How I Met Jeff The Killer

di MrsDead
(/viewuser.php?uid=762247)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Gli inizi ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Extra ***



Capitolo 1
*** Gli inizi ***


Tutto incominciò circa un mese fa. Avevo cominciato le superiori, nuovi amici, giornate di sole. Prendevo é prendo tutt'ora il treno per andare e tornare da scuola insieme alla mia amica Chiara chiacchieravamo e parlavamo del più e del meno prima che io scendessi alla mia fermata e lei scendesse a quella successiva. Tutto tranquillo insomma; le cose si fecero strane dopo due settimane di scuola. Quando il treno arrivò perché io salissi, prima che le porte si chiudessero vidi in lontananza un ragazzo, probabilmente sedicenne, girato di spalle: indossava una felpa bianca, con il cappuccio in testa, jeans neri leggermente strapparti e All Stars nere e bianche. Aveva le mani in tasca e sembrava che spuntasse qualche ciuffo di capelli nero. Aveva qualcosa di familiare, come se lo avessi già visto un milione di volte. Tutta la gente andò a sedersi e nel vagone rimanemmo solo io e Chiara; il pensiero ancora mi tormentava: chi poteva mai essere? Decisi di chiederle se anche lei lo avesse visto. "Di... Di cosa stai parlando, scusa?" mi rispose. Sembrava confusa, incerta. Probabilmente non lo aveva visto. Prima fermata. Le porte si aprirono e salirono poche persone che andarono a sedersi nei pochi posti rimasti; successivamente le porte si richiusero. "Quel ragazzo" le feci notare "Mi sembra di averlo già visto più di una volta". Lungo silenzio. Seconda fermata. Nessuno salì o scese. "Da come lo hai descritto" riprese Chiara "Mi viene in mente qualcuno...". Terza fermata. Scese un bel po' di gente: la prossima sarebbe stata la mia. "A dire io vero, mi ricordo pure il nome" mi disse. "Chi, dunque?" risposi con curiosità "Un nostro amico?". Lungo silenzio. A momenti sarebbe arrivata la mia fermata. "Ti ricordi dei Creepypasta?" mi disse. Come potevo scordarmene? Ci passavano le notti a spaventarci con quelle storie. Annuii. Poi mi venne in mente. "Vuoi dire che sia..." "...Jeff the Killer?" mi precedette Chiara. Ero stupita. "Non può essere lui" dissi "Non esistono i personaggi dei Creepypasta". Quarta fermata. Salutai la mia amica e scesi. "Creepypasta? Jeff the Killer? Improbabile" pensai come un'illusa. Mi dirigo verso scuola; come al solito, ci sono tanti studenti.  Le sbarre del treno si abbassano prima che io riesca a passare e mentre aspetto con fretta il passaggio del treno, ecco che lo vedo. Per la seconda volta. Dall'altra parte dei binari, vedo il ragazzo, questa volta rivolto verso di me: non riesco a scorgere il suo viso perché é coperto dai capelli neri e ha attorno alla bocca una sciarpa. I capelli mi ricordano... La pece. Sì! Come se fossero bruciati. Si alzarono le sbarre e attraversai, a testa china, senza guardare nessuno in faccia. All'improvviso, qualcuno mi passò di fianco e mi disse, raggelandomi il sangue:"Sorridi sempre". Mi girai di scatto, sempre camminando, ma non vidi nessuno. Arrivai a scuola, feci cinque ore di scuola, gli orari scolastici passarono bene. Quello che avvenne dopo no. Appena uscii da scuola, presi i miei auricolari e misi la canzone "Dino - Cranky": riusciva a ridurmi lo stress ogni volta che uscivo da scuola. Mi incamminai verso la stazione: non c'era nessuno, il volume era alto e se qualcuno camminava dietro di me non potevo sentirlo. Per un attimo mi sentì seguita e mi girai per un attimo: grosso errore. A circa cinque metri da me c'era di nuovo il ragazzo, con ancora addosso il cappuccio. Accelerai il passo e guardavo ogni tanto dietro di me. Era sempre lì, mi seguiva. Mi misi a correre e cominciò a correre pure lui! Per arrivare alla ferrovia dovevo percorrere dei binari morti, dove da vari anni non passava più nessun treno e per arrivarci dovevo superare uno scavalco. Mi facevano male le gambe. "Ci manca poco" mi ripetevo "Non mollare". Non guardavo più indietro, pensavo solo a sfuggirgli. Scavalcai, ricominciai a correre, il cuore batteva fortissimo, quasi non mi venia da piangere. Arrivai alla stazione. Mi guardai attorno ma non lo riuscivo più a vederlo: proprio in quel momento arrivo il treno. Grazie a Dio. Salii sul vagone e rimasi in piedi. Il cuore mi batteva ancora forte: chi poteva mai essere? Decisi di non dire a nessuno di ciò che mi é successo. Arrivai a casa, pranzai, feci i compiti, cenai e venne l'ora di andare a dormire. Feci un incubo. Era tutto nero e c’erano solo due figure, la mia e quella del ragazzo di oggi, pero’ senza cappuccio. Entrambi correvamo, io con le lacrime agli occhi e lui con un sorriso sinistro. Poi la scena si taglio’ e quella successiva fu peggiore: lui, con un coltello, mi accoltello’ allo stomaco, mi si avvicino’ all’ orecchio e mi sussurro’ "Non credere agli altri. Sono reale. Sono Jeff the Killer". Mi alzai di scatto. Era mattino. Sudavo, il cuore batteva a mille, mi tremavano le mani. Non c’era dubbio: Jeff the Killer era reale e mi stava inseguendo per uccidermi, da un momento all’ altro. Non credo sia stata una coincidenza quel sogno della notte precedente; così, appena salii sul treno con Chiara, decisi di raccontarglielo. "Dunque" mi disse "Sei sicura che sia lui?". Annuii. "Mai stata più sicura di così. Il mio timore é che venga a trovarmi". Avevo paura, mi ricominciarono a tremare le mani e a battermi forte il cuore. La mia amica notò la mia preoccupazione e mi consolò dicendomi che non sarebbe mai successo. Quando ad un tratto arrivai alla mia fermata e lo vidi. "C-Chiara" dissi con voce tremante "É-É lui". Era Jeff the Killer. Non indossava il cappuccio, aveva la sciarpa che gli copriva il naso e la bocca e i suoi occhi neri mi fissavano, parevano brillare: le mani erano sempre in tasca e proprio lì sapevo che teneva il coltello. Chiara mi guardò negli occhi e mi disse:"Corri. E non voltarti mai". Feci come mi disse: cominciai a correre, spintonai varie persone e scivolai per poter oltrepassare l'asta prima che arrivasse il treno. Non mi fermai; corsi, corsi, corsi, arrivai dall'edificio scolastico ed entrai. Per una volta, potevo dire che la scuola mi aveva salvato la vita. Tutto il resto della giornata passò bene, finché non arrivò la notte. Un altro incubo. Era tutto nero, come nell'altro sogno, tranne che c'ero soltanto io. Il silenzio venne interrotto da una risata, la quale mi raggelò il sangue. Davanti a me, si presentò con la sua magnificenza, il temibile Jeff the Killer. Mi ricordo ancora ogni piccolo particolare. Si avvicinava sempre di più a me, ma non riuscivo a reagire. Mi prese con la mano destra la guancia: era fredda, forse come il suo cuore. Successivamente, con l'altra, mi puntò il coltello alla gola. Mi svegliai di soprassalto ma qualcuno mi fermò. Jeff era sopra di me e con la mano fredda mi tappò la bocca e disse:"Dormi...". Era la fine, lo sapevo. Mi avrebbe ucciso. O almeno, quello che pensavo. Stava per estrarre il coltello quando gli scansai la mano dalla bocca e gli dissi, piano:"Fermo!". Perplesso, si spostò appena da me. Io continuai. "Possiamo risolvere questa situazione in un altro modo". Si sedette davanti a me. "Cioè? Al posto di ucciderti che dovrei fare?" disse con un tono alquanto irritato. "Intanto raccontami: perché uccidi persone a caso? E perché hai scelto proprio me?". Non lo avrei mai detto. Jeff the Killer che risparmia una persona. Me per giunta! Mi raccontò che lui non decideva basandosi sull'aspetto fisico o psicologico, ma neanche a scelta casuale: specificò che nella mente dello psicopatico tutto avviene con una connessione logica che solo lui può comprendere. Qualcosa attrae l'insano ad una persona come una falena alla luce. "Così attraente e così bello" mi diceva "Così afrodisiaco. Sembra quasi che nella testa risuoni la tua canzone preferita". Parlammo della sua mentalità da assassino per quasi mezz'ora; poi mi venne un dubbio. "Ma tu come hai fatto ad entrare qua dentro?". "La finestra era aperta","E mia mamma? Non le hai fatto niente vero?". "No, volevo passare solo da te". Sorrisi. Non so perché ma sorrisi. Jeff si alzò dal letto. "Aspetta" gli dissi "Dove vai?". Si fermò, poi girò la testa e disse:"Il mio lavoro non finisce qui. Continuerò ad uccidere. E forse ci rivedremo". Dopodiché, si diresse verso il salotto ed uscì dalla finestra. "Lo spero" pensai. Mi riaddormentai. Il sogno fu molto confuso. Stavo correndo, inseguita da tre figure nere e grandi. Arrivai ad un vicolo cieco, le figure risero ma un urlo squarciò le risate e un coltello colpì le tre figure umane, vaporizzandole: era Jeff. E questa volta mi salvò la vita. Mi svegliai, mi preparai e, quando salii sul treno, raccontai tutto a Chiara. "Non raccontarlo a nessuno" mi raccomandai "Sai, non vorrei che...". "Sì sì" mi disse cordialmente. Eravamo quasi alla mia fermata. "E non sai quando ritornerà ?" mi chiese prima che le porte si aprissero. Scossi la testa e la salutai. Mentre mi incamminavo verso scuola, scrutai l'area circostante per vedere se c'era ma non riuscii a vederlo; quel giorno la mia e altre due o tre classi uscivamo prima da scuola, finalmente! Per tutta la giornata non vidi Jeff e provai, all'intervallo ad uscire fuori dall'edificio per vedere se c'era ma invano. "Verrà quando verrà" pensai. La campanella finale suonò e tutti noi uscimmo correndo. Quando la folla di gente se ne andò, mi fermai un attimo a prendere gli auricolari dalla cartella quando si avvicinarono a me tre ragazzi probabilmente della quarta o quinta; erano alti e di buona corporatura, due dei quali portavano quei cappelli con la visiera. Non ci feci tanto caso ma uno di loro, quello senza cappello mi disse, in tono arrogante:"Okay, va bene. Fuori i soldi". Arrogante. Io odio la gente arrogante. "Come scusa?". Si avvicinò con il viso a me e disse:"Hai capito bene. I SOLDI". Avevo paura. Darglieli o negare? "Io non ce li ho". La mia voce tremava. Si capiva benissimo che mentivo e che avevo paura. A quel punto, il "capo" rise e mi tirò su per il collo. Non riuscivo a respirare. Mi cadde la cartella. "Allora?" chiese. Non riscrivo a respirare e anche se riuscivo, non gli rispondevo. "Benissimo" finì. Mi buttò a terra e gli altri due mi calciarono sullo stomaco con gli anfibi. Forte. Mi mancò il respiro e per un attimo pensai che il mio cuore si fosse fermato. Mi vennero giù delle lacrime per il dolore. Con un cenno della mano, l'arrogante fermò loro. "Domani ritorneremo" mi disse, chinandosi su di me "E, se non ce li hai...". Sorrise. Quel sorriso da maligno. Se fossi stata abbastanza forte, lo avrei ucciso con le mie stesse mani. Si alzò e se ne andò, portandosi dietro anche gli altri due. Ero rimasta sola. Rimasi qualche minuto distesa; mi contorcevo per il dolore, faceva male. Tanto male. Mi alzai, presi la cartella e mi incamminai verso la stazione. Appena arrivai a casa, raccontai cio’ che avvertirono immediatamente la scuola. Tramite la mia descrizione, i docenti riuscirono a identificare i ragazzi e presero provvedimenti. Quando fu l’ora di addormentarsi, l’ansia e la paura mi avvolsero, facendomi preoccupare ancora di piu’ pero cio’ che sarebbe successo la mattina dopo.  

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Jeff alzò bene il viso: i suoi occhi neri parevano brillare e i tagli ai lati della bocca furono più evidenti. Sorrise e disse:"E non é giusto che voi picchiate una ragazza. Pagatela!". Jeff corse contro ai teppisti, i quali spaventati corsero via. Mi aiutò a rialzarmi: ero in una pozza di sangue. Zoppicavo, mi faceva male tutte le costole, Il pollice sinistro era slogato. Il naso non cessava di sanguinare. Jeff prese una sciarpa e se la mise attorno alla bocca, poi indossò un paio di occhiali da sole per coprire gli occhi; infine infilò i coltelli nelle tasche della felpa. Così non veniva riconosciuto. Piano piano, arrivammo dentro la scuola e i bidelli chiamarono immediatamente un'ambulanza. Io salii ma Jeff rimase lì, non poteva salire. I medici mi dissero che avevo solo una slogatura al pollice sinistro e dei lividi, nulla di grave fortunatamente. Vennero contattati anche i miei genitori, che arrivarono subito. Non dissi loro che fu Jeff a salvarmi, ma piuttosto che un bidello era uscito e mi vide. Andai a casa, ormai si era fatto pomeriggio tardi. Mi affacciai alla finestra, pensierosa: perché Jeff mi aveva risparmiato quella notte? E perché mi ha salvato? Proprio in quel momento sentii: "Hey ciao".Osservai nel giardino, ma non c'era nessuno. "Quassù, Carli". Guardai attentamente sull'albero di fronte. Era Jeff. Scese dall'albero ed entrò nella mia camera dalla finestra; non c'era il pericolo che i miei genitori lo vedessero, erano fuori in quel momento. Ci sedemmo sul letto e passarono vari minuti, finché non mi feci avanti. "Te ne sono debitrice"gli dissi "Per ciò che hai fatto... Non posso credere che tu ti sia battuto contro loro". Mi sorrise. "Non potevo lasciare che quelli ti ammazzassero a calci e pugni" mi disse "Sono contento che te la sei cavata con poche ferite". Osservò la mia fasciatura alla mano. "Oh!" esclamai "Questa". La osservai anch'io. "Non posso credere che io me la sia cavata solo con questa slogatura e qualche lido. Se non ci fossi stato tu, io...". Ero pensierosa. Mi tolsi il dubbio. "Perché mi risparmiasti quella notte?" gli domandai "Perché non mi hai ucciso sul momento?". Si mise dritto sula schiena. "Ecco" disse dopo poco tempo "Vedendo il tuo coraggio e la tua forza di volontà che tu usasti per non farti uccidere... Mi impressionai. Non ho mai visto nessuna persona reagire mentre io cercavo di ucciderla. E per me, é una cosa... Strana. Capisci?".Annuii. "Poi" Continuò "tu hai qualcosa in più rispetto alle altre persone". Rimasi confusa. "Non saprei come spiegartelo. So solo che tu hai qualcosa che gli altri non hanno" Mi sorrise. Io ricambiai. Si alzò dal letto e stava per uscire dalla finestra, quando mi venne in mente un'idea stupida. Anzi, era geniale. Lo fermai e gli dissi:"Aspetta. Vediamoci più spesso. Non necessariamente a casa mia, ad esempio prima e dopo scuola, quando sono fuori... Quando vuoi tu". Lungo silenzio. Uno di quei silenzi interminabili, dei quali non si ricorda più l'inizio e non di sa' quando finirà. Ma la fine arrivò. "Certo" rispose "Cercherò di venirti a trovare ogni giorno". Dopodiché, uscì dalla finestra e, nello stesso istante, arrivarono i miei genitori. Quella fu la sera più bella della mia vita. Arrivò mia madre in camera. Io ero ancora affacciata alla finestra con un sorriso stampato in faccia. "Bene tesoro" mi disse con dolcezza, accarezzandomi i capelli "Adesso li abbiamo denunciati... Non posso credere che ti abbiamo fatto del male". Mi abbracciò. Come feci a non ricambiare quell'abbraccio, l'abbraccio di colei che ti ha dato la vita e che ti migliora sempre la giornata? Andai a cenare e appena finii, andai immediatamente a letto. I giorni successivi li passai grandiosamente, siccome vedevo Jeff ogni giorno: a volte prima di salire in treno e altre quando scendevo, altre quando ero a scuola, altre volte ancora prima di dormire; insomma, molto spesso. Ci salutavamo, solo con un cenno della mano, lui sempre con la sciarpa e gli occhiali da sole e io sempre con un sorriso sulla faccia. Nel frattempo il medico mi tolse la fasciatura. "Bellissimo!" direte voi "Starai benissimo!". Vi sbagliate. Un giorno andai a scuola, ma non riuscii a vedere Jeff. Guardai alla stazione e a scuola, ma niente. Non riuscivo a trovarlo. Feci finta di niente e le cinque ore passarono molto in fretta; eppure qualcosa non mi rassicurava, senza Jeff mi sentivo... Come dire... Senza protezioni? Mi incamminai per la solita strada, verso la ferrovia ma qualcosa mi impedì di agire, mi fece cadere la cartella e mi prese le braccia da dietro la schiena. Ero bloccata e quando una figura si piazzò davanti a me capii tutto. "Ci hai pure denunciati..." disse il capo dei bulli "Non posso credere che tu sia arrivata fino a questo punto". Quell'arrogante. L'avrei picchiato a sangue se fossi stata un maschio. Lo fissavo negli occhi. Non volevo mollare. "Non eravate in tre?" dissi, senza distogliere lo sguardo. Gli partì una risata, poi riprese. "Se n'è andato. Per colpa tua. Stando ai fatti..." e lì ebbi paura. Non come la scorsa volta: questa volta paura di morire. Tirò fuori un coltello a serramanico. I miei occhi si riempirono di paura. Il cuore si fermò e cominciai a sudare freddo. "Oggi che il tuo amico non c'è" mi disse con odio "abbiamo il tempo per sistemarti per bene>". Cercai di muovermi per liberarmi. Era inutile: era troppo forte."E tu" si riferì al suo amico "Tienila bene stretta. Se si dimena, stringi più forte". Avevo paura. Sudavo. Ansimavo. Tachicardia. Impazzii. Tutto in una volta sola. "Morirò" pensavo mentre mi dimenavo. Più cercavo di liberarmi e più lui mi teneva. Non sapevo che fare. Tranne una cosa: non avevano calcolato che oggi IO indossavo gli anfibi. Quando il capo di abbastanza vicino, gli tirai un calcio direttamente nello stomaco. Vacillò, ma non cadde; feci il più in fretta possibile per poter tirare un calcio anche a quello dietro: direttamente nelle palle. Mi mollò e cominciò a contorcersi per il dolore, cadendo. Cercai di scappare ma il capo mi precedette: mi tirò un calcio alla gamba tale da spaccarmela. Sentii il rumore dell'osso rompersi, come se fosse stato vicino al mio orecchio. Caddi a terra. Piangevo. Mi tenevo la gamba per il dolore. Le lacrime mi rigavano il viso. Era davvero la fine, pensavo. Non ce la potevo fare, pensavo. Il capo cominciò ad avvicinarsi e la tachicardia aumentò tale che il cuore sembrava scoppiare. Cercai di strisciare per fuggire ma era inutile, perdevo le forze, ogni mia speranza pareva svanire. Credetti che quella potesse essere la mia fine. Ma niente é perduto. Qualcuno cadde dall'albero proprio sopra al teppista; cercò di schivarlo ma fu invano: venne colpito al braccio, un lungo taglio venne inciso nel suo braccio. Inquadrai colui che mi salvò. "Se vuoi prendertela con qualcuno" disse Jeff, provocandolo "battiti con me. Maschio contro maschio". Era davvero coraggioso. Mise il coltello il coltello ancora insanguinato in tasta e lo lasciò un po' in vista. Non indossava né la sciarpa, né gli occhiali: i suoi occhi lucidi erano di un nero quasi brillante, simili ai capelli. "Va bene" disse dopo lungo silenzio il capo, mentre metteva il serramanico nella tasca dei pantaloni. "Senza coltelli, come hai visto" aggiunse Jeff "Corpo a corpo". L'avversario sogghignò e, immediatamente si precipitò contro il Killer il quale però riuscì a schivarlo. Ma qualcosa lo colse di sprovvista: il nemico riuscì a prendere il coltello dalla tasca di Jeff. Non sembrava sorpreso però: anzi, lo guardava, quasi volendolo fare apposta. "Ah!" Esclamò il bullo "Ora io ho il tuo coltello! Come farai a batterm...". La sua voce venne interrotta da delle sirene della polizia. Jeff rise. "Sapevo che tu saresti stato scorretto" disse sorridendo "Così, prima di battermi con te, chiamai dei rinforzi...". Le sirene si fecero più vicine. "E' finita!" esclamò Jeff "Hai perso!>>. Il bullo si guardò attorno e, nel frattempo, Jeff si dileguò, correndo per non farsi prendere. "No, no, no, no..." ripeté il farabutto "Non può essere!" Arrivarono i poliziotti. "Ha un'arma!" urlò un agente. Tirarono fuori le pistole e gliele puntarono contro. "Getta a terra quell'arma e metti le mani sopra la testa!" gli gridarono. Fece ciò che gli era stato detto e gli misero le manette. Uno di loro mi aiutò a salire in macchina e mi portò all'ospedale; i miei genitori vennero avvertiti subito dopo. Me la cavai con qualche vite e piastra metallica. Non ricordo quando tornai a casa, però appena arrivai, mi chiusi in camera mia e vidi Jeff seduto sull'albero. "Non sai quanto ti sia debitrice" gli dissi. Mi sorrise e gli feci cenno di entrare. Mi sentivo protetta con lui, come se fosse stato il mio angelo custode. Istintivamente, lo abbracciai.Successe per caso, quasi perché ne avessi bisogno. "Oh" dissi staccandomi "Scusa". "Niente" rispose lui, con un cenno di sorriso. Ci rivedremmo per vari giorni e in quelli decidemmo di fare varie cose, tra qui aprire una pagina Instagram insieme. Dopo, ragazzi, il resto lo sapete. Avete letto, capitolo dopo capitolo, la storia di come io e Jeff the Killer ci siamo conosciuti. Tante avventure ci hanno fatto da strada e ci hanno aiutato ad avere un legame sempre più forte. Ma quello che voi non sapete é quello che verrà dopo; questo non lo so nemmeno io, ma so per certo che un giorno vi racconterò tutto, momento per momento, come ho fatto con questa storia. E con queste poche parole, vi auguro di dormire bene stanotte. Go to sleep tonight. LA FF E' FINITA SPERO VI SIA PIACIUTA, FARO' UN EXTRA PICCOLO PICCOLO SUL PUNTO DI VISTA DI JEFF. AH E VORREI PRECISARE CHE NEL CAPITOLO PRECEDENTE QUANDO HO DETTO CHE LA SCIARPA GLI COPRIVA IL NASO, INTENDEVO DOVE DOVREBBE ESSERCI IL NASO DATO CHE JEFF NON LO HA. BENE DETTO QUESTO AL PROSSIMO MINI CAPITOLO

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Extra ***


Il Killer più spietato che si conosca che risparmia una sua vittima? Assurdo, penserete voi; ma poco tempo fa é capitato a me, colui che uccide senza pensare, con uno scopo preciso: il famigerato Jeff the Killer. Quando vidi Carli per la prima volta pensai che fosse la preda che tutti i predatori vorrebbero; la seguivo sempre e guardavo ogni sua mossa. Sarebbe diventata ben presto mia, le mie mani insanguinate strette al suo collo. Qualcosa mi attirava a lei: non per il suo aspetta fisico, che non guardo di certo, ma qualcosa mi portava ad ucciderla come se lei fosse una lanterna e io una falena. Impazzivo al solo pensiero del mio coltello che piano piano dipingeva il sorriso sulle sue guance. Quando arrivò la sera del giudizio, ero elettrizzato, quasi come un bambino i giorno del suo compleanno. Non appena si svegliò, le tappai la bocca e preparai il coltello. Sentivo già il calore del sangue sulle mie mani quando lei mi fermò. La prima ed unica persona che ha reagito a me, che ha cercato di fermarmi! E per la prima volta riuscii a risparmiare qualcuno; in quel momento, lei fu così coraggiosa che mi venne da battere forte il cuore. Non succedeva da anni! Decisi di lasciarla vivere: dopotutto era anche simpatica. Quando vidi che quella ragazza era stata picchiata da quei tre ragazzi, la prima volta non intervenni, però provavo odio verso loro. Anzi, vendetta. Volevo vendicarmi. E riuscii alla seconda volta, minacciandoli. Ma lì, fui confuso: perché la salvai, invece di lasciarla indifesa? La mia mente si riempiva di dubbi, ero confuso. Ma venni accecato dalla rabbia quando il bastardo passò alle maniere forti: la caduta dall'albero, il coltello rubato, l'intervento della polizia, tutto calcolato. Lì mi sentii, quasi come un eroe e non potevo vedere di meglio che il suo sorriso di gratitudine. Al solo vederla, mi veniva a mancare il respiro, il cuore batteva irregolarmente, a scatti. Tutto cambiò in me dal primo momento in cui la vidi. Non la ringrazierò mai abbastanza per ciò che ha fatto. E per ringraziarla, decisi di proteggerla sempre, come se fossi il suo angelo custode. ED ECCO CAPITOLO EXTRA RAGAZZI! SPERO CHE QUESTA FF VI SIA PIACIUTA! ALLA PROSSIMA!

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2895813