alla ricerca del Cuore dei Mari, ora non sentiva tutta quella necessità di attesa che aveva sempre prolungato. Sentiva soltanto il respiro dell’infinito che l’orizzonte emanava. La libertà allo stato puro. Una nuova vita.
 
 
-Allora ragazzo? – chiese Capo Zeph finendo la sua porzione di zuppa. Erano tutti ansiosi di ottenere una risposta.
Ma Harry fu contrastante: – No – e tornò tranquillamente con gli occhi sul piatto di carne.
I cuochi trasalirono: - No??? – ripeterono esterrefatti.
-Non avevi detto che ti serviva un cuoco? – chiese Zeph più sorpreso degli altri – O pensi che il nostro Niall non sia all’altezza?
-Al contrario – spiegò Harry – E’ simpatico, forte e un ottimo cuoco. Mi piacerebbe molto averlo con me. Ma ha rifiutato. Vuole rimanere qui. E devo rispettare la sua decisione anche se mi dispiace.
-Quindi … - capì Russ accarezzandosi il mento – Non puoi farci niente finché non sarà lui ad accettare?
-Esatto – il ragazzo gli porse il piatto vuoto – Posso averne ancora?
I cuochi lo ignorarono e presero a confabulare tra di loro ad alta voce.
-Secondo voi Niall ammetterà mai di volersene andare?
-Figuriamoci. È testardo come un mulo.
Le loro poche chiacchiere vennero subito interrotte.
 
Improvvisamente una porta laterale si spalancò e ne venne fuori un uomo allarmato e sudato.
-Harry! – gridò guardando in giro.
Il ragazzo si fece avanti. Lo riconobbe: - Ei Sauk! Ma dove ti eri cacciato?
Non appena l’uomo lo individuò si fiondò da lui con un salto: -Eccoti finalmente! E’ terribile! – ansimò – E’ davvero … terribile …
-Mi spieghi che è successo? Non ti ho più visto e ho pensato che fossi partito con gli altri. Dove …
-Dopo che hai sconfitto Crocell, pensavo di andare a cercare qualche arma in cucina per scacciare gli altri pirati. Sono sceso e ho trovato una vecchia cartina di questo tratto di mare. E … ho scoperto una cosa che potrebbe aiutarci a trovare Vivy …
-Perfetto. E allora perché sei tanto agitato?
-Perché … dalla rotta che ha preso … c’è solo una destinazione che può raggiungere …
-Sarebbe?
-E’ un posto molto pericoloso – illustrò soltanto Sauk – Louis e gli altri non ce la faranno mai da soli!
-Come lo sai?
-E’ difficile da spiegare. Ma … hanno bisogno del nostro aiuto, Harry. Dobbiamo partire subito. Immediatamente!
-Va bene – decise il ragazzo senza tentennare – Non ho capito molto. Ma va bene. Andiamo.
E senza neanche salutare, i due si diressero fuori dalla sala. Una piccola imbarcazione con la cucina e il bagno gli attendeva ormeggiata sul lato opposto del ristorante.
Sauk ci saltò sopra: -Vieni.
Harry fece per raggiungerlo.
-Aspetta – disse una voce.
Il ragazzo si girò. Niall era appoggiato alla sponda del Baratie e guardava il cielo tirando la sigaretta.
-Ah – gli si avvicinò e gli porse la mano – Allora addio Niall. Spero di rivederti un giorno.
Ma l’amico non ricambiò la stretta. Né lo sguardo.
Continuava a contemplare la volta celeste: - Tutti noi ci aggrappiamo stretti ai nostri sogni assurdi. Ed io per il mio, sono pronto a tutto.
Harry si bloccò: - Niall?
Il biondino finalmente alzò gli occhi e lo fissò: - Quindi accetto.
 
Il ragazzo di gomma spalancò gli occhi: - Cosa hai detto?
-Che accetto. Verrò con te – gli rispose Niall – Occuperò il posto di cuoco a bordo della tua nave e intraprenderò con te e gli altri ragazzi questa “Strada del Re dei Pirati”.
Harry sentì le braccia molli. Non staccò gli occhi da dosso all’amico per circa tre minuti. A parte lo sciabordio delle onde, era solo un continuo passaggio di sguardi increduli.
Fu Sauk a risvegliarlo da quello stato di trance, scuotendogli la spalla: - Tutto bene?
Il ragazzo lo guardò. Poi gli prese le braccia e lo trascinò in un balletto frenetico: - ALLA GRANDE! – urlò spalancando la bocca in un enorme sorriso. Poi prese a canticchiare: - Evviva! Evviva! Ora ho un cuoco! Ora ho un cuoco! Ora ho un cuoco!
Niall sorrise divertito da quella reazione. Poi si girò verso i cuochi che lo guardavano stupefatti.
-Bene, gente – disse serio – Vi ho causato un sacco di problemi, vero?
-Sapessi quanti – borbottò Kingsley con un broncio – E’ una liberazione la tua. Almeno non saremo più costretti a mangiare i tuoi piatti orribili. Avrei voluto sbatterti fuori a pugni. Ma va bene lo stesso.
Il biondino inarcò le sopracciglia: - Smettila, coglione. Non sai recitare. Nessuno di voi sa farlo.
I cuochi si guardarono tra di loro. Gli aveva scoperti allora.
-Ma come hai …
-So che mi volete fuori di qui. Vero Vecchio Decrepito? – domandò il ragazzo rivolto a Zeph.
L’uomo fu rigido: - Esatto. Odio i ragazzini. Non passa giorno in cui non mi penta di averti salvato quando eri un lattante, moccioso ingrato.
-Molto carino da parte tua – replicò lui – Adesso puoi metterti comodo e rilassarti per il resto della breve vita che ti è rimasta. Io me ne vado – e detto questo si diresse verso la sua camera senza guardare più nessuno.
Harry era ancora troppo gioioso per accorgersi che Russ lo stava chiamando: - Dovrete rifornirvi di cibo, prima della partenza.
-Oh … giusto – si ricordò all’improvviso.
Andarono insieme in cucina e lì il ragazzo fece riempire un sacco con più carne, verdura e frutta possibile. Non sapeva quanti giorni sarebbero stati in mare prima dell’arrivo alla prossima isola. Era meglio prendere l’indispensabile.
-Ragazzino? – gli disse Capo Zeph avvicinandosi. In mano teneva un libricino sciupato dal tempo con le pagine ingiallite – Lo vuoi questo? – glielo porse.
-Cos’è?
-E’ il diario di bordo di quando mi avventurai nel Grande Blu.
Harry rispose sorridente: - Non ne ho bisogno.
L’uomo sogghignò: - Come pensavo.
 
Mezz’ora più tardi, Niall chiuse la valigia sul suo letto. Non aveva messo molto a farla. L’aveva riempita con qualche ricambio, dei libri di ricette e i suoi utensili da cucina preferiti. Adesso era pronto.
Si guardò un secondo in quella che era stata per nove anni la sua camera. Ricordò come Capo Zeph avesse insistito per costruirgli un fortino di cuscini nella dispensa e farlo sistemare lì in modo da lasciargli una seconda stanza. Purtroppo la dispensa era troppo piccola e si era rassegnato a fare di quella sala la sua stanza.
Il ragazzo poggiò gli occhi su una fotografia poggiata sul suo comodino. Ritraeva il giorno in cui il Baratie era stato inaugurato. Raffigurava lui, ancora bambino e Zeph, molto giovane, davanti l’entrata del ristorante. L’uomo si poggiava al ragazzino come se fosse un mobile e l’espressione sul volto di lui era corrucciata.
Niall la prese e la studiò a lungo. Non aveva nessuna intenzione di metterla in valigia. Forse perché era certo che non serviva. Quel giorno non lo avrebbe mai dimenticato.
Dopo essere rimasti per quasi un mese in un centro assistenza, che li aveva ristabiliti dopo quegli interminabili giorni passati sullo scoglio a patire la fame, Zeph aveva comprato con il tesoro salvato dal naufragio della sua nave, una vecchia reliquia di una casa galleggiante, che passato un lungo periodo di lavoro, l’aveva trasformata nel Baratie. La dimora che tutt’ora risiedeva in mezzo al mare.
“Ei Niall” gli aveva detto “Ricorda: non importa che tipo di furfante arrivi. Anche se è un fuggiasco. Finché ci saranno dei bastardi che hanno fame, i nostri sforzi serviranno a qualcosa”
Quelle parole lo avevano fatto sentire fiero di cominciare a intraprendere una carriera da cuoco. Si potevano rendere felici centinaia di persone brandendo un coltello e un fornello.
Da quel giorno però aveva studiato come un matto per apprendere le arti della cucina. Era stata una strada lunga e faticosa. Ricordò che la prima volta che aveva preparato … o meglio che aveva provato a preparare uno stufato di verdure, si era tagliato il pollice col coltello. Un taglio profondo. La cicatrice era ancora presente sulla sua mano. Se la guardò.
Capo Zeph se n’era fregato di quel taglietto. Gli aveva dato una legnata in testa.
Dovresti stare più attento. Guarda con più attenzione le persone che ci mettono l’animo a cucinare!”
E non era certo stata l’ultima botta che aveva ricevuto.
 
 
Capo Zeph era seduto nella sua stanza. Anche lui era assorto negli stessi ricordi di Niall.
Di quando quel ragazzino aveva cucinato il suo primo brodo.
Dopo averlo assaggiato, era stato male per una settimana.
Sto facendo tutto il possibile, Vecchio Decrepito!” si era lamentato “E vedrai che ce la farò”
Quante volte però era riuscito soltanto a combinare un disastro in cucina. I loro litigi erano fin troppo simili a quelli di un padre assai severo con un figlio combina guai.
Non mi picchiare. Ci sono quasi” aveva pianto tante volte per i suoi fallimenti.
Quelli di Zeph poi non erano stati veri incoraggiamenti. Soltanto borie: “Se vuoi diventare uno chef di alto rango come me, non ti basterà pasticciare con la farina, moccioso”
Ma nonostante i continui battibecchi e le piccole zuffe, si divertivano. Non l’avevano mai ammesso.
Forse perché le occasioni in cui capitava erano rare. Oppure semplicemente velate.
“Sei soltanto un moccioso capriccioso!”
“E tu un Vecchio Decrepito presuntuoso!”
Attraverso quei pensieri contemporanei, Niall e Zeph si godettero gli ultimi istanti che restavano prima di dirsi addio. Non c’era modo migliore per salutarsi se non quello di pensare ai momenti più felici delle proprie vite.
 
 
I cuochi erano tutti sul ponte. Harry e Sauk erano già a bordo dell’imbarcazione ad aspettare Niall.
Il ragazzo uscì dal ristorante con la valigia in mano. Non si fermò neanche ad ammirare la sala da pranzo per l’ultima volta. Avanzò verso la barca. I cuochi lo seguirono con lo sguardo. Capo Zeph non c’era.
Mentre s’incamminava passando davanti a tutti senza nemmeno sfiorarli con gli occhi, sembrava si stesse facendo avanti per un’esecuzione alla ghigliottina e tutti lo accompagnassero nei suoi ultimi passi.
Quando giunse di fronte ad Harry, Niall gli porse la valigia: - Andiamo – disse soltanto.
-Ma come? – domandò l’amico – Te ne vai così? Senza neanche salutare?
-Sì – rispose il ragazzo sorridendo – Perché? – fece per saltare a bordo della scialuppa.
Ma una voce lo bloccò. Una voce che era sicuro non avrebbe più sentito. Una voce che lo chiamava.
-Niall! – esclamò Capo Zeph comparendo sulla bassa balconata del primo piano e sporgendosi coi gomiti poggiati sulla ringhiera – Fai attenzione … figliuolo.
 
Niall non si mosse. Né si voltò. Non seppe la sensazione che in quel momento s’impadronì di lui. Ma era dolorosa e allo stesso tempo piacevole.
Sentì gli occhi riempirsi di lacrime, le labbra tremare, la gola fremere.
Immagini del passato gli si formarono rapide nella mente.
Lui bambino che cadeva in mare.
Zeph che si tuffava e si mutilava il piede pur di portarlo in salvo.
Zeph che gli offriva tutto il cibo a disposizione, restandone senza per ottantacinque giorni.
Zeph che gli mostrava il Baratie, promettendogli che sarebbe stato il ristorante più famoso del mondo.
 
Le lacrime gli inondarono il viso.
Niall ora sapeva chi era veramente quel Vecchio Decrepito..
Una persona che aveva rischiato la vita per lui.
Che voleva solo la sua felicità.
Che lo aveva spinto a salpare per realizzare il suo sogno. Il loro sogno.
In quell’uomo aveva trovato un genitore mai avuto.
Era troppo ignobile da parte sua averlo capito proprio ora che stava per dirgli addio.
Ma non prima di avergli dimostrato tutta la sua gratitudine.
Lanciò un urlo a squarciagola: - ZEPH!
Crollò sulle ginocchia, inchinandosi di fronte il balcone dov’era poggiato il vecchio, con la testa china e singhiozzante e la schiena curva.
-Grazie Zeph – gemette – Grazie di cuore per tutto quello che hai fatto per me! Ti sono riconoscente! Non dimenticherò mai le tue premure … e i tuoi sacrifici! Mai! Mai! – e continuò a piangere restando inginocchio senza alzare la testa.
Capo Zeph lo osservò senza dire niente. Dopo un po’ però, si accorse che qualcosa di caldo e allo stesso tempo freddo gli cadeva sulla guancia. Una lacrima. Tante lacrime. Piangeva anche lui. E sorrideva. Si nascose gli occhi umidi dietro la mano.
A seguire, anche Kingsley e Russ presero a singhiozzare strepitando: - Razza di idiota!!
Sentendo altri gemiti oltre ai suoi, il biondino alzò il viso arrossato e bagnato. Si stupì.
Tutti i cuochi del ristorante Baratie erano in lacrime. Piangevano, cercando il più possibile di trattenersi ma senza risultati. Usavano i propri cappelli come fazzoletti. Alcuni addirittura non si reggeva in piedi dalla disperazione.
-Mi mancherai … sigh … mi mancherai, cazzo! – dichiarò finalmente Kingsley asciugandosi le pupille.
-Mi mancherai da morire! – strillò Russ tirando su col naso.
Susseguirono tutti gli altri, singhiozzando.
-Mancherai a tutti … sigh …
-Sigh … non sarà più lo stesso senza di te …
-Ti vogliamo bene … pezzo di cretino …
-Sei un’idiota …
 
Niall sentì nuove lacrime scendere a fiume, più intensamente. Non pensava neanche minimamente che l’addio a quelle persone che da sempre sembravano nutrire solo odio e fastidio nei suoi confronti potesse essere così addolorante. La cosa era reciproca, pensò.
Però gli diede forza. Sapere che in fin dei conti volevano tutti il meglio per lui, lo fece sorridere ma non smise di gocciolare.
Harry e Sauk si guardarono sorridenti, inteneriti da quella scenetta amorevole.
Poi alla fine il ragazzo di gomma sollevò il pugno gridando glorioso: - Andiamo!!!!
E mentre l’imbarcazione si allontanava sempre di più dalla nave ristorante, Niall, ancora piangendo, sventolò la mano dicendo le ultime parole ai cuochi: - Magari un giorno ci rincontreremo, schifosi imbecilli!
Loro ricambiarono salutandolo con le mani alzate: - Buona fortuna Niall! Addio!
E continuarono così, finché la scialuppa non svanì all’orizzonte.
Capo Zeph si asciugò l’ultima lacrima e inviò un pensiero al ragazzo.
Con la tua determinazione e il rifiuto di morire, riuscirai a trovare il Cuore dei Mari. Non ti arrendere ragazzo mio. Io credo in te
Poi però, ritornò col suo tono perentorio: - Ora basta con i piagnistei, uomini! Dobbiamo rassettare il ristorante prima dell’arrivo dei clienti! Quindi gambe in spalla e tornate a lavoro!
E da ora si potrebbe dire che il sipario sulla nave ristorante Baratie, sia definitamente calato.

TO BE CONTINUED

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Capitolo 31
*** Episodio 31 - Sulle tracce di Viola ***



La barca con a bordo Harry, Sauk e Niall percorreva tranquillamente il flusso dell’acqua.
Erano passate quasi due ore da quando avevano lasciato il Baratie e ancora non c’era traccia né della Up All Night, né della scialuppa di Louis, Zayn e Jonathan.
Harry se ne stava col cappello sugli occhi per evitare che i raggi del sole lucente gli colpissero il viso, e se lo godeva beatamente.
I gabbiano solcavano il cielo stridendo, il vento mandava avanti l’imbarcazione spiegando le vele, un silenzio perfetto rilassava l’ambiente. Una giornata perfetta per un umorismo perfetto.
Il ragazzo era al settimo cielo. Ora che anche Niall si era unito a loro, sarebbe bastato recuperare Vivy e la nave e poi finalmente, dopo tanti anni di attesa, partire alla volta del Grande Blu. Affrontare e sconfiggere pirati sanguinari, scoprire luoghi nascosti e raggiungere lo One Piece. In modo da diventare il successore del Re dei Pirati Gord Rogers.
Sognava il suo futuro già da quel momento. Il mare lo aveva sempre chiamato e ora era a un passo dal raggiungerlo. Raggiungere il Grande Blu significava anche partire alla ricerca di Shane. Chissà dove si trovava in quel momento l’uomo che gli aveva donato il tanto amato Cappello di Feltro. Era sicuro che lo avrebbe rincontrato. Lo stava già aspettando. Doveva soltanto trovarlo. E sarebbe stato fiero di lui.
Era troppo eccitato. Così ansioso da non riuscire ad appisolarsi qualche minuto.
Scattò in piedi sporgendosi dalla barca e immergendo una mano nell’acqua: - Diamoci una mossa! – esultò.
-Stai calmo – disse Niall – Stiamo seguendo sempre la stessa rotta. E questa è la maggiore velocità.
-Dobbiamo cercare di accelerare – sbuffò il suo amico – Dobbiamo recuperare gli altri. Non vorrei che la destinazione che Viola ha preso non sia quella che stiamo seguendo noi. Bisogna ritrovarla.
Gli occhi del biondino s’illuminarono e prese a fissare l’orizzonte imbambolato: - Viola – sospirò perdendosi nei ricordi della ragazza che lo aveva tanto sedotto – Che dolce suono melodioso hanno scelto per quell’angelo. Il solo pensare alla sua inesplicabile bellezza mi fa balzare il cuore. Ho una voglia matta di rivederla – sperò arrossendo.
Harry sorrise: - Ei Sauk? – chiese all’uomo intento a contemplare – Quanto pensi manchi all’isola dove si trova Vivy?
Lui serrò le labbra e si sbatté una manata sulla coscia: - Come fate ad essere così tranquilli?? – domandò con voce tremolante – Come fate a non capire?
-Che cosa?
-Che ci stiamo avvicinando sempre di più alla base di Arlong! – nel dire quel nome l’uomo sbiancò e affannò come se gli fosse costato una fatica immensa.
I due ragazzi si fissarono per un istante: - Chi scusa?
-Che cosa? – strepitò l’uomo – Mi state facendo credere che non avete mai sentito parlare di Arlong? – loro scossero la testa per confermare.
-Oh, merda – balbettò Sauk – E va bene – sospirò poi per riprendere fiato – Allora prestatemi attenzione. Vi spiegherò io chi è – trasse un profondo respiro e cominciò il racconto.
-Arlong è un uomo-pesce che è già stato nel Grande Blu.
-Un uomo pesce? – domandarono gli amici interrompendolo.
-Ma allora esistono? – chiese Niall.
-Non ne ho mai visto uno prima d’ora – fece eco Harry.
Lo sguardo del suo amico cuoco si illuminò: - Ora che ci penso – affermò con occhi fantasiosi – ho sentito dire che nelGrande Blu esiste un’isola abitata dagli Uomini-pesce. Dove risiedono anche delle splendide sirene! – prese a vaneggiare immaginando il fascino di quelle creature mitiche.
-Come sono fatti gli Uomini – Pesce? – volle sapere Harry scherzoso – Sono dei pesci con le gambe e le braccia? O dei mostri con la testa di pesce e il corpo umano? Oppure sono pesci con la faccia umana?
Niall prese a ridere ritrovandosi in testa le opzioni che stava descrivendo il suo amico.
Sauk s’infastidì: - Non potreste essere più maturi, voi due?? Non si scherza, lo volete capire??? – li fece zittire e riprovò a tornare sul discorso serio che aveva cercato di formare – Ora ascoltatemi:
La ragione per cui il Grande Blu è chiamato Cimitero dei Pirati è perché lì esistono Tre Potenze Maggiori all’Umanità.
Una di loro è la Flotta dei Sette.
-La Flotta dei Sette? – lo bloccò un secondo Harry – E cosa sarebbe?
-Sono i soli sette pirati che sono stati autorizzati dal Governo.
-Che significa? – chiese Niall – Com’è possibile che il Governo autorizzi dei pirati?
-Perché la Flotta dei Sette – continuò Sauk – in cambio consegna una percentuale dei tesori che si procurano alGoverno. Sono considerati dei cani del Governo. Ma sono forti. E volete sapere una cosa? – loro non dissero nulla troppo ansiosi – L’uomo che ha sconfitto Louis, Drakul l’Uomo Dagli Occhi di Falco, è uno di loro.
I due ragazzi sgranarono gli occhi. Per un’istante Sauk pensò fossero rabbrividiti. Almeno un po’, sperò.
Ma Harry era entusiasta e scherniva: - Ma è fantastico! Ci sono altri Sei Uomini forti come DrakulLa Flotta dei Settedeve essere una vera bomba!
L’uomo rinunciò all’ipotesi di riuscire a spaventarlo. Riprese il racconto: - Della Flotta dei Sette fa parte anche un Uomo-Pesce. Si chiama Jinbei ed è il Capitano di una ciurma di Uomini-Pesce.
E la persona che combatteva al fianco di Jinbei in tutte le sue battaglie … è proprio Arlong.
E’ l’Uomo-Pesce pirata più malvagio e devastante di tutti. Ecco con chi avremo a che fare – si interruppe per inspirare. Sudava – Da quando è tornato dal Grande Blu ha già sottomesso 20 isole. La sua potenza va ben oltre quella di Don Crocell.
-Ma se è così – disse Niall – perché Viola avrebbe dovuto andarsene da sola contro un mostro del genere?
-Starà mirando alla taglia che c’è sulla sua testa – ipotizzò Sauk – L’altro giorno sulla nave, io e Jonathan l’abbiamo vista intenta a fissare il volantino dov’era scritta la cifra. Era assai pensierosa.
Il biondino tornò stralunato con lo sguardo sdolcinato perso nel vuoto: - Magari Viola è una sirena!
Sauk restò immobile. Che voleva significare quella ottusa frase insensata?
-Ma … che stai dicendo? Cosa minchia centra?
-Non lo so –rispose Niall stupidamente – Ma voglio dire … lei è così bella!!
Harry scoppiò a ridere.
-Insomma! – sbraitò Sauk – Non capite quello che sto cercando di dirvi??
-Sì – intervenne il Ragazzo di Gomma – Che gli Uomini-Pesce sono forti. Ho afferrato il concetto. Non ci vuole un oracolo.
-Invece non hai capito un tubo! – replicò l’uomo – Non avete capito quanto siano forti gli Uomini-Pesce.
-Non preoccuparti. Lo scopriremo una volta arrivati lì.
Niall si mise in piedi: - Beh, io vado a preparare uno spuntino – e si diresse nella piccola cucina che faceva parte dell’imbarcazione.
Harry lo seguì applaudendo: - Finalmente, si mangia! Io voglio carne! Carne a volontà! Al sangue o cotta!
-Agli ordini – sorrise l’amico rimboccandosi le maniche – E tu? – chiese a Sauk.
-Fagioli Fritti – rispose lui facendo spallucce.
-Bene. Lasciate fare a me – così il cuoco si mise a lavoro brandendo padella e mestolo – Sarà pronto in un attimo.
Harry rise di gioia. Avere un cuoco personale a bordo era una cosa fantastica! Soprattutto per un mangione come lui.
 
 
La Up All Night era sempre più vicina all’isola. Un arcipelago di isolotti grandi e piccole che ne costeggiavano uno immenso attraverso la quale non si scorgeva il mare che scorreva dall’altra parte.
Vivy era ancora ferma sulla prua. Riusciva a scorgere attraverso la vegetazione che popolava quell’isola, tetti di piccoli villaggi. Trattenne le lacrime. Si issò meglio la grossa fune presa dalla sua camera sulla spalla. Negli occhi castani si rifletté l’immagine dell’isola che stava raggiungendo.
Eccomi.
Sono tornata.
Il suo sguardo si posò su un voltone distante che faceva fluire il mare in un acquedotto all’interno dell’isola. In questo modo creava un atmosfera di piscina nel grosso parco che ospitava. Si trattava di un cortile che si tendeva sul frontespizio dell’isola e ospitava un giardino con palme e piscine e un’ampia pagoda a quattro piani, laccata di giallo coi tetti rossi e il logo Arlong Park.
Probabilmente si trattava della villa più grossa di tutta l’isola.
Nel portico di fronte l’entrata chiusa, si ergevano delle colonne di legno smussato che formavano un piccolo arco, sotto la quale erano presenti un grosso piedistallo di legno con sopra pellicce di orso, una tavolata imbandita con bicchieri contenenti strani liquidi e altre poltiglie di cibo masticato.
Un gruzzolo di banconote ci cadde sopra.
-Questo è il compenso per questo mese – fischiò una voce nella penombra dei pilastri.
Un uomo dritto in piedi di fronte il tavolo, che portava una divisa della Marina Militare, sorrise facendo vibrare i suoi strani baffetti ritti come quelli di un topo. La sua mano fremeva dalla gioia mentre la chiudeva intorno alle banconote e le riponeva in una piccola valigetta.
-Sei un uomo di parola – disse soddisfatto – Tu la pensi diversamente dagli altri pirati, non è vero Arlong?
Si sentì una risata cupa e roca. Rigida e sinistra.
Proveniva dalla bocca di un essere mostruoso.
Una creatura impressionante che poteva benissimo essere associata a un demone:
Era due spanne più alta di un qualunque essere umano, il corpo robusto e interamente azzurro scuro, ricoperto da cozze, alghe, squame, funghi e barbagli come se si fosse rotolato sul fondale della barriera corallina, gambe e braccia umane dalle dita palmate. Ma il suo volto era la cosa più impressionante.
Aveva una forma più o meno quadrangolare come un’accetta alterata. Due paia di branchie si innalzavano ad ogni respiro sotto il collo. Occhietti piccoli, quasi intravedibili, un naso graffiato e la bocca ghignante oltrepassata da due file di denti acuminati come quelli di uno squalo.
Si trattava di un Uomo-Pesce. Le cui sembianze manipolavano collettività e paranormalità. 
Ai fianchi dell’essere seduto sul piedistallo, c’erano altri due mostri simili a lui. Uno aveva metà del corpo ricoperta di irte spine, come un pesce palla gonfiato. L’altro aveva una specie di benda viscida e verminosa che gli copriva l’occhio sinistro. Al suo corpo erano attaccate chiazze grigiastre simili a delle verruche, cozze, funghi e alghe.
Tutti e tre gli Uomini-Pesce emanavano un fetore che appesantiva l’aria.
Quello seduto sul piedistallo, Arlong, non la smetteva di ridere mostrando i denti da Pescecane.
-La cosa è reciproca Smek – sghignazzò in risposta all’uomo coi baffi da topo – Finché resterai un mio collaboratore, puoi star sicuro che otterrai cose favolose in merito. Sai, sei piuttosto perspicace per averlo capito nonostante tu sia unCapitano della Marina.
L’uomo di nome Smek sorrise: - Obbligato.
Arlong riprese a ridere: - Non fare il modesto. Puoi vivere una bella vita solo se possiedi soldi. I soldi sono il meglio. Non c’è niente di più affidabile. Non la pensi così? – si sporse di più per mettere in bella mostra i denti aguzzi.
Smek deglutì: - … Certamente ….
L’Uomo-Pesce abbassò lo sguardo: - Anche se odio gli umani, uno intelligente come te è una rarità.
-Bene – concluse l’uomo alzando le spalle – Allora credo sia ora che vada.
-Perché non ti rilassi un po’? – lo trattenne Arlong – Fatti una sbronza con noi prima di andartene.
Smek rise ancora: - Un incrociatore della Marina in pattuglia fermo su un’isola pirata non desterà una buona impressione, non trovi? – e non si fermò oltre – Ti auguro ancora un lungo impero, Arlong – detto questo si avvicinò alla piscina più vicina al porticato e batté i piedi tre volte.
Fu come un richiamo.
Una figura emerse dalle acque. Un altro Uomo-Pesce.
Si trattava di un mezzo umano e mezza aragosta. Si teneva scomodamente incurvato sulla schiena pustolosa e color del fango. Portava un corpetto alle quali erano affibbiate pietre muschiose e mezze spuntate. Incorporate al braccio sinistro, ricoperto di scorze di molluschi, c’erano delle chele di granchio che si chiudevano e aprivano come un paio di forbici. Il braccio destro invece, era umano. Così come le gambe i cui piedi si sgrossavano in delle zampe sudicie, squamose e rossastre e attorcigliate in attriti gelatinosi come i tentacoli di una medusa. Aveva l’occhio destro malandato e al posto di un comune paio di baffi, dal mento spuntavano due antenne scabre che si muovevano come vermi ogni volta che lui voltava la faccia.
Come gli altri era davvero ripugnante.
-Elaphus -  fu selvaggiamente richiamato da Arlong.
-Sì, Capitano? – biascicò l’Uomo Aragosta.
-Accompagna Smek alla sua nave – fu l’ordine.
Elaphus obbedì. Indicò al Marinaio un mortaio galleggiante che ondeggiava sul flusso della piscina. Era grande abbastanza da contenerci tre persone. Ci fece accomodare Smek. Dopodiché si rituffò nella piscina e trainò la giara come un cavallo marino, verso un canale che fuoriusciva dal cortile della pagoda e continuava a scorrere per qualche minuto fino alla spiaggia. Dov’era ormeggiata una nave della Marina.
 
Vivy era scesa dalla Up All Night. Camminava a passetti piccoli per le strade del bosco che si superava una volta sbarcati da quella parte di isola.
Si ritrovò più volte di fronte campi essiccati, zone incendiate e resti di animali morti circondati da alveari di mosche. Era uno spettacolo rivoltante. Ma infondo doveva aspettarselo. Era a casa.
In giro non si sentiva nessun vociare. Le era mancato quel silenzio tanto ombroso.
Il suo sguardo era serio e misterioso. Non aveva detto una parola da quando aveva smesso di piangere pensando ad Harry e agli altri. Ma in breve aveva messo da parte quei rammarichi e si era concentrata sul suo vero obbiettivo. Nessuno l’avrebbe fermata.
Giunse di fronte i cancelli chiusi della pagoda di Arlong Park. Inspirò profondamente. Esitò qualche istante. Aggrottò la fronte e strinse i pugni in modo da assumere lo sguardo più beato che le riusciva.
Ma venne distratta.
-Ei tu! – sentì alle spalle – Levati!
Si girò.
Un ragazzino sui nove anni stava si era fermato, affannato, di fronte il portone della pagoda. Aveva un aspetto iracondo nonostante delle lacrime gli uscissero copiose dagli occhi. Brandiva una mannaia.
La ragazza aggrottò le sopracciglia.
-Sono qui per Arlong! – singhiozzò il bambino digrignando i denti – Per ucciderlo! – sembrava molto deciso nonostante l’età – Ha ammazzato il mio papà! Voglio fargliela pagare!
Vivy fece una smorfia disgustata.
Il ragazzino tese il coltello verso di lei: - Se non mi lasci passare, ucciderò anche te! – ma ebbe come risposta un pugno. Un violento cazzotto sulla mascella che lo atterrò dolorosamente.
Lei ritrasse la mano ripulendosela sulla maglietta: - Arlong non ha tempo da perdere con i teppistelli come te! – lo avvertì – Sparisci! 
Lui, timoroso di venire ancora picchiato, rimase in silenzio finché non vide quella perfida ragazza aprire i cancelli della pagoda e sparirci all’interno.
Si lasciò andare ad un pianto disperato dovuto non solo al profondo livido che ora aveva sul volto.
 
Quando Vivy fece il suo ingresso nel cortile di Arlong Park, e si avvicinò al portico dove c’era il trono del capo degliUomini – Pesce, suscitò in lui una grande sensazione trionfante. Mostrò i canini in un ghigno.
-Sei tornata  – l’accolse con le mani affondante nei braccioli del trono – Sei stata via parecchio.
La ragazza si fermò a poca distanza dal piedistallo: - Abbastanza – rise di gusto – Un tempo lungo ma produttivo. Ho messo da parte un gran bel gruzzoletto. Non posso credere esistano tanti idioti là fuori!
Arlong sghignazzò: - Sei sempre la migliore a pugnalare gli altri alle spalle.
Lei tirò fuori la lingua: - Lo so.
L’Uomo-Pesce si mise in piedi: - Ciurma! – gridò – E’ tornata la nostra cartografa! Preparatevi a festeggiare!
Ed improvvisamente da tutte le piscine grandi e piccole del cortile, spuntarono fuori una decina di Uomini-Pesce, tutti orripilanti, puzzolenti e a metà tra uomini ed esseri marini.
Mentre uscivano dall’acqua incoravano: - Viola è tornata! Viola è tornata!
E la ragazza ridacchiava perversa di fronte quell’accoglienza tanto ospitale. Riserbata solo a lei.
 
 
Nel frattempo, non molto distante dall’isola, l’imbarcazione con a bordo Louis, Zayn e Jonathan, seguiva la stessa rotta avvicinandosi sempre più alla meta.
Louis pensava di essersi completamente ristabilito dopo il profondo taglio che gli aveva inferto Drakul Occhi di Falcocon la sua spada a croce. Ma tutte le volte che la sfiorava questa pulsava intensamente. Quasi insopportabile per uno come lui. Si sentiva però pronto a combattere contro chiunque, anche con sole le due spade che gli rimanevano.
-Eccolo – balbettò Jonathan indicando una sagoma verde in avvicinamento –Siamo vicino Arlong Park.
Lui e Zayn tremavano al solo pensiero di avere a che fare con degli Uomini – Pesce e quando lentamente la pagoda a quattro piani si fece scorgere, presero a tremare bianchi come lenzuoli.
-Ma … - deglutì Zayn – siamo proprio sicuri … che Vivy sia là dentro?
-Pensaci Louis – disse Jonathan – Se lei è davvero qui, non ci converrebbe prima trovare la vostra nave? In questo modo potremo vedere se si è ancorata su quest’isola oppure no.
Il ragazzo ignorò le pretese di quei due fifoni: - Io sono pronto a battermi. Voi?
Zayn sudò, guardandolo di sbieco: - Idiota! Non sappiamo niente di questo posto!
-I nostri avversari sono Uomini-Pesce! – fece l’altro – Dovremo escogitare un piano, almeno!
Louis si appoggiò alla prua della scialuppa. Lo sguardo rivolto all’isola in avvicinamento: - Non faccio codardie di questo genere – affermò – Harry mi ha chiesto di portargli la ragazza. Chiunque siano i nostri avversari gliela riporterò. Con le buone o con le cattive.
I due compagni si guardarono. Un solo sguardo, uno stesso pensiero. Il loro amico era andato fuori di testa. Si stava avventando alla morte senza nemmeno riflettere.
-Andiamo! – lo sentirono ordinare.
-E’ pazzo – sussurrò Zayn – Fermiamolo.
Così, invece di stargli semplicemente al gioco e fingere di essere altrettanto pronti, rimasero zitti per dieci secondi esatti.
Dopodiché gli furono addosso. Immobilizzandolo.
 
 
Poco dopo la scialuppa cambiava direzione dirigendosi sul fronte dell’isola.
Zayn giocherellò un po’ con il binocolo. Si guardò un po’ intorno, finché non scorse una nave familiare, ormeggiata tra alcuni scogli, vicino un molo deserto.
Spalancò la bocca: - Eccola! È la Up All Night! Non ci sono dubbi.
-Questo vuol dire che Vivy è qui senz’altro – disse Jonathan al suo fianco.
-Voi due coglioni! – ringhiò una voce alle loro spalle – Venite qui a liberarmi subito!!!
Louis era stato saldamente legato al piccolo albero maestro, dai suoi stessi compagni che non volevano spingerlo a compiere sciocchezze. Ignorarono le sue lamentele e ripresero a parlottare.
Consultarono una vecchia mappa disegnata momentaneamente durante la circumnavigazione dell’isola.
-Ci troviamo ad est di Arlong Park – calcolò Jonathan – C’è un villaggio laggiù. Mi sembra si chiami … - rifletté un attimo riportando alla mente i ricordi di una vecchia cartina letta in passato - Coconout Village – ricordò poi.
-Ma è strano – disse Zayn – Perché avrebbe dovuto ancorare la nave così lontano da Arlong Park?
-Slegatemi, cazzo! – strepitò Louis – Guardate che sto cominciando seriamente ad arrabbiarmi!
Il cecchino allora gli si avvicinò sorridendogli: - Senti, hai ancora ferite mortali sul petto. Stattene qui seduto e rilassati. Al resto ci penso io.
-Coglione! – imprecò lo spadaccino dimenandosi – Un giorno di questi ti uccido!
Zayn allora si mise valorosamente col dito puntato verso l’isola come un vero bucaniere: - Riporterò io indietro Vivy! Barra a tribordo! – rise vanitosamente.
Jonathan sbuffò. Il suo amico aveva cambiato lo stato da coniglio a leone, dopo aver saputo che la loro destinazione non era Arlong Park.
Il ragazzo fece passare lo sguardo sul molo per assicurarsi che non ci fosse nessuno. In questo modo gli sarebbe bastato scendere, raggiungere la loro nave, fornirsi di quanti armi necessarie e poi partire alla ricerca della sua amica. L’avrebbe ritrovata e si sarebbe concluso lì. Avrebbe fatto un ritorno da eroe e magari sarebbe stato pubblicato un libro sulla sua intrepida avventura che lo vedeva come una leggenda.
Purtroppo il molo non era vuoto. Abbarbicati su degli scogli a mangiucchiare ostriche, c’erano due creature deformi dal corpo di pesce e arti umani. Con la faccia piena di squame e barbagli e mani palmate.
Zayn trattenne un urlo. Si ritirò di più nella scialuppa mettendosi a quattro zampe, cercando di sparire.
Jonathan lesse un messaggio nei suoi occhi. Entrambi annuirono e fecero tranquillamente passare la scialuppa oltre l’approdo, restandosene acquattati sotto la sponda. Nessuno li vide.
-Si può sapere perché non ci siamo fermati?? – gridò Louis rompendo il silenzio.
Zayn gli andò vicino tappandogli la bocca: - Shhh! – sibilò a voce strozzata – Scusa, non hai visto? Ci sono Uomini-Pesce sul molo! Gli scagnozzi di Arlong! Io ho paura quindi non prendertela con me!!
Lo spadaccino gli morse le dita come un cane rabbioso: - Non hai motivo di incazzarti!
-Merda – disse Jonathan – Quest’aria deve essere già sotto il controllo di Arlong. Che facciamo ora?
-Semplice – attestò Zayn – Torniamo da Harry e gli diciamo che la missione è fallita.
-Non se ne perla nemmeno! – si oppose Louis – Slegatemi, maledizione!
L’ultimo grido fu così intenso da non evitare di arrivare ai timpani inavvertibili di quegli esseri squamosi stesi sugli scogli che interruppero il loro spuntino quando scorsero un imbarcazione all’apparenza vuota, allontanarsi dall’isola.
-E quella? – domandò il primo di loro– Non credo di averla mai vista.
-E’ sospetta. Andiamo a controllare – propose il secondo.
Quando i loro corpi si immersero nell’acqua, misero in azione le pinne le branchie che permisero loro di nuotare a velocità lestissima, tanto da essere a pochi metri dalla scialuppa in soli tre secondi.
Zayn e Jonathan sbiancarono. Non si erano accorti di loro ma molto presto li avrebbero avuti dinanzi, magari ancora affamati. Dovevano ricorrere ai ripari e senza nemmeno consultarsi o avvertirsi, si buttarono fuori dalla barca e presero a sguazzare funesti, allontanandosi il più possibile.
Non si erano forse dimenticati qualcuno?
-Ei voi due! – sbraitò Louis scuotendosi come un pazzo – Tornate qui! Non potete lasciarmi legato come un salame!Eiiiiii!!! 
Troppo tardi.
Con un balzo, i due Uomini-Pesce guizzarono fuori dall’acqua e atterrarono sulla scialuppa. I loro occhi si abbassarono sul ragazzo legato all’albero maestro.
Louis fece un sorriso finto, facendo l’irrilevante. Il sudore gli scendeva copioso dalla fronte.
I mostri si guardarono.
-C’è solo questo tizio.
-Forse … è stato mandato in esilio.
-Già! E la corrente lo ha trascinato qui – ritornarono a fissarlo.
Louis annuì: - Esatto … avete indovinato … sono in esilio …
-Questo spiega come mai hai delle ferite. Devono averti torturato molto – sghignazzò il primo di quei due.
-Sì … proprio così … - il ragazzo continuò a confermare. Fece una promessa solenne.
Porca puttana, Zayn. Quando ti ritrovo ti ammazzo!
-Cosa proponi di fare? – chiese il primo Uomo – Pesce.
-Io direi di portarlo da Arlong. Saprà lui cosa farne – decise il secondo. E senza nemmeno aspettare la risposta del compagno, si rituffò in acqua, si legò un cordone della barca al piede e si lanciò in una tempestiva nuotata nell’altra direzione dell’isola, trascinandola come un cavallo.
 
Zayn e Jonathan sospirarono rasserenati riemergendo dalle acque quando quelli si furono allontanati.
-Perdonaci Louis – drammatizzò Zayn con una mano sul cuore – Racconterò ad Harry il tuo sacrificio generoso. Sei stato un grande guerriero.
-Sì, fino alla fine – concordò l’amico.
Il cecchino si voltò verso una serie di rientranze sulla scogliera vicina. Conducevano sulla terraferma: - Arrampichiamoci e perlustriamo la zona. Dobbiamo trovare Vivy. Tanto sono sicuro che Louis se la caverà.
-Come vuoi tu.
I due sbracciarono fino ad un pietrone inalterabile e da lì iniziarono la breve scalata.
Senza fatica si issarono sempre più su fino a giungere sul rilievo.
Trovarono ad attenderli una visuale agonizzante.
Ciò che si ritrovarono davanti fu una landa di rovine, di un paese che sembrava essere stato bombardato.
Del vigoroso fumo di zolfo ricopriva la luminosità del sole, le carreggiate erano dissipate e al posto della strada c’era un solco profondo nel quale sprofondavano diverse case. Questi invece erano ammassi di legno, mattone o marmo che formava mucchi di ruderi dai quali spuntavano tracce di vetri infranti, colonne spezzate, tegole spaccate, lampioni fulminati, piante appassite e mobili sporchi di sangue. Tombini distrutti zampillavano acqua fognaria che rendevano l’aria irrespirabile. Non c’era un anima. Solo resti di quello che un tempo doveva essere stato un paese rigoglioso.


-Ma cosa è successo in questo posto? – esclamò Zayn paralizzato – Sembra sia stato lanciato in aria e poi risbattuto a terra una decina di volte.
-Ho sentito che Arlong aveva fatto una strage, settimane fa – si ricordò Jonathan.
-Ma com’è possibile? Voglio dire … tutti gli edifici sono sottosopra! Chi è Arlong? Un titano?
-Un Uomo-Pesce è di natura 10 volte più forte di un normale essere umano. Queste ne è una dimostrazione.
Zayn serrò la mascella. Si avvicinò al cumulo di macerie e ci rimase con lo sguardo incollato chiedendosi chi o cosa di così spaventoso avrebbe potuto ridurre in quello stato un solo paese.
Alle sue spalle Jonathan fece per raggiungerlo e spiegargli cose raccapriccianti sul conto dei loro nemici, ma una sagoma in avvicinamento attirò il suo sguardo. Ci poggiò sopra gli occhi e senza esitare o urlare, si fiondò a ripararsi dietro quella che una volta doveva essere stata una cassetta delle lettere. Non poté fare nulla per avvertire Zayn.
Il ragazzo intanto si era chinato sulla fenditura tracciata sulla strada: - Ma come ha fatto il terreno a diventare così?
-E’ stato un mostro – rispose una voce alle sue spalle.
Lui non si rese subito conto della differenza tra la voce del suo amico e quella: - Un mostro? – domandò senza voltarsi – Non vorrai dirmi che hanno anche un mostro dalla loro parte.
-Certo – continuò la voce mentre il suo proprietario avanzava – Lo abbiamo portato con noi dal Grande Blu.
Zayn si bloccò. Abbiamo??
Annusò un fetore nauseabondo di pesce e quando sentì una voce sghignazzante dietro di sé, capì che non si trattava di Jonathan. Voltò il collo a mo’ di robot e quando si ritrovò davanti un essere grosso, dalla testa di mollusco e i denti affilati, lanciò lo strillo di panico che stava trattenendo ormai da ore.
-Tu devi essere amico di quel tizio legato a quella barca – con questo l’Uomo-Pesce fece per afferrarlo, ma il ragazzo fu più svelto schivando la presa e prendendo a correre. Si lanciò all’inseguimento: - Fermati!!
-Mai! -  il ragazzo superò con dei salti agili le rovine che gli sbarravano la strada e s’infiltrò di più nel paese incontrandone sempre di più.
Jonathan restò nascosto nel suo nascondiglio. Augurò con tutto il cuore buona fortuna all’amico e decise di restarsene lì ad aspettare l’arrivo di Sauk ed Harry. Solo con loro avrebbe trovato il coraggio di affrontare un Uomo-Pesce.
 
Zayn si rassicurò. La distanza tra lui e la creatura che lo inseguiva era molto vasta. Evidentemente non erano veloci nella corsa quanto nel nuoto e questo per lui era come un vantaggio.
Si riempì di polvere, segatura e graffi mentre oltrepassava le rovine di quel paese, ma non rallentò.
Finché non andò ad inciampare in un secchio che qualcuno stupidamente aveva deciso di posizionare proprio nel punto dove aveva poggiato la gamba.
Il ragazzo ruzzolò a terra come un sacco di patate e si fece male ad un gomito.
Un bambino che impugnava una mannaia si mise sul suo petto per impedirgli di scappare e sollevò l’arma:
-Ora ti ucciderò vendicando la morte di mio padre!!
Zayn impallidì mentre vedeva quel piccoletto abbassare la mannaia sopra la sua testa. O almeno vederlo provarci. Qualcuno lo bloccò salvandogli la vita.
-Smettila! – gridò una voce.
Il bambino ricevette una botta in testa e una ragazza gli strappò l’arma di mano.
-Non è un Uomo-Pesce – disse al ragazzino dandogli un’altra botta – E’ solo un ragazzo ricoperto di polvere.
Lei era una giovane molto carina dai lunghi capelli castani, gli occhi dello stesso colore, il viso quasi di porcellana e una benda finta sul braccio. Aveva la faccia da tosta. E lo dimostrava con il suo carattere pepe.
-Ehm … - balbettò Zayn rimettendosi in piedi – Ti ringrazio.
-Dove sei finito???- strepitava intanto la voce del suo inseguitore in avvicinamento.
Quando la ragazza lo scorse in lontananza strinse i denti: - Maledizione. Ecco un vero Uomo-Pesce.
Il ragazzo allora, per fare la scena del “Valoroso cavaliere che salva una punzella indifesa” si mise davanti la ragazza e il bambino ed estrasse la sua fedele fionda: - Non temete. Vi proteggerò!
Ma lei, che aveva già riconosciuto in quel tipo una profonda vigliaccheria dal coraggio falso, gli impedì di compiere un atto banale, dandogli un colpo in testa con il gomito rappreso come il ferro.
Zayn ebbe le traveggole e svenne con lo sguardo appannato prima di lanciare una delle sue palline esplosive.
-Mai attaccare briga con gli Uomini – Pesce – disse la ragazza, mentre lo trascinava con l’aiuto del bambino, dietro il relitto di un edificio crollato.
Lasciò entrambi nascosti lì per qualche minuto, mentre ritornava in strada e fingeva di passeggiare.
-Tu! – gli ordinò il mostro quando fu abbastanza vicino da farle odorare il suo tanfo nauseante – Hai visto passare un pivello da qui? Un forestiero.
-Sì – mentì lei indicando una falsa pista – E’ andato da quella parte.
E mentre l’Uomo-Pesce seguiva la direzione opposta, senza sapere di essersi lasciato la preda alle spalle, la ragazza ritornò dal ragazzino che si stava accertando che Zayn non fosse morto, siccome immobile.
-Sbrigati – disse lei perentoria – Aiutami a portarlo a casa mia.
 
Nel frattempo, sulla scialuppa di Harry, Niall si stava dando da fare per cucinare un pranzo con i fiocchi.
Nonostante la cucina fosse di medie dimensioni, lui riuscì a farsela bastare per muoversi velocemente e preparare tutto nel minor tempo possibile.
Maneggiando coltelli, spatole e fornelli, esaudì le richieste dei suoi amici in un batter d’occhio.
Per Harry un piatto fumante di carne cotta accompagnato da polpette di riso e un po’ di verdura al microonde. Ovviamente le porzioni erano due conoscendo l’ingordigia del ragazzo di gomma.
Per Sauk invece un piatto di fagiolini fritti con sopra una maionese riscaldata e condimenti di sedano.
Lui invece si era fatto un leggero brodo vegetale senza contorno.
 
L’irresistibile odore dei suoi manicaretti si diffuse in quella zona di mare. Fin nelle viscere del mare, dove tranquillo e attecchito in una frotta marina, sonnecchiava una creatura misteriosa che spalancò gli occhi al sentire di quel profumino proveniente dalla superficie.
 
-E’ tutto ottimo! – soffocò Harry infilandosi in bocca la sua carne e ingozzandosi come al suo solito.
-Non mi aspettavo di meno da te, Niall. Sei un ottimo cuoco – si complimentò Sauk a bocca piena.
-Ti ringrazio – si lusingò il biondino versandosi un po’ di spumante nel bicchiere – Spero di ricevere gli stessi complimenti quando cucinerò per la bellissima Viola – ritornò a fare lo stupido stregato.
-Sarebbe meraviglioso cenare tutti insieme – disse Sauk immaginando una tavola più grande e imbandita con tutto il gruppo riunito – speriamo ci sia anche Vivy.
-Certo che ci sarà – assicurò Harry – perché lei è la nostra navigatrice. E verrà nel Grande Blu con noi – e con queste parole finì anche la seconda porzione di carne – Niall non è che …
-Lascia stare – lo bloccò l’amico tornando un istante in cucina – lo avevo già dedotto – e risbucò con una terza porzione ancora calda di carne cotta.
-Wooou!- gioì Harry con occhi splendenti – Sei grande!!
Mentre i tre mangiavano tranquillamente, non presero in considerazione l’acqua che fluiva sotto di loro. Stranamente si stava muovendo un po’ troppo rapidamente eppure la scialuppa non era accelerata. La superficie cominciava ad annerirsi un po’ troppo nonostante il cielo fosse privo di nuvole. In breve sotto l’imbarcazione si formò una sagoma nera vasta quanto un panfilo.
Sembrava si trovassero sopra uno scoglio subacqueo.
In caso contrario si trovavano sempre sopra qualcosa. Di vivo. E affamato.
 
 
Le porte del cortile di Arlong Park si spalancarono.
Uno degli Uomini-Pesce che aveva trovato Louis, fece il suo ingresso spingendolo in avanti violentemente. Lo aveva slegato dall’albero maestro per stringergli più strettamente le corde sui polsi dietro la schiena.
Il ragazzo mentre camminava, si ritrovò gli occhi di tutti quei mostri addosso e gli venne il voltastomaco. Erano così rozzi e nauseabondi. Fu condotto di fronte il loro capo.
Arlong lo squadrò da capo a piedi e lo fece un tantino rabbrividire alla vista dei suoi denti acuminati.
-Abbiamo trovato questo tipo sospetto, capitano – spiegò l’Uomo-Pesce, sbattendolo a terra con forza.
Il suo emise una leggera risatina. Poi si grattò le branchie stuzzicanti e studiò il ragazzo dalla testa ai piedi. Veniva ricambiato con uno sguardo che non rappresentava nessun timore. Solo profonda serietà.
-Louis il Cacciatore di Pirati – lo riconobbe Arlong ghignando– Ma che sorpresa. Non pensavo di ritrovarmi faccia a faccia con te un giorno.
Louis rimase zitto senza smettere di fissarlo.
-Cosa ti porta qui? – gli chiese l’essere – Qual è il tuo scopo? Sei per caso venuto ad incassare la mia taglia?
-No – rispose il ragazzo – Sono qui per cercare una ragazza. Bastardo mezzo-pesce.
Arlong continuò a sorridere: - Hai fegato, umano. Chiuderò un occhio questa volta, ma non azzardarti a ripeterlo o mi vedrò costretto a strapparti il cuore. Sai, noi Uomini-Pesce siamo esseri evoluti che possono respirare sott’acqua. Grazie a queste abilità siamo superiori a voi. Questo potere che deteniamo è la prova che siamo di gran lunga migliori degli esseri umani. Farai meglio ad fartelo entrare in testa. Gli esseri maggiori sulla terra non siete voi. Ma noi. GliUomini-Pesce!! Per gli umani sfidarci è come sfidare le leggi della natura.
-Ora basta – una voce lo fermò – Sono stanca delle tue teorie, Arlong.
Proveniva dall’interno della pagoda. Louis ci poggiò lo sguardo.
Dalla penombra dell’edificio uscì una persona. Il rumore delle sue scarpe alte echeggiò e la sua lenta andatura si fermò quando fu al fianco del piedistallo dell’Uomo-Pesce.
Louis sgranò gli occhi e spalancò la bocca restando di stucco.
Arlong sorrise ancora e si voltò verso la ragazza che lo affiancava: - Perché sei così seria, ? Tu sei speciale. Sei la nostra insigne cartografa, giusto? Non fallisci mai nel disegnare per me mappe accuratissime.
Vivy lo guardò e inarcò le sopracciglia: - E’ la nostra materia grigia ad essere diversa, ecco perché io ci riesco e voi no.
Louis fece passare lo sguardo dall’uno all’altra con la mente confusa: - Ei Viola! – la chiamò – Ma che … stai facendo?? Che vuol dire … la “nostra insigne cartografa”?
-Come mai questa confidenza? – chiese Arlong – Lo conosci, ?
La ragazza lo guardò con noncuranza e fece una mossa infastidita: - Non essere ridicolo. È solo un’altra vittima. Ci ho fatto un bel bottino con lui – sorrise maliziosa. Si avvicinò al ragazzo chinandosi di fronte a lui finché non furono a quattr’occhi –Povero allocco. Non ha capito che l’ho fottuto tutto il tempo e ancora continua a seguirmi. Sei solo uno stupido.
Lo sguardo negli occhi di Louis si riempì di odio. Odio e rabbia. Strinse i denti: - E così è questa la tua vera natura? – digrignò – Maledetta! E pensare che odiavi i pirati.
Lei sorrise ancora, perfidamente: - Sei sorpreso? Era tutta una farsa. Lo capirai dopo aver visto … questo!! – e gli piazzò davanti agli occhi lo strano tatuaggio che portava sul braccio destro.
Lui lo aveva notato sin dal primo momento che l’aveva vista ma non ci aveva dato molta importanza considerandolo soltanto un comune abbellimento del corpo. Invece ora che lo studiava bene, bene, si rese conto di cosa rappresentava. Delle chiazze blu notte che andavano a formare un Jolly Roger particolare. La forma di un pesce minaccioso girato di profilo con il naso reverso e appuntito. Dove lo aveva già visto?
Con orrore alzò lo sguardo indirizzandolo al tetto della pagoda. Dove sventolava una bandiera. Una bandiera pirata che immortalava un vessillo. Lo stesso identico che la ragazza aveva sul braccio. Era il simbolo di Arlong!
Vivy si rimise in piedi a braccia conserte e con il ghigno impresso sul volto: - Io faccio parte di questa invincibile ciurma – gli Uomini-Pesce sghignazzarono restandole alle spalle – Sono un ufficiale dell’equipaggio di Arlong!

TO BE CONTINUED

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Capitolo 32
*** Episodio 32 - La Nemica è Lei! ***



Dopo aver trovato un intesa Sauk ed Harry erano tornati a sedersi e a mangiare con più calma.
Niall per far calmare il loro bisticcio su chi doveva ingerirsi l’ultima porzione di carne, si era dato da fare per prepararne una quarta. Più grossa e fumante. Ne aveva spartite le dosi ed era tornato a sorseggiare il brandy.
Ovviamente il ragazzo di gomma ingerì tutto in pochi minuti.
-Sauk, dividiamo? – chiese incredibilmente ancora affamato.
-No – ringhiò l’amico – Questa è la mia parte!
-Dai! Solo una fetta!
-No!!
-Ti prego.
-Ho detto di no. Anch’io ho diritto di mangiare.
-Nemmeno le ossa?
-Le ossa? Ma vuoi soffocare?
La loro discussione fu interrotta perché in quel momento la nave ebbe un balzo che fece cadere tutto il cibo a terra. Niall si bagnò di vino, i piatti degli avanzi finirono addosso a Sauk ed Harry ne approfittò per fregargli la sua carne.
Il biondino si rimise in piedi imprecante e andò ad affacciarsi dalla sponda: - C’è qualcosa sotto di noi – affermò tranquillamente senza un minimo di ansia – Ed è enorme.
La sagoma nera si stava spostando più in là, in modo da avere la possibilità di emergere.
Si sollevò una montagna d’acqua che fece ondeggiare ancora di più la barca.
Un essere mostruoso venne alla luce.
Aveva la forma di un girino gigantesco ma la faccia era quella di un pesce. Ai lati della testa spuntavano due creste simili alle ali di un pipistrello, la coda era lunga e senza pinne, nella bocca trapelava una pericolosa schiera di denti aguzzi, le squame che lo ricoprivano erano rosse come lui. Gli occhi gialli e una cresta di spine. Non appena uscì dall’acqua rimase a galleggiare con lo sguardo fisso sull’imbarcazione che aveva davanti.
Sauk lanciò un urlo atroce e gli lacrimarono gli occhi mentre i due ragazzi osservavano l’essere quasi interessati.
-Cos’è sta roba?- chiese Harry.
-E’ un … p-p-p- Pesce Drago! – strillò Sauk reggendosi all’amico come fa un vecchio col bastone – Ma non è possibile … che ci fa qui nel mare Orientale? Creature del genere … provengono dal Grande Blu!
Il Pesce Drago fece guizzare i suoi occhietti inquietanti alle spalle dei tre. Sulla tavola dove stavano mangiando beati fino a poco prima.
-Che si guarda?
-Guarda … il nostro cibo – capì Sauk – Muoviamoci! Diamoglielo tutto così ci lascia in pace!
Harry fu contrario. Si oppose a quella decisione usando la violenza.
-GOM GOM PISTOL! – il suo braccio si allungò ed il suo pugno micidiale colpì il mostro che in preda al dolore si immerse di nuovo.
-Il cibo è nostro  - chiarì Harry ritraendo il braccio.
Dopo un po’ però, il Pesce Drago riaffiorò e stavolta aveva la bocca spalancata e ruggiva come un leone.
-Oh, no! – pianse Sauk riparandosi sotto una sedia – Lo hai fatto incazzare!
-Ne vuoi un altro? – lo minacciò il ragazzo di gomma caricando il pugno.
Ma Niall lo bloccò: - Non farlo – si chinò a raccogliere i resti della carne, li mise su un piatto – Magari ha solo fame e se gli diamo un po’ di cibo se ne andrà.
-E’ quello che ho detto io – sbraitò Sauk.
Il cuoco allora si fece avanti e porse il piatto al mostro che smise di sguazzare cercando di farli annegare.
-Serviti pure – gli disse sorridendo.
Il Pesce Drago esitò un istante. Poi attratto dall’odore della carne, spalancò le fauci e le indirizzò ad essa.
Fu allora che Niall gli diede un possente calcio in pieno volto facendolo sanguinare: - Fanculo! – gli urlò mentre questi spariva sott’acqua.
-Ma cosa … fai … - balbettò Sauk bianco cadaverico – Non volevi sfamarlo?
-Stava per papparsi anche me – spiegò il ragazzo facendo una tirata di sigaretta.
Quando la creatura ritornò in superficie era più rabbiosa che mai e pronta a ingoiarsi tutta la nave.
Harry fece per attaccare ma l’amico lo fermò di nuovo.
-Faccio io – lo rassicurò. Dopodiché spiccò un balzo che lo mandò fin sopra la cresta del pesce e acrobaticamente fece una capriola che mandò le sue gambe a immergersi nel cranio dell’essere.
-Collier Shot!!!
I suoi amici rimasero esterrefatti.
La testa del mostro si squarciò lasciando intravedere il disgustoso interno. I suoi occhi si fecero bianchi e perse la vita restandosene a mollo sulla superfice dell’acqua ora rossa.
-Stupido mammifero – disse Niall ritornando a bordo e battendo i piedi per ripulirsi dal sangue.
Harry gli diede una pacca soddisfatta: - Sei stato grande! Ora ce lo cucini?
Il biondo sorrise: - Sapevo che me lo avresti chiesto. È stato un buon esercizio, non credi?
-Preparati. Sarà solo l’inizio – e risero entrambi.
Sauk li guardò a bocca aperta. Erano pazzi. Pazzi di brutto. Ma forti. Paurosamente forti.
 
Quando Zayn aprì gli occhi la prima cosa che vide fu un soffitto azzurro sul quale pendeva una lucerna spenta. La luce del sole che entrava dalla finestra gli diede fastidio. Si rimise lentamente a sedere. Si trovava in un letto malandato dalle coperte rosa disfatte, in una piccola sala che occupava ben tre stanze. Da un lato c’era la cucina, dall’altro un secondo letto e dall’altro un piccolo soggiorno. Le uniche porte erano quella principale e una che probabilmente doveva essere il bagno. Non c’erano molti mobili. Solo quei due letti, un divano, una poltrona, un tavolo, un secondo più piccolo, il gas, il forno, una credenza, delle piante sui davanzali delle uniche tre finestre e un bancone con vasi.
Seduta sul tavolo della cucina c’era una bella ragazza. Che si accorse in breve di lui.
-Ti sei svegliato – disse.
-Dove sono? – chiese il ragazzo.
-A casa mia.
Lui non chiedette spiegazioni perché quando avvertì una profonda fitta alla testa che realizzò come un bernoccolo, ricordò tutto.
-Tu sei – esclamò a denti stretti – Sei la tipa che mi ha dato una gomitata in testa!
-Sono Paulina – si presentò lei – E coltivo mandarini qui.
-Perché mi hai colpito? – chiese furibondo – E pensare che ero stato tanto gentile da provare a salvarti!
-Sono io che ho salvato te – ribatté Paulina – se avessi combattuto contro quell’Uomo-Pesce, saresti stato divorato ancor prima di reagire al primo attacco. Sei stato uno scemo. Proprio come lui – indicò con la testa una figura nascosta dalla sedia messa di schiena.
Zayn si alzò andando a sederle vicino e solo allora riconobbe il ragazzino che era con lei. Aveva lo stesso livido sulla guancia che gli aveva visto la prima volta. Gli fece pena. Chissà come se l’era procurato.
Teneva lo sguardo basso e tremava.
-Dovresti saperlo che chiunque combatte contro uno di loro non ne esce vivo! – gli disse la ragazza.
Il bambino si asciugò una lacrima: - Si che lo so ma … loro … hanno ucciso mio padre …
-Tu vieni da Gosa vero? – tirò ad indovinare Paulina – E’ il villaggio in rovina dove ti abbiamo trovato – spiegò a Zayn, vedendolo confuso.
-Sì – annuì il ragazzino – era la mia vecchia casa. Arlong e i suoi uomini hanno saccheggiato tutto … distrutto ogni cosa e ucciso la maggior parte degli abitanti. Non potrò mai perdonare ciò che hanno fatto … così … mi sono diretto ad Arlong Park con l’intenzione di farli fuori tutti … ma una ragazza della loro ciurma mi ha fermato – si toccò la guancia ferita – Lei … sembrava una strega … è stato orribile – e prese a singhiozzare il più silenziosamente possibile per non umiliarsi come un poppante – Però … non voglio arrendermi … voglio vendicare lo stesso mio padre!
Paulina alzò le spalle: -Allora va e muori!
Zayn la guardò ad occhi sgranati: - Che cosa? Come puoi dire questo?
Lei lo ignorò: - Farti ammazzare sì che sarà una magnifica vendetta. Però devi tenere a mente una cosa: è solo grazie alla strega che hai incontrato ad Arlong Park, se la tua vita è stata risparmiata per ben due volte! – il piccolo pianse più forte – E ora vattene – lo cacciò lei alzandosi.
-Ei. È solo un bambino! Non essere così dura – la calmò Zayn.
-Bambino o no, se vuole morire perché non lasciarglielo fare? – la ragazza parlava con sguardo serio – Non ha abbastanza volontà per vivere in tempi duri come questi.
-Di che parli? – domandò il ragazzo.
-Io guardo sempre al futuro – Paulina ora aveva un aria malinconica – Conosco una persona che ha scelto di vivere uno stile di vita più doloroso della morte stessa. Ecco perché odio la gente che vuole semplicemente farsi ammazzare come questo moccioso qui!
Il ragazzino si coprì la faccia con le mani: - Cosa dovrei fare allora? – singhiozzò – Anche se provo a trattenermi … non ci riesco … cosa devo fare?
La ragazza allora assunse un tono più mite: - Tua madre? – chiese.
-E’ viva – rispose il piccolo.
E per la prima volta sia lui sia Zayn videro Paulina sorridere: - Sarà preoccupata. Torna da lei.
Il bambino tirò su col naso e annuì lievemente. Asciugandosi gli occhi e smettendo di lamentarsi, fece un cenno di saluto con la mano ed uscì di casa a passo svelto.
Zayn lo vide sparire in un bellissimo viale costeggiato da profumatissimi aranci in fiore che scendevano fin sotto la collina dove si trovava quella casa.
-Sei proprio una brava ragazza – dovette ammettere alla fine – Anche se hai tutti quei tatuaggi – valutò poi indicando delle chiazze di colore che la giovane portava sulle braccia.
-Che stereotipo – commentò – A proposito non mi hai ancora detto chi sei.
-Mi chiamo Zayn – si presentò – Sono un valoroso pirata e sto cercando una ragazza che si chiama Viola.
Paulina sobbalzò: - Viola?
Lui aggrottò la fronte: - La conosci?
Lei serrò le labbra e gli diede le spalle: - Tutti la conoscono – spiegò – E’ un ufficiale della ciurma di Arlong.
Il ragazzo storse la bocca in un sussulto. Per lui fu come ricevere un pugno nello stomaco. Doppio. Pregò che le sue orecchie avessero sentito male: - Cosa? – gridò – Lei … un’alleata … degli Uomini-Pesce?
La risposta arrivò subito e gli fece capire di aver sentito chiarissimo: -Sì. E si tratta della strega a cui si riferiva poco fa quel ragazzino.
Vedendo come Zayn tenesse gli occhi estesi e la bocca sbarrata, come per dispetto Paulina decise di stupirlo ancora di più: - C’è un’altra sorpresa. Questa è la casa dove è cresciuta.
Il ragazzo, dopo aver ingoiato l’amarissimo boccone della prima notizia, strabuzzò gli occhi: - Cosa???
Si guardò intorno stavolta restando di più a contemplare i dettagli di quella casa. I due letti. L’armadio troppo grosso per contenere i vestiti di una sola persona. Libri di nautica nella scrivania. La stessa edizione che aveva visto leggere a Vivy quando entrambi viaggiavano a bordo della nave.
-Questa è la sua casa? – realizzò alla fine.
-Sì – Paulina si avvicinò al comodino vicino quello che doveva essere il suo di letto. Sopra c’era una fotografia ingiallita dal tempo ma ancora riconoscibile. La guardò per un secondo.
Sorrise:- Viola e io siamo sorellastre.
Un quarto pugno nello stomaco per Zayn. Rimase così sbalordito da riuscire a stento a parlare: - Che cosa? Tu saresti … sua sorella?
-Sì – annuì la ragazza rimettendo a posto la foto – Siamo entrambe orfane. La donna che ci ha cresciuto è morta. Vivevamo così felici noi tre. Qui. A Coconout Village. Un tempo.
Il ragazzo strinse i denti: - Vuoi dire che ha tradito te e l’intero villaggio solo per unirsi alla ciurma di Arlong?
-Sì più o meno e così. Infondo … è una strega, no?
Zayn picchiò il pugno sul tavolo: -Merda! Ora capisco tutto! Quella brutta bugiarda ci ha ingannati fin dall’inizio! Tzè! E pensare che si era anche unita alla battaglia per salvare il mio villaggio! Voleva solo i nostri tesori! Ecco perché rideva tanto sulla nave. Si sentiva compiaciuta di stare riuscendo a …
-Aspetta – lo interruppe Paulina sollevando una mano - … hai detto … che rideva? Viola?
-Sì- confermò lui – eravamo venuti qui per riportarla indietro – continuò senza badare alla risatina sorpresa della ragazza - Ma a quanto pare non è più necessario. E poi … - si fermò di nuovo.
Un flash gli attraversò la mente.
Sbiancò.
Il suo corpo stridette come lubrificato mentre voltava leggermente la testa. La bocca schiusa e gli occhi stralunati.
-Che c’è? – gli chiese la ragazza.
-Cazzo … - balbettò lui – Ora che ci penso … un mio amico è finito disgraziatamente nelle mani degli Uomini-Pesce! – ripensò con orrore a Louis – Starà bene …?
 
 
Ad Arlong Park erano venuti fuori tutti i mostri componenti della ciurma di Arlong.
Louis fissava la ragazza, unico essere umano di quella ciurma, che lo squadrava malvagia con i suoi occhietti marroni. Si divertiva a
-Hai capito adesso? – sorrise Viola – Fin dall’inizio vi ho semplicemente usati. Siccome non siete affatto male nel combattimento, siete stati un gruppetto molto utile.
Alle sue spalle Arlong scoppiò a ridere: - Vi siete fatti fottere, poveri idioti! Non avete capito che il suo obbiettivo erano solo i tesori. Questa ragazza è riuscita persino a dimenticare la morte di sua madre per i soldi. E’ una strega a sangue freddo.
Lui non poté vederla. Era di schiena. Ma Louis sì.
Il volto della ragazza s’incupì all’improvviso. Gli occhi si dilatarono in modo quasi spaventoso e la sua pelle divenne come un lenzuolo. Il ragazzo non gli chiese cosa avesse.
Quando si rese conto che si era fatta un po’ troppo notare, Vivy riprese lo sguardo perfido di prima rivolgendo un sorriso complice all’Uomo-Pesce.
Fu allora che anche Louis ghignò: - Sai l’avevo intuito in un certo senso. Non mi sono mai fidato del tutto di te. Non mi sarei sorpreso neanche un po’ se avessi scoperto che era un’assassina.
Lei strinse i pugni: - Bene. Allora sparisci subito da qui! Mi fai fastidio!
Lui la guardò negli occhi malizioso. Attirò tutta l’attenzione possibile.
 Dopodiché si diede uno slancio tergo all’indietro e finì, con le mani e i piedi ancora legati, nella piscina principale che aveva alle spalle. Prima di sparire sott’acqua riuscì a far intravedere un altro sorriso.
La ragazza sussultò.
Gli Uomini-Pesce restarono immobili.
-Perché si è buttato così, all’improvviso?
-Non è che sta cercando di scappare?
-E’ impossibile. Era legato.
-Allora … è un suicidio!
Arlong fece spallucce: - Lasciatelo perdere.
Viola rimase lì. Immobile. Vicino il bordo della piscina. Non vedeva nemmeno le bollicine d’aria che scoppiavano sulla superfice dell’acqua.
 
Sentiva intorno a lei gli Uomini-Pesce ridere, divertirsi. Insultare la stupidità di quel ragazzo. Non si unì al coro. Restava con lo sguardo fermo sulla superfice, finché questa non ritornò piatta e coesa.
Si morse il labbro e strinse gli occhi mentre le nocche le diventavano rosse.
Poi finalmente l’impulso di agire arrivò.
Si tolse in fretta i sandali che portava e mentre sbraitava: - Maledetto idiota – si tuffò in piscina con tutti i vestiti addosso.
Sparì per pochi secondi.
Nessuno si mosse né fiatò, finché non la rividero riemergere e issare, con una forza sconosciuta il corpo di Louis sul bordo della piscina. Il ragazzo tossì un po’ d’acqua e poi riprese a respirare naturalmente.
-Ei – domandarono gli esseri – Ma che stai facendo ? Perché lo hai salvato?
Lei non rispose, affannata e con poca aria nei polmoni. Si mise in ginocchio prendendo lentamente a spasimare: - A che gioco stai giocando? – sussurrò al ragazzo che stava riaprendo gli occhi.
-Tu a che gioco stai giocando – ribatté lui. Alzò lo sguardo verso la ragazza sorridendo ancora: - Non riesci nemmeno a lasciar morire una persona davanti ai tuoi occhi. Smettila con questa recita.
Viola impallidì con gli occhi ancora estesi. Ebbe una fitta di rabbia che gli fece scattare il pugno verso le bende di Louis che racchiudevano la ferita inferta dall’Uomo Dagli occhi di Falco.
-Stai zitto!
Dopo averlo sentito gemere per un po’ gli afferrò la maglietta e lo avvicinò al suo viso in modo da adocchiarlo per bene: - Se ti intrometti di nuovo nei miei affari, giuro che ti uccido! – lui non si decideva a smettere di ghignare. E per questo ricevette un altro colpo violento sulle bende.
Stavolta era più intenso e lo fece piegare dal dolore, ma non urlare.
La ragazza lo scavalcò come se fosse un tappetino e si diresse verso il piedistallo di Arlong.
-Ei, . Che vuoi farne di lui? – domandò l’Uomo –Pesce tornando a schernire.
-Rinchiudetelo! – ordinò lei – Mi occuperò io di lui.
Una voce irruppe nel cortile costringendo tutti a voltarsi verso l’ingresso.
Un Uomo-Pesce dalle squame pallide entrò gridando e richiamò l’attenzione del capitano della sua ciurma.
Si mise in posizione eretta di fronte il piedistallo di Arlong e riferì la sua comunicazione.
-Mi perdoni per non essere venuto prima, Capitano – cominciò chinando il capo – ma c’era uno strano ragazzo dal ciuffo nero e la fionda alla cintura che non sono riuscito a catturare.
Vivy sgranò gli occhi ma non disse niente. Strinse i denti.
Anche Louis si era inquietato.
Dannato Zayn, si è fatto scoprire!
-Credo si sia nascosto a Coconout Village, Capitano – continuò l’Uomo-Pesce.
Arlong ghignò spaventosamente: - Coconout Village? Ma che coincidenza. Era nelle mie intenzioni farci un salto, oggi. Ho delle commissioni molto urgenti da sbrigare – e rise malvagiamente.
Vivy si allontanò dal cortile con una scusa. Nessuno notò il suo pugno, che tremava deluso di non essere arrivato in faccia a qualcuno.
 
Nel villaggio di Coconout Village dominava la quiete.
Si sentiva soltanto lo sciabordio del minuscolo torrente che lo attraversava, il fruscio degli alberi e qualche piccolo echeggio proveniente dalle abitazioni. Le città erano mezze deserte. Gli unici presenti erano i venditori di merci e viveri, mentre dei boriosi stalloni di vario colore passeggiavano lentamente con le cinghie in mano a stallieri.
L’unica cosa che mancava in un paese tanto tranquillo era un po’ di felicità. Gli animi erano neri come la pece e così gli sguardi. Non c’era un minimo di sereno in un posto tanto bello.
Il motivo? La crudeltà in persona che si era impadronita delle loro vite.
Arlong.
 
-Stanno arrivando! Gli Uomini-Pesce!- gridò un uomo dando l’allarme ai suoi autoctoni.
-Ma cosa vorranno? – si chiesero le persone stringendosi alle famiglie – Abbiamo pagato il tributo di questo mese!
I bambini furono messi al sicuro con le madri nelle case e tutti gli uomini e poche donne restarono nelle strade con lo sguardo fisso sulle mostruose creature che erano entrate nel villaggio.
Quando le loro figure furono ben visibile a tutti, lo sgomento fruì in loro. I bambini, anche se al sicuro nelle case tra le braccia delle madri, piangevano in silenzio. I vecchi pregavano, le donne tremavano.
Arlong rise soddisfatto di incutere tanto timore. Poi con gli scagnozzi alle spalle si avvicinò ad un ombrellone da spiaggia posto in una zona piuttosto solare, sotto cui era seduto silenzioso e con lo sguardo basso uno strano uomo. Non si poteva certo definire uguale agli altri. Tanto per cominciare aveva le braccia, le gambe e il petto ricoperti di cicatrici e segni di cuciture di ferite che in passato dovevano essere state tremende. E poi perché sul suo basco marrone, portava una minuscola girandola che ruotava a favore del vento. Poteva essere divertente da vedere se lo stato d’animo delle persone fosse stato più luminoso.
Arlong si chinò sull’uomo che non alzò subito lo sguardo: - Sei tu? – chiese – Quello che è stato trovato in possesso di armi?
Lui non esitò: - Sì, sono io – rispose calmo – Adoro ammirare le mie armi. C’è qualcosa che non va se uno dei tuoi sottoposti ne ha una collezione?
-Sì – rispose l’Uomo-Pesce – Sarebbe molto problematico. Le armi portano solo pericolo e violenza. Sono la minaccia principale contro la pace. Ci sono 20 città e villaggi sotto il mio comando. I ribelli sono una spina nel fianco. Ho distrutto il villaggio di Gosa come avvertimento. Il fatto che non hanno pagato il loro tributo era un senso di rivolta verso di me e l’hanno pagata – mentre parlava il suo sospiro nauseabondo infettava l’aria – Forme di vita inferiori come gli umani dovrebbero pensare solo a darmi i loro soldi. Ho bisogno di parecchi fondi. Perché il tributo che versate sarà la pietra angolare dell’impero di Arlong che dominerà il Mare Orientale! 
 
Zayn si lasciò scappare un urletto a cui nessuno fece caso.
Lui e Paulina erano da poco arrivati al villaggio e avevano assistito a tutto il discorso di Arlong  restandosene zitti, zitti dietro un edificio.
-Quello è Arlong …? Ma è … disumano – balbettò il ragazzo prendendo a sudare freddo.
-E’ un Uomo-Pesce d’altronde – rispose la ragazza guardando con occhi fermi i mostri.
-Di che tributi parlava, prima? – chiese Zayn.
-I soldi che dobbiamo sborsare. Ogni mese dobbiamo pagarlo per comprare le nostre stesse vite. Sia grandi che piccoli. Chi si rifiuta o non può permetterselo, viene ammazzato o il suo paese viene raso al suolo. Anche se si tratta di una sola persona – Paulina sospirò – Gosa ne è un esempio.
Zayn sgranò gli occhi: - Quel villaggio … quelle rovine … hanno distrutto tutto … solo perché uno non ha pagato?
-Esatto. È così che funziona con gli Uomini-Pesce. Sono degli schifosi razzisti a cui non importa niente di uccidere esseri umani.
-Hai sentito cosa ha detto alla fine?
-Ha accennato l’Impero di Arlong – la ragazza colse al volo le intenzioni di quell’essere così meschino – Ha intenzione di governare l’intero Mare Orientale, trasformandolo in un dominio di Uomini-Pesce.
 
Lo avevano sbattuto in una cella umida e fredda all’interno della pagoda. Non erano certo stati magnanimi a slegarlo per sostituire le corde a delle catene meno dolorose. Anzi lo avevano stretto più forte, gli avevano sequestrato l’unica spada che gli era rimasta e lo avevano deriso divertendosi a torturarlo sapendo che non poteva reagire.
Ma gli sarebbe bastato soltanto liberarsi da quelle maledette funi e allora sì che quei mostri l’avrebbero pagata. Anche se ferito e munito di una sola arma, li avrebbe trasformati tutti in sushi! L’avrebbe fatta pagare a Viola. Ancora non riusciva a capacitarsene che li avesse ingannati per tutto quel tempo. E pensare che le sue gesta e i suoi sorrisi amichevoli sembravano così sinceri durante il loro breve viaggio insieme.
Louis però non riusciva a provare odio nei suoi confronti. Qualcosa non quadrava.
Se davvero stava dalla parte di Arlong allora perché lo aveva salvato? Avrebbe potuto benissimo lasciarlo morire affogato. Infondo era riuscita ad ottenere tutto quello che voleva da lui e dagli altri. I tesori. Come poteva far parte di una banda di assassini se non riusciva nemmeno a veder morire una persona davanti ai suoi occhi? Quella ragazza nascondeva un segreto. Doveva scoprirlo.
Ora rifletteva ad un modo su come scappare. Doveva aiutare Zayn. Gli Uomini-Pesce erano sulle sue tracce e non avrebbero esitato a sbranarlo. Chissà poi che fine aveva fatto Jonathan. Si erano già occupati di lui o era riuscito a nascondersi?
Ed Harry? Dov’era?
Aveva sconfitto Don Crocell?
Quel cuoco donnaiolo aveva deciso di unirsi a loro?
Chissà se erano già in viaggio. Una cosa era certa. Non avrebbe di certo potuto sconfiggere la ciurma di Arlong da solo.
Il portone della cella si spalancò di botto facendolo sobbalzare. La luce del sole illuminò le pareti accecandolo. Riabituandosi allo splendore di quel tardo pomeriggio, riuscì a scorgere una figura snella che se ne stava immobile appoggiata all’ingresso. La mise a fuoco e la riconobbe. Era lei.
Vivy avanzò nella stanza e si fermò ad una debita distanza dal ragazzo.
Louis la vide estrarre da dietro la schiena un pugnale dalla lama splendente ed avvicinarsi con fare minaccioso.
Gli fu subito addosso armeggiando col pugnale intorno alla sua pelle. Bastò solo una stangata.
 
Le corde caddero fatte a pezzettini sciogliendosi dal corpo di Louis che finalmente poté massaggiarsi i polsi tagliati.
Non disse né fece nulla. Restò in ginocchio ad osservare Viola che riponeva il coltello in tasca e si dirigeva alla porta della cella..
Non si voltò a guardarlo. La sua espressione cagnesca non era cambiata. Si fermò.
-Sparisci prima che Arlong ritorni – gli suggerì prima di andarsene lasciando l’ingresso della prigione aperto.
Ma prima di scomparire in corridoio, lanciò al ragazzo una cosa tintinnante e affilata.
La sua spada.
 
Arlong  la piantò con le chiacchiere. Ora faceva seriamente.
Afferrò l’uomo col cappello a girandola per la gola e lo sollevò davanti a tutti.
Paulina, ancora nascosta vicino a Zayn, si coprì la bocca: - Javier! No!
Molti uomini rimasero col fiato sospeso paralizzati, incapaci di alzare un solo muscolo.
L’Uomo-Pesce li guardò sghignazzando: - Il possesso di una singola arma è considerato un atto di rivolta – gridò all’uomo – Al fine di spegnere la ribellione sull’orlo della nascita, ti ucciderò qui. Ed ora.
Javier gemette blu in faccia mentre la mano palmata dell’essere gli cingeva il collo impedendogli di respirare.
-Per una sola arma? – esclamò Zayn sconvolto – Lo vuole uccidere per questo …? Ma come può …
-Maledetto! – ringhiò Paulina al suo fianco. Si alzò uscendo dal loro nascondiglio e corse in strada proprio per farsi sentire da tutti – Come puoi essere così egoista, Arlong? – sbraitò – Ti abbiamo versato il nostro tributo da otto anni a questa parte, senza mai sgarrare! Come puoi pensare che siamo intenzionati a ribellarci? Lascia andare Javier!
-Ha ragione! – concordò altra gente uscendo dalle case.
-Javier non ha mai usato quelle armi!
-Non puoi fare questo!
-Lascialo stare!
Ma l’Uomo-Pesce non demorse: - Ho detto che una sola arma è considerato una atto di ribellione! – ripeté – Oppure la pensate diversamente? Se qualcuno oserà opporsi a noi, non aspettatevi altro che il sotterramento di questo villaggio. Con tutti i suoi abitanti! A voi la scelta!
I cittadini si zittirono guardandolo con immenso odio. Quel ricatto impediva loro di muovere un muscolo. Erano impotenti.
Javier riuscì a proferire parola attraverso i gemiti di asfissia: - Non … fatelo … sarebbe inutile combattere ora … se avessimo potuto opporre resistenza lo avremmo fatto otto anni fa. Ma … - tossì prima di continuare – ricordate quello che ci siamo promessi … combattere con pazienzaper la sopravvivenza!
Paulina sentì gli occhi pizzicare: - Javier ….
Vide Arlong sollevare l’uomo sempre stringendogli la laringe, fino a issarlo sopra la sua testa: - Belle parole. Molto toccanti – gli rise in faccia, prima di sbatterlo con violenza a terra.
L’uomo sputò sangue e rimase immobile sdraiato sulla schiena.
-Javier! – gridarono alcuni.
Arlong rise ancora, noncurante della sofferenza che provava quel poveretto.
-Bastardo! – alcuni provarono a farsi avanti.
-No! – gridò Javier tra un colpo di tosse e l’altro – Qualunque cosa accada … non combattete! Se morite adesso, sarà tutto finito. Non abbandonate la sopportazione con cui abbiamo lottato finora … anche se io … morirò.
Arlong, sempre ridendo, lo riafferrò sollevandogli la testa: - E ora guardate umani! – strillò spalancando e mostrando i denti affilati come rasoi – Questa persona che ha avuto l’ardire di sfidarmi, andrà incontro al suo destino!! Che vi sia di esempio – e fece per staccare la testa dell’uomo, con un solo morso di quella bocca mostruosa.
 
-Explosive Star!!!
Quell’urlo che sorprese tutti, fu la salvezza di Javier.
Infatti qualcosa volò dal cielo. Non si capì esattamente cosa fosse. Ma si sentì un botto assordante, Arlong fu balzato in aria in uno sbuffo di fumo intossicante e lasciò libero l’uomo.
Si sollevò un grande polverone e tutti presero a tossire. Poi, mentre questo si dissolveva, cercarono di capire cosa diamine fosse successo.
Un Uomo-Pesce alzò lo sguardo ed indicò un punto ai suoi compagni: - Lassù! Guardate!
Tutti gli occhi si sollevarono in direzione del tetto di una casa dal legno giallo. Qualcuno stava in equilibrio sulle tegole. In mano reggeva una fionda.
-Chi diavolo sei tu? – urlarono i mostri quasi all’unisono.
-Sono un impavido guerriero dei mari – si presentò la figura – Il Capitano Zayn!
-Cosa … lui …? – disse Paulina incredula. Vide il ragazzo tenere gli occhi abbassati per non incrociare gli sguardi degli Uomini-Pesce. Aveva le gambe che tremavano e la voce singhiozzante. Nonostante avesse compiuto quel gesto valoroso, dentro di lui continuava a dominare la paura.
Ad un tratto, uno della ciurma di Arlong, puntò il dito verso Zayn gridando come un ossesso.
-E’ lui Capitano! Il tizio che non sono riuscito ad acciuffare! Deve essere un compare di Louis!
Arlong si rimise in piedi. Aveva mezza pelle bruciacchiata a causa della piccola bomba che gli era esplosa sul tetto. Gli occhi iniettati di sangue.
-Brutto bastardo – sibilò avvicinandosi alla casa – Come osi sfidarmi???
E mentre gridava queste parole, con la sua forza mastodontica, colpì una parte della casa e questa s’infranse, prendendo a barcollare.
Zayn dovette reggersi al comignolo sul tetto per non piombare giù.
Sotto di lui, un Arlong assai assatanato, continuava a dare colpi possenti all’abitazione, sbriciolandola pezzo a pezzo. A breve sarebbe crollata.
E infatti, dopo altri cinque colpi, l’edificio ondeggiò come se si trovasse in mezzo ad un mare in burrasca e il tetto dove si trovava il ragazzo scivolò sui residui di legno come una tavola da surf, fino a cappottarsi sul terreno.
Zayn era vivo ma i cocci del legno lo avevano graffiato a tal punto da farlo dolorare da tutte le parti.
-Corri! – gli intimò Paulina rassicurata che stesse bene ma consapevole che non era ancora scampato al pericolo.
Infatti non appena Arlong vide che se la stava squagliando, mostrò i denti e fece per gettarsi al suo inseguimento, ma fu bloccato dai suoi subalterni.
-Si calmi, Capitano – gli dissero – Ci occuperemo noi di lui.
-Lei deve lasciarlo perdere! O raderà al suolo questo posto.
E con molta fatica riuscirono a placare la sua ira, dopodiché lo scortarono lentamente fuori da Coconout Village mentre un gruppo partiva alle calcagna di Zayn, già lontano ma visibile.
-Farete meglio a non lasciarvelo scappare – ringhiò Arlong serrando la mascella.
Ma prima di seguire gli altri, l’Uomo-Pesce con la benda viscida che faceva intravedere solo mezza faccia, promise ai cittadini: - Torneremo. Ritenetevi fortunati oggi. Ma non la passerete liscia – e detto questo, lui e gli altri Uomini-Pesce lasciarono il villaggio, nel quale tornò la quiete.
Javier fu soccorso in fretta e furia. Per fortuna non aveva gravi ferite e si rinsanì nel giro di un’ora. Il dottore del paese gli bendò l’ultimo punto del braccio nella piazza principale, davanti a tutti.
-Mi dispiace – sospirò Javier stringendo i denti – Vi ho messi tutti in pericolo …
-Ma cosa vai dicendo? – chiese il medico – Non è colpa tua.
-Giusto – concordò un uomo – Però chissà chi era lo strano ragazzo che ti ha salvato poco fa. Spero non faccia una brutta fine.
In cuor suo Paulina si augurò lo stesso.
 
Un’altra presenza però varcò le porte del villaggio lasciando tutti a bocca aperta.
-Ei gente. È da un po’ che non ci si vede – ridacchiò una ragazza, raggiungendo la piazza.
-E’ Viola! – esclamarono gli abitanti. 
Non le degnarono più di un’occhiata. Alla sua comparsa si ritirarono nelle case, smontarono le tende del piccolo mercato e chiudevano perfino le ante e le finestre. Non avevano paura di lei. Semplicemente ne provavano disgusto.
Ma la ragazza non se ne preoccupava.
Gli unici a restare in strada furono Paulina, il medico e Javier.
Quando Viola si avvicinò, Paulina la indicò con la testa senza sorridere: - Ma che bella sorpresa. Che ci fai qui? È raro che tu usa la strada principale.
-Ho sentito un frastuono – spiegò la ragazza rivolgendo uno sguardo alle macerie dell’abitazione collassata – Arlong è già stato qui, vero?
Nessuno le rispose. Le distolsero subito lo sguardo quando lasciò involontariamente intravedere il marchio degli Uomini-Pesce sul braccio destro.
 
Viola serrò la mascella e girò i tacchi, prendendo un sentiero lungo una stretta ma verdeggiante collinetta che portava ad una sporgenza in fiore del mare.
Quando fu sicura di essere completamente sola, estrasse dalla tasca un mazzolino di violette appena raccolte e avvolte in un fazzoletto e le poggiò sotto due pali di legno, ruotati a croce, conficcati nel terreno vicino il bordo della sporgenza.
Restò a guardare la croce, sedendosi di fronte ad essa e ad ammirarla come se fosse un’opera d’arte.
Dopodiché ci parlò come se fosse una persona.
-Mi mancano solo 7 milioni – assicurò – non manca molto per raggiungere la somma tanto desiderata e sudata. Raggiungerò la cifra di 100 milioni di danari. Così – mostrò i denti in un ampio sorriso – potrò comprare Coconout Village!
Acquattata dietro un albero, poco più in discesa, Paulina rivolse uno sguardo alla ragazza inginocchiata vicino alla croce e sorrise anche lei.
La reputazione della sua sorellastra era sempre più cattiva. Lei infondo era un pirata. Al servizio di uno come Arlong, che sapeva come andasse il mondo.
Secondo loro tutto si poteva risolvere con i soldi.
Anche la terribile tragedia che popolava la loro isola da otto anni.
 
 
Louis era seduto tranquillamente sul piedistallo di Arlong a morsicare una mela trovata in un cesto di cose, grazie a Dio, sane.
Osservava soddisfatto il suo operato. Una decina di Uomini-Pesce, con la testa mozzata, il petto squartato o il fegato fuori posto che tingevano il cortile di Arlong Park col rosso del loro sangue e lo impuzzolentivano ancora di più col loro fetore di cadavere putrefatto.
-Lei mi ha detto di scappare – disse Louis prendendo a lucidare la lama della sua spada, immergendola nell’acqua della piscina e ripulendola dal sangue – Ma non so dove altro andare. E poi ho promesso ad Harry che gliel’avrei riportata indietro. Ma ora … che faccio? – chiese con fare annoiato – Le cose cominciano sul serio a complicarsi.
 
Harry si ripulì la bocca ancora unta della salsa usata per degustare il Pesce-Drago e si complimentò ancora con Niall.
-Era ottimo, amico! Sei straordinario.
-E’ incredibile che te lo sia pappato tutto quanto! – sbottò il cuoco un po’ irritato – Era mastodontico! Ne volevo lasciare un po’ da parte, ma si potrebbe costruire il modellino di una città con tutte le ossa che hai lasciato.
-Non posso farci nulla – sorrise il ragazzo di gomma – Avevo fame.
-Ei! Ei, ragazzi! – gridò Sauk dall’altra parte della scialuppa – Ci siamo! Ci siamo!
-Di cosa parli? – chiesero i due ragazzi.
-Ho avvistato Arlong Park! – li avvertì l’amico – Ci stiamo avvicinando all’isola di Arlong!
Sul volto di Harry si formò un ampio sorriso: - Finalmente! – esultò balzando in piedi – Stiamo arrivando!

TO BE CONTINUED

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Capitolo 33
*** Episodio 33 - Assassina ...? ***



Si alzò un fresco venticello che sventagliò di più la vela dell’imbarcazione, facendo accelerare la sua andatura sulle onde.
Harry e compagni si coprirono dal vento, mentre la barca solcava sempre più vicino all’isola. Il ragazzo dovette tenersi stretto il cappello per non farlo volare via.
Gli sembrò che quell’improvvisa aria fosse una specie di tacca. Il segno che erano nel posto giusto. Che lì avrebbero ritrovato i loro compagni.
Lanciò un grido brioso: - Aspettami, Vivy!
 
 
Arlong era fuori di sé. Capitava spesso che si arrabbiava, ma non in quel modo tanto iroso.
Continuava a ripensare a quel maledetto ragazzo che lo aveva umiliato davanti ai suoi uomini e alla feccia del villaggio.
Gli altri Uomini-Pesce lo stavano conducendo, trattenendolo per le braccia squamate, ad Arlong Park.
Ma lui era contrario all’idea di lasciar scappare quel farabutto.
Ripensando alla sua faccia, gli venne un istinto da predatore e prese a dimenarsi come una scimmia in una rete.
-Lasciatemi Andare! – sbraitò mostrando i denti aguzzi – Voglio ucciderlo! Portatemi quel bastardo con la fionda e lo ammazzerò con le mie mani!
-Si calmi, Capitano – gli esortò un Uomo-Pesce – Vedrete che riusciremo a prenderlo. Ancora un po’ di pazienza e sarà vostro.
Quell’assicurazione sembrò tranquillizzare di poco il Capitano, che però smise di opporre resistenza e si fece trasportare alla sua residenza immaginando cosa avrebbe fatto a quell’infame una volta che lo avrebbe avuto tra le grinfie.
 
Zayn nel frattempo, correva a più non posso inoltrandosi sempre di più nel bosco. Sentiva alle sue spalle i passi vischiosi degli Uomini-Pesce che gli stavano dietro.
Nonostante fosse in vantaggio, non riusciva a seminarli.
Si ritrovò davanti un campetto di erba alta che gli arrivava fino al petto. Con un lampo di genio, ci si tuffò dentro come se fosse una piscina e rimase acquattato sotto i ciuffi, sparendo a vista.
-Ei, dov’è andato? – sentì chiedere agli Uomini-Pesce, ormai non troppo lontani – Si deve essere nascosto nell’erba.
-Cerchiamolo allora!
Il ragazzo impallidì mentre ogni arto del suo corpo s’irrigidì come se fosse fatto di ghiaccio. Si mise a gattonare nella giungla erbosa, come una tigre in agguato. La paura lo impadroniva.
 E se in mezzo a quel campo fosse nascosto un animale feroce? Nessuno poteva essere più atroce di Arlong se mai fosse riuscito a catturarlo, pensò. E accelerò la strisciata. Si fece strada togliendo i rami di bambù che gli bloccavano la strada e si insinuava sempre più nella vegetazione. Il panico che una mano palmata potesse afferrarlo da un momento all’altro gli diede la sfrontatezza di mettersi in ginocchio e camminare sulle gambe.
Si sarebbe presto pentito di quella scelta.
Infatti improvvisamente il piede toccò il vuoto, così come tutto il peso del corpo che si ritrovò a precipitare giù da una scogliera.
Il prato in cui si era rifugiato, si trovava sulla sporgenza di un dirupo.
Zayn cadde sentendo la gravità che lo abbandonava e gli scogli sotto di lui farsi sempre più vicini.
Non ebbe nemmeno la forza di urlare, tanto era il terrore.
Era finita, si disse.
Oppure no?
Chissà quale strano miracolo lo salvò, facendolo atterrare tra le onde del mare, che lo inghiottirono con un forte tonfo.
Il ragazzo realizzò subito di essere ancora vivo e si trasportò verso la superfice riempiendo i polmoni d’aria.
Vide che la sporgenza da cui era precipitato non era più alta di cinque metro.
Tirò un sospiro di sollievo, ringraziando il cielo.
Poi però dovette tornare nuovamente sott’acqua, quando vide le sagome mostruose degli Uomini-Pesce, sporgersi dalla cima del dirupo.
Dovevano aver sentito il salto e avuto qualche sospetto.
Zayn trattenne il fiato finché non fu sicuro che si fossero allontanati. Quando riemerse non li vide più.
Rassicurato nuotò fino ad uno scoglio, dove si resse e riprese fiato. Accidenti che spavento.
Per un attimo aveva pensato di morire sfracellato.
-Sono vivo – sbuffò ansimando e con il cuore a mille – Sapevo che la fortuna non mi avrebbe abbandonato! – alzò entrambi i pugni al cielo – Dopotutto il mondo ha ancora bisogno della mia valorosità! Io sono il temibile Pirata Zayn e non temo la morte!
-Ne sei proprio sicuro? – una voce alle sue spalle lo raggelò.
Sentì le onde alzarsi ed una figura emergere alle sue spalle.
Deglutì mentre voltò di poco la testa meccanicamente.
Strillò.
Un Uomo-Pesce con la faccia gonfia e ricoperta di spine come un pesce palla, gli sorrideva beffardo lasciando intravedere le zanne.
-Non temi niente quindi – sibilò al ragazzo ora bianco cadaverico – Vediamo se una gita ad Arlong Park ti rinfresca le idee.
 
Intanto ad Arlong Park Louis si era appena risvegliato da un sonnellino.
Dopo aver massacrato gli Uomini-Pesce che stavano cercando di rispedirlo in cella, magari senza un braccio, si era accomodato sul trono di Arlong ad aspettare qualcosa o qualcuno.
-Ma quando arriva Harry? – si chiese sbadigliando – Io qui sto morendo di noia.
Decise di andarsi a fare un giro di perlustrazione. Magari avrebbe ritrovato Zayn e Jonathan e salvato loro il didietro dalle fauci di quegli esseri mostruosi.
La sua attenzione però fu attirata da uno strano suono. Una cantilena. Stonata. Proveniva dal muro che incagliava il cortile della pagoda con un tratto di spiaggia spiovente.
 Incuriosito andò ad arrampicarsi sopra con entrambe le braccia e a sporgersi. Vide seduto su un rilievo di pietra, con una canna da pesca in mano … nella chela, un essere dall’aspetto di aragosta con lunghe antenne ritte e rossastre che gli spuntavano dal mento. Aveva un occhio offeso e la schiena ricoperta di papule.
Canticchiava un motivetto stupido mentre cercava di tenere salda la canna da pesca che gli scivolava dalle chele.
L’Uomo-Aragosta si accorse quasi subito del ragazzo.
-Cosa guardi? – domandò smettendo di cantare.
-Te – rispose Louis – Sei strano.
-Cosa? … Chi diavolo saresti tu per dirmi certe cose???
-Prima dimmi chi sei tu.
-I…io? – la creatura si indicò alzando l’occhio sano – Io sono Elaphus.
-Sei anche tu un Uomo-Pesce?
-Esatto – Elaphus sorrise vanitosamente – Sono un’affascinante Uomo-Aragosta! Tu invece sei un umano da quanto vedo. Cosa sei della Marina o un’ospite?
-Un’ospite? – ripeté Louis. Si voltò per un secondo ammirando la schiera di cadaveri che aveva provocato e sorrise – Sì, sono solo un’ospite.
 Capì probabilmente di trovarsi di fronte al più tonto degli Uomini –Pesce.
-Il Capitano non è tornato, vero? – volle sapere Elaphus.
-Non è qui – rispose Louis – Tu sai dov’è andato?
-Ho sentito che in giro c’è uno straniero con la fionda e il ciuffo scuro che sta cercando di acchiappare. E mi ha anche detto che ce n’è un altro che però è riuscito a catturare e a imprigionare.
Il ragazzo trattenne a stento una risata: - Ah, ma davvero?
-Sì. Ma tranquillo. Presto anche l’altro finirà in cella. E per entrambi sarà presto la fine.
-Dov’è andato a cercare quel ragazzo, Arlong?
-A Coconout Village. L’unico villaggio rimasto in piedi su quest’isola.
-E sai dirmi come posso arrivarci?
Elaphus sorrise non problematico. Si tuffò nell’acqua sparendo per qualche istante. Ricomparve poco dopo trascinando una botte di vino vuota: - Salta su – ordinò a Louis.
-Cosa?
-Sei un’ospite no? Ti do un passaggio io. Gratis per giunta.
-Oh … beh … grazie – Louis scavalcò il muro finendo sulla sporgenza scivolosa e con un salto entrò nella botte umida.
Elaphus s’infilò una fune alla quale era collegata tra i denti e si immerse trainandola da sotto, più veloce del vento.
 
 
Le porte di Arlong Park si spalancarono.
Arlong e gli altri Uomini-Pesce fecero il loro ingresso nel cortile.
I loro occhi incontrarono immediatamente i cadaveri putrefatti e sanguinanti dei loro compagni, sparsi lì intorno.
Alcuni avevano lame di spade e coltelli infilate nella pelle, ad altri mancava la testa.
Allo sguardo di quello spettacolo orribile, gli occhi di Arlong ribollirono di rabbia. Strinse le mani palmate fino ad inumidirsi dalla loro viscidità.
-Che cazzo è successo qui? – ringhiò chinandosi sui corpi degli Uomini-Pesce per vedere se almeno uno fosse ancora vivo.
Lo trovò. Aveva spasmi di sangue e la gola mezza aperta, però respirava.
-Che è successo? – gli chiese aspettando che riuscisse a vomitare qualche parola – Chi è stato?
-Lo…uis – tossì l’Uomo-Pesce. Troppo sforzo. Inalò l’ultimo respiro e morì con un violento colpo di tosse.
Prima che Arlong potesse imprecare la fuga del prigioniero o commettere un atto di violenza su uno dei suoi uomini a causa della rabbia, un altro Uomo-Pesce entrò nel cortile. Teneva stretto per la gola un ragazzo dal ciuffo che si dimenava terrorizzato.
-L’ho preso, Capitano –informò prima di restare paralizzato di fronte quello spettacolo atterrante.
Arlong sollevò lo sguardo e quando posò lo sguardo su Zayn, indifeso ormai nelle loro mani, mostrò i denti orribilmente.
Il ragazzo si sentì svenire dalla fifa.
 
 
Louis scese dal barile e poggiò i piedi sull’erba della parte di isola dove Elaphus lo aveva trainato.
-Coconout Village si trova direttamente dopo quel boschetto – lo informò l’Uomo-Pesce.
-Grazie-  disse Louis dirigendosi verso quell’ammasso d’alberi.
Elaphus fece per cambiare rotta e tornare ad Arlong Park. Ma poi si rese conto di non aver fatto a quel ragazzo la solita domanda che di solito si fa ad un primo incontro: - A proposito, come ti chiami?
Louis sbiancò e strinse i denti: - Ecco ... – provò ad approfittare della stupidità dell’Uomo-Aragosta a suo vantaggio: - Come … ti chiami tu?
Elaphus inarcò le antenne, poi sorrise: - Io sono Elaphus! L’Uomo-Aragosta!
-Bene. Grazie ancora e arrivederci.
-Arrivederci! – detto questo l’Uomo-Pesce sparì sott’acqua.
Louis tirò un sospiro di sollievo. Dopodiché si issò meglio la singola spada sulla cintura e si inoltrò in quel piccolo boschetto, alla ricerca dell’unico villaggio di tutta l’isola.
 
Zayn fu scaraventato con violenza di fronte il cospetto di Arlong, che gli schiacciò la spina dorsale provocandogli una fitta di dolore.
-Questo bastardo non riempirebbe nemmeno la metà del mio stomaco – boccheggiò furente Arlong – Ma non posso comunque perdonargli ciò che mi ha fatto.
Il ragazzo sollevò la faccia: - Qu-quello … era solo un saluto – disse ricorrendo ad una delle sue bugie improvvisate.
-Un saluto? – chiese un Uomo-Pesce.
-Sì è un saluto … tradizionale del mio villaggio … pensavo fosse anche di queste parti … quindi vi prego … perdono!
Arlong gli piantò un pugnale a pochi metri dal viso, facendolo impallidire di più: - Ma tu sei un membro del gruppo di Louis, no? Da come vedi nemmeno il tuo amico nutre molta simpatia nei miei confronti. Ha ammazzato mezzo mio equipaggio!
-Risparmiami!- lo implorò Zayn – Io non ho niente a che vedere con questo … Louis! Ma … forse … potrei conoscerlo – mille idee di tante menzogne scombinate gli finirono in testa. Non seppe quale dire e le sputò via come aria: - Sì lo conosco … di vista … siamo grandi amici! Se mi farete del male lui vi ucciderà. Non vi conviene averlo come nemico!
-Ah – ghignò Arlong –Quindi ci stai dicendo che se ti ammazziamo, Louis verrà qui – poggiò la lama del pugnale sulla spalla di Zayn. Non l’affondò.
-No! – esclamò d’impulso il ragazzo con le mani a preghiera – No, no! Se mi ucciderete non verrà mai! Se non mi uccidete … verrà … ma se sa che mi avete ucciso non verrà … al contrario se mi lasciate vivere verrà – parlava senza senso, ormai con la testa in scompiglio.
Per farlo tacere Arlong lo colpì col piede sul labbro. Zayn si accasciò zittendosi di colpo e assorbendosi il dolore senza lamenti.
-C’è una cosa che non mi spiego – disse all’improvviso l’Uomo-Pesce dalla faccia ricoperta di aculei, comparendo dall’interno della pagoda. Teneva in mano delle funi spezzate: - Come ha fatto a scappare? Era legato bello stretto … mmm – rimuginò – qui qualcosa non torna.
-Che intendi dire, Fiskur? – chiese il suo Capitano chiamandolo per nome.
-Louis non è scappato da solo – concluse Fiskur alzando lo sguardo – qualcuno lo ha aiutato – mostrò le funi – queste corde sono state tagliate.
-Capitano – disse colui che aveva catturato Zayn – non c’è da scartare l’ipotesi … - inspirò profondamente prima di supporre la seguente teoria – che Viola … pur di ottenere la taglia sulla vostra testa … abbia mandato qui Louis per farvi uccidere?
Arlong assunse una moina di spregio.
 Un altro Uomo-Pesce serrò la mandibola: -Morsky non hai tutti i torti, Capitano– concordò– mi viene da pensare a come il comportamento di Viola sia parecchio strano ultimamente.
-Già – gli fece eco Fiskur – Non dimentichiamoci che si è tuffata in acqua per salvare Louis.
-Possibile che entrambi fossero in combutta sin dall’inizio? – boccheggiarono gli altri.
-Io non mi stupirei così tanto. Quella mocciosa è brava a fottere la gente. Potrebbe benissimo tradirci. – riprese Morsky.
-Ora Basta! –sbottò una voce echeggiando nel cortile.
Tutti si girarono verso l’ingresso.
Viola entrò con lo sguardo freddo e i pugni chiusi.
Si fermò a metà strada: - Farò finta di non aver sentito – disse stringendo gli occhi.
-Vivy? – esclamò Zayn incredulo.
Vide la sua amica piazzarsi di fronte all’enorme statura di Morsky e squadrarlo con un’espressione così seria da atterrire anche lui: - Occhio a come parli – lo avvertì – Io sarei una traditrice? – si spostò dinanzi al piedistallo di Arlong – Sono passati otto anni ormai da quando ho giurato fedeltà a questa ciurma. L’ho giurato su questo tatuaggio – si toccò il braccio ricoperto di schizzi.
Arlong la guardò sorridendo: - Scusa, . È naturale che tu sia arrabbiata. Ma non temere. Io non ho alcun sospetto su di te. Ci conosciamo da 8 anni ormai. Ci siamo solo un po’ innervositi – poggiò le sue mani palmate e appiccicose sulle spalle della ragazza che assunse un’aria nauseata – Quelli che dovrebbero morire sono soltanto Louis Tomlinson e i suoi compagni – indicò Zayn che tremava come una foglia.
Il ragazzo deglutì: - Vivy …? – provò a chiamarla – Dì qualcosa Vivy …
Lei non si voltò. Chiuse gli occhi stringendosi di più il braccio col tatuaggio. Rimase zitta per alcun secondi.
-Che c’è? – gli chiese Morsky rigidamente –Sembri pallida– non ottenne risposta dalla ragazza. Allora la spinse di lato e si avvicinò a raccogliere il coltello del suo Capitano. Lo puntò verso Zayn – Tanto la sorte di questo bastardo è segnata. Non puoi intercedere.
Il ragazzo prese a tremare più di prima.
-Per quanto? – latrò d’improvviso Viola – Per quanto ancora intendi sospettare di me?
Morsky la guardò: - Perché sei troppo intelligente. Troppo furba.
-La somma che promisi otto anni fa ad Arlong è quasi raggiunta. Come potrei tradirvi proprio ora?? – ribatté lei.
-Somma? – si chiese Zayn.
Morsky gli punzecchiò il braccio col coltello senza ferirlo, ma mandandolo in iperventilazione.
-So tutto– disse poi – So della promessa stretta fra te e il Capitano otto anni fa. In cambio di 100.000.000. di danari, lui ti avrebbe permesso di comprare Coconout Village. Ma non mi capacito – ritirò il pugnale smettendo di giocarci sopra di Zayn – Hai tradito il tuo villaggio. La tua famiglia. Saresti pronta a fare qualunque cosa per soldi. Perché ti interessa così tanto quell’insulso villaggio? – la ragazza digrignò i denti – Anzi, a dirla tutta – Morsky prese a frugare nella sottoveste lercia che indossava – ho trovato questa nella tua stanza – e ne estrasse una pergamena arrotolata.
La spiegò mostrandone a tutti il contenuto, accompagnandola con un sorriso trionfatore.
Gli occhi di tutti si poggiarono su quel pezzo di carta. Era una mappa.
Viola strinse sbiancò e strinse i pugni: - Quella … è mia!
-E’ una mappa del tesoro – ghignò l’Uomo-Pesce che la reggeva – e la posizione che indica mi sembra evidente: Il tuo miserabile villaggio!
 
 
Nel frattempo, giunto a Coconout Village, Louis venne a conoscenza per caso, di un fatto che lo irritò parecchio.
-Che cosa? – urlò contro l’uomo che lo aveva informato – Zayn è stato catturato?
Lui annuì deglutendo: - S-sì … e lo hanno portato ad Arlong Park.
-E’ stato molto coraggioso ad opporsi contro Arlong – commentò un altro uomo – Ma è molto probabile che lo abbiano già ucciso!
Louis imprecò sottovoce. Maledizione!
Mentre lui ammazzava il tempo divertendosi a fare a fette quegli Uomini-Pesce, il suo amico veniva fatto prigioniero e condotto da un essere spietato e senza misericordia.
Si scordò subito della questione in sospeso che aveva con lui e Jonathan, che avevano avuto la faccia tosta di lasciarlo legato sulla scialuppa. Era intenzionato a tornare nuovamente ad Arlong Park, pregando che non fosse già troppo tardi.
Tempestivamente prese a correre stringendo il pugno intorno all’elsa della spada.
-Zayn! Resisti!
 
 
Vivy scattò in avanti provando ad afferrare il foglio, ma Morsky lo ritirò più rapidamente.
-Quella mappa mi appartiene! – sbottò la ragazza furiosa – E non ha niente a che vedere con voi!
-Non c’è bisogno che t’incazzi- sorrise l’Uomo-Pesce.
All’improvviso un’altra presenza raggiunse il gruppo.
Un Uomo-Aragosta sbucò fuori dall’acqua e rimase allibito di fronte lo spettacolo sanguinoso che il cortile gli offrì.
-Ma cosa … è successo qui? – chiese scandalizzato.
-E’ opera del Cacciatore di Pirati. Louis Tomlinson – gli spiegò Arlong – Piuttosto, che fine hai fatto Elaphus? Se ci fossi stato tu, qui a vigilare tutto questo non sarebbe successo!
Elaphus fece battere le sue chele furiosamente come se fossero delle nacchere: - Certamente. Non avrei mai permesso una cosa simile! È davvero imperdonabile!!
-Quindi ci stai dicendo che non sai che fine abbia fatto Louis? – disse Morsky.
L’aragosta si grattò il mento: - Beh – raccontò meditando – l’unica persona che ho incontrato è stato un giovane spadaccino che aveva bisogno di un passaggio. Ad essere onesti non l’avevo mai visto prima e … - esitò un attimo, poi sobbalzò – oh … MIODIO! – realizzò finalmente, diventando pallido – Era … lui?????
Tutti gli Uomini-Pesce spalancarono la bocca mostruosa, increduli di tanta insulsaggine.
-Allora, l’hai visto idiota! – ringhiò ArlongDov’è? Dov’è andato???
-Ecco … - balbettò Elaphus più rosso della sua pelle per la vergogna – aveva detto che vi stava cercando, Capitano …. Così l’ho portato a Coconout Village.
Arlong allora sorrise ferocemente: - Bene – stridette strofinandosi le mani – Allora non c’è alcun bisogno di affrettarsi – disse agli altri – Mi sta cercando. E molto presto sarà qui. E sarà allora che voi … - imitò un gesto di violenza con le mani e tutti i suoi uomini risero entusiasti.
In Zayn, ancora per terra, si accese finalmente una piccola speranza: Louis stava arrivando! Stava correndo lì da lui e lo avrebbe tratto in salvo! Dubitò fortemente che quegli esseri terrificanti potessero avere la meglio sul suo amico. Doveva solo dargli tempo. Prendere tempo per non farsi ammazzare prima del suo arrivo e cercare di tenere occupati i mostri per non tendergli un attacco a sorpresa. Così, mentre nessuno guardava, fece scivolare la mano nella cintura e arraffò la sua fedele piomba. Poi prese dalla tasca una delle sue palline esplosive e mirò alla gamba di Arlong. Se fosse riuscito a colpirlo, probabilmente avrebbe scorticato le sue squame impedendogli di essere veloce come un tempo.
Era pronto a lanciare.
Ma due occhietti nocciola individuarono il suo intento e glielo impedirono.
Agile come un gatto, Viola si lanciò addosso all’amico e lo colpì brutalmente sul viso, con il gomito. Zayn sentì il labbro spaccarsi e il sangue colare.
Tutte le attenzioni ora erano su di lui.
Rimase per un istante immobile, gemendo e analizzando ciò che era appena successo. Poi, quando si riprese pulendosi dal sangue sul mento, guardò la ragazza in cagnesco.
-Non posso crederci – disse con uno sguardo sconvolto – Sei … sei contro di me!
-E’ colpa tua! – ghignò lei guardandolo malefica – Non avresti dovuto colpire Arlong!
Lui strinse i pugni mentre tornava in piedi: - Mi hai davvero deluso, Vivy!
-Non chiamarmi più così! –urlò Viola – Non devi più usare quel banale nomignolo su di me! Il mio nome è Viola!
-Ma … sei stata tu a dirci che preferivi ti chiamassimo Vivy!
-Accidenti, sei più ingenuo di quel che pensassi – sbuffò lei infastidita – Possibile che non abbiate capito sin dal principio che vi stavo solamente usando? Io non sono “Vivy, La Dolce Ragazza Navigatrice della Nave del Pirata Harry!”
Io sono “Viola! L’ufficiale Cartografa della Ciurma di Arlong!” –gli Uomini-Pesce risero alle sue spalle.
-E’ incredibile!  - sbottò Zayn a denti stretti – Come puoi essere così … crudele?!?!?
Harry non ha dubitato di te neanche un attimo! Anche quando hai rubato la nave! Ti ha sempre difeso! Ha insistito per venirti a cercare, dicendo che dovevi tornare con noi! Che non avremmo continuato il nostro viaggio senza di te! Persino ora si fida completamente di te! Come puoi ingannarlo così a sangue freddo???
Lei gli rise in faccia: - L’unica cosa di cui mi fido sono i soldi! E il tuo amico è stato un’idiota per essersi fatto fottere!
-Cos’hai detto??? – la minacciò Zayn con la fionda.
Viola non dimostrò nemmeno un briciolo di timore. Assunse una faccia agghiacciante: - Non avreste dovuto immischiarvi! Non posso lasciare che mandiate a monte un affare che va avanti da 8 anni. E per questo – affermò strappando dalle mani di Morsky il pugnale e avanzando verso il ragazzo – sono costretta ad ucciderti seduta stante!
-Mi sorprendi, – sghignazzò ArlongHai imparato a parlare come una vera pirata!
Zayn fece spostare lo sguardo dalla lama agli occhi della ragazza.
Poi scoppiò a ridere: - Vuoi uccidermi? Ma non farmi ridere!
-Non ti conviene – sibilò Viola – sottovalutarmi! – i suoi occhi erano seri e iniettati di sangue. Il suo sguardo non era più quello della simpatica ragazza che aveva sempre creduto sua amica. Era quello di una giovane maligna che sembrava intenzionata a farlo fuori senza preoccuparsene più di tanto. Era seria quando diceva che voleva ucciderlo.
Zayn sentì un brivido percorrerle la schiena. Capì che se non fosse intervenuto poteva sul serio fare una brutta fine.
Per questo riprese la sua munizione esplosiva e la caricò sulla fionda.
-Smoke Stars!
Quando la pallina esplose, si levò un gran polverone di denso fumo simile a nebbia. A tutti si appannò la visuale e non riuscirono più a vedere cosa li circondava.
-Non lasciatelo scappare! –gridava qualcuno muovendosi alla cieca.
Zayn però stava già puntando verso il portone di Arlong Park, rimasto ancora visibile.
-Ci sono quasi! – si disse col cuore a mille – Ci sono …
Era ad un passo dalla salvezza.
Quando una sagoma si parò davanti all’uscita. E in quello stesso momento la nebbia si dissolse.
Viola era a due passi dal ragazzo. Sorrideva amara.
-Non riuscirai a scappare – lo informò prima di lanciarsi contro di lui.
Gli Uomini-Pesce osservarono la scena.
Videro il ragazzo di spalle e la ragazza buttarsi addosso a lui tenendo saldo il pugnale.
Zayn s’immobilizzò. Gli occhi si spalancarono: - Viola … perché … - gemette.
-Per il mio affare sono pronta a tutto! – dichiarò lei ghignando.
La ragazza si scostò. Aveva il pugno sporco di sangue, così come la lama del coltello.
-Viola … - tossì Zayn guardandosi la macchia di sangue – tu … hai
Lei abbassò lo sguardo nascondendo gli occhi nei capelli: - Zitto e muori – sussurrò al ragazzo prima di spingerlo nella piscina, dal quale non riemerse. L’acqua si tinse di rosso.
Gli Uomini-Pesce contemplarono quello spettacolo un’istante. Poi esultarono.
-Grande! Ci hai vendicati!
-Brava, Viola!
-Sei un vero membro della nostra ciurma!
 
 
Nascosto dietro le mura di Arlong Park, rimasto spettatore della scena attraverso una fessura in mezzo alle pietre, c’era Jonathan.
L’uomo stava piangendo. Si vergognava di farlo. Era una persona tosta dopotutto. Quelli come lui non piangevano mai. Ma non poteva farne a meno. Dopo ciò a cui aveva assistito …
-Zayn … è stato ucciso … da Viola! – singhiozzò sconcertato – Non è possibile! – si ripeté correndo via – NON E’ POSSIBILE!!
 
Viola tornò di fronte il piedistallo di Arlong.
-Infondo era il suo desiderio … morire in mare – spiegò senza più sorridere.
Morsky le si avvicinò: -Scusa, . Non dovevo dubitare di te – gli porse la mano – Sei veramente una nostra compagna.
Lei in tutta risposta gli restituì il pugnale macchiato: - Io non ho compagni – gli disse gelida strappandogli la mappa che aveva mostrato poco prima – L’unica ragione per cui mi sono unita a questa ciurma è per poter comprare Coconout Village – si avviò verso l’entrata della pagoda rivolgendo un’ultima occhiata ad Arlong – Mantieni la tua promessa. Presto avrai i tuoi 100.000.000 di danari.
-Ma certamente – sorrise lui – mi taglierei la lingua piuttosto che infrangere una promessa con in balio i soldi.
-E’ da te – concluse lei prima di sparire – tu sì che capisci.
Quando gli Uomini-Pesce rimasero soli, rivolsero uno sguardo al pugnale ancora rosso.
-Che ragazza sinistra – commentò Morsky.
Arlong prese a sghignazzare come un pazzo: - E’ diventata proprio una grande assassina!
 
Viola giunse all’ultimo piano della pagoda e fu lì che aprì una porta.
Accese la luce.
Si trovava in una stanza macabra, con una sola finestra che conteneva soltanto un letto, una scrivania e una libreria. Sparsi sul pavimento o attaccati al soffitto, c’erano pile e pile di fogli, alcuni arrotolati, altri spiegati.
Si trattava di centinaia di mappe. Quella stanza ne era piena. Una era ancora in lavorazione, lasciata a metà sullo scrittoio. La più grande era attaccata al muro come un poster. Raffigurava la cartina di tutti e quattro gli oceani. Grazie a quella, Viola aveva saputo orientarsi nel disegnare le mappe che delineavano le parti più remote e nascoste dei mari.
Alcune ricorrevano perfino a quando lei aveva undici anni. Già da piccola possedeva un grande talento nel disegno. E questo le era stato molto utile per sopravvivere agli Uomini-Pesce. Erano trascorsi già otto anni da quando aveva messo piede in quella stanza per la prima volta. A quei tempi, la scrivania e la libreria erano ancora vuote, finché lei non aveva preso a disegnare quelle cartine, riempiendo persino i fori nel muro.
Viola gemette dal dolore. Era sola. Nessuno l’avrebbe sentita. Poteva finalmente assorbirsi tutto il pulsare che proveniva dal palmo della mano. L’aveva fasciata ma il sangue continuava a colare provocandole un bruciore infinito.
-Ho sopportato per troppo tempo – singhiozzò a denti stretti – Non posso arrendermi proprio ora!
 
 
Chissà quale stupida negromanzia aveva improvvisamente fatto alzare un vento e rendere il mare più agitato di un leone in rete.
La barca con a bordo Harry e gli altri, aveva di stinto cambiato direzione allontanandosi da Arlong Park.
I ragazzi per miracolo riuscirono a restare a bordo e a non farsi catapultare in mare. Però furono costretti ad approdare dalla parte opposta dell’isola. Completamente distanziati dalla residenza a cui erano diretti.
-Dannazione! – imprecò Harry raggiungendo la terra ferma.
Si erano tuffati a metà tra la spiaggia e la riva per non allontanarsi completamente dell’isola.
Per un pelo il ragazzo non era affogato.
-Merda – gli fece eco Niall uscendo zuppo dall’acqua – E ora come raggiungiamo Arlong Park?
-Io non riesco nemmeno a scorgerla, per Dio! – disse Sauk provando a mettersi sulla punta dei piedi e guardare alle membra delle coste – E’ sparito!
-Beh – decise Harry – non ci resta che metterci in cammino finché non riusciamo a trovarlo.
Il vento non era cessato e zuppi com’erano presero a tremare come foglie.
S’inoltrarono in un boschetto coperto dagli alberi. I raggi del sole filtravano attraverso le alte cime e guidavano loro la strada.
Non ci misero molto a fare un incontro curioso.
Qualcuno venne loro addosso. Una persona che stava correndo frettolosa come se fosse inseguita da una mandria di elefanti.
-Louis! – esclamò Harry sorpreso.
-Harry??? – esclamò l’amico incredulo – Ma che cosa ci fate qui??
-Mi sembra evidente. Siamo venuti per riprenderci Vivy. Non l’avete ancora trovata?
-L’ho trovata sì – biascicò Louis con una smorfia.
-Dove sono Zayn e Jonathan? – domandò Sauk.
-Ah già! – ricordò di botto Louis riprendendo a correre – Questo non è il momento di gingillarsi! Zayn è stato catturato da Arlong! Se non ci sbrighiamo verrà ucciso.
-Troppo tardi – singhiozzò una lieve voce proveniente da dietro un arbusto.
I ragazzi avanzarono: - Chi c’è lì?
Come un coniglio che viene allo scoperto, Jonathan si fece avanti. Zoppicava, aveva il volto rigato di lacrime e tremava tutto: - E’ troppo tardo – ripeté.
-Cosa intendi dire? – chiese Harry per niente stupito della sua comparsa.
-Zayn … è morto – gridò Jonathan cadendo sulle ginocchia – è stato ucciso … DA VIOLA!

TO BE CONTINUED
 

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Capitolo 34
*** Episodio 34 - La Verità del Fantasma ***



Fu come se Jonathan avesse pronunciato una formula che magicamente aveva fermato il tempo. Nessuno dei ragazzi si mosse, né fiatò quando diede loro la terribile notizia, standosene in ginocchio e con le lacrime agli occhi.
-E’ la verità – confermò senza rispondere a nessuna domanda – Zayn è morto! È stato orribile! Quella ragazza … è una strega! – strepitò – Allo scopo di tenere tutto per sé un tesoro nascosto a Coconout Village … si è insinuata nelle grazie di Arlong! È una traditrice senza cuore! Una sporca assassina!
Jonathan dovette interrompersi perché in quel momento, come un lampo, Harry gli si buttò addosso come fa un gatto con un topo. Lo atterrò tenendolo saldamente per la collottola.
-Bastardo – lo minacciò sputandogli in faccia – dillo di nuovo e ti ammazzo!
-Piantala Harry – provò a calmarlo Louis – Jonathan non c’entra niente in tutta questa storia.
-Puoi anche non credermi – disse Jonathan senza opporre resistenza alla presa del ragazzo – Ma io so quello che ho visto! Ho visto cosa ha fatto quella stronza a Zayn!!!!
-TUTTE PUTTANATE!  - replicò Harry stringendo di più la presa – Vivy non avrebbe mai ucciso Zayn!!! Noi siamo amici! Compagni!!!
Stava cominciando a diventare un po’ troppo aggressivo. Louis tentò di avvicinarsi e a scrollarlo via da Jonathan, ma il suo sguardo fu attirato da una presenza in più.
Sussultò, imitato dagli altri.
In piedi accanto ad un albero vicino, slanciata e con un guanto nero sulla mano destra, c’era proprio Viola. Guardava la scenetta con fare annoiato, per niente sorpresa di ritrovare riunito tutto quello strano gruppetto.
-Chi ha mai detto che siamo amici, Harry? – chiese aggrottando la fronte.
Il ragazzo si accorse solo allora di lei: - Vivy! – e si rimise in fretta in piedi.
-Perché siete venuti qui? – domandò lei.
-Ma di cosa stai parlando? – rispose Harry prendendola come uno scherzo – Tu sei una nostra compagna. Siamo venuti a riprenderti.
-Che noioso – sbuffò lei in una risatina- Compagni? Non farmi ridere!
Harry inarcò le sopracciglia.
Vide Jonathan avanzare di un passo verso la sua amica, ringhiandole contro come un cane.
-Io Ti ho vista! – urlava – Perché? Perché l’hai fatto??? Come hai potuto … - trattenne un singhiozzo – uccidere Zayn?
La ragazza ghignò: -Cosa vorresti fare per vendicarlo, sentiamo!? Uccidermi?
Jonathan si bloccò. Provava una profonda rabbia e un tremendo odio verso quell’assassina così meschina, ma ora che lei lo sfidava in quella maniera, si sentì impotente. Cosa poteva fare lui, ad una femmina della ciurma di Arlong, se non insultarla con parole che a malapena uscivano?
-Vi dirò una cosa – continuò Viola distogliendogli l’attenzione – in questo momento Arlong è intenzionato a uccidere la “Banda di Louis Tomlinson” Questo perché Louis è stato così idiota da macchiarsi del sangue dei suoi uomini. Sarete anche terribilmente forti, ma non abbastanza all’altezza per sconfiggere qualcuno come gli Uomini-Pesce. Più restate qui e più potete star certi che verrete presto ammazzati – fece spallucce senza smettere di sorridere – Ma ad ogni modo non è una cosa che mi riguarda.
Louis digrignò i denti.
Harry aveva uno sguardo confuso e indifferente.
Niall invece fissava la ragazza imbambolato e con le guance rosse.
-Caspita – commentò cretinamente – è ancora più sexy di quanto ricordassi!  - si mise a sventolare le mani come se stesse salutando qualcuno dalla cima di una nave da crociera – Ei, ciao Violetta! Ti ricordi di me?
Louis lo guardò infastidito: - Tu stanne fuori! Complichi solo le cose!
Niall lo guardò di sbieco: - Ma tu cosa vuoi? Fatti i cazzi tuoi!
Louis gli distolse lo sguardo di dosso tornano a puntarlo su Viola: - Dimmi dov’è Zayn – gli ordinò.
Lei sorrise ancora: - In fondo all’oceano.
Louis allora portò una mano sull’elsa della sua spada e la estrasse violentemente. Fece per scattare verso la ragazza urlandole contro: - BASTA CON LE STRONZATE!
Ma Niall fece partire la sua gamba, sollevandola tanto da bloccargli la strada e per un pelo non calciargli il viso. Louis indietreggiò.
-Gli Spadaccini ora usano la violenza anche con il Gentil Sesso? – chiese Niall portando le dita sulla sua sigaretta.
Louis continuò a tenere la spada tesa: - Che cosa hai detto?? Tu non sai nemmeno costa sta succedendo! Non rompere!
-Certo – replicò Niall deridendolo – vuoi dimostrare di essere forte e coraggioso dopo una frustante sconfitta. Ma a chi credi che interessi??
-Cosa??? – ripeté l’altro stavolta più forte.
Una scintilla di rabbia attraversò gli occhi dei due ragazzi, mentre si incrociavano. Anche se si conoscevano solo di vista, fu come se non avessero mai sopportato l’uno la faccia dell’altro. Provarono fastidio e antipatia. Molta antipatia.
-Stammi a sentire, biondino – lo avvertì Louis – farai meglio a stare attento a come parli o potresti ritrovarti in un mare di guai.
-Allora vedi di farti i cazzi tuoi! – strepitò il cuoco.
I due continuarono a fissarsi con aria di sfida. Erano in procinto di una rissa curiosa.
Sauk provò a dividerli: - Su ragazzi. Non è questo il momento di litigare!
-Ha ragione – concordò Viola con una smorfia – se volete darvele di santa ragione, fatelo altrove. Lontano da quest’isola– tutti tornarono a guardarla – Se siete così ottusi da non esserci ancora arrivati, mi ero unita a voi solo per i soldi. Ma ora che siete sul lastrico non rappresentante più nessun motivo di interesse per me – Harry sgranò gli occhi un secondo mentre l’ascoltava – E’ la verità – confermò lei – vi renderò la nave che ho rubato. Perciò andate a cercarvi un altro navigatore e continuate con quella fesseria di seguire la rotta del Grande Blu. Andate a cercare One Piece o qualunque altra cazzata volete. Ma sloggiate da qui! Non voglio più avervi davanti agli occhi mi sono spiegata? Addio! – e rimase lì ferma e paziente che i ragazzi le voltassero le spalle, finalmente per andarsene.
Invece loro rimasero fermi sul posto ad osservarla ognuno con un’espressione differente.
Gli unici furiosi però sembravano soltanto Sauk e Jonathan.
Gli altri tre avevano uno sguardo misto tra l’incredulo e il caotico.
Il primo a muoversi, fu Harry. Si avvicinò ad un albero sistemato all’ombra e ci si sdraiò sotto. Si tolse il cappello per poggiarselo sugli occhi.
-Harry! – esclamò Jonathan – Ma che stai facendo?
-Faccio un riposino – gli rispose l’amico.
-Cosa??? – esclamarono tutti in coro.
-Sì – confermò lui – non ho nessuna intenzione di andarmene da quest’isola. Non m’importa cosa stia succedendo qui. Ma ora ho sonno. Quindi schiaccio un pisolino – e prese a russare.
Louis si portò una mano alla tempia, remissivo.
Niall aggrottò la fronte senza proferire parola.
Nessun’altro commentò quella scena assurda.
Viola strinse i pugni. Dovette trattenersi dal non gemere per il dolore di quello destro, bendato sotto il guanto.
-Allora – disse – FA COME TI PARE! MUORI PURE SE VUOI! – e scappò via.
Non provarono a fermarla.
Niall la guardò sparire, stavolta senza sguardo svampito. Solo impensierito. Poi fece una tirata di sigaretta come antistress.
 
I Tre Ufficiali della Ciurma di Arlong, varcarono le porte del cortile, dirigendosi verso il loro Capitano. Avevano le vesti sporche di sangue e bagnate. Puzzavano più di prima.
-Tutto risolto, Capitano– dichiarò Morsky.
-Quei marinai da strapazzo hanno avuto quel che meritavano – disse Elaphus.
-La prossima volta ci penseranno due volte prima di provare a bombardare Arlong Park – concluse Fiskur ridendosela.
Arlong li osservò uno ad uno soddisfatto: - Ottimo lavoro! La Marina prima o poi dovrà mettersi in testa che non può far niente contro di noi! Nessuno può nulla contro gli Uomini-Pesce! A proposito, come avete affondato la loro nave, stavolta??
I tre ghignarono malefici: - L’abbiamo infilzata dal basso, sollevando un macigno sott’acqua. C’era una forte corrente marina, quindi si è creato un vortice d’acqua. I poveracci che si sono buttati in mare prima che la nave affondasse sono stati inghiottiti. I più valorosi che non volevano arrendersi a combattere … beh … erano davvero ottimi!
-Ben fatto – ripeté Arlong ridendo a squarciagola – E ditemi, come avete saputo che il macigno si trovava proprio sotto la superfice su cui galleggiava la loro nave?
-E’ stato facile – spiegò Elaphus tirando fuori dalla tasca un foglio di carta un po’ bagnato ma ancora perfettamente leggibile – abbiamo seguito la mappa di Viola. In base a questa ci siamo disposti su dove si trovasse il macigno.
-Possiamo anche predire le correnti, grazie alle mappe di Viola – disse Morsky – Sono proprio ben fatte.
-Se le facessimo disegnare la carta del mondo – ipotizzò Fiskur –potremo diventare i padroni incontrastabili di tutti i mari.
Arlong abbassò lo sguardo – Dannazione. Viola è un membro essenziale nella fondazione dell’Impero di Arlong.
-Le avete fatto una promessa – ricordò Morsky – In cambio di 100.000.000 di danari, lei e il suo villaggio sarebbero stati liberi.
-Lo farete davvero? – esclamò Elaphus – Lascerete davvero che Viola se ne vada???
-Che spreco – continuò Arlong – Ma non ho scelta. È una promessa che feci 8 anni fa. E io mantengo sempre le promesse che hanno a che fare con i soldi. Anche se ne va di mezzo la mia vita – sollevò di nuovo lo sguardo. Sorrideva malizioso mostrando i denti da squalo – Sono fatto così.
 
Intanto, ancora nel bosco, Jonathan e Sauk cercavano in tutti i modi di convincere i loro amici a scappare. Harry dormiva ancora e Louis e Niall stavano seduti vicino a lui a non fare niente.
-Ormai sei nel mirino di Arlong e la sua Ciurma, Louis! Ti uccideranno! – diceva Sauk.
-Ora che avete capito che sottospecie di persona è quella ragazza, non avete più alcuna ragione per restare qui!- gli fece eco Jonathan – Perché non fuggite?
-Un motivo io ce l’ho per restare – disse Louis indicando Harry – Il mio Capitano rimane.
-Cosa? – esclamò Sauk – Stai dicendo che anche tu credi ancora di poter riprendere Viola come vostra compagna?
-Non mi importa cosa succederà – replicò Louis – Deciderà Harry chi sarà il nostro navigatore.
Sauk e Jonathan si guardarono. Conoscevano da molto tempo quello spadaccino e sapevano che quando era deciso in qualcosa, nessuno poteva smuoverlo da fargli cambiare idea.
-E va bene – si arresero alla fine.
-Anche se è stato per poco tempo – fece Jonathan – il nostro lavoro di portarvi fin qui è finito.
-Sono con lui – concordò Sauk – non vogliamo morire inutilmente.
E detto questo voltarono entrambi le spalle ai tre ragazzi e se ne andarono.
-Statemi bene – li salutò Louis.
-Alla prossima, fratello! – ricambiarono loro.
Niall continuava a fumare guardando il cielo immerso in chissà quali pensieri.
Parlò soltanto quando Sauk e Jonathan sparirono tra gli alberi.
-Perché Violetta piangeva? – chiese.
-Cosa? Piangeva? – domandò Louis.
-Sì. Piangeva nel cuore – continuò il cuoco – l’ho visto nei suoi occhi.
-Ah, sì? – lo spadaccino non se ne preoccupò più di tanto – Piangeva lacrime di senso di colpa per aver ucciso Zayn??
-Davvero? – Niall sorrise – Sei proprio convinto che sia stata lei ad uccidere quel tipo? – Louis non rispose.
 
Il fantasma si strinse di più nel mantello che lo avvolgeva e continuò a vagare tra i boschi. Brividi di fretto ogni tanto lo attraversavano ma non si fermò. Anzi accelerò il passo. Di solito i fantasmi non camminano, si disse, fluttuano. Ma lui infondo non poteva considerarsi morto. Però gli piaceva associarsi il nome di “spirito”. Forse in questo modo avrebbe messo più paura alle persone che lo avrebbero riconosciuto. Però la corsa stava sostituendo il freddo al caldo.
Il fantasma continuò la sua ricerca. Sgocciolava mentre le sue scarpe lasciavano impronte nella terra che calpestava. Si tenne meglio il cappuccio. Doveva assolutamente restare in incognito prima di trovare chi stava cercando. Non poteva rischiare che un Uomo-Pesce lo vedesse.
Ad un certo punto, svoltando due ceppi, intravide delle figure sedute più in là.
Riuscì a distinguerne solo uno. Un ragazzo castano che reggeva una spada.
Il fantasma allora si disse che era meglio smetterla di nascondersi. Si tolse il mantello gettandolo per terra e corse verso i ragazzi rivelando le sue vere sembianze.
 
-Violetta non l’ha ucciso – chiarì Niall – Non è così?
-Ma non lo so! – rispose Louis seccato – Tanto ormai non ho più un briciolo di fiducia in lei. Ha dimostrato di avere interesse solo per i suoi soldi. È una stronza egoista. Ecco cos’è.
-Che cosa??? – strepitò il cuoco – “Stronza egoista???” RIPETILO SE HAI IL CORAGGIO!
Si slanciò verso di lui con la gamba tesa.
Louis allora fu pronto a difendersi prendendo la spada.
Lama e piede stavano per scontrarsi, ma qualcosa si mise in mezzo.
Una figura li fermò, beccandosi però la gomitata e il calcio predisposti.
Niall e Louis indietreggiarono, mentre Zayn cadeva a terra con le guancia rosse.
-Che botta!! – inveì toccandosi la testa. Perse i sensi per qualche minuto.
-Oh, cazzo! – imprecarono i due.
 
 
-ZAYN! – urlò Harry qualche secondo dopo aprendo gli occhi. Corse subito a scuotere l’amico – Zayn? Zayn è stata Viola a farti questo???
-No – sorrise Niall – scusa, siamo stati io e lui.
-Tu sei stato – lo corresse Louis facendogli una smorfia.
Lentamente Zayn aprì gli occhi: - Harry – lo riconobbe – sei arrivato.
-Sì – confermò l’amico ridendo – da poco.
-Sono arrivato anche io, piacere di conoscerti! – disse Niall.
Zayn gli ringhiò contro: - Ti presenti sempre così delicatamente alle persone? – gridò.
-Ah, vedo che sei in forma per arrabbiarti in questo modo – notò il biondo senza smettere di sorridere.
-Chiudi il becco! – gli ordinò Zayn, offeso.
-Ma tu – s’intromise Louis – Non eri stato per caso ucciso da Viola?
-Sapevo che Jonathan stava bleffando – disse Harry.
All’improvviso Zayn s’intristì abbassando lo sguardo. Si era dimenticato il vero motivo per cui stava cercando Louis e gli altri: - Ecco … a dire il vero … non è tutto falso. Ma è più esatto dire l’opposto. Viola mi ha … salvato la vita!! – gli amici lo guardarono senza capire.
-Spiegati meglio – lo esortarono.
Il ragazzo sospirò e raccontò brevemente cosa gli era successo fino a quando aveva fatto esplodere la pallina fumogena ad Arlong Park: - Stavo per fuggire, ma Viola mi si piazzò di fronte. Eravamo di spalle e per gli Uomini-Pesce era impossibile vedere cosa fece quando mi venne addosso col pugnale. Per loro mi aveva ucciso … ma in realtà … - trasse un profondo respiro prima di chiarire finalmente le cose – Viola ha messo davanti al mio petto la sua mano e si è colpita il dorso, in modo da far vedere il sangue! Poi mi ha detto che non aveva avuto scelta e ha fatto finta di spingermi in acqua in modo da poter fuggire! Se non l’avesse fatto … Arlong mi avrebbe senz’altro ucciso! Non è un’assassina.
 
Paulina camminava silenziosa nel campo di mandarini che circondava la sua casa. Respirare il dolce aroma dei frutti nella stagione della fioritura la rilassava sempre, distogliendola dai pensieri cupi. Stava per aprire la porta ed entrare in casa, quando vide qualcosa volare fuori dalla finestra, spaccando il vetro. Un vaso.
-Ma cosa … - esclamò spaventata. Sentì altri rumori provenienti dall’abitazione.
Solo allora capì.
Entrò.
Vide Viola seduta sul tavolo della cucina con le mani nei capelli e la testa appoggiata sul legno. Tutt’intorno c’erano mobili rovesciati, cornici a brandelli e piante rovesciate.
-Hai fatto un bel casino – commentò avvicinandosi e sedendole di fronte – Viola? – non ebbe risposta – Che c’è che non va?
-Niente – mentì la ragazza – sono venuta solo a riposarmi.
-Beh, se facessi sto macello ogni volta che vieni a riposarti, finirei per impazzire! – vide che la sorellastra aveva davanti al viso una cartina ingiallita dal tempo – Se non c’è niente che non va, perché hai aperto quella mappa?
-E’ solo che … - rispose Viola – c’è qualcosa che mi ha fatto arrabbiare!
Paulina non dovette riflettere molto: - Parli di quei ragazzi? Chi sono?
Viola alzò gli occhi di slancio: - Li conosci?
-Li ho incontrati – spiegò la sorella – un ragazzo … Zayle mi sembra … diceva di essere il Capitano. Mi ha detto che quando viaggiavi con loro … eri felice. E ti divertivi. Sai, sono passati molti anni dall’ultima volta che ti ho visto felice. Perciò dimmi: chi sono quei ragazzi?
Viola si mise dritta. I suoi occhi seri, si aprirono levando ogni riga dal suo volto. Sospirò.
-Avrei dovuto dimenticarmi di loro – si toccò la mano fasciata.
-Avrei dovuto cancellarli … dal mio cuore.
Improvvisamente mille ricordi di quelli che invece erano stati pochi giorni, riaffiorarono nella sua mente.
 
-Ahaha! Ho vinto ancora!
-Dannazione, Vivy, ma non è che imbrogli?
-No, Zayn! Sono solo fortunata!
-Uffa tu … ei, Harry? Perché tieni in mano dieci carte?
-Bhu! Pensavo fosse legale prenderne di più.
-Idiota! Quando imparerai le regole del gioco?
-Va bene, allora cambiamo le regole. Vince chi ha più carte in mano.
-Ma cosa dici?
Viola rideva quando assisteva ai buffi litigi di Zayn ed Harry. Rideva fino alle lacrime.
-Più provo a cancellarli dalla memoria – continuò tornando al presente – più mi tornano in mente!
Altri ricordi:
-Vivy, quanto ci vuole per la prossima isola?
-Harry levati dal cannocchiale! Non riesco a vedere!
-Dai sono troppo entusiasta per la prossima avventura che ci attende!
-Okay ti capisco, ma io mi devo concentrare sulla rotta! Quindi spostati!
-Sai che ti dico? Sei troppo scorbutica.
-Scorbutica io???
-Sì! Insomma prendi tutto troppo seriamente. Fatti una risata!
-Io sono mooolto allegra. Non sono né scorbutica, né indisponente né nulla!
-Ah sì? Allora non ti dispiace se ora ti facciamo un po’ di … solletico?!?!?
-Cosa? No! Io …
-Zayn all’attacco!
-Sìì!

-No dai ragazzi! Ahahaha dai smettetela … idioti giuro che … ahahahha daiiii …
-Ecco! Ora stai ridendo!
-E’ più bello quando ridi, Vivy! Fallo più spesso!
 
L’immagine di lei, Harry, Zayn e Louis, immobili sulla prua della Up All Night ad osservare l’orizzonte. L’infinito che si prosperava davanti a loro, offrendo mille incredibili avventure.
-Pensavo – disse a Paulina con gli occhi lucidi – di restare con loro … per sempre. Ma sapevo che era solo un sogno … uno stupido sogno irragiungibile.
Si mise a piangere in silenzio, finché quei mille pensieri non le vorticarono nella testa, facendogliela girare e si addormentò con la testa sul tavolo.
-Ci credo che sei sconvolta- disse Paulina parlando anche se ormai lei dormiva – Qualcuno è veramente venuto a riprenderti. Non era mai successo che qualcuno tenesse a te fino a questo punto – sorrise – “Amici”. So che per te questa è … la parola più difficile da sopportare – detto questo si alzò e se ne andò lasciandola riposare in pace.
 
-Così Viola ha finto di ucciderti per farti scappare sano e salvo? – chiese Harry sicuro di non aver capito molto bene.
-Esatto – confermò Zayn – E ora sono sicuro che c’è una ragione valida per cui fa parte della ciurma degli Uomini-Pesce.
-Naturalmente – disse Niall.
-Che facciamo adesso? – chiese Louis – Assaltiamo Arlong Park?
-No! – gridò Zayn – Aspettate! Prima dobbiamo chiedere a Viola di spiegarci meglio la situazione.
-E’ inutile – disse una quinta voce sconosciuta – qualunque cosa facciate, il Dominio di Arlong continuerà.
I quattro ragazzi si girarono rendendosi conto di non essere più da soli.
Una bella ragazza dai capelli ambrati stava in piedi ad osservarli con le braccia incrociate.
-Paulina! – la riconobbe Zayn.
-La conosci? – chiese Harry – Chi è?
-E’ la sorellastra di Viola – spiegò l’amico.
-La sorellastra di Violetta? – fece Niall imbambolato – E’ bella proprio come la sorella!!
-Che cosa intendevi con “E’ inutile”? – chiese Louis.
-Fatemi un favore – disse Paulina – Non immischiatevi più negli affari del nostro villaggio! Lasciate in pace Viola! … Se volete ve ne dirò il motivo.
-Il motivo?
-Intendi il motivo per cui sta dalla parte di Arlong? – disse Zayn.
-Sì – continuò la ragazza – ma una volta sentito, dovete lasciare questo posto.
-Va bene, dicci tutto. Ti ascoltiamo.
-Io passo – rifiutò Harry allontanandosi.
-Ei, dove vai?
-Non m’importa sentire il passato di Vivy. Vado a farmi una passeggiata.
Nessuno provò a fermarlo.
-Non vuoi sentire il motivo di tutto questo? – disse Zayn.
-No! – confermò l’amico – Ci vediamo più tardi.
Paulina inarcò le sopracciglia: - Che gli è preso?
-Non farci caso. È fatto così – spiegò Louis – Però noi ti ascolteremo – si sedette comodo sotto un albero – Anche se non cambierà niente. Noi resteremo.
Paulina sospirò: - Capisco – sorrise debolmente – non mi meraviglia che Viola sia così abbattuta a causa vostra.
 
Intanto a Coconout Village si presentarono 13 Uomini della Marina, guidati da uno strano tipo con lunghi baffi ritti come quelli di un roditore.
-Chi siete? – chiesero gli abitanti del villaggio.
-Io sono il Comandante Smek – si presentò l’uomo coi baffi da topo – Dirigo la 16° Unità della Marina. Esigo di parlare con l’uomo chiamato Javier!
L’uomo col cappello a girandola si fece avanti tra i suoi autoctoni: - Sono io.
-Tu? – Smek rise per via della girandola che girava come un giocattolo sulla testa dell’uomo. Si ricompose tornando serio: - Accompagnami dalla ragazza chiamata Viola.
Javier sgranò gli occhi: - Viola? Per quale ragione?
Smek sorrise facendo intravedere denti altrettanto simili a quelli di un topo: - Tu pensa solo ad accompagnarmi.
 
-Questa storia risale a 8 anni fa – cominciò il racconto Paulina – A quando io e Viola eravamo ancora delle bambine. A quando il villaggio non aveva le sue condizioni attuali.
Vivevamo serenamente nella nostra casa, in mezzo alla campagna … con una persona.
Una donna meravigliosa … che non dimenticheremo mai.
Il suo nome era … Marian.

TO BE CONTINUED

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Capitolo 35
*** Episodio 35 - Segreti dal Passato ***



Viola aprì gli occhi svegliata dal dolce canto degli uccelli fuori dalla finestra.
Non si era resa conto di essersi addormentata, troppo immersa in pensieri dolorosi.
Si guardò intorno. In casa c’era solo lei. Paulina doveva essere uscita per lasciarla dormire in pace.
Gli occhi della ragazza, si posarono su una cesta piena di mandarini vicino la porta, che probabilmente la sorella doveva aver raccolto quel giorno. Era periodo di fioritura e lei non era mai in ritardo nella raccolta. Il dolce profumo di quei frutti così intensi le riempì le narici. Sorrise.
Manca poco, Marian. Manca poco e tutto tornerà come prima.
Tornò a guardare la strana mappa che aveva appoggiato sul tavolo e che stava studiando con rancore, prima dell’arrivo di Paulina.
La prese tra le mani.
Ricordava bene il giorno in cui l’aveva cominciata e quello in cui l’aveva finita.
Quella era stata la sua prima cartina, grazie alla quale seppe con certezza a quale passione dedicarsi per tutta la vita.
Era la pianta di Coconout Village e dei suoi dintorni.
Ricordò il grido di trionfo che lanciò, quando tracciò l’ultima riga che delineava il perimetro del villaggio.
Era seduta proprio lì. Su quel tavolino.
E aveva solo otto anni.
OTTO ANNI PRIMA
Quel giorno era sabato.
Non un giorno di festa per i cittadini di Coconout Village, ma con un rimando di tre ore di sonno, prima di aprire il mercato in strada.
Ma la Libreria della Signora Pia, aveva un’eccezione.
Vista ista l’indipendenza dell’anziana signora che la gestiva, veniva aperta al pubblico dalle cinque del mattino fino alle nove di sera.
Per la Signora Pia era un piacere restarsene nel suo negozio lavorando all’uncinetto, facendo le coccole al suo gattino e aspettando che qualche cliente entrasse per attaccare una bella chiacchierata.
Quel giorno, come tutti i sabati, le persone tardarono a farsi vedere, ancora beate nei loro letti.
La Signora Pia, allora, ne approfittò per dare una spazzata qua e là, nelle corsie dei volumi meno considerati. Di solito la gente entrava nel suo negozio alla ricerca di un qualche ricettario, o un Atlante o un romanzo.
Mentre entrava nel ripostiglio sul retro del negozio a prendere la scopa, non si accorse che qualcuno era entrato di soppiatto nella libreria e aveva raggiunto silenziosamente un reparto.
Si trattava di una bella bambina dai capelli ondulati e castani, gli occhi marroni, un cerchietto rosa e un vestitino dello stesso colore.
Fece scorrere i suoi occhi sui libri impilati sugli scaffali più alti e si fermò quando lesse la sezione: NAUTICA.
Sorrise soddisfatta. Poi, con cautela, salì la piccola scaletta che la Signora Pia usava spesso per prendere i testi più alti e riuscì a prendere quello che stava cercando.
Con un balzo riatterrò sul pavimento.
S’illuminò nel leggere il titolo di quel grosso volume impolverato.
-Viola! – sentì alle sue spalle.
Prima di girarsi, s’infilò il libro del vestito e lo tenne fermo con entrambe le mani.
La Signora Pia era tornata.
La bambina impallidì.
-Che succede? – gli chiese la vecchia dolcemente.
-Niente – mentì la piccola indietreggiando furbamente verso la porta – Assolutamente niente! Volevo … salutarla.
Era ad un passo dalla strada, quando le sue spalle urtarono due grosse ginocchia robuste.
Deglutì spaventata e nel farlo lasciò per sbaglio cadere il libro nascosto sotto il vestitino.
La persona contro cui aveva urtato, l’afferrò per la collottola e la sollevò. Era un uomo dal curioso paio di baffi castani e uno strano cappello su cui era attaccata una girandola.
La Signora Pia non sembrò infastidita da un tentato furto. Anzi, si mise a ridere.
L’uomo le chiese scusa, poi lasciò il negozio, trasportando la bambina in strada.
-Siamo alle solite, Viola!
-Lasciami Javier! – diceva la bambina dimenandosi– Non prendermi per la collottola! Non sono mica un gatto!
Tutte le persone davanti a cui passarono, si misero altrettanto a ridere.
Erano abituati a una scena del genere.
-Piccola peste – disse Javier guardando in faccia la bambina che teneva sollevata – Quante volte devo dirti che non si ruba?
Lei s’imbronciò e gli fece la linguaccia: - Non è colpa mia se siamo povere!
L’uomo la portò fuori dal villaggio, risalendo una piccola collinetta e sbucando in un rigoglioso campo di mandarini davanti al quale si ergeva una casa.
Senza lasciare la bambina, Javier diede pugni fastidiosi alla porta.
-Marian! – chiamò – Apri Marian! Ti ho riportato quella ladruncola della tua “Gattina!” Apri, ho detto!!!!
La porta non ci mise troppo ad aprirsi e a rivelare la figura alta e snella di una donna bellissima dai lunghi capelli neri, la carnagione liscia scura, gli occhi olivastri e le labbra sottili che stringevano tra i denti una sigaretta.
-Cos’è tutto sto casino? – chiese seccata. Quando vide la piccola Viola, che sorrideva tranquillamente nonostante Javier la tenesse ancora sollevata, sorrise anche lei – Oh, bentornata piccola!
-Ciao ciao Marian – ricambiò la bambina.
Javier la indicò come se fosse visibile solo ai suoi occhi: - Questa pestifera ha rubato ancora! Sono pur sempre lo sceriffo e devo mantenere l’ordine nel villaggio!– disse mentre si decideva a rimettere la piccola a terra.
Marian si avvicinò all’uomo con un sorriso alquanto sinistro: - Perché fai tante storie? Infondo anche tu da piccolo eri uno scapestrato, Javier. Tutti sanno che non facevi altro che svuotare le bancarelle di dolciumi.
-Non è affatto vero! – ribatté lui offeso – E poi il mio passato non centra adesso!
La donna allora ricorse alla sua arma più forte. Quella da sempre infallibile.
Prese ad accarezzare il viso di Javier con le sue mani vellutate e morbide, solleticandogli i baffetti e al contempo parlando: - Stavo scherzando mio caro. Dopotutto so che sotto questi basettoni batte un cuore d’oro – l’uomo deglutì. Lei portò la mano destra alla scollatura della maglietta e prese ad abbassarla di poco mentre con l’altra non smetteva di stuzzicargli la faccia – Stavolta saresti pronto a chiudere un occhio? Se paghi tu per lei stavolta, io ti restituirò il debito in futuro – prese a sibilare nell’orecchio di Javier che tremò ancora di più – Ti pagherò … - abbassò la voce sillabando le ultime parole – con il mio c-o-r-p-o!
Javier divenne rosso come un peperone e indietreggiò veloce come un robot, giungendo fino alla discesa che collegava la collinetta al villaggio: - Non dire più una cosa del genere! – borbottò ricacciando dalla testa immagini inaudite – Stavolta … lascerò perdere …
Sulla soglia della casa, Marian e Viola risero a crepapelle.
Poi la donna si chinò su di lei: - Basta così, signorina – la informò – non credere di passarla liscia.
 
Poco dopo entrambe erano sul portico laterale della casa, dove c’era un tavolino sotto un ombrello con tre sedie.
Marian diede una botta non troppo forte in testa alla bambina: - Se rubi un’altra volta, ti rifilo un paio di sculacciate! – la rimproverò.
Viola non si lamentò, era abituata agli scapaccioni di Marian, ma la forza superiore della donna era conosciuta da tutti e spesso le sue crisi lasciavano le vittime con lividi, gonfiori e graffi profondi. Mai sfidarla, dicevano giù al villaggio.
-Scusa – disse massaggiandosi il capo – ma avevo bisogno di questo libro – si sfilò qualcosa da sotto il vestito. Si trattava del volume che aveva cercato (ed era riuscita) a sottrarre dalla Signora Pia. A quanto pare Javier non si era accorto mentre la acciuffava, che era riuscita comunque a nasconderlo – Non potevo proprio farne a meno.
-Se lo volevi, perché non me l’hai chiesto? – domandò Marian.
La bambina abbassò lo sguardo: - Non me l’avresti preso, comunque.
-Ma cosa dici? Sono avanzati parecchi soldi dall’ultimo raccolto. Bastano eccome per un libro. E poi la prossima vendita è vicina.
-Sì ma … al villaggio dicono che si guadagnerà poco! Non potremo aumentare il prezzo dei nostri mandarini visto che il tempo dei raccolti è stato ottimo per tutti quest’anno. Se non li abbassiamo non venderemo niente!
-Tu pensi troppo – commentò Marian.
In quel momento arrivò anche la piccola Paulina, appena tornata da una passeggiata a piedi nudi: - Sei proprio maldestra, Viola – rise prendendo un po’ in giro la sorella – Io sarei riuscita a prendere quel libro senza farmi beccare.
-E’ stato un errore di distrazione – ribatté lei.
Marian diede un’altra botta in testa a entrambe: - Non si ruba!- ripeté.
-Stavo scherzando! – disse Paulina toccandosi il cranio.
-Anche io! Che male! – fece eco Viola.
La donna le guardò un attimo e poi scoppiò a ridere divertita: - Almeno abbiamo una cosa di cui vantarci – le bambine la guardarono senza capire. Lei allora tirò fuori dalla tasca un pezzetto di carta ripiegato – le mappe di Viola. Sono davvero incredibili – spiegandola ne rivelò la cartina che Viola aveva terminato di disegnare proprio quella mattina – E’ la mappa di quest’isola non è vero? – tirò ad indovinare.
La bambina sorrise con gli occhi illuminati: - Esatto.
-Incredibile – ripeté Marian – Nessuno crederebbe che sia stata fatta da una bambina della tua età – commentò accarezzando la testa della piccola.
-Adesso sto studiando le tecniche di navigazione – disse Viola – Per questo volevo quel libro. Voglio dedicarmi alla progettazione di tante mappe nautiche.
-Veramente? – chiese Marian incredula.
-E’ il tuo sogno, vero? – sorrise Paulina.
-Sì – confermò la sorella stringendo al petto il libro – Navigherò in tutto il mondo usando le tecniche di navigazione e poi disegnerò la mappa di tutti i posti che visiterò!
-Disegnare la carta del mondo? – disse Marian – Ma è geniale. Dunque questa tua prima mappa è il primo passo verso il tuo scopo – la donna sollevò la cartina mettendola a contatto con i riflessi del sole, in modo da illuminarla di più – Viola, sono sicura che un giorno il tuo sogno diverrà realtà.
La bambina sorrise fantasiosa. Il suo non era certo un obbiettivo che tutte le ragazzine volevano raggiungere. Ma ormai aveva deciso. Sarebbe diventata un’eccellente navigatrice e viaggiando nel Grande Blu avrebbe realizzato splendide mappe che, magari, sarebbero state impresse negli atlanti delle generazioni future. Chissà, magari se un giorno lontano, sarebbe stata ricordata come la “Cartografa più Abile del Mondo”.
-Ne sono certa.
 
 
Quel pomeriggio piovve molto. Il bel cielo di quella mattina venne offuscato da nuvoloni che lo resero più scuro del normale, coprendo i raggi del sole.
Paulina e Viola erano sedute in cucina e cenavano gustandosi un pesce arrostito, del pane e della spremuta d’arancia fatta con i mandarini raccolti in giardino.
Marian invece era seduta poco distante da loro, su una poltrona, con dei ferri da calza in mano e un gomitolo nell’altra.
-Marian – la chiamò Viola – come mai non stai mangiando niente, ultimamente?
-Sto mangiando molti mandarini – rispose la donna sorridendole – Ma ora sono a dieta.
Paulina rimase col boccone a pochi centimetri dalla bocca. Poggiò sul tavolo la forchetta e abbassò lo sguardo, frustata: - Neanche io ho voglia di mangiare!
-Cos’è tutta questa tragedia? – chiese Marian – I bambini devono mangiare molto!
-Stai solo mentendo! – sbraitò Paulina – E’ perché non abbiamo i soldi che non mangi niente, vero?
La donna rimase lucida senza smettere di sorridere: - Te l’ho detto. È la dieta.
-Non è vero – ribatté la bambina – tu rinunci a tutto … mentre a noi …
-Voi due- la interruppe lei alzando un po’ il tono – non dovete sottovalutare il potere ringiovanente dei mandarini. A me fa bene mangiarli. Anche se ho 30 anni, la mia pelle ne dimostra molti di meno, non trovate?
-No – ammise Viola – A dire il vero hai le mani giallastre.
Marian si offese un pochino: - Tu pensa a mangiare! – le fece una linguaccia.
Poco dopo si alzò dalla poltrona stendendo un vestitino marrone appena smesso di cucire: - Ho finito, Viola – andò a mostrarlo alla bambina – Un’altra opera d’arte della “Stilista Marian” – si proclamò scherzosamente – Avanti provalo!
Viola mise il broncio e incrociò le braccia: - Uffa! È solo un altro vestito riciclato di Paulina!
-Sì, ma ti dona molto! – disse Marian poggiandoglielo sul petto.
Lei guardò il disegno sul vestito. Raffigurava uno strano animale simile ad un leone: - Questo leone prima era un girasole – ricordò.
-Accontentati! – disse Paulina con tono autorevole – Hai 2 anni meno di me!
-L’età non conta! – ribatté Viola prendendo a bisticciare – Anche io vorrei dei vestiti nuovi di tanto in tanto!
Marian rise e si alzò prendendo a sparecchiare i piatti vuoti.
-Anche i miei vestiti sono usati, lo sai! – continuò Paulina – Sono tutti di seconda mano, che poi passano a te che sei mia sorella minore!
Viola la guardò intensamente e con occhi accaniti. La sua risposta fu così aspra che nessuno poté trovarne un’altra adeguata: - Ti ricordo che noi non siamo vere sorelle! Non siamo nemmeno parenti! Tu non sei niente per me!
Per Marian il tempo si bloccò per qualche secondo. Sentì il suo cuore andare a mille. Non controllò più le sue azioni. Vide soltanto la sua mano volare verso la faccia della bambina e colpirla violentemente con uno schiaffo e la sua voce strepitare: - VIOLA!!!
Il colpo fu così intenso che Viola cadde a terra e non si mosse per alcuni attimi.
 
Paulina si coprì la bocca con entrambe le mani.
Marian guardò prima il corpo della bambina e poi la sua mano che l’aveva appena colpita.
-Cos’hai fatto, Marian? – balbettò Paulina con voce tremante.
Viola si mosse lentamente e si mise in ginocchio. Portò una mano alla guancia. Era gonfia e probabilmente rossa come un pomodoro. Forse anche livida.
Non era mai successo che Marian la picchiasse. Mai.
Si limitava sempre alle solite botte in testa o a qualche sculacciata. Ma non era mai ricorsa alle mani sul viso delle sue bambine.
Era il primo ceffone che riceveva in vita sua. Le fece gelare il sangue nelle vene.
-Così … non ci lega alcuna parentela, Viola? – sentì gridare Marian in piedi di fronte a lei – Non voglio più sentirti ripetere una sciocchezza del genere, mi sono spiegata?
-Perché … ti sei … arrabbiata – mormorò Viola mentre lacrime calde le rigavano il viso – io ho detto solo la verità! – alzò il volto arrossato e umido senza togliere la mano dalla guancia – Tu non sei niente per noi! Non sei la nostra vera madre – singhiozzò – Ammettilo! Saresti più felice di non averci più fra i piedi! – Marian sgranò gli occhi, ma la bambina continuò – Potresti fare un mucchio di cose! Mangiare, divertirti e smetterla di fare tanti sacrifici! – la rabbia si impadronì di lei e buttò fuori tutto d’un fiato il suo ultimo pensiero – Vorrei tanto che mi avesse adottato una famiglia ricca e non una poveraccia come te!!!!!
Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso.
Marian impallidì pietrificata e sconcertata dinanzi a quelle parole e alla ragazzina che le aveva dette che ora piangeva sul pavimento: - Ah … - disse con le labbra che fremevano – è … così …? – diede le spalle a Viola – Fa come ti pare allora! Se mi odi così tanto sei libera di andare dove vuoi! Vattene pure!
-Ora basta – provò a farle calmare Paulina – Smettetela di litigare! – ma non servì a niente.
Viola si alzò in piedi: - Sì! Certo che me ne vado!!! – spalancò la porta d’ingresso e si tuffò nella pioggia senza smettere di piangere. Si allontanò dall’abitazione in meno di un minuto, scendendo la collina, diretta al villaggio.
-Viola!!! – la chiamò Paulina – VIOLAAAA!!! – ma ormai era troppo lontana per sentirla.
 
 
 
Passarono venti minuti.
Marian era seduta sul tavolo della cucina e si guardava la mano con la quale aveva colpito Viola, come se fosse la cosa più rivoltante dell’universo.
Paulina, dietro di lei, era rimasta zitta da quando la sorella era scappata. Forse in attesa che la donna reagisse in qualche modo. Invece era rimasta immobile senza fare alcunché.
Un tuono improvviso fece sobbalzare la bambina, però gli diede anche una smossa che la spinse finalmente a parlare.
-Marian! Noi tre … siamo una famiglia! – strinse i pugni – Anche Viola la pensa così! Avete fatto una brutta litigata …Prima lei era solo … solo spaventata. Ma ti vuole un bene dell’anima! Lo sai!
Marian la guardò. Vide che la piccola aveva gli occhi lucidi, sul punto di sgorgare. Contemplò il suo triste viso per qualche secondo. Poi sorrise mortificata e le accarezzò una guancia: - Pensi proprio come un’adulta, Paulina. Mentre io mi sono comportata da bambina – si avvicinò di più a lei sussurrandole con dolcezza: - Puoi convincere Viola a tornare? Mentre io vi aspetto, le cucinerò le Omelette che tanto ama.
Paulina annuì lievemente e solo dopo un minuto di ripresa, riuscì a sorridere.
Fuori, il temporale cessò e un sole sbucò tra le nubi, infervorando le strade allagate.
I Cittadini di Coconout Village poterono tranquillamente riprendere le loro attività mercantili.
Nella residenza di Javier, composta da una sola stanza dove l’uomo gestiva i suoi dossier di lavoro sindacale e dormiva, si trovava Viola.
La bambina dopo essere scappata di casa era corsa subito da Javier, sapendo che non le avrebbe chiuso la porta in faccia.
L’uomo, dopo averla trovata mezza fradicia, l’aveva subito avvolta in una coperta calda e messa vicino ad una stufa con una tisana in mano.
-E tu chiameresti “fuga” una corsetta da casa tua fin qui? – rise lo sceriffo strofinandole con un panno asciutto i capelli bagnati – Ti sei solo presa un bell’acquazzone.
Viola non rise. Aveva da poco smesso di piangere ma continuava ad avere sul viso quell’espressione malinconica e depressa. La tristezza gli si leggeva negli occhi.
Strinse di più la tazza di tisana tra le mani: - Marian sarebbe più felice se noi non ci fossimo.
Javier aggrottò la fronte: - Perché dici questo?
-Mantenendo due bambine ha bisogno di più soldi e poi … per colpa mia tutti la odiano.
L’uomo rise ancora: - E così sei diventata abbastanza grande da preoccuparti per gli altri? Stai tranquilla, nessuno qui in paese odia Marian. Anche lei da giovane era una scapestrata. Una vera peste. Combinava una bravata dopo l’altra.
-Cosa? Marian una peste?
-Sì. Agli occhi di tutti lei è sempre stata una bambina dispettosa.
Puoi immaginarti la nostra sorpresa … quando venne a dirci che voleva arruolarsi in Marina.

-In Marina?? Marian era una Marine?
-Esattamente. Diceva che era intollerabile permettere a pirati senza scrupoli di saccheggiare e distruggere tanti villaggi. Così si arruolò, lasciando l’isola.
Un giorno fu partecipe di una battaglia sanguinolenta, senza quasi nessun sopravvissuto.
Erano esplose varie bombe e lei si trovava sotto i detriti di una casa, in punto di morte e con l’oscurità che le pioveva addosso dal cielo.
Stava per cedere … quando …

ALTRI SETTE ANNI PRIMA
Marian è schiacciata sotto il peso di un muro di una casa che le è crollata addosso dopo la quinta esplosione. Il braccio è rotto e il sangue gli maschera la faccia. Intorno a lei sente la puzza degli incendi che ricoprono gran parte dell’isola e l’unica cosa che vede sono i corpi dei suoi compagni senza vita. Ora è il suo turno. Raggiungerli.
Non ha più niente da perdere. Morirà essendo ricordata come un’audace donna combattente che ce l’ha messa tutta in nome della libertà.
Chiude gli occhi e aspetta di ritrovarsi presto una luce bianca davanti.
Ma la morte non arriva.
Qualcosa la ferma.
Un suono. Una voce. Un pianto.
Marian apre lentamente gli occhi doloranti. Quel pianto non è immaginario. E ora è anche più forte. Gira la testa con fatica e punta lo sguardo verso una delle tante case crollate.
Qualcosa si muove tra i residui di marmo.
La donna stringe di più le pupille. Il fumo le rende difficile la vista, però riesce comunque a distinguere una sagoma minuta che scavalca i resti di quella casa e cammina lentamente nelle strade tempestate di cadaveri in pozze di sangue.
Marian si rende conto che si tratta di una bambina. È sporca di fumo e fuliggine, ha il vestitino strappato e cammina a piedi nudi. In mano tiene qualcosa.
Marian non capisce se è lei che sta piangendo.
Una voce dentro di lei le intima di alzarsi, di reagire al dolore, di raggiungere quella bambina e tenerla lontana dai corpi putrefatti dei suoi compagni.
Usando le gambe, ancora in forza, solleva di poco il muro che la seppelliva a metà e ne esce fuori ruotando su sé stessa e issandosi in piedi. La testa le gira. Si tiene il braccio dentro la quale non sente più le ossa ma non esita e zoppica verso la bambina.
Avvicinandosi, finalmente, nota che il pianto non è il suo. Ma di qualcuno avvolto in un fagotto di lana, che la piccola sorreggeva. Un neonato. Una neonata per l’esattezza.
Marian si avvicina alla bambina: - E’ … la tua … sorellina? – le chiede ansimante.
La bambina si volta verso la donna. Non si spaventa davanti al suo aspetto macabro e risponde subito scuotendo la testa: - Non la conosco. L’ho trovata in una scatola.
Marian s’inginocchia davanti a lei ed entrambe si chinano sul fagotto per osservarne meglio il contenuto. La neonata che ne è avvolta smette di piangere quando sente le dita della donna sulla guancia. Spalanca i teneri occhi nocciola e ride.
-E’ … bellissima … - dice Marian guardando l’altra bambina.
Entrambe piangono ma col sorriso sulle labbra.
Quella neonata non ha idea di cosa sta succedendo intorno a lei. Di quali atrocità sono state commesse su quell’isola. Sa soltanto di essere felice, perché si sente al sicuro.
Marian e l’altra bambina ridono con lei, senza però smettere di lacrimare.
Sarebbe incredibile dire che tra i ruderi di una violenta battaglia all’ultimo sangue, si può ancora udire una risata.
SETTE ANNI DOPO
-La bambina in fasce eri tu, Viola – continuò Javier – e la bambina che ti portava era Paulina. Di circa 3 anni. Dopo averti vista è stato come se Marian avesse ritrovato una ragione per vivere.
SETTE ANNI PRIMA
Il mare è in tempesta, i cavalloni si schiantano sulle spiagge come ceffoni. La pioggia cade rumorosa.
Gli abitanti di Coconout Village, sono quasi tutti al porto.
Hanno avvistato una barca in mezzo alle acque, in balia della tempesta, che si regge in piedi per un pelo.
Tutti sono sconcertati. Chi mai affronterebbe una bufera del genere?
Chissà quale miracolo però, riesce a trasportare la barca abbastanza vicino da permettere ai guardaspiaggia di afferrarla con dei cappi e trascinarla a riva.
A bordo c’è solo una persona.
Tutti la riconoscono.
-Marian???
-Marian sei tu?
La donna s’inginocchia e tutti allora si rendono conto che sotto la giacca a vento tiene saldamente strette due bambine che sembrano addormentate.
-Dottore!! – urla Marian – VI PREGO, CHIAMATE UN DOTTORE!
Qualcuno si fa avanti tra la folla: - Sono io! Queste bambine …?
-Dottore! – continua a strepitare lei – Hanno la febbre alta! Sono esauste a causa della tempesta! Ti prego, guariscile!!!
L’uomo si chinò a prendere le bambine mezze svenute e con le fronti bollenti in braccio: - Va bene mi occuperò io di loro. Ma faresti meglio a farti controllare anche tu … hai delle gravi ferite …
-NON PENSARE A ME! SBRIGATI – grida Marian disperata – NON LASCIARE MORIRE LE BAMBINE! SONO LA MIA UNICA RAGIONE DI VITA, SALVALE TI PREGO!!!!
Tutti le danno ascolto e si sbrigano a portare le bambine nel piccolo ospedale del villaggio.
Passa una settimana.
Le piccole sono guarite, le ferite di Marian sono state bendate. Il suo braccio va già meglio. La donna è in ottima forma e sconvolge tutti con una decisione assurda.
-Cos’hai detto … puoi ripetere? – gli chiede un giovane Javier.
-Ormai ho deciso – dice Marian tenendo in braccio la neonata addormentata e accarezzando la testolina di Paulina – Farò da madre alle bambine. Resteranno con me.
-Che cosa??? Sei impazzita??– esclamano in coro Javier e il dottore.
-Toglitelo dalla testa! Una ragazzaccia come te non può prendersi la responsabilità di allevare due orfanelle!
-Starebbero meglio in un istituto!
-STATE ZITTI! – sbraita lei, infastidita facendo zittire tutti con la sua durezza. Torna a guardare le piccole e un sorriso le si apre sul volto: - Sono un’adulta adesso. L’esperienza in Marina mi è servita da lezione. Sono diventata responsabile e matura. Mi prenderò cura io di loro. Le farò diventare delle persone magnifiche, che riescano a sopravvivere anche in un mondo crudele come questo. Voglio vivere con loro – stringe più a sé la neonata e coinvolge nell’abbraccio anche Paulina che sorride contenta – Viola e Paulina mi hanno donato un nuovo soffio di vita – conclude la donna.
SETTE ANNI DOPO
Viola rimase stupita da quella storia. Nessuno gliel’aveva mai raccontata prima.
-Il vostro è un legame più forte persino di quello che hanno le famiglie vere – concluse Javier sorridendole – Non devi dimenticare che anche se Marian non è la vostra madre biologica, vi ritiene la cosa più importante della sua vita. Rinuncerebbe a tutto per voi.
La bambina dopo averlo ascoltato, si sentì un vero mostro. Come aveva potuto trattare in quel modo la sua mamma? Voleva rimediare. Voleva correre da lei e chiederle perdono.
Coincidenza, in quel momento in casa entrò una Paulina mezza sudata.
-Oh, eccoti qui!- sbuffò esausta con un’espressione seria.
-Paulina … - Viola non aveva nemmeno il coraggio di guardarla. Era stata perfida anche con lei.
-Vieni – disse però sua sorella sorridendo dolcemente – Marian ti sta aspettando. Sta preparando il tuo piatto preferito!!
Viola spalancò gli occhi. Allora non erano arrabbiate!
Si aprì finalmente in uno di quei suoi bellissimi sorrisi. Si tolse l’asciugamano di dosso, prese per mano la sorella ed entrambe corsero in strada saltellando allegre.
-Chissà se si tratta di Omelette!
-Hai indovinato! Con la salsa di mandarino!
-Evviva! Non vedo l’ora di gustarle.
-Ahhahaha!
Tutti i cittadini radunati nella piazza, le guardarono teneramente correre gioiose verso la loro casa.
-Come passa il tempo – disse il dottore – Sono cresciute tantissimo.
-Vederle crescere così armoniosamente è una gioia per tutti noi – disse Javier.
-Già – disse un altro cittadino sorridendo – se quelle tre non fossero felici, noi non ce lo potremmo perdonare non è così?
-E’ vero – concordò un altro – Marian fa tanti sacrifici per crescerle al meglio. Ma infondo è come se fossero figlie di tutti noi.
-Ben detto! Vogliamo bene a Marian e alle sue figliuole – disse una donna – e se mai avessero bisogno di qualcosa, saremo tutti pronti ad aiutarle, giusto?
-Sì!- approvarono tutti gli altri.
La Signora Pia tra la folla, si asciugò una lacrima di commozione.
Ora si potrebbe dire che Coconout Village era un villaggio sereno, popolato da persone generose e felici che conducevano una vita tranquilla trattandosi come se fossero un’unica, grande famiglia. Si potrebbe dire che niente avrebbe potuto spezzare una simile unione.
Ma non è così.
Qualcosa spezzò il filo di libertà e felicità che legava quel villaggio.
-I PIRATIIII! AL MOLO! STANNO ARRIVANDO I PIRATI!
Un uomo con l’affanno e la fronte sudata arrivò dal bosco strepitando come un pazzo e avvertendo tutti i cittadini di un pericolo in appressamento.
Viola e Paulina si fermarono quando udirono quelle urla.
-Ma cosa stai dicendo? – chiese Javier prendendo l’uomo per le spalle – Cos’hai visto?
-Sono loro! – gridò l’uomo dimenandosi per correre via – SONO I PIRATI DI ARLONG!
-I Pirati di Arlong?
-Ma è impossibile!
-Perché gli Uomini-Pesce sarebbero dovuti venire fin qui dal Grande Blu?
-Allora le voci che riferivano che la loro ciurma si era divisa … non erano infondate!
Una donna strillò impazzita, puntando il dito verso il bosco. Delle grosse sagome erano in avvicinamento. Non riuscirono subito a distinguerne le caratteristiche, ma la bandiera che reggevano fu nota a tutti. Riconobbero con orrore un Jolly Roger a forma di pesce dal naso a sega.
-AAAH! SONO DAVVERO LORO!
-SCAPPATE! SCAPPATE TUTTI!
Le donne con in braccio i loro bambini corsero a rintanarsi nelle proprie case, lasciando in strada solo i loro mariti e gli altri uomini.
Javier filò verso Viola e Paulina e prese le due bambine per le spalle: - E’ pericoloso qui – disse loro – Andate a rifugiarvi nella radura dietro casa mia.
-Ma Javier … - provò a ribattere Viola.
-Fate come vi dico! – ordinò lui non troppo aggressivo.
Le due sorelline ubbidirono e sorpassarono la casa dello sceriffo, ritrovandosi in mezzo a fitti arbusti rigogliosi e ad alti faggi.
Si acquattarono dietro i cespugli. La strada era ancora visibile. Rimasero immobili a osservare.
Quando degli esseri disumani fecero il loro ingresso a Coconout Village, tutti rabbrividirono e si paralizzarono.
Erano mostri dalle linee umane, ma con il corpo ricoperto di scaglie, alghe e cozze e la faccia deforme dai denti affilati e le sembianze di tanti pesci differenti.
Notarono che ognuno di loro aveva in un punto diverso del corpo, uno strano disegno quasi invisibile che si poteva intravedere soltanto sotto un sole cocente come quello di quel giorno. Il disegno rappresentava un piccolissimo sole rosso che spariva solo quando la luce smetteva di spararci sopra.
Probabilmente era il loro emblema di nesso.

Quello in prima fila, si fece avanti. Era terrificante, con la pelle blu e la testa a forma di pesce martello. La sua bocca da pescecane aveva i denti macchiati di rosso.
-Salute, miserevoli umani inferiori – salutò spregevole – Io sono il Capitano Arlong e da oggi in poi … - andò direttamente al punto allargando le braccia dalle mani palmate e indicando i fronti del villaggio – QUESTO PAESE … NO, TUTTA L’ISOLA, E’ SOTTO IL MIO DOMINIO! – alle sue spalle gli altri Uomini-Pesce, sollevarono ciascuno una spada dal fodero, esultando.
I cittadini non accennarono nessuna reazione o risposta. Rimasero pietrificati.
-Da questo momento ad ogni mese – riprese Arlong – Dovrete Comprarvi le Vostre Stesse Vite da me! 100.000 Berry per ogni adulto, 50.000 Berry per ogni bambino! Coloro che non pagheranno, lo faranno con la vita!
Viola, ancora nascosta e terrorizzata, si strinse di più a sua sorella.
-Che facciamo, Paulina? – le bisbigliò – Noi non abbiamo tutti quei soldi.
-Forse … non riusciranno a vedere casa nostra – ipotizzò Paulina – non si riesce a vedere dal villaggio – e pregarono che quella loro speranza venisse realizzata.
 
L’ultimo quarto d’ora servì a raccogliere tutti i soldi degli abitanti.
Per fortuna i loro guadagni bastavano per salvare le proprie famiglie.

-Ecco qui, Capitano – disse un Uomo-Pesce gettando in un sacco il cinquantesimo gruzzoletto di banconote – e con questi fanno 25 milioni.
-Perfetto, Morsky – disse Arlong mettendosi a ridere.
-Da adesso in poi – ricapitolò un cittadino sottovoce ai suoi autoctoni, approfittando della distrazione di quei farabutti– dovremo pagare 100.000 Berry ogni mese per le nostre stesse vite!?
-Non potremo permetterceli sempre! – disse un altro.
-Almeno per ora nessuno di noi verrà ucciso – disse Javier. In cuor suo si disse che infondo, sfuggire ad una morte certa pagando ogni mese, poteva essere una cosa fattibile. Pregò che se ne andassero da lì almeno quel giorno. Non dovevano assolutamente notare la casa di Marian. Il suo importo, incluse le bambine, sarebbe in tutto di 200.000 Berry. Non poteva certo avere una simile somma.
-Bene, Uomini – gridò Arlong – andiamocene! Ritorneremo il prossimo mese e farete meglio a farvi trovare pronti, insulsi umani!
Detto questo, lui e la sua ciurma girarono i tacchi e si allontanarono sempre più dal villaggio.
Javier tirò un sospiro di sollievo.
Viola e Paulina, ancora nascoste, si sorrisero a vicenda. Forse era fatta. Forse erano salve. Non avevano intravisto la loro casa e ora Marian sarebbe stata avvertita e tenuta preparata per la volta successiva.
-Capitano!  - gridò d’improvviso un Uomo-Pesce – Vedo del fumo che proviene da qualche parte, fuori dal villaggio!
Javier ed altri cittadini sbiancarono.
Viola e Paulina tremarono coprendosi la bocca.
Arlong si voltò nella direzione indicata dal compagno.
-Deve essere di qualche altra casa – obbiettò Morsky.
-Che sbadati – sorrise il suo Capitano – a momenti la tralasciavamo! Forza! – ordinò ai suoi uomini – Andiamo a prenderci i nostri soldi!
-No! Merda! No! – imprecò Javier nella sua testa e con i pugni serrati.
Tutti i cittadini impallidirono ancora di più. Stavano andando a casa di Marian! E lei non sapeva ancora niente!
La Signora Pia per poco non svenne.
-Ei! Viola e Paulina non ci sono più! – avvertì un uomo che le aveva viste infiltrarsi nei cespugli.
La tensione degli abitanti di Coconout Village crebbe a dismisura.
Viola e Paulina avevano lasciato il loro nascondiglio, correndo tra i cespugli e gli alberi di quel piccolo spiazzo di vegetazione. Dovevano raggiungere la loro casa prima degli Uomini-Pesce!
-Marian! – esclamarono senza farsi sentire.
 
 
Il fumo che usciva da casa della donna, proveniva dai fornelli accesi.
Marian canticchiava allegra mentre in un pentolone bolliva la salsa di mandarino.
-Mmm! Deliziosa! – esultò assaggiandola – Viola e Paulina ne andranno pazze! Dunque, vediamo … le Omelette sono quasi pronte, l’anatra è già in forno e mancherebbero 10 minuti. Anche lo stufato è quasi terminato. Certo, sarà un duro colpo per le mie finanze. Ma chi se ne frega? – sorrise prendendo da una mensola una bottiglia di aranciata – Godiamoci questo momento in famiglia! – e già nella sua mente si pregustò quella che sarebbe stata una splendida serata con le sue bambine.
Nella sua mente.
 
Arlong raggiunse il campo di mandarini e finalmente vide una grossa casa proprio di fronte ad esso. Sorrise perfido, avvicinandosi alla porta.
Intanto Viole e Paulina correvano come non mai nella radura. L’avevano percorsa altre volte, giocando. Sarebbero sbucate su un piccolo vialetto che risaliva esattamente fino a casa loro. Dovevano muoversi. La loro mamma aveva bisogno di loro, si dissero.
-Marian! – strepitò Viola – Marian è in pericolo!!! Verrà uccisa!!!

TO BE CONTINUED

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Capitolo 36
*** Episodio 36 - Un Legame Indistruttibile ***



OTTO ANNI PRIMA

I cittadini di Coconout Village si stavano munendo di forconi, fucili, spade e mannaie per correre alla casa sulla collina e affrontare gli Uomini-Pesce.
Non avevano nessuna intenzione di abbandonare Marian.
Javier era già in corsa. In cuor suo pregava che alla donna non venisse la stupida idea di fronteggiare da sola quei mostri. Non ce l’avrebbe mai fatta. Andava avvertita prima che fosse stato troppo tardi. Sperò tanto che le bambine momentaneamente fossero al sicuro.
Ma Viola e Paulina correvano più veloci di lui, verso la loro casa. Ogni pezzo di erba che calpestavano sembrava un tratto d’asfalto che le separava sempre di più dalla loro mamma. Avevano bisogno di vederla. Di sapere che stava bene. Di aiutarla a scappare prima che quegli esseri spregevoli le mettessero le mani addosso.
Arlong però era già dinanzi la porta di casa loro e con la mano palmata chiusa a pugno, diede tre violenti battenti senza aprire bocca.
Marian, che aveva appena finito di apparecchiare la tavola per lei e le sue bambine, alzò lo sguardo verso l’ingresso serrato.
Sorrise: - Sono tornate.
Fece per andare ad accogliere Viola con un abbraccione e chiederle scusa per lo schiaffo che le aveva tirato. Ma si bloccò. Una strana sensazione le proibiva di muoversi.
Un istinto da militare che le avevano insegnato a sentire quando combatteva in Marina.
Intravide attraversò i vetri velate della casa, delle sagome troppo grosse per appartenere alle sue piccole. Riuscì a udire anche lievi risate grosse e profonde.
Qualcosa non quadrava.
Si avvicinò ad un mobile, mentre a chiunque si trovasse là fuori, gridava: - E’ aperto!
 
Arlong sogghignò e diede una leggera spinta alla porta: - Permesso … - sibilò entrando.
All’interno dell’abitazione però sembrava non esserci nessuno.
C’erano pochi mobili, compresi il tavolo con le sedie e i fornelli della cucina.
Avanzò per controllare meglio, quando fu aggredito.
Qualcuno gli diede un sinistro sul volto e gli si buttò addosso come un leone predatore.
L’Uomo-Pesce cadde all’indietro sotto gli occhi dei suoi uomini, mentre un moschettone che sembrava antico ma ancora funzionante gli veniva calato in bocca.
Marian lo aveva atterrato e lo minacciava con l’arma.
-Mi dispiace per te – sorrise la donna soddisfatta – ma sono un Ex-Marine! Ora dimmi, cosa spinge uno del Grande Blu come te a fare tanta strada? Cosa vuoi da Coconout Village?
Arlong non si mosse. Chiuse gli occhi.
Ad un certo punto, uno dei suoi Tre Ufficiali, Elaphus, scoppiò stranamente a ridere.
E così fece Morsky, il Secondo Ufficiale.
Seguito da Fiskur, il terzo.
E piano, piano tutti gli altri Uomini-Pesce presero a sghignazzare, come divertiti.
Marian li guardò senza capire. Cosa ci trovavano di tanto divertente?
Dopo un po’ si accorse che anche Arlong, sotto il suo peso stava ridendo. Stava per caricare l’arma e ordinargli di smetterla ma davanti ai suoi occhi, l’Uomo-Pesce, usando la sua bocca da squalo, distrusse il suo fucile soltanto con un morso.
Non ebbe nemmeno il tempo di sgranare gli occhi dallo stupore, perché Arlong l’afferrò per la gamba con le mani viscide: - Ci hai provato– la informò ghignando.
 
 
Intanto, dal lato opposto della casa, Viola e Paulina correvano ancora all’impazzata. Non sapevano cosa stava succedendo sul fronte retrostante a dove si trovavano. Ma dentro di loro sentivano che Marian stava bene e le stava ancora aspettando in cucina.
-Usiamo la porta sul retro per farla scappare! – disse Viola.
-Che succede se i pirati sono già arrivati? – gli chiese la sorella, allarmata.
-Non lo so … ma dobbiamo aiutarla!!!
Stavano per giungere fino al portico, ansiose e spaventate.
Ma all’improvviso due grosse braccia bloccarono loro la via, spingendole lontano dalla casa.
Si scostarono e riconobbero il dottore del villaggio, che le tratteneva.
-Ferme! Non dovete entrare! – ordinò loro.
-Dottore, si sposti! – disse Viola provando a oltrepassarlo – Dobbiamo aiutare Marian!!
-No! Voi resterete qui con me! – insistette l’uomo – E ora ascoltatemi! Devo dirvi una cosa che potrà sembrarvi crudele … ma è per il vostro bene.
Di colpo si udì un urlo disperato, provenire dalla parte opposta della casa. Un grido di donna.
Le bambine ripresero a dimenarsi:- MARIAN!!
Ma il dottore riuscì ad allontanarle sempre di più, a volte usando la forza.
 
Marian era distesa a terra. Arlong la stava schiacciando come se fosse una formica.
La donna aveva lividi in tutto il corpo, ma ciò che la fece contorcere più di tutto, fu l’osso del braccio, che Arlong continuava a pestargli ripetutamente con la sua forza mostruosa.
Dopo il trentesimo calpesto, il braccio di Marian era violaceo e sgonfio come un palloncino. Gli arti non le rispondevano più.
Gli Uomini-Pesce ridevano davanti a tanta afflizione.
Marian soffriva a volte trattenendo le urla agonizzanti. Non poteva reagire. Quelle persone erano delle vere bestie disumane. La loro forza era impareggiabile.
Dentro di sé sentiva che non ce l’avrebbe fatta a resistere ancora a lungo.
Ma la paura non era la sua sorte. Cosa ne sarebbe stato di Viola e Paulina?

Ad un certo punto, un urlo fermò Arlong dalla sua tortura.
-MARIAN! – riconobbe la voce di Javier che si avvicinava – Non ti devi opporre a loro! Ci sono battaglie che non vanno combattute con il grande senso di giustizia che hai! Possiamo risolvere tutto con il denaro!
La donna alzò di poco lo sguardo abbastanza da vedere lo sceriffo chinarsi su di lei ed aiutarla a reggersi seduta. Aveva gravi ferite in tutto il corpo. Non sentiva più il braccio, la fronte sanguinava da un punto.
Arlong sorrise: - Sagge parole. Sono 100.000 Berry per ogni adulto, 50.00 per ogni bambino, donna – rispiegò – Paga per ogni membro della tua famiglia, e ti lasceremo in pace!
Javier si chinò verso l’orecchio dell’amica, fingendo di controllare le sue condizioni: - Sono 200.000 Berry – le sussurrò in modo da non farsi sentire – Hai una somma simile?
Lei scosse la testa tremando come una foglia: - Arrivo a 100.000.
L’uomo digrignò i denti. Dannazione!
-Ei, Capitano! – disse all’improvviso Elaphus che era entrato nella casa per ispezionarla – Qui c’è un tavolo … apparecchiato per tre persone.
Arlong sorrise curioso: - Ah, ma davvero? Una famiglia con tre persone?
Javier sgranò gli occhi. Marian tra le sue braccia ispirava a fatica, sopraffatta dal dolore. Non riusciva nemmeno a tenersi in piedi.
Lo sceriffo dovette subito ricorrere allo stratagemma che aveva organizzato, durante la corsa dal villaggio.
-Oh! – esclamò tranquillamente – Mi era passato di mente, Marian! – tutti lo guardarono – Oggi hai invitato me e il Dottore a Pranzo! Stavo per dimenticarmene. Avanti, Marian – la guardò sorridendo complice – paga la tua parte a questa gente e mettiamoci a tavola - lei non aprì bocca. Aveva capito cosa l’amico stava cercando di far credere agli Uomini-Pesce - Infondo sembra che tu abbia 100.000 Berry esatti – continuò Javier rivolta ad Arlong – Per fortuna abbiamo pagato tutti. Così nessuno morirà.
La donna continuò a restare in silenzio. Il braccio sano stringeva quello rotto con forza. Javier aveva appena affermato che lei vivesse da sola. Che non possedesse una famiglia. Per salvarla.
-In effetti – disse poi Morsky, guardando alcuni documenti – Secondo il censimento, questa donna non si è mai sposata, né ha avuto figli. È nubile.
 
Quando Viola e Paulina sentirono quelle parole, uscire dalla bocca del dottore, si paralizzarono come due statue. Un’oscurità di dolore cadde su di loro. I loro occhi erano dilatati e le braccia stese lungo i fianchi.
-Avete capito? – ricapitolò il dottore – Non esiste alcuna prova che voi due siate figlie di Marian! Dovete lasciare l’isola prima che lo scoprano! Prendete il mare e fuggite! – Paulina cominciò a lacrimare, Viola rimase immobile – Lo so. Chiedere a due bambine come voi di attraversare l’oceano, andando alla deriva … ma cercate di ragionare! È l’unica alternativa per salvare la vita a tutte e tre!
-No! – sbottò all’improvviso Viola zittendolo – Io non me ne vado. Perché dovrei lasciare la mia casa? Sono … loro quelli che ci hanno invaso! – anche lei prese lentamente a singhiozzare –Io … voglio restare in questo villaggio … sigh … è solo perché siamo povere che non possiamo essere figlie di Marian? Perché … la nostra mamma non può pagare? Non è giusto! Non deve essere così! – si portò le mani a coppa sulle labbra – Noi vogliamo restare con lei!!
 
Arlong, preso il gruzzo di banconote che Marian riuscì a porgergli, fece per andarsene seguito dai suoi uomini. Sull’uscio di casa, la donna e Javier seguirono ogni loro movimento.
Lei in silenzio.

 
-Va bene – accettò Paulina voltandosi ed incamminandosi nel bosco – lasceremo quest’isola!
-Cosa? – esclamò Viola ancora con le lacrime agli occhi – Ma Paulina …
-Ha ragione lui, Viola! – replicò la sorella – Dobbiamo farlo per il bene di nostra madre! Solo così si salverà!
La bambina rivolse un’occhiata alla casa dove aveva sempre vissuto. Pianse ancora e non si mosse.
 
Marian guardò la ciurma di Uomini-Pesce iniziare a percorrere la discesa della collina. Un dolore tremendo la attraversava. Ma non era il pulsare che le facevano le ferite. Proveniva dal cuore. Una fitta tremenda di malinconia e nostalgia che le era arrivata da quando aveva consegnato quei 100.000 Berry. Aveva comprato la sua stessa vita. Stava però rinunciando ad essere una madre. Se era vero che quei delinquenti avevano intenzione di sistemarsi su quell’isola, sarebbe stato impossibile per lei, pagare sempre e solo per sé stessa.
Da sola. Non era riuscita a guadagnare abbastanza da salvare la vita a Viola e Paulina. E ora le stava perdendo. Cosa ne sarebbe stato di loro? Erano ancora troppo piccole per cominciare una nuova vita altrove. Avevano bisogno di qualcuno che si prendesse cura di loro. Di una guida. Lei si considerava questo per loro. La loro strada verso il mondo. Ma dopo aver visto con quanto coraggio Javier e tutti gli altri abitanti del villaggio, stavano rischiando per proteggerle, capì che altre persone avrebbero potuto mostrare la via alle sue piccole.
Chissà, forse era meglio così.
-FERMI! – gridò dunque. Arlong e gli Uomini-Pesce bloccarono i loro passi per voltarsi nuovamente verso la casa. Marian era ancora sulla soglia. Sorrideva a stento: - Quella cifra … non è per me … ma per le mie due figlie!! Mi mancano 100.000 … per me.
 
Quelle parole giunsero alle orecchie delle due bambine, ancora insieme al dottore dall’altra parte della casa. Entrambe trasalirono.
 
-Marian, sei impazzita? – strillò Javier sconvolto e col cuore a mille.
Lei gli sorrise: - Mi dispiace, Javier. Ma non me la sento di ammettere di non possedere una famiglia. Anche se questo … significasse perdere la vita …
 
Viola e Paulina stavano ancora sentendo. Le lacrime scendevano a cascata.
Il dottore strinse i denti: - No!
 
-E’ vero! – continuò Marian alzando di più la voce – Non sono figlie mie! Non abbiamo nessun legame di sangue … ma siamo una famiglia … e voglio gridare al mondo di essere una madre – ritornò con la mente a quando le aveva strette entrambe per la prima volta. Viola neonata, Paulina di tre anni. Erano così meravigliose. E lo erano rimaste – Le mie bimbe– prese a singhiozzare – i miei angeli adorati …
 
Viola e Paulina, ancora in lacrime, oltrepassarono di slancio il dottore e presero a correre all’impazzata, attraversando la casa, dirette al cortile principale.
-MAMMA!!!
I pensieri di Viola andarono alle orrende parole che le aveva detto il giorno prima.
“Vorrei tanto che mi avesse adottato una famiglia ricca e non una poveraccia come te!”
-No! Non è vero! – strepitò – Era una bugia!! Una bugia!
Marian le vide sbucare dal retro della casa e correre singhiozzanti tra le sue braccia.
-Voglio stare solo con te, Marian – disse Viola.
-Ti prego, non ci lasciare! – fece eco Paulina.
La donna le sentì ora più vicine che mai. Anche se disperate. Con uno sforzò immane usò anche l’altro braccio per stringerle. Prese a piangere con loro, accarezzando loro i capelli e baciandole delicatamente.
-Mi dispiace, piccole mie – balbettò – Avrei tanto voluto … rendervi felici … comprarvi tante belle cose … mi dispiace di non essere stata una buona madre …
-Non dire così – urlò Paulina – Non ci interessa niente! Vogliamo solo te!
-Giura che non ci abbandonerai – disse Viola tremante – Devi guardare … la mappa del mondo che disegnerò un giorno!
Marian la guardò sorridendo. Le toccò una guancia. Quella che aveva colpito con lo schiaffo: - Ma certo. La tua mappa. Sono sicura … che un giorno il tuo sogno si avvererà … anche se … - strinse gli occhi – non sarò con te.
-No! – gridò la bambina – Ti scongiuro! NO!
Intanto, dietro quella scena tanto amorevole, c’erano delle persone che avevano la spudoratezza di esserne schifate. Gli Uomini-Pesce, che non provarono nemmeno un briciolo di compassione e tenerezza.
Arlong si avvicinò alla donna: - Dunque hai due figlie, eh?
Le bambine guardarono il mostro che avevano davanti. Si strinsero di più a Marian come per farle da scudo.
-Sì – confermò lei osservandolo in cagnesco – ma tu devi giurarmi che non torcerai loro neanche un capello!
Lui ghignò:- Ma certamente! Se però accetterai il tuo destino – e scoppiò a ridere.
-Nooo!- gridarono le bambine.
A quel punto intervenne Javier. Tirò fuori dalla cintura una pistola e sparò pallottole a raffica. Queste non colpirono Arlong, ma Morsky che si era messo davanti e le deviò tutte. Dopodiché estrasse una spada dal fodero e creò un solco profondo sul petto dello sceriffo.
Javier cadde a terra macchiando l’erba del suo stesso sangue.
Viola impallidì terrorizzata.
In quel momento, si udirono delle voci in lontananza.
Gli abitanti del villaggio stavano salendo la collina, muniti delle loro armi. Avrebbero difeso i loro amici. Con tutte le loro forze.
Arlong sbuffò seccato:  -Che noia! Ci mancavano anche loro – si rivolse ai suoi uomini – Non uccideteli. Dimostrate loro cosa siamo capaci di fare – avanzò ancora verso Marian – Lei sarà un esempio perfetto.
Marian serrò le labbra e strinse gli occhi. Le sue bambine non avevano nessuna intenzione di staccarsi da lei. E lei da loro. Se fosse stato possibile avrebbe continuato quell’abbraccio per sempre. Ma non era possibile. Quello era il loro ultimo abbraccio.
Per questo se le scrollò di dosso con violenza, spingendole sul portico della casa. Poi si rispecchiò negli occhi malvagi dell’Uomo-Pesce, che con una mossa prese dalla cintura una pistola a fucile e gliela puntò contro.
-Muori per il tuo patetico amore – sorrise.
Gli Uomini-Pesce, ferirono a sangue i cittadini, che uno dopo l’altro caddero a terra sfiniti.
Javier provò a rimettersi in piedi ma la ferita era troppo dolente.
Viola e Paulina, erano in ginocchio. Si sentivano sull’orlo di un burrone, che stava sprofondando insieme a loro. Tesero le mani verso la loro mamma. Ma queste non trovarono mai un appiglio.
-Viola! Paulina!
Si sentirono chiamare.
Videro Marian girarsi verso di loro. Un bellissimo sorriso sul volto.
-Vi voglio bene.
PUM!
 
Il mondo si fece nero come la pece.
Ogni rumore cessò dopo quello sparo.
Uno schizzo di sangue volò fuori da un corpo che lentamente cadde a terra.
Lo scenario del presente si confuse con quello del passato.
Le uniche immagini visibili, furono quelle di tanti giorni memorabili.
-Ci risiamo! Brutta ladruncola!
-Javier, non prendermi per la collottola! Non sono un gatto!
-Non si ruba, Viola!
-Dai ti pago dopo! Hihihi! Col mio corpo!
-Tua madre è più convincent … ma che sto dicendo??? Grr! Guarda cosa mi fai dire!
-Ahaha!
 
-Marian, Marian! Guarda! Ho raccolto un mandarino gigante!
-No! Il mio è più grande di quello di Viola!
-Sono entrambi enormi ragazze. Bastano per preparare delle ottime frittelle!
-Evvivaaa!
 
-Marian. Non riesco a dormire. I tuoni mi fanno paura.
-Non ti faranno del male, Viola. Tu pensa a quando sarai grande e viaggerai il mondo in nave! Saprai domarli valorosamente!
-Pensi davvero che ci riuscirò?
-Io so che ci riuscirai. Sei una bambina molto coraggiosa.
 
-Accidenti! Che gran raccolto quest’anno! Saranno circa centocinque mandarini!
-Con questi diventeremo ricchissime! Ahaha!
-Ti immagini che un giorno Marian ci comprerà un castello, Paulina?
-Magari! Allora io sarò la principessa.
-No! Volevo farla io!
-Facciamo così ragazze. Siccome io sarò senz’altro la regina, vi incoronerò entrambe mie principessine e dame di compagnia. Vi va bene?
-Sì! Ahahaha!
 
Quelle risate.
Quei giorni che passavano davanti ai loro occhi, veloci come il vento.
Giorni che non avrebbero rivisto mai più.
In quel doloroso silenzio, risuonò ancora la voce della Donna Combattente Marian, che enunciava le sue ultime parole, parlando alle sue figlie attraverso il cuore.
“Siate sempre oneste e determinate.
Non fatevi mai sottomettere da nessuno.
Anche le bambine devono essere forti.
Non preoccupatevi per quello che siete.
Ringraziate sempre il giorno in cui siete nate.
E non dimenticate mai la forza di ridere sempre alla vita.
Non vi lascerò mai.
Resterò per sempre con voi.
Vi proteggerò”

 
-MARIAAAAAAAAAAAAAAAN!


 
Tutto il mondo intorno a loro riprese a girare, dopo che lo risvegliarono con quell’urlo disperato. Si risvegliarono come da una specie di trance. Ma ciò che avevano visto non era un incubo.
Arlong stava riponendo la pistola appena usata nella sua cintura.
Un corpo di donna era immobile a terra.
Gli Uomini-Pesce goderono trionfanti.
-Ecco la fine di chi si rifiuta di pagare! – gridò ridente il loro Capitano, rivolto ai cittadini feriti– Vi è bastata la lezione, esseri inferiori?!?
Viola e Paulina strisciarono come vermi fino al cadavere di Marian. Non avevano la forza di guardare il suo viso. Poggiarono al testa sulla sua pancia e piansero abbracciandola ed emanando piccoli urletti.
L’Uomo-Aragosta Elaphus, ad un certo punto, fu attirato da qualcosa che spuntava dalla tasca del corpo della donna. Un foglietto. Incuriosito si chinò a prenderlo.
-E questo cos’è? – chiese mentre lo spiegava – Una mappa …?
Viola alzò di poco lo sguardo distrutto.
Riconobbe la carta e si disperò ancora di più quando scoprì che Marian l’aveva tenuta in tasca per tutto il tempo.
-Lasciala! – gridò ad Elaphus – Lasciala! Quella è mia!! È la mappa che ho disegnato io! Ridammela!!!
-Tu? – chiese Arlong avvicinandosi al compagno e studiando attentamente la cartina – L’avresti disegnata tu?
-Ridammela!! – continuava a urlare la bambina.
Arlong storse il mento quando vide con quanta perfezione era stata disegnata quella mappa. Faticava a credere che l’avesse potuta disegnare una ragazzina. Ma da come lei la pretendeva, non c’erano altri dubbi. Notevole, si disse. Davvero notevole.
Chinò lo sguardo sulla bambina, sorridendo malizioso. Lei tremò.
Lui si rivolse a Fiskur: - Potrebbe risultarci utile. Portiamola con noi – gli ordinò mentre radunava la sua ciurma per andarsene via.
Fiskur ubbidì al suo superiore e con la mano palmata e fetida, afferrò Viola per la gola sollevandola dal corpo della madre. Dopodiché seguì Arlong lontano dalla casa.
-No! – si oppose la bambina, gridando tra le lacrime – No, lasciami!!! Lasciami andare! Non voglio venire con voi, lasciami!!!
-Lascia andare mia sorella!! – gridò Paulina provando a trattenere Fiskur per la gamba. Ma il mostro se la tolse di mezzo con un calcio.
-Aspetta!! – disse all’improvviso Javier che era risuscito a rimettersi in piedi, traballando e con in mano una spada – Hai avuto i tuoi soldi! Quindi mantieni la promessa, non fare del male alle bambine.
-Infatti non le farò niente– ribatté Arlong – Me la prendo solo in prestito per un po’ !
-Javier! – gemette Viola, forzata attraverso la presa sul suo collo – Aiutami, Javier!
-Liberala subito!! – strepitò lo sceriffo slanciandosi contro Fiskur.
Ma Morsky gli si parò nuovamente davanti e stavolta gli inflisse più colpi con la spada.
Il petto di Javier esplose pulsante, mentre altri tagli gli si aprivano sulle braccia, sulle gambe e sul volto.
-No, Javier!! – gridò Viola – JAVIER!
L’uomo, nonostante il sangue che colava ripetutamente dal suo corpo, non crollò a terra come prima. Resistette.
-Ti salverò … Viola – tossì con sforzo – non lascerò … che ti portino via …
-No! Basta!- lo implorò la bambina – Lascia stare, ti prego! Non voglio vedere altra violenza!!
Morsky si era davvero scocciato di quel tipo: - Cocciuto idiota! – disse prima di infliggergli un colpo sonoro con l’elsa della spada.
-Viola … - furono le ultime parole di Javier prima di perdere conoscenza ed accasciarsi al suolo sanguinante. Il suo cappello a girandola gli scivolò dalla testa.
 
 
La strada di Coconout Village era piena della mercanzia delle persone, le quali bancarelle erano state distrutte. Le donne erano ancora in casa con i figli. Gli uomini erano quasi tutti alla clinica. Non c’erano state altre morti. Tutti sarebbero sopravvissuti ma con lesioni gravi.
Javier per un pelo se l’era cavata. Era quello più bendato di tutti.

Il dottore lo aveva più o meno mummificato e ora parlava mestamente con lui, seduto vicino al suo letto.
-Tutte le navi sono state distrutte. Non possiamo scappare – diceva lo sceriffo con voce rotta. Persino parlare gli provocava una fitta ovunque – La Marina non si scomoderà certo per noi. L’isola verrà occupata. Coconout Village è in ginocchio.
-Marian lo sapeva – dire quel nome costava molto al dottore – Grazie alla sua esperienza in Marina era consapevole che nessun Capitano avrebbe lasciato la Rotta del Grande Blu per venire ad aiutarci.
-Non c’è da stupirsi. Dicono di proteggerci … quando invece ci condannano.
 
Il corpo di Marian era stato sepolto fuori dal bosco. Su una sporgenza che stava sul mare. Era il luogo dove andava a contemplare l’orizzonte quando ripensava alle sue avventure in marina.
Paulina era seduta di fronte la sua croce e piangeva in silenzio, sotto la luna che quella notte le metteva timore.
-Mi hanno portato via anche Viola – singhiozzava – Sono sola … che devo fare? Marian!!? – la bambina sentì un forte dolore alla pancia.
I troppi dolori che le avevano causato quell’orribile giornata si erano riversati tutti insieme in una percossa al ventre. Era insopportabile. Ma più forte di lei.
 
La mattina dopo, che sembrò arrivare dopo anni passati al buio, alcuni uomini usciti dal villaggio, rientrarono portando una notizia.
-Abbiamo scoperto dove sono Arlong e la sua ciurma! Pare abbiano intenzione di stabilirsi dall’altra parte dell’isola. Stanno costruendo una residenza.
La maggior parte degli abitanti o era sulle stampelle, o aveva mezzo corpo bendato o era su una sedia a rotelle. La forza di quelle bestie non aveva avuto pari.
-E’ tempo di decidere! – gridò il dottore a tutti, riuniti in piazza – Combattere fino alla morte o subire la loro occupazione finché il governo non interverrà. Tenendo presente che potremo morire in qualsiasi istante.
-Gli unici che possono affrontarli, sono quelli della “Sede Centrale della Marina” – disse Javier che si stava rimuovendo le bende dai punti meno dolorosi e già migliorati – Ma hanno già le mani piene del Grande Blu. Le possibilità che vengano sono prossime a zero – strinse i pugni – Ma non posso lasciare Viola in mano a quei vigliacchi! – alzò lo sguardo deciso – Combatterò per lei!!
Paulina, che era in mezzo alla folla, trattenne le lacrime che aveva esaurito nella notte più dolorosa della sua vita.
-Sì, anch’io – concordò un uomo – sono pronto a tutto pur di salvare la vita della bambina.
-Siamo tutti una grande famiglia – dichiarò un altro – e dobbiamo sostenerci a vicenda.
-La salveremo – garantì un terzo – li combatteremo. Male che va, ne uccideremo qualcuno.
-Marian ha dato la vita per queste bambine! Dobbiamo vendicarla!
-Sono con te!
-Anche io! Combattiamo!
-Siii!
 
Mentre gli abitanti del villaggio si preparavano per quella che si preannunciava essere una dura battaglia, qualcuno fece il suo ingresso dal bosco.
Si trattava dell’ultima persona che Coconout Village avesse pensato di rivedere.
Così presto.
Fu la Signora Pia ad accorgersene, mettendosi a urlare con una mano sul cuore: - Ma quella è Viola!! – a queste parole tutti si voltarono.
Videro una figura minuta avanzare lentamente verso la piazza.
Sì, era proprio lei!
-Viola!!!
-Stai bene!
Non appena Paulina la vide, sorrise come non sperò di fare più e le corse incontro.
Corse verso la sorella e la strinse in un abbraccio di commozione. O almeno ci provò. Non sentì le braccia della bambina contraccambiare.
Allora si scostò per guardarla negli occhi.
Il volto di Viola era gonfio e aveva segni nerastri sulle guance.
-Cosa ti hanno fatto? – chiese Javier avvicinandosi con tutti gli altri – Ti hanno picchiata?
Non ottenne risposta. La bambina restò in silenzio e chiuse gli occhi.
-Viola? – la chiamò Paulina – Cosa c’è?
-Io … - proferì lei lievemente – io entro … - alzò di poco lo sguardo – Entrerò nella ciurma di Arlong.
Paulina smise all’istante di sorridere: - Cosa hai …?
-Diventerò cartografa – continuò la sorella – e disegnerò mappe per loro.
Tutti si ammutolirono di colpo. Alcuni sobbalzarono, altri assunsero un’espressione sconvolta.
Paulina si allontanò da lei ancora senza capire: - Ma di cosa … stai parlando …?
Javier si chinò su Viola e la prese per le spalle: - Ti hanno costretto loro a dirlo, non è così?
-No – negò lei.
-Ti hanno ricattata allora?
-NO!
-Dì la verità! – gridò lo sceriffo.
-Lasciami!!! – la bambina si scrollò dalla sua presa e nel farlo, mostrò una nuova caratteristica che lasciò tutti sbiancati.
Sul suo braccio destro era stato tatuato uno strano simbolo.
-Ma quello … - riconobbero con disgusto – è il marchio di Arlong!!!
-Viola … - ansimarono Javier e Paulina.
Lei allora tirò fuori qualcosa dalla tasca. Delle banconote.
Con le labbra tremanti sorrise, ma era chiaro che ci provava senza ottimi risultati: - Guardate … quanti soldi mi hanno dato …
Paulina digrignò i denti e le si buttò addosso gettandola a terra e scrollandole le spalle, manesca.
-Non puoi farlo! Non te lo permetterò!!! Non ti perdonerò mai se diventerai un pirata!! Ma ti rendi conto di chi sono quelli!?!? Di cosa hanno fatto!?!
-E ALLORA? – urlò Viola più forte – Se devo vivere seguendo la giustizia per poi morire come Marian allora NON VOGLIO PIU’ SEGUIRE LA GIUSTIZIA!!!
Quelle parole gelarono il sangue nelle vene delle persone e traumatizzarono Paulina che si allontanò dalla sorella come se questa avesse preso fuoco.
-Come puoi … dire questo … - singhiozzò con voce tremante e una rabbia incontrollabile nel petto – Marian è stata uccisa al nostro posto! Si è sacrificata per noi!!!!
-Basta, Paulina – la fermò Javier.
La bambina lo guardò. Lo sceriffo aveva voltato le spalle e teneva la faccia nascosta nell’ombra: - Sta a sentire, Viola! – gridò aggressivo – Non mettere mai più piede in questo villaggio! Vattene!!

Viola assorbì quell’ordine col respiro affannato. Nessun’altro parlò.
Strinse gli occhi ma non scoppiò in lacrime. Si rimise goffamente in piedi e corse via, sparendo nel bosco.

-Viola!- la chiamò Paulina allungando una mano.
Si voltò verso gli abitanti. Avevano tutti un’espressione scioccata e delusa sul volto. Viola li aveva traditi. Aveva disonorato il suo villaggio per unirsi ad una ciurma di assassini.
Javier era in disparte. Tremava come se stesse piangendo. In realtà doleva di aver cacciato in quel modo la bambina.
Nessuno poteva credere al suo tradimento.
Paulina più di tutti. Era sicura che ci fosse qualcosa sotto quel comportamento.
 
E infatti, mentre tornava alla tomba di Marian, quella notte, ebbe una sorpresa.
Viola era seduta di fronte la croce e guardava il mare che sotto la sporgenza si tranciava sugli scogli. La bambina non si voltò, ma percepì l’arrivo della sorella.
-Non era Marian che diceva sempre: “Se sorridi alla vita, ti capiteranno cose meravigliose?” –disse chiedendo e affermando.
-Sì – rispose Paulina abbassando gli occhi – Diceva sempre così.
-Dopo essere stata catturata – raccontò allora Viola – ho visto Arlong e i suoi uomini, affondare cinque navi della marina come dei giocattoli. E da questo ho capito che il Governo non sarà mai in grado di aiutare quest’isola. Ho capito che non si potrà mai sconfiggere Arlong con la forza, ma con l’astuzia. Per questo … ho stretto un patto con lui.
-Un patto?
-Sì. Comprerò Coconout Village. Per 100.000.000. di Berry – Paulina sgranò gli occhi – Se lo comprerò, saranno tutti liberi e nessuno morirà.
-100.000.000 di Berry? Ma è una cifra altissima! Come puoi pensare di …
-Ce la farò! Non importa come. Gli abitanti del villaggio sono già in difficoltà per comprarsi le proprie vite, quindi non chiederò il loro aiuto. Farò tutto da sola. E non dovranno mai sapere la verità. Altrimenti me lo impedirebbero.
-E’ un’impresa impossibile, Viola.
-Ce la metterò tutta. Dovessero anche volerci anni. E nel frattempo … disegnerò tutte le mappe che Arlong vuole. Mi guadagnerò la sua fiducia. In modo che nessun altro venga ucciso.
Paulina era sull’orlo di altre lacrime. Sua sorella allora non era cambiata. Aveva accettato una dura missione per liberare l’intero villaggio dalla tirannia di Arlong. Quale bambina avrebbe avuto un simile coraggio?
-Sarà dura per te – commentò guardando tristemente la croce – Vivere con la persona che ha ucciso nostra madre.
-Starò bene – le assicurò Viola guardandola decisa – Saprò interpretare al meglio la mia parte di fedele alleata. E non piangerò più. Ho deciso … che lo combatterò da sola.
Paulina non riuscì più a trattenersi e scoppiò nell’ennesimo pianto. Stavolta di commozione.
OTTO ANNI DOPO
 Niall, Zayn e Louis strabuzzarono gli occhi.
Erano passate quasi due ore da quando Paulina aveva cominciato il racconto e da allora non si erano mossi, né avevano fiatato.
Ma dopo l’ultima parte non poterono evitare di guardarsi increduli. Sembrava sul serio una storia raccontata. Una bambina che si sacrifica per il proprio villaggio. Da non crederci.
-Per una bambina di 10 anni – concluse la ragazza – combattere affidandosi solo sulle proprie forze … avete idea di quanto sia stato doloroso per lei?
-Lo posso immaginare – disse Zayn.
-Non so come la pensate voi, ragazzi! – sbottò Niall indignato – Ma io sono pronto a proteggere Viola a qualsiasi costo!
Paulina lo zittì dandogli una sberla: - Voi non farete proprio niente! Vi ho già detto che non dovete immischiarvi! Se continuate a urlare ai quattro venti che siete i suoi amici, i pirati dubiteranno della sua lealtà. Ed il duro lavoro di tutti questi anni sarà stato inutile! Non complicate le cose più di quanto già non siano. Lei sta combattendo la sua battaglia e sapere che ci sono delle persone che la definiscono “Amica” è la sofferenza più atroce!
Intanto, fra gli alberi, qualcun altro aveva assistito a tutto il racconto di otto anni prima.
Si trattava di Jonathan e Sauk.
I due uomini, volevano tornare per vedere se magari era possibile smuovere Louis e gli altri, passata quell’ora di tempo.
Ma per caso si erano ritrovato a sentire le parole di Paulina.
E ora piangevano commossi in silenzio.
-Come abbiamo potuto giudicarla così male?
-I veri mostri siamo noi!
 
 
Viola si era nuovamente addormentata sul tavolo.
E stavolta aveva sognato quando tutta quella storia aveva avuto inizio.
Dopo aver stretto il patto con Arlong e aver disegnato per lui già trenta mappe, era partita lasciando per la prima volta Coconout Village ed era tornata portando due enormi sacconi di oro, argento e denaro.
“Dove li hai presi?” aveva chiesto Paulina.
“Da una nave di pirati” aveva riposto lei “sono riuscita ad ingannarli e ad arraffare tutte queste ricchezze. Fanno un milione!”
“Viola, ma sei ferita!”
“Lascia perdere. Non è nulla di grave”
“Come no! Hai tagli sanguinanti ovunque”
“Sto bene. Ora però devo nascondere questi sacchi”
E così aveva messo il suo primo malloppo, in una lunga cassa di legno e poi aveva nascosto questa sacca dentro una fossa che si trovava nel campo di mandarini di fronte casa sua. L’aveva ben ricoperta con finte foglie, in modo da confonderla con le altre piante.
Da quel giorno lei continuò a rubare, viaggiando in varie parti del mare orientale, senza mai tornare a mani vuote. La cassa si riempiva a mano a mano e con lei cresceva anche Viola. La strada per raggiungere i 100.000.000 le sembrava sempre più corta ogni volta che otteneva un nuovo ricavato. Erano passati otto anni.
Ma ora era quasi alla fine. Le rimanevano soltanto 7.000.000 di Berry.
E poi tutto sarebbe finito.
Il suo villaggio e lei inclusa, sarebbero stati di nuovo liberi. Gli Uomini-Pesce non avrebbero più fatto omicidi, avrebbero lasciato per sempre l’isola e la vita sarebbe tornata quella di sempre.
Con le grandi abilità che aveva acquisito durante il corso degli anni, sarebbe bastato soltanto un altro viaggetto per ottenere quell’ultima somma.
Solo un altro viaggio. L’ultimo.
E poi finalmente avrebbe potuto veramente ridere.
Dal più profondo del cuore.
 
Viola, con questi magnifici pensieri, uscì da casa sua.
Il sole quel giorno splendeva più del solito. Chissà, magari era un segno.
Sorrise inspirando la fresca aria di quel pomeriggio. Si stiracchiò.
-E’ proprio un giorno perfetto. Oggi farò l’ultimo colpo – si disse.
-Viola!- sentì chiamarsi all’improvviso.
Si girò verso la salita che collegava il villaggio alla collina. Un gruppo di persone si stava avvicinando. In prima fila riconobbe Javier, ma gli altri non li conosceva.
A fianco dello sceriffo c’era uno strano tipo che aveva i baffi allineati come quelli di un topo. Sia lui, sia gli uomini alle sue spalle, indossavano divise da marinai.
Viola aggrottò la fronte: - La Marina? Perché Javier è con loro? Ma cosa …
L’uomo dai baffi strani sorrise mostrando i denti molto lunghi, altrettanto simili a quelli di un topo. Si fece avanti.
-Sei tu la ladra, chiamata Viola? – lei non rispose, sospettosa –Secondo le nostre indagini, sembra che tu abbia nascosto una grande refurtiva da queste parti – sia Viola, sia Javier, impallidirono – Beh – continuò Smek – dal momento che sono tesori rubati ai pirati, non abbiamo intenzione di arrestarti. Tuttavia – sorrise più malizioso – tutto quello che hai rubato … diverrà proprietà del governo!
Viola non sentì più la terra sotto i suoi piedi. Gli occhi si dilatarono e tutti gli splendidi pensieri che aveva avuto sino a poco prima, si incenerirono, come buttati tra le fiamme.
-E ora consegnaceli! –le ordinò Smek.

TO BE CONTINUED

 

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Capitolo 37
*** Episodio 37 - Aiutami ***



Viola cercò di assumere l’espressione più calma che le riuscì.
Fece un ghigno malizioso e provò a nascondere lo sgomento e la tensione.
-Bene, bene – disse rivolta agli uomini che le stavano davanti – Che persone devote al potere! Non avete il fegato per battervi con dei pirati e quindi vi accanite contro i pesci più piccoli per mantenere la vostra reputazione. Molto nobile da parte vostra! – incrociò entrambe le braccia – Lasciate che vi dica una cosa: In paese mi conoscono come un’Ufficiale della Ciurma di Arlong. Quindi alzate un solo dito su di me e il mio Capitano non ve la farà passare liscia.
Smek ricambiò il sorriso restando tranquillo: - E’ così che vuoi minacciarmi, ragazzina? Non sei abbastanza idonea – si rivolse ai suoi uomini – Trovate i Tesori!
I Marinai iniziarono a sparpagliarsi per l’agrumeto di mandarini.
Viola ne aggredì qualcuno colpendoli con l’elsa del suo fedele pugnale: - FERMI!- urlò.
Coloro che colpì, finirono a terra indolenziti. Tutti si fermarono per andare a soccorrerli.
La ragazza si voltò di nuovo verso il loro Capo. Stavolta con occhi collerici: - E’ così che agisce la marina adesso? – gridò – La Ciurma di Arlong se ne va in giro ad ammazzare la gente e a distruggere villaggi! E voi lo sapete! Ma fate finta di niente e vi preoccupate per una ladruncola da niente! E’ QUESTO IL VOSTRO LAVORO?
Smek continuò a sorridere in modo odioso, noncurante delle parole che gli erano appena state sputate in faccia: - Non è il nostro principio – disse – Continuate a cercare, voi! – i suoi uomini ripresero a setacciare la coltivazione.
-La gente di quest’isola ha aspettato un vostro aiuto da tantissimo tempo! – continuò Viola sempre più furente – Come potete ignorare il loro grido d’aiuto e preoccuparvi solo per me? Luridi Bastardi!
-Scavate nei punti più sospetti di quell’orto di mandarini – la ignorò Smek.
Un uomo si chinò sotto una delle piante e affondò le mani nella terra.
Viola ringhiò e gli impedì di scavare saltandogli addosso e premendogli la lama del pugnale sul collo: - Non osate toccare l’agrumeto di mia madre, maledetti!
Erano troppi. Alcuni avevano già scavato una buca abbastanza profonda. Né atterrò quanti poté, ma questi subito si rimettevano in piedi: - Fermi! Non vi darò mai i miei soldi! – strepitava sempre più in preda alla rabbia e al disgusto.
A quel punto anche Javier, che da quando era giunto sulla cima della collina scortando i marinai, esplose buttando fuori tutto quello che si era tenuto dentro.
Da anni.
-I SOLDI DI QUELLA RAGAZZA SERVONO PER COMPRARE COCONOUT VILLAGE! Questo le autorizza a pensare che voi abbiate il diritto di portarglieli via, Smek??
Smek gli rivolse soltanto una breve occhiata: - Non osare più rivolgerti ad un Capitano della Marina in questo modo, misero cittadino!
Viola si alzò da terra e guardò lo sceriffo stupita: - Javier … - gemette in dei sospiri- ma come fai a sapere … che io …
L’uomo si abbassò di più il cappello con la girandola sul viso:- L’ho sempre saputo, Viola – confessò, finalmente.
La ragazza ebbe un tonfo al cuore.
Ripensò con sofferenza al giorno in cui, otto anni fa, era stato proprio Javier a cacciarla via dal villaggio dopo che aveva scoperto l’alleanza con Arlong. Da quel giorno aveva sempre pensato che la odiasse. Che la ritenesse una persona orribile per aver disonorato in quel modo la memoria di Marian. Invece ora che ascoltava le sue rivelazioni, percepiva un dolore acuto crescerle dentro.
-Da allora non potevo credere a quello che avevi fatto – disse lo sceriffo – così chiesi a Paulina e tutti venimmo a sapere la verità: che ti eri unita a loro solo per salvarci. Ma abbiamo finto di non saperlo. Di disprezzarti. In questo modo se mai avessi voluto fuggire dalle grinfie di Arlong, non sarebbero state le nostre speranze a convincerti a restare.
-Non può essere … - proferì la ragazza con voce spenta. Non seppe se correre tra le braccia di Javier o mettersi a piangere o continuare a bloccare i marinai mostrandosi pericolosa. Quindi non c’era più bisogno di fingere. Ognuno sapeva ogni cosa.
-Ma guarda, guarda – sorrise invece Smek – State forse dicendo che in questo furto è coinvolto tutto il villaggio e quindi deve essere arrestato? Non c’è problema.
-Stanno dicendo – irruppe una voce acuta – che stiamo lottando per le nostre stesse vite! Visto che non possiamo più fare affidamento su di voi!
Il Comandante si voltò.
Vide una ragazza giungere di fronte il cortile della casa, davanti a tutti. Paulina.
-Se non avete intenzione di salvarci – continuò la ragazza a denti stretti – Allora sparite!
Ma Smek non cedette.
-Non l’avete ancora trovato? – continuava a urlare– Qui non si tratta di un chicco di riso! – rivelò improvvisamente – Stiamo parlando di 100.000.000 di Berry!
Javier sobbalzò accigliato: - Ei, bastardo! – urlò al comandante – Come fai a sapere di quanto è la somma?
Smek esitò un momento, poi rispose sorridendo: - Avevo un certo presentimento.
Paulina strinse di più i denti, Javier i pugni.
A Viola invece sembrò che il cuore le si fermasse.
Iniziò a respirare sempre più piano. Gli occhi le si fecero vitrei in modo inquietante. Non sentì più il polso. Finì in uno stato di morte apparente, mentre la sua mente realizzava dubbi, evidenze e responsi.
-Non … dirmi che …
La sua risata le riecheggiò nelle orecchie. La risata dell’essere che da otto anni la teneva sotto il suo controllo. Che da otto anni era stata costretta a servire solo per liberare la sua casa. La risata che da quando era bambina era sempre stata nei suoi incubi peggiori.
Strinse i pugni senza sentire più il sangue nel polso dove si era pugnalata per salvare Zayn.
-Non dirmi – latrò come un cane inferocito – che è stato Arlong a mandarvi qui?!?
Smek ghignò ancora facendo frizzare i baffi da topo: - Chissà – fece spallucce – Siamo ufficiali del Governo. Stiamo solo facendo il nostro dovere di dare la caccia ai ladri.
-Bastardi Corrotti!! – urlò Javier.
-Come può la Marina lasciarsi angariare in questo modo da pirati? – fece eco Paulina.
Viola avvertì i nervi crescerle sempre di più. Le vene pulsare. Il cuore battere.
-Arlong …
-E’ qui! –strillò un uomo all’improvviso da un punto dell’agrumeto.
Smek lo raggiunse. Smosse la terra già scavata dai suoi subalterni e finalmente intravide una superfice piana di legno, sbucare dal terreno.
Sotto gli occhi agonizzati di Viola, Paulina e Javier, scoprì quel baule lasciando tutti senza fiato. Al suo interno, si trovavano decine, no, milioni di monete, gioielli, lingotti d’oro, centinaia di banconote e altri sacchi ancora da aprire contenenti altrettante ricchezze.
-Ma è stupefacente! – gioì Smek meravigliato toccando il denaro come per assicurarsi che non fosse un’allucinazione – Incredibile come una stupida ragazzina abbia razziato tale splendore!
-Sono tutti sporchi e rovinati dal tempo – giudicò uno degli uomini indicando le banconote più ingiallite.
-Che importa? Sono sempre soldi – sorrise il suo Comandante.
-Non toccarli – urlò Viola brandendo nuovamente il suo pugnale – NON TOCCARLI! – si lanciò verso gli uomini, stavolta con intenzioni serie.
Smek la individuò correre soprattutto nella sua direzione. Ghignò un’altra volta. Estrasse la pistola dalla cintura e mirò a colpire la ragazza.
-VIOLA, NO! – strepitò all’improvviso Paulina, comparendole di fianco e parandosi davanti a lei di schiena, facendole da scudo.
Il proiettile partì.
La furia che impestava dentro Viola si dissolse quando la ragazza vide sua sorella venire trapassata alla spalla da una pallottola e finire a terra in uno schizzo di sangue.
-Paulina! – gridò insieme a Javier che accorse.
La ragazza non si mosse.
-PAULINA!
 
 
Harry aveva percorso una buona parte dell’isola a piedi da quando aveva lasciato quella ragazza che sosteneva essere la sorella di Viola con gli altri.
Chissà cosa si stavano dicendo.
Non gli importava molto conoscere il passato della sua amica. Anzi non le importava nemmeno chi fosse, da dove venisse o se stesse dalla parte dei cattivi. Ormai aveva deciso che lei sarebbe stata la sua navigatrice e non avrebbe lasciato quel posto senza prima essere riuscito a convincerla.
Non appena fece la sua entrata tra le strade di un paesino che sembrava abbandonato, le sue orecchie furono oltrepassate da un grido d’aiuto.
-Dottore, presto!
Vide tre sagome scendere giù da un sentiero in salita e varie persone uscire dalle case e radunarsi nella piazza principale.
Un uomo con un camice bianco si fece avanti.
-Che succede, Javier?
-Un’emergenza! Hanno sparato a Paulina!
Il corpo della ragazza venne fatto sdraiare su una panca e il medico controllò subito le sue condizioni. La pallottola aveva percosso la spalla ma a parte il sangue che fuoriusciva da questa, non riportava altre ferite gravi.
-Chi è stato? – chiese il dottore mentre apriva la sua cassetta di emergenza e prendeva un disinfettante e del cotone.
Piano, piano, mezzo villaggio uscì a vedere cosa stesse succedendo.
-Chi è stato? – chiese un uomo.
-La Marina – rispose lo sceriffo ripugnato.
-La Marina? Ma com’è possibile?
Harry si fece spazio tra la folla, curioso di assistere.
Non si accorse che la ragazza ferita era quella che aveva lasciato qualche ora prima a chiacchierare con i suoi amici, però riconobbe quella che le stava affianco e le teneva la mano con lo sguardo basso. Si aprì in un grande sorriso e avanzò.
-Arlong stava collaborando con la Marina! – spiegò Javier ai suoi villici.
-Che cosa osa? – esclamarono all’unisono alcuni.
-Ha voltato le spalle a Viola otto anni fa. Non ha mai avuto intenzione di mantenere la sua promessa.
-E’ vero quello che dici?
-Sì, purtroppo.
-Quel bastardo!
-Razza di farabutto!
-Come ha potuto?!
Viola guardò il viso privo di sensi ma per fortuna ancora roseo di sua sorella e tremò dalla rabbia. Lentamente si alzò senza guardare nessuno e lasciò intravedere le vene sui polsi.
-Ei, Vivy! – si sentì chiamare alle spalle da una voce allegra – Tutto bene? Posso aiutarti in qualche modo?
Si voltò verso Harry guardandolo con fare omicida. Uno sguardo così infuriato non glielo aveva mai rivolto. Lo afferrò per la maglietta.
-Che ci fai ancora qui? – urlò stringendo di più la presa – Quello che succede su quest’isola non è affar tuo, capito? Vattene subito! – non lo trattenne a lungo. Lo spinse con violenza da un lato e poi prese a correre all’impazzata verso il bosco.
Mentre percorreva i sentieri che conducevano dall’altra parte dell’isola, nella sua mente risentì le parole che Arlong gli aveva garantito otto anni fa. Dopo l’assassinio di sua madre.
“Se ci sono dei soldi in balio, morirei piuttosto che infrangere una promessa. Non importa quanti anni ci vorranno. Tu portami quella cifra e io manterrò la parola”
-ARLONG! – ruggì come una belva mentre accelerava di più il passo.
Non passarono neanche cinque minuti, che si ritrovo di fronte Arlong Park.
 
Harry si sedette imbronciato e confuso sotto una palma.
-Ma che diavolo le prende?
Notò una presenza alle sue spalle.
L’uomo di prima, quello che tutti chiamavano sceriffo, gli si era avvicinato.
Ora che lo guardava da vicino, Harry si fermò soltanto sulla strana girandola che portava sul cappello, osservandola rapito. Non fece caso alle tante cicatrici che ricoprivano il suo corpo.
-Wow! Che figata – commentò indicandola – Perché hai una girandola sulla testa?
-Sei un amico di Viola? – gli chiese Javier.
Lui annuì senza esitare: -Tu per caso sai che cosa le è preso prima?
-Sì. Lo so, ragazzo. Ma non sono affari tuoi. Quindi ti prego di ascoltarla e di fare come ti dice. Vattene da quest’isola.
-Io non vado da nessuna parte.
-Si può sapere cosa cerchi di ottenere?
-Voglio che Viola venga con me. Siamo compagni.
-Compagni? Sta a sentire ragazzo, quella di Viola è stata finora la vita più cruenta che una ragazzina come lei potesse sopportare. Non lascerò che lei soffra ancora.
-Ma perché tutti quanti continuate a ripetere, che considerarla una mia compagna è un male?
-Tu non capisci. Non sai cosa ha patito – Javier gli diede le spalle – Se vuoi un consiglio, vattene da qui. Ma ti avverto. Se vedrò ancora dolore sul volto di Viola per causa tua, la pagherai – e se ne andò.
Harry fece spallucce: - Continuo a non capire.
 
-ARLONG!
Tutti gli Uomini-Pesce si voltarono verso l’ingresso.
Videro Viola entrare e avanzare verso il piedistallo di Arlong a passi piccoli e con sguardo acceso.
-Che succede, mia preziosa cartografa? – le chiese Arlong sorridendo – Come mai quella faccia?
-L’ufficiale della Marina che hai mandato – sibilò lei – si è portato via tutti i miei soldi! – allungò le mani verso l’Uomo-Pesce e gli afferrò la tunica giallastra che portava: - Non avevi detto che saresti morto anziché infrangere un affare che tratta di soldi?! Perché l’hai fatto?!?!
Arlong sogghignò: -Quand’è che ho infranto la promessa?
-Non fare il finto tonto! Hai usato la Marina per … - ma Viola non poté continuare perché Arlong le cinse la bocca con la mano palmata, agguantandole l’intera faccia.
-Ti ho chiesto quand’è che ho infranto la promessa – ripeté guardandola fissa negli occhi.
A Viola mancò il respiro. L’odore penetrante della mano che le teneva afferrato il viso, s’insinuò nelle sue narici. Sentì gli occhi inumidirsi dalla rabbia.
Vide Arlong sghignazzare beato, imitato da tutti gli altri Uomini-Pesce.
“Maledetto…” pensò nella sua mente, incapace di urlarglielo in faccia.
Arlong tornò a fissarla: - E così ti hanno portato via tutto il malloppo? Che sfortuna! Ma comunque una promessa è una promessa. Finché non mi presenti 100.000.000 Berry, non posso liberare il tuo villaggio.
Lei si divincolò dalla sua presa e riuscì a sputare fuori: - Bastardo!!
Lui rise ancora: - Dopotutto sono soltanto 100.000.000 di Berry! Basta metterli da parte di nuovo! – strinse di più la presa e avvicinò il viso della ragazza la suo– Non dirmi che stai pensando di fuggire via? Perché ti avverto dolcezza, se lo farai ammazzerò tutti gli abitanti di Coconout Village!
Viola s’impietrì davanti a quella minaccia. Nella sua mente ritornarono le parole di Javier.
“Abbiamo finto di non saperlo in modo che se mai avessi voluto fuggire da Arlong, non sarebbero state le nostre speranze a impedirtelo”
Gli occhi si riempirono di lacrime. Li strinse per non mostrarle a quegli esseri spregevoli. Con uno strattone si liberò dalla morsa di Arlong e corse via, sparendo dal cortile.
Lui non si mosse.
-Capitano – chiese Elaphus – Non dovremmo inseguirla?
-Perché mai? – rispose Arlong ridendo – Non oserebbe mai scappare, sapendo di abbandonare la sua gente nelle mie mani.
Anche Fiskur sorrise: - Davvero ingegnoso, Capitano.
-Già! Non posso lasciarmi scappare una cartografa raffinata come Viola. Ma, nonostante tutto io non sono il diavolo – garantì malizioso– Quando avrà disegnato per me tutte le mappe del mondo, sicuramente la lascerò libera.
I suoi uomini risero divertiti da quella battuta assurda.
-E quanti decenni le ci vorranno? Ha ha ha!
-Morirà cento volte prima di riuscirci! Ha ha ha!
 
 
Nel frattempo, ancora seduti sotto quell’albero, Zayn, Niall e Louis, decisero finalmente di fare la prossima mossa. Avevano trascorso l’ultima mezz’ora a riflettere sul racconto di Paulina ed erano tutti e tre giunti ad un'unica conclusione.
-Su, coraggio – li esortò Zayn alzandosi per primo – Cerchiamo di riunirci con Harry il prima possibile! Ei … che stai facendo Niall? – chiese vedendo che l’amico non toglieva gli occhi dal cielo un secondo.
-Mi godo questo momento – rispose il cuoco facendo una tirata di sigaretta.
-Eh? Di che parli?
-Violetta ha sofferto molto. Più di chiunque altro. E io sono qui per spazzarle via tutta questa sofferenza di dosso. C’è niente di meglio di questo? – spiegò Niall.
-Le tue motivazioni sono ovvie “Cuoco dell’Amore” – lo sfotté Zayn – Non c’è niente di sbagliato combattere per una ragazza tanto bella. Ma ricordati che lo stiamo facendo anche per tutti gli abitanti di Coconout Village.
-Certo che me ne ricordo. Solo che per me lei è la cosa più importante da difendere – replicò l’amico alzandosi, finalmente.
Anche Louis si rimise in piedi brandendo la sua spada: - Basta parlare – interruppe la discussione tra i due – Andiamo.
 
 
La piazza di Coconout Village era radunata dai suoi abitanti. Uomini, donne e alcuni vecchi, muniti di pale, forconi, fucili, spade e altre milizie.
I più anziani, insieme ai bambini, erano rimasti invece nelle case.
Nella folla c’era anche Paulina, che dopo essersi ripresa aveva affermato che il dolore proveniente dalla spalla fasciata era tollerabile.
-Questa è stata l’ultima goccia!- sbraitò Javier davanti a tutti – Stavolta combatteremo!
-SI’!- approvarono tutti.
-Otto anni fa – continuò lo sceriffo – abbiamo promesso che non avremmo gettato via le nostre vite. Per quanto fossero crudeli i loro soprusi, ci bastava sapere che Viola stava bene e avremmo sopportato tutto in silenzio. Ma ecco come veniamo ripagati! Calpestati anche dalla Marina stessa! Ormai non c’è più alcuna speranza di libertà per questo villaggio. Se non interveniamo personalmente non avremo più motivo di vivere. Inoltre – ringhiò con tono furibondo – Non potremo mai perdonarli per aver illuso Viola tutto questo tempo! Ci sono obiezioni?
-Nessuna!- disse una voce a caso dalla folla – Andiamo!
-Siamo pronti a combattere!
-Non permetteremo più a quei mostri di dominarci!
-ANDIAMO!
-NO! ASPETTATE! ASPETTATE!
Gridò una voce proveniente dalle porte del paese.
Tutti si voltarono a vedere di chi si trattasse.
-Viola! – esclamarono in coro.
La ragazza si avvicinò con il fiatone e la fronte sudata. Doveva aver corso molto.
Però … sorrideva.
-Vi prego – disse serenamente – vi chiedo solo un altro po’ di tempo. Ci proverò ancora! - provò a garantire – Raccoglierò di nuovo il denaro necessario. Sarà più facile stavolta – fece una lieve risatina – ormai ho più esperienza. Posso farcela. Voi … non dovete preoccuparvi. Rispetto all’altra volta – la sua testa ebbe un lieve flashback dello sparo che portò sua madre lontano da lei per sempre – non succederà niente – si fermò a poca distanza – Io starò bene. Credetemi, sono pronta a rifarlo. Per me non è un problema. Quindi …
Non disse altro. Si zittì quando vide Javier andarle vicino e stringerla in un abbraccio.
-Basta così, piccola mia – disse parlandole con fare paterno – sai meglio di me che sarebbe tutto inutile. Finora hai combattuto da sola per il nostro bene e noi l’abbiamo apprezzato. Sappiamo quanto sia stato doloroso per te unirti a quella ciurma. Più doloroso di qualsiasi ferita. Hai fatto un ottimo lavoro. Ma ora devi farti da parte.
Lei prese a piangere silenziosamente sulla sua spalla: -Javier …
Lo sceriffo si allontanò da lei tenendole però una mano sulla spalla: - Ora lascia questo villaggio – le intimò.
-Ma cosa dici …?
-Ha ragione lui, Viola – disse Paulina.
-E’ per il tuo bene – disse una donna.
-Scappa, Viola – fece eco un uomo.
Tutti sorridevano.
-Sei furba – continuò Paulina – e hai un sogno da realizzare. Qui hai già fatto fin troppo.
-No! – sbraitò la sorella-  Paulina! Tutti voi! – allargò le braccia davanti a tutti – Non ve lo lascerò fare! Vi prego! – prese dalla tasca il suo pugnale e lo puntò verso di loro con le mani tremanti – Non andate! – li pregò – Non voglio più vedere morti innocenti! Vi prego! – nascose altre lacrime – Vi uccideranno.
-Lo sappiamo – disse Javier allungando una mano verso di lei e sfilandole il coltello dalle mani.
-E’ inutile – dichiarò il dottore – Abbiamo già deciso.
-E ora – concluse Javier- Spostati!
Lei indietreggiò spaventata da quel grido improvviso.
Lo sceriffo sollevò la sua sciabola rivolto ai cittadini: - Andiamo gente! Anche se non vinceremo, mostreremo loro il nostro orgoglio!
-Sì!!!
E tutti quanti si lanciarono verso l’uscita del villaggio, passando davanti alla ragazza senza nemmeno degnarla di uno sguardo. Poco dopo in piazza era rimasta solo lei.
 
Viola cadde sulle ginocchia gemendo.  Il respiro le diventò affannoso. Gli occhi le si dilatarono. Per un attimo cadde in uno stato di trance dove riaffiorarono i suoi ricordi più amari.
Nelle sue orecchie iniziò a echeggiare la risata di Arlong. Il volto del mostro che sghignazzava.
Si sentì un essere inutile al mondo.
Le persone per le quali aveva fatto tanti sacrifici, inganni e sopportato otto anni di prigionia, stavano andando incontro a morte certa per vendicarla. E lei non poteva fare niente, se non commiserarsi di averle deluse per non aver mantenuto la promessa di libertà.
Da tanto aveva sognato di poter essere finalmente libera un giorno.
Ma era un’illusione.
Una stupida illusione.
La sua vita era tutta una falsa.
Udì ancora quella risata e digrignò i denti risvegliandosi dal trance.
La faccia era rigata di calde lacrime che ancora sgorgavano dai suoi occhi.
Il suo sguardo si posò sul simbolo che si era fatta tatuare sul braccio destro.
Il marchio di Arlong, che si era tenuta da quando era bambina per dimostrare la loro alleanza.
Ci portò una mano sopra. Ringhiò e lo strinse con forza.
-Arlong … - sibilò.
Non fu più in sé. La rabbia la invase a tal punto da non farla più ragionare.
Afferrò il pugnale che Javier aveva lasciato a terra prima di andarsene e con foga se lo conficcò nel braccio.
-ARLONG! – ruggì sentendo un fremito in tutto il corpo.
Staccò la lama dalla sua pelle e la riaffondò, pugnalandola ripetutamente.
-ARLONG! ARLONG! ARLONG!
Continuava a urlare come se stesse colpendo lui e non sé stessa.
Il sangue le tinse tutto il braccio di rosso e si servì delle fitte dolorose per gridare più forte.
Ruggiva e ringhiava come un animale rabbioso. Non controllava più le sue azioni.
Era una furia.
Ma prima di potersi infliggere la decima coltellata, sentì qualcuno bloccarle il polso a mezz’aria, prendere il pugnale insanguinato e lasciarlo cadere ai suoi piedi.
Viola smise di gridare il nome di Arlong e voltò di poco la testa giusto per vedere di chi si trattasse.
-Harry … - sussurrò.
Il ragazzo era in piedi dietro di lei e la guardava con sguardo spento.
Lei chiuse gli occhi girando la testa dall’altra parte.
-Cosa vuoi? – singhiozzò – Tu non sai niente … di quello che è successo su quest’isola otto anni fa!
-No. Non lo so– confermò lui restando serio.
Viola tremò di novo: - Ti avevo detto di andartene – strinse i pugni – questa storia non ti riguarda!
-Sì. Me l’hai detto.
-E ALLORA VATTENE! – gridò lei mettendosi le mani tra i capelli e agitandosi come se nelle orecchie le rimbombasse un suono insopportabile – VATTENE VIA! SPARISCI! VATTENE VIA! VATTENE VIA! VATTENE!
Ma Harry non si mosse. Restò lì fermo a guardarla.
Lei, avvertendo ancora la sua presenza, smise del tutto di urlare e si tolse le mani dalla testa per portarle sul viso e continuare a piangere in silenzio.
Il ragazzo si fece ancora più serio.
Tra i singhiozzi, Viola ritrovò la calma. Sentì il dolore lancinante provenire dal braccio ferito, ma non fu quello a farle male. Fu qualcos’altro.
Era debole. Impotente. Aveva bisogno di qualcosa su cui aggrapparsi per rimettersi in piedi e ritornare la ragazza determinata di sempre. Ma al momento era solo indifesa.
Alzò per questo lo sguardo e guardò Harry con occhi pieni di lacrime e la voce rotta. Lui era qualcuno che non cadeva mai a terra, come lei.
-HarryAiutami!
Lui chiuse gli occhi e non si mosse ancora per qualche secondo.
Poi però prese con una mano il suo immancabile Cappello di Feltro e lo appoggiò sulla testa di Viola. Poi si voltò allontanandosi di poco.
Strinse i pugni e li sollevò, inspirò profondamente e lanciò un intenso grido.
-CERTO CHE TI AIUTO!!!!
 
Viola si toccò il cappello che aveva in testa.
Ricordò quanto Harry fosse protettivo su quell’oggetto. Lo definiva il suo tesoro più grande e nessuno doveva toccarlo.
-Oh, Harry … - gemette lacrimando.
Si girò di poco verso il ragazzo, accorgendosi finalmente che non era del tutto solo.
Lo vide avanzare verso tre ragazzi che lo stavano aspettando all’uscita del villaggio.
-Andiamo – disse loro.
-Sì! – risposero seri, Louis, Niall e Zayn.
Viola li osservò sparire nel bosco, allineati e con lo sguardo minaccioso.
Erano arrabbiati da far paura, anche se non lo dimostravano.
 
Quando i cittadini di Coconout Village arrivarono di fronte i cancelli di Arlong Park, li trovarono serrati. Davanti ad essi c’erano due uomini immobili. Jonathan e Sauk.
Avevano varie ferite in tutto il corpo. Alcune ancora aperte. Avevano un’espressione ferma e decisa.
-Ei voi! – disse Javier a capo della fila – Che cosa vi è successo?
-Spostatevi! – ordinò loro invece un uomo – Siamo venuti a combattere gli Uomini-Pesce.
-Dopo aver scoperto la vera identità di Viola – raccontò Jonathan ignorando l’assetto – avevamo deciso di batterci con Arlong. Così siamo venuti qui, ma abbiamo perso miseramente. Ci ha risparmiati per miracolo.
-Senza offesa – continuò Sauk – ma non vi lasceremo passare. Non avete nessuna chance di vincere.
-Cosa? – esclamarono alcuni.
-State a sentire – disse poi Jonathan – abbiate pazienza. A breve arriveranno qui delle persone molto in gamba.
-Delle persone? – chiese Javier.
-Sì. Sono sicuro che stanno per arrivare.
Non l’avesse mai detto.
All’improvviso dagli alberi sbucarono delle sagome che avanzarono lentamente verso le porte della pagoda degli Uomini-Pesce.
Jonathan e Sauk furono i primi a scorgerli. Sorrisero: - Eccoli là!
Javier, Paulina e gli altri abitanti si voltarono.
Videro quattro ragazzi che camminavano uno vicino all’altro, avvicinarsi.
Il primo era un ragazzo che brandiva una spada.
Il secondo un ragazzo biondo con le mani in tasca.
Il terzo aveva il ciuffo e brandiva una fionda.
Il quarto teneva soltanto i pugni chiusi.
Tutti e quattro avevano uno sguardo che incuteva timore. Fermo ma allo stesso tempo irato.
Paulina li riconobbe: - Sono loro …
-Cos’hanno di speciale quei ragazzini? – chiese Javier caotico – Non sono nemmeno robusti.
-Sono i soli in grado di battere Arlong. Altrimenti non solo per quest’isola ma per tutto il Mare Orientale non ci sarà più futuro – sostené Sauk.
-Quei quattro ragazzi cambieranno il vostro destino. Ricordatevi bene i loro volti – affermò Jonathan.
Tutti sembrarono confusi, ma non fiatarono. All’inizio alcuni pensavano di deridere chi credeva che quei ragazzini fossero più forti di tutti loro messi insieme. Ma quando scorsero meglio i loro sguardi, capirono che non avevano nessuna voglia di scherzare.
 
Quando i quattro furono a poca distanza da loro, Harry impose ai cittadini: - Fateci passare.
 
Intanto tra le mura di Arlong Park, gli Uomini-Pesce se la ridevano alla grande.
-Ei, Capitano – chiese Morsky – dite che quei due rammolliti di prima, facessero parte della Banda di Louis?
-Non può essere – rise Arlong – erano troppo deboli. E comunque li ho risparmiati soltanto perché al momento non ho fame. Più tardi vedrò.
Ad un certo punto, le loro risa si interruppero, perché furono troppo occupati a udire un urlo straziante, provenire dall’esterno.
-GOM GOM PISTOL!
Scioccati, videro il portone principale tremare e perdere pezzi mentre si riempiva di crepe. Ci fu un tonfo simile a una martellata violenta.
-Ma cosa … - provò a dire Arlong.
Ci fu lo stesso suono ripetuto una seconda volta.
-GOM GOM PISTOL!
E stavolta, con un altro botto più carico, l’estremità centrale dei cancelli crollò, creando un varco tra i residui di cemento che si sbriciolava o cadeva in tanti minuscoli pezzi.
Gli Uomini-Pesce si pietrificarono.
Videro un ragazzino sbucare fuori dal varco, con il pugno ricoperto di polvere sgrassata dalle porte cadute.
Harry guardò quei mostri uno a uno.
-Chi è Arlong?



TO BE CONTINUED

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Capitolo 38
*** Episodio 38 - Attacco ad Arlong Park ***



Tutti i piccoli occhietti rappresi degli Uomini-Pesce, si posarono increduli sul ragazzo che aveva appena sfondato metà di un muro molto compatto.
La domanda che aveva appena volto però, li lasciò ancora più stupiti.
Come, non sapere, chi sia il loro Capitano?
-Arlong, dici? – sibilò questi innervosito – Sono io.
Il ragazzo allora avanzò a grandi passi verso il suo piedistallo.
-Io mi chiamo Harry – si presentò.
-E chi diavolo saresti? – chiesero i mostri.
-Un pirata! – sbottò lui continuando ad avanzare.
-Dove credi di andare? – chiesero due Uomini-Pesce parandosi davanti a lui, divertiti – Prima dovrai fare i conti con noi.
Il ragazzo neanche li guardò. Afferrò un lembo di branchia da entrambe le facce e le sbatté una contro l’altra in modo sonoro, stordendoli.
-Levatevi – ordinò riprendendo ad avanzare.
Arlong sgranò gli occhi. I suoi uomini la bocca, imperterriti.
-Cosa vuole un pirata da me? – chiese Arlong.
Harry si fermò ormai a poca distanza dal trono. Serrò le labbra squadrando per un istante quell’essere terrificante senza però dimostrare un briciolo di timore. Poi si afferrò il pugno sinistro e lo caricò. Nessuno ebbe il tempo di capire cosa stesse pianificando perché l’attimo successivo fu un lampo. Quel pugno scattò veloce come un proiettile e colpì Arlong in pieno volto, facendogli spiccare il volo di alcuni metri di altezza e atterrare di tanti altri di distanza. Il muro contro cui andò a sbattere, si aprì di alcuni pezzi.
Gli Uomini-Pesce e gli abitanti di Coconout Village rimasti fuori dal cortile a osservare la scena, sbiancarono inorriditi davanti a quel gesto che nessuno aveva mai osato compiere in vita propria.
Arlong non svenne. Anzi si riprese subito dalla caduta, scrollandosi di dosso la polvere e toccandosi la guancia solcata da un profondo livido.
Mostrò i denti rivolgendo uno sguardo omicida al ragazzo:  -Ma cosa cazzo vuoi da me?
Harry però dimostrò molta più rabbia, dilatò le narici come fa un toro imbizzarrito e fu come se dal loro interno uscisse vapore fumogeno.
Nella sua mente comparve di nuovo l’immagine di Viola in ginocchio col braccio sanguinante che piangeva disperata. Solo la parola che gli aveva rivolto gli rimbombava in testa.
Harry … aiutami
 
Il ragazzo ringhiò mostrando anche lui i denti.
-TU! – gridò rivolto ad ArlongCome hai osato far soffrire Viola????
 
In quel momento dalla piscina centrale uscirono altri Uomini-Pesce, tutti armati e si lanciarono verso di lui.
-Bastardo! Come osi colpire il nostro Capitano??
Harry non si mosse, noncurante delle tante spade che stavano per trafiggerlo.
In quel momento a salvarlo, intervennero una miriade di calci, che atterrò uno a uno quel gruppo di Uomini-Pesce.
-Non impicciatevi, mezze seghe! – disse Niall colpendone un altro.
Poi andò ad affiancare l’amico: - Santo cielo. Come puoi irrompere qui dentro tutto da solo?
-Vincerei anche se fossi solo – lo assicurò Harry.
-Idiota – sbuffò Niall – Quando ho detto che ero preoccupato per te, mi riferivo al fatto di non tenerti tutto il divertimento – indicò i corpi distesi degli Uomini-Pesce.
-Ah. Okay.
-Beh – balbettò all’improvviso Zayn, raggiungendoli tremante – Io non mi offendo se volete tenervi tutto il divertimento.
-Sei il solito vigliacco – commentò Louis unendosi a loro e dando una spallata al cecchino.
In quel momento, Elaphus digrignò i denti.
-E’ proprio lui. Lo spadaccino Louis. Quello che mi ha ingannato!
-Guardate! – strillò un altro Uomo-Pesce indicando Zayn – Ma quello …
-Cosa?? – esclamò Fiskur senza farlo terminare – Ma Viola l’aveva ucciso!! Come può essere ancora vivo??
-Questo significa … - disse Morsky senza riflettere – Ma certo! Io l’ho sempre saputo! Quella stronza è una traditrice!!
Gli occhi di Arlong erano puntati sui quattro ragazzi in piedi vicino il suo piedistallo che lo fissavano agguerriti. Chiuse gli occhi per nascondere tutta l’ira che non voleva liberare a boiate. Non subito.
-Ma chi sono quei ragazzi? – chiese il dottore del villaggio, rimasto di stucco come tutti gli altri.
-Ha fatto volare via Arlong! – dissero gli altri.
-Incredibile!
-Nessuno di noi è mai riuscito anche solo a toccarlo …
-Non è una cosa che riuscirebbe a un normale essere umano.
-Non vi lasceremo passare – ripeterono Jonathan e Sauk parandosi di fronte la folla – Se interverreste, peggiorereste soltanto la situazione. Sareste d’intralcio.
-Non capisco – disse Javier – Perché lo fanno? Sono stranieri. Non hanno motivo di combattere. Che ragione li spinge a farlo?
-Che motivo hanno? – rispose Sauk – Semplice
-Non vogliono più vedere Viola soffrire – finì per lui Jonathan.
-Lottare per difendere chi si ama, è una ragione più che valida – riprese Sauk.
Quella risposta ammutolì Javier e tutti gli altri, che rimasero fermi ad assistere.
 
-E così sareste dei pirati? – ghignò Arlong rimettendosi lentamente in piedi – Dunque è questa la relazione che c’è tra voi e Viola. E io che pensavo foste solo altri fra le sue tante vittime. Ma cosa potrebbero mai fare quattro esseri inferiori come voi, contro uno come me?
-Poveri illusi – rise ElaphusArlong non sprecherà il suo prezioso tempo con voi. Per questo ci penserà “Lui” – solo allora tutti si accorsero che in mano teneva uno strano aggeggio simile a un fischietto da arbitro. Se lo portò nella bocca squamosa e ci soffiò dentro producendo un suono frastornate che assordò tutti per un secondo. Era un richiamo: - Vieni – prese a urlare l’Uomo-Aragosta – vieni, Pesce-Drago! È ora dello spuntino – ghignò ai quattro ragazzi.
Passarono alcuni minuti ma non successe nulla. Alcuni si aspettavano di vedere un essere mostruoso uscire dalla piscina, centrale più affamato che mai, ma la superfice dell’acqua rimase intatta.
Elaphus riprovò a fischiare e a chiamare di nuovo ma non successe niente.
-Insomma, dove sei, Pesce-Drago?
Harry e Niall si lanciarono un’occhiata furbetta: - Hai detto Pesce-Drago?
L’Uomo –Aragosta si girò a fissarli: - Esatto! Lo abbiamo portato qui dal Grande Blu ed è sempre stato al nostro comando. Ha persino distrutto il villaggio di Gosa sotto nostro ordine.
Zayn ripensò con orrore alle macerie di quel luogo sfracellato.
Harry e Niall si ghignarono a vicenda.
-Intendi forse – disse il cuoco mentre l’amico rideva piano alle sue spalle – quel povero adorabile pesciolino che ci siamo mangiati a pranzo?
Gli Uomini-Pesci si paralizzarono assorbendosi quelle parole.
-Cosa hai … - provò a gemere Elaphus.
-Gnam – sorrise Harry accarezzandosi la pancia – era davvero squisito!
-No – disse Elaphus – no, non può essere vero! Siete dei bugiardi!!!
-Invece te lo posso assicurare – confermò in quel momento Sauk ad alta voce – I ragazzi hanno messo K.O. quel mostro e di lui ora non è rimasto che la lisca!
-Non è possibile! – urlò Morsky – Nessuno può riuscire a uccidere un Pesce-Drago! A parte noi!
-Invece ce lo siamo pappati – disse Harry leccandosi le labbra – una vera prelibatezza.
-MALEDETTI!– strillò la maggior parte degli Uomini-Pesce, fiondandosi verso i ragazzi.
Il ragazzo di gomma si fece avanti: - Mi occupo io di loro – disse ai compagni – state indietro.
Loro obbedirono senza opporsi.
Videro il loro amico inspirare profondamente, piegare le ginocchia e piantare i piedi nel pavimento, incastrandoli saldamente nel cemento. Dopodiché girò su sé stesso una decina di volte finché il suo corpo non si fu arrotolato come una pezza bagnata.
Louis aveva già assistito a quella mossa e rabbrividì: - Oh, merda! Al riparo!
-Che hai? – chiese Niall – Che vuole fare?
-Non sarà niente di buono! Via! – ripeté lo spadaccino spingendo i due amici dietro una delle colonne che reggevano la pagoda.
Harry portò le dita di fronte al petto.
-GOM GOM FIREWORKS!
Il suo corpo prese a srotolarsi dalla treccia in cui si era a volto e mentre il ragazzo girava come una trottola ad una velocità inaudita, lanciava milioni di pugni a raffica che andarono a colpire uno a uno gli Uomini-Pesce veloci come tante comete che cadevano dall’alto, lanciandoli o in aria o nelle piscine.
Tutti a eccezione di Arlong e i suoi Tre Ufficiali che poterono così realizzare che quel ragazzo possedeva i poteri delle Folgori del Diavolo.
Harry continuò a girare urlando e imprecando contro di loro mentre pensava scherzosamente alla girandola sul cappello di Javier. Si sentiva proprio così in quel momento. Una girandola.
Quando il suo corpo si snodò completamente, ebbe per un po’ le traveggole. Poi però rimase a contemplare soddisfatto il suo operato quando vide che ormai la maggior parte della ciurma di Arlong era a tappeto.
-Non sono venuto qui per combattere con voi pesci piccoli – informò affannato per la fatica e ancora con la testa girevole – L’unico che voglio sconfiggere – puntò il dito verso ArlongSEI TU!
Arlong allora si mostrò in uno di quei suoi malefici sorrisi che facevano ribrezzo a chiunque li osservasse anche da lontano: -Perfetto– disse in risposta – Anche io stavo giusto pensando in che modo mi sarebbe piaciuto ucciderti – ma Harry non lo stava più ascoltando, attorniato dai suoi amici che gli davano violente botte sulla testa elastica.
-Era pericoloso, imbecille! – strepitava Niall – Quei cosi stavano per caderci addosso!!
-Volevi ammazzare anche noi??? – gli fece eco Zayn furente, tremando più di prima.
-Scusate- si scusò lui alzando le spalle – ci avevo preso la mano.
 
-Che potere distruttivo, – balbettò Javier credendo di avere le allucinazioni – è davvero impossibile! Una cosa assurda!
-E’ incredibile pensare che possa esistere una persona capace ad abbattere così tanti di Uomini-Pesce in un colpo solo! – commentò il dottore asciugandosi la fronte sudata.
Nessuno dei cittadini però, temeva più il peggio per quei ragazzi. Sospirarono speranzosi. Dopo aver visto la capacità di quel ragazzo, finalmente cominciarono a credere che quella sarebbe stata la battaglia decisiva per l’intera isola.
 
Harry fece per muoversi, ma restò lì impalato. Qualcosa lo tratteneva.
Abbassò lo sguardo e si accorse ingenuamente di avere ancora i piedi conficcati nel cemento. Provò ad estrarli fuori prendendo ad agitarsi dando l’impressione di stare ballando in modo terrificante e incapace.
Niente da fare. Erano bloccati.
-Che stai facendo? – gli chiese Zayn– In questo momento, pensi a ballare?
-No – provò a spiegargli – è solo che …
-Come hai osato fare questo alla nostra ciurma? – disse Fiskur, unico rimasto in piedi insieme a Elaphus, Morsky e Arlong. Quattro volti contro quattro volti.
-Credo proprio che ora dovremmo sporcarci le mani – obbiettò Morsky.
-Già – concordò Fiskur- dovremo far loro comprendere l’enorme maggioranza che distingue le due specie.
-Ma bene – sorrise Louis – finalmente si sono fatti avanti i pezzi da novanta.
Arlong ringhiò di nuovo senza però alzare un muscolo.
-Stanne fuori, Capitano – gli dissero i suoi Ufficiali – se scateni ora tutta la tua ira, Arlong Park verrebbe ridotta in polvere. Ci occuperemo noi di loro!
-Fate come vi pare – il loro Capitano si sedette comodamente per terra a gambe incrociate come un bambino che assiste a uno spettacolo di burattini.
-E va bene, ragazzi – disse Niall mettendosi in bocca la sua immancabile sigaretta – conviene anche a noi sporcarci un pochino.
-Ehm … ragazzi … - Harry non era ancora riuscito a spiegare la stupida situazione in cui si trovava. Nessuno gli prestava attenzione.
Elaphus si fece avanti. Trasse una profonda inspirazione, gonfiando il petto e si infilò leggermente una delle chele in gola. Ebbe dei sussulti.
-Cosa combina, l’aragosta? – chiese Louis.
-Se la metti a bollire in acqua salata e poi la tagli a fettine per poi condirla con olio d’oliva e salsa piccante, è un ottimo antipasto – lo sfotté Niall.
-Ragazzi! – cercò di richiamarli Harry – Potete starmi un attimo a …
Non finì la frase perché in quel momento, l’Uomo-Aragosta, vomitò come una pompa, una sostanza liquida e appiccicosa di colore giallognolo che schizzò verso i ragazzi.
Zayn andò a nascondersi dietro un pilastro.
Niall e Louis si spostarono appena in tempo, ma Harry ne fu colpito in pieno, emanando ora un odore nauseabondo e sentendo ogni parte del corpo molliccia. Gli vennero i conati di vomito reale.
-Chiedo scusa – ruttò Elaphus asciugandosi la bocca salmastra – era un po’ di riflusso di corallo.
 
-Ma sei scemo? – gridò Louis rivolto all’amico, ricoperto di rigurgito – Perché non l’hai schivato????
-Ahia! Che male agli occhi!! Non ci vedo!!! – si lamentò Harry dimenandosi e schizzando un po’ ovunque.
Elaphus decise di completare personalmente il lavoro e con una forza bruta, improbabile per uno che se ne resta sempre con la schiena curvata, sollevò un grosso macigno, residuo del muro contro la quale aveva sbattuto Arlong. Era così grosso da nascondere sette persone.
Zayn capì al volo le sue intenzioni: - Scappa Harry! Vuole schiacciarti! – lo avvertì restando nascosto dietro la colonna.
-E’ questo il punto! – gridò l’amico esasperato prendendo a tirarsi i piedi ma senza risultati – Non posso muovermi!
-Cosa? – esclamò Niall.
-Non vengono fuori! – insistette l’amico dimenandosi all’impazzata– Sono incastrato!!!
-Cretino! – urlò Zayn – Sei tu che ce li hai ficcati!
-Che diavolo ti passa per la testa!? – disse Louis sbattendosi una mano sulla fronte.
Elaphus ormai era abbastanza vicino e con un urlo di trionfo, scagliò quel grosso masso addosso ad Harry.
Ma non si udì mai il suono del macigno che lo schiacciava a terra. Solo quello del macigno, che veniva spaccato in due parti, da un possente calcio di Niall che si era parato davanti all’amico appena in tempo.
-Che seccatura- commentò ripulendosi in fretta la scarpa dalla polvere di cemento.
-Bel colpo, Niall! – lo ringraziò Harry, riconoscente.
Elaphus era sbigottito.
Niall sorrise: - Sembra proprio che mi sia messo al seguito di un Capitano che è un completo idiota!
-Già – concordò Louis – Lo penso anch’io.
Harry fece una smorfia a entrambi.
-Wow! Incredibile!!- commentò Zayn senza lasciare il suo nascondiglio.
-Ma infondo – continuò Niall sorridendo – è sempre meglio che fare parte di una schifosa banda che fa del male a una ragazza.
-Una ragazza? – chiese Morsky – Siete venuti qui solo per difendere una schifosa come quella? Mi fate ridere.
-Schifosa? – sibilò Niall restando momentaneamente calmo – Parla ancora così di lei e ti friggo in padella, pesciolino!
Morsky sorrise: - Per essere un umano sei bravino. Ma come pirata non dovresti avere vincoli morali.
Lui fece un’altra tirata di sigaretta: -Vuoi dire che i miei princìpi non sono da pirata? Sicuramente sono migliori dei vostri, stupidi pesciotti.
-Sembra proprio che la superiorità della razza degli Uomini-Pesce non ti suoni familiare – Morsky si scroccò le dita palmate e rivolse al biondino uno sguardo di profonda ostilità.
Lui lo ricambiò. A quanto pare entrambi avevano trovato il loro avversario.
Nel frattempo Zayn, dopo aver esitato a lungo se toccare o no quella roba rivoltante che ricopriva Harry, si era dato da fare per afferrarlo dalle braccia e cominciare a tirarlo il più possibile in modo da liberargli i piedi dal cemento. Ma visto che il ragazzo era di gomma, non faceva altro che allungarsi sempre di più a mano che l’amico indietreggiava tirandolo con sé. I piedi non si decidevano a estrarsi.
-Ehm … Zayn – disse rivolto all’amico con sguardo indifferente, quando ormai il suo corpo era parecchio distante dai piedi incastrati – non credo si libereranno, se continuo ad allontanarmi sempre di più da loro.
-Ah, ma quando sei bravo a parlare! – gridò Zayn ironico e col fiatone per il troppo sforzo – Perché invece non la smetti e mi dai una mano?
Il peggio arrivò quando Elaphus ritentò ancora di schiacciarli raccogliendo un nuovo macigno. Niall era troppo preso a squadrare Morsky e non ci badava.
-Oh, Cacchio!- imprecò Zayn allontanandosi sostenendo il corpo di Harry che diventava ancora più lungo – Avanti, liberati! Liberati! Liberati! – pregò sottovoce senza risultati.
Ma l’Uomo-Aragosta venne fermato anche stavolta.
-Ei, tu – gli disse Louis puntandogli la sua unica spada rimasta – Quei due hanno da fare. Sarò io il tuo avversario.
-Tu??? – ringhiò Elaphus, furioso quando si ritrovò a fissarlo da vicino – Ma certo! Con piacere! Questo è per avermi ingannato! – finalmente riuscì a frantumare in mille pezzettini un macigno di cemento, scagliandolo contro il ragazzo, ma Louis lo deviò per un pelo – Hai anche ucciso tanti dei miei compagni! – gli ricordò la strage che aveva fatto quando era fuggito dalla prigione.
-Non riesumiamo il passato – disse Louis tendendo in avanti la spada – La ragione per cui mi vuoi morto, non m’interessa. La situazione è cambiata – sorrise – non siete più voi che volete uccidere noi. Siamo NOI a voler uccidere VOI!  - rifletté i suoi occhi nella lama della katana, prima di puntarla nuovamente verso il mostro.
 
Zayn trasse un sospiro di sollievo, sapendo che di quel crostaceo se ne sarebbe occupato Louis. Ma nell’asciugarsi il sudore dalla fronte, perse la presa che teneva salda su Harry per trainarlo via dal cemento e l’amico venne nuovamente trascinato all’indietro, nel punto dove le sue gambe erano conficcate. Nel farlo finì per sbaglio addosso a Fiskur, mandandolo a sbattere contro un muro e infine tornò dritto al punto di partenza senza alcun risultato di smossa.
 -Ops! – esclamò Zayn rosso in faccia – Scusa Harry – ma non era questo ora il suo problema principale.
Quando Fiskur si rialzò, sporco dal vomito di Elaphus nel punto in cui Harry aveva sbattuto, lanciò al cecchino uno sguardo omicida ritenendolo responsabile.
-Bastardo! Questa me la paghi!
Zayn sentì il cuore rallentare per la paura e le gambe fremere.
-Oddio … - riuscì a mugugnare.
-Sembra proprio che tu non veda l’ora di morire – disse Fiskur prendendo ad avanzare verso di lui. La camminata divenne piano, piano una corsa.
Zayn si pietrificò per un istante di fronte il volto mezzo spinato di quell’Uomo-Pesce orribile. I suoi denti affilati e minacciosi, i suoi occhi iniettati di sangue e il suo corpo che gli stava venendo incontro. Lo ritenne molto più mostruoso di Arlong. Preso dal panico, non poté fare altro che urlare, girare i tacchi e scappare, oltrepassando il muro sfondato, la folla che stava fuori Arlong Park e dirigendosi verso la foresta.
-Ei – lo riconobbe un cittadino indicandolo – Ma quello non è il ragazzo che ha salvato Javier?
-Perché scappa? – chiese un altro.
Videro anche Fiskur uscire fuori dal solco nel muro creato da Harry e s’immobilizzarono.
Lui li guardò uno a uno.
-Voi siete gli abitanti di Coconout Village – li riconobbe – A giudicare da tutte queste armi, devo desumere che vi state ribellando? – mostrò i denti imponente – Siete tutti …
-Explosive Stars!
Quell’enunciazione lontana, fu susseguita da una pallina improvvisa, che esplose a fuoco sul volto di Fiskur, lesionandolo.
L’Uomo-Pesce strillò e spense le piccole vampe che erano sulla sua faccia, con le mani palmate e nel suo caso mezze spinate.
-Zayn! – strillò Jonathan voltandosi.
Videro il ragazzo con la sua fedele fionda ancora a mezz’aria. L’espressione fifona di poco prima sembrava sparita, sostituita da una molto più ardita.
-Il tuo avversario sono io - gridò.
Quando Fiskur si riprese dalla vista un po’ offuscata, lo incenerì con gli occhi.
-Se ci tieni tanto a morire, ti accontento subito! – e si lanciò verso di lui.
Zayn, rendendosi nuovamente conto di essere in pericolo, intraprese un sentiero nella foresta e sparì tra gli alberi con il mostro alle calcagna.
Javier si grattò la testa. Quel ragazzo era strano. Sembrava avere una doppia personalità che mutava a favore delle situazioni. Ma in cuor suo, sperò che se la cavasse.
 
Intanto Arlong aveva smesso di restarsene seduto a osservare e si rimise possente in piedi.
-Ei voi, spostatevi ora. Mi sto annoiando. Non ce la faccio più a stare fermo.
-Ma Capitano – provò a opporsi Morsky – Ti avevo detto di non scaldarti troppo. Altrimenti la pagoda …
-Non ti preoccupare – lo interruppe Arlong – mi è solo venuto in mente di fare un giochino interessante – avanzò a testa bassa verso i tre ragazzi rimasti all’interno del cortile.
-A te ci penso io! – sbraitò Harry facendo scattare il pugno nella sua direzione.
Ma l’Uomo-Pesce lo parò, agguantandolo con la sua manona bluastra.
-Pensate seriamente di poter vincere contro di noi? – disse sogghignando.
-Sì. E allora? – sorrise Niall.
-Certo che sì, idiota! – continuò Harry dimenando il braccio immobilizzato – Toglimi quella lurida zampaccia di dosso!
-Pare che abbia qualcosa in mente – disse Louis curioso.
Nessuno dei tre ebbe il tempo di avere anche solo un’ipotesi.
Arlong partì.
 
Con una forza brutale infilò entrambe le mani nella parte di pavimento vicino a dove erano incastrati i piedi di Harry e ne estrasse l’intero blocco di cemento, sollevando così anche il ragazzo sopra la sua testa.
-Ma che cazzo …. – disse lui ritrovandosi improvvisamente ad osservare i suoi compagni dall’alto.
Niall e Louis sgranarono gli occhi, esterrefatti davanti a tale potenza.
-E’ vero che – sorrise Arlong – chi è stato colpito dalle Folgori del Diavolo è un peso morto, nell’acqua? – rivolse la sua attenzione alla piscina centrale.
Niall e Louis si allarmarono ancora di più, consapevoli di quali fossero le sue intenzioni.
Harry si ribellò alla presa provando a colpirlo con il braccio libero.
-GOM GOM PISTOL!
Ma quando il pugno partì verso la sua faccia, Arlong spalancò la bocca ricoperta di denti affilati come rasoi e lo addentò dolorosamente tenendoselo stretto.
Harry gridò dal male sentendo il sangue fluire dal polso.
L’Uomo-Pesce non si decideva a lasciarlo allora provò a fare una contromossa mordendogli a sua volta il braccio squamoso. Ma i suoi canini non furono abbastanza forti.
Arlong sentì solo un piccolo pizzicotto.
Non esitò oltre. Come se fosse una palla da baseball, scaraventò il blocco di cemento nella piscina e questo sprofondò in un attimo portando a fondo con sé, Harry.
-Harry! – sbraitò Louis.
-Bastardo! – gridò Niall al mostro.
Arlong rise soddisfatto come non mai, imitato dai suoi uomini.
Niall corse verso il bordo piscina: - Resisti, sto arrivando!
Ma Louis gli si parò di fronte: - Fermo! Non fare l’idiota! Se salti in acqua fai il loro gioco! Sott’acqua gli Uomini-Pesce hanno più forza degli esseri umani!
Niall strinse i denti: - Merda! E allora cosa facciamo?
-C’è solo un modo per salvarlo.
Entrambi si voltarono fronteggiando Morsky e Elaphus.
-Ammazzarli velocemente e buttarci in acqua? – indovinò Niall.
-Esatto – confermò l’amico tendendo la spada – Forza! Non perdiamo tempo.
Arlong si sedette sul suo piedistallo e li derise: - Per quanto tempo crederete che riuscirà a trattenere il fiato? – e rise ancora.
I due ragazzi ringhiarono infuriati.
-Il pesce è tuo – confermò Louis.
-Tu occupati di quel granchio – rispose Niall.
 
Sulla superfice dell’acqua si riuscirono ancora a intravedere le mille bollicine d’aria che provenivano verso il basso. Segno che Harry era ancora vivo. Ma per quanto?
Non appena il suo corpo si era immerso, le conseguenze di essere stato colpito dalla Folgore dell’Estensione, lo aveva subito irrigidito come un blocco di ghiaccio. L’unica cosa che riuscì a fare, fu di mettersi una mano davanti alla bocca e una davanti al naso per non fare uscire l’aria rimasta. Uno sforzo inutile.
 
Arlong rise ancora: - Voi umani siete proprio una razza inferiore. Incapaci di respirare sott’acqua!
-Fatti avanti, maledetto! – gridò Louis rivolto a Elaphus.
Lui sorrise: - Va bene, bambini. Giochiamo.
I due ragazzi partirono alla carica, svelti come il vento.
-Ti sistemo in cinque secondi! – sbraitò lo spadaccino.
-No, in tre secondi! – lo corresse Niall.
-Non così in fretta – li avvertì Morsky – Qualunque cosa facciate, non avete speranza di uscire vivi da qui.
Niall gli assestò il primo calcio, che però fu schivato.
Elaphus rigettò di nuovo quella sostanza vomitevole, che mancò Louis di un soffio. Il ragazzo prese ad armeggiare con la spada.
-RESISTI, HARRY! – urlò prima di cominciare il vero combattimento.

TO BE CONTINUED

 

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Capitolo 39
*** Episodio 39 - Con una Spada ***




-Sarà molto divertente – rise Arlong prendendola ancora come un gioco - Una sfida all’ultima morte. Chissà chi creperà per primo tra voi e il vostro amico.
I due ragazzi non gli rivolsero nemmeno un’occhiata, troppo impegnati a combattere.
Louis si lanciò verso Elaphus tenendo salda la spada: - Sconfiggerò questo bastardo e poi vengo a salvarti, Harry! – gridò sperando che l’amico potesse sentirlo.
L’Uomo-Aragosta sorrise: - Non riuscirai a battermi – e gli si buttò addosso sferrando le sue possenti chele. Riuscì a graffiarlo alle braccia ma il ragazzo se lo scrollò di dosso con un calcio, ringhiando e lasciandogli il segno della pedata.
-Non ho tempo da perdere con te, bastardo d’un granchio!
Niall si voltò a guardarlo e si rese conto che il ragazzo, anche se non era del tutto ferito, aveva comunque un’espressione strana. Nonostante non avesse dato ancora tutto lo sforzo possibile, aveva la faccia imperlata di sudore. Fece spostare lo sguardo sulla ferita provocata dal duello con l’Uomo Dagli Occhi di Falco. Ebbe un dubbio tremendo.
Non riuscì a porselo perché Morsky era ormai a un passo da lui.
-Se ti distrai morirai più in fretta – urlò tirando un pugno.
Il cuoco riuscì ad abbassarsi appena in tempo, evitandolo. Quando si rimise in piedi fece partire a raffica i suoi calci, ma Morsky non ne subì alcun dolore.
 
Louis strinse i denti: - Stiamo perdendo tempo! – ansimò.
Provò nuovamente a infilzare Elaphus con la spada, ma l’essere spiccò un balzo verso uno dei pilastri della pagoda e ci si attecchì in cima come una cozza. Non era una fuga visto il suo sguardo ancora ostile e smodato.
Lo spadaccino non arrivava a una simile altezza. Sentì il respiro troppo affannato e faticoso.
 
-Maledetto! Gli sta solo facendo perdere tempo! – ringhiò Jonathan fuori dalle mura, assistendo alla scena come tutti gli abitanti di Coconout Village.
-Se ci buttassimo in acqua, ci trascinerebbero sul fondo – suppose Sauk a pugni chiusi – Ma se aspettiamo, Harry morirà!
-Dobbiamo intervenire!
I due uomini provarono a rimettersi in piedi, ma furono fermati da Javier che diede loro forti manate sulle spalle doloranti.
-Fermi. Voi siete feriti – gli fece notare – Cosa credete di fare, tuffandovi in acqua? Non ce la farete mai – li lasciò andare e guardò la piscina centrale del cortile di Arlong Park con fermezza – Andrò io a salvare quel ragazzo.
-Cosa? Lo faresti? – chiese Jonathan.
-Lui è la chiave per vincere questo combattimento – precisò lo sceriffo. Subito molti dei suoi cittadini si offrirono di accompagnarlo, ma lui rifiutò – Rimanete qui. Se siamo troppi, ci noteranno. Non dobbiamo ostacolare il loro combattimento per nessun motivo.
-Ma Javier …
-E’ l’unico modo per farcela.
-Contiamo su di te allora – disse Sauk – Fai in fretta, per favore!!
L’uomo fece per correre verso il bordo della piscina.
-Un momento! – lo richiamò una voce – Javier, voglio venire anch’io!
Paulina si fece avanti tra la folla. I suoi occhi erano più seri di tutti gli altri messi assieme.
-Ma Paulina, sei ancora ferita – gli ricordò Javier.
-Stanno combattendo per mia sorella – disse la ragazza.
Quello era un motivo più che valido per farsi avanti. Javier non esitò più di oltre.
-Va bene. Andiamo.
Uno dei cittadini gli porse un grosso martello che si era portato per combattere. L’ideale per spaccare il cemento.
Dopodiché i due percorsero i versanti delle mura della pagoda, senza usare il varco creato da Harry come entrata. Se avessero attraversato l’ingresso principale, avrebbero agito indisturbati.
Il destino di Harry era nelle loro mani.
 
Niall continuava a colpire Morsky con i suoi calci, ma lui allo stesso tempo faceva partire i pugni. Nessuno dei due ottenne la meglio sull’altro.
-Dannato pezzo di merda! – imprecò il ragazzo.
 
Louis invece continuava a fissare intensamente, Elaphus ancora attaccato sulla colonna.
Aveva un affanno terribile.
-Dimmi una cosa, Louis Tomlinson – gli chiese ghignando – Mi hanno detto che tu combatti sempre con tre spade. Come mai ora ne hai una sola?
-E’ più che sufficiente! – rispose il ragazzo – Ti sconfiggerò comunque!
Elaphus rise ancora: - Ma taci! La verità è che uno spadaccino umano non ha speranza contro di me. Ora ti faccio vedere. Ti traumatizzerò e poi ti ammazzerò!
Louis sudò ancora.
Merda” si disse toccandosi la ferita “Il dolore doveva farsi sentire proprio in un momento simile?!”
Cominciò a barcollare e a respirare sempre con più fatica. Senti la pressione della febbre salirgli e la vista cominciare ad annebbiarsi. Dannazione, pensava fosse solo passeggera. Ondeggiò ancora e per un pelo non cadde.
Arlong e gli altri se ne accorsero stupendosi.
Niall trasalì.
-Cazzo! Lo sapevo che non eri ancora guarito! La ferita che ti ha inferto Drakul era troppo intensa.
-Cosa? – esclamò Elaphus – Ah, ma certo! Fai finta di essere malato in modo che io scenda da qui senza temerti. Che grande strategia. Ma io non ci casco. E ora, Louis Tomlinson, lascia che ti mostri le mie vere capacità!
Detto questo, si arrampicò come un ragno fino alla prima tettoia della pagoda, in modo da potersi strofinare le chele l’una sull’altra. Queste si sgretolarono come se fossero ricoperte di vernice arrugginita e lasciarono il posto alla lama affilata che ricoprivano. Ora Elaphus aveva due spade incorporate al posto delle zampe ed era pronto a utilizzarle per bene. Le sollevò.
-Ora vedrai chiaramente contro chi ti sei messo! – sorrise guardando Louis da sopra la tettoia.
Ma in quel momento il ragazzo barcollò di nuovo e stavolta non poté evitare di finire a terra con la testa in fiamme e i polmoni leggeri.
-No! – strillò Sauk disperato – Sapevo che stava trattenendo il dolore da troppo tempo!
-Hai ragione – piagnucolò Jonathan –Quelle ferite avrebbero impedito a una persona normale di camminare per almeno un anno! Ammesso che non l’abbiano uccisa prima.
Louis non riusciva a tenere gli occhi aperti a causa della testa girevole. Perdeva sudore da tutte le parti e tossiva colpi di asma violentissimi.
-Sapevo che non ce l’avrebbe fatta a combattere in quelle condizioni – disse Niall a denti stretti – Stupido! Stupido idiota!
Purtroppo anche lui fu colpito dalla sfortuna.
Distraendosi solo per un secondo dal combattimento con Morsky, diede la precedenza a quest’ultimo che riuscì finalmente a colpirlo violentemente sull’addome.
Niall sputò sangue, prima di volare a sbattere tremendamente contro il muro di Arlong Park, allargando il foro creato da Harry. Rimase a terra immobile.
-Non ti avevo detto forse di stare attento? – sorrise Morsky ritraendo il pugno.
-Niall! – urlarono Jonathan e Sauk.
Tutti andarono nel panico. A quanto pare tutti e tre i possibili salvatori sembravano fuori gioco.
-E’ finita Capitano – disse Morsky – Cosa ne facciamo di Louis Tomlinson? – indicò il corpo semisvenuto del ragazzo.
-Gettatelo in mare – rispose Arlong pateticamente – E’ già passata l’ora di cena.
-Uffa! – si lamentò Elaphus ritornando a terra con un balzo – E’ già finita? Avevo tanta voglia di usare le mie potenti Chele a Sciabola. Sarei diventato famoso se quel bastardo fosse morto per mano mia.
-Chele a Sciabola? – gemette una voce – Sei solo spazzatura.
Gli Uomini-Pesce si voltarono e rimasero sbigottiti.
Louis si era rimesso in piedi. Ansimava ancora affannato ma riuscì a tenersi in piedi.
-Ma cosa … - balbettò Elaphus.
-Stammi a sentire, crostaceo – disse Louis – C’è qualcuno con cui dovrò ribattermi un giorno – si toccò la cicatrice – E fino ad allora – alzò gli occhi aggressivi – nemmeno la morte potrà uccidermi!
 
 
Intanto, sul fondo della piscina, la situazione era alquanto angosciante.
Dopo aver raggiunto con grandi sforzi di movimento, respirazione e visuale, la sagoma di Harry ormai privo di sensi, ancora incastrato nell’incudine, Paulina e Javier si stavano dando da fare per portarlo fuori da lì il prima possibile.
La vista era difficoltosa. Javier dava quanti colpi possibili al blocco di marmo, mentre Paulina tirava con tutta sé stessa il corpo del ragazzo. Ma il cemento era troppo solido e visti i lenti movimenti subacquei era difficile persino procurargli una crepa.
Inoltre non seppero per quanto avrebbero trattenuto il fiato.
Troppo duro da rompere e troppo pesante da sollevare. Il cuore di Harry batteva ancora ma non dava segni di vita. Non gli restava molto. Cosa potevano fare?
Ad un tratto però, la ragazza si rese conto che Harry non veniva via dal cemento, però il suo corpo si estendeva man mano che lei tirava. Questo non sfuggì neanche allo sceriffo.
I due si lanciarono uno sguardo dolorante. Riuscirono a intuire che entrambi avevano avuto la stessa folle, ma unica, idea.
 
Niall per un attimo pensò di avere tutte le ossa spappolate. Invece riuscì a gesticolare solamente con le braccia. Il sangue ancora colava dal labbro ma non gli diede molta importanza. Gli bastò portare la sigaretta mezza schiacciata sulla bocca e fare un lieve tiro per riacquistare poco vigore e riuscire dolorosamente a sedersi con le gambe più flessibili delle mani. Il suo toccasana non falliva mai.
Il dottore fu il primo ad accorgersi della sua rianimazione e spalancò la bocca esterrefatto.
-Guardate! – disse agli altri abitanti – Il biondino è ancora vivo!
-Niall! – esclamarono Jonathan e Sauk più sollevati che mai.
Il ragazzo aveva la faccia ricoperta di segni e macchie di lesione. Ma davanti a un visibile dolore atroce, si rimise in piedi e prese ad avanzare senza oscillare verso il cortile dove aveva lasciato la battaglia.
-I tuoi pugni sono di livello inferiore a 50, pesce bastardo – rantolò rivolto a Morsky, più sconcertato di tutti – Ma i calci che presi da Zeph allora, sono di livello 500.
 
Elaphus intanto, non la smetteva di zigzagare le sue chele di fronte Louis, che si arrossava sempre di più sul volto.
-Poveraccio. Ma guardati. Mi fai pena. Come puoi pensare di riuscire a battere me e le mie Chele a Sciabola con quella spada da tre soldi?
-Zitto! – ansimò Louis – E … preparati.
 
-Non va bene – disse il dottore allarmato – Sta delirando. La febbre gli sta facendo perdere i sensi! Se la ferita si apre ulteriormente morirà senza dubbio.
 
La testa di Louis pulsava sempre di più. Non sapeva quanto ancora avrebbe resistito. Probabilmente non più di dieci minuti. Doveva sbrigarsi a battere quel maledetto Uomo-Pesce e poi abbandonarsi ad uno svenimento durevole.
Tenne stretta l’unica spada che aveva pensando in che modo poterla adoperare.
Elaphus nel frattempo aveva strofinato abbastanza le sue chele di lama e se le stava leccando.
-Non vedo l’ora di poter assaporare il tuo sangue – disse sbavando. Poi partì.
Eseguì affondi violenti verso il ragazzo, che però riuscì a pararli tutti con la spada.
Louis strinse i denti e diede la sua contromossa.
Si diede uno slancio in avanti con la spada tesa.
Urlò:
-Crater Gash!
Si ritrovò in ginocchio alle spalle di Elaphus. Ebbe appena il tempo di rimettersi in piedi, che sul petto dell’uomo pesce si aprì uno squarcio sanguinoso.
Morsky e Arlong rimasero di sasso.
Jonathan e Sauk quasi piansero dalla gioia: - Lo ha colpito!
-E’ incredibile – commentò un uomo, scioccato – Tutto ciò richiede un tale sforzo …
 
Elaphus si guardò la grossa linea aperta che aveva sul petto. Ringhiò rabbioso.
-Ora mi hai stufato! Ti ucciderò! – dovette esitare parecchio, per riprendersi dal dolore –Come può la tua singola spada resistere alle mie Chele a Sciabola?
Louis, affannato, pensò per un attimo di avere le allucinazioni.
La forza che lo sovrapponeva impedendogli di restare sveglio, venne a sua volta sovrapposta da tante memorie diverse:
La sua promessa da bambino al maestro Masashi, di diventare forte in nome di Crista.
Le parole dell’Uomo Dagli Occhi di Falco sulla sua risolutezza.
-Potrò anche avere una sola spada – disse fissando l’avversario negli occhi – Ma il numero non conta! Le tue chele non saranno mai pesanti come questa katana!
-Ah, è il peso dunque? – ribatté Elaphus – Beh, ti informo che la gravezza della tua arma non potrà mai essere alla pari con quella delle mie Sciabole! – le tese davanti a sé – E ora preparati!
Enunciò la sua prossima mossa:
-Biraketa!
Si lanciò nuovamente verso il ragazzo che riuscì a bloccare il colpo con una cavazione, che però non riuscì a sopportare a lungo. Elaphus lo svincolò della spada e in questo modo poté finalmente tagliarlo con un fendente proprio sulla ferita.
Louis sbiancò mentre il sangue gli tingeva le bende.
Dopodiché Elaphus gli diede una violenta spinta, mandandolo in mezzo alle macerie del muro.
-Sei un vigliacco! – gridò Sauk all’aragosta.
Louis a stento respirava. Soffriva intensamente. La ferita, adesso ancora più aperta gli pulsava come non mai, ogni parte del suo corpo esterna e interna tremava. Per un attimo si sentì in punto di morte. Ma non si lasciò andare all’afflizione. Non aveva nessuna intenzione di arrendersi. Era ancora vivo e avrebbe lottato fino allo stremo assoluto.
Per questo trasse un respiro difficoltoso e si smosse i residui di cemento di dosso per poi usare la spada ancora impugnata come un bastone e rimettersi di nuovo in piedi.
-Ora mi hai stancato, bastardo! – urlò Elaphus partendo in avanzata come un gorilla. Le sue chele ora erano macchiate di sangue. Stava già gridando il suo affondo di grazia.
 
Louis distolse lo sguardo dal mostro che gli si stava avvicinando.
Si concentrò su sé stesso.
In quel momento non si sentì neanche umano.
Ed era comprensibile. Quale essere umano avrebbe resistito tanto al bisogno di svenire? Quale umano sarebbe ancora vivo dopo aver ricevuto un tale colpo su una lesione tanto profonda?
Quale persona normale?
Lui di certo non era una persona normale.
E se ne sentì orgoglioso perché nessuno di normale, un giorno, avrebbe potuto battere l’Uomo Dagli Occhi di Falco.
 
Sentì il pugno bagnato di sudore, ancora stretto intorno alla spada. Chiuse gli occhi.
Elaphus era ormai ad un passo dall’infilargli le zampe nel petto.
Scattò.
-Whirpool Devil!
 
La sua unica, misera spada, con un semplice perno de polso, creò un mulinello di potenza atroce, che sollevò Elaphus da terra, dopo avergli spaccato in mille pezzi le Chele a Sciabola. L’Uomo-Pesce si riempì di tagli e ferite e riatterrò nel cortile della pagoda, portando dietro di sé una pioggia di sangue.
Non si mosse più, accettando la sconfitta.
 
Tutti rimasero paralizzati. Jonathan e Sauk piansero di gioia, i cittadini sobbalzarono più volte. Niall si limitò a sgranare gli occhi. Morsky e Arlong rimasero impassabili di fronte la sconfitta del loro compagno.
-Stupido granchio – terminò Louis col fiatone, gettando a terra la spada.
Si mise in ginocchio a riprendere lentamente l’aria.
-Maledetto! – ruggì Morsky balzandogli alle spalle – Ora ti ammazzo io!
Fece per saltargli addosso, ma Niall intervenne all’istante, dando un calcio all’Uomo-Pesce e allontanandolo da Louis.
-Ancora tu???
-Credevi davvero di esserti sbarazzato così facilmente di me? – chiese Niall.
-E’ impossibile. Nessuno si era mai rialzato dopo un mio pugno. Specie se di quella energia. In tutto il Mare Orientale.
-Ne troverai molte di persone simili – sorrise il cuoco – Specie in un certo Ristorante sul Mare.
Morsky ringhiò ancora di rabbia.
Il ragazzo gli tolse gli occhi di dosso, quando vide Louis che si trascinava a stento verso il bordo della piscina: - Ei che stai facendo? Fermo! Nelle tue condizioni buttarsi in acqua equivale a morire.
-Sta zitto – replicò Louis seccato – Ce l’abbiamo quasi fatta. Il combattimento è quasi giunto al limite. Devo solo … riportare indietro Harry.
-Sì lo so – disse Niall muovendo le scarpe – So che non c’è tempo. Per questo ti dico di fermarti. E comunque … - si levò in un lampo le scarpe e la giacca pesante – tu sta zitto! – gridò prima di lanciarsi in piscina con un tuffo sonoro.
Louis ebbe appena il tempo di urlare: - NO! – prima di vederlo scomparire sott’acqua.
Morsky scoppiò in una risata agghiacciante: - Povero illuso! Crede davvero di poter battere un Uomo-Pesce sott’acqua? – detto questo corse anche lui verso la piscina e in un attimo ci fu dentro.
-Idiota! – disse Louis consapevole che Niall ormai non lo sentiva più – Ma non lo capisci che uno scontro subacqueo è proprio ciò che vogliono???? – avrebbe voluto tuffarsi anche lui e intervenire sapendo che ormai erano due gli amici in difficoltà. Ma le ferite gli pulsarono ancora e non poté fare altro che restarsene in ginocchio a gemere dal dolore e a respirare piano.
 
Niall si trovava già a parecchi metri sul fondale. I suoi occhi a stento riuscivano a scorgere ciò che lo circondava. Però riuscì a scorgere una strana figura sul fondo. La mise a fuoco meglio che poté e finalmente riuscì a realizzare che si trattava di un uomo. Era uno degli abitanti di Coconout Village, lo riconobbe. Stava con le guance piene d’aria e premeva con veemenza sull’addome di un corpo collocato in un blocco di cemento.
Il corpo di Harry, pensò Niall. Ma … dov’era la testa?
Stringendo ancora di più le pupille, vide con sgomento che il collo del ragazzo di gomma era stato trascinato verso la superfice con tutta la testa, creando così una specie di fune di carne in mezzo alle acque.
Paulina reggeva seduta sul lato opposto della piscina, la faccia svenuta del ragazzo mentre dalle profondità Javier cercava in tutti i modi di fargli sputare più acqua possibile. Era l’unica soluzione per rianimarlo. Avevano ricorso alla sua elasticità per portargli fuori dall’acqua le uniche vie respiratorie. Ma Harry ancora non dava segno di volersi svegliare. Loro però non si arresero. Sentivano che non era troppo tardi. Che c’era ancora una via di salvezza.


Niall capì al volo il loro piano senza che nessuno potesse spiegarglielo.
Lo trovò geniale e dentro di sé sorrise. Avevano bisogno di uno dei suoi calci per rompere il blocco di marmo. Solo allora Harry avrebbe potuto mettere fine a tutto.
Si mise in posizione per raggiungere Javier con una sola sgambettata.
Ma improvvisamente sentì qualcuno avvolgergli un braccio viscido intorno alla gola, facendogli uscire una quantità alquanto necessaria d’aria dalla bocca.
-Ti sono mancato? – gli sussurrò Morsky all’orecchio.
 
Stringendo i denti e gli occhi a più non posso, Viola si tirò finalmente il nodo della benda che si era avvolta intorno al braccio che si era pugnalata. Il dolore fu atroce. Sentì le lacrime scorrergli sul viso e un forte colpo di tosse uscirgli dalla gola. Dopo un po’ però si abituò al pizzicore e prese a respirare con calma.
Dopo che Harry e gli altri l’avevano lasciata in mezzo alla strada a piangere, era entrata nell’infermeria del paese e si era curata la ferita con il kit del dottore.
Portava ancora il cappello di Harry in testa e si sforzava di non versare altre lacrime. Quei pochi quarti d’ora gli erano bastati per riflettere. Dopo essersi guardata più volte il braccio insanguinato, il cappello e il villaggio che la circondava, aveva finalmente preso una decisione.
-Basta piangere – disse a sé stessa asciugandosi gli occhi.
Uscì dall’infermeria barcollando un po’ per il braccio addormentato. Il coltello che Harry gli aveva tolto di mano era ancora per terra con le macchie di sangue. Tremante, Viola lo raccolse. Poi si avviò verso l’uscita del villaggio, diretta nel luogo dove tutti i suoi cari stavano combattendo anche per lei.
E’ tempo di mettere fine a questa storia.

TO BE CONTINUED

 

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Capitolo 40
*** Episodio 40 - Lo Scontro Subacqueo ***



Dopo che Morsky pensò di aver messo fuori gioco Niall, dato che il ragazzo galleggiava con gli occhi chiusi dopo aver perso la grande boccata d’aria dalla trachea, si mise a nuotare furiosamente verso il corpo d Harry, dove Javier faceva ancora pressione sul petto, cercando di rianimare la testa esposta fuori dall’acqua.
-Cosa credi di fare? – ruggì l’Uomo-Pesce, capace di specificare le parole sott’acqua – Cerchi di salvarlo quando stai per morire anche tu? – mostrò i denti – Ora ti finisco!
Javier sentì perfettamente quelle parole e il sangue gli si gelò nelle neve. La vista era già complicata da mantenere sul torace del ragazzo. Figuriamoci sollevarla per vedere a che altezza era Morsky ed evitare i suoi rasoi. Ma come se qualcuno gli avesse inviato un pensiero, rassicurandolo di continuare a premere sul petto di Harry senza distrazioni e che l’Uomo-Pesce non lo avrebbe toccato, non si arrese e accelerò le pressature.
Morsky infatti fu fermato a metà strada dal blocco di marmo.
Niall gli era comparso di fronte e lo aveva allontanato abbastanza con una forte gomitata.
-Insulso umano! – ringhiò l’Uomo-Pesce – Pensi davvero di sconfiggermi, sott’acqua? – sorrise – Trattenendo il respiro come tutte le fecce che appartengono alla tua razza di merda?
Il ragazzo infatti si teneva la bocca con una mano, premendola il più possibile per non fare uscire altra aria. Ma già sentiva le forze mancargli.
Non ne pensò di raggiungere la superfice per rifornirsi di ossigeno. Morsky era proprio sopra di lui. Sarebbe stato offrirsi in un piatto d’argento.
-Come vuoi – dichiarò lui. Infilò la mano in un lembo di pelle melmosa e ne estrasse una specie di fune fatta d’alghe, che teneva nascosta, chissà da quanto. Con la prontezza di un cowboy, la lanciò verso Niall e questa si avvolse intorno alla sua vita stringendogli il torace. Una volta avvinghiato, Morsky lo tirò verso di sé. Niall provò a infliggergli un calcio a piede nudo, ma la pressione non gli assicurò la solita prontezza dei suoi colpi e lo mancò.
-Non hai più nemmeno un briciolo della tua potenza sott’acqua – disse il mostro, divertito – Questo è il limite di voi umani. Ma noi Uomini-Pesce non abbiamo nessuna forza da perdere sott’acqua! Anzi, siamo potenti il doppio! – detto questo sferrò un potente calcio negli stinchi di Niall, che gemette dal dolore mandando al vento la poca aria rimastagli in bocca. Morsky non ebbe esitazioni a infliggerne un altro sulla testa. Niall perse ancora aria e per chiudere in bellezza, l’uomo pesce lo colpì al volto, sciogliendogli la corda avvolta in vita. In questo modo la percossa mandò il cuoco a sbattere contro un muro di scogli, mentre l’acqua si tingeva di macchioline rosse.
Morsky ghignò e tornò a rivolgere lo sguardo verso Javier, considerandolo la sua prossima vittima. Ma il suo sesto senso lo avvertì che forse non era ancora finita con quel biondino rompiscatole. Vide infatti una figura poco distante, sollevarsi dagli scogli e nuotare frettolosamente verso l’altro. Verso la superfice.
Niall agitava braccia e gambe come un pazzo. Doveva uscire dall’acqua e prendere una boccata d’aria, prima di perdere conoscenza. Ne aveva sprecata troppa. Si sentiva soffocare. Doveva imboccare almeno un respiro o non avrebbe retto.
Ma quando pensava di potercela fare, vide una sagoma gigantesca ostruirgli il passaggio.
-Dove credi di andare? – chiese Morsky sorridente.
Niall riuscì a malapena a vederlo a causa della vista appannata. Sapeva che l’Uomo-Pesce avrebbe fatto di tutto per non farlo passare, lasciandolo morire asfissiato.
Merda! Levati, bastardo! Levati!”  Gridò nella sua testa senza togliersi la mano dalla bocca.
-La tua resistenza è ammirevole – sostené l’Uomo-Pesce – Non l’avrei mai creduto in un essere umano.
Lui parlava, ammazzando il tempo e intanto Niall diventava sempre più debole. Restare sveglio fu più complicato di trattenere l’apnea.
Ma intanto Morsky non finiva di borbottare.
-Sei stato tu, vero? Tu hai detto che un uomo che fa del male a una donna è un pezzo di merda – rise a crepapelle – Ma guardati! Ecco dove ti ha portato la tua cavalleria – Niall chiuse gli occhi sentendosi incapace di tenerli aperti ancora un secondo – Non hai più scampo. Ti ammazzerò come un cane! E dopo di te toccherà anche a quel vecchio e al ragazzo di gomma. Dopodiché Arlong divorerà Louis, l’altro moccioso fifone e tutti gli abitanti di Coconout Village – elencò -  E certamente – disse infine con più maliziosità – quella puttana traditrice di Viola non sarà un’eccezione – allungò una mano palmata verso Niall – Quindi lo vedi, bastardo? Anche se parli di cavalleria … non puoi proteggere nessuno!
Dopo quelle parole, qualche barlume di speranza di resistenza, si accese dentro Niall. Forse fu il pensiero che dopo la sua arresa, tutti quanti, lui compreso, sarebbero stati perduti. Oppure il modo svilente in cui quell’essere aveva ripugnato Viola.
Niall con uno scattò spalancò gli occhi, tanto da vedere il mostro afferragli la collottola e avvicinare il proprio viso al suo.
-Il tuo corpo non può resistere a sbalzi di pressione così rapidi, non è vero? – Niall non si mosse nemmeno per guardarlo in cagnesco – Ciò vuol dire – riprese l’Uomo-Pesce sorridendo minaccioso - che se improvvisamente scendessi in picchiata verso il fondo … lo sbalzo di pressione farebbe esplodere il tuo corpo!
Il cuoco sgranò gli occhi dal timore, presumendo quali fossero le due intenzioni.
Morsky lo afferrò per la gola e si tuffò nelle profondità della piscina, portandolo con sé. Muoveva le gambe a razzo, accelerando la discesa.
Niall sentiva il petto stringersi e rinsecchirsi come una mela marcia. Provò un senso di nausea e gli spasmi di asfissia erano sempre più forti. Tenere entrambe le mani davanti alla bocca ormai non servivano più a niente. All’improvviso avvertì un liquido salirgli su per la gola e l’acqua si tinse di sangue rimesso. Morsky ghignò soddisfatto che il suo piano per ammazzarlo stava funzionando. Scese ancora più in profondità e ben presto Niall non sentì nemmeno gli arti muscolari rispondere ai suoi comandi.
Non … posso perdere” persino nella sua mente gli venne difficile pensare. Emise un gemito di bollicine mentre il dolore lo percosse anche alla testa.
-Non sei ancora morto? – esclamò Morsky sorpreso dopo che furono arrivato sul fondo della piscina – E va bene. Riproviamoci – sbatté il corpo dell’avversario sulla spalla e lo cinse con forza mentre risaliva verso l’alto per poi ripiombare in maniera più violenta.
Maledetti” Niall continuava a perdere sangue. Non ebbe nemmeno più la forza di tenere le mani davanti la faccia. Le lasciò ricadere sui fianchi. Era sicuro che ormai avesse perso tutta l’aria che aveva in corpo. L’unica cosa che gli restava da fare era imprecare debolmente “Sono forti solo perché sulla terra usano i polmoni. Ma in acqua usano le branchie” le ultime energie rimaste gli permisero di fare una valutazione parecchio ovvia. Se qualcosa bloccasse le vie respiratorie di un pesce, questo morirebbe. E anche se erano mezzi umani, quei mostri avevano tutte le caratteristiche di ogni specie marina.
Morsky era arrivato quasi vicino alla superfice ed era pronto a compiere un’altra discesa in picchiata, questa volta sbarazzandosi per sempre di Niall.
Ma l’avversario, finalmente, sfoderò la sua contromossa. Considerò Morsky un perfetto idiota ad esserselo sistemato proprio sulla spalla, vicino il collo. Vicino le branchie. Con uno sforzo disumano, dimostrato nonostante i dolori e il bisogno di ossigeno, Niall affondò i denti nelle branchie dell’Uomo-Pesce spingendoli profondamente.
L’Uomo-Pesce ebbe il tempo di urlare che si ritrovò senza aria come un normale essere umano che rimane sott’acqua troppo tempo.
 
Louis era ancora sulla riva della piscina. Ne osservava le increspature da quando Niall si era tuffato. Era ancora debole per la lotta con Elaphus e non gli rimaneva altro che stare a guardare in che modo se la sarebbero cavata i suoi compagni. Arlong era alle sue spalle e stranamente non lo attaccava approfittando della debolezza. Probabilmente aspettava soltanto che Morsky ritornasse trionfatore in modo da opprimere Louis mostrandogli le teste dei suoi amici.
Ma la testa che qualche minuto dopo riemerse dall’acqua non fu quella dello scagnozzo di Arlong, ma quella di Niall.
Il ragazzo inspirò una profondissima boccata d’aria, provando una sensazione di enorme sollievo. Nuotò fragilmente verso il bordo-piscina e si issò sopra stremato, accanto a Louis. Tossì una grande quantità d’acqua ingoiata e trasse ancora respiri rumoreggianti.
-Ei – gli chiese Louis, dandogli colpetti sulla schiena e aiutandolo a sputare altra acqua – Dov’è Harry?
-Non … preoccuparti – ansimò Niall ancora bisognoso d’aria – Sta bene.
-Davvero?
-A metà.
-A metà?? Che vuol dire?
-Te lo spiego dopo – il cuoco scivolò su un fianco e in breve riaccumulò in corpo tutta l’aria che aveva perduto. Si sentì come rinato, mentre sentiva le forze ritornargli.
Si rialzò quasi subito: - E ora a noi – disse alzando la voce e puntando verso la piscina – Esci dall’acqua, stupido pesce! Devo ancora prenderti a calci in culo!
Poco dopo, anche Morsky riemerse. Sembrava meno affaticato di Niall ma trasse comunque profondi respiri.
-Allora non vuoi capire – gridò furibondo uscendo fuori dall’acqua – Sott’acqua o fuori, è la stessa cosa! Ora mi hai fatto davvero incazzare! Preparati! Ti spezzerò in due! – Niall chiuse gli occhi in una smorfia – Arrenditi, ragazzino! Le probabilità che tu sopravviva sono … ZERO!
Prima che Morsky potesse sferrare uno dei suoi attacchi, Niall lo colse di sorpresa con un calcio micidiale alla testa. Mise nella gamba quanta forza possibile, in modo da farla sembrare un cannone da dieci tonnellate.
Morsky sentì l’osso del collo sul punto di cedere e spezzarsi.
-Hai detto che la mia cavalleria è ridicola? – ringhiò Niall pieno di rabbia, colpendolo ancora, più forte– E che non potrò proteggere nessuno? – i suoi calci provocavano una serie di crack delle ossa, in tutto il corpo del mostro.
I cittadini di Coconout Village, rimasti ancora oltre il muro di Arlong Park a guardare, si sbigottirono per le capacità che quel ragazzo dimostrava proprio come Harry e Louis, nei combattimenti prima di lui.
Morsky ebbe ancora la forza di alzarsi con il corpo ricoperto di lividi e ammaccature della pelle: - Come …osi? – fu tutto quello che riuscì a dire con sguardo infuocato.
-Questo, inoltre – gridò Niall lanciandosi in aria verso di lui con la gamba tesa – è per quello che hai detto su Viola!!!!
Enunciò il suo colpo massimo.
-Menton Shot!
Quando il suo piede colpì la faccia di Morsky, questa si staccò dal resto del corpo, volando nel perimetro occupato dai cittadini, come un pallone da calcio. Il corpo senza testa del mostro, collassò a terra ricoprendosi del sangue che fuoriusciva dalle interiora del collo rimasto.
Sauk e Jonathan esultarono imitati dai cittadini, dopo essersi ripresi dallo shock.
Louis sorrise.
Niall ritornò a terra poggiandosi le mani sui fianchi e battendo i piedi per ripulirsi dal sangue del nemico sconfitto.
-Se vuoi il dessert- disse – puoi anche ordinarlo.
 
Arlong rimase seduto sul suo piedistallo, mantenendo in modo impressionante la calma. Guardò prima il corpo sconfitto di Elaphus. Poi quello senza vita di Morsky. I suoi ufficiali. Coloro sulla quale aveva sempre riposto una gran fiducia sulla massima potenza. Battuti.
-Infondo sono solo degli “Spuntini di Mare” – disse Niall rimettendosi le scarpe – Un pesce che la meglio su un cuoco? Neanche fra cent’anni.
-Ben fatto – si complimentò Louis ghignando – la partita l’abbiamo vinta noi. Senti, quando hai detto che Harry è salvo per metà, cosa intendevi dire? – chiese poi.
-Beh, che non morirà – rispose l’altro – Ma per liberarlo dovrei andare un momento sott’acqua …
-Bastardi – tartagliò sottovoce Arlong chiudendo a pugno le mani palmate. Sentiva la rabbia crescergli dentro e con lei anche la sua forza, farsi sempre più critica.
-Non credo che sto’ tizio me lo permetterà – disse Niall terminando la frase.
 
Nel frattempo, Javier era riemerso dalla piscina e aveva raggiunto la parte opposta, dove si trovava Paulina che ancora reggeva il viso privo di sensi di Harry.
-Non ce la faccio più – disse riprendendo aria – Non riesco più a trattenere il respiro.
-Facciamo cambio – propose la ragazza – ci stiamo riuscendo a farlo rinvenire, Javier. Ha già riacquistato colore e ha rigettato molta acqua.
-Cos’è successo qui? – esclamò d’improvviso il sindaco, notando una sagoma insanguinata di fronte l’entrata della pagoda.
-Tutto bene- sorrise Paulina rassicurandolo – non è morto nessuno – sospirò – ti dirò una cosa Javier. Non volevo crederci. Non lo rendevo possibile. Ma … questa battaglia mi sta ridando sul serio una speranza di libertà.
 
Intanto, quasi dall’altra parte dell’isola, dopo aver corso per chilometri e chilometri, senza smettere di frignare come un bambino, Zayn era allo stremo delle forze.
Fiskur era sempre alle sue spalle. Non era riuscito a raggiungerlo finora, eppure non sembrava in procinto di smettere. Continuava a mitragliarlo con i suoi aculei che si staccavano dal resto del corpo come proiettili, tutte le volte che lui gesticolava.
Zayn a volte lo vedeva sparire tra gli alberi e si rasserenava. Poi però lo vedeva ricomparire più furente e acuminato di un riccio rabbioso e riprendeva la corsa.
Ormai non ce la faceva più. Doveva riconoscere che la superiorità di cui gli Uomini-Pesce, tanto si vantavano non era del tutto infondata.
Ma alla fine, il ragazzo, credendo che prima o poi avrebbe ceduto e allora sarebbe finito tra le fauci dell’Uomo-Pesce, decise di mettere in atto una strategia.
Tirò fuori dalla tasca una delle sue tante palline esplosive dal quale non si separava mai. Attese con ansia di sentire il rumore della prossima sparata di aculei che Fiskur stava per lanciargli e che con la sua agilità sarebbe riuscito a evitare. Ma non era quello che avrebbe fatto credere.
Quando Fiskur arrivò nel punto dove gli sembrava di aver visto la sagoma della vittima fermarsi, si ritrovò di fronte un lago fangoso che spuntava fra gli alberi. Grande fu la sorpresa che attraversò i suoi occhi, quando vide un corpo galleggiare proprio nel lago, immobile e in una pozza di sangue. Riconobbe subito lo strano ciuffo di quel ragazzo con la fionda.
Nauseato da quella visione, tastò il corpo con il piede per vedere se fosse finalmente era riuscito a trafiggere la schiena di quel rompiscatole con le sue spine. Questo non si mosse, rimanendo rigido. Fiskur abbandonò l’idea di divorarlo, pensando a tutta la melma fognaria che adesso lo ricopriva.
Sorrise soddisfatto e girò le spalle senza restare a indugiare lungamente: - Sei stato dannatamente veloce. Ma nessun umano può competere con quelli come noi – e con queste ultime parole si instradò nel folto della vegetazione, diretto ad Arlong Park, dove sicuramente, si disse, i suoi compari avevano già sistemato quegli altri invasori.
 
Zayn non si mosse, continuando a tenere la testa sott’acqua. Dato che le orecchie erano rimaste semiscoperte, poté udire i passi di Fiskur farsi sempre più lontani. Ringraziò il cielo che non si fosse accanito sopra di lui per azzannargli la testa. Attese ancora qualche secondo, poi con cautela, voltò la faccia e la sollevò fuori dallo stagno, solo per riuscire a scorgere la sagoma dell’Uomo-Pesce che spariva dietro un albero distante. Ormai sicuro di aver scampato il pericolo, il ragazzo si mise seduto nello stagno fangoso e prese un enorme respiro. Era facile trattenere il respiro in una pozza così secca, ma aveva dovuto sopportare il reclamo dei polmoni. Uscì lentametne dall’acqua e si accasciò sull’erba riprendendo fiato. Il prato si tinse di rosso a causa del sugo rinsecchito con il quale si era cosparso la schiena prima di buttarsi in acqua. Era sicuro che prima o poi il “Meatball Sauce” gli sarebbe tornato utile. Schiacciarselo sulla spina dorsale loquacemente, era stata una trovata unica per imbrogliare quel mostro che invece credeva di averlo ucciso con i suoi grossi aculei da quattro soldi. Il tanfo di quella fogna, poi, doveva per forza avergli fatto passare l’appetito.
Era fatta. Ora poteva ritornare tranquillamente indietro, prendendo una direzione marginale.


Mentre si dava una ripulita, ripensò con disgusto a quando fosse malvagia quella manica di criminali. Ripensò a quando con Jonathan aveva contemplato i resti della città di Gosa. Distrutta come tutti i suoi abitanti.
Sospirò, rimuginando nella propria mente.
So che Viola potrebbe fermare tutto questo da sola” alzò lo sguardo verso il bosco dove era sparito Fiskur.
Io voglio aiutarla … davvero!” sorrise fingendo di essere divertito.
E intanto prese della sabbia di sentiero e ci si imbiancò la faccia e le braccia, mischiandole al sangue finto.
Sono dato per morto”
Continuava a ripetere la sua testa.
“Ma se ora m’imbratto tutto e mi vedessero gli altri … potrei dire che … ce l’ho messa tutta … che ho combattuto con tutto me stesso … e che quell’idiota se l’è data a gambe dalla paura” rise ancora “Ci crederanno mai? Forse sì”
Accidentalmente, nella sua testa ricomparvero altri ricordi.
Quello di Harry che valorosamente, sulla loro nave, li incitava: “Noi siamo compagni. Parte della stessa squadra. E semmai qualcuno di noi si trovasse in difficoltà, l’altro non deve esitare a mettercela tutta per aiutarlo”
“Non devi più piangere Viola” si disse Zayn, stavolta cercando di ridere “Noi … stiamo facendo del nostro meglio”
Stavolta nella testa gli echeggiarono le parole di Louis.
“Preferirei morire, piuttosto che arrendermi!”
Abbiamo combattuto tutti al massimo per te, Viola”
E ora la voce di Niall.
Chiunque faccia soffrire una ragazza, è solo uno schifoso pezzo di merda!”
 “Sono stato molto coraggioso … anche se non ho vinto”
Adesso quella di Viola.
Non avevo scelta. Niente di personale”
Viola … se solo io … avessi avuto un po’ più di spirito”
Zayn bloccò i suoi pensieri e bloccò la mano a mezz’aria, prima di spalmarsi altra terra addosso. Le ultime immagini che ripercorsero la sua mente, furono brevi ma rilevanti.
Sauk e Jonathan:
Che ragione hanno, di combattere? Non vogliono più vedere Viola soffrire”
Paulina.
“Aveva solo 10 anni. Avete idea di quanto sia stato difficile per lei, sopportare tutto questo?”
E infine gli abitanti di Coconout Village.
“Combatteremo non solo per la nostra libertà. Ma anche per fare giustizia al coraggio che Viola ha avuto!”
Zayn si rese conto che stava lacrimando. Trattenne dei singhiozzi intermittenti. Rimase ancora qualche istante immobile, il tempo di ripercorrere quei ricordi in flashback che lo fecero sentire un verso stronzo. Arrendersi in quel modo alla paura, senza neanche aver dimostrato che anche lui era disposto a battersi per la salvezza di tutti?
-MAI! – urlò di risposta asciugandosi le poche lacrime.
Con uno scatto si rimise in piedi e gridò a squarciagola: - TORNA QUI, STUPIDO PESCE!
Non si pentì di essersi tradito da solo. Almeno fin quando non rivide la sagoma acuminata di Fiskur, risbucare tra gli alberi.
-Non sei ancora morto!? – esclamò stupefatto.
-Certo che no! – continuò Zayn con tono tutelato – E non morirò a causa delle tue ridicole spinette! – lo vide avanzare verso di lui. Non si mosse e portò una mano alla fionda – Quando partii dal villaggio di Shirop, ho lasciato tutto! - gli comparvero nella mente i volti di Harry, Louis, Niall e Viola. Ebbe la forza di proseguire in quel discorso – Loro affrontano difficoltà, ogni giorno … eppure ridono sempre, come se si divertissero davvero nel farlo! Se non dimostrassi il valore che ho … non avrei diritto di restare sulla loro stessa nave. Ecco perché ho deciso di prendere il mare! – strepitò chiudendo gli occhi e mettendo una munizione nell’elastico della fionda, mentre Fiskur si avvicinava stavolta di corsa – Voglio ridere anch’io, fino alle lacrime!
La pallina esplosiva partì. Fiskur la evitò con un’inginocchiata e quando si rialzò, usò il suo pugno pieno di aculei per colpire Zayn sul naso e farlo capitombolare per aria.
-Babbeo! – gli disse – Avresti fatto meglio a far finta di essere morto! – si avvicinò al suo corpo e lo prese a calci.
-E’ già … finita?-  gemette Zayn col naso sanguinante.
-Certo che è finita! – gli sputò l’Uomo-Pesce Come te!
-Non è affatto finita! – Zayn tirò fuori dalla tasca una pallina di ferro – E’ solo l’inizio! – la sbatté in faccia all’avversario e questa esplose generando un fumogeno scuro.
A Fiskur si coprì la visuale. Quando il fumo si dissolse, si accorse che il ragazzo era sparito.
-Merda! – imprecò furibondo – Mi sono fatto fregare! Quel piccolo bastardo! – si mise a cercarlo dietro ogni albero. Dopo un po’, vide qualcosa volare sopra di lui e atterrargli in mano. Aggrottò la fronte. Una bottiglia di vino? – Non sarà che … - non ebbe il tempo di pensarlo, che la bottiglia esplose spruzzandolo con un liquido fetido che gli ustionò una parte di pelle – Maledetto! È tutto questo il tuo stile di combattimento??? – continuò a cercarlo, stavolta con più furia.
 
Zayn, nascosto dietro una siepe, ansimava sudato.
Fatti forza, Zayn!” ripeteva a sé stesso “Se perdi, muori. Ma almeno avrai dimostrato la tua forza! Sei un pirata, adesso! Non scordarlo! Non scappare via!”
-Eccoti! – sibilò Fiskur, scovandolo poco dopo – Ora ti faccio a pezzi!
Zayn gattonò velocemente dietro un albero. Ma l’Uomo-Pesce, dimostrando che possedeva quasi lo stesso livello di potenza fisica di Arlong, staccò il tronco dall’arbusto e lo manovrò come una mazza. La portò sopra la testa del ragazzo, pronto a spaccargliela sopra.
Zayn urlò e si coprì la testa: - E’ tutto finito! È tutto finito!
Fiskur si fermò banalmente sul punto di dare il colpo: - Cosa, è tutto finito?
In quel momento fu il ragazzo a scattare. Rimaneggiò la fionda e la puntò verso l’avversario: - Questo combattimento! – rispose – Il vino era infiammabile! – e lanciò.
Quando la sua pallina combustibile esplose sul corpo dell’Uomo-Pesce, questo prese fuoco diventando una torcia vivente.
Fiskur gridò tremendamente, mentre crollava a terra e si rotolava per terra. Ma le fiamme non sembravano volersi spendere. Gli avvolsero anzi, più parte di corpo. Gli aculei si sciolsero come se fossero fatti di argilla e le parti con più carne si abbrustolirono.
Assordato dalle sue urla di atroce dolore, Zayn decise di infliggere il colpo finale. Tirò fuori dalla cintura il suo martello di ferro. S’inginocchiò vicino la faccia lesionata di Fiskur e con un solo la schiacciò come un chiodo. Sprizzò sangue da tutte le parti, compresa la faccia di Zayn che si rialzò con i conati di vomito e il martello tinto di rosso. Esausto, si sdraiò sul tronco dell’albero con la faccia imperlata di sudore e restò a guardare finché il fuoco non consumò interamente le carni dell’Uomo-Pesce. Quando non fu più costretto a vedere la sua testa spappolata, spense il fuoco calpestandolo e poi ricadde sulle ginocchia.
-Ho vinto – sospirò affannato – ho sconfitto un Uomo-Pesce! – sorrise lievemente ma con la ripugnanza ancora accesa in faccia – Hai visto? – disse rivolto ai resti del nemico – IO POSSO FARCELA!
 
Dopo essersi tuffata e aver nuotato con sforzo, fino al cemento dove stava il resto del corpo di Harry, Paulina si diede da fare con le pressioni. La spalla dove Smek le aveva sparato le dolorava a causa dell’acqua, ma resistette continuando a premere sul torace del ragazzo.
“Ti prego, respira!”
Era lì sotto da nemmeno venti secondi e già necessitava di riprendere aria. Ma quando i suoi occhi scorsero a malapena un sobbalzo da parte della mano di Harry, non pensò minimamente di interrompere la rianimazione. Ci mise quanta forza possibile continuando a incitarlo, inviandogli pensieri.
 
Intanto, in superfice, le cose sembravano degenerare. Dopo che Arlong si era alzato, era riuscito incredibilmente a mettere al tappeto Niall e Louis con solo una possente spinta. Louis sanguinava dal labbro. Niall sentiva i lividi sul braccio. I due ragazzi non capirono come mai non erano riusciti a parare o sbarrare un colpo simile.
Nemmeno i cittadini capivano cosa stava succedendo.
-Per uccidere umani come voi – ghignò Arlong – non ho bisogno di impegnarmi – sollevò una mano palmata – mi basta soltanto un pugno d’acqua! – la aprì rivelando dell’acqua che teneva nascosta all’interno. Questa restava intatta al contatto con la sua pelle viscida.
Niall provò a ritirargli un calcio al viso, ma quando l’Uomo-Pesce richiuse la mano a pugno e lo fece partire in direzione del ragazzo, questo finì a terra con il naso mezzo spaccato.
Si sentì mancare il respiro. Li stava prendendo in giro con un po’ d’acqua, che però era come una fucilata. Era questa la vera potenza dello squalo?
-Il più forte degli Uomini-Pesce non può … - il dottore del villaggio non finì la frase, perché quando i suoi occhi si posarono su una figura che si stava facendo largo tra la folla, lasciando tutti di stucco, rimase paralizzato.
 
-Fareste meglio ad arrendervi – sorrise Arlong rivolto ai due ragazzi agonizzanti – Tanto vi strapperò lo stesso il cuore dal petto!
-Arlong!- tuonò una voce al di fuori delle mura.
Una figura alta e snella oltrepassò il foro nel muro creato da Harry e si presentò di fronte la pagoda del capo degli Uomini-Pesce.
-Viola!- strepitarono Jonathan e Sauk.
-Violetta! – gemette Niall tra fitte dolorose.
-Viola! Cosa fai qui?- gridò Javier dall’altra parte della piscina con la testa di Harry tra le mani.
-Ciao, – la salutò Arlong– Stavo giusto dando a questi parassiti una dimostrazione della nostra potenza – sogghignò – Cosa ti porta qui?
La ragazza sollevò lo sguardo freddo e inquietante. Aveva ancora il cappello di Harry in testa e il pugnale ben impugnato.
-Sono qui, per ucciderti!


TO BE CONTINUED

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Capitolo 41
*** Episodio 41 - L'Ultimo Sforzo ***



Arlong non esitò nemmeno davanti agli occhi di ghiaccio che Viola gli puntava addosso. Non aveva mai rivolto a nessuno quell’espressione così adirata ma lui era certo la meno indicata da provare a intimorire.
Arlong scoppiò sonoramente a ridere.
-Sei venuta a uccidermi? Non ti sei ancora arresa ancora. Dimmi, quante volte hai provato a uccidermi in questi ultimi anni? E quante volte eri solo a un passo dal riuscirci?
I cittadini di Coconout Village si sgomentarono e si guardarono confusi.
-Assassinii – continuò l’Uomo-Pesce – avvelenamenti, agguati. Hanno mai funzionato? Dovresti essere la prima a sapere che nessun essere umano può uccidermi.
Viola divenne più rigida. Alle sue spalle gli abitanti emisero gemiti di rabbia.
-Ascolta, tu non puoi uccidermi – riprese Arlong – e non riuscirai mai a sfuggirmi. Rimarrai la mia cartografa per sempre, Viola – la ragazza serrò le labbra, quelle parole la raggelarono ma non lo diede a vedere – Inoltre sono sempre stato buono con te. Non ti ho mai costretta a disegnare mappe per me con la forza. E spero continuerai a farlo – sollevò una mano palmata e indicò tutte le persone presenti – Ma cosa ne pensi di quello che è successo? Di norma, dovrei ammazzare tutti all’istante, compresa te – gli occhi di Viola si dilatarono in modo impressionante – Ma se accetti di tornare nella mia ciurma senza storie, continuando a servirmi, risparmierò tutti gli abitanti di Coconout Village – lei non si mosse.
Arlong abbassò lo sguardo su Niall e Louis, agonizzanti per terra: - Ma non posso certo risparmiare loro. Sono stati troppo sciocchi – diede loro un calcio a turno – A te la scelta, gioia. O torni con me salvando la tua gente, o scegli di combattermi con questi bastardi. In quel caso non avrei nessuna pietà a divorarti viva – guardò di nuovo i due ragazzi – Peccato che i tuoi eroi, siano sfiancati al momento. Non per altro, faranno una fine tragica – poggiò il piede sul petto di Louis senza affondarlo – Viola – concluse guardandola maligno – sei mia … o loro?
 
Viola strinse i pugni sentendo una fitta di dolore al dorso che si era pugnalata per salvare Zayn. Arlong l’aveva messa di fronte la decisione più difficile della sua vita, probabilmente. Ne sarebbe andata di mezzo la sua vita e quella dei suoi amici. Aveva la testa in subbuglio.
Se avesse detto che avrebbe scelto di essere una compagna di Harry, Paulina, Javier e gli altri abitanti sarebbero senz’altro stato massacrati senza pietà. Ma cosa ne sarebbe stato di lei se avesse accettato di unirsi a quel mostro? Avrebbe salvato tutti. Ma sarebbe stata costretta a servire gli Uomini-Pesce per tutta la vita. Sprecare in quel modo la sua esistenza? O affidarsi a quei ragazzi come ultima via di salvezza? Si sentì come se avesse la vita di tutti nelle mani. Prese a tremare.
-Figlio di Puttana! – urlò il dottore – L’ha messa in trappola.
 Viola sentì il peso del cappello sulla testa già troppo piena. Lo sfiorò con una mano.
Un breve flashback le ricordò come il ragazzo glielo avesse messo prima di giurare solennemente che avrebbe fatto di tutto per aiutarla.
Certo Che Ti Aiuto!  Rimbombò nelle sue orecchie.
Chiuse gli occhi e strinse più forte il cappello.
Non posso dubitare delle sue parole! Non posso!”
Si voltò di scatto verso gli abitanti: - Mi dispiace per voi – sbottò con un sorriso sulle labbra. Sollevò il coltello: - Morirete con me?
Loro la guardarono e sollevarono le loro armi gloriosamente: - SIIII!!!
 
Arlong fremette di rabbia: - Quindi vuoi farli morire tutti??
Lei lo squadrò più seriamente di prima: - Tutto pur di sconfiggerti.
 
Intanto sul fondo della piscina, Paulina sentì i polmoni esplodere. Non avrebbe retto ancora a lungo e per questo invece di usare i palmi, aveva cominciato a far pressione con i pugni sul petto di Harry.
“Dai” pregava a occhi chiusi “Riprenditi! Ti prego! Vivi! Vivi!!”
E finalmente, dopo tanti sforzi, sentì una mano bloccarle il polso e vide sfocatamente il braccio del ragazzo teso verso di lei.
 
Sul bordo della piscina, Javier gli teneva fermo il viso allungato fuori dalla piscina. Quasi non lo lasciò andare dallo stupore quando vide che Harry ebbe un violento colpo di tosse che gli fece vomitare una grande quantità d’acqua.
-Sì – esclamò il vecchio dandogli dei colpetti sulla guancia – Avanti, svegliati! Svegliati!
Quella tosse estrema, giunse alle orecchie di tutti, rimasti in silenzio
-Possibile? – esclamò Jonathan con un ampio sorriso.
-Harry! – gli fece eco Sauk piangendo dalla gioia – E’ vivo.
-Cosa? – sibilò Arlong incredulo.
 
Niall sollevò il volto ricoperto di lividi e gocciolante di sangue. Sorrise debolmente: - Eccolo – gemette rimettendosi a fatica in piedi – Ora … devo solo … liberarlo da quel blocco di cemento.
Anche Louis lentamente si riprese e usò la sua unica spada come un bastone per mettersi almeno seduto: - Ho capito – disse al compagno ansimando – Trenta secondi. Non posso resistere di più. Ti bastano?
-Perfettamente- detto questo, con uno sforzo immane, Niall si tuffò nella piscina e scomparve sott’acqua.
Louis riuscì a rimettersi in piedi. Dovette ancora resistere alle vertigini.
Viola sorrise con una mano sul cuore.
Arlong strinse i denti affilati: - Quel bastardo di gomma! – fece per puntare sulla piscina, ma con uno scatto Louis gli fu davanti e con la spada riuscì a graffiargli lo zigomo.
-Tu non via da nessuna parte, bastardo mezzo-pesce.
 
Niall nuotò all’impazzata. Ormai ricordava il punto esatto dove si trovava il blocco di cemento. E adesso non c’era più Morsky o qualcun altro Uomo-Pesce a fermarlo. L’acqua gli lavò via il sangue dalla faccia e il dolore iniziò a cessare.
Riuscì a individuare la figura di Paulina che esauriva le forze provando inutilmente a tirare via le gambe di Harry dal calco. Ormai era allo stremo.
Fece di tutto per raggiungerla nel minor tempo possibile.
 
-Chiunque abbia il potere delle Folgori del Diavolo, perde ogni forza a contatto con l’acqua. Dovrebbe essere morto – disse Arlong ancora impressionato – Qualcuno deve avermi rovinato i piani!
-Nessuno ha rovinato niente – ribatté Louis affannato – I tuoi piani sono stati sventati sin dall’inizio!
-Ad ogni modo scoprirò chi è stato e gli staccherò la testa come un tordo – allargò le pupille – Adesso spostati! – ma in quel momento avvertì la presenza di un oggetto che stava per colpirlo se non fosse stato per la sua mani tesa a bloccarlo. Un uovo marcio gli si spiaccicò in mano sprigionando il nauseante fetore – Ma cosa …?
Louis si girò e rimase assai sorpreso quando vide Zayn dall’altra parte del buco nel muro, con la fionda ancora in mano.
-Ti copro le spalle, Louis!
-Zayn! – esclamarono Jonathan e Sauk – Hai sfidato Arlong! Ma non hai paura?
-Paura? – sorrise il ragazzo – Io non conosco la paura.
Louis aggrottò la fronte: - Allora perché te ne stai laggiù?
Lui arrossì: - Ho una visuale migliore.
-Zayn! – esclamò Viola aprendosi in un sorriso.
Lui ricambiò: - Ascolta, Viola, ho ucciso quell’Uomo-Pesce. Fiskur. Quel tipo ricoperto di spine. L’ho fatto fuori tutto da solo! – e sghignazzò compiaciuto.
Arlong sgranò gli occhi: - Che cosa? Fiskur? Tu … miserabile bastardo!!
Zayn lo guardò sempre sorridente: - Te lo meriti, brutto mostro. La mia apparizione segna l’apice di questa battaglia. Preparati per il gran finale.
 
Finalmente Harry socchiuse gli occhi.
-Sì, così! Forza, ragazzo, resisti! – lo esortò Javier.
Lui trasse profondi respiri e lentamente riacquistò le forze. Sentì il corpo immobilizzato, come se ce l’avesse staccato dalla testa in giù. Provò a muoverlo. Si accorse poco a poco di avere il collo allungato fuori dall’acqua e il resto del corpo ancora in profondità. Una sensazione orribile.
-Non riesci a issare fuori le gambe? – gli chiese Javier.
-No – rispose lui provando a tirare – Sono incastrate.
 
-Speriamo che Niall faccia in fretta – disse Sauk mangiandosi le mani.
Zayn continuò a mantenere quella finta apparenza di coraggio. Non le sembrava una cosa tanto cruenta, evitare che Arlong si tuffasse in acqua. Avrebbe potuto benissimo farcela. Infilò lentamente una mano nella tasca delle munizioni. Ne tirò fuori un elastico.
-Ei, Arlong! – lo puntò verso il mostro che invece era tornato a fissare Louis – Guarda da questa parte! – niente da fare. Non riceveva più la sua attenzione. Provò allora a lanciargli contro l’elastico, magari in un occhio, però questo gli schioccò sulle dita facendogli un male cane.
 
-Vuoi essere il primo a morire, Louis? – chiese Arlong restando a quattr’occhi con il ragazzo.
-Io non morirò – replicò lui sollevando la spada. Provò a colpirlo nuovamente sulla faccia ma la lama fu soltanto adagiata sulla pelle del mostro, senza trafiggerla.
-Povero sciocco. Se non fossi stato ferito, avresti potuto scalfirmi o come minimo graffiarmi – e senza dire altro si lanciò verso di lui ribaltando la spada verso la sua direzione e poggiò la lama sulla ferita provando ad affondarla quanto possibile. Il sangue prese a uscire a fiotti e Louis non ebbe nemmeno la forza di gridare.
-NO!!! – strepitarono Zayn, Jonathan e Sauk.
 
Paulina cedette e rimase a galleggiare con poca aria nei polmoni e le braccia sfinite. La spalla le doleva terribilmente. Doveva ritornare verso l’alto, prendere un ultimo respiro e ritornare abbastanza energica da completare il lavoro. Sollevò di poco la testa verso l’alto e riuscì a intravedere una sagoma che stava nuotando verso di lei. Riconobbe la testa bionda di Niall e si rasserenò all’istante. Lo vide muovere una mano verso di lei, come per dirle “Spostati, ci penso io”.
Lei obbedì e si fece da parte prendendo a sgambettare verso l’alto. Niall l’aiutò prendendola per i fianchi e dandole una spinta in modo da raggiungere prima la superfice. Poi tornò a concentrarsi sul blocco di cemento. Caricò la gamba.
 
Arlong teneva Louis sollevato per la gola. Il ragazzo perdeva sangue che si riformava in una pozza sotto i suoi piedi. Il fiato lo stava abbandonando.
-Louis! – gridò ancora Zayn, provando a muoversi per aiutarlo.
-Peccato. Abbiamo già finito – sorrise Arlong – Volevo divertirmi come si deve – allungò una mano verso il petto del ragazzo – a proposito, cosa sono tutte queste bende? – con foga strappò il bendaggio dalla ferita inferta dall’Uomo Dagli Occhi di Falco. Il sangue gli spruzzò la faccia. Il dolore più atroce che Louis avesse mai subito.
Viola si coprì la bocca con le mani, terrorizzata.
Jonathan e Sauk piansero come lattanti.
Zayn rimase pietrificato.
Anche Arlong si meravigliò. Come poteva un essere umano essere ancora in vita dopo tutto quello che aveva passato? Essendo in quelle condizioni mostruose, nemmeno lui avrebbe retto.
Nonostante il dolore e il mancamento, Louis riuscì a guardarlo negli occhi senza timore. Solo con odio e tempra.
Arlong non riuscì a decifrarlo. Era per caso lo sguardo di un uomo che voleva ancora resistere? Oppure di uno in punto di morte? Sollevò una mano palmata. Non doveva avere esitazioni. Doveva ucciderlo all’istante. Staccandogli la testa, sarebbe tutto finito.
 
Niall non si preoccupò del livido sulla pianta del piede. Sferrò un possente calcio al blocco di cemento e questo si frantumò come se fosse fatto di sabbia. Dopodiché prese il corpo di Harry e lo indirizzò verso l’alto come un giavellotto.
Vai!” disse nella sua mente “Va ad ammazzare quello squalo del cazzo!”
 
-Mi sento …– gemette Harry. Sentì tutto il peso del corpo venirgli addosso. Javier contribuì all’operazione tirandolo verso di sé, mentre al suo fianco, Paulina riemergeva sfinita.
Quando il corpo si ricongiunse alla testa, la forza magnetica, scaraventò il ragazzo a pochi metri d’altezza. Si sentiva energico e sprizzante come non mai, pronto a combattere.
-Sono tornato!! – urlò per farsi notare.
Tutti alzarono lo sguardo.
-Il ragazzo di gomma! – esclamò il dottore.
-Harry! – singhiozzarono Jonathan e Sauk.
-Evvivaaa!! – esultò Zayn cadendo all’indietro.
-Harry – s’illuminò Viola.
 
Javier e Paulina si guardarono rivolgendosi un sorriso complice e crollarono a terra.
-Il Bastardo di gomma – ringhiò Arlong.
Mentre ritornava a terra, Harry lanciò le mani  in avanti come delle fruste e queste si allungarono fino ad agguantare la maglia di Louis: - Resisti! – gli disse. E iniziò a tirare per strapparlo dalla presa di Arlong.
-Harry, non respiro – gemette Louis.
Il ragazzo allora diede un’issata estrema e finalmente trascinò l’amico verso di sé. Lo lanciò verso un paio di alberi in modo da farlo atterrare saldamente e poi puntò verso Arlong. ad almeno un metro di distanza iniziò l’attacco.
-GOM GOM PISTOL! – il pugno colpì L’Uomo-Pesce al torace.
-GOM GOM WHIP! – il braccio sbatacchiò verso il muro.
-GOM GOM GATLING GUN! – la raffica di pugni partì e fu talmente violenta da spaccare mezzo muro.
Tutti si stupirono. Evidentemente voleva farsi perdonare per l’attesa.
Arlong però fu in piedi un minuto dopo: - Pensi di avermi fatto male?
-No – ghignò il ragazzo scrocchiandosi le mani – Mi stavo solo riscaldando.
Viola gli sorrise.
 
Come previsto, Louis era atterrato tra le foglie ammassate di un abete. Il dolore però c’era stato quando aveva sbattuto con la schiena all’arbusto.
-Idiota – pensò respirando a fatica.
 
-Figlio di una Troia- disse Arlong- Avresti fatto meglio a morire sott’acqua. Hai idea della rabbia che mi sta assalendo? – la sua voce era profonda e roca – Dopo aver visto i miei compagni venire sconfitti da un branco di patetici mocciosi. Ti pentirai di non essere morto nel meno doloroso dei modi.
Harry intanto faceva roteare la testa scroccandola da una parte all’altra.
 
-Sta bene, vero? – chiese Viola.
-E’ molto energetico – rispose Sauk – Ma i suoi attacchi non sono bastati a mettere fuori gioco, Arlong.
 
Nel frattempo anche Niall era riemerso e si era seduto di fianco a Paulina e Javier per poter finalmente riprendere fiato sapendo di aver lasciato la situazione in buone mani. Le sigarette che portava sempre in tasca erano tutte umide. Non riuscì ad accendersene una. Le buttò via.
-Se perde, moriremo tutti, vero? – chiese.
-Così sembra – disse Paulina.
-E non solo – tartagliò Javier – Per tutto il mare Orientale sarebbe la fine.
 
Arlong avanzò verso l’avversario. Un ghigno agghiacciante sul volto.
-Sai che differenza c’è tra te e me? – domandò.
-Non saprei – rispose Harry con una scrollata di spalle – Forse le mani palmate – sollevò la mano – Oppure il fatto che io non ho tutte quelle cozze attaccate alla schiena.
Alcuni abitanti del villaggio sbiancarono.
-Ma sta scherzando?
-No è serissimo.
 
-Oppure – continuò Harry – il fatto che almeno io non puzzo di pesce.
Arlong sentì la rabbia esplodergli e gridò con quanto fiato avesse in gola: - LA RAZZA!
E poi come un pazzo, scattò con la bocca spalancata verso il collo del ragazzo che si scansò. Riprovò a morderlo ancora e ancora, ma quello era assai agile. Allora lo bloccò ad un pilastro con la mani e ritentò. Harry allora allungò il collo di pochi metri per evitare di essere azzannato. Arlong finì con i denti nel marmo del pilastro e questo si riempì di crepe fino a sfasciarsi del tutto.
Harry si liberò e indietreggiò, adesso un po’ più intimidito.
-Che bestia … – commentò Niall sconvolto – Se fosse riuscito ad addentarlo … gli avrebbe macinato le ossa.
Arlong si rivoltò verso Harry ghignante. Il suo sguardo avrebbe immobilizzato anche un leone.
-E’ questa la vera potenza degli Uomini-Pesce – ringhiò – Il Cielo ci ha creati differentemente e non ha dato a voi umani abbastanza forza per tenerci testa. Non siete altro che una razza inferiore! – prese a ridere – E ora ti mostrerò tutta la differenza che ci separa.
Harry esitò un attimo. Poi però fece un mezzo sorriso: - D’accordo, mostramela. Ma sappi che non perderò mai contro di te. Perché io … sarò il Dominatore dei Mari! Il Re dei Pirati!

TO BE CONTINUED

 

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Capitolo 42
*** Episodio 42 - La Furia ***



Arlong
tirò indietro la testa in una risata: - Il Dominatore dei Mari? Il Re dei Pirati? Ma non farmi ridere. Pensi che un insulso umano come te possa diventare qualcuno di quel calibro? Riesci a distruggere una colonna con un morso, con la forza che pensi di possedere?- indicò il pilastro crollato dopo essere stato addentato dai suoi denti aguzzi.
-Distruggere una colonna di marmo con un morso. È impossibile per un essere umano – considerò Niall – Quei denti non gli lascerebbero solo cicatrici, se anche lui venisse morso – deglutì senza volerlo – Gli romperà le ossa.
 
Ma Harry ovviamente non dimostrava un briciolo di paura.
-E allora? – replicò a testa alta – Non provare a esibirti con queste stronzate. Non c’entrano niente! – sollevò un pugno – Posso distruggere quella colonna senza il bisogno dei denti.
Arlong digrignò i denti: - Voi umani siete così patetici. Non riuscite nemmeno a difendervi dall’acqua. Tu non sei un cazzo!
Gli si gettò contro con le fauci spalancate. Harry le deviò.
L’Uomo-Pesce ritentò di azzannarlo e stavolta il ragazzo fu costretto a gettarsi per terra per evitare i denti.
Arlong allora ne approfittò per bloccarlo col piede e ucciderlo con facilità. Ma anche stavolta l’avversario riuscì a controbattere dandogli una spinta e togliendoselo di dosso. Dopodiché caricò un pugno micidiale e lo fece partire senza nemmeno enunciarlo. Il pugno affondò nella mascella di Arlong in un modo incontenibile. L’Uomo-Pesce cadde a terra con una fossa che gli aveva percosso tutto il viso, fin dentro la bocca. Alcuni apici dei suoi denti aguzzi si spaccarono come stecchini.
Si coprì la bocca gemendo dal dolore e ringhiando.
Harry in piedi affianco a lui, riportò il braccio lungo il fianco.
-Io non so maneggiare le spade – mise in chiaro, tornando serio – non so navigare – guardò Viola un’istante – non so cucinare – spostò lo sguardo verso Niall – e non sono bravo a mentire.
-Eh? Perché guardi me? – sbroccò Zayn facendosi piccolo, piccolo.
-Ma una cosa la so – concluse Harry non facendoci caso – Ho bisogno di persone che siano disposte ad aiutarmi in tutto per tutto, se voglio continuare a vivere!
 
Arlong riuscì a rialzarsi senza togliersi la mano dalla bocca. Riuscì a scandire bene le parole nonostante alcuni denti gli mancassero del tutto.
-Che pena, mi fai. E un patetico come te … sarebbe il loro capitano? Sei solo un peso per loro. Perché mai dovrebbero morire per salvare uno come te? Non sei di certo un motivo di cui essere fieri. Perché dovresti essere tu il loro capitano? Cosa sai fare?
Harry sorrise: - So ammazzare i bastardi come te.
 
Viola sorrise.
-Questo è sicuro, idiota – disse Niall.
-Se ti fai sconfiggere, ti do il resto, coglione – disse Louis che aveva sentito tutto a debita distanza.
-Vai così, Harry! – esclamò Zayn.
-Sì! Grande! – esultarono gli abitanti di Coconout Village.
-Uccidilo!
-Fagli vedere!
 
-SILENZIO – sclerò Arlong. Tutti si zittirono – Maledetto, bastardo di gomma! – gridò prima di gettarsi nuovamente contro di lui.
Harry allora ritornò a terra e afferrò uno dei corpi inermi degli Uomini-Pesce, che avevano battuto al loro ingresso ad Arlong Park, usandolo come scudo prima che Arlong gli fosse addosso.
Involontariamente Arlong affondò i denti ancora utilizzabili nel torace del suo compagno e se ne portò via un pezzo di carne.
Alcuni cittadini urlarono dall’orrore, altri restarono immobili a guardare.
Quando l’Uomo-Pesce si rese conto di stare masticando le interiora di un suo compagno, sbiancò e sputò tutto lo schifo che aveva in bocca.
-Pezzo di merda – imprecò – Come hai usato usare un mio seguace, come scudo?
-Non incolpare me – disse Harry – Sei tu che lo stavi mangiando.
Arlong ruggì come una belva e stavolta fu talmente agile che Harry non riuscì a evitare che gli ferisse un fianco.
Se lo premette senza frignare e si assorbì quegli attimi di dolore.
Arlong prese un residuo di marmo lasciato per terra e provò a spaccarglielo in testa.
Harry strisciò all’indietro lasciando che il calco si frantumasse nel vuoto. Arlong saltò con la bocca ben spalancata. Il ragazzo provò a dargli una gomitata e allontanarlo, ma si beccò un altro morso più profondo sul braccio.
-No! Glielo staccherà! – strepitò Jonathan.
Viola quasi svenne: - Harry …
 
Harry gridò senza più trattenersi. Un urlo lungo e agghiacciante che fece intendere a tutti quanto dolore stesse patendo. Provò a indurire il braccio ma questo ormai sembrava non esserci più. Dal gomito uscirono rivoli di sangue che macchiarono i denti di Arlong ancora conficcati.
La prima cosa che gli venne in mente di fare prima che l’arto gli fosse del tutto portato via, fu di infilare due dita della mano libera, negli occhi dell’Uomo-Pesce spalancati dal piacere.
Arlong strillò e abbandonò il morso facendo uscire dal segno profondo dei denti lasciati nella carne di Harry, un rivolo di sangue.
Il ragazzo gli diede un altro pugno violento con il braccio sano e lo fece giacere a terra per poco.
Si toccò il braccio che ormai era mezzo ricoperto di sangue.
 
-Era ad un passo dall’essere divorato – balbettò Javier.
-Non oso immaginare come ci si senta essere tra le fauci di una bestia simile – disse Niall, sconvolto.
 
Quando Harry pensò di aver consumato tutto il dolore del braccio, si rivoltò verso Arlong ma non lo vide più disteso a terra.
Ci mise poco a vedere che il nemico si era tuffato in acqua e stava facendo un giro di rotazione intorno alla superfice.
Non osò avvicinarsi per paura di restare nuovamente paralizzato dall’acqua, ma non si allontanò abbastanza da impedire che un improvviso siluro d’acqua lo centrasse in pieno mandandolo a sbandare contro il muro della pagoda.
Tutti si sbigottirono.
Dei fiotti d’acqua uscirono all’improvviso dalla piscina distruggendo ogni pezzo di pagoda che colpivano e Arlong non si decideva a riemergere, provocandone di più forti.
Quando vide che Harry era in ginocchio mezzo bagnato e con il respiro affannoso, stava ritornando verso il bordo della piscina, s’immerse ancora più in profondità in modo da prendere la rincorsa e uscire come un giavellotto trafiggendo il petto dell’avversario.
 
Ci mise un attimo a venir fuori di scatto con la bocca spalancata.
Harry però se l’era aspettato e non si lasciò trovare impreparato.
Spiccò un balzo di cinque metri sorpassando la traiettoria di Arlong ancora in fase di atterraggio e lo schiacciò a terra prima di venire investito.
Fu uno schianto intensissimo che lasciò tutti con il fiato sospeso perché l’ultima cosa che udirono fu un lamento agonizzato di Arlong e poi un polverone che si sollevò dal solco che aveva creato nel terreno.
 
L’Uomo-Pesce era disteso a terra con gli occhi chiusi e gli abitanti del villaggio per un briciolo di secondo ebbero un minimo di speranza.
Harry però non era ancora sicuro di averlo messo fuori combattimento prima di dargli il colpo di grazia.
Si avvicinò al suo corpo disteso per colpirlo ancora quando …
SBAM
Gli occhi dell’Uomo-Pesce si spalancarono rivelandone tutto l’orrore. Erano cambiati. Si erano insottiliti riducendosi a due lineette come quelle degli occhi del gatto. Era mostruoso e impressionante.
 
-Perché ha quello sguardo? –domandò Paulina terrificata.
-Questo è quel che si dice accada agli occhi del “Re del Mare” quando attacca– disse Niall riportando alla luce ricordi di un vecchio volume sulle leggende – E’ veramente … infuriato.
 
Viola impallidì come un lenzuolo. Aveva visto tante volte Arlong arrabbiati, ma mai con quegli occhi assassini.
 
Arlong dimostrò subito la potenza che aveva acquisito grazie alla furia disumana.
Si avventò su Harry e lo scaraventò terribilmente verso il muro della pagoda, il quale, dopo aver subito vari sbandi durante i precedenti combattimenti, cedette del tutto e crollò.
Harry si rialzò dolorante dalle macerie, impressionato dall’improvvisa potenza di Arlong, il quale non vedendolo ancora stecchito, scattò come un fulmine tenendo braccia tese e denti in posizione. Il ragazzo si scostò appena in tempo, ma non vide l’avversario esitare ancora e riprovare un secondo dopo. Stavolta per un soffio non fu preso.
Capì al volo che la situazione si era fatta complicata. Ormai Arlong era tutto intenzionato a divorarselo. La prima cosa che gli venne in mente fu di allontanarsi abbastanza per attaccarlo, magari dall’alto. Sollevò lo sguardo e allungò le mani finché non toccarono la tettoria del primo piano della pagoda. Usandole come una fune, ci si issò sopra e provò a pensare in tutta fretta ad una strategia. Ma incredibilmente, Arlong fece un salto spaventoso che portò anche lui sulla gronda. Ad Harry sfuggì un urletto. Arlong spaccò il muro del primo piano dell’edificio con un pugno. Allora Harry saltò sulla seconda tettoia ma fu ancora raggiunto e anche il muro del secondo piano fu demolito.
-Corri, Harry! – gli urlavano gli amici dal basso – Corri!

Quando il ragazzo giunse esausto sul piazzale del terzo piano, vide che ormai era alla fine della salita. Gli restava soltanto la piccola torretta con la bandiera. Restare lì aggrappato, faccia a faccia con quella belva che gli stava dietro era l’idea più folle che potesse venirgli in mente. Almeno finché non scorse una finestra chiusa, posta proprio sulla pennetta. Entrare all’interno della pagoda? Magari avrebbe trovato qualcosa di utile.
Fece l’ennesimo salto, ma Arlong era proprio alle sue spalle e come se volesse stranamente aiutarlo, gli diede una violenta spinta che lo portò a sbattere e demolire il vetro della finestra della torretta. Sentì i frammenti graffiargli la pelle a sangue.
 
-Sono entrati dentro! – gridò Niall.
Tutti ormai capirono che non avevano più la lotta davanti agli occhi. Che avrebbero visto solo uno uscire vivo da quella stanza.
Viola rimase con la bocca semiaperta quando si rese conto di dove i due combattenti fossero entrati.
 
Per fortuna Harry non aveva troppe schegge di vetro conficcate nelle braccia, ma faceva comunque un male cane. Per un attimo era convinto che Arlong gli avrebbe staccato la testa alle spalle, invece si era limitato a spintonarlo contro la finestra e ora si trovava in piedi davanti a lui, con un sorrisetto in volto.
-Ora non hai più scampo – sibilò –Questo è l’ultimo piano di Arlong Park – sgranò di più le pupille lievi – Adesso ti ammazzo!
Harry però non lo stava neanche ascoltando. La sua attenzione era presa da cosa contenesse la stanza in cui erano entrati. Si trattava di una specie di studio visto che, a parte un piccolo letto ammassato in un angolo, c’erano scaffali su librerie di diverse dimensioni, riempite con rotoli di pergamena ben ripiegati e a volte spiegati e proprio vicino ad una scrivania occupata da disegni a metà lavoro, c’erano pile di carte ancora da catalogare. Ogni tipo di pagina occupava buona parte della camera. Sembrava di trovarsi in una fabbrica di fogli.
-Cosa sono tutte ste carte?
-Non sono semplici carte – gli brontolò contro Arlong – Questa è la stanza delle mappe. La stanza in cui Viola ha trascorso questi otto anni a disegnare cartine per me. È la stanza della cartografa.
-La stanza … di Viola? – si stupì Harry continuando a guardarsi intorno.
-Queste sono tutte mappe dei mari che lei ha disegnato per me – ghignò – Notevole, eh? Otto anni di lavoro. Conosciamo i mari come le nostre tasche ma per noi era difficile tracciare delle cartine. Perciò necessitavamo di un brillante cartografo. È stata una vera fortuna per noi trovare quella ragazza piena di talento. Un vero genio sin dalla tenera età. Non ho mai visto nessuno capace di disegnare mappe come lei – assunse un’espressione disgustata – E’ troppo preziosa per servire agli umani. Le sue capacità esistono per servire noi Uomini-Pesce per sempre – avanzò verso di lui. Harry finalmente si decise a squadrarlo – Hai capito adesso, bastardo di gomma? Ti conviene arrenderti e rinunciare a lei per sempre. Viola appartiene a me.

Il ragazzo non corrugò un solo lembo di pelle, restando lucido: - A te? – chiese sottovoce – Viola è … - in quello sguardo così fermo e deciso riuscì a dimostrare anche lui quanta rabbia tenesse dentro di sé.

Il suo urlo giunse fin sotto i piani della pagoda, dove aveva lasciato i presenti, muti e in ansia. Soprattutto Viola.

- E’ UNA NOSTRA COMPAGNA!

TO BE CONTINUED

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Capitolo 43
*** Episodio 43 - La Fine di Un Impero ***



Harry non si accingeva a levargli di dosso quello sguardo così serio. Così famelico. Era desideroso di sfidarlo, di dimostrargli che non lo temeva e che non si sarebbe mai arreso.
-Tu – rise Arlong a denti stretti – la vorresti portare con te sulla tua merdosa nave? In questo modo la sua vita sarebbe sprecata. Guardati intorno – allargò le braccia alzando la voce – chi mai al mondo sarebbe capace di disegnare mappe così dettagliate? – pestò un piede a terra. Il pavimento fu percosso da un piccolo tremito. La penna a piuma posta sull’unica scrivania della stanza, ruzzolò sul pavimento, catturando lo sguardo di Harry.
-Come lei ce ne sono una su un milione – continuò Arlong senza farci caso – il suo talento non verrà sprecato, facendo la navigatrice su una nave di ragazzetti. E in più – digrignò la bocca – ho bisogno delle sue mappe per governare il mondo intero!
Harry prese delicatamente la piuma tra le mani, studiandola attentamente.
-Viola lavorerà per me, per tutta la sua vita!! – gridò Arlong.
-Ma questa penna …. – sussurrò Harry rendendosi conto di una piccola ma importante caratteristica della piuma – è sporca di sangue ….
-E una volta che avrò le mappe di tutti i mari nelle mie mani – avanzò mostrando le fauci – nessuno potrà contrastarmi!– sorrise ancora una volta – Tu non potresti mai usarla in un modo migliore di questo.
Harry chinò il campo nascondendolo all’ombra. Rimise la penna per terra.
 
Esitò qualche secondo, poi lentamente rialzò lo sguardo. Quando incrociò di nuovo lo sguardo dell’Uomo-Pesce, questi vide chiaramente quanto i suoi occhi fossero cagneschi e la sua bocca ringhiante quasi sul punto della bava.
-Usarla? – strepitò il ragazzo a squarciagola – Cosa ne vuoi fare di lei?
-E’ sempre un umana, ma utile. Se tutti quelli come lei sono degli schifosi topi di fogna, lei è un astuto gatto – continuò a ghignare l’avversario – ed è anche un bel bocconcino. Sarà per sempre di mia proprietà!
Quello fu il colmo.
Con uno scatto fulminio, Harry tornò in piedi e con una potenza mostruosa, diede un calcio alla scrivania, mandandola a schiantare contro la finestra e facendola precipitare di fuori.
 
-Cos’è quella? – strepitarono le persone indicando verso l’alto. Per un attimo ebbero uno sbalzo al cuore, ma si rasserenarono quando videro che si trattava solo di una scrivania.
Questa cadde con un tonfo in piscina.
 
Il ragazzo di gomma non si era certo limitato a quel piccolo gesto.
Tempestivamente, agguantava ogni mobile o libro che gli capitava e gli faceva a pezzi, per poi buttarli sempre di fuori. Strappava i fogli, demoliva le librerie, distruggeva i mappamondi posti sotto il comò e sfondava i muri scagliandogliele contro.
 
-Ma perché stanno cadendo tutti quei mobili? – urlò Zayn coprendosi la testa.
Ogni oggetto finì a razzo o sul suolo o in acqua. Nessuno riuscì a identificarne meglio la forma.
Per Viola invece, fu come vederli precipitare a rallenty. In quello scrittoio, quelle cartine e quei libri rivedeva milioni di ricordi. E nessuno mai felice.
-Harry …
 
INIZIO FLASHBACK BREVE
La prima volta che era entrata in quella stanza, da bambina, non c’era ancora nulla a parte un letto, una scrivania e una libreria mezza piena.
Arlong l’aveva spinta all’interno.
“Qui c’è tutto quello di cui hai bisogno per lavorare. Matita, penna, compasso e tanti, tanti fogli. Mettiti subito all’opera!”
E la prima notte, gelida e dolorosa, che aveva passato seduta su quella scrivania, non aveva potuto fare a meno di tracciare, invece di una carta nautica, il profilo di una donna.
-E così ti diverti a disegnare queste merdate, eh? – Arlong era entrato con uno sbando e dopo aver visto quel disegnino, aveva colpito violentemente la bambina – Se ti azzardi ancora a prenderti gioco di me, ti faccio a pezzi, mi hai capito? – tese il foglio del disegno verso di lei – Proprio come ho fatto con quella troia di tua madre – e lo strappò in due.
Lei non era riuscita a versare nemmeno una lacrima, ancora illusa di poter liberare l’isola da quell’orribile creatura solo recitando la parte della compagna fedele.
“Lo farò per voi … Paulina … Javier … Marian …”
FINE FLASHBACK BREVE
Ormai nell’aria svolazzavano tutti i suoi lavori cancellati, andando perduti per sempre.
La ragazza sentì la mano tremare e automaticamente la portò alle labbra, mentre lacrime calde le sgorgavano dagli occhi.
-Grazie … - gemette con voce sottile.
 
-BASTARDO, SMETTILA!Arlong interruppe la distruzione di Harry, sbattendolo contro il muro e cingendogli il collo – CI SONO VOLUTI OTTO ANNI PER REALIZZARE QUESTE MAPPE.
Non attese più. Finalmente dopo tanti sforzi riuscì ad affondare i denti nella spalla del ragazzo, muovendo contemporaneamente la testa con l’intenzione di staccargli tutto il braccio.
Harry non trattenne un urlo agonizzante, però mantenne lo sguardo di collera e portò le mani a cingere la faccia dell’Uomo-Pesce. Prese a tirarla per estrarre fuori i denti dalla carne.
-Non mi fai paura – gridò senza getti – e ora so cosa devo fare per aiutarla!
Gridò ancora senza dire niente e riuscì a spintonarsi da dosso Arlong, mandandolo dall’altra parte della stanza.
-Questo posto – gli stridette senza far caso ai fori sanguinanti sulla spalla – non deve più esistere. Distruggerò tutto.
E riprese a demolire i muri con pugni e calci, senza provocarsi lesioni, tanto era rigido.
Decise di non restare più su quel piano e corse verso la finestra.
-MALEDETTO, MUORI!!!!
Prima che Harry finisse fuori dalla finestra, Arlong gli si ributtò addosso e stavolta fu un duello per aria.
Tutti presero a urlare vedendo la coppia di combattenti, precipitare tra pugni, morsi e graffi. Harry in quei pochissimi attimi che gli rimanevano per concludere tutto, si servì della gamba, allungandola a dismisura e tirando calci alle pareti di tutti gli altri piano, che si frantumarono come ghiaccio. Intanto Arlong gli stava azzannando la milza.
Si stavano per schiantare al suolo. Harry sentiva il sangue uscirgli dal corpo in maniera corrente e sentì ogni muscolo del corpo abbandonarlo. Alla sua destra vide la pagoda crollare lentamente, poi sempre più velocemente, sul peso dei piani inferiori, già mezzi demoliti. La bandiera posta in cima alla torre con il logo della ciurma degli Uomini-Pesce, si staccò e cadde dal suo piedistallo per non tornarci mai più.
Si era ormai agli sgoccioli. Restava una sola cosa da fare.
Usando mani e piedi insieme, Harry si sradicò per l’ultima volta Arlong dal corpo e all’Uomo-Pesce non restò che precipitare in direzione della pagoda in sfascio, finché uno piccolo residuo di pavimento non lo schiacciò intrappolandolo sotto il suo peso e ben presto il nemico giurato di tutti gli abitanti dell’isola, venne inghiottito dalle macerie.
E presto anche il ragazzo sparì tra i vari sbendi.
La franata costrinse tutti a scappare lontani per evitare di esserne travolti.
-Vieni, via, Viola! – gridò Jonathan provando a strattonarla.
Ma l’amica non voleva muoversi: - Harry è ancora lì!
-Se la caverà! Presto! Sta crollando tutto.
-Ma Harry è … - non riuscì a dire altro.
Il crollo sollevò un enorme nube di polvere che offuscò tutto per un minuto.
In breve la pagoda divenne soltanto un cumulo di inutili macerie di scarto e tutta Arlong Park potette ben presto, definirsi distrutta.
-HARRY!
 
Passarono alcuni minuti di silenzio. Il tempo di contemplare la base degli Uomini-Pesce, andata persa. Nessuno degli abitanti riusciva a crederci. Erano tutti sgomenti e non proferivano una sola parola.
Solo il dottore riuscì a descrivere ciò che avevano difronte.
-Arlong Park … è stata demolita.
Nessuno si mosse. Non avevano visto attentamente cosa era successo mentre i due nemici si scontravano in aria. Dalle macerie poteva benissimo venir fuori Arlong con una risata agghiacciante che gioiva per la vittoria. Oppure entrambi erano riusciti a sopravvivere, il che significava che la lotta non era ancora conclusa.
Invece quando tutti si avvicinarono di qualche passo, proprio nell’esatto momento in cui un raggio di sole illuminò quella zona d’isola, rimasta sempre all’oscurità, una sagoma emerse dai detriti con un urlo di affanno.
-HARRY!
Jonathan e Sauk ripresero a piangere come neonati.
 
Il loro amico era ancora vivo. Ricoperto di polvere di marmo e sudiciume, aveva piccoli lividi in varie parti del corpo e la spalla aveva smesso di sanguinare, così come l’addome, ma restavano pur sempre i piccoli segni dei denti da squalo. Ansimava esausto, ma tenne ancora i pugni ben stretti.
-VIOLA! – gridò nel modo più forte dell’intera giornata.
La ragazza sentì il cuore battere a mille.
-TU SEI UNA MIA COMPAGNA! – strepitò Harry.
Viola sgranò gli occhi solo per sentirli inumidirsi e poi colare. Pianse a dirotto senza singhiozzi, ma con un sottile sorriso sulle labbra. Annuì.
 
Tutti i presenti esitarono, prima di capire finalmente chi era il vincitore della battaglia. Chi era che finalmente li aveva liberati dalla tirannia di Arlong. Chi li aveva restituito la libertà.
Gli abitanti di Coconout Village, lanciarono un urlo sonoro di gioia e schizzarono verso Harry per sollevarlo e lanciarlo in aria acclamandolo.
-ABBIAMO VINTO! ABBIAMO VINTO!
Le donne piangevano commosse, gli uomini urlavano emozionati.
Paulina abbracciò forte Javier: - Quanto tempo abbiamo aspettato questo momento – disse il sindaco accarezzandole i capelli.
Niall rise sollevando il pugno: - Sì!
Zayn fece dei salti allegri: - Ce l’hai fatta! Ce l’hai fatta!
Louis, semisvenuto, fece un piccolo sorrisetto: - Idiota.
 
Viola avanzò in mezzo alla folla. Quando la videro arrivare, gli abitanti misero giù il loro eroe, in modo che i due fossero faccia a faccia.
Lei si avvicinò. Sorrideva. Prese il cappello di feltro che ancora teneva in testa e lo ficcò in testa al ragazzo, un po’ brusca.
-Grazie – rispose lui lisciando il suo tesoro.
-Sei stato … fenomenale – disse lei arrossendo. Ruotò leggermente il capo per evitare di guardarlo ancora intensamente negli occhi.
Harry sorrise e sollevò una mano.
Viola rise ancora e gli batté il cinque.
I due scoppiarono in una risata contagiosa che invase tutti quanti.
Non durò a lungo però.
 
Una voce squittente, sovrastò tutte le altre e una figura uscì dal bosco seguita da altre sagome.
-Ora smettetela, branco di idioti!-
Il Comandante Smek venne avanti con il solito sorriso da topo ebete stampato in fronte.
-Ancora lui? – sbraitò Javier.
 
-Queste deve essere proprio il mio giorno fortunato – squittì Smek ghignando – Ottimo lavoro, bambini. Mi è piaciuto lo spettacolo. Anche se non avrei mai creduto che alla fine riuscisse realmente a battere gli Uomini-Pesce –avanzò.
Harry e gli altri lo guardarono di sbieco.
-Ma grazie a voi – continuò il Comandante – La taglia di Arlong tutti i suoi tesori di saranno miei. Così come il merito di averlo sconfitto– alcuni abitanti gli ringhiarono contro – In quanto a voi, ragazzacci da niente, vi dichiaro in arresto per pirateria – alcuni uomini avanzarono verso i ragazzi. Smek scoppiò a ridere odiosamente: - E ora sparite! Perché mi porterò via tut … - il suo grido venne soffocato in un gemito di dolore.
I ragazzi guardarono oltre la sua spalla e sorrisero. I soldati si fermarono.
 
Louis era comparso alle spalle di Smek e gli teneva le dita infilate nella scapola della spalla, immobilizzandolo.
-Non rompere i coglioni a queste persone che stanno cercando di festeggiare – gli disse con sguardo omicida.
In breve lo spadaccino pestò a sangue il Comandante avaro e tutti gli uomini che aveva a tiro. Nessuno dei soldati con la faccia sfregiata osò muoversi.
Smek però, con più lividi e lesioni di tutti, era ostinato a fare il duro.
-Toccami ancora … e ti ammazzo – frignò senza alzarsi da terra.
-Ancora che parli?- si stupì Niall a braccia conserte.
Viola si fece avanti e s’inginocchiò vicino il Comandante. Nessuno la fermò.
Con fare quasi delicato, gli mise una mano sulla guancia: - Mio caro – dichiarò – questo è per aver sparato a Paulina e aver messo in subbuglio l’agrumeto di mia madre.
Con il gomito di ferro, diede una violentissima gomitata al viso già malconcio del Comandante e questo sentì venti piastrine del naso aprirsi e due denti andare perduti.
I suoi amici sorrisero.
-Grazie Viola – disse Paulina – E’ una bella soddisfazione.
La sorella afferrò i baffi ritti da roditore di Smek e gliene staccò due.
-Preoccupatevi di ripulire tutto – gli ordinò tranquillamente – di ricostruire il villaggio di Gosa e di cedere una buona parte di denaro a tutti gli abitanti. Ma tu non toccherai nemmeno uno spicciolo delle ricchezze degli Uomini-Pesce, è chiaro??? – lui annuì debolmente – E un ultima cosa … dovrai ridarmi i miei soldi!
-Sì, sì … tutto quello che vuoi … - si arrese Smek coprendosi la faccia.
Dopo un po’ si rimise in piedi e prese a correre all’impazzata verso il bosco. Nessuno lo inseguì o lo richiamò.
-Ma non finisce qui, maledetti! – giurò indicando Harry e i compari. Poi scappò.
-Cosa avrà in mente, quel criceto? – chiese Niall.
-Non è un problema nostro – disse Zayn guardando i cittadini felici – ora dobbiamo solo festeggiare!
-SIII! – concordarono tutti.
-Diffondete la notizia in tutta l’isola! – propose il dottore.
Tutti gli autoctoni si dileguarono in varie parti dei boschi e delle colline per dare l’annuncio della libertà riconquistata.
Paulina, vicino a Javier osservava come Viola se la rideva di gusto al fianco di quei quattro ragazzi. Finalmente sua sorella era felice dal profondo del cuore. Quasi si commosse.
-Chi avrebbe mai detto che saremmo stati salvati da pirati? – rise Javier – Il mondo sta proprio cambiando.
Si voltarono verso le macerie di Arlong Park. Erano passati otto lunghi anni da quanto la banda di Arlong aveva sottomesso l’isola. Da allora c’erano state molte morti innocenti, le persone erano costrette a piegarsi al suo volere per salvare la propria vita e quella delle famiglie. Non potevano mai esitare davanti la potenza di quegli esseri così perfidi. Era stato l’incubo più terribile che un’intera isola avesse potuto sopportare. Invece ora era tutto finito. Si guardava al futuro, verso una nuova vita indipendente, senza nessuno che forzasse a obbedire. Non avrebbero più dovuto preoccuparsi di venire uccisi per qualsiasi mossa ritenuta sbagliata. Erano liberi di fare tutto. Liberi di vivere di nuovo.
-Finalmente – disse il dottore guardando il cielo – l’anima di Marian può riposare in pace.
Javier e Paulina sollevarono pure gli occhi verso l’alto. Sembrava una vita che non vedevano un cielo così azzurro e splendido. A volte pensavano che il sole avesse smesso di battere per sempre. Invece ora era lì, sopra di loro e li abbracciava con i suoi caldi raggi.
 
Smek, a fatica, era riuscito a trascinarsi verso la piccola base militare posta dall’altra parte dell’isola. Più che una base era un capannone con armi, posto all’ombra di alberi morti. Per fortuna aveva lasciato la porta aperta, in modo da entrare e mettere le mani sulla cornetta del telefono. Si mise in contatto immediatamente con il Quartier Generale della Marina.
La faccia era tutta un dolore, ma questo lo aiutò a urlare dimostrando tutta la rabbia.
-Parlo con il Quartier Generale???
-Sì, con chi parlo?
-Sono il Comandante Smek della flotta del Mare Orientale. Codice #0074
-Oh, mi dica tutto, sergente.
-HO UN RAPPORTO DA FARE.
-Non urli, ci sento benissimo.
-C’è un pirata con Un Cappello di Feltro. Mi sembra si chiamasse Enry o qualcosa del genere. Lui e i suoi quattro complici sono già contro il Governo!
-Ha detto un pirata con un Cappello di Feltro?
-Sì! La sua banda è stata capace di uccidere i spaventosi membri della ciurma degli Uomini-Pesce di Arlong!!! Dobbiamo stare attenti! Voglio fissare un’ingente taglia su questo ragazzino!
-Ci serviranno dati più precisi per …
-Lo so. Abbiate pazienza, ho incaricato uno dei miei a …
-Capitano!- urlò un uomo entrando all’improvviso nella catapecchia – Ho fatto quanto richiesto – in mano teneva uno strano foglio – Ho la foto del ragazzo, ed il suo nome completo.
-Davvero? E come te li sei procurati? Hai dovuto combattere?
-Veramente – rispose l’uomo quasi sulla risata – ho dovuto semplicemente chiederglielo.
-Vabbè, non me ne fotte. Dammi sta foto! – gliela strappò dalle mani, infastidito che non avessero riservato al suo seguace, lo stesso trattamento inflitto su di lui.
Infilò il foglio svolazzante nella stampante e digitò un codice per mandarlo come fax.
Questi arrivò dall’altra parte dell’oceano in meno di mezz’ora.
-Ma che cazz… - esclamò l’uomo al telefono con Smek – è questa la foto?
-Non potevi farne una migliore? – urlò Smek al suo uomo. Lui chinò la testa mortificato: - Ad ogni modo, inviatela ai piani alti! È un pirata pericoloso!
-Va bene. L’autenticità della taglia sarà allora decifrata dai superiori.
-METTETELA QUANTO PIU’ ALTA POTETE!gridò Smek – OLTRE I 10 MILIONI, CAPITO? LO VOGLIO VIVO O MORTO!
-Ci manca il nome, signore.
-Styles – rispose l’uomo – Harry Styles.

TO BE CONTINUED

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Capitolo 44
*** Episodio 44 - Addio Città Natale (Fine1) ***



Quando la notizia della sconfitta di Arlong e i suoi Uomini-Pesce si diffuse in tutta l’isola, questione di solo mezz’ora, tutti i cittadini si radunarono a Coconout Village per festeggiare la libertà.
Cinque enormi tavolate furono disposte nella piazza principale. Tutti i cuochi del paese, incluso Niall, si diedero da fare per apparecchiarle con carni, fritti, salumi, zuppe, bevande e dolci. Dopo un sonoro banchetto tra pianti di gioia e grida d’esultazione, sollevarono tutti i loro calici per brindare all’indipendenza riconquistata. Volarono fuori tappi di champagne, scoppiarono coriandoli che in realtà erano petali di fiori raccolti dai bambini e poi si diede il via alle danze.
L’orchestra alpestre suonò tarantelle molto ritmiche che fece scatenare tutti quanti.
La bandiera distrutta di Arlong Park venne sventolata un’ultima volta come segno di resa. Poi venne gettata nell’enorme falò al centro della piazza, dichiarando del tutto fine al suo impero.
Paulina, seduta ancora su una delle panche a sorseggiare del buon vino bianco, si sentì chiamare da una vocina che stranamente sovrastò quella di tutte le altre, gioiose.
-Ei, ciao!-  la ragazza voltandosi vide un ragazzino mettersi seduto vicino a lei.
Lo riconobbe. Era il bambino con il quale aveva salvato il naso a Zayn da Fiskur.
-Ciao – lo salutò sorridendo.
-Sono appena stato ad Arlong Park – disse il bambino – o almeno quello che ne è rimasto. Ho visto solo un cumulo di frantumi!
-Impressionante, vero?
-Sì! Chiunque ci sia riuscito deve essere una persona straordinaria! Tu sai chi è stato? È ancora qui l’uomo che ha sconfitto Arlong?
Paulina emise un risolino divertito: - Sì – indicò in un punto tra la folla – E’ lì.
 
Seduto a capotavola della prima grande tavolata, Harry si stava abbuffando come una belva.
Lo scontro lo aveva sfinito e ora stava consumando più di sei piatti di carne. Era al settimo. La bocca piena di arrosto. Riprendere le forze con quel cibo così nutrizionale era ancora meglio che stare chiuso in infermeria, come gli aveva consigliato il dottore.
-E’ stato veramente lui? – chiese il ragazzino sorpreso. Di certo si aspettava un omone più grosso.
-Lo so. Anche io stento a crederci – lo appoggiò Paulina.
 
Niall fumava tranquillamente su una panchina posta poco distante dalla folla danzante. Zayn gli stava vicino. Sentivano le urla di dolore provenire dall’infermeria. Il dottore stava ancora operando la ferita aperta di Louis. A quanto pare non aveva anestetici, visto che gli stava facendo assorbire tutti i dolori dell’intervento.
-E’ stato uno stupido – commentò Niall facendo un’altra tirata – Aveva già una bella cicatrice. Non avrebbe dovuto forzarla in quel modo. Ci vorranno almeno tre anni, perché si rimargini completamente.
-Oh, beh – bofonchiò Zayn stiracchiandosi - E’ già tanto che sia sopravvissuto dopo un colpo inferto da Drakul Occhi di Falco. Nessuno ce l’avrebbe fatta.
L’amico non rispose e guardò il cielo contemplando in silenzio.
 
Louis si contorceva. Aveva inghiottito solo due pillole di antidolorifico ma il bruciore che la ferita riaperta di Drakul gli emanava in ogni punto del corpo, non gli evitava grida e a volte piccole lacrime. Il dottore, dopo avergliela disinfettata e assistita, gliela stava ricucendo, mentre l’infermiera asciugava il sudore sul volto del paziente.
Quando ebbe staccato il filo, il dottore lo guardò quasi con rimprovero: - Non riesco a credere che tu abbia provato a curarti una ferita simile da solo! Se siete davvero dei pirati, com’è possibile che non abbiate ancora un dottore sulla vostra nave?
Louis continuò a gemere stavolta più loquacemente.
-Lo troveremo, prima o poi – disse all’improvviso Harry entrando nell’infermeria. Il dottore gli disse che non erano concesse le visite. Che il suo compagno aveva ancora bisogno delle sue cure – Stavo cercando Viola – precisò invece Harry– L’ha vista?
-Viola?
-Non la trovo da nessuna parte.
Il dottore alzò gli occhi al cielo: - Se non è qui in giro, sarà sicuramente andata .
Harry aggrottò la fronte: - Lì dove?
 
Viola avrebbe tanto voluto partecipare ai festeggiamenti. L’ultima volta che aveva sentito il coro del villaggio esibirsi in tarante montanare, era molto piccola. Non ricordava molto, a parte che lei, Paulina e Marian si erano scatenate in strada, contagiando mezzo villaggio a unirsi alle danze.
La ragazza sorrise, mentre raggiungeva la collina con la tomba della madre e prendeva posto di fronte la croce.
Non seppe quanto tempo rimase a guardarla con il sorriso sul volto.
Dopo un bel po’, sentì due voci chiamarla.
-Oh, sei qui – la prima era quella di Javier.
-I tuoi amici ti cercano – disse la seconda, di sua sorella.
Viola si voltò a guardarli. Erano talmente felici di vederla finalmente sorridere con il cuore.
-Vorrei farvi una domanda – chiese loro – Se Marian fosse ancora viva – accarezzò la croce – Credete … che mi permetterebbe di diventare una pirata?
Javier sobbalzò e divenne bianco come un lenzuolo: - Una … pirata? Ma starai scherzando! Non avrebbe mai lasciato che la sua adorata figlioletta diventasse un predone dei mari.
Paulina rise divertita dalla sua reazione: - No. Non ti avrebbe ostacolata – rispose al posto del sindaco.
-Paulina!-  la rimbeccò lui.
-Ma – continuò lei, ignorandolo –anche se te lo avrebbe impedito, tu le avresti dato mai retta?
Viola ghignò con una linguaccia: - Per Niente!
Le due sorelle scoppiarono a ridere.
Dopo un attimo di sgomento, anche Javier le imitò: - Siete proprio figlie sue – girò le scarpe e prese a scendere la collina – Fa quello che ritieni giusto, Viola. Come ha fatto lei.
Lo videro sparire tra gli alberi. Viola tornò con lo sguardo sulla croce. Sorrise affettuosa e con le idee già chiare nella mente e nel cuore.
 
Si fece notte, eppure nessuno si stancò di volteggiare, cantare e bere. Era sicuramente la festa più duratura che l’isola avesse mai organizzato. E anche la più gioiosa. Durò due giorni interi.
Le lanterne appese ai fili in strada, rendevano la terza notte una serata magica e spassosa. Nel cielo esplosero fuochi d’artificio rimbombanti e colorati e tutti applaudirono allo spettacolo.
Louis fu dimesso in fretta all’ospedale, ma vietato restare in piedi almeno per quella notte. Rimase quindi seduto sulle botti di vino e si rimpinzò di carne e birra fino ad avere le vertigini.
-Sono pieno – dichiarò dopo l’ennesimo boccale.
Fu raggiunto da Niall, che aveva appena finito di friggere la decima enorme porzione di spiedini di pesce per tutti gli abitanti.
-Come va la ferita, Louis? – gli chiese.
-Già meglio – rispose l’altro – con un po’ di riposo ed un buon pasto, guarirò in un batter d’occhio.
-Meglio così.
-Comunque non me lo spiego come fanno a non essere stanchi, dopo tutte questi festeggiamenti? Sono tre giorni ormai!
-Cerca di capirli. Non provavano tanta felicità da otto anni – disse Niall accendendosi un’altra sigaretta – e se la godono come al meglio possono.
I due furono raggiunti anche da Harry: - Ei, Niall! Prima ho visto Zayn mangiare un melone con qualcosa arrotolato intorno. Che cos’era?
-Semplice prosciutto crudo.
-Oh, mammina. Sembrava troppo buono! Dimmi che non è finito!
-Ne ho visto una scodella sulla seconda tavolata. Se fai ancora in tempo, puoi arraffarlo prima degli altri.
Senza neanche ringraziare, l’amico sparì tra la folla.
-Mi rende ancora più sconvolto, il fatto che lui non abbia smesso un istante di mangiare!- disse Louis scrollando le spalle.
-Beh, io sono sazio – disse Niall spengendo la sigaretta. Sorrise: - E’ ora di andare a spassarsela! – e si rigettò nella mischia diretto verso un gruppetto di ragazze tutte da blandire.
Louis alzò gli occhi al cielo, ma sorrise lievemente.
 
Viola si era rifatta viva ma non si era unita alle danze. Aveva preso il dottore da parte e chiesto un enorme favore.
Adesso si trovavano, loro due da soli, nell’infermiera. Lei si spogliò e le venne un brivido veloce, quando il medico gli tolse le bende dal braccio che si era pugnalato, scoprendo il marchio di Arlong.
-Purtroppo la cicatrice della ferita, rimarrà, ma non sarà tanto visitabile – disse il dottore armandosi di cotone e disinfettante – Adesso penso a rimuoverti il tatuaggio – e abilmente prese a curare la ferita e a cancellare le chiazze azzurre che erano sul braccio della ragazza, da otto anni ormai. La tinta venne via, ma rimase ancora il segno che ricordava tanto un pesce – Lo sapevo. Non è possibile rimuoverlo del tutto. Il disegno è sparito ma è rimasta la forma.
La ragazza chiuse gli occhi. Ricordò come era tornata a casa in lacrime, quando da bambina gli Uomini-Pesce gli avevano tatuato quell’orribile marchio. Allora si era vergognata di mostrarsi a Paulina e la evitava, timorosa che scoppiasse a ridere. Invece un giorno, scoprì che la sorella si era fatta tatuare una piccola spirale azzurra all’altezza della clavicola. In questo modo non l’avrebbe fatta sentire tanto differente da lei.
-Dottore – disse riscuotendosi dai pensieri – Vorrei che me ne facesse uno nuovo.
-Cosa? Un nuovo tatuaggio?
-Sì. Così che copra il residuo di quello – tirò fuori dai jeans il pezzo di carta conservato dalla sua visita alla tomba di Marian – E vorrei che avesse questa forma.
 
Javier era da solo al chiaro di luna, davanti la croce in cima alla collina. Ci stava versando sopra del buon liquore. La categoria che Marian preferiva quando andavano insieme a farsi una sbornia il sabato.
-Dovresti vederle, Marian – disse-  Le tue figlie sono diventate due ragazze forti e magnifiche. Proprio come eri tu, tempo fa.
Si perse un attimo nei ricordi del passato e non poté fare a meno di arrossire, nascondendo però le lacrime.
Fu interrotto da un vocione alle sue spalle, che lo fece trasalire.
-Una tomba? È morto qualcuno?
Era Harry. Allontanarsi dal gruppo per fare un bisogno urgente, lo aveva involontariamente portato in vista della collina ed era salito notando una croce.
-Già. Otto anni fa – disse Javier.
-Mi dispiace. Condoglianze, chiunque sia stato.
-Grazie – il sindaco gli diede le spalle.
Harry pensò di lasciarlo da solo e fece per tornare alla festa.
-Aspetta, ragazzino! – lo richiamò Javier senza voltarsi. Lui si fermò: - Ascolta. Viola partirà con te e diventerà una pirata.
Sul viso del ragazzo si aprì un enorme sorriso: - Davvero? Te lo ha detto lei?
-Sì. E io non posso farle cambiare idea. Sarà un viaggio pericoloso. Ma so che sarà al sicuro con voi. Però ti dico solo una cosa – lo guardò con occhi seri e minacciosi – Se farai qualcosa che possa farle perdere il sorriso, ti rintraccerò ovunque tu sia e poi ti ucciderò!
Harry non si incupì di quella piccola minaccia: - Non capisco perché mai dovrei …
-Tu hai capito quello che ti ho detto? – il ragazzo annuì – Bene. Mi basta questo.
E non disse altro finché il ragazzo capì che ora voleva si levasse di torno.
 
Finalmente la stanchezza, l’alcol e il sonno, s’impadronirono delle menti di tutti i cittadini in festa, che crollarono addormentati in mezzo alle strade del villaggio.
Tutti restavano assopiti, godendosi quella quiete che da tempo non avvolgeva l’isola.
Tutti dormivano tranquilli.
Tranne Viola.
 
Si trovava nella casa dov’era cresciuta con sua madre e sua sorella. Il nuovo tatuaggio era bello evidente sul braccio. Lo guardò e sorrise ancora.
Aveva dovuto trasportare dalle macerie di Arlong Park tutti i tesori che in quegli anni aveva raccolto per la ciurma sconfitta. Tutte in un unico enorme sacco. Era stato parecchio faticoso ma c’era riuscita e ora questo stava immobile al centro della sala da pranzo.
Compiaciuta, ci attaccò sopra il biglietto che aveva scritto. Poi si sedette sul letto. Prese tra le mani l’unica fotografia della casa e tenne forte la cornice immergendosi in altri ricordi. Lei, Marian e Paulina, che sorridevano all’obbiettivo, strette, strette come una vera famiglia. Che infondo era quello che erano nonostante non avessero lo stesso sangue.
-Il cibo sembra delizioso, Marian.
-Ci credo. Ho voluto farvi una sorpresa. Sapete che giorno è oggi?
-No.
-E’ l’anniversario della prima volta che vi ho incontrate, bambine mie! Il giorno in cui siete diventate figlie mie.
-Veramente? Allora è il giorno più speciale dell’anno!
-Puoi dirlo forte, Viola.  Quello fu il giorno più bello della mia vita.
BUUUM BUUUM
-Aaah! Aiuto i tuoni!
-Ho paura, Marian.

-Non piangete. È solo una tempesta. Non importa se rovinerà il nostro agrumeto.
-Ma … sigh … ci avevamo messo tanto per rendere il raccolto di quest’anno davvero abbondante.
-Non è importante. Siate sempre coraggiose e sorridete sempre in questi movimenti. Solo così potrete diventare, ragazze forti. Se lo farete, molte cose della vita vi sorrideranno. A me è successo. Ho avuto i vostri sorrisi.
 
-Te lo prometto, Marian! Un giorno navigherò tutti gli oceani e disegnerò la cartina nautica di tutto il mondo!
-So che ce la farai, piccola mia.
 
Viola si asciugò una lacrimuccia mentre, oltre alla loro foto, stringeva anche la prima cartina che avesse mai scritto. Quella che segnò la sua carriera da cartografa.
La arrotolò amorevolmente e la ripose con cura sulla scrivania dove l’aveva scritta. Lì sarebbe stata per sempre al sicuro. Ripoggiò la foto sul comodino e si alzò.
Ridando uno sguardo alla casa, rivide i meravigliosi momenti passati da bambina. Gli passarono velocemente davanti agli occhi, riempiendole il cuore di nostalgia e felicità.
Sentì di non essere sola.
Avvertiva la presenza di qualcun altro. Che non c’era ma allo stesso tempo c’era.
Fu come vedere Marian seduta sul tavolo a sorriderle dolcemente.
Lei ricambiò.
-E’ finita, mamma. Ci sono voluti otto lunghi anni, ma finalmente siamo liberi. È proprio come dicevi tu. Finché continuerai a vivere, cose meravigliose ti sorprenderanno la vita. E ora, tutti gli abitanti di Coconout Village sono felici dal più profondo del cuore – era sicura che qualcuno la stesse ascoltando da qualche parte, per questo continuò – Ho deciso di partire con i miei amici. Non preoccuparti per me. Starò bene. Sono delle brave persone e so che mi proteggeranno. D’ora in poi disegnerò mappe solo per me stessa. Costretta da nessuno. Voglio vedere il mondo! Insieme a loro! – chiuse gli occhi portandosi le mani al petto – E’ questo il mio sogno. Non so quando tornerò su quest’isola – le si inumidirono gli occhi – ma resterà per sempre una parte di me – rivolse un altro sguardo alla foto sul comodino.
Non restò ad esitare a lungo. Prese da terra la valigia che si era preparata e a passetti piccoli si diresse verso la porta d’ingresso. Si voltò un’ultima volta verso la casa che aveva segnato tanti momenti felici. Fu difficile darle le spalle.
Quando mise il primo piede fuori dalla porta, sentì una calda mano darle una leggera spinta e aiutarla a uscire definitamente.
Si voltò di scatto. Non c’era nessuno. La casa era più silenziosa di prima.
Dopo un attimo di turbamento, rise ancora e tornò sulla sua strada, consapevole dell’appoggio che aveva sulla sua decisione.
-Ti amerò sempre, Marian.
 
Quando tutti si furono riattivati, la mattina seguente, aiutarono Harry e gli altri a caricare la Up All Night. Era rimasta ancorata tra due scogli tutto quel tempo, ma era rimasta comunque in perfetta forma. Caricarono a bordo circa ventidue scatoloni di provviste. Non fu una cosa rapida, ma entro mezzogiorno, terminarono.
Tutto il villaggio si era riunito al porto per salutare i loro benefattori, che erano finalmente pronti a levare l’ancora. Alcuni si erano portato dietro striscioni di ringraziamento: GRAZIE MILLE! W I NOSTRI EROI. SIETE GRANDI!
-Questo era l’ultimo! – disse Zayn caricando a bordo l’ultima cassa.
-Ora siamo ben riforniti – commentò Niall.
-Sapete, siamo rimasti solo pochi giorni, ma me ne vado con un mucchio di ricordi di questo posto.
Harry rise: - Puoi dirlo forte.
Intanto, di sotto, Jonathan e Sauk si fecero avanti tra la folla.
-Grazie, fratelli! Vi dobbiamo molto! – dissero in coro.
-Siete sicuri di non voler venire con noi? – Harry aveva provato a proporglielo più di una volta, ma loro erano stati impassabili.
-Torneremo a fare i cacciatori di Taglie. Mi spiace, ma dobbiamo proprio salutarci.
-Spero di rivedervi un giorno – disse Zayn.
-Statemi bene – sogghignò Louis.
Ovviamente i due non poterono trattenere lacrime di commozione: - Anche tu!
I ragazzi non rimasero molto a guardarli sparire tra la folla.
Zayn agguantò la fune dell’ancora: - Bene. Siamo pronti anche noi a salpare?
-Un momento! – lo bloccò Niall agguantandogli forte il polso – Dov’è Viola? Non sa che partiamo adesso?
-Credevo non venisse – disse Louis un po’ aspro.
Niall lo guardò in cagnesco: - Come puoi trattarla così dopo tutto quello che abbiamo fatto per lei?
-Non ho detto niente di male.
-Invece sì!
-Invece no!
-Invece sì!
E mentre i due battibeccavano come cane e gatto, Zayn si grattò il mento.
-In effetti è strano. Ma ora che ci penso, Viola non ha più ragione di essere una pirata, ora che è libera dal controllo di Arlong. In effetti sarebbe più felice se restasse qui, riflettendoci.
-Io non intendo partire, senza Violetta! – si lamentò Niall.
-Pensa al suo bene – disse Zayn.
-Sei un cretino – disse Louis.
E i due ripresero a insultarsi.
Harry invece rimase muto con lo sguardo verso il cielo.
 
-In effetti, dov’è Viola? È da stamattina che non la vedo – disse uno degli abitanti.
-Cosa hai detto? – sbottò all’improvviso Javier in un punto a caso della folla – Ha lasciato a casa vostra tutti e 100 i milioni di Berry che doveva ad Arlong?
-Esatto. Ha solo lasciato un biglietto. “Un regalo per voi” – continuò a spiegare Paulina.
-Li ha regalati a noi dopo tutto quello che ha passato per ottenerli? – chiese il dottore sorpreso.
-Ma è ridicolo – disse Javier – Dov’è adesso?
Non l’avesse mai chiesto.
Una figura slanciata comparve tra gli alberi del bosco.
Harry fu il primo a notarla. Sorrise: - Guardate un po’ lì.
I suoi compagni alzarono lo sguardo.
-Oh, eccola lì.
-Viola!
-VIOLETTA!
 
-Viola! – la chiamarono tutti gli abitanti.
La ragazza teneva lo sguardo basso. Lo alzò solo per strillare: - Mollate Gli Ormeggi! – dopodiché si lanciò in una corsa a perdifiato.
 
-Che sta facendo? – chiese Zayn.
-Ha detto di mollare gli ormeggi! – gli ricordò Harry – Fallo!
-Ma ….
-Fallo!
L’amico non disse altro e ubbidì risollevando interamente l’ancora.
Viola si fece spazio tra la folla, a volte spintonando.
-Aspetta! Non intenderà andarsene senza salutare??? – esclamò Javier.
-Non può farlo! – gli fece eco il dottore.
 
-Niall issa la vela. Louis posta il timone ad est!
I ragazzi fecero quanto il loro capitano chiedeva. Il vento fu subito a favore della bandiera e la nave prese a muoversi.
Dopodiché i quattro restarono appoggiati alla sponda della nave a vedere il seguito.
 
-Ferma Viola! Non puoi andartene così! – provarono a fermarla gli abitanti.
-Non te lo posso permettere! – gridò Javier mettendosi davanti la strada.
Ma la ragazza non si fermò. Oltrepassò le persone spingendole da parte con il fianco. Non rivolse nemmeno uno sguardo a Paulina quando le passò davanti. Javier non riuscì a fermarla.
-NOOO!
Viola accelerò il passo e poi, arrivata al molo, spiccò un salto enorme che incredibilmente riuscì a farla atterrare sul bordo della nave. Si diede una spinta in avanti per non finire in acqua e si ritrovò sul ponte, circondata dai suoi compagni sbalorditi.
 
Dopodiché si sollevò di poco la maglietta, avvicinandosi di più alla sponda in modo che gli abitanti potessero vederla chiaramente e … le piovvero da dosso una decina di borsellini pieni. Forse più di una decina.
-COOSAA? – strepitò Javier portando subito una mano alla tasca – No! Non dirmi che …
Anche tutti gli altri dovettero controllare di avere i porta-spicci nelle tasche. Tutte vuote.
 
Viola si voltò lentamente verso di loro e si appoggiò alla poppa della nave. Sventolò una mano verso la sua isola Natale.
-Statemi bene tutti quanti! – salutò.
 
Javier era rosso pomodoro: - PICCOLA LADRUNCOLA! – gridò battendo i piedi a terra e seguito dalle lamentele di tutti gli altri cittadini.
 
In tutta risposta lei scoppiò in una risata.
Louis e Zayn si guardarono increduli e con sopracciglia inarcate.
-Cazzo. Non è cambiata di una virgola.
-Sei stata grande, Violetta! – si complimentò Niall.
Harry rideva come un matto.
 
Lei rimase ancora a guardare la sua isola farsi sempre più piccola.
Le grida di protesta degli abitanti, si erano trasformate in urla di incoraggiamento.
-Torna presto, Gatta Ladra!
-Buona Fortuna!
-Grazie di Tutto!
-RAGAZZO! Non dimenticare la tua promessa!
Harry sapeva che Javier si stava riferendo a lui. Gli sorrise sollevando il pollice.
 
-Arrivederci a tutti! – gridò Viola.
 
-Incredibile! Ci ha fregati di nuovo! – sbottò il dottore, offeso.
-Che razza di sorella! – disse Paulina sarcastica – Divertiti a girare il mondo.
 
Javier prese a ridere. Il dottore gli si avvicinò ricordandosi improvvisamente di una cosa.
Tirò fuori dal camice un pezzo di carta.
-Tieni. È per te.
Il sindaco lo prese tra le mani e lo spiegò con una mossa sola.
-Cos’è?
-Viola mi ha chiesto di tatuarle questo simbolo. Sai dirmi cosa raffigurerebbe? Lei ha detto che si trattava di una girandola e un mandarino.
Quando Javier lo studiò attentamente.
-A proposito – gli chiese Paulina – Che fine ha fatto la girandola che tenevi sempre sul cappello?
Il sindaco si tolse il copricapo che era perforato al centro e sorrise: - Non ne ho più bisogno – gli prese affettuosamente la mano – e lo sai perché.
Paulina non dovette riflettere a lungo. Annuì con una lacrima che le scendeva calda sullo zigomo.
INIZIO BREVE FLASHBACK
Marian tiene in braccio una Viola neonata, nel suo fagotto. La piccola piange.
-Non ti avvicinare più a lei, Javier! – lo rimprovera la donna con un gestaccio.
-Ma volevo solo vedere il suo musetto!
-L’hai spaventata con i baffoni che hai!
-Ma che ci posso fare?
Sta zitto per un minuto, poi gli viene un’idea.
-Ci sono! – entra dentro casa sua. Esce in un lampo. Si è conficcato nel cappello una piccola girandola gialla che gira vorticosamente – Che ne dici di questo? Ti diverte, piccola Viola?
La bambina smette immediatamente di strillare, per mettersi a ridere e agitare le braccine verso la girandola.
-Evviva! Sta ridendo!
-Sei stato bravo – ride Marian.
-Ho deciso. Terrò addosso questa girandola, solo per far sorridere Viola.
 
Viola si guardò gli schizzi azzurri che aveva sul braccio. Una girandola con un mandarino nel mezzo. Sorrise ancora.
Rivolse un ultimo saluto alla collina dove riposava Marian, finché questa non sparì ai suoi occhi. Il vento scompigliò i capelli suoi e dei suoi amici, tutto intenti a guardare l’orizzonte.
Chissà cosa avrebbe riservato loro il futuro.
 
Un vento particolare soffiava sulla tomba di Marian. Un vento di calore, che trasportava amore e affetto. Se si fosse teso abbastanza l’orecchio e ascoltato quel vento con il cuore, si poteva ancora udire la risata di una madre, orgogliosa di sua figlia.
Sotto la croce, un mandarino e una girandola in movimento.

TO BE CONTINUED TO TOWARDS THE GRAND LINE
 

CIAO A TUTTI LETTORI E LETTRICI.

Ebbene, sì. Come avete letto questa è la fine della storia. 

O almeno la prima fine ;) ;) ;) 

Infatti ho deciso di dividere la storia completa in fanfiction a pezzi, altrimenti, come in molti di voi mi hanno fatto notare, uscirebbe una cosa pazzesca!

Per ora ci fermiamo qui. Intanto io progetterò i capitoli a venire.

Io vi ringrazio tantissimo per tutti i commenti che mi avete lasciato e se volete sostenermi, condividete e commentate la storia.

Ringrazio tutti voi che mi seguite dall'inizio!

Ci vediamo presto!

E All'Arrembaggio!!!!

 


 

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