Sembrava veramente molto più semplice

di Mikirise
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Vocabolario: Ricordare ***
Capitolo 2: *** Eroi dell'Olimpo- L'eroe perduto ***
Capitolo 3: *** Harry Potter e il Principe Mezzosangue ***
Capitolo 4: *** Doctor Who ***
Capitolo 5: *** Percy Jackson e gli Dei dell'Olimpo- Lo scontro finale Parte I ***
Capitolo 6: *** Percy Jackson e gli Dei dell'Olimpo- Lo scontro finale II ***



Capitolo 1
*** Vocabolario: Ricordare ***



Autore: M I K I (Su Efp), MichiGR (sul Forum)
Fandom: Hunger Games
Titolo: Sembrava veramente molto più semplice
Rating: Verde
Personaggi: Peeta Mellark, Katniss Everdeen
Genere/Avvertimenti: Avventura, Romantico
NdA: Immaginare un Peeta bambino girare per gli Stati Uniti d'America alla ricerca della sua Ragazza dagli Occhi Grigi mi ha divertita ed intenerita. Non so quante persone condividano la mia visione di Peeta mezzosangue, figlio di Apollo, ma pensandoci e ripensandoci, non sono riuscita ad immaginarlo in nessun'altra maniera. Perché, per come la vedo io, i figli di Appollo sono figli del Sole e portano il Sole nella vita delle persone.

Ma sono felice che il contest di Emmastarr mi abbia dato la possibilità di maturare quest'idea, che non so se avrà un continuo, ma alla quale mi sono molto affezionata.

Buona lettura!







 

Sembrava veramente molto più semplice

E lo sarebbe stato se non ci fossero di mezzo profezie, papà divini impiccioni, satiri ubriaconi e fratellastri narcisisti


Un ringraziamento speciale a Mary-chan, che mi ha fornito la giusta dose di autostima e, come sempre, alle mie sorelline, che penso siano le mie fan numero uno (in due, sì, è spiritualmente possibile)
 
 
 
 

Capitolo 1


Ricordare: dal latino recordari; derivato da cor, cordis 'cuore'. Ripassare con il cuore.










"Dai, Peleo" mormorava il ragazzo, avvicinandosi al drago che custodiva il Campo, con una bistecca in mano ed un sorriso rassicurante "Vieni a mangiare" continuò accovacciandosi accanto al muso della bestia.

Peleo teneva il muso poggiato sull'enorme zampa, con un solo occhio aperto sul biondo, che lo carezzava. Mosse la coda, che avvolgeva il pino intorno a cui era sdraiato e Peeta sobbalzò, mordendosi il labbro per non gridare come una scolaretta. Se i draghi possono ridacchiare per i loro scherzi, Peleo lo fece, accomodandosi meglio sull'erba fresca.

"Molto divertente" borbottò Peeta "Ma adesso devi mangiare. Sei il drago più viziato che io abbia mai conosciuto"

Il drago non prese bene il tono seccato del biondo e, se fosse stato un umano, avrebbe alzato un sopracciglio, pensando a come punire l'insolenza del figlio di Apollo. Quando Peeta gli porse di nuovo una bistecca dal vassoio che portava con sé, ridacchiò di nuovo e sbuffò, lanciando verso il biondo del fuoco.

Peeta saltò indietro, sorpreso e più che convinto che Peleo lo volesse morto.

La sua maglietta arancione con la scritta "Camp Half-Blood" e la doverosa, quanto illecita, aggiunta della scritta "Rules- Romans Suck - Finnick è il mio fratellone preferito" -fatta ovviamente da Finnick Odair, dopo che Katniss l'aveva rubata al biondo-, si era bruciata nella parte più bassa e il ragazzo portò le sue mani trai capelli, sperando di non trovare una parte completamente calva sulla sua testa. Non perché s'interessasse seriamente dei suoi capelli. Più che altro lo preoccupava la possibile tragedia che Portia e Delly avrebbero messo su, vedendolo tornare senza la sua bellissima, quanto non curata, bionda chioma.

Fortunatamente i suoi capelli erano intatti, ma intorno a lui si espandeva uno sgradevole odore di bruciato.

Peleo iniziò a rotolare su se stesso, o perché stava ridendo -meglio dire che si stava sbellicando dalle risate-, o per dimostrare che era un drago così adorabile che non ci si poteva arrabbiare con lui.

Peeta sorrise tristemente, scuotendo la testa.

Sarebbe morto a causa di un amico.

E non era solo una sua conclusione o un modo per lamentarsi, ma una profezia recitata prima da suo padre, poi dall'oracolo, ripetuta mentre cercava di arrivare al Campo Mezzosangue, qualche anno prima, da un'arpia e poi glielo aveva ricordato con una carezza Afrodite, quell'estate.

Sbuffò, sedendosi accanto al muso ancora sottosopra di Peleo e toccando nervosamente la collana che gli avevano donato una volta arrivato al Campo Mezzosangue.

Sarebbe caduto per mano amica.

Sembrava divertente, in effetti.

Le sue dita si fermarono sulla perla che aveva incastrato nella sua collana. Katniss ne aveva una identica, anche se cercava di nascondere quel segno di amicizia dietro la sua treccia. Effie diceva sempre che, più che segno d'amicizia, quella perla era molto simile ad una fede nuziale e farneticava sul fatto che le perle derivavano dal carbone. Finnick diceva che una figlia di Afrodite avrebbe sempre farneticato in quel modo, poi rideva, facendo commenti maliziosi sulla natura del rapporto di Peeta e Katniss; ogni volta che toccavano l'argomento Gale si incupiva e non diceva più una sola parola. Questo perché, secondo Delly, aveva una cotta non proprio segreta per la figlia di Ermes.

Bene Peeta, ricorda nomi e visi, perché uno di loro ti ucciderà, un giorno.

Peleo rimase con la pancia all'insù, lasciando che Peeta gli carezzasse distrattamente la pancia, preso dai suoi pensieri. Era incredibile quanto un drago potesse assomigliare ad un cane.

"Non era compito di Annie dare da mangiare a Peleo?" chiese Katniss, avvicinandosi al biondo.

Peeta alzò lo sguardo verso la ragazza, lasciando cadere sul suo collo la collana. "Sì" ammise, guardando la mora che studiava l'erba, cercando dei ragni a terra, con in mano un vasetto di vetro "ma è l'ultimo giorno di Finnick al Campo. Domani partirà per stare accanto a sua nonna, Mags, che sta male, e lo sai che non tutti sopravvivono, là fuori"

Katniss alzò lo sguardo da terra, cercando gli occhi azzurri di Peeta nella notte. Peleo chiuse gli occhi, spingendo il muso contro le braccia del ragazzo. Cercava carezze. "I giovani amori?" ripeté le parole che le aveva detto poche ore prima Effie Trinket, nella vana speranza che qualcun'altro si concentrasse sul lato romantico delle loro situazioni.

Sarebbe stato meglio così, molto più semplice, più adatto a ragazzi di sedici anni pensare che il loro più grande problema potesse essere un possibile amore a distanza, e non che il tuo attuale ragazzo potesse essere ucciso andando a visitare sua nonna.

Il figlio di Apollo aggrottò le sopracciglia, lasciando carezze distratte a Peleo, che altrimenti avrebbe continuato a spintonarlo "No," rispose, studiando il viso della ragazza "i semidei"

La figlia di Ermes prese un ragno che si arrampicava su un filo d'erba e, dopo averlo rinchiuso nel vasetto che aveva in mano, si sedette accanto a lui.

Iniziò ad osservare il ragno che aveva raccolto all'interno del vasetto.

Sapeva di star aiutando i suoi fratellastri in uno scherzo crudele ai figli di Atena -sembrava che finalmente Faccia da Volpe fosse riuscita a convincere i figli di Efesto a mostrarle dei tunnel segreti che collegavano le capanne tra loro. Col prezioso aiuto di Gale, Faccia da Volpe avrebbe trovato l'uscita per la Capanna Sei e liberato dei ragni mentre i figli di Atena dormivano. Questo perché uno di loro, un ragazzino appena arrivato aveva accusato i ragazzi della Capanna Undici di aver rubato il suo coltello, aggiungendo poi che i ragazzi della Capanna Nove non erano poi così utili, o bravi, o intelligenti. Grosso errore-, ma questo era stato l'unico modo per allontanarsi dal falò ed andare alla ricerca di Peeta, scomparso dai suoi radar per una settimana intera.

Non era lo stesso, dopo la missione di qualche settimana prima, e voleva assicurarsi che stesse bene, che fosse ancora Peeta Mellark, prima di tornare da Prim. Aveva bisogno di ricordare il sorriso caldo del biondo, di sapere che non le era sfuggito dalle mani, che continuava ad esistere.

Peeta non poteva scomparire. Non quando lei aveva così bisogno di lui. Non in tempi di una guerra imminente.

Sembrava che i mostri avessero iniziato ad attaccare i mortali, senza una ragione precisa. Li intrappolavano, per poi mangiarli, o fare qualsiasi cosa facessero i mostri normalmente. Era capitato che un segugio infernale rapisse giovani ragazze a New Orleans. Afrodite ed Artemide erano piuttosto irritate con questa faccenda, dovuto al fatto che il segugio infernale rapiva ragazze che o sarebbero potute essere delle perfette Cacciatrici, o erano prossime ad un innamoramento cruciale, con il quale la dea dell'Amore si sarebbe potuta divertire, attraverso Efesto TV. Visto che i segugi infernali da nessun altro posto potevano venire se non dall'Oltretomba, le due dee avevano iniziato a puntare il dito contro Ade, che, dal canto suo, aveva già minacciato Zeus di muovere guerra se si fosse ritrovato un'altra volta Artemide sotto casa sua, gridando di non rubarle le Cacciatrici. Poseidone fu accusato da Zeus di essere un ignavo, in quanto aveva scelto di non prendere una posizione riguardante la discussione ed Atena aveva dato ragione a suo padre, elencando i difetti dello zio ed il perché era lecito dargli una lezione. Apollo era andato in favore di Poseidone, dicendo che bisognava farsi un'idea di quello che stava succedendo prima di scagliarsi le peggiori armi gli uni contro gli altri, cosa che aveva fatto imbestialire Atena ed Artemide.

Tanto per cambiare, gli dèi erano pronti ad iniziare una guerra tra loro.

Finnick, Peeta e Katniss erano partiti per New Orleans, con la consapevolezza derivata dalla profezia che aveva recitato l'Oracolo di Delfi, la piccola Rue, che per uno di loro quel viaggio sarebbe significato la divisione della propria anima; in cosa, però, ancora non lo sapevano.

Arrivati a destinazione, all'ultimo momento -come voleva la tradizione dei semidei greci-, dopo un viaggio piuttosto travagliato, si erano trovati davanti un ciclope, che farneticava sul fatto che, per incontrare la pace e la serenità, dovevano far soffrire gli uomini e ricordare agli dèi quanto eroi, mostri e divinità minori fossero importanti per la sopravvivenza del mondo occidentale. Era un discorso piuttosto complesso e non poteva aver avuto origine da quel ciclope, che comunque aveva frainteso molti elementi del piano. Pensava, difatti, di dover uccidere i mortali e distruggere gli dèi, facendo in modo che solo le forze della natura, quelle più antiche, e gli eroi sopravvivessero; pensava di dover distruggere gli estremi delle società -le divinità ed i mortali- per trovare l'equilibrio, seguendo le antiche idee filosofiche della Grecia. Ma era solo una pedina di una forza più grande che non voleva nè l'equilibrio, né la pace, piuttosto il potere che tenevano in mano i Tre Pezzi Grossi.

Katniss aveva piantato una freccia nel cuore del ciclope, senza battere ciglio, mentre Finnick e Peeta liberavano le ragazze dalla prigionia e dalle torture a loro inflitte.

Peeta avrebbe voluto aspettare, prima di uccidere il ciclope, per poter venire a sapere di più su quel piano delirante, per chi lavorava e cosa stava spingendo le stesse forze della natura contro gli dèi. Finnick gli aveva spettinato i capelli e detto di non farsi tanti film mentali: tutto sarebbe andato a finire bene.

Eppure gli attacchi ai mortali continuavano ed anche quegli strani sogni di Peeta, legati al fuoco, ad un castigo durato troppo tempo e a qualcuno che pensava ai mortali come ingrati.

In più, dopo quella missione, Afrodite aveva voluto ricordargli quella profezia proclamata sulla sua culla. Poi aveva riso e detto che si sarebbe divertita un sacco, guardandolo, che si era sempre divertita a guardarlo.

Peeta sospirò, mentre Peleo lasciava che delle nuvolette di fumo uscissero dalle sue narici, affumicandogli gli occhi azzurri.

"Peeta" chiamò Katniss, senza distogliere lo sguardo dal vasetto pieno di ragni "Io..."

Il biondo sorrise verso di lei, Peleo poggiò parte del suo muso sulle ginocchia del ragazzo, muovendo la coda intorno al pino. Il Vello d'Oro attaccato ad un ramo oscillò pericolosamente, ma nessuno dei due semidei se ne curò. "Mi chiedo quanti anni abbia Peleo. È qui da quando siamo arrivati, non è mai cambiato. A volte mi fa sentire piccolo come quando ho visto per la prima volta il Campo" Peeta aveva un sorriso nostalgico, mentre guardava la valle.

La figlia di Ermes sbuffò "Già che ci siamo arrivati, qui...", poi tentennò, non sapendo come continuare la conversazione. Di solito non era lei quella che doveva trovare le parole; di solito era Peeta che la trascinava in lunghe chiacchierate, nelle quali lei diceva ad occhio e croce tre frasi, ascoltando deliziata l'arte della parola tramandata da Apollo in suo figlio.

"Ce la siamo cavata bene, però" ridacchiò il ragazzo, continuando ad accarezzare Peleo.

"Certo, i gattini dovevano stare attenti con due dodicenni alla guida di una Ford" entrambi scoppiarono a ridere al ricordo di quella settimana di viaggio, la prima di un'amicizia. "Mi devi ancora spiegare come hai fatto a trovarmi" disse in un mormorio Katniss, asciugandosi una lacrima che le cadeva dall'occhio destro.

Sembrava strano, ma quando rideva con Peeta, quell'occhio lacrimava sempre. Secondo alcune leggende, quando una persona piange le si sta sciogliendo il ghiaccio intorno al cuore. Non per niente, ma in quei quattro anni aveva imparato a non dare per scontato che le leggende fossero completamente false. In effetti, Katniss si sentiva al sicuro ed al caldo solo col figlio del dio del Sole.

Peeta guardò la luna, che si rifletteva sul lago del Campo, dove il pomeriggio alcuni semidei si divertivano a gareggiare su canoe, mentre altri li guardavano dalla riva, commentando gli ultimi gossip del Campo, o come modificare le magliette arancioni, per farle sembrare più alla moda. "Anche tu mi fai sentire come la prima volta che ti ho vista"

Katniss sbuffò, poggiando accanto a lei il vasetto di ragni "Un ragazzino di dodici anni? "

Peeta rise "È qui che ti sbagli. La prima volta che ti ho vista, di anni ne avevo cinque."


🔆🔅🔆🔅


Quando Apollo aveva detto a Peeta:"Preparati, ragazzino, perché morirai giovane, visto che sei mio figlio. Ma nel poco di vita che potrai vivere sarai un figone assurdo, quasi quanto tuo padre", il biondino aveva iniziato ad urlare verso la madre che un maniaco stava cercando di portarlo via.

Apollo aveva riso davanti alla reazione del figlio e, poggiandogli una mano sulla testa, lo aveva tranquillizzato, mormorando qualcosa sulle giraffe dello zoo, davanti a loro. Peeta aveva aggrottato le sopracciglia e preso dalle mani del dio lo zucchero filato, iniziandolo a mangiare nervosamente. "Non è un bel modo per dire Buon compleanno, sai?"

"Preferisci un haiku? Piccolo bimbo/già hai dodici anni/ non ti muovere di qui, altrimenti tua madre mi ammazza"

"Tu saresti seriamente padre dei Beatles?" sbuffò Peeta mangiucchiando.

"Loro mi hanno chiesto se sono seriamente padre di Shakespeare... certo che ho solo figli ingrati." Apollo rubò un po' di zucchero filato, infilandoselo in bocca con molta non-chalance "Senti, piccolo dongiovanni, so che vuoi seguire le orme di tuo padre, uomo fantastico e tutto il resto, ma iniziare questo viaggio, iniziarlo da solo, senza neanche un satiro custode... non è esattamente saggio."

Peeta girò la testa, lanciando uno sguardo a sua madre che, distrattamente annuiva alle parole di suo figlio maggiore. I suoi due fratelli, che di simile a lui avevano soltanto i capelli biondi, sbuffavano, camminavano con dei berretti sulla testa e dandosi pugni. Rigirò la testa, scrollando le spalle. Pensò di non essere indispensabile per la sua famiglia. Riprese a guardare le giraffe con molta insistenza, lasciando che lo zucchero filato si sciogliesse nella sua bocca.

"Potresti morire" lasciò chiaro Apollo, anche lui teneva gli occhi incollati sugli animali, senza il coraggio di guardare gli occhi azzurri di Peeta.

"Se continui così, potrei pensare d'essere importante" rise amaramente il ragazzino. Il dio del Sole fulminò con lo sguardo il figlio, in un rimprovero silenzioso e dolorante, in un muto "Sono tuo padre, ovviamente sei importante" . Peeta infilò le sue mani nelle tasche della giacca. "Mi hai detto che è impossibile sfuggire alle profezie"

"È così"

"Allora, nel frattempo, dovrò essere un figone da paura, come mio padre" sorrise, sgranchiendosi la schiena "Ho fatto un sogno, tempo fa. C'era una ragazzina che piangeva. Non capivo bene il perché, era su una collina, da sola, piangendo. Avvicinandomi, mi sono reso conto che piangeva su una tomba. Probabilmente era la tomba di suo padre, o comunque di qualcuno a cui voleva molto bene. Aveva due trecce, capelli scuri, occhi grigi. Se la vedessi adesso te la protrei indicare senza il minimo dubbio. Ha iniziato a cantare una canzone molto triste, parlava di un condannato a morte, di un appuntamento a mezzanotte. Non ho capito molto bene neanche questo. Quando mi ha visto sulla collina, ha piegato la testa e mi ha chiesto Quando vieni a prendermi?" gli occhi di Apollo studiavano il ragazzino, che s'infilava in bocca l'ultimo pezzo di zucchero filato. "Ieri, l'ho sognata di nuovo. È cresciuta, nel frattempo, porta una sola treccia, adesso, e non piange. Tiene per mano una bambina bionda. Non so se è sua sorella. Quando mi ha visto, si è avvicinata a me, mi ha posato una mano sulla guancia e mi ha dato un bacio qui" Peeta indicò la parte della guancia vicino al labbro, allontanando in fretta il dito indice, che aveva poggiato su di essa, come se il bacio di quella bambina -un bacio falso?- bruciasse sulla sua pelle "Mi ha detto È ora, non trovi? Devo andare a nord. Non so esattamente dove, ma a nord."

Apollo, nelle sembianze di un diciassettenne, annuì "Devo andare a schiaffeggiare Afrodite. Ha iniziato a giocare con te troppo presto."

"Sarebbe bello, vedervi fare una rissa. Sai lottare, papà?" scoppiò a ridere il ragazzino "Io sono Peeta Mellark, figlio di Apollo, tuo figlio, non ho paura di quella stupida profezia -anche se avrei preferito non conoscerla- e ti renderò fiero, anche se Afrodite sta giocando con me"

Apollo lanciò uno sguardo veloce alla madre di Peeta, che litigava contro i suoi figli a causa di una granita caduta sulla maglietta del maggiore e sospirò, grattandosi la testa. Poi sorrise, con la dolcezza di un padre, sfilandosi lo zaino che portava in spalla e dandola al figlio. "Finirai su Efesto TV" rise "Esci dallo zoo e troverai il mio ultimo aiuto per te in questo viaggio. Se Zeus verrà a sapere che mi sono impicciato così tanto nella tua vita, mi ucciderà... pazienza." Peeta lo squadrò dal basso all'alto, con aria interrogativa "E comunque, tu sei figlio di Apollo, il dio più figo dell'Olimpo"

Si alzò un forte vento, mentre il dio salutava con la mano il figlio, scomparendo. Peeta si era girato dal lato in cui soffiava il vento, socchiudendo gli occhi, a causa della forza di questo. Si mise in spalla lo zaino arancione che gli aveva donato il padre e guardò in alto nel cielo, costatando che, in effetti, non vi era neanche una nuvola su di lui. Eppure il vento iniziò ad ululare ancora più forte, facendo volare via il cappello dalla testa del semidio.

Il biondo vide in lontananza un'arpia, volando con uno sguardo piuttosto aggressivo verso di lui.

Riuscì solo a formulare la frase "Ma che fortuna!", prima di correre verso le porte dello zoo, cercando di non inciampare sui lacci delle sue scarpe.

Si voltò solo per un attimo a guardare i suoi fratelli e sua madre. Se la mamma ed il figlio mediano non si erano neanche resi conto delle azioni di Peeta, il fratello maggiore lo guardava sorridendo, alzò il braccio destro, facendo oscillare la sua mano aperta, in un segno di saluto ampio. Prima di rigirarsi e correre con tutto il fiato che aveva in corpo, il figlio di Apollo giurò di aver sentito la sua voce dire "Fa buon viaggio! Torna a casa quando puoi!"

Fu l'ultima volta che rivide la sua famiglia.

Uscito dallo zoo, si scontrò con una Ford rossa. Sentendo qualcosa nella tasca dei suoi pantaloni, ci infilò la mano, trovando le chiavi della macchina.

"Ho solo dodici anni!" gridò al cielo, ma non aveva tempo, per continuare ad imprecare contro suo padre; l'arpia era a pochi metri da lui, con un sorriso sulle labbra.

Peeta entrò nella macchina, accese il motore e, rompendo tutti i limiti di velocità, ignorando i cartelli stradali, sfrecciò tra le strade di Atalanta, cercando di non seguire il sole.

Quando si fermò, avendo seminato l'arpia, dopo aver messo benzina alla macchina, decise di controllare cosa suo padre avesse messo nello zaino arancione da lui portato.

Sapeva che c'erano un arco e delle frecce, un paio di fogli bianchi con delle penne, dei vestiti, una manciata di dollari e stranissime monete d'oro, grandi quasi quanto un palmo della sua mano, che poi avrebbe riconosciuto come dracme. Quello che non si aspettava di trovare fu un pezzo di crostata al lampone, con sopra un bigliettino che recitava Buon compleanno Peeta.

Già, buon compleanno.


 

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Capitolo 2
*** Eroi dell'Olimpo- L'eroe perduto ***



Autore: M I K I (Su Efp), MichiGR (sul Forum)
Fandom: Hunger Games
Titolo: Sembrava veramente molto più semplice
Rating: Verde
Personaggi: Peeta Mellark, Katniss Everdeen
Genere/Avvertimenti: Avventura, Romantico
NdA: Avrei voluto far passare cinque mesi per questo. Beh, scherzo.


 

Sembrava veramente molto più semplice

E lo sarebbe stato se non ci fossero di mezzo profezie, papà divini impiccioni, satiri ubriaconi e fratellastri narcisisti



Un ringraziamento speciale a Mary-chan, che mi ha fornito la giusta dose di autostima e, come sempre, alle mie sorelline, che penso siano le mie fan numero uno (in due, sì, è spiritualmente possibile)

 

Capitolo 2


“Non stare nello stesso posto per troppo tempo. Era l'unico modo per stare lontano dalla tristezza.
~Eroi dell'Olimpo, L'Eroe Perduto




Viaggiava da cinque mesi.

Cinque mesi interi, dormendo poco o niente sui sedili della vecchia Ford rossa datagli dal padre.

Peeta aveva studiato storia antica e mitologia greca. Conosceva Pegaso, che era il cavallo alato più bello e veloce di tutta la mitologia. Sapeva che, tempo prima, Zeus aveva avuto un figlio che, sfruttando le correnti dei venti, riusciva a volare; Ade aveva avuto un figlio che poteva viaggiare attraverso le ombre e Poseidone aveva avuto un figlio capace di parlare coi cavalli e gli esseri marini. Il biondo mangiucchiava le penne, che gli aveva regalato Apollo, pensando che il suo unico talento consisteva nel maledire poveri mortali affinché potessero parlare solo in rima. Era così che aveva dovuto sorbirsi per una settimana intera suo fratello maggiore gridare "I tuoi biscotti mi devi dare, / o come sempre ti dovrò pestare!" e roba del genere, che faceva apparire gli haiku di Apollo come oro letterario.

Una maledizione del genere, comunque, non era molto utile contro nessun mostro che aveva incontrato, anche se aveva provato a colpire con quella l'Arpia. Tentar non nuoce, no?

In quei cinque mesi Peeta ebbe a che fare con tutti i tipi di mostri, dai segugi infernali a ciclopi mangia-uomini; giurava di essere finito nelle mani di alcune sirene, per qualche giorno, e che le Amazzoni avessero provato a convincerlo di rimanere con loro, però nessun mostro, nessuno, era stato così insistente come l'Arpia.

Seguiva il suo odore, era assetata del suo sangue e Peeta non capiva il perché. Aveva qualche sospetto che suo padre l'avesse fatta inalberare, per usare termini che le driadi tanto amavano.

Le driadi.

Ci aveva messo settimane a convincerle che, pur essendo figlio di Apollo, non voleva spiarle mentre facevano il bagno, o costringerle a diventare alloro -continuavano a ripetergli frasi come "Pensi che io mi chiami Dafne? Mi vedi faccia da Dafne? Perché io non sono Dafne!"-. Eppure furono proprio le driadi, col loro chiacchiericcio continuo e la loro abitudine di pizzicare le guancie del semidio, a dargli l'unico indizio che lo avrebbe portato alla ragazza dalla treccia laterale.

Peeta era stato mesi interi ad ascoltare i capricci degli dèi, ma questi sembravano più intenzionati a prenderlo in giro, piuttosto che ad aiutarlo: Ermes voleva che corresse a lasciare un messaggio ad una sua amante -dal sorriso divertito che aveva stampato in viso mentre correva sul posto, il biondo capì che stava dandogli quel compito solo per dargli fastidio-; Demetra voleva che si prendesse cura del suo orto per qualche giorno, mentre andava a prendere dalle orecchie sua figlia, dall'Oltretomba -"Non so se lo sai, ma Ade non dà molti cereali ai suoi figli. Male male. Dovrebbero essere tutti forti come te, e invece! L'ultimo suo figlio, piccolo bastardello, era piccolo e magro come il ramoscello di grano. Fossero stati figli miei!"-; Era, che era riuscita a catturare di nuovo un'amante di Zeus, come era capitato con Europa, e trasformarla in una vacca, voleva che la custodisse per una settimana intera, visto che Argo era irreperibile, per quello che diceva -Peeta era stato per una settimana a guardare la mucca, mentre quella muggiva tristemente. Già era difficile per una ragazza essere chiamata vacca, ma addirittura esserci trasformata... Peeta le carezzava il muso e quando il re degli dèi lo contattò con un messaggio Iris perché la liberasse, fu felice di scappare con lei, anche se Era gli giurò eterno odio-; Ecate, dea della magia, gli chiese di andare a raccogliere per lei il Fiore delle Anime -fiore facile da trovare; si noti il sarcasmo, prego. Peeta era quasi morto, avventurandosi nella grotta più profonda che mortale avesse mai visitato, attaccato da Spiriti di non si sa che genere, irritati dal fatto che lui fosse così "insolente da disturbarli durante il loro riposo". E questi dèi non erano stati gli unici a contattarlo.

Sembrava avessero fatto un accordo per fare in modo che il ragazzino non potesse conoscere neanche il nome della sua meta in fretta, come se volessero rallentarlo, tenendolo lontano dalla parte Nord del paese.

Poi, mentre Peeta si curava dalle ferite inflitte dalla missione per Ecate, grazie alle driadi ed alcune naiadi, che continuavano a ripetere quanto fosse "carino e dolce" quel biondino che era capitato trai loro rami, arrivò il nome del percorso che il ragazzino doveva seguire.

Alcune ninfe stavano dibattendo su quanto carino potesse essere Peeta -cosa che lo faceva arrossire non poco, scatenando un ulteriore rafforzamento delle parole di quelle-, riflettendo sul fatto che, una volta cresciuto, sarebbe stato un ottimo partito, quando una di loro disse più che convinta "Non quanto Narciso, però! Non potrà mai essere bello quanto lui". Si era quindi alzato un mormorio di approvazione, con alcuni sospiri sognanti.

Una ninfa, timidamente, disse che, per quanto bello potesse essere Narciso, a volte, ripensava a quel ragazzino messicano, simile ad un elfo, che aveva osato sfidarlo e metterlo in ridicolo. Rise, dicendo di esser parte del Team Leo.

Peeta non capì le sue parole, ma ci fu un cambio di argomento piuttosto brusco.

Se prima si parlava di cotte per celebrità, di amori platonici, l'aver parlato di quel Leo -Peeta si appuntò il nome nella testa- portò le ninfe a voler parlare di relazioni amorose più concrete e raggiungibili. Quando una di loro si girò verso il biondino, che era preso a controllare le sue bende, chiedendogli entusiasta "Avrai anche tu una cotta segreta", dando leggere gomitate sulle costole doloranti del ragazzino, Peeta non aveva dubitato a dire "Sto cercando una ragazza dagli occhi grigi. L'ho sognata quando avevo cinque anni e..."

Le ninfe fecero gli stessi versi che le ragazze del vecchio quartiere del ragazzino facevano, quando vedevano il cucciolo di un cane o di un gatto. Alcune lanciarono un gridolino, mormorando "Forse..."; sembravano piuttosto eccitate. Peeta piegò la testa di lato, con fare interrogativo.

"Johanna" mormorò una delle ninfe, con un sorriso che andava da un'orecchia all'altra. Un'altra ninfa annuì convinta, muovendo la sua veste leggera come il vento, che si mimetizzava con l'ambiente circostante.

"È il nome di...?"

"No, no" rise un'altra ninfa ancora, come se Peeta stesse per fare una domanda stupidissima. Lo sguardo del ragazzino rimbalzava da una parte all'altra del bosco, cercando gli occhi della ninfa che parlava. Stava iniziando ad essere difficile, avere tante interlocutrici "Johanna è una nostra sorella". La ninfa che parlava era seduta su una pietra, accanto al fiumiciattolo artificiale creato per il parco. "Lei è... speciale"

"Ha deciso d'imparare a lottare e vegliare su un pezzo di terra, accanto Charlotte, la città" terminò un'altra con lo sguardo disgustato.

"A noi ninfe non piace lottare"

"Ma sembra essere d'aiuto a molti semidei"

"Ci è arrivata voce che adesso ne stia costudendo una"

"È una semidea non riconosciuta..."

"Certo, Johanna può aiutare nei limiti del possibile. Le driadi non si possono allontanare troppo dal loro albero..."

"E sembra che questa ragazzina sia piuttosto problematica" la ninfa si avvicinò a Peeta, con in mano delle fasce dorate che aveva intenzione di usare per curare la gamba destra del ragazzino. "È un brutto taglio, sai?"

Il biondo alzò le spalle, cercando di togliere importanza alla ferita della gamba. Sorrise "Grazie mille per le informazioni e... per tutto", disse, indicandosi le bende e lo zaino arancione pieno di frutta.

Le ninfe saltellarono allegramente sul posto, emettendo strani versi "Ti prego, se riesci a diventare adulto, torna qua a visitarci!"

Peeta aveva promesso, con un sorriso amaro, che fece arrossire gli spiriti della natura.

Appena vide il sole sorgere ad est, il biondo salutò con la mano le ninfe, ripetendo la promessa di tornare, e s'infilò nella sua Ford rossa.

La macchina era sopravvisuta ad innumerevoli incidenti stradali, causati dal ragazzino che, dopo aver investito tronchi di molti alberi -anche per questo gli era stato difficile farsi accettare dalle driadi, in un principio-, aveva iniziato a prendere la mano -ed il piede- con l'automobile.

Peeta aveva 12 anni, 5 mesi, 2 settimane e 3 giorni, era un miracolo che fosse ancora vivo e, se la sua vita, che gli era stato preannunciato sarebbe stata piuttosto breve, sarebbe giunta al termine prima dei suoi 16 anni, dovette ammettere che si era almeno tolto lo sfizio di guidare una macchina tutta sua.

Il ragazzino, approfittando del fatto di non essere inseguito da nessun mostro, si era fermato ed aveva iniziato a curiosare nella Ford, cosa che non era riuscito a fare fino a quel momento. C'erano dei dettagli che urlavano al mondo quanto quella macchina fosse stata donata da un dio: c'erano un sacco di lettere greche, a cui Peeta non aveva fatto granché caso, riuscendole a decifrare senza problemi, dei bottoni che non sembravano avere molto senso, in quanto davano indicazioni come "Viaggio sottoterra", o "Corri dai Venti", ed infine al posto delle normali luci interne c'erano innumerevoli specchietti, che puntavano dritti verso il guidatore, quindi Peeta riusciva ad osservarsi da tutte le angolazioni. Il ragazzino alzò gli occhi al cielo.

Apollo, nessun dio può essere più innamorato di se stesso.

Scuotendo la testa, accese la macchina, sbuffando sonoramente. Tempo prima, insieme a suo fratello maggiore aveva visto un film, con un ragazzo con degli occhiali tondi e una cicatrice sulla fronte. In quel film, il suo migliore amico, un ragazzino dai capelli rossi, lo era andato a salvare da degli arresti domiciliari con una macchina volante.

Ora, quella macchina, azzurro-vecchio, era molto più brutta della sua Ford, rosso-neanche-cinque-mesi-fa-ero-nuova, ma probabilmente molto più veloce ed utile, per chi, come lui, non poteva perder tempo "Se pure questa macchina potesse volare...” si ritrovò a sospirare mentre correva al massimo della velocità su un'autostrada, girando solo all'ultimo secondo davanti ad un ostacolo e salutando con la mano tutti gli automobilisti che gli lanciavano occhiataccie e gesti non molto cordiali.

Mentre sorpassava il medesimo vecchietto, sperando che non gli venisse un infarto a vedere un dodicenne alla guida, iniziò a premere tasti a caso, cercando di accendere la radio. Non ci aveva mai provato in quei cinque mesi, perché solitamente non aveva il tempo nemmeno di dire A, prima che o un mostro, o un dio, lo inseguissero.

Non sapeva se fosse peggio essere trovato da un dio o dall'Arpia.

Si aspettava di trovare canali come Dj Musa, o, chissà, Radio Olimpo, invece si ritrovò una voce femminile, con un leggero accento tra l'irlandese e l'indiano, piuttosto buffo "Pronto? Pronto?" iniziò la voce "Oggi è il 3 Marzo, sono le 6:39 del mattino, sereno, poco nuvoloso, i venti sembrano essere andati in vacanza in Alaska, questa settimana, e le uniche presenze saranno le Aurae; la temperatura varierà dai 5 ai 12 gradi Celtius..."

"Celtius?"

"Preferisci in gradi Fahrenheit?"

"Mi hai appena risposto, vero?"

"È buona educazione rispondere ad una domanda, mi pare"

Peeta girò il volante bruscamente a destra, evitando per un pelo una driade, che lo guardava minacciosa. Ispirò profondamente, cercando di calmarsi, senza dare in escandescenze. "Mi sembra giusto" balbettò alla fine, annuendo per autoconvincersi.

"Sono Portia, ti accompagnerò per tutti i viaggi in cui mi vorrai" squittì felicemente la voce della radio.

"Sono Peeta, il figlio di..." iniziò Peeta, cercando di tenere gli occhi sulla strada. Uno scoiattolo corse in mezzo alla strada, rincorrendo una piccola ghianda. Di nuovo il ragazzino girò il volante, evitando l'animaletto che, terrorizzato, corse immediatamente lontano dalla strada.

"Per favore!" tagliò corto Portia "So esattamente chi sei. Ho giurato sul fiume Stige che ti avrei protetto. Altrimenti che ci farebbe una Aura dentro una macchina?"

Peeta alzò le spalle. "Non ne so molto in proposito. Pensavo le Aurae fossero brezze leggere. Nessuno può intrappolare una brezza!"

La risata di Portia si propagò per tutta l'auto "Non sono qua perché sono intrappolata, mio caro. Sono qui per aiutarti. Io sono l'ultimo aiuto di tuo padre"

"Ma tu non sei la macchina" chiarì Peeta.

Portia rise di nuovo "Noi due possiamo comunicare attraverso la macchina" nel sedile del co-pilota si materializzò una donna abbastanza giovane, con la pelle scura, dei capelli azzurri come il cielo e degli occhi castani "Attraverso la radio posso raggiungerti ovunque"

"Ecco, così va meglio. Preferisco parlare con una persona, piuttosto che con una voce" borbottò il ragazzino, tamburellando un dito sul volante. Si tenne per sé il dubbio del perché una Aura fosse di colore. Probabilmente neanche gli Antichi Greci erano razzisti e non faceva differenza se le forze della natura fossero bianche o di colore. Quello che importava era che, in quel momento, Portia, gli sembrò qualcosa di molto simile ad una vecchia amica, il che non guastava.

"Devi imparare ad usarla meglio questa macchina" sbuffò la donna.

"Ho dodici anni" lasciò chiaro Peeta.

"Tuo padre alla tua età guidava il carro del Sole" ribattè Portia, studiandosi le unghie delle mani. "Ed il carro volava"

"Questa roba non vola" borbottò Peeta, poi, vedendo con la coda dell'occhio il sorriso di Portia, si morse il labbro inferiore "Questa roba vola" sospirò "giusto?"

"Con un piccolo aiutino..." sorrise Portia, diventando della stessa sostanza dell'aria. La sua voce iniziò a propagarsi, di nuovo, dalla radio "Ricercare Johanna Mason, giusto? Driade, intorno a Charlotte, velocità media 354 chilometri orari... Trovata. Arrivo a destinazione in dieci minuti. Promemoria: Cercare dei vestiti decenti al povero Peeta; Apollo non ha mai avuto gusto. Più brillantini e meno rosso."

Il ragazzino rabbrividì, mentre le ruote della macchina si staccavano da terra "No! Brillantini no!" fu l'unica frase che riuscì a scandire, chiudendo gli occhi e lasciando che Portia lo guidasse.


💬💭🌳


Katniss roteò gli occhi, guardando Johanna frugare nella credenza ed afferrare pacchetti di biscotti, patatine e miele, infilandoli nello zaino verde. Portò il dito indice davanti alle labbra, invitandola a prendere le provviste in maniera più silenziosa, a meno che non volesse che sua madre e sua sorella si svegliassero.

Johanna aveva alzato le spalle, con fare indifferente, continuando ad infilarsi cibo nelle tasche dei pantaloni e del giacchetto. Poi aveva fatto segno a Katniss di muoversi, fuori dalla casa.

La ragazzina si morse le labbra, cercando di ricacciare negli occhi le lacrime di tristezza "Siamo sicuri che Prim non possa venire con noi, eh?"

La driade sospirò frustrata, pestando un piede a terra "Qui l'unica semidea sei tu". Iniziò a muovere le mani freneticamente, segnalando la porta, finché Katniss, con una smorfia mal celata, seguì le sue indicazioni ed uscì da casa sua.

L'unica casa che l'avesse mai vista nascere. L'unica casa che l'avesse mai vista crescere. L'unica casa che l'avrebbe mai vista felice. Chiuso il portone, si sentì orfana e sola, nello stesso modo in cui si era sentita quando aveva scoperto di non essere figlia del padre di Prim; si sentì persa, come se non appartenesse a nessun posto in particolare. Prima apparteneva a sua sorella. Adesso, per sua sorella, doveva abbandonare la sua appartenenza, per fare in modo che nessun mostro la attaccasse. Doveva allontanarsi da lei per il suo bene, il che le faceva male. Molto male.

Probabilmente, se non fosse stato per Johanna, sarebbe rimasta per le vie di Charlotte, custodendo sua sorella e, in questo modo, mettendola ulteriormente in pericolo, vittima di mostri che lei non avrebbe neppure potuto vedere. Si sarebbe crogiolata nel dolore, come una ragazzina piagnucolona, con la consapevolezza di dover star lontana da casa, senza però il coraggio di abbandonare sua sorella.

Invece la driade le gettò lo zaino, perché lo acchiappasse, ed iniziò a studiare il quartiere della semidea.

Johanna sembrava fiutare l'aria, come un cane.

Katniss aveva capito che era una tipa speciale anche tra le ninfe; le sue sorelle driadi la guardavano con diffidenza, gli spiriti del vento la deridevano, passando. Alla semidea tutto ciò non importava. Johanna aveva salvato sua sorella e questo le dava la sua fiducia completa. Era in debito con lei ed avrebbe fatto di tutto per ripagarla. Anche se, in quel momento, si stava indebitando ancora di più con lei.

La driade prese un pacchetto di patatine dalla tasca, aprendolo ed iniziando a mangiucchiarne una manciata "Dobbiamo andare di là" disse con decisione "Troveremo un satiro custode e ti lascerò a lui. Con te in giro non si vive più, con tutti quei mostri" continuò a borbottare, avanzando verso sud.

Katniss era nuova a tutta quella storia di dèi dell'Olimpo, eroi, satiri, centauri e ninfe. A dirla tutta, sembrava una cosa piuttosto forte... per dei nerd psicopatici. Madge Undersee, lei, sarebbe stata contentissima di essere la figlia di qualche dio dimenticato, avrebbe infilato una fragola nel cioccolato sciolto ed avrebbe detto "Figlia di Demetra. So far crescere le fragole con un solo gesto del dito, tu cosa sapresti fare?" schioccando le dita, come facevano quelle donne steriotipate di colore. Sarebbe stata felice, una bulletta rompiscatole e felice.

Quello che voleva Katniss era starsene a casa sua, con sua sorella. Portarla a mangiare da McDonald's, scegliere per lei un fiocco da intrecciare trai suoi bei capelli biondi e gridare contro sua madre di essere una vera mamma, piuttosto che rimanere a guardare la finestra, internata nel suo mondo di fantasia.

Adesso che conosceva i suoi natali, Katniss si chiese se quel mondo di cui le parlava sua madre non fosse solo il rifugio dal suo lavoro soffocante, che la portava via dalle sue figlie per la metà del tempo, ma la realtà. Forse, quando era piccola e sua madre le diceva di nascondersi sotto il letto perchè delle donne-serpente erano venute a prenderla, non era un gioco, ma la pura verità, filtrata dalla Foschia nella sua mente.

Johanna continuava a sgranocchiare patatine, parlando di una Collina Mezzosangue a cui doveva arrivare. Diceva che erano giorni che cercava di contattare un centauro perché le mandasse un satiro, attraverso un arcobaleno, ma non riceveva risposta. Era piuttosto preoccupata, però, perché quella mattina, mentre andava a prenderla a casa sua, aveva avvistato un cigno. Un cigno a Charlotte! Era ovviamente un messaggio da parte di Apollo. "Sia chiaro: già una ragazzina da portarmi dietro è tanto, non me ne accollo un altro" la driade mosse l'indice da destra a sinistra, scuotendo la testa "Un figlio di Apolloon, poi! Ne ho già accompagnato uno fino al mio limite massimo! Sono così..."

"Apollo" disse Katniss, riponendo il pugnale, che aveva trovato quella mattina sul suo comodino, ai lati dei suoi pantaloni. Johanna si girò verso di lei, alzando un sopracciglio "Hai detto Apolloon. È Apollo, no?"

La ninfa ringhiò, girandosi di nuovo e continuando a camminare "Romani" disse semplicemente. Katniss pensò che da quella semplice parola doveva dedurre il perché del modo strano in cui lei pronunciava il nome del dio "A noi ninfe Apolloon piace” continuò Johanna “Facciamo finta di no, ma la verità è che lo adoriamo. Tutte le mie sorelle morirebbero per lui e perché dedicasse loro un poemetto, o un haiku... sono quelli che gli piacciono, ultimamente, no?"

Katniss annuì, registrando le informazioni che derivavano dalla ninfa "Cosa sono i figli di Apollo? "

Johanna si grattò la guancia, indicandole un parchetto davanti a loro "Sono..." ancora non aveva abbassato l'indice, quando entrambe videro una macchina rossa volare sugli alberi, cadendo in picchiata nel mezzo del boschetto. La driade sospirò più che irritata. Un cigno prese a volare verso nord. "Sono problematici" terminò la frase, facendo cenno alla ragazzina di seguirla, verso il luogo dell'incidente.



🌳🔆💬💭



"Portia?" chiese Peeta, massaggiandosi la testa.

"Sei arrivato a destinazione!" squittì la voce della donna dalla radio.

"Mi hai quasi ucciso!" borbottò il ragazzino, poggiando la schiena sul sedile, chiudendo gli occhi, stanco.

"Se guardi a destra, ci sarà la persona che cerchi. Chiamami quando hai di nuovo bisogno di me, frequenza 333.90."

"Mi hai quasi ucciso" ripeté il biondo.

Portia si materializzò accanto a lui e gli scompigliò i capelli con una carezza dolce "Ma sei ancora vivo", ridacchiò, prima di scomparire di nuovo "Devo cercarti vestiti nuovi!"

Peeta si slacciò la cintura di sicurezza, ed aprì le portiere, costatando d'essere caduto esattamente in mezzo ad un parchetto. La Ford, nonostante fosse caduta da molti metri d'altezza, non sembrava essere danneggiata, anzi, se possibile, sembrava essere diventata nuova, cosa impossibile, ovviamente, ma, essendo stata costruita da un dio, il ragazzino non si fece troppi problemi. Il fatto della benzina doveva ancora chiederla, però. Era impossibile che sull'Olimpo gli dèi se ne andassero alla ricerca di un benzinaio, o no?

Prese lo zaino dai sedili posteriori, pronto per una ricognizione del campo.

Secondo Portia la persona che stava cercando era alla sua destra. Alla sua destra non c'era altro che betulle. Scrollò le spalle. Anche se quell'Aura sembrava seriamente intenzionata ad aiutarlo nella sua ricerca della driade Johanna, era di fatto un po' stramba. Anche un po' svampita, visto che a causa sua aveva rischiato di morire.

Peeta si stirò la schiena, pigramente.

"Senti, adesso, quelli lì potrebbero essere i tipi più affascinanti del mondo, davvero," sentì dire da una voce squillante, poco lontano dagli alberi "tutte le mortali gli muoiono dietro, quando cantano, o dipingono, o fanno quella roba con le mani... sono veramente odiosi. Tutti uguali. Arroganti, palloni gonfiati" Peeta si piegò a sinistra, cercando la persona proprietaria della voce "Come si chiamava quello che ho aiutato? Adesso quanti anni avrà? Diciassette? Trenta? Mi avesse mai mandato un messaggio Iris!"

"Messaggio Iris?" chiese la ragazzina dietro di lei, attenta a dove metteva i piedi, facendo in modo che i suoi passi fosse inudibili.

Peeta si porse in avanti, cercando di guardare meglio la figura della seconda ragazza. Non appena vide gli occhi grigi di Katniss, alzò le mani, in segno di resa, con un sorriso rassicurante sulle labbra. Era ovviamente e volutamente inoffensivo, mentre avanzava verso la ragazzina, intenzionato almeno a presentarsi.

Katniss non riuscì a pensare, però, in balia della sua iperattività, pensando di essere in pericolo, lo prese per il braccio, piegandoglielo all'indietro e facendo che sbattesse la testa sul tronco dell'albero. Lo fece cadere a terra, privo di sensi. Doveva essere molto stanco, in effetti.

Johanna lo studiò con fare diffidente e, muovendo un bastone in aria, disse "Ed ecco a voi un figlio del grande dio del Sole".

Katniss si accovacciò accanto al biondo. "Mi aspettavo di meglio" borbottò, nascondendo i sensi di colpa per aver colpito una persona senza ragione.

Johanna sospirò "Spero il vostro satiro custode arrivi presto"

 

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Capitolo 3
*** Harry Potter e il Principe Mezzosangue ***




Autore: M I K I (Su Efp), MichiGR (sul Forum)
Fandom: Hunger Games
Titolo: Sembrava veramente molto più semplice
Rating: Verde
Personaggi: Peeta Mellark, Katniss Everdeen
Genere/Avvertimenti: Avventura, Romantico
NdA: Non so quante persone che stanno seguendo la storia abbiano mai mai letto Percy Jackson, ma, scrivendo questo capitolo, non ho potuto far a meno di lasciare un piccolo tributo a Il Mare dei Mostri, il secondo libro della prima serie.

Questo capitolo come gli altri è piuttosto lungo e spero che nessuno ne abbia per questo…

Se la vogliamo mettere in maniera sentimentale, questo è il principio che segna la fine, perché Katniss e Peeta s'incontrano per davvero, perché sono semidei ed incontrarsi non è mai un semplice caso e perché hanno un passato (non collegato al loro universo originale, ossia Hunger Games, devo precisarlo) collegato.

E poi compare Finnick. Non ho ancora incontrato nessuno che non ami Finnick.



 

Sembrava veramente molto più semplice

E lo sarebbe stato se non ci fossero di mezzo profezie, papà divini impiccioni, satiri ubriaconi e fratellastri narcisisti



Un ringraziamento speciale a Mary-chan, che mi ha fornito la giusta dose di autostima e, come sempre, alle mie sorelline, che penso siano le mie fan numero uno (in due, sì, è spiritualmente possibile)

 

Capitolo 3


"È l'ignoto che temiamo, quando guardiamo la morte e il buio, nient'altro"
~Harry Potter e il Principe Mezzosangue




I sogni dei semidei non sono mai solo sogni.

Peeta lo aveva capito da mesi, essendo sempre riuscito, grazie a questi, a scappare da eventuali attacchi di mostri, guidato da un serpente che gli diceva da che parte andare, una volta sveglio.

Tutti i sogni di Peeta, comunque, trattavano del presente, qualche volta del futuro, mai del passato, o comunque, mai di un passato così remoto.

Peeta appoggiò la sua mano sul tronco di un albero di olivo, guardando, verso il basso, un ragazzo seduto a gambe incrociate, mentre giocherellava allegramente con qualcosa in mano. Il ragazzino allungò il collo, cercando di identificare il materiale che il ragazzo stava intrecciando con così tanto zelo. Si dovette portare la mano alla bocca e trattenere una conato di vomito, vedendo una pecora sbudellata a terra ed il ragazzo giocare con le interiora.

Fece due passi indietro, osservando gli occhi del ragazzo. Sembrava addirittura divertito.

Peeta inclinò la testa, assottigliando lo sguardo. Quegli occhi, quel sorriso, quell'espressione furba... "Ermes" borbottò, aggrottando le sopracciglia. Il dio lo guardò per un millisecondo, gli fece un veloce occhiolino, per poi continuare ad intrecciare le budella di pecora.

"TU!" si sentì un urlo dalla parte bassa della collina "Ladro, piccolo stupido ragazzino, serpe velenosa, che ti maledica Zeus!"

Ermes rise, infilandosi i sandali alati ai piedi e prendendo a volare in circolo, intorno all'olivo "Il mio fratellino" cantilenò con un sorriso scherzoso.

"Il mio fratellino i miei sandali!" gridò un ragazzo dai capelli biondi, alzando il pugno verso Ermes "Cosa hai fatto alle mie pecore, eh? Ragazzino! Se hai il coraggio, scendi e combatti da uomo"

"Da dio, vorrai dire" ridacchiò il dio dei ladri, iniziando a volare intorno al ragazzo. Questo allungò il braccio, lo prese dalla veste bianca e lo attirò a lui, ringhiandogli contro "Ehi, ehi, ehi" alzò le mani Ermes, ridendo "non c'è motivo di essere così nervosi"

"Le mie pecore" ringhiò di nuovo l'altro ragazzo. Ermes alzò le spalle, ridacchiando. "Penso tu sappia che non solo mia sorella sa usare l'arco"

"Dai, Apo-Apo, non ti arrabbiare così! "

"Apo-Apo?" gridò il ragazzo ancora più irritato. Sembrava essere pronto a tirargli un pugno in faccia, tagliarlo a pezzettini per poi gettarlo nel Tartaro. Peeta continuò ad osservare mentre suo padre ed Ermes litigavano, tenendo la mano sulla bocca, dimentico delle budella in mano al dio dei mercanti.

Ermes annuì, senza smettere di sorridere "Io ti volevo solo fare un regalo", mormorò liberandosi dalla stretta di Apollo ed iniziando a volare a zig-zag verso l'alto. Prese le budella che aveva in mano, continuandole ad intrecciare, poi, con fare indifferente, passò le sue dita tra quelle. Al tocco poco delicato del dio, le budella iniziarono a perdere il loro aspetto di interiora di pecora, per diventare un delicato strumento a corda. Ermes sbuffò, ripassando le dita tra lo strumento. "Non suona. Non suona!" scosse la testa con falsa indignazione, poi guardò gli occhi azzurri ed incuriositi di Apollo. "Forse perché io non sono il dio della musica... se ci provassi tu..."

Il dio del sole alzò le braccia, pronto a ricevere lo strumento, quasi il richiamo di quello fosse più forte di qualsiasi canto di qualsiasi sirena, ed Ermes sorrise vittorioso, abbassandosi fino a lui e lasciandogli tra le mani quella che Peeta riconobbe come un prototipo di una lira.

Apollo passò le sue dita tra le corde dello strumento e questo cambiò ulteriormente, divenendo più raffinato. Nell'aria si espanse il suono dolce della lira ed il dio ne fu estasiato "È fantastica!" esclamò.

"Non sarai ancora arrabbiato con me, eh?" sbatté le palpebre Ermes, girando su se stesso in aria.

Apollo scacciò le sue parole con un gesto seccato della mano, poi girò su se stesso ed iniziò a pizzicare le corde "Sai quante ninfe cadranno ai miei piedi, con questa?"

Peeta riuscì ad ascoltare un "Nessuna" borbottato trai denti del dio dei ladri, che poi alzò le spalle. "Ah" sembrò ricordare, mentre il fratello saltellava per i boschi a mo' di danza "forse ho rotto il tuo carro! Dovresti portarlo da Efesto! Mi tengo le pecore, eh!”

Apollo annuì distratto, troppo preso a scoprire i suoni del suo nuovo strumento; sarebbe diventato il suo preferito, quello che avrebbe amato di più.

"Tuo padre è sempre stato un sempliciotto," mormorò la voce di Ermes di fianco a Peeta "sono sicuro che tu ancora non sai perché hai visto questo", il biondo lo guardò negli occhi, alzando la testa.

Tutto si annebbiò e divenne buio.

"Proprio lui?" chiedeva una voce preoccupata "Potrei andarli a prendere io! Sarebbero più al sicuro..."

"Così vogliono gli dèi" chiarì un'altra voce "Lo sanno tutti che arrivare al Campo Mezzosangue è una prova, se non superi questa..."

"Tu stesso sei stato aiutato, però! " gridò un'altra voce ancora. "Mandare lui, è mandarli a morte certa."

Ci fu un lungo silenzio, prima che un'ultima voce parlasse "Abbiamo altra scelta?" chiese tristemente. Nessuno rispose. Discutere di una decisione già presa era inutile.

Peeta aprì gli occhi di scatto, trovandosi a combattere contro la luce abbaiante del sole. Si alzò a sedere e vide la ragazza dagli occhi grigi accovacciata accanto a lui, rovistando nel suo zaino. "Buongiorno Bello Addormentato" lo salutò, senza degnarlo di uno sguardo "Abbiamo ricevuto ordine di non muoverci di qui, finché Johanna non torna"

Peeta annuì distratto. Katniss aveva smesso di frugare nello zaino ed in quel momento lo osservava attentamente.

"È successo qualcosa?" chiese il ragazzino.

Lei alzò le spalle. "Niente di che"

Peeta sorrise, appoggiando la guancia su un suo pugno "Allora" cominciò anche troppo allegramente "com'è che ti chiami?"


🌳💭🌓🌗

Mentre Peeta dormiva serenamente, Katniss e Johanna avevano fatto un po' di tutto: raccolto frutta, preso la legna e cercato un luogo sicuro dove accamparsi, o una grotta dove nascondersi in caso di pioggia.

Johanna aveva allungato la mano verso Katniss, come se fosse in attesa di qualcosa e la semidea la guardò con aria dubbiosa "Il tuo cellulare, so che ne hai uno"

La ragazzina aveva frugato nelle tasche, incontrando il suo cellulare nuovo, compratole dalla mamma per il compleanno, e lo lasciò nelle mani della driade. Questa studiò l'oggetto che aveva nella mano, lo fece rimbalzare e poi lo lanciò in un fiumiciattolo.

Katniss la spinse "Ma cos'hai in testa?"

Johanna, ai tempi più alta di lei, con un solo colpo alle ginocchia la fece cadere a terra e poggiò il suo piede sul petto di Katniss, spingendola verso il basso. Si piegò verso di lei, con un'aria anche troppo tranquilla "Perché, piccola coglioncella, avere un cellulare equivale a richiamare tutti i mostri della città. Oh, ciao, sono Katniss Everdeen, sono un eroe, sì, volete venirmi ad uccidere?" la driade sputò per terra, spingendo la ragazzina ancora più in basso, prima di toglierle il piede di dosso "Ragazzini! Non muovetevi finché non torno!" sbuffò, avvicinandosi al torrente d'acqua e scomparendo dalla vista di Katniss.

La ragazzina si mosse da terra, sbuffando e maledicendo trai denti la ninfa.

Per carità, sapeva perfettamente che Johanna stava solo cercando di salvarle la vita, ma odiava essere trattata come una ragazzina inutile ed indifesa. Odiava soprattutto il fatto che ci si sentisse, in effetti, inutile ed indifesa.

Non era mai successo, prima.

Questa sensazione di ineguatezza era poi aumentata dopo aver incontrato Peeta.

Teoricamente ancora non sapeva il nome del ragazzino, quel figlio di Apollo che Johanna aveva già definito come problematico e potenzialmente mortale, eppure, quando lo aveva osservato, sdraiato a terra che farneticava qualcosa su una donna di nome Portia -doveva aver cercato di ucciderlo, quella tale, perché sembrava piuttosto spaventato, ripetendone il nome-, le sembrò di conoscerlo da una vita, o forse più.

Il viso di Peeta le era familiare e sentiva di riuscire a ricordare il nome, anche se non riusciva a pescarlo dalla sua mente e dirlo ad alta voce.

Katniss guardò il biondo, che dormiva con la bocca aperta ed un'espressione piuttosto schifata. Normalmente la ragazzina non era tipa da intenerirsi facilmente, ma l'espressione del biondo era così dolce da farla sorridere. Di nuovo, quel sorriso che le era fiorito tra le labbra le sembrava familiare e perfettamente legato a Peeta, che inconsapevole dei pensieri di lei si rigirava sotto un albero. Doveva avere dei sogni piuttosto agitati.

La ragazzina si grattò la testa, prendendo a togliersi la terra di dosso e a sistemare i legnetti secchi, raccolti poche ore prima, accanto a lei.

Anche così, anche se il sonno di Peeta era tormentato, Katniss non poté non sentirsi invidiosa della capacità del ragazzino di dormire e potersi riposare. Lei non dormiva da settimane. I suoi sogni erano tormentati da frammenti di una vita passata, o almeno così pensava Johanna.

Si vedeva morire, in Texas, con un arco in spalla e tenendo la mano di qualcuno. Oppure, si vedeva prepararsi per una guerra, accarezzando una collana piena di perline di terracotta colorate ed abbassare un elmo metallico sui suoi occhi, mentre si ripeteva Per mio padre, o Per i miei compagni. Erano frammenti di vita senza alcun collegamento tra loro, a volte si vedeva correre in una prateria, a volte nascosta dietro una roccia, con lo sguardo rivolto ad una spada nera e le parole che le uscivano di bocca, come una melodia “Pagherò qualsiasi prezzo per lui”, “Qualsiasi prezzo per lei” rispondeva poi una voce maschile al suo fianco. E lei si svegliava, spaventata, cercando di acchiappare le immagini che aveva appena visto, le voci che aveva appena sentito, come se fosse qualcosa di molto prezioso per lei.

Seriamente, questa faccenda di semidei ed eroi, tutto le sembrava fuorché divertente e forte.

“Perché non lo è” rispose qualcuno ai suoi pensieri.

La ragazzina trasalì, voltandosi verso la voce di una vecchia signora che carezzava le guance rosse di Peeta ancora addormentato.

“Preside Coin” ringhiò portandosi la mano sulla tasca accanto al fianco, in cui, poche ore prima, aveva nascosto il suo pugnale.

La donna sorrise verso di lei, senza togliere la sua mano sulla fronte dell'eroe addormentato. “Preside Coin, eh?” rise con le labbra strette, poi scosse la testa e lasciò svanire le sue parole nel vento. “Puoi chiamarmi Nemesi, ragazzina”

“Che?” Katniss in quel momento teneva il pugnale in mano, pronta ad attaccare e lanciarsi contro la dea.

Non aveva mai studiato mitologia greca, né mai le era interessato, a dirla tutta, per questo non colse al volo il collegamento tra la donna che vedeva davanti -la Preside Coin, la peggiore donna che lei avesse mai conosciuto. Non solo era stata lei, con la sua dolcezza ad espellerla dalla sua terza scuola consecutiva, ma era lei ad affibbiarle le punizioni più umilianti e dolorose. Francamente a Katniss non interessava nulla di punizioni ed espulsioni, ma quando la Preside Coin aveva messo mano su Primrose, la sua sorellina, facendo sentire la piccolina una nullità solo perché era sua sorella, andò a protestare contro di lei, gridando che Prim era una studentessa più che meritevole di lodi, non di punizioni. La Preside Coin la denunciò per aggressione. Katniss dovette stare per un anno intero lontana dalla sua famiglia, in una scuola per teppistelli, il che sarebbe stato divertente, se solo non avesse avuto tutti i giorni risse su risse a causa del suo carattere - ed il nome da lei pronunciato.

La dea sorrise, pizzicando leggermente le guance di Peeta. “Sono Nemesi, la dea della Vendetta. O meglio, dell'Equilibrio.”

“Si allontani da lui.” ringhiò Katniss, mordendosi le labbra.

"Perché riscaldarsi tanto? Non voglio far niente al tuo Peeta, tranquilla" la dea spostò una ciocca di capelli dalla fronte del ragazzino "siete sempre stati i miei preferiti, voi due. Sempre lì, a testa alta a pagare le proprie fortune senza lamentarsi. Perché voi, tutte le volte che m'incontravate, sapevate che cosa dovevate pagare. Una grossa fortuna, la vostra."

"Io non la conosco" sibilò la ragazzina "E non penso di avere questa grande fortuna" aggiunse in un fil di voce.

La dea rise, alzandosi da accanto al semidio. Aveva una foglia in mano e la rigirava su se stessa distrattamente. "Ancora troppo giovane. Troppo ignorante. Troppo sola" la donna lasciò che la foglia che aveva in mano cadesse a terra, galleggiando lentamente per aria. Una volta che la foglia toccò un filo d'erba, naque dal terriccio una bilancia a due piatti fatta di legno, leggermente pendente verso destra "Ed anche troppo fortunata, a detta mia. Voglio darti un consiglio. O meglio, un avvertimento. Inganna il tuo satiro custode, portalo verso Washington; lì troverai un bivio. Dovrai prendere una strada, ragazzina" la dea girò la testa verso il biondo, ancora addormentato "Quando lo farai, ricorda questo. La tua fortuna è grande, grandissima, e, secondo me, pagherai troppo poco per questa. Ma lui... direi che quella che lui chiama fortuna in realtà sia la sua sventura più grande. Se tu vorrai, nessuno dei due dovrà pagare nulla. Niente sofferenze, niente lacrime. Avrai il potere di potervi salvare"

"Parli di lui come se fossimo collegati"

Nemesi prese la piccola bilancia sul palmo di una mano e la lanciò alla ragazzina che l'afferrò al volo, per poi infilarsela rabbiosamente in tasca "Tutti noi siamo collegati Katniss Everdeen. Alcuni più di altri. Fortuna, sfortuna, giusto, sbagliato. Equilibrio. Tutti ne hanno bisogno"

"Perché mi dice tutto questo?"

La dea scrollò le spalle, facendo un lieve movimento con la testa "Voi avete scelto una grande fortuna. Capisci che non tutti possono scegliere la loro sorte e questo vi rende dei privilegiati. Per questo tutta la vostra sventura non può ripagare da sola un bel niente. Ci vuole la consapevolezza. Ah, la consapevolezza! Solitamente non lasciamo che gli eroi sappiano troppo del loro futuro: alcuni potrebbero impazzire, alcuni potrebbero decidere di togliersi la vita... ma ti ho già detto che voi siete speciali. Lui è dovuto crescere convivendo con un futuro oscuro, tu lo vieni a sapere oggi. Come vivrai d'ora in poi Katniss Everdeen, sapendo di essere la maggior disgrazia della persona che amasti, ami ed amerai di più al mondo? Come reagirai, sapendo di essere la portatrice di morte di chi ami, l'unica che sopravviverà?" Nemesi stava ridendo; si doveva star divertendo molto in quel momento. Katniss si morse le labbra e tenne il suo sguardo alto "Oh, sì, è di questo che parlavo. Affrontare il proprio equilibrio."

"Cosa avremmo scelto?"

"Lo saprai" la dea prese a camminare in mezzo agli alberi, alzò la mano aperta in segno di saluto "Va da sé che questa chiacchierata rimane tra me e te", poi scomparve tra il verde, lasciando Katniss sola, con un pugnale in mano ed un ragazzino addormentato poco lontano.

"Peeta" sussurrò la ragazza. Poi scosse la testa, cercando di riprendersi da confabulazioni che avrebbero potuto farla diventare pazza. Decise di non pensare alle parole della dea, alla morte, all'equilibrio. Si dovette pizzicare le mani due volte, per riuscire nel suo intento di distrarsi.

Vide lo zainetto arancione di Peeta e si chiese cosa ci fosse dentro.

Non ci pensò due volte, mentre diceva al ragazzo appena risvegliato che Johanna si era allontanata, a prendere alcune di quelle strane monete grandi quanto un biscotto ed infilarsele in tasca.

Peeta non se ne accorse, e, se lo fece, non disse niente.

Era un po' ingenuo, poverino.


🌳🔆❤️💭


Se aveste preso una persona a caso di New York ed aveste "Chi è il ragazzo più figo al mondo?”, avrebbe risposto sicuramente “Finnick Odair”

No.

Non dite niente. Lui era convinto che quest'affermazione fosse reale al cento per cento, senza margine d'errore.

Finnick Odair, figlio di Apollo, quindici anni, quasi fidanzato ma ancora abbastanza libero da poter flirtare con tutte le ragazze che incontrava, era il degno figlio di suo padre, simile a lui in fisico ed anche nel carattere, proprietà che, sanno tutti, ti rende il capro espiatorio di tuo padre, che rivede se stesso in te e si arrabbia con te perché in realtà è arrabbiato con se stesso. Pensa poi se è un padre divino! Tutto diventa anche più divinamente complicato.

Finnick Odair, in più, non solo era un semidio, ma era anche capo della Capanna Sette, il che voleva dire che aveva sotto la sua diretta responsabilità una dozzina di marmocchi che tiravano frecce contro chiunque, ferendo orecchie e piedi sinistri e facendo finta di essere Apollo quando mandò la peste contro gli Achei, durante la Guerra di Troia.

Questo non gli lasciava molto tempo per corteggiare la sua amata Annie, figlia di Ecate, nonché addetta alla cura di Peleo, il drago.

La storia d'amore tra un figlio di Apollo, dio della razionalità, ed una figlia di Ecate, dea dell'irrazionalità, aveva risvegliato nelle ninfe e nelle figlie di Afrodite un amore incondizionato per la coppia, che dimostrava quanto gli opposti possano essere complementari.

Anche se, è da ammettere, stare con Annie era una delle poche cose che il semidio faceva senza che gli interessasse dell'opinione altrui.

Finnick era sicuro che qualsiasi coppia, con lui, sarebbe stata fantastica, ma con Annie -ossia Finnick con Annie- la coppia sarebbe stata fenomenale.

Voleva scrivere una canzone sul loro possibile amore, per poi cantare sotto la Capanna di Ecate, ma in quel momento purtroppo non aveva molto tempo libero.

E se si è evidenziato il purtroppo è perché lui ci teneva particolarmente a terminare il suo poema, piuttosto che andare a fare quel che avrebbe dovuto fare.

"Ma proprio per forza?"

Johanna incrociò le braccia dall'altra parte dell'arcobaleno attraverso il quale stavano comunicando "Vuoi che un tuo fratellastro muoia?"

Il ragazzo stava per annuire, ma lo sguardo truce della driade lo fece desistere "Scherzavo" alzò le mani in segno di resa "Ma spero che tu non abbia in testa che io esca dal Campo"

"Perché? Lì non fate solo zompettamenti e finte battaglie?" punzecchiò lei, alzando un sopracciglio.

"Ci sono delle regole. Ed una di queste è non poter uscire dal Campo senza autorizzazione. E, per ottenere un'autorizzazione, dovrei inventarmi una qualche impresa delirante e..."

"E...?"

"E io non posso permettermi stupidaggini. Mi spiace"

Johanna sospirò, alzando gli occhi al cielo. Fece un gesto esasperato con le mani e riportò il suo sguardo aldilà dell' arcobaleno "Allora mettiti ai confini del Campo e controlla il loro arrivo. Quei due... penso che lui sia il figlio di Apollo. Sai la profezia?"

Finnick si mordicchiò il labbro inferiore, abbassando lo sguardo. Annuì distrattamente, preso da altri pensieri. Pensieri oscuri, che non piacevano neanche a lui.

Quando alzò la testa, Johanna era ancora lì, guardandolo con occhi penetranti, in attesa che dicesse qualcosa.

Questo ricordò a Finnick un avvenimento di quattro anni prima, quando aveva salutato la driade, in un angolo buio di quel piccolo paesino di campagna, e lei aveva la stessa espressione che mostrava in quel momento. L'espressione Non Ti Mettere A Piangere Non So Come Reagirei.

L'eroe s'illuminò in un sorrisetto provocatorio "Alla fine sei stata tu a chiamare" gongolò soddisfatto, cambiando improvvisamente argomento.

"Come?"

"Quando mi hai accompagnato, ti ricordi? Io ti ho detto che nessuno poteva resistere alla mia bellezza e che saresti stata tu a cercarmi, prima o poi. Tu invece mi avevi detto che sarei stato io a cercarti, per chiedere aiuto. Dicevi che senza di te sarei morto nel giro di pochi giorni" Finnick rise, mostrando i suoi denti bianchi "Invece sei stata tu a chiamare per prima"

Johanna sbuffò, scuotendo velocemente la testa "Sei così irritante!" sbottò poi "Pensa ad aiutare tuo fratello, piuttosto"

L'immagine della driade iniziò lentamente a svanire. Finnick ebbe però il tempo di gridare "Vogliamo scommettere di nuovo, Jo? Chi chiamerà per primo?" e vedere il ringhio di Johanna, prima che davanti a lui ci fossero solo gocce d'acqua.

Il ragazzo girò su se stesso, con un sorriso ebete sulle labbra. Aveva ancora l'arco in mano e le freccie gli erano cadute a terra, quando Johanna gli gridava contro, spaventandolo a morte. Ma in quel momento aveva altro a cui pensare. Ad esempio la lezione di tiro con l'arco per i monelli appena arrivati.

"Allora?" chiese allegramente, prendendo da terra le freccie "Dove eravamo rimasti?"

I suoi fratellastri lo fissavano a bocca aperta e la testa inclinata. Tra di loro qualche figlio d'Afrodite ridacchiò, ma fu una ninfa a rompere il silenzio, dicendo ad una figlia di Afrodite "Oh, che Finnick tradisca Annie con quella driade?" che fu seguito da vari commenti pettegoli tra gli eroi.

"Dovremmo avvisarla!" ridacchiò maleficamente Gale, figlio di Efesto, nascosto tra le ragazze, ed il figlio di Apollo riuscì a vedere Delly correre verso la Capanna di Ecate.

Il capo-capanna batté il palmo della mano contro la fronte, scuotendo la testa "Io vi odio tutti" sospirò.


🔆💭🌳🐐



Era stato un riconoscersi reciproco. Come se fossero stati amici da sempre, se in un'altra vita si fossero incontrati, conosciuti e voluti bene.

Il carattere scorbutico di Katniss era intenerito dalla simpatia e tenerezza di Peeta. Il carattere ingenuo di Peeta sarebbe stato tutelato dal pragmatismo di Katniss.

Sarebbe stata una buona amicizia, Peeta ne era sicuro. Soprattutto in quel momento, mentre, sdraiati accanto al fuoco, che la ragazza aveva acceso, parlavano e ridevano, uno accanto all'altra, con gli occhi puntati al cielo.

Era scesa la notte e Johanna non tornava. Nonostante fosse qualcosa di preoccupante, nessuno dei due ci fece troppo caso, presi ad entrare ognuno nella vita dell'altro.

A chiederlo adesso, nessuno dei due ricorderà perfettamente di cosa parlavano. Il discorso era iniziato durante il tramonto, mentre Peeta osservava l'arancione del cielo. Aveva detto che era il suo colore preferito, l'arancione. Katniss aveva detto che il suo era il verde, poi aveva chiesto perché il suo zaino fosse pieno di penne di ogni tipo. Peeta rispose che era figlio di Apollo e che, di solito, i figli di Apollo sono molto bravi come scrittori, o come musicisti. Lui però non si sentiva molto bravo a scrivere e non sapeva suonare nessuno strumento.

"Allora cosa sai fare?"

"So dipingere"

Katniss non capì perché, ma le sembrò che, in effetti, già si aspettava una risposta del genere.

Lei disse che suo padre era morto.

Poi si ritrovarono a parlare delle stelle, delle costellazioni, che Peeta non riusciva ancora a riconoscere, ma che Katniss continuava ad indicare convinta, di famiglie, della capra che Prim aveva nel giardino di casa, di pane, di vita.

Katniss non saprebbe dire quando si addormentò con precisione, eppure lo fece, dormì per ore, accanto a Peeta. Sentì un calore familiare pervaderla e si sentì al sicuro.

Sognò un enorme bosco e Peeta con un arco in mano.

Anche lui si addormentò, poco dopo di lei, nonostante avesse dormito per la maggior parte della giornata. Si vedeva che cinque mesi senza dormire, stando sull'attenti per tener in salvo la propria pelle, fosse più stancante di quello che sembrava.

Furono svegliati dalle grida di Johanna "Non...non è così che si fa!" si lamentava la ninfa "Tempo sprecato, ecco. Tempo più che sprecato"

Il sole stava sorgendo dietro la figura snella della driade, che trasportava qualcuno di molto più grosso di lei "E puzzi! Capisci che puzzi?" continuava a gridare.

Peeta si stropicciò gli occhi, cercando di mettere a fuoco le due figure.

Johanna si avvicinò abbastanza a loro per far cadere l'uomo, quasi fosse un sacco di patate, davanti ai due ragazzini.

"Capra" bofonchiò Katniss, guardando il satiro inerme a terra.

"S-sta bene?"

"È ubriaco! Completamente ubriaco"

Peeta mosse delle ciocche di capelli dal viso del satiro e storse il naso, a causa della puzza. Non disse niente; non era nella sua natura essere scortese, ma l'odore che emanava era nauseabondo ed avrebbe preferito tener lontano l'uomo-capra il più possibile.

"Che schifo" commentò Katniss per entrambi "Cos'è? "

Johanna sorrise sarcasticamente "Ovviamente, il vostro satiro custode"

I due semidei si guardarono tra loro, preoccupati "Come?" chiesero all'unisono, entrambi nella speranza di aver sentito male.

La ninfa sospirò, incrociando le braccia "Le cose sono due. O siete così potenti da poter arrivare al Campo Mezzosangue da soli, oppure qualcuno vi vuole morti. Nessuno sano di mente manderebbe Haymitch a guidare due semidei" sembrava seriamente molto preoccupata.

Peeta aveva sospirato e, prendendo il satiro mezzo incosciente da un braccio lo trascinò verso il fiume, dicendo che lo avrebbe lavato per renderlo presentabile.

Katniss abbassò lo sguardo rapidamente. Tutto ciò non era un buon segno.

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Capitolo 4
*** Doctor Who ***



Autore: M I K I (Su Efp), MichiGR (sul Forum)
Fandom: Hunger Games
Titolo: Sembrava veramente molto più semplice
Rating: Verde
Personaggi: Peeta Mellark, Katniss Everdeen
Genere/Avvertimenti: Avventura, Romantico
NdA: Quando ci sono capitoli così, dove succede un po' di tutto, mi viene voglia di dire che non succede quasi niente. Beh, se si esclude Johanna, l'Arpia, Apollo e Afrodite, Haymitch, Artemide…



 

Sembrava veramente molto più semplice

E lo sarebbe stato se non ci fossero di mezzo profezie, papà divini impiccioni, satiri ubriaconi e fratellastri narcisisti



Un ringraziamento speciale a Mary-chan, che mi ha fornito la giusta dose di autostima e, come sempre, alle mie sorelline, che penso siano le mie fan numero uno (in due, sì, è spiritualmente possibile)

 

Capitolo 4



Tutto il tempo e tutto lo spazio, ovunque e in qualunque momento, ogni stella mai esistita. Da dove vuoi iniziare?
~Doctor Who



Johanna prese ad intrecciare i capelli della semidea nervosamente, sbuffando "Qualcuno vi vuole morti" concluse, annuendo tra sé e sé "Non so esattamente il motivo, ma siete gli eroi più atipici che io abbia mai incontrato."

"Perché nessun mostro ci sta attaccando?"

"Le ninfe stanno coprendo il vostro odore. Non sono questo granché in intelligenza, ma ogni tanto hanno lampi di lucidità" Johanna sospirò, sorvolando sul fatto che, per convincere le sue sorelle a proteggere i due eroi, le aveva minacciate di distruggere i loro alberi, uno ad uno "Ma non continueranno a proteggervi a lungo"

"Partiremo oggi"

"Cos'ha quel Peeta di speciale?" la ninfa disfece la treccia fatta a Katniss, per ricominciare ad intrecciare i capelli della ragazza da capo. Aveva un filo d'erba in bocca, cosa che ricordava molto alla semidea la bilancia a due piatti che teneva in tasca in quel momento.

Katniss alzò le spalle "È uno okay"

"Non è perché sei uno okay che tuo padre ti lascia una copia del carro del Sole, sai?"

"Allora forse lo fa perché siamo atipici" scrollò nuovamente le spalle la ragazzina, continuando a controllare che sia il suo zaino blu che quello di Peeta arancione fossero nuovamente riempiti di cibo. Era la terza volta che lo faceva "Tu non puoi venire con noi"

"Allontanarsi troppo dal proprio albero significa morire, per una driade"

"Meglio così, parli un sacco."

"Tu russi la notte"

"Tu mi rubi continuamente il cibo"

"E tu hai un talento innato per i guai" Johanna rise della sua stessa frase, per poi scuotere malinconicamente la testa "Rimani viva. Non ho sprecato questi mesi a tenerti in salvo perché tu muoia. Haymitch non è cattivo, nemmeno stupido: se gli dimostrerete che avete qualche possibilità di rimanere in vita, vi aiuterà"

"Quell'ubriacone? Seriamente?"

"Non lo sai, Katniss, che tutti noi siamo molto di più di quello che sembriamo?"

"Non mi sono mai fidata di te, Johanna."

"E fai bene. Ma continuando su questa strada, ti ritroverai sola. Non è una buona cosa, in questo mondo, sai?" la ninfa mordeva nervosamente il filo d'erba che aveva in bocca "Dovete rimanere atipici. Fate vedere a quegli stupidi dèi quanto siete fighi e che il potere di distruggerli ce lo avete voi, non il contrario", da lontano si sentì un tuono minacciare tempesta. Johanna rise come una matta, alzandosi da terra e portando il suo sguardo al cielo "Che hai, Zeus? Paura?" poi si accovacciò nuovamente accanto a Katniss, che la guardava stupita tenendo stretto il suo zaino. Più tuoni, sempre più tuoni si sentivano intorno al parchetto, ma la ninfa li ingnorò bellamente, sorridendo "Loro vi guardano sempre, visto?"

"Spaccherò il culo a tutti"

"Questa è la mia ragazza"


💭🔆🐐


"Ho imparato come scrivere un haiku, tipo ieri sera, ne vuoi sentire uno?" cantilenò il ragazzino, entrando nella macchina.

"Ma tu la sai guidare questa roba?" chiese preoccupata Katniss, sedendosi nel posto di copilota, aveva spinto Haymitch con sé, per poi buttarlo sui sedili posteriori. Il satiro aveva preso a bere serenamente, cantava una strana canzone in greco antico, su un albero ed il sole, il cielo e la terra, si sarebbe addormentato pochi minuti dopo, con la bottiglia vuota in mano.

Peeta rise e si sentì la risata cristallina di Portia risuonare all'interno della macchina "Chiede se sai pilotare il Carro del Sole"

Peeta si asciugò una lacrima, cercando di smetterla di ridere nervosamente "Sono Peeta Mellark, figlio di Apollo. Guido questa macchina dal giorno del mio compleanno. Ovviamente non so cosa sto facendo." e detto questo accese il motore della macchina, partì in terza e le ruote si staccarono immediatamente da terra.

Haymitch continuava a canticchiare, Katniss si paralizzò sul suo sedile.

"Ma dove stiamo andando?" chiese Peeta.

"Washington" rispose di getto Katniss "Decisamente a Washington"

Anche se probabilmente nessuno ci crederà, quello fu il secondo viaggio più tranquillo che Peeta fece sulla sua Ford, nonostante il modo in cui andò a finire.

Secondo le indicazioni di Portia, che li aveva abbandonati a metà cammino, sarebbero arrivati a Washington in un'ora; questo perché aveva intercettato alcuni mostri che avevano preso ad inseguirli da terra e, per seminarli, aveva suggerito a Peeta di fare grosse variazioni sulla rotta. In più si stava avvicinando una tempesta, secondo l'umidità del tempo. L'Aura tacque su questa informazione, ma sapeva perfettamente che la tempesta di vento che li seguiva era un'Arpia. Per questo volle andare a controllare di persona la situazione dietro ai semidei, per proteggerli.

Peeta si sentì un po' perso senza il chiacchiericcio di Portia, ma cercò di concentrarsi sulla guida, scambiando qualche parola con Katniss.

Lei non sembrava molto tesa, anche se continuava a chiedere al ragazzino di stare attento a non andare a sbattere contro un uccello, od un palazzo.

"Povero uccellino/la brezza del mattino/Ford"

"Cos'era quello?"

"Un haiku mal andato. Sai, non riesco a contare le sillabe, mentre sono impegnato a non uccidere stormi di rondini che migrano, quando fa ancora freddo."

"E tu saresti figlio di Apollo?"

"Io ho chiesto a lui se era veramente padre dei Beatles, quindi..."

Katniss scoppiò in una risata genuina, tenendosi la pancia. Fu la prima volta che le lacrimò l'occhio destro, ma non pensò a leggende e nemmeno al ghiaccio intorno al cuore. Solo al fatto che non pensava di poter ridere, lontana da sua sorella.

"Allora? Vi siete già baciati?" una voce maschile uscì dalla radio. Peeta sobbalzò sul suo sedile, girando la testa a destra e poi a sinistra.

"Chi si è già baciato?" chiese un'altra voce dalla radio, questa femminile e più bassa.

"Mio figlio! Chi altri?"

"Senti, mio figlio di ragazze ne avrebbe potute baciare tantissime, sai? È affascinante quanto me"

"P-papà?" Peeta si morse il labbro, stringendo le mani sul volante. Vide con la coda dell'occhio la sua compagna di viaggio farsi piccola piccola sul suo sedile, arrossendo leggermente, ma mantenendo un'espressione calma. Probabilmente, pensò Peeta, vedeva l'agitarsi o l'imbarazzo come una forma di debolezza. Che cosa stupida, il semidio l'aveva conosciuta da pochissimo tempo eppure aveva subito capito che era una tizia forte, anche se aveva bisogno di appoggiarsi su qualcuno.

"Sì, figliolo?" rispose innocentemente Apollo. Il ragazzino poté immaginare chiaramente il suo sorriso sghembo e le sue palpebre chiedersi per poi aprirsi.

"Si può sapere cosa stai facendo?"

"Vi controllo. Ah, e qui c'è pure Afrodite. E, vabbeh, anche Poseidone."

"Ciao?" salutò dubbioso. Questa iniziava a sembrare una riunione di famiglia non voluta, con papà e zii impiccioni e pettegoli. Ci si sentiva così a portare un' amica per cui hai una cotta a casa?

"Non c'è bisogno di salutarli, non sono poi così importanti."

"Ma allora si sono già baciati? Non me lo posso essere persa" chiese entusiasta Afrodite.

"La nostra non era una riunione importante?"

"Zitto Poseidone!" gridarono all'unisono i due dèi "Rispondete alla domanda, insomma" continuò Apollo.

"Papà, ho dodici anni!"

"Continui a ripeterlo. Non è una giustificazione. Sii uomo, per Zeus!”

"Non ci siamo baciati, né mai ci baceremo!" sbottò Katniss. Era diventata più rossa di una gelatina alla fragola, ma non era intenzione di Peeta farglielo notare. Il suo compito era piuttosto alleggerire la situazione.

"Non essere così fatalista. Io ho intenzione di baciarti prima dei miei vent'anni." annuì convinto il ragazzino "Ho un piano quinquennale. Tra un anno ci terremo la mano" Katniss in un primo momento boccheggiò, presa in contropiede, poi non poté sopprimere un sorriso. Peeta le fece l'occhiolino.

Si sentirono le risate di Apollo ed Afrodite dalla radio "Dovresti imparare a suonare uno strumento" disse poi Apollo "Sai? Da quando ho la mia lira, le ninfe cadono ai miei piedi come carte"

"Immagino"

"Comunque noi dovevamo comunicarvi qualcosa d'importante" riprese Afrodite "Nemesi. Non datele retta. È tutta matta, poverina."

"Cosa?"

"Siamo sicuri che Katniss capirà, vero? Tutto qui. E ricordatevi che i vostri genitori vi osservano; rendeteli fieri, eh"

"E non vi baciate mentre io sto guardando Me&myHeart. Non vi azzardate"

"Dicci giorno e ora. Siamo al tuo servizio" rispose il ragazzino a metà tra lo scherzoso e l'irritato.

"Tranquilla Afrodite, ho i nastri registrati di tutti i miei figli. Non ci perderemo niente"

"Grazie papà, eh"

"Di niente. Ci sentiremo, prima o poi, piccoletto."

"Non abituarti a vedere tuo padre così spesso, Peeta" avvertì una quarta voce, che Peeta non aveva mai sentito, e la radio si spense di scatto, lasciando che cadesse all'interno della macchina un silenzio pesante ed imbarazzato.

"Mio padre è..." tentò d'iniziare il ragazzino.

"Sembra uno forte"

"Lo è" sorrise Peeta "Penso sia stato lui a guidarmi verso di te"

"Perché mai avrebbe dovuto...?" iniziò lei, ma una folata di vento fece girare su se stessa la Ford, facendo svegliare il satiro sui sedili posteriori.

Haymitch sbuffò qualcosa di poco carino contro Peeta ed il vento si alzò ancora più forte, facendo ballare pericolosamente la macchina.

Successe così. Un minuto prima stava parlando con suo padre, il minuto dopo veniva attaccato da un mostro che passava lì per caso. Peeta si chiese per quale motivo per giorni poteva non capitargli niente e poi doveva affrontare tanti avvenimenti tutti insieme. Sembrava un modo per mettere alla prova i suoi nervi ed il suo sangue freddo.

Ad avercelo, però, questo sangue freddo.

Il ragazzino si coprì la testa con le mani, lasciando il volante, che iniziò a girare e girare e girare. La macchina salì sempre più in alto. Attraversarono le nuvole più alte ed i ragazzi sentirono le loro orecchie tapparsi e fischiare pericolosamente. Peeta prese a pigiare i tasti più disparati.

Contro i Venti. Inseguimento drago. Ho fatto arrabbiare Zeus. Ho un'indigestione.

Niente. La macchina era andata completamente fuori controllo.

Poi un colpo. Due colpi. Tre colpi.

"Katniss. Mettiti giù. Tieni giù la testa!" gridò Peeta, aiutandola ad infilarsi nella parte davanti al sedile.

Quattro colpi. Cinque, sei colpi.

Delle mani comparirono sul vetro della macchina e continuavano a colpire, con sempre più disperazione e forza.

Sette, otto, nove, dieci colpi.

"Peeta, cosa...?" iniziò a chiedere la semidea, tenendosi la testa bassa. Lanciò uno sguardo veloce al biondo, che si mordeva nervosamente le labbra.

Undici, dodici, tredici, quattordici, quindici, sedici, diciassette, diciotto colpi.

"Va tutto bene"

Dèi, ci avrebbe voluto credere anche Peeta, e probabilmente non fu molto convincente, visto che appena finì di pronunciare la frase, lo sportello della macchina si staccò e fu afferrato dalle mani forti dell'Arpia.

Cadde di schiena. Riuscì a vedere Katniss muoversi verso di lui per cercare di afferrarlo, fallendo, la macchina allontanarsi da lui, le nuvole che attraversava e l'Arpia, con quei capelli rosso scuro e quella pelle pallida, afferrarlo al volo, di nuovo.

Poi non vide altro. Chiuse gli occhi, sentì il battito di enormi ali accanto a lui e perse i sensi. Due volte in quattro giorni, che bravo eroe.

Si risvegliò poche ore dopo, con degli occhi vivaci che lo studiavano da un angolo di una stanza buia.

Davanti a lui una scritta, grande quanto il muro bianco, in rosso.

Torna indietro. Adesso.


💭🐐


"Non m'interessa niente!" Katniss diede una gomitata contro il satiro, all'indietro. Per pochi secondi la Vespa rossa virò pericolosamente a destra, rischiando di andare a sbattere contro un palo della luce. La ragazzina riprese il manubrio tra le mani, riprendendo relativamente il controllo. "Fiuta" ordinò, ringhiando "e portami da Peeta"

Haymitch ridacchiò ed iniziò a canticchiare allegramente, ignorando la semidea.

Katniss frenò di colpo e saltò lontano dalla Vespa, lasciando che Haymitch si schiantasse a terra. Il satiro si accarezzò la testa, ma non smise di ridacchiare, guardando lo sguardo truce della ragazzina.

Lei guardò la Vespa a terra e pensò che il mini Carro del Sole, donato da Apollo a Peeta, avesse bisogno di una visita del divino meccanico che l'aveva costruita, ma che doveva durare; doveva riuscire a portarla da Peeta, ovunque lui fosse.

Era stato un istinto, qualcosa di naturale, buttarsi dietro Peeta, dopo averlo visto essere rapito da un'Arpia, gridare il suo nome, avere quella consapevolezza dentro che le diceva che doveva proteggerlo. Perché era questo quello che loro facevano: proteggersi a vicenda.

Da dove venisse quella consapevolezza, poi, era un mistero per cui non aveva tempo. Si conoscevano da soli quattro giorni, Peeta era simpatico e piuttosto dolce, ma non avrebbe mai pensato che si sarebbe buttata da una macchina volante nel tentativo fallimentare di salvarlo. Insomma, neanche si trattasse di Prim!

Se Portia non fosse arrivata in tempo, se non l'avesse afferrata mentre lei continuava a gridare "Peeta, svegliati! Svegliati ora!" scalciando istericamente , si sarebbe spiaccicata a terra e, a quest'ora, sarebbe già bell'e morta.

Haymitch era dentro la Ford, quando Katniss mise piede a terra. Pochi secondi dopo stava gridando contro la semidea, lei gridando sopra di lui, Portia chiedendo disperatamente dove fosse Peeta.

Era impossibile rintracciare Peeta attraverso le onde radio della Ford. L'unico modo era fare affidamento su Haymitch ed i suoi fantastici poteri da satiro. Peccato che il satiro custode fosse poco incline a voler trovare l'altro semidio.

Portia aveva iniziato a perlustrare Washington e, davanti agli occhi increduli di Katniss, spingendo qualche bottone, aveva trasformato la Ford rossa, in una Vespa. Aveva dato alla semidea un giubetto per coprirsi e la missione di trovare il figlio di Apollo.

Peccato le avesse lasciato anche la zavorra di Haymitch, che, più che aiutare ruttava accanto al suo orecchio e cantava inquietanti canzoncine su Orfeo.

"Adesso basta!" sbottò irritata "Sei un satiro custode! Custode! Non... sei l'essere più irritante..." non riusciva a mettere insieme due insulti insieme, cosa che la irritava maggiormente. Sbattè i piedi a terra e si girò verso la strada, dove notò per la prima volta qualcosa di strano.

"Cosa sta succedendo?" mormorò a bassa voce, tra sé e sé.

Un gruppo di ragazze trai dodici ed i diciassette anni attraversarono la strada, armate con arco e freccie, o, a volte, con spade e pugnali.

"Oh, sì" mormorò Haymitch "Tante belle ragazze", Katniss non capì se il tono del satiro fosse sarcastico o genuino, ma non ebbe il tempo neanche per pensarci.

Una delle ragazze più giovani si girò verso di lei e gridò qualcosa. Tutto il gruppo, quindi, iniziò a correre verso la sua direzione.

Katniss portò la sua mano verso lo zaino arancione di Peeta, prendendo l'arco che il ragazzo aveva lasciato indietro, dopo esser stato rapito, pronta a difendersi istintivamente.

"Katniss" gridò una delle ragazze più giovani "Katniss Everdeen" la semidea si congelò sul posto, accarezzando con le dita una freccia. "Sono Artemide e..." un ruggito si sentì dalla parte più lontana della strada. La dea sbuffò, facendo cenno alle altre ragazze di tenersi pronte ad un attacco "ed è meglio se ti prepari anche tu al combattimento, perché non abbiamo tempo"


🔆❤️👫📜

Lavinia, era quello il nome dell'Arpia e, udite udite, non era nemmeno cattiva, o inalberata con Apollo. Il che doveva essere una buona notizia.

In pratica Peeta non era neanche a rischio vita. Ci aveva messo ore a capirlo, era già calato il sole quando aveva aperto la bocca, gridato "Ah!" ed aveva iniziato a sentirsi in colpa, mordendosi le labbra e chiedendo scusa a quella piccola e fragile arpia, alla quale avevano anche tagliato la lingua e che poteva comunicare con lui soltanto attraverso delle scritte sui muri, o bigliettini, o gesti. Era divertente, in effetti, vedere un'arpia che mimava una scimmia, per prendere in giro un semidio.

Lavinia prese le mani di Peeta, lasciando un biglietto nelle sue mani. Il ragazzino le sorrise ed aprì il bigliettino per leggerlo.

L'arpia annuì, per poi volare verso il muro bianco, imbrattato dall'enorme scritta fatta da lei poche ore prima. La segnalò nuovamente, poi alzò il mento, invitando il ragazzo di leggere il foglietto che gli aveva lasciato.

"È un po' triste" mormorò Peeta "Non poter parlare"

Lavinia alzò nuovamente il mento ed indicò il foglietto. Aveva occhi tristi ed enormi occhiaie. Il ragazzino sospirò, abbassando lo sguardo verso il foglietto. Non aveva bisogno di leggere quel che Lavinia gli aveva scritto.

Era una vita intera che gli ripetevano la sua profezia.

Il ragazzino lesse ad alta voce quelle parole che aveva studiato per anni, nella vana illusione di comprenderle o di poter trovare una scappatoia al suo destino troppo breve "Questo ragazzo dal cuore forte" iniziò, sospirando "Dovrà affrontare giovane la morte" si morse le labbra, ricordando le parole di Haymitch, secondo il quale tutti gli eroi morivano giovani. No, Katniss non poteva morire giovane "Viaggiare ed amare con gran fatica", c'era stato un periodo della sua vita in cui non usciva di casa, cercando di non viaggiare. A quel tempo ancora non lo sapeva, ma l'amore lo andò a cercare mentre dormiva serenamente in casa sua. E per amore, solo per amore, stava viaggiando per gli Stati Uniti d'America, cercando di portare la Ragazza Dagli Occhi Grigi, che in sogno gli aveva strappato il cuore e nella realtà gli aveva fatto perdere la testa -anche se ancora non ne era pienamente consapevole-, in quel Posto Sicuro, di cui tutti parlavano. Peeta strinse le labbra, alzando lo sguardo, recitando a memoria quel verso che più gli faceva male "Per poi cadere per mano amica"

Lavinia lo osservò, piegando leggermente la testa. Fece gesto di andare avanti nella lettura.

Peeta aggrottò le sopracciglia.

Per quel che sapeva lui la sua profezia era finita, non c'era nessun seguito, nessun...

Girò il foglietto.

"Nella sua vita una sola salvezza, che scomparirà in una sola carezza" rigirò nuovamente il foglietto tra le mani "Cosa...?"

Torna indietro. Adesso. indicò l'arpia, poi volò verso di lui.

"Non lo posso fare" spiegò Peeta, piegando le ginocchia verso il torace "Per prima cosa ho promesso a mio padre che sarei stato un figo e, nel mio paesino, ti giuro, tutto sono, tranne che un figo. E poi," Peeta fece una pausa, cercando di trovare le parole per tradurre un pensiero che aveva in testa dalla prima volta che vide Katniss in sogno "finalmente l'ho trovata. Lei stava accanto a me, quando mi hai preso, sai? Non voglio lasciarla"

Lo so. scrisse Lavinia Ma ti costerà caro.

"Non m'interessa"

Sacrificio per Amore l'arpia rise, aprendo la bocca e mostrando la sua lingua mozzata.

"Te l'hanno tolta perché amavi? Insomma, ti sei innamorata e ZAC! ti hanno tolto la lingua?"

Un umano.

"Un umano ti ha tagliato la lingua?"

No, mi sono innamorata di un umano

"Immagino non sia permesso fare bambini metà mortali e metà arpie..."

Lavinia annuì tristemente. Sorrise, lasciando una fotografia in bianco e nero tra le mani del ragazzino.

"Come si chiamava?" chiese lui.

Lavinia si illuminò in un sorriso dolce, alzando gli occhi verso il soffitto, quasi volesse trattenere delle lacrime dai suoi enormi occhi. Aprì la bocca, come se avesse dimenticato di non poter parlare. Mosse le labbra, anche se non uscì alcun suono coerente da quelle. Poi sorrise teneramente e prese a scrivere su un pezzo di carta. Si avvicinò a Peeta, tanto che i loro nasi si potevano toccare. Era come se gli stesse per rivelare il segreto più grande di questa vita.

Mosse la mano, sfiorando le dita del ragazzino.

"Peeta!" sentì qualcuno gridare. Lui girò la testa a destra, alla ricerca del proprietario della voce.

Poi Lavinia cadde su di lui, a peso morto. Aveva una freccia conficcata tra le scapole ed ancora quell'espressione dolce, di quando stava parlando pochi secondi prima.

Peeta era ancora a bocca aperta, la testa di Lavinia appoggiata sulle sue spalle, il sangue che iniziava a scorrere sulla maglietta bianca dell'arpia e sulle mani che la reggevano del semidio. Lei si stava ancora lamentando, era ancora viva.

"Peeta!" gridò Katniss, correndo verso il ragazzino. Lui tolse dalle scapole la freccia che aveva colpito l'arpia e la fece sdraiare a terra. Lei gli lasciò quel bigliettino che aveva in mano, quello con sopra scritto il nome di quel mortale che aveva amato. Peeta le sorrise rassicurante, ripetendo che sarebbe stata bene, non si doveva preoccupare.

Sarebbe stata bene.

Lavinia morì in pochi secondi, incapace di respirare.

Il semidio distolse lo sguardo dall'arpia morente; sarebbe tornata in vita più tardi. Sarebbe tornata, un giorno, ma vederla morire faceva troppo male. Il biondo era sempre stato piuttosto sensibile su certe cose. Forse perché sapeva che un giorno sarebbe toccato anche a lui. Un giorno piuttosto vicino, per di più.

Katniss buttò le sue braccia intorno al collo di Peeta, incurante di essere sporcata dal sangue che macchiava il corpo del ragazzino.

"Sei vivo" sussurrò, ridendo nervosamente e felicemente.

"Ehi, qui il piano quinquennale va meglio del previsto. Se continuiamo così potrò baciarti prima dei miei quindici, di anni" rise senza voglia Peeta.

Katniss sciolse l'abbraccio, leggermente imbarazzata, ma senza cancellare il suo sorriso soddisfatto. "Sei ferito?"

"Ti direi di verificare tu stessa" rispose lui allargando le braccia "ma non so per quale motivo quelle tipe laggiù ci hanno guardato troppo male quando ci stavamo abbracciando" ed indicò le Cacciatrici, che, col broncio, borbottavano qualcosa, poco contente.

"Eh, sì, lunga storia"

"Katniss,” chiamò una tra loro, uscendo dalla folla di ragazzine, con due o tre passi. Era graziosa, era piccolina e sembrava essere il capo del gruppo. Ignorò completamente la figura di Peeta, puntando i suoi occhi su quelli di Katniss, in maniera quasi materna, nonostante fisicamente le due dovessero avere la stessa età “noi ti abbiamo aiutata a salvare il tuo amico, come promesso, adesso tocca a te prendere una scelta. Vuoi unirti a noi? Diventare immortale? Dedicarti alla caccia?" chiese, per poi sorridere gentilmente, come fanno i commercianti che ti fermano per strada per venderti qualcosa, pensando di poter toccare le corde giuste perché tu accetti le loro offerte e possiate concludere un affare "Saresti finalmente libera"

Katniss si morse le labbra e lanciò un'occhiata al suo compagno di viaggio, che sembrava piuttosto confuso.

"Te l'ho detto. Lunga storia" spiegò.

 

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Capitolo 5
*** Percy Jackson e gli Dei dell'Olimpo- Lo scontro finale Parte I ***



Autore: M I K I (Su Efp), MichiGR (sul Forum)
Fandom: Hunger Games
Titolo: Sembrava veramente molto più semplice
Rating: Verde
Personaggi: Peeta Mellark, Katniss Everdeen
Genere/Avvertimenti: Avventura, Romantico
NdA: Non so se qualcuno l'ha notato, ma io e le Cacciatrici non siamo esattamente sulla stessa lunghezza d'onda. Eppure loro tornano sempre.

Per chi non l'avesse capito: Haymitch, anche mentendo sta enorme dalla parte i Katniss e Peeta. Almeno secondo il mio punto di vita.


 

Sembrava veramente molto più semplice

E lo sarebbe stato se non ci fossero di mezzo profezie, papà divini impiccioni, satiri ubriaconi e fratellastri narcisisti


Un ringraziamento speciale a Mary-chan, che mi ha fornito la giusta dose di autostima e, come sempre, alle mie sorelline, che penso siano le mie fan numero uno (in due, sì, è spiritualmente possibile)

 

Capitolo 5


"Non mi dai un bacio di buona fortuna? È una specie di tradizione, no?"
~Percy Jackson e gli Dei dell'Olimpo, Lo scontro finale



Darius.

Peeta si rigirava l'ultimo bigliettino lasciato da Lavinia tra le mani, nervosamente, mentre aspettava fuori dalle tende delle Cacciatrici che Katniss uscisse da quella riunione per sole donne.

Dèi, quanto odiava il fatto di non poter essere all'interno di quella tenda, accanto a Katniss. E quanto odiava che le donne facessero così.

Quando era piccolo, le ragazze del quartiere si nascondevano negli angoli più impensabili, gridando quanto gli uomini fossero stupidi ed incapaci, e, se lui ed i suoi fratelli passavano da quelle parti per caso, lanciavano loro sguardi sprezzanti e disgustati, come se in effetti avessero fatto qualcosa contro di loro. La verità è che ci sono donne che sono contro gli uomini per principio, quindi, quello sguardo non glielo potrai mai togliere. Questo, però, non cancella il fatto che quello sguardo possa far male.

Le Cacciatrici lo guardavano in quel modo. Era da tempo che lui non si sentiva così inadeguato sotto degli occhi femminili. Come quando era piccolo, Peeta si ritrovò a chiedersi se, una volta uscita da quella tenda -una volta incontrata, la frase che iniziava i suoi pensieri da piccolo-, Katniss lo avrebbe guardato con quel disprezzo, che in quel momento le Cacciatrici rivolgevano a lui.

Rigirò tra le mani quel bigliettino, per l'ennesima volta.

"Sceglierà di essere una Cacciatrice?"

"Non può" rispose immediatamente Haymitch, seduto accanto a lui "Non hai visto? Tutte le Cacciatrici sono carine. Lei è un piccolo sgorbio. Non mi stupirei se fosse figlia di Efesto"

"Io la trovo bella"

"E magari la trovi pure dolce e gentile" sbuffò Haymitch "Gli occhi dell'amore fanno strani scherzi"

Peeta portò il suo sguardo nuovamente al bigliettino che stringeva tra le mani "Lavinia aveva uno sguardo strano quando parlava di Darius. E quel sorriso! È morta, con quel sorriso"

Haymitch intrecciò tre fili d'erba tra loro "Probabilmente lo avrai anche tu, quando morirai"

"Non mi dire che mancherò a questo vecchio satiro ubriacone" scherzò Peeta "Guarda che lo so che hai portato volutamente Katniss dalle Cacciatrici"

"Mai. Tu e quella ragazzina mi state antipatici"

Peeta si stiracchiò e sorrise debolmente verso il satiro.

Quando morirà Katniss, lo avrà quel sorriso, così bello, così puro? Lo avrà ripensando a Peeta?

Che pensiero egoista, figlio di Apollo. Il tuo compito è solo quello di accompagnarla ad un Posto Sicuro e che viva, finché tu non smetti di respirare.


💭❤️🙅🔆


Un drakon. Che sarebbe un drago. Solo che i draghi hanno quella roba sulla schiena e sanno fare questo e quest'altro e sputano fuoco. Un sacco di fuoco.

Un drakon è più... greco, più piccolo, non sputa fuoco -non solitamente, almeno- e non ha le ali. Katniss non lo avrebbe mai detto ad alta voce, almeno non prima d'incontrare Peeta, ma il giorno in cui incontrò le Cacciatrici un drakon le attaccò, e, mentre tirava frecce verso i suoi due occhi -prendendolo in pieno. Non per vantarsi eh, solo per la cronaca-, gridò verso il drakon "In pratica sei solo un drago sfigato", cosa che fece impazzire positivamente le Cacciatrici più giovani, quelle che si erano unite ad Artemide da poco tempo.

Ora, parlando della proposta di Artemide -diventa Cacciatrice, sciogliti i capelli, rimani single per sempre, e quando dico per sempre è letteralmente per sempre, visto che avrai non solo una vita eterna, ma pure un'eterna giovinezza-; era arrivata subito dopo l'aver accecato il drakon ed aver dato alle fanciulle l'opportunità di sconfiggerlo.

Sembrava una cosa forte, per Zeus!, vivere una vita lunghissima senza paura di morire, guidata direttamente da una dea… ma al momento della proposta, Katniss stava già con un piede pronto a correre lontano da quelle ragazze, visto che la sua priorità era salvare Peeta e non aveva molto tempo da perdere.

Artemide l'aveva fermata e le aveva fatto promettere che avrebbe preso una decisione dopo aver salvato il suo amico.

Ad essere sinceri, Katniss pensava che le Cacciatrici l'avrebbero odiata per mettere davanti ad una decisione così importante, un ragazzo, ma, le avevano detto, la stessa luogotenente delle Cacciatrici aveva avuto parecchi amici maschi, ed un fratello, per cui avrebbe anche dato la vita. Amore ed Amicizia erano due cose differenti.

Quindi, salvato Peeta da un pericolo inesistente -ops, ho ucciso un'arpia buona. Ma chi lo poteva sapere? Non appena Katniss aveva visto quella donna-uccello avvicinarsi troppo a Peeta, non ci aveva visto più, per paura, o chissà per quale altro motivo, aveva scoccato la freccia ed era volata accanto a lui. Katniss non era tipo da abbracci, ma per qualche strana ragione, voleva percepire Peeta con tutti i sensi possibili. Vista, udito, olfatto, tatto. Ed un'insana voglia di morderlo. Forse il figlio di Apollo sapeva di pane, chissà-, le Cacciatrici aspettavano una risposta.

Di nuovo, seriamente, sembrava una cosa veramente eccezionale correre da una parte e l'altra del paese rincorrendo drakon, o mostri simili ma...

Ma.

Le Cacciatrici erano piuttosto brave a convincere e trovavano soluzioni ad ogni ma che Katniss cercava con insistenza.

"Ma ho una sorella minore, non sarebbe come abbandonarla?"

"Una sorella, che delizia! Potrebbe unirsi a noi"

"Ma mia madre? "

"Potrai andarla a trovare"

"Ma è una decisione importante, non sono troppo giovane per..."

"La maggior parte delle Cacciatrici aveva la tua età, quando ha deciso di unirsi a noi" Artemide sorrise gentilmente verso Katniss. La semidea si sentì in colpa per cercare tutte quelle scuse per non diventare una Cacciatrice. Se glielo avessero chiesto una settimana prima, probabilmente avrebbe accettato senza alcuna esitazione, pensando di poter tenere in salvo non solo se stessa, ma anche sua sorella, e di poter stare insieme, anche se lei aveva un padre divino e Prim no. Eppure...

Qualcosa la fermava; c'era un pezzo del contratto che non le piaceva affatto. E non era sicuramente il votarsi alla caccia.

"Siamo arrivate tardi" sospirò una Cacciatrice accanto ad Artemide "Qui Afrodite è stata veloce"

"Come?" chiese confusa Katniss.

"Eppure i maschi tradiscono e voltano le spalle. L'Amore non vale la pena. Non vale mai"

"Io non sono innamorata."

Le Cacciatrici sorrisero tristemente, come se la semidea fosse malata del male peggiore e nemmeno se ne rendesse conto.

Katniss non sorrise ma pensò che le Cacciatrici mancavano di qualcosa, nella loro vita eterna e provò compassione per loro, che malsopportavano la compagnia maschile ed avevano lasciato Peeta al buio, con un satiro inutile a fargli compagnia, giudicandolo male senza neanche conoscerlo. Pensò che lei, nel suo odio contro il mondo era molto più giusta, visto che odiava le persone in quanto persone e non in base al loro apparato riproduttivo. Il che era coerente. Odiava anche gli animali, a pensarci bene.

Ma Peeta, lui non lo odiava ed aveva iniziato a fidarsi completamente di lui, in quei pochi giorni. Perché era buono, cercava sempre di farla ridere e di rassicurarla, anche se la maggior parte delle volte era lui a dover temere la peggior sorte trai due.

Il fatto che le Cacciatrici trattassero male lui, poteva dirla lunga su di loro ed i loro ideali ed era felice che Afrodite avesse dato loro qualche segno, perché la smettessero di volerla come una di loro. Anche se non capiva perfettamente quale segno Afrodite avesse mandato alle Cacciatrici. Non lo voleva neanche sapere.

Katniss alzò le spalle, alzandosi in piedi.

Sentì gli sguardi delle ragazze fissi su di lei, mentre usciva dalla tenda.

Fuori, al buio, c'era Peeta, che l'aspettava e parlava -o almeno, provava a parlare- con una Cacciatrice, che aveva avuto il compito di riparare la sua Ford. Quel ragazzo era adorabile, cercando di spiegare il perché degli specchietti ovunque -telecamere, erano tutte telecamere che Apollo usava per tenere d'occhio il figlio durante la guida-, perché si giustificava per qualcosa d'innocuo, soltanto a causa delle idee delle ragazze, come se fosse sempre lui a doversi adattare al mondo di qualcun altro e mai il contrario.

Era sempre così gentile.

Anche quello fu un gesto automatico, forse una sfida alle Cacciatrici stesse, forse era dovuto all'impaccio di Peeta, che ispirava tenerezza, forse entrambe le cose.

Katniss si mosse verso il ragazzo velocemente, lo abbracciò e gli lasciò un bacio pericolosamente vicino al lato della bocca. "Sono felice che tu sia vivo"

"Spero tanto che adesso non sia in onda Me&MyHeart, altrimenti sarà Afrodite ad ucciderci" rispose lui.

Katniss scoppiò a ridere e pensò che unirsi alle Cacciatrici non era per niente nei suoi piani "Non penso lei parlasse di questo tipo di bacio"

Nella tasca destra della ragazzina la bilancia a due piatti che le aveva dato Nemesi si inclinò completamente da un lato ed iniziò a bruciare contro il tessuto jeans. La semidea si allontanò di pochi passi da Peeta, prendendo l'oggetto tra le mani, ma facendolo cadere immediatamente, a causa del calore.

La decisione è stata presa diceva la voce di Nemesi nella testa di Katniss nel bene o nel male, sarai stata tu a decidere.


💭🔆🎡🔥



Peeta sembrava essere incredibilmente felice, col suo zaino in spalla, il rumore delle onde del mare e quell'enorme orsacchiotto in mano, che copriva il suo viso alla vista di Katniss. In più, in bocca aveva dello zucchero filato che mangiava grazie alla mano libera.

La semidea, camminando accanto a lui, ancora si chiedeva come fossero finiti nel New Jersey, a passeggiare tra giostre pericolanti e persone rumorose. Aveva un brutto presentimento, su questa storia, ma aveva lasciato correre, seguendo l'inclinazione eroica del suo compagno di viaggio.

Nonostante, difatti, Peeta Mellark sembrasse essere completamente sopra le nuvole, mangiando felicemente qualsiasi schifezza, il ragazzino aveva condotto la sua Ford nel Jersey perché aveva visto una fila di case andare in fiamme. Fosse stato per Katniss le case avrebbero continuato ad andare in fiamme e lei avrebbe continuato a cercare quel Posto Sicuro di cui Portia e Haymitch avevano parlato. Non sembrava così difficile. Doveva solo arrivare a Las Vegas e cercare l'entrata a quel Campo. Facile, no?

Peeta però era diverso.

Vedendo il fuoco, il ragazzino aveva girato verso le case in fiamme e si era praticamente buttato tra quelle, cercando di salvare chiunque era possibile salvare.

Katniss all'inizio era rimasta imbambolata, guardando Peeta correre a perdifiato ed iniziare ad aiutare i vigili del fuoco. Quando si era poi buttato in mezzo al fuoco, si era dovuta contenere da gridare "Peeta no!", ma poi pensò che doveva essere umiliante per un ragazzo essere protetto continuamente da una ragazza. Gli corse dietro e l'aiutò. Quando lui le sorrise grato, sentì le guance andargli in fiamme. Fortunatamente Peeta non se ne accorse: abbassò subito lo sguardo, spostando la sua attenzione altrove.

La cosa bella di essere un semidio è che si è così abituati al pericolo da riuscire a mettersi in pericolo per aiutare gli altri.

"Questa è opera di un mostro" aveva detto Haymitch, mentre Peeta s'infilava nella Ford, alla ricerca di vestiti per potersi cambiare "Uno di quelli più antichi. Forse un Elementare"

A guardarlo in quel momento, con quell'orsacchiotto in mano e quel sorrisetto da ebete, Katniss non avrebbe mai detto che fosse lo stesso Peeta che aveva insistito per andare a investigare su quale tipo di mostro stava distruggendo le case e per quale motivo. Seriamente, a guardarlo in quel momento, le sembrava che l'avesse spinta a andare nel New Jersey solo per salire sulle giostre e mangiare cibo spazzatura.

Katniss leccò il suo gelato alla fragola.

Delizioso.

"Quando comparirà" disse con un sorriso il ragazzino, indicando una giostra a caso "coprimi le spalle, con l'arco, dico. E speriamo che le freccie abbiano effetto"

La ragazzina girò impercettibilmente la testa verso il suo zaino, dove aveva messo le frecce con la punta in bronzo celeste ed ossidiana che Peeta le aveva affidato la notte in cui avevano salutato le Cacciatrici. Tienile tu, aveva detto, per quanto sia io il figlio di Apollo, ho la sensazione che quest'arco fosse per te e non per me. Regalo di Apollo quanto volete, ma in quel momento era un regalo di Peeta per lei.

Quando, tempo dopo, scoprì di essere figlia di Ermes, Katniss fece un sogno dove Ermes giocava con delle budella e quelle budella di pecora diventavano una lira che donava ad Apollo.

Sogno stupido, ma Peeta aveva emulato lo stesso gesto di Ermes, donando qualcosa a cui teneva, in un certo senso, per una pace ed un legame con lei. E quel regalo era diventato, per lei, l'oggetto più prezioso in questo mondo.

"Non puoi uccidere nessuno con un solo pugnale"

"Mi sottovaluti"

"Sono realista"

"Scommettiamo allora. Io dico che lo sconfiggerò in cinque minuti, con te che mi copri le spalle, o dieci, se sarò solo" Peeta aveva un sorrisetto piuttosto sicuro sulle labbra.

"Non sei credibile con quell'orsacchiotto in mano"

Il biondo fece spallucce, continuando a mangiare il suo zucchero filato. Pagò due biglietti per le montagne russe e le fece l'occhiolino.


🔆💫🔅🔥


Quando una colonna di fuoco era comparsa in mezzo all'acqua, Peeta aveva portato gli occhi al cielo e si era chiesto per quale motivo non aveva seguito il consiglio del suo papà putativo e non si era segnato al corso di nuoto con suo fratello maggiore.

Ora, il fatto di non saper nuotare non lo fermava dal volersi gettare contro quella colonna di fuoco. E no, non voleva veramente che Katniss lo seguisse in una folle impresa che lui si era appena inventato. Però era un eroe, per Ercole!, non poteva lasciare che un demone, o uno spirito, o qualsiasi mostro immaginabile, uccidesse dei mortali.

Quindi aveva fatto segno a Katniss di rimanere nel Luna Park e che l'avrebbe contattata, se fosse stato necessario. Come, ancora non lo sapeva. Né gli interessava. Voleva tenerla lontana da ogni pericolo.

Già si sentiva completamente colpevole di aver deviato il loro viaggio per Las Vegas, dove doveva trovarsi il Campo Mezzosangue, ed averla portata nella costa opposta alla loro meta, ma qualcosa, dentro di lui, gli diceva che quella che stavano seguendo era la via giusta. E che doveva fermare quella colonna di fuoco.

Quindi, quando Peeta si buttò in acqua, non aveva neanche un piano di salvataggio, per tornare indietro.

La colonna di fuoco andava verso una spiaggia disabitata, che era vicina ad un quartiere sovrappopolato. Peeta si trascinò in acqua, cercando di muoversi il più velocemente possibile ed intanto pensava a come sarebbe riuscito a combattere uno spirito elementare con quella velocità così ridotta ed i suoi movimenti impediti.

Quando si trovò in linea d'aria ad una ventina di metri dalla colonna di fuoco, virtualmente di fronte a quella, una rete cadde sulla sua testa, impedendogli ogni tipo di movimento.

Era una di quelle reti che più ti muovevi e più ti stringevano ed in pochi secondi sentì la corda premere pericolosamente contro il suo collo.

Mangiò un sacco di sabbia. Sabbia sporca, però, cosa che rendeva il suo sapore ancora peggiore e la sensazione di avere sabbia dappertutto ancora più irritante.

Dèi. Che odio. Voleva salvare delle persone e non ci si era nemmeno avvicinato che già era stato catturato da... eh, appunto, catturato da cosa?

Delle dita veloci presero a liberarlo dalla stretta della rete, mentre sentiva dei suoni sconfusionati da un'ombra che sembrava cercare di aiutarlo.

"Finnick! Cos'è?" una voce femminile che si avvicinava nel buio della notte.

Peeta era sempre più felice di aver lasciato Katniss nel Luna Park.

Dall'ombra uscirono altri suoni inconcludenti.

"Oh, per favore" rise la voce femminile "Un raga..." si fermò di colpo, puntando i suoi occhi su quelli azzurri di Peeta "Oh" esclamò "Oh" ripeté, iniziando ad aiutare il tale, Finnick, a slegarlo "Ci spiace, ci spiace, ci spiace"

"Penso non sia niente" si sedette a terra il biondo, massaggiandosi il collo "Chi siete voi?"

"Annie" si presentò la ragazza, indicandosi "e lui è..." il ragazzo accanto a lei lasciò uscire dei versi incomprensibili dalla bocca, di nuovo "È la tua punizione. L'hai scelta tu" rispose lei innocentemente "Lui è Finnick" gli occhi di entrambi i ragazzi davanti a Peeta saltavano dal ragazzino ad un punto non molto specifico nel cielo. Il biondo si girò di scatto, vedendo la colonna di fuoco pericolosamente vicina a tutti e tre.

"Emm" disse, portandosi inconsciamente la mano sulla tasca dove nascondeva il pugnale che Katniss gli aveva affidato "Penso che dovreste andare al Luna Park per, non so, fare quello che di solito fanno le coppiette"

"Noi non stiamo insieme" rise Annie, anche se il ragazzo protestava animatamente con suoni incomprensibili "E comunque, che ci fai tu qui?" i suoi occhi continuavano a fissare il cielo ed iniziò a mordersi il labbro "Non dovresti vagare da solo a quest'ora"

"Pipì" buttò lì Peeta. Finnick alzò gli occhi al cielo ed indicò nervosamente il ragazzino.

"No, non penso..."

Ma era comunque troppo tardi per parlare.

Dell'aria calda si mosse verso i tre e sopra di loro Peeta riuscì a vedere il cielo tingersi di rosso. Se non fosse stato per la situazione da bollino Rosso-Nero-Pericolo-Di-Morte-Scappa-Ora, Peeta si sarebbe gettato a terra, per poter osservare quelle sfumature meravigliose in cielo. Ma, come già detto, non era esattamente il momento opportuno per contemplare dei giochi di colore.

Finnick prese la rete da per terra e mormorò qualcosa. Annie annuì, iniziando a scalare il palo della luce più alto che ci fosse intorno a loro "Non abbastanza. Non abbastanza!" gridò verso Finnick, che sbuffò.

Solo in quel momento Peeta si rese conto che dove la rete era intrecciata si trovavano delle pietre con degli stranissimi simboli incisi "Semidei" mormorò "O pazzi"

Finnick sorrise verso di lui ed alzò le spalle.

Il biondo annuì di rimando, serio, alzandosi da terra ed iniziando a correre, pensò quanto il suo gesto potesse sembrare agli occhi altrui codardia.

Ermes, ti prego, ti prego, ti prego, fammi volare, fammi correre più velocemente possibile.

Ci volle poco, in effetti.

Corse verso la sua Ford. Oh, la sua Ford, la sua stupenda, bellissima, incredibile Ford "Haymitch, togliti di mezzo!" gridò il ragazzino al satiro, che mangiava un cheeseburger sul cofano della macchina. Frenò appena in tempo per non rovinare sull'auto.

Haymitch alzò le mani, allontanandosi con fare indifferente. Peeta aprì lo sportello, iniziando a premere vari tasti, finché la Ford non divenne una Vespa.

Ah, quei trucchetti nascosti da Apollo! Mai Peeta fu più grato a suo padre per un suo regalo e per la sua voglia di strafare.

Il ragazzino salì sulla Vespa, gli diede gas e questa prese a volare. Arrivò da Annie e Finnick in pochi secondi.

Lei cercava ancora un palazzo abbastanza alto da poter arrivare all'Elementare e Finnick si guardava intorno, preoccupato, con quella strana rete in mano.

"Vieni" gridò Peeta al ragazzo, allungando la mano destra "Devi sbrigarti. Vieni. Su!"

Finnick in un primo momento fu piuttosto sorpreso. Poi sorrise di nuovo, saltando sulla Vespa ed indicando un punto sul cielo che doveva inseguire. Peeta diede gas al motore e partì.

Dovette volare in circolo intorno alla colonna di fuoco. Faceva caldo, tirava vento soffocante ed i visi dei due stavano diventando rossi. In più il continuo rumore di Finnick che cercava di mettere insieme due sillabe con un minimo di senso distraeva Peeta non poco.

Arrivarono esattamente davanti allo Spirito della Natura.

Peeta non era mai stato un fan di quelle equazioni arbitrarie secondo le quali mostro è sinonimo di cattivo e bello sinonimo di buono. Ad esempio, Finnick era bello ma in un primo momento non sapeva se poteva fidarsi o no. Lavinia era un mostro, ma teneva ancora i bigliettini che lei utilizzava per comunicare con lui nella tasca interna del suo zaino.

Non aveva mai pensato, però, che un mostro potesse soffrire così tanto da poter liberare tutta la sua energia in una volta, contro la sua volontà. Insomma, aveva sempre pensato che se qualcuno faceva del male, lo faceva per propria scelta, non per... questioni fisiche, perdite di controllo. Quella Elementare del Fuoco stava soffrendo, imprigionata dalla sua stessa forza "Cosa devo fare?" chiese a Finnick. Il ragazzo gli disse, a gesti, di volare più in alto, per potersi lanciare sullo Spirito. Peeta obbedì.

Finnick studiava la rete tra le sue mani, con impazienza e con i gesti fece capire a Peeta che avevano un solo tentativo per catturare lo Spirito e che, qualunque cosa fosse successa, lo avrebbe dovuto riacchiappare sulla sua Vespa prima che si schiantasse a terra.

Non sembrava preoccupato, nonostante stesse affidando la propria vita ad un ragazzino che aveva appena incontrato per caso. Il biondo stava iniziando a pensare che, in effetti, si era incontrato con due pazzi.

Il maggiore gli fece un occhiolino, prima di staccare entrambi i piedi dalla Vespa.

Peeta avrebbe voluto vedere il salto di Finnick a rallentatore e dal basso, come li mostravano nei film, ma quello si buttò con così tanta velocità che gli fu difficile afferrare la leggera teatralità con cui lo fece.

Finnick cadde esattamente sulla testa dello Spirito, con la rete aperta tra le braccia, cosicché sembrò che si fosse buttato a braccia spalancate per poterlo abbracciare ed imprigionarlo sotto una marea di baci. Il che sarebbe stato esilarante con Annie in basso ad osservare la scena, e questo era un dettaglio che, nonostante li conoscesse da poco, non sfuggì al ragazzino.

Fatto sta che, nel momento in cui quella rete toccò il corpo dell'Elementare, il fuoco intorno a loro si estinse, spegnendo l'enorme colonna di fuoco che lo intrappolava.

Sotto questo punto di vista, il piano stava andando alla perfezione.

Peeta si buttò in picchiata dietro di lui, superandolo e cercando prendere entrambi -Finnick e lo Spirito- afferrando il braccio del ragazzo. Ma, per quanto Finnick stirasse il braccio, cercando di acchiappare la mano del ragazzino, le loro mani non s'incontravano e la terra era sempre più vicina.

Finnick teneva l'Elementare tra le sue braccia, avvolta dalla rete e, in un primo momento, si trovava più vicina alla terra di quanto lo fosse lui. Sembrandogli impossibile che Peeta riuscisse a prenderlo, nonostante la velocità che aveva preso con la Vespa, ruotò, scambiando le posizioni, cosicché l'Elementare fosse più vicina a Peeta. In questo modo, l'impatto a terra più duro lo avrebbe avuto lui e si sarebbe rotto un bel po' di ossa, o forse sarebbe morto, ma lo Spirito non si sarebbe ferita più di tanto. Se era fortunata non sarebbe neanche morta.

Era un gesto di cavalleria sul quale Finnick non dovette neanche pensare. Era nella sua natura fingere di essere un Principe Azzurro.

Peeta, dal canto suo, vide quel gesto come un invito ad acchiappare entrambi dalla rete ed allungò la mano, cercando di afferrarla da una di quelle pietre incise.

"No!" sentì gridare Annie da terra "Non toccare la rete! Non dalla rete!"

Eppure il ragazzino rimosse immediatamente le parole della ragazza. Accelerò ulteriormente ed allungò di nuovo la mano, riuscendo ad afferare la rete, prima che Finnick e l'Elementare si schiantassero a terra.

La rete prese a pizzicare tra le sue mani, quasi facendogli male e Peeta dovette mordersi l'interno delle guance per non lamentarsi del dolore.

"Lascia la rete!" sentì gridare Annie da terra "Lasciala! Non puoi toccarla è impregnata di..." Peeta staccò il cervello, ignorando la ragazza. Dovette concentrarsi con tutto se stesso, per poter riuscire ad arrivare a terra e posare rete e Vespa.

Una volta compiuto quell'atto sentì le sue gambe cedere e vide le sue mani tremare. Cadde a terra senza forze, ma si congratulò con se stesso.

Grazie agli dèi, non era caduto svenuto per la terza volta in sei giorni.


💭🔆🔅💫


La prima cosa che Finnick vide di Katniss fu una freccia.

Fortunatamente, l'essere a capo della Capanna Sette, lo teneva piuttosto allenato nello schivare frecce selvatiche, come le chiamava lui, che volavano ovunque e non faticò molto a spingere Annie di lato, vedendo la freccia passargli davanti agli occhi.

Katniss, comunque, non era rimasta ferma a controllare di aver colpito il suo bersaglio. Corse verso il marciapiede dove Peeta era seduto, pallido, mentre teneva una borraccia in mano.

"Peeta!" gridava, buttando a terra il suo zaino, ma tenendo stretto il suo arco nella mano sinistra. Fu davanti al ragazzino in veramente pochi secondi, tanto che probabilmente Usain Bolt sarebbe stato invidioso della sua accelerazione "Peeta" mormorò, poggiando la sua mano destra su una sua guancia. Il ragazzo le sorrise "Haymitch mi ha detto che eri qui e...", baciò la guancia sinistra di Peeta.

Avevano fatto una scommessa non ufficiale. Peeta era vivo ed era accanto a lei. Aveva vinto e Katniss non era mai stata così felice di perdere.

"Sto bene" assicurò il ragazzino, sembrava esserne convinto, ma non era molto convincente; il suo viso era bianco come un foglio e le sue mani non smettevano di tremare. Le labbra erano diventate viola e la sua voce era un flebile sussurro.

"Starà bene" assicurò la ragazza mora, in piedi dietro di lei "Ha toccato due volte in pochi minuti una rete forgiata con la magia. Per un figlio di Apollo potrebbe significare la morte, non sono fatti per entrare in contatto con la magia. Sai, quella roba della razionalità e dell'irrazionalità. Finnick è protetto da un'antica magia. L'ho fatta io. Altrimenti anche lui sarebbe morto in poco tempo"

Il ragazzo accanto a lei mormorò qualcosa d'incomprensibile. Lei alzò gli occhi del cielo.

Katniss si girò verso di loro, con l'arco teso verso Annie ed un ringhio "Cosa gli avete fatto?"

Annie la guardò stupita e scambiò uno sguardo veloce con Finnick "Noi non..."

"Lui" mormorò Peeta, posando una mano sulla spalla di Katniss e facendole abbassare l'arma "penso sia un mio fratellastro" sorrise "possibile io non possa mai essere il fratello maggiore che tormenta i più piccoli?"

Katniss aggrottò le sopracciglia, guardando Peeta che rise, mentre beveva da quella borraccia un po' di liquido. Finnick aprì la bocca lasciando che uscissero dei suoni vuoti da quella.

"Non berne troppa. Troppa ambrosia potrebbe ucciderti" avvertì la ragazza, inginocchiandosi accanto al biondo. Finnick ripeté gli stessi suoni antetiori e Annie sospirò "Finnick dice che al Campo potrai tormentare un sacco di persone. Preferibilmente non lui"

"Perché lui non può parlare?" chiese diffidente Katniss, che si era interposta tra la ragazza e Peeta, con fare protettivo.

Annie rise nervosamente "Punizione" borbottò alla fine, grattandosi la testa "Lui ha, come dire?, fatto una cosa che non doveva fare. O almeno così mi ha detto Delly. E, mentre facevo l'incantesimo per proteggerlo dalla magia delle rune, ho, mmm, aggiunto un incantesimo e... tra qualche giorno potrà parlare di nuovo. Penso"

"Incantesimo?"

Peeta le tirò la manica della maglietta per attirare la sua attenzione. Sembrava stare meglio, le sue guance stavano lentamente riprendendo il loro normale colorito e così anche le labbra. Ma le sue mani continuavano a tremare "È una figlia di Ecate, Katniss" disse con un tono sereno e sollevato "Vengono dal Campo Mezzosangue"
 

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Capitolo 6
*** Percy Jackson e gli Dei dell'Olimpo- Lo scontro finale II ***



Autore: M I K I (Su Efp), MichiGR (sul Forum)
Fandom: Hunger Games
Titolo: Sembrava veramente molto più semplice
Rating: Verde
Personaggi: Peeta Mellark, Katniss Everdeen
Genere/Avvertimenti: Avventura, Romantico
NdA: Ho un debole per i finali. Quello che poi ti lasciano lì ad aspettare un seguito e dici “Cavolaccio, quell'uomo-barra-donna mi vuole uccidere!” (Rick Riordan e le sue dediche ad inizio libro. Lo ucciderei se non amassi Percy Jackson, davvero!), però sei felice di aver letto.

Non so esattamente quante persone siano state felici di aver letto questa mia storia. Io sicuramente sono stata felice di scriverla.

E questa è la fine.




 

Sembrava veramente molto più semplice

E lo sarebbe stato se non ci fossero di mezzo profezie, papà divini impiccioni, satiri ubriaconi e fratellastri narcisisti


Un ringraziamento speciale a Mary-chan, che mi ha fornito la giusta dose di autostima e, come sempre, alle mie sorelline, che penso siano le mie fan numero uno (in due, sì, è spiritualmente possibile)


 

Capitolo 6


"Non mi dai un bacio di buona fortuna? È una specie di tradizione, no?"
~Percy Jackson e gli Dei dell'Olimpo, Lo scontro Finale




"Las Vegas?" ripeté per la quarta -o quinta- volta Annie. Doveva essere molto arrabbiata, ma la sua apparenza minuta e dolce stemperava la sua ira esterna. Finnick aveva incrociato le braccia, scuotendo la testa.

Il ragazzino biondo osservava i tre davanti a lui, seduto su un vecchio divano in un motel del New Jersey, con Katniss addormentata sul suo braccio e gli occhi a mezz'asta. Aveva coperto Katniss con un lenzuolo, il meno sporco che aveva trovato, il più caldo a loro disposizione, visto che fuori dal motel c'erano esattamente 4 gradi Celtius, secondo Portia. Che poi, Peeta ancora non aveva capito come funzionavano i gradi Celtius, ma questo poco importava.

Importava, invece, capire per quale motivo Haymitch voleva portare lui e Katniss a Las Vegas, lontano dal Campo Mezzosangue ed ogni protezione.

"Voleva spendere tutte le sue dracme nei casinò?" ipotizzò, stropicciandosi un occhio.

Annie rise, in piedi davanti al satiro. Fece cenno di no con la testa "Casinò Lotus" disse quelle parole come se queste spiegassero tutto al piccolo semidio "O sbaglio?" aggiunse, voltando la testa verso Haymitch che guardava il suo bicchiere vuoto, indifferente ed evasivo.

"Questi bambini non meritano il loro destino" disse come se fosse ovvio. Si riempì il bicchiere di un liquido giallognolo che agli occhi di Peeta sembrava tanto pipì "Era l'unico Posto davvero Sicuro. Era quello che mi hanno chiesto"

"Non capisco" mormorò Peeta. Il sonno stava per prendere il sopravvento su di lui, in pochi minuti si sarebbe addormentato, senza turni di guardia, o paura di un mostro che attaccasse lui, o Katniss.

"Nel Casinò Lotus il tempo è alterato. È come se avesse una linea temporale tutta sua, più lenta di quella di tutti noi, e una volta che esci di lì, ti rendi conto che il mondo è cambiato, che è andato avanti. E in quelle che ti sembravano poche ore, il mondo è andato avanti di mesi, o anni" spiegò con voce pacata la ragazza "È una prigione; ne esci senza niente"

"Sarebbero stati vivi"

"Il Fato ti perseguita!" alzò la voce Annie. Teneva i pugni chiusi e lo sguardo basso. Haymitch però non se ne rese conto, era troppo preso a guardare il suo bicchiere nuovamente vuoto. La ragazza si schiarì la voce e chiuse forte gli occhi, come se stesse lottando per rimanere in sé "Non importa quanto tempo passi. Ti troverà sempre. Ti puoi nascondere o anche non vivere, come si fa nel Casinò Lotus, ma il Fato ti troverà. Non si ha via di scampo!" poi i suoi occhi persero la lucidità che fino a pochi momenti prima albergava in lei. Iniziò a borbottare, a guardare a destra a sinistra, dicendo due frasi logicamente opposte "Non si può scappare. Si può scappare. Il Fato governa tutti noi. Il Fato si può cambiare. Sarò io a... no! Non sarò io!" si prese la testa tra le mani, coprendosi le orecchie ed iniziò a gridare, cadendo sulle sue ginocchia "Stammi lontano Finnick. Sta qui, per favore, Finnick" il ragazzo s'inginocchiò accanto a lei e le carezzò dolcemente la testa.

Lui parlava, anche se nessuno oltre ad Annie lo capiva. Il suo tono era dolce, rassicurante. Lei continuava a gridare ed a dimenarsi istericamente. Finnick non smise di abbracciarla e di carezzarla.

Peeta portò il suo sguardo su Katniss, che dormiva serenamente sul suo braccio.

Chissà che destino tremendo stava aspettando Annie. Chissà se avrebbe vissuto abbastanza da poterlo vedere.


🔆🔅💭💫🐎💤🏡



Parlando ipoteticamente.

Se un'ipotetica persona avesse potuto vedere da fuori la Ford rossa, che viaggiava ad una velocità vertiginosa tra le nuvole, avrebbe visto Finnick al volante ridere e girare senza criterio alcuno a destra ed a sinistra, mentre un più piccolo e coscenzioso Peeta premeva pulsanti per fare in modo che la traiettoria della macchina non fosse irregolare.

Un'ipotetica persona non avrebbe trovato strano che Finnick parlasse, gridando verso il fratellastro minore cose come "Ma è una figata assurda!", anche se Peeta e Katniss avevano sentito per la prima volta la voce di Finnick pronunciare una frase sensata quella mattina, quando, per sbaglio, Katniss gli aveva buttato addosso acqua gelida. Annie aveva spiegato che la magia consisteva generalmente nel modellare a proprio piacimento la Foschia e far quindi credere qualcosa a qualcuno; questo significava che creava un mondo indipendente da quello reale nella testa di qualcuno, ma che se per un istante il mondo reale fosse entrato in contatto con quello inventato, la persona avrebbe ricominciato a vivere nel primo, abbandonando il secondo. Finnick credeva di non poter parlare e quindi non parlava. Che poi non era così male far star zitto Finnick Odair, ma questa è un'altra storia.

Quest'ipotetica persona a questo punto si sarebbe chiesta chi, trai due ragazzi sui sedili anteriori, fosse il maggiore e chi il minore, visto che Finnick sembrava essere ridiventato un ragazzino e stava facendo levitare sottosopra la macchina.

E poi, sempre la persona ipotetica si sarebbe chiesta: "Seriamente: quel ragazzo è ubriaco?"

Difatti, mentre Peeta stava parlando delle migliori tecniche di atterraggio, il maggiore sorrise stupidamente, iniziando a chiudere lentamente gli occhi ed abbandonare la testa contro il sedile dell'auto. Finnick si era appena addormentato.

La stessa cosa era capitata ad Annie, nei sedili posteriori. Lei soffriva di mal d'auto e forse anche di mal d'aereo, si stava sentendo morire e dava il tormento ad Haymitch che dava il tormento a Katniss. In un certo senso, per la ragazzina fu un sollievo vederla addormentata, ma Peeta non era dello stesso parere.

"Cosa sta succedendo?" chiese il ragazzino, gettandosi verso il volante e cercando di mantenere la rotta presa dal fratellastro.

"Succede che siete entrati in campo nemico" rise Haymitch, incrociando le braccia, mentre con la testa indicava fuori dal finestrino delle figure a mezz'aria.

E questo è il punto in cui il lettore viene a scoprire che la persona ipotetica non solo è reale, ma che sono due persone reali, tenute a mezz'aria da altre due persone reali a cavallo di due pegasi.

Leeg2 odiava volare e, generalmente, odiava dover lasciare la sua cabina per un'impresa, o per dover proteggere i confini del Campo. Sbadigliò, dando una gomitata in volo a sua sorella, che teneva gli occhi chiusi, a mezz'aria facendola dondolare. Pollux s'imbronciò, cercando di tenere la ragazza salda dalla maglietta e non farla cadere, mentre Castor cercava di prendere dalla vita Leeg2 e farla salire sulla groppa del suo pegaso.

"Sono sveglia!" gridò Leeg1 "Sono sveglia"

Katniss, da dentro la Ford, iniziò ad agitarsi visibilmente, cercando di afferrare dal suo zaino il suo arco "P-Peeta" chiamò poi, vedendo che il ragazzino era rimasto paralizzato, con una mano sul volante e la testa girata ad osservare i lineamenti di Finnick, che, con la bocca aperta e la bava che cadeva da un lato di quella, ronfava beatamente "Peeta!"

Il ragazzino si girò verso di lei, con il panico dipinto in volto "Si può sapere chi siete?" chiese, lasciando il volante dalle mani.

Katniss lo osservò a bocca aperta, mentre la Ford prese a girare su se stessa verticalmente e la sua treccia scura andava in alto ed in basso, seguendo la forza di gravità.

La ragazzina, presa a guardare Peeta nel panico, non riconoscerla e non volerla nemmeno aiutare, non si rese conto di quando la macchina prese a cadere, andando incontro all'acqua sottostante.

"Stanno cadendo!" urlò Leeg2 "Cadono! Non era nel piano che cadessero!"

Castor la zittì con un solo gesto e, tenendola per la vita la fece sedere davanti a lui sul pegaso, conducendo il cavallo alato verso la macchina. Leeg2, nel frattempo, si agitava, gridando alla sorella di ridare la memoria la ragazzino, perché non si schiantassero in acqua.

Leeg1 dormiva ancora, tenuta dalla maglietta da Pollux. Il ragazzo la scosse, cercando di farle aprire gli occhi "Sì, sì, adesso" bofonchiò la ragazza, annuendo.

Per qualche secondo la Ford sembrò riprendere il controllo ed una Katniss minacciosa si affacciò da un finestrino con un arco teso.

Pollux tirò su Leeg1 e la buttò sul pegaso esattamente come si gettano gli zaini dopo una lunga giornata di scuola, con esasperazione e sollievo, lasciando che la testa della ragazza ricadesse sul lato destro dell'animale ed i piedi sul lato sinistro. Leeg1 non si lamentò, rise, invece, per poi chiudere gli occhi e riaddormentarsi, mentre Deinós il pegaso si buttava all'inseguimento della macchina.

Di nuovo la Ford perse il controllo e prese a viaggiare sottosopra, sulla superfice dell'acqua.

"Rimani con me, Peeta!" si sentiva la voce della ragazzina dalla macchina, che zigzagava pericolosamente "Resta. Con. Me."

Castor infilò una mano nella Ford, cercando di arrivare al volante, ma Peeta gli ringhiò contro, girandolo bruscamente ed allontanandosi da lui, cercando di avvicinarsi alla costa. Katniss scoccò una freccia contro Kalè, il pegaso, cercando di farla impazzire e che i due invasori si allontanassero da loro.

Kalè s'impennò bruscamente, ma Castor fu abbastanza bravo da riprendere in fretta il controllo dell'animale e mantenere Leeg2 in sella.

"Haymitch!?" gridò la ragazza, mentre la Ford volava verso la costa, sempre sottosopra "Amici o nemici?"

Castor fece cavalcare più velocemente Kalé, cercando di raggiungere i semidei.

Haymitch si affacciò dalla finestra sottosopra, schiacciando la testa di Katniss contro il finestrino, e fece per parlare. La ragazzina ebbe il tempo di chiedersi se quel satiro traditore, che voleva mandarli a Las Vegas quando il Posto Sicuro era a Long Island -praticamente a due passi da Washington-, avrebbe detto una bugia per farli ammazzare, o la verità. Poi Leeg1 si svegliò e svegliandosi rinnovò il controllo sulla memoria che aveva su Peeta, e Peeta si dimenticò di nuovo di lei, di Finnick, di Annie, di Haymitch e di come si facesse a pilotare un mini Carro del Sole.

Lasciò il volante, confuso.

La Ford andò a sbattere contro una roccia.

Leeg1, Leeg2, Castor e Pollux si gettarono sopra di loro, pronti a combattere se si fosse trattato di nemici, o a chiedere scusa, se si fosse trattato di altro -tecnicamente, Leeg1 dormiva, ma sono dettagli-. Atterrarono sulla sabbia in groppa ai pegasi e corsero con la mano pronta a sguainare le spade.

Katniss fu la prima a strisciare fuori dalla macchina, tenendosi la testa e tirando la mano di Peeta, malconcio e confuso.

Ovviamente l'Indistruttibile Ford era ancora tutta intera, sottosopra, ma intera.

Mentre uscivano faticosamente dall'auto, due lieve luci si accesero sulle loro teste e rimasero ognuno a fissare il simbolo comparso sulla testa dell'altro, senza nessuna emozione evidente sul loro volto che non fosse orgoglio, o semplicemente la felicità di non essere morti, di nuovo.

"Figlio di Apollo" disse lei, indicando la lira, che suonò al nome di Apollo, sulla testa del ragazzino "Ma questo lo sapevamo già"

"Figlia di Ermes" sorrise lui. Ci aveva messo qualche secondo a riconoscere i sandali alati del dio, probabilmente perché era ancora sotto l'effetto dell'amnesia causata da Leeg1, che in quel momento dormicchiava, appollaiata sulla schiena di Pollux.

Katniss gli sorrise di rimando, più perché era felice di riavere Peeta-Peeta e non Peeta-Scusa-tu-Saresti? e stava per abbracciarlo con quanta forza aveva in corpo, se la voce di Castor non l'avesse interrotta.

"Ci spiace" disse con una voce profonda "Non sapevamo se foste amici o nemici. Ultimamente il Campo ha subito delle perdite. E quando abbiamo visto Finnick ed Annie sulla vostra macchina... ci è sembrato strano, ecco"

Pollux stava tirando fuori dall'auto i due sopracitati, che continuavano a dormire serenamente, a causa dei poteri di Leeg2.

Haymitch, zompato fuori da solo, borbottando qualcosa contro i semidei, sbuffava, seduto su una roccia, guardando interdetto la sua borraccia nuovamente vuota.

"Siamo Leeg2 e Leeg1, figlie di Hypnos" presentò Leeg2, indicando se stessa e la sorella addormentata "E loro sono Castor e Pollux, figli di Iris", continuò indicando i due ragazzi. Poi guardò i due pegasi insicura.

Pollux, inginocchiato accanto ad Annie, iniziò a gesticolare, offeso. Castor tradusse per lui "Dice che i due pegasi sono Deinòs, Terribile, e Kalè, Bella"

Pollux sembrò molto più sereno.

Più tardi Peeta avrebbe saputo che Pollux non aveva più la lingua, come Lavinia, l'arpia. Anche il semidio aveva dovuto sacrificare una parte di sé per qualcuno che amava, per equilibrare una fortuna che sarebbe venuta. Pollux, scoprì in seguito Katniss, era un buon ascoltatore.

"Benvenuti al Campo Mezzosangue" sorrise Leeg2, allargando le braccia, quasi volesse abbracciare tutto il Campo e loro due.

Katniss e Peeta si guardarono intorno e, per la prima volta da quando si erano schiantati a terra videro ragazzi di tutte le età intorno a loro.

Ai tempi non lo sapevano, ma osservarono tutti i loro futuri amici, nelle loro attività preferite.

Effie, seduta sugli scogli, parlava con Flavius e Octavia, mentre si dipingeva le unghie di un brillante arancione, in tinta con la maglietta del Campo. Sarebbero diventati amici quell'inverno, perché Peeta era sempre stato troppo gentile per poterle dire di stare zitta e smetterla di spettegolare. E lei amava essere ascoltata.

Madge faceva crescere delle fragole poco lontano dalla costa, ogni tanto controllava che i suoi fratellastri non la vedessero e se ne infilava in bocca una, assaporandola in tutta la sua bontà. Sarebbe stata l'unica vera prima amica di Katniss, perché paziente e riservata, ma sopratutto perché rispettava i silenzi della figlia di Ermes.

Gale, casualmente accanto ai campi coltivati, studiava le posizioni degli alberi, progettando delle trappole per scogliattoli, che gli sarebbero stati molto utili al di fuori del Campo. L'amore per la caccia accomunava Gale e Katniss e l'amore per Katniss avrebbe accomunato Gale e Peeta. Ma quel che Afrodite non aveva ancora detto a Gale era che la persona che aveva rubato il suo cuore, mangiucchiava fragole e gli donava commenti sarcastici.

Delly, felice e spensierata, affogava un ragazzino della Cabina Undici, che le aveva rubato un braccialetto. Figlia di Iris, sembrava un arcobaleno anche solo dal sorriso. Una personalità come la sua non poteva che essere legata a Peeta, con il quale fu amica fin da subito, creando anche situazioni imbarazzanti tra lei e Katniss. Che sia gelosia? rideva sempre lei.

Ed accanto a loro ci sarebbero stati anche Finnick ed Annie, come fratelli maggiori, ma anche Leeg1 e Leeg2, Castor, Pollux, Cressidra, Boogs, Faccia di Volpe, Marvel, Rue e tanti altri ragazzi che sarebbero diventati parte di loro.

Parte della loro famiglia, diceva Peeta.

Avevano finalmente trovato il loro Posto Sicuro.


🏡🔆❤️💭




"Tu sei rimasto qui da allora" borbottò Katniss, guardando il panorama che la Collina Mezzosangue offriva loro.

"Non ho niente fuori da qui" disse Peeta "I miei amici, tu... siete tutti qui"

Katniss poggiò la sua testa sulla spalla di lui, chiudendo gli occhi ed aspirando tutto l'odore di pane che Peeta emanava. Si chiedeva per quale motivo il ragazzo odorasse sempre di forno.

Peeta non aveva perso l'abitudine di infornare il pane, aveva detto Madge una volta, sembrava essere l'unico collegamento con la sua famiglia mortale, che aveva una panetteria ad Atalanta. Ma Peeta non parlava spesso di sua madre o dei suoi fratelli. Secondo Katniss non tornò mai da loro per paura di non poterli mantenere al sicuro, non essendo certo delle proprie forze. Però il pane continuava ad infornarlo, quasi tenesse vivo il ricordo della sua Vecchia Casa. I figli di Demetra, comunque, lo accoglievano tra loro senza polemiche, cosa per cui lui fu sempre molto grato.

Peleo sbatteva la coda, offeso dal fatto di essere ignorato dai due, e sbuffando nuvolette grigie dalle narici.

Peeta rise e lanciò un pezzo di carne al drago, al quale bastò aprire la bocca, per afferrarlo e poterlo ingoiare, senza neanche aver masticato.

Gli occhi dorati di Peleo, però, non lasciavano quelli azzurri di Peeta, come a dirgli "Va bene; la carne mi piace, ma non ti credere completamente perdonato"

Il ragazzo alzò gli occhi al cielo con un sorriso. Peleo era un drago veramente molto viziato.

"Finnick tornerà" esordì la ragazza, afferrando la mano ruvida di Peeta. Quattro anni prima, le sue mani non erano così, ma, una volta arrivato nel Campo Mezzosangue, il ragazzo si era allenato duramente nel tiro con l'arco ed a suonare uno strumento a corda, e le sue mani, prima morbide e paffute, erano diventate un po' callose, e grandi, e calde "Anch'io tornerò. E tu ci sarai. Ed Annie, per Herakles!, si occuperà di Peleo, così potremmo andare a fare una passeggiata nel bosco"

Peeta scoppiò in una fragorosa risata "È una proposta indecente, Katniss Everdeen? "

La ragazza arrossì completamente ed abbassò la testa per qualche secondo "C-certo che lo è" bofonchiò, per poi lasciargli un bacio così veloce sulle labbra da essere sembrato un'illusione al biondo "Spero per Afrodite che ci stia guardando"

Al sentire il nome della dea, Peeta s'irrigidì, sentendo un colpo arrivargli in pancia ed il respiro mancare violentemente "Fortuna che tengo il mio piano quinquennale sotto il mio cuscino. Lo devo aggiornare" sorrise in maniera forzata.

"Quando tornerò" mormorò Katniss, appoggiando la sua fronte sulla fronte del ragazzo, con gli occhi chiusi, come se stesse pregando "torna anche tu, Peeta. Scommettiamo. Lo facciamo sempre, no?"

Peeta la baciò con calma, prendendo il suo viso tra le mani "Scommetto che sarò qui, ad aspettarti, come sempre"

"Starai accanto a me"

"Sempre"


🔆💋📜💭🙅



"Ti sei divertito al Campo Mezzosangue" stava dicendo Afrodite, con le braccia intorno alle spalle del ragazzo, dondolando a destra ed a sinistra, seguendo un ritmo lento, che solo lei riusciva a sentire "Sei stato felice"

Peeta sospirò, con le mani sui fianchi della dea, dondolando insieme a lei, in una danza da dodicenni imbarazzati -o almeno così era da parte sua. Afrodite sembrava piuttosto divertita, invece-.

Nonostante fossero passati quattro anni, i sogni del ragazzo continuavano a non aver spiegazione, sembrava non avessero senso, o che lui non volesse trovarne un senso. Perché sognare una conversazione fatta poche settimane prima? Perché se lui stesso era stato presente a quella?

"Sì, sono felice"

Afrodite gli carezzò la guancia, sorridendo "E sai che finirà, vero? Manca poco"

Il ragazzo scansò il viso dalle carezze della dea, irritato e spaventato dalle parole di quella. Afrodite prese il suo viso tra le mani e lo rigirò verso di lei, perché i suoi occhi azzurri fossero incatenati a quelli verdi di lei "Lo so" borbottò lui di malavoglia, abbassando lo sguardo verso la terra della grotta.

"Dopo averla incontrata, anche se sai quello che vi succederà, hai sempre molta difficoltà a lasciarla andare" rise la dea "Questo vi rende sempre molto tragici. Siete così carini, insieme"

Peeta si morse il labbro, mantendo lo sguardo basso, ma senza smettere mai di dondolare insieme alla dea, seguendo una musica inudibule. Prese le dita affusolate di Afrodite, facendola roteare su se stessa, mentre lei continuava a ridere "Ne parlate sempre come se fosse ovvio che prima o poi Katniss mi ricambi. Da come parli tu, poi, la mia profezia e Katniss sono collegate, ma non penso che..."

Il ragazzo fu interrotto dalla dea, che scuoteva la testa, con quel bellissimo sorriso tra le labbra carnose ed un divertimento perverso intrappolato tra gli occhi "La tua profezia e Katniss sono ovviamente collegate. Senza Katniss, o Sophia, o Karen, tu non saresti in questa posizione"

"Chi sono queste ragazze?" chiese lui, aggrottando le sopracciglia. Afrodite alzò le spalle ed attese che il ragazzo arrivasse alle proprie conclusioni, continuando a ballare lentamente ed aggraziatamente. Peeta la osservò e gli vennero in mente tutte le volte che suo padre diceva che lei aveva iniziato a giocare col suo cuore troppo presto, ricordò i sogni in cui compariva Katniss ancor prima di averla incontrata, quel Mi sono sempre divertita con voi due, della dea. Quel sempre, come se fosse qualcosa che andasse oltre all'esperienza di un ragazzo di sedici anni, come se ci fossero state altre vite... come se... "Oh" si lasciò sfuggire, debolmente.

Ed allora delle immagini di Katniss, con diversi capelli, con diversi nomi, con diversi sorrisi, iniziarono a fluire nella sua mente, con una velocità esorbitante.

Dovette smettere di dondolare per riprendersi.

Afrodite lo lasciò tranquillo per qualche secondo, poi riprese a muoversi, facendo muovere a forza il ragazzo, ancora inebetito dalle troppe immagini che si susseguivano, senza un'apparente logica, nella sua testa.

"La prima volta vi siete incontrati sotto il nome di Karen e James" iniziò a raccontare la dea "Non vi sareste mai dovuti incontrare, in realtà. Tu nascesti trenta anni dopo lei. Lei non era neanche una semidea, ma Artemide vide in lei lo spirito di una Cacciatrice. Karen non aveva niente che la fermasse dal seguire quella Zitella, giurò di esserne una seguace. Tu eri figlio di un dio minore, non ricordo bene, forse Eolo. T'innamorasti di lei la prima volta che la vedesti, ma partivi dalla prospettiva che non ti avrebbe mai neanche guardato. Dopo anni ed anni di cotta segreta, ti capitò un'impresa e mentre esaudivi uno dei capricci di tuo padre, t'incontrasti con lei. Viaggiasti con lei. Potevi innamorarti di chiunque altro, Peeta; t'innamorasti di lei. E quando un ragazzo come te s'innamora non può che innamorare, anche se lentamente. In più le vostre anime erano fatte per amarsi e lei cadde tra le tue braccia in pochissimo tempo"

"Ma era una Cacciatrice" mormorò Peeta, seguendo i movimenti della dea "Aveva giurato di non innamorarsi, di disprezzare gli uomini. La pena sarebbe stata la morte"

Afrodite appoggiò la sua fronte sulle spalle del ragazzo "E morì tra le tue braccia, in Texas, ricordi? Una delle storie d'amore più belle di quel tempo. Moristi anche tu, di dolore e colpa, poco tempo dopo"

"Poi i Campi..."

"In un modo o nell'altro eravate degli eroi. E potevate sempre reincarnarvi. Avevate paura di perdervi, di dimenticarvi. Tu saresti potuto essere felice anche solo avendola accanto, ma Katniss è sempre stata molto ambiziosa. Voleva il meglio, per entrambi. Un posto dove poteva ricordarti, dove poteva starti accanto sapendoti Peeta, te. Faceste una cosa che non è permessa. E se è stata permessa, lo è stata solo per una svista. Per questo pagate la vostra decisione" Afrodite parlava con calma, appoggiata alla spalla di Peeta, sembrava assaporare la storia dei ragazzi in ogni parola "Avete legato le vostre anime, indissolubilmente, di modo che si richiamassero sempre, in tutte le vite che avreste vissuto, in ogni tempo, in ogni spazio. Fino ad arrivare ai Campi dei Beati"

"Avevo sentito che due ragazzi del Campo Mezzosangue si sono aspettati nell'Oltretomba, che siano stati..."

"Parli di mia figlia? Silena?" chiese Afrodite, dondolando "No. Sai? Se ti reincarni non hai la sicurezza di poter reincontrare il tuo Vero Amore. Il mondo è grande, il tempo è tanto. Non si può costringere il Fato a fare quello che si vuole. Normalmente, il Vero Amore si trova una volta ogni tre vite. Non so come tu e Katniss abbiate fatto nell'Oltretomba, ma avete forzato il Fato, avete piegato le regole del mondo... per Amore. Incredibile, non trovi?" rideva contro la spalla di Peeta.

"Incredibile" fece eco Peeta. Chiuse gli occhi, strizzandoli, non ebbe il coraggio di tropicciarne uno, togliendo una mano dai fianchi della dea. Ricordò il secondo nome di Katniss ed il viso a lei associato ed il cuore gli diventò pesante, e sentiva che stava iniziando a soffrire per davvero "Sophia era greca, ma io..."

"Mio figlio. Augustus, figlio di Venere"

"Un romano. Perfetto. Spero Finnick non lo venga a sapere" rise amaramente lui, portando gli occhi al cielo.

"Non un romano. Il Romano. Leader, soldato, amico, fratello. Guidasti i romani in una guerra contro i greci. Fosti fenomenale"

"Stiamo andando di male in peggio" borbottò Peeta, carezzandosi il collo, a disagio "Sophia era figlia di Ade. Andava in giro con quella spada nera ed il broncio. Leader dei greci. C'incontrammo fuori dal campo di battaglia. Lei era ferita. Io ero molto stanco. Passammo una settimana intera insieme, trai boschi, senza sapere l'identità l'uno dell'altra"

"Due anime affini si innamorano in fretta. Due anime predestinate si incontrano. Due anime innamorate e che hanno forzato il Fato per reincontrarsi e reinnamorarsi..."

"Non la riconobbi sul campo di battaglia" sussurrò il ragazzo, con un dolore lancinante allo stomaco "Brandivo la mia spada. Combattevo. Qualcuno aveva ferito Marcus. Stava morendo. Era il mio migliore amico. Avevo paura che morisse. Ho corso. Ho visto una ragazza con una lancia. Aveva in mano lo scudo di Marcus. Io... lei... la uccisi con la spada e lei mi uccise con la lancia"

"Vi riconosceste al momento della morte" concluse Afrodite, annuendo "Un bellissimo finale tragico. Finiste sempre nei Campi Elisei. Foste bravissimi"

"Questa è la nostra terza vita"

"Ne manca una da soffrire"

"Non sono ancora morto"

Afrodite lasciò che il suo dito accarezzasse la parte sinistra del petto, senza smettere di sorridere "Un cuore forte, affronterà giovane la morte. Amare con gran fatica, per cadere per mano amica" Peeta si mordicchiò il labbro "Ti ricordo ancora come mio figlio. Tu hai la mia benedizione. Peeta. E Apollo! È il primo a non volerti morto. Combatterebbe per te. Ma... per quanto noi possiamo essere od essere stati i tuoi genitori, non possiamo fare niente. Siete andati contro il Destino... Avete peccato di Tracotanza. Di Amore"

"Perché mi dici queste cose?"

Afrodite alzò la testa e carezzò lentamente la guancia del ragazzo "Perché la tragica fine è vicina, piccolino" e sembrò triste per le sue parole. Il divertimento nei suoi occhi era scomparso ed al suo posto c'era un sorriso malinconico.

Le mani di Peeta si scontrarono, non essendo più appoggiate sui fianchi della dea.

Nel sogno tutto divenne scuro, per poi diventare tutto bianco.

Il ragazzo riuscì a vedere i suoi jeans sgualciti e la sua maglietta arancione del suo Campo. Guardandosi intorno riconobbe la piccola Rue davanti a lui, con il tipico fumo verde che la avvolgeva, quando aveva una profezia. Sentì la sua mano stretta da qualcuno accanto a lui. Si girò a destra e vide Katniss, col mento alto e le labbra tremanti "...Nessun trucchetto, nessun artificio/La vittoria richiede un sacrificio"

Di nuovo tutto divenne fumoso intorno al ragazzo e la stretta della mano di Katniss si dissolse.

Ma Katniss era davanti a lui, in una grotta, sopra una roccia. Arco teso, sguardo acuto. Peeta non ebbe il tempo di dire niente. Sorrise, stava per dire "Katniss! Ti ho trovato!" ma lei scoccò una freccia contro di lui.

E lui morì.

Il ragazzo si alzò di scatto sul suo letto, col fiatone. La camera era buia, il letto di sopra, in cui dormiva Finnick, era vuoto, ma sulla porta, tenendosi il gomito, con i capelli sciolti, gli occhi vergognosi e grigi, c'era una figura insicura.

"Peeta" mormorò dolcemente; una richiesta muta, che lui accolse senza problemi.

Era da anni che Katniss era tormentata da incubi. Secondo la ragazza erano iniziati da quando aveva capito di essere una semidea. Lei diceva che quando dormiva con lui si sentiva protetta, che aveva bisogno di sentirlo accanto per poter dormire sogni tranquilli. Lo aveva capito durante il loro viaggio per arrivare al Campo; non si voleva negare una buona dormita, in più, visto che le figlie di Afrodite le davano il tormento a causa delle sue occhiaie. E sapeva che infilarsi la notte nella Cabina Sette era dover sentire tutte le notti i commenti maliziosi di Finnick Odair, il figlio di Apollo più legato a Peeta e che le aveva fatto il discorsetto delle Api e le Cicogne la prima volta che aveva visto dormire lei e Peeta nello stesso letto, ma non le interessava. E non interessava neanche a Peeta, cosa che la sollevava molto.

Il ragazzo guardò il buio per un po'.

Gli tremavano le mani, ma si spostò leggermente di lato, alzando le lenzuola perché anche Katniss potesse infilarsi accanto a lui, sul letto.

"Va tutto bene?" sussurrò la ragazza, alzando i suoi occhi verso il viso di lui, prendendo le sue mani, ancora tremanti ed osservando il suo sguardo vuoto.

Peeta la osservò senza dire niente. Ricordò l'espressione che la ragazza aveva nel suo sogno, di ghiaccio, mentre lo uccideva. La vide in quel momento, preoccupata e piccola tra le sue braccia.

Le sue mani continuavano a tremare, ma non importava.

Lasciò un bacio sulla fronte della ragazza, indugiando nel contatto per lunghi secondi. Quando staccò le labbra dalla pelle di lei disse un sentito "Ti amo", che fece drizzare Katniss seduta sul letto. Peeta sorrise e l'abbracciò delicatamente, mentre lei lo osservava, confusa, e lasciava cadere la sua testa sul petto di lui.

"Anch'io" bofonchiò a mezzavoce, senza distogliere lo sguardo "Anch'io ti amo"

Peeta sorrise e le accarezzò i capelli, non disse altro. Nemmeno lei aggiunse nient'altro. E come se quella rivelazione fatta a bassa voce, al buio, non avesse mai avuto luogo, come se non fosse stato il loro primo Ti amo nella loro vita, poggiarono la testa lui sul cuscino, lei sul petto di lui e, come tante altre volte, si addormentarono uno accanto all'altra, in un intimo abbraccio, che sembrava un abbraccio più intimo, quella notte.


La tragica fine è vicina.

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