Riportami al passato

di Diletta_86
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Settembre 1980 ***
Capitolo 3: *** Vecchi ricordi nuove emozioni ***
Capitolo 4: *** ...Il passato è presente.... ***
Capitolo 5: *** Distrazioni di Percorso.. ***
Capitolo 6: *** Lo sai che l'universo è un cerchio infinito?! ***
Capitolo 7: *** Il dolore di un amore ***
Capitolo 8: *** Una goccia....come il mare... ***
Capitolo 9: *** Se Chiami ti sposo ***
Capitolo 10: *** My Happy Ending ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


I ricordi del nostro passato.

Prologo:

2005, Fuori da un appartamento alla periferia est di Roma: Dieci di sera.

La professoressa Camilla Baudino aveva accompagnato una sua alunna dal fidanzato. I due avevano discusso e la giovane, già pentita, intendeva riappacificarsi con l'aiuto della sua profia di lettere, una donna con il pallino per le cose insolite e per i sentimenti. Avevano ripetutamente suonato alla porta, ma l'appartamento pareva deserto e, date le insistenze della giovane, Camilla s'era al fine decisa ad estrarre dalla borsa il cellulare, un modello vecchissimo, per chiamare il 113.

Nemmeno dieci minuti più tardi una pattuglia era in vista dell'appartamento. Procedeva a sirene spiegate lungo la via consolare; la profia si era affacciata dal terrazzo esterno del palazzo, il quale fungeva da ingresso per il vetusto bilocale in affitto, fumando una Marlboro light in attesa che i poliziotti si fermassero. Fu proprio da  quella posizione che, abbassando il capo, lo vide, anzi, lo rivide.

Un uomo alto, all'incirca di quarant'anni, con indosso un blazer beige, jeans scuri con sopra una camicia col primo bottone aperto e la giacca, scendeva nel medesimo istante dalla pantera della polizia. Era biondo, con profondi occhi il cui colore variava dal grigio al verde intenso, a seconda del tempo.

" Gaetano!"

Non era un vero e proprio saluto, piuttosto un'esclamazione a voce un tantino alta, che non sfuggì alle orecchie di quello che era il commissario Berardi. Camilla lo vide alzare la testa in cerca di chi lo chiamava con il suo nome di battesimo e non poté non sorridere d'imbarazzo e fu allora che lui la vide.

Erano trascorsi almeno vent'anni da ché si erano incontrati l'ultima volta, eppure vivevano e lavoravano nella solita città ed erano cresciuti ad un paio di isolati di distanza l'uno dall'altra. Gli occorsero una decina di secondi per ritrovare in quella bellezza adulta la giovane adolescente per la quale il suo cuore non aveva mai smesso di battere. Cristo.. era ancora più bella!

Gaetano Berardi sorrise, con sorpresa della sua intera squadra che in tanti anni di servizio non lo aveva mai visto sciogliersi dalla maschera formale di viceprocuratore distrettuale. Il tenente Torre pensò che quella era una serata davvero speciale se il suo commissario reagiva così.

" Camilla!"

Le rispose l'uomo alfine, alzando una mano robusta in un cenno di saluto. Si erano lasciati l'estate della maturità classica, lei aveva lo aveva lasciato andare in accademia senza la preoccupazione di lasciarla a casa da sola. Non aveva mai smesso di amarla e gli occhi scuri che lo guardavano gli confermavano che nemmeno lei aveva dimenticato i tre anni delle medie e gli anni del liceo.

Salendo le scale il commissario si ripromise di scoprire ché fosse accaduto alla sua Milla, coltivando il proposito di riprendere dal punto in cui si erano lasciati, e questo anche se lei era certamente sposata. Una marea di ricordi invase le menti della profia Baudino e del commissario Berardi, ricordi di adolescenza che ognuno di loro avrebbe rivissuto con estremo piacere.

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Capitolo 2
*** Settembre 1980 ***


Settembre 1980; Inizio anno scolastico

La facciata scalcinata del nobilissimo liceo ginnasio Giulio cesare attendeva con la sua lugubre indifferenza l'ingresso degli studenti. Era una mattinata tiepida per la fine di settembre, con uno stupendo cielo azzurro intenso ed una lieve brezza che faceva rimpiangere i lidi di ostia e le vacanze estive appena terminate.

Una ragazzina dai capelli corvini arricciati in una pettinatura senza forma sedeva sui gradini osservandosi attorno curiosamente. Chissà se qualcuno dei suoi compagni delle scuole medie aveva scelto di frequentare il ginnasio quell'anno?. Non la preoccupava l'idea di affrontare i nuovi compagni in solitudine, come diceva sua madre lei era una che giocava con tutti.

Il nome della quattordicenne era Camilla Baudino, figlia dell'ammiraglio Baudino e di donna Andreina, casalinga e madre tutto sommato amorevole. Essendo figlia unica, la ragazza aveva avuto il privilegio di poter proseguire gli studi sino alle scuole superiori che, anche se l'anno era il 1980, era una cosa piuttosto rara da vedersi.

La giovane sedeva in silenzio, il viso delicatamente poggiato sulle mani giunte a coppa, i gomiti poggiati sulle ginocchia lasciate scoperte dalla gonna a balze color cachi e dai calzettoni lunghi; i profondi occhi castani erano socchiusi, nel tentativo di dissipare la lieve angoscia che l'imminente anno scolastico le provocava; ai piedi teneva la sua tracolla di pelle stracolma di libri e quaderni con le foderine con il nome.

Perduta nelle sue fantasticherie adolescenziali, Camilla non s'era resa conto dei passi di qualcuno alla sua destra e sobbalzò quando il qualcuno in questione le poggiò una mano sulla spalla sinistra con familiarità.

" ..me lo avevi detto che avresti fatto il ginnasio.."

Esclamò gioviale, in un accenno di dialetto toscano, il ragazzo biondo che la osservava ridendo da un paio di scalini più in basso. Gaetano Berardi era stato suo compagno di classe dalla seconda media, quando i suoi si erano trasferiti da Pisa per lavoro. Anche se l'adolescenza lo aveva reso più alto e dinoccolato, in lui Camilla vedeva ancora il bambino un pò pasciutello dai profondissimi occhi grigi, cangianti attraverso l'azzurro intenso ed il verde a seconda del tempo atmosferico.

"...e tu hai pensato bene di raggiungermi..."

Gli rispose lei sorridente, alzandosi di fretta per andargli incontro. Si erano trovati dal primo istante complici i comuni interessi e le affinità di carattere. Lui mosse un paio di passi, gettando con mala grazia il proprio zaino affianco alla tracolla di lei.

"... e dove volevi che andassi? Odio la matematica e le scienze.. volevi mica farmi fare l'architetto eh?! "

" no...tutto ma non architetto.. uno che apprezza la poesia come te è sprecato su di un tecnigrafo.."

Risero entrambi a crepapelle. Avevano un compagno di classe che voleva fare l'architetto, si chiamava Ferrero ed era un tipo buffo, con enormi occhiali dalle lenti spesse sempre calati sul naso. A detta di Gaetano e Camilla era un ragazzo troppo insicuro e malfidato per poter andare daccordo con loro.

" senti Cam..."

" mmh?"

"... tu sai già in che classe sei ?"

" quarta ginnasio sezione A, mi pare.. e tu?"

" ah ah.. menomale... anche io.. in fondo.. i nostri cognomi iniziano entrambi per B, dove vuoi ci mettessero?"

 " ti và di sederti al mio banco?"

Lo chiesero quasi all'unisono, cosa che li bloccò con il viso ad un passo da quello dell'altro,in totale silenzio. Segretamente ambedue gli adolescenti erano innamorati l'uno dell'altra, ma si sa, ci vuole coraggio per fare il primo passo e la timidezza spesso è uno scoglio che solo determinate situazioni e contasti ci fanno superare.

" l'ho chiesto prima io.."

" va beh.. ma la sai la risposta.."

Sbuffò Gaetano trattenendo un ghignetto sul viso ancora imberbe ed afferrando lo zaino; la campanella era suonata da un pezzo.

" Andiamo Camilla... che ci fai fare ritardo il primo giorno di scuola!"

Sparirono su per le scale correndo, con Gaetano che portava gli zaini di entrambi, pregando mentalmente di non avere subito il terribile insegnante di greco alla prima ora, quella ragazza lo avrebbe ucciso..

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Capitolo 3
*** Vecchi ricordi nuove emozioni ***


L'aula,come il resto dell'edificio, era a dir poco fatiscente; mattonelle un tempo bianche si alternavano a mattonelle nere andando a rappresentare un'improbabile scacchiera piena di macchie e poco pulita; le pareti scalcinate avevano un ché di oppressivo. Camilla rimase impietrita un attimo nel vedere lo spettacolo generale di quella che sarebbe stata la sua aula per gli anni a venire.

" Cam.. banco in terza fila?"

Le giunse la voce di Gaetano; non era più acuta come in passato e stava assumendo i tratti morbidi e sensuali di giovane uomo.

" Come sempre.."

Gli rispose sorridendo prima di spiccare una breve corsa in direzione del banco a due posti in terza fila alla sinistra dell'aula, proprio affianco a caloriferi e finestre; semplicemente perfetto. Lui rise dietro di lei, spiccando a sua volta la corsa, afferrandola per un braccio prima che toccasse il legno ruvido del banco. Si fermarono di scatto, osservati dai loro compagni di classe, sconosciuti perplessi da tanta confidenza.

" Ah ah.. ci siamo sempre seduti assieme..."

".. si.. ma al banco sono sempre arrivata io prima.."

" solo perché a furia di essere in ritardo ti sei allenata nella corsa più di me,.."

Battibeccavano come cane e gatto. Le loro madri dicevano sempre che assomigliavano ai ladri di Pisa e Livorno, di giorno si odiavano e di notte andavano assieme a svaligiare le case. Paragone calzante. C'era un qualcosa di alchemico tra di loro, seppur a livello embrionale. Certe volte nemmeno si parlavano, semplicemente agivano in sincronia mentale.

Camilla era lì li per iniziare un'altro dei loro terribili battibecchi quando la voce profonda di un uomo anziano, brizzolato, dall'aria decisamente sadica si levò sopra il brusio, gelandolo in un silenzio di tomba. Rapidamente lei e Gaetano presero posto, fissandosi in silenzio alcuni istanti, quasi a mangiarsi tanto erano intense le occhiate, per poi concentrarsi sull'uomo.

Il docente mosse alcuni passi all'interno dell'aula, ascoltando il suono marziale delle sue stesse scarpe, per poi andare a sedersi alla cattedra, sopraelevata da una pedana di legno usurato dal tempo. Con lentezza poggiò la sua borsa di pelle, l'aprì e nè estrasse il registro di cuoio aprendolo sul tavolo.

Fu l'appello più brutto della vita di Gaetano e Camilla, sembrava che li stessero chiamando al patibolo. Osservando la sua compagna di banco di sott'occhi, infatti, Gaetano si accorse che lei era a disagio per tanta freddezza, probabilmente le ricordava il padre e la sua paranoia per la disciplina militare. La capiva, anzi no.. l'amava, anche se non lo sapeva ancora con certezza, e non si sarebbe mai sognato di dirglielo.

Certo, aveva provato a baciarla l'estate del loro terzo anno alle scuole medie, e lei non gli era sembrata dispiaciuta, nè avevano perfino parlato, eppure non capivano ancora quale fosse il profondo mistero che gli adulti chiamavano amore. Per fortuna la lezione finì presto; per mezzogiorno erano già in cortile,con gli zaini in spalla ed il sole in fronte, chiacchierando di come organizzarsi con la divisione dei libri ed i compiti.

" Vieni a pranzo?"

Chiese Camilla a Gaetano voltandosi ad almanaccare con il lucchetto della bicicletta che non nè voleva sapere di aprirsi. Lui annuì, andando a sfiorarle le mani nel tentativo di aiutarla con l'impresa, provocando ad entrambi un brivido lungo la spina dorsale.

" Dovrei avvisare a casa.."

" Oh.. chiamiamo da me.. "

Un paio di gesti esperti ed il lucchetto si aprì liberando la meravigliosa graziella rosso fiammante di Camilla che subito andò a poggiare nel cestello di vimini la tracolla, decisamente troppo pesante. In silenzio la ragazza aspettò che Gaetano liberasse la propria mountanbike dal lucchetto. Osservandolo Camilla si accorse di quanto fosse cresciuto in quell'ultima estate.

Le spalle si erano fatte più larghe ed il fisico asciutto era ora perfezionato da un accenno di muscoli. I capelli lunghi gli donavano, dandogli un ché di esotico e fascinoso. A lei Gaetano piaceva in special modo per il suo cervello, l'umorismo e la solarità, ma il fatto che stesse mettendo su un fisico niente male era una aggiunta davvero perfetta.

Si avviarono pedalando fianco a fianco lungo la pista ciclabile che attraversava il parco del loro quartiere, pedalando ad un ritmo blando che permetteva loro di continuare a chiacchierare senza essere soggetti al fiatone. Erano quasi arrivati quando qualcosa attirò l'attenzione di Camilla.

Un barbone giaceva semi nascosto dai cespugli lungo l'asfalto della pista ciclabile. Pareva morto stecchito. La ragazza accennò a fermarsi, seguita a ruota da Gaetano che già allora coltivava il sogno dell'investigazione. Lasciarono biciclette e zaini a terra lungo la siepe, avvicinandosi quatti al corpo, fermamente decisi a dare un occhiata da vicino.

" Credi che dovremmo chiamare la polizia?"

" Dovremmo..ma.. non ci sono telefoni pubblici.."

Bisbigliavano, sporti l'uno sulla spalla dell'altra dentro la siepe. L'uomo aveva circa una sessantina d'anni ed era chiaramente uno dei tanti barboni che di notte affollavano i parchi di Roma. Addosso non aveva niente, e sia Gaetano che Camilla esitavano ad indagare sulla questione. Alla fine si arresero all'evidenza, ed inforcando le biciclette pedalarono veloci sino ad arrivare al portone del grande palazzo bianco dove abitava la famiglia Baudino.

Rimuginando sul morto sistemarono le bici nell'androne del palazzo, sotto l'occhio curioso di una portiera tipicamente laziale, tutta grembiule e pettegolezzi, e salirono le scale sino all'appartamento di Camilla.

" Mamma.. sono tornata.."

" Ciao Camilla.. sbrigati è pronto in tavola.."

" Salve signora Andreina..."

La madre di Camilla si sporse dalla porta della cucina con espressione curiosa, provocando un risolino imbarazzato ed orgoglioso assieme  della figlia.

" Mà..ti spiace se ho invitato Gaetano per pranzo?"

Andreina sollevò gli occhi al cielo. Doveva proprio abituarsi a quel giovanotto in giro per casa perché, era certa, se lo sarebbe presto trovato come genero. Non che fosse male, anzi, era beneducato, cortese ed intelligente e visti l'uno affianco all'altra lui e Camilla formavano un quadro sublime, solo che per la sua  unica figlia si aspettava qualcuno diverso, magari un prossimo architetto di modeste ambizioni, qualcuno come quel ragazzo del piano di sotto, Renzo.

" Figurati... ormai è quasi di famiglia.."

Rispose laconica donna Andreina tornando a tuffarsi in cucina, sicura che Camilla sapesse essere una padrona di casa eccellente, almeno con quell'ospite. Girando la minestra coi carciofi i pensieri di donna Andreina vagavano. Sua figlia stava crescendo, e presto lei avrebbe dovuto fare i conti con le decisioni per il futuro che Camilla era pronta a prendere. Sarebbe stata capace di accettare una figlia il cui spirito d'avventura poteva portarla in giro per il mondo?

Ad Andreina bastava guardare sua figlia negli occhi,in special modo se era con Gaetano, per notare la fiamma ceca della passione e dell'avventura, la stessa che aveva avuto suo padre da ragazzo e che ora li aveva ridotti ad una coppia che si tollera per quieto vivere; sperava davvero che non andasse allo stesso modo per sua figlia.

 

2005  Bar " Mario" nel centro di Roma, ore undici.

 

Gaetano era salito sul terrazzino dell'appartamento a tale velocità che pareva stesse volando. Nei begli occhi, quella sera tinti di un intenso verde prato, brillavano ancora i pensieri settembrini del loro primo anno di liceo. Camilla lo attendeva appoggiata alla balaustra di ferro battuto, indossava quell'aria di falso distacco che usava da ragazza per evitare che sua madre s'accorgesse della loro relazione. Andreina lo aveva sempre reputato un ragazzo troppo audace per la figlia di un ufficiale di marina.

Il commissario si fermò a riprendere fiato poco distante dal punto in cui lei ed una ragazza di non più di vent'anni attendevano l'ingresso in azione dei difensori della legge. Era da poco rientrato in possesso di quel briciolo di lucidità necessaria per forzare una porta ed occuparsi del probabile scomparso quando Camilla si decise a fare la sua mossa.

Incurante dell'abbigliamento a dir poco trascurato che aveva indosso, infatti, la professoressa Baudino, in Ferrero ( Ancora per poco.. N.d.A. XD) si era scostata dalla ringhiera, avvicinandosi al bel commissario con uno smagliante sorriso, lo stesso che aveva il giorno in cui lui, pazzo ed incosciente, le aveva chiesto di sposarlo.

Era  la primavera del 1985 e le rondini iniziavano la loro migrazione dalle terre dell'emisfero sud a quelle dell'emisfero nord. Due ragazzi sui diciotto anni filavano lungo la via consolare a bordo di una tenutissima Harley Davidson usata. Alla guida del motociclo c'era un giovanotto coi capelli lunghi sin quasi alle spalle, con indosso un giubbino di pelle che faceva tanto Arthur Fonzarelli. Dietro di lui, stretta contro le sue spalle muscolose, c'era una giovane dai capelli ricci e ribelli, pettinati in avanti a coprire la fronte. La ragazza aveva indosso uno di quegli abiti tipicamente Hippie a grandi fiori colorati. Dall'espressione che aveva pareva fosse già arrivata in paradiso.

Dopo un pò i due ragazzi raggiunsero una zona collinare piuttosto suggestiva per via del paesaggio boschivo e delle rovine antiche a fare da proscenio ad una vista mozzafiato del mare di ostia all'orizzonte. Avevano con se panini e tovaglia e dopo poco già bivaccavano ridendo e scherzando coi visi l'uno poggiato contro quello dell'altra. Ad un certo punto il ragazzo s'era fatto serio. Emozionato aveva almanaccato nelle tasche dei jeans a campana estraendone una minuscola scatola di pelle lucida color fuoco.  Gli occhi color cielo avevano assunto un'espressione estatica mentre s'inginocchiava davanti alla sua bella che, dal canto suo, lo guardava con le mani giunte poco sotto al mento ed un sorriso sfavillante stampato sulle labbra coperte da un filo di gloss.

" Vuoi sposarmi Camilla?"

 

Gli occhi del commissario Berardi caddero, com'era inevitabile, sulla scollatura della camicetta della donna. Con un bottone slacciato, infatti, Camilla lasciava intravedere con incosciente malizia parte dell'incarnato chiaro del collo e dell'incavo tra i seni. Stavolta però non fu la pelle candida, bensì qualcosa che contro di essa riluceva come oro contro il velluto. Attaccato ad una catenella a maglie finissime, celato sapientemente agli sguardi indiscreti, ma non a quello acuto ed indagatore d'un poliziotto, ciondolava un anello con incastonata al centro una piccola pietra rosso rubino sfavillante.

Intercettando il tiro dello sguardo di Gaetano Camilla non poté non ridacchiare al pensiero di quello che avevano condiviso lei ed il commissario nella loro adolescenza, a quello che ora la spingeva a continui paragoni tra passato e presente, tra il legittimo coniuge e l'amore che aveva perduto, l'amore che sua madre pensava fosse troppo audace per una giovane di buona famiglia.

" Il ragazzo non risponde alla fidanzata.. che, evidentemente, è molto in ansia.."

Vipera... intrigante e letale.. Pensò Gaetano limitandosi ad annuire alle parole di Camilla con un gesto del capo per poi rivolgersi ai suoi uomini. Fu una cosa rapida, ma non indolore. Grazie ad un vecchio trucchetto Torre riuscì a far scattare la serratura, permettendo loro l'accesso all'appartamento. Trovarono il corpo del giovane assente disteso sul tappeto di quello che appariva come un salottino. C'erano segni di colluttazione ovunque e sangue, spettacolo piuttosto orrido, ma che non ebbe effetti stravolgenti su Camilla.

La prof era troppo impegnata a consolare la sua alunna per realizzare lo scempio compiuto. Bene! c'era di mezzo un omicidio. Tutto come ai tempi dell'università. Un paio di telefonate mirate ed il commissario Berardi aveva allertato la squadra della scientifica ed il magistrato. Dopo aver preso i rilievi, fatto alcune generiche domande, Gaetano autorizzò il trasporto della salma ed incaricò l'ispettore torre e l'ufficiale valle di riaccompagnare a casa la studentessa. Ci sarebbe stato tempo all'indomani per gli interrogatori completi ed il resto della burocrazia.

La pendola presente nel salotto dell'appartamento batteva quasi la mezzanotte ed ormai erano rimasti da soli lui e Camilla, sempre che non si contasse il povero ragazzo ucciso, con buona probabilità in seguito ad una violenta colluttazione. Rientrando nella stanza dove il corpo era stato rinvenuto, con il cellulare ancora in mano, il commissario Berardi si fermò sulla soglia a rimirare la figura di spalle della professoressa che, china sul corpo, pareva riflettere su chissà quali retroscena. Era sempre stata una ragazza attenta, sensibile ai risvolti psicologici delle azioni umane, ed ora, con buona probabilità, era divenuta una donna ed una insegnante premurosa e caparbia.

" Dobbiamo andare Cam..."

Esordì con voce un pò troppo bassa e sensuale, andando a poggiarle con un tremito una mano sulla spalla sinistra, avvertendo un brivido sotto il palmo mentre lei si voltava ad osservarlo. Aveva pianto. Attese in silenzio che lei si alzasse e recuperasse il proprio soprabito da una poltrona per poi accompagnarla fuori da quel posto. Era tardi.

" Stai bene?"

" Sono stata meglio.."

" Avrei dovuto farti riaccompagnare a casa prima. perdonami."

" Non ci saresti riuscito..e lo sai."

Ridacchiò. In fondo non era cambiata poi molto, neppure nell'aspetto. Sempre magra, vestita con gusto personale ed inusato, i capelli ricci tagliati corti ed il trucco appena accennato.

" Mi ero dimenticato di quanto tu fossi diversa dal comune.."

"... Attento commissario potrei ritenermi offesa..."

 

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Capitolo 4
*** ...Il passato è presente.... ***


Scusate per la lunghissima attesa..ma avevo il pc fuoriuso.. Vi ringrazio delle recensioni e mi auguro che questo capitolo vi piaccia. Ho intenzione di rimanere un pò nel presente di Gaetano e Camilla, per poi tuffarmi di nuovo nel passato. Buona lettura!

Uscirono dall'abitazione in fretta,fermandosi un attimo in fondo alle scale. Gaetano era rimasto appiedato e non aveva nessunissima voglia di tornare a casa. Camilla una macchina l'aveva, un vecchio maggiolone ereditato dalla nonna paterna, un aggeggio che faceva tanto figlia dei fiori e che ora si vergognava di mostrare a Gaetano. Di tornare a casa mancava la voglia. Di sicuro Livia dormiva da un pezzo, e Renzo era alle prese con un nuovo progetto e non avrebbe avuto tempo per lei.

Camilla era lì lì per voltarsi in direzione di Gaetano, giusto per dire qualcosa. I loro silenzi di solito culminavano in qualcosa che, se andava bene, era un semplice bacio;  quella era una di quelle sere in cui difficilmente un bacio avrebbe esaurito ciò che avevano da dirsi, quindi era più opportuno parlare. Puntualmente lui la prevenne.

" Ti và un Vermuth?"

" A quest'ora i bar non sono già chiusi?"

" Quelli normali... non il bar dove vado io.."

" Allora andiamo.."

" Guido io.."

Qualsiasi altra ragazza non avrebbe perduto tempo. Qualsiasi ragazza sarebbe scoppiata a piangere dall'emozione, ma non lei. Non Camilla Baudino, detta la maestrina. Lei gli afferrò il viso con entrambe le mani, invitandolo ad alzarsi con il sorriso sulle labbra e nello sguardo un moto d'orgoglio e passione. L'aveva tenuto così, sospeso, sin quando il limite s'era fatto insopportabile. Poi, come una primavera in anticipo che fa battere il cuore più forte, aveva parlato:

" Certo che lo voglio..."

E così alla fine si erano ritrovati seduti su di un tavolo di legno lucido, nella veranda dell'unico Bar aperto di notte, a sorseggiare due Vermuth come ai tempi in cui tiravano tardi sui libri perché le interrogazioni erano micidiali ed a tappeto. Gaetano aveva lanciato un'occhiata di sbieco al barista, un noto pettegolo che sapeva custodire i segreti solo se esplicitamente richiesto prima di tornare a concentrarsi sul viso di Camilla.

Lei era intenta ad inzuppare la scorza d'arancia nel liquore, per poi usarla a mò di succhiotto, prelevandone il liquore un poco per volta, a trattenerne il gusto più a lungo. Lui aveva il cuore in gola.

" Che c'è... ho dello sporco in faccia?"

Il commissario Berardi ci mise qualche secondo a rinvenire dal proprio estatico torpore e ritornare in sé. Sporco? Camilla doveva aver avuto un amnesia fulminante se non capiva in quale punto i suoi pensieri si fossero arenati.

" No..la tua faccia è sempre perfetta.. proprio come la ricordavo.."

La prof rimase in silenzio. Non che avesse scordato quanto c'era stato tra loro, quanto era rimasto sospeso e quanto meritava di vedere la legittima conclusione, solo che, in tutta coscienza, la sua proverbiale correttezza non le avrebbe mai permesso di sbilanciarsi n direzione del cuore, prima che tutto quel che di pregresso ancora esisteva nel suo mondo non fosse scomparso.

" Nemmeno tu sei cambiato..anzi..forse sei cambiato, ma in meglio.."

Camilla vide un barlume d'orgoglio spuntare nel mezzo delle iridi verde prato del commissario Berardi e né fu felice. Benché certe cose fossero cambiate nelle vite di entrambi, c'erano cose che non sarebbero potute cambiare mai, la prima della lista era il loro amore.

Gaetano stava per baciarla, sopraffatto dall'emozione di quel momento magico, col sole che brilla nel tramonto alle spalle di entrambi ed uno scorcio di mare a far poesia per l'occasione.

"..ma non voglio impedirti di realizzare i tuoi sogni..."

La doccia era stata più che fredda, gelida. Di sicuro non si aspettava qualcosa di simile, non dopo che lei aveva candidamente ammesso di voler passare l'intera vita al suo fianco. Un'aria da cucciolo ferito comparve sul viso punteggiato da una barba appositamente lasciata incolta per fare da pendant alla capigliatura lunga sino alle spalle, gli occhi si velarono di malinconica incomprensione ed a Camilla nel vederlo così mancò per una frazione di secondo il respiro.

"....."

" Lascia che ti spieghi...Gaetano ti prego.."

Il ragazzo le aveva voltato le spalle,allontanandosi di qualche passo, le mani poggiate sui fianchi, la mente concentrata sul respiro, perché gli uomini non piangono, diceva suo padre. Stronzate, difficile ricordarlo in simili momenti.

"..perché?"

"...perché non saresti tranquillo in accademia sapendo di avere a casa una moglie da sola, ti conosco."

"...difatti non ci andrei.."

"..per poi rinfacciarmelo tutta la vita? No, Gaetano, non posso sposarti sapendo di renderti infelice."

Ed era precisamente in quel modo che erano andate le cose tra loro. Una settimana dopo la gita in collina Gaetano aveva ricevuto la lettera ufficiale d'ammissione alla scuola di polizia di Velletri ed era partito, senza Camilla a salutarlo alla Stazione Termini. Non che lei non avesse voluto rivederlo un'ultima volta, al contrario, non c'era andata perché sapeva che non sarebbe stata capace di vederlo andare via, era incapace di allontanarlo da se.

La successione cronologica degli eventi che l'avevano portata al matrimonio con Renzo Ferrero erano un groviglio indefinito nella mente della professoressa Baudino. Ricordava di averlo rivisto ad una galleria d'arte moderna, in un pomeriggio d'estate di qualche anno dopo. Sul principio aveva avuto solo la sensazione di conoscere quell'uomo così diverso dal ragazzino che era stato, ma lo aveva riconosciuto sul serio soltanto nel momento in cui lui, abbattuta la timidezza e l'indecisione, l'aveva salutata.

Si erano frequentati per qualche mese senza particolari aspirazioni poetiche. Cene e Cinema, per lo più. Poi, il natale dell'anno successivo al loro incontro, lui s'era presentato a casa nel bel mezzo del pranzo. Con se portava un gargantuesco mazzo di rose rosse che Camilla aveva a mala pena guardato, troppo depressa dal mancato arrivo delle lettere che puntuali, Gaetano le scriveva dall'accademia.

Era accaduto così, per un crudele gioco del destino, che lei, indomita e libera come nessuna, aveva accettato la balbettante proposta di matrimonio di Renzo.

Trascorsero un tempo più o meno indefinito conversando di banalità: lavoro, amici, un sunto delle loro vite accompagnato da dosi più che abbondanti di vermouth e dalla simpatia insolita del barman, Mario, una persona squisita. Fu il suono metallico ed insistente del cellulare di Camilla a risvegliare entrambi dalla favola. Renzo.

" Camilla? Camilla ma dove diavolo sei finita?"

Lei roteò gli occhi al cielo nero e trapunto di stelle, portando una mano al microfono dell'apparecchio per bisbigliare qualcosa a Gaetano.

" Scusa.. ti ricordi di Renzo vero?"

Lui annuì distrattamente, cercando di dimenticarsi i flash mentali della sua Camilla tra le braccia di quella faccia da pesce lesso. Ora capiva perché lei non avesse risposto alle lettere che, dopo il terzo anno d'accademia, lui le aveva mandato. Come un pugno alla bocca dello stomaco la gelosia comparve nell'animo controllato del commissario Berardi facendogli serrare convulsamente i pugni per non reagire a quell'intrusione.

" No, Sto bene, c'è stato solo un contrattempo..ho dovuto riaccompagnare la mia alunna a casa, i suoi non c'erano..ti spiego poi..si.. sto tornando."

Riattaccò con un gesto stizzito. Insomma.. erano passati dieci anni e lui ancora non aveva capito che il suo spirito indomito necessitava di queste botte di assoluta indipendenza quasi quando l'organismo umano aveva bisogno dell'aria per sopravvivere. Tornando a concentrarsi sul presente la prof s'accorse di quegli occhi che  le entrarono dentro come un coltello tagliente ed ai quali molte volte era stata incapace di resistere.

 

...ormai avevo pensato... ho voglia solo io di te..

...provo a fare finta che, ti resisto un pò, ma in fondo poi perché...

qui è già calda l'atmosfera.. io con te stasera ci sto..

...e ti sento che mi vuoi.....

 

Tum. Un battito. Tum Tum. Due Battiti. Silenzio che cade come una coperta sul mondo. Attorno a loro non esisteva più niente, solo quel battere ritmato del cuore e quell'indefinito sentirsi vicini. Entrambi si erano alzati, sporgendosi in avanti a cercare un allungo, un abbraccio lasciato a metà da quasi undici anni. Il primo rumore fu il vetro che cadendo và in frantumi, seguito da un rotolare di noccioline. Anche le sedie erano state scalzate lontano da loro e l'abbraccio ormai si faceva stretta e la stretta divenne fiamma, fiamma che brucia e consuma. Fiamma che travolge ed ottenebra la mente.

Gaetano fu travolto da quell'impeto che non ricordava appartenere alla sua Camilla e né rimase piacevolmente sorpreso, riprendendosi in fretta, giusto in tempo per partecipare al loro primo bacio da adulti. Non era il classico bacio che gli adolescenti esibiscono in giro per la città, spesso svaccati contro macchine e motorini, quello era il bacio dell'amore vero; fatto di passione, di vero fuoco, una congiunzione di anime e corpi che non si può ignorare deliberatamente.

Quando si separarono le loro coscienze erano indelebilmente mutate. I tempi dell'apatia e del grigiore di una vita monotona erano finiti per sempre. Entrambi furono consapevoli che quella loro storia avrebbe superato ogni ostacolo possibile, ogni vetta o cima che si fosse frapposta tra loro.

Pagarono il conto e salirono in auto, Gaetano alla guida, Camilla seduta al suo fianco, gli occhi socchiusi. Quando l'auto si fermò, di sicuro non era davanti al portone di casa Ferrero. Lei aprì gli occhi ed un'espressione di adolescenziale timore le comparve sul viso e negli occhi neri come polle di caffè, nero e bollente.

"....Gaetano io..."

"..niente io stavolta Camilla..."

"...che cosa dirò?"

"..che la polizia ti ha trattenuto in commissariato.."

"...e per cosa?.."

."...se continui per resistenza a pubblico ufficiale...per cosa ti pare, non mi interessa di cosa pensa lo scrivano.."

Era un Gaetano ironico ed insolitamente sarcastico, più duro di quel ragazzo un pò ribelle, ma non per questo meno affascinante. La vita doveva aver influito sul suo temperamento romantico, finendo col nasconderlo dietro un velo d'apparente durezza. A Camilla piacevano le investigazioni e si sarebbe divertita ad esplorare i reconditi aspetti della vita di Gaetano.

Scesero in fretta, incamminandosi lungo il marciapiede,inizialmente distanti, poi pressoché appiccicati, dopo che l'aitante commissario Berardi s'era sporto in direzione di Camilla,afferrandola a mezza vita per stringerla contro il suo fianco. Lei era la sua donna.

 

...sarà quel che sarà...

...questa vita è solo un'autostrada...

....che ci porterà...

...alla fine di questa giornata....

....e non c'è sesso senz'amore...

 

Fare le scale quasi di corsa, scappando dalla portinaia pettegola senza farsi cogliere dalle risate, mano nella mano, un pò come tornare ragazzini all'improvviso, giusto in tempo per approfittare della casa lasciata libera per il week end. Loro non avevano che una notte, almeno per quell'attimo. L'alba sarebbe arrivata a portar via i loro sogni, o forse a distruggere quelli di un'altro.

Due giacconi poggiati di sghembo su di una sedia; poco distante, adagiati sul tavolo, un borsone a strisce di quelli che vanno di gran moda tra le ragazzine, un portafogli da uomo di pelle consunta e due cellulari ancora accesi. Poco distante dal tavolo una abat-jour diffonde la sua luce giallognola attorno, creando un sottile gioco di luci ed ombre su tutto ciò che stava nella stanza.

Al centro, quasi uniti in un unico complesso dall'aspetto umano, si scorgevano i profili di un uomo e di una donna, strettamente legati l'uno all'altra. Camilla teneva le mani avvinghiate dietro la nuca del commissario Berardi, quasi temesse che  lui potesse farla cadere. Gaetano d'altro canto aveva ben presente dove mettere o non mettere le mani, ed era un vantaggio non dà poco vista la situazione, l'ora ed i trascorsi tra loro.

Quel Bacio era il naturale prolungamento della corsa su per le scale, dell'ingresso frettoloso fatto cercando di sfilare i cappotti ed inserire la chiave nella toppa in  contemporanea. Era il frutto proibito del loro incontro al bar, di una marea di ricordi e sensazioni che come uno tsunami li avevano avvinti e trascinati lontano.

La cravatta rossa del commissario Berardi si leva in volo all'improvviso, descrivendo nell'aria un semicerchio perfetto prima di atterrare a pochi passi dal divano di pelle bianca, coi cuscini rossi a contrasto, Gaetano  aveva sempre avuto la passione per il rosso ed i colori caldi. Due secondi ed è la sciarpa di lana azzurra a compiere il medesimo volo, atterrando poco più in là, seguita a breve distanza dalla giacchetta nera di lei.

Esattamente come tanti anni prima. Anche allora c'era stata una casa libera per il week end, conquistata duramente da Camilla, profittando dell'assenza per una missione estera di suo padre, convincendo la madre che era giunta l'ora di andare a far visita alla tanto sospirata zia Alberta, a Fregene. Era stata la loro prima volta ed aveva richiesto l'intero venerdì sera e buona parte della mattinata del sabato perché le tensioni e gli imbarazzi fossero superati, culminando una relazione ormai stabile nel più grande dei gesti d'amore. Sicuramente il ricordo più felice per entrambi.

La camicia del commissario era già saltata e quella della professoressa, aperta a metà si accingeva alla medesima fine.

"...commissario.. ma le perquisizioni non si fanno solo in caso di crimini efferati?"

".....tentato omicidio.. sin da quando mi hai riconosciuto sul balcone..."

Frasi sconnesse sibilate col fiato corto ed il cuore che batte. Interrotte dal suono di uno dei due cellulari. Dannazione! Gaetano si allunga alla ricerca dell'aggeggio infernale, trascinandosi dietro Camilla, trattenendola a se per la vita con un braccio muscoloso. Individua l'aggeggio sonante, non è il suo. Con un sopracciglio inarcato sposta la mano ad afferrare  il telefono di Camilla, la quale invano lotta per rispondere.

Il display rivela il chiamante Renzo. Eh no ! Gaetano alza lo sportelletto e preme il tasto rifiuta chiamata, poi spenge l'apparecchio. Per una sera può pure crederla dispersa, e che faccia denuncia alla polizia, cosi ha qualcosa da fare all'indomani mattina.

Occhi color del cielo terso d'inverno si spostano a scrutare il viso di lei, cercando qualsiasi indizio di ripensamento. Trovano solo un vago senso di colpa che brucia dietro il nero delle iridi.

"... Camilla?!"

La chiama interrogativo, preoccupato d'aver sbagliato tutto un'altra volta, emozionato ed ancora tremante. Silenzio, pare protrarsi all'infinito, poi cessa. Un pallido dito gli si poggia sulle labbra. Và tutto bene, dice lo sguardo silenzioso di lei. Il resto è buio dietro ad una porta socchiusa.

Alzarsi al mattino era un'altro paio di maniche. Benché entrambi sfoggiassero un dolce sorriso, infatti, i momenti di tenerezza si conclusero assieme ad una rapida colazione. Camilla aveva fatto la doccia e preparato il caffè, rimuginando in silenzio su cosa dire al marito. Gaetano si era limitato ad osservarla taciturno, consapevole che ogni mossa da li in avanti sarebbe stata possibile solo con il consenso e l'approvazione di lei.

L'aveva vista poggiare casualmente lo sguardo sul suo portafogli, ancora appoggiato assieme ai cellulari ed alle chiavi poco distante dalla sua borsa. Camilla lo aveva afferrato, rigirandolo un istante tra le dita con fare perplesso per poi accenderlo. C'erano stati tre secchi suoni metallici, chiamate perse o messaggi. Lei le aveva ignorate.

" Ti riaccompagno?"

Le aveva domandato comparendo davanti alla soglia.

" No...grazie..devi andare a lavoro..e devo risolvere questa cosa da sola... o almeno devo provarci.."

Gaetano aveva visto l'invisibile groppo scivolare giù, lungo la trachea, inghiottito a forza, sommerso dietro ad un invisibile muro di coraggio e senso di colpa. In quell'istante si ripromise che se mai quello stupido architetto l'avesse anche solo verbalmente aggredita gliel'avrebbe fatta pagare in modi impossibili da immaginarsi.

Camilla aveva infilato il telefono nella borsa a tracolla ed aveva fatto per avviarsi alla porta, poi c'aveva ripensato ed era tornata indietro, s'era fermata un istante a guardarlo dritto negli occhi e l'aveva baciato. Il commissario Berardi, colto di sorpresa di nuovo, era rimasto in piedi, con indosso soltanto i pantaloni del pigiama, ebete e muto come una triglia. Un istante e di lei era rimasto solo il lieve profumo di rose nell'aria.

E così mentre l'auto di Gaetano si muoveva in direzione del suo commissariato, l'automobile di Camilla raggiungeva l'abitazione che divideva col marito, qualche isolato più in là rispetto a casa di Gaetano, che ancora abitava in quella che era stata la casa dei suoi genitori e della sorella. Chissà come stava la piccola Francesca, si chiese Camilla infilando con mano ferma le chiavi nella toppa del portone, preparandosi all'onda d'urto che l'avrebbe investita assieme all'inevitabile recriminare di Renzo.

" Dove diamine eri andata a finire! Camilla Cristo!"

Il primo istinto della nuova Camilla fu quello di girare i tacchi e tornare da dove se ne era venuta, senza dare spiegazioni, senza sentire, libera di nuovo come un'adolescente. Ma quella Camilla era stata ormai temperata dagli anni del matrimonio e dalla maternità, anche se un nuovo fuoco vitale brillava in lei d'una fiamma colore degli occhi di Gaetano.

" Fammi entrare Renzo.. e non gridare per l'amore del cielo.."

Rispose in tono piatto, facendosi largo sino al centro del soggiorno di casa, liberandosi del cappotto e della sciarpa azzurra, depositati con cura sul bracciolo di una poltrona, respirando prima di voltarsi ad affrontare il marito.

Quale è il metodo giusto per mentire ad un marito sulle cose veramente importanti della vita? Ed è davvero poi così buono mentire pur di evitarsi i problemi? Un flusso di dubbi che attraversava incessante la mente della professoressa Baudino.

“ Stò aspettando..”

 Camilla prese un lungo respiro. Non poteva troncare in quel modo dieci anni di matrimonio, specialmente per Livietta che adorava suo padre.

“ Sono rimasta a secco con la macchina e Debbie mi ha ospitata per la notte.”

“ E perché cavolo non mi hai chiamato?! Il telefono era sempre staccato.”

“ Dio Renzo..lo sai che dimentico sempre di caricarlo… sono rimasta a secco di batterie..”

Ecco fatto. Nemmeno cinque minuti e tutti i sogni dello speranzoso ed inconsapevole commissario Berardi finiscono di nuovo nella pattumiera.

Nella vita serve un coraggio da leoni per staccarsi dalla consolante certezza di una vita piatta e gettarsi a capofitto in un nuovo amore e Camilla quel coraggio l’ha ormai seppellito dietro cumuli di inutili cianfrusaglie e paranoie mentali.

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Capitolo 5
*** Distrazioni di Percorso.. ***


Gaetano Berardi contemplava in viso la morte, già pronto ad accettarla, purché venisse prima possibile a prenderselo. L’unico rammarico che aveva era di non essere riuscito a costruirsi una famiglia prima della fine.

Lui e la squadra erano intervenuti di primo mattino su di una rapina alle poste. Quattro malviventi che tenevano in ostaggio una quindicina di persone, tra le quali un bambino di tre anni.  Peccato che nel momento in cui s’erano decisi a fare irruzione nell’edificio i malviventi li avessero facilmente neutralizzati e disarmati.

Voltando lo sguardo verso la sua squadra, ammassata assieme agli ostaggi dall’altro lato della filiale postale, il commissario Berardi sperò che almeno loro riuscissero ad uscirne illesi, che si trovassero un commissario amorevole e che, ogni tanto, si ricordassero di lui.

“ Avanti razza di stronzo.. spara! Vuoi o no essere famoso per aver ucciso un viceprocuratore?”

Udì il clangore del caricatore che scatta, e poi qualcosa accadde, ma non era la morte.. no.. con cautela socchiuse gli occhi, trovandosi ad osservare una macchia scura che si spostava a velocità della luce. Una persona, una ragazza che brandiva un pesante volume sì era avventata contro il malvivente, gettandolo a terra. 

Gaetano si alzò, reagendo al terrore con gli anni della disciplina inculcatagli in accademia, riuscendo così a sbarazzarsi di quel figlio di buona donna e dei suoi compari in poco tempo.  

“ Dottò…ce la siamo vista brutta sta vot’a èh?”

Tentò di  sdrammatizzare l’ispettore Torre andando a prendere i due già ammanettati, salutando con un gesto l’autrice del salvataggio rocambolesco. Dicono che la scintilla d’amore possa nascere in modi pressoché infiniti, e fu posando gli occhi su quel giovane fisico infagottato in un maglione della Lonsdale ed in un paio di jeans sdruciti, su quel viso circondato da ricci lunghi e scarmigliati, semplice, come le ragazze di un tempo, che Gaetano Berardi sentì accelerare il battito del cuore e dimenticò momentaneamente del suo amore per Camilla.

Annuendo distrattamente all’affermazione di Torre l’uomo si chinò a raccogliere il libro che era servito alla giovane come arma impropria e non poté trattenere una risata profonda, liberatoria. Una divina commedia, incredibile. 

Con quel suo passo elegantemente cadenzato Gaetano raggiunse la giovane sconosciuta, mentre uno strano sorriso gli si dipingeva sul viso alterato dalla fatica man mano che avanzava. Le si fermò innanzi e prima di parlare trasse un lungo respiro, concentrandosi per allungare la mano, porgendole il libro, e trovare parole che non suonassero banali.

“ La ringrazio signorina…”

“ Non c’è di che signor viceprocuratore… lo avrebbe fatto chiunque..”

“..no… non credo.. “

Gaetano stava per chiedere il nome della sua salvatrice quando qualcosa scalpicciò in direzione della giovane più in basso. Abbassando gli occhi azzurro cielo il commissario Berardi si trovò a rimirare il faccino tondo di un bimbo sui tre anni.

“..E te chi sei?”

Chiese con un tono di voce stranamente divertito, mentre qualcosa nello sguardo saettava. Rimpianto, forse nostalgia, magari desiderio.

“ Alessandro..eccoti…”

  Tata! “

La ragazza si era abbassata per afferrare con gesto sicuro il piccoletto, poggiandoselo di sghembo contro un fianco, negli occhi castani un sorriso amorevole.

“ …mio fratello Alessandro doveva essersi nascosto prima che entrassero…grazie al cielo..”

“ ..:Ciao piccolino….”

Gaetano si avvicinò porgendo una carezza giocosa sotto il mento del bimbo.

“…e come si chiama la sua adorabile mamma?”

“..mamma?”-Rise lei divertita-“ Io sono sua sorella.. noi non ce li abbiamo più i genitori.. mi chiamo Valeria..”

“….acc…sono stato indiscreto..perdonami Valeria.. io sono Gaetano..”

Valeria Grimani aveva 25 anni ed andava all’università, corso di lettere , ma sognava da sempre di entrare nell’arma dei Carabinieri. Sfortunatamente l’improvvisa e tragica morte dei genitori, due estati prima, in seguito ad un terribile incidente automobilistico durante un rientro dalle vacanze, l’aveva lasciata con un fratellino piccolo, Alessandro, a cui badare. Le mancava il tempo per occuparsi dei sogni, a stento si manteneva al passo con gli esami e la frequenza, barcamenandosi con il suo lavoro part time come curatrice di una rubrica su di uno dei giornali del Lazio, figurarsi pensare ai concorsi ed alla palestra per entrare nell’arma.

Valeria Grimani era una ragazza innamorata dell’amore e sempre disposta a farsi in quattro per gli altri. Come molte altre mattine di metà mese s’era recata di buon ora all’ufficio postale nei pressi dell’appartamento in cui era nata con l’intenzione di depositare i propri guadagni e controllare che fosse tutto in ordine in vista delle immancabili spese che precedono il natale. 

 

Spingendo il passeggino dentro cui Alessandro ancora sonnecchiava la ragazza era entrata in filiale, afferrando al volo uno dei numeretti elegantemente sputacchiati dalla macchinetta  togli code. 14, per essere mattina era una cifra considerevole.

Armandosi di tutta la pazienza possibile la ragazza aveva preso posto su una delle scomode sedie di plastica poggiate alle pareti tra volantini pubblicitari e manifesti; il passeggino educatamente posto innanzi a lei per orizzontale. Aveva estratto dalla borsa attaccata ad una delle maniglie un libro enorme e si era impegnata nella lettura, controllando di tanto in tanto lo scorre a rilento dei numeri.

Sul display stava scorrendo il numero prima del suo quando un’indicibile parapiglia vicino all’ingresso l’aveva fatta sobbalzare. Una rapina! Lesta come una gatta Valeria era corsa dietro al bancone, portando stretto al petto il fratello.

“ Shh…Ale.. adesso facciamo un gioco.. vedi quei signori là? Loro cercano quelli che aspettavano il numero…ecco.. noi non dobbiamo farci trovare.. adesso nasconditi qui e zitto..vediamo se vinciamo un lecca lecca..”

Aveva bisbigliato strizzando l’occhio con fare complice al bambino che, ubbidiente, aveva soppresso una risatina, immedesimandosi in quel gioco tanto figo.  Erano rimasti cosi per un tempo difficile da quantificare, poi il suono in avvicinamento delle sirene aveva fatto battere il cuore di  Valeria un po’ più forte. Erano quasi in salvo.

Minuti più tardi la porta d’ingresso della posta era stata aperta con un calcio da un uomo che, nonostante non vestisse la calzamaglia azzurra e brandisse innanzi a se non una spada affilata ma una pistola 9mm, poteva tranquillamente essere paragonato al principe azzurro.

Alzatasi dal suo nascondiglio Valeria si era portata lentamente in mezzo agli altri ostaggi lungo la parete opposta, osservando le movenze di quel  poliziotto sconosciuto la cui aura sembrava cantasse. Un tiepido sorriso le era scappato allo charme di lui, giusto in tempo per svanire.  L’uomo non aveva notato che uno dei malviventi stava per coglierlo alle spalle e così rimase inerte contro una parete all’assalto del mariuolo di turno.

Tradizione vorrebbe che il principe, scalata la torre e dopo aver ingaggiato una furente lotta con il drago di turno, liberasse la principessa conducendola al suo castello su di un elegante cavallo bianco, ma si sa, le tradizioni sono fatte  per essere cambiate.

Fu in un simile spirito che, rintracciato ed abbrancato il pesante volume che stava leggendo prima dell’assalto, Valeria si lanciò addosso al tizio che ora pareva fermamente intenzionato a premere il grilletto della pistola che aveva tra le mani.

Senza pensare, agendo per quell’istinto atavico che a volte si scatena negli esseri umani in situazioni di pericolo, la ragazza riuscì ad avere uno slancio sufficiente ad atterrare il bandito con una poderosa librata. Il peso della cultura. 

“ Dottò… noi siamo appost’…”

L’ispettore Torre stava sfilandosi i guanti mentre camminava in direzione del commissario Berardi. Come? Era già ora di andare? Gaetano sbuffò, osservando di sottecchi la giovane eroina delle poste di via d’Azeglio che riordinava i suoi averi nel borsone attaccato al passeggino dentro al quale il fratello era già comodamente sistemato.

Qualcosa da dentro si smosse a quella visione tanto semplice eppure tanto profonda. Un senso nuovo, un desiderio mai espresso sino ad allora; proteggere e cullare qualcuno che saprai già non avrà che da chiedere.

“ Bene..torre..bene..”

“ Dottò.. l’avete vista brutta eh?!”

“ …. Di che parli torre?”

Il sott’ufficiale non rispose, limitandosi ad una sghignazzata di  soppiatto.  Se conosceva almeno un poco il suo commissario quella ragazza di sicuro sarebbe tornata a farsi viva in commissariato piuttosto spesso.

“ Niente dottò… l’aspettiamo in centrale?”

“ Si si torre… e scusatemi col pm..”

“..arrivederla commissario..”

“ No.. ché? Aspetta..”

Non gli andava di lasciarla andare cosi. In fondo le doveva la vita. Valeria lo osservava immobile, le mani poggiate placidamente sul manubrio di plastica del passeggino, un’indecifrabile espressione in volto. Quattro o cinque passi e l’aveva raggiunta.

“ Posso accompagnarti se vuoi…”

“ Ma…non hai da fare?”

Quel loro strano modo di passare dal tu al voi di continuo suonava strano ai pensieri di entrambi, eppure manteneva la corda in tensione quel  tanto da rendere misteriosa ogni frase, enigmatico ogni pensiero.

“ Non per chi mi salva la vita..”

La risata argentina di lei era come balsamo su ferite aperte. Gaetano si sovrappose a quel suono con un suono identico ma dal timbro più profondo, senza neppure sapere precisamente cosa lo avesse fatto ridere.

“ E va bene Gaetano.. solo che Alessandro deve ancora fare colazione..”

“ Ma non c’è problema.. c’è un super fornito bar proprio poco distante da qui.. davanti alla chiesa della regina Margherita..”

Uscirono fianco a fianco, a testa alta, lei che spingeva il fratello sul passeggino, lui che scherzava appena impacciato da quella nuova prospettiva. Il quadro di una famiglia apparente e praticamente perfetta.

Figurarsi la faccia del barista, Mario, nel vedere il commissario Berardi comparire sulla soglia dell’esercizio assieme ad una graziosissima riccia con passeggino invece che con un’enigmatica professoressa di lettere.

“ Buongiorno dottore..”

“ Ciao Mario…”

“ Che cosa vi servo?!”

Gaetano si volse indietro in direzione di Valeria che con espressione simpaticamente ingolosita scrutava le paste dietro al vetro del bancone. Era graziosa come un bocciolo non sbocciato, pensò il commissario trattenendo un risolino.

“ Che cosa hai scelto?”

Le andò a domandare sporgendosi da sopra una spalla di lei che, insolitamente, non parve particolarmente sorpresa da quel gesto confidenziale, né, oltremodo, turbata.

“ Una brioche con la glassa. Ale..tu cosa vuoi?”

Il paffuto ditino del bimbo si sporse dal passeggino, indicando un robo dalla forma stranissima, ricoperto di cacao in polvere.

“ Per me il solito… che cosa bevete?”

“ Un cappuccino ed un latte con la schiuma..”

“ Stiuma..”

Ripeté Alessandro con voce querula.  Chissà perché ai bambini piace tanto la schiuma.  Si sedettero ad uno dei tavolini interni, e poco dopo Mario portò loro tutto quanto richiesto, riservando, invisto, un’occhiata curiosa all’indirizzo del commissario Berardi il quale rispose con una chiara occhiata ammonitrice. Niente domande.

 

 

In quell’ora Gaetano scoprì parecchie carte che nemmeno con Camilla era riuscita a fargli scoprire. Valeria aveva il dono della loquacità che spesso gli adulti tralasciano uscendo dall’adolescenza. E come se non bastasse studiava lettere ed era un’aspirante commissario, praticamente la donna perfetta. Nessun fronzolo, nessun legame, un quasi figlio senza le noie tipiche dei figli naturali, tutte quelle sicurezze che nel fragile mondo di vetro del commissario Berardi s’erano infrante nell’istante in cui aveva incontrato di nuovo gli occhi color della notte senza luna di Camilla.  Si lasciarono dopo essersi scambiati  i numeri di cellulari, con la promessa di rivedersi per le pratiche di rito in commissariato.

Trascorse lieve e tutto sommato tranquilla la settimana successiva  alla rapina.  Impegnata coi compiti di verifica in classe, Camilla non ebbe nemmeno il tempo per fermarsi a riflettere sulla sua condizione, né, tantomeno, per chiamare Gaetano così come gli aveva promesso.

Parimenti Gaetano si ritrovò con l’agenda zeppa di appuntamenti di vario tipo, per lo più collegati al lavoro, dovendo campare a barilotti di caffè per tener dietro a tutto e senza avere il tempo per pensare a niente, men che meno all’interno travaglio del suo cuore tra Camilla e Valeria. 

Un’intera settimana senza che la tempesta si manifestasse; chiunque fosse rimasto lucido in simile situazione avrebbe notato l’ammassarsi di nubi lungo la linea dell’orizzonte, covando come una malsana cucciolata il momento propizio per scatenarsi sulla testa incolpevole dei nostri  protagonisti.

La pioggia arrivò il sabato pomeriggio, assieme al classico lunapark di periferia che precede l’inizio delle festività invernale.

Renzo, con Camilla affianco e Livietta che scorrazzava poco più avanti, aveva acquistato tre biglietti dall’ingresso nord alle quattro meno dieci. Gaetano era entrato, trainando il passeggino di Alessandro con aria allegra, affiancato da una sportivissima e bellissima Valeria, servendosi del tesserino di polizia, dall’ingresso sud, alle quattro in punto.

Vagarono tra bancarelle di pesci rossi,  peluche d’ogni forma e colore.

Gaetano riuscì a collezionare un pupazzo d’orso gigante  ed uno stereo portatile al tiro a segno, ovviamente barando sul fatto di essere addestrato a quel genere di cose.

Renzo, cimentatosi al medesimo giochino presso un’altra baracchina, per giunta poco distante da quella di Gaetano, riuscì a cavarne solo un’orribile paperella gialla di plastica, provocando l’ilarità di Camilla e Livia.

Galeotto fu lo zucchero filato; che per un insano gioco del fato era venduto presso uno stand esattamente a metà strada tra i due tirassegno. Si sa che i bambini, indipendentemente dalla loro età, cadono in trance al solo profumo dello zucchero filato, trascinando con sé gli adulti che li accompagnano sino alla golosa meta.

“ Buongiorno… desiderate?”

“ Papà.. me lo compri lo zucchero filato? Tipregotipregotipregooo “

  Zi’ tano.. chucchero..chucchero..”

“ Un bastoncino di zucchero filato, per cortesia..”

“ Mi dà uno zucchero filato Grazie?”

Quattro teste si voltarono nel medesimo istante. Due paia di occhi azzurri che incontrarono il medesimo colore del cielo, seguiti a ruota da due paia di occhi tra il nero ed il color oro che saettavano tra di loro ed in direzione dei rispettivi accompagnatori.

“ Gaetano!” 

“ Camilla!”

Le espressioni inizialmente fulminate dallo stupore divennero maschere di pietra nel momento in cui l’uno si sporgeva a stringere la mano dell’accompagnatore dell’altro, il tutto senza cessare un secondo di fissarsi in un misto tra delusione e rancore.

  Tua cugina minore?”

Chiese la professoressa baudino osservando la sconosciuta al fianco di Gaetano con espressione apparentemente neutra, ma chiaramente stizzita.

“ No.”

Fu la risposta secca di lui che , ritrattosi, si limitò ad osservare senz’alcun dubbio schifato il marito di lei,Renzo, che era sempre il solito quattr’occhi delle scuole.

Valeria e Renzo osservavano quella guerra invisibile attoniti, gettando di quando in quando a terra lo sguardo, oppure sui bambini che, al di la di tutto, come solo i piccoli sanno fare, parevano intenti a fare reciproca conoscenza.

“ Lei è Valeria Grimani…un’amica.”

Camilla morse a sangue un angolo delle labbra, trattenendo un commento troppo palese su cosa pensava delle relazioni amichevoli tra sessi opposti.

“ ..Incantata…”

Disse invece. Il tono palesemente schifato non sfuggì all’orecchio abituato alle menzogne di Gaetano il quale, avvicinatolesi di un passo bisbigliò a denti stretti qualcosa che suonava come una minaccia, o un chiaro avvertimento.

Pagarono ognuno in silenzio il proprio acquisto, dividendosi senza proferire altro, scrutandosi con delusione un’ultima volta mentre i rispettivi accompagnatori davano le spalle.

Ambedue i terzetti si fermarono non appena furono ragionevolmente sicuri di essere usciti dal campo visivo degli altri. Da una parte c’era  l’animo tendenzialmente bonario e curioso di Valeria, assolutamente priva di qualsivoglia indole gelosa ed egocentrica; dall’altra l’atteggiamento diametralmente opposto di un esasperato ed irritato architetto Ferrero.

“ Era quel Gaetano…vero Camilla?”

Esordì infatti l’uomo con fare decisamente aggressivo non appena la figlia si fu allontanata per gettarsi a capicollo su una delle attrazioni del luna park ancora inesplorate.

“ Và tutto bene Gaetano?”

Chiedeva nel contempo la giovane Grimani osservando di sottecchi l’espressione corrucciata del bel poliziotto, mantenendo tuttavia intatto il suo rassicurante e quasi materno sorriso.

“ Si.”

Nella risposta di Camilla c’era la rassegnazione di chi non sa che pesci prendere e nel contempo la rabbia di chi non si capacita di aver ricevuto un affronto tanto all’improvviso.

La prof era ancora evidentemente turbata da quanto aveva appena veduto. Chi diamine era quella squinzia riccioluta? E che ci faceva Gaetano con lei al lunapark?,ma soprattutto..da dove spuntava il marmocchio?

Nonostante non fosse avvezza a mostrare la propria indole in pubblico, infatti, Camilla era quella particolare persona in cui alberga un sentimento di mutevole inadeguatezza e gelosia sotto la cenere di un’esistenza pacata e placida.

“ Solo il ricordo di un tempo passato..”

Sibilò invece Gaetano, portando una mano sul fondo del mento in una posa riflessiva, lievemente immalinconita. Per sua enorme fortuna le lacrime si confondevano sul viso in mezzo ad una barba incolta.

“ E si può sapere che diavolo vuole da te il poliziotto superpiù?!”

“ Renzo… Piantala!”

“ Piantala un corno ! Credi che mi sia dimenticato di chi è che stiamo parlando? Anzi.. di chi non stiamo parlando..visto che non spicci parola!”

“ E allora?”

“ Non mi và che gironzoli sempre quando tu sei nei paraggi!”

“ Sei assurdo.”

I coniugi Ferrero proseguirono su quella falsariga  sino a quando raggiunsero il luogo in cui era posteggiata la station wagon di famiglia e dal momento in cui salirono in auto cadde il silenzio.

“..Mi dispiace Gaetano..vuoi che ce ne andiamo?” 

“..Non è colpa tua Vale…”

“..Neppure tua se è per questo.. i greci chiamavano quello che è accaduto tukè, la sorte..”

Gaetano si volse a guardarla e sorrise all’improvviso felice di avere accanto qualcuno le cui intenzioni non erano quelle di tirar su una menata che li avrebbe condotti inevitabilmente al litigio e forse alla rottura. Era impreparato a rispondere ad eventuali domande su di lui e su Camilla e non gli andava a genio l’idea di dover eventualmente mentire a Valeria a riguardo.

“ Lei è Camilla.. ed è una storia infinita da raccontare..”

“ Mai pensato di scriverci un libro..commissario?!”

“ Ahahahah! No!..ma se vuoi puoi farlo tu..”

“Mmmh.. ci penserò..ma solo se mi offri qualcosa da bere..”

“..e come no!”

Lasciando che fosse il suo istinto a guidarlo il commissario Berardi si mosse felino,allungando un braccio per afferrarla alla vita, mentre con l’altra mano continuava a manovrare il passeggino, traendo vicina la giovane per l’intero tragitto sino alla sua fiat punto.

Bar Mario: 16.00

Mario il barista stava lucidando con aria distratta il bancone del suo esercizio. Era una di quelle giornate festive in cui i clienti scarseggiano e c’è poco da fare. Distratto com’era l’uomo non si accorse dell’arrivo di una coppia con bambino sin quando la voce familiare lo riscosse. Il commissario Berardi era davvero impossibile a volte.

“ Commissario..ma lo sa che i Vermuth li vendono anche al supermarket?

Ironizzò il barman realizzando solo dopo che la giovane donna col bambino era l’accompagnatrice del commissario, la solita della mattina della rapina. Arrossì.

“ Zitto mai eh..”

Rispose lui e si capiva dalla voce che non era sereno, per quanto si sforzasse di nasconderlo si leggeva negli occhi azzurri che aveva una voglia matta di prendere a calci qualsiasi cosa, mobile o immobile.

“ Che cosa le servo?!”

  Un Vermuth…per cortesia…”

Gaetano sobbalzò. Era davvero la voce di Valeria quella che ordinava con tanta disinvoltura un Vermuth alle quattro del pomeriggio, quasi che  fosse una limonata.

“ Due. Grazie.”

Inghiotti Gaetano osservando la sua accompagnatrice che prendeva posto ad uno dei tavolini vicino alla stufa assieme al fratello placidamente addormentato nel suo passeggino. 

Improvvisamente si scoprì a pensare che, nonostante la sua giovane età, Valeria era davvero un’ottima madre e lo sarebbe stata ancor di più col passare degli anni e con i suoi figli.

Riflettendo afferrò meccanicamente i due bicchieri ed i salatini che Mario gli andava porgendo per poi dirigersi al posto prescelto stampandosi in viso un sorriso di falsa tranquillità.

“ Non fare quella faccia andiamo.. sono abbastanza cresciuta per gli alcolici..”

“ Non è per quello..è che… mi hai colto di sorpresa..”

“ Lasciamo indovinare.. c’entra ancora questo famoso passato..”

 

 

 

…Fiori..

….Che Nascono…

…Dai Rovi…

…Qui fuori..

….cicatrizzano..

…gli errori miei…

 

Lui arrossi e rimase ad osservarla in silenzio. Improvvisamente aveva voglia di baciarla, così, solo per aver chiesto prima di giudicare. Era cosi dannatamente bella mentre giocherellava con le chiavi di casa, falsamente distratta dai suoi discorsi.

Appartamento dei coniugi Ferrero: 16.25

“Renzo ho detto basta!”

“ Basta..basta..basta.. sono io a dirlo! Meglio che vada in studio..ciao Camilla.”

La porta di casa che sbatte. Il silenzio che scende improvviso e le rughe che divengono più profonde ad ogni espressione del viso. Camilla ringraziò il cielo che Livia fosse andata a trovare la nonna al piano di sopra non appena fatto ritorno a casa. Non era uno spettacolo adatto ad una bambina il litigio appena conclusosi.

Eppure non era per Renzo che si sentiva tanto frustrata, arrabbiata e delusa. No. Era stato vedere Gaetano con quella giovane donna sconosciuta a mandarla al tappeto con lo stomaco chiuso dalla frustrazione ed un desiderio improvviso di fare a pugni.

Lui se ne stava andando e lei non era stata capace di fermarlo. S’era detta che la bambina era piccola, che il loro amore era sopravvissuto dieci anni sotto la cenere ed ora poteva attendere ancora un po’, ma in realtà a bloccarla era stata una fottuta paura.

Chissà cosa stava facendo in quel momento. Di certo l’aveva riaccompagnata sino alla sicurezza del portone. Le aveva comperato dei fiori? Non poteva e non voleva pensarci.

Trascurando dove cadessero abiti ed oggetti lungo il suo cammino, la prof si era diretta in bagno e gettata sotto la doccia, restandovi per almeno quarantacinque minuti, lasciando che il calore sciogliesse la tensione e mitigasse la rabbia. Missione Impossibile.

Con l’accappatoio giallo ancora indosso ed i capelli fradici Camilla teneva in mano il cellulare, il numero di Gaetano fisso sul display come un marchio a fuoco. Cosa sarebbe successo se lo avesse chiamato? Sbuffò. Indecisa indecisione.

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Capitolo 6
*** Lo sai che l'universo è un cerchio infinito?! ***




Hai cercato
di capire

e non hai capito ancora

se di capire di finisce mai.

Alza quella dannata cornetta. Lo sai anche tu
che adesso che lui se ne è andato l'unica cosa che potrebbe farti tornare il
sorriso è Gaetano. Perché ti ostini a negarti, a negarvi l'evidenza? Lui ti
piace, di più, ti sei innamorata di lui, e questo oggi viene prima di tutto,
tranne che di Livia.


Hai provato a far capire

con tutta la tua voce

anche solo un pezzo di quello che sei.

Con la rabbia ci si nasce

o ci si diventa

tu che sei un esperto non lo sai.

Perché quello che ti spacca

ti fa fuori dentro

forse parte proprio da chi sei.

È questo che lui fa di te. Una donna sicura,una donna realizzata, perché con lui non hai bisogno di fingere, non devi nascondere emozioni e pensieri, lui li conosce già, spesso prima ancora che tu li esprima. Vivere nella menzogna ti fa male, e lo sai..

Metti in
circolo il tuo amore

come quando dici "perché no?"

Metti in circolo il tuo amore

come quando ammetti "non lo so"

come quando dici "perché no?"

Quante vite
non capisci

e quindi non sopporti

perché ti sembra non capiscan te.

Quanti generi di pesci

e di correnti forti

perché 'sto mare sia come vuoi te.


Lo hai pensato anche
l'altra mattina, mentre facevi lezione su Dante. è impossibile sfuggire
all'amore, ostinarsi a negarlo significa morire dentro, appassire lentamente,
come foglie d'autunno, coraggio Camilla...alza quel telefono e chiama, ti
risponderà.

Metti in circolo il tuo amore

come fai con una novità

Metti in circolo il tuo amore

come quando dici si vedrà

come fai con una novità
Ma al secondo squillo il telefono di Gaetano pare perdere improvvisamente potenza. Possibile che un ufficiale di polizia si faccia beccare con il cellulare a secco di batteria a metà di un sabato pomeriggio?! Certo che no. Ammettilo Camilla, ti ha riattaccato.
Ed ora che farai eh? Te lo domandi seduta sul bordo di un letto desolatamente intatto. Renzo non c’è, Livia è rimasta dalla nonna per cena e tu sei qui che ti domandi se quello che hai davanti sia un punto di giunzione di una vita sbagliata, l’ultima opportunità per realizzarsi davvero ed essere felici. Valeria stava zuppando la scorza dell’arancio che accompagnava il Vermuth nello zucchero che decorava i bordi del calice. Gaetano la osservava in silenzio, rimuginando su quanto fosse bella ed innocente, semplicemente deliziosa; stavolta pareva davvero che la sorte avara gli avesse donato una seconda possibilità per togliere d’impiccio se e Camilla, per vivere davvero e non sopravvivere in una bolla di ricordo.
Approfittando dell’intervallo tra un inzuppo e l’altro alla fine si mosse, sorprendendola al punto da farle fare uno scossone e rovesciare i salatini. Possibile che lei non sospettasse…?
Era fermo a dieci centimetri dalle sue labbra, eppure non si decideva, che c’era di difficile nel baciare una bella donna, seppur giovane? C’era che non aveva voglia di illuderla per poi farsi trascinare di nuovo dalle probabili reazioni di Camilla.
Valeria se ne stava a naso all’insù, con le guance appena arrossate dell’emozione ed una strana espressione sul viso, indecisa indecisione anche la sua. Baciarlo significava mettere sulla roulette l’intera posta, rischiare la felicità sua e di Alessandro, tanto duramente conquistata nel tempo.
Alla fine la ragazza si decise, e poggiandogli un indice sulle labbra sorrise prima di sussurrargli poche dirette parole :
“ Non voglio baci rivolti al passato..”
Gli occhi grigio cielo del commissario Berardi brillarono all’idea di liberarsi di un peso trattenuto troppo a lungo.
“ Ti và di ascoltarlo, il passato?”
Replicò baciandole la fronte ed i capelli profumati di gelsomino ed henné, una novella Artemide che attendeva con l’arco teso sfidando il nipote Eros in una gara di frecce.
“ Dal passato si impara chi siamo..”
Lo osservò sedersi di nuovo ed accostare maggiormente le loro sedie, non gli andava di dover parlare a voce troppo alta.
“ Io e Camilla avremmo dovuto sposarci..”
Esordì..e per la mezz’ora successiva non smise mai di parlare, fermandosi soltanto alcuni attimi per bere, con Valeria che a tratti lo rassicurava stringendo la mano che lui le aveva porto a metà del racconto, oppure lo osservava attenta con un sorriso rassicurante. Alla fine dei Vermuth, dei salatini, e della storia, entrambi avevano conquistato un po’ di serenità e di reciproca fiducia.

“…E che cosa intendi fare adesso?”
“ Direi che è lei quella che ha scelto…”
“ Gaetano..se lei tornasse tu te ne andresti?”
“ Non lo so..Valeria.. ..dovrebbe lasciare il marito e la figlia..

dimostrarmi che è ancora la Camilla che ricordavo.. e la vedo impossibile come cosa..”
Stavolta fu lei a sorprenderlo allungandosi con gli occhi socchiusi per regalargli il loro primo, adolescenziale, dolcissimo bacio. Quando stavano per perdersi entrambi al di la della soglia che divide un bacio dalla passione, qualcosa si ruppe, ma non si trattava di un sentimento tra di loro, nè di una barriera dello spirito che impediva loro di innamorarsi.

Gaetano si volse, mosso da un istinto atavico alla sopravvicenza ed immediatamente notò che qualcuno sostava immobile sulla soglia del bar ed un brivido freddo lo avvolse nel presagio di quanto sarebbe accaduto da li a poco.Un rauco sibilo uscì dalle labbra del commissario Berardi, ancora intrise del profumo fresco di Valeria :

" Camilla.."

Da quanto tempo stava ferma li? Che cosa aveva sentito? Perchè proprio adesso? Mille domande come mosche assassine a rubargli concentrazione.

Doveva avere una faccia orribile perchè la ragazza al suo fianco scoppiò a piangere sommessamente, trasformando quello che poteva essere un idilliaco principio nel più triste degli adii.

Occhi color nocciola si specchiavano in quelli color ghiaccio di Gaetano per un'attimo di eterno che presagiva tutto ed il contrario di tutto.

Camilla era li per cercare lui; eppure già fuggiva via, tascurando persino di raccogliere il cellulare in frantumi da terra. Era sempre accaduto che Camilla fuggisse via a seguito di eventi estremamente dolorosi.

Quando l'ammiraglio Baudino era morto, la giovane Camilla era fuggita di casa ed a Gaetano erano occorsi due ansiosissimi giorni per trovarla e ricondurla al sicuro, a casa.
Adesso non poteva lasciarla fuggire di nuovo, non voleva.

Una frazione di secondo e Berardi aveva già afferrato il soprabito e tutta la sua roba, fatto un cenno a Mario, come a dire che sarebbe passato dopo, e spiccato la corsa fuori dalla porta del locale.

" Camilla fermati!"

Lei non si volse e non rallentò, proseguendo nella sua fuga lungo la piazza, incurante di tutto. Col fiato corto e le lacrime agli occhi, mille pensieri che le mettevano in subbuglio lo stomaco, la professoressa Baudino voleva solo morire.


Era andata al bar Mario sicura che lo avrebbe trovato li, decisa a chiarire tutto quello che c'era tra loro, sicura di amarlo piu di prima.Il destino non le aveva dato modo di farsi vedere. Appena varcata la soglia li aveva visti li, seduti vicino vicino. Disgraziatamente aveva udito le ultime parole di lui, e con il cuore in frantumi assissistito impotente al bacio rivelatore. Il cellulare era caduto.. ed il resto doveva ancora avere conclusione.

Distratta e sconvolta com'era Camilla non si rese conto della presenza dei binari del tram,nè dell'arrivo imminente di uno dei tanti mezzi che ivi transitavano,almeno finchè non si trovò ad inciamparvi sopra e cadere.

Gaetano assistè impotente alla caduta, coi polmoni che bruciavano per lo sforzo ed il cuore impazzito. Gridò, gettando fuori tutta la voce e la rabbia che aveva; si tese al di la di ogni sforzo concessogli l'avrebbe salvata dal tram o sarebbe morto al suo fianco.

Due braccia si allungarono ad afferrare il corpo ancora singhiozzante, richiudendosi attorno a Camilla in un abbraccio d'amore, mentre entrambi continuavano a scivolare sui sampietrini finendo col racchiuderla a guscio pochi istanti prima di fermare la propria corsa a poco piu di un paio di passi dalle verghe, al sicuro. C'era riuscito!

" Ti amo camilla.."

Sussurrò prima di perdere i sensi e mentre lei, rialzatasi, andava a sorreggerlo, scoprendosi con le mani coperte del sangue che copioso sgorgava da un lato del capo di Gaetano.

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Capitolo 7
*** Il dolore di un amore ***


“ No..nononono! Gaetano guardami.. ti prego.. “
China su di lui Camilla non si capacitava di cosa fosse accaduto, shoccata dolorante e col cuore in frantumi osservava il viso incosciente dell’uomo che amava e che le sembrava perduto. Attorno a lei la folla scesa dal tram, i passanti e in lontananza il suono delle sirene dei soccorsi.
“ Stanno arrivando…Gaetano resisti..per l’amor di dio..”
Incurante di tutto, la prof non riusciva a staccarsi dal commissario. L’unico gesto che compì fu sfilarsi il pesante giaccone e con quello cercare di comprimere la ferita sul capo, pregando mentalmente che non fosse qualcosa di irreparabile.
Come avrebbe vissuto se lui fosse morto cosi? No.. non sarebbe morto, non poteva morire.. lei glielo avrebbe impedito!
All’improvviso si sentì sollevare da braccia sconosciute e tentò di ribellarsi, voleva rimanere lì, ma i volontari insistettero a tal punto che alla fine si arrese, lasciando che loro ed i loro attrezzi circondassero Gaetano, del quale Camilla poté udire appena i gemiti, frasi sconnesse tra le quali le parve di udire il suo nome.
Afferrò la prima manica che si sporse dal groviglio di corpi, strattonandola per ottenere attenzione.
“Mi dica come sta! La prego..”
Gli occhi bellissimi della donna erano ora rigati di pianto e rimmel ed avrebbero commosso anche il peggiore dei cuori di pietra, figurarsi un semplice volontario del soccorso romano.
“ Signora.. sospettiamo un trauma cranico.. ma la perdita di sangue è buon segno.. non dovrebbe esserci contusione..”
Un sospiro fu la risposta di lei, che si limitò a scansarsi di lato, raccogliendo la loro roba mentre con delicatezza lo caricavano in ambulanza attendendo di veder salire anche lei.

….Non si muore per Amore…
….Sempre diceva lei cosi…
….io che vivevo del suo amore..
…gli rispondevo sempre si….
…e invece il cuore mio mori…
…in un momento hai spento il sole..
…la vita s’è fermata li….


Mentre l’ambulanza correva via verso la salvezza del commissario Berardi e l’ospedale una figura rimaneva ad osservarla allontanarsi dal marciapiede.
Si trattava di un uomo, non molto alto e di mezza età; nient’altro che l’architetto Renzo Ferrero. Come un adolescente, Renzo aveva soltanto finto di allontanarsi dall’appartamento che condivideva con la moglie, limitandosi a parcheggiare la sua macchina qualche isolato più in là, attendendo che Camilla uscisse con l’intenzione di pedinarla e coglierla direttamente sul fatto.
Lei era uscita dopo circa un’ora e mezza, a bordo del suo maggiolone scassato, dirigendosi in centro, precisamente nei pressi di una delle tante chiese monumentali vicine alla fontana di Trevi. Era entrata, o meglio, s’era fermata sulla soglia del “Bar Mario”, alcuni istanti, per poi correre via, costringendo Renzo a scansarsi frettolosamente per non essere riconosciuto.
Il tempo di tornare là dove si trovava ed una seconda figura si era slanciata dietro a Camilla, passandogli a meno di mezzo pelo dai piedi senza degnarlo di uno sguardo; era un uomo sulla quarantina, biondo, con qualcosa di grigio indosso, Berardi!
Voltandosi per vedere la conclusione di quella strana scena Renzo s’accorse del tram in arrivo, rendendosi orribilmente conto che Camilla non avrebbe mai potuto evitarlo in tempo.
Come previsto lei cadde, rovinando nel mezzo alle verghe, con grandissimo terrore di Renzo, paralizzato al suo posto come uno stoccafisso.
Fu cosi che l’uomo assisté ad una scena imprevista e dolcissima, tipica di uno di quei vecchi film romantici di fine anni cinquanta, con Gaetano che,emule di superman, si scapicollava ad afferrare la donna che lui, suo marito, avrebbe dovuto soccorrere, riuscendo nell’impresa, scatenando in sua moglie una reazione che lui, ingenuo, mai poteva pensare.
Qualcosa si ruppe dentro mentre l’architetto Ferrero assisteva sempre più allibito alla ceca follia di Camilla che strepitava e strattonava l’uomo svenuto a terra; Camilla che litigava coi paramedici e col mondo pur di restare con il suo salvatore, mai era stata tanto viva ed appassionata in dieci anni di matrimonio….perchè, e solo adesso Renzo se ne rendeva conto, non c’era amore tra loro… ma semplice routine ed affetto.

Qualcosa si ruppe dentro mentre l’architetto Ferrero assisteva sempre più allibito alla ceca follia di Camilla che strepitava e strattonava l’uomo svenuto a terra; Camilla che litigava coi paramedici e col mondo pur di restare con il suo salvatore, mai era stata tanto viva ed appassionata in dieci anni di matrimonio….perchè, e solo adesso Renzo se ne rendeva conto, non c’era amore tra loro… ma semplice routine ed affetto. Se fosse stato un uomo diverso avrebbe lottato, urlato senza darsi per vinto, ma non era cosi lui, lui aveva sempre saputo di non meritarsi una moglie cosi.

Gaetano incosciente vagava in un limbo di bolle di sapone, incosciente di se e di quella strisciante disperazione che il suo amore aveva provocato in Renzo, incurante delle lacrime di Camilla che finivano sul suo giaccone lungo il percorso dell’ambulanza.
Sarebbe rimasto in quel limbo d’incoscienza in eterno, perché non c’era dolore né confusione lì, c’era solo una placida calma, come quella di chi ancora attende di nascere nel grembo materno.
Il pronto soccorso era un purgatorio ricolmo delle anime più differenti; un chiassoso vociare tra lamenti e frenesia. Seduta su una scomoda seggiola di plastica senza schienale, costretta li dall’assenza di vincoli matrimoniali o di sangue con Gaetano, Camilla si torceva le mani pallide maledicendo tutto e tutti, dalle inservienti ai paramedici, passando per assistenti e tirocinanti di turno.
Digiuna dalla mattina, con gli occhi arrossati e che bruciavano, tesa verso l’ennesima tazza di caffè nero e bollente, la professoressa Baudino non riusciva a non ritornare con la mente alle ultime parole, quasi un sussurro d’agonia, che il commissario Berardi aveva pronunciato prima di perdere coscienza di se. Che stupida doveva essere stata! Credere il loro amore finito, pensarsi come una sciocca tentazione alla quale imporsi di resistere… follia! Il tuo nome è donna!.
“ Mannaggì’a te.. Piccolo! Di qua!”
Camilla si voltò in direzione di quella voce familiare e dall’accento marcato, individuando ben presto Torre che come un capitano di vascello in pectore guidava l’agente piccolo ed il tenente Ferrari tra la folla. Li aveva chiamati appena Gaetano era stato portato in medicheria ed oramai iniziava a credere che non sarebbero mai arrivati.
Alzò una mano, richiamandoli e quando il quartetto fu ricomposto la tenacia di Camilla venne meno definitivamente, scoppiando in un pianto liberatorio ed irrefrenabile che lasciò a bocca aperta l’agente Piccolo e fece venire voglia a Torre di andare a prendere a calci qualcuno dei medici.
Fu l’aprirsi della porta scorrevole a distrarli, sin quando una figura in verde si fermò innanzi a loro.
“ Signora Baudino? Ha accompagnato lei il signor Berardi?!”
“ Si.. dottore.. come sta?!”
“ Ha un lieve trauma cranico, che la fuoriuscita di sangue ha reso però del tutto innocuo. Abbiamo applicato dei punti di sutura ed ora il paziente è pienamente cosciente.. “
“ Dove?!”
Fu la sola richiesta di Camilla, che non desiderava nient’altro se non accertarsi coi suoi occhi che tutto fosse davvero a posto, che lui stesse bene; non si fidava dei medici; avevano detto che suo padre non aveva niente di grave, che sarebbe rimasto in osservazione, ed il giorno dopo un aneurisma se lo era portato via.
“ In fondo al corridoio.. stanza 384”
Voltandosi ad attendere che Torre e gli altri dicessero qualcosa Camilla ricevette un incoraggiamento visivo e si volse, correndo lungo il corridoio, entrando in semi scivolata nella stanza per rimanere bloccata sulla soglia dal viso di lui, sereno, con gli occhi chiusi e con un cerotto gigante su un lato del capo.


Immobile la donna non trovava il coraggio di avvicinarsi, di parlare, di fare qualsiasi cosa che non fosse fissarlo con un sorriso ebete, ma per sua fortuna fu lui a muoversi.
S’era risvegliato con una toppa sulla testa e la bocca arida, peggio di quando aveva preso quella sbornia gigantesca dopo la festa della nomina a commissario. I medici gli avevano spiegato che cosa aveva avuto e perché si trovava lì, e lui allora aveva realizzato l’assenza di Camilla, disperandosi, certo che lei fosse tornata a casa sua, dal marito e dalla figlia.
Trattenendo uno sbotto di pianto s’era voltato nel letto alla ricerca di una posizione confortevole, e quando la posizione era arrivata aveva aperto gli occhi, vedendola.
“..Ciao…”
Sussurrò. Perché Camilla sorrideva? Perché stava immobile come una statua di cera? Gaetano aveva estratto una mano da sotto le coperte, allungandola in direzione di lei per quel poco che l’ago della flebo gli consentiva ed aveva ricevuto come unica risposta un singhiozzo sommesso.
“ …Perché piangi Camilla..”
Cristo se avrebbe voluto alzarsi per andare ad abbracciarla!


Cristo se avrebbe voluto alzarsi per andare ad abbracciarla! La vide avvicinarsi col passo di uno zombie da film dell’orrore e li per li scambiò quel suo incedere per imbarazzo, mettendo su uno dei suoi deliziosi bronci offesi e depressi, quelli che ti fanno venire voglia di prenderlo a morsi.
Come in un film a rallentatore lei si sedé, afferrandogli una mano con tanta forza da rischiare di farsi male lei stessa e fu li che Gaetano ricordò la terribile paura che Camilla aveva degli ospedali, nonché della sfiducia dei medici.
Stettero cosi, occhi negli occhi, per alcuni minuti, in totale silenzio, sino al punto di convincersi che non si sarebbero parlati mai più; era estenuante, ma destinato a concludersi con il roco ed emozionato sussurro di lei:
“…Non farlo mai più Gaetano…come diamine pensi che possa vivere io, se tu muori?!”

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Capitolo 8
*** Una goccia....come il mare... ***


Stettero cosi, occhi negli occhi, per alcuni minuti, in totale silenzio, sino al punto di convincersi che non si sarebbero parlati mai più; era estenuante, ma destinato a concludersi con il roco ed emozionato sussurro di lei:
“…Non farlo mai più Gaetano…come diamine pensi che possa vivere io, se tu muori?!”
“ E’ una confessione per caso?”
Quel sorriso stupendo era tornato ad illuminare il viso puntato da una lieve barba del commissario Berardi. E tutte le volte che sorrideva Gaetano aveva un’espressione magnifica, con due fossette ai lati delle labbra e gli occhi socchiusi, come se fosse in pace col mondo.
Camilla gli lanciò una falsa occhiata di rimprovero, mantenendo a stento la sua compostezza di professoressa adulta e vaccinata.
“ Per le confessioni servono i commissari e gli agenti addetti alla trascrizione..”
“ Certe volte bastano un prete un sindaco e un paio di clip riadattate all’occasione..”
“ Stupido!”
Sibilò lei ridendo ed abbassandosi verso di lui che sospirò, preparandosi a chissà quale colpo di scena clamoroso, ritrovandosi con un bacio stampigliato sulla punta del naso che, per giunta, gli provocò un attacco di starnuto improvviso.
“ Serpe.”
Grugnì in risposta, riuscendo a trattenerla con la mano sinistra e prendendosi un bacio di quelli come si deve, un bacio agognato da troppo tempo e per il quale aveva rischiato tutto, giocandosi alla roulette del destino vita, carriera e speranze mai formulate.
Se non avesse avuto flebo, macchinari ed un orribile stordimento, Gaetano si sarebbe assicurato che le loro capacità naturali, per chiamarle con un termine edotto, non fossero state compromesse dalla lontananza e dalle asperità della loro quasi relazione, ma al momento tutte le sue fantasie più sfrenate erano impedite dal luogo, dalla situazione e da un applauso a sei mani scoccato all’improvviso in direzione del corridoio.
Separandosi come due adolescenti colti sul fatto dal preside, infatti, Gaetano e Camilla si trovarono ad osservare con evidente imbarazzo l’intero distretto di competenza del procuratore Berardi che applaudiva vigorosamente tra sghignazzi e gomitate di compiacimento.
“ Torre… bussare mai eh!?”
“..Dottò.. mica potevam stare a disturbare….insomma.. mangia il pollo finché è caldo no?”
“ Il pollo eh??..”
Spostando con palese compiacimento lo sguardo tra Camilla ed il suo sottoposto, Gaetano stentava a trovare un significato allo pseudo proverbio popolare coniato da Torre per l’occasione. Descrivere Camilla era la cosa più difficile del mondo, ma di sicuro non aveva niente del pollo arrosto, tranne forse il gusto con cui lo si mangia.
“ Allora che vuoi?!”
Rise alla fine Gaetano che, aiutato da Camilla, era finalmente riuscito ad assumere una posizione semiseduta nella quale neppure il suo lancinante mal di testa era di disturbo eccessivo.
“ Dottò.. secondo lei ?!”
“ Non so.. magari sapere se è compito tuo sbattere in galera qualcuno?!.. In tal caso mi spiace dirtelo, Torre, ma il bozzo in testa è tutta farina del mio sacco.. e se proprio volete arrestarmi pretendo i domiciliari!”
Il lieve tossire di Camilla e l’occhiata della sua squadra gli fecero capire quanto ormai stesse allo scoperto con tutti loro. Arrossì.
“ Direi che sta più che bene torre..”



Si intromise l’agente Ferrari, puntuale e diretta come era sempre stata. Non c’era niente di cui preoccuparsi né alcunché richiedesse di essere analizzato. Potevano anche levare le tende. E allorché furono di nuovo soltanto loro due una patina di tranquilla gioia e silenzio.
Silenzio che fu rotto dalle idee di Camilla che, terminato il loro sordo ronzare in mezzo alla preoccupazione per la salute dell’uomo che amava.
“ …Gaetano?..”
“ Mmmh?!..”
“ Perché sei corso fuori dal Bar quando sono fuggita?!”
“..Davvero hai ancora bisogno di chiedermelo, Camilla?!”
“..Ho bisogno di sentirtelo dire.. perché sennò non riuscirò mai a tornare a casa e trovare il coraggio di fare ciò che deve essere fatto..”
“…Non potevo lasciare che tu fuggissi da noi all’infinito…”
“..però quella ragazza sembrava averti donato quella tanto agognata tranquillità che cercavi..”
“ Camilla… mia Camilla.. pensi davvero che sarei felice con una ragazza tanto giovane da poter essere mia sorella? Intendo veramente felice..”
“…perché.. l’età anagrafica ha mai influito nelle vicende del cuore?”
“…teoricamente no.. ma vedi.. non c’era lei nei miei pensieri… stavo con lei solo per non pensare all’altra.. processo inconscio.. quelle robe li..”
L’incarnato normalmente etereo di Camilla si fece ancora più pallido mentre le mani sottili andavano a torcersi nell’ansia di una dichiarazione che tutto sembrava, tranne l’inizio della loro relazione.
“… un’altra?..la conosco?”
“..Ah non lo so… se vuoi te la descrivo..”
L’unica risposta al commissario Berardi fu un’occhiata in tralice da parte di lei che a stento controllava l’impulso di torcere il collo a questa fantomatica donna fatale.
“ …Vedi.. lei è una che, in apparenza sta sempre sulle sue.. eppoi te la ritrovi sempre tra i piedi… è una che ha un’opinione personale praticamente su tutto.. e quando ti si ferma vicino ti senti in pace con te stesso, perché ha il dono della leggerezza.. e due occhi che dentro puoi vederci il mondo… e un collo… un collo sul quale vale la pena morire sopra…devo darti una brutta notizia Camilla…temo di essermi innamorato di te…”
“ Perché.. non sei sicuro?”
Lui ridacchiò dell’uscita lievemente acida della professoressa Baudino, dandosi dello stronzo per averla tenuta sulle spine con quella prosopopea.
“..dipende da cosa hai intenzione di fare te…”
Lei si morse un labbro, trattenendo un gorgheggio simile ad una risata, fissandolo a lungo in silenzio, indecisa su quale parte meritasse attenzione maggiore.
“..dubito seriamente, Commissario, che lei sia in grado di reggere l’idea di azione che ho io adesso…”
Un brivido lieve dietro la schiena lo colse, facendo drizzare i peli biondi e infuocare lo sguardo. Era una buona risposta.
“…Mi interroghi allora.. prof..”
Lei rispose con un risolino sommesso, bruscamente interrotto dall’arrivo di uno dei medici di turno che, assicuratosi che il paziente stesse meglio, provvide alle dimissioni.
Camilla e Gaetano si salutarono fugacemente dopo che lei lo ebbe riaccompagnato a casa, anche se tutto il firmamento era più che consapevole del bruciante desiderio di salire e rimanere in quell’appartamento per l’eternità che animava gli istinti della signora Baudino in Ferrero ( ancora per poco ).
Una settimana più tardi Gaetano si trovava seduto sul divano nero di quel medesimo appartamento a domandarsi come andassero le cose a casa di lei. S’erano sentiti per telefono regolarmente. Lei gli aveva narrato di un paio di furibonde liti con Renzo, che s’era trasferito definitivamente nell’appartamento che utilizzava come studio professionale, e lo aveva pregato di non cercarla sin quando non avesse trovato un modo per appianare quella bufera.

Peccato che senza di lei Gaetano si sentisse morire. Era come se un mostro informe lo dilaniasse dal di dentro, rendendolo apatico, malinconico e sin troppo tendente al pianto per i suoi gusti. Come se non bastasse non aveva nemmeno il lavoro con il quale distrarsi; il referto dell’ospedale parlava chiaro, venti giorni di riposo pressoché assoluto senza sconti di pena.
Erano press’a poco le cinque del pomeriggio quel giorno e non c’era niente che riuscisse a distrarlo dai suoi incubi, niente che potesse aiutarlo a perdersi nel mondo. Frustrato l’uomo sporse una mano affianco a se, trovando sotto di essa un minuscolo oggetto nero in plastica, foderato da qualcosa di liscio ed inconsistente.
Gaetano vi serrò attorno le dita, mentre un conato d’ira furente ed incontrollabile saliva su dalla bocca dello stomaco facendogli serrare le mandibole ed indurire lo sguardo fieramente appassionato che di solito lo rendeva tanto affascinante.
In un lampo l’oggetto minuscolo saettò nell’aria del salotto andando a rimbalzare contro il ruvido ripiano della libreria, disintegrandosi in tre o quattro pezzi, amplificando in quel modo l’ira funesta del commissario Berardi.
Incurante del capogiro l’uomo si alzò, camminando carponi per la stanza alla ricerca dei vari frammenti di quello che aveva riconosciuto come il telecomando del sistema di riscaldamento centralizzato. Imprecando stava cercando di individuare dove diamine fossero andate a finire le due ministilo che lo facevano funzionare. Distratto com’era non si rese conto che qualcuno aveva aperto la porta dell’appartamento, lasciandola accostata per chinarsi a raccogliere qualcosa caduto ai propri piedi. Non se ne accorse sin quando colei che era giunta non si decise a parlare.
“ Cerchi queste ?”
Era una voce vellutata, bassa e deliziosamente ironica quella che si rivolgeva a lui. Poteva essere soltanto.. Lentamente sollevò lo sguardo in direzione del suono e quando incrociò il nero profondo delle iridi di Camilla non poté trattenere l’istinto animale che lo mosse.
Due falcate e la preda era già intrappolata, con estrema soddisfazione di entrambi. Un braccio muscoloso appoggiato allo stipite della porta e Camilla non aveva più scampo. Sorrise, mostrando una dentatura bianca e perfetta, coi canini appena appena più lunghi del normale, ma per questo estremamente sexy; una lieve pressione e la porta si chiuse, facendo barcollare la donna che si ritrovò con le spalle contro il legno ed il fisico atletico di Gaetano a bloccarle qualsiasi movimento.
Lentamente, come in un film americano, la prof vide il viso di lui farsi sempre più vicino al proprio, potendo man mano distinguere ogni ruga sotto la barba appena incolta, sentendo il cuore accelerare all’impazzata per quel contatto tanto stretto, familiare ed appassionato.
Le soffio delicatamente sul collo, appoggiando le labbra umide contro la pelle ancora fresca. In un brivido, le afferrò la nuca e la baciò con passione, lasciandosi andare a quella dolce sensazione che fin da subito lo aveva assalito.
Stranamente non aveva bisogno d'aria, non la voleva. Dopo due anni di assenza totale della coscienza si sarebbe accontentata di rimanere così,premere il tasto stop e godersi un bel fermo immagine ravvicinato della scena. Ed invece no.
Avrebbe puntato tutto sulla roulette sperando che il numero uscisse. Il gioco valeva la candela. Il piumino era già andato a farsi benedire mentre ancora avvinghiati si schiantavano contro la porta d'ingresso. In fondo la vita và goduta senza riflettere. Senza dubbi, né passato né futuro... foglia dopo foglia. allacciò le braccia dietro il suo collo, lasciando che la sollevasse tra le braccia.

Aiaiaiaiai I should have know better...

Che diamine ci faceva ancora vestito a quell'ora ? No.. decisamente non andava bene. Via la giacca e la cravatta, già meglio. Le piacevano gli uomini informali e divertenti.

Per essere quel che era ci sapeva fare..acciderboli..si ritrovò con un grosso livido bluastro nell'incavo tra la spalla ed il collo.

"....chi sei Dracula?.."

Gli soffiò contro un orecchio rendendogli la pariglia. Lividi uno pari, palla al centro. Sarebbe stata una lunga partita, di sicuro più dei novanta minuti canonici..
Camilla non si era ancora resa conto di trattenere tra le mani il telecomando della passione sin quando, nello spostare le mani lungo il collo e la nuca di Gaetano finì col darglielo sulla testa.
“ Ouch!No.. ma se continui cosi finirò coll’assomigliare ad un bitorzoluto raperonzolo!!! Niente armi contundenti.. o vuoi costringermi a perquisirti? ”
Rispose lui in un sibilo mentre andava a strapparle di mano l’aggeggio, tirandolo alle proprie spalle, e che si frantumasse di nuovo, rimontare il telecomando era un giochino dai risvolti interessanti…
Lei rise, di quella risata argentina che non si ode spesso uscire dalle labbra di una persona ormai adulta ed affermata, una risata di totale abbandono all’istinto ed alla passione che è istinto tra gli istinti.
Con un gesto teatrale, infatti, la donna alzò le mani in segno di resa, lasciando che rimanessero sospese sopra al capo, pallida pelle a contrasto del legno scuro della porta. Un gesto di resa che sino a qualche tempo prima avrebbe intimorito l’animo fondamentalmente tranquillo di Gaetano, ma che in una situazione come la loro, con tanta di quella carica elettrica repressa, contribuì ad accelerare i battiti del cuore alimentando il fuoco del desiderio nella stessa maniera in cui l’aria alimenta le fiamme di un camino.
Se fosse stato per lui non avrebbe avuto scrupoli a chiudere il caso là dove si era aperto, nell’angusto spazio tra la porta ed il corridoio, ma nessuno dei due era più un ragazzino, e certe cose seppur bellissime ed intense finiscono con lo snaturare i rapporti interpersonali.
Fu per questo che se ne rimase a contemplarla cosi com’era, con la camicia semi aperta il trucco sbavato ed un aria terribilmente sexy, per un tempo lunghissimo, mentre lei osservava a sua volta quella sua aria da trasandatissimo casalingo disperato senza t-shirt e con un livido bluastro sospetto alla base del collo.
Si riconosce la tempra di un uomo ed il suo profondo rispetto per certe cose quando non osa portare a compimento i propri sogni per il timore di risultare squallido o di ferire la persona che ama. Ed era questo il solo problema di Gaetano Berardi, amava troppo Camilla per esporsi sino al punto di non ritorno, sino a farci l’amore “alla bastarda” quasi che fossero due tipi qualunque, di quelli che si rimorchiano nei locali giusto e soltanto per quello.
“…se fossi venuta qui per giocare alle belle statuine, commissario… glielo avrei fatto sapere…”
Camilla inizialmente aveva avuto timore della piega irruenta che quell’incontro del tutto casuale aveva assunto, ma poi, da qualche parte del suo cervello, qualcuno aveva realizzato che, alla fine dei conti, era più che normale. Non erano due ragazzini inibiti alle prime esperienze, erano due adulti perfettamente a conoscenza della materia, trattenuti lontano l’uno dall’altra da forze opposte e contrarie ed era logico, si logico, che certe situazioni fossero desiderate e messe in pratica.
La prof si morse appena un labbro, allungando una mano alla ricerca di un contatto fisico che le permettesse di capire i pensieri che attraversavano la mente di Gaetano. Attese qualche istante prima di avere il coraggio di appoggiarla al centro del petto di lui che, solo in quell’attimo parve riscuotersi dalla propria contemplazione mistica.
Le sorrise e quel sorriso parve ipnotizzarla mentre mani forti eppure gentili andavano a cingerle la vita, avvicinandola di più mentre un nuovo bacio nasceva e passava dal timido all'appassionato ed, infine, alla passione divorante che ti lascia stordito e senza fiato. Camilla a sua volta sorrise mentre, con le mani finalmente libere, andava ad intrufolarsi tra i capelli biondi e setosi di lui, scivolando poi pian piano lungo la schiena, alla ricerca di un appiglio, un sostegno alle gambe che parevano cederle d’improvviso.
Ora la donna tremava, mentre le mani di lui scivolavano a scostare i bottoni della camicetta, liberando dalla costrizione centimetri di pelle che rabbrividivano al solo contatto con l’aria. A quel punto,lui si bloccò. Le sorrise a sua volta,con un ghigno gentile eppure malizioso sul volto,e cominciò a carezzarle il viso,in un rassicurante. Lei non si lasciò sfuggire quella mano calda e morbida,e le andò incontro con la guancia,strusciandola contro e chiudendo gli occhi.
"Non mi dire che hai paura"-sussurrò lui,con un affettuoso sorrisetto di scherno sul viso. "Mai!"esclamò',con un guizzo di orgoglio negli occhi la prof e lui rimase di nuovo a contemplarla cosi, stretta tra le sue braccia, nel contrasto artistico del corpo minuto di lei circondato da mani di uomo, mani da poliziotto,spesso ruvide e mal curate. Sapevo avresti risposto così"-le rispose,compiaciuto di quella sua caratteristica aria fiera.
Tornò,quindi,a baciarle il collo,affondando il viso nell'incavo tra quest'ultimo e la sua morbida spalla.. Lei trasse un sospiro,e decise che niente era più saggio da fare che abbandonarsi alle proprie emozioni e a quello che stava succedendo e, afferrando le sue forti spalle,lasciò che lui accarezzasse il suo seno,dapprima lentamente,poi con sempre maggior foga….
Camilla si destò dal sonno che doveva averla colta all’incirca due ore più tardi ed inizialmente frastornata rimase in silenzio, cercando di comprendere dove si trovasse e come fosse finita in quel groviglio che erano lei e Gaetano, ancora addormentato.
Per fortuna il suo è un divano con la chaselongue! Pensò la prof sollevandosi appena su di un gomito per osservare la visione che l’insieme “noi” le offriva. Il respiro di lui era un solletico lieve sul braccio che ancora tratteneva sotto di se e Camilla sognava di svegliarsi così serenamente da tutta una vita.

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Capitolo 9
*** Se Chiami ti sposo ***


Camilla si destò dal sonno che doveva averla colta all’incirca due ore più tardi ed inizialmente frastornata rimase in silenzio, cercando di comprendere dove si trovasse e come fosse finita in quel groviglio che erano lei e Gaetano, ancora addormentato.
Per fortuna il suo è un divano con la chaselongue! Pensò la prof sollevandosi appena su di un gomito per osservare la visione che l’insieme “noi” le offriva. Il respiro di lui era un solletico lieve sul braccio che ancora tratteneva sotto di se e Camilla sognava di svegliarsi così serenamente da tutta una vita. Attorno a loro il pomeriggio s’era fatto ormai sera ed in fondo di tornare a casa non né aveva davvero bisogno; sarebbe bastato chiamare sua madre e dirle la verità; dopo che Andreina s’era riaccompagnata col nuovo marito Camilla aveva scoperto la complicità materna che tanto le era mancata da giovane. Chissà, magari anche nel passato di sua madre c’era stato un amore costretto a nascondersi dal marito e dai figli.
Si, l’avrebbe chiamata tra poco, prima voleva continuare a starsene cosi, raggomitolata tra la spalla e l’avambraccio di Gaetano, ascoltando il suono del suo lieve russare nella pace della prima serata.
'Cause every time I breathe
I take you in
And my heart beats again
Baby I can't help it
You keep me
Drowning in your love
Every time I try to rise above
I'm swept away by love
Baby I can't help it
You keep me
Drowning in your love
A differenza della sua Camilla, quando Gaetano aprì i suoi splendidi occhi azzurro cielo fu perfettamente cosciente di dove si trovava ed anche di come c’era arrivato e questa consapevolezza gli strappò un sorriso maliziosamente gagliardo, come quello del generale che riporta a casa le truppe senza aver perduto neppure un bossolo dei fucili.
Consapevole di un lieve peso abbandonato nell’incavo della sua spalla sinistra, il commissario Berardi non tentò neppure di sollevarsi, ma si limitò a rotolare su un fianco, fermandosi a mezzo centimetro dal viso di Camilla, che tra l’altro fingeva di dormire, e sempre sorridendo, andò a poggiarle un bacio sul naso piccolo e perfetto.
“Sveglia Biancaneve.. farai tardi al ballo..”
Lei arricciò il naso in una falsissima smorfia di chi è stato appena disturbato dal sonno ristoratore, beccandosi un occhiata sarcastica e scoppiando a ridere subito dopo.
“ Come principe azzurro direi che non ci siamo proprio..”
“ Ah no?! Ma io sono un principe in azzurro.. e solo quando metto la divisa…non lo sapeva?!”
“…Che pazzo….mi fai fare una telefonata a mia madre?!”
“.. E’ pur sempre casa tua… “
Camilla si alzò con uno sguardo che era un misto tra la meraviglia e l’eccitazione; non aveva mai sospettato che Gaetano pensasse a quella come alla loro casa, probabilmente se lo avesse pensato non sarebbe riuscita ad andarsene via la notte in cui si erano ritrovati. Ridacchio, mentre afferrava la coperta per andare a drappeggiarsela attorno al corpo, provocando un mugugno irritato di lui: -“ Ma così rimango al freddo..”- le disse con un tono da bambino capriccioso.
La verità era che non voleva perdersi la visione di quella che sarebbe stata una sfilata fuori programma sino al telefono, ma imbrogliare Camilla era sempre stata un impresa titanica. Eppure la sua strategia parve funzionare, Camilla si voltò a rimettere a posto la coperta, mossa a tenerezza da quegli occhi innamorati e dall’idea che, in fondo, era sempre in convalescenza.
“..presumo tu sappia comunque come riscaldarti…”
Disse lei prima di trascinarlo in un bacio del risveglio che non si capiva bene cosa dovesse svegliare, ma di sicuro aveva quell’effetto. Alla fine si alzò, raggiungendo la propria borsa, ancora affianco alla porta, estraendone il cellulare e conversando con la madre per i dieci minuti successivi, il tutto senza pensare mai di essere nuda alla vista di lui, quasi che fosse la cosa più naturale della terra, cosa che in fondo era davvero.
Quando lei tornò ad accoccolarglisi affianco Gaetano aveva esaurito il ripasso dei verbi greci, latini e persino dell’intera declinazione tedesca per mantenersi distratto rispetto all’idea di saltarle di nuovo addosso anche se era al telefono con sua madre, la donna che in fondo considerava una suocera da che era solo un ragazzo.
“…raccontami come è andata a finire con il ragazzo della mia alunna…”
“… Nicola è morto tentando di proteggere una ragazza coinvolta in un giro di droga e prostituzione..ma nonostante fosse coinvolto in un giro di camorra assieme al padre,era un bravo ragazzo…stava inventandosi una vita tutta diversa…mi dispiace Camilla…comunque i due assassini sono gi a regina coeli.. non devi temere..”
Lei sospirò sommessamente, improvvisamente rattristata da quella notizia, ma dopo un attimo annuì, alzando una mano a carezzare il viso corrucciato di Gaetano. Lui era felice solo se lei lo era a sua volta; adesso lo aveva finalmente compreso.
“…và tutto bene..sono io ad averlo chiesto… “
“..Camilla..non potrei mai vivere senza di te.. “
“..lo so..”
“..sposami Camilla..”
“…si..per farmi arrestare per Bigamia.. amo il tuo agire d’impulso..ma per risolvere la questione con Renzo mi occorrerà del tempo..ho paura Gaetano…”
Lui l’abbracciò in silenzio, lasciando che sfogasse la tristezza di quella loro situazione tragi-comica sulla sua spalla nuda, finendo col piangere a sua volta dei guai che il desiderio e l’amore che provava per lei dovevano averle procurato.Ed era la verità, Gaetano aveva una paura fottuta di aver combinato il più grosso macello della sua vita; paura di aver rovinato la vita di Camilla, di sua figlia, di aver distrutto per egoismo la possibilità di essere felice. In fondo avrebbe dovuto ribellarsi a quella decisione di lei tanti anni prima, avrebbe dovuto fare irruzione in chiesa il giorno del matrimonio e portarsela via a braccia, fregandosene di tutto e tutti, ma non l’aveva fatto.
Si alzarono dieci minuti più tardi, recuperando i propri vestiti sparsi ed aggrovigliati qua e là per la stanza, entrambi perduti nei propri pensieri, costretti almeno per il momento a ritrovare una dimensione propria per poter sopravvivere alla luce del giorno che sarebbe sorto.
And when the broken hearted people
Living in the world agree,
There will be an answer, let it be.
For though they may be parted there is
Still a chance that they will see
There will be an answer, let it be.
Let it be, let it be. Yeah
There will be an answer, let it be.

Gaetano aveva acceso la radio, perchè come spesso accade alle persone dotate di una particolare sensibilità, la musica aveva la capacità di aiutare a srotolare le matasse più complesse.
Un vecchio cd dei Beatles doveva essere rimasto inserito da chissà quanto, e per alcuni attimi sia lui che Camilla parvero immobilizzarsi, seguendo il fil rouge che la voce di John Lennon ispirava, arrivando in quel punto tanto vicino alla pace che gli uomini agognano, e planando nuovamente e con maggiore serenità sulla terra man mano che le note finivano.
Alzarono gli occhi a fissarsi reciprocamente sul finire dell’ultima strofa, e lentamente si sorrisero, riscoprendo la dolcezza del rapporto che segretamente avevano coltivato l’uno per l’altra.
“ Hai fame?! Se c’è qualcosa in frigo preparo un piatto di pasta..”
“ il deserto del Gobi è più affollato…ma c’è un supermercato pam proprio qui davanti.. potremmo andare a fare compere..”
“ Buona idea commissario…”
Dieci minuti più tardi stavano vagando per il supermercato ormai quasi deserto, dato che s’approssimava l’orario di chiusura. Camilla spingeva l’arrugginito carrello col manico verde, mentre Gaetano, in versione guardia del corpo, le camminava affianco osservando gli scaffali come se fossero probabili terroristi.
“ Che ti ci va per cena?!”
“… boh.. normalmente scaldo il primo surgelato che trovo.. o passo in rosticceria..”
“..e si vede.. ti sta spuntando un po’ di pancetta…”
Lui arrossì appena, procurandosi un bacio di consolazione su una guancia appena irta di barba. L’orgoglio maschile a volte premiava.
“..che né dici di bistecche e verdure bollite?”
“..non male prof..al vino ed al dolce però ci penso io..”
“ Ti spiace se faccio qualche rifornimento anche per Livietta e suo padre?”
“ No.. voglio bene a tua figlia.. eppoi tutti dobbiamo mangiare.. certo.. c’è chi se la procura e chi lascia fare..ma non è un problema..”
“ Paghiamo a metà..”
“.. tu sei fuori..”
Si divisero tra le corsie dei vari reparti mentre lui ancora scuoteva il capo perplesso prima di avviarsi con passo marziale alla volta delle mensole coi vini ed i dolci. Se ne stette immobile davanti alle diverse marche per un po’, mangiucchiandosi l’unghia del pollice che teneva poggiato contro il mento, riflettendo.
Alla fine dei giochi optò per un Barolo : un vino sontuoso, un Cannubi riserva del 2001, di quelli che si bevono alle feste chic e con gente che conta. Il passo successivo fu la scelta del dolce. Che cosa si addiceva ad un vino corposo come quello che aveva accuratamente selezionato? Scartò a priori il sorbetto ed il gelato nel percorso che lo conduceva al bancone della panetteria e pasticceria. Le uniche cose che si sarebbero accompagnate alla perfezione con la piacevole asperità del vino erano dolci anch’essi sontuosi, meringati e torte guarnite con crema pasticcera.
Gaetano discusse alcuni minuti con l’addetta al bancone, riuscendo alla fine a raccattare una torta alla crema con glassa al caffè e poi si mise alla ricerca di Camilla, riuscendo a rintracciarla nel reparto ortofrutta.
“ Carote, zucchine e…?”
Gli domandò lei senza nemmeno voltarsi a controllare che non si trattasse di un’altra persona. Il commissario Berardi allibì prima di rispondere:
“.. patate…ma come hai fatto?!”
“.. usi il solito profumo di quando avevi vent’anni…Calvin Klein..e te lo regalavo io..”
“…ottima deduzione Watson..”
Sorrise e quand’ebbero finito di imbustare, pesare e prezzare le loro verdure, si avviarono alla cassa, smaltendo la pratica in una manciata di minuti, persi principalmente per l’insistenza di Camilla sul voler pagare di tasca propria cereali, macine,caffè e altri oggetti da distribuire a Livietta e Renzo.
Rientrarono a casa che non erano ancora le sette e mezza ed anche se l’idea di una doccia ristoratrice allettava i muscoli tesi ed intorpiditi di Camilla, lasciò che fosse lui ad occupare il bagno, dedicandosi alla preparazione della cena con solerzia.
Sedettero al tavolo che mancava un quarto d’ora alle otto e per la prima volta in dieci anni la professoressa non ebbe necessità di ricordare a qualcuno che durante i pasti la televisione và tenuta spenta.
“…Mmmh.. che profumo splendido!”
Esordì Gaetano raggiungendo il proprio posto dopo averla aiutata a trasportare le pietanze ed a sedersi; un provetto gentleman uscito dall’accademia. In effetti il cibo era ottimo, semplice ma ben presentato; il vino era realmente sontuoso e scorreva piacevole e leggero tra la loro che conversavano e ridevano.
Quando la cena si concluse entrambi erano piuttosto alticci, tanto che Gaetano fu costretto a portare in braccio Camilla sino al divano, dato che non si reggeva in piedi molto stabilmente. “ Fa strano vedere una profia completamente ubriaca lo sai?”
“ Anche i colti bevono…”
Rispose Camilla facendo seguire a quella frase senza senso una risatina un po’ stridula alla quale Gaetano rispose con un sorrisetto smargiasso e quella fossetta sul mento da morsi.
“…e cosa fanno dopo aver bevuto?”
“..più o meno quello che fanno i poliziotti in malattia..”
Gaetano era già pronto a baciarla di nuovo, per l’ennesima volta in quella serata, e lo avrebbe fatto sin quando avesse avuto fiato nei polmoni, ma la sorte aveva deciso diversamente.
L’improvviso ed irritante suono del campanello lo distrasse irrimediabilmente rovinando il suo iniziale proposito lussurioso. Erano quasi le undici. Poteva essere soltanto una persona e se Torre veniva a cercarlo addirittura a casa il morto doveva essere uno di quelli extralusso.
Il commissario Berardi sospirò, rivolgendo un occhiata che implorava Camilla di scusarlo, per ogni cosa storta in quella loro serata, alla quale lei contraccambiò con un sorriso indulgente. Lo amava anche per il lavoro che svolgeva e non lo avrebbe mai ostacolato.
“ Arrivo Torre.. dio bono!”
Berciò raggiungendo la porta con quattro eleganti falcate e spalancandola davanti alla faccia indurita eppure cordiale dell’ispettore della omicidi.
“ Dottò..scusi l’orario..”
Iniziò l’uomo prima di notare la presenza sul divano con la coda dell’occhio ed arrossire vistosamente dalla base del collo su su sino alle guance.
“…e l’interruzione..”
Aggiunse poi palesemente in imbarazzo, ricevendo un sorriso bonario dal suo superiore.
“..niente di irrimediabile torre..avanti..entra.. o vuoi dirmi cosa succede di li sul pianerottolo?”
“..nono..dottò..entro…”
Domandando di nuovo scusa e permesso l’ispettore Torre mise finalmente piede all’interno dell’appartamento, concedendo ad un lievemente irritato commissario Berardi di allentare un poco la tensione accumulata con la chiusura, decisamente burbera della porta d’ingresso.
“ Allora? Parli da solo o ti devo fare l’interrogatorio?!”
Esordì Gaetano con il suo usuale tono pratico dopo che si fu seduto,porgendo al collega un bicchiere d’acqua recuperato in cucina.
“No..dottò..parl’..è che..me dispiac..”
“ piantala torre..và a l sodo!”
“..hanno ammazzato il console inglese a piazza di spagna..”
“…oh merda!”
Gaetano batté rumorosamente una mano sulla coscia. Detestava con tutto il cuore trovarsi in mezzo agli intrighi internazionali, eppoi il suo istinto gli diceva che non era ancora finita..
“…hanno trovato questa addosso al cadavere..”
Torre gli passò una istantanea di quelle fatte con la polaroid; ritraeva una giovane donna bionda e riccia in una posa decisamente equivoca. Berardi fece appena in tempo a posarvi gli occhi sopra che qualcosa cambiò nei lineamenti del viso, facendo preoccupare Camilla,ancora seduta al suo fianco, spingendola ad afferrare una mano di lui tra le sue. Era freddo come un morto.
“…doppiamente merda..”
Sibilò lui e si vedeva chiaramente che era furibondo,anche se né Torre né la prof sarebbero mai riusciti a capire il perché, se lui non glielo avesse detto.
“…dite che questa ragazza c’entra qualche cosa?”
“…è mia sorella Torre…”
Camilla impallidì a sua volta. Ricordava a mala pena il viso di Francesca Berardi, di sei anni più giovane di Gaetano; quando lui era partito per l’accademia lei era poco più di una bimba ed era davvero tanto cambiata in quei dieci anni.. ed ora pareva essersi infilata in un grosso casino.
“..non mi avete mai detto di tenere una sorella…”
“… ultimamente preferirei non averne… è una vera mina vagante…”
“…io sono sicura che Francesca non c’entra niente con l’omicidio.. e che quella foto ha una sua spiegazione più che logica..”
Gaetano trattenne la pessima risposta che gli era salita alle labbra, alzandosi per andare a vestirsi,intimando a Torre di aspettarlo in macchina, avrebbe fatto prestissimo. Non appena la porta dell’appartamento si chiuse e lui e Camilla si trovarono nuovamente da soli, la maschera da poliziotto professionale cedé, ed il vero Gaetano si rivelò sotto di essa, crollando su di uno degli sgabelli dell’isola della cucina, con le mani al volto pallido come la morte.
“… non ce la faccio… non ce la farò mai…”
Sussurrò affranto. Il suo cuore non avrebbe retto lo stress di un indagine dove la principale indiziata era sua sorella; non importava da quanto non si sentivano, né quanto fossero diversi; era sua sorella e lui l’amava. Era come chiedergli di indagare con Camilla come probabile assassina.
“… ed intendi lasciarla nelle mani del primo poliziotto, che non sa niente di lei e che le darà la caccia come un mastino inferocito?!”“…di solito dicono di me queste cose…”
“..non dire cretinate Gaetano! Tu sei il migliore poliziotto di Roma..e non hai niente del mastino…anzi.. giusto qualcosina..”
Gli si era avvicinata a piedi nudi e lui neppure se ne era reso conto, troppo impegnato a sfilare il pigiama da casa per infilarsi qualcosa che gli desse l’aspetto del poliziotto incorruttibile. Se la ritrovò stretta contro le spalle, mentre gli allacciava le mani un po’ troppo audacemente sul bordo dei fianchi, rischiava di dimenticarsi di sua sorella, del morto e perfino di come si chiamava cosi! Ed aveva poco tempo per vestirsi! Poco prima infatti, aveva estratto dall’armadio un paio di jeans scuri di quelli a vita bassa e con tremila tasche minuscole ed inutili; una camicia nera a cui mancava un bottone e le scarpe a tennis e se ne stava in mutande con lei placidamente appoggiata contro le sue spalle; decisamente non andava bene! Non era professionale per niente…
“… e cosa sarebbe?”
Riuscì a bisbigliare maledicendo i suoi polmoni che sembravano intenzionati a lasciarlo senza fiato, ed era solo un abbraccio! Vabbeh.. un abbraccio in cui lui praticamente non aveva niente indosso e lei sin troppo, ma Gaetano non doveva pensarci!
“…beh.. prima di tutto anche tu mordi.. ogni tanto… eppoi sai fare benissimo la guardia alla gente…”
Lo disse sottolineando entrambe le affermazioni con un lieve bacio in mezzo alle scapole e questo non fu certo d’aiuto al commissario per mantenere il proprio self control a livelli di guardia, soprattutto se si pensava che entrambi avevano bevuto ben più del consentito dalla legge.
“…che stai tentando di fare prof?!”
Le domandò voltandosi ad afferrarla per gli avambracci, con delicata fermezza, allontanandola da se quel minimo che gli bastava per poterla guardare negli occhi color nocciola, screziati d’oro a causa del troppo barolo.
“…corruzione di pubblico ufficiale.. a fini benefici…”
“…mhmmh!”
Se ti chiami Camilla Baudino corrompere un ufficiale di polizia, qualunque sia il tuo fine, è una passeggiata. L’azzurro degli occhi del commissario Berardi s’era già fatto verde intenso ed in fondo, nella più classica delle tradizioni cinematografiche, l’inizio di una relazione clandestina era sempre inaugurato da un giro completo della casa, giusto per dirlo con un eufemismo.
L’azzurro degli occhi del commissario Berardi s’era già fatto verde intenso ed in fondo,rifletteva, nella più classica delle tradizioni cinematografiche, l’inizio di una relazione clandestina era sempre inaugurato da un giro completo della casa, giusto per dirlo con un eufemismo!
“…se è un tentativo di farmi rialzare l’autostima bada che funziona eh…. Funziona benone!”
“…allora puoi anche finire di vestirti ed andare a tirare fuori dai casini Francesca..”
Ridacchiò lei scostandosi bruscamente per afferrare la camicia senza un bottone con fare da massaia implacabile ed un sorriso smargiasso.
“…ti rammendo questa…”
Disse poi con tono pratico, muovendo un passo per andare in cucina dove aveva intravisto una scatola con ago e filo. Gaetano però era soltanto parzialmente d’accordo col piano d’azione della profia; specie per quanto riguardava la parte del vestirsi ed uscire.
I fumi dell’alcool, complice anche la botta di adrenalina a seguito dell’apertura del nuovo caso, mossero il commissario Berardi con una velocità che non ci si sarebbe aspettati ed in breve Camilla si trovò trattenuta per un braccio e scaraventata sull’ampio letto matrimoniale, circondata dalle braccia di lui; trascinata in un bacio divoratore con ancora in mano la camicia incriminata.
Passata mezz’ora Torre sbuffò, accennando un sorriso. Se lo sarebbe dovuto aspettare che i dieci minuti del vice questore diventassero il doppio visto cosa aveva involontariamente interrotto.
L’ispettore aveva appena messo mano al citofono dell’appartamento quando il portone si aprì, rivelando nella penombra la figura di Gaetano Berardi la cui espressione avrebbe meritato un film intero per essere descritta.
“….dottò..stavo per chiamare gli artificieri…”
“…see.. e l’FBI ovvia Torre! Non c’era una camicia con tutti i bottoni appresso…”
“..si vede… difatti non stanno appost’manco adesso dottò..”
Ridacchiò l’uomo lanciando un occhiata divertita all’indirizzo della camicia del suo commissario, spiegazzata e coi bottoni agganciati in una complicata treccia, con le asole che slittavano, dando al tutto un’aria decisamente pendente a sinistra.
Lentamente, quasi a rallentatore, il commissario abbassò gli occhi ancora colorati di un verde intenso verso la propria camicia, scoprendola allacciata in una complessa abbottonatura “alla pisana” e non poté che ridacchiarne come un adolescente.
I due poliziotti si avviarono così all’auto civetta con la quale Torre era venuto a chiamarlo a casa, indaffarati ognuno nei rispettivi compiti e pensieri. Gaetano si fermò solo un attimo prima di salire sulla vettura, alzando il volto per contemplare le finestre ancora illuminate del salotto di casa propria, non riuscendo ad evitare di chiedersi se l’avrebbe ritrovata ancora lì al suo rientro.
Dopo quel pomeriggio sulla collina Camilla e Gaetano si erano reciprocamente promessi di aspettarsi in eterno, di scriversi, e di fare tutte quelle cose che si fanno quando si vive una storia d’amore da adolescenti separati da chilometri di distanza.
L’allora universitaria Baudino, rientrando a casa quella sera, s’era ripromessa che mai nessuno avrebbe ottenuto il suo cuore, mai nessun’altro sarebbe entrato nella sua vita, avrebbe atteso Gaetano anche in eterno, come quelle eroine tragiche dei romanzi del primo novecento inglese. Per rendere questa sua promessa effettiva aveva recuperato una vecchia collana d’oro di suo padre e ci aveva attaccato l’anello di Gaetano, infilandolo poi al collo sotto al vestito di lino leggero coi fiori stampati. Sarebbe rimasto attaccato al suo collo sottile sin quando l’avessero messa nella tomba!,pensò.
Eppure, quando alla fine del mese, lui le aveva annunciato che sarebbe partito per l’accademia, pregandola, supplicandola,affinché cambiasse idea, lei era stata irremovibile.
Lo amava troppo per costringerlo ad abbandonare il futuro ed i sogni che assieme avevano coltivato. La verità era quella: sarebbe partita volentieri anche lei per fare l’accademia di polizia, per diventare uno di quei commissari che si vedono nei telefilm, quelli gentili, intelligenti, che capiscono sempre tutto appena si trovano faccia a faccia col morto. Ma non era concesso alle “ragazze perbene” di fare la carriera militare, troppo rischioso..troppo fragili le donne..ed altre panzane di quel tipo! Così l’avrebbe lasciato andare da solo lungo la strada della legge, sarebbe rimasta accanto al focolare ad attenderlo come Ginevra, o Boudicca, o la stessa Penelope.
La sua caparbietà cedé soltanto la mattina stabilita per la partenza, costringendola ad inforcare la sua bicicletta che mancavano quaranta minuti alla partenza del treno per Velletri. Novella Bartali, Camilla era riuscita a spostarsi dalla propria abitazione sino alla stazione centrale in poco meno di venti minuti, arrivando sul binario quindici che i passeggeri erano ancora quasi tutti intenti a conversare lungo la banchina. Freneticamente la ragazza si guardò attorno, cercando ilo bel viso familiare dell’uomo della sua vita.
Non c’era traccia né’ di Gaetano né dei genitori di lui! Maledizione! Disperata Camilla crollò a sedere su uno dei tramezzi delle colonne che sorreggevano la pesante cupola di vetro posta sopra la stazione, lasciando che qualche enorme lacrima di tristezza e rancore le scivolasse lungo le guance; incurante dei passanti e delle loro occhiate preoccupate.
Non l’aveva salutato! Non aveva creduto nel loro amore.. come sarebbero mai sopravvissuti alla distanza con quei presupposti? All’improvviso però, senza rendersene conto, Camilla si trovò sollevata da un paio di robuste braccia maschili, e quando aprì gli occhi il viso abbronzato e punteggiato da una barba incolta di Gaetano la osservava rapito.
“….sapevo che saresti venuta… Camilla..”
Lei poté soltanto rimanere in silenzio a contemplarne il viso perfetto, i lineamenti giovanili e ridenti mentre la stringeva tra le braccia, cercando di imprimerli ad imperitura memoria.

Tu che sei sempre stata mia
Un'idea che non va via
E respirare il tuo profumo
Amaro come noi
Amore che non sai
Me lo regalerai
Un'ultima volta
Prima che svanisca

Gaetano riemerse da quel flashback nel momento in cui l’ispettore Torre spense il motore dell’auto innanzi all’ambasciata inglese di piazza di spagna. L’uomo scese con un sospiro; stava iniziando a piovere; una pioggerellina leggera e fastidiosa che contribuiva a peggiorare il suo umore già abbacchiato.
Nel profondo, infatti, il commissario Berardi detestava l’apatica calma che regna innanzi alla scena di un omicidio. Detestava la razionalità assurda che muoveva i medici ed i legali; quel composto spostarsi con i soprascarpe e la macchina fotografica.
Dovete sapere, infatti, che le scene del crimine, q1ualunque esse siano, normalmente appaiono come una vera e propria schifezza: più o meno come il cavolo rifatto alle quattro del pomeriggio.
Nell’irreale luce delle torce elettriche montate da quelli dell’unità di polizia scientifica il vicequestore si sentiva come una cavia di laboratorio intrappolata dentro il labirinto da un qualche pazzo scienziato e costretto a correre a vuoto alla ricerca di una uscita. La sola cosa che gli permetteva di rimanere lucido in quel momento era la lieve traccia del profumo di Camilla che gli restava sulla pelle scoperta tra collo e camicia; come sempre aveva un disperato bisogno della sua saggezza per riuscire a concentrarsi.
“..Il medico legale che dice Torre?”
“…già andato dottò.. posso chiamare..”
Gaetano rifiutò con un gesto del capo, mentre si osservava meglio attorno alla caccia di indizi che potevano apparire celati tra le pieghe dell’indagine. Apparentemente tutto era in ordine, eccezion fatta per i segni bianchi nel punto in cui le prove erano state catalogate; chissà che cosa mai ci faceva Francesca li..
Fu una nottata del tutto infruttuosa, nella quale Gaetano aveva interrogato i pochi presenti al momento del ritrovamento del cadavere, imprecando in gaelico antico ogni volta che il muso giallo di turno si smarriva nei tentativi, pessimi, di traduzione dell’italiano da parte dell’ispettore Torre. In tre ore era riuscito a capire che una mezzora prima del ritrovamento il soggetto era stato avvistato in un locale poco distante assieme a tre persone, due donne ed un uomo; la descrizione di una delle due combaciava alla perfezione con quella di Francesca. Nessun indizio sul movente, nessuna arma del delitto, figurarsi testimoni oculari dell’aggressione. Bel paese l’Italia!.
Infilò la chiave nella serratura di casa propria quando fuori l’alba dava i primi segni di vita del nuovo giorno, era esausto. Socchiuse la porta, osservando il grigiore del proprio appartamento con la certezza che lei non ci sarebbe stata, che il sogno ancora una volta era svanito. L’olfatto impiegò alcuni istanti prima di registrare il profumo di lei nell’aria, dando al cervello l’impulso di sorridere, impulso subito recepito dai muscoli della bocca.
Lentamente chiuse la porta di casa, depositando la giacca sull’appendi abiti, sfilò i mocassini ed a piedi scalzi si mosse nell’immenso ingresso buio alla ricerca di lei. Sul divano non c’era..strano.. Lievemente preoccupato da quell’assurdo silenzio Gaetano si decise ad effettuare un’ispezione del proprio appartamento, convincendosi all’uscita di ognuna delle stanze che l’intera giornata era stata solo un sogno.
Rassegnato al centro del proprio salotto Gaetano decise che tanto valeva liberarsi della giacca, della cravatta e della camicia della discordia. Sfilarla non era stato altrettanto divertente come metterla. Gli mancava una sola stanza da controllare, ma chissà perché la ragione gli andava gridando che lei non poteva essere proprio lì; probabilmente il suo cuore si rifiutava di pensarci per le eventuali implicazioni che né sarebbero succedute.
A torso nudo, accompagnato dal frusciare lieve dei jeans che ancora indossava, regolando i respiri al battere delle proprie mostrine da ufficiale contro lo sterno, Gaetano raggiunse la porta della propria camera, vi poggiò una mano ruvida contro e spinse, inondando con un lieve fascio di penombra l’ambiente interno.
La luce del comodino era accesa… strano.. D’istinto Berardi incurvò un ciglio, indurendo la mandibola nell’eventualità di qualche brutta sorpresa in attesa dietro la porta. Immaginarsi, invece, l’espressione che gli comparve sul viso mentre lo sguardo fiero ed attento andava a cadere sul letto disfatto al centro del quale Camilla dormiva col sorriso sulle labbra, rincalzata dentro la maglia del suo stesso pigiama.
Si mosse per andare a raggiungerla, e sul suo viso non si leggeva nient’altro che la beatitudine di un uomo innamorato. Divenne piuma pur di non svegliarla nel gravare col peso del suo corpo sul materasso e per un attimo non poté neppure respirare.
Aveva sempre amato guardarla dormire con quel suo abbandonarsi fanciullesco alla forza del sonno tanto da parlare ad alta voce alcune notti, quando nelle occupazioni scolastiche, erano riusciti a conquistarsi una agognata intimità.
Si mosse alla fine per scostarle una ciocca di ricci dal viso, mormorando frasi sconnesse mentre la sollevava delicatamente per stringerla a se in un tiepido abbraccio. Per quelle poche ore di sonno avrebbe dormito coi jeans. Pazienza. Un sordo mal di testa post sbornia lo assaliva assieme alla stanchezza per quell’inaspettato rientro al lavoro post infortunio, difficilmente avrebbe retto altro per quella giornata.
Si destò il giorno successivo al suono di stoviglie che cozzavano tra loro in cucina, un rumore lontano, eppure così inusuale da penetrare le maglie del divino Morfeo e destarlo.
Tirarsi a sedere fu più difficile del previsto. Gli girava la testa dannazione!, come se non bastasse era già quasi mezzogiorno, e lui era atteso in commissariato per l’incontro col pm alle tre, sarebbe stata un impresa essere puntuali con Camilla in giro per casa.
Arrivò in cucina a tentoni, mugugnando sull’alcool e sugli ispettori che capitano sempre a sproposito, fermandosi nel momento in cui la figura di lei comparve al centro del suo campo visivo. Come diamine sia possibile che una semplice donna appaia tanto bella mentre finisce di cuocere delle frittelle è uno dei tanti misteri del mondo.
Sforzandosi Gaetano riuscì a raggiungerla senza che Camilla avesse sentore di niente, abbracciandola alle spalle e depositando un bacio piuttosto casto nell’incavo tra il collo e la spalla. La sentì rabbrividire ed il suo orgoglio mascolino né fu piacevolmente rincuorato.
“..Buongiorno mia regina..”
Camilla non ebbe modo di rispondere al suo saluto perché il telefonino di Gaetano prese a suonare, rovinando l’atmosfera. Lui si mosse per andare a rispondere e l’idillio non poté continuare.
Valeria. Leggere quel nome sul display fu per Gaetano uno choc inaspettato; un rimescolio di sangue e sentimenti che credeva impossibile avere dopo essere stato con Camilla. Socchiuse gli occhi nel ricordo del sorriso genuino di lei; in quello sguardo profondo e privo di ombre che tanto lo aveva colpito. Una smorfia di sorriso gli comparve sulle labbra mentre una folgore dolcissima gli attraversava il cuore. Era come ricordare d’improvviso qualcosa che ormai si da per scontato.
In fondo che cos’era l’amore? Quello vero, se non una folgore che nasce e muore all’improvviso? Non si doveva cercare l’amore; questo gli diceva sempre suo padre; era l’amore che ti cadeva addosso all’improvviso..
Valeria gli era crollata addosso come un fulmine, difendendolo a spada tratta quando neppure conosceva il suo nome; di lui s’era fidata cecamente e completamente..ed anche lui s’era fidato.. le aveva raccontato tutto..e poi era fuggito.
-Dovresti farti ribrezzo da solo caro mio..- Pensò mentre sollevava lo sportelletto per rispondere. Poco lontano Camilla stava radunando la sua roba..e qualcosa nel suo sguardo confermò al commissario Berardi che la loro occasione era sfumata…forse per sempre.
Scosse il capo e socchiuse gli occhi, ferito, ma non distrutto come s’aspettava di essere al nuovo abbandono di lei. Forse, due anni prima, Torre aveva avuto ragione.
Aveva narrato delle vicende che lo legavano alla professoressa Baudino all’ispettore Torre pochi mesi dopo il suo insediamento come vice procuratore ed il laconico commento del suo sottoposto era stato qualcosa che aveva a che fare con leoni e gazzelle. Gaetano non aveva capito; non aveva voluto capire, sino ad allora.
“…Gaetano scusa il disturbo..”
“..dove sei?”
“..a casa..avevo bisogno..”
“…Shh..zitta..arrivo tra cinque minuti..”
E cinque minuti più tardi, affacciandosi dalla finestra, Valeria lo vide scendere dall’auto grigia con un enorme mazzo di rose e gigli, infilato dentro un completo grigio e con la cravatta. Doveva aver perduto il senno.. eppure era un folle bellissimo.
Lui non le dette tempo di proferire parola. L’afferrò a mezza vita per portarla in braccio quando ancora gli restavano due gradini da salire. Stretta contro di se la condusse sino alla macchina ancora accesa. Guidò come un pazzo senza dirle niente, e Valeria si limitò a sorridere,stando al gioco in silenzio.
Entrarono nel comune storico di Roma alle undici e venti minuti sbaragliando come il vento l’apatia dell’ufficio, sbaraccando sin quando il sindaco non fu innanzi a loro nella sala delle cerimonie. Al mezzogiorno Gaetanoe Valeria Berardi uscirono dal comune con due lucenti cerchietti d’oro all’anulare della mano destra; sorridenti e felici, seppure vicendevolmente sorpresi. Sposarsi, a lui che non c’aveva mai seriamente pensato, aveva richiesto nemmeno un ora.

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Capitolo 10
*** My Happy Ending ***


“..adesso però ti fermi e mi spieghi..”
Valeria era bella come la prima imperatrice di Roma della quale, inconsapevolmente, conservava il medesimo nome; il sole alle spalle le dorava i ricci castani trasformandoli in un aureola lucente e Gaetano ancora non si capacitava del rischio che aveva corso nel dimenticarsi di lei per quei due giorni ora lunghissimi.
“…eccezionalmente per la vita puoi chiedermi qualsiasi cosa..”
“..perchè cosi?..”
“..beh.. per amore si deve essere capaci di mettere a repentaglio l’intera nostra esistenza senza remore o dubbi..per amore si muore.. e tu sei la sola donna che conosco capace di mettere a repentaglio tutto ciò che aveva di caro per me.. senza neppure sapere chi ero..”
Lo disse senza prendere fiato tra una parola e l’altra, mentre lo sguardo solitamente limpido si riempiva di una nebbiolina luminosa ed eterea.
“…e Camilla?”
“…non so che cosa pensi di me.. probabilmente mi odierà per averle fatto mettere in crisi l’intera sua esistenza per niente.. credimi se ti dico che l’ho amata profondamente ed incondizionatamente per l’intera durata degli ultimi 13 anni accorgendomi solo dopo aver visto il tuo nome sul display che la desideravo per il suo sfuggirmi eternamente.. per la sua verve ed il coraggio.. tutte cose che con il tempo ha perduto..o soffocato.. Camilla non mi avrebbe mai chiamato per prima… “
Difficile, se non impossibile non credere alle parole di un neo sposo che le pronuncia col cuore in mano e gli occhi che luccicano di rinnovata gioia e malcelata malinconia del proprio scellerato passato di solitudine. Impossibile non ricambiare l’amore per chi un po’ d’amore lo provava anche prima, specie se il proprio interlocutore ti guarda come in estasi mistica innanzi al divino; come se ammirasse la vergine madre del Cristo o credesse d’essere morto ed approdato nei beati campi elisi.
“…ho sempre sospettato che tu nascondessi un poeta dietro la divisa da poliziotto..”
Sussurrò Valeria mentre muoveva un passo per raggiungerlo, portandogli le mani dietro la nuca ed attirandolo a se per il loro primo bacio ufficiale. Inizialmente le intenzioni della giovane erano quelle semplici di una 25enne, ma mentre il contatto si prolungava e le mani scorrevano tra i capelli biondi di lui, o lungo le pieghe della t-shirt di lei, si fece un bacio appassionato, lento e profondo ad esplorare, marcare e conoscere.
“..ecco cosa c’eravamo dimenticati.. il bacio alla sposa..”
Ansimò Gaetano allorché si divisero per riprendere a respirare la semplice aria. Attorno a loro un vivace capannello di turisti si assiepava,quasi credessero di avere davanti una scena di un qualche film hollywoodiano. Entrambi arrossirono,concordando che forse era l’occasione e l’ora adatta per spostarsi altrove.
Optarono per passare a prendere Alessandro dall’asilo attendendo con stoica calma su di una panchina l’orario di apertura della struttura pubblica; il tutto godendosi un buon gelato alla stracciatella su di una panchina.
“…ma dimmi un po’..casa tua o casa mia?”
Valeria aggrottò un ciglio con espressione di stupito divertimento.
“..in che senso?!”
Lui rise.
“…nel senso.. che non ho alcuna intenzione di vivere con te solo nei weekend..”
“…capisco…e quindi?”
“..e quindi dio bono..non voglio nemmeno costringervi al trasferimento..”
“..e casa tua?”
“…ma non è proprio casa mia..è l’appartamento che i miei hanno comperato per mia sorella.. che ora..diamine..è una lunga storia..”
“.. abbiamo due ore.. ce la fai?!”
Di nuovo lui sorrise, afferrandola per una spalla e baciandola di nuovo ed a lungo prima di scostarsi e prendere a raccontarle di quel suo ultimo caso; della sua famiglia e di quella mina vagante che Valeria si ritrovava ufficialmente come cognata.
Nel momento in cui la campanella riempì l’aria del suo squillante vibrare la storia era conclusa e Valeria era stata messa a conoscenza di tutti i dettagli. Da buona moglie e da donna innamorata aveva consolato, incoraggiato e sostenuto il proprio sposo in quella narrazione e tutto ora appariva più limpido…impareggiabile pregio del dialogo costruttivo. Mai come in quel momento furono reciprocamente felici di essere marito e moglie.
“..ti amo Gaetano Berardi..e non mi pento di aver resistito alla tua corte serrata sino a questo momento..”
Eruppe lei lanciandoglisi contro in un abbraccio affettuoso prima di allontanarsi in direzione della scuola ed essere trattenuta dalla robusta mano di lui su di un fianco.
“..non ho idea di cosa possa aspettarmi da una come te.. e sono curioso come una biscia all’idea di scoprirlo..ma quello che voglio dire è..farò di tutto per non deluderti…perché spesso noi uomini tendiamo a confondere cose che per voi sono importanti…e ti chiedo scusa in anticipo di ogni errore..”
“…se ti confonderai più del necessario saprò trovare il modo di ricondurti alla retta via..”
Lei gli stampò un bacio sul naso ed andò a prendere Alessandro; ritornando poco dopo con l’assicurazione che da quel momento anche lui sarebbe potuto andare da solo a prenderlo..
Passeggiarono un poco come una famiglia ed alla fine si trovarono a trascorrere la serata tra scatoloni e mobilio; un trasloco di fretta e furia a casa di lei, perché Gaetano non voleva starle lontano nemmeno un istante per il resto della vita.
“…sai che potrei abituarmi ai tuoi spaghetti al sugo?”
“..è quello che spero.. “
Il silenzio di una serata d’estate induceva i novelli sposi alla conversazione. Se ne stavano l’uno nelle braccia dell’altra sulla terrazza dell’attico. Insieme avevano accompagnato il sonno di quel piccolo terremoto di nome Alessandro ed ora contemplavano il cielo alla ricerca della loro stella gemella; inconsapevoli di averla già trovata.. o forse solo talmente sorpresi da quella famiglia nata di colpo, da non avere il coraggio di dichiarare appieno il proprio amore.
Lentamente Gaetano era riuscito a stringerla a se, calandole dapprima una mano sulla spalla scoperta della veste sbracciata che Valeria indossava a casa per poi strattonarla giocosamente sin quando si trovò con una parte del busto coperta dai ricci di lei. Sentirla sospirare lievemente gli provocò un brivido ed una riflessione che mai si sarebbe aspettato di fare : Camilla non si abbandonava a lui col medesimo trasporto né con quella cieca fiducia… e probabilmente non sarebbe riuscita a farlo mai.
“..dimmi un po’…”
“..mmh?!”
“… vogliamo rispettare la tradizione oppure ci diamo alle alternative new age?!”
“..scusa?”
Si guardarono intensamente per un lungo istante, ingaggiando una muta battaglia di sguardi che produsse un rapido crescere della tensione che ribolliva tra di loro da quando si erano baciati sulle gradinate del comune. Insolitamente fu Gaetano il primo a cedere; arrossendo bruscamente nel medesimo istante in cui un lampo di ironico desiderio compariva sul fondo degli occhi colore del cielo.
“…inizio a pensare che quell’ascensore a cabina tornerà utile non solo per le cassette dell’acqua minerale…”
“…ah ma allora il suo è un vizio commissario..”
Lei gli lasciò una pacca bonaria su una spalla fingendo di fuggirgli ma bloccandosi poco distante nell’ascoltare il cambio di canzone. Questa era proprio bella! Non sentiva quella canzone da che era una bambina di quindici anni.. e già allora si era innamorata di quel testo cosi profondo e dello sguardo un po’ sognante di colui che la cantava. D’istinto accennò il primo ritornello…

Davvero tu credi che
esista una spiegazione
per amare oppure no
ma se c'è ti giuro
io non lo so
Amo te, amo te, perché mi vai
e sarò con te ovunque sarai
senza parole, parlami con il cuore
“ Mi concede questo ballo signora Berardi?!”
La voce di Gaetano giunse calda e vellutata dalle sue spalle, seguita poco dopo dalle mani lievemente tremanti di lui sulle spalle lasciate scoperte dalla veste da casa. Annuì, voltandosi a guardarlo, bello come un adone al chiaro di luna.

Davvero è come se
tu fossi con me da sempre
tra la gente è dentro di me
nella mia mente
io sento che

Amo te, amo te, perché mi vai
e sarò con te ovunque sarai
lasciati amare, lo farò con il cuore

Gaetano la strinse in vita dapprima lieve come una foglia, inscenando un valzer da galantuomo che avrebbe fatto scena perfino alla corte del Re di Francia. Lei socchiuse gli occhi,abbandonandosi al suo abbraccio nella danza.

Sei nella mia anima, come il sole
sei nella mia vita ormai, con il cuore
al centro di ogni mia idea

Noi da ieri eppure da sempre
siamo noi da soli
ma insieme perché

La Stretta di lui sulla vita divenne più appassionata ed il quadrato si ruppe, lasciando che la pelle venisse a contatto con la pelle provocando ad entrambi i brividi. Solo ora notava che i canini di Gaetano apparivano lievemente sporgenti quando sorrideva rilassato.. era bellissimo..

Amo te, amo te, perché mi vai
e sarò con te ovunque sarai
senza parole, parlami con il cuore
Amo te, amo te, perché mi vai
e sarò con te ovunque sarai
lasciati amare, lo farò con il cuore

Sei nella mia anima, come il sole
sei nella mia vita ormai, con il cuore
al centro delle mie idee, con il cuore
solo per questo amo te

La musica era finita da un pezzo, eppure loro continuavano a volteggiare perduti nel loro romantico sogno, avvicinandosi inconsapevolmente alla camera da letto ad ogni giro compiuto. Gaetano si fermò sulla soglia della stanza, sollevandola in aria con un unico gesto atletico. La tradizione era la tradizione. La gettò ridendo sul letto, lanciando poi un calcio alla porta rimasta socchiusa e con essa al suo passato di folle innamorato della professoressa baudino.


THE END!

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