The child of the moon

di JuliaSnape
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Waiting for ***
Capitolo 2: *** Logic chess ***
Capitolo 3: *** Tears and vials ***
Capitolo 4: *** Between nightmares and reality ***
Capitolo 5: *** Falling down ***
Capitolo 6: *** Burning heart ***
Capitolo 7: *** Memory of a Dream or Dream of a Memory ***
Capitolo 8: *** Just a pray in the darkness ***



Capitolo 1
*** Waiting for ***


The child of the moon

 

Waiting for

Al mio papà             
 

“Aspetta qui, torno subito.”

La ragazza annuì senza convinzione guardandosi intorno come se fosse la prima volta che vedeva l’aula, vuota, di Trasfigurazione, ma in realtà non stava studiando la planimetria della stanza, era solo persa nei suoi molteplici pensieri.

Non era colpa sua, non potevano accusarla di nulla. Del resto l’avevano anche fermata prima che potesse agire, non avevano prove, sebbene fosse evidente, che l’avrebbe fatto veramente.

Sbuffò sedendosi al primo banco, poggiando la testa sul braccio.

Non ne poteva più.

La scuola che fino all’anno precedente ( il suo primo anno a Hogwarts) l’aveva finalmente fatta sentire libera e a casa, ora era diventata solo una nuova prigione. A casa i problemi (sebbene sarebbe più corretto dire IL ‘problema’) non mancavano e adesso anche qui si sentiva un’estranea.
Avrebbe voluto fuggire, ma oltre che non avrebbe mai abbandonato sua madre, la domanda era per dove. Tante volte ci aveva fantasticato su, da un’isola abbandonata a un casetta dispersa in montagna, qualunque alternativa sarebbe andata bene, purché si allontanasse…ma a quanto pare i problemi la seguivano lo stesso, quindi era inutile perfino fuggire.

Scosse la testa quasi con noia mentre tamburellava con un dito sul banco.

Fredda e distaccata.
Così erano le Serpi, così doveva essere, così doveva sembrare anche se non lo era.

Le bastò un'occhiata veloce al suo braccio coperto dalla divisa per avere un sussulto impercettibile.
No. Non era nulla. Non era successo nulla. Stava bene e del resto ormai erano passati quasi tre mesi, non c’era neanche più traccia dei segni.
Il dolore però sì, quello c’era, ed era sempre lì insieme alla paura.

Si morse distrattamente l’interno della guancia.

Evadere, anche dai suoi pensieri, era questo il trucco, altrimenti l’avrebbero assorbita fino ad arrivare ad un punto di non ritorno e non poteva permetterselo o almeno non ancora. Mancava ancora un mese, avrebbe avuto tutto il tempo per preoccuparsi.
Un mese per lei, certo, ma sua madre? Un’ombra le  attraversò il volto senza che se ne accorgesse. Non poteva smettere di pensare a lei, non poteva ignorarla come faceva con se stessa, no, ma che fare?

Infondo era lei che si era scelta il suo destino, era lei che aveva deciso di percorrere quella strada senza uscita, era solo colpa sua…immediatamente si morse la guancia con tanta forza da provocarsi un piccolo taglio, mentre gli occhi le diventavano lucidi.
Come poteva avere quei pensieri? Come poteva dare la colpa di tutto a sua madre? Era forse impazzita del tutto??
 
Il cigolare della porta la fece sobbalzare.

Fece appena in tempo ad asciugarsi gli occhi e rindossare la sua maschera di freddezza noncurante, quasi da sembrare strafottente, quando lo vide.
Non si era fermata molto a pensare, come invece di solito faceva, a quello che sarebbe accaduto di lì a poco, era convinta che la McGranitt fosse andata a vedere se il preside fosse disponibile per poterle ricevere. Gli avrebbe rapportato quello che lei aveva quasi (però non) fatto, per poi farle un lungo discorso al termine del quale, forse l’avrebbero punita, però finendola comunque lì.

Quello che invece non si aspettava, sebbene fosse più prevedibile, era di vedere arrivare la professoressa seguita dal suo Capo Casa, che avanzava verso di lei decisamente arrabbiato, scuro in volto, provocandole  un brivido lungo la schiena.




 

L'angolo di Julia

Salve a tutti quelli che arriveranno (se ci arriveranno) fin qui, questa storia è nata diversi mesi fa da un sogno (influenzato, credo da una fan art che vidi il pomeriggio) come molte delle mie storie, però a differenza delle altre che ho scritto finora credo che questa sia più ‘completa’ sotto molto punti di vista, ma diamo tempo al tempo…nel mentre spero che possiate divertirvi a leggerla e seguirla, nella speranza che vi piaccia x3 e vi invito a lasciarmi una recensione, sia positiva che negativa, per farmi sapere che ne pensate :)

Il cognome della protagonista è preso dalla celebre canzone dei Beatles, così come altre cose che vedrete più avanti, mentre i capitoli non sono lunghissimi a posta, perché spero così di aggiornare più frequentemente.

Intanto vi ringrazio per essere qui e ne approfitto per ringraziare le persone che mi stanno sostengono in questa storia così come in altro:
di conseguenza la mia nuova beta e amica Dafne <3,
Grazia (Mmmaya <3 ),
Selene,
Raffaella,
Rem ed Elyl
e soprattutto la mia famiglia.

A presto ;D

JuliaSnape

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Capitolo 2
*** Logic chess ***


Logic chess




“…E sono arrivata giusto in tempo per fermare la signorina Rigby che stava per colpire con un incantesimo la signorina Richmond e le sue compagne.
Se  non avessi usato un Expelliarmus tempestivamente, non so cosa sarebbe potuto accadere.”

L’uomo non disse niente in risposta alla donna che gli stava spiegando per la terza volta quanto era accaduto.
La causa dello sgomento della professoressa era che tutte le ragazze in questione appartenevano alla stessa Casa, infatti se era noto che tra due schieramenti diversi potevano nascere dei disaccordi (come accadeva frequentemente tra Grifoni e Serpi) culminanti spesso, ma da evitare, in lotte magiche o altro, allo stesso modo era risaputo che ogni Casa di Hogwarts faceva il possibile per collaborare e fare squadra, indipendentemente da quanti contrasti interni potessero esserci.

Era raro, veramente raro, che ci si trovasse in una situazione del genere, perché questo voleva dire che non c’era coesione all’interno del gruppo e questo costituiva  una possibile ‘minaccia’ per tutti i componenti che ne facevano parte. La situazione andava arginata e risolta, però la Casa in questione non era la sua, ma del collega, quindi spettava a lui porre rimedio all’intera faccenda, facendo altresì conto, che per una fattura di troppo (e volontaria) a discapito di un altro alunno, si poteva rischiare l’espulsione seduta stante.

Piton da parte sua non sembrava particolarmente colpito dall’accaduto né preoccupato per tutte le ragioni sopraelencate che affliggevano la McGranitt, no, sembrava solo…irritato.

Anche per questo da quando era arrivato non aveva smesso di fissare torvo la ragazza che, dal canto suo, ricambiava il suo sguardo impassibile.

“Cosa è successo?” Le chiese all’improvviso standole a pochissimi passi di distanza mentre lei era ancora seduta.

“Gliel’ha appena detto la professoressa, mi pare.”
Incrociò le braccia, facendo attenzione a quello sinistro, continuando la sua recita.

“Peccato che io lo abbia chiesto a lei, perché forse è proprio da lei che esigo una risposta.”

Il tono dell’uomo era talmente autoritario e tagliente, che per un momento la ragazza si trovò quasi smarrita, ma rispose tenendo un tono asciutto.

“Ho quasi affatturato Deborah Richmond.”

Non c’era pentimento in quelle parole e, se c’era, era solo quello di non essere riuscita a completare l’incantesimo, in fondo quella presuntuosa si sarebbe trovata bene schiantata contro il muro con dei capelli verdi smeraldo e delle api in testa al posto della sua chioma platinata.

“E perché lo ha fatto?”

Perché è una persona orribilmente falsa che si approfitta della gente finché le fa comodo, perché va sempre contro chi è più debole o ha qualche problema, pur di far vedere quanto sia migliore, perché si inventa moltissime cavolate.

Perché aveva iniziato a parlare della sua famiglia, perché aveva messo in mezzo sua madre.

“Perché mi andava.”
E alzò le spalle come se fosse noncurante, la McGranitt la fissò allibita mentre Piton diventò furente.

“E questa secondo lei è una buona ragione per provare ad affatturare qualcuno? Ha idea di quello che sarebbe potuto accadere se la professoressa non l’avesse fermata?? Se ne rende conto o no?”

La ragazza non rispose, scura in volto mentre il tono dell’uomo si riabbassò, risultando, se possibile, ancor più minaccioso.            

“ Potrei mandarla a casa stasera stessa, come vacanza anticipata, ma senza bisogno che torni qui dopo Natale. E’ in mio potere, sappia che non esiterò a farlo se me ne darà ulteriormente motivo. Per ora mi limiterò a mandare un gufo alla sua famiglia per informarla della sua condotta.”

Jade non parlò, evito perfino di guardarlo, fissava un punto indefinito sul banco, provando a controllare la sua rabbia. Era stata una stupida, lo sapeva, ma non ne poteva più di quelle ochette, era brava a sopportare, ma alla fine esplodeva.  E non poteva permetterselo. Né per lei, né per sua madre. Doveva essere forte.

Vedendo che la ragazza continuava a non dire nulla divenne ancora più glaciale.  

“Proprio un bel regalo di Natale anticipato. Scriverò anche se è possibile avere un colloquio visto che i suoi voti stanno diventando scarsi al paro della sua capacità di ragionare. Lanciare un incantesimo pericoloso perché ‘va’… senza dubbio c’è una recondita logicità  in questo.”

“ Ero arrabbiata per com’era andato il compito di Incantesimi e loro si stavano vantando dei loro voti.”

La cosa non era del tutto vera, anzi, proprio per niente, la materia di Vitious era una delle poche, insieme a Pozioni, in cui andava abbastanza bene ciononostante il piccolo professore non voleva farla dormire sugli allori e per questo all’ultimo compito le aveva messo solo una C. Si aspettava un voto più alto, ma non era quello il motivo da cui era scaturito il tutto, non scattava per così poco, però non importava, voleva mettere fine il prima possibile alle molteplici critiche del professore.
Non che le pesassero così tanto, era abituata a molto peggio, ma in quel momento non era in condizioni di sostenerle.

Minimizzare l’accaduto, prendersi la colpa, sminuirsi, erano ormai azioni abituali che aveva imparato a ripetere sempre con più frequenza. Poco importava se stava male, non doveva sembrare così e in ogni caso, tanto se lo meritava, era colpa sua.

Chiuse gli occhi per un frammento di secondo avendo un flash e riaprendoli subito dopo, ma era tardi, lui l’aveva vista, anche se non se n’era accorta.

“Quindi è solo per questo che hai provato a colpirla? Eri gelosa del loro risultato?” Chiese la McGranitt parlando per la prima volta da quando era iniziato il discorso con la ragazza.

“Sì. Se ne stavano vantando e non le sopportavo più.” L’ultima parte, era di sicuro la più vera.

“Non è comunque un buon motivo per provare ad affatturare delle tue compagne di corso, soprattutto di Casa…vero Severus?”

L’uomo continuava a guardare la ragazza, aveva qualcosa che non andava, non per quanto aveva fatto, ma per come si comportava; era troppo…tranquilla, forse? O almeno in apparenza, ma per uno abituato come lui ad assumere certi atteggiamenti per nascondere altro, la cosa non poteva passare sottobanco come niente fosse.


“Ovviamente no. Dieci punti in meno a Serpeverde e stasera alle 18 l’aspetto puntuale nel mio ufficio.”

La ragazza stava quasi per rilassarsi quando quello aggiunse:
“…Anche perché la versione delle sue compagnie con combacia con la sua.”

Ecco quello che aspettava, la piccola Serpeverde ebbe per un attimo una fremito di preoccupazione nei suoi occhi, subito però cancellata da uno battito di ciglia che le fece subito riassumere un atteggiamento composto.

“Perché, loro che dicono?”

“La loro versione.”

E detto questo uscì dalla stanza.










L'angolo di Julia

Eccoci al nostro appuntamento settimanale (?) con questa storia…avrei aggiornato lunedì, ma grazie a qualcuno (santa beta Dafne da Hogsmeade) abbiamo temporeggiato fino ad oggi. Ben ritrovati in ogni caso :) spero che questo capitolo vi sia piaciuto (ho già scritto fino al 4° e questo per me è il peggiore, ma dettagli *COF*) e che possiate dirmi che ne pensiate tramite recensioni :)

Colgo anche l’occasione per ringraziare chi segue:
- CodaViola
- Forelsket
- Gaia_raggiodiluna_Piton
- Lonely Heart
- valepassion95
- _Lils_

Chi ricorda:
- Severus il Gryffindor
- _JTR_

E soprattutto chi preferisce <3 :
-Gaia_raggiodiluna_Piton [Contatta]
- Queen of the Night

E recensisce:
- Lonely Heart
- CodaViola
- Forelsket
 

Grazie davvero a tutti :D
A presto,
Julia
Snape
 

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Capitolo 3
*** Tears and vials ***


Tears and vials





Erano le 17 e 55 quando la ragazza si fermò davanti alla porta dell’ufficio del professore.

Avrebbe dovuto bussare, ma non sapeva se egli avrebbe gradito o meno il suo anticipo, così si prese qualche istante per riflettere sul da farsi quando la voce bassa e profonda dell’uomo che la invitava ad entrare, le tolse tutti i dubbi.

Non era mai entrata nell’ufficio dell’uomo fino a quel momento, ma dovette riconoscere che era meno cupo di quanto avesse potuto immaginare.
Per quanto concernesse degli animali di varie fattezze e dimensioni galleggianti in dei barattoli e delle ampolle sparse sulle mensole qua e là, si poteva dire molto simile all’aula di Pozioni che la fiancheggiava.  
Tuttavia si distingueva da essa sia in grandezza (era molto più contenuta) sia per l’assenza di banchi e sedie, sostituiti da un’imponente scrivania che faceva da angolo  a una libreria ben fornita.

Solo quando il professore parlò notò che accanto a lui vi era anche un piccolo tavolino con sopra tantissime fiale e un grande quaderno con un calamaio e piuma pronte all’uso.

“E’ in anticipo vedo.”
Il tono era così inespressivo che non seppe dedurne se fosse contrariato o meno.

“Buonasera professore…mi dispiace per oggi.”

Era vero, nonostante non si pentisse di quello che stava per fare era comunque dispiaciuta per aver fatto arrabbiare il professore, per aver deluso il suo Capo Casa.

“Lo spero bene, il suo comportamento è stato inaccettabile, ma le scuse non la salveranno di certo dalla sua punizione in merito.”

La ragazza rabbrividì ascoltandolo, per lei quella parola aveva un significato molto più vasto e intenso. Severus non mancò di notare la sua reazione, ma annuì mentalmente compiaciuto dell’effetto di soggezione che induceva nei suoi alunni.

“Pensa forse di non meritare questo castigo?”

“No, signore…”

Era sempre colpa sua, sempre.

“Bene allora, visto che oggi sembrava così propensa a usare incantesimi che non le competono contro i suoi compagni, ora catalogherà questi flaconi, scrivendo il loro nome e di cosa sono composti; per poi, in seguito, riporli in ordine alfabetico sugli scaffali. Il tutto senza una macchia d’inchiostro fuori posto e soprattutto –tese una mano verso di lei chiamando l’oggetto a sé- l’uso della bacchetta naturalmente.”

Aspetto che la ragazza potesse in qualche modo protestare, ma poiché non avvenne continuò.

“Forse questo le farà imparare una volta per tutte che certe cose vanno affrontate direttamente e non con l’ausilio della magia.”

Fissò la fanciulla con uno sguardo ancora pieno di rimprovero, ma sebbene quella ricambiasse la sua occhiata notò che non lo stava realmente guardando.
Jade non era capace di sostenere il suo sguardo, come quello di qualunque altro adulto del resto, ma questo il professore non lo sapeva e quel gesto sebbene non imputabile (non poteva accusarla di non guardarlo direttamente ) lo indispettiva.

Fece per allontanarsi verso la scrivania per correggere i compiti dei Tassorosso del quarto anno, quando quella lo fermò.

“Professore…”

“Sì, deve catalogarle tutte, nessuna esclusa e sappia che se non finirà entrò stasera continuerà  a venire tutti i giorni dopo le lezioni finché non avrà terminato il suo lavoro. E non posso garantirle che nel mentre non aumenteranno le fiale.”

“No, no, professore, io…io le volevo solo chiedere se…se ha già mandato il gufo a casa, ecco.” Finì di parlare quasi in sussurro a testa bassa, per poi riprendersi e guardare verso il suo mantello scuro.

“Non credo che ora dovrebbe preoccuparsi di questo, avrebbe potuto pensare prima all’esito delle sue azioni.”

‘Sapesse quante volte ci ho pensato professore…’

“Inoltre mi sembra di aver detto che lo avrei fatto e mi vanto di saper mantenere la parola data. Bisogna imparare a prendersi le responsabilità di quanto si fa, signorina Rigby.”

‘Non è per me professore! Non mi preoccupo per me!’
Gli avrebbe voluto gridare contro con tutto quanto il fiato che aveva in gola, ma invece si sedette sottomessa mentre le si inumidivano gli occhi.

Piton la fissò ancora un po’ per poi mettersi al lavoro anche lui e proferire solo poco dopo.

“Non so se si rende conto della gravità del suo gesto, ma piangere ora di certo  non serve a nulla. Aveva solo da pensarci prima.”

“Io non sto piangendo!”
Disse energeticamente la ragazza alzando di colpo lo sguardo sebbene avesse gli occhi leggermente rossi.

Piton alzò un sopracciglio, ma si trattenne dal sottolineare quella verità evidente.

“In primis, non si permetta di rispondermi così. E poi cosa si aspettava, di affatturare qualcuno o anche solo provare a farlo senza che la scuola avvertisse quantomeno i suoi genitori?”
La voce del professore subì un climax mentre la rimproverava mentre quella rimase in silenzio.

“Mi risponda quando le pongo una domanda!”

Era giusto, lei lo sapeva, quello che però non riconosceva come tale erano le conseguenze di quel gesto…l’arrivo di un gufo a casa sua sarebbe stato molto pericoloso. Però lo sarebbe stato maggiormente se avesse spiegato al professore i ‘perché’ di questo, per cui minimizzò, come faceva sempre.

“Ha ragione.”

“Sono grato della sua perspicacia e del suo acuto modo di interloquire, signorina Rigby, senza elementi come lei non so come la nostra nobile Casa potrebbe andare avanti.”
Jade si trattenne dal rispondere che invece fosse una fortuna che l’evoluzione della specie non dipendesse da quelli come lui e Deborah o l’essere umano sarebbe rimasto allo stadio di primate. Aveva sempre avuto stima nei confronti del uomo, ma adesso stava arrivando a detestarlo.

“Ha altro da aggiungere?”

“No, professore.”

“Allora torni al lavoro.”
 
La ragazza annuì e intinse la piuma nel calamaio perdendosi nei suoi pensieri.
 

 




 
 



L’angolo di Ja---Julia

Ciao a tutti :D scusate se aggiorno solo ora (linciate la beta, non l’autrice <3 ), spero che questo capitolo vi sia piaciuto, come dicevo l’ultima volta non mi faceva impazzire, ma…ho trovato i miei motivi per saperlo riapprezzare.

*Spolierchenonèunospolier* LIBRERIA *finespolier che non è uno spolier*

A parte gli scherzi, ringrazio tutti quelli che seguono, preferiscono e ricordano, ma soprattutto recensiscono ;)

I prossimi capitoli sono in fase di betaggio (come sempre grazie a Dafne <3 ), quindi spero di aggiornare presto, intanto grazie nuovamente per essere arrivati fin qui e buon rientro scolastico a tutti gli studenti! (Tra cui la sottoscritta che ha mancato per l’ennesima volta il treno per Hogwarts…).

Ciao!


JuliaSnape

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Capitolo 4
*** Between nightmares and reality ***


Between nightmares and reality






Si diresse stancamente verso la camera da letto quando, proprio da quella, uscì Deborah Richmond nel suo costosissimo pigiama verde smeraldo della collezione Smeraldynes.

Appena la vide, la bionda fece una faccia stupita, quasi impaurita, che però si trasformò subito in un ghigno.

“T’oh, guardate chi s’è degnata di venire in camera! Allora come stai Jay-Jay? Soddisfatta di averci fatto perdere i punti oltre che avermi quasi schiantata?”

Alcune ragazze iniziarono ad accerchiarle per assistere alla scena.

Jade non rispose che non era soddisfatta perché non aveva completato l’incantesimo. Non le disse che era una carogna e che quel pigiama sarebbe stato bene a un’adolescente ben piazzata piuttosto che a una bambina con così tanta voglia di esaltare qualcosa che non aveva.

Non le disse di piantarla  e lasciarla in pace.

“Cosa c’è, Piton ti ha fatto un incantesimo di Languelingua per caso? Oppure ti sei resa conto di quanto tu possa essere deficiente, eh piccolo mostriciattolo?”

Rimase zitta  a fissarla, il trucco era non cedere, se avesse reagito sarebbe stato peggio.
Era sempre così, oggi ne aveva avuto solo l’ennesima conferma e le bastava.

Fece per passare, ma il gruppo delle altre ragazze glielo impedì.

“Eppure stamane sembravi avere così tante cose da dire quando ti ho toccato la tua mamma… hai già cambiato idea?”

“Lasciala stare.”
Usò il tono più profondo e imperioso che avesse, provando nel mentre a dominarsi e a sublimare le sue emozioni, impresa resa doppiamente difficile dalla fanciulla che, non aspettando altro che una reazione, sorrise compiaciuta.

“E chi me lo impedisce? Lo sappiamo tutti che girano più storie su di lei che su Madama Rosmerta…”

Jade si sentì avvampare le guance, fece per prendere la bacchetta e puntargliela contro quando un Prefetto s’intromise.

“Signorine, l’ora di andare a letto è passata da un pezzo e  mi pare che oggi abbiate già provveduto a farci perdere abbastanza punti. Se non la piantate di questi continui battibecchi informerò il professor Piton, sappiatelo. Non so se un anno vi sia già bastato per capirlo, ma  non è il tipo da farsi remore a espellere gli elementi di disturbo.”

“Non è colpa mia Rodolf, è lei che continua a darmi fastidio, oggi mi ha quasi schiantato!”

Il prefetto guardò severamente la figura della piccola ragazza bruna medio bassa che faceva da contrasto alla bionda slanciata.

“Sono già stato informato al riguardo. Ora però andate a dormire, è tardi per tutti.”
E con questo le congedò.

Quando entrarono nel dormitorio erano tutte in piedi ad osservare la scena indossando i loro pigiami. L’unica che
ancora non lo portava era la nostra protagonista, che con apparente noncuranza, lo prese dalla sua valigia e fece per andarsi a cambiare in bagno mentre un brusio di sottofondo accompagnava la sua uscita.

Si chiese se doveva essere felice del cambiamento repentino dall’essere totalmente ignorata al totalmente  umiliata.

Solo quando si chiuse in bagno e aprì forte il getto del lavandino trovò il coraggio di rannicchiarsi in un angolo e scoppiare a piangere, ringraziando che almeno quella stanza, era silenziata.


*



Quella notte non dormì quasi per niente, ogni volta che provava a chiudere gli occhi le si formava davanti la sua brutta faccia arrabbiata che le urlava contro come premessa di quanto sarebbe accaduto nell’immediato.

Ma anche se si sforzava di restare sveglia quelle immagini di degrado e violenza non la abbandonavano, erano sempre lì. In particolare quella notte la sua mente si era fissata con il volto di sua madre, l’espressione di paura e stanchezza che aveva il giorno prima della sua partenza per Hogwarts, quello che un tempo era un bel volto ora era tutto pieno di segni e lividi.

Rabbrividì al pensiero di sapere come stava ora che lei era lontana.

Diceva che quando c’era lei lì con loro lui era più colerico, come se si sentisse geloso della sua presenza, per questo scattava di più, ma le assicurava che quando era scuola lui era tranquillo.

Jade avrebbe voluto tanto credere alle parole che sua madre le diceva per tranquillizzarla, ma non poteva.
Sapeva in che stato era quando la lasciava e quello in cui la trovava quando tornava a casa, nessuno dei due era confortante. Si rigirò tra le coperte mentre le si rinumidivano gli occhi.

Non era giusto, non lo era affatto.

Avrebbe fatto di tutto per poter cambiare la situazione, per fare in modo che non succedesse, per salvare sua madre. E invece che faceva di concreto per aiutare? Reagiva agli attacchi di quelle oche senza arte né parte.

A quell’ora il gufo che Piton aveva mandato a casa loro era sicuramente arrivato.
Se si sforzava riusciva persino a vederlo, era uno di quelli della scuola, grigio e con delle merlettature a scacchi, volava sicuro nella sera e, appena trovata la strada, planava diretto davanti la loro modesta casetta.

Sua madre stava sicuramente lavando i piatti di quella che poteva essere stata una buona cena, ma sicuramente disgustosa a detta dell’uomo;  del resto da una come lei che si poteva ottenere di più? Era una strega in tutti i sensi, non sapeva fare di nulla di buono, che fosse il cibo, pulire o il bucato.

All’inizio non avrebbe notato l’animale, poi il picchiettio al vetro di quest’ultimo avrebbe attirato la sua attenzione, facendola sbiancare. Avrebbe passato qualche secondo immobile, come in stato di choc, poi avrebbe aperto la finestra e preso la missiva, leggendola e scuotendo la testa con rammarico. Forse avrebbe avuto appena il tempo di provare a nasconderla che sarebbe arrivato  l’uomo per chiederle cosa stava facendo, visto che non sentiva più scorrere l’acqua. Vedendo la pergamena avrebbe chiesto spiegazioni, lei non sarebbe stata in grado di inventarne di convincenti sul momento e lui con uno schiaffo sordo in pieno viso le avrebbe detto di non mentire prendendogli, subito dopo, la carta di mano.

Avrebbe letto e sorriso subito dopo.

Sì, sorriso con quel suo ghigno cattivo, sbeffeggiatorio, che ti faceva capire che il peggio stava per arrivare.
Le avrebbe chiesto se fosse fiera di sua figlia, che era un rifiuto della società come suo padre (che lui manco aveva conosciuto…), che non era stata in grado neanche di darle un’educazione e che oltre ad essere una frana come moglie e donna faceva schifo anche come madre.

Dopo averla umiliata avrebbe iniziato a colpirla senza pietà, conscio della punizione peggiore che era riuscito a infliggerle: la consapevolezza che lei pensava davvero di meritarlo.

Con quei pensieri la ragazza si era addormentata venendo pervasa da incubi e lacrime copiose che erano andate a trovare la loro fine adagiandosi sul suo cuscino.









La libreria ad angolo di Pit--Julia

Buon pomeriggio a tutti, mi dispiace se aggiorno solo ora ma ho avuto dei contrattempi...scusatemi davvero, non era mia intenzione farvi attendere così tanto.

Per farmi perdonare però ho unito il 4 e 5 capitolo, sperando di farvi felici (il 6 è pronto, va solo betato, vero Dafne?? -grazie come sempre-) mentre il 7 è in fase di revisione e l'ottavo è quasi ultimato.
Dico tutto questo anche se non vi interessa, perché di solito, nelle mie storie, scrivo capitolo per capitolo volta per volta, questa è la prima con qualche capitolo a mio-vostro- vantaggio xD

Sorvolando chiacchiere inutili, ringrazio come sempre chi segue, preferisce, ricorda e recensisce: in particolare Melpomene Black e Dark_nemesis che hanno recensito quello scorso. Continuate a dirmi cosa ne pensate, sapete che tengo alla vostra opinione :)

E una dedica speciale a Selene, che sono contenta di aver rivisto, sebbene sia stato solo per pochi attimi e un ulteriore dispiacere per lei...

A presto!

JuliaSnape

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Capitolo 5
*** Falling down ***


Falling down



“E con un accurato movimento del polso unito alla volontà e alla concentrazione potrete anche voi trasfigurare tranquillamente una teiera in un…signorina Rigby?”

E’ caduta dalla sua casa sull’albero, stava giocando a fare la scimmia o che so io…sì, doveva stare più attenta, io l’avevo avvertita.

“Signorina Rigby?”

…doveva stare più attenta, io l’avevo avvertita.

“Signorina Rigby si sente bene??”

Io l’avevo avvertita.

“Jade!”

La ragazza trasalì aprendo lentamente gli occhi.
“Mamma?”

Delle risate riempirono l’aula.

“Silenzio! Temo di no signorina Rigby, sono la professoressa McGranitt, come si sente?”

Il rumore dei bisbigli soffocati e i profondi occhi azzurri della sua insegnante di Trasfigurazione che la fissavano la riportarono alla realtà.

“Io…bene, credo.”

La donna la fissò attentamente quasi volesse penetrarle la mente.

“Il suo torpore è stato dovuto dallo scarso interesse che le ha suscitato la mia lezione o c’è altro di cui dovrei venire a conoscenza per giustificare il suo improvviso “sonnellino”?

La ragazza abbassò lo sguardo facendosi improvvisamente color cremisi.

“Mi dispiace tanto professoressa…scusi.”

“Per stavolta non si preoccupi, ma che non si ripeta.”
Disse guardandola con minore severità e notando per la prima volta le occhiaie che contornavano gli occhi della ragazza.

“Forse è meglio che vada un attimo a rinfrescarsi prima di riprendere a seguire…ma sappia che per la prossima volta esigo una relazione accurata sulla lezione di oggi, intesi?”

“Certo, professoressa, grazie”

E senza fermarsi a guardare le facce dei suoi compagni, che si stavano sicuramente prendendo gioco di lei per l’ennesima volta, fuggì fuori dalla classe rifugiandosi in bagno.

Aprì il rubinetto e iniziò a sciacquarsi ripetutamente la faccia.

Come poteva essersi addormentata?? Era completamente impazzita?

Sospirò guardandosi dentro lo specchio lì vicino; una ragazzina con dei capelli castano chiaro, mal pettinati per la fretta gli restituiva lo stesso sguardo spento, quasi impassibile.
Provò per un attimo a sorridere, ma fu costretta a risciacquarsi subito la faccia vedendo che gli occhi iniziavano a inumidirsi.


*


Quando arrivò nel ufficio del professore quella sera trovò ad attenderla le fiale che, come promesso, erano aumentate e pronte per essere catalogate.
L’uomo l’accolse con un freddo ‘Buonasera’ e da quando era arrivata non le aveva detto altro né dedicato uno sguardo, preso com’era a riporre dei vecchi tomi sulla libreria vicino alla porta.
Solo quando il silenzio fu diventato quasi surreale la ragazza trovò il coraggio per parlare.

“Professore?”

“Mi dica…”

“Posso sapere cosa le hanno detto…loro ?”

“Loro chi signorina Rigby? Le spiacerebbe sforzarsi di formare delle frasi di senso compiuto ogni tanto?”

La ragazza non si offese al commento, ma proseguì maggiormente decisa.
“La ‘versione’ di Deborah –allungò lievemente l’”h” apposta facendo una smorfia involontaria nel pronunciarla- e le altre…riguardo la vicenda di ieri.”

“E perché è così tanto interessata? Non basta che la professoressa McGranitt l’abbia colta in fragrante?”

No, non basta affatto, professore.
“Io…vorrei sapere comunque la loro versione.”

“Non la reputa veritiera?”

“Vorrei sentirla ugualmente se non le dispiace.”

Piton la guardò di sbieco tornando poi a far levitare dei libri, che sembravano molto antichi, sopra l’apposita mensola.
“La signorina Richmond mi ha riferito che uscite dall’aula vi siete scontrate per sbaglio e lei deve aver frainteso il suo scusarsi e chiedere notizie su com’era andato l’ultimo compito  per un modo per sbeffeggiarla davanti agli altri.”

La fissò con la coda dell’occhio per vedere la sua reazione, che fu uno sguardo dispiaciuto, volto di lato, subito rimpiazzato da uno vacuo.
Sapeva benissimo che c’era dell’altro, omesso o manipolato, ma se la ragazza non era la prima a volersi aiutare, lui non avrebbe potuto fare niente.

“Ha qualcosa da aggiungere o su cui dissentire?”

La ragazza si riscosse dai suoi pensieri guardando attentamente il mantello del uomo.

“No, solo…mi dispiace, non avrei dovuto perdere il controllo, mi scusi.”

L’uomo annuì appena facendole segno di tornare a lavoro, mentre lui continuava il proprio.

Piton aveva percepito la sincerità di quelle parole e, sebbene non completamente convinto, si costrinse a rivalutare i suoi precedenti pensieri. Jade Rigby non gli aveva mai dato troppi problemi, era una Serpeverde abbastanza dotata che si impegnava in ciò che faceva e, sebbene non l’avrebbe mai lodata eccessivamente per questo, sembrava avere una predisposizione per la sua materia, nonostante si distraesse spesso.

Eppure…arrivare a schiantare una sua compagna di Casa solo per un voto di Incantesimi? Inammissibile, certo, ma da lei non se lo sarebbe di certo aspettato. Mai fidarsi dell’acqua chete però, questo lo aveva imparato a sue spese nella sua adolescenza, quando Potter con i suoi ‘mi dispiace’ e improbabili scuse evacuava dalle situazioni con il sostegno del rognoso Black e il Mannaro.

Lupin non si sarebbe detto uno di loro e invece…sicuramente era la mente dei loro piani, ma eluso dalla maschera di ‘bravo ragazzo’ agli occhi dei professori.
Forse anche lei agiva così…chi poteva dirlo.

Scosse appena la testa con disappunto, posando l’ultimo libro e facendo per uscire dalla stanza.

“Professore…aspetti! Dove va?!”

La paura irrazionale che andasse a chiamare il preside per espellerla all’istante la fece alzare di scatto spostando leggermente il tavolo da lavoro che strusciò rumorosamente sul pavimento.

Il professore alzò un sopracciglio guardandola con severità.

“Vado a prendere degli strumenti nei miei alloggi, ma non credo di dovermi giustificare con lei o tanto meno rammendarle di finire diligentemente il suo lavoro senza toccare altro nella stanza, sbaglio?”

“No! Certo, io…scusi.”

Tornò rapidamente a sedersi china sul libro.

“E veda di scrivere in modo chiaro e comprensibile.”

Detto questo, uscì dalla stanza.

Una volta rimasta sola la ragazza posò la piuma sul libro riflettendo su quanto aveva appena sentito.

Deborah aveva proprio un bel coraggio a mentire così spudoratamente, ma era anche vero che sapeva che lei non avrebbe fatto la spia, non sapeva cosa le dava quella certezza, ma aveva ragione, lei non l’avrebbe mai denunciata a un professore o a qualcun altro. Ormai era abituata  a prendersi le colpe anche quando non erano sue e sebbene dentro si  sentisse morire, preferiva stare male lei piuttosto che causare un dolore, in senso lato, alla madre.

Ripresa la piuma finì di scrivere gli ingredienti di quella che, fortunatamente, era l’ultima fiala rimasta, ora le restava ‘solo’ il compito di riporle tutte in ordine alfabetico.

Per facilitarsi partì dal ripiano più basso e iniziò a sistemare tutte le boccette che iniziavano con la Z (la ‘Zacandra’, pozione che permetteva per qualche secondo di apparire più alti, gli rimase particolarmente impressa così come la Xlodite che, invece,  faceva venire una piccola voglia color oro sulla pancia ma era ottima come antidoto al veleno di raganella.) e non ebbe problemi fin quando non arrivò alla Pozione Restringente, infatti lo spazio dedicato alle ‘R’ era più in alto di quanto potesse arrivare anche stando in piedi sulla sedia.

Si fermò un attimo a riflettere, una scala sarebbe stata l’ideale ma non era ancora capace di trasfigurarne una, avrebbe potuto aspettare il ritorno dell’uomo, ma probabilmente questo l’avrebbe sgridata per inerzia e subito dopo le avrebbe snocciolato in maniera ovvia come fare. Non sapeva ancora come, ma avrebbe trovato il modo di farcela senza bisogno chiedere aiuto.

*


Piton, che si era dilungato nei suoi alloggi per rivedere alcuni appunti per la lezione del giorno dopo, quando aprì la porta avrebbe potuto aspettarsi di tutto -dal trovare la ragazza addormentata sul banco, come gli aveva riferito Minerva essere accaduto nella sua ora il giorno stesso, al vederla tutta sporca d’inchiostro- tranne vedere la ragazzina in piedi su una pila di libri, i SUOI libri, posti a loro volta su una sedia.

“SIGNORINA RIGBY.”

Accadde tutto in un momento, Jade sentendosi chiamare sobbalzò e scivolò sulla propria divisa che aveva posto sopra i tomi dell’uomo per non rovinarli; cadendo in avanti, però, si aggrappò istintivamente alla mensola della libreria che iniziò subito a cedere.
Piton, che nel frattempo si era ripreso dallo choc di vedere la ragazza sopra i libri che aveva collezionato negli anni con tanta cura, si protese subito verso di lei e la trasse violentemente a se per un braccio mentre il ripiano crollava facendo infrangere tutte le fiale sul pavimento.

Ebbero entrambi pochi istanti per capire cos’era accaduto, poi quando anche l’ultima sostanza color ambra si dissolse sul pavimento, Piton, che fremeva di rabbia, decise di posticipare quest’ultima (insieme alla sfuriata che avrebbe fatto alla ragazzina) per valutare le condizioni della Serpeverde.
Tuttavia, nonostante gli premesse conoscere se qualche vetro fosse arrivato a ferirla, l’uomo, che la stava tenendo ancora saldamente, non esitò a tirarla davanti a sé con una certa vemenza.

Jade, che si trovò improvvisamente faccia a faccia col professore, convinta che questo la volesse picchiare, si ritrasse immediatamente indietro provando al contempo a coprirsi la faccia col braccio libero.

Piton non si aspettava nulla del genere e vedendo la sua reazione, la lasciò all’istante avendo modo di notare, per qualche frazione di secondo, una cicatrice all’altezza dell’alto braccio della ragazza che era scoperto per via dell’assenza del mantello.

La Serpeverde, sentendosi libera dalla stretta, arretrò subito maggiormente, provando a mettere quanto più distanza possibile tra lei e l’uomo che continuava a guardarla in un misto di preoccupazione e sconcerto.

Era ormai giunta all’altezza della porta quando si rese conto che l’uomo non la stava né inseguendo, né urlando contro.
Si fissarono per alcuni interminabili istanti, Jade aveva gli occhi lucidi ed era spaventata, sembrava un cervo messo alle strette da un cacciatore che sta per sparare da un momento all’altro.

Piton la guardò ancora, poi azzardò a fare un passo verso di lei, che subito svelta scosse la testa e corse via celere.

Severus non provò a richiamarla, sapeva che sarebbe stato vano, aveva visto bene però, la ragazza portava una maschera, ma più grande e pesante di quanto avesse pensato.
Ora che ne aveva la certezza doveva scoprire cosa vi si nascondeva dietro.






Julia's (Pop)Corner

Buonasera a tutti, mi scuso davvero per il ritardo e per la stupidaggine che vi ho detto lo scorso capito, quelli che avevo detto essere 'pronti' erano lo scorso e parte di questo, il resto è, ormai, tutto da scrivere ancora, quindi il 'vantaggio' che avevo all'inizio è ufficialmente finito XD scusatemi davvero per il ritardo comunque...non era mia intenzione farvi attendere a tal punto, ma ho avuto vari problemi tra cui due compiti -fisica e matematica- nella stessa settimana, e vi assicuro che la matematica e tutto quello che riguarda i numeri è per me qualcosa di incomprensibile; siamo due cariche negative che si respingono XD

Come sempre grazie a Dafne, chi legge, segue, preferisce ma soprattutto recensisce :) spero che questo capitolo, seppur con tanta attesa, sia stato di vostro gradimento...o almeno a me è piaciuto scriverlo, iniziamo a inquadrare un po' meglio la situazione, quindi spero di sapere la vostra opinione ;)

A presto (sperando sia per davvero, stavolta...)

JuliaSnape

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Capitolo 6
*** Burning heart ***


Burning heart


Alla mia mamma,
(che è l'opposto di Eleanor)
 che tutti vorrebbero se si potesse scegliere
... però è solo la mia ♥
e degli altri due ♥




“E amalgamando l’occhio di vipera con gli artigli di un’idra di montagna, potrete facilmente creare un antidoto efficace contro gli effetti di un Pomrebin. Purché vi rendiate conto prima di essere sotto il suo effetto, altrimenti potrebbe essere troppo tardi e risultarvi fatale.”

Jade era china sul foglio a prendere nota delle parole dell’uomo senza mai alzare la testa, mentre il resto della classe seguiva impaziente la spiegazione, consapevole che quella sarebbe stata l’ultima lezione prima delle vacanze.  

Dopo quella sera non aveva più avuto modo né aveva cercato di parlare col professore. Si erano rincontrati solo ai pasti e alle lezioni ed in entrambe le circostanze lui non aveva sollevato l’argomento né espresso la voglia di rimanere nuovamente solo con lei.
Jade non aveva saputo interpretare la cosa, da una parte sperava vivamente che l’uomo avesse sorvolato l’intera vicenda ritenendola di poco conto ma, conoscendo il tipo, sapeva che doveva restare in guardia. Per questo faceva in modo di non attirare particolarmente attenzione su di sé.

Era partecipe e attenta in tutti i corsi, ma si vedeva bene dal trattenersi troppo a lungo nei sotterranei o in classe dopo le lezioni e tanto meno di fissarlo negli occhi mentre parlava alla classe.
Forse si era scordato o semplicemente aveva lasciato perdere la cosa, guardarlo una volta di più era rischioso, magari avrebbe significato ricordargli tutto il suo pasticcio con relativa fuga…

Aveva vissuto per alcune settimane con quest’ansia di fondo per qualcosa (un dialogo, un castigo o quant’altro) che l’uomo avrebbe potuto fare, ma arrivando all’ultimo giorno scolastico prima delle vacanze si consolò che ormai era andata.
Certo, una volta a casa avrebbe avuto altro di cui preoccuparsi, ma l’importante era che nessuna delle due situazioni andasse ad intaccare o incidere l’una sull’altra. Quanto a lei sarebbe andata avanti o ci avrebbe provato, come del resto faceva sempre…

La campanella risuonò mentre Piton si stava preparando per assegnare i compiti per i giorni di festa.
Jade si rese conto che aveva preso solo un quarto degli appunti di tutto ciò che aveva spiegato l’uomo e si rammaricò al pensiero che, probabilmente, l’assegnazione sarebbe volta proprio su quello.

“Quindi mi dovrete portare almeno otto rotoli di pergamena con sopra trenta righe minimo l’uno, con su scritto gli effetti negativi e benefici di questa pozione ed altre alternative utili per il medesimo scopo. Pretendo un lavoro approfondito e vi ricordo che vacanze non significa abbuffarsi –i suoi occhi dardeggiarono su un Corvonero piuttosto corpulento- e dimenticare il lavoro, ma prendersi una lieve, lievissima pausa per poi ricominciare a ritmo più conciso di prima. La lezione è terminata, arrivederci.”

Subito gli studenti si affrettarono verso la porta, ma in modo ordinato per non subire le ire dell’uomo. Jade, che di solito era una delle prime, fu ritardata da Deborah che passando accanto al suo banco lo urtò ‘per sbaglio’ facendole rovesciare l’inchiostro sui pochi appunti che aveva preso. La ragazza non commentò e fece il possibile per rimediare in più fretta che poteva.

Un’altra cosa che evitava per non essere nuovamente richiamata era di ignorare le prepotenze o gli scherzi di cattivo gusto delle compagne di Casa. Magari in seguito sarebbe intervenuta, ma adesso anche solo rispondere a voce avrebbe potuto crearle dei problemi.

Mentre gli ultimi compagni uscivano e i più ‘coraggiosi’ (o lecchini) Serpeverde porgevano al professore gli auguri di buone feste, Jade si sistemò la borsa in spalla e iniziò ad attraversare l’aula senza guardare in nessun punto preciso. Fu quando era nei pressi della seconda fila che l’uomo alzò gli occhi dal registro che stava compilando e le chiese:

“Le dispiacerebbe trattenersi alcuni istanti, signorina Rigby?”

Jade si fermò sul posto come gelata. Ecco, era troppo bello per essere vero, beccata all’ultimo, che tempismo!
Annuì lievemente e scoraggiata si avvicinò alla cattedra mentre alcune ragazze ancora sulla porta si diedero gomito per poi allontanarsi bisbigliando.

“Può sedersi al banco qui davanti, non voglio essere lungo ma vorrei stesse comoda.”

Jade eseguì venendo al contempo scossa da qualche brivido. Si era preparata a questa eventualità, doveva solo ripassare il piano.

Tranquillità, la parola chiave era quella.

“Intanto ha capito bene la lezione di oggi? La relazione che mi dovrete portare inciderà particolarmente con il vostro voto finale.”

“Sì, professore… credo di sì” Si domandava dove avrebbe potuto studiare, sul libro quella pozione non c’era e gli appunti erano ormai un bozzetto pietoso.

L’uomo alzò un sopracciglio.
La ragazza ‘credeva’, non sapeva dirgli con certezza se aveva memorizzato e capito delle nozioni spiegate fino a qualche momento fa.
Alzò le spalle come a sospirare, ma non lo fece. “In ogni caso è di altro che vorrei parlare con lei… riguardo il suo ultimo giorno di punizione”

Non l’aveva detto come una minaccia, anzi, aveva leggermente abbassato il tono di voce che, per quanto seria, sembrava meno fredda  e rigida del solito.
La ragazza si portò istintivamente la mano sul braccio -movimento che non sfuggì a Piton- nel sentire quella parola e non sapendo come decifrare la voce dell’uomo, annuì col capo e lo guardo coraggiosamente negli occhi.

“Non ero in me e volevo scusarmi per l’inconveniente, professore. Lo avrei fatto prima ma me ne vergognavo troppo, mi è dispiaciuto romperle tutte le fiale e cadere sopra i suoi libri, non era mia intenzione.”

“Lo spero bene.”

“Inoltre quando sono andata via ero… sconvolta. Per questo le dico che non ero in me. Neanche ricordo cosa è successo con esattezza.”
Esibì un sorriso imbarazzato per rendere tutto più ‘realistico’, mentre l’uomo la guardava incredulo, non sapendo se crederle o meno, sebbene molto più propenso alla seconda delle due.
Jade ce la stava mettendo tutta, la storia del resto filava, doveva solo mostrarsi coerente e tranquilla, come le era sempre stato insegnato.

“Che fosse sconvolta non avevo dubbi… però volevo sapere come si sente ora e –aggiunse guardandola negli occhi con particolare attenzione- com’è la sua situazione a casa al momento.”

Jade si impedì di deglutire, era previsto anche quello del resto.
“Io sto bene. Che intende per il resto?”

“Come va con la sua famiglia, che rapporti tiene con i membri… Torna a casa per le vacanze, giusto?”

Si trattenne dal chiederle se cucinavano qualcosa in particolare in vista delle feste, come invece gli era stato consigliato.
Provare a mettere a proprio agio gli alunni con domande inerenti al argomento principale, ma anche un po’ distanti da esso, per far si che parlassero tranquillamente. Molti professori ne erano capaci e lo usavano come metodo nelle proprie interrogazioni per tranquillizzare gli studenti, ma ovviamente Piton non era tra loro e gli costava fatica anche solo provarci. Ma lo aveva promesso a Silente, quindi eseguiva e soffriva in silenzio.

“Ho un buon rapporto. Con tutti loro.” Lo disse tranquillamente e sinceramente, del resto la sua famiglia era sua madre, Robert non ne faceva ne avrebbe mai fatto parte.

“E per Natale mia madre fa dell’ottimo Roastbeef con le patate al forno.”
Aggiunse quel dettaglio, nonostante fosse alquanto datato, per rendere la cosa più convincente. Piton, sebbene con un impercettibile sussulto, annuì percependo la verità in quella prima risposta… così come nella seconda del resto, ma di quella in realtà non provava particolare interesse (sebbene  il Roastbeef non lo disdegnava affatto come piatto).

Sospirò per poi guardarla nuovamente negli occhi.
“C’è qualcosa di cui vorrebbe parlarmi? Anche… non scolasticamente parlando?”

Jade si dovette contenere. Si fidava dell’uomo, era il suo Capocasa e, nonostante tutto, il suo professore preferito.  Gli avrebbe volentieri aperto il suo cuore (e stomaco, che le doleva come non mai), ma sapeva bene di non poterlo fare. Non poteva tradire sua madre.

“No… niente.” Niente che potrebbe fare in ogni caso… mi dispiace.

L’uomo annuì ancora e chiuse il registro.
“Se è così, ora può andare. Presumo che dovrà ancora finire le valigie e non c’è più troppo tempo a disposizione.”

“Sì, comunque… grazie professore.”

“Nulla. Buon viaggio signorina Rigby e si ricordi di studiare bene.”

“Sarà fatto, arrivederci professore.”

Uscì dall’aula con gli occhi lucidi. Non era successo nulla, eppure sentiva addosso una grande voglia di piangere. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per liberarsi di quel macigno che le scavava dentro distruggendole il cuore.
 
***
 
In treno non riusciva mai a dormire e mentre due ragazze tassorosso del primo anno approfittavano del viaggio per riposare, lei ripensava al dialogo avuto col professore. Alternò il tempo guardando fuori dal finestrino  e leggendo un libro che aveva preso in prestito dalla biblioteca. Leggere e sognare erano i suoi modi preferiti per evadere da una realtà che fin troppe volte le andava stretta.

Arrivata alla stazione si affrettò a prendere i suoi bagagli e raggiungere la fermata degli autobus. Non che avesse particolare fretta di arrivare, anzi, il tragitto al ritorno era sempre più breve, però non le andava di sorbirsi  quelle scene di ricongiungimento familiare. Tutti quegli abbracci e carezze le riempivano di vuoto lo stomaco. Lei non aveva niente del genere.
 
Giunta alla sua fermata, Jade scese e iniziò ad incamminarsi sulla via di casa sempre più titubante.
Vivevano in un quartiere piuttosto isolato dal centro di vita cittadino e la loro casa, in particolare, era posta al limitare della collina che formava il loro comprensorio. Ancora a distanza di anni che abitavano lì, la ragazza non avrebbe saputo dire se questa lontananza era un bene o un male.

Quando finalmente arrivò davanti alla porta dell’abitazione prese un respiro profondo. Doveva passarci solo quindici giorni, senza togliere che avrebbe rivisto sua madre e quella era una buona notizia, no? Sarebbero state delle vacanze piacevoli, doveva solo crederci.

Bussò alla porta col il cuore in gola. Udì il rumore sommesso delle stoviglie, che avevano fatto da sottofondo alla sua attesa, arrestarsi e venire sostituito da quello di alcuni passi felpati che si avvicinavano alla porta. Un sorriso spontaneo le riempì il viso ed Eleanor ebbe appena il tempo di aprire la porta prima di venire travolta dall’affetto della figlia, che l’abbracciò con entusiasmo.

“Mamma! Quanto mi sei mancata!”

“Anche tu, tesoro, anche tu”
Jade si strinse forte a lei, desiderando di poter rimanere per sempre dentro quella dolce morsa.

“E’ andato bene il viaggio, pulcino?”

Quando finalmente si sciolsero Eleanor sorrise felice alla figlia, mentre quella ebbe modo di vedere i nuovi segni presenti sul suo volto.
“Sì, tutto bene, ma tu mamma…”

“Dai vieni dentro, però mi raccomando, fai piano che Robert sta riposando.”

“Che ti ha fatto?”
La ragazza provò ad avvicinare la sua mano sulla guancia violacea della madre, ma quella si scostò scuotendo la testa.

“C’è qualcosa in particolare che ti piacerebbe per cena? Abbiamo del fegato e la zuppa di cipolle…”

“Mamma rispondimi!”

“Puoi avere entrambi se vuoi e forse è avanzato anche del purè di giovedì.”

“MAMMA!”

Eleanor sobbalzò spaventata per poi poggiare le mani sulle spalle della figlia, scuotendola leggermente.
“Jade! Ma sei impazzita? Cosa ti urli?? Ti ho detto che Robert dorme!”

No, sei tu che sei impazzita a farti trattare così! E chissene frega che dorme, mandalo via una volta per tutte!
Le parole le si gonfiavano in petto e morivano in gola. Come fiammiferi, le si accumulavano dentro, di volta in volta, aspettando una fiammella per potersi accendere tutti insieme, incendiando quanto aveva tanto resistito a proteggere.

Non importava se erano quattro mesi che mancava da casa, sopportava comunque, fin quando non ci riusciva più ed esplodeva.
Tante cose avrebbe voluto dire a sua madre, dalla proposta di scappare insieme al ‘semplice’ fatto che le voleva bene e non doveva avere paura, insieme si sarebbero potute aiutare e riuscirci… ma lei lo voleva? Le voleva bene soprattutto?

Di tutto questo vortice confuso di pensieri e sentimenti, l’unica cosa che in grado di chiederle realmente, in un sussurro appena udibile, fu:

“Perché?”

Eleanor dilatò gli occhi aprendo e chiudendo la bocca, nella ricerca della risposta esatta per quella ‘semplice’ domanda.

“Vedi, Jade…”
Stava per iniziare, quando un rumore sordo al piano di sopra fece sussultare entrambe.

“Si è svegliato.”
La bionda si voltò, improvvisamente reattiva, verso la figlia.

“Vai in camera tua e non fare rumore, non credo si ricordi che dovevi tornare oggi. Devo prepararlo alla notizia.”

Jade rimase immobile fissandola, non voleva lasciarla.

“Dai su, vai!”

“No.”

“Jade, vai, ti prego!”

“No!”

“Fallo per me!”

Sembrava disperata e Jade capì che lo era. Non voleva allontanarsi, ma capì che forse l’avrebbe messa meno in difficoltà così… ci voleva credere.
La guardò un’ultima volta, mentre quella le faceva cenno di affrettarsi, per poi raggiungere la propria camera in sordina.

Chiuse piano la porta e si lasciò scivolare contro di essa.

Un altro principio di incendio sventato, il suo cuore in fiamme non faceva testo.










Let it Be Go SNAPE

Bene, dopo non so più neanche quanto (mi rifiuto di leggere a quando risale l'ultimo aggiornamento), eccomi qui... potrei dilungarmi in scuse e giustificazioni, ma dirò solo una cosa:

matematica esterna.

-Suono d'organo alla Davy Jones-

Tristi notizie a parte, spero che questo capitolo vi sia piaciuto... anche perché ne esistono tre diverse versioni e questa spero e credo sia la migliore.
Per le lamentele c'è Dafne che l'ha approvato e quindi potete prendervela con lei... ok, basta. Sono stanca e degenero. e_e
Qualunque cosa vogliate dirmi, bella o brutta che sia, vi aspetto tra le recensioni :)

Se invece volete mandarci un po' di fondi, alimenti o shampoo... lasciateli vicino all'ufficio di Piton, passo poi io a ritirare il tutto.
Ammesso che lui non mi crucia prima. Più probabile...

Non mi dilungo perché temo l'html, ma spero di leggere una vostra opinione! (o ricevere un buono shampoo...)

Buona Pasqua in ritardo e buon tutto!

JuliaSnape

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Capitolo 7
*** Memory of a Dream or Dream of a Memory ***


Memory of a Dream or Dream of a Memory

 

“’Giorno”

La figura dell’uomo fece capolino nella cucina stropicciandosi gli occhi, prima di lasciarsi cadere pesantemente sulla sedia.

“Buongiorno”
Replicò Eleonor in tono affettuoso, affrettandosi a porgergli il suo caffè con qualche frittella. Robert guardò il piatto con sdegno.

“Vuoi che ti prepari qualcos’altro? Posso fare delle salsicce con le uova se vuoi…”

“Beh, sarebbe il minimo. Questa questa… roba è molliccia e sa di plastica.”
Tastò la consistenza del cibo con le dita senza neanche assaggiarlo, quindi allontanò da sé il piatto con tanta veemenza da farlo scivolare e infrangere sul pavimento.

La donna non si volto neanche, continuando a cucinare come se nulla fosse. Robert non aveva mai amato i bambini ed Eleonor, così come Jade, lo sapeva bene, per questo doveva fare il possibile per prepararlo alla notizia del ritorno della ragazza.

“Hai dormito bene?”

“Mmm”

Mugugnò mentre beveva il suo caffè senza brio, per poi reggersi con forza le mani sulla testa.

“Mi gira tutto.”

“Mangiando andrà meglio, ne sono convinta.”

Gli sorrise porgendogli il nuovo piatto, iniziando poi a raccogliere i cocci con la scopa.

Quello che un tempo doveva essere stato un sorriso elegante (e che ora si riduceva a un ghigno), si estese sul gorilla , come lo chiamava Jade, che iniziò a mangiare soddisfatto.

“C’è del whisky?” Chiese appena la donna si fu messa seduta.

La domanda era scontata, era ovvio che ci fosse, lo sapevano bene entrambi. Potevano mancare i soldi per le bollette della luce o per reperire i beni di prima necessità, ma si poteva sempre trovare una bottiglia di liquore in casa. Obbediente, la donna si alzò e gli riempì il bicchiere abbondantemente, iniziando il discorso in maniera casuale.

“Oggi è il ventitre dicembre.”

Folriss tracannò rispondendole con un’alzata di spalle.
“E allora? Stanotte non ti fanno lavorare?”

“Sì, devo lavorare, però volevo dirti…”

“Sì?”

La bionda abbassò lo sguardo intimidita, neanche fosse stata  beccata a copiare durante i G.U.F.O.,  come invece era successo anni prima ad una sua cara amica.
“E’ arrivata Jade.”

L’uomo prese un altro sorso e annuì.
“E dov’è ora?”

“Sta riposando in camera sua.”

“Meglio. Non sono ancora pronto ad avere trai piedi quella piccola rana velenosa. Non fa che portar danno ovunque vada.”

Eleonor non lo contraddisse, iniziando a ripulire i resti del suo pasto.

Quello che forse entrambi ignoravano era la sottilità delle pareti, che aveva permesso a Jade di sentire tutto. Non che se ne fosse curata, era abituata a certi discorsi e preferiva non darci troppo peso.
Eppure, sebbene non le importasse, si ritrovava spesso a rievocare quelle scene nella sua mente, spinta a rifletterci su.

A volte le era veramente difficile non credere che fosse realmente lei il problema.
Del resto, se non ci fosse stata sarebbe stato più facile per tutti, per sua madre soprattutto. Ma ormai c’era e doveva convivere con questo sentimento contrastante di esistere.

Si poggiò alla vecchia quercia sospirando per poi di riprendere a disegnare.

Verso la base della collina dove abitavano, vi era quello che un tempo era stato un parco pubblico e che ora assomigliava più ad una foresta vergine.
L’erba alta, i giochi per bambini arrugginiti e il cicalio della natura sempre presente, riuscivano a conferire a quel luogo un che di mistico ed eterno. O almeno per Jade, che riusciva a vedere la bellezza nella tranquillità di quella decadenza.
Una volta era un luogo di ritrovo per i bambini delle famiglie vicine, ora era punto di riunione per la natura, che si ergeva maestosa nello spazio che le era stato concesso.

I motivi per i quali amava quel luogo erano molteplici, non era solo l’abbandono di tutti, tranne lei, che le faceva nascere affetto, ma anche il fatto che sostanzialmente si trovasse in mezzo, a buona distanza da entrambe, tra la sua abitazione e quella dell’altra gente.

Si custodivano i segreti a vicenda lei e quel posto.

Inoltre, quel luogo era stato il palcoscenico del suo sogno di un ricordo o ricordo di un sogno, come lo chiamava lei.
Sorrise al pensiero, ancora a distanza di tempo non sapeva se era tutto reale o tutto irreale, ma vero per lei.
Continuò a disegnare delle ortensie mentre si abbandonava al “ricordo”.

Corse finché non giunse al parco col fiatone, a quell’ora non era frequentato da gente troppo raccomandabile, ma a Jade non importava. Si sentiva sola e aveva bisogno di un posto tranquillo per riflettere… o almeno per piangere senza essere vista.
Il parco era abbastanza grande e pieno di alberi di ogni tipo, ciliegi, pini, aceri e querce che in primavera riempivano l’aria di aromi profumati.

Anni prima, la ragazza andava spesso lì con la madre in quel periodo, ma erano altri tempi.
Quando sapevano ancora divertirsi, quando Robert era ancora impegnato col fratello e non sfogava le sue frustrazioni su di loro, quando sua madre le voleva bene al punto di difenderla ad ogni costo. Non come poco prima…

Con impeto prese un sasso e lo lanciò con rabbia nello stagno, più simile ad una pozza d’acqua, lì vicino.
Era stanca di tutto, voleva solo andarsene lontano dimenticando tutti. Continuò a lanciare pietre mentre le lacrime le scendevano copiose sul volto.

“Se non stai attenta potresti prendere qualche papera.”

Jade sobbalzò e si voltò sorpresa con il sasso ancora in mano.
L’uomo avanzò dalla penombra illuminato da un timido quarto di luna.
Era abbastanza alto e sembrava avere un tono semi chiaro di capelli, con gli occhi ancora umidi non riusciva a scorgergli i dettagli del volto, che vedeva sfocato.

Aveva paura.

L’uomo si accorse che tremava e si affrettò a scusarsi.

“Perdonami, non volevo spaventarti ma non credo sia opportuno lanciare sassi nello stagno… o almeno per le povere papere.”

Le sorrise. Non sembrava pericoloso, ma la ragazza restò comunque in allerta e a debita distanza.
“Come ti chiami?”

“Non si dovrebbe parlare con gli sconosciuti.”

“Se è per questo non si dovrebbe neanche girare da soli per il parco a quest’ora, soprattutto alla tua età.”
Le disse alzando un sopracciglio osservandola con attenzione.

“Io… io non sono piccola! E so difendermi!”
Disse ostentando una sicurezza che non aveva, stringendo i pugni con il sasso ancora in mano.

L’uomo sorrise divertito, per poi ingentilire la voce.
“Non ne dubito, però non credi sia ora di tornare a casa?”

“No. Non ci torno, mi odiano tutti e io non li sopporto più.”
Si sedette sull’erba affranta mentre nuove lacrime minacciavano di scendere. Lui la guardò amareggiato, raggiungendola sull’erba.

“E’ normale avere delle incomprensioni o dei litigi in famiglia, basta però saper mettere da parte l’orgoglio per risolverli. Sai, chiedere scusa per primi non vuol dire necessariamente avere torto, ma tenere di più alla persona che alla motivo del contrasto.”

Jade lo fissava attenta, mentre una brezza leggere accarezzò i dintorni, facendola rabbrividire.

“Inoltre –aggiunse l’uomo misterioso- scappare non serve a nulla. Può sembrare più facile, ma i problemi ci seguono anche e soprattutto se proviamo ad evitarli. E quando si guarda indietro… “
Non finì la frase, teneva lo sguardo fisso sullo specchio d’acqua che rifletteva la piccola luna che in quei giorni sarebbe cresciuta.

Era strano, ma Jade sentiva una certa affinità con lui. Per dire in quel modo, voleva dire che anche lui era in fuga da qualcosa, no?
“Lei… è scappato da qualcosa?”

Sospirò con aria triste, alzando le spalle.
“Tutti scappiamo da qualcosa, chi più, chi meno… e sì, anch’io sono in fuga. Non dalla legge, fortunatamente. –sorrise ricambiato dalla ragazzina- Ed è proprio per questo che ti raccomando di affrontare sempre le cose. E’ importante, fidati.”

Jade fece per parlare, voleva confidarsi con qualcuno, anche se questi era uno sconosciuto incontrato di notte al parco e poteva non essere, all’apparenza, il massimo della sicurezza. Eppure il cerino che aveva dentro sembrava ormai consumato del tutto, polvere e vuoto erano le uniche cose rimaste. Troppo difficili da comunicare.
D’un tratto l’uomo si alzò e con un ultimo sguardò alla luna, prese un sospiro per poi rivolgersi alla ragazza.

“E’ ora di andare.”
Lo guardò perplessa non capendo che intendesse. Per un minuto le era davvero passato per la mente di poter fuggire con lui, ma oltre la potenziale pericolosità del gesto, non avrebbe mai lasciato la madre.

“Andiamo, ti accompagno a casa.”

“Non ce n’è bisogno…”
Riuscì solo a mugolare alzandosi.

Fece per poggiarle la mano sulla spalla, ma all’ultimo cambiò idea, realizzando forse che non era appropriato.

“Si vede che sei una ragazza forte, ma la notte è piena di insidie. Non mi fido a lasciarti sola.”
Gli sorrise in risposta, l’iniziale paura aveva ormai lasciato spazio alla simpatia per quello sconosciuto tanto gentile.

Poteva essere rischioso e sembrare incosciente portare uno sconosciuto vicino casa o anche solo passare del tempo con lui, ma Jade sentiva di fidarsi di lui più di molti altri.

Aveva paura ma al contempo molta speranza che l’uomo incontrasse Robert.

Mentre camminavano, lasciando alle spalle il parco, il vento diede un’altra frustata di freddo e Jade parve ridestarsi dal suo sogno ad occhi aperti.
Era notte e stava camminando con uno sconosciuto verso casa, dopo essere scappata nel pomeriggio.

Erano quasi arrivati, la casa iniziava a comparire in lontananza fino a diventare sempre più vicina, le luci erano spente. Jade ebbe un tuffo al cuore.
Si arrestò guardando l’uomo che ora, grazie alla luce diretta della luna e alla complicità di qualche lampione, riusciva a vedere quasi nei dettagli.

Aveva dei vestiti molto semplici che presentavano piccoli buchi e strappi, con dei segni di graffi all’altezza del collo e delle mani, che nell’insieme gli davano un aspetto non troppo rassicurante.
Ripensò agli abiti che portava di solito e al corpo della madre.
Non le faceva paura, si sarebbe detto uno di famiglia.

“Quella è casa mia… da qui posso andare da sola.”

“Sei sicura?”

Non avrebbe voluto mettere fine a all’incontro con quell’uomo che, in meno di un’ora,  aveva dimostrato gentilezza e interesse nei suoi confronti, come mai  Robert aveva fatto in 8 anni.

“Sì, però grazie… davvero.”

“Non devi ringraziarmi, scusami piuttosto se ti ho spaventata.”

“Non mi ha spaventata, davvero. Grazie ancora, arrivederci.”

Confidava davvero in quella parola, in quella specie di promessa: “arrivederci”, vediamo di incontrarci di nuovo.

“Di nulla cara e sappi che qualunque fosse il motivo della semi-fuga, si risolverà tutto.”
La ragazza avvertì una fitta allo stomaco.

“Lei come lo sa?” Gli chiese in un sussurro.

E se fosse stato un’assistente sociale in incognito? Solo ora le veniva in mente quella possibilità.

“Perché nessuna situazione dura per sempre. Passa tutto… anche le cose brutte.”
Jade si rilassò e ringraziandolo e salutandolo nuovamente si diresse verso casa. Tutto sarebbe andato meglio…

Ci credeva, voleva crederci. Del resto era stato l’uomo del bosco, anzi della luna, a dirglielo.
Egli era rimasto a vegliare sul suo percorso fin quando, arrivata sul perimetro di casa, si era voltata sbracciandosi a salutarlo.

La Serpeverde sorrise un’ultima volta per poi avvicinarsi alla porta.

Jade posò la matita, guardando il disegno senza però vederlo.
Le piaceva pensare a quel incontro, che aveva un che di magico (non nel senso scolastico), ma non a quello che era successo dopo.

Se non poteva essere pienamente sicura che l’uomo fosse ‘vero’ o fosse stato solo il frutto di una sua ennesima fantasia, sul ritorno a casa non aveva dubbi. Quel senso di smarrimento e di paura non l’avevano ancora abbandonata. Fece per riprendere a disegnare, ma come spesso accade quando non si vuole pensare a una determinata cosa, non accentuò altro che i suoi pensieri in merito.

Erano davvero preoccupati per lei?
Provò a girare la maniglia, ma non funzionava.
Provò ancora, ma la porta era chiusa. Le luci all’interno erano spente e nessun rumore proveniva dall’abitazione.
Immediatamente mille pensieri invasero la mente di Jade, devastandola.

Erano usciti a cercarla? Sua madre si era sentita male? Le aveva fatto male? E se fosse finita nuovamente in ospedale perché, con la scusa della sua fuga, lui se l’era presa con lei? Perché non era rimasta a difenderla?
Era un’idiota, colma di egoismo e orgoglio, se non peggio.

Carica di adrenalina iniziò a guardare trai cespugli alla ricerca della chiave di scorta.
Le aveva chiesto di scegliere tra lei e lui, indirettamente, se la fosse venuta a cercare, lei si sarebbe fatta trovare e sarebbero fuggite insieme.
Era tutto così semplice quando le era venuto in mente quel pomeriggio… Peccato però che lei non era venuta (o almeno non l’aveva vista) e forse aveva combinato un disastro ancora più grande.

Iniziò a scavare nel terreno come un cane alla ricerca di tartufi, tremava e le lacrime già minacciavano di scendere, trattenendosi perché la priorità di quel momento era vedere.
Si voltò perfino verso la strada, alla ricerca dell’uomo, ma ormai era sparito.
Quando stava per gettare la spugna, valutando di rompere la finestra, la trovò.
Aprì la porta con mano incerta, per poi entrare chiamando a gran voce.

“Mamma? MAMMA??”

Percorse velocemente tutti i piccoli locali della casa ma fu inutile, era sola.
Tornò in cucina afflitta, respirando velocemente al ritmo dei suoi passi, mentre si chiedeva dove potessero essere e cosa potesse fare.

La polizia era fuori discussione… ma all’ospedale, se avesse chiamato, avrebbero potuto dirle se era lì o meno.
Si diresse verso il telefono, urtando però contro il tavolino per lo zelo. Oltre il dolore alla gamba, aveva procurato la caduta di un foglietto.
Lo raccolse e lo lesse subito avidamente.

“Vado a lavoro, mi hanno cambiato l’orario… Robert va con gli amici. Se vuoi c’è qualcosa in frigo. Ti voglio bene, mamma”
Sua madre aveva un nuovo lavoro, cameriera nel ‘Reddy Fox Inn’, glielo aveva accennato in una delle sue rare lettere.

Un capogiro la costrinse a sedersi. Respirò piano, appoggiando il viso sulle braccia. Andava tutto bene, sua madre stava bene, lei stava bene, Robert non era a casa… tutto perfetto.

Ma allora perché lei stava piangendo e si sentiva infinitamente vuota e triste?
Dopo quello che sembrò un tempo interminabile si alzò e si diresse in camera sua, dove si addormentò subito stremata dalle emozioni della giornata.

Jade si riscosse, scrollandosi di dosso alcune foglie e, sperava, i brutti pensieri.
Erano quasi le sette e il sole si era già coricato quasi del tutto.

La ragazza si alzò raccogliendo l’album con la matita, non era il massimo, ma stare sola con i suoi disegni e pensieri alle volte le faceva davvero bene. In quei momenti esisteva solo per lei, senza che nessuno la giudicasse o le desse fastidio. Era sola ma felice… o comunque a qualcosa che si avvicinava al non stare male.











L'angolo di Julia

Eccomi di ritorno <3 spero che questo capitolo vi sia piaciuto... è da tanto che era abbozzato e desideravo scriverlo <3 Alcuni giorni fa (prima del 1 Settembre), ho avuto dei sogni che ho ricollegato a questa storia, fin quando proprio l'altro ieri, ho pensato a come si dovessero sviluppare i capitoli successivi. Trovarmi il giorno stesso una nuova recensione da parte di Severia85 (che ringrazio davvero!), è stato l'ulteriore stimolo-segno che mi dovevo dare da fare.
Con mia stessa sorpresa vi annuncio anche che è pronto il prossimo capitolo... sebbene devo correggerlo e aggiungere alcune cose. Spero in una vostra opinione e ringraziando sempre chi segue, ricorda, preferisce ma soprattutto commenta (siete lo sprint ulteriore che mi fa continuare <3 ), vi auguro un buon rientro a scuola (ci si becca in sala comune per i Grifondoro).

A presto!

JuliaSnape

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Capitolo 8
*** Just a pray in the darkness ***


Just a pray in the darkness

 
Ai miei fratelli <3

 
“Raccoglimi il telecomando.”

Fece il possibile per non guardarlo male ed eseguì.

Quello tolse una batteria e la buttò per terra.

“C’è anche quella.”

La ragazza si chinò sul pavimento, iniziando a cercare la pila che nel mentre era rotolata sotto la piccola libreria semivuota.

“Sei come tua madre, non sapete fare neanche un lavoro elementare. Poi certo, lei almeno è stata bella in passato ma tu… tu neanche questo. Sei sempre stata un mostriciattolo.”

Jade lo ignorò continuando la sua ricerca, era abituata ad essere derisa dall’uomo.

“Devi aver preso da tuo padre, quel grand’uomo che manco ha saputo prendersi le sue responsabilità. Un  puttaniere insomma - rise senza grazia, come se avesse fatto chissà quale grande battuta- certo rovinare la vita a tua madre così… fosse almeno stato più attento, lei avrebbe avuto una vita migliore.“

La ragazza si fermò mentre quelle parole le penetravo dentro, lentamente, graffiandole il cuore e inumidendole gli occhi.

“Eh sì, tutta colpa tua e di quel deficiente –tracannò ulteriormente dalla bottiglia ormai a metà- … se ora tua madre è costretta a subire tutto questo. E se è diventata sempre più brutta, stupida, idiota…”

Iniziò ad elencare mentre Jade si irrigidiva ed iniziava a scoppiare.

“Smettila.”

“Cretina, incapace…”

“BASTA!”
Si alzò di scatto parandoglisi davanti.

L’uomo sollevò un sopracciglio, abbassando il tono della voce.
“Qualche problema ragazzina?”

“Non parlare di lei così.”

Robert si alzò, sovrastandola con la sua altezza. Jade ebbe un sussulto.
“Perché, hai qualcosa in contrario? O pensi di potermelo impedire?”

Le batte lentamente la bottiglia sul braccio, mentre lei rabbrividiva.

“Devi imparare a restare nel tuo, altrimenti ci penserò io a rimetterti al tuo posto. Capito?”

Jade non disse nulla. Gli fissava il naso, provando ad ignorare gli occhi. Aveva davvero le narici come un gorilla.

Lo schiaffo arrivò a tradimento, nel silenzio che aveva avvolto la casa. Aveva perso l’equilibrio ed era inciampata in alcune bottiglie vuote che, fortunatamente, non si erano rotte.

La caviglia però le doleva, così come la guancia che stava avvampando.

“Sei solo una mocciosa rompianima, io e tua madre ti abbiamo mandato a Hogwarts per toglierti di torno, ma a quanto pare anche lì fai danno. Tuo padre ti ha abbandonato, tua madre ti odia e persino da scuola vogliono mandarti via. Nessuno vuole una come te Jade, né la vorrà mai.”

Jade rimase dov’era a fissarlo. Era un bugiardo, sua madre l’amava e a scuola era stato solo un incidente. Lei…

“Se non mi credi” esordì l’uomo, che ormai sapeva riconoscere il movimento di quei pensieri dietro quegli occhi spenti “rispondi solo a una semplice domanda… perché siete ancora qui?
…Allora?”

Non avevano abbastanza soldi, certo sua madre lavorava per tutti, però la casa da quanto sapeva era di Folriss e poi… e poi?

“Lei preferisce me a te. Tutto qua. Non le interessi.”

Lei lo amava… di un amore che non sapeva da dove nascesse o da cosa scaturisse, però lo amava, questo lo sapeva anche lei. Ma non le piaceva sapere o anche solo pensare fino a che punto…

Se lui l’avesse solo ricambiata come meritava, non se la sarebbe neanche presa. Sarebbe stata contenta per lei, in fondo amare è anteporre il bene di qualcun altro sul proprio… ma qui cadeva il suo ragionamento. Lei amava sua madre, ma in certi momenti, in quei momenti, dubitava che lei l’amasse.

Robert taceva osservandola come se potesse scavarle dentro, facendola cedere, piegandola… tutto si poteva rompere, se si aveva abbastanza forza.
Jade si alzò, ma senza lacrime. Si sforzò ma volle togliergli quella soddisfazione. Si diresse verso la sua camera, e prima di entrare, con la porta ancora chiusa davanti a sé sussurrò due parole, che non poté impedirsi di pronunciare.

Nello stesso momento si aprì la porta di casa ed entrò Eleonor con due buste della spesa semipiene.

“Giornata di sconti!”
Robert la ignorò tornando a bere e Jade, dopo averla guardata un attimo, entrò in camera.

Si mise nel letto stringendo con forza il cuscino. Lei non era lì, era… era in montagna, con tanta neve che come zucchero a velo avvolgeva tutto, si stava mettendo gli sci così avrebbe potuto sciare e…
La fantasia non l’aiutò, la caviglia le faceva  male anche solo al pensiero di sciare o fare qualunque altra attività. Piangeva in silenzio e lentamente si addormentò.

Non sentì la madre che la chiamava per cena e si svegliò sola nel cuore della notte, quando ormai nella casa regnava il silenzio dell’oscurità.

Con fatica aprì la finestra della sua camera, era pesante e difettosa ma di buono aveva che era bassa e dava sul lato della casa.
Facendo attenzione al piede, che le si era un po’ gonfiato, la scavalcò e si trovò fuori.

La luna si intravedeva a fatica, era molto lontana e circondata da nuvole scure. Eppure c’era, la riusciva a scorgere.

“Voglio solo… solo stare bene. Io e la mamma. Solo questo…”

Espresse la sua preghiera in un bisbiglio per poi scoppiare a piangere, convinta che nessuno, oltre la luna, potesse vederla né udirla in quel momento.

Quello che non sapeva era che qualcuno, avvolto dall’oscurità appena oltre la siepe, la stava osservando.








La luce oltre i cespugli

Eccoci di nuovo qui, con questo entusiasmante (...)  capitolo. Se mai ci fosse ancora qualcuno (o nel mentre si fosse aggiunto) voglio cogliere l'occasione di ringra-scusarmi. Grazie per esserci e leggere sempre fino a qui, scusate se purtroppo sono lentissima ad aggiornare. Stasera non voglio tediarvi troppo, perché spero di lavorare fin da ora al prossimo capitolo, così da non farvi attendere troppo ( la speranza vive <3 ).
Purtroppo non ho il mio solito sprint perché mi sono letta "L'effetto secondario dei sogni" (Delphine de Vigan) tutto d'un fiato e sono rimasta leggermente scossa dal finale... che c'è e non c'è. Mentre di positivo ho scoperto la canzone Mr. Moonlight, dei, niente poco di meno, Beatles, che si riallacciano sempre, anche quando non lo sapevo, a questo racconto.
I come e perché li vedremo in seguito ;) intanto un grande abbraccio e un buon inizio inverno!

A presto ( tutti positivi),

JuliaSnape

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