Operazione Doppio Drago

di ToraStrife
(/viewuser.php?uid=44143)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Irruzione ***
Capitolo 2: *** Inseguimento ***
Capitolo 3: *** Turtle Kombat ***
Capitolo 4: *** Turtle Kombat 2 - The revenge ***
Capitolo 5: *** La tartaruga e il dragone ***
Capitolo 6: *** Turtle Kombat 3 - The Dragon Stones ***
Capitolo 7: *** Bomb Jack(ie) ***
Capitolo 8: *** Jaded Heart ***
Capitolo 9: *** Rolling Thunder ***
Capitolo 10: *** Thunder in Paradise ***
Capitolo 11: *** Nowhere Shell ***
Capitolo 12: *** For might, for right, for the fight ***
Capitolo 13: *** Out of This World ***
Capitolo 14: *** Brothers in Arms ***
Capitolo 15: *** Preparations ***



Capitolo 1
*** Irruzione ***


Double Dragon 2
OPERAZIONE
DOPPIO DRAGO





Prologo 1

TMNT

  Radio Ninjeeay, One Nation, One Station


La mano verde spinse il secondo dito per spostare l'interruttore, che fece illuminare di rosso il led a fianco.

- Cowabunga, fratelli! Siete sintonizzati su Radio Niiiiija, qua il vostro Deejay Miiiichelangelo, caliente come sempre e dentro il guscio possente, voce squillante e spirito esuberante!...

- Basta, per favore, fatelo smettere. - Protestò una voce rabbiosa che tutti conoscevano bene. - Ancora mi chiedo chi abbia avuto la malsana idea di mettere quel casinista in veste di tecnico alle comunicazioni.

- Raf,  per la verità l'idea delle pagliuzze è stata tua - Puntualizzò un'altra voce.

- Donnie ha ragione! - Aggiunse Micky. - E a lui è andata pure di lusso, dico bene, fratello? - Ammiccò con una marcata nota di malizia.

Donatello si limitò a tossire, ben lieto che le trasmittenti non includessero segnali video.
Ma tutti sapevano già il motivo, e Raffaello lo sottolineò con vivo rammarico.

- Già!  Il secchione ha la sua bella, e io sono impantanato con il capo della squadra!

- A proposito, come vanno le operazioni? - Si affrettò a chiedere Don, per sviare il discorso dal terreno minato.

- Leonardo sta sorvegliando la zona.. - Sbuffò il rosso. Avrebbe voluto lui quel ruolo, pur di non imbottirsi le orecchie con le sciocchezze dell'arancione.

- E per le Zanne? - Chiese il viola.

- L'indicatore ne segnala la presenza dentro un vecchio edificio. Il luogo è presidiato. Se non fosse per Leo, avrei già fatto irruzione.

- Chi lo presidia? - Chiese Don. - Il Piede? I Krang? Qualche milizia paramilitare?

- Una semplice gang. - Liquidò Raf. - Un giochetto.

- E perché Leo ti ha fermato?

- Perché stanotte qualcuno ha avuto la stessa idea, e ci ha appena preceduto.

- Back to the show, ragazzi! - Si intromise la voce petulante del Deejay improvvisato.  - Ehy dudes, avete mai fatto caso all'assonanza tra le pronunce dei nostri nomi e i titoli di alcune canzoni? Tipo Donatello, "Don'tell 'em" di Jeremih

- Spegni quella diavolo di musica! - Tuonò Raffaello, - La parola 'silenzio radio' ti dice nulla?

"Silenzio" parlando di Mickey. Come no, sospirò Donatello. Il suo lato nerd trovò, tra l'altro, il cantato familiare, mettendosi a canticchiare. - Rithm is a dancer, it'a soul companion...

- Vedi? Anche all'intellettuale piace! -  Sbottò il frivolo alle cuffie. - Anche se le parole le sta cambiando.

- Non ci fare caso. - Si giustificò Don, ringraziando ancora l'assenza di segnale video. Sarebbe stato troppo lungo da spiegare. D'altra parte, chi negli States conosceva gli Snap?

- Cambia musica! - Sibilò Raffaello. - Questa solfa mi ha stufato.

- Volentieri! - Rispose Micky. - Allora proviamo con Leonardo, Lionhearted di Porter Robinson

Il rithm'n'blues riciclato da antichi brani danzerecci di anni prima venne sostituito con una più esplicita tunza.

- Siamo a posto! - Commentò Donatello, con un facepalm che nessuno vide.

- Brutto imbecille! - Ruggì Raf. - Per 'cambiare musica' intendevo dire farla finita!

- D'accordo, amici ascoltatori! - Esclamò Michelangelo, che nel frattempo accarezzava l'idea di cambiare il nome in DJ Angelo. - Allora passiamo a me: Michaelangelo, My cool angel!

- Non voglio neppure sapere a chi appartiene! - Lo anticipò il rosso. - E non azzardarti a premere quel maledetto play.

- Che guastafeste! - Rimarcò Micky con aria offesa. - Allora finiamo in bellezza proprio con te! Raphael, Rebel Yell!

All'intro chitarristica del famoso brano di Billy Idol, Raffaello questa volta si zittì. Michelangelo si congratulò con sé stesso. Aveva trovato un brano che piacesse al fratello!

Al partire del ritornello, il deejay arancione si unì al sosia di "Spike vampiro di Buffy" nel cantare.

- In the midnight hour, she cried more, more, more...

Ma i "more" lì canto luì da solo, perché la musica nel frattempo si era interrotta, lasciando i suoi gorgheggi stonati a tormentare i fori auricolari dei fratelli.

Quando se ne accorse, il tarta-disk jokey si girò, e piagnucolò.

- Sensei, perchè? - Si lamentò, in direzione del maestro Splinter, che ancora teneva in mano la spina della radio, appena staccata dalla presa.

- Michelangelo! - Tuonò severo il maestro.

Bastò il tono di rimprovero a ghiacciare ogni entusiasmo del giocherellone e a riportarlo sull'attenti.

- Sì, sensei! - Rispose d'istinto, girandosi subito verso la console, pacioccando un paio di manopole per apparire attivo e concentrato.

Il silenzio e soprattutto la pace tornarono finalmente sulle onde radio.
Donatello ne approfittò per chiedere le sospirate delucidazioni sulla situazione da Raf.

- Avete detto che qualcuno vi ha preceduto?

- Sì, - Rispose Raf, sbuffando. - E ci ha praticamente tolto tutto il divertimento.



Prologo 2

Double Dragon
Rescue the Girl... No, not Again!

Whack!
Le nocche si stamparono sulla faccia dell'ultimo vandalo che avesse avuto il misto di ardire e stupidità, a porsi a guardia dell'ufficio capo della banda.
Il pugno fu così forte che dietro la testa del malcapitato, puntellato alla soglia, scavò un piccola crepa.
Quando Billy Lee ritrasse il colpo, una piccola scia di sangue colava dalla fronte del punk, mentre scivolava verso il basso, lasciando una lieve scia rossa lungo il battente.

Il biondo agitò la mano per liberare un po' il guanto macchiato, anche se il colore si confondeva con la tonalità simile dei globuli rossi dell'avversario, poi chiamò a gran voce il fratello.

- Jimmy!

Il castano aveva appena eseguito un salto a gambe divaricate per evitare la coltellata di un rockabillie in canottiera nera, e contemporaneamente atterrare con due precisi calci una prostituta punkabbestia e un energumeno a torso nudo, che andarono a far compagnia al resto dei corpi stesi.
Un doppio pugno in caduta, infine, diede alla testa dell'ultimo il bacio della buonanotte.
Jimmy guardò il coltello di quest'ultimo cadere a terra, quindi lo raccolse.

- Ho finito! - Annunciò. E commentò. - Tutto qui quello che valgono le Tigri di Pang Tang? La solita banda tutto fumo e niente arrosto.

Lo sprezzante commento andava alla scarsa resistenza dimostrata da quegli sgherri all'irruzione nel covo.
Ma anche se fossero stati più forti, fermare i fratelli Lee sarebbe stata comunque un'impresa.
D'altra parte per coloro noti come i Double Dragon picchiare criminali era l'attività di una vita. Avevano sbaragliato organizzazioni ben più impegnative, molto spesso con implicazioni sovrannaturali dietro.
Al confronto dei vecchi Shadow Warriors, questa sembrava solo la solita gang di routine.

- Aspetta, dobbiamo ancora incontrare il boss finale! - Esclamò Billy.

Entrambi i fratelli Lee calciarono la porta all'unisono, che si scardinò e andò a schiantare sul terreno, producendo una grande chiasso e alzando una nube di polvere.

La stanza in penombra nascondeva una figura, che stancamente si stava rilassando su un divano logoro, raccattato da qualche discarica.

- Niente male, avete steso tutti i miei più fidati seguaci.

- Chiamarle Tigri di Pang Tang mi sembra esagerato. - Apostrofò Jimmy. - Questa è la solita banda di immondizia radunata da un po' di bigliettoni.

- Che impudenza, chiamare così i miei allievi. - Rispose la voce. - Ma in fondo hai ragione: loro erano solamente degli sgherri. Ora è venuto il momento di provare il piatto forte.

E così dicendo il capo si alzò in piedi, e venne alla luce.

La figura che ne venne fuori stupì entrambi i combattenti.

- Sei tutto fuorché orientale, amico. - Ironizzò Billy. - Sembri più Mike Tyson.

- Oh, ma io sono molto più forte di quel buffone. - Rispose l'uomo, un negro alto e imponente, vestito di una canottiera stracciata i cui colori richiamavano la bandiera americana, un paio di pantaloni stropicciati che cadevano su stivaletti da pugile.
Era già pronto al combattimento, dal momento che i guantoni da lotta erano già addosso.
I muscoli poderosi e massicci guizzavano mentre il mastino batteva i pugni l'uno contro l'altro.

- Tigri di Pang Tang, eh? - Commentò Jimmy. - Sprizzi la parola "America" da tutti i pori! Venendo qui ci aspettavamo un dojo, non una palestra di boxe.

-  Poche storie. - Troncò Billy. - Riconsegnaci Marian e facciamola finita.

Le parole del biondo presero di sorpresa la montagna di muscoli. - Ma di che diavolo parlate?

- Marian, una bionda mozzafiato, gambe da urlo, hai presente? - Spiegò sarcasticamente Jimmy gesticolando le tipiche curve femminili. - Quella che i tuoi sgherri hanno avuto l'idea di rapire... per l'ennesima volta.

- Dì un po', mi prendi per il cu....? - Sbottò il pugile. - Non vado in giro a rapire pollastre per divertimento personale. Vengono già a frotte a becchettare i miei verdoni.

- Parli sul serio? - Chiese Billy, che cominciò a nutrire un dubbio. - Eppure la soffiata era chiara.

- Per me sta bluffando! - Intervenne Jimmy, tenendo pronto il coltello. - E vuole che gli spezziamo le braccia.

- Le mie braccia? - Sorrise il mastino. - Non vedrai neppure arrivare i miei pugni, o non mi chiamerò più T.J. Combo!




Conosci il tuo fandom

Double Dragon (Neon)

g


La tormentata serie di videogiochi Double Dragon nasce nel lontano 1987 come gioco da bar, convertito poi, con scarso successo, sui maggiori formati dell'epoca.
La trama, molto semplice, verteva sul rapimento di Marian e sulla missione dei fratelli Lee di recuperarla attraverso calci e pugni tra zone urbane, boschive, fino a un covo degno di una setta ninja.
E in quanto punti di riferimento con gli altri due fandom, la serie non è estranea a molti elementi di contaminazioni, arti mistiche oscure (Double Dragon 2), archeologia (Double Dragon 3, rosetta stone), e persino anfibi mutanti (Battletoads & Double Dragon).
I personaggi in questa fic riprendono le sembianze viste in Double Dragon Neo, il più recente remake dell'originale, ma che in sé coinvolge, in modo ironico, anche alcune sparate 'supereroistiche' viste nel cartone animato a loro dedicato ("Due Draghi per una Cintura Nera") e nel fumetto della Marvel,ma soprattutto il film e il videogioco ad esso dedicato ("Double Dragon" per Neo Geo).
In questa, storia, tuttavia, manterranno comunque la loro sobrietà di semplici "combattenti di strada". Almeno per ora.

Alla prossima.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Inseguimento ***


Dragon
Non Apritello quella porta,
perché il silenzio è degli innocenti



Prologo 3
Jackie Chan
Inseguimento


La sala d'aspetto mai quanto in quel momento era gremita di gente.
Jackie questo lo sapeva benissimo.
Trascinando stancamente un voluminosa valigia con le ruote , l'uomo era sceso dall'aereo, dopo un viaggio non certo dei più piacevoli.

- Mai più seduto vicino a un russatore. - Bofonchiò prima di sbadigliare rumorosamente.

La Grande Mela.
Da San Francisco erano state sette ore di volo, più massacranti di un viaggio in Guatemala o in Cina, anche se queste località erano molto più lontane.
Si incamminò verso i cancelli d'uscita, riflettendo sull'incarico che lo attendeva.

- Una reliquia in mezzo alla modernità. - Disse tra sé. - Perlomeno stavolta non è in qualche giungla sperduta.

Sentì una piccola fitta al polso, quello della mano che tirava il bagaglio.

- Spero non sia tendinite. - Commentò,  lasciando la presa e cominciando a massaggiarsi la parte con l'altra mano. - Certo che Jade è davvero esagerata. Quando le ho chiesto di prepararmi il bagaglio, non intendevo portarmi appresso mezza casa!

Jade Chan, la pestifera nipote, aveva come al solito puntato i piedi.
In realtà, era cugina di secondo grado, ma lei lo chiamava così tanto volte Zio, che ormai non ci faceva più caso da tempo.
No, Jade. Le aveva detto. Questa volta tu te ne stai a casa.
Era già stato a New York, nella sua precendente ricerca del Talismano del Serpente, seguito come al solito dalla sua parente.
E come al solito, grazie al talento naturale della ragazzina di cacciarsi nei guai, ne erano successe di tutti i colori, arrivando persino alla sparizione della Statua della Libertà, merito del suddetto artefatto.

Questa volta, però, non si trattava di recuperare l'antichità, quanto piuttosto, banalmente, di portarla all'esposizione del Brooklyn Museum.
Gli Occhi del Drago: questo era il nome dell'artefatto.
Ritrovato in Cina nel XIX secolo, e datato intorno alla Dinastia Han, più o meno duecento anni dopo la nascita di Cristo.
La forma ricordava, come da nome, gli occhi di un drago, rappresentati da due minerali bianchi, circondati ed uniti da una sorta di contorno giallastro.
Il materiale stesso rappresentava uno dei più fitti misteri della storia dell'Archeologia: all'apparenza metallico, in quanto reagiva al magnetismo, era fatto di una lega di cui nessuno era ancora riuscito a riconoscere i materiali.
Ancora più affascinanti erano le leggende che ne decantavano poteri straordinari e misteriosi.
C'era chi diceva che donasse la vita eterna, c'era chi sosteneva che donasse inenarrabili ricchezze. Secondo alcuni, era invece una fonte di maledizioni, altri sussurravano con paura che avrebbe determinato la fine del mondo.
Altri ancora erano convinti che permettesse di vedere attraverso realtà al di fuori della nostra. E infine c'era la leggenda più interessante, quella che sosteneva che gli Occhi del Drago fossero solo parte di qualcosa di più grande, forse un autentico drago, e che ricongiungendosi ad esso, l'umanità sarebbe stata spazzata via dalla furia del mitico rettile.

Qualunque cosa fosse, era una reliquia davvero rara e preziosa. Poteva fare gola a qualche criminale, o peggio.
Per questo Jackie era stato irremovibile, pur a malincuore, impedendo alla piccolina di partecipare al viaggio.
Jackie sospirò: pur convinto di aver fatto la cosa giusta, non riusciva a scacciare un indefinito senso di colpa.
- No! - Disse rigoroso, per persuadersi. - E' meglio che stia al sicuro.
Dopotutto, si trattava solo di qualche giorno. Se fosse filato tutto liscio come l'olio, sarebbe rientrato a casa prima che Jade potesse avere il tempo di dire
"Jackie". E per farsi perdonare (Farsi perdonare cosa?) le avrebbe comprato qualche souvenir. Magari una lampada della caratteristica signora con la torcia.
Una volta constatato che il massaggio era stato sufficiente, Jackie allungò la mano per afferrare la maniglia... e trovò l'aria.

Una sensazione di incredulità e smarrimento lo assalirono, mentre gli occhi si posavano sullo spazio vuoto dove un momento prima vi era la valigia.

- Al ladro! - Gridò istintivamente, mentre lo sguardo si alzò in cerca tra la folla.
L'occhio veloce trovò il responsabile: qualcuno stava scappando con la sua valigia.
Partendo all'inseguimento, l'archeologo ironizzò sulla situazione.

Liscio come l'olio, eh?

Si diede dell'imbecille, in virtù di un vecchio detto cinese che aveva più volte  citato a Jade.

"Sull'olio, si può anche scivolare.".

***

Donatello posò il ricevitore, massaggiandosi le tempie.
Da una parte trovava ancora sconsiderata l'idea di quel piano strambo, commissionato direttamente su richiesta del Sensei.
Ed era ciò che lo aveva più sorpreso: di solito il maestro si era sempre limitato a dispensare consigli, senza mai prendere parte attiva delle missioni della squadra, escluse le rese dei conti personali con Shredder.
Ma l'approvazione del genitore significava tutto, per lui, anche se non al livello di Leonardo, e gli era sempre grato di quanto si fosse preso cura di loro. Obbedirgli ciecamente era il minimo che potesse fare, in quel frangente.
Tanto più che le richieste di sensei erano eventi più unici che rari, e questo giustificava l'eccezionalità di quell'ultima commissione.

Era iniziato tutto il giorno prima, alla fine del consueto allenamento del dojo.
Tutti e quattro i fratelli Hamato si erano disposti, dietro preciso ordine, in posizione seiza.
Il vecchio passeggiò come al solito davanti a loro: esordendo...

- Figli miei, stavolta voglio che mi ascoltiate tutti. - E poi si fermò per strappare via le cuffiette e l'I-pod da Michelangelo. - Ho detto tutti.

- Ecco, si è fatto sgamare. - Sussurrò Raffaello a Donatello, che gli rispose.

- Per forza, si dimenava come un forsennato!

Un colpo di tosse di Splinter li riportò sull'attenti, mentre Leo scuoteva la testa.

Il maestro cominciò a spiegare.
Disse che durante la meditazione, aveva avuto una visione. Era una cosa che lo aveva sconvolto. Riferì di avere conversato con un'entità superiore, che gli aveva assegnato un compito, dal cui esito dipendeva il destino della realtà di come la conoscevano.

Raffaello, il più scettico, bofonchiò già qualcosa riguardo i brutti sogni di Sensei dopo una pizza ai peperoni ripieni.
Michelangelo obiettò, dal momento che lui ne mangiava di solito il triplo del maestro ma non gli succedeva mai nulla.

Un altro colpo di tosse rimise i petulanti in riga.
Donatello fu quello però che espresse la sua perplessità in maniera più esplicita.

- Sensei. Ciò che ci sta chiedendo sfugge ad ogni logica. Fosse anche tutto vero, chi ci garantisce che questa storia degli oggetti da recuperare sia vera?

Splinter non disse nulla, ma tranquillamente si allontanò, invitando con un gesto le tartarughe a seguirlo.
Si avviarono nel soggiorno.

Solo il capo dei quattro, sopraffatto dalla curiosità, si azzardò a chiedere una delucidazione.

- Sensei, ci deve mostrare qualche manoscritto? Una pergamena con una profezia?

Alla domanda di Leonardo, Splinter scosse la testa, e si limitò ad allungare una mano.

Click.

Il televisore si accese.

- La TV?  - Protestò Donatello. - Ma sensei, ci ha sempre detto di non credere a tutto quello che...

Ma la frase si spense a metà quando le immagini che scorrevano indicavano proprio una delle reliquie descritte da sensei.

.... "gli Occhi del Drago. L'esposizione del misterioso oggetto, datato circa mille e ottocento anni fa, avverrà alla tanto attesa mostra prevista il...."


Mentre il gruppo cercava di imprimersi l'immagine della reliquia, Donatello guardò Splinter con sbalordimento.
Il tempismo eccezionale del notiziario, trasmesso all'accesione dell'apparecchio, andavano a combattere contro le nozioni logiche del secchione.

- Sensei, ma come sapeva...?

- Ci vuole concentrazione, disciplina e meditazione! - Sentenziò il maestro, allontanandosi, una mano a lisciarsi la barba. Poi un lembo della bocca si alzò, in tono ironico. - Ma a volte basta un giornale dei palinsesti.



- Donnie? Donnie!

La voce di April scosse il viola dal torpore. Alzò il capo nella sua direzione.
Quando gli occhi rifocalizzarono la situazione, Don trovò il volto della rossa pericolosamente vicino al suo.
E gli stava toccando la spalla con una mano!

Il viola fece un urletto di spavento e si ritrasse, avvampando.
April rispose con un analogo rossore, chiedendosi imbarazzata se il nerd avesse frainteso.

- Ti stavo scuotendo. - Si giusticò, con la faccia dall'altra parte per non far vedere la pelle che stava diventando più porpora delle ciocche. - Non rispondevi e...

Donatello entrò in agitazione, balbettando stupide scuse su sovrappensieri e calcoli sulla missione. Poi il silenzio.

All'improvviso nessuno seppe più che dire.
Per il nerd la missione, le parole del sensei tornarono del cassetto dell'ufficio.
Si rese finalmente conto di essere da solo con l'oggetto di interesse delle sue emozioni.
Si sentì un idiota. E la domanda solita, spesso usata come scherno da parte di Raf, lo tormentò ancora una volta.

Hai fatto progressi con lei?

Il forte stratega della squadra Turtles fece posto a un imbarazzato adolescente, con tanto di dente rotto che trovava terribilmente antiestetico.
Il silenzio stava consumando un momento importante, un'occasione propizia, un 'adesso o chissa quando?'.

Don cercò di rovistare qualche scusa, ma tutto il repertorio gli  sembrava sciocco o fuori luogo.

Dannazione, scemo! Si disse. Dille qualcosa!

E sospirò. Ninja del cavolo. Si rimproverò. Riusciva a bypassare con facilità complicate serrature elettroniche. Con la forza del suo bo poteva anche sfondare porte.
Ma tutto questo potenziale ninja naufragava si fronte ad April.

Chissà se esiste un modo per aprire la porta del suo cuore.

- Donnie!

La voce di April suonò come la sirena dei pompieri, e lo riscosse di nuovo.

- Stasera hai la testa da un'altra parte! - Commentò la rossa con un tono di rimprovero. - Devo dirti una cosa importante!

- Una cosa importante? - Deglutì il viola.

Forse che quella porta affettiva si stava per aprire dall'interno?
La prospettiva fece avvampare la tartaruga, donandole strane sfumature di beige.

- Si sta muovendo.

La rivelazione di April lasciò Don con un grosso interrogativo. Muovendo cosa?.

Poi vide una mano della ragazza sul grembo.

Grembo! "Si sta muovendo". Gravidanza.

- Oddio, sono padre! - Cominciò a urlare Don, in piena crisi di panico. Poi si fermò, in un lampo di consapevolezza. - Un momento, ma noi non abbiamo mai...

- Vedi? - Aggiunse April, mostrandogli l'indicatore. - La reliquia ha cominciato a muoversi.

- Oh! - Commentò Don, preso in castagna. Il castello di carte per aria gli si rovesciò addosso, mattone dopo mattone, lasciandolo in piedi come uno stoccafisso.
Poi il lato intellettuale cercò di salvare le apparenze, mostrando un finto interesse per il puntino luminoso che si muoveva sulla griglia verde.

- Sta venendo verso di noi! - Constatò infine.
Nel suo intimo, intanto, stava pregando il Dio delle Tartarughe affinché April non si fosse accorta della gaffe.


***

Corri, corri, come il vento Jackie.

L'archeologo originario di Hong Kong aveva iniziato il suo soggiorno nella Grande Mela in maniera decisamente movimentata.

- Stupidissimo me! - Si rimproverò, tra un passante schivato e uno saltato a cavalcioni.
Gli avevano sempre detto che la vita a New York era frenetica e che la gente era sempre di corsa, ma mai si sarebbe aspettato di dover adeguarsi alla routine già a pochi minuti dall'arrivo.
Per fortuna la figura che gli aveva preso la valigia non si preoccupava granché di nascondere il suo passaggio.
Una scia di persone buttate di lato e ostacoli frantumati rendevano la pista ben visibile.
Questo presupponeva, comunque, che il ladro fosse molto robusto, oltre che veloce.
Jackie, invece, si faceva fin troppi scrupoli a schivare gente e cose.
In quel momento si sarebbe sentito pronto a vincere i Centodieci ad Ostacoli, purché il tragitto finisse lì.
Urlò di spavento quando, sulla distanza fissa che lo separava dal fuggitivo, passò un carrello multiplo per il trasporto dei bagagli.
Anziché rallentare, d'istinto accellerò e balzò sopra di esso.
Se si sentiva pronto per la Corsa ad Ostacoli, avrebbe dovuto rivedere il suo allenamento con il Salto in Alto.
Infatti, si portò via un paio di valigie che caddero tra le proteste dell'addetto aeroportuario.
Rialzandosi dolorante, vide che la figura aveva preso un bel vantaggio e così, guardando un trolley a quattro ruote, lo spinse e vi ci salì sopra con una gamba piegata, usando l'altra per darsi delle spinte da terra, come su un monopattino.
Il trolley, presa così velocità, divenne un improbabile mezzo di trasporto che Jackie guidò direzionando il manubrio.
Avesse avuto il tempo, si sarebbe congratulato con sé stesso per la straordinaria prova di Slalom tra i passanti che stava facendo.
Si diede invece dell'imbecille quando vide l'inseguitore effettuare un balzo ed andare verso il basso.
- Una rampa di scale! - Gridò.
Urlando con le lacrime agli occhi, Jackie fece una patetica prova di Salto dal Trampolino, distaccandosi dalla cavalcatura durante il volo.
Ebbe la prontezza di unire le gambe e stenderle in un doppio calcio, in un tentativo di scaraventare il trolley contro il ladro.
Il tentativo riuscì e, seppur goffamente, la valigia arrivò dall'inseguito,  che fu costretto  a fermarsi per deviare con il taglio della mano libera il proiettile.
La facilità con cui lo fece era impressionante: quanto era forte quel tizio?
Jackie se la cavò nell'atterraggio finendo su un mucchio di bagagli, tra le proteste di altri due addetti.
Avrebbe mandato una lettera di scuse al personale del JFK, si ripromise.
Il ladro, intanto, aveva ripreso la corsa portando senza sforzo il valigione con una mano sola.
Jackie si corrucciò. Come faceva quel tipo a correre così veloce, trasportare un peso simile con solo un braccio e soprattutto, non avere il fiatone?
Jackie calciò una piccola valigia, mandandola in aria, e poi, con un secondo calcio degno di Del Piero, la usò di nuovo come proiettile contro il malcapitato.
L'inseguito si limitò a schivarlo, e per la prima volta Jackie fece caso all'aspetto della figura.
Non seppe se mettersi a ridere o urlare dall'incredulità.
Quel tipo sembrava vestito esattamente come Predator, con tanto di improbabili dreadlocks.
Jackie si grattò la testa. C'era per caso qualche fiera del fumetto da quelle parti?
L'inseguimento riprese.
Jackie dovette evitare una signora con la gonna scivolandole direttamente tra le gambe, che la stessa divaricò d'istinto, per poi mettersi a strillare, rossa di imbarazzo.
Chan preferì non fermarsi per le scuse e scattò in piedi per correre più forte che mai.
Barcollò per alcuni istanti, con un forte senso di nausea, di fronte alla visione scioccante che aveva avuto qualche istante prima.
- U...uomo... - Balbettò, riferendosi alla verità che aveva scoperto sulla signora di prima.
Soffocò un conato, quando si accorse che erano entrambi usciti dall'edificio.

Il tizio mascherato balzò senza fatica sul rimorchio di un camion che, con puntualità degna della nuvola di Fantozzi, si mise in moto e partì.

Jacke imprecò, guardando l'automezzo allontanarsi con ladro e valigia.
Si guardò intorno, e trovò la soluzione.

In realtà, più che una soluzione, era un azzardo.
Una banda di bikers era posizionata davanti al piazzale.
Il camion era quasi scomparso dalla vista, quindi, anche se la cosa gli sembrava decisamente stupida e irresponsabile, si avvicinò alla banda dei motociclisti, con fare timido.

- Che vuoi, cinesino? - Tuonò un peso massimo, con pancione da birraiolo, occhiali spessi alla Randy Savage, una folta barba riccia e una bandana con il simbolo dell'aquila dalla testa bianca.

- Salve! Scusate, eh! Ecco, avrei bisogno di un passaggio... - Chiese timidamente Jackie.

- Prenditi un taxi e non ci rompere. - Rispose un mingherlino con i dentoni sporgenti, un beanie con sopra l'effige dei Red Hot Chili Peppers, a cavalcioni su una Harley più grande di lui.

- Purtroppo non c'è tempo. - Spiegò Jackie. - Per favore! - Supplicò, sentendosi decisamente fuori posto.

- Ma fatti un giro! - Sbottò il dentone, allungando un piede per calciare via il seccatore.

Jackie afferrò la gamba del motociclista e la sollevò, buttandola dall'altra parte della moto.
Il dentone si ritrovò così disarcionato e a terra, mentre Jackie prese possesso del mezzo e lo mise in moto.

- Grazie e scusami! - Disse Jackie, con il tono più cordiale che poté. - La prendo in prestito e torno subito.

Partì di gran carriera, in direzione del camion.
In pochi minuti minuti lo avrebbe raggiunto.
Durante quel lasso di tempo, perlò, lo specchietto retrovisore si popolò di una, poi due, poi quattro moto.
Segno il resto della banda non aveva gradito il prestito forzato.
E c'era qualcosa che ancora di più turbò Jackie.
Quel qualcosa venne confermato da rumori di spari, e un paio di sibili che sentì fischiare ai fianchi.
Cominciando a zigzagare, Jackie piagnucolò.

- Brutta giornata!



Conosci il tuo fandom

Le avventure di Jackie Chan


h

Non mi soffermerò tanto sulla serie, abbastanza irrilevante qua dentro, se escludiamo il riferimento alla fittizia parente del protagonista, quanto piuttosto sulla star stessa, Jackie.
Archeologo nel cartone, con nemici sovrannaturali e in genere criminali, in genere vive avventure che, ispirandosi agli innumerevoli film della sua carriera, sono un perfetto mix di acrobazie, arti marziali e spettacolarità stuntman-esca tra Hollywood e Hong Kong.
Famoso per la pellicola "Drunken Master",  è anche protagonista di due serie a cartoni, quella a cartoni (a cui il background in questa fic fa riferimento) e una cinese ("Il ritorno di jackie Chan"), che non ha alcun legame con la precedente.
In pratica, una leggenda vivente, che ha combattuto con Bruce Lee e Jet Li, ed ora, anche se solo qua dentro, incrocerà i calci con le Turtles, con le quali condivide quell'agilità e quella 'violenza non violenta' adatta a tutte le età, che la rendono godibile al pari di Asterix, ma anche dei nostrani Bud Spencer e Terence Hill.
Protagonista anche di innumerevoli videogiochi dall'alba dei tempi, ispirati a film, videogiochi o anche solo lui stesso.

Nota curiosa, a lui si ispirarono per il primissimo picchiaduro a scorrimento mai concepito, Kung Fu Master/Spartan X (1984)

g


Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Turtle Kombat ***


Enter The Double Dragon 1
Turtle Kombat

- Uffa, quando si va in scena?

- Ancora non è il momento.

Raffaello si stava dondolando sul cornicione, con aria annoiata. Non gli andava ancora giù il dover sottostare a quell'opprimente attesa.
Aveva sperato fin dall'inizio in una sana scazzottata sullo stile di quelle in compagnia di Casey.
Ma quando quel maledetto sistema a sorteggio lo aveva assegnato in compagnia del fanatico della calma e delle attese, sapeva che le uova gli si sarebbero rotte nel paniere.
Pazienza, gli intimava il Senzapaura.
Pazienza? Erano stati preceduti e Leo parlava di pazienza?

- Si può sapere che stiamo aspettando? Rischiamo che ci soffino l'anticaglia.

- Credo che quello sia il minore dei problemi.

Il tono preoccupato del blu distolse Raf dall'impazienza, sostituendola con curiosità.

Poco lontano dalla postazione delle tartarughe, un nutrito numero di presenze era uscito allo scoperto.

Gli occhi di Leo si  soffermarono sui guerrieri che erano apparsi. Numerosi, mascherati... strani.

- Soldati del Piede? - Si chiese.

L'annuncio suonò come un invito alle orecchie del rosso, che si mise in piedi e sfoderò i sai.

- Shreddy si è unito alla festa?

- Non credo che siano loro. - Si corresse il capo squadra. - Sono... diversi.

- Diversi in che senso?

I riflessi che si poteva cogliere su quelle armature lucenti, di cui i ninja erano completamente rivestiti, ma soprattutto l'aura innaturale che proveniva dai corpi, confermò il dubbio.

- Diversi in senso... metallici.

- Vuoi dire che sono automi? Come i Krang? Come quelle baracche che il Piede usava anni fa?

- Non ne sono sicuro. - Rispose Leo, perplesso. - Sembrano una fazione totalmente nuova.

- Motivo in più per fare conoscenza! - Incitò Raf, i sai roteanti.

- Non avere fretta! Non sappiamo con chi abbiamo a che fare.

I due fratelli dovettero interrompere la discussione, perché una cinquina di razzi era appena stata sparata, e la traiettoria puntava dritta all'ingresso del covo.


***



Billy si alzò ancora una volta, con il fiatone.
Quel pugile era degno della sua fama di boss.
Jimmy protestò. - Coraggio, fratello! Abobo era due volte più grosso!
Il castano tuttavia non sapeva se quel rimprovero fosse rivolto al fratello o a sé stesso.
Nonostante l'ex-campione decaduto noto come T.J. Combo non fosse imponente come il mutante degli Shadow Warriors, egli valeva tutta la sua fama.
E questo i fratelli Lee lo impararono sulla loro pelle, essendo totalmente estranei al mondo del pugilato.
I suoi pugni erano micidiali. Loro, maestri del Sogetsuken, erano rimasti spiazzati da tanta potenza.
Avevano fatto male a sottovalutarlo.
Persino il coltello scagliato da Jimmy a inizio combattimento era stato deviato con noncuranza da un gancio del mastino, andandosi a piantare contro la parete.
Jimmy si lanciò all'attacco del pugile, con una combo di calcio destro e pugno sinistro, il primo schivato da una finta all'indietro e il secondo deviato dal guantone destro.
Il castano tentò allora di entrare direttamente nella guardia con una gomitata, ma T.J.  intercettò prontamente l'attacco e approfittò per mollargli un jab direttamente nello stomaco.
Il combattente in rosso svuotò tutta l'aria dai polmoni come un sacco vuoto, e barcollò nel tentativo di mantenersi in piedi, cosa che permise al pugile di impattarlo con un uppercut sul mento.
Il pugile poté gioire poco dell'avversario al tappeto, perché un piede sulla schiena lo sbilanciò a sua volta.
Il calcio volante di Billy lo aveva sorpreso, e il biondo rincarò la dose con una ginocchiata sullo stomaco.
T.J. rotolò all'indietro, per rimettersi in piedi. Con un guantone, invitò Billy ad un altro round.
Jimmy nel frattempo si era ripreso, e si affiancò al fratellino.

- Questo qua è un osso davvero duro. - Bisbigliò il biondo. - E noi non abbiamo tempo da perdere.

- Potremmo sempre usare quella tecnica. - Suggerì Jimmy.

- Non è molto onorevole in due contro uno, però. - Obiettò il biondo.

Jimmy lo guardò con uno sguardo ironico. - Dico, non è un torneo di Street Fighter.

- D'accordo.

Intanto T.J. Combo stava lanciando inviti all'indirizzo della coppia.

- Tutto qui quello di cui siete capaci?

Il castano lo fulminò con uno sguardo inviperito. - Billy, questo ci sta insultando.

- Allora zittiamolo.

I due fratelli si scambiarono un high five, poi scattarono. Con gran sorpresa del pugile, però, si divisero in due direzioni opposte, e nessuna portava a lui.
Entrambi raggiunsero le pareti alla stanza, poi balzarono verso di esse.
I piedi atterrarono sull'intonaco, e piegando le gambe, si diedero la spinta.
Come proiettili, i fratelli partirono con due rispettivi calci volanti verso il pugile.

- Teste Gemelle del Dragone. - Urlò Billy.

Tuttavia, prima che i due stivali potessero macinare la testa del pugile, la stanza si illuminò, poi un'onda d'urto investì tutti e tre.
Infine, un inferno di fuoco.

***

- Bersaglio centrato. - Annunciò una voce metallica.

Il ninja cyborg abbassò le braccia, mentre gli scompartimenti di lancio si chiudevano, e con gli occhi blu fosforescenti scrutò  l'edificio dal quale si stavano propagando i risultati dell'esplosione.
Se avesse avuto visibile la bocca sotto quell'elmo rosso sangue, lo si sarebbe visto sorridere di soddisfazione.
La sua armatura, interamente scarlatta, lo faceva assomigliare al diavolo che terrorizzava le leggende dei cristiani.
Ma anche prima di rinunciare alla carne ed all'anima per sostituire l'intero suo essere con circuiti, lamiere e cavi elettrici, il grande maestro dei Tekunin, colui che al mondo era noto come Sektor, di umano aveva sempre dimostrato poco o nulla.
Fin da quando uccise suo padre, il Gran Maestro dei Lin Kuei,  aveva condannato la sua anima  all'inferno. 
Sconfitto poi da Sub Zero, il ninja del ghiaccio, e scacciato come traditore, era scappato in Giappone, dove aveva personalmente fondato un nuovo clan, formato da altri che come lui avevano accettato di aderire al delirante progetto, iniziato dal genitore, di fondere uomo e macchina.

- Ma i due Dragoni non servivano vivi? - Chiese una voce a fianco a lui. - Lo avevi detto tu.

Sektor guardò impassibile la strana caricatura umana che aveva a fianco. Non potendo mostrare una comprensibile nota di disgusto, il grande capo dei Tekunin si limitò a spiegare.

- Sarebbe un peccato se fossero stati così deboli.

A quella frase il mutante noto come Baraka guardò il capo cyborg, con aria interrogativa.
La fila di denti aguzzi che dipingevano il sorriso forzato del tarkata si spalancarono per la solita, ingenua domanda.

- E perché allora i razzi?

- Volevo solo dare una scossa a questo posto. - Rispose Sektor. - Tanto più che abbiamo sgraditi ospiti.

- Tu ha ragione. - Convenne l'altro, annusando vistosamente, come un segugio. - Io sente puzza di terrestre Jackson Briggs.

- Quindi non sei stupido come sembra. - Si congratulò Sektor.

Il guerriero dell'Outworld non accolse bene la frecciatina.

- Come tu osa prenderti gioco di me?

- Non c'è bisogno di scaldarti. - Rispose Sektor con un falso tono dispiaciuto. - Per scusarmi, ti permetterò di farlo a pezzi personalmente, mentre io e i miei uomini ci occuperemo di cercare e recuperare le Zanne del Drago.

Ad un cenno della mano, decine di guerrieri si fiondarono dai tetti verso il piazzale, pronti a battere a tappeto la zona.

Sarebbe saltato fuori quel maledetto artefatto, doveva farlo.
Era stato scritto con chiarezza in quelle pergamene, l'artefatto avrebbe reagito alla risonanza con i due uomini che incarnavano gli spiriti dei Dragoni.
Il piano originale prevedeva che l'artefatto avrebbe dovuto mostrarsi prima di entrare in azione, ma la presenza di uno dei Campioni della Terra era una spina nel fianco da non trascurare.
Tanto valeva scatenare subito l'inferno e approfittare poi della confusione.

Baraka, intanto, pregustava il momento in cui avrebbe affrontato il suo nemico di sempre.

- Questa volta le mie lame troveranno il suo cuore! - Promise, mentre due estremità appuntite uscivano fuori dalle braccia in tutta la loro lunghezza.

***

Leonardo aveva osservato la scena con un misto di sbigottimento, incredulità e indignazione.

L'intero edificio era in preda alle fiamme. C'era della gente, la dentro, che stava ardendo viva.
Il maestro Splinter aveva sempre predicato l'uso delle arti ninja per proteggere, e soprattutto, aveva insegnato l'importanza di non ricorrere alla violenza per togliere delle vite in modo del tutto gratuito.

Per anni il bushido insegnatogli dal venerabile maestro aveva guidato la via del giovane, e le ninjato sulla schiena non avevano mai posto termine ad una sola esistenza.

Ma ciò che stava vedendo in quel momento era un autentico insulto e stupro a tutto questo.
Ninja cibernetici, rossi sgargianti come un'orda infernale di demoni spietati.
Armati come i più avanzati mercernari, il loro capo aveva appena fatto saltare in aria un edificio per un puro capriccio?
Era automi? Erano mostri? Cosa diavolo erano?
L'azzurro si accorse che l'odio si era impossessato di lui. Senza accorgersene, una delle spade era già stata estratta e puntata.
La decisione presa d'istinto, bisognava agire.
Leo si girò per dare il sospirato via libera, ma non trovò nessuno.
Raf era già sceso, e stava già combattendo.


Conosci il tuo fandom

Mortal Kombat (1)

g

Non sarà l'unica volta che ospiteremo questo fandom in questa rubrica.

A grandi linee il background del gioco: un torneo di arti marziali rappresenta il 'rituale' che protegge il nostro mondo dal desposta di un'altra dimensione, che dopo aver ridotto il suo regno a un cumulo di rovine, cerca in tutti i modi di fare lo stesso con il nostro. Per questo i 'vecchi dei', entità superiori, hanno deciso questo torneo, che se perso per dieci volte consecutive, consegnerebbe il Regno della Terra, la nostra dimensione, direttamente nelle mani di Shao Khan e delle sue armate.
E questo copre solo primo gioco dei nove, molto più complesso e con storyline complicatissime che non andranno a complicare la fiction, vi basti sapere che i due tomi qua sopra (Sektor e i suoi ninja Tekunin, e per ora, Baraka, ma anche...) sono gli antagonisti che per ora sono venuti fuori, e che incroceranno battaglia con gli eroi designati.
Lo anticipo già, nessun torneo Mortal Kombat per le tartarughe.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Turtle Kombat 2 - The revenge ***


Dragon
Turtle Kombat 2 - The revenge


Tutto intorno era rovina. Le fiamme danzavano, alzando una nube di fumo che copriva il cielo.
Presto avrebbero attirato l'attenzione, e i pompieri sarebbero intervenuti.
Ma per il momento, infuriava una battaglia senza esclusione di colpi.

Raf era già partito all'attacco atterrando un avversario con un calcio volante, poi si era girato e aveva piantato i sai sulle scapole dell'aggressore dietro.
Una fontana di scintille uscì dalle spalle del cyborg, mentre il rosso gli piantò una ginocchiata nello stomaco, e poi estrasse le armi puntellando via il corpo con un calcio ben assestato.
Si dovette gettare di lato, per evitare una scarica di fucilate laser ("E questi sarebbero ninja?"), quindi lanciò uno dei sai contro la testa di uno degli aggressori, e si fiondò per finirlo con un calcio volante.
Gli altri due tiratori vennero sorpresi alla schiena dai fendenti di Leo.
I corpi metallici caddero per terra con un gran clangore.

Le due tartarughe si misero guscio contro guscio.

- Non sembrano semplici macchinari. - Commentò Raffaello. - Non del tutto.

- Non lo sono. - Confermò il blu. - Percepisco in loro degli spiriti, anche se sembrano assoggettati al loro involucro.

- Non parlare complicato come il secchione! - Protestò l'altro.

- Sono persone. Metà uomini, metà macchina.

- Dei fottuti cyborg. - Tagliò corto Raf, parando un colpo coi sai incrociati e regalando una testata all'assalitore.

I due compagni a combattere insieme potevano essere paragonati ad un'aquila fatta di metallo.
Leonardo, le braccia spalancate a tenere le ninjato estese, come ali che fendevano l'aria e le corazze degli avversari.
Raffaello, i sai uniti e tesi in avanti come artigli rapaci, letali e implacabili per ghermire i soldati cibernetici.
La danza sincronizzata delle tartarughe mieterono almeno una decina di vittime prima che gli occhi di Leo trovassero il vero nemico.
Fu a quel punto che Leo saltò, spade alzate, per andare ad attaccare il diavolo.
Ma prima che le ninjato potessero affondare nelle viscere del bersaglio, un altro paio di lame si infrappose.
Le quattro armi da taglio si scontrarono, producendo un fragoroso tintinnio.
Leo non perse tempo a manifestare il suo fastidio, unito a una certa dose di ribrezzo.
- E tu chi sei, sorrisone? - Commentò sprezzante. - Certo che sei davvero brutto.
- Non osare prenderti gioco di Baraka!
Per dare prova dell'avvertimento il mutante dai denti a coltello mise forza alle lame delle braccia e cominciò ad avanzare, contrastato dall'avversario.
Le braccia di Leo stavano tremando per lo sforzo: qualunque cosa fosse, quel tizio era davvero potente.
- Sauride non tanto forte. - Commentò il mutante. - Più debole di Reptile.
- Sauricosa? Io sono una tartaruga...
Leo si abbassò improvvisamente, e ruotò su sé stesso per accogliere l'avversario con un calcio rotante basso.
Sbilanciato in avanti, Baraka venne preso ad entrambe le gambe e subito dopo preso al fianco da un secondo calcio girato.
Bloccare con l'artiglio gli permise di assorbire il danno, ma non gli impedì venire scagliato contro un gruppo di soldati, mandando tutti quanti al tappeto.

- ... ninja! - Precisò il blu, ma non poté cantare vittoria perché una fiammata per poco non lo incenerì.
Rotolò diverse volte all'indietro prima di rimettersi in piedi. Il guscio era bruciacchiato ed alcune ustioni gli avevano segnato la pelle.
Il braccio di Sektor era ancora teso,  il getto del lanciafiamme andando a scemare.

- Non sembrate provenire dall'Outworld. - Commentò il cyborg. - Chi... cosa diavolo siete?

- Per il riferimento al 'cosa', suggerirei uno specchio, a te e quel tuo amico!

La voce di Raffaello venne preceduta dal suo biglietto da visita, il corpo di uno dei Tekunin gettati ai piedi del maestro.

Sektor venne affiancato da un Baraka ancora barcollante.

- Chi essere quei due, compagni di Reptile?

- Rettili dillo alla sorella che non hai!

- Ehm, Raf, tecnicamente noi siamo rettili...

- Senti, Leonardo, non fare il Don....

- Non so chi siate. - Intervenne Sektor, ponendo fine al piccolo alterco delle tartarughe. Nel frattempo, i soldati stesi a terra si stavano rimettendo in piedi, e li stavano accerchiando.

- Lascia spadaccino a Baraka. - Pregò il tarkata, cozzando le lame bracciali l'una contro l'altra.

- Non distrarti dal vero obiettivo. - Gli rispose il maestro Tekunin. - La tua priorità è fare a fette Briggs. - A questi ci pensiamo noi.

- Sempre che noi non facciamo prima a fette voi! - Sfidò la turtle dalla fascia rossa, per nulla intimorita.
Leo, ora un po' meno trasportato, si guardò attorno: almeno una trentina di soldati si stavano avvicinando la coppia, senza contare i due kombattenti mortali.
Appresa l'attuale situazione, il blu tenne pronte le spade, non senza prima un piccolo rimprovero verso il fratello.

- Raf, a volte vorrei che imparassi a tenere il becco chiuso.

***

Un cumulo di calcinacci si scosse.
Le macerie, dopo qualche scrollone, si alzarono, alzando una nuvola di polvere.
Sotto, sporchi di bianco e grigio, vi erano tre uomini.
Feriti, con varie escoriazioni sul corpo, ma fondamentalmente interi.
Ancora non capivano cosa fosse capitato, ma soprattutto, come ne fossero usciti vivi.
Il primo a lamentarsi fu il più grosso dei tre.

- Qualcuno ha preso la targa della testata balistica? - Chiese T.J. Combo, il guantone destro a massaggiarsi la nuca.

- Che diavolo è successo?

La domanda di Jimmy suonò quasi retorica: la risposta era evidente nelle fiamme che divampavano nel perimetro vicino a loro.
Era stato un puro miracolo a portarli via dal ground zero, insieme all'onda d'urto e un pezzo di parete a far loro da scudo.
Così, al posto di essere essere diventati salamandre arrosto, i fratelli Dragoni si erano limitati a venire tumulati insieme a un novello Clubber Lang.

- Hanno un po' esagerato. - Commentò Billy, ancora stordito. Nel tentativo di mettersi in piedi, il biondo appoggiò le mani su una montagnola di detriti.
Con grande sorpresa dell'uomo, una luce cominciò a filtrate da sotto di essa.

- Cosa diavolo è?

Gli altri due si girarono, incuriositi.
I guanti di Billy cominciarono a scavare, fino a trovare un misterioso oggetto di natura ignota.
Era un rettangolo verde su un lato e nero dall'altro, e due piccole punte bianche fuoriuscivano da uno dei lati corti.

- Lascialo immediatamente! - Tuonò una voce.

Billy non ebbe il tempo di dire qualcosa che qualcuno era scattato verso di lui e con un gesto deciso gli aveva strappato l'oggetto.

Nelle mani del nuovo venuto, un bestione afroamericano vestito da militare, l'oggetto smise di brillare.

- Questa roba è pericolosa! - Spiegò, con tono trafelato, come se avesse appena disinnescato una pericolosa bomba a mano.

- E tu saresti?...

Alla domanda di Jimmy, l'uomo in uniforme si presentò.

- Maggiore Briggs. Forze Speciali.

- Mi stupisce che l'esercito sia interessato a quella roba. - Intervenne T.J. Combo. - Ma si da il caso che sia mia.

- Questa è stata rubata un mese fa dalla base militare di Blasterville - Gli rispose il maggiore. - Quindi la prendo in consegna io.

- Mi prendi anche tu per il c...? Non bastavano i due segaioli con la pupazza bionda?

Jimmy strinse i detti e fece per sferrare una testata al pugile, ma Billy lo fermò.
Combo intanto era ancora concentrato sulla testa di cuoio.

- Che se ne fanno i soldatini di un pezzo da museo?

- E' la stessa domanda che potrei farti. - Ribatté Briggs. - L'hai avuta su ricettazione, vero?

- Diciamo così. Non ci capisco nulla di anticaglie, ma ho una paio di collezionisti che pagherebbero il mondo per averlo. - Spiegò il pugile. - Quindi, esercito o non esercito, mi riapproprio di quella roba.

Il boxeur partì all'attacco con una combinazione uno due, costringendo Jackson alla parata, e poi sferrò un micidiale diretto che si frantumò sulle solide braccia incrociate del soldato.

Fin troppo solide, Obiettò il pugile.

- Amico, ma tu sei davvero umano? - Domandò, leggendo sul volto dell'avversario un sorriso ironico.

- Anche il tuo pugno era di certo fuori dal normale. E ti ho riconosciuto. Tu sei T.J. Combo, il campione che fu radiato per l'uso di impianti cibernetici alle braccia?

- Storia vecchia. - Il pugile fece una smorfia.
Odiava quella parte del suo passato.
Quei bastardi della Ultratech lo avevano dotato di quei potenziamenti tecnologici, e poi lo avevano sputtanato alla grande, svelando il segreto alla Federazione Pugilistica in cambio di denaro sonante.
I soldi, l'ambizione della sua vita e contemporaneamente il motivo della sua rovina.

- Non vado più in giro con quelle schifezze. - Spiegò, come a giustificarsi. - Queste braccia ora sono genuine come la mia povera madre le ha fatte.

- Ti rivaluto. - Commentò il militare. - Persino una feccia come te non ha perso del tutto l'orgoglio.

Il maggiore si stracciò la parte superiore dell'uniforme, rimanendo a torso nudo.
Gli altri tre trasalirono, e non certo per la montagna di muscoli che si presentava davanti a loro.
Ciò che faceva davvero senso erano le braccia, protesi argentee di freddo metallo le cui giunture erano dipinte di un pittoresco giallo fosforescente. La pressione idraulica che regolava il movimento delle estremità donava un'aura inquietante al maciste di colore.

- Wow! - Commentò Combo. - I tuoi giocattolini sembrano persino più distruttivi dei miei vecchi gingilli. Pagano bene i contribuenti, eh?

- A differenza tua, a me le braccia le hanno strappate. - Ribatté Jackson. - Questi sono strumenti che io le uso per combattere una fottuta guerra, per salvare il tuo culo, e quello di tutti, da minacce che nemmeno immagini! Certo non per inseguire puerili sogni di gloria.

- Interessante. Vediamo se Zio Sam è davvero così forte.

Combo partì all'attacco, mentre il maggiore si mise in posizione di parata, la reliquia ancora in pugno.

Partirono i primi pugni, che videro Combo in vantaggio. - Non si combatte bene con le mani occupate. - Canzonò T.J.

Jackson doveva ammetterlo: per quanto le braccia bioniche fossero un portento, aveva bisogno di entrambe le mani per affrontare la velocità del pugile.
Quindi, con grave decisione, gettò la reliquia ai piedi dei fratelli Lee.

- Non toccatelo. - Pregò infine.

Le braccia a piena potenza, Jackson afferrò il pugile, una mano sul collo, e una mano tra le gambe, lo sollevò in aria e lo schiantò a terra con una power slam.
Combo rotolò e si rialzò, tornando all'attacco con una combinazione pugilistica.

Ma stavolta Briggs schivò con precisione i colpi e allungò il braccio sinistro direttamente sul collo del pugile.

- Preso! - Esclamò, prima di partire con una serie di destri sul torace, il cui conclusivo lo colpì co violenza tale da scaraventarlo a diversi metri.

- Spero che basti come lezione. - Commentò infine  il maggiore. Poi vide Jimmy che, con curiosità. si era avvicinato alla reliquia.

- No! - Disse, alzando un pugno.

- Ehy, quante storie! - Protestò Jimmy, allargando le braccia. - Che danno mai può accadere se  lo tocco? E' solo un innocuo pezzo di ferro!

Il soldato estese il braccio: dalla protesi si aprì un portello di lancio. Un missile partì.

- Sei pazzo? - Urlarono entrambi i fratelli, buttandosi a terra. Stettero alcuni istanti immobili, in attesa dell'esplosione.

L'esplosione avvenne, ma inaspettatamente, fu a una ventina di metri di distanza.

- Ma che diavolo...? - Jimmy alzò la testa, per guardare il fumo che si diradava. Guardò il fratello, che a sua volta guardava il maggiore. - Che diamine succede?

- Il signor Briggs ha appena intercettato un missile diretto verso di noi. - Spiegò il biondo, la voce incredula su quello che gli occhi avevano visto.

- Missili? - Sbottò Jimmy. - Qualcuno ci vuole fare arrosto? Ma perché?

- Per il tuo innocuo pezzo di ferro. - Rispose Briggs.

All'improvviso, cinque ninja rossi apparvero attorno a Jimmy e la reliquia. Jackson immediatamente urlò e piantò un pugno per terra, provocando una vibrazione mirata che fece perdere l'equilibrio agli assalitori.

Jimmy non ne risentì, perché era già balzato per aria, un attimo prima della scossa.

- Calcio elicottero: Ryu Bi Sen!

Il castano estese la gamba e ruotò su sé stesso per diverse volte. Quando toccò terra, gli avversari erano già stati messi fuori combattimento.

- Vedo che sapete anche combattere. - Commentò Jackson.

- I migliori! - Aggiunse il ragazzo in rosso, con un confidente pollice teso.


- Molto bene, perché ne avremo bisogno.

Davanti a loro, un piccolo esercito di androidi rossi era apparso, guidato dal loro capo, e accompagnato da un mostruoso mutante.
Tutte evidenti vecchie conoscenze del militare, che non si era scomposto, a differenza dei fratelli, di fronte al grottesco scenario.

- Jax! - Sibilò Baraka, facendo cozzare le lame l'una sull'altra. - Ti strapperò il cuore, come ho già fatto con le braccia.

- Ti aspetto! - Urlò il militare, il braccio meccanico esteso per raccogliere la sfida. - Questa volta quelle lame impaleranno il tuo stesso deretano. E ce le farò entrare a calci!

Sektor, intanto, ripeté l'ordine ai suoi seguaci.

- Portatemi le Zanne del Drago. - Ordinò. - E schiacciate chiunque sia d'intralcio.


Intanto, poco più in là, in disparte, due tartarughe, stremate doppio uno strenuo combattimento, si accorsero che l'attenzione degli avversari si era spostata. Lentamente, gli avversari avevano cominciato ad ignorarli, fino a sparire. A cominciare dai grandi capi?

- Dove sono finiti il sorrisone e lo sparafiamme? - Chiese Leo, prendendo fiato.
- Che fai, affibbi nomignoli come quella testa di legno di Micky ? - Lo canzonò il rosso, cercando di nascondere che il debito di ossigeno e di riposo superavano di gran lunga quelli del cocco di Sensei. 

Il blu estrasse il localizzatore, e vide che il segnale si era fatto più intenso.

- E' evidente che ciò che cercano coincide con il nostro obiettivo. Dobbiamo precederli!

- E anche sfodargli il cranio! - Aggiunse Raf. - Non vedo l'ora per il secondo round!

Al che le gambe gli cedettero, e il rosso finì con il fondoguscio per terra.

Un sonoro "Ouch" scappò da dietro i denti di Raffaello, in maniera così buffa che Leonardo dovette girarsi per sfuggire alla tentazione di una irriverente risata alla Michelangelo.

- Magari un paio di minuti per riprendere fiato...



Conosci il tuo fandom

Mortal Kombat e Killer Instinct

Jackson "Jax" Briggs                                                              T.J. Combo

h


Lo so, adesso sarete incasinati, ma uno scontro tra i due Negroni con braccia d'acciaio era una tentazione troppo grande.
Soddisfatto questo capriccio, mi limito descrivere i due personaggi protagonisti ma destinati a uscire di scena presto per tornare dalle Turtles.

Jax è uno dei famosi 'campioni del bene', uno dei buoni di Mortal Kombat che partecipano attivamente al torneo, anche se non lo vediamo attivamente fino a MK2. Addirittura gli impianti bionici se li fa nel 3.


TJ Combo appartiene a Killer Instinct, e la sua storyline è grossomodo quella già raccontata nel capitolo.
Il resto del background? La solita storia del torneo di arti marziali, la multinazionale cattiva, la Ultratech, nonché personaggi strambi come il ninja giustiziere, il licantropo, l'indiano d'america, il negro con la ferramenta elettronica, il dinosauro mutante, l'alieno, il mutante lava, lo scheletro resuscitato, il cyborg di prova e mi fermo. Sì, detta così la Ultratech sembra una sorta di società Krang, visti i danni che lascia in giro.
Ma questo non ci riguarderà, tranne che per un altro personaggio, che farà comunque solo un cameo.






Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** La tartaruga e il dragone ***


Dragoni e Tartarughe
La Tartaruga e il Dragone/
All'inseguimento di gioielli perduti



Jax incrociò le braccia metalliche per parare i fendenti di Baraka, poi contrattaccò con un pugno in rincorsa, che scaraventò il tarkata contro il muro di fronte.
Con la coda dell'occhio esaminò come se la stavano cavando i fratelli.

Billy aveva preso un soldato per la testa con entrambe le mani, e ora la stava tempestando di ginocchiate. Fece una pausa per estendere la stessa gamba contro un avversario alle spalle. Schiaffeggiando quest'ultimo con lo stivale, lo finì con la pianta del piede. Stufo, lanciò infine il primo sgherro oltre le spalle.

Jimmy aveva recuperato una mazza da baseball, e ora la stava sventolando a destra e a manca, distribuendo al pubblico battute da campione di Major League. Infranse infine il legno provato sulla testa di un malcapitato.
Anche con lui qualcuno provò un assalto alle spalle, ma Jimmy lo liquidò con una gomitata rinforzata.

Quindi non erano tutta aria, dopotutto. Jax sistemò un cyborg con un micidiale spaccaschiena, quandò notò Sektor pericolosamente vicino alle Zanne del Drago.

Prese la rincorsa e attaccò con un calcio volante. Sektor lo evitò saltando all'indietro, e sfoderò due rapidi pugni in sequenza. Schivandoli entrambi, Jax si girò e calciò via l'oggetto, che andò ad atterrare nello spiazzo liberato dai Dragoni.
Jax fece un balletto di vittoria improvvisato, come un giocatore di football americano. La forsennata distrazione costò all'afro un calcio sulla schiena e un uppercut che lo fece alzare sul posto.
Assistendo all'atterramento del maggiore, i Double Dragon si infrapposero in posizione di guardia tra Sektor e il gioiello.
Billy diede voce al sospetto che lo tormentava già da un po'.

- Scommetto che lui sa qualcosa sulla scomparsa di Marian.

- Ti conviene parlare, specie di Red Ranger.

- Red Ranger? - Chiese Billy al fratellone. - Da dove ti è uscita questa?

- Beh? Non sembra uno dei Power Rangers?

- Siete divertenti. - Commentò Sektor, interrompendo la piccola discussione tra i due.

- Non hai risposto alla domanda. - Soffiò Jimmy, un'occhiata carica di odio.

- Il gioiello in cambio della ragazza.  - Si limitò a proferire il capo tekunin.

- Quindi sei stato tu?... Bastardo!

- E qual'è il senso di averci indirizzato contro una gang che non c'entrava niente? - Chiese Billy, che con il braccio teso aveva fermato lo scatto di Jimmy.

Sektor sbuffò. Lui non era il solito cattivo che si vantava delle sue malefatte e via dicendo. Lui era un ninja. Odiava parlare, preferiva uccidere.
Seccato, cercò di spiegare il concetto usare poche e semplici parole.

- Sembra che i gioielli reagiscano alla vostra presenza. Non si sa come, ma è così. Ci servivate per stanare il primo, niente di più.

- I gioielli?

- E Marian?

I due fratelli proruppero all'unisono le rispettive domande, poi si squadrarono occhiate perplesse.

- Che ti frega di una o due paccottiglie? E' Marian che vogliamo. - Rimproverò Jimmy al fratello.

- Non sembra così semplice, Jimmy. Potrebbe essere uno sbaglio più grosso.

- Più grosso di lasciare Marian nelle loro mani?

- Non sappiamo neppure che non stiano bluffando!

- Questo vi basta come prova?

Il cyborg gettò davanti a loro un oggetto che agli occhi dei dragoni non lasciava dubbi.

- La sua cintura!

Il pugno di Jimmy fremette di rabbia, e questa volta Billy non poté impedire l'attacco del fratello.

Il castano corse e si alzò in un calcio volante contro Sektor. Il ninja si limitò ad alzare la gamba. Lo stivale e il piede robotico si incontrarono, ma nell'impatto, all'uomo macchina bastò una lieve spinta per scaraventare via il ragazzo.

Con le braccia conserte e la gamba ancora alzata, Sektor intimò ancora una volta.

- Sto aspettando.

***


Le ruote divoravano la strada, la sensazione di velocità era coinvolgente e il vento scompigliava i capelli neri dell'archeologo, via di corsa sul destriero di metallo.
La strada scompariva, mai uguale, sotto il parafanghi, mentre il manubrio oscillava, piegato in alternativa a destra, poi a sinistra, di nuovo a destra, poi ancora a sinistra.
Il continuo zigzagare procurò a Jackie Chan una forte nausea.
Già soffriva il mal d'auto di suo, figurarsi il mal di motocicletta.

In suo aiuto, dietro, vi erano quattro biker con le rispettive cavalcature che cercavano di guarirlo con una ricetta alquanto drastica: pillole in piombo, da assumersi tramite canne di pistole, ancora calde.

Jackie sapeva di esserne letalmente allergico, per cui si impegnava a non farsi colpire.
Girando la manopola dell'accelleratore, il motore fu nutrito da un'impennata di gas che spinse la ruota posteriore al limite delle possibilità. Questo causò un'impennata che l'archeologo gestì con fatica.
Dopo attimi di puro terrore, finalmente il peso si stabilizzò e la ruota anteriore tornò a toccare l'asfalto.

Finalmente era riuscito a raggiungere l'autoarticolato e ad affiancarsi.
Questa la buona notizia.
Quella cattiva era che uno dei biker lo aveva raggiunto, pistola in pugno.

Euforico per aver raggiunto lo schifoso ladro di motociclette, il biker alzò al cielo la canna della pistola, sparando un paio di colpi di avvertimento che gelarono il cuore di Jackie per qualche istante.
Una volta che l'archeologo ebbe realizzato che i colpi erano stati indirizzati in aria, il cadaverico colorito tornò normale.
Ridendo per lo spaghetto fatto prendere al cinesino, il biker ebbe un attimo di esaltazione, e decise di disarcionarlo con un calcio ben assestato.
Jackie virò a destra per evitarlo, ma dovette raddrizzare anzitempo perché la fiancata del camion gli impediva la manovra.
Chan si ritrovò così tra due fuochi: il biker a sinistra e l'automezzo a destra.

Il motociclista sorrise per l'ennesima volta, e volle prendersi a tutti i costi la soddisfazione di fare cadere il ladro a suon di calci nel sedere.
Virò a destra per partire all'attacco con la gamba tesa, ma Jackie non si fece cogliere impreparato.

Tolse le mani dal manubrio e le appoggiò sul telaio.
Appoggiandosi ad esse, si sollevò spostando il peso sulle braccia. Le gambe si tesero e si sollevarono.
Poi, come un ginnasta al volteggio, si alzò e portò le gambe unite in avanti.
Riuscì così ad evitare lo stivale del biker, che incontrò solo la fiancata della moto.

Seccato di aver trovato un novello Jury Chechi, il roadman decise di affidarsi di nuovo alla pistola, ma Jackie fu più veloce, e spostando le gambe a sinistra diede un calcio alla mano armata.
L'arma da fuoco volò via e si perse nel vento.
Il biker era furioso: lo avrebbe disarcionato, anche a costo di andargli addosso!
Jackie non aspettava altro, avuta la testa del motociclista a tiro, allungò le gambe e gliela bloccò con i piedi.
Un gesto rotatorio, e la frankesteiner disarcionò l'assalitore, che si levò di torno insieme alla motocicletta lasciata senza guida.

Si rimise subito nella normale posizione di guida, perché la variazione di peso aveva messo in pericolo l'equilibrio dell'Harley.
Si era allontanato di qualche metro dal mezzo, e così poté vederlo.
Sul tetto del rimorchio, l'uomo mascherato in giallo lo stava osservando, la valigia ancora in mano.
Jackie aumentò la velocità, preparandosi a saltare. Poi si accorse che la pancia del tizio si era aperta, con un rumore meccanico. Dall'interno uscì di scatto qualcosa.
Dovette fare una rapida virata per schivare un reticolato verde diretto a lui.
La riconobbe come una rete metallica: l'arma colpì il secondo biker, che nel frattempo aveva quasi raggiunto il camion. Quasi.

Disarcionato anche il secondo uomo alla maniera della pesca al salmone, Jackie accellerò ancora e si posizionò di nuovo a fianco del camion.
Con un'altra esibizione da ginnasta appoggiò stavolta i piedi sulla fiancata, e si diede la spinta per mettersi in piedi sulla sella.

Lui che era fanatico dei Beach Boys, per qualche secondo trovò esaltante quella sensazione di fare surf con una motocicletta.
Avrebbe anche cantanto Surfin' USA, se la tavola improvvisata non desse segno di perdere stabilità.
Saltò immediatamente, aggrappandosi alla fiancata. L'Harley cadde e si allontanò.
Era in una situazione imbarazzante. Attaccato come un geco e bloccato dalla pressione dell'aria, Jackie sapeva in quel momento di essere molto vulnerabile.
Quasi pianse, infatti, quando alle sue spalle sentì una risata.
Il terzo biker era arrivato, e in questo caso la pistola era ben puntata.

- Un bersaglio fin troppo facile! - Lo sentì sghignazzare. E sentì ancora quella risata sinistra.

Jackie non poté fare altro che urlare pietà, tra le lacrime.
La scena patetica donò maggiore soddisfazione al motociclista, che per spaventarlo sparò.
Un buco si aprì a pochi centimentri dalla testa di Jackie. Era stato mancato di proposito, e questo rendeva la cosa ancora più spaventosa.
L'urlo di terrore fede sbellicare il motociclista, che questa volta annunciò:
- Questa volta, dritto nella testa!

E poi Jackie udì un tonfo, e un urlo.
Il motociclista era così concentrato a godersi la scena del cinesino frignante, che non si era accorto della macchina che andava nel senso opposto.
Jacke potè solo vedere con la coda nell'occhio il corpo del biker volare, per andare a infilarsi dentro un chiosco di verdure ai bordi della strada.

Il tutto sparì in un secondo, e Jackie decise che era meglio salire il più in fretta possibile.
Curiosamente, non ci furono intoppi quando l'archeologo salì in cima, mettendosi in piedi.
Il tizio mascherato era lì, impassibile, davanti a lui.
Jackie si mise in guardia, e cercò di avvicinarsi, controvento.
L'uomo in giallo si limitò a passare la valigia dalla mano destra a quella sinistra, poi sollevò l'arto libero.
La mano destra si ritirò dentro il polso in un istante, e al suo posto apparse una ruota dentata, che cominciò a girare vorticosamente.
Jackie urlò di terrore, una volta spostandosi di lato per evitare un fendente verticalo, un altro abbassandosi per evitare un colpo orizzontale.
La sega elettrica fendeva l'aria fischiando, con un micidiale brusio meccanico di sottofondo.
Jackie sudò freddo quando vide un ciuffo di capelli volargli davanti dopo l'ennesima, disperata schivata.
Tentò quindi l'approccio più disperato: quando l'avversario alzò il braccio per  calarlo su Chan, questi corse in avanti e si mise spalla a spalla, guidando verso l'alto la micidiale arma e tentando di tenerla ferma.
Seguì una colluttazione di qualche minuto, in cui Jackie dovette usare tutte le forze per tenere a bada quel mortale braccio destro.
A un certo punto, la sega circolare si scontrò contro un lampione ad arco. Nello scontro, la micidiale arma si era dimostrata capace di tagliare anche il ferro, per cui un grosso troncone venne tagliato via, e cadde sul tettuccio del camion.
Il giallo si liberò e Jackie rotolò via appena in tempo per portarsi fuori dalla traiettoria del vortice acuminato.
L'archeologo raccolse il pezzo di lampione e lo usò come una lancia.
Il tizio non si fece troppi problemi, perché l'arma tagliò senza problemi il ferro a singoli pezzi con pochi, semplici fendenti.
Jackie si ritrovò in mano ciò che rimaneva, e lo usò inutilmente per parare l'ultimo colpo dall'alto.
Gettando via gli ormai inutili moncherini metallici, Jackie urlò per l'ennesima volta, quando accadde qualcosa di inaspettato: la lama dentata smise di girare, e poi si ritrasse per far tornare la solita mano.

L'archeologo non si racappezzava. Perché adesso non voleva più farlo a pezzi? Aveva cambiato idea?
L'ultima congettura venne presto confermata, ma Jackie non ne fu affatto felice.
La pancia del giallo si aprì nuovamente. Stavolta Chan ebbe la conferma che quella fosse una paratia, e il movimento meccanico.
Una luce verde si sprigionò dall'interno, qualcosa uscì per cadere sul tettuccio.
Era una palla gialla, con alcune escrescienze nere. Da essa, scaturiva un suono che Jackie riconobbe come una serie di beep sempre più lunga.

- Una bomba! - Urlò, mentre il suo avversario con un balzo prendeva il volo, insieme al bagaglio.

Con la forza della disperazione, Jackie prese la rincorsa e balzò anche lui, riescendo ad aggrapparsi ad una caviglia del misterioso individuo.

Mentre si allontanavano, Jackie una folata di aria calda, accompagnata dal fragore di un'esplosione.


Poco lontano, il capo dei biker, l'ultimo rimasto dei centauri, aveva nel frattempo aveva seguito la scena, e frenato bruscamente quando il rimorchio del camion si era trasformato in una palla di fuoco.
Lasciando una grande puzza di gomma bruciata sulla strada, il barbuto veterano dei Bears stava osservando con stupore due figure volare nel cielo.
Imprecò, chiedendosi a cosa fosse stato testimone.

***

- Il segnale... il segnale sta venendo qui! - Annunciò Donatello.

Poi alle loro orecchie il rumore di una lontana esplosione giunse come una breaking news.

- Che siano quei tizi laggiù? - Domandò April, indicando due figure che nel frattempo erano sparite dietro il palazzo di fronte.

- Non devono essere individui normali. - Commentò stupito il secchione. - Fanno balzi che neppure io e i miei fratelli...

- In realtà, avrei giurato di vedere uno dei due aggrappato all'altro. - Obiettò April, soffocando una nota di ilarità.
Nonostante l'esplosione, aveva trovato la scena, dove il tizio più basso si avvinghiava come un disperato alla caviglia del compagno, particolarmente comica.
Sembrava Michelangelo quando le scongiurava di lasciarle l'ultimo pezzo di pizza alle olive.

- Molto bene. - Annunciò Donatello, roteando il bo e mettendoselo sulla schiena. - Ora tocca a me.

- A noi. - Precisò April.

- No, - Corresse Don, sospirando. - Io.

- Ne avevamo già parlato. - Protestò la rossa. - Non mi avresti lasciata indietro.

- Ascolta. - Spiegò Donatello, domandandosi perché dopo tante volte ancora la rossa non lo avesse compreso. - Non sappiamo con chi abbiamo a che fare. Forse è qualcuno di estremamente pericoloso. Non voglio che ti accada nulla.

L'ultima frase lo fece sentire un eroe, una di quelle frasi ad effetto che tanto piacevano a Leonardo e che stavano bene sulla bocca di Raf. No, Mickey no, lui riusciva a rendere demenziale ogni tipo di frase, persino quelle di Terminator che amava sempre ripetere.
Ma si scontrò con gli occhi ostinati di April. - Mi stai trattando come una zavorra?

Don si passò la mano sulla faccia. Perché April non poteva come quelle tipe dei film che sospirano e lasciano il lavoro agli eroi? Poi si rispose: no, quelle toccavano a tipi come Raffaello. Oppure, semplicemente non esistevano.
La condizione solitaria del fratello ne era in effetti la conferma.

- Non è certo quello che intendevo.

Questo disse, ma in realtà Donatello non sapeva con che parole spiegarglielo.
Le donne, il più grande mistero, forse scindere un atomo era meno complicato che unire due cuori. Di certo, la forza che si sprigionava non era poi tanto differente.

Fece per aggiungere altro, ma gli occhi accusatori dell'amica lo privarono di ogni volontà.

- Va bene, - Si arrese. - Ma se c'è da combattere, ci penserò io!

- Non volevo mica competere con la tua abilità. - April cominciò a scendere la scala antincendio. - Ma di certo due teste sono meglio di una.

Donatello sospirò, e anticipò la rossa con due balzi precisi, aspettandola nel vicolo.
Le porse la mano per aiutarla a scendere, ma lei lo ignorò.
Insieme si incamminarono verso il luogo indicato dal segnalatore.
E Don si chiese, ancora una volta, se accanto a lui, o al posto di lui, non sarebbe stato più indicato un più forte e responsabile Leonardo. O anche un più forte e rassicurante Raffaello.
Si domandò, tra l'altro, cosa stessero facendo in quel momento.

***

Sektor dovette ammettere di essere sorpreso. Quel rettile con i sai aveva dimostrato una grande abilità con l'approccio furtivo alle spalle.
Ma non era stato sufficiente. Evitato all'ultimo momento una delle due lame, fece una combinazione ginocchiata e gomitata, e poi si sbarazzò della tartaruga con un calcio.
Con l'effetto sorpresa ormai sfumato, Sektor era già pronto per il secondo attaccante con il lanciafiamme estratto. Leo preferì quindi rinunciare all'occasione con una piroetta seguita da una serie di capriole che lo portarono proprio vicino ai fratelli Lee.

Fratelli che strabuzzarono gli occhi per via dello strano aspetto dei nuovi arrivati.

- Rane? - Sbottò Jimmy.

Leo rimase in silenzio. Non era mai stato particolarmente capace di giustificare il suo aspetto di mutante davanti a degli esseri umani. Anzi, a dir la verità gli seccava che in quella lotta, la sua identità fosse stata scoperta.
Questo andava anche contro le raccomandazioni di Splinter.
Dannazione.

- Ma perché diavolo tutti ci chiamano rane?

Leonardo sbuffò. Raffaello, come al solito, non si era fatto meno problemi riguardo il palesamento, esponendo anzi fin da subito la parte collerica con quella frase.
Ma sotto sotto invidiava quella mancanza di inibizioni, da quel punto di vista.

- Di un po', sei capace a distinguerci? Siamo tar-ta-ru-ghe! - Sillabò intanto il sai-an verso il castano.

Leo si porse una mano sulla faccia, imbarazzato per le poco onorevoli uscite del fratello. E tentò di spiegarsi.

- Certo, il fatto che parliamo, camminiamo e siamo ehm, armati può sembrare un po'...

- Tranquillo, non è certo la prima volta che incontriamo dei mutanti. - Lo rassicurò Billy. - E sappiamo riconoscere i buoni dai cattivi.

Dietro la frase un po' ingenua del biondo, Leo sorrise. Come se non fosse la prima volta che si fossero incontrati, Billy e Leo si misero contemporaneamente in posizione di guardia contro Sektor.
I loro entusiasmi furono un po' smorzati dalla patetica scena che si teneva a fianco.

Jimmy, invece, per nulla intimorito da Raffaello, gli stava rispondendo per le rime.

- Tartaruga nel senso che sei anche lento nei movimenti? - Lo canzonò.

- Dannato idiota! Sono un ninja! Sono molto più veloce di te!

- Certo. Veloce come una tartaruga.

- Cerchi lo scontro?

La fronte del castano e la testa verde dalla fascia rossa si toccarono, gli occhi a scambiarsi scintille d'astio.

Un suono di beep pose fine all'alterco (con gran sollievo degli altri due).
Otto occhi si posarono su Sektor, con che stava digitando su una console situata sul braccio sinistro.
Finito di inserire il codice, il ninja abbassò le braccia.
Alcuni portelloni si aprirono, rivelando cinque scompartimenti per missili, due sulle spalle, due sui fianchi e uno sul torace.
Apparvero tante luci rosse di tracciamento, che inquadrarono i bersagli designati.

- Consegnate le Zanne. - Intimò un'ultima volta.

I quattro non dissero nulla.
Piuttosto, cominciarono a urlare tutti insieme. Ma non era un grido di terrore, quanto piuttosto di furore.

I quattro rettili, mutanti e simbolici, tartarughe e dragoni, ruggirono il loro inno di guerra, e scattarono contemporaneamente verso il comune nemico.


Conosci il tuo fandom

Battletoads



d
Billy oggi ha detto che non è la prima volta che i fratelli Lee hanno a che fare con mutanti e anfibi giganti. Lo avevo già detto
nel primo capitolo, e il riferimento diretto (a parte la serie TV, che ospitava in alcuni episodi la tematica mutanti/rispetto per la diversità) va alla serie di videogiochi picchiaduro Battletoads.
Creata essenzialmente per competere, in casa Nintendo, con l'altra serie picchiaduro di successo all'epoca (che domande, le Turtles!) ebbe un discreto numero di seguiti tra cui questo crossover con i Double Dragon.
Per la sceneggiatura, i Battletoads sono umani mutati in superrane, insomma, originalità rules.
Quanto scritto è solo una semplice curiosità, in quanto non vedremo nessuna rana mutante in questa fic (che poi Raf si arrabbia)


Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Turtle Kombat 3 - The Dragon Stones ***


Dragon
 Turtle Kombat 3 -
The Dragon Stones


La quiete del vicolo abbandonato venne interrotta dall'arrivo di un proiettile dal cielo. Poco prima di toccare terra, la meteora si divise in due masse distinte: una gialla e nera, e l'altra, beh, multicolore.
La sagoma gialla, di forma umanoide, atterrò in piedi, provocando alcune crepe sull'asfalto circostante il punto d'atterraggio. L'altra, sempre umanoide ma più goffa, atterrò direttamente dentro un cassonetto dell'immondizia, con un - oof! - soffocato. Alcuni barattoli saltarono via dal contenitore, con qualche buccia di banana e foglia di cavolfiore.
Sia pur ammorbidito da sacchi neri e cianfrusaglie di dubbia, ma di certo poco igienica provenienza, lo sfortunato passeggero dalla fisionomia orientale rimase stordito, se non stecchito, come una mosca spiaccicata.
Alcuni rantolii e gemiti fuoriuscirono dalla gola dell'archeologo, prima di accogliere a braccia aperte Morfeo.

L'umanoide giallo, stretta in pugno la maniglia dell'inseparabile valigia, si guardò attorno.
Il segnale dello scan non indicò forma di vita.
Escludendo l'inseguitore di prima, ora innocuo.
Il motore supplementare si spense, e uno sbuffo di aria calda fuoriuscì dalla schiena. I servomotori degli arti di distesero.
La luce degli occhi si fece più opaca.
Normal mode.
Ma la situazione fu contraddetta immediatamente ad una seconda scansione. Due soggetti in avvicinamento. Organici.
Tutto si riaccese.
Alert mode.
La testa si voltò di scatto, i cavi dietro la testa a volteggiare, come se dotati di vita propria.
Gli occhi verdi si illuminarono di una luce ancora più intensa, più sinistra.
Squadrarono in silenzio la sopraggiunta coppia formata, da una ragazza ed uno strano essere provvisto di carapace. Probabilità di sauride: sessanta per cento.

Donatello si fermò senza preavviso, con l'espressione stupita. La compagna gli finì contro il guscio, e per poco non cadde a terra.
Si ridestò immediatamente dall'incanto, voltandosi a guardarla con occhi dispiaciuti.
- Scusami, April!
Poi realizzò che lo aveva appena toccato. Con tutto il suo corpo. Quel giovane, atletico, leggiadro corpo di donna.
La vampata di un misto di panico, imbarazzo ed estasi lo assalirono, facendogli venire in volto i colori dell'arcobaleno, sia alternati, sia contemporanei.
L'emozione accumulata fu tale che dalle orecchie uscirono, cartoonescamente parlando, degli sbuffi di vapore, con tanto di fischio.
In quel momento sembrava la teiera di Splinter.

Poi un - Wow! - da parte dell'amica lo riportò con i piedi per terra. A quanto pare, lei non ci aveva fatto caso. Soffiò di sollievo. L'attenzione della ragazza era calamitata, come successo a lui, all'aspetto del nuovo arrivato.

- Somiglia a Bumbleebee. - Commentò April.

- Quello dei Transformers?

La donna annuì, mentre il viola si mise una mano al mento, pensieroso.

- Avrei detto più Predator.

- Per quei dreadlock?

- Perché no?

April fece una smorfia di disgusto. - Non riuscirei a sopportare una bocca a quattro mandibole sotto quell'elmo.

- Beh, mi sembra difficile che possa trasformarsi in un'auto, comunque.

- Oh, senti, tagliamo corto. - Sentenziò la rossa, stufa di quella conversazione tra nerd. - L'importante è cosa tiene in mano.

Don tirò fuori il segnalatore e trasalì. - Gli Occhi! Sono in quella valigia!

Riposto l'accessorio, il ninja tirò fuori il bo e lo puntò contro l'avversario.

- E adesso che facciamo? - Chiese April.

Don tenne gli occhi fissi sull'avversario.

- Io lo distraggo, tu gli rubi la valigia.

- E' questo il piano?

L'espressione scettica della rossa era eloquente. Donatello rispose con spallucce.

- Ne hai di migliori?

Poi entrambi si interruppero, inquietati dallo sguardo fisso che l'essere teneva su di loro. Gli occhi verdi brillarono di una luce sinistra, la mano destra si ritirò nell'incavo e venne sostituita dalla sega circolare.
La ragazza deglutì.

- A quanto pare dobbiamo non abbiamo molta scelta.




***

L'urlo collettivo di furore fu lanciato all'unisono contro la selva balistica azionata dal malvagio cyborg.
I cinque missili partirono a... razzo, ognuno di loro diretto al bersaglio corrispondente.
I quattro guerrieri si divisero, disperdendosi ai quattro angoli del piazzale.
Raffaello piroettò con un salto sulla sinistra, poi contro il muro per darsi lo slancio sul tetto.
Una volta atterrato, dovette di nuovo buttarsi in strada, perché la testata gli era sempre a pochi metri dalla coda.
Esasperato, decise che era meglio farla finita.
Accellerò l'andatura, e poi frenò bruscamente, girandosi all'improvviso per fronteggiare il razzo.
Mise mano alla sua scorta di shuriken, e cominciò a tirarli all'impazzata.
Uno, due, tre stelle a cinque punte si conficcarono sulla superficie del razzo, senza arrecargli alcun danno.
Sbuffando di frustrazione, Raffaello cercò nella custodia: una sola rimasta.
Senza rifletterci due volte, il rosso tirò l'ultima arma da lancio, in un'impresa disperata.
Fu un incredibile colpo di fortuna che una delle punte si conficcò proprio sul sistema di innesco della carica.
Il missile esplose alcuni metri prima dell'impatto, e Raffaello incrociò le braccia per proteggersi dal calore e dai detriti.

Billy e Leonardo correvano in tondo, inseguiti dai segugi balistici. Incontrandosi, Leo notò che stava per essere raggiunto dal suo missile, per cui al volo afferrò un braccio del biondo e lo tirò a sé, ruotando di torso.
Il dragone blu venne trascinato via un attimo prima di essere raggiunto  dal missile, che continuò la sua corsa imperterrito, prima di tornare indietro per riprendere l'inseguimento.
I due blu si guardarono negli occhi, in un tacito sguardo di complicità. Questa volta fu Billy a guardare oltre gli occhi di Leo, e con uno scattò si gettò a terra, tirando a sé il ninja.
Fu l'altro missile ad essere evitato, per poi volare a vuoto.
La tartaruga rotolò per rimettersi in piedì, osservando con attenzione l'ampio giro che il suo inseguitore stava effettuando, prima di puntarlo di nuovo.
Era così concentrato che solo l'orecchio sinistro lo avvertì solo un attimo prima del sibilo che lo avrebbe decapitato, se non avesse avuto la prontezza di ritirare la testa nel guscio.
Un grido di frustrazione lo raggiunse, mentre con la ninjato sfoderata aveva già parato il secondo attacco di Baraka.
- Tu ha ritirato testa come tartaruga! - Protestò il tarkata.
- Io sono una tartaruga! - Ribadì la testa risbucata fuori dal guscio.

Si scambiarono un paio di fendenti, e poi di nuovo le quattro lame si incrociarono, in una prova di forza.
D'improvviso, la forza di Baraka venne meno.
Leo si accorse di Billy che, da dietro, aveva immobilizzato il tarkata passandogli le braccia sotto le ascelle e serrando le mani sulla nuca.

- Lascia! Vigliacco! - Protestò Baraka, tentando di liberarsi dalla Full Nelson, le lame mulinanti a vuoto.
Passarono alcuni secondi, poi Billy lanciò a Leo un'occhiata eloquente.

- Adesso!

Il biondo lasciò immediatamente andare il prigioniero e, imitato dalla tartaruga, si buttò con essa immediatamente di lato.

Baraka non ebbe il tempo di chiedersi il motivo di quella mossa repetina, quando due missili sopraggiunti lo raggiunsero, uno da dietro e uno da davanti.

- Non sarà stato esagerato? - Obiettò Leo, mentre la colossale esplosione coinvolgeva il povero tarkata.

- Se è così forte come si vantava, se la caverà. - Minimizzò Billy.


Jimmy, intanto, era quello che stava avendo più noie di tutti. Tra capriole, schivate e cambi di direzione, aveva ben due missili a cui tenere a bada.

Il primo inseguitore, per sua fortuna, gli fu risparmiato da un altro attacco lo intercettò al volo.
Alzò la mano per ringraziare Jax, rialzatosi nel frattempo, e con il braccio lanciamissili ancora puntato.

- Ce la fai a resistere mentre prendo di nuovo la mira?

- Ho un'idea migliore! - Obiettò Jimmy, la bocca stirata da un sorriso beffardo.

Il castano si fermò tutto ad un tratto, e poi corse nella direzione in cui nessuno si sarebbe aspettato.
Persino il cyborg rosso credette che all'uomo avesse dato di volta il cervello.
Sektor accolse Jimmy parando un calcio alto, un pugno e una testata, e contrattaccò con una spazzata, un pugno e una ginocchiata, neutralizzate a loro volta.

- Devi essere davvero stupido. - Apostrofò l'androide. - Credi di spostarti all'ultimo momento e farmelo venire addosso?

- Lo stupido sei tu se credi questo. - Rispose Jimmy. Poi, senza preavviso, afferrò Sektor, lo sollevò e lo scaraventò sulla traiettoria del  missile.

La quinta ed ultima esplosione che seguì scatenò un collettivo grido di vittoria.

- Gli abbiamo fatto i piedi di piombo! - Annunciò Raf.

- Troppo facile. - Si autocomplimentò il castano, pulendosi le mani.

- Già. Troppo. - Borbottò Jax, scettico. Lui conosceva Sektor più di chiunque altro. E sapeva di non sbagliarsi.


***

Al segnale convenuto, April e Donatello annuirono e si divisero.
Il ninja partì all'attacco, il bo puntato verso l'avversario.
Il figuro giallo era pronto a riceverlo con la sega circolare, ma al momento di sferrare l'attacco si accorse che l'opponente era sparito dalla visuale.
Un'ombra passò sopra di lui: era la tartaruga, che alcuni metri prima aveva usato il bastone per darsi una spinta in alto, e come un campione di salto con l'asta era atterrato alle spalle dell'avversario, pronto a calciargli via la valigia.
Il tentativo venne intuito dal figuro che alzò il bagaglio, mandando il tentativo del viola a vuoto.
Con una virata di torso che al genio sembrò innaturale, il misterioso individuo accolse la turtle con la sega circolare.
Don dovette balzare all'indietro con un salto mortale per portarsi fuori portata.
Il viola puntò il bastone e premette un pulsante per far scattare la lama della naginata.
Fu così che iniziò un'improvvisata scaramuccia tra i due, le scintille scaturite tra il cozzare della mortale lama rotante e l'acuminata punta della lancia.
Il viola si domandò come potesse mai essere possibile il modo in cui quel tipo lo teneva a bada, e con una mano sola.
L'automatismo e la nonchalance con cui parava le stoccata gli ricordarono più volte i freddi ed inespressivi automi comandati dai Krang, o gli androidi costruiti dal Piede.
Però era molto più veloce. Poteva quasi avvertire un'anima, sotto quella ferraglia.
L'anima di un ninja.
Come doveva considerarlo? Robot? Uomo? Ninja? Un ibrido?
Si accorse dell'errore che più di una volta gli aveva lamentato il maestro.

"Calcolare ogni singola mossa finisce per rallentarti, figlio mio. Un vero ninja riflette prima, e non durante il combattimento. Per quello usa l'istinto".


Abbassò la lancia. si allontanò di un passo e chiuse gli occhi.
La lama rientrò nell'incavo del bastone.
Il nemico lo osservò, la sega sempre in funzione, ma si fermò anche lui.
Restò a studiare vari minuti il ninja.
Donatello in quel momento stava mettendo in pratica i dettami del maestro.
Liberando la mente, cercò di entrare in sintonia con l'ambiente circostante.
Cercò di liberare l'istinto assopito, cerco di tenersi pronto ad agire, senza riflettere sul come.

Poi avvenne qualcosa che spezzò l'incanto. Una nube di fumo violaceo avvolse entrambi.
Il rumore dello scoppio suonò familiare a Don: era uno dei fumogeni che aveva fabbricato personalmente, e che aveva distribuito ai suoi fratelli. Ne aveva anche dato un paio ad April, per sicurezza.

- April!

Cominciò a correre in avanti, il cuore a battere all'impazzata e un lampo di terrore a ghiacciargli le ossa. Pregò che quella sconsiderata non avesse voluto sperimentare l'idea più stupida in assoluto.
Preghiera vana, lo sapeva già, e ne ottenne conferma quando trovò April avvinghiata alla valigia, nel vano tentativo di strapparla all'individuo.

Con il bo bloccò il braccio affilato dell'avversario, furioso con l'amica.

- Sei impazzita? - Le urlò in faccia, prima di venire centrato da un calcio. Si rialzò immediatamente in piedi e tornò alla carica per trovarsi sulla traiettoria April, usata come scudo insieme alla valigia.

Il viola si fermò, il bastone puntato verso la sega elettrica.
Il ronzio cantava una cantilena di morte pericolosamente vicina alla sua amica.

- Volevi scippargliela  usando un fumogeno? - Urlò, esasperato. - Dico, lo hai visto?

- Beh, credevo...

- Lascia quella cavolo di valigia! - La interruppe Don, fuori di sé.

L'ordine perentorio irritò l'orgoglio di April.

- No!

Quel 'no' frantumò ogni logica cognitiva aleggiante nel genio. In quel momento lui ebbe dei dubbi sulla sua sanità mentale.

- Non ti farà del male, se lasci quella maledetta valigia!

Ne era sicuro. Almeno, ci sperava.

- Ho detto di no. - Rispose lei, abbracciando la valigia ancora più forte. - Sono una kunoichi!

- Sei una stupida! - La correse Don, - E io ancora più stupido ad averti lasciato venire.

Il cyborg intanto rimaneva fermo, a studiare la situazione.
Situazione che stava facendo impazzire Donatello.
Quella sega rotante si sarebbe allontanata o avrebbe penetrato le carni di April?
Il grido di dolore che avrebbe raggiunto il cielo, gli schizzi di sangue, la prospettiva di tutto questo, erano una tortura indescrivibile per il genio.

Abbandonò il bastone, che cadde per terra con un tonfo secco. Allungò una mano.

- Ti prego... - Supplicò stravolto, forse all'amica, forse all'avversario.

Con la coda nell'occhio osservò la lama cominciare a muoversi nella direzione temuta.

Ogni raziocinio abbandonò il viola, e non capì neppure lui cosa stesse succedendo.
Sentì solo il suo corpo scattare in avanti, gettarsi in carica contro l'androide, per afferrare in un abbraccio April e valigia compresi.
La sega calò.

***


Jimmy ricevette un uppercut sotto il mento, regalo di  Sektor.

Furono più l'incredulità e lo stupore che fecero male al castano, che non il pugno stesso.

- Sei stato bravo, lo ammetto. - Lo apostrofò il cyborg. - Mi hai costretto a usare il teletrasporto.

Jimmy fece una smorfia. Quel bastardo poteva anche teletrasportarsi? Un secondo esame, però, indicò che il capo Tekunin non era uscito proprio illeso dallo scontro.

Numerosi rivoli di liquido nero stavano sgorgando dal corpo, numerose macchie scure ed ammaccature. Probabilmente non era stato così tempestivo nella manovra di evasione.

- Non mi sembri però in condizioni di combattere. - Lo canzonò il castano. - Vattene, prima che ti finisca.

Jimmy si sorprese di sé stesso: cosa lo tratteneva dallo sfondargli il cranio con un pugno?  Tanta magnanimità era esclusiva di suo fratello!

- In effetti non ho più voglia di giocare. -  Confessò Sektor, intento a digitare un codice sulla console del braccio sinistro.

Jimmy sulle prime non capì cosa stesse facendo. Gli giunse solo un urlo, probabilmente da parte del negrone bionico.

Poi, l'addome del cyborg si aprì, e qualcosa partì a razzo.

Il castano non ebbe tempo di accorgersene, che venne spinto a lato da qualcuno.
Quel qualcuno si prese il proiettile, una sorta di grossa stella a sei punte.
Quando riconobbe il suo salvatore, Jimmy trasalì. Era il fratello.

- Billy! - Urlò.

Il biondo venne investito dal congegno, ma apparentemente non subì alcun danno.
Piuttosto, gli  si era attaccato al busto, avvinghiandolo come un ragno. Una luce rossa lampeggiava al centro.

- Che diavolo  gli hai fatto? - Soffiò Jimmy contro il maestro ninja.

Billy guardò sul suo torace, provando inutilmente a levarsi la trappola di dosso. - E' forse una bomba?

- Più o meno. - Furono le semplici parole di  Sektor. - Era destinato a te, ma il tuo caro fratellino...

- Lascialo subito! - Urlò Jimmy. Un pugno partì.

- Fermati, idiota!

Questa volta la voce di Jax gli arrivò ben chiara alle orecchie.
Le nocche si arrestarono, insieme agli occhi , fissi sulla mano di Sektor, vicina alla console.

- Quello è lo spaventapasseri! - Continuò Jackson, sempre a distanza.

- Il cosa?

- Una cosuccia simpatica. - Spiegò Sektor. - Premo un bottone, e quel marchigno si espande ed allunga le sue punte. L'asta inferiore finisce a terra per fare da sostegno, mentre, beh, le altre...

Jax si portò una mano sul volto.
Lo aveva già visto in azione quel diabolico marchingegno. Le altre punte erano fissate al collo, alle spalle e all'inguine.
Bastava un attimo, e il corpo della vittima veniva smembrato, gli arti e la testa divisi dal tronco.
Lo spettacolo osceno che si veniva a creare, gli arti penzoloni e la testa esposta come un trofeo, faceva somigliare la vittima appunto ad uno spaventapasseri.

Leonardo rinfonderò le spade nelle custodie, e abbassò le braccia, impotente.
Tremava. Anzi, fremeva. Fin dove poteva spingersi l'abiezione di quell'individuo?
Raffaello, a fianco, non disse nulla. Ma i denti che digrignavano potevano sentirsi a metri di distanza.



- La pietra, ora. - Intimò Sektor.

Scalciando di frustrazione, Jimmy si allontanò a grandi passi verso le Zanne del Drago, si chinò e prese l'oggetto.
Jax ebbe l'impulso a fermarlo, ma si trattenne.
Non poteva assumersi la responsabilità della vita di una persona.
Al contatto con il castano. una grande luce si sprigionò dalle Zanne, ma lui non ci fece caso. Non voleva farci caso. A dire il vero, tutta questa storia delle pietre lo aveva stufato.
Ora voleva solo Marian e Billy.
Marian.

- Come posso fidarmi di te?

- Non hai scelta, lo sai.

Sbuffando, Jimmy lanciò l'oggetto. Sektor allontanò la mano dal quadrante per prendere l'oggetto al volo.

- Ora!

Raffaello mise in pratica la più insana delle idee. La fece così, senza riflettere. Ma tanto lui non era abituato a riflettere. Il suo motto era "Picchia, poi fai le domande".
Fece un gesto fulmineo.
Impugnò uno dei Sai per la lama, poi lo lanciò.
Il pugnale andò a conficcarsi nella mano aperta di Sektor.
L'androide si chinò, la mano trafitta.
Fu il segnale per Billy, che era il più vicino.
Il biondo si mise a correre verso Sektor, e anticipò il cyborg nella presa.
L'oggetto cominciò di nuovo a brillare.

Sektor cercò calciare via le Zanne dalle mani di Billy, ma qualcuno gli spazzò la gamba si supporto, facendolo cadere.
Raf.
Il rosso estrasse il Sai dalla mano di Sektor, il quale lo ringraziò con un calcio sul piastrone.
L'impeto spinse via la tartaruga, mandandola contro Billy.

E fu lì che qualcosa di strano avvenne.
La luce dell'oggetto aumentò di intensità, avvolse completamente Billy e Raffaello e poi si dissolse.

Leo spalancò la bocca, incredulo, scioccato almeno quanto Jimmy.
Jax si mise una mano sulla faccia, sospirando.
Sektor imprecò, ancora a terra.

Non vi era più rimasta traccia delle Zanne, né del Dragone, né della Tartaruga.




Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Bomb Jack(ie) ***


Dragon
Bomb Jack(ie)


 La scena era così peculiare che quasi si poteva guardare al rallentatore.
I denti rotanti della sega sferzavano l'aria, mentre il vortice di lame si avvicinava sempre di più alla schiena di Donatello.
Il primo dente raschiò in una pioggia di scintille contro il guscio della tartaruga.
Poi venne il secondo, che scavò un leggero solco, poi un terzo che rincalzò con uno più profondo.
Il ronzio divenne un assordante rumore di sfregamento e lacerazione.
Le punte roteanti penetravano sempre di più nella naturale corazza del carapace.
Minuscoli frammenti di guscio si staccavano dalla superficie, infinitesimali schegge verdi che si disperdevano nell'aria.
Una trincea che in pochi secondi avrebbe sfondato la barriera d'osso e lacerato la carne, strappato in profondità pezzi di interiora e schizzato ovunque sangue, in una fontana di orrore.
Donatello già anticipava il dolore con la folle paura di quella macchina di morte a devastargli la schiena in un lampo.
Aveva abbandonato il raziocinio per salvare la sua amica da un'insensatezza, compiendo un'insensatezza ancora più grande.
Qualche attimo, qualche secondo ancora e una smorfia di dolore avrebbe segnato il volto del viola.
La prospettiva gli riempì gli occhi di lacrime.
Sperava solamente di non incontrare gli occhi terrorizzati di lei.
Sperava solamente di riuscire a ricacciare quell'urlo animalesco che gli sarebbe salito in gola, indipendente dalla sua volontà.
Sperava che April non avrebbe dovuto assistere all'assurdo spettacolo di lui che veniva ferito mortalmente.
Sperava che se non fosse bastato il suo intero corpo, la valigia sarebbe stata una protezione sufficiente.
Si chiese in una frazione il significato della parola 'sacrificio'.
Si chiese se quella sarebbe stata l'ultima volta in cui avrebbe potuto abbracciare April per proteggerla.
Forse non gli andava tanto male, dopotutto.
Chi non sarebbe disposto a dare la vita per la persona a cui si vuole più bene?
Certo, davanti a simili considerazioni i fratelli avrebbero dato di matto.
Michelangelo, il piccolo di casa, si sarebbe persino messo a piangere.
Raffaello lo avrebbe picchiato sulla testa.
Leonardo lo avrebbe rimproverato, da leader della squadra quale era.
Noi siamo una famiglia, avrebbe continuato a ripetere.
E forse il dolore lo avrebbe avuto il maestro Splinter.
Il saggio ratto umanoide soleva sempre ripetere che non c'è più grande disperazione per un padre che morire dopo i suoi figli.
Chiese silenziosamente perdono al sensei.
Ma la vita di April era ciò che contava al momento.
Tutto questo passò nell'animo di Donatello, nei due secondi che seguirono.
Chiuse gli occhi. Stirò le labbra in un sorriso, forse per rassicurare l'amica, e per un attimo gli parve di inebriarsi del profumo di April.
Vaniglia. Dolce come lei.
Poi qualcosa andò a disturbare i fori auricolari di Don.
Un sibilo lontano, un qualcosa che tagliava l'aria, che si faceva sempre più vicino.
Non riuscì a capire cosa fosse, ma quel suono imprevisto cambiò in un microsecondo tutte le carte in tavola.
Sentìche i denti della sega, pur continuando a girare, avevano smesso di scavare nel carapace.
Poi la sega cominciò a risalire in superficie.
Donatello non si racappezzava.
Cosa stava succedendo?

Il tempo tornò a scorrere nella sua normalità.
Il cyborg allontanò di netto la sega con un gesto deciso, e poi fendette l'aria.
Qualcosa venne tagliato in due, le due metà a  cadere sui lati, per terra.
Don registrò la scena solo successivamente al fatto di essere caduto e rotolato insieme all'amica, in un pittoresco abbraccio.
Il viola cacciò dentro il moto di imbarazzo che rischiava di soffocarlo, e si alzò per studiare uno dei frammenti.
Era un semicerchio metallico, ammaccato, grigio opaco, che il genio riconobbe appartenere al coperchio di un bidone da immondizia.
Rabbrividì, notando il taglio perfetto dal lato segato.

Scrutò in direzione del cyborg.
L'attenzione dell'automa giallo era rivolta da tutt'altra parte. La sega ancora in funzione, si stava preparando ad accogliere una minaccia esterna.
La stessa che forse gli aveva appena salvato la vita.
Quella minaccia arrivò, nel modo più incredibile che il viola potesse immaginare.
Un carrello della spesa arruginito, in piena corsa, e dentro il gabbiotto metallico vi stava chinato un umano urlante, forse più di spavento che di furore.


Poco prima.

Un vecchio barbone stava spingendo un logoro carrello da supermercato con metodica lentezza.
Canticchiando nenie stonate dall'elevato tasso alcolico che aveva maturato con l'ultima bottiglia di cognac, regalo inaspettato di qualche riccastro annoiato, l'anziano signore zoppicante si apprestava a 'fare la spesa' con gli avanzi recapitati direttamente dal miglior ristorante della zona.
In realtà di solito non si ricavava molto, magari una scatoletta di tonno scaduta o resti di un'insalata impreziosita con costosi ingredienti e lasciata impietosamente sul piatto fino a fine cena.
Infilando la mano sudicia nel cassone, il beone avvertì qualcosa di peloso.
Ritrasse la mano, temendo per una pantegana.
Fu grande la sorpresa quando fuori dall'immondizia spuntò invece la testa bruna di un uomo, un orientale.
Scambiandolo lo stesso per un animale, l'ubriaco urlò schifato.
- Un topo!
- Un topo? - Chiese incredulo l'uomo dagli occhi a mandorla, gettandosi nel panico quando in effetti uno squittìo annunciò l'effettiva presenza di un roditore.
- Un topo! - Urlò, appoggiando le mani sul bordo e dandosi la spinta per saltare fuori.
Sì passò le mani sui vestiti per togliersi eventuali roditori rimasti addosso, e si calmò solo all'esito negativo del controllo.
- Mio Dio, sei un topo gigante! - Lo accusò allibito il vagabondo, occhi sgranati e voce impastata.
- No, io in realtà sarei...
- Topoooo! - Cominciò a urlacchiare il barbone.
L'uomo a sua volta cercò di calmarlo, quando il lontananza gli sembrò di sentire un familiare rumore di motosega.
Tappò immediatamente la bocca del vecchio.
Riconobbe la fonte del rumore.
Poco più in là c'era il ladro della valigia, che stava combattendo contro una ragazzo e uno strano tizio vestito di verde.
Forse un vigilante come Kick-Ass?
Si girò verso l'ubriaco.
- Mi presteresti quel carrello?
- Ehy, sei matto? Questa è la mia spesa!
- Allora te lo compro. - Incalzò l'orientale, tirando fuori un eloquente biglietto da cinquanta dollari.
Le avide mani del beone strapparono la filigrana, gli occhi a fantasticare sulla colossale sbronza che si sarebbe potuto permettere.
Perso nei suoi progetti, il senzatetto lasciò l'altro uomo libero di prendere il carrello, insieme al coperchio di un bidone.
Un'occhiata al fondo rivelò solo la presenza di un estintore, un po' ammaccato.
Cominciò a spingere la maniglia, aumentando il passo fino a correre.
Presa velocità, saltò sul veicolo come un atleta di bob.
Cominciò a urlare, pentito della sua idea improvvisata, quando si rese conto che la velocità stava continuando ad aumentare.
Si stava andando a schiantare contro i tre colluttanti.
Senza considerare che il ladro lo stava attendendo con quella dannata sega.


Il cyborg accolse l'arrivo del vagoncino, ma con grande sorpresa del passeggero la sega di fermò, sostituendola di nuovo con la mano.
Con un gesto semplice impugnò un bordo con la mano libera ed arretrò con un piede per sostenere la forza cinetica.
Il tentativo riuscì, il carrello si arrestò di colpo e il povero uomo fu sbalzato dal mezzo, andando a rotolare sull'asfalto.

Contorcendosi per il dolore, l'uomo si lamentò per le numerose abrasioni, poi ammutolì quando vide l'umanoide sollevare il carrello con un braccio e scagliarglielo contro.

- Brutta giornata! - Urlò, evitando per un soffio la gabbia metallica, che si ammaccò rovinosamente all'impatto col terreno.

Notò l'estintore caduto a terra, e lo raccolse.

- Bene, - Disse. - Vediamo di raffreddarti i bollenti spiriti!

Impugnò il contenitore e si avvicinò al guerriero mascherato, premendo per ricoprirlo di acqua nebulizzata.
Complice però il fatto che fosse stato raccattato dalla spazzatura, dal bocchettone uscì solamente uno sbuffo di schiuma.
Vuoto.
L'uomo urlò di spavento mentre usava la bombola per parare un pugno del tizio.
Il contenitore si contorse fino a piegarsi come una lattina vuota.
Venne abbandonato, candendo a terra.

Poco lontano, Donatello stava osservando la bizzarra lotta, quando April lo richiamo alla realtà.
Subito la tartaruga si voltò verso di lei il viso paonazzo e un principio di panico.
Era al tempo stesso imbarazzato e contento per aver tenuto precedentemente tra le braccia April.
Anche se a dire il vero, il corpo gli era sembrato abbastanza rigido.
Poi realizzò un particolare importante: April aveva ancora stretta a sé la valigia.
Com'era possibile?
Don se lo chiese ad alta voce, ed April lo illuminò facendogli notare la parte superiore.
La maniglia si era staccata nel momento dell'abbraccio.
Abbraccio.
Donatello tornò a sembrare la sbuffante teiera di Splinter.
Scosse violentemente la testa per scacciare l'imbarazzo. La missione veniva prima, ed incredibile ma vero, April ce l'aveva fatta.

La rossa ricambiò con un fiero sorriso l'espressione meravigliata del viola.
Chi era l'inutile stupida, ora?
Certo, era anche merito di Donnie che l'aveva tirata via d'impaccio dalla sega...

- Ah! - L'urlo di spavento di April contagiò anche il compagno, che si girò nel tentativo vano di controllare la ferita sulla schiena. Non avvertiva alcun dolore, dopotutto, ma poteva ancora sentire addosso le punte di quella lama maledetta.

Gli occhi di lei, osservati di sfuggita, fecero un'espressione terrorizzata.

- E' davvero così grave? - Domandò di getto, con la paura nelle viscere.

- Certamente hai un bel solco nel guscio. - Gli rispose.

Uno squarcio orizzontale scavato sulla parte centrale, verso destra.
Faceva impressione. April si domandò se e quando una cosa del genere si sarebbe potuta mettere a posto.
In compenso, non sembravano esserci lacerazioni alla carne o presenza di sangue.
Se ne sarebbero occupati più tardi Donatello stesso e il maestro Splinter.
In quel momento c'era qualcosa di peggio: il cyborg si era fermato, ed ora stava semplicemente ignorando l'avversario, che dopo un paio di colpi facilente evitati, preferì mettersi sulla difensiva.

Adesso c'erano quattro occhi ad osservarli: quelli verdi fosforescenti dell'androide, con in mano ancora il troncone della maniglia, e quelli a mandorla dell'orientale.

Fu solo un attimo, che Don si girò verso April e urlò.

- Fumogeno!

La rossa stacco una delle braccia dalla valigia, avvertendo un po' di formicolio, e tirò fuori il finto uovo, gettandolo a terra.
La nube violacea sprigionata li avvolse.

L'androide sparò immediatamente una rete metallica dallo scomparto sull'addome, che entrò nella coltre di fumo.
Quando questi si diradò, risultò dallo scan che solo il probabile sauride era stato catturato. Dell'umana, e soprattutto dell'obiettivo, nessuna traccia.


April attese nel buio, al fondo della scala. Il bagaglio veniva stretto come il più prezioso dei tesori.
Quel tombino era stato provvidenziale per far perdere le tracce, ma Donatello si era fatto colpire apposta pur di coprirla.
Di nuovo.
La rossa sospirò. Non le rimaneva che eseguire la richiesta avanzata dall'amico poco prima.
Si alzò e cominciò a camminare nell'oscurità, incurante dell'acqua stagnante e i roditori che zampettavano ai suoi piedi.
Avrebbe portato la valigia al rifugio.
Donatello era un ninja. Il migliore. Se la sarebbe di certo cavata.
Almeno lei voleva crederlo.

Qualsiasi sistema di scanner avesse, il sottosuolo era schermato da qualsiasi segnale.
Non lo trovava il suo rilevatore, dubitava che ne sarebbe stato in grado l'altro.
Il fatto che il cyborg fosse ancora immobile lo confermava. April era al sicuro.
Lui, forse, un po' meno.


Scansione dell'ambiente negativa. Nessuna traccia dell'obiettivo.
Presunto sauride e umano rilevati.
Non rilevanti per la missione.
Modalità normale.
Abbandonare zona.
Lo scompartimento dell'addome si aprì.
Una sfera gialla con luci intermittenti cadde sul suolo.
Eliminare tracce della propria presenza.


Jackie era riuscito lo stesso, nonostante il fumo, a vedere la ragazza sollevare il coperchio e infilarsi dentro la botola.
L'archeologo guardò con stupore il figuro mascherato rimanere fermo per alcuni minuti, per poi improvvisamente spiccare un balzo inumano di decine di metri per allontanarsi dalla zona.
Poi una familiare sequela di bip sempre più compatta attirò il suo orecchio.
Una maschera di terrore gli si dipinse sul volto.
Era una bomba, ma non solo, era grande due volte la precedente.
Fece per allontanarsi a gambe levate, quando un richiamo lo trattenne.
Era il tizio vestito da Kick-Ass, ancora sotto la rete, che lo pregava.

- Il bastone. - Lo pregò-

Jackie guardò ai suoi piedi.
Notò un bo, che in tutta fretta sollevò e lanciò.
Una mano a tre dita, Jackie credette di aver visto male, afferrò il bastone. Il vigilante ora gli urlò.

- Scappa!

Con il rumore che preanunciava lo scadere dei secondi, Jackie corse verso un casso dell'immondizia e vi si infilò dentro.
Cominciò a pregare che lo spesso strato di lamiera lo proteggesse, e che in qualche modo quel tizio mascherato se la cavasse.

La colossale esplosione investì il cortile interno, infrando i vetri delle finestre.
L'onda d'urto spinse via il cassone con dentro Jackie per parecchi metri.
L'uomo originario di Hong Kong si sentì come se una tsunami lo avesse trasportato di un centinaio di chilometri.
Il calore raggiunse il suo picco, per poi scemare.
Il fragore si estinse, sostituito dagli antifurti delle auto della zona.
Quando Chan trovò il coraggio di sborciare fuori, trovò la devastazione descritta in un ground zero dove la deflagrazione aveva annerito e vaporizzato qualsiasi cosa nei paraggi.

Si mise le mani in testa per la disperazione: che ne era stato dell'uomo dalla calzamaglia?

Non poteva sapere che Donatello aveva agilmente debellato la rete con la naginata e scivolato al sicuro sotto al tombino.
Cavolo di giornata. Prima una sega elettrica, e ora una bomba gli aveva quasi arrostito il guscio.
Aveva comunque finito, poteva andarsene e raggiungere April. Ma non lo fece.
Ma in qualche modo, anche lui era preoccupato per la sorte dell'umano.


Jackie rammentò del tombino: là dentro vi era finita la valigia con dentro gli Occhi del Drago.
Avrebbe dovuto entrare e cercare? Si sentiva ancora in colpa e in ansia per il vigilante.


Donatello studiò la situazione, ascoltando. A quanto pare, l'uomo se l'era cavata. Ma era pericolosamente vicino al coperchio.
Che avesse visto April mentre si calava dentro? Avrebbe deciso di seguirne le tracce?
Lo avrebbe dovuto tramortire? Gli aveva salvato la vita.
Ma se fosse rimasto coinvolto poi nella missione?
All'improvviso, Don sentì un grido di donna. E sentì i passi dell'uomo allontanarsi.

L'aveva sentita. 
Forse la valigia poteva aspettare. Poteva esserci una vita in pericolo, e non esiste nulla più importante di una vita umana.
Si allontanò a grandi passi, quando sentì qualcosa vibrargli nella tasca dei pantaloni.
Il cellulare con suoneria impostata su silenzioso. Ed era stata una precauzione utile.
Ma in quel momento non poteva rispondere.
Ma se fosse stata una chiamata urgente?
Vinto dalla curiosità, Jackie estrasse il cell.
Sul display c'era il nome di Zio Chan.
- Zio? - Mormorò, aprendo la comunicazione.
Un urlo animalesco gli penetrò i timpani, un misto di rabbia ed agitazione.
- Zio. - Sussurrò. più piano che poté. - Ma cosa...?
- Dove tu essere stato? - Urlò con maggior vigore la voce anziana. - Sono due ore che Zio tenta di chiamare!
- Zio, ti prego, - Cercò di farlo ragionare Jackie. - Questo non è il momento...
- Questo invece è momento! - Ribatté imperterrito lo Zio. - Momento terribile! Funesto! Spaventoso.
- Insomma, che è successo? - Chiese Jackie, cominciando a preoccuparsi.
- Jade è scomparsa! - Gli soffiò infine il vecchio signore, con tono grave.
- Che cos...? - Urlò incredulo Jackie, subito tappandosi la bocca, sperando che nessuno lo avesse sentito.





Gli occhi di April strabuzzarono, basiti e meravigliati.
Stavano ricambiando lo sguardo di una ragazzina di dodici anni, che la squadrava con il medesimo stupore.
I capelli lisci e neri scivolavano sulle spalle coperte dalla felpa arancione.
Le labbra sottili erano tirate in un sorriso forzato, nervoso, imbarazzato.
La rossa sentì mormorare da esse un sommesso "Salve..."
Era davvero stato un incontro particolare, dettato dalle più strambe circostanze.
Non è gente che incontri tutti i giorni.
Perlomeno, rannicchiata all'interno di una valigia.

A fianco a lui, Michelangelo, l'espressione più emozionata, sorridente. Addirittura divertita.

- Sarebbe lei gli Occhi del Drago?




Spazio saluti.

Come diceva qualcuna, la pigrizia è un'arte, e io aggiungo, contagiosa.
Ma ringrazio le mie due fedeli recensionatrici e scusarmi con loro per il poco tempo  che ho potuto dedicare.
Non ultima, una settimana pregna di impegni (pure il concerto di quel Billy Idol che Mickey cantava al primo capitolo.)
Splendide recensioni come sempre.
E oggi ho rimediato a uno dei cliffhanger, ma in compenso c'è una new entry niente male.
Anche io maltratto abbastanza Don, pare. Mi sa che mi avete contagiato con il virus dell'angst.
Pentiti prof, hai creato un mostro.
Cartoonkeeper, sì, Mortal Kombat è pieno di questi giocattoli sadici, come lo spaventapasseri.
Se Youtubi Sektor e Fatality Scarecrow ti farai un'idea precisa.
E anche quest'altro giallo, a cui dedicherò un "Conosci" a tempo debito.
àLa teiera è tornata, Laurapink felice sara. Baraka in fondo è anche simpatico, anche se qua lo sto un po' trattando come Rocksteady o Be Bop.
Appuntamento al weekend.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Jaded Heart ***


Dragoni e Tartarughe
Jaded Heart


- Sarebbe quindi lei?

La tartaruga più giovane stava ancora rimirando la ragazzina con un misto di sorpresa e meraviglia.
Gli occhi a mandorla gli riportavano più volte a quella vecchia foto del venerabile Hamato Yoshi con la vecchia famiglia umana.
La comprensibile aria spaesata, mentre si guardava attorno, faceva da cornice a una ragazzina eccezionalmente bassa per la sua età, una felpa smanicata da cui uscivano due lunghe maniche bianche.
Ancora dolorante dalla posizione rannicchiata in cui doveva aver passato interminabili ore dentro il bagaglio, distendeva a fatica le gambe vestita da jeans che lasciavano scoperte le caviglie, prive di calze, allontanando le scarpe da ginnastica rossiccie dal corpo.

Michelangelo si girò verso April con un'espressione del tipo "Possiamo tenerla?", come se questa fosse un cagnolino abbandonato.
Un sussulto lo distolse dalla preghiera silenziosa.
Sgranando gli occhi, si accolse che la giovane era rimasta a bocca aperta, e lo stava guardando con incredulità.
Si rese improvvisamente conto del suo aspetto di mutante.
Abbozzò un saluto con la mano e un sorriso tirato.

April gli si mise davanti, cercando di riottenere l'attenzione dell'ospite.

- Sono April. - Si presentò la rossa. - Tu chi sei?

Ancora mezza sballottata dal nuovo ambiente, la piccola orientale continuò con un - Wow... - E poi i sensi le vennero meno.

- E' svenuta! - Cominciò a impanicarsi Michelangelo. - Che facciamo!

- Tranquillo! - Sbottò April, prendendo l'incosciente in braccio. - E' stata sballottata per tutto questo tempo in una valigia. Come minimo avrà bisogno di un po' di riposo.

- O di mangiare! - Puntualizzò la giovane turtle. - Corro subito in cucina! Sicuramente avrà una fame da leone! Magari un soufflé di pizza!

- Dai, Mick, credo che basti un po' di té. Magari con qualche biscotto. - Suggerì l'amica.

- Okey Dokey! - Annuì entusiasta l'arancione.


La ragazzina riaprì gli occhi.
Era su un divano logoro. Si tirò su e mise i piedi per terra.
Ad accoglierla un tavolino e una tazza fumante di acqua aromatizzata da foglioline di té, e una piccola montagna di biscotti allo zenzero.
Si guardò attorno, in preda a un lieve senso di nausea.
L'ambiente, trovò, era strano, sembrava una discarica ripulita e riarredata per conferirgli un aspetto gradevole.
Dovette convenire che se fosse stato questo il tentativo, era pienamente riuscito.
Gli arazzi dallo stile orientale, uniti al gusto essenziale e pratico dell'arredamente formavano un mix di austerità e calore familiare.

- Ben svegliata. - La accolse una calda voce.

Guardò in avanti: ad accoglierla, la ragazza di prima, qualche anno più di lei, i capelli rossi raccolti in un codino, che stava attendendo gentilmente una sua risposta.

- Salve... - Salutò per la seconda volta, sperando di non svenire di nuovo.

- Io mi chiamo April. - Ripeté l'altra.

- Molto piacere... - Rispose l'orientale, ancora incerta. Poi chinò il capo con rispetto, e finì la doverosa formula di presentazione. - Il mio nome è Jade.

- Giada? Ma allora è davvero lei il gioiello! - Si intromise una seconda voce.

Jade si voltò verso l'altra presenza, e come prima, spalancò la bocca.

April si avvicinò al mutante, spingendolo via. - Ehm, Michelangelo? Non credo sia una buona idea...

Ma prima che Michelangelo potesse protestare, il volto dell'ospite mutò da stupore a meraviglia. Un altro - Wow! - partì dalle labbra della giovane.
Si alzò, ignorando completamente il pasto fumante lì a fianco, e si avvicinò al mutante, fremente di curiosità.

- Tu... tu parli!

- E' così strano? - Domandò Micky, con aria genuinamente stupita. - Strano! Di solito dicono che parlo fin troppo...

- Ecco... lui è un mutante. - Cercò di spiegare April. - Tartaruga!

- Fantastico! - Commentò Jade, per nulla intimorita. - Come nei fumetti della Rane delle Fogne.

- No! No! No! - Corresse Micky, scuotendo vigorosamente la testa. - Tartarughe. Noi non gracidiamo!

- 'Noi'? Siete più di una?

Jade si chiese in quale mondo fosse mai capitata, dopo essersi chiusa in quella valigia.
Funzionava forse come l'armadio di Narnia?
Sapeva di aver disobbedito allo Zio con quella bravata, ma non le era assolutamente andato giù il fatto di essere stata scaricata in occasione di una nuova avventura.
E che avventura! Non era neppure uscita, che stava parlando con un personaggio che sembrava uscito da un fumetto.

- Certo! Siamo io, Donnie, Raf, Leo, Maestro Splinter... - Cominciò ad elencare Michelangelo, con naturalezza.

- Ehm, Micky... - Lo interruppe April. - Non credo sia il caso...

La loquacità di Michelangelo era un vero problema, per il rigore di segretezza che vigeva presso una famiglia di ninja. Lo sapeva anche lei che aveva avuto un addestramento da Kunoishi.

- No, ti prego, continua! - Incalzò Jade, rapita dalle novità.

L'espressione emozionata della giovane era un vero solletico all'ego dell'arancione, che cominciò a prenderci gusto.
Se il Piede avesse mai usato una ragazzina per carpire informazioni alla famiglia Hamato, quella sarebbe stata l'occasione giusta.

Si avvicinò con fare misterioso alle orecchie dell'ospite, e le sussurrò.

- Siamo ninja!

Michelangelo prima affrontò gli occhi sbrilluccicosi di Jade, che trattenne a fatica un - Wow! - dentro la gola, e poi gli occhi accusatori di April.
Capì che forse erano lì per ottenere risposte, non per fornirle.

Jade cambiò improvvisamente da un lampo di entusiasmo a una nube di sospetto, dopo che ebbe registrato la parola 'ninja'.
Nelle sue avventure insieme allo zio Jackie, quella parola aveva sempre avuto una connotazione fortemente negativa, legata a tante, odiate nemesi.
Gli uomini ombra. La Mano Nera.
Servitori di creature infide come Shendu e gli altri demoni draghi.
E quello con cui stava parlando era un rettile.
Che fosse una trappola?
Si mise, circospetta, in posizione da combattimento, forte degli insegnamenti di lotta delle Zio.
La strana reazione stupì sia April che Micky, che la guardarono basiti.
Ma prima che la dodicenne potesse fare alcunché, un giramento di testa la fece barcollare e cadere.
Finì dritta tra le braccia di April, che con delicatezza la sollevò e la riportò sul divano.

- Bevi un po' di té. - La invitò April.
Non c'era da stupirsene. Al solo rendersi conto che in mezzo alle lotte e le esplosioni, dentro una valigia contesa da più parti vi era una così giovane ragazza si sentì contorcere.

Jade la squadrò con circospezione. E se fosse stata una bevanda drogata? Poi un irresistibile inebriò le sue narici.
Lo zenzero di quelle paste gli attivarono lo stomaco, che rombò con un brontolio. Si sentiva debole.
La fame ebbe il sopravvento sulla diffidenza, e ne agguantò uno per portarselo alla bocca.
Una meravigliosa sensazione le scese giù per il palato.
Sì servi una seconda volta, poi una terza.
Poi buttò giù la tazza di té, per accompagnarsi.
Sorrise. Le forze le stavano tornando, insieme all'entusiasmo.

Michelangelo esultò, orgoglioso che la sua opera culinaria fosse stata apprezzata.
Jade masticò, la bocca ancora piena, guardando la scena con un sorriso.
Non sembravano cattive persone.

Raccontò della sua bravata, l'essersi infilata nella valigia dello zio Jackie, proprio grazie alle modeste dimensione per cui tutti a scuola la prendevano in giro.
Rammentava solo un lungo periodo di noia, poi una serie infinita di sobbalzi e rumori.
Probabilmente era svenuta più volte.

April sentì di nuova una piccola fitta tra lo stomaco e il petto.
Non sapeva se ammirare il coraggio della giovane, o disapprovare la sua incoscienza.
Era stata indirettamente ostaggio di un folle automa armato di sega elettrica.
Rabbrividì. Cosa sarebbe accaduto se ad aprire quella valigia fosse stato quel figuro?

Le chiesero dettagli sul viaggio dello zio.
Lei rispose ciò che sapeva: il trasporto di un artefatto prezioso per l'esposizione a un museo.

- Gli Occhi del Drago! - Annunciò Michelangelo. - E tu ti chiami Giada. Siete due gioielli?
Poi ridacchiò davanti alla sua stessa buffa asserzione.

Jade si unì nell'ilarità, contagiata dall'atteggiamento clownesco dell'arancione. - Non è esattamente un gioiello. - Precisò.
Neppure lei sapeva esattamente cosa fosse, in realtà.

- Potresti farcelo vedere? - Pregò April, con il tono pacato che poté.

Jade guardò verso la sua felpa, con riluttanza.
Si pentì di aver menzionato l'artefatto. Lo zio aveva studiato mille precauzioni. Doveva essere davvero importante.
Poteva fidarsi davvero?

- E' molto importante, lo posso assicurare.

La voce diretta ma pacata arrivò alle orecchie di Jade.
Tutti si voltarono verso la vetusta creatura.

- Sensei!

Michelangelo ed April fecero un lieve inchino con il capo.
Jade invece non riuscì a trattenere la sorpresa.
Con gli occhi strabuzzanti indicò con il dito il nuovo venuto, la voce concitata.

- Cavoli, un topo gigante! - Disse, attirandosi gli sguardi basi degli altri due.

Gli occhi  del maestro le lanciarono un'occhiata diretta, aggrottando le sopracciglia.
La ragazzina deglutì, abbassando il dito e lo sguardo.
Gli occhi penetranti che l'avevano appena fulminato con un ciglio severo e carico di rimprovero, erano gli stessi dello Zio Chan, non lo 'zio' con il quale chiamava affettuosamente Jackie, ma quello effettivo, l'uomo anziano al quale chiunque, parente archeologo compreso, abbassavano il capo in segno di rispetto.

Intimidita, Jade abbassò il capo. - Chiedo scusa, signore.
L'espressione del sensei si rilassò, e un tenue sorriso si formò sul muso soddisfatto.

- Puoi chiamarmi Splinter. E anche darmi del tu. Signorina...?

- Jade, Jade Chan.

Un lieve inchino venne scambiato tra i due.
Il gesto soddisfece il maestro. Non era dopotutto la scapestrata che sembrava a prima vista.


- Come stavo dicendo, quell'oggetto è molto importante. Ti andrebbe di farlo vedere?

Esitante, Jade frugò nelle tasche della sua felpa e tirò fuori gli Occhi del Drago.

Espressioni meravigliate si dipinsero su April e Micky.
Splinter scrutò l'artefatto con aria curiosa, una mano a lisciarsi la barba.

- Molto interessante. Ti dispiace se gli dò un'occhiata?

Ma Jade esitava.

- Non lo so. Se siete davvero...ninja, non dovrei davvero fidarmi . I ninja sono in genere ladri e assassini. E mio zio Jackie una volta mi ha detto che tra di essi non esiste onore.


- Tuo zio è una persona saggia. - Asserì Splinter, impressionato. - In genere è vero. I ninja per raggiungere i loro scopi possono usare tutto, come arma, dall'inganno, alle bugie, fino alle minacce e alla violenza.

Si avvicinò a grandi passi verso Jade. La ragazzina istintivamente strinse a sé il gioiello e si rannicchiò.

- Sì, questo insegna un addestramento da ninja.

April e Micky ammutolirono, senza capire lo strano comportamento del maestro.
Splinter si mosse e alzò il bastone, dopodiché fece un paio di kata veloci.
Terminò l'esibizione con un - Ah! - che gelò il sangue della piccola.


La strana scena aveva lasciato basiti gli allievi del sensei, soprattutto April, incredula sulla possibilità che il sensei che conosceva, maestro integerrimo e giusto, potesse dare corpo alle implicite minacce proferite dalla spiegazione.

Poi, come se nulla fosse iniziato, il maestro abbassò il bastone. Jade si guardò attorno, in cerca di spiegazioni. Incontrò solo gli sguardi altrettanto basiti degli altri due, e poi l'espressione del maestro, che si era distesa in un sorriso divertito.
Gli occhi profondi del topo sembrarono scrutarle l'anima, poi si concentrarono per studiare l'oggetto che  stava tenendo in mano.
Un oggetto ben conosciuto.

Jade si accorse di non avere più con sé gli Occhi del Drago.
Tornò a guardare il maestro, incredula.

- Ma l'onore è un'altra cosa. Non è un mezzo per raggiungere un fine. E' la via che scegliamo di percorrere per trovare quel fine. - Proclamò Splinter.
Abbassò la mano e porse l'artefatto nelle mani della ragazzina.

- Nessuno ti prenderà gli Occhi del Drago, se tu non lo desideri. - Sentenziò. - La mia sola premura è che non cada in mani sbagliate.

La stessa paura che aveva avuto lo zio Jackie. Anche se Maestro Topo sembrava saperne di più.

- Insomma, - Domandò Jackie. - Cos'ha di speciale questa reliquia?


Potè vedere alle spalle del maestro Michelangelo che si sbracciava agitando gli indici in un silenzioso "No!", mentre April scuoteva la testa e puntava le mani avanti.

- E' cominciato tutto da...

Gli allievi scossero la testa, esasperati. Jade capì solo allora il motivo, e si volle schiaffeggiare per non averlo fatto prima.
Conosceva bene quelle espressioni di noia dipinte sulla faccia della tartaruga e della donna.
Erano le stesse smorfie che faceva lei quando lo Zio Chan cominciava con le sue solite, monotone, terrificanti parabole orientali, ascoltate centinaia di volte.

L'unico soddisfatto della situazione era appunto il maestro Splinter, che con voce distesa e tranquilla, aveva cominciato quella che si prospettava una lunga, lunghissima narrazione.


***


Da un'altra parte, Jackie Chan si stava perdendo un'interessantissima lezione.
Probabilmente l'avrebbe preferita, ma capì che la ragazza rinchiusa in un vicolo non se la passava benissimo.

Certamente girare con una gonna non era stata la migliore delle idee, ma per scatenare l'appetito di un branco di lupi famelici sarebbe bastato molto meno.
Non era certo una mini, copriva anzi il ginocchio con una deliziosa fantasia di rose ed edere, ma probabilmente a quelle bestie tutto ciò non importava affatto.
Maledì la sua bellezza, i capelli biondi ricci che cascavano sulle spalle, e adesso tremavano, insieme all'esile figura.
Sentì gli sguardi squarciare la camicetta e penetrare nel reggiseno, sollevare la gonna e insinuarsi come serpi lubriche alla ricerca del suo spazio più intimo e privato.

Erano in cinque, uno più temibile dell'altro.

Un bellimbusto con un mento pronunciato e i capelli biondi con il ciuffo, che lo facevano sembrare un surfista. Aveva l'aria del playboy, forse un playboy che aveva preso troppi schiaffi sulla faccia dalla vita. Nei suoi occhi leggeva la frustrazione, il desiderio, intenti poco rassicuranti.

Un grosso, anzi, enorme armadio, un energumento grande due volte tutti gli altri. Aveva una maschera da hockey, esattamente come quel tizio dei film horror di cui mai ricordava il nome. Una t-shirt piena di strappi gli conferiva un aspetto ancora più selvaggio.
Quelle mani avrebbe potuto fare poltiglia di chiunque. Rabbrividì all'idea di averle addosso.

Quello che sembrava a tutti gli effetti un naziskin, o qualcosa di simile ad un nazista. La vera differenza era il cappello a tesa larga calato sugli occhi. Un sorriso maniacale spuntava dall'ombra sotto la falda.

Quello che sembrava un militare, o perlomeno vestito da tale. Un reietto di Zio Sam, che mai avrebbe approvato quegli osceni tatuaggi raffiguranti organi sessuali in copulazione. Un paio di baffetti che paradossalmente lo rendevano simile a un famigerato dittatore tedesco, sottolineavano l'aspetto marziale dell'uomo. Lo sguardo d'odio con cui la squadrava lo rendeva capace di tutto.
Di farle male, molto male.

E per ultimo, quello che sembrava il boss, un uomo sulla cinquantina, che a dispetto dell'aspetto trasandato degli altri quattro, portava un abbigliamento la cui raffinatezza stonava fortemente con l'ambiente circostante.
Eppure era colui che stava guardando il suo corpo con più appetito, famelicità, eccitazione.

Parlò per primo il surfista. - Dolcezza, - Le spiegò, leccandosi il labbro. - Vorremmo solo divertirci un po' con te.

- Certo, - Aggiunse il militare. - Non vorremmo mai ti succedesse qualcosa.

- La cosa ti potrebbe fare anche piacere. - Disse ironico il naziskin.

La ragazza arretrò, fino a finire rasente al muro. Stop.
Si guardò attorno, disperata. Nessuna via di uscita. Solo loro quattro.
Le mani fameliche tese verso di lei.

Il bestione mascherato si limitò a ridere, una risata demente di un bambino con le mani troppo grosse.
Lei appiattì le spalle al muro e trasalì, quando il gigante porse una manona.
Le larghe falangi su appoggiarono sul petto, poi strinsero con forza.
Lei urlò di dolore, accompagnata da un gemito eccitato da parte del mastodonte.
Quest'ultimo riprese a ridere, perso per i suoi pensieri, e poi fece di nuovo forza.
Questa volta il dolore fu così acuto che lei picchiò il braccio testo con un pugno.
Certo, non sarebbe servito a molto, vista la differenza di stazza, quella dev'essere sembrata una puntura d'insetto.
Eppure, proprio come una puntura, quella reazione venne percepita dal gigante come un qualcosa di incredibilmente fastidioso.
Ritrasse la mano, massaggiando il polso colpito con l'altra. Si mise a piagnucolare.
Sembrava un bambino che era appena picchiato.
Il mugolio si tramutò in un urlo di rabbia.

Il naziskin si lamentò. - Ecco, hai fatto arrabbiare Jason.

Jason. Lo stesso nome del killer del film. Se quello era il suo vero nome, il destino aveva scelto un grottesco senso dell'umorismo.
Ma lei in quel momento era la vittima. Una vittima impotente, senza nome. Inerme.

- Accidenti, troia. - Si lamentò il surfista. - Se quello si incazza finisce per triturarti la testa come è successo per le ultime due.

La rivelazione atterrì la donna.
Ultime due? Due ragazze erano morte? E lei era la prossima?

- Dai, stai buona e facci finire. - Intimò l'uomo più anziano, mentre le infilava sfacciatamente una mano tra le cosce.
Poté quasi avvertire il suo fiato sul collo.
Ebbe  l'impulso di dibattersi, ma gli animaleschi urli di Jason la raggiunsero, impietrendola.

Il militare arricciò i baffi con un sorriso sardonico. - Dai, non farà male!


- Scommettiamo?

Un rumore di nocche che scrocchiarono.

Tutti si voltarono verso il nuovo venuto. L'uomo orientale li stava sfidando con lo sguardo e le mani che nel frattempo si erano poste in posizione di combattimento. Il sorriso strafottente si stava facendo beffe del degrado di una banda di cialtroni che non aveva di meglio da fare che molestare una povera innocente.
Era uno spettacolo che i suoi occhi non potevano sopportare.
Ma dentro di sè, Jackie sperava che non stessero notando la paura celata da un'aura di spacconeria.

- E qua chi abbiamo, Bruce Lee? - Lo apostrofò il nazi, in risposta. - Bada agli affari tuoi, occhi a mandorla.

- Lo farò. Dopo che avrete gentilmente lasciato andare la signorina.

Uno sguardo alla signorina incontrò degli occhi pieni di speranza.
Si sentì come invaso da una responsabilità ancora più grande.
Cercò di prendere tempo. Doveva cercare di neutralizzarli uno per volta, per cui sfidò il nazi.

- Ehy, pelatino, per caso vuoi divertirti perché non te l'hanno mai data?

Il nazi era un bersaglio facile, a quanto pareva, perché le nocche stavano già tremando di rabbia.

- A me risulta che siano i cinesi ad averlo piccolo.

- Come lo sai? Ne hai visti così tanti?

La frecciatina ebbe il doppio effetto di provocare l'ilarità degli altri quattro ai danni del nazi.

- Kurz, - Sbuffò il militare. - Devi ammettere che alle docce comuni del riformatorio di Shangai...

- Fai silenzio, tu! - Soffiò irritato il nazi.

- Dai, bro. A nessuno interessa che tu sia un mezzo cinese. - Rincarò il surfista, sarcastico. Per non insinuare altro.

L'ilarità aumentò, e Kurz finì per arrossire di rabbia. Decise che sarebbe andato a zittire la causa del problema.

- Ora quella bocca te la chiudo io.

Il nazi fece per sferrare un pugno, ma Jackie gli calò fulmineamente il cappello sulla faccia, poi gli pestò un piede.
Nel mentre che un Kurz accecato si teneva saltellando l'anfibio, Jackie spazzò l'altra gamba.

Il Nazi finì a terrà, stordito, e venne finito da un pestone di Jackie.
Avanzò di qualche passo, e cominciò ad applicare la stessa tattica,  attaccando a maleparole il ridicolo ciuffo del surfista.



- Non se la cava male, quel tizio. 
Donatello era nascosto dietro un cornicione.
Si stava chiedendo se la lode fosse indirizzata alla sua abilità di lottare o agli insulti improvvisati degni di suo fratello Raf.
Scacciò la tentazione di calarsi nel vicolo e farla finita in un attimo.
E quello sarebbe stato il piano originale, se Mr. Carrello Della Spesa non si fosse messo ancora una volta in mezzo.
Anche se doveva ammettere che nell'altra circostanza era stata una provvidenza.
Ma non poteva mostrarsi a chicchessia nel suo aspetto di mutante.
Certo, ormai tutta la malavita di New York conosceva lui e i fratelli.
Ma lui non era l'Uomo Ragno o gli altri eroi che Mickey amava tanto.
Lui era un ninja. Non aveva calzamaglie a coprire la sua identità, anche se in alcune occasioni le aveva usate.

E poi in qualche modo, sembrava che non ci fosse bisogno di lui. Quindi aveva preferito restare nell'ombra.
Sospirò, guardando il cielo. Si chiese se April fosse già al rifugio. Resistette alla tentazione di prendere il T-phone per sincerarsi.
Anzi, non resistette. Lo tirò fuori e cominciò a digitare.
Lo spense all'istante, pentito. Non doveva far rumore!
Poi, un urlo soffocato attirò la sua attenzione.
Il nazi aveva preso di sorpresa il cinese.
Lo aveva preso alle spalle, come il vigliacco che era, insieme a tutta la feccia con cui di solito lui aveva a che fare.
Niente di insolito, dunque.
La cosa insolita, invece, rispetto, allo standard, era la kusarigama che aveva appena usato per avviluppargli la gola.

Don sospirò. Avrebbe dovuto intervenire.
Nell'ombra, come un ninja.


Conosci il tuo fandom

f

Jade Chan, dalla serie televisiva di Jackie Chan's Adventures.
Nome in codice, guai.

"Nipote" fittizia di Jackie, presa spesso in giro per la sua bassezza che la fa sembrare molto più piccola della sua età, è una vera testa calda con la capacità intrinseca di cacciare la gente nei guai.
Però anche di uscirne, con astuzia e intelligenza.
Una sorta di Qui, Quo, Qua con Zio Paperino, solo con qualche mossa di arti marziali in più.
Qualche.
Ovviamente, essendo giovanissima, non è una combattente eccezionale, ma potrebbe rivaleggiare con April versione 2012, in qualche modo.
Se in qualche testo è denominato lo Zio Chan, non è Jackie. Si fa chiamare Zio da tutti, ed è un mago di magia bianca cinese.
Ed è petulante come Splinter, invero. Ma lui non lo vedrete. Basta già lei. Con Mickey in giro, poi...
Salviamoci i gusci.




Angolo mail

f

No, non sono io. (Ma non sarebbe male...)

Cartoonkeeper: "I
l giallo (che non vedo l'ora di conoscere) è stato fortunato a non aver fatto tanto male a D... "
Grandioso, anche io posso vantare i cattivi che ricevono velate minacce di morte, proprio come Kurtis di Lara!
Ed è bello vedere di come per colpa di un estintore vuoto Jackie abbia rischiato l'estinzione.
HAHAHA! Ok, rido davanti a questa commovente battuta (in senso che fa piangere)
Sì, sembra che il Feeling ci stia, in qualche modo. E manco era stato programmato. Ma io non programmo nulla. Faccio come Jackie Chan. Improvviso. Poi metto tutti gli errori nei titoli di coda, proprio come nei film.
Beh, no, gli errori vedrò di risparmiarveli.


Larapink:
Grazie, Sensei dell'Angst *inchino*, anche se ho le stesse difficoltà di montare drammaticità quanto quella di Michelangelo di apparire cupo come Raffaello.
Accetto la tua proposta di matrimonio, ma solo se non maltratti la vita coniugale con le stesse sfighe che riservi alle Turtles. Che se amare è anche angstizzare, direi che tutta la famiglia Hamato ti vorrebbe ringraziare non appena ti vedono. Per quello girano sempre armati.
O se proprio devi, almeno non metterci l'Ebola.
Finché morte non ci separi, vero. Non è specificato di quale personaggio! *ghigno angst sinistro*
Temo che il brodo di giuggiole stia bollendo nel minestrone che ho finito oggi.

Ha piovuto tutto il giorno, tutti i giorni. Se questo è il pre-natale, al posto della slitta di Babbo Natale arriverà l'Arca di Noé.

Alla prossima!
 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Rolling Thunder ***


Dragon  
Rolling Thunder


La catena si era tesa, gli anelli alla massima distanza possibile l'uno dall'altro, la linea retta che vibrava nell'aria, risultato della prova di forza che stava contrapponendo i due uomini, uno dei quali, però, si trovava in netta difficoltà.
Innanzitutto, la mancanza di ossigeno. La pressione del ferro sulla giugulare impediva il flusso d'aria.
Le mani si erano subito azionate a tirare per allentare la presa, il corpo a divincolarsi come un animale oppresso dalle sbarre di una barra troppo stretta.

Kurz si alzò, con le mani ben tese, una impugnava il falcetto che brillava nella penombra, l'altra faceva forza, cercando di guidare quel cinesino di cacca che aveva osato ridicolizzarlo, a parole e a calci.
Il cappello a falda larga caduto per terra, la testa rivelava una rada capigliatura bionda. Molto stempiata, molto alopeciata, ma comunque presente.
Questo spiegava doppiamente l'irritabilità del naziskin: il "pelato" apostrofato prima da Jackie colpiva un nervo delicato del soggetto.
Questo, unito al suo mezzo sangue, concepito da un fiero padre tedesco e una sporca sgualdrina cinese, una vera croce, un'onta per il seguace di un ideale estremista come lui.
Ma adesso lui era il cowboy, l'altro il vitello preso al lazo.
E quando sarebbe stato abbastanza vicino, il falcetto avrebbe macellato la carne.
Si leccò le labbra. Stava pregustando la bistecca.


Donatello decise di rimanere nell'ombra. Urgeva aiutare il 'muso giallo' al più presto. Guardò in fretta l'armamentario a disposizione.
Cinque shuriken e due fumogeni.
Innanzitutto, urgeva allentare quella maledetta presa.
L'occhio clinico del viola osservò la situazione ed in un nanosecondo trovò la soluzione.
Uno degli anelli della catena era maledettamente debole, arruginito, allentato.
Evidente di come quel farabutto, dovunque abbia mai preso una così particolare arma, non se ne prendesse affatto cura.
Normalmente, una stella ninja non avrebbe potuto fare nulla per spezzare una catena, ma in quel caso...
Il problema è che l'anello si trovava a meno di un metro dal cinese.
Calma, Donnie... Si disse, un solo occhio aperto per prendere la mira. Molta calma...
La fronte cominciò a imperlarsi di sudore.
Quando si sentì pronto, Donatello lanciò.


Jackie non sapeva come liberarsi. Si stava dando dello stupido per essersi fatto sorprendere così facilmente.
Aveva perso lo smalto, o forse, non aveva mai abbandonato il vizio di trattenersi nel fare male alla gente.
Avrebbe almeno potuto sincerarsi che il tizio fosse effettivamente svenuto.
Pessima mossa.
Intanto, davanti, il surfista aveva tirato fuori un coltello a farfalla, e lo stava usando per pettinarsi il ciuffo.
Il militare si era infilato un tirapugni.
Entrambi si stavano avvicinando, gli altri due erano ancora in fondo con la vittima in ostaggio.
Ma i problemi sembravano non finire mai.
Le sue orecchie avvertirono per tempo un sibilo nell'aria.
Si spostò di scatto, evitando qualcosa che andò a conficcarsi sull'asfalto. Gli stavano tirando armi da lancio!
Seguirono altri due sibili, che Jackie schivò agilmente, nonostante la catena.


Donatello si trattenne dall'imprecare, esasperato. Perché quel diavolo di uomo stava continuando a muoversi?
Dopo il terzo tentativo, però, ebbe la netta sensazione che la schivata fosse intenzionale. Si era accorto del loro arrivo?
Tastò di nuovo la custodia. Aveva solo più due stellette.
Sarebbe stato saggio rischiare?
Decise di cambiare tattica: mirare al nazista. Tirò fuori le due shuriken rimaste e li lanciò.
Ma anche Kurt non era meno preparato, visto che deviò entrambi i proiettili col falcetto.

- Chi è là? - Sibilò inacidito il nazi, guardando in alto, alla vana ricerca del cecchino.
Dannazione! C'era quindi qualcun altro oltre il cin ciao lin?


Jackie non capì bene cosa stesse succedendo, ma sentì che la catena si era allentata, e con essa una sensazione di sollievo gli riempì il cuore e  polmoni, insieme a una grande boccata di ossigeno.
Era un'occasione da non perdere: le mani ben salde su una porzione di catena, alzò la gamba e pestò il resto della catena sollevata, puntellandolo a terra.
Fu il nazi questa volta a sentirsi tirare, avvicinandosi suo malgrado a grandi passi verso Jackie.
Quest'ultimo usò la parte di catena in mano per avvolgergli corpo e braccia per immobilizzarlo.
Kurz cominciò a divincolarsi, mentre Jackie si levava finalmente il cappio dal collo e cominciò a legare il nazi.
Si avvide troppo tardi degli altri due che nel frattempo erano sopraggiunti.
Riuscì a malapena a farsi  scudo con Kurz e la catena, sulla quale si infransero il tirapugni e il coltello.
Entrambi si prepararono ad un nuovo assalto, quando qualcosa finì immediatamente a terra, e una grossa nube violacea si sprigionò, gettando la confusione.

Donatello entrò in azione, nascosto dal fumogeno, nel preciso istante in cui il surfista e il militare facevano partire un secondo, contemporaneo attacco.
La tartaruga afferrò contemporaneamente il pugno borchiato del soldato e la testa del surfista, e li unì in un improvvisato e grottesco baciamano.
Un paio di denti saltarono dalla mascella del californiano, che si premette mugolando la bocca sanguinante.
Il viola finì i due con un calcio a sinistra e uno a destra, entrambi indirizzati ai rispettivi stomaci.
La nube si diradò che Donatello era tornato appena in tempo nell'ombra, appiattito dietro un condizionatore.

A fumo diradato, tutto ciò che videro Jason e l'altro furono l'uomo orientale con due uomini a terra e uno che si divincolava in piedi, legato come un salame.

Jackie capiva ancora di meno la situazione. Cos'era il fumo di prima?
Quegli altri due si erano messi K.O. da soli?
E le armi da lancio di prima?

Figlio di....! - Tuonò il capo. - Jason! - Ordinò all'energumeno. - Fallo a pezzi!
Il gigante urlò il suo grido di guerra da dietro la maschera, e poi si chinò, in cerca di qualcosa.


- Dai, - Ironizzò Chan, che trovava lo spettacolo del gigante abbastanza grottesco. Conosceva bene il riferimento cinematografico. Sua nipote Jade lo aveva costretto una volta a  una malsana maratona notturni sul noto, indistruttibile serial  killer.
Si vergognò molto di come poi fu lui a bussare alla camera della bambina perché non se la sentiva di dormire da solo.
Ma quello che aveva davanti era veramente ridicolo: chiamarsi Jason e girare con una maschera da hockey. E poi quel 'Fallo a pezzi'.

- E che cosa dovrebbe mai usar...?

Non finì la domanda, perché un rumore agghiacciante gli gelò le parole sulla bocca.
Un rombo accompagnato da un ronzio, che a tratti aumentava di volume.

- State scherzando, vero? - Domandò incredulo Jackie. Poi aggiunse, in tono supplichevole. - Vero?

Perché anche lui doveva essere armato di motosega?


***


Le candele brillavano nella penombra, agitate dalla tenue corrente d'aria che attraversava la stanza.
Un forte odore d'incenso pizzicava le narici, ma il naso del maestro era così abituato che praticamente non ci faceva caso.
Le gambe incrociate sostenevano all'altezza delle ginocchia le mani, appoggiate di piatto con il palmo all'insù, il pollice a toccare il medio.
Il silenzio gettava un manto di incanto sulla scena.
Era il momento in cui i sensi e l'attaccamento al mondo materiale cessavano, uno alla volta, di essere avvertiti, le percezioni si perdevano fuori dalla realtà, e l'io interiore cominciava a vagare dentro il buio, rischiarato solo dalle immagini interne che facevano capolino nell'animo.
Il respiro si era fatto sempre più tenue, fino a diventare impercettibile.
Splinter aprì gli occhi. Capiva che era solo un'illusione, le palpebre non erano le sue materiali.
Aveva semplicemente aperto l'occhio della sua anima.
Ma c'era qualcosa di diverso, in quella sua solita meditazione.
I suoi sensi di ninja avvertirono la presenza di qualcuno, un essere molto potente.
La foeza percepita era sbalorditiva, qualcosa completamente fuori scala, faceva impallidire persino il suo odiato nemico Oroku Saki.
Fino a quando la presenza si palesò ai suoi occhi.
A Splinter mancò il fiato per un attimo.
Un uomo vestito completamente di bianco, fatta eccezione per un corpetto bluastro, stretto in vita da una cintura nera.
Oltre ad esso, parastinchi e parabracci adornavano gli arti del guerriero, che si mostrava in tutta la sua imponenza, una mano appoggiata ad un lungo bastone.
Il largo kasa che copriva la testa gettava una lunga ombra sul volto della persona, rendendola indecifrabile agli occhi del saggio topo.
Ma Splinter trasalì, come poche volte in vita sua, quando il buio sotto la falda venne spazzato da due lampi globulari, due piccole sfere di luce che presero la forma di occhi.
Erano occhi scintillanti, irrequieti lampi che sprigionavano intense e continue scariche elettriche, come se al loro interno si celasse l'essenza stessa del fulmine.
Anzi, a guardarlo bene, il corpo di quell'uomo era un continuo passaggio di fulmini che si rincorrevano girando intorno alla superficie della pelle, ora diventata luminosa come una saetta.
Il ninja comprese di trovarsi al cospetto di qualcosa di straordinario, che trascendeva l'aspetto umano, creato solo per dare un senso di familiarità ai sensi della sua parte terrena, ma superava il concetto stesso di naturale, oppure, al contrario, si fondeva con esso, senza limitazioni o barriere.
In altri termini, capì di essere in presenza di un dio.
Non il Dio degli Occidentali, non il Budda e nemmeno un Kami, ma qualcosa di completamente diverso, ma non definibile adeguatamente con altri termini.
Avvertì la sua nullità di mortale e si prostrò, le mani e la fronte a contatto con il pavimento, o dovunque fosse in quel momento, nel buio attorno a loro.

Il dio si limitò ad alzare una mano, e a parlare.

- Alzati. - Gli ordinò, ma senza quel tono autoritario che ci si sarebbe aspettato. - In questo momento non ho bisogno di adoratori, ma di alleati e fieri combattenti.

Come a rispondere alla richiesta, il maestro si alzò con un gesto elegante, mantenendo comunque il capo chino.

- Cosa può fare un umile ninja come me? - Domandò, con tono sincero. - Per giunta un mutante?

- Hai in qualche modo ascoltato la mia richiesta di aiuto attraverso il tempo e lo spazio. - Rispose il dio. - Questo ti rende già capace e meritevole, umano, topo, o ... ibrido che tu sia.

- Una richiesta di aiuto? - Mormorò Splinter. - Perché un dio dovrebbe aver bisogno di aiuto?

- Mi chiamo Lord Raiden. - Si presentò il dio. - E sono il dio del tuono, adibito alla protezione del Regno della Terra. La vostra dimensione, per dirla in termini... mortali.

- Perché mai un dio dovrebbe aver bisogno di aiuto da parte di umili persone come me?

- Ci sono determinate regole predisposte dall'alba dei tempi. - Rispose Raiden. - Regole che impediscono il mio intervento diretto. Per questo sto vagando con lo spirito nello spazio e nel tempo, alla ricerca di campioni. E la tua anima ha risposto al mio richiamo.

- Se posso permettermi di chiedere. - Obiettò educatamente il maestro ninja. - Qual è il pericolo che ci minaccia? E, con rispetto parlando, come fugare il dubbio che quanto lei mi stia dicendo possa essere una bugia, o semplicemente un sogno?

Pur rimproverandosi per l'ardita uscita, Splinter sapeva di avversari capaci di sporchi imbrogli illusori, condizionamenti psichici e ingannatori, di cui era già stato vittima e bersaglio, come da parte del Signore dei Ratti.

Raiden non si scompose. - Domande legittime, mortale. Se le parole possono essere ingannatrici, faremo parlare i pugni. Tu capirai se io sto mentendo, ed io capirò se sei davvero un guerriero in grado di aiutarmi.

Splinter annuì, e si alzò.
Insieme si scambiarono un inchino, e poi si misero in posizione di guardia.

Con meraviglia del topo ninja, il suo familiare bastore gli si materializzò in mano. Poi osservò Raiden, che agitava confidente l'altro bastone.

- Ad armi pari. - Aggiunse, il sorriso sotto gli occhi scintillanti.

- Sto pur sempre combattendo contro un dio. - Asserì Splinter. - Un dio che ama combattere, sembra.

- Non è gioia. - Rispose il dio del tuono. - Forse è solo abitudine.


***

- Mi state prendendo in giro! - Esclamò Jackie, rannichiandosi dietro Kurz legato come un salame.

- Ehy, non fare scherzi! - Intimò il nazi, anche se non sapeva se dirlo al muso giallo o a Jason, che in quel momento sembrava davvero un pazzo scatenato, a brandire minacciosamente la motosega a destra e sinistra, fendendo l'aria.

Improvvisamente una figura verde armato di bastone atterrò esattamente a metà strada, infrapponendosi tra i due malcapitati e il pazzo con la maschera.

L'energumeno fece un mugolio di sorpresa, e si guadagnò un colpo di bo sulla maschera per tutta risposta.
Ruggendo la sua rabbia, Jason alzò la motosega e la calò su quello strano omuncolo verde.
Donatello era già sparito, regalandogli un altro colpo di bo sulla nuca.
Cominciò una strana danza dove Donatello era impegnato a lottare con il bestione, evitando con capriole e schivate la lenta ma letale arma tagliente.

Jackie riconobbe, gli occhi strabuzzanti dalla sorpresa, il vigilante vestito da Kiss-Ass, anche se non poteva vederlo bene in volto, come se questi stesse ben attento a dargli le spalle per tutto il tempo.
Trovò alquanto strano il travestimento, che ora riconosceva completamente diverso dal classico eroe dei fumetti. Sembrava più un vestito da tartaruga, con tanto di corpetto a forma di carapace.

Si rese conto di essere rimasto impalato a fare da baby sitter al nazi.
Ma come affrontare un simile bestione? Guardò la catena.
Eccol'arma!
Fece un salto all'indietro, distanziandosi da Kurt.
Con uno strattone deciso, tirò a sé tutta la catena.
Come risultato, il nazi venne liberato ma, al pari di un rotolo di carta igienica srotolato con violenza, cominciò a ruotare come una trottola.
Questa 'trottola', che a tratti ricordava un The Mask in movimento, esaurito l'effetto rotatorio, cominciò a barcollare pericolosamente vicino alla colluttazione.
Il ninja viola intanto era appena atterrato, dopo un salto mortale, fuori dalla portata della lama dentata di Jason, che continuava a sventolare l'arma a casaccio, ma al suo posto era appena entrato proprio Kurz.
Il povero nazi non ebbe il tempo si riprendersi dal giramento di testa e dal senso di nausea, che sentì su di sé la minacciosa ombra di Jason e della sua motosega.
Kurz ebbe l'impressione di urinarsi addosso.
In quel preciso attimo Donatello vide a terra il coltello a farfalla, a fianco del surfista, lo raccolse e lo gettò all'istante contro Jason.
Fu quella distrazione che salvò Kurz, perché il maniaco mascherato si accorse del proiettile e deviò la motosega per parare il coltello.
Quest'ultimo ritornò indietro, diretto sul volto di Jackie Chan.
Venne parato giusto un attimo prima dal bo di Donatello, conficcandosi nel legno.
La tartaruga continuò a dare le spalle a Jackie, e lo rimproverò.

- Che diavolo credevi di fare?

-Usare la catena per aiutarti...? - Tentò timidamente Jackie.

- Mandando quell'innocente a farsi squartare dal pazzo? - Rincarò Don con tono più sostenuto.

- Non è che l'abbia fatto apposta! - Protestò Chan.

Il diverbio stava cominciando a farsi rumoroso, tanto che sia Kurz che Jason si erano fermati ad ascoltare interessati.

- Adesso li riconosco! - Proruppe Kurz. - Un tizio vestito di verde e il suo amico orientale... sono Green Hornet e Kato!

Jason annuì all'affermazione, con un mugolìo entusiasta.

- Che cavolo fate, laggiù? - Protestò il capo, dal fondo. - Fateli a pezzi!

Al che Jason riprese in mano la motosega e Kurt partì all'attacco.

Interrompendo la discussione, Jackie e quello strano tizio scattarono, ognuno in direzioni opposte.
Donatello sistemò alla svelta Kurt con un calcio volante, poi sentì su di sé l'ombra del gigante e il fastidioso rumore dell'attrezzo per tagliare.
Mentre Jason aveva l'arma ben  in aria, pronta a calare sulla tartaruga, Jackie lanciò la catena, che andò ad avvilupparsi alla lama, e poi tirò.
Quest'ultima non fece presa, scivolando via, ma fu sufficiente a costringere il gigante ad abbassare la lama di lato.
Don si preparò a finire il maniaco, ma fu anticipato.

Una raffica di dischi neri volò per il vicolo, colpendo alla testa Jackie, e Jason. Donatello li evitò per un soffio.
Il cinese svenne sul colpo, mentre il gigante barcollò, intontito.

Donatello sentì arrivare un familiare - Goongala! - Una voce che lo irritò sottilmente.
E questo spiegava i dischi da hockey, poiché di essi si trattava.

A tutta velocità, sulle ali di due rollerblade, si stava avvicinando un vigilante, uno vero, la canotta rossa su un paio di pantaloni in pelle nera. Era mascherato, al pari di Jason, con una maschera da hockey.
Alle spalle portava una bisaccia adornata con mazze da baseball e da golf, mentre tra le mani vi era, lunga e imponente, una minacciosa mazza da hockey su ghiaccio.

Al genio sembro di vedere uno dei film horror che piacevano tanto a Micky, del tipo Jason vs Jason X, Freddy vs Jason, Fracchia vs Dracula.
Però questa scena durò meno di un attimo, quando la mazza del suo 'caro' amico e inconfessato rivale Casey Jones si abbatteva impietosa a dare il knock out al demente.

- Se c'è una sfittinzia in pericolo, è Casey che dovete chiamare! - Proclamò Jones, in posa plastica, tra lo sguardo ammirato della donna e quello annoiato del capo della gang decimata.
Donatello fu ancora più seccato. - Che piacere averti qui. - Sibilò in modo fantastico.

- Ciao, Don! A caccia di pollastre da salvare? - Gli domandò il vigilante, con una cordiale pacca sul guscio.

- Ci hai salvato. Grazie. Arrivederci. -Disse meccanicamente il viola, sperando di levarsi l'ingombro. Inutilmente.

- Non è ancora finita! C'è il pericoloso boss, il capo, la mente criminale! - Continuò imperterrito Casey, adocchiando il signore rimasto.

Guardando i due vigilantes avvicinarsi, l'uomo soffiò, timoroso.
Gli occhiali tremavano, mentre il naso pronunciato tirava disgustosamente su un disgustoso fluido verdastro, la bocca racchiusa in una smorfia di disgusto e ostilità, quasi fossero gli altri i maniaci, e non lui.
I capelli brizzolati ondeggiavano, sgraziati, aggiustati ogni tanto dalla mano sudicia.
La maschera compiaciuta e autoritaria di prima aveva lasciato posto a una grottesca parodia.

- Cosa volete farmi? Voi non sapete chi sono io!

- In effetti, non ti sei ancora presentato. - Commentò Casey, scrocchiando il collo.

- Sono il potente Joe Van Hardy, maledetta feccia! E... e.... - Gli occhi si fissarono sull'aspetto di Donatello. Cominciò a urlare, intriso di paura. - Un mostro! - Strillò come una femminuccia.

Agitò le mani e cominciò ad arretrare. Ma alle sue spalle c'erano il muro... e la ragazza.

- Ma certo! - Esclamò Casey, schioccando le dita. - E' quel senatore famoso per la sua campagna contro la, a suo dire, feccia della società. Sbandati, senzatetto... i diversi, insomma.

Donnie fremette. La parola 'diversi'. E veniva lanciata dal pulpito di un capo di pazzi assassini.

- N-non mi toccare! - Strillò il politico, messo alle strette.

- Sono io che non mi voglio far toccare. - Rispose Don, schifato. In quel momento si sentiva particolarmente disgustato. - Casey, finiscilo, mentre faccio una chiamata anonima alla polizia.

- Con piacere. - Rispose Casey. Di solito era Raffaello a prendersi tutte le soddisfazioni nei giri di ronda.
- Allora, Mr. Hardy, - Domandò, diretto al senatore. - Ha qualche potere da oppormi, o vuole star buono per la buonanotte?

Così dicendo, il vigilante brandì la mazza, pronta all'uso.

- Ti posso pagare! Denaro. Tanto. Se mi lasci andare! - Scongiurò l'uomo.

- Mi vuoi colpire a mazzi di banconote? Spiacente. Casey non è vulnerabile a quel tipo di attacchi!

Fece per colpire, ma prima che il bastone andasse a sgranare i denti del malcapitato, questi cascò a terra prima del tempo, le pupille rivolte all'insù, la bocca aveva emesso un gemito soffocato da un gorgoglio di saliva.

Le mani si stavano ancora tenendo le parti lese, mentre Casey scoprì che la signorina, rialzatasi nel frattempo in piedi ed ancora ansimante, aveva voluto compiere la sua vendetta verso la zona pelvica del politico, tramite una pedata ben assestata.

Donatello arrivò sulla scena, il T-cell ancora in mano. - Ok, ho chiamato la polizia, ed anche il rifugio. - Tralasciando volutamente il nome April in presenza di quel bellimbusto mascherato. Poi si fermò davanti alla carcassa agonizzante del signor Joe.

- Ci sei andato giù pesante!

- In realtà è stata lei!

Casey indicò la donna, che a sua volta squadrava Donatello, con aria atterrita.

Il viola corrucciò lo sguardo, seccato, preparandosi a sentirsi urlare contro e definire 'mostro' per la seconda volta.

Ma nel frattempo anche Jackie si era ripreso quando, con un colpo d'occhio, si ritrovò a guardare un uomo con la maschera da hockey.
Poi il vigilante verde che finalmente riconobbe come una grossa tartaruga antropomorfa.
E poi...

La ragazza guardò a sua volta Jackie, e si riconobbero. Si erano incontrati qualche tempo prima, all'aeroporto, e lui era le scivolato accidentalmente sotto la gonna.

- Il maniaco! - Urlò lei.

- U...uom... - Balbettò Jackie, colto da un forte senso di nausea, che, insieme alle due sorprese di prima, ebbero la meglio sui suoi sensi. Si accasciò al suolo.

- Ora che facciamo? - Chiese Casey a Don, mentre la 'donna' strillava a ottanta decibel come una sirena tritonale.

- Ce la filiamo. E tu mi aiuti a trasportare questo cinese al rifugio.

- Questo qui? E perché?

- Dopo, ok? - Promise Don.
 
In realtà di spiegazioni era affamato anche lui, specie dopo quanto gli aveva appena riferito April.
Sbuffò, mentre caricavano di peso l'uomo e sparivano, piantando in asso la signorina.
Alla fine Casey sarebbe rimasto coinvolto.
Quel signore orientale era già rimasto coinvolto.
E a quanto pareva, anche una ragazzina era rimasta coinvolta.
Le cose si stavano complicando.
Troppi mal di testa, anche per un intellettualoide come lui.



Conosci il tuo fandom

b

Raiden, di Mortal Kombat.
Se avete presente le Tre Furie di Grosso Guaio a Chinatown, capirete senza dubbio a chi si ispira questo personaggio.
Dio del Tuono, allineamento Buono (yo, rima rap), è potente ma non il protagonista, ha più il ruolo di mentore, stile Obi Wan Kenobi.


Se avete mai visto il film di Mortal Kombat vi scioglierete, perchè è interpretato da Christopher "Highlander" Lambert.


g
Occhi magnetici, eh?



ANGOLO POSTA

n


No dai, queste recensioni mi commossero, davvero.
Non perché tante (la mia media, fuori da questo fandom, intendo, è una goccia ogni dieci miglia di deserto) ma perché mi stanno inorgogliendo in una maniera che non ve lo spiego.
Non ho parole per ringraziarvi, cercherò di metterle piuttosto impegnandomi ancora di più per la stesura di questi capitoli.

Lara, non immagineresti mai il lavoro così lontano da qualsiasi mansione dialettica o intellettuale.
Qualcosa più vicino a Casey che non a Don.
Infatti la media dialettica dei colleghi va avanti a Sky, calcio e app di Wazzup. Ti dirò che mi guardarono strano perché una volta avevo detto il verbo 'pogare'.
Credo che lo stile nervoso sia figlio tuo e di ciò che sto leggendo in questo fandom, zeppo di scene action impeccabili (altri dieci punti a Lara, dopo l'Angst).
Saperti ridere mi riempe sempre di buonumore, sai?

Cartoonkeeper.
 Come collimare parodia e serietà? Sai che non so? Ma credo che uno dei metodi è il guazzare continuamente in una sorta di velato nonsense, difficile da spiegare. Così com'è difficile, per me, scrivere un qualsiasi tipo di storia d'amore (per dire).
Guarda il caso, anche questo Kurz è (più o meno) biondo. Le coincidenze...
Jade è un bel peperino, complicherà la vita a tutti, e presto Raf tornerà, o meglio, saremo noi ad andarlo a trovare, perché.....

Alla prossima!

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Thunder in Paradise ***


Dragoni e Tartarughe
 
Thunder in Paradise


Un lampo, poi un tuono.

Un lampo.

I due avversari, un maestro ninja con l'addestramento e la saggezza di un uomo, ma l'istinto e l'agilità di un topo, e un dio, l'esperienza millenaria di mille battaglie, il peso del destino di un'intera realtà, e in più la velocità e la prorompente potenza del fulmine.
Invitati da un gong invisibile, da un hajime mai sussurrato, i contendenti sparirono letteralmente dalle loro rispettive posizioni, rendendosi invisibili con la velocità del vento.

Un tuono.

I due bastoni cozzarono l'uno contro l'altro, il rumore a fare esplodere l'aria attorno.
Due saette si erano scontrate, i corpi così veloci da essere indistinguibili ad occhio nudo.
Scintille bluastre nacquero dalla piccola apocalisse che contrapponeva furia umana e divina.

Era in luogo la battaglia feroce tra i creatori della natura e il loro risultato, mutato dalla scienza delle creature loro figlie.
Era uno scontro di saggezze, maturate entrambe dalla pratica e dall'esperienza, ma differenti nella visione di mortale e immortale.

Splinter parava con maestria le stoccate dell'avversario. Si permise un attimo per guardarlo negli occhi.
In essi vi trovò la scintilla primordiale della vita, un qualcosa di puro e immacolato, l'illuminazione che nella sua vita mortale aveva sempre cercato, lui e tutti i maestri sopra di lui.
Sì sentì sparire dentro quelle orbite luminose prive di iride, sì sentì terribilmente piccolo e insignificante.
Si chiese perché un essere tanto potente stesse in quel momento combattendo con lui.
Ad armi pari.
Sarebbe bastato uno schiocco di dita, forse solo l'illuminarsi di quei già scintillanti occhi, per investirlo con un lampo da migliaia di volt e ridurlo a un mucchio di cenere, e come lui, ogni avversario, ogni minaccia.
Hamato abbassò la testa e mulinò il bastone, per deviare l'ennesimo attacco del dio.
Sì discosto dagli occhi, e trovò un sorriso sulla faccia dell'avversario.
Stava giocando con lui? Era un segno di derisione? Si stava trattenendo?
Splinter colse un momento propizio: il dio aveva lasciato la guardia scoperta.
Un veloce colpo e l'arma del dio volò via, roteando come un proiettile.
Un rumore secco indicò il legno battere su una superficie invisibile.
Era stato facile. Troppo.
Il ninja si accorse che il sorriso del dio si era allargato.
Lo stava davvero prendendo in giro, o cos'altro?
Il maestro ricorse alle sue capacità per annullare il suo ki, e la sua presenza si mescolò alle tenebre.
La cosa parve funzionare, perché Raiden si stava guardando attorno, disorientato. Si girò a destra, poi a sinistra, apparentemente senza rilevare indizi.
D'improvviso, il dio del tuono abbassò le braccia, e chiuse gli occhi. Il buio tornò a coprire indecifrabile il volto all'ombra del copricapo conico.
Passarono vari minuti di completa inattività. Il silenzio era così intenso da poter essere palpabile.
Quando decise che era il momento giusto, Splinter uscì dalle tenebre per partire all'attacco, alle spalle del dio.
Grande fu la sua sorpresa quando si rese conto di passare attraverso la figura di Raiden, diventata nel contempo completamente bianca.
La figura sparì, lasciando il ninja completamente basito.
Poi una risata rilevò la presenza del dio, che lo attendeva poco più in là, a braccia conserte.
Splinter si avventò su di lui tempestandolo con il bastone, mentre Raiden parava e contrattaccava a mani nude, in tutta tranquillità.
Noto di nuovò gli occhi, più scintillanti di prima, ed il sorriso, sempre più esteso.
Il maestro ebbe la netta impressione che, nonostante tutto, quell'espressione fosse sincera.
Non l'altezzosità di un dio. Non il compatimento di un immortale.
Si stava semplicemente divertendo. Ma non il divertimento di un essere supremo annoiato dai secoli.
Era l'eccitazione di un combattente. Così diversa, eppure così simile alla sua.
Questa volta fu Splinter a veder volare via il bastone.
Subito evitò un calcio rotante effettuando una capriola all'indietro.
Rimasero così, l'uno di fronte all'altro, ansimanti.
Splinter si stupì.
Anche un dio poteva avere il fiatone?

- Impressionante. - Si complimentò Raiden. - Ma riesci a sostenere questo?

Le mani tese di Raiden si caricarono di elettricità, accumulata tramite le braccia come una centralina, e poi si scatenarono in una saetta contro il corpo del maestro.
Preso di sorpresa, il mutante volò per alcuni metri, prima di cadere rumorosamente al suolo.
Si alzò, un fastidioso odore di pelo bruciacchiato, i brividi di dolore che ancora gli davano le convulsioni.
Alla fine il divario era venuto fuori. Il dio contro il mutante.
Le mani di Raiden si caricarono di una seconda saetta.
La bocca del dio si aprì, soffiando un genuino, spassionato avvertimento.

- Se non sei preparato, soccomberai.

Una colossale scarica partì dalle mani dello spirito protettore.
Gli occhi di Splinter si spalancarono.
Un qualcosa di simile alla paura pietrificò il suo animo, mentre il fulmine attraversava il suo corpo.
Sentì le viscere illuminarsi come gli elettrodi di una lampadina.
Provò terrore. Provò un senso di stordimento e di abbandono.
Si sentì soffocare, sotto il peso del divario tra lui ed il dio.
Si chiese ancora, mentre precipitava nell'abisso che li divideva, perché mai quell'essere supremo lo avesse messo alla prova.

***

La barra del tornello girò, mentre due figure, un uomo dai capelli scuri e una tartaruga, attraversarono le barriere di metallo per trasportare di peso un uomo svenuto.
Sentirono in lontananza il Maestro Splinter proferire parole note.
Stava raccontando ancora quella storia, come aveva già fatto fin troppe volte ultimi giorni.

Michelangelo si era allontanato di soppiatto, attirato dallo scatto dell'asta di metallo, e si era ritrovato davanti Donnie e Casey, con un altro ospite a peso morto.

- Un uman... - Disse in tono sostenuto, interrompendosi da solo con due mani sulla bocca. - Un umano? - Ripeté sottovoce.

- Sì, è una lunga storia. - Spiegò la tartaruga in viola.

Davanti all'espressione dubbiosa dell'arancione, sia Donatello che Casey Jones  sorrisero  entrambi a trentadue denti.
Anzi, a molto meno, a giudizio di Micky.
L'arancione stava notando di quanto fossero simili entrambi, l'uno con vari denti mancanti all'appello, risultato delle numerose risse nelle quali  si trovava regolarmente in mezzo, e suo fratello, quel buco all'altezza degli incisivi superiori, che lo faceva sembrare più adolescente di quanto non fosse già.
Con aria assorta, l'arancione si chiese infine se April, il principale polo magnetico nonché vertice di un pericoloso triangolo affettivo, non avesse un qualche feticismo per gli sdentati.

Ma l'attenzione tornò sul nuovo arrivato.

- Ha un bel bernoccolo sulla testa.

Donatello si limitò a lanciare una eloquente occhiataccia in direzione di Casey. Dopodiché si rivolse al fratello.

- Aiuta Jones ad adagiarlo su uno dei letti. Io arrivo coi medicamenti e dei sali.

- Va bene qualunque letto? - Domandò il giovane.

Il viola si fermò davanti all'ingenua domanda. - Certo che sì.

- Allora userò quello di Raf! - Esclamò Mick, tutto contento.

- Ti ucciderà. - Bofonchiò Don, scuotendo la testa. L'arancione non l'aveva sentito, e stava aiutando l'amico vigilante.

Il viola si arrestò, fece per chiedere a Micky dove fosse April, ma si trattenne. Primo, perché c'era il bellimbusto moro tra le scatole, secondo, perché la intravide di suo, spettatrice forzata della narrazione del maestro. E insieme a lei, un'altra ragazza, più bassa della rossa.

- Alla faccia del rifugio segreto. - Commentò amaramente.

Erano già in quattro umani ad aver varcato quel luogo dimenticato da Dio.


***

La scintilla della vita attraversò l'intero corpo del ninja, portando paradossalmente un carico di morte.
Ogni fibra del suo essere venne sconvolta da una tempesta di elettroni che gli deformò le molecole.
Il sistema nervoso fu un dilagare di energia impazzita che portava distruzione in ogni singola cellula, friggendo carni interne e pelliccia esterna.
Splinter tremò violentemente, un elettroshock che faceva schizzare i suoi arti fuori controllo, come una ragdoll mossa fa invisibili fili.
Avvertì un acuto dolore e lancinanti ustioni strazianti tutto il corpo, dalla testa ai piedi, fino a raggiungere la coda.
Sentì la pelliccia prendere fuoco e divampare, divorando la pelle, poi lo strato di grasso sotto di essa.
Tutto fu benzina per quel martirio. Sentì le vibrisse sfrigolare e consumarsi.
Osservò con orrore le mani annerirsi e trasformarsi in scheletrici moncherini. Sentì varie parti del suo corpo cominciare a cadere ed incenerirsi.
Sentì il battito del cuore cessare, poi riprendere, poi cessare di nuovo.
Guardò più volte la morte in faccia, una mietitrice che lo scrutava con quello scheletrico ghigno da sotto il cappuccio, lo stesso ghigno che il dio gli stava riservando con sadismo e spietatezza, nascosto dal kasa.
Fino a che il sorriso della mietitrice mutò in una mostruosa bocca aperta, che lo ingoiò completamente.

Finalmente sentì l'oblio, il buio.
Tuttavia, un sottile filo di inquietudine non lo abbandonava.
C'era qualcosa che non andava. Qualcosa che gli era sfuggito.

Se non sei preparato.

Preparato a cosa, ad affrontare la morte? A dare la via la sua vita misera di mortale per li volere di un dio?
Aveva teso anni di esperienza solo per perire per mano di un dio?
Ma anche se, per un caso assurdo, avesse vinto quella sfida, quale gravoso compito avrebbe dovuto assolvere?

Soccomberai.

Lui era solo un misero ibrido, non completamente uomo, non completamente topo.
L'altro, Lord Raiden, il dio del tuono, lo spirito protettore del regno della terra, rappresentava la luce, era invincibile, impossibile da battere.
Eppure lo aveva messo alla prova.  Non riusciva a capire.
Perché un essere tanto perfetto aveva bisogno di qualcuno che combattesse per lui?
Per delle regole? Perché anche lui aveva delle regole a cui doveva prostrarsi e ubbidire?

Non ho bisogno di adoratori.

Certo che non ne aveva bisogno. Lui era un dio. Immortale.
Era stato trattato come un giocattolo, un trastullo buttato poi via perché venuto a noia.
Ed alla fine lui era deceduto, tornato nel buio.

La tua anima...

L'anima è immortale, dicono. E' un concentrato di energia dotato di senzienza. Il concetto dell'energia è che nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma.
Dunque anche Raiden era un concentrato di potenza, una immensa potenza, la potenza del tuono, racchiuso in un mortale corpo umano?

... alleati e fieri combattenti.

Certo, magari Raiden non era virtualmente invincibile. Ma dall'alto della sua gerarchia, era naturale per lui radunare soldati affinché combattessero per lui.

Non è gioia. Forse è solo abitudine.

Sembrava sincero quando gielo aveva sentito dire.
Ma altrettanto sincero appariva quel sorriso di quando avevano combattuto.
Splinter si sentì confuso. Era tutto così contraddittorio.

Il maestro si chiese per la prima volta cosa significasse essere un dio.

Forza, potere, ambizione...

Tutte cose ambite da esseri abietti che non esitavano a calpestare la vita umana per i loro sporchi scopi.
I Kraang, che con quella diabolica sostanza mutagena giocavano a fare gli dei mescolando a caso DNA di esseri viventi, trasformando innocenti e condannandoli a vite da mostri.
Shredder, l'uomo spietato che tanto male aveva fatto nella sua vita, conquistando il potere e calpestando chiunque si mettesse in mezzo.

Ma essere Dio era anche l'illuminazione, la condizione che ogni seguace del Bushido anelava tramite la meditazione e una rigida disciplina che guidava ogni momento della vita.

Immortalità. Era questo il vero limite che separava umano e divino.
Ma alla fine, questa condizione era davvero così invidiabile?

Splinter cercò di riflettere sulla vita di un essere che guardava gli altri esseri viventi nascere e poi diventare granelli di polvere, come la sabbia di una clessidra che scorre per poi capovolgersi a nuovo ciclo.
Esistenze che si accendono e poi si spengono in un battito di ciglia.
Un'immensità di stelle, che nascevano e scomparivano in continuazione.
E sotto quel cielo stellato c'era lui, Raiden, che poteva solo stare a guardare, per l'eternità, lui, il guardiano di quel firmamento.
Comprese forse, che la vita eterna significava anche eterna solitudine.
E in più, la grande responsabilità di vegliare su un mondo che solo per senso del dovere chiamava casa.

... Hai risposto al mio richiamo. Questo ti rende meritevole.

Ma quelle in fondo erano solo inutili congetture.
Lui era un ninja., non poteva pretendere di mettersi nei panni di un dio.
Se Raiden era il custode delle stelle, lui aveva ricevuto l'addestramento per fondersi con il buio della notte. E chi vive nelle tenebre, nelle tenebre muore.

Alzati.

Lui si era alzato, ma aveva sempre mantenuto la testa chinata, prima di guardarlo negli occhi e perdersi nella sua luce.
Ma prima, cosa stava facendo, al buio? Cominciò a capire.
Doveva tornare allo stadio embrionale. Come un feto nella pancia nella madre.
Le tenebre non sono la morte. Sono le coperte che avvolgono il ninja.
La luce illumina le persone, ma ne crea anche l'ombra.
Con naturalezza, il maestro Splinter incrociò le gambe, appoggiò le mani sulle ginocchia e unì i pollici ai medi.
Poi chiuse gli occhi.
Con essi, ci fu il buio.
Il buio era diventato lui.
Lui era diventato il buio.
Non aprire gli occhi.
Osserva il buio.
E finalmente, nel buio, la vide.
La luce, una tenue, fioca luce, ma ben visibile.
Senza distogliere la concentrazione, senza aprire gli occhi, si alzò, e cominciò a correre.
La luce si avvicinava sempre di più.
Poteva sentirne il calore.
Quindi saltò, e si avventò con un salto contro la luce.
E gli apparve finalmente Raiden.
Cominciò un furioso scambio di colpi, e qualcosa volò.
Il kasa del dio cadde a terra, leggero.
L'indice e il medio del ninja uniti e immobili, vicino alla fronte del dio.
Raiden fece un'espressione basita, poi sorrise.
Abbassò le braccia, soddisfatto. Poi unì le mani, e si inchinò.
Splinter lo imitò.

- Ti sei dimostrato degno. Anche se per un attimo ho dubitato.

- Avevo solo perso di vista un particolare importante. E cioè che stavamo combattendo all'interno del mio animo. In pratica, stavo combattendo con me stesso.

- E non esiste nemico più temibile da battere di sé stessi. - Aggiunse il Dio. - E spero che questo ti abbia persuaso delle mie intenzioni.

- Cristalline. E adesso, sono pronto finalmente ad ascoltare.


***

Un forte odore di ammoniaca attraversò le narici di Jackie.
L'olfatto fu solletticato dalla pungente essenza, costringendolo ad aprire gli occhi.
Scosse la testa, la vista ancora annebbiata. Alcune luci erano sparse per il campo visivo.
Si passò il dorso della mano sugli occhi, attendendo che la visione si mettesse a fuoco.
Si alzò debolmente, appoggiandosi su un gomito, con la testa che girava.
Scosse ancora il capo, guardandosi attorno.
Certamente non stava guardando i muri degradati e graffitati del vicolo.
L'unico rumore che poteva avvertire era un continuo gocciolare, mentre una lieve sensazione di umidità gli faceva rabbridivire la pelle.

- Si è svegliato.

Era la familiare voce di Kick-Ass.
Che poi aveva scoperto non essere Kick-Ass, ma una cosa completamente fuori controllo.
Quella che aveva sempre creduto stoffa verde, altri non erano che squame.
Squame.
Shendu. Suo figlio Drago.
I demoni dragoni, entità che spesso avevano cercato di entrare nel nostro mondo, e con cui Jackie aveva incrociato spesso le strade. E i pugni.
Un senso di pericolo risuonò nel suo essere.
L'adrenalina tornò prepotente nel sangue dell'archeologo, che diede forza e slancio alle gambe per darsi una spinta  decisa ad alzarsi in piedi.
Come conseguenza della mossa, un coro di piccole voci sorprese si manifestò attorno a lui.
Il fatto di essersi appena svegliato, però, gli fece mancare la stabilità, e finì maldestramente a terra.

- Fratello, che diavolo gli succede? - Esclamò una voce più giovane, con tono concitato.

- Si è mosso come una bambola con le convulsioni. - Commentò un'altra voce, altrettanto giovane.
Forse il riferimento andava al pessimo tentativo di mettersi in piedi.

Quattro forti braccia lo brancarono, e lo misero seduto sul giaciglio morbido dal quale si era svegliato.
Il suo peso fece scricchiolare le molle del letto.
Il suo corpo avverti che due delle mani che lo tenevano erano perfettamente umane. Muscolose, forse un po' gracili.
Ma le altre erano viscide, poteva rabbridire al tatto. E poi sentì addosso grandi mani, formate solo da spesse dita. Tre per mano, ne contò.


- Potrebbe essere stato un principio di crisi isterica. - Asserì 'Kick-Ass', con tono clinico.

Jackie scosse ancora la testa, pentendosene per la sensazione di giramento che ne scaturì.

- Forse avremmo fatto meglio a lasciarlo nel vicolo, e tanti saluti. Si sarebbe svegliato con un forte mal di testa e tanti saluti.

- Insieme a una donna urlante e cinque malviventi stesi. Magari all'arrivo della polizia. No, Casey. E poi c'è quell'altro motivo.

- Che motivo, Donatello?

Donatello. Questo era dunque il  vero nome di 'Kick-Ass'.
Strano, decisamente strano. Un nome italiano. Di un italiano di secoli fa. Comunque fosse, non era un nome cinese. Questo escludeva Shendu e gli altri sette suoi pari.
Ma non necessariamente Drago. Anche Drago era una parola italiana, volendo.

- La piccola ospite che abbiamo di là.

Piccola ospite.

La voce dello Zio Chan tornò a urlargli nelle orecchie. "Jade è scomparsa".

Possibile che le due cose fossero collegate?
Scosse di nuovo la testa, deciso, ignorando il senso di nausea.
Aprì all'improvviso gli occhi, e si guardò attorno.
Volle non averlo mai fatto.
A sinistra vi era uno strano giovanotto, i capelli neri e lisci a cascargli lungo i fianchi, sistemati da una fascia dello stesso colore, adornata da pittoreschi ghirigori.
A destra, l'orrore.
Un rettile, alto quasi quanto lui, che lo fissava intensamente, nascosto da una benda arancione.
E davanti a lui, il famoso Kick-Ass.
Lo aveva già visto in movimento, e aveva anche visto quello che a prima vista pareva uno zaino, o magari un corpetto ben imbottito.
Invece no, era un carapace. Gli arti che partivano da esso erano zampe a tre dita, coperte solo di protezioni per articolazioni e fasciature per le estremita.
Il piastrone era avvolto da una fascia porta oggetti.
E anche lui, alla fine, aveva una fascia viola che gli copriva gli occhi, i quali ricambiavano il suo sguardo stupito.

Un inaspettato senso di paura e inquietudine si impossessò di lui. Il dubbio su Jade, inoltre, era stata benzina sul fuoco.
La prima cosa che fece fu urlare.
In questo, gli fece coro Michelangelo, spaventato dalla reazione dell'ospite.
Immediatamente Jackie si lasciò cadere all'indietro, incrociando le braccia.
Questo fece unire le teste di Micky e Casey in un doloroso teté a teté, mentre l'archeologo scivolava sotto di loro, sfilandosi dalle loro prese.
Passando dal letto al pavimento, Jackie si rialzò con uno strattone del bacino, estendendo i piedi contro il piastrone di Don, a spingerlo via.
L'archeologo intercettò la mazza da hockey che gli stava arrivando alle spalle, tirò a sé e poi spinse con forza, facendo in modo che Casey si colpisse da solo nello stomaco con la punta del manico.
 Il vigilante si piegò, svuotato di fiato.
Tirando di nuovo la mazza da hockey, Jackie deviò l'attacco del bo del redivivo viola.
Abbandonò lo strumento sportivo ed afferrò il bastone ninja, strappandoglielo con un nuovo, violento strattone.
La forza fece roteare su sé stesso la tartaruga.
Con l'avversario che gli dava le spalle, Jackie si preparò a colpire la nuca del ninja con la sua stessa arma.
Si bloccò, però, quando vide l'orrendo squarcio sul carapace.
La sega circolare del misterioso ladro giallo. Jackie rabbrividì.
La scena si fermò, come in una moviola.
Erano solo loro due, immobili.
Il vigilante che aveva tenuto a bada il bestione con la motosega, che aveva parato il coltello.
L'eroe per caso a bordo di un carrello della spesa, che era intervenuto all'ultimo momento contro il cyborg prima che la tartaruga finisse a pezzi.
Calò uno strano silenzio, una patina di rispetto e diffidenza attraversò come una linea invisibile la distanza da entrambi.
Le mani sudate di Chan si mossero di riflesso.
Poi un click, per caso.
La lama della naginata scattò fuori dal bo, sfiorando la guancia del viola.
Un piccolo rivolo di sangue cominciò a scorrere.
Fu un urlo contemporaneo, emesso all'unisono tra Donnie e Jackie.
Un urlo più di spavento che altro.
Jackie allontanò immediatamente la lancia dalla faccia dell'altro. balbettando a ripetizione "Scusa!"
La naginata, così in aria, fu intercettata da una catena.
Era Michelangelo, le mani a tendere la kusarigama.
Invece di tirare, Chan si avvicinò si scatto verso la giovane turtle.
Gli consegnò, quasi contento, praticamente la lancia in mano.
In cambio, si impossessò dell'altro nunchaku, rimasto nella gibberna dell'arancione, e poi indietreggiò.
Tra gli sguardi sbigottiti di tutti, Jackie cominciò a improvvisare alcuni veloci kata con l'arma.
Il suo obiettivo era semplicemente di tenerli lontani. Il cuore batteva a mille, l'animo tra l'agitazione, il senso di colpa per aver ferito, sia pur per sbaglio, quello strano essere, e la paura.
Il kon roteava impazzito, con il solo scopo di tenere lontane le minacce.
Nel mentre, Jackie studiava come uscire da quella situazione.

- Che cosa succede qui?

Il tono autoritario della voce sopraggiunta gelò all'istante Casey e le due tartarughe.
Solo Jackie continuava nella sua folle esibizione.
I suoi occhi, tuttavia, si focalizzarono sul topo antropomorfo che osservana la situazione con ciglio severo e seccato. E poi...

- Zio Jackie!

Più in basso, a fianco a lui, la riconobbe.

- Jade?!

La visione della cuginetta rapì tutta la sua attenzione. Non sembrava ferita. Non sembrava in pericolo. A dire il vero, non sembrava neppure vera.
Ma in quel momento, la distrazione gli fu fatale.
Nel momento in cui aveva visto la ragazzina, tutto il suo corpo si era fermato.
Ma la forza cinetica del nunchaku era ancora attiva.
Con le braccia piegate in una maniera scoordinata, Jackie sentì arrivare un colpo in testa da parte della sua stessa arma.
Un dolore lancinante al cranio lo investì, e si sentì mancare.
Ma il supplizio non era finito.
Le braccia che si afflosciavano, il nunchaku si abbassò, il kon alla deriva dopo il rimbalzo sulla testa. E la sua prossima destinazione.
Gli occhi dell'archeologo schizzarono fuori dalle orbite.

-Uh! - Esclamò inorridito Micky, portando di riflesso le mani a protezione dell'inguine, imitato da Donatello e Casey. - Quello deve far ben male.

Jackie si afflosciò a terra, in un doppio knock out.



Angolo della posta.

f


Cerco sempre di accorpare per fare meno capitoli e più nutriti (quindi anche meno aggiornati), infatti capita sempre che o ti ritrovi tempo libero per arrivare al clou, poi le scene più impegnative si addensano impegni, imprevisti e tante tante cose.
Confido che nelle vacanze ci sarà più tempo.
Natale si avvicina, dudes. Siamo tutti più buoni. Buoni a nulla.
E a proposito di buoni a nulla, Jones ha diviso le platee (e ci credo, cinquanta a cinquanta...),  chi lo trova quasi simpatico, chi lo ... uff.
Sarà qui a rompere le scatole alle Apritello?
Che poi (benvenuti all'angolo Demenza!), questi nomi dei rapporti sono davvero strambi.

Provate Casey e Donatello: Casetello. Stantio come un gorgonzola.

O il triangolo April - Casey - Leonardo:  Apricale. Fateci una gita.

O April e Michelangelo: Aprimi. Sembra un invito pervertito.

Vi lascio a trastullarvi con tutte le altre, idiote possibilità.

Lara, il vecchio Joe è simpatico a tutti, vedo.
Good, good.
Credo che passeremo molte ore, a chiacchierare amabilmente, dallo stesso parrucchiere... di ego.

Oggi infatti ho voluto regalare una degna interpretazione tra i due maestri più saggi della storia. (O forse no?), e l'osservazione di Cartoon è giusta: Don e Jackie hanno un rapporto decisamente... tagliente!
Un po' di pazienza, presto Raf tornerà sotto i riflettori.

Alla prossima.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Nowhere Shell ***


Dragon
Nowhere Shell

 Al rifugio la quiete era finalmente tornata.
Anzi, la non-quiete, vista la folla che si era creata e l'irrequietezza intrinseca dei coinquilini improvvisati.

Davanti a un cabinato coin op recuperato da qualche sfascio di sala giochi, i posaceneri ancora incrostati di rimasugli di nicotina vecchia almeno di vent'anni, un'epica sfida si stava consumando tra i quattro giocherelloni di tutta la combriccola.

Anzi, al momento due.

Casey se stava in disparte, sul divano, una gamba accavallata all'altra, il gomito appoggiato al ginocchio e la mano sul mento, con il broncio.

Come aveva potuto farsi battere da una così piccola ragazzina con un doppio "perfect" a Super Street Fighter 2 Turbo"?
Il suo Ken, il karateka rosso con l'aria figa almeno quanto la sua, era stato ridotto in poltiglia dal bruceelesco Fei Long, e questi non era manco in grado di sparare proiettili energetici.
Eppure, Jade aveva saltellato con tutta tranquillità mentre lui sparava a ripetizioni inutili Hadoken.
E anche quando partiva con il temibile Dragon Punch, questa si metteva in parata, vanificando la mossa, e contrattaccava con la carica di tre pugni.
Il calcio di fuoco, poi, versione penosamente più piccola della supermossa dello shotokan, aveva firmato come una beffa ogni K.O. del suo alter ego.

In questo momento stava toccando ad April, unica in grado di tenerle testa solamente grazie alla velocità della cinese Chun Li.
Le urla che si levavano dalle gole delle ragazze infervorate le facevano sembrare dei rozzi maschiacci.

Casey osservò la scena di April che pestava un piede a terra dalla frustrazione, il tempo scaduto e il round perso con un soffio di differenza tra le barre di energia.
Il vigilante la guardò con una piccola punta di ammirazione: anche questo faceva parte del fascino della rossa, così contrastante con le elucubrazioni scientifiche di quando stava con Donatello.

Michelangelo sopraggiunse, un vassoio con latte e biscotti.
Era stato il primo ad essere eliminato, dopo una fugace vittoria con April e una combattuta sfida con la piccola Chan.
Anche l'agilità del suo Blanka non aveva potuto niente contro di lei.
E dire che l'aveva anche canzonata.
E' uno dei personaggi più scarsi, se non lo sai usare!

Ma lei aveva insistito.
E' quello che assomiglia di più a Zio Jackie.
E lo sapeva usare, oh, se lo sapeva. Roba da far impallidire Raf e il suo Guile, o Leo con il prevedibile Ryu.
Sospirò.
Non avevano ancora ricevuto notizie. Stava cominciando a preoccuparsi.
Poi vide Casey perso nella visione incantata delle due ragazze davanti al cabinato.
Alle loro schiene.
O forse più in basso?
Un colpo di tosse forzato distolse le due donne e Casey dalle loro attività.
- Ho portato la merenda. - Disse Michelangelo. - Qualcuno aveva già appetito.  - Aggiunse, con un'occhiata maliziosa verso Casey.

- Giusto in tempo! - Esclamò April, una mano sullo stomaco che brontolava. L'altra stropicciò affettuosamente la testa della piccola mora. - Questa piccola peste mi stava stracciando!

- Dai, te la stavi cavando bene! - Si schernì Jade. - Mio zio Jackie non riesce neppure a tenere un pad in mano.

La piccola bruna sorrise all'affermazione appena detta.
Per quanto fosse esperto e acrobatico, il suo parente adulto (ma forse tutti gli adulti) diventava impacciato alla prospettiva di premere cinque o sei pulsanti di fila. O più semplicemente, giocare.
Però a parole, o meglio, a ramanzine, diventava sempre un esperto. Come tutti gli adulti, in fondo.

Prima che gli avventori potessero muoversi dalle loro posizioni, però, la mano a tre dita di Micky li fermò.

- Permettemi di mostrare alla nostra ospite il mio trucchetto ninja!

La proposta dipinse un sorriso su Casey ed April, aumentando ancora di più la curiosità suscitata in Jade.

- Trucchetto ninja? - Chiese.

- Certo! Spalancate tutti la bocca e non muovetevi!

La rossa e il bruno eseguirono, solo l'ospite, estranea a certe abitudini, continuò, perplessa, a guardare.

- Tu non la apri?

- Non capisco perché.

- Lo scoprirai. - Rispose l'arancione, sorridendo.

Ancora incerta, Jade obbedì.

- Pan di stelle ninja! - Esclamò Michelangelo, prendendo una manciata di biscotti, e lanciandone tre come se fossero state shuriken.

Tre bocche aperte, tre centri perfetti.

Casey ed April chiusero la bocca e masticarono di gusto.
Jade, invece, rimasta letteralmente... a bocca aperta, si dimenticò di chiuderla, tanto che dovette portarsi le mani alla bocca per non fare cadere il biscotto.

- Wow! - Cercò di dire, la bocca piena dell'impasto.

- Allora, come ti sembra? - Chiese l'arancione.

La ragazzina, ancora con la bocca piena, non poté rispondere, ma liberò una mano per mostrare il pollice teso.

Un applauso partì all'indirizzo del giocoliere, che ringraziò con un inchino. Poi, con un cenno, diede il permesso agli altri di avvicinarsi. - Le tazze di latte non ve le posso ancora lanciare!


Nella stanza a fianco, le urla e gli schiamazzi soffocati dalle pareti richiamarono l'attenzione di Jackie, la coscienza tornata a galla dopo un rinfrancante tuffo nella tranquillità.
Si girò lentamente in direzione dei rumori, un piccolo sorriso a dipingergli il volto.

- Si stanno divertendo.

La voce di Splinter tagliò il silenzio della stanza come un coltello per il burro: morbido ma deciso.

- Ma anche io non mi lamento. - Confessò l'archeologo.
La posizione a gambe incrociate, la schiena e i muscoli completamente rilassati. Non avvertiva quel tipo di sensazione da tempo.
Espirò fuori tutta l'aria in corpo, per accoglierne di nuova, come a soddisfare il bisogno di scaricare anni di affanni portati sulle spalle.

- Non fa meditazione, di solito? - Chiese il maestro.

- Non ne trovo mai il tempo. - Rispose Jackie con trasparenza.
Si sentiva come vetro davanti agli occhi del topo. Poteva quasi farsi guardare il cuore battere.
- Sono sempre di corsa, nei miei viaggi. Inseguimenti, combattimenti, non trovo mai tempo per me e ad un certo punto mi sembra di perdere di vista...
Lo interruppe una voce.
- Pocket Coffee?
La testa di Michelangelo aveva fatto capolino nella stanza dal battente socchiuso dell'entrata, con un cioccolatino in mano.
Subito arrivò April che fulminò la tartaruga con un colpo di ventaglio sulla nuca, e poi lo trascinò via balbettando scuse imbarazzate.
La porta si chiuse di nuovo.
Il maestro scosse la testa.

- Non faccia caso alle... stramberie di mio figlio Michelangelo.  Ha una leggera abitudine a rompere la quarta parete.

Nonché le scatole, ma questo un padre non poteva permettersi di dirlo, anche se Jackie glielo aveva letto negli occhi.
Ma le risate di Jade portavano gioia in quella casa. Michelangelo nonostante la... mutazione era davvero premuroso e socievole.
Il fratello che Jade non aveva mai avuto e che sperava inutilmente di trovare in lui.
Lui, che si dannava per tenerla lontano dai guai, ma che lei si ostinava cocciutamente a cercare.
Forse, si rese conto con un velo di tristezza, cercava solo di stare vicino a lui. Ma addirittura dentro una valigia!
Si era adirato molto, con lei, aveva più e più volte chiesto scusa al maestro Hamato e ai suoi amici e discepoli, anche per conto di quella piccola combinaguai.
Sulle prime l'aveva persino minacciata di ficcarla sul primo aereo per Chicago.
Ma quel topo mutante, che sembrava saperne una più dello Zio Chan, aveva fatto da intermediario, appianando la situazione.
In realtà, e questo la meditazione glielo aveva fatto comprendere, era terrorizzato dal fatto che Jade fosse stata pericolosamente vicino a un pazzo bombarolo e con armi affilate.
Questo faceva scomparire tutte le peripezie affrontate per inseguire una valigia. Se avesse saputo che dentro alla valigia, insieme al gioiello, vi era anche qualcosa per lui molto più prezioso...

- Lei è davvero bravo a combattere, per quel poco che ho visto.

Il complimento semplice e diretto colpì Jackie come una freccia inaspettata.

- C-hi? Io? - Balbettò imbarazzato, scuotendo vigorosamente la testa. - Io non...

- Ha tenuto a bada tre avversari, due dei quali miei figli e allievi. Per non parlare della maestria con cui usava le loro stesse armi.

- E' solo un po' di Kung Fu, studiato durante i viaggi... - Si schernì Jackie. - E comunque con alcune armi non sono affatto bravo. - Aggiunse, una mano sulla nuca ed una cautamente appoggiata sull'inguine.

- Capisco. - Rispose il maestro, con un lieve sorriso. Nei movimenti dell'archeologo aveva letto molta più abilità di quanto egli non volesse ammettere, ma preferì non indagare oltre.

- Certo la sua vita non deve essere noiosa, signor Chan - Deviò astutamente il topo.

-  E' la vostra storia ad essere davvero straordinaria! - Ribatté Jackie, ammirato.

Una famiglia di tartarughe mutate da una sostanza che aveva il potere di riscrivere il DNA degli esserli viventi, più di quanto non possano essere in grado di farlo armi bioterroristiche come il Virus T, di cui una volta il capitano Black della Sezione 13 gli aveva parlato con terrore, anche se lui non ne aveva mai creduto davvero l'esistenza.
Per non parlare della tragedia del vecchio Hamato Yoshi e il famigerato Oroku Saki, nemici giurati per via della morte di una donna.
Solo un piccolo, insignificante particolare era sfuggito a Jackie.
Non sapeva se in effetti Splinter fosse un topo allevato da Yoshi o lo stesso Yoshi poi mutato fondendo il DNA con il ratto.
Moriva dalla voglia di chiederglielo, ma non credeva che avrebbe retto un'altra ora di racconti, nei quali  il topo si perdeva in tutta la sua logorrea.

Il filo delle riflessioni venne interrotto dalla voce di Donatello, che chiamò tutti a raccolta.
Rimasto per tutto questo tempo alla console delle comunicazioni, le cuffie avevano finalmente ricevuto una comunicazione da parte di uno dei fratelli.
Da quando il segnale si era interrotto, non avevano più avuto notizie, ed era quindi certo che la novità avesse destato nei presenti un certo interesse.

Il torneo di Street Fighter venne interrotto, il maestro e Chan si alzarono (quest'ultimo con un po' di difficoltà per via delle gambe intorpidite) e uscirono dalla stanza.
In pochi attimi i presenti erano riuniti nel soggiorno, dodici orecchie (con o senza padiglioni) a pendere dalle labbra del genio, che si sentì messo in soggezione per così tanta attenzione.
Si schiarì la gola, e cominciò.

- Ho appena ricevuto una chiamata da Leonardo, e mi ha informato sulle ultime novità.

Raccontò della scaramuccia con un misteriosa setta di ninja cibernetici, del coinvolgimento di alcuni, strani individui, della misteriosa scomparsa delle Zanne del Drago.
La parte volutamente tralasciata non sfuggì agli sguardi attenti del maestro e di Michelangelo, che non si trattenne dall'esporre il dubbio.

- Per adesso hai parlato solo di Leo. - Insinuò Michelangelo. - Ma mi sembra che manchi qualcuno all'appello, dico bene?

Una insolita cappa di silenzio calò sulla scena. Tutti potevano solo vedere il genio chinare la testa, le labbra congelate.

- Donatello, figliolo. - Disse il maestro Splinter. - Se è successo qualcosa, per favore, diccelo.

L'invito gentile e fermo del sensei convinse infine il viola a inspirare per prendere il coraggio di quel gravoso annuncio.

- Raf... Raffaello... Raffaello è....


***

La centrale di polizia era come sempre un luogo caotico.
Un continuo via vai di tutori dell'ordine e di criminali arrestati.
Giorno e notte non faceva differenza, le strade erano un costante campo di battaglia e chi vi lavorava lo sapeva benissimo.
E la perenne guerriglia la combatteva sia chi rischiava la pelle sulle strade con pistole e manette, sia chi viveva praticamente dietro la scrivania di un ufficio, tra tablet, internet, schedari e archivi.
Anche l'incendio, così archiviato, nel quale erano perite dodici persone era l'ennesimo tassello di un mosaico immutabile.
Amministrare la giustizia a New York era più di un lavoro, era una missione.
Ma non tutti erano eroi, non tutti erano soldati. Di certo erano tutti semplici uomini, e anche il coraggio più indomabile poteva piegarsi davanti alla vista di orrendi cadaveri sfigurati e anneriti, anche se gli schedari li etichettavano come feccia di cui nessuno avrebbe sentito veramente la mancanza.
Ma anche loro erano uomini, l'individuo che in questo momento era seduto dietro le sbarre lo sapeva. Li aveva conosciuti ed arruolati uno ad uno, ed ancora non si racappezzava.
T.J. Combo aveva conosciuto la decadenza, ma non aveva mai del tutto perso il senso dell'onore, anche se una volta era accecato dai guadagni e dal successo al punto di farsi impiantare degli inserti bionici.
Ma quello era troppo.
Chi era mai il pazzo che avrebbe usato dei missili solo per...? Non sapeva il vero motivo e saperlo lo avrebbe solo disgustato, ne era certo.
Bastava guardare dall'altra parte dei tubi d'acciaio, lo sguardo scioccato di quel militare con il suo stesso colore di pelle, nonché la stessa potenza muscolare, che lo aveva spedito al fresco grazie alla potenza  cibernetica di Zio Sam.
Ironia della sorte: se ti fai impiantare innesti da un privato, diventi il cattivo da biasimare. Se ci pensa la Nazione, diventi un eroe.
Ma era certo, la follia di quell'atto aveva sconvolto anche lui.

Il maggiore Jackson guardò per l'ennesima volta il rifiuto umano che lo guardava duramente dal fondo della cella.
Se ne andò. A differenza dell'altro, lui sapeva del motivo di quell'attacco, e lo trovò decisamente stupido, per quanto sua deità gli avesse spiegato gli effetti e i poteri di quelle carabattole misteriose.
Ed anche se era riuscito ad impedire che una di loro cadesse nelle mani di  Sektor e dei suoi seguaci, l'amara sensazione di 'pareggio tendente alla sconfitta' lo assaliva.
I risultati, dopotutto, erano quello che erano: dodici innocenti deceduti e una pietra scomparsa. E con essa, era scomparso anche uno dei potenziali testimoni che potevano fare luce intorno a tuta la faccenda.
Entrò nella stanza degli interrogatori.
Dentro, uno sbuffante Jimmy Lee lo stava attendendo, il gomito appoggiato sul tavolo, la mano ormai intorpidita sulla tempia, a furia di aspettare.
L'altra mano tamburellava vistosamente, in preda all'esasperazione.
Stava trattenendo tutto il suo essere, pur di non alzarsi di scatto, rovesciando la sedia, ed urlargli in faccia tutta la sua rabbia.
E non poteva dargli torto, dopotutto.
Aveva visto scomparire quello che aveva detto essere il fratello.
Per non parlare di quei due strani esseri verdi che erano spariti... come fottuti ninja.
E non era tutto. Dopo che le Zanne del Drago erano sparite, anche Sektor e tutti i fottuti ninja androidi si erano dileguati. Non importa quanti ne fossero stati messi a terra, di essi non ce ne era rimasta più traccia.
E lui, come al solito, come valoroso esponente del governo americano, era rimasto con un pugno di mosche.
Come succede di solito alla polizia e all'esercito nei film: arrivare a sirene spiegare solo quando il fatto è compiuto.
Capiva che trattenere lì quel pover'uomo era fastidioso e a tratti persino illegale. Ma era l'unica pista che gli era rimasta, e per questo non poteva lasciarsela sfuggire.

- Allora? -  Ripeté ancora una volta Jax.

- Allora cosa? - Sibilò Jimmy tra i denti. -  Dopo nove volte si aspetta che aggiunga qualcosa alla storiella di cui lei è stato anche lei testimone?

- Lo sai, avrei tutti gli estremi per sbatterti in cella insieme al tuo amico pugile.

L'insinuazione irritò visibilmente il castono, che stacco il pugno dalla guancia e lo sbatté sul tavolo, facendo sobbalzare le due tazze di caffé ormai freddo.
Aveva perso la pazienza: si alzò e guardò direttamente negli occhi il maggiore, ormai stufo.

- Senta signor Baracus Yankee Doodle dei miei stivali! Primo: lei non è uno sbirro e non ha ragioni per tenermi qui, al massimo mi posso fare una notte per percosse, ma non è lei a deciderlo. Secondo: Ho là fuori un'amica e un fratello scomparsi nel nulla, e la mia pazienza sta per esaurirsi, per cui tra un po' io uscirò, e se vorrà fermarmi, lo dovrà fare a suon di pugni, e Terzo...! - Rincalzò con un tono più irritato del normale. - Non sono amico di quel fottuto portaguantoni!

Jax si allontanò per pulirsi la faccia dalla saliva sgraziatamente sputacchiata dal civile durante la sua sfuriata. - Siediti. - Disse, il pugno che fremeva.
Non fossero stati dentro una stanza da interrogatorio, lo avrebbe rimesso in riga a furia di pestoni bionici.

Jimmy si girò, sbuffò e si rimise a sedere, una gamba sull'altra. Ancora non sapeva cosa lo avesse trattenuto dallo spaccare la faccia a quel borioso. Forse solo la necessità di mantenere quel minimo di lucidità per poter uscire e tornare a cercare non più uno, ma due persone disperse.

- E' sicuro, maggiore, che non sia lei a dover parlare? - Insinuò il castano. - Era lei che  sapeva di quella fottuta pietra e di quei soldatini di latta che tanto la volevano.

- Ciò che so è coperto da segreto milit...

- Blah Blah blah. - Lo interruppe Jimmy, sarcastico. - Stronzate. In questa merda ci stiamo entrambi, maggiore. Ed io ho il diritto di sapere cosa è successo a mio fratello.

- Che tu ci creda o meno, sono parecchie le cose che anche io non so. A cominciare dal coinvolgimento di quegli strani esseri verdi e della luce che sprigionava quell'artefatto al contatto tuo e del fratellino.

- Non lo so neppure io! - Sibilò il castano. Il riferimento a Billy lo aveva particolarmente irritato. - E tanto meno so cosa diavolo stia bollendo in pentola.

- Qualcosa di grosso, te lo assicuro - Rispose Jax. - E là fuori per te potrebbe essere persino più pericoloso che qua dentro. Per stanotte starai qui, fino a nuovo ordine.

Jimmy scattò di nuovo in piedi.

- Lei non ha il diritto...

Un cenno e almeno sei agenti entrarono della stanza, con pungoli elettrici.

- Trovategli un alloggio comodo. - Disse Jax ai ragazzi, allontanandosi.


Si sentiva un verme per quello che stava facendo, ma per il momento non aveva altra scelta. L'essere immortale che gli aveva parlato degli Occhi e le Zanne del Drago si era mantenuto, come suo solito, molto criptico e vago.
E adesso che aveva anche trovato un individuo che sembrava legato ad essi, trovava assurdo che per lui, uno dei campioni della Terra selezionati a proteggerla tramite il Mortal Kombat, fosse impossibile mettersi in contatto con la persona che più di tutti avrebbe potuto dargli risposte e consigli.
Riceveva messaggi telepatici, di tanto in tanto. Ma proprio per via del mezzo di comunicazione, doveva aspettare che fosse l'altro a farsi vivo.

- Maledetto dio del tuono. - Sussurrò. - Non potevi avere avere un cellulare come tutti?

Improvvisamente, Jackson sentì le forze venir meno. - Strano, non credevo di essere così stanc... - Si accasciò a terra, privo di sensi.


Jimmy non credeva ai suoi occhi, tutti e sei i suoi angeli custodi erano crollati, come infanti addormentati.
Capì che doveva esserci qualcosa nell'aria, letteralmente, perché le palpebre comiciarono a farsi pesanti.
Si resse saldamente alla scrivania, quando sentì il rumore di un urto, poi qualcosa che cadeva a terra.
Qualcuno aveva calciato via la grata dell'impianto di aerazione. E fuori ne era uscito... lo riconobbe come uno degli anfibi incontrati nel vicolo, il volto coperto da una maschera nbc.
In mano ne aveva un'altra simile, e gliela appoggiò sulla faccia.


***

- Raffaello è all'altro mondo?

La frase pronunciata da Michelangelo gettò un'ombra di sconcerto e di sgomento sui presenti.
L'arancione scuoteva incredulo la testa, rifiutando di accettare la notizia. Splinter tremava, una mano tesa. April si portò una mano sulla bocca.
Casey, Jackie e Jade si limitarono a guardarsi a vicenda, la stessa espressione scioccata.

Donatello si avvicinò e atterrò un vigoroso pugno in testa a Micky.

- Ho detto un altro mondo, testa di legno!

- Ahio - Si lamentò l'arancione. - Non c'era bisogno di picchiarmi!

- Raf lo avrebbe fatto.

- Ah, allora va bene.

- Cosa intendi per altro mondo. - Domandò April. - Un altro pianeta?

- Non proprio. - Spiegò il genio. - Potremmo definirla una dimensione parallela.

- Tipo la dimensione X? - Chiese Mick.

- Qualcosa del genere.

- Non dovrebbe essere difficile, genio. - Incalzò Casey. - Puoi sempre inventarti qualcosa.

- Dimensioni parallele? - Chiese meravigliata Jade. - Questa cosa promette avventure!

- Questa cosa promette guai. - Corresse Jackie. - E non ti montare strane idee, signorina! - La  rimproverò.

- Non è per nulla semplice.  - Congetturò il viola. - Ci sono miriadi di variabili, miliardi di possibili dimensioni, innumerevoli possibilità, chissà quanti...

- In inglese, grazie.

- Certo, Casey. Avessimo anche una macchina, senza coordinate...

- Grazie, April. Sarebbe già un passo avanti se sapessimo dove sia. - Conluse il genio.

Jackie spalancò battè un pugno sulla mano aperta. - Ma certo!

Si fiondò dov'erano custoditi gli Occhi del Drago. Prese l'artefatto e lo mostrò.

- Circolano numerose leggende, più o meno verosimili, su questo artefatto.

- Di sicuro, esso è collegato alla faccenda. - Aggiunse Splinter.

-  Una di esse, - Continuò l'archeologo. - Racconta che attraverso gli Occhi del Drago sia possibile guardare attraverso realtà al di fuori della nostra.

- Con essa si potrebbe guardare attraverso le dimensioni? - Chiese April.

- E' solo una leggenda. - Spiegò Jackie. - Ma è pur sempre un punto di partenza.

- Potrebbe prestarmi la reliquia. - Chiese Donnie. - Vorrei tentare qualche esperimento.

Jackie gliela porse, con un po' di riluttanza. - Hanno già fatto molti esperimenti su di essa in passato, ma senza reali risultati.

- Un tentativo in più non guasterà. - Rispose il genio, le mani a prendere l'oggetto. Dopodiché si congedò e si rinchiuse nel laboratorio.

- E noi che facciamo? - Chiese Casey.

- Quello che abbiamo fatto finora. - Rispose April. - Attendere.

La parola affievolì l'entusiasmo generale.

- Immagino potremmo finire il torneo di Street Fighter. - Propose un Michelangelo senza troppi entusiasmi, seguito dagli altri.

- Io forse potrei fare delle ricerche sugli Occhi del Drago. - Propose Jackie. - Magari se qua  avete un collegamento ad Internet...

- Dice, mr. Chan? Sarei stato curioso di affrontare un round di lotta con lei.

- Vorrà scherzare? - Chiese incredulo Jackie.

Una risata sommessa fu la risposta. - Magari una doccia e un ricambio però le farebbero bene. - Suggerì, prima di tornare nella sua stanza.

Jackie percepì per la prima volta il suo odore, ed arrossì. Da quella giornata era in effetti finito per ben due volte in mezzo alla spazzatura.



Angolo della posta


d


Non è Leonardo!

E' l'otto dicembre, tutti fanno l'albero mentre io porto a compimento un capitolo.
E' morto Mango e non Mengoni, le tragedie vanno a ciliegie (a coppie) e non a meloni.
Ce n'è voluto, ma finalmente un capitolo senza pugni! (A parte quelli a Micky)

Affettuosa StalkerinaPink (God Save the Pink, cantavano i Sex Pinkstols) credo che non riuscirò mai a fare una long completa e poi pubblicarla, non ho la pazienza di attendere, ci ho provato con questa ma invano, per cui aggiorno diciamo, in real time.
Ho già la trama a grandi linee, ma il come ci si arriva alle grandi linee lo faccio dire alla tastiera.
E infatti alcuni particolari possono variare a seconda dello sviluppo.
L'influenza 2012 non è un caso, soprattutto considerando il fatto di seguirla giornalmente proprio in questo periodo (metà seconda serie, per la cronaca).

Cartoon ("Jackie non far lo stupido stasera..."), sì, il confronto tra Raiden e Splinter è stato emozionante anche da scrivere. Dev'essere per via del rispetto che nutro per entrambi, credo.
Jackie è un simpatico imbranato. Sapevi che è un fan di Bud Spencer e Terence Hill?


Buona festa della pinacolada, a bientot.






Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** For might, for right, for the fight ***


Dragoni e Tartarughe
For Might, for Right, for the Fight




Attesa. Una parola odiosa.
Il tempo che non passa mai. L'inattività che mangia tutta la pazienza.
E poi Lavoro.
Un febbrile, accurato lavoro.
Donatello ci era abituato.
Ma era inevitabilmente il più indicato, quando si trattava di esperimento.
I giri di lancette avevano ormai perso il loro conto, da quando il viola aveva sottoposto gli Occhi del Drago ad ogni genere di esperimento.
Prove con l'acido, esposizione a radiazioni, analisi al microscopio a scansione.
Ma era come brancolare nel buio.
I risultati non erano diversi da quelli di tanti altri.
Natura molecolare sconosciuta, reazioni negative a qualsiasi test.
In sintesi, quello era un compatto pezzo di minerale, magnetico, a due colori, molto probabilmente manufatto, ma di una origine sicuramente non di questo mondo.
Mentre il soggetto di studi stava venendo stimolato da due elettrodi di cariche opposte, qualcuno bussò alla porta del laboratorio.
Dei colpi leggeri, che il genio riconobbe.

- Avanti.

La porta si aprì delicatamente.
 
- Ciao, April. - Donatello si era girato completamente verso di lei, con fare cordiale. La visita era sicuramente gradita.

- Novità?

- Non per ora.

- Posso rimanere?

- Certo!

La rossa sbirciò all'interno del laboratorio. Cumuli di scartoffie erano accatastate sul lettino riciclato a scrivania. Fiale sigillate con misteriose etichette scritte in un misto di latino e inglese.

Donnie riprese con il test elettromagnetico.
Le scariche illuminavano la penombra e il volto del genio.
Dopo circa cinque test, il viola si portò due dita a massaggiarsi gli occhi.

- Inutile. - Mormorò. - Questo affare è un vero mistero.

Staccò il minerale dagli elettrodi, lo prese tra le mani e lo esaminò alla luce della lampada. - Quali poteri racchiuderà?

- E perché hanno cercato di rubarla? - Aggiunse la rossa, facendo il giro intorno al tavolo.

Repentinamente, il viola si girò ancora nella sua direzione, il gioiello ben visibile davanti a lui.

- Ecco, dagli un'occhiata. - Propose Donatello, con concitazione.

La ragazza accolse gli Occhi con una punta di perplessità. Donatello sorrise, un po' nervoso.
April inarcò un sopracciglio, studiando il suo comportamento.
Aveva un che di sospetto.
Poi fece spallucce, e osservò attentamente l'oggetto.

- Davvero un oggetto curioso. - Enfatizzò. - Ma toglimi una curiosità.

April tornò a guardare Don con sospetto. Poi di nuovo sull'oggetto.

- Hai parlato di altra dimensione, ma come fai a dirlo? Non credo te l'abbia detto Leonardo, e il rilevatore non rilevava nulla.

- Questo è molto semplice. - Spiegò Don. - Non rilevava la presenza del gioiello, ma con un filtro magnetoscopico son riuscito a rilevare delle tracce la cui unica spiegazione è proprio la tesi che ho formulato.

- In che senso?

- Quando si creano falle tra una dimensione e un'altra, viene sprigionato un tipo di energia che tende a rimanere nell'ambiente per un certo periodo di tempo. Metti il caso delle basi dei Krang con la dimensione X. Ogni volta che si apriva uno squarcio, la loro presenza poteva essere rilevata, indipendentemente da quanto fossero aperte o chiuse, perché lasciavano sempre uno strascico energetico. Ed è in maniera simile che ho trovato simili rimasugli, anche se il fenomeno è stato forse attuato in maniera casuale, le caratteristiche erano in tutto e per tutto...

Un cenno di April fermò il fiume di parole del genio, che si stava perdendo nel fervore della spiegazione. Una loquacità simile al maestro, per certi versi.

- Riassumendo?

- Nella zona della scomparsa ho trovato tracce di un portale. - Concluse in un fiato.

- Meraviglioso! - Si complimentò April. - Si vede che sei un genio!

- Mi confondi.

Il viola si grattò la nuca con la mano, imbarazzato.
Nel farlo, però, il gomito andò a urtare uno scaffale pieno di contenitori sigillati.
Uno di essi cadde, e Don se ne accorse fulmineamente, così come rapidamente si girò per prendere al volo il campione.
Le mani a cucchiaio si chiusero sul flacone, la tartaruga col respiro affannoso.

- Per fortuna! Questa è una cosa molto prezios... -

Si congelò nella formulazione della frase. Si era accorso troppo tardi di aver dato la schiena ad April.
Sbiancò, e si girò subito, in una speranza vana.
L'espressione scioccata da parte della rossa era già una risposta eloquente.
Si portò il barattolo sul volto, quasi a volersi nascondere dietro il misero contenitore.
L'azzurro degli occhi di April tremavano come un mare in tempesta. Non lei ci aveva ancora fatto caso, ma in quel momento l'orribile squarcio sul guscio di Don le si era rivelato in tutta la sua atroce evidenza.

- Quel, quel taglio...?

- Non è niente. - Minimizzò, le mani dietro la schiena cercando di celare la lesione, come un bambino intento a nascondere un barattolo di marmellata.

Ma la rossa scattò in avanti e girò con fermezza l'amico. Ancora una volta, lo sgradevole spettacolo le si presentò sotto gli occhi, facendola sussultare.

- Come può non essere niente? - Disse con una punta di magone. La mano accarezzò i contorni scheggiati lungo la piccola voragine. Faceva venire i brividi.

- E' solo il guscio. - Tentò di spiegare il viola. - Non fa alcun male.

- Guarirà? - Chiese April, lo sguardo intenso sugli occhi di Donatello. - Voglio dire, tornerà come prima?

Donnie deglutì. - Con il tempo, probabilmente...

April appoggiò l'orecchio e la guancia sulla crepa.
Era un po' come sentire un bambino nella pancia di una donna incinta.
E similmente, anche lei poteva illudersi di sentire la vita.
La vita che il suo amico aveva rischiato per lei.
Poteva ancora sentire il calore della presa di quando l'aveva travolta con il suo corpo.
Aveva sentito, per un lungo, interminabile attimo, il rumore della sega che strideva con il guscio di Don.
Era durato solo un momento, ma mai avrebbe creduto che avrebbe lasciato una simile cicatrice.

- April?

Il viola avvampò dalla testa ai piedi, trasformando il naturale verde in un rosso accesso.
Senza accorgersene, la rossa aveva allargato le mani, fino ad abbracciare il guscio.
Rimasero così, per minuti interi, lei avvinghiata alla schiena, lui che non sapeva che fare, il flacone stretto saldamente in una mano.

L'incantò si spezzò all'istante quando la porta si aprì, facendo scattare simultaneamente i due in una posizione di attenti, gli sguardi volti in direzioni opposte, le facce ancora pulsanti e paonazze.
La fiala si infranse sul pavimento in una putiferio di trucioli.
Don sospirò, alla vista del campione perduto.

Sull'uscio, Jade scalpitava con entusiasmo riguardo alcune notizie ritrovate in rete riguardo gli Occhi del Drago.

- Ragazzi, credo di aver scoperto qualcosa di interessante su.... eh?

La tensione nell'aria non era sfuggita alla ragazzina, e neppure i vistosi coloriti.

- Devo aver interrotto qualcosa. - Insinuò, un malizioso ghigno spuntato dalle labbra sottili.

Donatello tossì rumorosamente per schiarisi la voce, poi assunse un tono vagamente sostenuto.

- In effetti hai interrotto una importante scansione dell'oggetto con la macchina a raggi elettrolitici...

- Raggi elettrolitici? - Interruppe
Jade, poco convinta, uno sguardo interrogativo su April, che annuì nervosamente.

- Certo! - Proseguì la rossa. - Serve per la polarità... ehr, la...

- La polarità dell'asse trigonometrico, ecco! - Sputò fuori Donatello, con enfasi.

La piccola mugugnò, sempre meno convinta e sempre più sospettosa.

A un certo punto, Casey sbucò dal nulla dalla porta, gettando ulteriore panico.

- Salve! Come vanno gli esperimenti?

-  Giusto in tempo, Casey! - Esclamò Jade. Prese per mano il vigilante e lo trascinò via. - Mi devi assolutamente dare una mano con le ricerche su Internet!

- Ma io non sono fatto per quel tipo di cose. - Obiettò Casey. - Non sarebbe meglio rivolgersi a Don?

- Sono sicura che tu sarai più utile! -  Rispose  Jade, irremovibile, mettendosi alle spalle del bruno e spingendolo via.

- Buon lavoro, voi due. - Aggiunse, un occhiolino d'intesa verso April.

La porta infinte si chiuse, lasciandoli da soli.

Don si chinò e cominciò a cogliere i cocci.

- Ehy, - Protestò April. - Non toccarli! Vado a prendere scopa e paletta!

- No, non serve. - Rispose Don, atono.

- Serve eccome! - Ribatté April. - Non vorrai ancora ferirti per colpa mia!

L'ultima frase l'aveva detta d'un fiato, prima di sparire dalla stanza.

Donatello rimase impalato, come uno stoccafisso, il colorito facciale intenso come una lampada alogena.



***

L'acqua smise di correre dal doccino, le ultime gocce a picchettare dal fondo.
Jackie si allungò, afferrò l'asciugamano e se lo passò sul petto, poi sulla testa, frizionandola.
Uscì dalla doccia con una piacevole sensazione di calore umido, mentre il vapore nell'ambiente aveva annebbiato interamente lo specchio.
Jackie si guardò attorno, analizzando il bagno del rifugio.
Non era niente male, per essere una stanza realizzata all'interno di una fogna.
L'idraulica e era evidentemente uno degli innumerevoli talenti di quella tartaruga viola.
Igienico, isolato, in tutto e per tutto simile ad un bagno situato nelle normali case.
Per essere usato di solito da tartarughe e topi, era davvero un ambiente accogliente.
Vi erano anche la tazza del water, un lavandino e persino una lavatrice.
Jackie si accorse che quest'ultima era in funzione, il cilindro che roteava a pieno carico.
Questo gli fornì un tremendo dubbio. Lo confermò quando scoprì di non riuscire più a trovare i suoi vestiti.

- Oh, cielo! E adesso?

- Buongiorno, mr. Chan!

Michelangelo era entrato nella stanza, con una bacinella carica di lenzuola.
Jackie di scatto usò l'asciugamano per legarselo pudicamente in vita, per coprire il bacino.
Si sentì stranamente ridicolo, quando si accorse che in effetti la tartaruga che lo aveva salutato era praticamente nuda. E solitamente andava in giro in quello stato.

- Dove sono i miei vestiti? - Chiese, sapendo già la risposta.

- Che domande, a lavare!

Gli occhi del cinese si diressero verso l'oblò, per riconoscere il familiare maglione azzurro impregnato di schiuma, mentre ruotava in circolo senza sosta.

- Ma non posso andare in giro con solo l'asciugamano addosso!

- Su questo non deve preoccuparsi. - Fu la risposta di Micky. - Ho portato un ricambio.

- Un ricambio?

- Sì, questo.

Micky prese un fascio di vestiti piegati e lo gettò a Chan. Questi lo prese in braccio, soffermandosi sul colore nero del tessuto.

- Omaggio del sensei! - Aggiunse la tartaruga, prima di uscire.

Jackie sperò in cuor suo che non si trattasse di qualche bizzarra tuta ninja.


***

Giunti in un vicolo appartato, i due si fermarono.
Controllarono di non essere seguiti.
Jimmy tolse la maschera e inspirò profondamente a pieni polmoni.
Poi si voltò per guardare sul volto il suo benefattore, l'angelo custode che lo aveva tirato fuori dalle sbarre, anche se non ne conosceva il motivo.
Lo aveva intravisto nella stazione di polizia, ma adesso era lì, in tutta l'imponenza della sua persona, una fascia blu che copriva la testa, due spade sulla schiena e uno sguardo fiero.

- Hey, ma tu sei una delle rane kung fu!

La considerazione inquinò lo sguardo serio del mutante con una striscia di esasperazione.

- Sono una tartaruga, dannazione! - Protestò l'altro. - e sono un ninja!

- Sai che differenza. - Fece spallucce il castano. - E... un momento! - Realizzò, e gli mise le mani sulle spalle. - Tu sai cosa è successo a mio fratello?

- No, non lo so. - Rispose la tartaruga, infastidita. Si scrollò di dosso le mani dell'umano. - E per precisare, anche mio fratello è sparito, insieme al tuo.

- Come hai fatto a liberarmi?

- Un po' di gas narcotizzante nelle prese d'aria, e sogni d'oro a tutti.

- Ora passiamo al perché.

- Perché possiamo aiutarci a vicenda.

Jimmy guardò la tartaruga, poi scoppiò a ridere.

- E a come potrebbe aiutarmi un mutante come te? Lasciami perdere, faccio da solo!

Il ninja si mise a braccia conserte. La strafottenza a quell'individuo non mancava di certo.

- Ah, sì? E come penseresti di fare?

Jimmy si girò, deciso a ignorarlo. Cominciò ad arrancare qualche passo, poi si fermò. In fondo, che male c'era a rispondere?

- Spacco qualche muso in giro. Qualche informatore salterà fuori.

- Impeccabile! - Soffiò la turtle, sarcastica. - Tu usi la testa solo per... dare testate?

- Le più micidiali della città! - Sottolineò il castano.

- Dammi retta! Non concluderai nulla, in questo modo!

- Beh, non credo che tu potresti fare meglio!

- No, ma insieme...

Jimmy si sistemò il ciuffo. Quell'altro era verde, grosso e sputasentenze. Si era forse imbattutto nel grillo parlante?

- Io 'insieme' lavoro solo con mio fratello, chiaro? - E si girò, allontanandosi impettito.

L'altro scosse la testa. Come capoccia dura, faceva concorrenza a Raffaello.
Raffaello, chissà dov'era in quel momento.
No, per ritrovare il fratello, sentiva di aver bisogno di quell'uomo. Potevano aiutarsi in qualche modo. Se solo quel dannato mulo si fosse deciso a dargli retta.

- Ehy, un momento! - Gridò, correndo per raggiungerlo. Ce la fece quasi subito, sbattendogli contro la schiena. - Che diamine! - Protestò. Poi guardò Jimmy, e davanti, il motivo della sosta.

Una banda di almeno una decina di uomini, vestiti con pantaloni neri, giacche dello stesso colore sui toraci scoperti. Numerosi tatuaggi facevano capolino dalle braccia degli sgherri, e l'effige più diffusa donò un senso di fastidio alla tartaruga.
Conosceva bene quei tizi, così come loro avevano appena riconosciuto lui.

- Tu sei una delle tartarughe! - Sibilò uno di loro. Ad un cenno, alcuni di loro tirarono fuori armi da mischia. Coltelli, bastoni, qualche falcetto.

Jimmy sorrise, per nulla intimorito. - Ehy, rospo, - Disse, rivolgendosi all'amico verde. - Sei alquanto famoso!

- Mi chiamo Leonardo. Ficcatelo in quella testa grulla! - Ribatté il blu. Non riusciva a capire chi lo irritasse di più tra lui e quella banda.

- Stanotte i Purple Dragons avranno la loro vendetta! - Soffiò di nuovo il capo dei vandali.

Il nome provocò una nuova ondata di ilarità da parte di Jimmy. che non si preoccupò di nascondere una risata sguaiata.
La reazione incuriosì l'incredulo capo dei Dragons.

- Ehy, ciuffone, cosa ci trovi di divertente?

- Diciamo il nome da schifo che vi ritrovate, vi fa sembrare due volte più sfigati di quanto non lo siate già. Dragoni... Viola, che cosa siete, lucertole checche?

Il capobanda strinse i denti. Neppure l'odiato Casey Jones aveva una parlantina tanto irriverente. E se c'era una cosa che non andava tollerata, era che si mettesse alla berlina il temuto nome dei Purple Dragons.

- A quanto pare c'è qualcun altro che vuole rogne, stasera!

- Ehy, Leonardo. - Chiamò a mezzavoce Jimmy, un ghigno da dipingergli il volto.

- Che cosa c'è?

- Lascia gli spiedini nel fodero. Facciamo a gara a chi ne stende di più ca mani nude?

- Ti pare il momento di giocare?

- Se vinci tu, mi lascerò aiutare da te. Altrimenti ognuno per la sua strada. Che mi dici?

- Dico che è la scommessa più assurda che io abbia mai sentito!

- Quindi ti tiri indietro?

Leo sospirò. - Va bene.

Ma che razza di individuo gli era capitato?

Intanto un primo scagnozzo, stufo del dialogo tra i due, aveva alzato una mazza contro Jimmy, ma questi si era spostato velocemente sulla destra e lo aveva fulminato alla nuca con un doppio pugno a martello.

Il primo k.o. mise in allarme il resto del gruppo.
Un ordine partì perentorio.

- Attaccate!

L'invito venne accolto con gioia da Jimmy, che si passò un pollice sul naso.

- Vediamo quanto potranno i Purple Dragons contro un Double Dragon!





Angolo Posta




Cosa? Esisteva già questo crossover?

(Ovviamente no, è solo omonimia)

Switch. Quindi in questo fandom è la Splinter suprema, colei da venerare, rispettare e temere, la decana dei vecchietti (ammazza, ci sono più attempati di quanto si credeva!).
Ed è anche per lei che bisogna allenarsi inflessibilmente all'uso della tastiera e dei libri (Book-Yakashaaa!)
Se persino la vetusta Lara si inginocchia ed anzi, confessa di averla avuta come sensei letterario...!
Anche se devo confessare che i professati 'pastrocchi' in Buio. mi sono sfuggiti. (Buon, anzi, meglio, per te.)
Un brevetto sui metodi di scrittura? Vado subito a brevettarlo. Poi mi dicono che costa troppo e che non potrei mai dimostrare i plagi.
Ergo, hai campo libero. come i cellulari. A meno che non sono i cellulari che ti portano in galera.
Luca Tortuga è così vecchio anche per te? Mi sento una mummia come Raiden.
Ma non me la prenderei troppo con la Nickelodeon per le idee bruciate, forse anche loro dopo quattro (tre?) stagioni arrancheranno e stalkerizzeranno EFP Italia in cerca di spunti.
Questa faccenda puzza, Cartoon, e non per colpa di Jackie!
"Rughi" vince il premio di parola introvabile su Google, tale che non capivo se intendessi "sbirri", o se il tizio con la maschera ti fosse sembrato uno dei cattivi.
Raf arriverà (certo, quanti capitoli fa l'avevo promesso?), se non con il prossimo, tra un paio, e avrà il suo bel spazio nutrito. Nutrito perché sicuramente ti sarà venuta una certa fame di rosso.
Ed è certo, perché lui è l'indispensabile rosso pomodoro sulla pizza. Altrimenti è tutta focaccia.

O revuà!





Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Out of This World ***


Dragoni e Tartarughe
 Out of this world

Altrove.
Una landa desolata, che non sembra aver mai visto la luce del sole, o che sembra averlo dimenticato da tempo immemore.
A guardarlo ricordava quelle lezioni di Storia, anzi, Preistoria, che narravano del meteorite che aveva portato all'estinzione dei dinosauri.
Un corpo così immenso che all'impatto nubi apocalittiche di polvere aveva ricoperto il cielo, rendendo impossibile la visione di qualsiasi cosa oltre uno spesso strato di polvere e detriti.
Gli sparuti avventurieri che si stavano avventurando, passo dopo passo, ignoravano se fosse stato davvero questo il destino di quel paesaggio, ma poco importava, per loro appariva come un mondo del tutto alieno.
Montagne alte fino a scomparire nella infinita coltre di nubi violastre. Foreste selvaggie, acque putride di insidiose paludi.
Ma la civiltà era arrivata anche lì. O meglio, le rovine di quella che doveva essere stata un tempo fiorente.
Sporadici edifici spuntavano tra le rocce, costruzioni dalla forma bizzarra, uno stile vagamente paragonabile all'Estremo Oriente del mondo terrestre.
Ma vi erano anche statue dalle sembianze radicalmente occidentali, con parecchie somiglianze ai Gargoyle delle cattedrali gotiche.
Il monotono paesaggio era interrotto a tratti solo dalle uniche fonti di illuminazione presenti in quel mondo, giganteschi bracieri le cui fiamme al centro spezzavano il manto uniforme con punte di un rosso smorzato.
Uno spettacolo deprimenti, specialmente ai quattro occhi che lo scrutavano da chissa quando, dal momento che la cognizione del tempo si era persa insieme alle loro orme.
Si sentivano sballottati chissà dove dalle circostanze, il destino deciso da una maledetta pietra e senza sapere un maledetto perché.
La roccia in questione era ben salda nella gibberna avvolta nel guscio di quello meno umano dei due.
Il fiatone per la lunga camminata, a un certo punto i piedi verdi di quest'ultimo si rifiutarono di proseguire.
Fu costretto a sedersi su una roccia, battendo per l'occasione un pugno frustrata sul ginocchio.

- Questo posto maledetto sembra non finire mai! - Soffiò nella sua lamentela.

Intanto l'altro, un uomo vestito di blu, sopraggiunse per rassicurarlo ancora una volta.

- Devi avere pazienza, non può essere troppo...

- La pazienza credo di averla persa già due o tre chilometri fa! - Sputò la tartaruga, la fascia rossa a svolazzare per lo scatto seccato della testa. - Chi ti dice che non stiamo girando attorno?

- Potremmo sempre fare un tentativo con quella pietra. - Suggerì l'altro.

- Questa pietra è quella che ci ha messo nei guai, biondino!

- Il mio nome è Billy, quante volte te lo devo ripetere?

- Tutte le volte che vuoi, non ci tengo ad impararlo a memoria, voglio solo tornarmene a casa!

- Ma se siamo capitati qui per colpa di quella pietra, se la toccassi magari potremmo tornare indietro.

- Oppure viaggiare in qualche fottuta dimensione, facendo i saltimbanchi per l'eternità. Già mi vedo il titolo: Raffaello e Billy, Turisti interdimensionali per caso!

Sottolineò il suo sarcasmo con enfasi, gesticolando animosamente.

In quel momento si sentiva stupido a fare il plateale come quel pagliaccio di Michelangelo. E, cosa non confessabile, avrebbe voluto che fosse lì, in quel momento, per fare al posto suo ciò che lui stava facendo.
E per quello si sentiva doppiamente stupido.

- Ah! - Continuò la sua lagna greca. - Se solo ci fosse qualche portale dei Krang in giro!

E magari anche Donatello per sapere indicargli dove.
E magari Leonardo per... no, di quello non ne aveva bisogno.
Il biondo umano che aveva avuto la sfortuna di aver a fianco ne incarnava gli stessi, odiosi difetti.
Una su tutte era di voler mettere le briglie alla sua rabbia, cercando di ammaestrarlo come un cavallo attraverso la ragione.
Ma lui voleva Leonardo, non quel damerino travestito da guerriero che gli era capitato in cambio.
Anche questo, ovviamente, non lo avrebbe confessato nemmeno sotto tortura da Kurtis.

- Non per metterti fretta. - Puntualizzò Billy. - Ma laggiù c'è una foresta e non vorrei attraversarla a nebbia già calata.

Il dito nel guanto rosso venne puntato in direzione di una foresta che definire lugubre era poco.
Ciò fece alzare un sopracciglio alla tartaruga.

- Non per contraddirti. - Rispose Raf, con una punta di sarcasmo, dal momento che lo aveva già fatto almeno dieci volte da quella... mattina? Difficile dirlo, in un posto dove giorno e notte non si alternano mai. - Ma non è infilarsi direttamente dentro la trappola di un topo?

- L'alternativa sarebbe scalare le ripide pareti rocciose che costeggiano la valle, è vero che sei un ninja, ma mi sembra esagerato. Oppure possiamo sempre tornare indietro.

Billy concluse la frase e lo guardò con un  sorrisino ironico.
Raffaello sospirò. Ecco un'altra cosa che lo accomunava al fratello: che alla fine la spuntava sempre.

- E va bene! - Sbòttò, alzandosi di scatto. Dopodiché tirò fuori i sai. - Ma continuo a ripetere che è una cattiva idea!

Raffaello aveva imparato una cosa dopo aver convissuto con il suo pessimismo cronico.
E cioè, che praticamente non sbagliava mai.
Era il suo 'senso di tartaruga'.



Il sentiero si estendeva all'interno della foresta.
Con la guardia alzata, i due avanzavano cauti, guardandosi attorno.
L'atmosfera lugubre del paesaggio precedente non era nulla inconfronto alla pressante sensazione di essere osservati in quella foresta.
Mille e mille occhi addosso brillavano nell'oscurità tra gli alberi secolari, che certamente dovevano aver visto tempi migliori.
Macabre conformazioni dei tronchi facevano somigliare alcune cavità ed escrescenze a bocche dai ghigni malvagi ed orbite di teschi, corrugate in espressioni minacciose.
Il silenzio sembrava aver congelato quella selva, interrotto solo da occasionali fruscii di foglie.
Ed era questa la prima anomalia che pizzicò il pessimismo di Raf.
Nessun verso di uccello o di altri animali.
Certo, non poteva saperne molto, lui che al massimo aveva visto Central Park, ma anche di notte il frinire di un grillo o il verso di un gufo spezzavano  in ogni caso la cappa afona  della notte.
O perlomeno, la luna nel cielo illuminava sempre il paesaggio sottostante.
Dentro quel groviglio di legno e foglie morte, invece, si respirava un'odore di morte e desolazione.
Ma anche un costante senso di pericolo che i riflessi ninja erano abituati ormai a riconoscere.
Guardò Billy, e poteva percepirne la stessa sensazione.
Portò i sai a protezione del volto, aspettandosi da un momento all'altro qualcosa, vivo o inanimato che fosse, che sbucasse fuori dai cespugli per aggredirli.
I suoi piedi incespicarono su qualcosa di duro. Guardò a terra. Una stupida radice che faceva capolino.
Alzò infastidito il piede, guardando nel frattempo altrove, attirato da un altro fruscio.
Poi una forza misteriosa lo strascinò a terra.
Sotto lo sguardo incredulo di Billy,  Raf sentì qualcosa tirargli la caviglia.
Riuscì a vedere il motivo, e trasalì: la radice era avvinghiata, e ora stava tirando verso chissà dove.
Ebbe la prontezza di piantare i sai sul terreno, frenando così il tentativo, salvo rimanere il pesce che lottava contro una lenza ben tesa.
L'umano cercò di intervenire,  da un'altra radice si estese dal lato opposto del sentiero, e come un tentacolo gli si avvolse al collo.
Mentre si teneva, Raf li vide e capì.
I mille occhi che sembravano scrutarli dall'oscurità. L'assenza di animali.
Quel posto non mancava affatto di vita, anzi, era gremita di esseri senzienti, solo che non ne aveva percepito la forma.
Quei tronchi mostravano più che cavità casuali, conformazioni scavate dal tempo.
Quelli erano ghigni veri, occhi autentici.
Le minacce non si nascondevano tra gli alberi. Erano gli alberi.
Uno dei sai gli sfuggì. Pose entrambe la mani sull'altro, cercando di puntellarlo con tutto il suo peso.
La forza di quella estremità era così forte che il puntello scavò un lungo solco, come un aratro, mentre il rosso si avvicinava al suo destino.
Di sfuggita, poteva intravedere Billy lottare contro il suo cappio, mentre un ramo si apprestava ad impalarlo attraverso la schiena.
Un altro strattone lo costrinse a ritornare sulla sua, di situazione.
Alla fine se lo ritrovò davanti, l'albero mortale. Uno dei tanti.
Dalla base del tronco spuntava la conformazione di una faccia. Due cavità aggrottate dalle quali due pallini bianchi brillavano di luce sinistra, donando loro aspetto di occhi penetranti e selvaggi. Altri due piccoli buchi somigliavano a grotteschi fori nasali, facendo somigliare sempre di più l'albero a un orrido teschio.
Ma la cosa più spaventosa era la bocca spalancata e famelica, pronta ad ingoiarlo in un solo boccone.
Raffaello poté quasi sentire un lugubre mormorio provenire dalla vegetazione.
Unisci a noi...
- Potete scordarvelo! - Ruggì, liberando una mano per frugare nelle risorse.
Gli shuriken erano già stati tutti usati, poi le dita toccarono qualcosa.
Il rosso ringraziò la previdenza di Donnie, che aveva voluto a tutti i costi consegnarglieli nonostante apparentemente innocui, quindi inutili.
Certo, non erano petardi o ancora meglio, delle sane molotov, ma meglio che nulla.
La mano tirò fuori un uovo, e lo tirò nella bocca del mostro.
Una nube viola sbuffò dalla cavità orale della pianta, mandandola in confusione.
Raf ne approfittò per liberarsi,  afferrare i sai e scappare verso Billy.
Il manico di un pugnale in bocca, la mano libera afferrò un altro fumogeno e lo usò contro la pianta che teneva in scacco il biondo.
Afferrando di nuovo il sai, deviò il punteruolo diretto al torace dell'uomo, oltre a una serie di stilettate da parte di rami e arbusti, e poi cercò di allentare la stretta dal suo collo.
In quel momento avrebbe desiderato un'arma realmente tagliente, per fare a pezzi tutta quella legna con colpi secchi e precisi.
Persino Michelangelo e Donatello erano stati upgradati con lame nascoste sulle loro armi.
Solo, lui, il violento, quello che usava sempre la forza per spezzare tutto, non aveva mai considerato l'idea.
Lo trovò un grande svantaggio, soprattutto quando un paio di rami si avvolsero al suo guscio, lui ancora impegnato con il cappio di Billy.
Imprecò, mentre Billy annaspava, una mano sul collo ed una che si agitava in avanti, nel vuoto.
Poi accadde all'improvviso. Forse nella confusione, le dita di Billy gli avevano sfiorato la cintura. O meglio, la pietra gelosamente custodita dentro.
Bastò quel momento.
Una forte luce si sprigionò, e investì loro due, i rami, la radura circostante.
Raffaello fu costretto a chiudere gli occhi. Prima di serrare le palpebre, però gli sembrò di vedere Billy splendere di una strana luce, interamente blu.
E credette di avere un'allucinazione, perché gli parve di vedere due grossi serpenti dotati di criniera, simili a dei dragoni cinesi, strisciare attorno al corpo del biondo.
Poi tutto svanì, e Raffaello e Billy si ritrovarono a terra, i rami e le liane che li avvolgevano disintegrati, gli alberi circostanti con gli occhi chiusi, le bocche storpiate in un'espressione sofferente.
Si alzò di scatto, guardando Billy nel suo solito smanicato e paio di jeans.
Un'allucinazione?
Poco importava. Senza aspettare altra manna dal cielo, Raffaello rinfoderò i sai, prese le Zanne e lo rimise nella custodia, afferrò per mano il biondo, spaesato e ignaro di tutto e lo tirò su con forza.
Gli urlò solo una parola, un suggerimento, un consiglio, un ordine, un comando.

- Corri!

Billy non se lo fece ripetere. Corsero via, da quell'inferno di vegetali, momentaneamente accecato da un miracolo divino.


Non seppero neppure loro quando il paesaggio fosse cambiato da boschivo alle più familiari, anche se pur sempre inospitali rocce.
Solo allora si permisero di fermarsi.

- Come se siamo usciti? - Domandò l'umano, ancora incredulo.

- Volevo che me lo spiegassi tu. - Gli ribatté Raffaello.

- Come?

Il rosso si stropicciò gli occhi. - Lascia perdere. - Poi gli osservò il torace. - E quel corpetto che avevi addosso?

Billy si guardò su, e trasalì. Non ci aveva fatto neppure caso. Lo 'spaventapasseri', la trappola mortale che lo aveva avvinghiato, gentile omaggio di Sektor.
Ricordava di averlo ancora addosso anche dopo il passaggio verso quella nuova...landa.

- Dev'essersi sganciato nella foresta.

- E come si sarebbe sganciato? - Soffiò Raf. Non ci era riuscito lui con i sai. Non ci era riuscito nessuno.

- Non lo so. Che è successo in quella foresta?

- Diciamo che hai toccato la pietra. - Tagliò corto il rosso. - Ma non so di più.


La scena venne interrotta da un battimani, lento e scandito. I due guerrieri trasalirono.
Allora qualcun altro c'era. Si voltarono nella direzione della nuova venuta.

Era una donna, dalla lunga chioma corvina, il vestito pericolosamente succinto. Le generose forme erano coperte solamente da un costume sgambato, e da due lunghi gambali a coprirle le coscie.
Le mani nei guanti, anch'essi lunghi fino all'avambraccio, battevano un applauso plateale e volutamente forzato.
La particolarità andava nel volto, avvolto da una mascherina copriva naso e bocca, conferendone un'aura da misteriosa odalisca.

- I miei complimenti. - Annunciò, con una voce rauca da far accaponare la pelle. - Non è da tutti sopravvivere alla Foresta Vivente.

- I complimenti li faccio io. - Mormorò la tartaruga in rosso. - Certe curve fanno invidia ad Isabel.

- Chi? - Domandò Billy, distrattamente, l'attenzione calamitata dalla nuova venuta.

- Storia troppo lunga, socio. - Liquidò Raf. Il suo modo più gentile di dire "Fatti gli affari tuoi".

Ma la voce sbiascicante della donna li riportò all'attenzione.

- Dovete essere davvero forti. O fortunati. - Aggiunse. Le mani accarezzarono le coscie fino a risalire sui fianchi.
Sollevo poi le braccia per portare le mani dietro le spalle... dalle quali si materializzarono dei sai.
Portandoli in posizione, proclamò. - Siete dei giocattoli divertenti. Fate giocare anche Mileena. Sperando che Mileena non rompa i giocattoli.

Raffaello portò una mano su un pugnale e l'altra se la sbatté in fronte.

- Ci mancava la psicopatica.


Angolo della posta


Ehy, ho anche io le Fognart!

Altro che quelle di JTWYA!
Crepa d'invidia, Switch, io lo farò di vergogna! DDD:

(p.s.: grazie! ;) )


Basta tergiversare, era ora di mandare direttamente Raffaello in campo.
Ringrazio ancora le temerarie che ancora guardano questo pastrocchio letterario, che prometto di finire al più presto.
Al prossimo capitolo!



 



Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Brothers in Arms ***


Dragoni e Tartarughe
Brothers in Arms  


La testa di un altro scagnozzo andò a baciare il terreno, il volto coperto di bozzi, ammaccature e un occhio gonfio.
Altri erano già stesi, nelle posizioni più innaturali, a fargli compagnia.

Leonardo aveva facilmente fatto slalom tra una mazza e una catena di bicicletta, con il risultato che la seconda si era avvinghiata alla prima, lasciando di due Purpurei impotenti.
Una mano aperta sul muso di quello in avanti e un calcio su quello di dietro avevano fatto il resto.

Jimmy non era da meno. Dopo aver stordito un vichingo pelato con un taglio della mano sul collo, lo colpì al torace con un diretto.
Un rincalzo andò a sostituire il vandalo abbattuto, armato di un tubo di ferro.
Jimmy glielo afferrò, impedendogli di usarlo, dopodiché gli arrivò a bruciapelo e lo colpì con una gomitata  alla mandibola.
Un paio di denti saltarono, insieme a un fiottio di sangue.
Un uppercut consecutivo fece la cortesia di sollevare il malcapitato, corpo e tutto.
Un terzo incomodo provò a sorprenderlo alle spalle, ma Jimmy si girò di novanta gradi, il braccio del montante ancora teso, e lo usò aprendo la mano in un manrovescio.
- Sho Ryu Dan!
La mano si fece incandescente, e investì il muso del mohawk. Jimmy saltò, trascinando con sé il corpo della vittima.
Atterrarono entrambi, uno in piedi e l'altro a corpo morto.
Jimmy si portò una mano per sistemarsi il ciuffo.

- Credo di essere in vantaggio. - Commentò all'indirizzo del ninja.

Leo aveva appena torto un braccio all'ultimo Dragone per disarmarlo di un pericoloso coltello da caccia, e alla fine lo aveva costretto a terra, puntellandolo con un piede sulla testa.

- Questo era il mio sesto, quindi ho vinto io.

Jimmy lo guardò sospettoso. Lui ne aveva stesi cinque. Se la matematica non era un'opinione...

-  Stai barando, vero? - Poi si voltò, distratto dal rumore di qualcosa di vorticoso che risuonava nell'aria. - Attento!

Jimmy estese la gamba destra per intercettare un pugnale diretto a Leo, deviandolo verso il muro.

- Grazie, ma potevo pararlo da solo. - Fu la sola risposta del blu. - E senza spade.

- Già, quella roba dei ninja. - Commentò Jimmy, ironico. Si avvicinò e raccolse il coltello. - Solo che dovresti picchiarli meglio i tuoi avversari, o continueranno ad alzarsi.

Di scatto, lanciò l'arma verso il temerario che aveva osato tirarla:  era il capo della banda, con un occhio gonfio, omaggio della tartaruga, che non gli permetteva di vedere bene.

La lama gli penetrò con precisione chirurgica nella spalla destra. Un urlo di dolore riecheggiò nel vicolo, mentre in preda agli spasmi, il poveraccio si era inginocchiato a terra.
Jimmy gli si avvicinò, e con un calcio nello stomaco lo stese.

- Questo è il mio quinto. - Annunciò, guardando la carcassa agonizzante. - E per essere sicuri...

Il castano osservò una pila di fusti vuoti. Ne prese uno con entrambe la mani, poi lo sollevò sopra la testa.
Si girò, con l'intenzione di buttarlo addosso a quel relitto che solo poco prima aveva osato minacciarlo, reso forte e sicuro dalla superiorità numerica.
Gli sembrò patetico, mentre frignava, implorando pietà tra le lacrime. Un sottile, sgradevole odore diede la sensazione che se la fosse pure fatta addosso.
Gli faceva ancora più schifo.

- Come temevo, non siete degni di forgiarvi del nome di Dragoni! - Tuonò con odio, le mani pronte ad abbandonare il carico di lamiera sull'uomo.
Ma prima che potesse farlo, si sentì un sibilo, e il barile si divise in due, cadendo ai lati.
Jimmy aveva ancora le mani alzate, incredulo. Si girò quasi con stizza, i pugni tesi, a guardare il responsabile che gli sorrideva, la lama scintillante nella penombra.

-  Hai usato quella fottuta katana!

- E' una ninjato - Lo corresse  Leo, rinfonderandola. - E sei stato tu il primo ad usare armi. Ho vinto io.

Jimmy urlò di frustrazione ed imprecò un paio di volte.
Leo si limitò a sorridere, mentre il castano si stropicciava i capelli con una mano.

- Non vale! Io...

- Sei stato tu a proporre le condizioni. - Lo interruppe la tartaruga, categorica. - Hai l'abitudine di rimangiarti la parola?

Jimmy sputò a terra, e imprecò ancora.

Nella vicinanza, intanto, il rottame del capo dei Purple mormorava una delle sue minacce.

- Non... la ... passerete liscia...

- Falla finita, tu! - Lo zittì Leo, seccato, con un pestone.

L'atto fece scattare Jimmy, ma la tartaruga lo anticipò ondeggiando un dito.

- Sei a quattro! Ho vinto in ogni caso.

A Jimmy morirono le parole di protesta in gola. Le spalle si afflosciarono.
- Fanculo. - Soffiò, più a sé stesso che al ninja. - Allora, da dove cominciamo?

- Con una bella chiamata al rifugio.

- Covo? Chiamare chi? Ma si può sapere in quanti cazzo siete? - Domandò Jimmy esasperato.
Di due tartarughe ninja ne aveva già abbastanza, figurarsi avere a che fare con altre.


***



I pugnali si incrociarono, un tintinnio contro un altro.
Raffaello doveva ammetterlo.
Per quanto non ci stesse con la testa, quella donna mostrava una maestria innata nella sua stessa disciplina.
Disincastrarono le lame, come due pugili separati dopo un clinch.
La bambola non era inoltre solo una esperta nei sai, ma ondeggiava le gambe in letali calci che non erano però privi di una grazia che la facevano somigliare ad un'odalisca, complice quel velo che le copriva il volto.
Il rosso si allontanò con un paio di capriole dalla portata della guerriera.
Mileena roteò i sai per prenderli dalla parte della lama, e poi li lanciò in direzione della tartaruga.
Un attacco quasi banale per un ninja come lui, che deviò entrambe le traiettorie con un fendenti ben assestati.

- E adesso che sei disarmata, come credi di...?

Raffaello estinse il suo commento ironico quando la donna materializzò dal nulla altri due sai. Le sopracciglia del ninja si aggrottarono in un'espressione incredula. - Occaz...

Altri due sai vennero lanciati, ed altri due materializzati.
Il gioco proseguì tra le risate stridule della donna e le capriole del rosso.

Billy nel frattempo era stato in disparte, bellamente ignorato dai due combattenti.
Tuttavia non poté esimersi dal chiedere al compagno. - Sicuro di non volere una mano?

- Non provarci neppure. - Gli sibilò il rosso, deviando l'ennesimo paio di dardi.

- Cos'é, non ti piace il tiro al bersaglio? - Lo canzonò intanto  Mileena.

- Al contrario, bellezza! - Ribatté la tartaruga. Lanciò in aria il sai destro e lo prese per la lama. - Vediamo come te la cavi tu!

Con un gesto fulmineo Raffaello lanciò il sai.
Il pugnale volante centrò la ragazza... e ci passò attraverso.
Come il riflesso di uno specchio d'acqua, la figura femminile si distolse fino a scomparire in una nuvola di fumo viola.
Senza neppure avere il tempo di capacitarsene, Raffaello ricevette un piede sulla nuca che lo scaraventò a terra.
Ebbe solo il tempo di vedere, con la coda nell'occhio, la figura della donna mentre atterrava dal calcio volante.

- No, pure questa si teletrasporta? - Si lamentò la tartaruga, e subitò rotolò via per evitare un pestone.
Si rialzò in piedi, un solo sai a fargli da guardia.

Intanto la donna aveva già materializzato altri sai e glieli aveva lanciati verso i piedi, con l'intento di puntellarglieli.
Raffaello fece un gioco di gambe per evitarli, mentre si conficcavano nel terreno. Ne approfittò per estrarne uno e lanciarsi all'attacco.

Ne conseguì uno scambio di colpi dove la donna parava tranquillamente con gli avambracci.
Le velocità erano notevoli da entrambe le parti, ma Raffaello riuscì a penetrare nella difesa dell'avversaria, puntellando una lama sul volto, prima  che un calcio deciso lo allontanasse.

La tartaruga si mise un braccio sul piastrone, e notò che sulla punta di un pugnale era rimasto impigliato qualcosa di simile ad un drappo viola.

Guardò in direzione della pazza, che si contorceva con le mani a coprire la parte inferiore del volto.

- Come hai osato... - Mormorò Mileena, irritata. Le mani premeva entrambe sulla zona. - Hai rischiato di deturpare... - Abbassò finalmente le mani, e urlò. - ... Il mio prezioso volto!

Al che sia Raffaello che Billy fecero un passo indietro, atterriti.
Scoprirono che la mascherina non era solamente un vezzo estetico.
Era una protezione, una copertura per celare un autentico orrore.
Una lunga fila di zanne aguzze ed ingiallite, affilate come coltelli.
La bocca era semiaperta, agitando la lingua impazzita tra le barre della gabbia dentale.
Gli occhi gialli, prima profondi come la più sensuale delle donne, ora apparivano come se fossero stati di un rettile insidioso.
Nella loro mostruosità, tuttavia, non era uno spettacolo del tutto inconsueto.
Quelle file di denti aguzzi entrambi le avevano già viste.
Ma addosso a una bella donna, facevano ancora più orrore.

- Per le placche del mio povero guscio! - Esclamò Raffaello. - Non sarai mica la sorella del sorrisone?

Il riferimento andava al mutante con il quale si erano scontrati nel vicolo. Mileena parve ignorare l'allusione, continuando a sibilare.

- Che c'è? Non ti piaccio?

- Credo che passerò l'offerta, grazie. - Rispose il rosso. - Sei più brutta di un Krang.

Mileena si accovacciò e cominciò a rotolare come una palla, prendendo velocità.
Raffaello la evitò con un saltò e ne approfittò per lanciarle contro il sai della stessa.
Il colpo andò a vuoto, ma ebbe la conseguenza che lei si smaterializzò ancora rotolante.

Raffaello si voltò immediatamente, il sai rimasto con la punta verso l'alto.
E fu proprio da in mezzo all'aria che la donna si rimaterializzò, con un calcio volante.
La tartaruga però era ben preparata, per cui si scansò di lato e affondò il sai sull'addome della combattente, dopodiché gli sferrò un calcio per spingerla via.
Ne ricevette una ginocchiata sul piastrone per la cortesia, ma nello scambio la donna sembrava quella che aveva accusato di più il colpo.
Ne approfittò per recuperare un paio di sai e lanciarglieli come armi da lancio. Lei si deviò entrambi con dei calci rotanti, ma Raffaello si era fiondato per annullare la distanza, e fu lì che la sorprese, a guardia scoperta.
La afferrò e la atterrò con una proiezione.
Dopodiché tirò fuori un altro paio di sai, recuperati dal tiro al bersaglio di prima, e glieli incrociò sulla gola.

- Questo round è mio.

Ma non poté gioirne, perché la voce di Billy risuonò nell'aria, avvertendolo di un pericolo imminente.
Dovette sollevare i sai per parare una pericolosa arma da lancio diretta a lui. Li riconobbe come tessen, gli acuminati ventagli nella cui arte il maestro Splinter gli aveva insegnato.
La distrazione fece guadagnare alla tartaruga un calcio sul piastrone da Mileena, che lo sbatté all'indietro.
La guerriera viola si dissolse in una nuvola di fumo giusto un attimo prima che un paio di altri ventagli si andasse a conficcare nello spazio dove prima lei giaceva sdraiata.

Grandioso. - Soffiò Raffaello, sarcastico. - Qua o non succede nulla, o non ci si ferma mai!

- E' la natura di questo mondo.

Una figura si espose alla vista dei presenti.
La seconda donna della giornata. Tra le altre cose, l'aspetto era del tutto identico a quello di Mileena, fatta eccezione per i capelli, un po' più lunghi e raccolti in una lunga coda di cavallo che le frustava la nuda schiena, il colore uniforme che questa volta era blu oceano, e un pudico strascicò che celava l'addome.
A differenza della precedente, gli occhi erano intensi ma perfettamente lucidi, l'andatura era elegante e altezzosa.
Il diadema che le fermava i capelli le conferiva un aspetto aristocratico, sia pur attenuato dalle forme malamente nascoste dai vestiti succinti.

Desolazione alternata a guerra... stranieri del Regno della Terra.

Billy scattò, incredulo. - Conosci da dove veniamo?

- Ma poi perché 'regno'? - Bofonchiò Raf. Poi, con forza, domandò bruscamente alla nuova venuta.

- Ehy, donna, non nasconderai anche tu un brutto muso come quell'altra?

L'uscita della tartaruga indurì gli occhi della donna, che lo squadrò con allibimento, poi indignazione.
Tirò fuori un kessen e lo aprì, poggiandolo davanti al volto.
Le lame del ventaglio riflettevano una luce sinistra.

- Come osi pronunciare parole tanto irriverenti alla mia persona, mortale?

Il tono glaciale della donna non fece che alimentare il fuoco negli occhi del rosso.

- Oh, scusa tanto. - Soffiò il ninja. - Ma da quando siamo capitati qui abbiamo dovuto sfuggire ad alberi famelici, scosciate psicopatiche con le zanne, forse neppure tu saresti tanto referente!

- Il tuo tono non mi piace affatto. - Rincalzò la donna. - Sono Kitana, principessa dell'Outworld, e faccio fatica a sopportare  gli stranieri  irrispettosi.

- Wow, una principessa! E che bel regno! - Soffiò  sarcastico, Raffaello.

- Credo che sia abbastanza. - Intervenne Billy, alzando la mano verso Raf, poi si girò verso Kitana, con un lieve inchino. - Mi scuso a nome del mio... - Lo guardò, indeciso su come definirlo. - ...beh, compagno. Ma come avrà intuito, siamo capitati quaggiù... dove ha detto lei... per caso. E non abbiamo la più pallida idea di...

- Spostati, mortale. - Lo liquidò Kitana, i cui occhi stavano puntando quelli del ninja. - Prima di conferire con gente che neppure conosco, devo insegnare un po' di rispetto a quello strano sauride mascherato.

- Avanti, ti aspetto! - La sfidò il rosso.

Ma il biondo allargò le braccia per impedire qualsiasi distrazione. - Il mio nome è Billy e lui è ... Lello, mi pare.
Gli giunse alle orecchie un "Raffaello!" correttivo alquanto irritato. - Raffaello. Kitana, no, Principessa Kitana. Non potremmo parlarne con calma?

- Fatti da parte, ho detto! - Ordinò la nobile.

Un altro kessen nel frattempo era spuntato e si era aperto, pronto a scattare.

- In tal caso... - Billy fece un balzò all'indietro e si mise in posizione di guardia. Kitana lo guardò duramente.

- Mi stai sfidando?

Raffaello da dietro, urlò la sua protesta. - Ehy, biondino, è me che vuole!

- No, tu hai già affrontato quell'altra. A lei penso io.

- Come preferisci. - Fu il freddo commentò della donna. - Finirai a fette, mutilato da questi ventagli!

- Ne è sicura? - Ribatté Billy. I muscoli si irrigidirono, i pugni si strinsero. - I denti di un dragone possono esser ben più affilati!




Conosci il tuo fandom

Mileena e Kitana



                                                 Mileena                                     Kitana

Ecco le famose sorelline di Mortal Kombat.
Kitana, principessa di un regno che non sa dov'è. Ah, no, quella era giapponese e bionda.
In realtà la storyline è più complessa. Perché per esempio Mileena sembra Baraka?



"Non sarai mica la sorella del sorrisone?
Sei più brutta di un Krang!"

Diciamo che è una creazione, anche lei, volendo, una mutazione tanto cara alle Turtles, il misto tra le cellule di Kitana miste alla razza dei Tarkatan (una delle tante razze che abitano Outworld, a cui appartiene, appunto, Baraka).
Una sorta di Karai serpentina, solo più fuori di testa.


Angolo della posta



Cartoon, come avrai capito Xena è un pelo, giusto un pelo più bella. Ma in quanto 'Principessa Guerriera', forse Kitana è ciò che le si avvicina di più.
Guarda il caso, Within the Woods l'ho visto oggi.
Il titolo non è casuale, infatti da metà della seconda serie stanno diventando sempre più citazionisti.
Ad esempio, il Turtles Maze con la scena di April e l'alligatore è presa paro paro dal livello finale di Dragon's Lair


 

Mentre due episodi prima, Tigerclaw col jetpack che vola in bocca al verme è una citazione di Dune.
Dicevo, Within the Woods. L'episodio ti avrà ricordato "La casa". Non è un caso (hahaha).
Semplicemente WTW è il titolo del cortometraggio originale da cui prenderanno spunto per La casa 1 e 2.
Arrivedorci.


Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Preparations ***


ricicli
 Preparations


***

Jackie guardò nello specchio del dojo la nuova uniforme.
Sapendola provenire da un maestro di arti marziali avrebbe dovuto aspettarselo.
Non era aderente e leggera come l'uniforme di un ninja, quello era vero.
Paradossalmente, però, nonostante il colore scuro, la mise era abbastanza sgargiante, vistosa.
Ricalcava alla perfezione lo stile dello Zi Quan, il che suonava strano, essendo regalo di un giapponese.

- Come le sembra?

La riconoscibile voce di Splinter lo aveva fatto sobbalzare. E, prevedibilmente, aveva già capito le domande che covavano nel cuore di Jackie.

- Vecchio regalo di un vecchio amico. - Spiegò misteriosamente. - Lo accettai, ma mai ho avuto occasione di indossarlo. Su di lei invece è perfetto.

Jackie si rimirò di nuovo allo specchio.
Un tradizionale camicione cinese, in lino, un penetrante colore blu scuro, lunga sul di dietro fino alle ginocchia.
Le maniche larghissime cadevano sulle braccia fino a coprire i polsi, limitate da un lieve risvolto che faceva intravedere le maniche bianche della camicia di sotto, anch'essa larga e bianca, portata fuori dai pantaloni.
Questi ultimi erano semplici calzoni, sempre di lino, che terminavano con un paio di mocassini infilati dentro calze bianche.
Sembrava un vero praticante di Tai chi, come quelli che si vedono danzare a centinaia in film o documentari.
Provò ad alzare una gamba, il ginocchio sul petto, una mano, con indice e medio uniti, vicino alla testa, e l'altra tesa in avanti, con pollice ed indice posizionati a formare una C.
Improvvisò un kata, e tornò nella posizione normale, le braccia distese lungo i fianchi.

- Allora mr. Chan, che ne dice?

- Beh, sicuramente è un bel vestito...

- No, non intendevo questo. - Puntualizzò Splinter. - Che ne dice di uno sparring?

- Vuole scherzare? - Esclamò Jackie, esterrefatto.

- Perché dovrei? - Rispose il maestro, genuinamente sorpreso.

- Ma lei è un maestro ninja. Finirei al tappeto in pochi secondi!

- Come può dirlo?

Jackie si chiese cosa nascondesse quella bizzarra richiesta.

- Mettiamo il caso, - Ipotizzò Chan, allungando un braccio verso Splinter. - Che voglia colpirla in questo modo...

Finì, come da previsione, al tappeto in pochi secondi.

***

In un luogo imprecisato, al largo delle acque territoriali che si affacciano sulla costa orientale degli Stati Uniti.
Una gigantesca nave volante, simile ad una corazzata,  stava viaggiando sospesa nel vuoto.
Nascosta da sistemi stealth inconcepibili per le attuali conoscenze tecnologiche, la grossa massa metallica si confondeva con  il paesaggio.
Solo una temibile e gigantesca ombra si proiettava sulla superficie increspata dell'Oceano.

In una stanza dall'aspetto tetro e cupo, assistito da due ninja manutentori, Sektor stava seduto sulla poltroncina, mentre il processo di riparazione continuava il suo corso.
Pur essendo in parte macchina, il maestro ninja trovava sempre molto noiose le procedure che lo costringevano immobile, tra rumori di avvitatori e punte di saldatrici.
Sporadiche scintille partivano da un punteruolo che gli stava risistemando i punti della schiena.
Tubi attaccati ai fianchi gli stavano restituendo le quantità di lubrificante perso durante l'attacco di prima.
I pugni, ben  saldi sui braccioli, tremavano per la frustrazione.
Aveva rischiato il tutto per tutto per impossessarsi di una delle reliquie, e poi se l'era vista sparire sotto i suoi occhi, svanendo chissà dove.
Se non fosse stato per l'intervento di quel maledetto Jax delle Special Forces, tutto sarebbe filato liscio come l'olio. Invece, di quell'olio c'era solo il nero del suo umore.
Tentativo fallito.
E sapeva che le cose potevano solo peggiorare.

A un certo punto una porta automatica si aprì, e un cyborg di colore giallo entrò in scena.
In quella nave, dove la maggioranza dell'equipaggio era rosso come il fuoco dell'inferno, quello era una nota stonata, come un sole spuntato all'improvviso nelle viscere della terra.
Nella semioscurità della stanza, interrotta solo da freddi neon verdi o violacei, quel giallo agli occhi di Sektor poteva sembrare di volta in volta oro zecchino o stupido rame.
Tutto dipendeva dall'esito delle notizie che il sottoposto voleva portargli.
Il cyborg giallo avanzò a grandi passi, poi si voltò verso Sektor, in attesa.

Il capo ninja guardò entrambi i manutentori. - Interrompete. Riprenderemo dopo.

I tecnici si congedarono con un inchino e uscirono con passo marziale dalla stanza.

Finalmente soli, Sektor guardò a lungo il cyborg giallo, in attesa di ordini.

- Automazione disattivata.

Alle parole di Sektor, il sottoposto cambiò la mano in sega circolare, e gli si fiondò contro.
Ma prima che potesse raggiungerlo, il rosso, immobile, pronunciò una sola parola.

- Blocco.

L'attentatore si fermò all'istante, come una statua di ghiaccio.
La sega tuttavia continuava a roteare all'impazzata, e gli occhi del giallo brillavano di una luce verde più intensa che mai.

- Scomodo dover obbedire a un programma di automazione. - Lo canzonò Sektor, con tono ilare. - Dico bene, Cyrax?

Non ricevette risposta. Non avrebbe potuto. Ma il maestro ninja sapeva bene che quegli occhi smeraldo brillavano di una luce chiamata odio.
Non sapeva se considerarlo stupido o una vittima.
Vittima del processo di cibernetizzazione che avevano fatto di loro due  delle micidiali macchine da guerra.
Cyrax si era opposto con tutte le sue forze. Aveva persino disertato, pur di sfuggire al suo destino.
Lo stesso Sektor era stato costretto a combatterlo, uscendone poi sconfitto, davanti all'incarico di riportare indietro il compagno di un tempo.
Stupido perché Cyrax a tutti i costi non voleva rinunciare alla carne ma soprattutto all'anima.
E adesso soffriva in una prigione di ferro, vittima della sua maledizione.
Stupido anche perché non riusciva a capire che quella non era una maledizione, ma un dono.
Il dono di poter essere forti.
Infatti, lui, Sektor, per quella trasformazione era stato il primo volontario.
Il prototipo, il numero uno.
Lo aveva chiesto di persona all'uomo che aveva deciso tutto questo.
Il Grande Maestro dei Lin Kuei.
Suo padre.
Il suo stesso sangue.
Magari molta gente avrebbe trovato aberrante il fatto di un uomo in grado di sacrificare un figlio in favore del progresso.
Ma Sektor era di un'idea differente. Suo padre gli aveva fatto un grande dono.
E volle ricambiarlo, a modo suo.
Lo uccise, prendendone il posto come capo.
Ma poi arrivò quel dannato Sub-Zero che lo sconfisse a sua volta e lo scacciò.
Da allora era andato nella Terra del Sol Levante per creare la sua armata, il suo esercito, la sua setta: i Tekunin.

Guardare quella statuina congelata a rimirarlo con odio gli metteva un'insolita aura di allegria.
Ma il piccolo momento di divertimento era finito.

- Automazione attivata.

Cyrax disattivò la sega, poi si mise sull'attenti, un braccio sul petto e la mano stretta a pugno, in segno di saluto militare.
Una prova inconfondibile di lealtà. Se non della sua anima, perlomeno della gabbia cibernetica che l'avvolgeva.

- Allora, com'è andata la ricerca degli Occhi del Drago?

Il silenzio calò sulla scena. Un silenziò che spazzò via il precedente buonumore da Sektor.

- Fallita, vero?

Il maestro si alzò, i cavi attaccati si staccarono. Il tubo dell'olio cominciò a schizzare via un viscido liquido nero.


- Forse non sei poi così infallibile, dopotutto!

Cyrax restò immobile come un soldatino di latta.

Sektor aprì il compartimento dello stomaco, un missile pronto a partire.

- Dovrei farti a pezzi come il bastardo che eri e che sei!

Nessuna risposta. Quel programma di automazione era persino fin troppo efficiente. Comprese le direttive aggiuntive che gli aveva fatto programmare per farlo diventare un fedele sottoposto.
Avrebbe desiderato che come ninja fosse stato migliore, però.

Improvvisamente, la sirena d'allarme risuonò in tutta la nave.
Il missile nella pancia di Sektor rientrò, lo scompartimento si richiuse.

- Che succede? - Urlò.

- Siamo sotto attacco, signore! - Risuonò una voce metallica, proveniente da un cicalino.

Un enorme schermo spento si accese, rivelando una telecamera esterna.
Vi era un oggetto in avvicinamento, che stava schivando le cannonate della corazzata, già in assetto da battaglia, con una facilità impressionante.

- Sono le Special Forces? - Domandò.

- Negativo, signore. - Ripeté l'interfono. - Sembrerebbe una figura umana. Anzi, un automa. Dotato di Jetpack.

- Un Lin Kuei?

- Negativo, signore. Ma esso presenta caratteristiche totalmente differenti, ma che non trovano alcun riscontro nel nostro database.

- Non importa, anzi... - Diede un'occhiata al cyborg giallo. Soppesò per un attimo la situazione, poi espresse il suo giudizio.

- Cyrax, vecchio mio, ti si è appena presentata l'occasione di riscattare il tuo precedente fallimento...


Conosci il tuo fandom.




Cyrax, di Mortal Kombat. Finalmente esce fuori il nome del tanto temuto cyborg giallastro che tanto ha scheggiato sul guscio del Don.
Buono? Cattivo? Giusto? Giustificato?
Troppe domande e poche risposte, per ora. La sua storyline l'ho già raccontata nel capitolo, quindi evito di aggiungere altro.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2900723