Grandi Antichi

di DirceMichelaRivetti
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La missione ***
Capitolo 2: *** Il pannello ***
Capitolo 3: *** Dialoghi ***
Capitolo 4: *** In auto ***
Capitolo 5: *** Il richiamo di ... ***
Capitolo 6: *** FitzSimmons parte I ***
Capitolo 7: *** Pensieri ***
Capitolo 8: *** Kadosh chi? ***
Capitolo 9: *** FitzSimmons parte II ***
Capitolo 10: *** La Bottiglia ***
Capitolo 11: *** magia ***
Capitolo 12: *** Il Barone Raimondo Franchetti e i suoi amici. ***
Capitolo 13: *** Sul treno ***
Capitolo 14: *** Casa Kadosh ***
Capitolo 15: *** Fine di una missione ***
Capitolo 16: *** Transito ***
Capitolo 17: *** capitolo ***



Capitolo 1
*** La missione ***


Lo Harleemmertrekvvart scorre placido, non dà segni di increspature, sembra tranquillo. Da qui riesco a vedere il mulino De Adriaan: alto, nero, affilato, elegante … proprio come me.

Buffo lo sviluppo!

Un tempo si usava la corrente dell’acqua e la forza del vento per far ruotare eliche e macine ed essere di grande aiuto per l’uomo; poi è arrivata l’energia a vapore, seguita da quella elettrica, infine l’atomica … e adesso? Adesso si ritorna al passato, con le pale eoliche, le centrali idroelettriche … beh, sì, ora c’è anche la geotermica e il biogas. Senza contare, poi, il reattore ARC di Stark, ma quello è ancora in fase di studio.

E così i mulini, che sembravano ormai relegati al ruolo di soprammobili giganti, di attrazione per turisti e per nutrimento di poetici nostalgici, ecco che ritornano di moda, al centro dell’attenzione degli scienziati che vedono in essi un futuro.

I mulini hanno qualcosa di poetico, evidentemente, anche Cervantes li trovava affascinanti, tanto che li ha inseriti nel suo Don Chisciotte … Pover’uomo: mi ha sempre ispirato ammirazione e compassione!

Lui credeva nella cavalleria, in ideali che, ai suoi tempi, erano già morti, sepolti e decomposti! Il mondo era corrotto, malvagio, ognuno pensava esclusivamente ai propri affari e al profitto, ma lui non era d’accordo. Buono, coraggioso e determinato tanto da parere pazzo!

Già, decise che non poteva lasciare il mondo all’oscurità, decise di combatterla, di proteggere il bene e venne definito folle da tutti i suoi amici e dalla società. Era un eroe in un tempo in cui il valore era scambiato per stupidità.

Difendere i deboli, riparare i torti: ecco quali erano i suoi intenti.

Risate, scherno e disprezzo: ecco come venne ricompensato.

Ridevano del suo combattere mulini a vento, burattini, pecore, ma chissà che non avesse ragione lui! Dicevano che lui era il pazzo e vedeva fantasia, anziché la realtà e, invece, magari erano tutti loro vittime di illusioni e lui l’unico a conoscere la verità.

Verità! Che parola, tutti la vogliono conoscere e non c’è uomo che non abbia sofferto per essa.

Ci sono verità che è bene siano tenute nascoste e che si mostrino delle illusioni alla gente, poiché conoscenza e responsabilità sono compagne e ogni uomo deve sapere solo ciò che può gestire.

Don Chisciotte era forse l’unico ad aver svelato la verità dietro a quei mulini e aveva tentato di fare da scudo, a persone ignare che non volevano essere protette.

In fondo, a noi è successo qualcosa di simile, combattevamo per il bene, ma siamo rimasti nell’ombra per molto tempo, consapevoli che il mondo non era pronto per conoscerci. Poi siamo stati costretti a venire allo scoperto e questo ha suscitato clamore, apprensione nella popolazione mondiale. Infine, a peggiorare la situazione, a confondere le idee ai civili, sono rispuntate le teste dell’HYDRA.

Cieco sono stato! Forse presuntuoso … nel mio desiderio di difendere il mondo, ho voluto espandere il più possibile la mia organizzazione, lo S.H.I.E.L.D., mi ero illuso di essermi circondato solo di brave e oneste persone, volenterose quanto me di eseguire il proprio dovere per salvaguardare il bene, ma mi sbagliavo. Sì, molti degli agenti erano giusti e generosi e la maggior parte di loro è stata uccisa per colpa del marcio che si annidava in noi e che io non ho saputo vedere …

DANNATO SIA IL SERPENTE CHE SI AGGIRAVA NEL MIO EDEN!!!!!

Ci ha distrutti! Anche se siamo riusciti a sventare l’eccidio programmato, all’ultimo, grazie al Capitano Rogers, l’HYDRA è riuscita ugualmente ad annientarci: ha ucciso molti dei nostri, si è appropriata delle nostre risorse (materiali e umane) e ora sta cercando di metterci il mondo intero contro!

Nell’ultima settimana, mi sono svegliato un paio di volte, nel cuore della notte, con la sensazione angosciante di essere stretto tra mille fuochi, di essere soffocato … Sì, io potrei cavarmela senza difficoltà, ritirarmi da qualche parte e vivere una vita tranquilla, senza problemi … ma che vita sarebbe?

Io a vivere in una cittadina qui in Europa o in America o chessò io, svegliarmi al mattino alle otto, andare al Caffè vicino casa, fare colazione leggendo il giornale e poi giocare a carte e a bocce? Stringere un fucile solo la domenica per andare a caccia? Aggirarmi nei boschi a raccogliere funghi? Seguire le indagini di poliziotti di quartiere trasmesse in tv? No, non è vita, per me, questa. Anche pure potendo avere una vita che molti definirebbero movimentata, con viaggi in posti esotici, scalate di monti o altro, non sarei felice, non mi sentirei vivo.

Queste, per me, sono vacanze, il rilassarsi per ricaricare le energie per poi rituffarsi a tenere dietro al mondo. Io non posso vivere una vita per me stesso, mi sembrerebbe sprecata e mi sentirei un egoista. Ho bisogno di rendermi utile, ho bisogno di proteggere le persone, ho bisogno di essere parte di un progetto più grande …

E lo ero! Fino a pochi mesi fa dirigevo lo S.H.I.E.L.D., una responsabilità enorme, ma gratificante, ma ora l’HYDRA me l’ha portato via.

Certo, potrei tenere le fila dei superstiti e ricostruirlo, ma ho preferito affidare questa responsabilità a Phil Coulson, uno dei pochissimi uomini in cui ripongo piena fiducia. Sta facendo un buon lavoro, adesso sta cercando anche di riabilitare lo S.H.I.E.L.D. agli occhi del mondo. Non so come lo abbia realmente cambiato l’essere tornato in vita, ma sono certo che il farmaco GH gli abbia donato potenzialità eccezionali. Sono sicuro che se la caverà al meglio.

Preferisco che sia lui a dare nuova linfa all’organizzazione e, in ogni caso, io sarei dovuto sparire a breve. È un miracolo che ancora nessuno si sia domandato come faccia, io, ad essere uno dei membri fondatori dello S.H.I.E.L.D. e a non dimostrare nemmeno cinquant’anni.

Non so che farò nel futuro, ma so cosa farò adesso: combattere l’HYDRA.

Starò all’ombra dell’ombra, mi occuperò di questioni delicate o estremamente pericolose, dove ci sarà maggior rischio, potrò fare affidamento sugli agenti Barton e Romanoff … e comunque non ho intenzione di non vedere mai più Coulson: ho intenzione di avvalermi di lui e della nuova organizzazione, se sarà necessario, e aiutarli, ovviamente.

Collaborazione, ecco la parola più giusta.

 

“Direttore! È un piacere rivederla vivo!”

Salutò così l’agente Clint Barton, distogliendo Nick Fury dai propri pensieri.

I due uomini si trovavano in una caffetteria ad Haarlem, Olanda. Barton appoggiò al muro la custodia di un contrabbasso che aveva con sé e si sedette al tavolo, di fronte al’ex direttore e l’osservò: vederlo vestito casual, con una felpa e un giubbotto, gli faceva una certa impressione, non era abituato. La capacità di adattamento, tuttavia, era una qualità fondamentale nello S.H.I.E.L.D. e quindi cacciò immediatamente via lo stupore e si comportò con naturalezza.

“Non mi aspettavo di essere contattato da te.” disse Barton, dopo qualche istante di silenzio.

“Non eri obbligato a venire.” replicò Fury, poi si voltò verso il bancone e fece cenno a un cameriere di venire a prendere gli ordini.

“Non mi fraintendere.” rispose subito Clint “Sono felicissimo che lei sia vivo e che abbia deciso di rivolgersi a me … semplicemente non me lo aspettavo, ecco tutto.”

Arrivò il cameriere e i due uomini ordinarono un paio di birre; poi il giovane proseguì: “Natasha mi aveva detto che volevi sparire, che avevi consigliato a tutti di farsi una vita normale e quindi … Ma sono contento che non sia così. Sono un arciere, sono un guerriero, che cos’altro potrei fare? Diventare un mercenario? Entrare nell’esercito? No, mai! Non mi fido di loro. Avrei potuto provare ad affiancare Stark, ma il suo carattere mi rende impensabile una collaborazione con lui!”

“Che hai fatto, allora, in questi mesi?”

“Nulla. Nulla che valga la pena di raccontare, almeno. Sono stato un po’ on the road con Natasha, poi lei è voluta andare a Parigi per iscriversi ad un’accademia d’arte: è sempre stata una delle sue passioni e, quindi, ha deciso di dedicarcisi per un po’, finché non avrà le idee più chiare … Sono sicuro che se lei, direttore, la richiamaste in servizio, lei accetterebbe.”

“Lo so. Sono stato a Parigi, mentre venivo in qua. L’ho incontrata e mi ha dato disponibilità per qualsiasi missione.”

“Allora, perché non è qua?”

“Bastiamo io e te, per questa missione. Non ci saranno molti nemici e inoltre il mio sommergibile ha posto solo per due persone.”

“Il suo sommergibile?” si meravigliò Barton.

“Sì. Il canale Harleemmertrekvvart collega direttamente questa città ad Amsterdam fin dal XVII secolo ed è lì che dobbiamo andare.”

“Il nostro obbiettivo è ad Amsterdam, dunque. Mi dica quel che devo fare, signore, e non la deluderò.”

“La questione è presto detta: uno 0-8-4 sottratto assieme ad altre cose alla Ghiacciaia è ora custodito in una base secondaria dell’HYDRA. Noi vogliamo recuperarlo.” Fury aveva il suo solito tono tranquillo e rilassato.

“Base secondaria?” chiese, perplesso, Clint.

“Forse anche terziaria, diciamo che è più che altro l’abitazione di un membro dell’HYDRA che funge da base di passaggio, ristoro o recupero per gli altri, oppure come punto di ritrovo per riunioni. Per questo dico che in due basteremo.”

“Non so quale sia il piano, ma probabilmente Natasha potrebbe infiltrarsi facilmente.”

“No, niente copertura, niente perdite di tempo: arriviamo, entriamo, ci sbarazziamo di chi ci sarà tra i piedi, prendiamo lo 0-8-4 e poi torniamo indietro. Chiaro?”

“Sì, mi piace: efficace e diretto.” sogghignò Barton “Di cosa si tratta, però, questo oggetto? Un’arma?”

“No, è questo lo strano. Dalla Ghiacciaia, i membri dell’HYDRA hanno recuperato oggetti molto pericolosi: il bastone del berserk, una sorta di cannone energetico recuperato in Perù, il gravitonio e molto altro ancora. L’oggetto in questione, però, non è mai stato classificato come un’arma: si tratta di un pannello metallico con delle incisioni: un’immagine abbastanza chiara da un lato e simboli strani dall’altro.”

“Non sembra nulla di pericoloso, perché lo avranno preso?”

“È quello che voglio scoprire.” Nick bevve un lungo sorso di birra, poi spiegò: “Sappiamo che è connesso all’HYDRA, infatti è tra gli oggetti sequestrati nel ’45 dalla Riserva Scientifica Strategica e i disegni rimandano espressamente al simbolo dell’organizzazione.”

“Potrebbero averlo preso per sentimentalismo.” ipotizzò Clint “Un qualcosa di importante per la loro storia, per la loro memoria e niente più.”

“Può essere, ma stai dimenticando che è si tratta di uno 0-8-4.”

“Giusto. Che cosa vi ha spinti a ritenerlo un oggetto dall’origine sconosciuta?”

“Il fatto che sia di un metallo simile all’oro, ma con tendenze verdastre e che non è stato possibile identificare con alcun minerale o metallo esistente sulla Terra.”

“Capisco meglio anche se, chissà, magari potrebbero averlo ricavato dai resti di un asteroide.”

“Sai che non escludo mai nessuna ipotesi e, proprio per questo, preferisco recuperarlo e capire perché sia così importante per loro. Può essere solo un cimelio, sì, ma se fosse un’arma o se nascondesse qualche segreto (non dimenticare il lato con simboli indecifrabili) allora potremmo doverci pentire amaramente di non averglielo preso.”

“D’accordo, sono con te.” sorrise Clint, felice di tornare in azione “Quando si parte?”

“Appena finita la birra. Hai il tuo arco?”

Barton sorrise, fece lievemente sì col capo e poi, sempre con la testa, accennò leggermente alla custodia da contrabbasso che aveva portato con sé e che ora era appoggiata alla parete.

“Molto bene, allora bevi e partiamo.”

“Perfetto. Dove hai parcheggiato?”

Fury ghignò e si limitò a rispondere: “Te l’ho detto: andiamo in sottomarino.”

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Capitolo 2
*** Il pannello ***


Rapporto B-539/F

 

AGENTE STENSORE:   Clint Barton (agente di livello 8)

AGENTI COINVOLTI: Nicholas J Fury (agente di livello 10), Clint Barton

DATA MISSIONE: 11-10-2014

DATA STESURA RAPPORTO; 11-11-2014

LUOGO MISSIONE: Periferia di Amsterdam

SCOPO MISSIONE: Recupero di uno 0-8-4

ESITO: Positivo

 

RAPPORTO:

Giunti nei pressi dell’obbiettivo alle ore 20-17; abbiamo la conferma che l’edificio (da qui in poi nominato come “villa”)  in cui è custodito lo 0-8-4  si trova affacciato su un lago artificiale, collegato alla rete di canali pubblica. Raggiungiamo facilmente il posto a bordo del sommergibile biposto ZTH-11. Una prima osservazione tramite periscopio ci rivela che non vi sono sentinelle o persone all’esterno della villa. Optiamo, per tanto, per posteggiare il sommergibile a bordo lago, in un punto cieco per chi si trova nella villa. Emergiamo. Io e l’ex Direttore Fury usciamo dal veicolo equipaggiati come segue.

Ex Direttore Nicholas J Fury: 2  pistole semiautomatiche “Beretta 96 A1”, 2 pistole automatiche “Beretta 93R”, 3 granate miniaturizzate, 3 bombe elettriche F-14-A, telecomando a lunga distanza del sommergibile. Occhiali Oscurovisione e visione ad infrarossi e termica. Tuta in kevlar. Pistola rampino per scalare.

Agente Clint Barton: Arco personalizzato, 10 frecce esplosive, 10 frecce elettriche, 50 frecce rinforzate STRAL25K. Tuta in kevlar. Pistola rampino per scalare.

Avanziamo fino alla cancellata che perimetra il confine del cortile della villa. Si tratta di un cancello in ferro normale, non ha sistemi di sicurezza, ciò conferma che non siamo di fronte ad una vera base dell’HYDRA ma ad un semplice punto di ritrovo per lo svago e il relax.

Scavalchiamo la recinzione e rapidamente raggiungiamo l’edificio. L’ex Direttore Fury utilizza gli occhiali per individuare dove si trovi lo 0-8-4  (secondo piano) e quale sia la più vicina stanza dove non ci siano persone all’interno. Conteggia circa una quindicina di persone dentro la casa, ma non è possibile stabilire quanti siano agenti dell’HYDRA e quanti personale di servizio. Ci dirigiamo verso il punto d’accesso migliore individuato. Lungo il tragitto incrociamo due vigilanti; ho scoccato due frecce in rapida sequenza, trapassando le loro gole, prima che possano comunicare alcunché tramite le loro radioline. Arrivati sotto la terrazza scelto, utilizzando le pistole rampino, saliamo al piano di sopra. Mentre richiamiamo i rampini, un uomo apre e varca la porta che collega l’interno della villa con la terrazza. L’ex Direttore Fury lo ha steso con un colpo di “Beretta 96 A1” con silenziatore. Entriamo, velocemente ci dirigiamo alla stanza che contiene lo 0-8-4, non incontriamo nessuno sul nostro cammino e non ci sono persone neppure dentro la sala. Apriamo la porta (non era chiusa a chiave) e osserviamo che la stanza assomiglia ha una cappella, non per le sue forme, ma per l’arredamento: file di scranni in legno rivolti verso un altare (le dimensioni e il marmo di cui è fatto ci fanno pensare ad un altare, ma non escludiamo possa trattarsi di una cattedra) su cui è esposto, appoggiato su un leggio di legno semplice, lo 0-8-4 che cerchiamo. Non vi è altro arredamento o soprammobile. Prendiamo l’oggetto. Ci interroghiamo circa se sia preferibile ritornare al sommergibile in maniera discreta, oppure dopo aver ucciso qualche membro dell’HYDRA; valutiamo anche l’ipotesi di sequestrare uno di loro per ottenere informazioni circa lo 0-8-4. Optiamo per la prima soluzione. Ci dirigiamo verso una scala di servizio, ma avvertiamo un vociare per la villa e intuiamo che i suoi abitanti abbiano trovato un qualche cadavere e dunque scoperto la presenza di intrusi. Ci affrettiamo a scendere, ma a metà della scalinata ci imbattiamo in tre uomini armati, ne segue un breve scontro a fuoco (e frecce) da cui usciamo illesi e vincitori, tuttavia il rumore degli spari dei nostri avversari richiamano l’attenzione degli altri. Noi corriamo verso l’uscita principale che dà sul lago: l’ex Direttore Fury utilizza il telecomando del sommergibile per avvicinarlo alla villa, io lo copro, tenendo sempre incoccata una freccia. Non troviamo altri nemici sulla strada, usciamo dall’edificio ma, una volta in cortile, iniziano a spararci contro con mitragliatrici nascoste. Io ne individuo tre e le neutralizzo tramite le frecce esplosive. Il sommergibile è in posizione ideale. L’ex Direttore Fury, tramite il telecomando, riesce a fornirci un fuoco di copertura grazie agli armamenti del veicolo e noi riusciamo ad imbarcarci. L’immersione rapida e i motori a propulsione ci portano presto fuori portata dal fuoco nemico.

DESCRIZIONE OGGETTO:

     Aspetto: Pannello metallico rettangolare: altezza 40 cm; larghezza 60 cm, profondità 4 cm.

     Materiale: Sconosciuto.

     Colore: Ottone verdognolo.

     Particolarità: Molto freddo e leggero, il materiale deve avere un piccolo peso specifico.

      Fronte: Incisione a bassorilievo, nel registro inferiore sono raffigurate persone comuni (forse adoratori); nel registro medio vi sono due

                figure: un uomo barbuto col corpo di pesce dalla vita in giù e una figura femminile priva di testa e collo, sostituiti da cinque serpenti

             (quello centrale ha un viso umano, gli altri da rettile); nel registro superiore c’è il simbolo dell’HYDRA.

     Retro: disegno geometrico, composto da linee, cerchi, esagoni oblunghi etc. Impossibile l’interpretazione al momento.

INFORMAZIONI: Nessuna pervenuta circa origine, funzione od altro. Si conosce solo l’ubicazione degli ultimi 70 anni.

NOTE/OSSERVAZIONI: Nessuna.

 

Occhi di Falco finì di compilare il modulo del rapporto circa la missione appena conclusa. Si domandava perché lo stesse facendo. Avrebbe dovuto mandarlo a Coulson, ora che era lui a gestire lo S.H.I.E.L.D.? Ma lui ne faceva ancora parte? O semplicemente lavorava per Fury? Bah, in ogni caso era sempre bene scrivere un rapporto su ogni missione: le informazioni sarebbero state utili a qualcuno, prima o poi.

Intanto, lui era rimasto solo nella sua camera di albergo ad Haarlem, mentre Fury era ripartito, chissà per dove, con il pannello. Che avrebbe dovuto fare, ora? Aspettare nuovi ingaggi, certo, ma nel frattempo? Detestava l’ozio! Forse si sarebbe procurato una Harley Davidson e sarebbe andato a Parigi a trovare Natasha, ma senza prendere l’autostrada, ma passando per strade secondarie, attraversando i paesini e godendosi un po’ di panorama. Mah, avrebbe deciso il giorno dopo.

 

Coulson stava rientrando alla base assieme a Triplett e Skye. Erano stati ad ispezionare il veicolo su cui era trasportato Ward e da cui il prigioniero era riuscito facilmente ad evadere. Avevano voluto collaborare con l’esercito a quell’indagine sia perché volevano dimostrare la loro buona disposizione verso il governo, sia perché essi stessi ritenevano un grave pericolo Ward a piede libero. Possibile che un uomo, solo, ammanettato, potesse fuggire così facilmente a una dozzina di soldati dell’esercito? Beh, sì, in fondo era un membro dell’HYDRA e un ex agente dello S.H.I.E.L.D., inoltre non li aveva affrontati contemporaneamente. Era riuscito ad uccidere tutti quanti i soldati che lo sorvegliavano e aveva abbandonato il veicolo. Il che escludeva che qualcuno dei militari fosse suo complice e, inoltre, faceva presumere che Ward avesse un qualche mezzo di trasporto a propria disposizione lì vicino. Un veicolo che doveva essere lì appositamente per lui, dal momento che non erano stati segnalati furti nella zona. Che in realtà non si fosse ancora allontanato dal luogo e che si nascondesse in attesa che le acque si fossero calmate? Mah, di certo né l’esercito, né i cani da ricerca, né gli agenti di Coulson erano riusciti a trovarlo.

Coulson aveva temuto una fuga e, per questo, aveva incaricato Fitz e Mack di creare un minuscolo tracciatore che aveva attaccato ai vestiti del prigioniero il quale, però, se ne era liberato prima di fuggire.

Un uomo solo era riuscito a mettere tutti nel sacco. Chissà, magari c’era una base HYDRA lì vicino e lui lo sapeva. Dopo la sua cattura, isolato nei sotterranei, il suo orologio biologico aveva funzionato alla perfezione: indipendentemente da quando andasse a dormire, alle 05-20 si svegliava ed esattamente dopo dieci minuti faceva i suoi esercizi e così molte altre cose. Perché dunque escludere che, nonostante tutte le precauzioni, lui sapesse esattamente dove si trovasse e a che punto del tragitto fuggire?

Skye aveva controllato il computer di bordo e ogni cellulare o trasmittente dei soldati: non mancava nulla, ma nessuna di esse aveva avuto comunicazioni fuori dall’ordinario; l’hacker non trovò nulla da decriptare: Ward non aveva parlato con nessuno.

Ciò che preoccupava maggiormente Coulson era il fatto che non sapeva come il senatore Christian Ward avrebbe reagito: avrebbe mantenuto la promessa di combattere l'HYDRA e non lo S.H.I.E.L.D.? Oppure sarebbe tornato sui propri passi? Ormai il suo discorso in loro difesa lo aveva fatto...si sarebbe attenuto alla linea appena stabilita, anche senza poter processare il fratellino?

I pensieri di Skye erano ben diversi. Certo, le preoccupazioni generali erano le medesime, ma la domanda che l'assillava più di ogni altra era: Ward sarebbe andato da suo padre?

Aveva parlato tanto di lui, negli ultimi tempi... Chissà, forse davvero sapeva dove trovarlo e lo avrebbe raggiunto. Era così strano Ward, quando le parlava di suo padre; il suo tono era esaltato, estasiato ...perché? Forse perché era un assassino, un mostro come lui; già, Ward aveva tanto idolatrato Garrett, perché stupirsi se ora aveva trovato il suo nuovo leader in un alieno crudele e folle?

Ma era davvero così, suo padre? Skye aveva fatto delle ricerche sui due uomini trovati morti nell'appartamento appena abbandonato, e aveva scoperto che si trattava di due criminali, quindi forse lui aveva dovuto difendersi. Skye sperava tanto che quella fosse la verità e che suo padre non fosse un mostro.

La squadra era appena rientrata alla base, quasi non fecero in tempo a scendere che May andò in contro a Coulson e gli disse che doveva parlargli con urgenza e in privato. Rimasti soli, però, si limitò a dire: “Hai visite nel tuo ufficio, vai subito!”

Visite?! Si stupì Coulson, chi poteva trovare la loro base? Il Senatore? Il Generale Talbot? Impossibile. Coulson andò nel proprio ufficio molto incuriosito e solo un poco preoccupato, in fondo aveva visto che May era tranquilla.

Entrato nell’ufficio, non poté celare, almeno per un istante, lo stupore nel trovarsi davanti Nick Fury, seduto su una poltroncina, con in mano un bicchiere di liquore.

“Signore …!” salutò Coulson, andando poi a sedersi vicino all’uomo.

“Phil, non essere formale.”

“Sono sorpreso di trovarla qui: se mi avesse avvisato …”

“Avresti rinunciato alla missione per accogliermi personalmente?” lo interruppe Fury “Non credo. Spero bene che le tue priorità siano altre.”

“Certamente, signore, però le avrei fatto trovare qualcosa, preparare una stanza.”

“Per quello c’è tempo e, comunque, May ha provveduto a prepararmi una branda.”

“Una branda, signore?”

“Sì, non mi trattengo a lungo. Ripeto, non ti crucciare per l’accoglienza, sono una spia, non un diplomatico. Ho trovato il mio cognac preferito e, quindi, sto bene così. Cognac Luis XIII Remy Martin … vale tutti i soldi che costa. Spendi così i pochi fondi dello S.H.I.E.L.D.?” chiese scherzando Fury.

“No, signore, ne ho giusto una bottiglia per lei, per quando viene a farmi visita.”

“Bravo Coulson! Allora, come vanno le cose?”

“Bene, bene … molto impegnative …”

“Lo so, è difficile gestire lo stress, quando si hanno così tante responsabilità e con questa situazione in atto.”

“Lei come faceva a gestire migliaia di spie in tutto il mondo? Io ne ho un centinaio o poco più, al momento, e già il tempo non mi basta!”

“Compartimentazione, segretezza … I vari livelli e i segreti servivano anche a questo. Comunque ho sempre ritenuto che mezz’ora di meditazione al mattino e mezz’ora alla sera, aiutino parecchio.”

“Meditazione? Senza offesa, signore, ma non mi è mai sembrato il tipo di persona che fa meditazione.”

“È un’attività molto privata. Un giorno a settimana mi concedo un’oretta e mezzo per la meditazione dinamica, efficace a scaricare le energie negative … ma per eliminare quelle basta anche solo il costante esercizio fisico che per noi spie è doverosamente quotidiano.”

“Devo confessare che, attualmente, con tutte le questioni a cui sto badando, fatico ad allenarmi ogni giorno.”

“Eh, notavo un po’ di pancia, ma non volevo dire nulla.” scherzò Fury, poi bevve un sorso “I tuoi agenti come stanno? Ho visto Fitz e Simmons, poco fa. Simmons mi ha raccontato con entusiasmo la sua attività sottocopertura, Fitz, invece … Povero ragazzo, spero si riprenda.”

“Sebbene abbia difficoltà e non sia più rapido come prima, svolge comunque un ottimo lavoro: è riuscito a capire come neutralizzare un dotato dell’HYDRA e ha pure evitato che il mio bus esplodesse; gli sono molto grato per questo. Sono certo che si riprenderà.”

“Tu?” Fury si fece serio “Tu ti sei ripreso dalla verità circa la tua resurrezione?”

“Sì, ho accettato, anche se …” Coulson esitò.

“Se …?” lo incalzò l’ex Direttore.

Phil era incerto, ma si disse che se c’era una persona con cui poteva confidarsi totalmente e non avere segreti, era proprio il suo vecchio maestro, per cui spiegò: “Ho iniziato a fare strane incisioni. Temo che la frenesia, provocata dalla contaminazione delle cellule aliene, sia rimasta latente in me fino al momento in cui non ho iniziato a ricordare qualcosa.”

“Che cosa è successo?”

Coulson si alzò, prese le foto che May aveva scattato dopo il suo ultimo attacco di criptografomania e le porse a Nick, dicendogli: “Ecco qua. Ogni tanto sento l’impulso irrefrenabile di scrivere questi, ma non ho idea di che cosa siano. Skye ci sta lavorando. Sappiamo che anche Garrett, dopo essersi iniettato il GH 325, aveva cominciato a tracciarli. Li avevamo già incontrati nelle nostre indagini sul il centipede (e quindi l’HYDRA) e li abbiamo ritrovati qualche giorno fa sul retro di un quadro, ma sappiamo già che sono recenti, hanno un paio di settimane. Per ora, però, siamo in un vicolo cieco. Skye pensa si possa trattare di una mappa, ma di cosa non si sa ed è ancora più misteriosa la legenda per interpretarla.”

“Caro Phil, sono proprio contento che tu me ne abbia parlato, ora sono ancora più certo di aver fatto bene a venire qui.”

“Che cosa intende, signore?”

“Ho da poco recuperato uno 0-8-4 appartenuto all’HYDRA.” Fury prese il pannello che aveva appoggiato a lato della poltroncina e coperto con un panno bianco, lo porse a Coulson, voltato dal lato delle misteriose incisioni.

“Sbaglio, o sono della stessa tipologia di quelle che hai inciso tu stesso?”

“Sì, sono proprio loro!” constatò Phil, impressionato.

“Quei graffiti non sono più recenti del 1945, penso che sia un'informazione utile.”

“Certo! Ora sappiamo che non è solo un fenomeno recente e chissà che cercando nel passato, non si riesca a trovare qualcosa.”

Coulson era assorto nei mille pensieri che si accendevano nella sua mente a quel proposito e tra di essi si fece prepotentemente avanti una domanda che non poté tenere solo per sé.

“Signore, penso che un'ulteriore passo avanti nella ricerca si potrebbe fare se lei mi dicesse che cos'era il soggetto da cui è stato derivato il GH 325.” era stato molto serio e grave.

Fury annuì e poi rispose: “Purtroppo non posso risponderti e non perché sia un'informazione riservata, ma perché non lo so nemmeno io. È stato ritrovato sotto le macerie di una base dell'HYDRA nel '45, dopo una settimana dal bombardamento. Era in condizioni anche peggiori di quelle in cui l'hai visto. L'RSS decise di nasconderlo e di tenerlo in quella sorta di ibernazione per impedirgli di rigenerarsi. Nessuno ha mai avuto il coraggio di farlo guarire e svegliare per interrogarlo.”

“Dunque non è detto che sia morto, con la distruzione della Guest House.” ragionò Coulson.

“Esatto, avrei voluto mandare una squadra ad indagare, ma la situazione è precipitata in quelle stesse ore.”

“Beh, signore, almeno sappiamo che questi graffiti interessano l'HYDRA da lungo tempo e che devono essere molto importanti per loro. Oltre al fatto che sono collegati con creature non umane.” “C'è un'altra cosa. Voltalo.”

Coulson girò la lastra e vide il bassorilievo figurativo; l'osservò qualche momento e poi commentò: “Non so cosa rappresenti, ma mi dà i brividi.”

Eppure non riusciva a distogliere lo sguardo da quelle figure; restò a fissarle in silenzio e dopo un po’ gli parve di udire come lo sciabordare delle onde e una lontana cantilena, un ritornello di cui non riusciva a cogliere le parole.

“Phil ... Phil!” lo richiamò alla realtà Fury, dopo un paio di minuti.

“Eh?! Sì, ci ... ci sono.” si scosse Coulson, tornando al presente.

“A cosa stavi pensando?” lo interrogò Fury, interessato e colpito da quella reazione.

“Nulla. È solo che c'è qualcosa di magnetico.” e spiegò la sensazione che lo aveva colto.

Dopo aver ascoltato, Fury disse, pensieroso: “Non dobbiamo sottovalutare quest'immagine, allora, potrebbe rivelarci qualcosa di importante su tutta questa faccenda.”

“La crede davvero così importante, signore?”

“Sì. Né io, né l'agente Barton abbiamo subito l'effetto che mi hai appena descritto. Forse è il GH 325 che ti ha fatto reagire in quel modo. Dobbiamo assolutamente capire di cosa sia rappresentato lì sopra.”

“Vuole che affretti le ricerche o preferisce che tutta la faccenda rimanga solo all'interno dello S.H.I.E.L.D.?”

“Sei tu il Direttore, ora, libero di scegliere cosa sia meglio.”

“Allora mi rivolgerò ad un’esperta di cui mi fido, ma le darò il minor numero di informazioni e terrò segreta il più possibile anche la sua consulenza.”

“Posso sapere, io, a chi pensi di rivolgerti?”

“Alla dottoressa Afdera Franchetti.” rispose Coulson, sorridente e con un bagliore negli occhi.

“La moglie dell’attore Henry Fonda?” rimase perplesso Fury “È ancora viva? E poi che cosa ne sa?”

“Se mai, ex moglie, sono stati sposati quattro anni e il figlio non ha neppure il cognome del padre. Comunque non lei, ma sua nipote.”

“E non solo.” sogghignò Fury.

“Non è nepotismo, il mio.” puntualizzò subito l'altro uomo.

“Mai pensato, Phil.”

“È laureata in culture antiche. Mitologie, religioni, letterature, arti di qualsiasi popolo antico, non hanno segreti per lei.”

“Davvero?” lo stuzzicò Fury.

“Beh, più o meno. È sulla buona strada e di lei mi fido. Al momento dovrebbe essere in Persia per uno scavo archeologico.”

“Bene, allora prepara una squadra e valla a trovare.”

“Pensa sia necessaria una squadra?” Couloson rimase perplesso “Io volevo andare solo.”

“Phil, tu fai come vuoi, però considera che dovrai portarti dietro il manufatto e proteggerlo. Inoltre, ora l'HYDRA sa che sei tu il nuovo direttore dello S.H.I.E.L.D, avranno mille occhi in più per trovarti e farti la pelle.”

 

Nota dell’Autrice: Un saluto e un grazie a tutti i miei lettori che sono arrivati alla fine di questo secondo capitolo. Ho molte idee mescolate assieme, al momento. L’ispirazione per la fanfic mi è venuta grazie ad un sogno assurdo che ho fatto. Spero di riuscire a portare avanti tutti quanti i personaggi principali in maniera equilibrata, ma sono davvero tantissimi, per cui speriamo il bene. Mi sa che scopriremo assieme come si svolgerà questa storia; anche se ho una mia idea circa Skye, cercherò di andare gradualmente e rimanere coerente con quel che la serie tv ci farà scoprire.

Ancora un grazie e spero che lascerete un commento, almeno per sapere se come inizio va bene oppure no e cosa vi piacerebbe leggere. ^__^

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Capitolo 3
*** Dialoghi ***


Premessa dell’autrice: Ieri ho visto il settimo episodio della seconda stagione. Considerate questo e i prossimi due capitoli come “missing moment” accaduti tra la sesta e la settima puntata.

 

 

Mentre Coulson e Fury discorrevano nell’ufficio del primo, nel resto della base si continuava a lavorare … o quasi. Skye e Triplett erano stati accolti dai loro amici che subito fecero domande circa gli esiti della missione.

“Nulla di nulla, quel gran bastardo è fuggito senza lasciare alcuna traccia!” inveì Skye.

“Il … il mio …” Fitz tentò di intervenire, ma come al solito non riusciva a trovare le parole.

“ … tracciatore?” suggerì Simmons, estremamente desolata per le condizioni dell’amico; si sentiva estremamente in colpa: lui aveva subito quei danni al cervello, perché aveva voluto ad ogni costo salvare lei … a volte si chiedeva se aveva fatto bene a portarlo in superficie.

“Tracciatore, sì., sì …” l’agitazione e il nervosismo non abbandonavano mai la voce di Fitz e nemmeno il suo animo “Il tracciatore non è servito? L’ha disattivato?”

“No, se l’è semplicemente staccato da dosso.” rispose Triplett “Eppure Coulson glielo aveva attaccato con molta discrezione.”

“Ecco! Lo sapevo, non l’ho fatto abbastanza piccolo e se n’è accorto!” esclamò Fitz, parecchio frustrato.

 

Ecco ora non abbiamo la più pallida idea di dove si trovi quel folle ed è colpa mia! Non sono nemmeno più capace di costruire un tracciatore decente! Che cosa ci faccio qua?! Sono come uno di quegli invalidi che lo stato è costretto ad assumere, ma che nessuno vuole. Lo vedo con quale accondiscendenza con cui tutti mi guardano! Jemma si comporta come fosse la sorella maggiore che deve tenere dietro al fratellino autistico con cui non riesce a comunicare. Mack, invece, è buono, ma alla stessa maniera di un assistente sociale.

 

Questi erano i pensieri di Fitz, ma nessuno li sospettava. Tutti sapevano che si sentiva a disagio, tutti comprendevano le sue difficoltà, ma nessuno immaginava quanto fosse dura per lui, quanto soffrisse, quanta rabbia provasse verso gli altri e, soprattutto, verso se stesso.

“È stato uno dei nostri per anni.” osservò Triplett, per rassicurarlo “Si aspettava di certo un qualche congegno per rintracciarlo in caso di fuga: conosce i nostri metodi e, in quanto operativo, sapeva sicuramente come individuare una microspia o tracciatore o quel che era.”

“Ehi, io non ho idea di queste cose!” saltò su Hunter “Sono pratico di guerra, ma non dei vostri trucchetti, me li insegnerete, vero?”

“Avrai bisogno di un Agente Supervisore.” lo informò Skye, per poi esclamare: “May è già mia!”

“Van bene tutti, ma non la mia ex moglie!” si affrettò allora Hunter.

“Non avete trovato nessuna traccia?” chiese Simmons.

“No, un maestro della fuga pari ad Houdinì, se non addirittura superiore.” sospirò Triplett “Tuttavia, anch’io ne sarei in grado: siamo stati addestrati per questo.”

“Sì, devo proprio imparare.” annuì Hunter “In passato mi sarebbe stato estremamente utile, quando ho avuto a che fare con creditori impazienti … e con i guerriglieri in Africa ...o con la mia ex moglie.”

“Detesto che quel traditore sia libero, con tutto il male che ha fatto e potrebbe fare!” sospirò Simmons “Doveva essere processato, doveva pagare per tutto quello che ha fatto, per quello che ha fatto a Fitz!”

“NON COMPATIRMI!!!” urlò lo scienziato furioso: proiettava nelle parole degli altri il disprezzo che provava da solo.

Fitz, io ...” Simmons era spiazzata da quella reazione.

“Io sono intelligente, abile e utile, esattamente quanto prima! Ho solo bisogno di qualche ora in più!”

Fitz fu percorso da un fremito di rabbia, gettò per terra la prima cosa che gli capitò tra le mani, si volse e se ne andò. Gesticolava nervosamente.

Simmons fece per seguirlo, ma Mack si frappose, proponendo: “Forse è meglio che vada io a parlargli.”

Jemma lo guardò perplessa: da una parte apprezzava che qualcuno si interessasse così tanto all'amico, dall'altra si sentiva usurpata.

“No.” disse poi lei “Deve capire che io gli voglio bene esattamente come prima e che, soprattutto, lo rispetto. Certo, sono preoccupata per lui e voglio aiutarlo in tutto ciò che posso.”

“Non capisci che questo lo mette in imbarazzo e in maggiore difficoltà?” le fece osservare Mack che aveva preso in grande simpatia il giovane “Lui ti vuole vicina, è evidente, ma si innervosisce ancora di più per paura di fare brutta figura.”

Simmons fu colpita da quell’osservazione: non aveva pensato a tale eventualità. Che razza di amica era per non aver capito prima come si sentisse il giovane? Possibile che Mack, praticamente uno sconosciuto, avesse compreso più facilmente Fitz? Forse era solo perché lui non aveva conosciuto lo scienziato ai suoi tempi migliori, forse perché non era coinvolto emotivamente, forse perché lui non aveva i sensi di colpa che tormentavano lei.

Mack, ti ringrazio, ma voglio parlargli io, in questo momento.”

L’omone scosse le spalle e si fece da parte. Simmons si allontanò per raggiungere l'amico e il resto degli agenti rimase nel salottino a discorrere.

“Poveri FitzSimmons!” sospirò Skye, guardando in direzione della porta da cui erano usciti entrambi gli scienziati “Erano tanto carini, assieme! Un duo perfetto, i loro lavori si completavano armoniosamente e la loro intesa era perfetta: completavano l'uno le frasi dell'altra ... inizialmente credevo stessero assieme.”

“È così cambiato, lui?” si interessò Mack, curioso di capire come fosse la situazione precedente e come si sentisse ora, rispetto a prima, il giovane amico.

“Entrambi sono cambiati.” rispose May, forse un po’ troppo enigmaticamente.

Skye continuò: “Hai ragione. Prima anche Simmons era più nerd, più introversa e dall'aspetto sembrava appena uscita da un collegio di suore. Adesso, non è che sia stravolta, ma ha acquisito maggiore sicurezza di sé e, grazie alla sua missione sotto copertura, ha visto un po’ di mondo e ha vissuto un po’ di vita reale.”

“E Fitz, com’era?” domandò nuovamente l'erculeo Mack.

“Era più rilassato, tranquillo e sereno.” questa volta rispose May “Nei rapporti interpersonali era goffo, ma nel laboratorio era nel suo regno, completamente a proprio agio e spavaldo, quasi.” “Capisco ...” rifletté Mack e forse era l'unico a capire davvero “Fitz ha dedicato tutta la sua vita all'ingegneria, ha rinunciato alla vita mondana, si sentiva estraneo alla società, non riusciva a creare legami con gli altri e dunque ha votato tutto se stesso alle proprie ricerche, basando sulla scienza tutta la fiducia e sicurezza che aveva di sé. Ora che questo incidente ha messo in difficoltà le sue capacità, lui si sente smarrito perché non ha nulla a parte l'ingegneria.”

“Tu non sei un meccanico?!"” chiese perplesso Hunter.

“Sì, ma questo non significa che mi intenda solo di ingranaggi.”

“D’accordo, ma sembra quasi che tu abbia una laurea secondaria in psicologia.” continuò il mercenario, col suo tono perennemente stranito e divertito.

May rivelò: “Da adolescente era chiamato, nel suo paese, il Gigante Buono, perché era sensibile e voleva sempre capire e aiutare tutti. Vero?”

“Sì.” ammise Mack con modestia “Inizialmente, quando fui reclutato dallo S.H.I.E.L.D., ero stato destinato agli operativi, ma capii presto che quel mondo spietato non era per me e, quindi, mi dedicai alla meccanica ... e anche al sostegno morale degli agenti che hanno subito traumi in missione.”

“Operativi traumatizzati?” continuò l’ironico stupore di Hunter “L’unica cosa che poteva traumatizzare la mia ex moglie era di spezzarsi un’unghia durante uno scontro, oppure il dover indossare abiti che non la valorizzassero, durante una fase di infiltramento.”

“Non siamo uomini di latta, privi di cuore!” ci tenne a precisare Triplett “È vero che sotto copertura dobbiamo fingere e che in missione dobbiamo essere pronti ad uccidere a sangue freddo, ma non godiamo nel farlo e, se possibile, lo evitiamo. Il più delle volte, però, ci troviamo di fronte a gente spietata e crudele che farebbe cose terribili se noi non glielo impedissimo prima. È preferibile arrestare, ma non sempre è possibile.”

“Che differenza, nel parlare, tra te e Ward!” osservò Skye, melanconica “La sua freddezza e indifferenza nell'uccidere avrebbe dovuto insospettirci!” e su queste ultime parole il tono era diventato aspro.

“Non ci siamo accorti di lui come di molti altri.” la confortò May, che tuttavia era a propria volta triste.

Skye sospirò per l'ennesima volta: “E pensare che Fitz si era illuso fino all'ultimo che Ward non fosse cattivo! Ha avuto fiducia in lui ed è stato ridotto così.”

In quel momento, entrò nel salotto Coulson. May gli si avvicinò e sottovoce gli chiese: “Allora, hai gradito la visita?”

“Sì, molto.” rispose lui, sorridente.

“È venuto a controllare come procedono le cose?”

“Probabilmente ha anche quell'intenzione, ma è qui soprattutto per collaborare. Ci ha consegnato un manufatto importante per le nostre ricerche.”

Coulson si rivolse, poi, al resto della squadra: “Triplett, spero tu ti sia riposato a sufficienza: tra un'ora voglio te e Hunter sul jet invisibile.”

“Una missione?” chiese il mercenario, con un ghigno entusiasta..

“Notizie di Ward?” fu l'apprensiva domanda di Skye.

“No.” Coulson, poi, guardò i due agenti che aveva scelto: “È una questione semplice, spero non dovrete intervenire. Mi servite come scorta.”

“Non si preoccupi, signore, siamo sempre pronti, per qualsiasi evenienza.” rispose Triplett.

“Perfetto. Skye, passa nel mio ufficio, per favore, ho altro materiale da affidarti per il tuo studio.”

“Qual è la sua fonte, questa volta?” chiese lei con un certo cipiglio di sfida, visto che solo di recente aveva scoperto la verità.

“Non la solita.” rispose Coulson, prontamente “Vieni e ti mostrerò tutto.”

Mentre la squadra si disperdeva per la base, chi per prepararsi, chi per riprendere le proprie mansioni, May parlò ancora una volta privatamente con Coulson.

“Se hai bisogno di una scorta, preferirei accompagnarti io, per proteggerti.”

“Grazie, ma ho già scelto gli agenti. Tu occupati di rintracciare Ward; prendi Bobby con te; appena torno, ti manderò anche Ward e Triplett.”

“Fury mi ha ordinato di proteggerti, lo sai bene.” May ribadì con decisione.

“Infatti mi lasci in buone mani.”

“Su Triplett non ho nulla da dire, ma Hunter...! Sa a malapena proteggere se stesso!”

“May, credimi, apprezzo molto il tuo interessamento, ma la mia risposta è no. Non voglio più dividere missioni con te e non per cattiveria, antipatia o scarsa fiducia, anzi!”

“Allora perché?”

“Perché non voglio che rischiamo la morte contemporaneamente. Se qualcosa capitasse a me, dovresti prendere tu le redini della situazione. Se morissimo entrambi, chi si occuperebbe dello S.H.I.E.L.D.? Non ci sono altri in grado di gestire l'organizzazione, al momento.”

May capì la gravità della situazione: effettivamente non riusciva a ritenere possibile che uno di loro due morisse, eppure rischiavano la vita continuamente. Dopo qualche istante di silenzio, osservò: “C'è sempre Fury.”

“Non ha intenzione di tornare ad essere il Direttore, non costringiamolo noi.”

May si rilassò un poco e chiese con dubbio sincero: “Secondo te, perché è voluto andare via?”

Coulson scosse il capo: “Non so. Sicuramente vuole che lo S.H.I.E.L.D. non sia strettamente legato a lui, vuole che impariamo ad essere indipendenti. Inoltre, probabilmente, si è stancato dello stress di gestire tutto e non dev’essere facile, per lui, convivere con la consapevolezza di non avere saputo accorgersi dei traditori e aver permesso la corruzione e distruzione di ciò che aveva costruito in anni e anni. Credo che preferisca agire per conto proprio, almeno al momento.”

 

 

 

Nota dell’Autrice: Un saluto e un grazie a chi è arrivato fin qui. Sono felice di potervi regalare qualcosa con quel che scrivo.

Come avrete notato, c’è un’alternanza di stili in questa fanfiction. Il mio è un esperimento/esercizio di scrittura, in cui cerco di armonizzare la narrazione classica, il pensiero diretto dei personaggi (ognuno caratterizzato da un font differente) e documenti (es. il rapporto dopo una missione), articoli di giornale, voci enciclopediche etc. Spero che questo variare vi sia gradito. ^__^

GRAZIE

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Capitolo 4
*** In auto ***


Premessa dell’Autrice: Continua la fase “missing moment” collocata cronologicamente tra l’episodio sesto e il settimo.

 

Eccomi di nuovo in missione con questi dello S.H.I.E.L.D., quante sono ormai? Bah, ho perso il conto. Non ho mai lavorato così tanto in vita mia!

Strano a dirsi, ma fare il mercenario è più semplice e meno pericoloso e impegnativo che fare l'agente per Coulson.

Ora capisco perché Bobby era sempre stressata e nervosa, nonostante lo negasse!

Il mercenario ha la sua missione, la sua guerriglia e, una volta conclusa, è tranquillo e non ha altre preoccupazioni; combatte per mestiere e, una volta deposta la pistola, ha la propria vita.

Essere nello S.H.I.E.L.D. non è una scelta di carriere, ma di vita. È un votarsi a qualcosa, tipo i preti. Non puoi più scindere te stesso dalla missione, anche perché non ci sono più singole missioni, ma una unica, segmentata in piccole parti.

È questa l'impressione che ho, la differenza che sento ed era così che ne parlava Hartley.

Dio, come mi manca!

Era una donna speciale e l'ho amata con tutto me stesso ...anzi, la amo ancora!

Due donne sono state importanti nel mio cuore, entrambe dello S.H.I.E.L.D., entrambe coraggiose, forti, sicure e determinate, ma per il resto totalmente differenti.

Bobby è davvero una bella donna, il sogno erotico di molti. Effettivamente, quando la incontrai, mi sembrò un angelo, credei che non potesse venire che del bene da lei e la adorai. Ero inebriato ed inebetito dalla sua bellezza e stupidamente credevo che essere nelle sue grazie fosse il miglior premio in questa vita. Credevo avesse sempre ragione ed ero disposto ad obbedirle in tutto e per tutto.

Per un paio d'anni fui così, accecato dalla sua avvenenza, poi crebbi e capii che un bel corpo e due occhi da cerbiatta non erano sufficienti a rendermi felice.

Ero frustrato, tremendamente, io volevo solo renderla felice, ma tutto ciò che facevo non andava mai bene! A una festa non ero stato abbastanza cordiale, nella tal occasione ero stato scialacquatore, nell'altra avaro; non ero mai abbastanza sicuro o tenero e voleva sempre il contrario di quel che facevo.

Per molto tempo credei avesse ragione, mi dicevo di essere sbagliato e non alla sua altezza, ma infine capii e mi chiesi: che cos'ha realmente, per potermi criticare sempre?

Io le sto dando tutto me stesso, sto cercando di cambiare me stesso per renderla felice e lei non è mai contenta. Lei non mi ama, pretende e basta!

Non fu facile, ma decisi che era meglio troncare la relazione perché era evidente che io non ero fatto per lei e a continuare avrei solo procurato sofferenze a me e tedio a lei.

Bobby fu assolutamente d'accordo nel divorziare.

Subito, fu faticoso per me e solo dopo alcuni mesi iniziarono ad emergere il risentimento e la rabbia per quella vipera!

Nel frattempo, però, visto che ero caduto quasi in depressione, un'amica e collega di mia moglie, mi propose di aiutarla in una missione. Era proprio Hartley, la mia salvezza, il mio vero angelo!

Non me ne innamorai subito, mi ci volle più di un anno. Non era certo il tipo di donna a cui ero abituato, ma, anche se non aveva un corpo sensuale, vi assicuro che era una donna splendida, la migliore che potesse esistere.

Ed ora è morta …

Ricordo i primi tempi passati in missione con lei, nonostante le asprezze era sempre dolce e premurosa, non solo con me, ma con tutti. Leader sicura, carismatica, combattente provetta in missione e estremamente amorevole coi suoi alleati.

La nostra relazione nacque spontaneamente, da sola, non so nemmeno io come e quando. Lei c'era sempre per me (per tutti) mi confortava e spronava, sapeva tirare fuori il meglio di me con la dolcezza, non con gli insulti e lo scherno come era solita fare Bobby. Bobby sperava che facendomi arrabbiare diventassi come lei volesse; che manipolatrice! Hartley non mi ha mai voluto cambiare, ma solo fare emergere ciò che già ero.

Grato per tutto ciò che aveva fatto e faceva per me, iniziai a interessarmi anch'io a lei e alle sue preoccupazioni: essere un leader è difficile.

Eravamo sempre uno vicino all'altro, nella gioia e nel dolore, nella ricchezza e nella povertà, nella prosperità e nella malattia, finché morte non ci ha separati. Sono stato molto più marito di H che di Bobby, nonostante i documenti dicano diversamente.

Ora lei è morta, non potrò più renderla felice, l'unico modo che ho per onorarla e renderla ancora contenta, per dare ancora un senso alla sua vita, è quello di continuare ciò che ha dovuto lasciare morendo, ciò per cui ha sempre vissuto e lottato: lo S.H.I.E.L.D., la protezione del mondo e dell'umanità.

 

Chi avrebbe mai sospettato che fossero questi i pensieri del superficiale e cinico Lance Hunter?

 

I tre agenti avevano lasciato Teheran da un paio d'ore a bordo di un'auto blindata dello S.H.I.E.L.D. e si dirigevano in una zona semidesertica, ma assai florida qualche millennio prima.

Ai tempi dello Shainsha, là scorreva un fiume e vicino ad esso sorgeva una città; poi, stravolgimenti climatici, terremoti avevano seccato il fiume, il cui paleoalveo era appena visibile, mentre gli uomini avevano abbandonato la città, facendola andare in rovina. Una vera fortuna per gli archeologi che avevano così la possibilità di studiare un antico insediamento, senza centinaia di strati posteriori e senza dover scavare sotto a città contemporanee ancora abitate.

Coulson era alla guida, Triplett e Hunter osservavano e tenevano le pistole a portata di mano, mentre percorrevano quel tragitto là dove c’era solo terra arida e nemmeno una strada vera. Il giovane operativo scrutava in tutte le direzioni, utilizzando un binocolo molto potente progettato mesi prima da Fitz. Dopo un’ora di viaggio, Triplett aveva segnalato la presenza di un veicolo coi vetri oscurati che li seguiva tenendo una distanza che variava dai 1 a 2 chilometri. Non era detto che ce l'avesse con loro, ma la prudenza consigliava di stare all'erta. Dopo un'altra ora, infatti, le auto che li seguivano erano diventate tre.

“Signore, continuano a seguirci.” sottolineò Triplett, con una velata apprensione “Quali sono gli ordini?”

“Nessuno.” rispose Coulson, continuando a guidare e premendo sull’acceleratore.

“Fermiamoci e sbarazziamoci di loro.” propose, invece, Hunter, mettendo mano alla pistola.

“No.” fu risoluto Phil “Punto primo: non sappiamo se sono davvero nostri nemici. Punto secondo: hai visto dove siamo? Siamo in una landa piatta, piatta, non abbiamo possibilità di nasconderci per un’imboscata. Se ci fermiamo, loro ci accerchieranno e per noi la situazione si farebbe molto brutta.”

“Ma noi abbiamo super armi tecnologiche!” protestò Hunter “O no?”

“Se sono dell’HYDRA, le hanno anche loro.” gli fece osservare Coulson.

Se?” chiese, perplesso, Triplett “Pensa che potrebbero non essere dell’HYDRA?”

“Oh, probabilmente lo sono, ma lascio loro il beneficio del dubbio, per ora. Potrebbero essere semplicemente forze d’ordine persiane e, in tal caso, è bene non inimicarsele, vi pare? Ci sono già fin troppi dubbi sullo S.H.I.E.L.D.

“Quindi il piano è non fare niente?” chiese Hunter, basito.

“No, il piano è arrivare il prima possibile alla meta. Ormai ci siamo.”

“Ah, perché in uno scavo archeologico siamo molto al sicuro. Ceeeerto!”

Hunter era piuttosto certo che non sarebbe uscito vivo da quella missione.

“Ti garantisco che là saremo ben protetti.” lo liquidò Coulson, continuando ad accelerare.

“Quanto manca?” domandò, invece, Triplett.

“Non molto, dieci, quindici minuti al massimo. Continua a monitorare la situazione.”

“Sì, signore.”

Il giovane riprese in mano il binocolo, si voltò e scrutò e non fu affatto contento di vedere una sola auto alle loro spalle.

“Signore, due auto sono sparite.”

“Maledizione!” inveì Phil, a denti stretti.

“Non è un bene?” chiese Hunter “Insomma, se ci avessero superati ce ne saremmo accorti, o no?”

“Dipende dai motori di quelle auto.” replicò Coulson, pensieroso “Fucili alla mano e pronti a sparare.”

“Oh, finalmente!” esclamò il mercenario e tolse la sicura al suo fucile di precisione.

Un paio di minuti dopo, videro le due auto scomparse, dritte davanti a loro che avanzavano minacciosamente.

“Aspettate! Se aprono il fuoco loro, allora sparate agli pneumatici e, se riuscite ai loro uomini.”

“Perché non una bella esplosione?” chiese Hunter “Potrei colpire facilmente il motore e, inoltre, abbiamo qualche granata con noi, o sbaglio?”

“Fare esplodere un’auto, potrebbe danneggiare anche la nostra e metterci in pericolo.” gli spiegò Triplett, imbracciando il fucile.

Coulson aprì il finestrino del tettuccio, affinché i suoi agenti potessero mettersi rapidamente in posizione, nel caso lo scontro a fuoco fosse cominciato.

Dopo qualche manciata di secondo, si udì un’interferenza radio: qualcuno si stava intromettendo nelle loro frequenze.

Dalla radio si sentì una voce dire: “Agente Coulson … anzi, direttore Coulson … HAIL HYDRA!”

Un istante dopo un piccolo razzo partì da una delle auto nemiche e volò verso la macchina dello S.H.I.E.L.D.

Hunter vide la morte in faccia; sgranò gli occhi, terrorizzato, e l’unico pensiero felice era che avrebbe presto rivisto Hartley. Non era quello, però, il giorno della sua morte.

Quella breve comunicazione radio aveva dato il tempo a Coulson di premere il pulsante per avviare la modalità ‘volo’. Prima ancora che il razzo partisse, l’automobile si era sollevata da terra di qualche centimetro. Volando a circa un metro e mezzo da terra, il veicolo evitò il pericoloso scontro esplosivo e si diresse verso le due macchine nemiche.

Triplett, che si aspettava una simile pronta reazione, si era alzato in piedi e, sporgendo il busto dal tettuccio, iniziò a sparare contro gli avversari.

“Su, dammi una mano!” l’operativo esortò Hunter che, dovendo riprendersi dalla sorpresa di essere ancora vivo, era rimasto immobile.

I due uomini sparavano con delle automatiche, ma non era facile, dal momento che Coulson continuava a voltare e sterzare, per evitare il fuoco dell’HYDRA.

Triplett sentì sibilare dei proiettili vicino alle proprie orecchie, ma questa volta non venivano da davanti, ma dalle loro spalle, si voltò un attimo e vide la terza auto che aveva recuperato terreno.

“Signore, ci prendono pure da dietro!” esclamò il giovane.

“Ho visto.” rispose Coulson “Non preoccupatevi, anzi, rientrate!”

I due si rimisero a sedere; Phil chiuse il tettuccio e poi avviò i propulsori, l’auto in un attimo avanzò di un chilometro.

“Wow! Volo, supervolocità …! Mi piace sempre più stare con voi!” Hunter era entusiasta.

Non erano, però, i soli ad avere tale tecnologia a disposizione; presto l’HYDRA fu di nuovo alle loro costole. Non potendo però sparare, a quella velocità, cercavano di far sbandare l’automobile dello S.H.I.E.L.D. o di tagliarle la strada. Coulson guidava magistralmente e sorrise, quando vide le prime tende dell’accampamento della spedizione archeologiche. Prese allora il microfono della radio, impostò una certa frequenza e disse: “Qui Phil, siamo arrivati, ma ci sono tre teste che ce l’hanno con noi!”

“Arriva alle tende e parcheggia.” gli rispose un paio di istanti dopo una voce femminile.

“Chi è?” domandò Triplett.

Coulson non rispose, ma accelerò quel tanto per distanziare per un poco gli inseguitori. Arrivati alle tende, notarono quattro grosse mitragliatrici piazzate ai confini dell’accampamento. Appena loro ebbero parcheggiato, degli uomini aprirono il fuoco contro le macchine dell’HYDRA che, prima ancora di poter rispondere, esplosero.

Triplett e Hunter erano piuttosto sbalorditi ed interdetti.

“Visto? Ve lo avevo detto che, una volta arrivati, si sarebbe risolto tutto.” disse Coulson con estrema calma.

Si sentì bussare al finestrino della portiera anteriore, Phil l’aprì ed uscì. Scesero anche gli altri due agenti e videro solo pochi uomini, ma che dall’aspetto ed equipaggiamento parevano essere delle guardie di sicurezza. La persona che aveva, invece, bussato al finestrino era una donna, circa venticinque anni, di stazza robusta, ma con le curve ben definite, capelli mossi lunghi alle spalle, castano scuro, dello stesso colore erano gli occhi profondi e decisi.

“Zio Phil, è un piacere vederti: benvenuto!”

“Afdera! Sono felice anch’io.” rispose Coulson, prima di abbracciarla.

Hunter, piuttosto sconcertato, domandò: “È normale che ci sia così tanta sicurezza … e armi … in uno scavo archeologico?”

La giovane sorrise e candidamente rispose: “In uno scavo condotto da sua altezza il principe, dottore, professore Ottone d’Assia-Kassel, sì. Ha una paura tremenda dei tombaroli e degli archeologi concorrenti.”

“Ah. E tu saresti?” chiese Hunter.

“La baronessa, dottoressa Afdera Franchetti, assistente personale del professore.”

“È figlia di mia sorella.” precisò Coulson.

“Non sembra americana.” continuò il mercenario.

“Sua nonna è di una nobile famiglia italo-ebraica, è stata moglie di Henry Fonda per qualche anno.” spiegò sbrigativamente Phil “Loro figlio è cresciuto sotto l’ala dello zio Nanuk Franchetti, che era spesso in America per affari e amicizie, era molto legato ad Hemingway. Ha conosciuto mia sorella ad una festa; ma non siamo qui per questo. Adesso rilassatevi pure, io devo parlare a quattr’occhi con lei.”

La donna fece segno a uno degli uomini della sicurezza e lo pregò di accompagnare i due agenti dove avrebbero potuto rifocillarsi e rilassarsi.

“Tu, zio, invece, puoi venire con me. Ho del tè caldo nella mia tenda, così puoi finalmente spiegarmi che cosa sia accaduto e di cosa hai bisogno. Ci era stato detto che eri morto.”

Coulson si limitò a rispondere: “Era necessario farlo credere.” poi tornò in auto, prese una valigetta e infine, di nuovo rivolto alla nipote, le disse: “Bene, fammi strada.”

 

 

 

Nota dell’Autrice: come al solito vi ringrazio dell’attenzione e di aver deciso di passare qualche minuto, leggendo questa mia fanfic.

Spero vi stia piacendo l’introspezione che sto tentando di fare un po’ di qualche personaggio, sperando di non essere ridondante.

Per quanto riguarda la famiglia Franchetti, su internet troverete varie informazioni, ho scelto di innestare questo nuovo personaggio in questa famiglia, perché mi pareva si armonizzasse bene con il contesto.

 

Grazie ancora e grazie a chi vorrà lasciare un commento e/o darmi qualche consiglio ^__^

(Se qualcuno ha voglia di parlare della serie, al di là della fanfic, mi contatti pure! Mi farebbe piacere!)

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Capitolo 5
*** Il richiamo di ... ***


Premessa cronologica: ricordo che questo capitolo è ambientato dopo l’episodio 6 e prima del 7

 

Tenda.

Sì, effettivamente, è quello che è, tuttavia non ha nulla a che spartire con quelle dei campeggiatori o che ha in dotazione lo S.H.I.E.L.D.

Questa tenda è quasi più grande di certi bilocali in cui ho vissuto!

È vecchio stile, un po' come quelle degli alti ufficiali di guerra dei secoli scorsi; non per questo, però, è scomoda; anzi, è fornita di vari comfort e mobili: tappeti, cuscini, seggiole e poltroncine in vimini, uno scrittoio e un tavolino con te, biscotti, una brocca d'acqua e dei bicchieri di cristallo.

È strano vedere questa eleganza coloniale, di sapore ottocentesco, ai nostri giorni.

La mia nipotina se la passa bene, beh capita di rado di diventare la pupilla di un archeologo di nobile stirpe con vaste ricchezze.

Ho fatto fare ricerche a Skye su Ottone e mi ha comunicato il risultato durante il viaggio. Non ero certo di non capitare tra nemici, nonostante mi fidi d'Afdera.

Il padre di Ottone è stato governatore d'Assia sotto il regime nazista ed è stato spostato con Mafalda di Savoia, quando in Italia c'era Mussolini. Questi fatti depongono a suo sfavore, potrebbero farlo presumere affiliato o almeno simpatizzante dell'HYDRA. Il padre, però, è stato assolto da qualsiasi accusa, dopo la guerra e, a quei tempi, qualsiasi gerarca catturato è stato condannato. Inoltre Mafalda è morta in un campo di prigionia nazista.

Non avrei proprio saputo inquadrare l'allineamento di questo vecchio professore. Per fortuna, ci ha pensato Skye ad indagare e mi ha tranquillizzato. Tra le varie cose emerse, c'è anche il fatto che Afdera sia stata nominata sua erede (lui non ha né moglie, né figli) e possa già disporre delle sue sostanze. Buon per lei e, chissà, magari anche per noi, in futuro.

Mi fa piacere rivedere la mia nipotina, è la prima (e unica, temo) parente che ho rivisto, dopo la mia morte. Giusto, devo assicurarmi che non parli di me.

 

“Afdera, prima di ogni altra cosa, posso essere certo che non dirai nulla a nessuno? Non solo a proposito di quel che ti chiederò, ma anche del fatto che mi hai rivisto e che sono vivo.”

Coulson, dicendo questo, si mise a sedere al tavolino, di fronte alla nipote.

Afdera sospirò, era un po' dispiaciuta, prese la teiera, riempì due tazze di acqua calda e, mentre sceglieva la miscela del te, assicurò: “Non una parola al riguardo uscirà dalla mia bocca. So mantenere un segreto. Lo giuro sul fuoco, l'acqua, la terra e l'aria! Se non rimarrò in silenzio, non ci sia un posto dove il fuoco non possa lambirmi la carne, l'acqua riempire i mi...”

“D'accordo, d'accordo!” la interruppe Phil, spiazzato “Mi fido, non c'è bisogno di tutto questo!”

Afdera sorrise e servì il tè. Coulson si riempì le narici del forte odore di cardamomo, prima di bere.

“Allora, zio, prima affari e poi chiacchiere, oppure il contrario?”

“Solo affari, purtroppo, niente chiacchiere. Vi sto già mettendo in pericolo anche solo con questa breve visita, limitata all'essenziale.”

“Non è facile, per voi, suppongo, di questi tempi. Le notizie dello sfaldamento dello S.H.I.E.L.D. e dei tradimenti sono arrivate fin qui. Se poi devi fingerti morto ... Dev'essere proprio una pessima situazione. Mi dispiace.”

“Anche a me. Grazie.”

“Quando ho ricevuto la tua telefonata, sono esplosa di gioia. Siamo stati tutti malissimo per la tua morte. Quando hai chiamato, subito ho pensato ad uno scherzo di pessimo gusto, ma poi ho capito che era tutto vero e, allora ... Non potrei essere più felice di così!”

“Ne sono contento. Comunque, temo che sia stata quella chiamata a farmi scoprire dall'HYDRA ... credevo che i telefoni pubblici fossero più sicuri.” bevve un lungo sorso “Tua madre, come sta?”

“Come sempre, non ci sono novità.”

“Bene. Nessuna nuova, buona nuova. Veniamo, ora, al motivo della mia visita.”

Coulson prese la valigetta che aveva con sé, l'appoggiò sul tavolo, l'aprì, infine la voltò verso la nipote e le chiese: “Ti dice nulla quest'immagine?”

Afdera lanciò una rapida occhiata e rimase come impietrita, con sguardo agghiacciato, domandò: “A quando risale?”

“Che cosa rappresenta?” replicò Coulson, anziché rispondere.

“Zio, ho bisogno della datazione, per poterti rispondere.”

“Perché?”

“Perché se ha più di un secolo, allora è qualcosa di temibile.”

“E se fosse più recente?”

“Allora non è sicuro al 100% che sia pericoloso.”

“Sappiamo solo che è anteriore al '45, purtroppo.”

“Purtroppo sì. Hai mai sentito parlare di Chtulhu?”

“Lovecraft, certo, bei racconti.”

Afdera fu un attimo incerta, alla ricerca delle parole più adatte, poi iniziò a dire: “Diciamo che Lovecraft ha svelato al pubblico un segreto celato da millenni alla quasi totalità della gente. Come una sorta di sciamano, ha visto cose lontane dagli occhi e ha svelato tremende verità sopite.” fece un respiro profondo “Potrebbe trattarsi di un gingillo per fan di Lovecraft, oppure essere una reale attestazione di un culto di Chtulhu.”

“Un culto?” ripeté l’uomo, sbalordito.

“Sì, vedi? La gente in basso sono i fedeli. Poi ci sono i due sacerdoti, per così dire, padre Dagon e madre Hydra. Infine, in alto e più grosso di tutti, c'è lui: Chtulhu.”

Coulson si accigliò, parecchio perplesso e osservò: “Dev'esserci un errore, ti stai sbagliando. Quello è il simbolo dell'HYDRA. Non può essere Chtulhu.”

“No, zio, l'Hydra è la donna con serpenti al posto della testa. Un cranio con tentacoli è Chtulhu, che notoriamente ha la testa di polipo.”

“Quello è Davy Jones.”

“Ti stai basando su un film.”

“E tu su dei racconti.”

Davy Jones può essere al massimo un abitatore del profondo.” Afdera, poi, scosse il capo, “Zio, tu mi hai chiesto il mio parere e io te l'ho dato, poi decidi tu cosa farne.”

Chtulhu, hai detto?” rifletté Coulson “Quel che mi sembra stano è che quelli dell'HYDRA lo usino come loro simbolo. Insomma, si chiamano in un modo e poi si rappresentano con un altro mostro? Mi lascia perplesso, ecco.”

“Possono aver travisato, oppure, pur avendo Chtulhu come divinità di riferimento e la cui presenza richiamano con il suo simbolo, non osano pronunciare il suo nome. Oppure, loro adorano Chtulhu e si ritengono i suoi portavoce, i suoi sacerdoti e, quindi, si identificano con madre Hydra, piuttosto che padre Dagon, per via delle suggestioni che richiama nella cultura comune.”

Coulson rimase pensieroso qualche momento. Osservò l'immagine. Non aveva ancora osato guardarla davvero, per paura di rimanerne di nuovo incantato come la volta precedente. Questa volta l'effetto fu leggermente diverso, più intenso: non solo sentiva onde lontane e il ritornello incomprensibile, ma gli sembrava che fossero le figure del pannello ad intonare la cantilena, aveva l'impressione che le loro vesti frusciassero e che i serpenti e i tentacoli si muovessero.

Rabbrividì, si scosse, si disse che era impossibile. Alzò lo sguardo e chiese sbrigativamente: “Sai dirmi altro?”

“Nulla di più di quel che si può trovare su internet, mi spiace non poter essere più utile.”

“Va bene così, grazie, ci hai dato una nuova prospettiva per affrontare la questione.”

Coulson stava per richiudere la valigetta e congedarsi, quando gli venne un’altra idea.

“C’è un’altra cosa che voglio mostrarti.” detto ciò, l’uomo voltò il pannello dal lato dei geroglifici “Ti dicono nulla?”

“No. Al limite mi ricordano i disegnigi dei circuiti elettrici degli esercizi della prof di fisica alle superiori.”

“No, non è questo.” Phil scosse il capo, dispiaciuto “Se fosse qualcosa del genere i nostri scienziati lo avrebbero capito subito.” fu indeciso per qualche istante circa se il rivelare o meno l’ipotesi formulata da Skye, infine decise per una via di mezzo: “Ci sono leggende su tesori nascosti legati a Cthulhu o ai suoi adepti o che so io?”

Afdera fece mente locale e poi scosse la testa negativamente e disse: “Non mi risulta. Si parla di oggetti portentosi dati in dono agli abitatori del profondo o ad alcuni seguaci, ma nulla di preciso.”

“Sicura? Niente di nascosto, niente di segreto da dover recuperare.”

Mmmm sì, ma non come lo intendi tu, forse.”

“Raccontami!” la esortò Coulson che non era affatto convinto da quella teoria, ma voleva raccogliere tutte le informazioni possibili.

“Si parla di due città inabissate in tempi antichi, a causa di un allineamento planare. Una è R’Iyeh, dove giace imprigionato e dormiente lo stesso Cthulhu, in attesa che un’altra congiunzione lo possa liberale. L’altra è Y’ha-nthelei, dove vivono gli abitatori del profondo.”

“Abitatori del profondo? È la seconda volta che li nomini, chi sono?”

Uomini-pesce o uomini-rettili, dipende dalle versioni, per alcuni sono progenie di Cthulhu, per altri no, ma comunque suoi seguaci. Tutti, però, concordano circa il fatto che vogliano liberare Cthulhu e conquistare la Terra, o per lo meno dare origine a una nuova razza ibrida tra umani e abitatori del profondo. C’è chi sostiene che esistano già degli ibridi.”

“Quindi si può dire che, da parte di questi cultisti, ci sia la volontà di trovare queste città? Di liberare quest’essere?”

Coulson aveva improvvisamente iniziato a prendere sul serio la faccenda: c’erano alcuni elementi che lo turbavano e un tremendo dubbio lo stava assalendo.

“Sì, certo. Inoltre, sarebbe lo stesso Cthulhu ad attrarre adepti, in sogno, tramite il suo richiamo.”

“Inquietante …”

 

Dunque abbiamo una sorta di mostro alieno divinizzato che dorme nel profondo dell’oceano. Una società d’origine nazista che pare collegata ad esso. Graffiti che forse sono una mappa che forse potrebbe riferirsi a come trovare città sommerse. E, infine, abbiamo abitatori del profondo piuttosto evanescenti. A questo punto entra in gioco la creatura che ho visto nella Guest House. Io ho iniziato a tracciare quei segni dopo l’iniezione del GH325, così come Garret … se dunque quell’umanoide fosse un abitatore del profondo? In fondo è stato trovato in una base dell’HYDRA, stando a quanto ha detto Fury.

 

“Esiste una qualche descrizione di questi abitatori del profondo?” domandò Coulson, col fiato sospeso.

“Nulla di attendibile, né di coerente. Bisognerebbe, forse, forse, fare una ricerca incrociata tra letterature e arti antiche, ma non è detto che ci siano risultati, né che siano corretti. Mi dispiace.”

“Non ti preoccupare, è comunque un inizio.”

“Suppongo che, se mi verrà in mente qualcosa, non avrò modo di comunicartelo.”

“No, infatti.” annuì Coulson, chiudendo la valigetta “Mi farò vivo io, tra un paio di settimane, e mi dirai se ti è venuto in mente qualcosa, nel caso, fisseremo un altro incontro. Va bene?”

Afdera acconsentì.

Coulson, allora, decise che si era trattenuto fin troppo ed era meglio tornare indietro. Recuperò Hunter e Triplett, si congedò e tornò all’automobile.

 

Il viaggio fino a Teheran è stato tranquillo, abbiamo lasciato l'autoblindata nel punto in cui l'avevamo trovata. Abbiamo preferito non aver contatti diretti col nostro solo agente che ci rimane da queste parti, nella speranza che non venga scoperto: spero sia realmente servito a qualcosa.

Andiamo in aeroporto per prendere il volo che ci riporterà verso la base. Di nuovo in classe turistica ... Almeno ci sono bei film da vedere, ma la comodità, che è comunque di qualità, non può reggere al paragone col mio Bus o anche solo col nostro jet. Il jet, però, ho preferito lasciarlo a May, per mettersi sulle tracce di Ward; mentre il Bus, nonostante Fitz stia quasi ultimando il rivestimento per renderlo invisibile, sarebbe stato troppo ingombrante e vistoso. Accontentiamoci, dunque, degli aerei di linea.

Quest'ipotesi che possa c'entrare Cthulhu, mi inquieta parecchio. Sembra assurda, ridicola, ma perché non potrebbe essere vera? È difficile essere scettici, dopo tutto quello che ho visto nella mia vita.

Devo, però, stare attento! Quando si indaga su qualcosa, su qualsiasi cosa, non bisogna mai lasciarsi condizionare da suggestioni e preconcetti; bisogna prima raccogliere tutti gli elementi e solo dopo formulare ipotesi, altrimenti si corre il rischio di trascurare alcuni fattori e vederne di inesistenti, nel desiderio di confermare la propria teoria. Bisogna essere elastici ed essere pronti a cambiare idea, nelle indagini, ogni volta che un nuovo elemento mette in discussione quanto ragionato precedentemente.

Oh, accidenti!

Di nuovo questi dannati geroglifici, o quel che diamine sono!

Ero sovrappensiero e non mi sono accorto di stare di nuovo disegnando questi segni! Maledizione! Che saranno?

Non mi danno pace, non mi danno tregua! E la frustrazione del non sapere cosa siano si fa sempre più grande! È angosciante!

Che vorranno dire e perché prendono praticamente possesso della mia mano?

Mi sento male! Sono pazzo?

Che mi sta facendo il GH325?

E, intanto, continuo a riempire i margini del giornale con questi segni! È impossibile resistere! È più forte di me!

Non ho controllo della mia mano, ma so che il cercare di impedirmi di disegnare mi farebbe soffrire, lo sforzo nel resistere a quest'impulso mi farebbe impazzire! Finirà col dominarmi, questa grafomania e qualsiasi cosa ne sia la causa? Dovrei lottare? Dovrei impiegare tutta la mia volontà per impedire di venire posseduto? Da cosa, poi?

Ogni volta che la mia mano inizia a scrivere o incidere, io appaio a chi mi vede come estremamente calmo e lucido, ma non lo sono per niente! Il mio corpo è come controllato da qualcun altro, ma la mia mente (come se fosse separata da tutto il resto) si dispera, grida di paura, si agita ma è come incatenata. Anche adesso è così, anche adesso guardo con orrore i simboli che la mia mano va componendo.

 

Pian, piano l'impulso scema. Io mi sento un po' più calmo.

Meglio dormire! Sì, un bel riposo mi farà soltanto bene. Chiudo gli occhi. Respiro profondamente. Sono molto stanco, il sonno mi vincerà presto, lo sento ...

Vedo Tahiti...non il progetto, devono essere i ricordi che mi hanno impiantato. Il Sole e caldo, lo è anche la morbida sabbia su cui sono disteso. Profumo di salsedine e di piante tropicali. Uccelli che volano e cinguettano. Le onde rumoreggiano dolci e calme. La marea sale, ora i miei piedi sono sul bagnasciuga e ogni tanto vengono spruzzati dall'acqua. È tutto perfetto in questo posto magico. Sento qualcosa...un canto? Non capisco, che dice? Voglio capire meglio, tendo le orecchie...

 

Ph'nglui mglw'nafh Cthulhu R'lyeh wgah'nagl fhtagn

Ph'nglui mglw'nafh Cthulhu R'lyeh wgah'nagl fhtagn

Ph'nglui mglw'nafh Cthulhu R'lyeh wgah'nagl fhtagn

 

Mi sveglio di colpo!

I battiti del mio cuore sono accelerati.

Sono sempre sull'aereo con Hunter, Triplett e più di un centinaio di altri passeggeri.

È stato un sogno, inquietante, ma solo un sogno!

Inquietante? Perché l'ho definito così? È stato, anzi, molto piacevole...quella cantilena, però, mi ha dato i brividi!

Il tono mi ricorda quello del ritornello che mi pare di sentire quando guardo il pannello. Meglio annotarselo, non si sa mai. Carta e penna le ho qui a portata di mano. Allora, com'era? Come diceva? Phngul mwah...

Ah, sì, ecco: Ph'nglui mglw'nafh Cthulhu R'lyeh wgah'nagl fhtagn.

Cthulhu ... R'Iyeh... La faccenda si fa ancora più inquietante!

Dunque mia nipote avrebbe ragione? Mah! Forse è più probabile che il mio inconscio si sia lasciato suggestionare e ha inserito quei nomi nel mio sogno.

 

Nota d’Autrice: Grazie a tutti per continuare a leggere! ^-^

Ora finisce la fase “missing moment” tra l’episodio 6 e l’episodio 7.

Consiglio, quindi, a chi non volesse spoiler, di non leggere il prossimo capitolo, finché non avrete visto il settimo episodio.

Grazie ancora a tutti, spero che vi piaccia questa storia, se vorrete lasciare un commento, apprezzerò.

 

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Capitolo 6
*** FitzSimmons parte I ***


Premessa dell’autrice: Questo capitolo inizia ambientato nel corso del settimo episodio della seconda stagione. Sconsiglierei la lettura a chi non ha ancora visto la puntata, sia per la presenza di spoiler, sia perché considero per noti alcuni fatti.

 

Questa giornata è tremenda! Tra Ward che si è accorto di Bobby che lo seguiva, l'esplosivo che ha con sé e, soprattutto, con Coulson che sembra impazzito!

Sapevo che non era una buona idea usare su di lui la macchina della memoria, ma lui è il direttore ed è lui a decidere. Mi ha fatto impressione, vederlo agitarsi in quella maniera, sentirlo parlare freneticamente, blaterare in quel modo... Non è bello vedere il proprio capo in un tal stato.

Adesso Skye l'ha portato nella cella di sotto, spero riacquisti presto la lucidità. So che teme di diventare come Garrett, per fortuna non pare arrivato a un simile stato!  Suvvia, dovrebbe essere semplicemente scosso dai ricordi che ha rivissuto: non dev'essere stato piacevole, chissà cos'è successo...dalle sue parole non ho capito molto. Skye, invece, sembrava capire  bene, probabilmente  sa qualcosa di più. Mi infastidisce, un po', non sapere  che cosa accada esattamente, ma in fondo sono abituata alla segretezza, alla compartimentazione; anzi, c'è   fin  troppa  condivisione  di  informazioni, rispetto a prima. Beh, forse questo è dovuto anche al fatto che sono tra gli stretti collaboratori del direttore Coulson. Non così  stretta  per  sapere  che  cosa ci  sia dietro  a  questa faccenda. Poco male, mi fido di May e di Skye, sono certa che agiranno al meglio.

Sono molto più preoccupata per Fitz. Non solo per la sua salute, ma anche per i suoi sentimenti, per  la  sua  felicità. Una  volta  sorrideva  spesso, quasi sempre; era allegro e geniale, sicuro  in quel che  faceva. Ora è  più  schivo, impaurito, lavora ai suoi progetti da solo. Non è più lo  stesso...

Io non sopporto di vederlo così! Rivoglio il mio amico!

Soffre  e  la mia  presenza  lo  fa  stare  ancor peggio. Io ... io ... mi odio!

Odio  il  fatto  di  essere  la causa del  soffrire  di  quella  che  è  la persona più importante per me, oltre  ai miei genitori. Non sarei dovuta andare  via, ma al momento sembrava la  soluzione migliore, sembrava  potesse  essere  un  sistema  per  aiutarlo  e, invece, le cose sono  solo  peggiorate  e  ora mi odia!

E  soffre!

Adesso mi evita. Quasi non mi rivolge  la  parola  e  l'unico con cui trascorre del tempo è Mack. Anche adesso, sono  lì, assieme, davanti al televisore, con un videogioco. Li sento parlare.

 

“Sai, i miei capi mi piacciono non incasinati, sempre.”

 

Sta dicendo Mack.

 

“Sì, lo è. O lo sarà. Si rimetterà, lo ha già fatto. Oltretutto … il cervello non cancella mai i file. Si perdono solo le connessioni, ma c’è sempre un backup. È solo questione di scavare e trovarlo.”

 

Accidenti! Era  da  un  po’  di  tempo  che  non  sentivo fare a Fitz un discorso così lungo e  filato, senza  interruzioni, senza  che  si debba fermare a cercare le parole. Va beh, gli capita più che altro nei discorsi tecnici e scientifici di bloccarsi, ma è comunque un piacere  sentirlo così. Inoltre, mi sembra che ci sia  speranza nelle sue parole ed è forse la prima emozione  positiva che gli  sento  trasmettere, dopo molti giorni. Ha usato un tono piatto, però ho percepito la sua speranza.

 

“Quindi anche tu hai file di backup?”

 

Gli domanda Mack … non lo sopporto!

No, non è che non sopporto lui è che … sì, sono gelosa, ho paura … Fitz si sta allontanando  troppo da me e si avvicina troppo a lui … Meglio unirmi alla conversazione.

 

“Qualcuno ha visto Skye?” chiese Simmons, avvicinandosi al divano.

Non ricevette risposta, entrambi gli uomini rimasero in silenzio. La scienziata capì che aveva spezzato la conversazione, anziché unirsi ad essa. Sì, effettivamente non aveva detto nulla di appropriato, ma non aveva neppure voluto far capire che li stava origliando.

Sì, in effetti, non aveva voluto unirsi a loro, ma proprio interromperli, cercare di ostacolare il loro legarsi … Si vergognò, non era stata per nulla corretta. Diceva di volere il bene di Fitz, ma poi non lo voleva troppo legato agli altri, cioè, insomma, non lo voleva troppo lontano da lei.

Per la vergogna distolse lo sguardo e l’occhio le cadde sui monitor di sorveglianza e notò che Skye era stata rinchiusa nella cella.

Simmons e i due uomini si precipitarono a liberarla, a chiederle che cosa fosse successo e dove fosse Coulson. Skye spiegò brevemente e pochi minuti dopo era in auto con Mack, per raggiungere Phil e impedirgli di commettere pazzie. Con la ragazza era andato l’esperto di meccanica, poiché era l’unico operativo rimasto alla base, dal momento che Triplett, Hunter e Bobby erano con May a cercare di catturare Ward.

Jemma pensò che, finalmente, avrebbe potuto trovare il tempo di parlare con Fitz, con calma e tranquillità, senza che nessuno potesse interromperli, senza che il giovane si rifugiasse da Mack.

La donna, per un attimo, si domandò se non fosse meglio lasciare in pace l’amico ma, no, non se la sentiva, avrebbe fatto almeno un ultimo tentativo per riuscire a riguadagnare l’armonia che c’era precedentemente tra di loro o, per lo meno, iniziare a ricostruirla e, comunque, anche se non ci fosse riuscita, molto probabilmente alla fine non si sarebbe arresa e avrebbe continuato ancora e ancora.

Non avrebbe rinunciato a Fitz!

Strano, non aveva mai immaginato di tenere così fortemente all’amico … Ricordò quella volta in cui Fitz era dovuto andare in missione con Ward: quanto si era preoccupata! Quanta angoscia!

Era stata assai in pena per lui, aveva temuto anche allora di perderlo. Tanta era stata la sua apprensione, che era stata disposta, per la prima e unica volta nella sua vita, a violare le regole dello S.H.I.E.L.D. pur di avere notizie su di lui e la sua missione. Aveva fatto bene, in quell’occasione, a fare la cosa ‘sbagliata’: lei e Skye avevano avuto la possibilità di scoprire la realtà dei fatti e salvare gli amici. Era certa, dunque, che anche nell’attuale situazione doveva fare come il suo istinto, il suo cuore, le suggeriva.

Simmons andò nella cucina della base e preparò velocemente uno spuntino, il preferito di Fitz: waffle con yogurt greco, miele d’acacia e noci. Mise tutto su un vassoi etto, assieme ad acqua e bicchieri e andò nel laboratorio, dove sapeva essersi rifugiato l’amico.

Toc-toc!” esordì lei, sorridente, sulla soglia “Si può entrare?”

Fitz era seduto a un tavolo e leggeva degli appunti; voltò leggermente il capo, incurvò le spalle, fu scosso da un fremito di nervosismo. Iniziò a respirare in maniera accelerata, come un principio di iperventilazione.

 

Perché? perché quest’ansia?

È simmons! È la mia migliore amica, è la donna che amo o che ho amato, almeno … sono sicuro di amarla ancora, se non riesco quasi a sopportarne la vista?

Sì, forse sì … forse è proprio l’amore per lei che mi fa sentire così a disagio. Se fosse solo un’amica, riuscirei a stare in sua presenza, ne sono certo, ma ora ho paura di sembrare un completo idiota ai suoi occhi.

Insomma, conosce triplett, conosce un sacco di gente in gamba e sa fare il proprio lavoro e poi ci sono io, che fatico pure ad esprimermi.

Dannato ward! È tutta colpa tua!

Prima potevo avere qualche speranza con lei, ma ora?

Non ho più la mia genialità, non ho più nulla!

Adesso, appena la vedo, ecco che mi agito, mi innervosisco, sento l’ansia … perché?

Finché il mio inconscio mi parlava coi panni di jemma riuscivo a parlarle, ora che lei è davvero qui, ho il caos più totale dentro di me!

Sono arrabbiato perché si è allontanata, perché mi ha lasciato solo, quando più avevo bisogno di un amico vicino. Era in missione, d’accordo, ma poteva dire di no.

Ora è qua e io non so che cosa fare.

 

“S...sì, vieni...pure.” bofonchiò Fitz, distogliendo lo sguardo e tornando a fissare gli appunti.

“A cosa stai lavorando?” chiese Simmons, cercando di rompere il ghiaccio; aveva sorriso e il suo tono era stato gentile e interessato.

“Niente.” rispose seccamente lui, spegnendo il tablet che aveva tra le mani “Che cosa vuoi?” domandò seccamente, senza guardarla.

“Nulla. Solo fare due chiacchiere... Guarda: ho fatto i waffle!”

Jemma era radiosa e mostrò il vassoio con il dolce.

“Non sono un bambino che si consola con la merenda!” si stizzì Fitz, lanciò all'amica uno sguardo pieno di ira e dolore.

Simmons fu sorpresa e, lì per lì, avrebbe voluto arrabbiarsi, ma si contenne e, sempre gioviale, replicò: “Non ho mai detto che fosse per te.”

“Per chi, allora? Triplett non c'è...” fu la sarcastica risposta.

“È per me!” esclamò la donna e addentò un’intera metà di waffle, riempiendosi troppo la bocca, quasi rischiando di strozzarsi.

Fitz si mise a ridere.

Jemma sentì di essere riuscita a stemperare la tensione.

Mentre la risata ancora continuava, lo stesso Fitz si stupì. Appena si accorse di quell'accenno alla sintonia passata, lui troncò il riso e tornò serio: aveva paura. Paura che le cose tornassero come prima, almeno con lei, almeno per un po’ di tempo … fino a quando lei non lo avrebbe di nuovo abbandonato.

Come avrebbe potuto sopportare di nuovo un abbandono da parte sua? Era stato così difficile la prima volta...!

La lontananza improvvisa, prolungata, apparentemente immotivata gli avevano fatto troppo male, sia al suo cuore che alla sua mente. Si era sentito solo, perso!

Certo, Skye e May gli avevano rivolto la parola, più volte, quando Simmons non c’era, ma non era la stessa cosa! Erano persone che conosceva da pochi mesi, Jemma, invece, era al suo fianco da anni, sapeva tutto di lui! La loro complicità, il loro rapporto era qualcosa di unico, per lui, e irripetibile, che non poteva sperare di stringere con qualcun altro, tanto meno in così poco tempo!

Inoltre non sopportava i loro sguardi, pieni di pietà e commiserazione, come se lo tenessero con loro e gli parlassero come un vecchio parente rimbambito che non si è abbastanza crudeli da lasciare in un ricovero, ma da cui non ci si aspetta più nulla di utile o interessante.

Mack era diverso; non avendolo visto come era prima, non poteva compatirlo quanto gli altri, ma comunque non riusciva a percepirlo realmente come un amico, nonostante trascorresse molto tempo con lui.

“A cosa stai pensando?” domandò Simmons, cortesemente.

“Eh? Come...?” si scosse Fitz dalle proprie ansie.

“Sei rimasto silenzioso per un paio di minuti, non so se stessi ragionando o se fosse un modo per dirmi di andarmene.”

Jemma...” Fitz era parecchio indeciso.

 

Via, una volta per tutte devo vuotare il sacco!

Almeno saremmo entrambi chiari e arriveremo ad una conclusione. Se sarà negativa, se porrà fine alla nostra amicizia, sarà comunque meglio di questo limbo in cui mi trovo!

Io spero ancora che lei mi sia almeno amica, ma la evito, per paura che non sia così, per timore di scoprirla diversa, di dover soffrire.

In fondo, da quando è tornata, cerca di comportarsi come nulla fosse, ma allo stesso tempo temo la sua pietà ...

Non sapere, però, come stiano realmente le cose mi fa stare ancora peggio.

Finché non parleremo chiaramente, lei è sia la mia stessa amica di prima, sia una che mi compatisce come tutti gli altri ...

Via, è ora di aprire questa scatola di Schrodinger e scoprire se il gatto è vivo o morto.

 

Jemma...” ripeté lui.

“Sì?” lei lo incoraggiò con lo sguardo.

“Dobbiamo parlare.”

“Non desidero altro.”

“Sei diversa.” sentenziò Fitz, con una punta di rimprovero.

“Che intendi?” Simmons era estremamente meravigliata: tutto si aspettava, fuorché una simile affermazione.

“Guardati! Hai tagliato i capelli, ti vesti molto diversamente da prima …”

“Ho cambiato look per la copertura e allora? Sono sempre io!”

“No, come dice Skye, hai visto il mondo fuori dal laboratorio. Io, invece, sono rimasto qui, solo! Tutto attorno a me è cambiato: non siamo più un team, ma il cuore dello S.H.I.E.L.D., non siamo più agenti, ma ai vertici. È arrivata nuova gente, una miriade di impegni e preoccupazioni hanno mosso tutti quanti... E io sono rimasto indietro, anzi, oltre a rimanere fermo al passato, il mio cervello ha avuto un bug e ora non funziona più come prima. Non sono più adatto a tutto questo, non sono più altezza! Prima dell'incidente, avrei potuto anche gestire la situazione. Ero un ingegnere con un quoziente intellettivo di 203 punti. La mia stessa conoscenza e intelligenza mi avrebbero permesso di sentirmi a mio agio, in mezzo a questi nuovi colleghi, avrei potuto interagire con loro, guidarli, forse. Certo, non avrei stretto amicizie, forse, forse avrei trovato piacevole chiacchiere con qualcuno di loro, fuori dal laboratorio.” il suo tono era profondamente malinconico“Sarei stato bene, però; un po' solitario, ma come lo sono sempre stato; anche senza troppi legami, sarei stato tranquillo, rilassato...felice... Felice non so...la tua lontananza mi avrebbe fatto comunque soffrire, ma sarebbe stato diverso.” iniziò ad innervosirsi “Con il cervello in queste condizioni, niente di tutto ciò è stato possibile! Sono uno scienziato che non sa più nemmeno i termini basilari!” ora era furioso “Il mio discorso più sensato è: se prendiamo il coso e gli diamo una carica di quello, l’effetto dell'’altro coso potrebbe causare una cosa! Dì, hai capito qualcosa?”

Simmons, imbarazzata, mormorò: “Di quest'ultimo pezzo, no.”

“Ecco e, di solito, tu mi capivi al volo, non dovevo neppure concludere le frasi, perché lo facevi tu per me ... e viceversa... Adesso? Non riesco ad esprimermi con te, figurati con gli altri! Credo che i nostri colleghi si domandino che cosa ci stia a fare in laboratorio; le prime volte avranno pensato fossi l’addetto a riordinare. Probabilmente mi disprezzano ... sicuramente!”

“Non dire sciocchezze!” si affrettò a dire Simmons, che non sopportava di vederlo così disperato “Di certo ti considerano strano, perché te ne stai sempre sulle tue, ma non puoi dire che ti disprezzino! È vero, ora hai delle difficoltà, ma sei comunque riuscito a dare un grande contributo a tutti quanti!”

Fitz la fissò in cagnesco, un po’ risentito, ma non disse nulla.

“So che è difficile e doloroso per te. Non posso dire che ti capisco, perché non sarebbe vero. Io non sono nelle tue condizioni e, quindi, posso solo supporre, immaginare come sia terribile per te. Sono però certa che tu non sia differente da prima. Tu sei sempre e comunque il geniale dottor Fitz e, anche se al momento ti occorre più tempo per le tue scoperte ed invenzioni, tu hai più capacità e bravura di tutti gli altri scienziati qua dentro, messi assieme!”

“Allora siamo proprio messi male!” esclamò, poi rifletté e per qualche secondo rimase in silenzio: quelle parole, comunque, lo avevano parecchio colpito. Con un accento di speranza, domandò: “Lo pensi davvero?”

“Sì.” Simmons gli si avvicinò e gli poggiò una mano sulla spalla “Ti sei ripreso rapidamente e stai facendo un buon lavoro per...”

“...per le mie condizioni?!” sbottò lui, interrompendola, aspro e furente, e si ritrasse.

“No, non intendevo questo. Io non metto affatto in discussione le tue capacità!”

“Dici così solo per tentare di consolarmi, di non farmi arrabbiare, ma non lo pensi affatto!”

“No, io ...”

“Non fai altro che compatirmi, esattamente come tutti gli altri!” ira e dolore, ormai, erano indistinguibili nell’animo e nella voce di Fitz “Sono inutile, ormai, non mi sbattete fuori solo per pietà o, forse, per paura che l'HYDRA mi prenda e mi estorca informazioni.”

Fitz, non è affatto vero!” Jemma era estremamente dispiaciuta “Noi ti vogliamo tutti bene e facciamo affidamento su di te!”

“Per il bene, può essere.” si placò un poco l’uomo “Non parlarmi però di lavoro! Vieni qui a controllarmi, mi tratti come un bambino, pensi ch'io non sappia più cavarmela da solo, che abbia bisogno costante di essere sorvegliato e aiutato!”

“Non è così!” questa volta fu lei a sentirsi offesa e, quindi, si impuntò nel difendere le proprie azioni: “Io mi sono sempre comportata così con te! Ricordi quella volta che ti preparai il panino, quando sei andato in missione con Ward? Io ti sono sempre stata vicino, ho sempre voluto fare quel che era in mio potere per te!”

“Adesso è diverso...”

“No, non lo è! Sei tu che mal interpreti il mio atteggiamento. Io mi comporto proprio come prima!” fece una breve pausa “Sì, ammetto che forse sono stata un poco più apprensiva, ma è perché mi sento in colpa!”

“In colpa?” si stupì Fitz.

“Sì. Io sono certa che tu abbia ancora tutte le tue qualità e potenzialità di prima, mi rendo però conto che tu fai fatica. Ti senti frustrato, vorresti essere attivo come prima, ma per il momento fai fatica, ti senti mutilato e a disagio ... Lo so, lo vedo e me lo hai detto. Soffro a vederti così e cerco di aiutarti in tutto ciò che posso poiché so che, quel che ti è accaduto, è colpa mia.”

“No, è colpa di Ward!”

“Sì, in parte sì. Tu, però, hai scelto di dare a me il solo ossigeno che avevamo a disposizione. Tu eri pronto a morire per me, tu hai sacrificato parte delle tue capacità per me... Io non posso lasciarti solo, io devo starti vicino e fare di tutto per te!” la giovane aveva le lacrime agli occhi.

“Visto?! Ti stai contraddicendo! Ammetti che non sono più geniale e che stai con me per pietà e per far stare calma la tua coscienza!”

“No, i sensi di colpa sono secondari ...” ormai Jemma era confusa, l’emozione aveva preso il sopravvento su di lei: voleva ad ogni costo aiutare e far star bene il proprio amico, ma non riusciva a trovare le parole adatte e questo la faceva quasi disperare.

Disse, con voce alterata da un pianto che tratteneva: “A me manchi moltissimo, io vorrei che il nostro rapporto tornasse profondo e intenso, vorrei che ci capissimo ancora con un semplice sguardo, che bastasse solo la reciproca presenza per stare bene. Eravamo una coppia perfetta, ora qualcosa si è inceppato, ma possiamo aggiustare tutto!”

Simmons aveva le guance rigate da lacrime che none era riuscita a trattenere: non sopportava l'abisso che si era creato tra loro.

Fitz scosse il capo, non era convinto per nulla e disse: “Con queste parole, stai contraddicendo gran parte di quel che hai fatto. Quando il nostro rapporto era armonioso, non gli davi troppa importanza. Ero il tuo migliore amico ...”

“Lo sei tutt’ora.” precisò lei, con veemenza.

“Non ero, però, importante quanto tu lo eri per me. Amicizia e amore sono ben diversi. Fin da subito, ho notato come Triplett ti guardasse e soprattutto come tu lo guardassi. C'è attrazione tra voi ... Sono stato geloso!”

Per la prima volta, Simmons rifletté sugli atteggiamenti un po' invasivi, un po' preoccupati che aveva avuto Fitz i primi tempi in cui Triplett si era unito al team.

“Mi vuoi bene, sì, e mi sono illuso, quando ti sei preoccupata tanto per la missione con Ward. Già allora, però, la tua apprensione mi ha irritato; come se fossi stato un bambino incapace e da proteggere!”

“Ti hanno mandato in una zona di guerra! Tu che non avevi mai impugnato un'arma, se non in fase di costruzione!”

“Sono un agente dello S.H.I.E.L.D.!” ribadì Fitz a denti stretti.

“Infatti te la sei cavata benissimo! All'epoca sono stata troppo apprensiva perché ti voglio troppo bene, perché sei importantissimo per me!”

“Ecco, colleghiamoci alla seconda contraddizione: perché te ne sei andata? Non dire che era necessario per lo S.H.I.E.L.D. perché avrebbe potuto andare qualcun altro. Inoltre, avresti potuto dirmelo! Mi sarei preoccupato, sì, ma almeno non avrei pensato che mi avessi abbandonato. Come posso fidarmi ancora?” l’ira di Fitz era ormai tutta fuoriuscita, ora rimaneva solo la sofferenza e la sua fragilità; dovette sforzarsi, vincere il dolore alla gola, per dire: “È sbagliato, lo so, ma io ho bisogno di appoggiarmi a qualcuno, di un sostegno, di costanza; ora più che mai.”

Jemma sgranò gli occhi, si sentì nuovamente offesa, incrociò le braccia e chiese: “Quindi, perché temi ch’io mi allontani di nuovo, preferisci affidarti a Mack. Che garanzie ti dà?”

“È l'unico che non mi tratta come un invalido!”

“Nessuno ti tratta così! Sei tu che lo credi!” insisté Simmons, estremamente dispiaciuta e un poco esasperata da quel ritornello.

Fitz la fissò torvamente, non sapeva cosa rispondere. Il suo collo tremava visibilmente per il groppo in gola.

 

Effettivamente anche il mio inconscio continuava a dirmi che ero io ad isolarmi e non gli altri ad escludermi e, per quello che ho potuto verificare, è abbastanza così … però …

 

“Non ha importanza, nulla ne ha!” sbottò lui, aggrappandosi di nuovo a qualcosa che lo facesse infuriare “Ricordi quando stavamo cercando la Provvidenza? Ricordi che dicesti che, almeno, eravamo ancora uniti e io ti dissi che non avrei mai voluto che le cose cambiassero? Ricordi che cosa rispondesti? Che ormai era tardi, che le cose erano già cambiate …”

“Eh?!” si stupì Simmons “Che cosa c’entra questo, adesso?”

“C’entra, c’entra …” Fitz aveva l’amaro in bocca “Tu, così, hai detto chiaramente che il nostro rapporto non era più come prima, che era già stato destabilizzato … e io so qual è stato l’elemento alieno che si è introdotto nel nostro sistema e ha spezzato l’equilibrio: Triplett.”

“Cosa?! Tu ti stavi riferendo a noi due? Io credevo che intendessi la nostra squadra, il nostro lavoro, lo S.H.I.E.L.D. in generale … Quello ormai era cambiato, compromesso dall’HYDRA.”

“Davvero?”

“Certo.”

“Non lo stai dicendo solo per calmarmi?”

“Assolutamente! Non ti mentirei mai, lo sai. In quel momento, nemmeno ci pensavo a Triplett, eravamo così, allo sbando, in mezzo alla neve, senza conoscere le forze e quelle dei nemici, convinti che il Direttore Fury fosse morto ... Ero stravolta, preoccupata. L'unico pensiero che mi sollevava era che fossimo uniti e averti vicino, anche se tutto il resto era stato capovolto.”

“Bene, torniamo, allora, alla domanda che ti ho più volte fatto e alla quale non hai ancora risposto: se davvero sono così importante per te, perché mi hai abbandonato, quando avevo più bisogno di averti vicina?”

Simmons guardò amaramente l’amico, sospirò, si avvicinò e, con tono contrito, gli disse: “Pensavo che la mia vicinanza ti facesse più male che bene. Vedevo che eri in imbarazzo e ti vergognavi, quand’ero in laboratorio con te. Credevo che la mia presenza ti agitasse e innervosisse ancor maggiormente, quando non trovavi risposte, e quindi ho pensato di allontanarmi, ritenendo che tu potessi sentirti più tranquillo, libero e senza pressioni.”

Fitz rifletté qualche momento e, con tono spento e triste, ammise: “Sì, è vero. La paura di deluderti e di non essere all’altezza, non solo del lavoro, ma anche tua, è tremenda. Il sapere di non poterti offrire nulla mi tormenta. Stare lontano da te e pensare che tu te ne fossi andata proprio perché scontenta di me, è stato ben peggiore.”

Jemma istintivamente lo abbracciò, lo strinse forte, forte a sé e gli disse: “Lo so, me lo hanno detto e … e mi dispiace davvero tantissimo! Ho sbagliato e te ne chiedo scusa. Prometto che d’ora in poi non ti terrò nascosto nulla e ti chiederò il tuo parere, prima di prendere decisioni del genere e, anche se deciderò diversamente, ti spiegherò sempre il perché.”

Fitz, dapprima rigido, si sentì confortato, alla fine si sciolse e ricambiò l’abbraccio. Era stanco di essere in conflitto con Jemma e, quindi, rassicurato da quelle parole, decise di fidarsi nuovamente.

“Beh, facciamo merenda? I waffle saranno ormai freddi.” disse il ragazzo, con un sorriso, per stemperare la tensione e far capire che per lui la situazione era risolta.

Simmons si sentì rinfrancata e sollevata.

Si misero a mangiare assieme, ma presto dovettero interrompere, poiché Coulson, Skye e Mack stavano rientrando alla base.

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Capitolo 7
*** Pensieri ***


Premessa dell’Autrice: Salve a tutti, mi sa che per un po’ farò delle premesse cronologiche (come avrete già osservato precedentemente) per contestualizzare al meglio quel che scrivo, rispetto alla serie; anche perché alcuni capitoli li ho già scritti e quindi li adatto e li aggiusto a seconda di quel che vedo; benché temo che dopo l’episodio 8 dovrò abbastanza discostarmi per lo meno dalla trama principale; vedremo! ^__^

Intanto, questo capitolo è ambientato sul finale dell’episodio 7

 

Coulson sembra essersi finalmente calmato. L'ossessione per quei simboli lo aveva davvero alienato da qualsiasi altra cosa! Non so quanto la decisione di utilizzare la macchina della memoria sia stata dettata dalla necessità di salvare almeno una vita e quanto dal desiderio di scoprire di più sui suoi graffiti.

Mi fa impressione pensare al fatto che un extraterrestre, tramite del dna, sia riuscito ad innestare dei propri ricordi su altre persone e che tale pensiero fosse così forte da farle impazzire … Accidenti, è come se, dopo una trasfusione di sangue, si potessero avere memorie del donatore. Mi pare scientificamente impossibile!

Certo, però, anche la resurrezione è impossibile, eppure almeno sette persone sono state riportate in vita dallo S.H.I.E.L.D.

Se il dna alieno aveva capacità di rigenerare i tessuti, può essere che abbia rigenerato anche se stesso e, effettivamente, dalle ultime scoperte scientifiche, pare che il dna conservi memorie collettive, come una sorta di inconscio collettivo. Forse, dunque, non erano i ricordi di un singolo, ma di un'intera razza.

Comunque sia, perché su di me non ha avuto effetto? Coulson pensa che sia perché in realtà potrei essere un'aliena anch'io. La questione, però, non mi torna: extraterrestre o meno, l'essere avrebbe dovuto comunicare qualcosa anche a me, a meno che io non derivi proprio da quella razza ma, in tal caso, non sarei dovuta rigenerarmi da sola? Perché ho avuto bisogno del siero? La forma umana non lo permette? E perché ho aspetto umano? Potrei cambiarlo, teoricamente?

Ci sono troppe incongruenze e cose che non capisco! Come le ultime ricerche che Coulson mi ha fatto fare su Lovecraft e i suoi racconti ... mah, ora gli chiederò. Sono dieci minuti che lo aspetto qui, davanti al suo ufficio, ormai dovrebbe chiamarmi.

 

Un paio di minuti dopo, May passò davanti a Skye ed entrò nell’ufficio di Coulson; la ragazza ne approfittò per entrare nella stanza e sentire che cosa il direttore e il signor Thompson, l’uomo che avevano salvato poche ore prima, si stessero dicendo. Coulson gli aveva raccontato la verità sul suo essere un ex agente dello S.H.I.E.L.D., sul progetto T.A.H.I.T.I., sulla manipolazione dei suoi ricordi e le ossessioni dei simboli. Thompson aveva ringraziato per la sincerità e poi aveva espresso il desiderio di tornare alla sua vita degli ultimi anni, poiché era quella l’unica che conosceva.

L’uomo uscì. Coulson rassicurò sia May che Skye circa le proprie condizioni, poi chiese alla prima di radunare tutto il team per una comunicazione importante, mentre chiese alla ragazza di trattenersi qualche minuto per un aggiornamento. May uscì.

“Allora, mi dirai, finalmente che cosa hai finalmente capito su quei geroglifici?” chiese la giovane, giovialmente.

“Tra poco ne parlerò ampiamente con tutti gli altri. Comunque, posso anticiparti che si tratta, sì di una mappa, ma non di un territorio, bensì di una città.”

“Bene, quindi cercheremo nel Tuttocittà.” scherzò la ragazza.

“Più o meno.” Phil sorrise a propria volta “Ad ogni modo non te ne occuperai tu.”

“Come?!” si sorprese Skye, un poco risentita “Credevo che questa indagine fosse mia.”

“Compartimentazione. Voglio che tu ti concentri sulle ricerche che ti ho affidato prima e del cellulare di Bakshi. Della città vi occuperete tutti in generale, ma tu non dovrai fare parola delle tue altre indagini: preferisco che le due ricerche rimangano separate, al momento, in modo che l'una non influenzi l'altra e non ci siano suggestioni. A proposito, le ricerche su Lovecraft e Cthulhu come procedono? Ti ho chiesto di fermarti qui, ora, per parlare di questo, quindi dimmi tutto.”

“Ho messo tutto il materiale interessante e le mie osservazioni su una chiavetta. Eccola.”

Skye porse la usb all'uomo. Coulson la prese, la infilò nel pc e iniziò a scorrere i file, chiedendo: “Intanto, cosa puoi dirmi? Cosa c'è di importante per te?”

“Una sorta di mostruoso extraterrestre semidivino dormiente in fondo all'oceano, che vorrebbe essere risvegliato e dominare il mondo, è una faccenda alquanto preoccupante a cui fare fronte o, per meglio dire, sarebbe preoccupante, se solo non si trattasse di racconti di fantasia sorti dalla mente contorta di quello che è considerato un maestro dell'horror. Coulson, sinceramente non capisco perché mi hai commissionato queste ricerche.”

“È per verificare un’ipotesi. Anch’io sono molto scettico, ma chi mi ha suggerito questa pista è molto sicuro e non ha motivo di mentirmi. Cosa puoi dirmi, invece, su Lovecraft?”

Skye alzò le spalle e disse: “È stato sovrastimolato fin dall’infanzia con letture poco adatte alla sua tenera età; ad esempio leggeva Poe già alle elementari, se non prima. Suo padre è stato internato, lui ha sofferto parecchio per la morte dei nonni, fin dai dieci anni è stato vittima di esaurimenti nervosi che poi sono divenuti pure isteria e depressione. Aveva paura ad andare a dormire! Era decisamente disturbato.” la giovane assunse un’aria severa “Ammesso pure il remoto caso in cui lui fosse convinto di dire il vero, si sarebbe trattato solamente del vaneggiamento di un malato.”

Coulson ascoltava e contemporaneamente scorreva i file sullo schermo. Osservò: “Qui hai nominato Crowley; a che proposito?”

“Alcuni hanno osservato profonde somiglianze tra gli scritti di Lovecraft e quelli di Crowley. Non ci sono, però, attestazioni di una loro reale conoscenza, tanto meno di una frequentazione. Esoteristi odierni sostengono l'esistenza di una corrispondenza segreta tra i due, di incontri avvenuti tramite i viaggi astrali!” alzò gli occhi al cielo, scuotendo il capo per quelle assurdità “Addirittura che Lovecraft sia stato allievo di Crowley, nell'ambito dell'occulto.”

“Lovecraft nella Golden Dawn ... interessante.”

“Impossibile.” lo corresse la ragazza “Suvvia, si tratta di vaneggiamenti privi di qualsiasi dato per supportarli!”

Coulson aveva un’aria cogitabonda e chiese: “Tu sai qual era un requisito fondamentale per diventate uno sciamano?”

“Non me ne sono mai interessata, non la ritenevo la mia carriera.” scherzò la ragazza.

“Una psicosi, il soffrire di qualche disturbo mentale.”

“Ci credo, per vedere gli spiriti!”

“L'iniziazione consisteva, però, nell'affrontare, combattere e soggiogare gli spiriti con cui si era in contatto; proprio come gli psicologi devono andare in terapia per poter imparare a fare davvero il proprio mestiere.”

“Scusami, ma non ti seguo: dove vuoi arrivare?”

“Molte tradizioni parlano della magia come qualcosa che può dare grande potere, ma anche causare follia, se non è ben dominata. Un potere e una conoscenza tali da poter essere sopportarti solo da una mente e un animo forti. Bisogna essere più potenti della magia stessa per piegarla e usarla e non esserne sopraffatti. All'epoca di Lovecraft, l'esoterismo era ancora molto di moda: c'era chi si limitava a intrattenere gli ospiti alle feste con i tavolini che si muovevano e chi, invece, si dedicava totalmente all'occulto. La teosofia era al proprio splendore.”

“Come sai tutte queste cose?” si meravigliò Skye.

“Tempo fa indagai su una loggia massonica ancora molto legata all'esoterismo e, quindi, mi ero parecchio documentato. Poniamo dunque per vero che Lovecraft praticasse magia, indipendentemente da un possibile legame con Crowley. Egli, o con arti divinatorie, o perché sopraffatto dalle energie mistiche, potrebbe aver realmente visto Cthulhu, il mondo degli abissi e tutto il resto.”

“Oppure no. Quel pannello potrebbe davvero essere stato inciso puramente sulla base dei racconti di Lovecraft!” le faccende in cui si stavano imbattendo erano già sufficientemente ingarbugliate e quasi assurde, che Skye non voleva complicarle ulteriormente, inserendo addirittura la magia!

Coulson, che invece rimaneva piuttosto calmo, rispetto all’immensità di ciò che stavano forse per affrontare, sottolineò: “Dimentichi i simboli sul retro e il fatto che sia di un materiale sconosciuto.”

“È vero anche questo.” Skye ammise in un sospiro “Ma è così assurdo e tremendo!”

Phil non le rispose; continuava a scorrere i file e dopo pochi istanti ebbe un sobbalzo, sgranò gli occhi, rilesse l'ultima riga, poi voltò lo schermo verso Skye, gliela indicò:

 

Ph'nglui mglw'nafh Cthulhu R'lyeh wgah'nagl fhtagn

 

Le chiese, con una velata agitazione nella voce: “Questa? Dove l'hai trovata?”

“È il richiamo di Cthulhu.” spiegò lei “Si trova nei racconti. Qualche folle dice di averlo sentito in sogno. Significa: Nella sua dimora a R'lyeh il morto Cthulhu attende sognando.”

“Attende cosa?”

“Un allineamento stellare o qualcosa del genere, non è ben spiegato, comunque un fenomeno cosmico che sarebbe lo stesso che lo ha imprigionato e che ora serva a liberarlo. Inoltre avrà bisogno di seguaci per riemergere dagli abissi e prendere potere, per questo ci sono gli abitatori del profondo, gli ibridi tra essi e gli umani e la gente che lui stesso chiama in sogno.” Skye scosse di nuovo il capo, per evidenziare come lei ritenesse insensata la faccenda “Sono astrusità al pari dei rettiliani di cui blaterano i complottisti!”

“In linea di massima sarei anch’io scettico ma ci sono troppi elementi che lasciano supporre possa essere questa la risposta che cerchiamo; certo, non prove concrete, ma tante prove indiziali. Inoltre sono anch'io tra i folli che hanno sentito il richiamo.”

“Che cosa?” si stupì ancora Skye.

Coulson prese il taccuino su cui si era annotato la frase udita in sogno, sull’aereo di ritorno da Theran. Lo mostrò alla ragazza, le riferì le circostanze e concluse: “Pensavo che il sogno fosse solo una suggestione, ma le parole sono esattamente le stesse!”

Skye non sapeva cosa rispondere; infine propose: “Se domandassimo a Thor? Lui viene da un altro mondo e su queste questioni potrebbe saperne più di noi.”

“Hai ragione!” si illuminò Coulson, che non aveva considerato tale risorsa “Cercherò il modo di rintracciarlo e chiedere il suo parere. Grazie di tutto, Skye.” le sorrise “Adesso andiamo. May avrà già radunato tutti gli agenti di alto livello, a cui mostrerò che cosa ho scoperto sui graffiti.”

“Livelli?” pensa vo li avessi aboliti, lo canzonò un poco Skye.

“Hai ragione, diciamo allora, gli agenti di cui mi fido maggiormente.”

 

 

Ward aveva appena chiuso la telefonata con Skye. Si era voluto assicurare che il signor Bakshi, il suo regalo per Coulson, fosse stato recapitato. Era stato contento di risentire la ragazza e, finalmente, le parlava da uomo libero e non da prigioniero. Era sicuro che anche a lei aveva fatto piacere sentirlo, sebbene avesse percepito la voce di lei un poco allarmata e gli avesse lanciato qualche frecciatina.

In fondo, però, lui non aveva violato nessun codice di sicurezza, aveva solamente telefonato al numero di Bakshi ed era stato certo che, in quel momento, l'hacker lo stesse esaminando.

Ward voleva riconquistare la fiducia del suo vecchio team. Aveva giurato che non avrebbe mai più mentito a Skye ed era determinato a mantenere l'impegno, certo ciò non sarebbe significato il doverle dire tutto, senza omettere alcunché. La situazione era troppo complicata, c'erano troppi intrighi, troppi intrecci, troppi doppiogiochi, troppi interessi segreti, per poter essere cristallini.

Nemmeno lui, in verità, sapeva a quali schieramenti appartenessero realmente tutti i vari partecipanti a quei giochi di potere, nemmeno lui poteva vedere le carte di tutti quanti, doveva dunque essere estremamente prudente e fare attenzione, prima di prendere decisioni che avrebbero potuto comprometterlo.

Inoltre, non aveva ancora deciso da quale parte stare: se da quella dello S.H.I.E.L.D., quella del padre di Skye o, semplicemente, da quella del suo cuore.

Quando Garrett era ancora vivo, Ward aveva tentato di portare Skye dalla parte dell'HYDRA, perché non l'avrebbe mai voluta uccidere, ma la desiderava accanto a sé, per sempre.

In quel frangente, al di là della causa da sposare, per Ward la cosa più importante era di riconquistare la fiducia di Skye (il cuore sapeva di possederlo ancora) e per far ciò gli era necessario passare allo S.H.I.E.L.D. qualche informazione dell'HYDRA e, magari, qualche membro dell'organizzazione, come aveva già fatto con il signor Bakshi.

Sì, era certo che Skye fosse ancora, per lo meno, attratta da lui, nonostante tutte le volte che avessero parlato, dopo il suo tradimento, lei gli avesse parlato con disprezzo e fosse stata estremamente fredda, quasi crudele. L’uomo ne era sicuro: quando lei gli parlava in maniera aspra, era solo perché detestava il fatto di essere ancora innamorata di lui..

Adesso, ben rasato e vestito di tutto punto, Ward si apprestava a presentarsi ad un incontro cruciale. Nella lista delle cose più urgenti da fare, il giovane aveva quella di fare una lunga chiacchierata col fratello maggiore, ma per il momento aveva dovuto posticiparla a dopo un incontro determinante per stabilire il suo futuro.

Ward uscì dall'albergo in cui si trovava e con l'aria di un uomo d’affari, se ne andò in giro per la città, spendendo soldi con gran disinvoltura e offrendo generose mance. Si, piazzò in un caffè di lusso e fece mostra di sé in tale maniera. Trascorsero un paio d’ore e poi finalmente un uomo gli si avvicinò, lo guardò per qualche istante. Ward gli sorrise, intuendo di chi si trattasse, fece un largo gesto col braccio, gli indicò la sedia davanti a sé e, con la classe di un gentiluomo, gli disse: “Prego, si accomodi.”

Il sopraggiunto si mise a sedere, senza staccare gli occhi da Ward un solo istante e, quando furono viso a viso, sussurrò: “Hail HYDRA!”

Ward annuì e rispose al saluto, per poi dire: “Spero ti mandi Whitehall e senza scherzi, questa volta.”

“Mi manda lui, sì, ma non so di che scherzi tu stia parlando: noi siamo gente molto seria.”

“Ah sì? E come chiameresti, allora, quel che aveva organizzato quel pidocchio di Bakshi?”

“Non so di che parli, anzi, voglio sapere perché il signor Bakshi, non ti conviene chiamarlo pidocchio, non sia qui.”

“Non è qui per colpa della brutta festa che voleva farmi, quando ci siamo incontrati al ritrovo prestabilito.”

“Non capisco... Io sapevo di dover incontrare il signor Bakshi e lei in uno dei locali di questo quartiere, sinceramente...”

“Evidentemente sei solo un galoppino.” lo interruppe Ward, autoritario “Portami da Whitehall, parlerò solo con lui dell'accaduto.”

Intimorito e vinto da tale carisma, l'uomo acconsentì e invitò Ward a seguirlo. Grant era estremamente soddisfatto: tutto stava funzionando come previsto.

L'uomo lo condusse in un albergo e lo scortò fino a una lussuosa suite all'ultimo piano. Ward poté così dedurre di non trovarsi in un punto di ritrovo ufficiale dell'HYDRA, altrimenti lo avrebbero bendato. Non che una benda avrebbe potuto impedirgli di capire dove si trovasse.

La suite era forse la migliore dell'albergo; ampia, aveva almeno quattro stanze: una larga stanza che fungeva per metà da salotto e per metà da ufficio, una camera da letto, un bagno con idromassaggio e un piccolo cucinotto con pianobar. C’erano almeno un paio di membri dell’organizzazione, ben armati.

Dietro la scrivania in fondo alla sala, davanti una vetrata da cui si potevano ammirare i tetti della città, sedeva Whitehall.

“Ben venuto, agente Ward.”

Hail HYDRA.” rispose Grant.

“Non ti aspettavo solo.”

“Dica, piuttosto, che non mi aspettava affatto.” Ward lanciò uno sguardo accusatore e poi aggiunse: “Il suo uomo, Bakshi, ha tentato di rigettarmi nelle mani di Coulson.”

Whitehall, per nulla stupito, al meno a vedersi, chiese: “Dove si trova, ora, Bakshi?”

“Da Coulson.” rispose candidamente Ward, poi si fece molto severo: “Io sono fedele all'HYDRA! Voi mi avete salvato da ragazzo, mi avete formato, mi avete reso l'uomo che sono. È vero, sono stato infiltrato nello S.H.I.E.L.D. per anni, ero dormiente, come molti altri, per ordine vostro. Garrett, il mio mentore, il mio secondo padre, era uno dei vostri vertici. Sapevo ogni cosa del progetto Centipede e di Deathlock, ma non ho rivelato una sola parola a Coulson, quando indagavo al riguardo, con lui e la sua squadra. Hanno ucciso l'uomo che era stato il mio unico affetto, per quel che è consentito a un membro dell'HYDRA di affezionarsi. Mi hanno tenuto prigioniero per mesi, isolato, sempre al chiuso senza un solo raggio di Sole ed hanno cercato di vendermi a mio fratello! Io voglio vendetta, voglio annientarli!” Ward si era parecchio infervorato, fece una pausa per riprendere fiato e proseguì: “Finalmente ho avuto la possibilità di liberarmi, di tornare a voi ed essere finalmente ciò che sono e chi trovo ad accogliermi? Il vostro caro signor Bakshi che, nonostante tutto quel che ho patito e quel che ho fatto per l'HYDRA, dubita di me e cerca di consegnarmi agli agenti di Coulson. Mi sono infuriato, ovviamente, ho ucciso i suoi tirapiedi e lasciato lui allo S.H.I.E.L.D., così vedremo se sa essere leale quanto me!” fece un'altra pausa e osservò la reazione dell'uomo che aveva dinnanzi, ma lo trovò impassibile; gli chiese: “Voi mi garantite che quel verme ha agito di propria iniziativa e che posso ancora fidarmi dell'HYDRA?”

Whitehall rimase silenzioso qualche istante e poi disse ai suoi subalterni: “Lasciateci soli.”

Tutti e tre i suoi sgherri uscirono dalla suite.

Whitehall abbozzò un vago sorriso a bocca chiusa e disse: “Basta con questa sceneggiata. Non c'è rischio che lo S.H.I.E.L.D. ci stia spiando. Il posto è sicuro, dimmi se è tutto è andato come previsto.”

Ward si rilassò, sogghignò e disse: “Bakshi mi ha detto che voleva arrivare tanto vicino a Coulson per piantargli una pallottola nel cranio. Io gli ho dato la possibilità di trovare l'occasione per farlo. Ora è prigioniero e...libero di agire insospettato.”

“Molto bene.” si complimentò Whitehall, poi precisò: “A parte noi due, anche nell’HYDRA, tutti continueranno a credere che sia prigioniero e basta. Non solo così saremo sicuri che non ci saranno fughe di notizie, al riguardo, ma pure otterrai facilmente prestigio tra i nostri confratelli.”

Ward annuì, poi domandò: “Potrei avere il posto di Bakshi, finché non torna dalla missione?”

“Vedremo se ne sarai all'altezza. Intanto resta qui e aspetta nuovi ordini. Continua a fingere di essere un ricco gaudente.”

“Agli ordini.” acconsentì Grant, poi domandò: “Mi concede, almeno, di poter risolvere una faccenda personale con mio fratello?”

“Purché non ti comprometta.” concluse Whitehall, poi si alzò e uscì dalla suite, lasciando Ward solo.

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Capitolo 8
*** Kadosh chi? ***


Premessa Cronologica: Considerate questo capitoletto ambientato tra l’episodio 7 e l’8.

 

CATACLISMA IN ITALIA.” annunciò il terzo titolo del telegiornale, che erano riuniti a guardare Coulson e il suo team.

La giornalista iniziò a leggere la notizia, mentre scorrevano foto scattate da poco e immagini di repertorio: “Dopo 70 anni esatti di quiescenza, il Vesuvio è tornato ad eruttare, la pressione accumula in questi decenni ha provocato un'esplosione molto potente. Il Vesuvio è classificato come vulcano sia esplosivo che effusivo; il che significa che l'esplosione della cima del cono vulcanico non produce semplicemente la fuoriuscita di miasmi e gas, ceneri e lapilli che si diffondono nell'atmosfera e possono soffocare o intossicare chi li respira. Infatti, l'esplosione provoca la distruzione di una sorta di tappo che istruiva il cammino principale del vulcano e ha così permesso al magma sottostante di fuoriuscire, provocando così copiose colate di lava. I danni sono assai ingenti, ma al momento non è stato possibile conoscere il numero esatto dei morti e fin dove si è spinta la lava: i soccorsi e le varie operazioni di evacuazione sono in atto e l'esercito presidia la zona impedendo ai giornalisti di avvicinarsi e dunque i dati sono incerti. Sappiamo solo che a rischio chi sono circa tre milioni di persone e le loro abitazioni. Gli scienziati sono al lavoro per stabilire le conseguenze climatiche in Italia e forse in Europa: si teme un blocco del traffico aereo per alcuni giorni come accadde nel 2010, in seguito all'eruzione del vulcano islandese Eyjafjöll.”

 

“Nel caso, il quinjet o il bus potranno essere comunque operativo?” domandò Hunter, interrompendo il silenzio che regnava nella stanza.

“Non lo so …” rispose Coulson.

“Insomma, possono anche chiudere gli spazi aerei, ma noi saremmo invisibili, per cui non se ne accorgeranno.” replicò l’ex mercenario.

“Sì, ma non saremo invisibili a cenere, lapilli, nubi tossiche e quant’altro il Vesuvio avrà buttato nell’atmosfera.” gli fece osservare Coulson “Fitz, puoi fare tu delle previsioni al riguardo?”

Lo scienziato si sorprese, ne fu contento, però si sentì anche in difficoltà: non era più abile nel suo ambito di competenza, chissà che confusione in un altro! Fu tentennante nel dire: “Non sono geologo, però posso provare.”

“Magari, potresti munire il quinjet e il bus di un sistema di visuale in grado di penetrare le nubi si cenere e poter far fronte alla situazione, nel caso sia necessario usarli; i pannelli invisibili al bus, alla fine gli ultimati, quindi puoi procedere su questo.”

Coulson non era certo che il giovane sarebbe riuscito nel compito, ma era certo che affidargli una simile responsabilità lo avrebbe aiutato a riacquistare fiducia in sé e, quindi, a recuperare le sue capacità.

“Se hai bisogno che ti costruisca qualche arnese, chiedi pure, ti do una mano volentieri!” si offrì Mack.

“E io posso aiutarti coi dati dell'eruzione.” si aggiunse subito Simmons “Hai detto di non essere geologo e nemmeno io lo sono, però sono una biochimica e quindi...”

“… avrai più chiare certe reazioni e conseguenze.” disse Fitz, sollevato, e aggiunse: “Skye, potresti entrare nel sito della protezione civile italiana o di chi potrebbe avere dei dati concreti circa l'eruzione? Intensità, reale portata della colata di lava, gas, materiale piroclastico e ... e ... tutto il resto?”

“Sì, certo. Verifico subito.”

Skye prese il pc e si mise a cercare: effettivamente nei canali ufficiali non c’erano ancora dati, forse perché non ancora pervenuti, forse perché ritenuti troppo allarmanti per la popolazione, forse perché gli italiani erano troppo presi dalle operazioni di salvataggio per aggiornare i siti. In compenso, sui profili Facebook, c’erano un sacco di status che ne parlavano, ma di certo non erano una fonte attendibile. Skye allora cercò di intercettare le varie comunicazioni e il traffico dati dalle strumentazioni ai laboratori e centri di monitoraggio. Riuscì, così a iniziare a ricevere i primi dati.

Fitzsimmons, mando tutto direttamente anche sui vostri pc, così si fa più rapidamente.”

“Grazie.” disse lo scienziato.

“Fammi dare, già, un’occhiata, sono curiosa.” disse Jemma e si chinò verso lo schermo per avere una prima idea generale della situazione.

Skye, cos'è quella spia blu che lampeggia, lì, sulla barra degli strumenti?” chiese la donna.

“Oh, non l'avevo notata!” replicò la ragazza, poi si accigliò “Che strano! È di un programma che tiene monitorata una linea criptata dell'HYDRA, ma credevo avessero scoperto che li intercettavamo e non la usassero più.”

“Beh, che vuol dire il segnale intermittente?”

“C'è stata una comunicazione e il nostro sistema l'ha registrata.” la ragazza guardò il direttore e chiese: “L'ascoltiamo ora? Tutti insieme?”

Coulson fece cenno di sì. Skye aprì il file e si sentirono due voci maschili.

 

-Allora, hai visto che cos'è capace di fare il mio Kadosh?

-L'eruzione è davvero opera sua?

 

Simmons esclamò: “Questa mi pare la voce di Whitehall!”

 

-Te l'ho detto che è in gamba. Ha un grande potere.

-Lo immagino, se ha davvero causato l'eruzione, senza l'ausilio di alcuna tecnologia.

-Garantisco io. Te lo avevo detto che, stringendo alleanza contro lo S.H.I.E.L.D., avrei potenziato le tue fila.

 

“Poi?” chiese Triplett .

“Nulla. La registrazione si interrompe qui.” fu la sconsolata risposta di Skye.

“Strano.” osservò Coulson “Sembra uno stralcio di conversazione, senza inizio, senza fine ... Come se qualcun altro l'avesse registrata per poi inviarci solo questo pezzo.”

Ward?! Pensò e ipotizzò Skye, ma non lo disse, non aveva riferito a nessuno la conversazione che aveva avuto con l'ex amico.

“Bene, abbiamo un’intercettazione che potrebbe indicarci un potenziamento e una grave pericolosità dell'HYDRA, oppure essere stata studiata ad hoc per distrarci.” constatò Phil, senza abbattersi “Skye, a te il compito di scoprire l'attendibilità.”

Kadosh?” ripeté Hunter, pensieroso “Ha detto proprio così?”

Riascoltarono la registrazione.

“Sì, proprio Kadosh, perché?” chiese May.

“Dai, non ditemi che nessuno di voi ha mai sentito nominare Kadosh!” esclamò Hunter "È un youtuber, mascherato, che parla di magia, fenomeni sovrannaturali e complotti. Andiamo, nessuno lo ha presente? Ha un sacco di iscritti al suo canale e follower su Twitter.”

Skye rifletté e disse: “Sì, quando ero con quelli di Rising Tide, avevamo cercato di capire se le sue informazioni sui complotti fossero reali o meno.”

“A che conclusioni eravate arrivati?” domandò Coulson.

“Quelli che abbiamo potuto verificare erano veri.”

“Che sia lo stesso Kadosh di cui parlano nella telefonata?" si chiese Hunter.

“Plausibile.” disse May “Se è invischiato con l'HYDRA, può ottenere molte informazioni.”

“Dall'intercettazione, sembra un nuovo acquisto.” osservò Triplett.

“Indagheremo anche su di lui!” scosse le spalle Coulson “Ad ogni modo, per il momento non è una priorità.”

“Un uomo che potrebbe aver fatto eruttare un vulcano non è una priorità?” rimase perplesso Mack.

“È abbastanza in alto nella lista delle cose di cui occuparsi, ma per il momento dobbiamo concentrarci sul signor Bakshi e sulla ricerca della città: ho trovato un sistema, ma avremo una sola opportunità e solo in un preciso momento, quindi vi voglio concentrati su questi due punti.”

“Che cos’ha in mente, signore?” domandò Triplett.

“Sarete informati man, mano.” spiegò Coulson “May rimarrà qui e farà le mie veci, mentre io e una squadra andremo in missione. Non sarà in Europa, quindi il bus potrà viaggiare senza problemi. Mi servirà certamente Skye per un hackeraggio, chi altro vuole venire? Mi serve uno per combattere, in caso di necessità e un tecnico.”

“Io sono sempre a disposizione!” si offrì Triplett.

“Anch’io!” si affrettò a dire Fitz.

Tutti guardarono un po’ perplessi il giovane che replicò, un po’ risentito: “Che c’è?! Voglio tornare a lavorare sul campo.”

May provò a dire: “Pensavo volessi occuparti della visuale per l’aereo …”

“Va bene!” esclamò, invece, Coulson, interrompendola “Credo proprio che Fitz sia l’uomo giusto per la missione e, poi, ha già agito direttamente sul campo, in mezzo a combattimenti, quindi va benissimo. Per la questione della visuale, provvederai quando torneremo. Perfetto, direi che siamo organizzati, domani partiremo per la missione … ah, e dirò a Bobby di torchiare Bakshi.”

Ormai il telegiornale era finito ed era ora che ognuno tornasse alle proprie mansioni.

Di fatto, però, uscirono solamente Coulson, May, Mack e Koenig. Gli altri si strinsero attorno al pc di Skye, per vedere uno dei filmati di Kadosh, su esortazione di Hunter e perché la curiosità era ormai grande. La ragazza aprì youtube, digitò “Kadosh” nella casella di ricerca e subito apparve un lungo elenco di video: Kadosh: gli alieni sono tra di noi?; Kadosh: Illuminati e Copisterie; Kadosh: la verità sulla Pasqua.

Alla fine cliccarono su un filmato di cinque minuti dal titolo: Kadosh: i segreti del Consiglio Mondiale di Sicurezza, parte seconda.

Optarono per quel video poiché lo S.H.I.E.L.D. aveva (o almeno aveva avuto) stretti legami con il Consiglio Mondiale e dunque l’argomento catturò maggiormente la loro attenzione.

Il filmato si aprì con un’onirica e surreale musica di Ciprian Porumbescu, un compositore rumeno (https://www.youtube.com/watch?v=WCnDQkfi5oA&hd=1); il setting era quello di una cripta o un sotterraneo, permeato dalla bruma, c’era una fioca luce, ma non si capiva da dove provenisse. Dopo pochi secondi, fendendo la foschia, spuntava la figura di Kadosh: alto, dal fisico asciutto e con una muscolatura abbastanza sviluppata, almeno da quel che si poteva intuire dalla lunga cappa nera, con ricami in oro, che indossava; i capelli erano corvini, leggermente ondulati e arrivavano alle spalle, mentre il volto era coperto da una maschera veneziana colorata con le più scure tonalità di grigio e con decori in oro; erano scoperti solo gli occhi di bragia e le labbra.

L’uomo, nel filmato, cominciò a parlare dei sacrifici umani fatti dagli Aztechi al dio Quetzalcoatl, il serpente piumato e di come l’iconografia di un serpente che divora un essere umano fosse presente nell’araldica europea, legata a varie famiglie nobili e, dunque, parlò dell’Aristocrazia Nera, ossia famiglie che nel corso dei secoli avevano celebrato sacrifici umani e riti satanici per acquisire e mantenere potere. Mentr’egli parlava di ciò, il video mostrava immagine di bassorilievi aztechi, scene di sacrifici tratte da film e qualche foto di stemma. Proseguiva, poi, ipotizzando che tutto ciò continuasse odiernamente e che la Aristocrazia Nera si fosse riunita nel Consiglio Mondiale di Sicurezza le cui sedute si svolgevano in una stanza che aveva la forma di una piramide sdraiata, piramide come quelle dei templi in cui avvenivano i sacrifici (solido che consente di canalizzare meglio le energie). Aggiungeva che in quest’aula dove il Consiglio si radunava, proprio in corrispondenza del vertice, si trovava un quadro astratto che, però, aveva 72 sezioni, 72 esattamente come il numero di Lucifero. Concludeva facendo notare che sui dollari è presente una piramide e sopra di essa c’è il simbolo divino dell’occhio nel triangolo … ma attorno all’occhio sembra che ci siano squame. In pratica il filmato voleva dimostrare che il Consiglio Mondiale di Sicurezza fosse un gruppo di adoratori di un dio oscuro e serpentino e che le guerre che intraprendevano erano una nuova forma di sacrificio umano.

Concludeva il video con la sua tipica frase: Un abbraccio, Kadosh.

“Ma è serio?!” chiese, sbalordita, Simmons, alla fine del filmato “Ci crede davvero o lo fa tanto per dare aria ai denti?”

“Beh … considerando che l’HYDRA si era infiltrata anche fin lì, praticamente …” mormorò Fitz.

“La cosa che mi preoccupa più della sua convinzione o meno, è il fatto che così tanta gente lo segua e gli creda.” commentò Triplett “Se davvero si metterà a collaborare con l’HYDRA, potrebbe gettare lo S.H.I.E.L.D. ancora più in cattiva luce e stiamo già faticando, adesso, per mantenere la nostra rispettabilità!”

“Possibile che non ci siamo mai accorti di lui?” continuò Jemma.

“Opera da un paio d’anni.” osservò Fitz “Forse qualcuno dello S.H.I.E.L.D. se ne stava occupando e noi non lo sappiamo.”

“Non so, a Coulson il nome non ha detto nulla.” replicò Skye “Ad ogni modo, se sono state fatte delle indagine, dovrei riuscire a rintracciare qualche documenti, altrimenti indagherò per conto mio.”

 

 

- Ben trovato, Ispas!

- Non chiamarmi così.

- E come allora? Dragos? Vlad ... Erzbettina?

- Mi schernisci pure, adesso?

- Non ho detto nulla di male ... Non capirò mai l'ossessione di voi umani per i nomi! Siete così attaccati a questa accozzaglia di suoni! Anche i migliori tra voi ci tengono ad avere un nome che li aggradi e, soprattutto, che venga ricordato. Beh, in effetti, non c'è da stupirsene, visto che è la sola immortalità che conoscete. Quasi la totalità di voi è consapevole solo del corpo e della vostra parte più grezza. Non sviluppate altro di voi oltre alla parte grossolana e, quindi, quando la carne muore, i vostri animi, fragili e deboli, perché non li avete sviluppati, sono anonimi e spesso ammassati ad altri e sfruttati da chi invece è assai più beh magnanimo...ma nel senso letterale della parola: animo grande! Dunque la vostra immortalità si limita a legare il vostro vuoto nome a qualcosa che vi affaticate a fare nel breve tempo che vi è concesso dentro ad un corpo.

-Smettila con questa predica! Io non sono un uomo che sta nell'ombra in cui tutti siam volgo! Io sono superiore a loro. Sono andato oltre al mio corpo e alla mia mente. Ho transumanato! Ho nuotato nel potere primordiale!

- Però sei ancora ancorato alla tua singola identità, al tuo nome.

- Non è il mio nome, lo sai, è come mi sono ribattezzato, dopo essere rinato!

-Ah, già. Kadosh... È così che ti fai chiamare, ora? -Sono già un paio d'anni, ormai. -Una sciocchezza, dunque, o un'eternità per chi, come me non consce il tempo.

-Ecco, mi son sempre chiesto se con queste parole intendessi dire che sei immortale o che proprio non conosci il concetto di tempo.

-La seconda. Pure i vostri scienziati stanno arrivando a capire che il tempo non esiste. Ad ogni modo non capisco perché hai voluto cambiare nome. Per lo meno Vlad e Dragos, mi sembrano due bei nomi per il vostro mondo, si fan temere.

-Appunto! Voglio qualcosa di originale! Non voglio essere collegato ad altri, non voglio che il mio nome richiamo altre persone. Voglio essere io, chiaramente e inconfondibilmente IO!!!

-Eccolo di nuovo l'ego di voi mortali! Ahahahaha!!!

-Non capisci!

-Può essere, ma non capisco esattamente come un adulto non capisce un ragazzino. Avete problemi che io ho superato talmente tanto tempo fa, che non li riesco più nemmeno ad identificare come problemi. Comunque, che cos'ha che non va il nome Ispas? Perché non usi neppure quello?

-Non hai idea della potenza di uno pseudonimo! Si riesce ad essere molto più di una singola persona, si diventa un personaggio, si rappresenta dei concetti delle idee e non sei più una persona qualsiasi ma incarni qualcosa di molto più grande. KADOSH è perfetto!

-Da dove l'hai preso?

-È ebraico, significa santo e suona molto bene.

-E ti serve per procurati seguaci.

-Già, non sarebbe stato così semplice con un nome qualsiasi.

-La maschera che indossi ti serve sempre per caratterizzare questo personaggio?

-Sì, così come le frasi che ripeto ogni volta e il saluto sempre uguale.

-Un abbraccio, Kadosh... è così che dici sempre, vero? Non capisco, però, a cosa ti servano i seguaci: col tuo potere non hai bisogno di un esercito.

–Considerala una velleità del mio ego.

-È un peccato che, col potenziale che hai, tu rimanga ancora così umano.

-Hai visto cosa ho fatto oggi?

-Sì, il vulcano.

-Un briciolo di entusiasmo potresti mettercelo.

-Scusa, dimentico sempre che tu misuri i successi confrontandoli con le opere di altri terrestri. Sì, sei uno dei rari umani che ha raggiunto un tale risultato.

-Ma per te non è sufficiente ...

-È un primo passo, sì, diciamo che conferma che hai il potenziale per superare i confini mortali, ma la strada è ancora lunga, se vuoi diventate un essere superiore.

-Ed è per questo che ti ho scelto come mio maestro.

-Eppure non mi tratti come un buon discepolo dovrebbe fare.

-Eppure vieni spesso e volentieri nei miei sogni per parlarmi.

–Appunto! Sii contento e orgoglioso della mia decisione di guidare i tuoi passi.

-Non ho nemmeno capito chi sei realmente. Qual è il tuo nome?

-inutili dettagli … visto? Hai di nuovo tirato fuori la questione del nome … vuoi davvero un nome?

-Il tuo? Sì.

-mio, tuo … non fa differenza.

-Allora?

-dormammu …..

 

 

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Capitolo 9
*** FitzSimmons parte II ***


Premessa cronologica: questo capitolo è ambientato dopo l’episodio 8. L’ho scritto prima di vedere il 9, per cui consideratelo una sorta di alternativa o integrazione dell’inizio dell’episodio 9.

 

Perché diamine l’ho fatto?! Che accidenti mi è saltato in testa? Nulla!

È proprio vero quello che dicono certe donne: che il cuore degli uomini non è abbastanza potente per pompare sangue contemporaneamente al cervello e al pene. O ragiono col cervello, che mi dice di stare ben alla larga da Bobby, oppure non ragiono proprio.

Va beh, una scopata con l’exmoglie non è poi una tragedia.

Una scopata non è mai una tragedia.

Certo, però, non mi aspettavo sarebbe accaduto. Mi ero ripromesso di non lasciarmi più ingannare da quella serpe e, invece … Dannazione!

Ora ho capito che cosa ha fatto! Io la stavo mettendo in difficoltà, sottolineando l’evidenza di quel che ha fatto a quel poveraccio di Bakshi e lei, per impedirmi di parlare, per impedirmi di dire come stessero le cose anche agli altri, ha usato il suo dannatissimo sex appeal e mi ha fatto rimbecillire come al solito!

Che subdola!

Io la conosco meglio di chiunque altro, qui dentro. Fa tanto l’amicona con Mack perché lo conosce da anni e hanno svolto alcune missioni assieme, ma sono io l’unico che la conosce davvero.

Fa sempre la dura, la brillante, quella capace e che sa, ma poi … Beh, non che non abbia queste qualità; mi spiace ammetterlo, però ci sa davvero fare ed è molto abile, però … Il senso del dovere, la necessità di mantenere coperture, il dover mentire e sostenere doppigiochi l’ha costretta a fare azioni di cui certo non va fiera. Messa alle stretta ha dovuto fare scelte difficili, con cui non riesce a convivere serenamente. Vuole sempre il meglio, vuole sempre ottenere risultati perfetti, proprio per poter dire a se stessa che tutto ciò che ha fatto è stato necessario per il bene. Ha sacrificato buona parte della sua morale, deve almeno avere l’illusione della certezza che sia stato giusto così. Fare qualcosa che non approviamo per una missione che poi non riusciamo a portare a termine è ancor più amaro da sopportare.

Non è questo, però, che l’ha turbata circa Bakshi. Checché ne dica, io sono certo che, almeno inconsciamente, lo abbia spinto al suicidio proprio per evitare che lui raccontasse quello che lei ha fatto, quando era infiltrata nell’HYDRA.

Ha paura del giudizio degli altri, ha paura che non la riescano a perdonare, nemmeno con la giustificazione di averlo fatto perché la missione lo richiedeva.

Se lei non può accettare il proprio operato, non può nemmeno credere che gli altri siano disposti a farlo.

Vuole sempre primeggiare, proprio per cercare di essere al di sopra delle critiche.

La sua coscienza è tremendamente pesante, lei ne soffre parecchio, lo so, ma non ha il coraggio di confidarsi. Teme che gli altri confermino la sua idea di essere un mostro, teme di rimanere sola.

Dannazione! Mi sto impietosendo per lei!

Così non va affatto bene. Non devo intenerirmi, non devo scordarmi che è crudele e falsa!

È vero, ha le sue fragilità e le sue paure, ma questo non basta a renderla umana o amabile. Lei queste difficoltà non le vuole ammettere, lei vuole essere vista e considerata solo come donna forte e guerriera, non le interessa che qualcuno la capisca più a fondo. Non importa quello che ha dentro, se lei stessa lo tiene nascosto e lo nega. Lei vuole apparire ed essere considerata in tutt’altro modo, lei non vuole comprensione o tenerezza, lei vuole solo ammirazione e approvazione. Si impone e non lascia che qualcuno le sfiori l’anima.

Non ha davvero legami, né affetti, è addestrata a questo e a mentire … quindi basta! Non devo più pensarci, non devo vedere ciò che lei non vuole si veda. Devo considerarla per come vuole mostrarsi, punto e basta.

E, soprattutto, evitare di lasciarmi di nuovo abbindolare e finire a far sesso con lei. Questo lo devo assolutamente evitare.

Ne sono certo: tenterà di usare in ogni modo il sesso e la tenerezza che ho per lei per manipolarmi e tenermi “tranquillo”. Ma si sbaglia, questa volta non ce la farà, no, no e poi no!

Resisti, Lance, resisti!

 

Appena il bus era atterrato alla base, subito Coulson aveva fatto trasportare Triplett nelle sale mediche della base. Il giovane era già stato stabilizzato e non era in pericolo di vita, ma la situazione era comunque molto delicata e necessitava di un intervento e cure appropriate.

Il trasporto così urgente nell’area ospedaliera, non passò certo inosservato e molti se ne accorsero; anche Simmons lo notò e naturalmente si preoccupò, non avendo informazioni. Appena vide Fitz, gli si avvicinò e gli chiese: “Cos’è successo a Triplett?”

“Sono contento anch’io di rivederti.” rispose, sarcastico, il giovane.

La donna lo rimproverò con lo sguardo e poi gli disse: “Se permetti, non mi pare di essere irragionevole se, vedendo un mio amico portato d’urgenza dai medici, chiedo informazioni prima su di lui, che di te, che ti vedo sano e salvo.”

“Sì, scusami …” borbottò Fitz “Comunque, se la caverà. Ha rischiato la vita, ma tornerà presto tra di noi.” nel dire ciò il suo sorriso fu sincero.

“È stata una missione pericolosa? Tu come stai? Hai corso qualche pericolo …?” la voce di Simmons era piuttosto apprensiva.

Fitz, in quel momento, si irritò per la troppa premura, poi si rese conto della forte contraddizione che aveva in sé: voleva che Jemma si temesse per lui, ma pure voleva che lo ritenesse in grado di cavarsela anche nelle missioni sul campo.

“Beh, sì, ma c’era Triplett, che mi copriva. Ho dovuto montare una trasmittente. Alcuni dell’HYDRA, però, si trovavano là e ci hanno attaccato.”

“Là dove? Alle Hawaii?”

“No, in un centro australiano, ti spiegherò meglio dopo i dettagli. Comunque, avevo a disposizione sei minuti per il mio lavoro.”

“E ci sei riuscito?! Anche se siete stati attaccati?”

Fitz avvertì dell’ammirazione in quelle parole; annuì, sorrise e con orgoglio disse: “Impiegavo poco più di sette minuti … usando solo la mano danneggiata. Con entrambe molto meno.”

“Ma è meraviglioso!” esclamò Jemma, contentissima “Ti stai riprendendo benissimo. E poi? Raccontami!”

“Beh, non ho montato subito la trasmittente, perché prima Coulson mi ha fatto liberare degli impiegati del centro e l’ho fatto. Poi abbiamo raggiunto il punto centrale e mi sono concentrato sul mio lavoro.”

“E attorno vi sparavano?”

“Sì. Triplett mi copriva, mentre preparavo la trasmittente e … è così che è stato ferito.” lo sguardo Fitz si abbassò, era rattristato. In parte era dispiaciuto per il collega e, in parte, si sentiva frustrato per aver avuto bisogno di protezione.

Jemma notò la malinconia dell’amico, anche se non la comprese pienamente, gli mise una mano sulla spalla e dolcemente gli disse: “L’importante è che sia vivo! Lui ha fatto il suo dovere e tu il tuo. Ognuno di noi ha il proprio compito all’interno dello S.H.I.E.L.D. e ne conosciamo le responsabilità. Anch’io ho avuto bisogno di essere salvata da Bobbi, quando il mio doppiogioco nell’HYDRA è stato scoperto.”

Fitz sospirò e chiese: “Non ti sembra che gli operativi offrano molto di più di noi alla causa? Loro rischiano la vita continuamente, noi che cosa?”

“La vita l’abbiamo rischiata anche noi e più di una volta.” gli ricordò Simmons “Tu stesso hai sacrificato molto per lo S.H.I.E.L.D.  e ti stai sforzando il triplo di prima per poter continuare a servire la causa. Le nostre ricerche non valgono meno dei loro combattimenti; loro spiano, lottano in prima persona, ma siamo noi che forniamo i mezzi affinché loro possano svolgere le loro missioni. Come in ogni società, ognuno è fondamentale ed è giusto che ricopra al meglio il proprio ruolo, senza essere geloso di quello altrui.”

“Sì, è vero …” sospirò Fitz, convinto, ma non soddisfatto “Gli eroi, però, che vengono celebrati e ricordati, sono quelli che muoiono in battaglia … non chi inventa l’arma della buonanotte. Ti ricordi di Achille, non di chi gli ha costruito l’armatura.”

“Qui ti sbagli!” lo corresse Jemma, cercando di sollevargli il morale “Efesto stesso gli ha fatto l’armatura ed era così perfetta che, morto Achille, i greci se la litigarono, in particolar modo Ulisse e Diomede che divenne pazzo per il fatto di non averla! Quando costruisci qualcosa di valore, gli eroi litigano tra loro per averlo. Fitz, sei sempre stato contento e fiero del tuo mestiere, perché ora hai dei dubbi?”

“Beh, non sono poi più così eccellente … ho montato una trasmittente, mica o fatto chissà che cosa. Triplett, invece, è stato gravemente ferito … penso che le ragazze preferiscano sentire la sua storia, piuttosto che la mia.” quest’ultima osservazione era soprattutto un’insinuazione, fatta con la netta intenzione di verificare la reazione dell’amica.

“Può essere ma, ricorda, che la cosa importante che ha permesso il buon esito della missione è stata la trasmittente che tu hai montato. La vita di Triplett era meno importante del tuo lavoro.”

A Simmons non piaceva fare una simile scala di valori, tuttavia, sapeva che quelle parole potevano aiutare Fitz ad avere maggiore fiducia in sé.

Fitz rifletté qualche istante su quelle parole e poi disse: “Sai che non avevo mai visto le cose in quest'ottica? In effetti è vero... È un po' come la questione del braccio e della mente. Siamo noi quelli che studiano le situazioni, le esaminano, ricercano, pianificano e decidono; loro, invece, eseguono.”

“Sì, però ora non esagerare. Anche per essere operativi, nello S.H.I.E.L.D. bisogna essere discretamente intelligenti; all'accademia non prendevano certo i bulli di quartiere o i giocatori di football solo perché sono forti. Non è solo il fisico che lo S.H.I.E.L.D. cerca nei suoi agenti. Bobbi, ad esempio, ha buone basi di psicologia, per quello che ho potuto vedere, mentre interrogava il signor Bakshi. Mack è un meccanico e Triplett ha capacità mediche.”

Fitz si rabbuiò nuovamente e constatò: “Già, tutti se la sanno cavare in un ambito tecnico e in missione, tutti tranne me. Anche tu hai fatto l'infiltrata!”

“Hai detto che hai liberato queg...”

“Ho slegato le mani a della gente, mentre altri combattevano!” la interruppe bruscamente Fitz “Non ho fatto granché.”

Simmons era molto rammaricata: voleva assolutamente capire! Mise ancora una volta la mano sulla spalla dell'amico e gli chiese: “Fitz, al di là della missione, mi puoi spiegare qual è il problema? Non è semplicemente il fatto che hai delle difficoltà, c'è qualcosa di più, lo capisco, ma non riesco a comprenderlo. Ti prego, dimmelo.”

Il giovane guardò l'amica, incerto, poi sospirò e iniziò a spiegare malinconicamente: “Jemma, tu hai sempre visto solo il meglio di me, a parte in questi ultimi mesi. Ci siamo conosciuti all'accademia, anche se ti ho raccontato, non mi hai mai visto nei miei periodi più duri. Ti ho sempre detto che non ero felice a casa mia: essere intelligenti è garanzia di una vita di sofferenze, salvo poche eccezioni. Non solo si ha una più chiara visione delle cose (e di solito si notano maggiormente gli aspetti negativi), ma anche non si è compresi dagli altri e si finisce con l'essere isolati, maltrattati, vessati ... Il più intelligente finisce con l'essere considerato dai più come il mezzo scemo, quello strano, quello che non sa godersi la vita, quello che viene sfruttato e ... e ...” il tono di Fitz era carico di ira, ma non urlava “Ho passato un’infanzia orribile. I bambini sanno essere crudeli molto più degli adulti: ti isolano, ti fanno sentire un estraneo, un mostro, sbagliato ... Vorresti solo essere accettato e giocare con loro, ma nessuno ti vuole, se non altri reietti. Io, però, non m mi sono mai abbattuto. Ero il collante di un gruppo di ragazzini emarginati. La mia grande intelligenza, poi, mi permetteva di escogitate e creare vendette contro i nostri persecutori. Ero orgoglioso di me stesso: difendevo e vendicavo gli oppressi, con le mie idee. Benché, poi, il più delle volte venissi picchiato per questo. Quando mi è stata data la possibilità di entrare nello S.H.I.E.L.D. accettai subito e ne fui entusiasta proprio perché avevo, sì, l'opportunità di essere apprezzato e poter studiare al meglio, ma anche e soprattutto, perché ho potuto entrare a far parte di un’organizzazione che difende. Per me vale tantissimo l'ideale di protezione su cui si regge lo S.H.I.E.L.D.: dedicarsi anima e corpo, in ogni istante della propria vita alla protezione, al servizio del bene! Per me non c’è compito più alto, consacrazione maggiore. Io credo fortemente in tutto questo. Non sono qui per il prestigio, per i soldi (entrambi mancano) o la possibilità di fare ricerca. Io sono qui perché voglio difendere! Li sentivi anche tu i nostri compagni di accademia: molti erano lì solo per le possibilità di ricerca che lo S.H.I.E.L.D. offriva, senza che importasse loro della missione e gli ideali di protezione! E, infatti, quasi tutti o sono passati all'HYDRA, o si sono semplicemente trasferiti in altre aziende, come se nulla fosse.” il disprezzo che provava per costoro era evidente “E così hanno fatto molti operativi: erano attaccati all'azione, al mestiere e basta. Io provo un immenso rispetto per i nostri colleghi che sono rimasti con noi anche adesso, poiché sono quelli che credono davvero nel nostro lavoro.” prese fiato “Io, se andassi a lavorare in un laboratorio privato, potrei ancora essere considerato molto utile e in grado di ottenere grandi risultati, tanto quelli si accontentano di poco ... ma non mi sposto da qui poiché questo è il mio posto, perché voglio mettere ogni briciolo del mio ingegno a difesa del bene! A volte sono geloso, sì, del fatto che il merito venga spesso accaparrato dagli operativi, però una volta era più semplice non dar peso alla gelosia, ora è molto più difficile. Senza le mie piene capacità da offrire, mi sento una nullità, non posso più portare avanti ciò che è sempre stato importante per me e su cui ho fondato la mia vita.”

Fitz, io so quanto cuore hai sempre messo in tutto ciò che fai!” lo rassicurò, calorosamente l’amica “Più di una volta hai dimostrato fermezza e risoluzione e un coraggio che vale molto più di quello degli operativi. Quando io e Triplett eravamo all’Hub, la Hand ci ha messi alla prova: si è finta dell'HYDRA e ci ha minacciati di morte se non avessimo giurato fedeltà all'HYDRA. Triplett ha reagito combattendo, mentre io avevo una paura tremenda. Al momento, ammirai, e ammiro ancora, la sua determinazione a lottare fino all'ultimo, tuttavia questo è il suo mestiere, lui è da sempre stato addestrato per questo. Noi no. Gli operativi vedono la morte ogni giorno, per noi è una rarità, o almeno lo era fino a poco tempo fa. Con la Hand abbiamo visto il vostro scontro con Garret attraverso le telecamere e abbiamo sentito tutto. So che ti ha offerto la direzione del centro di tecnologia e tu, senza esitare, senza nemmeno degnarlo di una risposta, gli hai giurato che avresti fatto tutto il possibile per fargliela pagare. Non è una frase da ingegnere, ma da uomo coraggioso e saldo nei suoi ideali. E sei quasi riuscito nel tuo intento! Hai praticamente quasi ucciso Garret e come? Non con un’arma, non con la forza, ma con la giusta applicazione di una tecnologia. E sono sicura che anche in questa missione tu abbia dato il meglio.” Jemma, però, non voleva solo assecondare l’amico, ma anche cercare di farlo ragionare, quindi gli chiese: “Sai che cosa mi da veramente fastidio in tutta questa faccenda?”

“Cosa?”

“Non che tu abbia delle difficoltà, ma il fatto che a volte le usi come scusa per commiserarti. Puoi davvero tornare abile come prima, forse anche di più. È successa una disgrazia e questo non si può cambiare; le possibilità che hai sono due: o abbandonarti allo sconforto e piagnucolare per il resto della tua vita o, come stai già facendo, rimboccarti le maniche e dare il duecento per cento per tornare al meglio. È una sfida inevitabile, o stai fermo o vai avanti, senza preoccupati per gli ostacoli e senza piangere per le difficoltà, perché le lacrime e lo sconforto non hanno mai fatto progredire nessuno. So che non ti darai per vinto, so come sei ostinato e io sarò con te, come sono sempre stata, perché sei il mio migliore amico!”

Fitz era stato parecchio rinfrancato dalle parole della donna, ma quest’ultima frase tornò ad abbassargli il morale. Guardò Jemma con grande serietà e le domandò: “Dunque sono solo questo, per te? Non pretendo più di ciò che senti, non voglio nemmeno perdere la tua amicizia; voglio solo sapere la verità, così da mettermi il cuore in pace. Sei attratta da Triplett?”

“Ecco perché l'improvvisa gelosia verso gli operativi!” capì Simmons, alzando gli occhi al cielo, poi tornò dolce e rispose: “Una simpatia speciale per lui ce l'ho, lo ammetto, ma non so cosa sia. Così come non so che cosa provo davvero per te. Quando mi hai detto di amarmi, sono rimasta molto stupita; mentre eri in coma e avevo paura di perderti... ho pensato a come sarebbe stata vuota la mia vita senza di te; se tu fossi morto, con te sarebbe morta anche una parte di me, una parte grande e importante. Questo, però, non è bastato a farmi capire se ti amo o meno. Quando mi è stata affidata la missione di infilarmi nell'HYDRA, ho pensato che la lontananza mi avrebbe permesso di schiarirmi le idee, ma non è stato così. Scusami, so che probabilmente ti sembro crudele, ma io davvero non so cosa provo per te.”

“Potremmo provare e poi vediamo che cosa succede.” suggerì Fitz, colmo di speranza, anche se la risposta vaga dell'amica non lo aveva soddisfatto.

“Non so se sia una buona idea iniziare, senza sapere. Se entrambi fossimo inconsapevoli della profondità dei nostri sentimenti, allora si potrebbe tentare ... Ma tu sai già di amarmi, la situazione sarebbe troppo squilibrata: tu che daresti 100 e io non so quanto possa offrirti. Mi sentirei a disagio, mi affannerei per fare quanto te e questo mi stresserebbe, mi sentirei in colpa e arriverei ad odiare il tuo amore.”

“Se parli così, vuol dire che già sai si non potermi amare.” constatò Fitz, molto freddamente.

“No, è che non lo so! E ho paura di tutto questo e di sbagliare e rovinare la nostra bellissima amicizia che è la cosa più importante che ho! Io non potrei vivere sapendo di spezzarti il cuore, di darti un’illusione di felicità e poi privartene. So che tu potresti amarmi per sempre e starmi accanto senza che io ti ricambi, ma questo può funzionare solo fra amici, non in una sorta di finta relazione dove non potrei darti quello che meriti.” la giovane era molto amareggiata “Non è un no secco e definitivo, è momentaneo, finché non avrò il cuore più chiaro.” voleva essere compresa “Pensa anche solo al contatto fisico! Ti abbraccio come amico, ma il pensiero di coccolarci come una coppia... non so, è strano, non ci riesco a vederci in intimità, forse perché non sono abituata, forse perché ...non lo so...perdonami...”

Jemma era estremamente confusa e triste.

“Dammi un bacio!” la esortò Fitz.

Simmons lo guardò stupita.

“Mettiamo alla prova la chimica che c'è tra noi.” continuò lui.

Jemma non disse di no, ma nemmeno si ritrasse; era incerta, non sapeva, ma rimase a fissare Fitz, sperando che prendesse lui l'iniziativa.

I due scienziati erano fermi a guardarsi negli occhi da diversi secondi...

“Ehi, FitzSimmons!” esclamò Skye, che passava da lì, appena uscita dalla zona ospedaliera “Triplett è cosciente, i medici dicono che può già tornare operativo: la medicazione è stata molto efficace. Se volete, potete andare a salutarlo.”

“Sì, è un'ottima idea. Andiamo.” disse Fitz, precedendo l'amica.

Jemma si meravigliò, ma lo seguì senza dir nulla, temendo che la sua esitazione avesse offeso l'amico.

I due scienziati entrarono nella stanza dove Triplett era stato sistemato per le cure. Le bende erano state cambiate, lui aveva attaccata una flebo con soluzione fisiologica e una macchina teneva monitorati i suoi parametri vitali, ma era tutto a posto, almeno per quella spiacevole situazione.

“Come stai?!” chiese subito Simmons, avanzando verso il ferito, preoccupata di vederlo in quelle condizioni, nonostante sapesse non fossero critiche.

Fitz pensò che Simmons vedesse Triplett con occhi con cui non avrebbe mai guardato lui. Impercettibilmente, sospirò rassegnato e si avvicinò anche lui al letto.

“Oh, ho solo dovuto fare un cambio di sangue.” scherzò Triplett “Il primo medico ha peggiorato la situazione.”

Simmons lo guardò smarrita, non capendo.

“Uno dell'HYDRA, si è fatto avanti dicendo di essere un dottore, quando mi hanno impallinato.” spiegò il ferito “Non ho capito cosa volesse, avevo la mente un po' offuscata; tu, Fitz, l'hai capito?”

“No. Non credo volesse ostacolarci, ma solo studiarci o parlare con Coulson ...”

Fitz era sicuro che il direttore non avrebbe voluto che si dicesse che avevano avuto un faccia-faccia col padre di Skye.

“Beh, comunque, per evitare di essere catturato, costui mi ha tagliato un’arteria e ha spiegato a Coulson come salvarmi, così che pensassero a curarmi, anziché inseguire lui. Il direttore e Fitz hanno fatto un ottimo lavoro per chiudermi la ferita e stabilizzarmi. A proposito, grazie, Fitz.”

“Oh, figurati.” minimizzò l'altro “Tu avresti fatto lo stesso. Ciascuno di noi lo avrebbe fatto per qualunque altro.”

Fitz ripensò a quei momenti cruciali: si era molto preoccupato per il compagno. Non aveva permesso alla gelosia di sopraffatto, neppure per un secondo. Anzi! La premura di salvarlo era stata maggiore proprio per l'affetto che Jemma nutriva per lui. Fitz sapeva di essere in competizione con Triplett per l'amore della donna, ma non avrebbe mai voluto che gli capitasse qualcosa di brutto, sia perché era uno dei pochi che condividevano i suoi ideali, sia perché sapeva che ciò avrebbe fatto soffrire Jemma e lui non poteva permetterlo.

“Ce la siamo cavata bene, vero Fitz?” stava proseguendo Triplett “Dovremmo fare squadra più spesso, non credi?”

Fitz rimase interdetto: non si aspettava un apprezzamento; allora stava davvero tornando in forma!

“Sì...” rispose l'ingegnere “Ti ringrazio.”

“Per cosa?”

“Beh, sia per la pallottola che ti sei preso, mentre mi proteggevi …”

“Dovere. Era il mio compito.” sorrise Triplett.

“E grazie per aver avuto fiducia in me. Insomma, quando credevo che Coulson mi avesse solo voluto tenere occupato, facendomi esercitate a montare la trasmittente, tu eri certo che in realtà uno scopo ci fosse. Hai avuto più fiducia te, in Coulson e in me ,di quanta ne abbia avuta io, questo è bello.”

“Beh, io credo molto nello S.H.I.E.L.D.; lo sapete, ormai, mio nonno era nell’Howling Commander, siamo tutti molto affezionati e fiduciosi nei confronti di questa organizzazione e nelle capacità dei suoi membri e dei suoi capi … e poi Jemma mi ha sempre parlato molto bene di te.”

Triplett, poi, spostò lo sguardo su Simmons e le sorrise, lei ebbe un piacevole sussulto e ricambiò.

 

Può essere che jemma non sappia che cosa provi per me o per triplett, ma a me è evidente. Siamo stati amici per troppo tempo. Abbiamo sviluppato un rapporto molto bello e profondo che, però, non può evolvere in qualcosa di più.

Dice di non essere certa dei propri sentimenti, ma vedo come si emozioni davanti a triplett, come gioisca di ogni sua attenzione.

Devo farmi da parte, almeno in questo senso,

sarà duro e doloroso, ma prima me ne farò una ragione e meglio sarà. Qui alla base viviamo tutti assieme, se tra loro accadrà qualcosa, io non potrò evitarla, non potrò fuggire, per cui è bene ch’io stia al mio posto e cerchi la maniera di non soffrire.

 

“Scusatemi.” disse Fitz “Penso che andrò a lavorare al progetto per il sistema di visualizzazione da inserire su quinjet e bus. Cerco Mack. A dopo!”

“D’accordo …” mormorò Simmons, un poco perplessa.

“Grande Fitz! Sono certo che farai un lavoro coi fiocchi!” lo incitò Triplett e alzò il braccio per battere il cinque.

L’ingegnere rispose al saluto e poi uscì dalla stanza.

 

Stupido che sono! Non avrei dovuto lasciarli da soli! Non dovrei lasciargli jemma, dovrei combattere per lei!

Combattere … beh, corteggiarla … ma se quello che ho fatto finora non basta, che cosa posso farci?

A volte non conta quello che si vive assieme, la sintonia, gli interessi comuni e tutto il resto … se non c’è il sentimento, che nasce indipendente, non ci si può far nulla.

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Capitolo 10
*** La Bottiglia ***


Premessa cronologica: questo capitolo, come il precedente va considerato come integrazione/missing moment dell’inizio dell’episodio 9; i successivi capitoli, invece, saranno da considerare contemporanei agli episodi 9 e 10.

 

Uscito dall’area ospedaliera, Fitz decise che davvero sarebbe stata una buona idea mettersi a lavorare al dispositivo per riuscire a rendere funzionanti gli aerei anche in caso di cieli impraticabili: effettivamente lo spazio aereo europeo era chiuso a causa della recente eruzione.

Il giovane si diresse nel salotto comune per cercare Mack e chiedergli di aiutarlo o, meglio, fargli compagnia, era parecchio abbattuto e la presenza di un amico gli avrebbe fatto bene … almeno non sarebbe rimasto solo a ricordare com’era bello lavorare in squadra con Simmons. Era certo che l’amica gli avrebbe dato una mano più che volentieri, se lui gliel’avesse chiesta, ma non se la sentiva.

Nell’area relax, tuttavia, non trovò Mack, bensì Bobbi, che faceva zapping, e Skye che lavorava al pc. Il giovane si avvicinò a quest’ultima e le chiese: “Lavori già sulla città con la corrispondenza che abbiamo trovato?”

“No, Coulson vuole l’esclusiva su quello, si è chiuso nel suo ufficio coi dati. Io stavo cercando informazioni su Kadosh.”

“Cos’hai scoperto?”

“Nulla. Nulla di nulla.” Skye scosse la testa, sconsolata “Sembra un personaggio creato a tavolino! Non c’è niente che possa dare indizi sulla sua vera identità o su come faccia le sue ricerche, oppure sulle sue fonti, su come ottenga le informazioni od altro!”

“È appena mezz’ora che cerchi.” l’apostrofò Bobby, senza distogliere lo sguardo dal televisore.

“Va beh, di solito mi basta per trovare una pista, un indizio o qualsiasi cosa! Su questo Kadosh si trovano solo i suoi video e blog gestiti dai suoi fan, ma nulla su di lui, sembra che nessuno ne sappia nulla!”

“Non sono tutti esibizionisti come Stark che in teleconferenza dice: Io sono Ironman.Bobbi scimmiottò “O famosi come Steve Rogers.”

“Devo pur trovare qualcosa!” Skye strinse i denti, tornò a fissare lo schermo ed esclamò: “Toh!, di nuovo la lucetta azzurra. Abbiamo un’altra intercettazione, ascoltiamo?”

“Sì, sì!” esclamarono sia Fitz che la Morse, stringendosi attorno alla ragazza, per sentire meglio.

La prima voce era quella che Simmons aveva identificato come quella di Whitehall.

 

-Devi recarti a Zilina, in Slovacchia. Lì incontrerai il signor Rostislav, da cui dovrai comprare la bottiglia.

-Una bottiglia? Devo fare un viaggio oltreoceano per una bottiglia?

-Rumlow, non lamentarti e obbedisci. Ti è andata già bene che abbiamo deciso di salvarti durante la distruzione del Triskelion. Con l’intervento di chirurgia plastica a cui sei stato sottoposto, saremo sicuri che né Coulson, né qualcuno dei suoi uomini possano riconoscerti.

-Sì, certo, proprio per la chirurgia plastica … come se non c’entrasse il fatto che mi avete portato alla cybertech e mi avete trasformato in un deathlock.

-Kaminsky sta venendo da te, ti porterà i nuovi documenti e il biglietto aereo per Francoforte: è l’unico aeroporto europeo aperto, poi dovrete proseguire in treno.

-Dovremo? Credevo di andare solo.

-No, Kaminsky partirà con te e a Francoforte troverai una squadra di supporto.

-Ahahaha, cos’ha di speciale questa bottiglia, per meritare tante attenzioni?

-Avvera i desideri di chi la possiede.

-Senza offesa ma da quando credete a queste favole?

-Sono molto scientifico, lo sai, e una delle cose che preferisco è quella di trovare oggetti ritenuti magici e capirne il funzionamento.

-Sì, è vero che ai tempi di Adolfuccio, cercavate reliquie come pazzi, peggio dei cavalieri della tavola rotonda.

-Porti rispetto per i suoi superiori.

-Sì, mi scusi. Dunque devo recuperare la lampada di Aladino?

-È una bottiglia! Devi comprarla, comprarla, mi raccomando!

-E se quello non vuole vendere?

-Venderà, venderà, ma devi assicurarti di essere il primo ad averla e, soprattutto, non devi essere tu, come persona, a comprarla, ma la deve acquisire l’HYDRA stessa. È l’organizzazione che la compra, siamo ben intesi?

-Agli ordini. Ma chi vi ha parlato di questa bottiglia? Il vostro nuovo amico, il Dottore?

-All’incirca, è stato il suo contatto e nostro nuovo alleato, Kadosh.

-Ah, un altro pazzo mascherato.

 

A questo punto la conversazione si interrompeva. Esattamente come la volta precedente, non era una vera e propria intercettazione, ma uno stralcio di una telefonata che qualcuno aveva poi trasmesso su quel canale che sapeva essere tenuto sottocontrollo dallo S.H.I.E.L.D. affinché la sentissero o, almeno, questa era l’impressione.

“Penso che dovresti disturbare Coulson.” osservò Fitz.

“Sì, il tale con cui Withehall parlava, Rumlow, era infiltrato nello S.H.I.E.L.D.” aggiunse Bobbi.

“Avete ragione, vado subito, abbiamo già avuto a che fare con un deathlock e non è stato bello. Prima, però, vediamo se riusciamo a scoprire qualcosa su questa bottiglia di cui parlano.”

Detto ciò, Skye aprì youtube e digitò: Kadosh bottiglia. Il primo video che comparve nell’elenco sembrava quello che lei stava cercando, quindi lo aprì.

Le prime immagini furono le solite dei sotterranei fumosi con la musica di sottofondo, poi apparve Kadosh che iniziò a parlare.

 

I desideri sono nostri nemici. Essi ci ossessionano, ci chiamano continuamente e il non soddisfarli ci rende infelici e sofferenti. Sia gli epicureisti che gli stoici condannavano apertamente gli uomini che permettevano ai desideri di trascinare i loro animi da un lato all’altro, in un’affannosa corsa da una nullità a una sciocchezza. Soddisfare un desiderio non ci porta pace, bensì ne accende subito un altro più grande e la corsa, la sofferenza continua senza sosta. Tutte le tradizioni hanno sempre condannato i desideri e gli uomini che vi cedono. Una leggenda racconta di un diavolo in una bottiglia. Sì, avete capito bene, una bottiglia infernale. Ovviamente, però, si mostra come un oggetto portentoso e benefico che può esaudire qualsiasi desiderio … ma ovviamente al proprio prezzo. Desiderate una bella villa? Il diavolo ve la darà bene presto: lo zio ricco e i suoi figli moriranno improvvisamente e voi erediterete tutto. È un giusto prezzo? Io non credo. Altre due sono le cose da sapere su questa bottiglia: chi muore, possedendo questa bottiglia, consegnerà la propria anima all’Inferno, è dunque necessario venderla, prima. La regola impone di venderla ad un prezzo minore rispetto a quello a cui la si è acquistata. Essa non può essere abbandonata o regalata, o venduta ad un prezzo maggiore; in ognuno di questi casi, essa tornerebbe nelle tasche del vero proprietario. Come al solito, prendete le mie parole come una favola, ma guardate queste immagini: Guglielmo d’Orange, Napoleone, Goffredo di Buglione, Ugone dei pagani, Carlo V, Carlo Magno, Enrico IV di Francia, Federico Barbarossa … come potete osservare, tutti questi quadri, dipinti in epoche e luoghi differenti, rappresentano questi grandi della storia tutti con vicino una bottiglia, sempre uguale. Coincidenze? Io non credo.

State dunque attenti a ciò che desiderate e distinguetelo da ciò che volete. Per questa volta è tutto, fino alla prossima … un abbraccio, Kadosh.

 

Mmm, quindi se l’HYDRA, come società, compra questa bottiglia, significa che tutti i suoi membri ne sono i possessori e qualsiasi desiderio esprimano, si avvererà … potrebbe tornare a nostro favore.” pensò Fitz “Dovrebbero costantemente stare attenti a non esprimere desideri, altrimenti creeranno una gran confusione. Senza contare, poi, che ogni membro dell’HYDRA che muore, finirà all’Inferno.”

“Non crederai a sta roba?!” esclamò Bobbi.

“Ho tratto delle conclusioni da delle premesse, non ho detto che siano vere.” si difese il ragazzo.

“Vado a far sentire tutto a Coulson.” disse Skye, alzandosi in piedi.

 

Coulson aveva ascoltato il resoconto di Skye con grande attenzione. Quella faccenda della bottiglia, vera o falsa che fosse, non gli piaceva affatto. Era determinato a impedire che la compravendita avvenisse, per evitare che l'HYDRA si impossessasse di una potente risorsa o semplicemente per catturare dei suoi membri e neutralizzati.

Chi avrebbe potuto occuparsi della faccenda?

Non voleva mandare qualcuno dei suoi stretti collaboratori, loro li voleva pronti all'azione per la faccenda della città. Chissà, magari quell’intercettazione era stata solo una montatura per costringerlo a dividere le proprie forze, ma non poteva correre rischi.

I pochi agenti che aveva in Europa erano molto occupati: dopo che sei di loro erano morti in Belgio, il lavoro era parecchio aumentato per i superstiti. Avrebbe dovuto scegliere quale operazione in Europa far passare in secondo piano ... a meno che...

Non gli piaceva molto quell’idea, ma era l’unico nome che gli veniva in mente ed era l’unico su cui poteva fare totale affidamento per la buona riuscita della missione. Phil prese il telefono e chiamò.

“Direttore Fury, signore, sono Coulson.”

“È un piacere sentirti, Phil. Senti, se ti autorizzo a chiamarmi Nicholas, la smetterai di chiamarmi direttore? Visto che ora quel titolo è tuo?”

“È improbabile, signore. È stato il mio mentore, il rispetto che ho per lei mi imporrà sempre di chiamarla così.”

Fury, dall’altro capo del telefono, lasciò uno sbuffo divertito, ma comunque contento.

“Allora, che novità, direttore Coulson?”

“Volevo aggiornarla sugli ultimi sviluppi. Sì, so che non è necessario, che non devo riferire, ma voglio che lei abbia il quadro preciso della situazione e poi c’è dell’altro. Mi ascolti.”

Phil raccontò del significato dei simboli e della città e concluse, dicendo: “Noi, ora siamo concentrati sul raggiungere la città prima dell'HYDRA, so che avremo da combatterla sul campo e che loro useranno la maggior parte delle loro forze e io voglio fare altrettanto. Contemporaneamente, però, c’è un’altra questione delicata che vorrei affidare a qualcuno del cui successo sono sicuro, senza, però, dover dividere le mie forze. Io vorrei che se ne occupasse lei, se non è coinvolto in altro … anche se mi dispiace disturbarla …”

“Dimmi di che si tratta.”

“Impedire che l'HYDRA acquisti un oggetto che potremmo definite uno 0-8-4. Hanno inviato per la missione una squadra di non sappiamo quanti uomini, ma sarà guidata da Rumlow e un altro ex S.H.I.E.L.D., Kaminsky.”

Rumlow? Credevo che Falcon lo avesse ucciso al Triskelion! È ancora vivo?”

“Così pare. Ho sentito l'intercettazione, la voce è sua.”

“Era ridotto veramente male.” ragionò Fury “Che lo abbiano trasformato in un deathlock?”

“Il suo intuito mi stupisce sempre: sì, nella telefonata si è fatto riferimento a quel progetto.”

“Un deathlock ricavato da un ex agente di livello 8 ... Sì, penso che sia il caso che me ne occupi io, me la caverò con un paio d'agenti. Appena recuperato lo 0-8-4, passeremo a trovarvi.”

“Grazie. Ci sono, però, alcune cose da sapere a tal proposito.”

Coulson riferì tutto quello che avevano sentito sulla bottiglia.

Fury, conclusa la telefonata, non si soffermò più di tanto a ragionare: aveva già le idee chiare e precise su come agire. Chiamò immediatamente Clint.

“Agente Barton, sei ancora in Europa?”

“Sì, signore. Mi sono fermato a Parigi a trovare Natasha. Ha bisogno di me?”

“Mi fareste comodo entrambi.”

“Perfetto, penso di poter confermare per tutti e due. Istruzioni?”

“Ci troveremo a Francoforte. Ti manderò dettagli sul luogo. Preferisco non parlare della missione per telefono.”

“Perfetto, signore, tra quanto?”

“Partite subito.”

Google maps dà cinque ore e ventuno minuti come tempo di percorrenza minimo per il tratto Parigi-Francoforte, in condizioni di traffico ottimali. Con gli aeroporti fuori uso, le autostrade erano stracolme di macchine.

Esattamente cinque ore dopo la telefonata, Occhio di Falco e la Vedova Nera erano seduti di fronte a Fury in un bar davanti allo stradone che portava all'aeroporto di Francoforte. L'ex direttore aveva un tablet davanti a sé, inclinato quel tanto per vederlo tranquillamente, senza che gli altri due potessero guardarlo. I due agenti erano vestiti in borghese ed entrambi attiravano gli sguardi d'apprezzamento di uomini e donne.

Rumlow se l’è cavata?” si sbalordì Natasha, dopo essere stata aggiornata su tutta la faccenda “Poco male, lo annienteremo di nuovo.”

“Quello che non capisco è perché siamo qui e non direttamente a Zilina.” disse Clint “Di solito aspettiamo il nemico al traguardo, non lo inseguiamo.”

“Sì, ma questa volta a abbiamo a che fare con gente che conosce il nostro modus operandi. Inoltre non possiamo permetterci di fallire. Prima fermiamo Rumlow, meglio è. Diciamo che iniziamo a dargli la caccia già adesso per avere più possibilità ed occasioni di successo.”

“Non è troppo apprensivo, signore?” domandò Barton “È vero che Rumlow era un agente di livello 8, però noi siamo 2 Avengers, più lei!”

“Avrà una squadra e numericamente e per potenza di fuoco ci supereremo.” precisò Fury “Inoltre, noi saremo solo due. Non ho rinunciato del tutto alla strategia del raggiungere l’obbiettivo per primi. Natasha ci precederà a Zilina ed individuerà il signor Rostislav.”

“E poi farò in modo di ottenere da lui quella bottiglia?” domandò la donna con voce seducente per mostrare la tattica di persuasione che avrebbe attuato.

“No. Non puoi farti regalare quella bottiglia, né rubarla. Potresti solo comprarla ed è una cosa che non ti chiedo. Perché se è vero quello che la leggenda dice ...” Fury si fece cupo, ragionò e poi disse: “Scopri se quel tale sia meritevole dell'inferno. Se non lo è, compra la bottiglia a mio nome; se lo è, uccidilo senza perdere tempo. Con la sua morte la bottiglia dovrebbe sparire, se non scompare prendila, ma prima di afferrarla pensa sempre che la stai prendendo in mia vece. Intesi? E mentre ce l’hai non desiderare nulla!”

“Sì, signore.” Natasha era sorpresa di vede Fury così apprensivo: non era nel suo stile; o quella bottiglia era qualcosa di potenzialmente molto pericoloso, a livello tesseract o quasi, oppure l'ex direttore era ancora parecchio scosso per l'uscita dall'ombra dell'HYDRA. Lei non lo aveva mai visto amareggiato o deluso, dopo il tradimento e lo sfaldarsi dello S.H.I.E.L.D. ma era sicura che lui non fosse così impassibile e ottimista come voleva sembrare.

“Quindi come si procede?” domandò Clint, desideroso di entrare in azione.

“Siete venuti con la tua moto e basta?” gli chiese Fury.

“Sì. Siamo partiti immediatamente, con lo stretto indispensabile.”

“Va bene. Natasha, tu prendi la moto e vai a Zilina, parti subito. Barton, io e te useremo il mio SUV per dare la caccia a Rumlow.”

“Il tuo SUV?" ripeté Clint con un bagliore negli occhi “Lo adoro!”

“Lo so. Questa volta c’è la possibilità di sdraiare i sedili posteriori e aprire una feritoia, in modo tale che tu possa usare tranquillamente l'arco, se dovremo attaccare lateralmente, mentre siamo in movimento.”

“Potrei frecciarli anche stando seduto, ma apprezzo.”

Essendo ormai tutto chiaro e le spiegazioni e istruzioni date, Natasha salutò, prese le chiavi della moto e se ne andò, lasciando i due uomini soli a bere e tenere sorvegliata la strada dell'aeroporto. Fury probabilmente teneva d'occhio anche il tablet, ma non si poteva esserne certi, poiché un paio di occhiali scuri nascondevano il suo sguardo.

“È sicuro che passerà proprio da qua?” domandò Barton, dopo una mezz'ora di attesa.

“Il volo atterrerà tra venti minuti circa, dovrà recuperare i bagagli e poi i vari controlli di passaporti, visto et cetera, quindi non sarà fuori prima di uscire. Non credo farà mosse azzardate come l’evitare i controlli o usare uscite secondarie.”

“Come mai questa certezza? Ha le capacità per darsi alla macchia senza essere notato.”

“Non ha motivo di nascondersi.”

“Non sospettano che noi ...?”

“Ne dubito; ad ogni modo ...” Fury passò all'altro il tablet che teneva appoggiato al tavolo.

Clint guardò lo schermo e si accorse che erano visibili le immagini di tutte le telecamere di sicurezza all'esterno dell'aeroporto.

“Inoltre, trattandosi di un deathlock, lo rintracceremo anche grazie a un localizzatore di fulcri d'energia.”

“Quindi, appena lui arriverà nei paraggi, qualcosa inizierà a bippare per segnalarlo?”

“Sì, più o meno intensamente a seconda della vicinanza. Volevo impostarlo per fargli dire acqua, fuoco, fuochino, ma poi avrebbe attirato troppo l'attenzione.”

“Qual è la distanza massima a cui lo può rilevare?”

“Tredici chilometri, quindi inizierà a segnalarlo appena metterà piede a terra.”

“E tutte le altre apparecchiature elettriche non le rileva?”

“Certo che sì, ma l'ho calibrato su deathlock. Peterson è stato di grande aiuto per questo.”

I due uomini tornarono alla loro silenziosa attesa. Per evitare di destare sospetti, si misero a giocare a carte, ma senza distrarsi. Venti minuti dopo, il rilevatore iniziò a lanciare un debole segnale, che nella successiva mezz'ora si fece sempre più intenso.

“Ecco, ci siamo.” disse Fury “È in una delle prossime automobili che passeranno.” si sfiorò gli occhiali, aggiungendo: “Chiudi i video della sorveglianza, riduci a icona il localizzatore e schiaccia l'icona viola a forma di cono.”

Clint obbedì e si aprì una schermata dove si vedeva la strada che avevano davanti a loro, ma che mostrava gli interni delle auto che passavano.

“Raggi X.” constatò Barton “Dove li ha piazzati?”

Fury, che fissava la strada, non rispose e si limitò ad indicare i propri occhiali. Clint controllava lo schermo e dopo poco esclamò: “Trovato! È la Lamborghini blu metallizzata.”

“L'HYDRA si tratta bene.” commentò Fury, infilando una mano in tasca e premendo un pulsante di un piccolo telecomando.

“Sono un po’ appariscenti.”

“Meglio per noi, anche se temo, a questo punto, che quella funga da esca.”

“Beh, un deathlock è lì a bordo di certo. Assieme a quattro uomini armati.”

“L’ho visto anch’io. Infatti, probabilmente vogliono che noi seguiamo loro e, poi, ci terranno un’imboscata con altre forze.” Fury si alzò in piedi e lasciò un paio di banconote sul tavolino.

“Pensavo che credesse non ci aspettassero.”

“Lo consideravo assai improbabile, ma non l’ho escluso. Ah, ecco la nostra auto.”

Il grosso SUV nero sbucò da dietro l'angolo che faceva il palazzo col bar e andò a fermarsi davanti ai due uomini. Fury montò subito al posto di guida, Clint caricò il bauletto con arco e frecce che si era portato, molto meno ingombrante della custodia del contrabbasso, sebbene si facesse notare maggiormente, poiché era un oggetto insolito. Fury avviò l'auto e si mise subito a seguire la Lamborghini, che presto prese la direzione della catena montuosa del Taunus.

“Qual è il piano, signore?” chiese Barton, tenendo gli occhi puntati sull'auto nemica e avendo già tirato fuori l'arco.

“Purtroppo dovremo concedere loro l’iniziativa del combattere, probabilmente.”

“Perché, signore? Non è nel nostro stile. È per la presenza di civili? Per evitare noie con le autorità?”

“Esatto, entrambe le cose. Sia perché non voglio che gente innocente venga coinvolta e rischi di morire, come è già avvenuto in passato, sia perché noi non abbiamo alcuna giurisdizione ufficiale, quindi qualsiasi cosa faremo sarà un reato. Preferisco, dunque, non avere polizia tra i piedi, mentre combatto. Aspetteremo di trovarci soli con loro. Penso proprio che abbiano capito che li stiamo seguendo e ci stanno portando dove potremo scontrarci.”

“Credevo stessero andando in stazione a prendere un treno.”

“Non conosco i dettagli di questi spostamenti, purtroppo.”

“Pazienza, allora vediamo dove ci portano e poi massacriamoli.” concluse Clint con tutta la calma di questo mondo.

Il SUV continuava a seguire la Lamborghini che si allontanava sempre più dai centri abitati e proseguiva ad inoltrarsi nel Taunus, tra i suoi monticelli e le sue valli, ciò nonostante, le due auto non furono mai sole, poiché di tanto in tanto c’erano dei paesi da quelle parti e dunque varie altre automobili circolavano su quelle strade. Era ormai sera, quando la Lamborghini si arrestò in mezzo alla strada, dopo aver sterzato in modo da occupare entrambe le carreggiate.

“Ecco: ci siamo.” disse Fury, frenando.

“Ci sono altri tre veicoli dietro di noi.”

“Probabilmente sono i rinforzi dell'HYDRA.”

“Ce n’erano due poco avanti di loro, non so se torneranno indietro o non c’entrassero nulla.”

Fury passò i propri occhiali a Clint, dicendogli: “Controlla che arsenale hanno.”

Barton attivò subito la visualizzazione a raggi X e si accorse dell'ampia capacità di fuoco che avevano gli avversari. Inoltre, con la sua vista normale, notò che i due veicoli che li prevedevano stavano tornando indietro.

“Signore, mi concede di scoccare la prima freccia o dobbiamo ancora attendere?”

Fury aprì parte del tettuccio del SUV e gli rispose: “Procedi pure, ma non scendere.”

Occhio di Falco di mise in piedi e, sbucando dal busto in si dall'auto, si mise a scagliare le sue frecce. Quella posizione non era certo comoda, ma per lui e la sua abilità non era un problema; inoltre, per non essere ostacolato dal poco spazio, teneva l'arco in orizzontale. Scoccò due frecce esplosive contro una delle auto che avevano alle spalle ed essa scoppiò, tuttavia i suoi occupanti riuscirono ad abbandonare in tempo il veicolo e, Kalashnikov alla mano, iniziarono a crivellare il SUV e presto i loro compagni gli diedero man forte. Pure tra le fila dell'HYDRA c'era un arciere e costui si concentrava a mirare Clint, senza curarsi del resto. Le altre due auto erano tornate indietro e si erano frapposte tra il SUV e la Lamborghini che si era un poco spostata e Rumlow osservava lo scontro senza dire nulla.

Fury, valutata la situazione, decise che la cosa migliore da fare era utilizzare le piccole granate di cui il suo SUV era munito e riuscì a far saltare un'altra automobile con la prima, mentre la seconda la puntò contro un gruppetto di cinque uomini che stava sparando. Non sapeva se ne avesse uccisi o meno, ma per qualche momento li aveva dispersi e neutralizzati.

Qualche momento sembra un tempo molto breve, da nulla, ma in una situazione del genere ogni secondo è fondamentale. Fu questione di un attimo, quando una delle frecce nemiche colpì il braccio sinistro di Barton che, subito, si abbassò per rientrate in auto e rimuovere il dardo, prima di riprendere a combattere. Clint, per fortuna, indossava dei robusti parabraccia che avevano impedito alla freccia di trapassarlo, ma la punta si era ugualmente conficcata per quasi mezzo centimetro nella carne. Fury guardò la freccia estratta: la punta, lunga tre centimetri, aveva la forma di un serpente. L'ex direttore imprecò: “Maledizione!”

“Non si preoccupi, signore, non è nulla. Posso riprendere a combattere subito.”

“No. Barton, tra due minuti al massimo non sarai più operativo.” Fury stava schiacciando dei tasti per dare un nuovo comando al SUV “Questa è una freccia da Viper! Viper è un nome di battaglia che, al pari di una carica, l’HYDRA dà ai propri migliori arcieri.” l’uomo prese dal cruscotto una benda e la legò stretta al braccio dell’altro come un laccio emostatico “Queste frecce sono tutte avvelenate, non sappiamo quale veleno ci fosse su questa! Potrebbe esserti fatale e non sappiamo in quanto tempo!”

Dal cruscotto spuntò un braccio meccanico con una siringa e fece un'iniezione a Barton.

“Ecco quello ti eviterà di morire per un paio d'ore, ma sentirai altri effetti: stordimento, fiacchezza, forse perderai i sensi. Rallenterà molto il tuo battito cardiaco per ritardare il diffondersi del veleno.”

“Che cosa facciamo, signore?”

“Io continuo a sparare.” una sorta di mitragliatore spuntò sul cofano “Tu contatta Coulson e chiedigli se ha basi nei paraggi, altrimenti dovremo andare in un ospedale pubblico e non è l’ideale per noi. Ah e nel frattempo spera che Rumlow non decida di intervenire: non so quanto il mio SUV possa resistere ai colpi di un deathlock.”

Fury, tenendo comunque sempre monitorate la percentuale di resistenza dell'auto, si concentrò sui comandi interni per sparare col mitragliatore esterno e lanciare razzi. Avrebbe voluto provare a colpire la Lamborghini, ma era certo che Rumlow sarebbe sopravvissuto all’esplosione e allora sarebbe passato lui stesso al contrattacco e ciò non sarebbe stato bene. Il suo piano era resistere, magari sembrare in difficoltà, fino al momento della fuga. Fuga, sì; non era mai stata tra le sue opzioni preferite, ma da quando l'HYDRA era uscita dalle ombre, aveva dovuto ricorrervi più di una volta per poter sopravvivere e, soprattutto, far sopravvivere altri. In passato, era parecchio dispiaciuto quando un agente moriva in missione, ma le perdite erano una dimostrazione della devozione alla causa, dell'impegno e dell'onore. Più di una volta aveva autorizzato missioni senza il recupero degli agenti. Ora, però, che erano così pochi e i nemici così potenti, non poteva permettere di sprecare nemmeno una singola vita, tanto meno quella di un validissimo combattente come era Barton.

Clint, intanto, si era messo in contatto con Coulson.

“Bene, ci è arrivata la vostra precisa posizione.” si sentì dire dalla voce di Phil dall’altro capo del telefono.

“Hai basi o uomini di fiducia in zona?” chiese Clint, con la voce un po’ strascicata e impastata a causa del veleno.

“No, mi spiace. In Germania siamo presenti solo a Berlino e in Baviera, per il momento. Con i propulsori potreste arrivarci in non troppo tempo, ma ci sono le montagne da attraversare, il che vi rallenterebbe parecchio.”

“Maledizione!” ingiuriò Fury, che stava ascoltando.

“Aspettate, voi siete in Assia!” esclamò Coulson “Ho un'idea, anche se non è sicura al 100%.”

“Parla!” lo esortò Fury, preoccupato che il SUV subisse troppi danni per poter consentire la fuga.

“In una valle a 28 chilometri da voi c’è un paesino di circa mille anime: Hasselbach. È un possedimento di Ottone d'Assia, quindi Afdera dovrebbe avere una certa autorità anche lì... Andate e fate il suo nome per ricevere cure, io la avviserò, così potrà telefonare e dare conferma alle vostre parole.”

“Sia, speriamo il bene. Non dirle il mio nome, però, mi presenterò come Theo Robinson.” precisò Fury.

“Perfetto.” concluse Coulson “Se avrete bisogno di altro non so se potrò aiutarvi: la nostra missione si sta facendo molto interessante e richiederà quasi tutte le nostre forze, credo.”

“Grazie, non preoccuparti, ce la caveremo.” disse Barton, che però stava sudando, poiché col battito rallentato, meno ossigeno circolava nel suo corpo e, dunque, i muscoli si affaticavano più facilmente “Ecco, ci sono arrivate le coordinate del paese. Grazie, paio e chiudo.”

Fury iniziò a impostare il pilota automatico e chiese all'altro: “Te la senti di scoccare qualche freccia fumogena?”

“Sì. Ne aggiungerò anche qualcuna col fumo soporifero. All'aria aperta non li addormenterà ma li renderà frastornati per qualche minuto.”

“L'importante è che non vedano la direzione che prendiamo. Scocca dieci frecce e poi buttati dentro.”

Clint obbedì. Di rimise in piedi e sporse dal tettuccio. Con la sua volée alzò una fitta coltre di fumo. Si rigettò in auto, affaticato per lo sforzo di accasciò sui sedili posteriori. Il tettuccio si richiuse. Fury avviò la modalità volo e l'auto di sollevò e gran velocità sfrecciò verso il paesino impostato come meta nel pilota automatico, che non aveva problemi di visuale.

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Capitolo 11
*** magia ***


Rientrarono nel castello, il maggiordomo disse loro di portare la giovane nel salotto e di metterla sul divano, dove già c’era una coperta da metterle addosso. Il maggiordomo, prima di uscire, disse solo, rivolto alla donna: “L'acqua è già sul fuoco. Tra cinque minuti avrà la sua tisana, poi porteremo il gulasch rimasto.”

Vedendo tutta quella prontezza ed efficienza, i due uomini dedussero che non fosse la prima volta che capitasse qualcosa del genere o che la ragazza si stremasse in quel modo.

“Che cos'è successo?” chiese di nuovo Clint, che voleva assolutamente delle spiegazioni, perché anche se aveva visto molte cose assurde, ultimamente, quella la superava, almeno a caldo.

“Lasciala riprendere un attimo.” lo apostrofò Fury.

“Signore, se permette, io non mi sento affatto tranquillo. Cos’erano quei cosi umanoidi che abbiamo visto? Da dove venivano? Dove sono spariti?”

“Evocazioni ...” rispose Afdera, con un filo di voce, si stava un poco riprendendo dalla stanchezza e debolezza “Sono una maga. Esistono 38 sigilli per vari usi, ma non basta disegnarli e pronunciare formule per farli funzionare. Occorre alimentari con la propria energia, canalizzata dalla volontà.”

In quel momento entrò il maggiordomo con una tazza fumante e la diede in mano ad Afdera; era seguito da un cameriere che spingeva un carrello con un piatto di gulasch ancora caldo. La donna ringraziò e congedò i due domestici. Rimasta di nuovo sola con gli ospiti, riprese a spiegare: “I sigilli che richiedono maggiore energia, o per lo meno quelli più faticosi che necessitano di molta energia in un unico momento e non diluita nel tempo, sono quelli di evocazione. Di fatto si apre una sorta di varco con un altro mondo, piano dimensionale e si trasporta qualcuno qui. I maghi più potenti riescono ad evocare esseri in carne ed ossa. Alle prime evocazioni si ottengono solo ombre; io sono già capace di proiettate qua i corpi astrali. Se non sono presenti fisicamente qui, le evocazioni devono essere alimentate dall’energia del mago. I cinque guerrieri, che avete visto, hanno combattuto con le loro capacità, ma la forza l’hanno attinta da me. Io ho consumato la stessa energia che mi sarebbe servita per combattere quel drappello, più quella dell'evocazione.”

“Ecco perché sei così stremata!” esclamò Fury “È come se avessi affrontato cinque soldati corpo a corpo e non è certo qualcosa a cui si abituata o che ti riesce con facilità come a noi.”

“Inoltre subisco io i danni, al loro posto: se una delle evocazioni fosse stata ferita, il taglio sarebbe apparso sul mio corpo.” Afdera ringraziò di essere ancora intera e vuotò la tazza.

“Che evocazioni erano, quelle?” domandò Barton.

“Spiriti di Marte, è il nome tradizionale, ma li ho scoperti essere Asgardiani. Questa è stata la prima volta che ne ho evocati ben cinque. Di solito ne uso solo uno o due, per difendermi, quando ce n'è bisogno.”

“Ti capita spesso di essere aggredita?” si sorprese Fury.

“Tal volta. Comunque, oltre a questo, ho sul corpo altri tre sigilli: guarigione, invisibilità e teletrasporto.”

“Teletrasporto?” si meravigliò Barton.

“Sì, ma per ora posso teletrasportarmi solo nei posti in cui ho, per così dire, tracciato un sigillo di arrivo. Per questo oggi mi avete trovata qua: dopo la telefonata di Phil che mi avvisava della vostra situazione, mi sono teletrasportata qua per aiutarvi.”

“In che senso hai dei sigilli sul tuo corpo? Non vedo tatuaggi.” osservò Fury.

“Sono invisibili fino a quando non li bagno col mio sangue. È il prezzo che devo pagare, per non doverli disegnare ogni volta.”

“Quindi sai usare solo questi quattro sigilli?” chiese Barton.

“No, li conosco tutti; ho scelto questi quattro da avere sempre pronti, perché li ho ritenuti quelli più adatti per le emergenze, per quelle situazioni in cui non posso avere il tempo di tracciarli.” la donna appoggiò la tazza e si mise a mangiare, si stava ben riprendendo.

“È per questo, dunque, che conosci Strange?” domandò Fury, che voleva definire meglio la situazione.

“Sì, anche se conoscere è una parola grossa. Lo conosco di fama e l'ho visto di sfuggita un paio di volte, la terza, invece, l'ho visto in azione, intravisto in realtà, perché dopo poco ho perso i sensi. Sono già passati un paio d'anni da quella volta che è stata l'ultima in cui sia stato visto.”

“Intendi dire che è scomparso?” si stupì e accigliò Fury “Anch'io non lo vedo o lo sento da un bel pezzo, però non me ne sono preoccupato: sono abituato a vederlo ricomparire dopo anni in cui non si è fatto vivo. Probabilmente sarà andato a fare un ritiro spirituale, ogni tanto ne fa e perde totalmente la cognizione del tempo.”

Calò poi il silenzio e, dunque, dopo poco, Barton fece cenno all’ex direttore di mettersi un attimo in disparte, per parlare tra loro. Scostatisi dalla donna, dall'altro lato del salotto, Clint chiese sottovoce: “E ora che facciamo? Temo che abbiamo perso Rumlow, sarà ormai lontano, non conosciamo il suo itinerario per poterlo precedere. Come procediamo?”

Fury era molto cupo: il compagno aveva perfettamente ragione. Un tempo sarebbe stato semplice rintracciare Rumlow e scoprire i suoi spostamenti; adesso era molto più difficile. Se avessero avuto un hacker a disposizione, avrebbero potuto inserirsi nel sistema di video di sorveglianza stradale o qualcosa del genere, ma non lo avevano. Inoltre, era praticamente sicuro che Rumlow aveva abbandonato la Lamborghini per un mezzo più discreto. Fury valutò l’idea di precipitarsi al confine slovacco e attendere lì l’HYDRA, ma era rischioso. Lanciò un’occhiata verso la donna e pensò che lei fosse la migliore risorsa che avessero a disposizione un quel momento.

“Afdera!” ne richiamò l'attenzione, avvicinandosi nuovamente al divano “Noi stiamo inseguendo un uomo, ma ormai sarà difficile trovarne le tracce per raggiungerlo, tu potresti aiutarci ad individuarlo?”

“Sì, volentieri, tuttavia, mi occorre averne una foto e sapere almeno nome, cognome e data di nascita. Se avete altre informazioni, ditemele pure. Per divinare qualcuno occorre concentrarsi molto su quella persona per poter individuare la sua proiezione astrale nel flusso del pharn. Risulta dunque molto più semplice divinare chi si conosce, rispetto agli estranei, ma con le giuste informazioni si può scrutare chiunque, ammesso che non sappia occultarsi, ma è una capacità di maghi potenti e non credo sia il caso del vostro uomo.”

“No, infatti.” rispose Fury “Riusciresti a controllare già adesso o devi riposare ancora?”

“No, va bene, datemi le informazioni e poi procedo.”

Nick prese il proprio tablet, ci lavorò un poco, più lo porse alla ragazza, dicendole: “Stai accedendo a delle informazioni riservate ad agenti di livello 10, quindi ...”

“...me ne sento onorata e tacerò.” lo interruppe Afdera, sorridendo e prendendo il tablet.

Mentre leggeva i file, richiese: “Barton, puoi dire al mio maggiordomo di portare qui il mio scrigno speciale? Sai il tedesco, vero?”

“Sì.”

Clint uscì per eseguire, manon era ancora tranquillo e non gli piaceva la fiducia che l'ex direttore aveva in quella donna. D'altra parte lei aveva dimostrato di non essere dell’HYDRA, quindi ci si poteva fare di lei. Aveva capacità particolari, perché non sfruttarle a loro favore? Di fatto, però, l'unico mago con cui lui aveva avuto a che fare era stato Loki e l'esperienza non gli era per nulla piaciuta. Non aveva quindi una buona opinione di chi praticasse magia. L'unico altro mago che conosceva di fama, era quel dottor Strange che era stato nominato anche poco prima. Non lo aveva mai visto, ne aveva solo sentito parlare qualche volta da Fury o da Natasha; non sembrava una persona cattiva, ma comunque nemmeno affidabile. Aveva visto Fury molto adirato nei suoi confronti, ma non aveva mai smesso di essergli...amico? Beh, comunque non lo aveva mai inserito tra i nemici e lo consultava in alcune situazioni particolari.

Intanto, nel salotto, la ragazza continuava a scorrere i file con attenzione. Fury la osservava in silenzio, non volendo disturbare, ma poi gli venne in mente un dettaglio e disse: “Credo che ci potrebbe essere un problema.”

“Quale?”

“Nell’intercettazione che abbiamo, viene detto che Rumlow è stato sottoposto ad un intervento di chirurgia plastica … effettivamente, dopo l’ultimo scontro, aveva il volto ustionato e gravemente rovinato. È un ostacolo per te?”

“In parte; se l’intervento è avvenuto da poco, la sua vecchia immagine dovrebbe essere comunque impressa nel flusso astrale …”

“Aspetta, ridammi il tablet, forse posso individuare il suo nuovo volto.”

Fury iniziò a visionare le immagini delle telecamere di videosorveglianza dell’aeroporto, che erano rimaste salvate nel tablet.

“Siamo fortunati!” esclamò dopo un poco “Rumlow si è fatto venire a prendere in Lamborghini davanti all’uscita e non ha raggiunto i suoi compagni al parcheggio. Non è il massimo della definizione, ma in questo fotogramma possiamo vedere i suoi nuovi connotati.”

Afdera guardò: in bianco e nero e sfuocato non era il massimo, ma un indizio in più non guastava. Un paio di minuti dopo, Barton rientrò, seguito dal cameriere che consegnò alla ragazza uno scrigno di legno, tempestato di pietre dure e colorate.

Afdera lo aprì, c’erano vari oggetti dentro: un pugnale, delle piume, varie pietre, ossa conchiglie e altro che i due uomini non fecero in tempo a spiare. La donna tirò fuori un sottile specchio d’argento, specchio non come quelli moderni, ma come quelli di una volta: una lastra d’argento sottile, levigata e lucidata a specchio; vie erano delle incisioni: sul lato superiore il nome YHVH, a destra ELOHIM in basso MITRA, a sinistra ADONAI.

Afdera strinse lo specchio tra le mani, si concentrò alcuni minuti. Fury e Barton osservavano tacendo, un po’ incuriositi, un po’ scettici.

La ragazza aprì gli occhi, fissò la lastra e disse: “O Signore Eterno e Universale, che regni sopra ogni cosa e conosci i più profondi misteri del creato, degnati di concedermi che io tutto veda, e che AZRAEL mi appaia in questo specchio! In questo, con questo e per questo specchio desidero ottenere sapienza, per volontà e intercessione dell'Angelo AZRAEL”.

Afdera soffiò sulla lamina e continuò: “Vieni, o AZRAEL in nome dell'infinita sapienza con cui tu comandi e ordini. Vieni, o AZRAEL, nel Santissimo Nome FALMA, vieni per me in questo specchio con amore, felicità, pace, mostrandomi ciò che ai miei occhi è celato. O Spirito Supremo che regoli il moto dell’Universo, ascolta le mie parole, appaga il mio desiderio. Fa’ che AZRAEL appaia in questo specchio; colma di soddisfazione me, Tuo servo, perche Tu sei benedetto per l’eternità. Amen”.

L'argento iniziò a vibrare tra le mani della ragazza; la lamina lucida fu attraversata da quelle che sembravano scariche elettriche. Fury e Barton videro soltanto questo e lo sguardo di Afdera divenire vacuo. Non videro nessuna immagine comporsi nello specchio, non videro nulla di quel che si rivelò alla donna. Passati alcuni minuti, gli occhi della giovane tornarono presenti, lei mormorò un ringraziamento, poi avvolse lo specchio in un piano di lino bianco e lo rimise nello scrigno.

“Dunque?” domandò Fury, severo e attento.

“Il vostro uomo si trova a Francoforte, partirà domattina alle 12-21 con un treno che lo porterà a Vienna, lì cambierà e andrà a Bratislava dove prenderà la coincidenza per Zilina. Circa 13 ore di viaggio e un costo di 180 euro.”

“Bene, sappiamo dove trovarlo. Il fatto che viaggi in treno ci renderà le cose più semplici.” affermò Clint.

“Non proprio.” lo contraddisse Fury “Certo sappiamo dov'è, ma non possiamo combatterlo a bordo di un treno. Sono certo che hanno scelto di muoversi così proprio per metterci in difficoltà. Il SUV, al momento, non è in condizioni ottimali, possiamo usarlo per andare fino a Francoforte, poi prendiamo anche noi il treno fino a Vienna e lì recupereremo un altro SUV ...”

“Ne ha un altro come quello, signore?” lo interruppe Barton, stupito.

“Certo, li ho fatti produrre in serie! Ad ogni modo, da Vienna procederemo per conto nostro e faremo in modo di tendergli un'imboscata alla stazione di Bratislava.”

“Perfetto, signore, allora dovremo partire già ora.” Barton, ancora, preferiva allontanarsi al più presto da quel luogo.

“No, fermatevi qui, a dormire.” li invitò Afdera.

“Domattina dovremmo alzarci troppo presto e disturbare, per essere in stazione in tempo.” ribatté Clint, anche se non era affatto vero.

“Non preoccupatevi.” insisté lei “Domattina useremo il teletrasporto per essere puntuali in stazione. L'unica cosa da fare adesso è comprare online i biglietti: tre, io vengo con voi.”

“Cosa?!” esclamò Barton “Questo è fuori discussione: è una missione dello S.H.I.E.L.D. e tu sei una civile e ne devi rimanere fuori.”

“C'è un occultista, tra gli accompagnatori di Rumlow, la mia presenza può tornarvi utile.” fu irremovibile lei.

“Signore, glielo spieghi anche lei!”

“Puoi venire, Afdera.” disse, invece, Fury “Ma sappi che non siamo responsabili di te o della tua vita: se vieni, ti assumi anche tutti i rischi e non ti aspetterai alcun nostro aiuto, se esso potesse essere a discapito della missione.”

“Signore, non mi sembra opportuno.” replicò Clint “Oltre a ciò che ha appena detto, deve considerare che potremmo dover ricorrere a pedinamenti, oppure dovremo discretamente ispezionare il treno per individuare Rumlow, lei non è addestrata, potrebbe farci scoprire e mandare tutto a rotoli.”

“Considera, però, che il suo volto non è associato di certo allo S.H.I.E.L.D., non ha bisogno di camuffamenti. Anzi, lei fingerà di viaggiare per proprio conto si metterà un po' in mostra, così le attenzioni saranno focalizzate su di lei e noi passeremo maggiormente inosservati.”

Barton fissò ancora qualche istante l'ex direttore, poi cedette e disse: “D'accordo, signore. Ha sempre agito bene, quindi mi fiderò del suo giudizio.”

Rimasero ancora tutti e tre assieme per qualche minuto, per comprare i biglietti e definire alcuni dettagli logistici. Presi gli accordi necessari, Afdera chiamò il maggiordomo e gli affidò i due ospiti, affinché li conducesse nelle stanze a loro assegnate e già preparate. Quando fu solo, Clint prese il cellulare e chiamò Natasha, era certo di non essere intercettato.

“Agente Barton, che piacere, a cosa devo una vostra telefonata?” lo prese un poco in giro lei, rispondendo.

“Sei arrivata a Zilina? Tutto ok? Com'è stato il viaggio?”

“Sì, sono arrivata, tutto perfetto. Guidare la tua moto mi mette sempre di buon umore.”

“Trattala bene, mi raccomando!”

“Certo, so che tieni a lei quanto Coulson tiene a Lola. A proposito, perché non hai mai dato un nome alla tua moto?”

“Eh, non ho mai avuto tempo di pensarci, sai, tra una missione e l'altra!”

“Beh, sei stato fermo per qualche mese, ne avresti avuto di tempo per pensare! Io la chiamerei ... mmm, fammici pensare...”

“Dai, lascia stare.” cercò di distrarla lui.

“No, no, ci tengo! ... Ecco! Faust! Mi piace un sacco, anche perché sembra fast.”

“Se proprio deve avere un nome, dev'essere da donna.”

Uff...pignolo! … e maschilista … Ad ogni modo, che cosa volevi sapere?”

“Te l'ho detto: com'era stato il viaggio, come ti sei sistemata e se hai già trovato l'uomo in questione.”

“Sì, l'ho trovato e gli ho anche parlato. È un uomo ricco, potente e parecchio influente in città, non è stato difficile individuarlo. Mi ha invitato ad uscire, infatti sto finendo di prepararmi: tra poco la sua limousine sarà qui a prendermi.”

“Tra poco? Sono quasi le 23!” esclamò Clint, contrariato.

“Eh, noi si vive la notte! Non essere il solito gelosone... e poi me la so cavare benissimo.” aggiunse con tono smaliziato.

“Appunto e la cosa mi preoccupa ancor di più!”

“Via, non essere apprensivo, piuttosto, da voi come va? Che cosa avete fatto?”

Barton le raccontò quanto accaduto da quando si erano salutati ed espresse tutti i suoi dubbi e perplessità.

“Mi sembra decisamente azzardato portare con noi quella ragazza.” ribadì per l'ennesima volta Barton, a fine resoconto.

“Effettivamente è strano che il direttore coinvolga una civile, ma se lo fa, avrà sicuramente valutato i pro e i contro e avrà le sue buone ragioni. Da quando dubiti di lui?”

“Non è che dubiti di lui è che...si, insomma, non riesco a capire cosa gli passi per la testa!”

“Quando mai qualcuno lo ha capito?”

“Ora è diverso! Prima era il direttore dello S.H.I.E.L.D., era ai vertici del mondo, pur restando nell'ombra, era influente e importante.” il tono dell'uomo era piuttosto nervoso “Poi è rispuntata l'HYDRA che ha distrutto tutto, lui si è dimesso, ha iniziato a vagabondare agendo più o meno da solo e...e...”

“E...?” lo incoraggiò Natasha.

“Pare sempre lo stesso di prima! Calmo, sicuro, non sembra affatto scosso per quel che è successo. Forse tu, che gli sei stata vicina nei momenti peggiori, l'hai visto agitato, ma io no! E mi pare impossibile che un uomo, la cui vita è stata così ribaltata all'improvviso e dal proprio peggiore nemico per giunta, possa essere così calmo come se niente fosse. Io mi aspettavo di trovarlo almeno un poco nervoso, sospettoso o ...non so, qualcosa, qualsiasi segno di turbamento e, invece... Vederlo così tranquillo mi fa pensare che lui ancora non abbia accettato quel che è accaduto, che sia come nella fase di negazione, che non sia riuscito a superare il trauma e quindi...”

“Sei sicuro di non essere tu, quello che non ha superato il trauma?” lo apostrofò Natasha con dolcezza “So quanto ti pesa non essere più un operativo e non vuoi vivere una vita diversa da quella che hai vissuto finora. Prima, tra una missione e l'altra, andavi a riposarti nella tua fattoria, ti piaceva state in campagna e con gli animali, lo trovai piacevole e rilassante e mi hai invitata molte volte a condividere quel piacere con te. Ora, da quando sei stato congedato, non mi risulta tu ci sia stato nemmeno una volta, eppure sono convinta ti farebbe bene, ti aiuterebbe a rilassarti e a schiarirti le idee circa il tuo futuro e, se proprio non c'è altro che vuoi fare nella tua vita, allora potrai chiedere a Coulson di inserirti attivamente nel nuovo S.H.I.E.L.D.

Clint sentiva il suo animo essersi un poco placato: parlare con Natasha era sempre un toccasana per lui; lei sapeva sempre cosa dire e come per farlo state meglio. Gli era stata di grande aiuto, poco prima della battaglia di New York, per eliminare i sensi di colpa per essere stato controllato da Loki.

“Ti ringrazio, Natasha, finita questa missione proverò a seguire il tuo consiglio.” le rispose con tono caldo e placido, poi domandò, ancora con una punta di incertezza: “Posso stare tranquillo, quindi, per Fury, secondo te?”

“Sicuramente! Il fatto che ti sembri imperturbabile è perché lui, ormai, ne ha viste di tutti i colori, ne ha superate di tutti i tipi, ha un'esperienza vastissima e aveva già le idee chiare su come andare avanti.”
“D'accordo, grazie Natasha, per tutto! Sei sempre fondamentale.”

“Dai, Clint, non esagerare, non ho fatto niente di che, lo sai che per te farei questo e altro.”

I due agenti parlarono ancora un poco, poi si diedero la buona notte, chiusero la telefonata e Clint si addormentò, mentre Natasha si apprestò ad uscire.

La donna si guardò allo specchio: era splendida, come sempre, sensuale e col viso innocuo e innocente. Gli uomini che non la conoscevano rimanevano tutti avvinti dalla sua bellezza e dal suo fascino e non sospettavano la sua micidialità, non immaginavano che conoscesse almeno 53 modi diversi per ucciderli a mani nude. Natasha si considerava, ormai, una trappola, una trappola mortale in cui ogni uomo cadeva. Chi non era riuscito a sedurre? Chi non era rimasto conquistato dal suo fascino?

Soltanto uno, soltanto Loki, ma in effetti non si poteva certo dire che lei avesse provato a sedurlo e poi lui non era un uomo, ma un dio...

Com'è che l'aveva chiamata? Vulvetta lamentosa...

Via, basta con questi pensieri, Rostislav stava per arrivare e lei aveva una missione da compiere.

Ancora una volta avrebbe sedotto, carpito e distrutto. Per tutta la vita non le avevano mai chiesto altro a parte quello: ammaliare e spiare, oppure ammaliare e uccidere, nient'altro. Sia nello S.H.I.E.L.D. che prima nella sua vita, non l'avevano mai considerata diversamente.

Ovvio, quello era il suo lavoro, le piaceva, ma a volte avrebbe preferito essere meno bella, tal volta era arrivata ad odiare il proprio visino e il fisico perfetto perché pensava di essere ritenuta utile solo per il suo aspetto e non per le sue molte altre qualità.

Per questo, appena sciolto il vecchio S.H.I.E.L.D. lei aveva deciso di chiudere, almeno per un po' con quel genere di vita e di dedicarsi più approfonditamente alle sue passioni, come la pittura ad esempio, per dimostrare che non era solo un'assassina sexy, ma che valeva molto di più.

C'erano due soli uomini che non la consideravano principalmente per il suo aspetto: Fury e Barton. Il direttore, tuttavia, si limitava a trattarla come qualsiasi altra spia, magari a volte era più amichevole, ma nulla di che; Clint, invece, era totalmente diverso!

Lui l'aveva conosciuta nel profondo, era suo amico, sapeva tutto o quasi di lei e le voleva davvero bene. Lei gli era molto grata.

Ora, però, non doveva pensarci. Ora era seduta sulla limousine di Rostislav e doveva concentrarsi a fare la bella sciocchina e, soprattutto, far bere fino all'ubriachezza l'uomo; per fortuna lei era Russa, cresciuta a pane e vodka e quindi reggeva molto bene l'alcool e poteva fare ubriacare gli altri e rimanere sobria.

Rostislav portò Natasha in un paio di locali differenti e lei recitò alla perfezione la propria parte e, piano, piano riuscì a farsi raccontare dall'uomo la sua vita; lo ascoltò vantarsi delle proprie malefatte e dei propri raggiri, infine, verso le tre e mezza di notte Rustislav nominò la fatidica bottiglia dei desideri. Natasha, allora, lo incalzò: si mostrava ammirata affascinata ed entusiasta; l'uomo si compiaceva di ciò e allora raccontava ancora di più, reso ancora più sciolto dall'alcool bevuto.

Quando le sembrò il momento opportuno, la donna gli disse: “Sai, mi piacerebbe davvero tanto vedere questa bottiglia di cui tanto parli. Vorrei vederla all'opera.”

“Oh, hai poco tempo, allora, domani sera o dopo domani al massimo, la venderò!”

“Venderla? E perché?!” la donna simulò un ingenuo stupore “È una cosa così fantastica! Magari l'avessi io, me la terrei ben stretta!”

“Ha i suoi svantaggi. Inoltre, diciamo che, quando l'acquistai, fu per tenerla in custodia per degli amici che presto verranno a prendersela.”

Ohu...”

Quindi Rustislav è per lo meno filo HYDRA, dedusse Natasha.

“Me la farai vedere adesso, allora?” chiese lei, per poi aggiungere maliziosa e seducente: “Se mi porti da te e mi mostri la bottiglia, io ti mostrerò qualcos'altro e ti proverò che anch'io possa esaudire i desideri.”

L'uomo capì al volo quel che intendesse e si sfregò le mani, pregustando nella sua testa quel piacere e poi le disse: “Questa notte non possiamo: a casa c'è mia moglie, vieni domani pomeriggio e te la mostrerò e le chiederò qualcosa per te. Intanto, però, potremmo andare da te e...”

“No!” lo bloccò subito lei “Domani pomeriggio anche quello, prima voglio vedere la bottiglia.”

“Perché per forza prima?”

“Perché conosco voi uomini, se adesso andiamo da me, tu domani non mi mostrerai nulla. Forse te la sei inventata questa storia.”

Natasha si finse offesa.

“Ma certo che no, bellezza mia! Va bene, vieni da me domani alle quindici, mia moglie non ci sarà; io ti mostrerò la bottiglia e poi ci dedicheremo a noi.”

Natasha soddisfatta, proseguì la sceneggiata ancora un'ora, poi n tornò all'albergo e si mise subito a dormire: doveva essere riposata per l'azione del giorno seguente o, per meglio dire, per quel che avrebbe fatto appena dopo dieci ore o poco più.

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Capitolo 12
*** Il Barone Raimondo Franchetti e i suoi amici. ***


Il SUV volò per una decina di chilometri, poi tornò a correre sull'asfalto, perché un’automobile volante sarebbe stata un po’ troppo appariscente per entrare nel villaggio.

Fury si voltò per controllare le condizioni di Barton: era ancora cosciente, benché non sembrasse molto presente.

Si videro le prime case del paese: tetti molto acuti, travi a vista sulle facciate e balconi con parapetti in legno. Fury prese i comandi dell’auto e si domandò dove dovesse andare: in ospedale? Nell'abitazione del principe Ottone?

Il dubbio rimase per poco: passando per la piazza principale del villaggio, incrociò un’ambulanza e un pugno di persone che gli fecero segno di fermarsi. Fury si sorprese per tale accoglienza e un poco si insospettì, ma prima di darsi il tempo di ragionare, aveva già fermato il SUV.

Scese, guardò le persone lì attorno e salutò in un perfetto tedesco: “Buonasera. C'è un ferito in auto, avvelenato per la precisione.”

Una giovane donna, con addosso un lungo cappotto a doppio petto verde scuro, si avvicinò, porse la mano per presentarsi, in fluente inglese: “Piacere, baronessa dottoressa Afdera Franchetti. Benvenuto. Phil mi ha avvisata. Il nostro medico si occuperà del vostro compagno.”

Fury si voltò e vide che due infermieri stavano prelevando Barton dall’auto per trasferirlo sull’ambulanza. Tutta quella premura ed efficienza insospettirono ancor di più l'ex direttore.

“Preferirei stare vicino al mio amico.” puntualizzò l’uomo.

“Non preoccupatevi per lui, gli inietteranno l'antidoto e lo terranno un poco in osservazione, poi lo accompagneranno da noi.” lo rassicurò la giovane, con un tono parecchio formale “Avete per caso un campione del veleno o sapete di cosa si tratti?”

Fury porse la freccia alla donna che a sua volta la consegnò al personale medico. L’uomo non era convinto, ma aveva deciso di fingere di fidarsi, per poter avere più possibilità di difendersi, temeva però per Barton, lasciato solo e indifeso.

La donna tornò a rivolgersi a lui: “Potete seguirmi con la vostra auto e parcheggiarla al castello, dove alloggerete. Data l’ora, ceneremo assieme.”

“Se si tratta di un invito, devo dire che ne ho ricevuti di più gentili.” ironizzò l'uomo.

“Scusatemi, sono abituata a dare disposizioni, in effetti; poi la concitazione del momento ...” il tono della ragazza si era un poco addolcito “Ad ogni modo, Phil mi ha chiesto di ospitarvi e prendermi cura di entrambi ed è quello che ho intenzione di fare. Se volete, vi farò strada.”

Fury acconsentì. L’ambulanza era già partita. L’ex direttore salì in automobile e seguì quella su cui era salita Afdera, assieme ad altri due uomini, di cui uno era l’autista. Si spostarono di non più di un chilometro. Arrivarono davanti a una cinta muraria piuttosto imponente, con l’ingresso posto sotto un torrione circolare. Il grande portone venne aperto a distanza con un telecomando. Entrarono nel cortile e le due auto furono parcheggiate in quella che un tempo era stata una stalla.

Era buio, Fury non poté ben distinguere l’aspetto del castello, ma capì che era formato da un massiccio corpo centrale, con qualche torretta qua e là. Afdera affiancò l’ospite e gli fece strada fino al portone d’entrata, ma fu un altro uomo ad aprire la porta e poi a prendere i capotti di entrambi e portarli nello stanzino guardaroba. La donna invitò Fury ad aspettarla in un salottino vicino all’atrio. Era una stanza ben arredata, con un’eleganza ottocentesca, forse con un po’ troppo oro nelle cornici di un paio di quadri che ritraevano due importanti principi d'Assia, quasi fossero un biglietto da visita della famiglia per gli ospiti appena giunti.

Afdera lo raggiunse quasi subito e lo informò: “Tra un quarto d’ora la cena sarà in tavola. Intanto ci serviranno qui un aperitivo.”

“Non mi aspettavo una simile accoglienza.” ammise Fury, volendo testare la situazione.

“Siete ospite del principe d'Assia, i nostri mezzi sono molti.”

“Con così poco preavviso ...”

“L'ospitalità è sacra, siamo molto rigorosi in questo. Al giorno d’oggi si sospetta di chiunque, ma noi siamo ancora legati alla tradizione in cui si accoglie chi chiede aiuto e lo si onora.”

“Non mi aspettavo di trovarla qui.” Fury voleva capire se davvero tutto ciò fosse normale in quel posto, oppure se ci fosse sotto qualcos’altro “Coulson mi aveva detto che era parecchio lontana, in questo periodo.”

“È vero, ero a Teheran fino a poco fa.”

“Poco fa?"

“Sì, fino a quando altri affari non mi hanno richiamata qui.” Afdera sorrise.

“Che genere di affari?”

“Il genere che richiedeva la mia presenza qui.”

Fury era quasi divertito, l’atteggiamento di quella ragazza gli ricordava alquanto il modo di fare della Hill, la sua ex luogotenente: entrambe erano serie e avevano grande attenzione per il proprio ruolo. Comunque continuò il suo tastare il terreno: “Una fortunata coincidenza per noi.”

“Abbastanza.”

Entrarono due camerieri, portando uno un vassoio con delle tartine e l’altro spingendo un carrellino con varie bottiglie, per preparare qualsiasi aperitivo sarebbe stato ordinato. Serviti gli antipasti, i due camerieri uscirono, lasciando di nuovo soli la donna e l'ex direttore.

“Comunque, non vi siete ancora presentato. Mio zio ha detto che vi chiamate Theo Robinson.” riprese il dialogo la giovane, sorseggiando il proprio cocktail.

“Sì, esatto.”

“Siete da molto nello S.H.I.E.L.D.?”

“Non sono cose di cui mi è permesso parlare.” rispose Fury, reso ancor più sospettoso da quelle domande.

“Capisco. Posso almeno sapere in che condizioni avete lasciato i vostri aggressori?”

“Perché le interessa?”

“Perché mi è necessario sapere se l'HYDRA passerà in paese a cercarvi, oppure se possiamo stare tranquilli.”

Fury si accigliò un attimo, poi scosse le spalle e disse: “Immagino che ormai non sia più un segreto, la nostra lotta contro di loro.”

“Avete fatto parlare i telegiornali di tutto il mondo. Dunque?”

“Ci stanno cercando, sì.”

“Suppongo avrete controllato che non ci siano tracciatori attaccati alla vostra auto.”

“Sì, ho guardato, non c’era nulla, oltre a tanti fori di proiettili. È strano che un’archeologa, perché è questo che lei è, sia così accorta in una situazione del genere.”

Afdera sorrise, bevve un lungo sorso e con tono dolce rispose: “Voi sapete bene da che famiglia provengo. Vedete anche con chi ho a che fare, è naturale ch’io sia ferrata anche circa certe procedure.”

Cadde il silenzio nella stanza. Fury prese una tartina da sbocconcellare, ma scrutò la giovane per studiarla: i suoi occhi erano scuri, dolci e ammalianti, ma allo stesso tempo parevano di facciata, come se nascondessero altro; le sue labbra, invece, abbozzavano un sorriso, ma con un cipiglio da dominatrice. Nel complesso, Fury la considerava affascinante, enigmatica e quindi pericolosa. Una sorta di Vedova Nera coi capelli lunghi e castani, resa meno micidiale perché di gran lunga meno sensuale di Natasha.

“Perché crede ch'io conosca la sua famiglia? Conosco solamente Coulson, un suo zio, niente di più.”

Fury continuava a voler cercare di mettere alla prova la donna: era certo nascondesse qualcosa e voleva capire di che si trattasse. Afdera lo guardò dritto negli occhi, o almeno ci provò, visto che l'uomo continuava a portare gli occhiali scuri. Non rispose alla domanda, ma prese a raccontare: “Tre sono gli esponenti famosi del passato della mia stirpe: la mia omonima nonna, nota solo per il matrimonio con Henry Fonda, il mio trisnonno che era compositore e il mio bisnonno: Raimondo Franchetti, esploratore! Iniziò le proprie avventure a diciotto anni, andando a caccia sulle montagne rocciose, tra USA e Canada, proseguì poi in Malesia e Indonesia, viaggiò per tutta l’Africa ed è stato il primo ad esplorare la Dancalia e uscirne vivo. Il mio nome è lo stesso di un vulcano di quella regione.” il tono era calmo e pacato.

Un domestico entrò nella stanza, annunciando che la cena era servita. I due andarono nella sala da pranzo e mentre mangiavano un ottimo gulasch, la ragazza proseguì: “Il mio bisnonno, però, non era solo in tutte queste avventure. Fin dal suo primo viaggio in America aveva trovato un amico inseparabile: Nikolao Yosef di Wollo, figlio minore del Ras Mikael di Wollo e di una figlia dell'imperatore d’Etiopia, il Negus Menelik secondo. Il Ras era un musulmano convertito al cristianesimo ortodosso e dunque aveva assunto nomi occidentali per sé e i figli.” nonostante parlasse con grande tranquillità e cenasse, Afdera non distoglieva lo sguardo dall’ospite “Il mio bisnonno divenne dunque grande amico di questo Nikolao e lo soprannominò Furio, per via del suo carattere e delle sue abilità nel combattere. Viaggiarono per il mondo assieme, rimasero separati durante la prima guerra mondiale e poi si riunirono per altre avventure, cacce ed esplorazioni. Questo Nikolao aveva un fratello più grande di qualche anno, Iyasu, che era stato nominato proprio erede da Menelik e per alcuni anni era stato imperatore di Etiopia, poi spodestato ed incarcerato. Nikolao era desideroso di aiutare il fratello a riprendere il potere e sapeva che gli italiani desideravano avere maggiore forza in Etiopia, credé dunque che si sarebbe potuta evitate la colonizzazione, se sul trono fosse tornato Iyasu e se avesse adottato una politica favorevole all’Italia. Fin dalla spedizione in Dancalia, i due amici iniziarono ad intessere una rete di contatti con i vari Ras dell'Impero, con i capopopolo e molte altre categorie. Insomma organizzarono un loro privato servizio segreto con lo scopo di favorire sia il ritorno di Iyasu, sia la benevolenza verso gli Italiani. Riuscirono a liberare Iyasu, che però venne presto ricatturato e tutto fallì. Poi, nel 1935, Raimondo morì, poiché il suo aereo esplose. Si diede la colpa agli Inglesi, altri pensarono ad una vendetta del Negus, altri ancora che il governo Mussolini, ormai avvicinatosi a Hitler, non potesse tollerare un ebreo come eroe nazionale...mah, è un mistero che è destinato a durare. C’è chi ipotizza che fosse andato troppo vicino a scoprire l’ubicazione dell’Arca dell’Alleanza, che alcuni sostengono essere in possesso proprio della chiesa Ortodossa Etiope, poiché Salomone l’avrebbe donata al figlio che avrebbe avuto dalla regina di Saba. Ah, giusto, la famiglia di Nikolao sosteneva di discendere da questa coppia biblica.”

“Il tuo bisnonno sembra essere stato davvero un uomo straordinario.”

“Sì. Non si seppe più nulla, però, di Nikolao. Si fece vivo un paio di volte con la vedova e poi scomparve. Strano. Un uomo con le sue capacità avrebbe dovuto farsi piuttosto notare, aveva un animo irrequieto, avrebbe dovuto darsi ad altre imprese e, invece, sembra sparire nel nulla. Eppure avrebbe potuto usare la sua rete di spie e contatti per qualcosa; possibile che dopo la morte di Raimondo abbia rinunciato a tutto? No, io non credo.”

“Che cosa crede, allora?”

Afdera si fece solenne e severa: “Io credo di averlo davanti a me, in questo momento.”

Fury si scosse leggermente, come se sorpreso, oppure attraversato da un brivido. Rise a bocca chiusa e replicò: “Si rende conto dell'assurdità della sua affermazione? L'uomo di cui parla dev'essere morto ormai da un pezzo! Scusi, quanti anni dovrebbe avere, adesso?”

“All'incirca 125.”

“Ecco, io mi sento profondamente offeso, se lei sostiene che le sembri un uomo che possa avere più del doppio dei miei anni! E poi gli etiopi hanno una carnagione più chiara della mia.”

“Ci sono almeno cinque etnie principali differenti in Etiopia.” ribatté Afdera, senza battere ciglio “Inoltre, non dico affatto che voi sembriate un ultra centenario, bensì che portiate così bene il vostro secolo e un quarto che parete per nulla cambiato da allora. Se foste invecchiato, forse non vi avrei riconosciuto, ma così... siete identico alle fotografie.”

“Quali? Posso vederle?”

“Certamente.”

Afdera si alzò da tavola e uscì dalla sala da pranzo. Fury la guardò uscire e rimase pensieroso.

 

Non avevo affatto valutato l'ipotesi che la piccola potesse riconoscermi. Mi aspettavo che conoscesse bene la storia di Raimondo ma arrivare ad ipotizzare che Nikolao sia ancora vivo e riconoscermi, addirittura! Quante possibilità c'erano? Tante come che l'HYDRA fosse infiltrata nello S.H.I.E.L.D. Ultimamente, le ipotesi più assurde si stanno rivelando vere, il rasoio di Occam ha fallito ... Devo essere più prudente e aperto di mente. Ecco, a proposito di prudenza, Barton starà bene?

Mi sembra veramente strano che Afdera, che era in Iran fino a pochi giorni fa, sia tornata qua, proprio adesso, proprio in tempo per soccorrerci!

 

La ragazza tornò nella stanza con in mano una decina di foto e le mostrò all’ospite. Erano immagini delle varie esplorazioni di Raimondo e del suo amico: America, Indonesia e molta Africa. C’erano anche ritratti scattati in occasione di feste.

“Ammetto che c’è una grandissima somiglianza tra me e quest’uomo, ma sì sa che i sosia esistono. Su internet si trovano foto di divi confrontate con quelle di sconosciuti del passato che sembrano identici.”

“Con voi è diverso.”

“Perché? Mi dica, come avrei fatto, secondo lei, a rimanere giovane? Che cosa le fa credere a questa assurdità?”

“Io sono appassionata alla storia della mia famiglia e senza dubbio Raimondo è l’esponente più affascinante e misterioso, ha creato una sorta di leggenda, ai suoi tempi era presentato come l'incarnazione di tutti i più alti valori e di tutte le qualità dell'italianità! Era una sorta di Capitan Italia, proprio come il vostro Capitan America, ma senza super poteri. Cinque anni fa, ritrovai alcuni bauli, in solaio, c’erano dentro i suoi cimeli, gli oggetti che aveva usato nelle sue spedizioni, foto e, infine, anche i suoi diari e le sue lettere. Lessi tutto quanto e fu così che scoprii l’esistenza di questo Nikolao, ormai obliato dalla memoria della nostra famiglia. Mia nonna e il mio prozio Nanuk ricordarono di aver sentito qualche volta quel nome, ma non seppero darmi informazioni. Iniziai quindi a cercare per conto mio. Disturbai la polizia mortuaria di tutto il mondo, ma nessuno seppe indicarmi la sua tomba: un nome e basta non era sufficiente. Mi misi a peregrinare da un archivio all’altro in cerca di indizi; il tempo per farlo era poco, dal momento che stavo anche studiando. Alla fine trovai del materiale interessante: in alcuni giornali dell’immediato dopoguerra, che riportavano le imprese di Peggy Carter e dell'RSS, notai che in alcune foto compariva un uomo estremamente somigliante a Nikolao. Cercai di approfondire, ma tutti i documenti ufficiali relativi all’RSS sono secretati, perché confluiti poi nello S.H.I.E.L.D. e nemmeno io potevo arrivarci. Decisi di indagare a ritroso e riuscii a rintracciare qua e là articoletti relativi a un’organizzazione forse criminale, le cui intenzioni e i cui mandanti non furono mai chiari, che agì negli anni successivi al 1935, in Etiopia, Italia e Inghilterra, per poi apparire qua e là in Europa durante la seconda guerra mondiale e poi sparire nel nulla. Ultima informazione: l’RSS aveva deciso di mettersi sulle sue tracce, temendo un collegamento con l’HYDRA o con qualcosa di parimenti pericoloso. Dedussi che Nikolao e i suoi ebbero a che fare con l’RSS, si allearono con loro e confluirono nello S.H.I.E.L.D. Mi ero ripromessa di parlarne con lo zio Phil, ma prima che potessi rivederlo, ci giunse la notizia della sua morte. Seguii in televisione l’invasione di New York e poi continuai a tenermi aggiornata circa il fatto che lo S.H.I.E.L.D. fosse ormai rivelato al pubblico mondiale. Ecco, allora, che sugli schermi comparve qualche volta il direttore Nicholas Joseph Fury. La prima volta che lo vidi notati subito la somiglianza con l’amico del mio bisnonno, poi sentii il suo nome e improvvisamente capii che erano la stessa persona.”

Fury era perplesso, ragionò rapidamente su cosa sostenere, poi sospirò e disse: “Ammetto di essere l'ex direttore Fury e di essere figlio del Nikolao di cui parli, ma non sono mio padre. Il tempo passa per tutti, perché ti sfugge questo concetto?”

“Non è il tempo, ma siamo noi che passiamo. Certi scienziati stanno negando l'esistenza del tempo. Ad ogni modo, c’era un altro uomo amico vostro e del mio bisnonno, il dottor Stephen Strange. Un po’ più giovane di voi, meno inseparabile, ma ugualmente caro. Raimondo lo conobbe solo come medico, gli chiese di accompagnarlo nella spedizione in Dancalia... Quando il mio bisnonno morì, Strange non era ancora diventato quel che è ora, non aveva ancora seguito la sua vera vocazione. Nei diari è descritto come un giovane medico dalle capacità straordinarie e col pallino dell’occulto, che era rimasto deluso nello scoprire che Raimondo, pur essendo ebreo, non conosceva i segreti della qabala.”

“Continuo a non seguire il tuo ragionamento.”

Fury lo capiva benissimo in realtà, ma non voleva ammetterlo. Sperava che la donna non avesse abbastanza informazioni, in modo da non dover ammettere la verità. Supponeva che lei avesse sospetti, ma non prove e che cercasse da lui una conferma che non le avrebbe dato.

“Il dottor Strange è il mago più potente della terra. Conosco la sua storia: durante la seconda guerra mondiale, venne ferito in modo tale da compromettere la sua abilità di chirurgo. Troppo orgoglioso per accertare il ruolo di medico generico, si dedicò allo studio della magia, peregrinò a lungo, trovò il migliore dei maestri e apprese tutto da lui. Ora, Strange, nonostante abbia i suoi 113 anni, ne dimostra appena 35.”

“Conosco anch’io la sua storia, era amico di mio padre e ora lo è mio.”

“Io sono persuasa che il dottor Strange abbia condiviso il suo segreto della giovinezza con voi.”

Fury fissò attentamente Afdera, indeciso sul cosa dirle: se almeno avesse saputo le reali intenzioni della donna!

“Signorina, perché per voi è così importante credere a questa illusione? Che differenza farebbe per voi?”
“Nessuna, in realtà, il mio è puro amore per la verità.”

“Lo S.H.I.E.L.D. si basa sul proteggere il mondo da certe verità.”

“Concordo con questa filosofia. La Verità è accessibile a tutti, ma non vuole essere volgarizzata, bisogna accostarsi a lei con umiltà e sollevare i vari veli che la celano, mantenendo sempre il segreto. La Verità ha molti gradi, c’è quella più grossolana per le masse e poi via, via si fa sempre più sottile e luminosa. Per il mantenimento dell'Ordine è necessario che ognuno conosca solo il livello di Verità che è in grado di sostenere, senza togliere il diritto di progredire.”

Fury rimase molto colpito e ammirato da quelle parole: era raro, in quei tempi, trovare qualcuno che considerasse la Verità non un diritto, ma un dovere, una responsabilità, e che desse così tanta importanza al segreto.

Era un peccato non aver portato quella ragazza nello S.H.I.EL.D.: aveva la mentalità giusta. Forse avrebbero potuto inserirla nel nuovo S.H.I.E.L.D., ma era un’archeologa, non poteva essere utile. “Chi le ha insegnato queste cose? Phil?”

“No ...”

Afdera stava per dire di più, ma fu interrotta da un gran fracasso che proveniva dall’atrio. La donna si alzò per andare a controllare e l'ospite la seguì.

“Si calmi, si calmi!” si sentì intimare dal maggiordomo a qualcuno.

“Mi faccia passare o le dovrò far del male! O è anche lei in combutta con loro?”

Era chiaramente la voce di Clint. Fury affrettò il passo e giunse per primo nell’atrio, chiedendo che cosa stesse accadendo.

“Siamo stati traditi, signore. Un drappello HYDRA è in città!” comunicò Barton, col suo solito fare militare.

“Ti hanno fatto qualcosa?”

“No, signore, non mi hanno visto. Ero in ospedale, sotto osservazione: i medici volevano essere certi che l’antidoto funzionasse senza effetti collaterali. Guardando fuori dalla finestra mi sono accorto di un gruppo HYDRA di cinque uomini, allora sono fuggito dall'ospedale, sono arrivato qua, ho recuperato il mio arco e sono venuto ad avvisarla che siamo stati traditi.”

“Ma che traditi!” esclamò Afdera, facendosi avanti.

“Mi pare evidente che qualcuno li abbia avvertiti della nostra presenza qua.” replicò Clint, aspramente “Tu, ragazzina, non avresti dovuto essere qua; poi ci hai separati. È chiaro che sei per lo meno in combutta con ...”

“Taci!” lo interruppe la donna, fulminandolo con lo sguardo “Non vi siete rifugiati molto lontano rispetto a dove siete stati attaccati, era ovvio che l’HYDRA vi avrebbe cercarti nei paraggi. Il fatto che sia un drappello e non tutte le loro forze dimostra che sono in perlustrazione e non hanno la certezza di trovarvi qui.”

Barton la guardò in cagnesco.

DLIN-DLON

Suonò il campanello.

“Chiedi chi è.” ordinò Afdera, in tedesco, al maggiordomo.

Il domestico prese la cornetta del videocitofono e chiese chi fosse, avuta risposta, continuò: “Sua Altezza il principe Ottone d'Assia non è in casa, in questi giorni. … Sì, qui c’è la baronessa Franchetti. … Riferirò, attendete.”

Il maggiordomo agganciò il videocitofono e riferì: “Ci sono cinque uomini, mi pare armati, che chiedono di parlare con voi, non si sono qualificati, né hanno detto nomi.”

Afdera sentì il peso degli sguardi di Fury e Barton su di lei. Ragionò qualche istante e poi, risoluta, ordinò: “Apri il portone e dì loro di attendere nel cortile, li ascolterò lì.” si voltò poi verso i due ospiti e disse: “Voi fate quello che preferite: fuggite, appostatevi, quel che volete. Per quel che mi riguarda, io andrò a parlare con quegli uomini e se sono dell'HYDRA me ne libererò.”

Detto questo, Afdera voltò le spalle e uscì, senza attendere risposta. Barton guardò Fury e si limitò a dire: “Signore?”

“Osserviamola, sono curioso di vedere cosa combina.”

“Si fida di lei?”

“Se ci tradisse, noi non faremmo in tempo ad allontanarci, quindi tanto vale restare qua, pronti ad attaccare appena varcheranno la soglia. Sono solo cinque, ce ne libereremo in un attimo. Se non ci tradirà, potrebbe correre dei pericoli e io vorrei proteggerla.”

“Allora preparo le frecce, ne avrò bisogno in ogni caso.”

Afdera aveva attraversato metà cortile quando incrociò il drappello di cinque uomini armati. Uno di loro, il comandante, si fece avanti, dicendo: “Che razza di accoglienza è questa? Mi aspettavo che la casa d'Assia facesse almeno accomodare chi bussa alla sua porta.”

“Mi spiace, signori, ma il principe non è in casa, come vi è stato detto, e io non posso permettere a chicchessia di entrare. Devo prima sincerarmi circa chi siete e, vedendovi così armati, non sono certo rassicurata.”

“Senta, stiamo cercando dei fuggitivi, i vostri concittadini ci hanno riferito che oggi avete dato ospitalità a degli stranieri. Ora ci faccia controllare: è già tanto che abbiamo suonato il campanello, anziché fare irruzione. Se non ci lascia passare, noi procederemo con la forza e dopo il controllo daremo fuoco a tutto.”

“Chi credete di essere?!”

Il comandante sorrise e disse: “Hail HYDRA!”

Gli altri quattro fecero il doppio salutò romano, ripetendo: “Hail HYDRA!”

Afdera sorrise e disse, portandosi il pollice vicino alla bocca: “Carino il vostro saluto.” si morse a sangue il dito “Sembra una resa!” sorrise coi denti macchiati di rosso e un inquietante bagliore nelle pupille.

La giovane si passò il pollice sanguinante sotto il collo, tra le clavicole. Il sangue, spontaneamente, tracciò un cerchio con al centro una sorta di asterisco, ogni braccio del quale terminava con un simbolo alchemico differente.

E disse a gran voce: “ESHIEL ITHURIEL NADAMIEL BARZACHIA.”

Il cerchio si fece luminoso, emanò cinque sfere splendenti che crebbero e presero la forma di uomini, guerrieri, dalle armature appariscenti.

Questo accade nel giro di pochissimi istanti. La donna ordinò: “Difendetemi! Annientate questi uomini e portatene via i cadaveri!”

Prima che potessero capire che cosa stesse accadendo, i soldati dell’HYDRA si ritrovarono assaltati dai guerrieri evanescenti, ma le cui lance e spade ferivano realmente. Non ebbero il tempo di difendersi e caddero morti in poco tempo. I guerrieri apparsi, dopo il breve combattimento, si ricomposero e uno di loro, che si distingueva perché non indossava armatura e perché impugnava uno stocco e per i capelli e baffi biondi ben curati, si rivolse alla giovane: “Milady, possiamo rendervi altri servigi?”

“Per questa volta va bene così. Grazie mille.”

“È sempre un piacere e un onore.”

Detto ciò, il guerriero le fece il baciamano e poi si dissolse assieme agli altri quattro e ai cadaveri. Afdera sorrise, poi sentì la testa girarle. Si volse verso il castello e si mosse verso di esso, barcollando parecchio: era assai indebolita.

Fury e Barton, che avevano assistito a tutta la scena, si precipitarono fuori per sostenerla e impedirle di cascare a terra.

Afdera, pur avendo un poco la vista annebbiata e vedendo piccoli luccichii, vide e riconobbe i due uomini che le andavano incontro, quindi si fermò per aspettarli e, appena le fu abbastanza vicino, si appoggiò a Fury, mormorando: “Aiutami...portami in casa...”

“Che cos'è successo?” chiese invece Barton, sbigottito per quel che aveva appena visto.

“Dopo...” sussurrò la donna.

 

 

 

 

Note dell’Autrice: Innanzitutto un grazie a tutti i miei lettori e a chi commenta! ^-^

Come detto nella premessa cronologica dello scorso capitolo, questo e i seguenti sono da considerarsi svolti in contemporanea agli episodi 9 e 10.

Per sapere qualcosa di più sul Barone Franchetti, qui troverete un breve video:

 

https://www.youtube.com/watch?v=eGwy6aslwiw&hd=1

 

Per quanto riguarda ciò che ho scritto sul background di Fury è ovviamente inventato da me, tuttavia ho voluto inserire una caratteristica del personaggio presente nei fumetti, ovvero che fa uso dell’Infinity Formula per restare giovane.

 

Bene, direi che è tutto. Spero che la fanfic vi piaccia, anche se in questi capitoli lasceremo un poco da parte Coulson e il suo team, ma torneranno presto! ;)

I commenti e le osservazioni sono sempre gradite.

Grazie ancora!

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Capitolo 13
*** Sul treno ***


Un paio di ore dopo che la Vedova Nera si era addormentata a Zilina, i suoi colleghi si risvegliavano nel castello ad Hasselbach. Fury e Barton si destarono, si vestirono e si incontrarono nella sala da pranzo dove li attendeva Afdera, assieme ad una ricca colazione.

I due uomini riempirono i piatti con uova, pancetta e wurstel, la donna bevve caffelatte accompagnato da due brioche al cioccolato. Dopo la colazione, Fury recuperò dal SUV tutto il necessario e così furono pronti a partire. Salirono in cima alla torre più alta del maniero, in cima alla quale si trovava lo studio di magia della ragazza.

“Non è un po’ da cliché il praticare magia su una torre?” chiese Barton ironico.

“La torre è una forma che canalizza bene le energie, pensa anche solo ai fulmini!” ribatté la ragazza.

“Dunque è questo il tuo laboratorio?” domandò invece Fury, guardandosi ben attorno per memorizzare ogni dettaglio.

.” rispose Afdera, sistemando il necessario per il teletrasporto “Questo è uno dei miei studioli. In ognuna delle mie residenze ne ho pronto uno basilare, perché non si sa mai, in ogni caso sono tutti collegati coi sigilli di teletrasporto e quindi, quando manca qualcosa, mi è facile recuperarlo da qualche parte.”

“Ah, giusto, ieri hai detto che il teletrasporto lo hai funzionante solo per dove hai lasciato un altro sigillo.” Clint era sospettoso “Come mai ne hai uno proprio in stazione?”

“Ne ho ad ogni aeroporto o stazione a cui abito vicino e a quelli più importanti. Non si consumano energie a tracciarne e mantenerne tanti, ma solo quando li di usa.”

“Che ore sono?” domandò Fury.

“Otto e cinquanta, signore.” rispose Clint.

“Perfetto, abbiamo il tempo per ripassare il piano. Appena giunti, ci separeremo. Noi andremo in stazione per conto nostro e lei arriverà più tardi, accompagnata da qualche domestico.”

“Domanda!” intervenne Clint “I domestici da dove vengono? Non dovremo coinvolgere anche loro, spero.”

“No, come ho già detto ieri, evocherò degli spiriti di Mercurio che mi aiutino nella sceneggiata.”

“E non ti affaticherai?”

“No, devono solo parlare e camminare.”

“Torniamo al piano!” li richiamò Fury “Afdera farà in modo di farsi notare e andrà a prendere posto in prima classe che è nelle carrozze di coda, in particolare lei sarà proprio nell'ultima. Noi due, invece saremo in testa al treno, appena dopo la locomotiva, così che, quando ci arriverà la notizia che Afdera è sul treno, avremo una scusa per attraversarlo tutto e guardare i passeggeri in cerca di Rumlow. Una volta individuato, lo osserveremo e capiremo quanti uomini ha di scorta e quali sono. Durante il cambio a Vienna, noi due ci allontaneremo per precederlo a Bratislava, dove l'attesa per il cambio sarà più lunga. Durante il transito a Vienna, se te la sentirai, tu Afdera dovresti trovare la maniera di avvicinare Rumlow e tenerlo d'occhio per conto nostro e, una volta a Bratislava, condurlo in trappola da noi.”

“Certo che lo farò, molto volentieri, però non mi avete detto dove preparerete l'imboscata.” rispose la giovane.

“Te lo comunicheremo una volta arrivati e studiata la zona, comunque sarà un locale, un ristorante, un caffè o un albergo, vedremo.”

“Signore, ma è prudente lasciare lei, inesperta, da sola con un agente dell'HYDRA?” poi si accostò all'ex direttore e gli sussurrò: “Un deathlock, per giunta.”

“Sono convinto che se la caverà: metà dei suoi parenti sono attori!” replicò Fury, quasi ridacchiando “Inoltre ha le sue risorse. Vero?”

“Certo!” esclamò lei, raggiante; aveva appena finito di preparare il sigillo.

I sigilli d'arrivo non erano tracciati materialmente, ma erano impressi nella luce astrale e andavano rinnovati annualmente. Quello che lei aveva sul proprio corpo era una cosa d'emergenza. Il sigillo che avrebbero usato a breve, invece, era un sigillo in vera regola: un cerchio d’oro di venti centimetri di diametro, con inciso un altro cerchio concentrico, che a propria volta conteneva un quadrato, con inscritto un altro paio di cerchi e in fine vi era una specie di croce, di cui le braccia superiori a sinistra erano unite  da altre linee come per formare un rettangolo.

“Signori, ci siamo. Pronti a partire?” chiese la donna.

Gli uomini risposero affermativamente e attesero di vedere che cosa accadesse. La ragazza si concentrò e il suo sguardo tornò vacuo come quello della sera prima, le sue labbra si discussero e la sua voce iniziò a dire: “Imperocchè egli ha commessa di te la cura ai suoi Angeli; ed essi in tutte le vie tue saran tuoi custodi”.

L'aria, ad un metro e mezzo d'altezza dal sigillo, iniziò a vibrare e crepitare, poi ci furono scosse elettriche che apparvero come piccoli e sottili fulmini che partivano da varie direzioni ma culminavano nello stesso centro che, presto, iniziò a vorticare e ad espandersi, fino ad aprire un varco: una finestra circolare di un metro di raggio che si apriva in un vicoletto nei pressi della stazione ferroviaria di Francoforte.

Esortati, gli uomini attraversarono il varco e poco dopo furono raggiunti dalla ragazza, che salutarono e lasciarono sola. I due agenti entrarono in un bar assoldato e, senza dare nell'occhio, raggiunsero la toilette e si chiusero dentro, per fortuna era di quelli con l'antibagno. Fury aprì la 24 ore che aveva con sé e tirò fuori alcuni accessori per il camuffamento: Rumlow conosceva bene i loro aspetti.

Fury, dunque, indossò sgargianti abiti da mussulmano malesiano, con tanto di turbante applicò al volto una folta barba principalmente nera, ma anche un poco brizzolata; infine si mise un naso finto, in modo che sembrasse orientale e non si notasse la schiacciatura tipica africana.

Barton si vestì, invece, da musulmano occidentale si mise una parrucca nera, lenti a contatto scure, un fondotinta per dare un tono arabeggiante alla sua carnagione.

“Stiamo usando la strategia del mettersi in mostra per non essere notati, signore?” domandò Barton, mentre si sistemavano.

“Esatto, Rumlow è troppo concentrato sulla sua missione, per perdersi a guardare la buffa gente che ha attorno.”

“Perché musulmani, signore? Che pretesto possiamo addurre per l'entusiasmo di voler incontrare Afdera? Che, tra l’altro, è mezza ebrea?”

“Beh, tu sei un strano che vive a Francoforte da ormai dieci anni, ne hai sentito parlare, una volta l’hai anche vista, anzi avete discusso d'affari per dei terreni di Ottone. Io sono tuo ospite, sono un iman molto noto nel Borneo e sono qui per tenere delle orazioni in alcune moschee d'Europa. Mi hai parlato di lei e mi hai incuriosito, quindi, quando sentiamo che è sul treno, ti chiedo di presentarmela.”

“Perfetto.” Barton sospirò e poi chiese: “Adesso, che siamo soli, signore, mi può dire come mai ha acconsentito ad immischiarla in questa vicenda?”

“Mi fido di lei. Lo S.H.I.E.L.D. ha bisogno di alleati e ho voluto metterla alla prova, voglio vedere come se la cava, come sa impiegare le proprie risorse e così via. Per ora procede bene, non trovi?”

“Sì, ma chissà come potrà reagire quando la faccenda si farà seria e pericolosa. Non è abituata a questo genere di cose! Potrebbe agitarsi e andare nel panico. Sono situazioni che richiedono nervi più che saldi!”

“Ieri sera, mi è sembrata disinvolta nell'affrontare cinque membri dell'HYDRA.” gli ricordò Fury, carezzandosi la barba.

Clint dovette incassare, ma subito chiese nuovamente: “Doveva proprio metterla alla prova con una missione delicata e importante come questa?”

“Tutte le nostre missioni lo sono. Conto soprattutto sull'agente Romanov per impedire la compravendita. Dubito che Rostislav sia un brav'uomo, Natasha lo ucciderà: spero che la bottiglia svanisca con lui. Noi riusciremo a uccidere Rumlow o con discrezione, come preferirei, o facendo baccano, se necessario.”

Clint era rassicurato e ringraziò per le spiegazioni. Finito di indossare i travestimenti, i due uomini uscirono dal bagno, ordinarono da bere e poi lasciarono trascorrere un’ora e mezza, prima di lasciare il bar per raggiungere la stazione, a un centinaio di metri da lì.

Arrivati, constatarono con tutto era tranquillo, con discrezione consultarono il tablet per individuare il deathlock ed appurarono che si trovasse in quel luogo che, tuttavia, era troppo affollato per poter individuare con certezza, ad occhio, il fulcro d'energia segnalato. I due uomini si avvicinarono a una biglietteria automatica e inserirono i dati del loro biglietto acquistato online per poterlo stampare; poi cercarono il tabellone delle partenze, guardarono il binario di partenza e lo raggiunsero. Il treno era già lì, Fury si mise a fumare una sigaretta, per avere una scusa per rimanere fuori ancora qualche minuto e scrutare i passeggeri che salivano.

Afdera, invece, dopo essere rimasta sola, si era fermata nel vicolo il tempo necessario per evocare tre spiriti che l'aiutassero nella sceneggiata, simulò anche numerose valigie. Preparato ciò, andò anche lei verso la stazione, preceduta da uno degli evocati che faceva da apripista, mentre gli altri due fingevano di portare i bagagli.

“Permesso! Permesso!” diceva a gran voce il primo, per poi voltarsi verso la ragazza e dirle: “Venga, venga pure avanti, signorina Franchetti.”

All'udire del nome, vari dei presenti iniziavano a bisbigliare e a fare cenni verso di lei. Afdera avanzava con cipiglio un po' snob, senza curarsi della gente attorno, ma con la dolcezza sul volto, senza arroganza, un po' come quelle persone che camminano a un metro da terra non per cattiveria, ma con ingenuità, poiché le era stato insegnato così. Effettivamente era un po' il suo atteggiamento naturale, non si stava sforzando troppo. Sapeva che per farsi notare bastava quello, quindi non fece nulla di particolare per richiamare l'attenzione, nessun capriccio da nobile viziata, anche perché aveva comunque una reputazione da mantenere. Dal momento che erano appena le 9-15, decise di fare una breve sosta al bar della stazione; entrò nel locale col suo seguito, si mise a sedere ad un tavolo e mandò uno degli evocati ad ordinare al bancone. Il brusio sulla sua presenza alla stazione, dunque, aumentò ulteriormente e qualcuno cercava di vederla o avvicinarla, ma i finti domestici interpretavano anche il ruolo di tenere lontani i curiosi.

Perché tanto interesse per una straniera, nobile sì, ma non famosa? Forse vi starete chiedendo. Beh, in Germania erano ancora molto legati alla nobiltà, soprattutto quella locale che continuava a ricoprire un forte ruolo economico e politico a livello comunale o di regione. Tutti, dunque, conoscevano e rispettavano il principe Ottone d'Assia e quindi non era sfuggito loro che egli avesse nominata sua erede una straniera e, per questo, si erano informati su di lei; i personaggi di spicco dell'alta società e della politica l'avevano invitata a feste e cene, poiché sapevano che sarebbe stata lei, in futuro, ad ottenere le ricchezze, le terre e il potete d'Assia e perciò volevano ingraziarsela. Afdera era così divenuta popolare nella mondanità della regione e non passava inosservata.

Verso mezzogiorno Afdera si avviò al treno, salì e si mise a sedere, mentre i tre sistemavano i bagagli, poi uno prese posto di fronte a lei, mentre gli altri due presero congedo. Questi ultimi cercarono un cantuccio nascosto e mutarono aspetto per poi risalire sul treno e percorrerlo parlando tra loro di Afdera e, quando capitava che sentissero qualche passeggero parlarne, interagivano con lui, in modo che il brusio fosse generale e dunque che non paresse strano che qualcuno la cercasse. Infatti, c'erano alcuni curiosi che cercavano di andare a sbirciarla. Quel subbuglio era proprio la situazione che Fury aveva voluto: lui e Clint sarebbero passati inosservati e, in più, potevano considerare maggiormente sospetti coloro che erano rimasti impassibili.

Il treno era partito da un quarto d'ora circa, quando il vociferare su Afdera arrivò nel vagone di testa. Fury e Barton diedero il via alla loro sceneggiata e poi si alzarono e iniziarono la ricerca, alzandosi dal proprio posto, si portarono dietro le loro valigette. Nell'intercapedine tra un vagone e l'alto, Clint controllava sul tablet l'intensità del segnalatore del deathlock, per vedere quanto fosse vicino, ma la distanza era troppo poca per avere variazioni nell'intensità. Nel quarto vagone individuarono Rumlow, ma non capirono quanti uomini avesse con sé. Avrebbero dovuto soffermarsi un po' più a lungo per capire, ma, se lo avessero fatto, sarebbero risultati sospetti. Arrivarono infine in coda e si sedettero vicino ad Afdera: Fury accanto, Barton di fronte. Erano soli nel vagone: la prima classe lusso era molto costosa e in pochi la usavano. Quel giorno, per fortuna, Afdera era l'unica passeggera e dunque aveva potuto disperdere lo spirito evocato e loro tre potevano parlare tranquillamente. I due uomini spiegarono quello che avevano osservato e fecero il quadro della situazione.

Dopo circa venti minuti che parlavano, erano nel fitto del discorso quando Afdera iniziò ad avvertire una strana sensazione, le sembrava di percepire delle presenze estranee. Si guardò attorno per capire e notò un perturbamento nell'etere.

“C'è qualcuno!” esclamò la donna per avvertire gli altri.

“Dove? Fuori dal vagone?” chiese Barton, voltandosi verso la porta “Non vedo nessuno; è fuggito?”

“No, non fuori: qui!” dichiarò la ragazza continuando ad osservare il vagone, ma il suo sguardo era divenuto vacuo.

“Di cosa stai parlando? Spiriti?” chiese Fury, precedendo qualsiasi commento sconveniente di Clint.

“Sì ...” rispose lei, assorta nel flusso astrale “I peggiori di tutti, spiriti di Saturno, sono mortiferi, consumano, risucchiano energia, prosciugano. L'unica nota positiva è che finché non si concretizzano almeno un poco, non possono farci del male.

“Quindi per ora siamo al sicuro?" domandò Fury, guardandosi attorno.

Del pulviscolo iniziò a vorticare per aria e ad addentarsi in alcuni nuclei.

“Ora non più. Stanno prendendo corpo." avvertì lei.

Barton prese una delle sue pistole e sparò un colpo contro uno dei nuclei, disperdendolo; allora ghignò: “Funziona!”

Intanto gli altri nuclei stavano assumendo una forma umanoide.

“I proiettili non servono al momento." comunicò lei, infatti il nucleo distrutto si stava riformando.

“Allora che si fa?!” chiese Barton, bruscamente.

Afdera si guardò attorno, un po' spaesata e disse: “Voi cercate di non farvi toccate, io devo trovare il sigillo che li ha evocati e manometterlo in qualche modo!”

“Riuscirai a scacciarli?” domandò Fury.

“Dipende da chi e come li ha evocati.” rispose Afdera, velocemente e corse verso l'uscita del vagone.
I due uomini iniziarono a fronteggiare gli spiriti di Saturno che erano ormai diventati esseri di sabbia compressa che li attaccarono, ma i due agenti schivavano egregiamente gli attacchi. Una serie di pugni, un calcio o due ... qualsiasi cosa quegli esseri sferrassero, i due uomini lo evitavano con grande agilità e destrezza, divertendosi pure.

“Opera dell'occultista di Rumlow.” constatò Fury, prima di balzare all'indietro.

“O della nostra?” ipotizzò Clint, abbassandosi.

Fury scosse la testa e non lo degnò di una risposta.

Afdera si era precipitata fuori dal vagone aveva ispezionato quello che aveva davanti, senza notare nulla; tornata nell'intercapedine tra vagoni, notò che sulla porta esterna era stato tracciato il sigillo di Saturno. Lo osservò qualche istante ed inorridì. Si mise subito all'opera per alterarlo, prese un carboncino e un coltellino che aveva nella sua borsetta e ci lavorò sopra.
Un paio di minuti dopo aveva finito, aprì la porta ed annunciò: “Ora i proiettili avranno effetto.”

Poi richiuse la porta e si appiattì contro la parete, per evitare proiettili volanti.
Udite quelle parole, Fury e Barton estrassero due bocche da fuoco ciascuno e crivellarono gli spiriti di Saturno che tornarono cumuli di polvere inermi.

Rinfoderando le armi, Fury lanciò un occhiata a Barton, come per dire: Visto che ci si può fidare?

Afdera rientrò. Fury si sorprese di non vederla contenta del successo, bensì molto preoccupata.
“Sei pallida, che cosa succede?” le chiese, avvicinandosi “Stanca per lo sforzo?”

“No, è che ... quel pentacolo che li ha evocati rispecchia lo stile di magia di Kadosh! È più rudimentale, non saprei dire se è un imitatore o se lui stesso è qui, ma ha agito di fretta. Se è lui l’occultista di Rumlow, è un grosso problema. Oppure potrebbe essere venuto per me, anche se sarebbe la prima volta che agisce così.”

“Chi?!” fu la reazione di Barton.

Kadosh?” scandì Fury “Coulson me ne ha parlato, l'HYDRA lo ritiene il responsabile dell'eruzione del Vesuvio ...”

“Ah, non mi sorprenderebbe, mi inquieta molto, ma so che, oltre al dottor Strange, lui è l'unico che può esserne in grado.” disse lei.

Si rimisero a sedere, questa volta Afdera e Fury diedero le spalle alla porta d’ingresso, mentre Clint si accomodò davanti a loro.

“Come lo conosci e perché pensi potrebbe avercela con te?” chiese l'ex direttore, deciso ad andare più a fondo in quella faccenda e in quell'ambiente che conosceva solo superficialmente; d'altra parte, lui e Strange erano d'accordo così: il mago sorvegliava e teneva sotto controllo le comunità dedite all'esoterismo, misticismo, occulto e così via, mentre Fury si occupava di tutto il resto e di ciò che era sovrannaturale anche per i maghi.

“Non ci sono molti maghi al mondo. Non molti veri, almeno. Gli appassionati di occulto sono moltissimi, ma i maghi reali sono rari. Ci conosciamo tutti tra di noi, almeno di vista. Una volta all'anno ci ritroviamo per confrontare i nostri studi, parlare e così via. Alcuni si tengono in contatto più o meno stretto, altri possono trovare un maestro o un allievo e così via. Uno dei più promettenti maghi europei era il Duca Ispas Vlad Dragos Bathory di Nagyecsed, nobile rumeno, trentacinque anni circa. Un paio d'anni fa, durante il raduno, è come uscito di senno o, per meglio dire, ha avuto un eccesso di tracotanza. Per farla breve, ha iniziato a dimostrare la propria superiorità colpendo con della magia potentissima chi non volesse, per così dire, sottomettersi a lui. Era un potere vastissimo e primordiale, qualcosa di completamente diverso da ciò che conosco. Mi opposi, all'epoca ero meno esperta di adesso, mi mise fuori combattimento in poco ... E poi è arrivato lui, il dottor Strange che lo ha affrontato, sconfitto e messo in fuga.”

“Eh, Stephen è sempre stato in gamba!” esclamò Fury, con un sorriso.

“Non fu facile nemmeno per il dottor Strange sconfiggerlo.” rispose Afdera con espressione funerea “Da allora Strange si è ritirato chissà dove, nessuno l'ha più visto, mentre Ispas ha assunto lo pseudonimo di Kadosh, fa video per coccolare il suo ego ed è diventato la minaccia principale nell'ambiente esoterico. Poco dopo il suo colpo di testa, mi ritirai in meditazione e compii viaggi astrali per capire che cosa avesse dato tutto quel potere eccezionale a Kadosh e come fermarlo. Dopo alcuni giorni mi apparve una figura di luce, femminile, con una piuma in testa. Capii che era la dea Maat: l'Ordine universale stesso, sorto assieme al cosmo, emerso dal Nun. Mi rivelò che Kadosh è legato al Nun, l'energia primordiale da cui tutto ha origine, ma priva di leggi e quindi caotica e nemica del creato. Noi maghi padroneggiamo il pharn, detto anche luce astrale, che è l'energia che tutto pervade, ma ben sottomessa alle regole dell'Ordine. Il Nun è energia e potere puri e selvaggi. Maat mi affidò il compito di fermare Kadosh e così, in questi ultimi due anni, ho fatto di tutto per sventare i suoi piani.”

Afdera tacque, rimase assorta nei propri pensieri, sembrava molto preoccupata e turbata.

“Penso che tuo zio sarà interessato alle tue informazioni su Kadosh.” Fury cercò di scuoterla dai suoi pensieri.

“Preferirei non ne avesse bisogno.” la donna scosse la testa “Che voi sappiate, Kadosh è nell'HYDRA?”

“Phil si è imbattuto in un paio di intercettazioni che lo nominano. Un nuovo collaboratore dell'HYDRA ha coinvolto anche lui, per quello che si è potuto dedurre.”

“Allora la vostra situazione è molto pericolosa.”

“Siamo noi che abbiamo deciso di assumerci questo rischio e non solo questo.” Fury parlava con grande fierezza “Siamo lo scudo che difende il mondo da qualsiasi minaccia, abbiamo deciso di fronteggiare il pericolo in tutte le sue forme, senza mai temere o indietreggiare.”

“Scusate se interrompo.” disse Clint, che era rimasto all'erta, inoltre era il solo rivolto col viso verso la porta “C'è uno che ci sta spiando.”

Barton, grazie alla sua grande esperienza, sapeva notare gli intrusi, senza che essi si accorgessero che lui li avessi visti.

“Allora non è Kadosh.” dichiarò Afdera “Lui ha altri mezzi, più discreti, per osservare le persone.”

“Chiunque sia, sta continuando a spiarci.” ribadì Clint “E io voglio catturarlo e fargli qualche domanda.”

“Appena ti muovi, quello scappa.” gli fece osservare la donna.

“No. Sta a vedere.” Barton sorrise, rapidamente si chinò e aprì la valigetta che teneva tra i piedi. Estrarre il suo arco, invocare una freccia e scoccarla fu pagare di un secondo.

Il dardo volò veloce a circa un metro d'altezza, perforò senza problemi la porta di ferro, poi si sentì un urlo: la freccia si era conficcata nella coscia dell'uomo.

Clint lanciò uno sguardo trionfante verso la donna, poi si alzò e andò alla porta, l'aprì e trovò l'uomo ferito, appoggiato alla parete che si teneva la coscia sanguinante. Barton lo afferrò per un bavero, lo tirò dentro e lo mise a sedere, poi lo perquisì e disarmò, mentre Fury teneva una pistola puntata contro il prigioniero, per evitare che reagisse.

Nel frugare nelle tasche, Clint trovò un taccuino, pensando potesse contenere informazioni sull'HYDRA, prese anche quello e lo diede alla ragazza, dicendole: “Guarda se c'è qualche informazione interessante.”

Afdera iniziò a sfogliarlo, sgranò gli occhi esterrefatta e balbettò: “Questa è la calligrafia di Kadosh!” guardò con furia l'uomo, gli di avvicinò minacciosamente e ringhiò: “Com'è che hai il suo quaderno? Sei un suo discepolo?”

“No! No!” si affrettò a dire il ferito, spaventato da tale veemenza.

“Come li spieghi questi appunti?! Sono le sue annotazioni su incantesimi, pentacoli, rituali ... Dove lo hai preso?!”

“Gliel’ho rubato!” esclamò l’uomo.

“No! Non può essere!” reagì, confusamente, la donna “Non si possono rubare cose a Ispas … insomma, lui … lui è Kadosh!”

“Beh, ciò non toglie che gliel’ho fregato da sotto il naso. Io e altri due eravamo stati inviati a prendere contatti con lui e così ci ha ricevuto nel suo manieruccio a Nagyecsed: infilarmi in tasca quel libricino è stato un gioco da ragazzi.”

Afdera esterrefatta: non riusciva a sopportare l’idea che qualcuno, un sempliciotto, fosse stato iun grado di rubare qualcosa a Kadosh, la sua nemesi!

“Forse non è poi un gran genio, il tuo amico.” la punzecchiò Barton.

La donna stava per ringhiargli qualcosa, ma Fury si intromise: “Credo che siano altre le domande da fare a costui, non trovate?” poi si voltò verso il prigioniero “Rumlow sa che siamo qui?”

“Certamente.” era una cosa palese e il ferito non aveva motivo di mentire su ciò “Visto che ti piacciono tanto i supereroi, potresti diventarlo anche tu: Capitan Ovvio!”

“Tu sei sempre stato nell'HYDRA, vero?” gli chiese Clint con scherno e commiserazione “È evidente che non sei mai stato infiltrato nello S.H.I.E.L.D., altrimenti sapresti che provare a deridere il direttore Nicholas J Fury è la peggiore idea che possa mai venire in mente a qualcuno.”

Fury, infatti, si stava preparando a ottenere informazioni dall'uomo. Si sentì però scricchiolare l'aria che si caricò di elettricità. Tutti guardarono Afdera, credendola la responsabile, invece era stupita quanto gli altri, l'unica differenza era che lei guardava verso l'alto. Alzarono tutti lo sguardo e videro che,sopra la testa del ferito, si stava aprendo una sorta di varco misto ad un vortice nero; oltre di esso c'era Kadosh che, senza nulla dire, afferrò l'agente HYDRA e lo tirò dalla sua parte.

Afdera, senza esitare e probabilmente senza ragionare, per l'istinto di conflitto verso Kadosh, spiccò un balzo e si tuffò a propria volta nel varco, lasciando cadere il taccuino a terra.

Tutto ciò accade in una manciata di decidi di secondi.

Fury e Barton rimasero soli e allibiti.

“Che cosa è successo?” chiese Clint, cercando di vincere lo sbalordimento.

“Credo che Kadosh abbia aperto un portale simile al teletrasporto che abbiamo usato stamane e lo abbia sfruttato per rubarci il prigioniero. L'inimicizia con Afdera dev'essere davvero forte se lei si è gettata a capofitto al suo inseguimento.”

“Oppure avevano un piano fin dall'inizio.” Clint tornò subito sospettoso.

Fury scosse la testa negativamente, poi disse: “Dovremo cambiare i nostri programmi. Avviso il mio contatto a Vienna di farci trovare il SUV e una moto. Ci divideremo: tu vai in moto a Bratislava e uccidi Rumlow e, inoltre senti da Natasha se ha concluso la sua missione.”

“Lei dove andrà, signore?”

“A Nagyecsed. L'omuncolo ha detto che Kadosh abita là. Voglio fare luce sulla faccenda e procurarmi informazioni direttamente.”

“E salvare la ragazza.” aggiunse Clint, con una punta di ironia.

“E salvare la ragazza.” ammise Fury, ma prima che Barton potesse dire che si era intenerito, aggiunse: “Gli occultisti li ho sempre lasciati a Strange e non hanno mai creato problemi che dovessimo risolvere noi. Ora questo Kadosh è pericoloso e ce ne dovremo occupare noi, se Strange è davvero scomparso. Avere come alleata la sua principale avversaria degli ultimi anni ci sarà utile, molto più che partire da zero.”

“Aspettiamo qui, fino a Vienna, allora? Speriamo che Rumlow non faccia cercare noi o il suo uomo?”

“Cambiamo travestimento e torniamo ai nostri posti.”

Fury prese la sua valigetta e i due uomini si affrettarono a cambiare look. Mentre si sistemavano, Clint notò che il sipario taccuino di Kadosh era rimasto sul treno: decise di prenderlo e tenerlo tra i suoi bagagli.

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Capitolo 14
*** Casa Kadosh ***


Appena passato il vortice, mi ritrovo nel covo di Kadosh.

È tutto buio e fumoso, non capisco da dove provenga la luce; vedo a malapena l’agente dell’HYDRA rapito e poi, ecco, c’è lui.

Non ha la maschera grigia, come nei suoi stupidi video; i fluenti capelli corvini gli scendono lungo il viso. Di certo non si aspettava di vedermi,  per lo stupore inarca un sopracciglio. I suoi occhi caotici si posano su di me, sento un brivido! Con voce pacata e maliarda, ma in un qualche modo fosca, mi chiede: “E tu che ci fai qui?”

Il mio cuore batte troppo forte, sono di nuovo dinnanzi alla mia nemesi, all'uomo che ho giurato davanti alla dea MAAT di fermare. Quando mi sono gettata nel vortice sapevo che sarei arrivata da lui ma, allo stesso tempo, non lo sapevo. E' stato istinto, incoscienza a farmi balzare e ora non so cosa fare. Rimango dunque ferma e muta, sopraffatta dall'emozione e dallo stupore.

“Va bene, rimani.” dice lui, calmo, come se in realtà questo inconveniente della mia presenza non lo disturbasse affatto, come a sottolineare il poco conto in cui mi tiene, come se io non fossi una minaccia, come se non fossi stata io a mandare a monte i suoi ultimi piani, come se non fossi io che lo conosce a fondo.

Mentre sono un poco interdetta per il suo disprezzo, non mi accorgo della magia che sta evocando.

Artigli neri e giganti compaiono dal nulla e mi ghermiscono per poi immobilizzarmi al muro.

“E ora veniamo a te.” dice Kadosh, rivolgendosi all'uomo che ha rapito dal treno “Dov'è il mio taccuino?”

“Oh quello ce li ho io!” esclamo, per poi correggermi “No, forse l’ho lasciati sul treno.”

No, accidenti, non avrei dovuto dirlo … Maledizione! Ma non è del tutto colpa mia, è che quando c’è IspasKadosh nei paraggi, devo stare molto concentrata o mi vengono da fare queste sciocchezze!

“Ah, allora i tuoi amici me li riporteranno.” è imperturbabile. Borbotta qualcosa che non riesco a sentire e, d’improvviso, l’uomo a terra non dà più segni di vita. Rabbrividisco.

“No, stanno andando a Bratislava, da Rostislav.”

No, di nuovo! Ma avrà una sorta di aura che obbliga a dire la verità o questa nebbia è strana?

Rostislav? Lo conosco ...” è enigmatico. “Dovrò preparare una buona accoglienza per i tuoi amici.”

“No, andranno da Rostislav, non verranno qua.”

“Non ti salveranno?” domanda retoricamente e divertito Kadosh.

“È  più importante fermare l’HYDRA, io non mi salverei.”

“Ma tu, sei tu. Se loro hanno il mio taccuino .. beh, faremo uno scambio.”

Non aggiunge altro, il fumo lo avvolge, quasi il suo corpo stesso diventasse di nebbia e, mentre la sua figura si dissolve, i suoi occhi brillano e lui dice: “Un abbraccio, Kadosh.”

Mi ritrovo sola, in questa stanza buia, o quasi: c'è una fiochissima luce endogena che mi permette di distinguere le sagome, ma è davvero troppo lieve.

Prigioniera di Ispas … di Kadosh, accidenti, di Kadosh! Quando finirò di chiamarlo Ispas?

Sono comunque sua prigioniera ... non mi era mai capitato. Finora, da due anni a questa parte, lo avevo incontrato solo affrontandolo in combattimento, lui non è mai stato in mano mia, né io in mano sua e le nostre conversazioni sono sempre state circoscritte a qualche scambio di minaccia e insulto durante i nostri duelli. Sono sorpresa che non mi abbia aggredita, ma si sia limitato ad ... incatenarmi non è proprio il termine più corretto, dato che sono artigli quelli che mi tengono bloccata a questo muro, ma il concetto è il medesimo.

Quando mi sono trovata davanti a lui e ho capito che sciocchezza era stata infilarsi in quel vortice nero, ho supposto ci sarebbe stato uno scontro e, quando mi sono resa conto, che mi aveva solo immobilizzata sono rimasta decisamente perplessa: con tutte le volte che ho rovinato i suoi piani, lui non prova rancore per me? Da uno come lui mi aspettavo torture, vendete, e invece non ha fatto nulla di tutto ciò ...

Forse non è così malvagio come credo ...

O forse adesso è impegnato e ci penserà più tardi a farmi rimpiangere di averlo ostacolato. Già, ha detto che vuole proporre uno scambio ai miei compagni, se verranno (speriamo si tengano alla larga); probabilmente, una volta riavuto il suo taccuino, catturerà anche loro e allora non avrà più bisogno di tenermi in buono stato. Sì, dev’essere così, non posso credere che abbia una così scarsa considerazione di me!

Forse questa attesa nell'ignoto è già di per sé una tortura psicologica da parte sua, forse l'ha fatto per farmi sentire debole, indifesa e per farmi assaggiare il sapore della paura dell'incertezza …

Si sbaglia! Se crede ch'io me ne starò qui tranquilla ad aspettare che lui torni, è in grosso errore!

Artigli imprigionanti, dunque, vediamo un po' se capisco che cosa gli ha generati ...

Mi concentro, espando i miei sensi ... cerco la connessione col flusso astrale … ecco mi pare di esserci, provo a forzarli ...

“Non conviene mai tentare di liberarsi, questi cosi sono sempre affamati.” risuona cristallina la flemmatica voce di IspKadosh.

Dove sei, maledetto?! Dove sei?

AAAAH!

Che diamine è?!

 Il dolore di un grosso tafano che ti punge, ma non è solo un attimo, continua! Mi fa male lì, al polpaccio destro. Pur riuscendo a muovere poco il collo, guardo in basso e vedo sangue colare. Ora ho capito, questi dannati affari non sono proprio solo artigli, hanno minuscole bocche e ora una di queste mi sta lentamente mangiando ...

Ecco!: questo è il Kadosh che conosco io!

Ah, accidenti sento un altro bruciore attorno al morso ... deve essere bava corrosiva; per fortuna proteggermi da essa non è difficile per il mio potere arcano.

E ora? Cosa fare? Non mi va di riprovare a liberarmi, non vorrei fallire di nuovo e trovarmi divorata da altri cosi. Forse mi conviene davvero aspettare che Kadosh torni e poi affrontarlo. Fury e Barton non saranno così stupidi da provare a cercarmi, sanno meglio di me che Rumlow e Rostislav sono pericolosi e, dunque, avranno proseguito per Zilina; verranno a cercarmi risolta quella faccenda.

Kadosh sembrava così sicuro che sarebbero venuti qua, probabilmente si stancherà di aspettare e quindi si rifarà vivo da me e allora giocherò le mie carte.

Intanto entro in meditazione, così da rigenerare un po’ le mie energie.

 

Mentre Afdera era nei sotterranei del castello di Kadosh e Fury e Barton erano in treno in attesa di giungere a Vienna, Natasha era pronta per entrare in azione.

Era decisa a voler uccidere Rostislav: uomo subdolo, viscido, avido e abbietto come ne aveva già visti molti nella sua vita. Ucciderlo non le sembrava certo un peccato. Avrebbe potuto farlo tranquillamente la sera prima, ma Fury si era raccomandato talmente tanto per quella bottiglia, che voleva vederla e controllare se sparisse oppure no.

La donna si era abbigliata e agghindata con cura, si era data un po' di matita nera sugli occhi, affinché risaltassero maggiormente, si era allungata le ciglia e si era strofinata le labbra con un lucido perlato. Si guardò un'ultima volta allo specchio: era proprio la bambolina che doveva essere. Si mise a sedere sul divano, leggendo un libro, in attesa che Rostislav arrivasse; quando l'uomo giunse, lei lo fece aspettare una buona mezz'ora: era strategia, ovviamente. Infine scese e salì sulla limousine in cui trovò l'uomo, impaziente di portarla a casa sua.

Durante tutto il tragitto, Rostislav allungò le mani più volte, ma Natasha non ebbe certo problemi a tenerlo a bada. Una volta giunti alla villetta dell'uomo, si accomodarono in salotto e lui le servì champagne e qualche pasticcino.

“Allora, Anya, ti piace la mia casetta?” le chiese Rostislav, passando un braccio dietro alle spalle della donna, seduta sul divano accanto a lui.

Natasha, che aveva usato come nome di copertura Anya, rispose con tono sbadato: “Sì, è carina, non c'è male.”

“Non c'è male?” si stupì il padrone “È la prima volta che qualcuno si limita ad un commento così misero, solitamente si guadagna lodi sperticate.”

La donna aveva deciso di punzecchiare l'orgoglio dell'uomo, in modo da farlo decidere a prendere la bottiglia, temendo che se gliel'avesse chiesta lei, lui si sarebbe insospettito e avrebbe potuto negargliela.

“Forse sarà una grande attrazione per le provincialotte di questa zona ma, credimi, ho visto posti di gran lunga superiori.”

“Eppure è una delle migliori ville della regione!” replicò l'uomo.

“Sarà...”

“A cosa sei abituata?”

“Qualcosa di più sofisticato od elegante o, perché no, artistico. Qui su vede che il mobilio è di qualità, ma non c'è alcun gusto nell'arredare. Alcune cose stonano parecchio le une con le altre.”

“Capisco, è sicuramente colpa di mia moglie: è lei che si occupa di queste cose e non è mai stata raffinata. Possiamo, però, revisionare tutto secondo il tuo gusto, per qualche ora.”

“Ah sì? E come?” finse meraviglia la donna.

“Con la bottiglia, ovviamente.”

“Con la bottiglia? Ma allora eri serio! Io pensavo scherzassi!”

“Oh, non su questo.” Rostislav sorrise “Allora? Vuoi vederla?”

“Oh, sì! Sarebbe meraviglioso!”

“Allora aspettami qua.”

“Non mi muovo.”

L'uomo si allontanò per una decina di minuti, poi tornò con una bottiglia: sembrava parecchio vecchia, non c'era nemmeno il segno della saldatura dei due lati, quindi non era stata costruita a stampo. Il vetro era trasparente e all'interno sembrava vorticare qualcosa, a una velocità tale che l'occhio umano non poteva distinguere.

“È questa, dunque?” chiese Natasha, trepidante.

“Esatto. Esprimi un desiderio.”

“Non saprei...” la donna si ricordò che Fury le aveva detto di non esprimere desideri in presenza della bottiglia.

“Ti mostro io.” Rostislav si accostò alla bottiglia e sussurrò alla bottiglia: “Voglio dei gioielli da regalare a questa splendida creatura.”

Dopo l'uomo iniziò a vagare per la stanza.

“Ebbene?” chiese Natasha “Non vedo nulla.”

“Aspetta ...”

La donna iniziò a dubitare che quella fosse la bottiglia che stava cercando. Si alzò in piedi, nel far ciò fece cadere un cuscino e si sentì un tintinnio metallico. Natasha prese il cuscino, aprì la federa e all'interno trovò un collier e dei braccialetti d'oro che era sicura prima non ci fossero. Ebbe così la conferma che aspettava. Finse stupore e gioia, indossò i gioielli, poi si avvicinò all'uomo per abbracciarlo e baciarlo, o almeno questa era l'impressione. Arrivata a lui, invece, gli prese il collo e senza esitazione o fatica glielo spezzò. Rostislav cadde a terra senza vita. Natasha, soddisfatta, si guardò attorno e constatò che la bottiglia non era scomparsa, come auspicato da Fury. Pensò a cosa fare: l'ex direttore le aveva dato istruzioni precise al riguardo, decise comunque di telefonargli e chiedere conferma degli ordini.

“Negativo.” le disse Fury "Non la toccare, aspettaci lì, io e Barton arriveremo al più presto.

Giunti in stazione poco dopo le 19, i due uomini si erano quindi divisi a Vienna, ognuno, col proprio mezzo di trasporto, era partito alla volta della propria missione.

Fury si era tolto il travestimento e aveva indossato nuovamente la tua di kevlar e la benda sull'occhio; poi aveva cercato una zona isolata e lì aveva attivato la modalità di volo e i propulsori. Il SUV si sollevò di diversi metri, poi sfrecciò a una velocità di oltre 400 chilometri orari. Il paesino di Nagyecsed era in Ungheria, vicino al confine con la Romania, a circa 500 chilometri da lì, quindi avrebbe impiegato circa poco più di un'ora prima di arrivare. Afdera aveva detto che Kadosh era un nobile rumeno, evidentemente la sua famiglia aveva possedimenti anche in Ungheria.

Il cognome era Bathory, un cognome terribilmente noto. Era una famiglia che aveva dato alla luce condottieri, un re di Polonia e molti principi di Transilvania; l'esponente della dinastia maggiormente noto era però la Contessa Erzbeth Bathory, detta anche la Contessa Sanguinaria, nota per aver ucciso sicuramente almeno 100 persone, sospettata dell'omicidio di altre 200; le vittime erano state tutte ragazzine, torturate; la contessa Bathory faceva il bagno nel loro sangue.

Kadosh veniva proprio da una famigliola poco raccomandabile e alquanto truce.

Fury occupò il tempo del viaggio raccogliendo un po' di informazioni sulla famiglia, su Kadosh (di cui ora sapeva il vero nome), sul castello a Nagyecsed e così via. Certo, non aveva abilità da hacker, ma riusciva ad ottenere discreti risultati. Ispas Vlad Dragos Bathory di Ecsed era nato proprio a Nagyecsed nel 1981, il 3 aprile; laureato a pieni voti in Tradizioni Comparate; collezionista di rarità d'antiquariato, più volte campione nazionale sia di scherma che di lotta libera. Appariva come il classico rampollo di un importante casata che può permettersi di studiare e fare esercizio, senza bisogno di guadagnare denaro. Era ritenuto un massimo esperto in folklore, mitologia e religioni.

Fury notò una certa affinità tra gli interessi di Afdera e quelli di Kadosh, poi si disse che ciò era dovuto al fatto che fossero entrambi occultisti, anche se il suo amico Stephen era diverso.

Raccolti questi pochi dati, il tempo era ormai passato e Fury si accorse di essere ormai in prossimità della meta, decise quindi di trovare un posto dove atterrare per entrare in città con discrezione. Lasciò il SUV posteggiato vicino a un campo coltivato, poiché centinaia di metri dietro al maniero. Voleva intrufolarsi nel castello per cercare e liberare la ragazza senza far scoprire la propria presenza. Aveva considerato l'ipotesi di una trattativa diplomatica, ma dubitava di avere alcunché con cui indurre Kadosh ad un accordo.

Non c'era nessuno attorno, erano ormai le ventuno, tutto era buio e gli agricoltori erano nelle proprie case. Fury attraversò i campi e giunse alla cinta muraria del castello senza alcuna difficoltà; con pari semplicità si arrampicò sulle mura e le scavalcò. Una manciata di secondi dopo aver messo piede a terra nel cortile interno, l'uomo sentì detto latrati e subito dopo vide sopraggiungere cinque alani sia da destra che da sinistra. Non si spaventò, prese la pistola vuol silenziatore e di sparò agli animali. Cinque colpi, tutti ben piazzati in mezzo alla fronte delle bestie. I cani caddero a terra, morti o forse non proprio: con gran stupore dell'intruso, essi si trasformarono in fumo e svanirono.

Fury rimase interdetto qualche secondo, poi si scosse: non aveva tempo da perdere.

Scrutò il maniero, individuò un'ala non illuminata e, quindi, non utilizzata in quel momento, vi si diresse e osservò le finestre: quelle del pian terreno erano a un metro e ottanta d'altezza, gli scuri erano aperti, ma c'erano delle inferiate e i vetri erano chiusi.

Fury si arrampicò e si mise in piedi sul davanzale di una finestra, poi prese il suo punteruolo laser e lo usò per tagliare le inferiate e aprirsi un varco nel vetro; l'ultima volta che aveva usato quel gioiellino era stato per salvarsi la vita, per fuggire al soldato d'inverno, dopo che l'HYDRA aveva attaccato lui e il suo SUV.

L'uomo, essendosi aperto un passaggio, entrò nel castello e si trovò in vari salone, probabilmente usato per i ricevimenti o i balli e al momento chiuso. Era tutto buio, lui prese gli occhiali speciali con oscuro visione, li indossò e poté aggirarsi nelle tenebre come se fosse stato giorno; dunque iniziò la sua ricerca.

Si mise a girovagare per i corridoi, stando ben attento a controllare sempre che fossero liberi, prima di imboccarli. Avrebbe voluto usare i raggi X per controllare le stanze senza dovervi entrare, ma sfortunatamente, quando impostava gli occhiali su quella modalità, non otteneva risultati. Chissà, forse si trattava di magia, oppure semplicemente del fatto che le pareti dei castelli fossero spesse almeno un metro e mezzo. Non potendo fare diversamente, Fury doveva aprire ogni porta per controllare e, in fondo, ogni volta era un rischio, anche se era abbastanza certo non ci fossero persone in quell'ala. Sperava di trovare un qualche indizio circa dove si trovasse la ragazza.

Aprì una prima porta e si stupì di trovarci oltre una serra: tantissime piante di varie specie e tipologie, aria calda e umida. L'uomo non avrebbe saputo dire se Kadosh fosse un appassionato anche di botanica o se quelle piante gli servissero per pozioni o roba del genere.

Andò avanti, aprì un'altra porta e vide un'onda venirgli contro con n tale impetuosità che frecce appena in tempo a chiudere la porta per non essere travolto.

Quella casa iniziava ad essere inquietante e quindi anche molto interessante per Fury.

Dietro ad un terzo uscio trovò un muro di fuoco e fiamme; al quarto una ricca collezione di pietre, c'erano minerali di ogni tipo: diaspri, giade, agate, selenite, calcite, avventure, labradorite, quarzi e molte, molte altre ancora.

Fury proseguì e trovò una quinta porta, entrandovi avvertì una leggera brezza, lanciò una rapida occhiata e vide tante ampolle apparentemente vuote. Incuriosito, si avvicinò ad una di esse e lesse l'etichetta: Scirocco. L'uomo aggrottò la fronte, non capendo; me prese un'altra e vide scritto: Tramontana. C'erano poi anche: Bora, Ostro, Libeccio, Zefiro e tutti gli altri nomi dei venti. Fury azzardò ad aprire un'ampolla appena, appena, quella dello scirocco, e sentì uno spiraglio di vento umido e caldo. La richiuse subito e decise di mettersi in tasca quella e altre due boccette per farle poi analizzare.

Uscì dalla stanza e tornò alla ricerca della giovane. Provò un'altra sala e questa volta non trovò nulla di strano, ma solo lugubre: un salone con le pareti foderate di velluto nero, decorato con arabeschi d'oro e d'argento, un grosso tavolo ovale circondato da scranni in legno, dagli alti schienali. Teschi umani usati come candelieri, uno come tazza. Al centro del tavolo c'era una grande vasca d'acqua. Fury provò ad ispezionare meglio quel luogo e trovò pergamene scritte con uno strano inchiostro marrone...sangue, forse? Trovò altri oggetti come vasetti, pentoloni, lamine di metallo con disparte incisioni. L'uomo dedusse che si trattasse di una sorta di laboratorio alchemico, quindi uscì.

Fury si stava ormai allontanando dall'ala del castello da cui si era introdotto e quindi iniziò a stare all'erta. Era passato sotto un’arcata sormontata dallo stemma della famiglia Bathory: uno scudo rosso con sopra disegnato un drago dalla coda a spirale e il muso a becco, sullo sfondo un gambo con delle spine.

 (http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/5/52/Coa_Hungary_Family_B%C3%A1thory_Erzs%C3%A9bet_(1560-1614).svg/100px-Coa_Hungary_Family_B%C3%A1thory_Erzs%C3%A9bet_(1560-1614).svg.png )

 

La stanza successiva in cui entrò si rivelò essere una vasta biblioteca. L'attraversò e, dal lato opposto rispetto a quello da cui era entrato, trovò un grande caminetto. Fury lo ispezionò e lo trovò lindo, gli sorse quindi un dubbio. Attivò nuovamente la visione a raggi X negli occhiali per osservare il caminetto e questa volta riuscì a vedere che cosa nascondesse: un passaggio segreto. Dal focolare si apriva in un qualche modo una porta oltre la quale si trovava una scala a pioli. Coi raggi X, Fury individuò subito il meccanismo che apriva il passaggio e quindi lo azionò. Il varco si aprì e lui poté accedere alla scala a pioli che andava sia in alto che in basso. Ragionò circa dove andare e alla fine decise di prendere la via più ovvia quella che scendeva nei sotterranei.

 

Mi desto dalla mia meditazione

Quanto sarà passato da quando sono qua? Non so quantificarle in ore. Sono stufa d’attendere, proverò di nuovo a liberarmi.

Mi concentro di nuovo, cerco di percepire la vera essenza del sortilegio che mi incatena. I miei occhi si illuminano di blu, finalmente concepisco la sostanza di questo incantesimo riesco a imporre la mia volontà e quindi ad indebolire la stretta degli artigli, a farli aprire pian, piano.

Perfetto, ora c'è abbastanza spazio per permettermi di scivolare via senza difficoltà. Non mi resta che uscire da qua.

Qui, però, è sempre molto buio, non so quanto sia grande la stanza, meglio se cammino rasente al muro. Toh, gli artigli sono svaniti! Significa che Kadosh sa che sono libera? Mah!

Cammino e presto raggiungo in prossimità di una scala a pioli, dritta in piedi, non ne vedo la fine, ma sento dei passi. Chi è?

Non ho tempo di fare nulla e mi accorgo che è Fury che sta scendendo.

“Perché non siete andato a Bratislava?” lo rimprovero, mentre coi piedi tocca terra.

“Ci sta pensando Barton. Sono felice di vederti viva; ora, però, andiamocene.”

Fury fa per andarsene, ma non può farlo, nessuno può. Senza darci il tempo di fare alcunché, la scala scompare d'improvviso ma ecco che ricompare lui.

È come se ci fosse il fruscio di un mantello sollevato dal vento e poi davanti a noi compare Kadosh, perfettamente composto, schiena dritta, riesce ad essere maestoso, percepisco un'aura strana che lo avvolge, lui emana forza, è il suo potere, la sua sicurezza.

Con l'estrema calma di chi sa di avere il coltello dalla parte del manico, afferma serafico: “Lei può uscire, la sua presenza qui è stato un inconveniente. Voglio, però, che mi restituiate i miei appunti.”

“Appunti di cosa?” chiese Fury, per prendere tempo, ma l’altro non abboccò.

“Li avete voi, ora, vero?” domanda Kadosh, con un tono che vorrebbe essere cordiale ed effettivamente lo è abbastanza, ma non riesce a nascondere del tutto un vago cenno di scherno.

“Ce li ha un nostro amico.” spiegò l’ex direttore.

“Il nome.” Kadosh è imperativo.

Fury è determinato a non parlare, per fortuna! Ero già pronta a dirgli di tacere. Io, fossi in lui, direi un nome inventato ... ma non posso certo parlare io, saprebbe che è una menzogna. In ogni caso, effettivamente, non starebbe bene mettere nei guai una persona qualsiasi.

Fury e Kadosh si stavano scrutando fissamente negli occhi, nessuno dei due voleva cedere e distogliere per primo lo sguardo; poi Kadosh sorrise e spiegò candidamente: “Rivoglio solo i miei appunti, non è un problema vostro.”

“I tuoi appunti saranno un problema nostro.” gli ringhiò Afdera.

So perfettamente che qualsiasi cosa stia studiando, la userà presto o tardi per i suoi loschi scopi.

IspasKadosh allora posa il suo sguardo su di me (non lo aveva ancora fatto; odio come ostenta il fatto di ignorarmi!) e parla come se si sentisse un grande maestro che spiega una somma verità: “Saranno problemi vostri in futuro, pensa al presente.”

La nostra ostinazione non gli piace, ma non si irrita, anzi quasi considerandoci patetici, come per domandarci perché ci stiamo complicando le cose, sospira: “Bene adesso vi lascio col mio amico, poi riparliamo.”

Lo sento pronunciare parole in aramaico che vanno scrivendosi su un foglietto che stringe tra l'indice e il medio, poi lo infila in qualcosa, forse un fessura, ad un altezza maggiore della sua. Del fumo si solleva da terra e Kadosh scompare. Poco più in alto di dove è stato lasciato il biglietto si accendono due luci rosse: è un golem!

Fury, senza battere ciglio, estrasse una delle pistole e sparò alcuni colpi, che tuttavia non ebbero effetto.

Ispas, hai fatto una pessima scelta questa volta!

Ti sei scordato che sono ebrea e che la qabbala non ha segreti per me?

Afdera pronunciò alcune lettere ebraiche che andarono ad intaccare le difese magiche del golem. Fury sparò di nuovo e finalmente qualcosa iniziò a creparsi o a sgretolarsi, ma parti marginali: non è ancora abbastanza per fermarlo, è necessario indebolirlo maggiormente.

L’uomo, continuando a sparare contro il golem e cercando di mettersi al riparo dai suoi attacchi, urlò: “Idee?”

“Non saprei, io posso continuare con la magia, per fermarlo definitivamente bisognerebbe togliere il biglietto che ha nella fessura della bocca.”

“Tutto qua? Perché non l’hai detto subito?”

Fury fa una cosa molto eroica: ripone la pistola e si avvicina al mostro, cercando di provocarlo. Il golem prova a coprirlo con un pesante pugno, ma Fury è parecchio in gamba, schiva il colpo senza perdere la sua compostezza, poi rapidamente infila la mano nella bocca dell'essere ed estrae il biglietto.

Il golem subito si arresta e torna ad essere solo una statua.

La ragazza esultò, ammirata. L’uomo fece un cenno con la mano, come per dire che era stata una sciocchezza.

“Siamo al punto di partenza: senza una scala, non sappiamo come uscire di qua.” sospirò Afdera “Questa è casa di Kadosh, il suo potere è più grande qui, poiché avrà molti artefatti. Non conosco bene il tipo di magia che può avere usato per la scala, ma voglio provare a farla apparire io.”

“Brava, sono certo che puoi riuscirci.”

Mi concentro, mi sforzo ... Non è semplice ... ma ... Eccola!

Ce l'ho fatta! Ce l'ho fatta! Non mi sembra vero, ma la scala è lì.

“Saliamo.” disse Afdera, contentissima, con un gran sorriso in volto.

“Aspetta.” la fermò Fury “È meglio se ci portiamo dietro questo bestione, tu sai come farlo funzionare, vero?”

“Certo.” rispose lei, prese carta e penna e scrisse l'ordine di proteggerli, poi lo infilò nella bocca del golem.

Il golem si animò nuovamente, questa volta come alleato, precedette sulla scala i due umani.

Mentre saliamo, sento una scarica elettrica che mi attraversa tutta, vacillo, ma riesco a tenermi attaccata ai pioli.

“Cos'hai? Tutto bene?” domandò Fury, accorgendosi del suo traballare.

“Voi non avete sentito nulla?” chiese lei. stupita.

Come possono non aver ricevuto quella forte scossa?

“No, niente.”

Mi sembra stano, ma va beh, ignoro la cosa e continuo a salire, bisogna uscire alla svelta.

Arrivarono in biblioteca, si affrettarono a cercare l’uscita. Fury si stupì nel vedere che Afdera sapeva esattamente come muoversi e lo condusse rapidamente al portone principale del maniero senza difficoltà. Uscirono, sempre di buon passo attraversarono il cortile, sorpresi di non incontrare opposizione. Arrivarono al cancello posto a chiudere l’ingresso dalle mura; la ragazza pronunciò un incantesimo e lo aprì. Varcarono il confine tra la proprietà della famiglia Bathory e il suolo pubblico.

Appena misero piede fuori dalla proprietà privata di Kadosh, il golem che li seguiva si crepò e si sbriciolò, riducendosi a un ammasso di cocci, ma nell’aria volteggiava un foglietto. Afdera, perplessa, lo afferrò e lo lesse a denti stretti:

“A volte le informazioni giuste puoi ottenerle con le buone, altre volte con le cattive, altre volte semplicemente pensandoci. Un abbraccio, Kadosh.”

Dannazione! Ora capisco! Stupida, stupida che sono! Le scale le ha fatte riapparire lui, non io! E quella scossa elettrica ... deve avere usato una tecnica mesmerica per leggere le nostre menti! Maledizione!

E ora pure questo biglietto, per farci sapere come lui è riuscito ad ottenere ciò che voleva, per sottolineare il suo potere ... con questa dannata presa in giro dell'abbraccio ...! Dio, Dio, quanto lo detesto.

 

“Chi ha il suo taccuino?” domandò la ragazza, in preda all’agitazione.

“Perché? E che significa quel biglietto?”

“Prima, mentre eravamo sulla scala a pioli, ho sentito una scossa, sono certa che in quel momento Kadosh abbia letto la vostra mente per sapere dove fosse il suo taccuino. Chi ce l’ha? Non voi, altrimenti non ci avrebbe fatti uscire.”

“No, infatti, l’ha preso l’agente Barton.”

“Dobbiamo tornare dentro!” esclamò lei “Dobbiamo impedirgli di raggiungerlo!”

Afdera fece per tornare indietro, Fury le si parò davanti e la bloccò, chiedendole: “Che cosa c’è in quel quaderno? Perché non vuoi che lo recuperi?”

“Non so a cosa stia lavorando, ma sicuramente è qualcosa di pericoloso!”

“Anche se lì dentro ci sono gli appunti dei suoi appunti, è molto probabile che lui possa arrivare alla conclusione dei suoi studi anche senza di quelli.”

“No, io devo …”

Afdera non poté concludere la frase. Fury aveva estratto una piccola bomboletta spray di cloroformio e l’aveva sulla bocca e sul naso della ragazza che cadde addormentata. L’uomo la sorresse, poi se la caricò in spalla e tornò verso il SUV, inviando un messaggio a Barton: Non difendere il taccuino a costo della vita.

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Capitolo 15
*** Fine di una missione ***


Clint era in stazione a Bratislava da circa due ore e mezzo. 

Rumlow non si era ancora fatto vedere, ciò era parso molto strano a Clint: il treno che da Vienna portava a Bratislava era partito alle 19-21, aveva impiegato la sua ora abbondante per arrivare, ma Rumlow non era sceso da esso.

Barton, allora, aveva telefonato il contatto di Fury a Vienna, quello che aveva procurato loro i mezzi di trasporto e a cui avevano chiesto di rimanere a controllare la stazione. L'uomo lo informò che Rumlow si era fermato a cena in un ristorante e che, quindi avrebbe preso un treno successivo, fu poi quello delle 21-21.

Erano dunque quasi le 22-30 e Barton aveva pronto il proprio piano: aveva pagato un giovanotto per avvicinare Rumlow e convincerlo ad alloggiare nel fantomatico albergo di suo padre; lo avrebbe fatto poi passare in una viuzza raramente frequentata e lì Occhio di Falco a avrebbe fatto il suo dovere.

Come faceva Barton a sapere che Rumlow avrebbe dormito a Bratislava e non avrebbe proseguito subito per Zilina? Semplice: non gli avrebbe lasciato altra possibilità.

In che modo? L'arciere aveva già studiato l'impianto ferroviario, le centraline e tutto il resto: appena giunti il treno, lui avrebbe scoccato una serie di frecce in punti precisi che aveva individuato per mettere fuori uso la stazione per alcune ore.

Questo contrattempo avrebbe costretto Rumlow a passare la notte a Bratislava, anche se Barton non aveva intenzione di farlo arrivare in hotel.

La voce elettronica annunciò l'arrivo del treno al binario 7; Clint scese nel sottopassaggio e si posizionò vicino alle scalinate di quel binario per assicurarsi che Rumlow avesse preso quel treno e fosse arrivato a destinazione. Finalmente lo vide in mezzo agli altri passeggeri, allora si affrettò a raggiungere gli impianti da mettere fuori uso.

Sibili leggeri nell'aria.

Le frecce volarono rapide contro il loro bersaglio. La stazione di Bratislava andò in blackout.

Barton non si curò della reazione sorpresa di tutti gli altri, si affrettò a ritornare alle calcagna di Rumlow e a seguirlo, senza perdere tempo. Clint era molto abile e riuscì facilmente nel pedinamento senza farsi notare. L'uomo che aveva ingaggiato stava facendo un ottimo lavoro.

Barton li precedette nel vicolo stabilito e si appostò su un tetto con l'arco pronto.

Attendeva: Rumlow sarebbe passato da lì a poco. Mentre aspettava sentì uno spintone, lui si sbilanciò in avanti e cadde.

Dopo un paio di metri nel vuoto, mentre stava afferrando una freccia col rampino da scagliare per afferrarsi a qualcosa e salvarsi, la caduta si arrestò e lui rimase sospeso a mezz'aria. Era alquanto sorpreso e non aveva idea di cosa stesse accadendo, poi vide in aria, di fronte a lui, lo stesso uomo che era apparso sul treno.

Senza dare a Barton il tempo di dire alcunché, Kadosh fu chiarissimo: “Dammi i miei appunti e non ti ucciderò, altrimenti ti uccido e mi prenderò comunque i miei appunti.”

Clint pensò rapidamente: Fury gli aveva appena scritto di non difenderli a costo della vita, lui era immobilizzato ad alcuni metri da terra e aveva un'altra missione da svolgere. Non poteva nemmeno scoccargli contro qualche freccia, perché era completamente paralizzato: una sensazione orribile!

Sospirò e disse: “Sono nella valigetta del mio arco, è sul tetto.”

Kadosh scomparve dalla sua vista, poco dopo riapparve, col proprio taccuino in mano e disse, sfogliandolo compiaciuto: “Finalmente qualcuno di ragionevole.” chiuse il quadernetto, guardò Barton e gli disse: “Bravo soldatino, puoi tornare alla tua missione.”

Un attimo dopo Kadosh era di nuovo scomparso e un'inspiegabile forza sollevò Clint e lo rimise sul tetto.

Ancora un po' scombussolato per l'accaduto, il giovane riprese la sua freccia mortale e la incoccò, ma tenne ben a portata di mano anche quella col rampino, per sicurezza.

Finalmente vide entrare nel vicolo il giovanotto che aveva assoldato, Rumlow e altri tre uomini. Era buio e la luce fioca, ma per Clint ciò non costituiva un ostacolo. Tese la corda e un attimo dopo la freccia sibilò nell'aria. Prima che potesse colpire il bersaglio, però, Rumlow afferrò il giovane e lo usò come scudo.

Che accidenti di udito ha? Pensò Barton.

La freccia scoccata non era una freccia comune, poiché non sarebbe bastata ad uccidere un deathlock; bensì era una di quelle esplosive. Un attimo dopo, dunque, che il povero slovacco innocente era stato trapassato, scoppiò spargendo le sue membra e le sue interiora un po' ovunque. Quasi contemporaneamente, Rumlow lo aveva spinto di lato e aveva puntato il suo braccio cannone verso il palazzo su cui era sposato Barton e sparò un colpo.

Clint, un attimo prima, su gettò dall'edificio, scoccando la freccia col rampino sul tetto di fronte, così potè calarsi al suolo senza farsi male.

Clint non si era certo demoralizzato per quell'incidente, era abituato agli intoppi e a reagire immediatamente. Come prima cosa, scoccò un paio di dardi ai colli dei due agenti HYDRA ancora del tutto umani e li uccise sul colpo, così da poter affrontare Rumlow da solo.

Il deathlock puntò il braccio, ma mentre il cannone caricava il colpo, Barton fu abbastanza rapido e preciso da infilare nella bocca da fuoco tre frecce con carica elettrica in modo da poter mandare in corto i circuiti del cyborg.

La strategia di efficace: il deathlock fu attraversato da una scarica elettrica molto potente, durante la quale non poteva reagire.

Clint, allora, ebbe tenta secondi di tempo per scagliare la bellezza di quattro frecce esplosive contro Rumlow e lo colpì al petto e in testa. L'esplosivo fece il proprio dovere.

Clint vide le frecce scoppiare e dilaniare il deathlock che cadde a terra.

Barton, allora, decise di dare fuoco a tutto il resto per ripulire la scena dello scontro. Dopo di che, inforcò la moto: direzione Zilina.

 

-Afdera... Afdera... Ascoltami, fanciulla...

-Chi...? Ispas! Sei tu! Vero? Che cosa...?

-Calmati fanciulla, non agitarti. Sì, sono io, tu puoi chiamarmi ancora così.

-Cosa...? Dove...?

-Stai dormendo. Ho pensato di venire a fare due chiacchiere, so che ti fa piacere.

-Piacere ...?! ... Perché? Perché adesso e non prima? Dopo due anni!

-Due anni, tre mesi e undici giorni, per l'esattezza.

-Perché mi stai parlando proprio adesso? Hai avuto altre occasioni.

-Sono molto occupato.

-Ah, giusto, con l'ordire complotti e poi denunciarne altri su youtube, mascherato.

-All'incirca ... Ho avuto molto da fare e tu mi hai fatto perdere un sacco di tempo prezioso. Spero ti sollevi il morale sapere che mi hai costretto a cambiare strategia. Hai notato che negli ultimi otto mesi non hai avuto mie notizie? È perché ho deciso di lasciar perdere le sciocchezzuole, come quelle che hai sventato, ma concentrarmi sull'aumentare il mio potere, in attesa del grande momento!

-Quale grande momento? Che cosa stai escogitando?

-Io nulla, attendo il grande momento che verrà da solo o quasi. Conosci l'HYDRA, vero? Sono quasi arrivati a R’iyeh e al tempio dove lui dorme o, per essere precisi, dormiva. Si è svegliato, ha lanciato il suo richiamo e presto sarà libero.

-Cosa?! Questa è follia! Come puoi desiderare che lui ritorni?

-Oh, non desidero certo che lui torni a dominare, no, stai tranquilla. Voglio solo avere la possibilità di accrescere il mio potere.

-Non sarebbe più facile, per te, prendere il potere senza avere lui in concorrenza?

-Non hai capito. Il potere che intendo io non è l'autorità, ma la potenza, la forza. Io sono avverso ad ogni forma di ordine, giusta o sbagliata che sia, ormai dovresti saperlo.

-Sì, ti sei dato alle tenebre. Hai rinnegato il Sole che è Verità e Ordine!

-Sì, perché sono andato oltre, fanciulla mia! Tutti scioccamente attribuiscono al Sole il merito della vita, ma non è lui a darla. È l'acqua la vera fonte di vita, ci sono esseri che vivono senza luce, nessuno che vive senza acqua. Dio aleggiava sulle acque e poi ha creato il Sole. Tu sei ancora legata alla creazione, io sono andato oltre, sono andato all'acqua viva, al potere primordiale.

-Senti, Talete, l'energia ha bisogno di essere imbrigliata da regole.

-Le regole servono per manipolare e limitate la gente. Tu e tutti gli altri camminate con le stampelle perché vi è stato insegnato che si cammina con le stampelle. Io, invece, cammino senza di esse e ho molte più possibilità di voi. Permettimi di insegnarti a camminare fa sola, brucia le stampelle che hai.

-Se l'anarchia ti desse tutto il potere di cui ti vanti, non avresti bisogno di farmi una proposta del genere.

-Non hai capito un accidente! L'ho detto per te, non per me. Ci risentiremo presto, appena lui sarà libero. Cerca di non farti uccidere. Un abbraccio Kadosh.

 

Afdera si svegliò di colpo, ma senza aprire gli occhi. Non sapeva dove si trovasse, né che ora fosse. Per un attimo pensò di essere nel letto di casa sua e che fosse mattino presto, poi si rese conto che non poteva essere così. Controvoglia, si decise ad aprire gli occhi e, allora, capì subito di trovarsi sdraiata sul sedile posteriore di un'automobile. Doveva essere una macchina grande, visto che riusciva a stare distesa e non si era rannicchiata.

Si mise a sedere e vide che ci stava guidando era Fury.

“Buongiorno.” la salutò lui, anche se fuori era buio pesto.

“Che cosa...?” Afdera non ricordava con esattezza quanto accaduto “Io volevo tornare da Kadosh per gli appunti, ma poi? Non ricordo ... È stato lui a ...”

“No. Sono stato io ad addormentarti per portarti via.”

“Perché? Ora l'agente Barton è in pericolo! E, forse, Kadosh ha già recuperato i suoi appunti!”

“Sì, li ha presi. Barton mi ha avvisato del buon esito della sua missione di uccidere Rumlow e mi ha detto di aver reso il taccuino.” Fury era impassibile.

“Cosa?!”si infuriò la ragazza.

“Calmati!” le ordinò l'uomo “Hai detto che nemmeno Stephen è riuscito a sconfiggere Kadosh, ma si è limitato a metterlo in fuga: che possibilità potremmo avere noi? Intendo dire, improvvisando, senza aver studiato una strategia e con n così poche informazioni!”

“Quel taccuino poteva esserci molto utile per capire il potere di Kadosh e come fare a contrastarlo.” Afdera, scavalcando, andò a posizionarsi sul sedile davanti e incrociò le braccia indispettita.

Fury non rispose e restò il silenzio per alcuni minuti, finché la donna non chiese: “Mi state riportando a casa?”

“Ora ci stiamo dirigendo a Zilina, dove ci congiungeremo con l'agente Barton e l'agente Romanoff.” spiegò l'uomo, tranquillamente “Dopo andremo a trovare tuo zio.”

“Cosa?!” esclamò lei, stupita “Giusto per dargli un saluto e poi via, vero?”

“Perché tanta fretta?”

“Non posso lasciare il principe Ottone da solo! Ha bisogno di me! Ha novant'anni, non può gestire lo scavo da solo!”

“Intanto vieni da Phil e racconti tutto quello che sai su Kadosh, poi deciderà lui se lasciarti andare o meno: lo S.H.I.E.L.D. potrebbe avere bisogno di te.”

Afdera non era affatto d'accordo, ma fu abbastanza accorta da non protestare, in modo da non destare sospetti e poter usare indisturbata il teletrasporto, qualora fosse stato necessario.

“Comunque, hai ragione.” disse Fury, dopo un altro lungo silenzio “Nikolao, l'amico di Raimondo, sono io e, sì, è stato il dottor Strange a darmi la possibilità di rimanere giovane. Quando Raimondo venne ucciso, usai tutte le mie risorse per scoprire chi fosse stato ad ordinare l'attentato. Alla fine scoprii che erano stati i tedeschi, sua perché era ebreo, sia perché tenevano si stesse avvicinando all'arca dell'Alleanza, che essi volevano, e in generale lo ritenevano pericoloso ai loro piani. Temevano il sistema di spie e soldati che avevamo allestito: non immaginavano, però, che Raimondo non era il solo leader, ma che c'ero anch'io, come due lati della stessa medaglia, uno mostrato al mondo e l'altro tenuto nell'ombra. Nel corso delle indagini mi imbattei nell'HYDRA e iniziai a contrastarla. L'RSS non aveva idea di chi io e i miei uomini fossimo, né da quale parte stessimo. Infine mi rivelai all'agente Carter e iniziammo a collaborare e poi fondammo lo S.H.I.E.L.D. Ecco, questo è quanto.”

Fury, nonostante lo tenesse ben nascosto, si era commosso a quel ricordo: da tanto non pensava a Raimondo e a ciò che aveva dato vita al senso della sua vita.

Nonostante la bravura dell'uomo nel nascondere le emozioni, Afdera si era accorta d della malinconia che aveva invaso Fury, tacque qualche istante e poi chiese dolcemente: “Come mai avete deciso di dirmelo, adesso?”

“Penso di potermi fidare di te... ed è strano: raramente qualcuno conquista la mia fiducia, men che meno in tempi così brevi. Forse è perché discendi da Raimondo o chissà. Per questo l'agente Barton era infastidito: non si spiega la mia fiducia in te. Ad ogni modo, eri già persuasa di quale fosse la realtà e anche se avessi continuato a negare tu non mi avresti creduto.”

La spiegazione di Fury non era del tutto sincera: dopo aver ragionato a lungo, aveva stabilito che tanto valeva dare conferma alle giuste supposizioni della ragazza, aggiungendo il discorso sulla fiducia per lusingarla, in un certo modo, e quindi farla sentire in dovere di mantenere quella ipotetica fiducia. Era ben deciso a tenere quella donna legata allo S.H.I.E.L.D., almeno finché non avesse rintracciato Strange; finché il suo vecchio amico non fosse tornato, lei era l'unica alleata che avevano che conoscesse bene l'ambito esoterico e che potesse aiutarli nell'affrontare quel Kadosh, qualora si fosse rivelato una minaccia.

Il viaggio procedette senza difficoltà e infine a arrivarono a Zilina senza problemi verso le prime luci del giorno: Fury aveva guidato senza fretta. Il SUV si fermò davanti alla villetta di Rostislav, dove già era stata parcheggiata la moto di Barton.

I due scesero dall'auto ed entrarono nell'abitazione, nel cui salotto trovarono Occhio di Falco e la Vedova Nera. La donna sonnecchiava un poco, ma si destò immediatamente, appena vide l'ex direttore, poi notò anche la ragazza e chiese chi fosse.

“È quella di cui ti ho parlato.” rispose Clint “La nipote dell'agente Coulson.”

“Il direttore Coulson.” lo corresse Fury che poi subito cambiò argomento, domandando: “Allora dov'è la bottiglia?”

“È quella sul tavolino vicino al camino.” rispose Natasha “Non l’ho spostata di un millimetro, esattamente come mi ha ordinato.”

“Molto bene.” Fury guardò l'oggetto e poi chiese: “Afdera, conosci quest'artefatto?”

Alla ragazza bastò uno sguardo per riconoscerlo e mormorare: “Il diavolo nella bottiglia ...! A chi appartiene, ora?”

“A nessuno: ho ucciso il suo proprietario.” scandì Natasha.

“Hai idea di come si possa neutralizzarla?” domandò Fury “L'HYDRA la vuole. Noi non lo vogliamo: che cosa si può fare?”

“Chiunque la tocchi per primo ne diventerà il proprietario.” spiegò Afdera, impietrita “Prendendola gratuitamente, non potrà più rivenderla e sarà dannato all'inferno. Non posso spedirla in altre dimensioni o piani, perché equivarrebbe al toccarla e poi, altrove, chiunque potrebbe prenderla.”

“Forse ho una soluzione temporanea, finché non troviamo di meglio.” disse Fury “La bottiglia può avere un solo proprietario per volta, giusto?”

“Esatto.”

“Quindi se noi siamo in due o tre ad afferrare la bottiglia contemporaneamente, essa continuerà a non appartenere a nessuno. Potremmo chiuderla in n una cassetta di sicurezza e impedire che altri la prendano.”

“Non so, forse anche il solo prendere in mano la cassetta di sicurezza potrebbe causare l'assegnamento di un padrone alla bottiglia: essa vuole essere posseduta.” replicò Afdera.

“Inoltre si correrebbe troppo il rischio che se ne impossessi qualcuno di sbagliato.” aggiunse Clint.

Rimasero tutti in silenzio per alcuni secondi, poi Fury disse molto gravemente: “Allora, la prenderò io.”

“Signore?!” esclamarono all'unisono Clint e Natasha.

“Non potete! Vi condannerete all'inferno!” tentò di dissuaderlo Afdera.

“Non c'è altra soluzione, per il momento. Ad ogni modo confido che tu o Stephen troverete un escamotage per cavarmi fuori da quest'impiccio.”

Detto ciò, senza lasciare il tempo di dire o fare altro, Fury afferrò la bottiglia e se la mise in tasca. A quel punto era inutile parlare oltre.

“Bene.” disse poi l'ex direttore “Io, ora, ho intenzione di andare da Coulson e la ragazza verrà con me. Voi due che cosa avete intenzione di fare? Venite con noi? L'ultima volta che l'ho sentito, Coulson era parecchio impiegato con operazioni delicate. Magari potreste fargli comodo." "Io sicuramente!” si affrettò Clint.

Natasha forse avrebbe preferito tornare a Parigi, ma decise di seguirli anche lei e verificare se effettivamente c'era del lavoro per lei.

“Perfetto, allora, torniamo a Vienna e facciamoci sostituire la moto e il SUV con un jet e poi rotta per Coulson.” concluse Fury, soddisfatto.

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Capitolo 16
*** Transito ***


Tutto vibrava, la terra tremava sotto i piedi di tutti quanti. Skye era spaesata: cosa stava accadendo?

Aveva visto l'obelisco aprirsi, aveva visto quei cristalli grigi e poi ... E poi?

Non ricordava.

Aveva qualche momento di blackout. L'immagine che aveva avuto subito dopo davanti agli occhi era quella di Trip, il povero Trip, pietrificato, che si stava sgretolando.

Tutto continuava a tremare. I lastroni, che si erano stretti attorno al piedistallo a difesa di Skye e Raina, stavano tornando ad aprirsi.

 

“Che cos'è accaduto? Che cosa ci fa lei, direttore, qua sotto?” domandò Mack durante il terremoto.

L'imponente meccanico era d'improvviso tornato sé stesso e non aveva idea di ciò che aveva attorno.

“Non ricordi nulla?” gli chiese Coulson.

“Ricordo che i nani si sono disattivati e io sono sceso nel pozzo.”

“Allora dovrò farti un riassunto delle puntate precedenti.” tagliò corto Phil “Ora aiutami a cercare di raggiungere Skye, dev'essere oltre quelle rocce!”

“D'accordo. Qual è il piano?”

“Non ne ho idea...” sospirò Coulson rattristato.

I lastroni avevano iniziato ad allontanarsi e i due uomini lo notarono, quindi si avvicinarono e, appena si aprì uno spiraglio abbastanza largo per far passare Coulson, l'uomo lo attraversò e poco dopo fu seguito da Mack.

Phil vide Raina pietrificata e Skye con lo stupore e la disperazione dipinti sul volto; la sentì mormorare: “Trip...!?!”

Coulson non badò a quel nome, le si avvicinò e le prese la mano per portarla via.

Skye, allora, si scosse e quindi notò la presenza dell'uomo, del cui ingresso non si era accorta, tanto era sconvolta. La ragazza si gettò tra le braccia di Coulson e si strinse a lui, piangendo. Phil non capiva, non poteva capire; la credeva scossa per l'esperienza. Tenendola abbracciata, l'uomo la portò via con sé.

Mack era ancora piuttosto allibito, ma da bravo agente era rimasto lucido e impassibile.

Allontanatisi dal piedistallo Coulson si orientò per tornare indietro, da dove erano entrati, sperando che il passaggio fosse ancora aperto e non ci fossero stati crolli. Arrivarono a destinazione senza difficoltà. Skye si era un poco ripresa, ma ancora non era in grado di spiegare quello che era accaduto a Triplett.

Mack osservò il cunicolo che si apriva sopra le loro teste e disse, scuotendo il capo: “Le pareti sono troppo lisce: impossibile a arrampicarsi. Abbiamo una trasmittente?”

Phil avrebbe voluto fargli presente che il giorno prima lui stesso era balzato fuori da una cavità di tenta metri, senza sforzo.

“Sì, ma qua sotto non funziona, come gli altri apparecchi elettrici. Credo, però, che, gridando, qualcuno possa sentirci ... almeno spero.”

Detto ciò, Coulson stava per gridare il nome di May, ma non ce ne fu bisogno: la donna si stava già sporgendo sul ciglio del pozzo, proprio in quel momento, facendo luce con una torcia.

“Coulson! Tutto bene?”

“Così parrebbe.” le rispose l'uomo “Gettaci una corda! Dobbiamo uscire presto da qua!”

May non se lo fece ripetere, cercò attorno a sé una fune, l'assicurò a un passo d'acciaio ben solido e poi la calò nel cunicolo. Uno alla volta, Skye e i due uomini si arrampicarono in superficie e si allontanarono velocemente. Attraversando l'edificio usato come base d'appoggio dell'HYDRA si ricongiunsero con Hunter e Bobbi e, assieme a loro, si affrettarono a raggiungere il bus.

Coulson e i suoi compagni si aspettavano di trovare lì anche Fitz, Simmons e Tripp, invece non c'era nessuno.

“Dove sono gli altri?” chiese Lance, preoccupato.

“Dovevano posizionare gli esplosivi e poi tornare qui!” esclamò CoulsonDev'essere andato storto qualcosa ...infatti non è esploso nulla... Quel terremoto ma ...”

“C'era Tripp là sotto...” riuscì finalmente a mormorare Skye.

“Che cosa?!” esclamò Coulson, mentre tutti quanti, con lo stupore sul volto, si erano voltati verso la ragazza.

Skye era ancora parecchio scossa, aveva le lacrime agli occhi e riuscì a farfugliare: “Io non so cosa ci facesse, ma Trip era lì, con me e Raina. L'obelisco lo ha pietrificato e si è sgretolato. Io ... io ...”

“Calmati Skye, non è colpa tua!” si affrettò a dirle Coulson, stringendola a sé per tranquillizzarla; poi disse, rivolto agli altri: “May, Bobbi, andate all'avamposto a controllare Fitzsimmons e, se stanno bene, riportarteli qui subito, con l'attrezzatura.”

Le due donne obbedirono immediatamente e corsero verso la postazione. Arrivate alla torretta, non avevano ancora visto nessuno e quindi iniziarono a preoccuparsi. Entrarono, scesero la scalinata a chiocciola e arrivarono alla stanzetta dove c'era il pozzo che avevano sfruttato loro per esplorare la città. Lì, tirarono un respiro di sollievo, vedendo Simmons e Fitz, il quale stava indossando lo scafandro isolante.

Fitzsimmons!” esclamò May “Che cosa ci fate ancora qua? Perché non siete tornati al bus?”

“L’agente Triplett è ancora laggiù!” rispose Jemma con preoccupazione “Era andato a disattivare gli esplosivi e non è ancora tornato.”

“Sto andando a cercarlo.” aggiunse Fitz.

“Inutile, non lo troveresti.” disse Bobbi “Prendete l'attrezzatura e torniamo al bus.”

I due scienziati rimasero bloccati a fissare, interrogativo, le colleghe. May si limitò a dire: “Mi dispiace ...”

Fitz si tolse per primo il casco, dopo il resto dello scafandro, per iniziare poi a radunare gli arnesi. Simmons, invece, mosse qualche passo verso le altre donne, chiedendo: “May! Che cos'è successo?!”

“Non possiamo fare nulla. La città o l'obelisco lo ha distrutto. Avrai dopo il tempo del lutto, adesso dobbiamo andarcene. Sbrigati!”

La scienziata rimase ancora immobile, in silenzio. Fitz si avvicinò a lei, le prese la mano e con dolcezza le disse: “Jemma, vieni. Sono sicuro che se c'è una soluzione, la troveremo, ma ora non possiamo rimanere ... Ci penseremo ... quando avremo più dettagli ...”

Fitz voleva confortare l'amica e, allo stesso tempo, convincerla ad allontanarsi da quel posto e raggiungere al più presto il bus. L'ingegnere ebbe successo e con l'amica e le altre due agenti finì di sistemare l'attrezzatura nelle valigette e si allontanarono.

Meno di un quarto d'ora dopo, il bus stava decollando e tutto il suo equipaggio era afflitto e sconsolato per la perdita del loro compagno.

Erano tutti tristi per Trip, credendolo morto, ma lui non lo era affatto. Il giovane, appena aveva toccato quei cristalli grigi per distruggerli, aveva avvertito una sensazione particolare. Un potete, un'energia, una forza o qualcosa di simile, ma diverso, lo aveva pervaso. Un formicolio aveva iniziato a scuotergli i muscoli a partire dalle dita delle mano e poi espandendosi in tutto il corpo. Trip aveva sentito uno sfrigolio interno ... Era stato sorpreso, ma non si era preoccupato per sé, si era voltato a guardare Skye e l'aveva vista ancora pietrificata. Aveva cercato di pensare a cosa fare, ma prima che gli potesse venire in mente qualcosa, si era accorto che anche il suo corpo stava diventando di pietra. A quel punto gli era parso come di perdere i sensi, ma quando era tornato in sé era ancora in piedi. Aveva visto Skye sana, di nuovo umana. Si era sentito confortato, avrebbe voluto dire qualcosa ma rimase sorpreso nel vedere l'espressione di tristezza dipinta sul volto dell'amica.

Vide Coulson arrivare, prendere Skye e allontanarsi. Perché lo avevano ignorato?

Li seguì, si accorse che c'era anche Mack. Provò a parlare con loro a l'attenzione, ma fu inutile. Li vide uscire dal pozzetto, senza di lui, non capiva.

Sentì una voce alle sue spalle: “Così ti hanno abbandonato? Non prendertela con loro: sei invisibile, non ti hanno visto.”

Triplett si voltò e vide Raina, i cui occhi erano diversi: erano brillanti, elettrici. Fu alquanto spiazzato e chiese: “Ah sì?! Tu come fai a vedermi?! E perché io mi vedo?”

Silenzio per qualche momento, poi la donna disse: “Non posso sentirti. Posso percepire dove sei per gli impulsi elettrici, che attraversano i corpi dei viventi.”

Triplett era, se possibile, ancor più basito di prima. Non capiva: quella che sembrava una spiegazione, invece di chiarirgli le idee, gliele aveva confuse ancor di più.

“Su!” lo esortò Raina “Non ho idea di come funzioni il tuo potere e come usarlo ...non conosco nemmeno il mio... Prova, prova a concentrarti, a capire come controllarlo. È la tua natura, adesso; ti appartiene come i muscoli, come le tue abilità che, esercitate si sviluppano e migliorano. In potenza avevo già questo dono, il cristallo lo ha fatto essere in atto, ora tocca a te utilizzarlo.”

Triplett faticava parecchio a capire quel discorso, anche perché lui riusciva a vedersi. C'era però qualcosa di strano; a ben osservarsi notava una diversità che non riusciva però a cogliere con esattezza.

Triplett non capiva come fare, si limitò a volere tornare visibile. Dapprima era agitato e nervoso, poi riuscì a calmati e, allora, si accorse che quella strana percezione di sé che aveva stava mutando, tornando alla normalità. Poco istanti dopo era nuovamente visibile.

L'uomo ne ebbe la conferma quando vide Raina sorridergli e avvicinarsi a lui, dicendo: “Bravo, hai fatto un piccolo passettino ... ma anch'io voglio provare i miei nuovi poteri, verificare la forza della mia vera natura.”

La donna appoggiò una mano sulla guancia del giovane, come se volesse fargli una carezza; la punta dell'indice era sulla tempia...

Una rapida scarica elettrica attraversò il cervello di Triplett, non abbastanza potente per ucciderlo, ma sufficiente per fargli perdere i sensi.

Raina guardò il giovane cadere a terra e fu molto soddisfatta. Raggiunse poi il pozzo che portava in superficie, per fortuna era ancora calata la corda che quelli dello S.H.I.E.L.D. avevano usato per arrampicarsi in superficie.

La sua intenzione era salire, prendere un'altra corda, tornare giù, legate Triplett, risalire e issarlo su. L'operazione fu molto più semplice, poiché vide, in cima al pozzo il Dottore (arrivato troppo tardi per intercettare Skye) che l'aiutò a portare su il giovane.

“Perché lo hai preso? Chi è?” chiese il Dottore, quando furono tutti e tre in superficie.

“È uno di noi: anche in lui è stato risvegliato un potere.”

“Eccellente. Perché lo hai stordito?”

“Credo che ci vorrà un po' di tempo per convincerlo che noi siamo dalla parte giusta e che siamo noi il futuro.”

“E mia figlia? Dov'è Daisy?”

Raina abbassò lo sguardo e, dispiaciuta, disse: “È andata via con Coulson.”

“Maledetto! Dannato! Me la pagherà! Non può portarmi sempre via la mia bambina!!!”

Il Dottore era parecchio furioso, stava perdendo il controllo.

“Si calmi, si calmi!” esclamò Raina, parecchio spaventata “Vedrà che le cose andranno bene: Skye ora non è ancora consapevole, forse non si è nemmeno resa conto di cosa sua accaduto. Le dia del tempo: ora che la trasformazione è avvenuta, la sua vera natura la scuoterà, su fatta sentire ...”

“...e sarà lei a venire da noi.” concluse il Dottore, calmatosi e rincuorato.

Rimasero in silenzio alcuni momenti, poi la donna chiese: “Nel frattempo che cosa facciamo noi?”

“Ci atteniamo al piano. L'allineamento planare è già avvenuto da tempo. Il signore Cthulhu si starà chiedendo perché la sua genia non sia già andata da lui a completare il suo ritorno. Raggiungeremo i nostri simili e faremo il necessario.”

“E quelli dell'HYDRA?”

“A quelli penseremo noi!” dichiarò una voce affaticata.

Il Dottore e Raina si volarono e videro fare capolino nella stanza Ward, appoggiato alla spalla dell'agente 33, che lo aveva medicato con quel che aveva trovato: per fortuna lui aveva indosso una tuta in semikevlar, il che aveva reso quasi innocui i proiettili, che gli avevano inflitto ferite superficiali, pur facendogli perdere un bel po' di sangue.

“Voi?” chiese Raina, perplessa “Come potete, ora che avete tradito?”

Whitheall è morto, tutti gli agenti dell'HYDRA di questa missione sono morti: nessuno può testimoniare contro di noi. Porterò il corpo di Witheall davanti al Consiglio dell'HYDRA e rivendicherò la sua carica e la sua posizione. Ottenuto ciò, mi occuperò dei lavori necessari nella città sommersa per permettere a voi di fare ciò che dovete.”

“Perché fai tutto questo?” chiese il Dottore, sospettoso, forse volendolo mettere alla prova.

“Per Skye ... Daisy ... Lei è suo padre e dice che questo è il meglio per lei, io le credo e quindi voglio assecondarla e fare ciò che lei mi dirà.”

“Eccellente; discutiamo il da farsi, allora.”

Il dottore sorrise nel dir ciò e gli occhi gli brillarono.

 

Fury e i suoi tre compagni avevano viaggiato sul SUV volante per raggiungere il quartier generale di Coulson. Arrivati a pochi chilometri dalla base, l'automobile tornò a correre sull'asfalto e Fury ordinò al computer di bordo: “Mettimi in contatto radio con Koenig.”

Poco dopo si sentì la voce di Bill: “Qui Parco Giochi; chi parla?”

“Sono Nicholas J Fury.”

“Riconoscimento, prego.”

L'uomo prese un tesserino che teneva in tasca e lo passò su un lettore di codici che aveva il computer di bordo e che lo trasmise alla base.

“Identificazione confermata, ben tornato direttore emerito. È solo o accompagnato.”

“Ci sono con me l'agente Barton e l'agente Romanov e anche una civile.”

“Per i due agenti ho già pronti i badge, immaginavo che sarebbero venuti, prima o poi. Per la civile, invece, dovrò farne uno provvisorio.”

“Si, conosco la procedura. Ho già pronti i suoi dati, te li invio, così risparmiamo tempo.”

Fury ordinò al computer di inviare il file che aveva preparato, poi chiese sempre a Koenig: “Hai confermato l'autorizzazione a farci passare?”

“Sì, certamente.”

“Coulson è alla base?”

“No, è in missione, ma rientrerà tra circa un'ora.”

Poco dopo, il SUV arrivò alla base. Koenig accolse i sopraggiunti e li fece accomodare nella sala di ricreazione, offrendo loro una svariata scelta di bevande calde o fredde, alcoliche o no, poter ristorarsi. Dopo aver bevuto un succo di mango, Barton chiese a Bill dove fosse il poligono, per potersi rilassare tirando un poco con l'arco.

Natasha e Fury si abbandonarono ad una fitta conversazione, ricordando i tempi passati e alcune missioni, mentre Afdera ascoltava in silenzio.

Come annunciato da Koenig, dopo che fu trascorsa un'oretta, il bus entrò nell'hangar del Parco Giochi.

 

 

Nota dell’autrice: Scusate questo capitolo poco interessante e mal  scritto, ma non sono riuscita a rendere meglio questa fase di transito.
Vi prometto che dalla prossima volta andrà meglio! ^__^

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Capitolo 17
*** capitolo ***


Il quartier generale del nuovo S.H.I.E.L.D. era attraversato da mille agitazioni e dispiaceri; nonostante le forti esperienze già vissute da tutti quanti, nonostante le passate perdite di compagni, i partecipanti alla missione erano molto scossi per la scomparsa di Triplett, per le circostanze in cui era avvenuta, per ciò che quella città aveva fatto a Mack e quello che forse aveva fatto a Skye.

Quest’ultima, appena rientrata alla base, era andata in una stanzetta con Fitzsimmons per confortarsi a vicenda per la morte di Trip; per esattezza l’ingegnere era con le due ragazze soprattutto per stare vicino a Jemma e farle sentire la sua presenza.

Coulson e May, poco dopo essere scesi e dopo che il Direttore ebbe dato alcune disposizioni ai suoi collaboratori, furono intercettati da Fury, che era andato loro incontro e tutti e tre assieme andarono nell’ufficio di Phil per discutere la situazione.

Quando era stato annunciato l’atterraggio del Bus, Natasha si era alzata dalla poltroncina su cui si era rilassata ed era andata verso la zona del poligono, probabilmente per avvisare Clint.

Afdera era rimasta sola qualche momento nella sala comune, ma presto sopraggiunsero per riposarsi Hunter, Bobbi e Mack; i tre amici stavano discutendo un poco dell’accaduto e si interruppero quando il meccanico, entrando nella stanza, si accorse della giovane ed esclamò sorpreso: “E tu chi sei?”

Afdera sgranò gli occhi, si sentì un attimo in imbarazzo, scrutò qualche istante gli sconosciuti e poi disse: “Non so se posso dirlo, non ho avuto istruzioni al riguardo.”

“Beh, sei nella nostra base, una spiegazione è doverosa.” puntualizzò Bobbi, avanzandosi e fermandosi, mani ai fianchi, a un paio di metri dalla ragazza.

“Io sono stata condotta qui dal signor Fury, non so se posso rivelare chi sono, non so nemmeno se sono prigioniera oppure no.”

“No, i prigionieri li teniamo da un’altra parte.” disse Hunter, con un mezzo riso, per alleggerire il momento che stava diventando eccessivamente teso.

Fury è qui?!” esclamò, invece, Bobbi, piuttosto meravigliata.

“Sì.” rispose Afdera “Ci sono anche l’agente Romanoff e l’agente Barton.”

“Ah sì?” Bobbi era particolarmente interessata “E dove sono?”

Fury credo sia in riunione, gli altri due dovrebbero essere al poligono.”

Bobbi rifletté qualche istante poi disse: “Vado a vedere …” rapidamente si voltò e si allontanò.

Hunter rimase perplesso, la guardò andarsene senza capire, poi farfugliò: “Ma che cosa …? Così di fretta …!”

“Lance, lo sai che Bobbi e la Vedova Nera sono amiche!” gli disse Mack, ridacchiando.

Hunter scacciò lo stupore, annuì e constatò, mettendosi a sedere: “Sì, effettivamente quelle due hanno molto in comune: belle, letali e senza pietà!”

Mack scosse il capo e gli chiese retoricamente: “Non sei un poco prevenuto?”

Lance, sempre scherzoso, replicò: “Assolutamente no: il giudizio su Bobbi l’ho maturato con l’esperienza diretta, quello su Natasha l’ho formato su articoli di giornali, documenti d’archivio, fonti orali. Delle donne non ci si può fidare: sono tutte ingannatrici … quasi tutte.” aggiunse, poi, pensando ad Hartley.

“Ecco, cerca di non offendere l’intero genere femminile, almeno non quando c’è una donna in stanza.” lo prese un po’ in giro il meccanico.

“Giusto!” si scosse Hunter, volse il capo verso la ragazza e le chiese: “Allora, ci dici chi sei? Anzi, aspetta, ti ho già vista … Ma certo! Sei la nipote di Coulson! Non eri in uno scavo archeologico a Teheran?”

“Sì … e magari fossi ancora lì!”

“Che cos’è successo? Raccontaci!”

Afdera esitò, poi ribatté: “In realtà nulla di particolare, sono qui più che altro per precauzione e per una consulenza … piuttosto, ditemi voi della missione da cui siete appena tornati. È stato pericoloso?”

Hunter, così, si lasciò andare ad un fitto resoconto dei fatti degli ultimi giorni.

 

Nel frattempo, nell’ufficio di Coulson i due direttori e May stavano discutendo degli ultimi fatti.

“Quindi, ricapitoliamo” Phil stava facendo il punto della situazione “Abbiamo degli alieni non meglio definiti, purtroppo, che sono piombati sulla Terra chissà quanti secoli o millenni fa con l’intento di annientare il genere umano ma, allo stesso tempo, di formare una nuova civiltà dotando alcuni umani particolari (scelti non sappiamo con quale criterio) di poteri … almeno a detta di Raina e del padre di Skye, finora non abbiamo avuto riscontri, abbiamo visto solo gente pietrificata. Sappiamo che questa trasformazione, ammesso che avvenga, si verifica solo nel tempio della città sommersa, in cui dovrebbe essere addormentato un mostro tremendo, Cthulhu, per il momento non meglio definito, collegato con gli alieni azzurri. Mi pare che il padre di Skye abbia fatto intendere che esista gente che abbia effettuato la trasformazione, tuttavia non sappiamo in che rapporto siano costoro con l’HYDRA e quali siano i loro scopi. L’HYDRA è in un qualche modo legata a questo culto o mito o qualunque cosa sia. Non sappiamo in realtà quali siano gli scopi dell’HYDRA e quelli del padre di Skye, possiamo presumere che non coincidano, data la rivalità tra Whitehall e quell’uomo, che però è anche di natura personale. Sappiamo anche dell’esistenza di un terzo elemento, ancora più incognita per noi, ossia Kadosh; di cui non sappiamo praticamente nulla, se non che è stato il padre di Skye a metterlo in contatto con l’HYDRA. Ho dimenticato nulla? No? Allora abbiamo troppi punti oscuri, dovremo scoprire più collegamenti, per poter studiare la linea d’azione … solo che così perderemo tempo prezioso.”

Phil concluse il discorso, un po’ scoraggiato, puntò lo sguardo su Fury come a chiedergli consiglio, sebbene si vergognasse di non avere le idee chiare circa come gestire la situazione.

“Credo che tua nipote possa aiutarti a fare luce  su Kadosh: ha molte informazioni su di lui.”

Afdera?!” si stupì Coulson “Che cosa c’entra?”

“Credo che abbia molte cose da raccontarti su se stessa e le sue frequentazioni.”

“Beh, penso di sì; lavorare per lo S.H.I.E.L.D. non mi ha permesso di conoscere appieno la mia famiglia; ma a cosa si riferisce, signore?”

“Falla entrare e lo saprai subito.”

“L’ha portata qua?”

“Sì e capirai il perché.”

Afdera fu fatta entrare nell’ufficio di Coulson e, sebbene all’inizio un poco riluttante, finì col raccontare anche allo zio e a May dei propri poteri, del fatto che avesse conosciuto in passato Kadosh, di cui rivelò l’identità  e diede alcune informazioni sulle attività di maghi e streghe , parlando anche del Dottor Strange.

“Dunque secondo te quali sono le intenzioni di Kadosh e di quali forze può disporre?” domandò May, dopo aver ascoltato tutto quanto.

“Non ne ho idea.” rispose la ragazza “Da quel che ho inteso, vuole che Cthulhu venga liberato, ma non lo vuole come signore, il ché mi lascia confusa perché non capisco perché qualcuno che non ne sia seguace, voglia il risveglio di quell’essere!”

“Ci vuole, però, un allineamento cosmico per svegliarlo, giusto?” chiese Coluson “Fino a quel momento possiamo stare tranquilli. Chiederemo ai nostri astronomi, magari alla dottoressa Foster, di calcolare quando …”

“No, zio. L’allineamento è già avvenuto: Cthulhu si è già destato, sta attendendo che i suoi seguaci lo liberino.”

“Come sarebbe a dire che è già avvenuto?!” ribatté Phil incredulo “Come abbiamo potuto non accorgercene?”

“Forse eravamo troppo distratti da un’altra delle sue conseguenze!” esclamò Fury, capendo improvvisamente “L’allineamento che ha permesso a Malekhit di svegliarsi e che avrebbe causato la distruzione dell’universo, è lo stesso evento cosmico che ha ridestato Cthulhu. È così?”

“Esattamente.” disse Afdera.

 

Nel frattempo in un’altra stanzetta della base, Fitz, braccia conserte al petto, schiena appoggiata al muro, stava ascoltando Skye e Jemma che, con le lacrime agli occhi, parlavano di Triplett.

“Era gentile, sempre disponibile …” si rammaricava la scienziata.

“Già, talmente generoso nell’aiutare gli altri, che a volte era avventato …” le faceva eco Skye.

“Sì, era così coraggioso!” sospirò  Simmons, poi prese un fazzoletto e si soffio il naso, prima di riprendere: “È stato per la sua bontà e il suo coraggio che si è ritrovato là sotto e che è … che è … ch …” proruppe in un pianto che le spezzò la voce.

Fitz soffriva  a vedere l’amata in quelle condizioni, ma era anche furioso: Tripp era tanto buono e generoso …!

 

Perché io che cosa sono? Non sono buono e coraggioso anch’io? Sono stato IO, IO, a staccarmi dal gruppo per andare a piazzare il timer più lontano, quando sembrava ci fosse poco tempo, ma questo se lo sono già dimenticati! Sì, capisco che Trip è morto e quindi è naturale che parlino di lui e che lo elogino però … Parlavano sempre bene di lui anche da vivo, se io fossi morto non parlerebbero così di me! Di me dicono “è un ragazzo simpatico, bravo, gli si può parlare di ogni cosa” e basta, mentre di Triplet o altri ne parlano come se fossero degli eroi. Forse lo sono, non lo so. In fondo sono addestrati a questo: se ciascuno che compia il proprio dovere dovrebbe essere considerato un eroe, allora in molti lo sarebbero … o forse no … Effettivamente, sembra raro trovare qualcuno che ponga il proprio dovere al di sopra del proprio piacere o dei propri interessi … Basta dunque il senso di responsabilità e l’altruismo a rendere un uomo un eroe? O c’è qualcos’altro?

In realtà si dice: sfortunato il paese in cui chi compie il proprio dovere è considerato un eroe.

Essere ligi ai propri compiti dovrebbe essere la norma, non un’eccezione positiva.

Allora, che cos’è che rende un eroe tale?

Il coraggio? Allora ogni uomo può essere un eroe in base alle proprie possibilità: un poliziotto che disarma un ladro è un poliziotto, un cittadino comune che disarma un delinquente è un eroe.

Ecco, forse l’eroe è riuscire ad andare oltre ai propri doveri, essere qualcosa di più …

Bah, ma perché sto ragionando di questo? Che senso ha?

Ah, giusto, evitare di sentire le lacrime di Jemma per un uomo che non sono io …

 

Aprì la porta in quel momento Mack, che diede una rapida occhiata prima di dire: “Skye, Coulson ti vuole nel suo ufficio.”

“Vado subito.” la ragazza si asciugò le lacrime, appoggiò una mano sulla spalla dell’amica, dicendole:  “Fatti forza. Torno appena posso.” infine uscì.

Mack guardò Fitz, che gli fece cenno d’andare e lasciarlo solo con Simmons. Appena l’uscio si richiuse, l’ingegnere si avvicinò alla donna, le prese le mani, la guardò e disse: “Jemma …” poi si interruppe, perché non aveva idea di cosa dire.

Fitz … non devi …” farfugliò lei, dopo qualche momento “ … non sentirti obbligato a …”

“A confortarti?” la interruppe bruscamente il giovane “E cosa dovrei fare? Lasciarti qui a piangere?”

“Sì … Vedermi soffrire, fa soffrire anche te, lo so … e so anche che ti infastidisce il motivo per cui piango … quindi …”

“Taci!” esclamò Fitz, incredulo e alterato “Si può sapere che cosa ti sta attraversando la testa? Credi davvero che  io … che io possa disprezzare il tuo dolore o qualsiasi cosa di te? A me non importa per quale motivo soffri, voglio esserti vicino e non lasciarti sola, mai! Qualsiasi cosa possa accadere! Nel bene e nel male, condividendo o disapprovando le tue scelte, non mi importa! Io voglio fare sempre e comunque tutto ciò che è necessario per te!”

Jemma rimase colpita da quelle parole, quasi si commosse; si asciugò le lacrime e sforzò un mezzosorriso nel mormorare: “Grazie …”

Apprezzava l’amicizia di Fitz, le sue premure e la sua costanza, tuttavia, allo stesso tempo, era anche infastidita da quell’affetto incondizionato che la metteva estremamente a disagio. Sapere che lui ci sarebbe stato sempre per lei, da una parte la confortava, dall’altra la faceva sentire come ingrata o sporca.

Mentre la scienziata rimaneva immobile, persa in questi pensieri, Fitz la prese tra le proprie braccia e la strinse come aveva fatto poche ore prime, durante il terremoto. Rimasero entrambi in silenzio.

 

Nel frattempo, Skye era al lavoro col computer: Coulson le aveva chiesto di cercare nuove informazioni su Kadosh, questa volta basandosi sul suo vero nome: Duca Ipsas Vlad Dragos Bathory di Nagyecsed.

Skye trovò un gran numero di articoli su quotidiani e riviste online della Romania e qualcuno Ungherese. Scoprì dunque che Kadosh era nato il 27 aprile del 1979 da una famiglia nobile, tra gli antenati poteva vantare principi di Transilvania, un re di Polonia e una serial killer, Erzbeth, che aveva ucciso almeno cento ragazze per usare il loro sangue per mantenersi giovane.

Quest’ultimo dettaglio inorridì particolarmente Skye, che ritenne fosse meglio concentrarsi su Kadosh e lasciare perdere le parentele, almeno al momento.

Dunque, si era laureato a pieni voti in Storia e Relazioni internazionali presso la Pietru Maior University di Targu Mures. Era stato più volte campione nazionale di scherma (moderna e medievale) e anche di pancrazio; nello sci e nel canottaggio, invece, non era agonista. Appassionato di storia e arte, era stato un mecenate e aveva pubblicato alcuni articoli e saggi. Era apparso numerosissime volte sui giornali o per delle iniziative culturali e di impegno sociale, oppure per eventi mondani, o con degli articoli, o anche con alcune delle sue esperienze da diplomatico. Negli ultimi due anni, tuttavia, sembrava sparito dalle cronache; era apparso solo in occasione di alcune cerimonie per festività nazionali ed era stato citato un paio di volte per il suo lavoro: nient’altro.

Skye trovò interessante questo elemento e si domandò perché mai il Duca Bathory si fosse improvvisamente messo in disparte; eppure non aveva scandali o denunce a suo carico. Che cosa era accaduto da spingerlo a ritirarsi dalle scene o, per essere più corretti, ritirare il proprio volto e il proprio nome, comprendo il primo con una maschera e cambiando il secondo in Kadosh?

La scomparsa mediatica di Bathory coincideva con la nascita del personaggio che spopolava su youtube; che cosa aveva trasformato i suoi saggi sulla storia, l’arte e le culture in farneticazioni complottiste?

Skye voleva capire! Era sicura che comprendere quel passaggio avrebbe chiarito molte cose sulla figura del loro nuovo nemico. La ragazza continuava pazientemente la propria ricerca, sperando di riuscire a trovare qualche altra differenza tra tutto ciò che Bathory era stato prima e ciò che, invece, era negli ultimi due anni. Hackerò la sua cartella clinica per controllare se fosse stato colpito da qualche strana malattia o se gli fosse stato iniettato o somministrato qualche farmaco insolito, ma  non trovò nulla al riguardo, quindi controllò se avesse soggiornato o visitato qualche luogo strano, magari dall’oscura fama: nulla.

Dopo varie ore di ricerca, Skye arrivò alla conclusione che l’unica cosa cambiata nella vita di Bathory era che dai ventisette ai trentatre anni aveva avuto una fidanzata che, poi, probabilmente aveva o lo aveva lasciato, in quanto non compariva più al suo fianco negli eventi mondani.

Che Kadosh si sia dato al male per una delusione d’amore? –Si chiese Skye, stupendosi lei stessa di formulare un’ipotesi così assurda e romanzesca. Decise comunque di fare una rapida ricerca sulla giovane di cui, prima, non si era affatto curata.

Appena guardò meglio una delle foto in cui Bathory appariva con la fidanzata, Skye ebbe un sussulto e si affrettò a ricercarne il nome per avere una conferma che non tardò. Decise che doveva avvisare Coulson immediatamente.

Quindici minuti più tardi, Afdera era seduta su una seggiola di fronte alla scrivania di Coulson che la guardava con rammaricata severità; in piedi, in un angolo, c’era Fury, il cui occhio incuteva terrore; infine c’era anche Skye con il tablet tra le mani.

Afdera …” esordì Coulson “C’è qualcosa che hai omesso di dirci su Kadosh?”

La ragazza rifletté, forse intuendo in parte la situazione; rispose freddamente: “Nulla di rilevante.”

“Sicura?” la incalzò lo zio “Nulla nemmeno sul rapporto tra voi due?”

Lo sguardo di Afdera fu come attraversato da un fulmine; iniziò a farsi triste e disse: “Tra me e Kadosh c’è sempre e solo stata guerra. Tra me e Ispas, invece, le cose erano diverse ma, ormai, non ha più importanza …”

“Io credo ne abbia.” insisté CoulsonSkye ha trovato articoli su di voi! Siete stati fidanzati per sei anni, sei! La gente dava per scontato che vi sareste sposati! Perché non l’hai detto subito? Esigo delle spiegazioni o riterrò di non potermi più fidare di te.”

“Zio …” gli occhi di Afdera si colmarono di lacrime e, trattenendo a fatica il pianto, cominciò a dire: “Avevo quindici anni quando lo conobbi, a uno dei raduni di maghi, il primo a cui partecipai. Ero sola, non conoscevo praticamente nessuno, lui mi vide smarrita e si offrì di farmi compagnia, di spiegarmi come si svolgessero le cose, mi presentò alcune persone e mi stette accanto per tutti i giorni del raduno. Rimanemmo in contatto, scrivendoci lettere e riuscendo anche a vederci qualche volta e questo andò avanti per un paio d’anni, durante i quali ci innamorammo l’uno dell’altra e, così, alla fine, decidemmo di fidanzarci. Certo la nostra relazione non era delle più consuete ma, nonostante la distanza e il vederci solo per qualche mese all’anno, durò. Due anni fa, attendevo con ansia il raduno di maghi, poiché da tre mesi non vedevo Ispas e sapevo che ci saremmo incontrati lì; nelle ultime lettere aveva manifestato grande felicità per alcuni progressi fatti nelle arti occulte e mi annunciava che aveva in serbo una sorpresa per il raduno. Quando venne il giorno, però, le cose non furono come me le aspettavo. Ispas arrivò … o, meglio, si presentò Kadosh. Farneticò sul potere, sulla dignità e la grandezza di chi sa usare la magia e molte altre cose. Si pose come una sorta di profeta, dando una dimostrazione pratica del proprio potere su chi osò contraddirlo. Anch’io lo affrontai, volendo farlo ragionare, ma non esitò a farmi del male. Quella notte, probabilmente, avrebbe guadagnato molti seguaci, se non fosse intervenuto il Dottor Strange.” fece una lunga pausa “Da allora per me divenne una questione personale frappormi tra Kadosh e i suoi obbiettivi. Io mi ripeto spesso che Kadosh non è realmente Ispas, che deve essere stato posseduto da qualche spirito o che so io … tuttavia  non ho nemmeno un indizio che possa avvalorare la mia tesi. È sempre stato un uomo ambizioso, desideroso di mostrare la sua abilità, però … Io non gli ero vicina quando da Ispas si è trasformato in Kadosh, io non so cosa gli sia accaduto …” era affranta, stava quasi per abbandonarsi al pianto, mai poi bruscamente si ricompose e disse con decisione: “Non c’è dubbio, però, che per me Kadosh sia un nemico! Io agisco in armonia con l’ordine universale, sono al servizio di Maat; lui, al contrario, ha deciso di pensare solo al potere, nella sua forma più pura, ossia il kaos, il Nun.”

“Quest’ultima faccenda non mi è chiara, ma il resto sì.” disse Coulson, dopo aver ascoltato attentamente “Ti darò ancora fiducia, ma non devi più nasconderci nulla, intesi?!”

“Sì … grazie …”

Afdera si alzò e uscì dall’ufficio; Fury la seguì e le chiese: “Perché non mi hai detto tutto, subito?”

“Non è piacevole ricordare ed è una verità che ancora fatico ad accettare.”

“È stato difficile, per te, rivederlo, l’altro giorno?”

“Sì, com’è sempre difficile pensare a lui. Io, nella mia mente, ho nettamente separato Ispas da Kadosh, ma non so se questa distinzione esista davvero e, quando me lo trovo davanti, sono ancora affascinata, intenerita …”

“Ti senti in colpa per non esserti accorta prima di quel che stava accadendo, di quello che era realmente?”

“Abbastanza …” ammise la ragazza, sconsolata, continuando a camminare per i corridoi, senza sapere dove andare.

“È questo senso di colpa che ti ha spinta a combatterlo?”

“Anche.”

“Tu pensa che io non mi ero accorto che oltre metà dei miei collaboratori, anche quello che per me era un amico da decenni, erano in realtà agenti dell’HYDRA che non hanno esitato a cercare di uccidermi!” cercò Fury di sdrammatizzare in un qualche modo “Non mi sono però demoralizzato e ho continuato la mia battaglia … Tu stai facendo altrettanto. Pensa al presente e al futuro e non piangere il passato. Gli errori devono essere ricordati e farci da monito, ma i rimorsi debbono essere scacciati, poiché non fanno altro che appesantirci, provocarci dolore e quindi ci distraggono dai nostri obbiettivi, ci rendono meno lucidi e non ci permettono di affrontare al meglio le nuove sfide. Il passato deve insegnare, non condizionare. Devi accettare quanto accaduto e parlarne se ti aiuta a superare il dolore e il rimorso. Pensaci; se hai voglia di parlare, Phil ti ascolterà di certo … e anch’io.”

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