What dreams are made of ♥

di Imchichi
(/viewuser.php?uid=737677)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** The start of something new. ***
Capitolo 3: *** Nuovi incontri ***
Capitolo 4: *** Me and you - Stefania e Marco ***
Capitolo 5: *** It's a brand new day ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


"Ciao Laura, eccoci qui, hai visto? E' strano essere così tanto lontana da casa. Ma ho mantenuto la promessa e adesso siamo qui”

Queste sono le prime frasi che, nel momento stesso in cui sono uscita dall'aeroporto, mi balenavano per la testa, quasi come se fossero degli uccelli che si librano per aria.

 Mi presento: il mio nome è Stefania, Stefania Rocchi. Ho da poco compiuto diciotto anni. Mi sono appena diplomata in Lingue. I 5 anni più lunghi di tutta la mia vita. Sempre di corsa,a spaccarmi la schiena per dimostare a tutti e principalmente a me stessa, cosa sono capace di ottenere quando voglio qualcosa. Ho ottenuto un discreto punteggio, come ogni anno, ma adesso era tutto diverso. Non si trattava più di spaccarsi la schiena per ottenere buoni voti per i crediti e la media, no. Adesso c'era in gioco qualcosa di molto più grande e importante. Il mio futuro. Grazie ai tanti sforzi da parte della mia famiglia e da parte mia, avevo fatto richiesta per essere ammessa alla UBA (Universidad de Buenos Aires). Sarebbe stato l'apice della mia felicità se avessero preso in considerazione la mia domanda. È il mio sogno, ed era anche il sogno della mia migliore amica Laura. Quando eravamo bambine ci piaceva immaginare come saremmo state una volta cresciute e ci promettemmo che, indipendentemente da quanto sarebbe costato, una volta conseguito il diploma, avremmo fatto le valigie e ce ne saremmo andate a Bs.As . Purtroppo un paio di anni fa, la mia amica Laura , dopo essersi trasferita per motivi familiari in un'altra città, ebbe un'incidente con la moto, stette in coma per qualche mese e poi morì, lasciandomi veramente sola. Un giorno, andandola a trovare al cimitero, mi sedetti accanto a lei e le giurai che sebbene lei non ci fosse più, avrei comunque mantenuto la promessa. 

Pochi giorni fa, mentre mi godevo l'ultimo sole di settembre nel giardinetto, sentii il postino arrivare, così mi misi un pareo e andai ad aprire. Il sig Carlo, il postino, mi diede un paio di bollette, un catalogo di intimo e una busta grande gialla indirizzata a me. Posai tutto quello che non mi riguardava e aprii la busta, incuriosita. 

Universidad de Buenos Aires (UBA)

Senorita Rocchi, 
estamos felices de poderle decir que, gracias a sus esfuerzos y sus resultados en Italia, decidimos que Usted, màs que nadie, se merece esta beca. Las clases van a empezar el dia 1 de Marzo. Cuando llegarà, le daremos todas las informaciones sobre el instituto y acerca de sus clases. 
Esperando verla pronto.

La Direcciòn .
Stetti immobile per circa 20 minuti prima di realizzare che ciò che avevo letto, non l'avevo immaginato. Fra più di mille candidati solamente in italia, loro avevano scelto me.Ero stata presa, non volevo crederci! Il mio sogno e quello di Laura finalmente stava per realizzarsi.Non sapevo se piangere, urlare, buttarmi per terra e dire “Ce l'ho fatta”,così , nel dubbio, ho fatto tutte e tre le cose.Le vacanze di Natale, che passai con la mia famiglia e con i miei amici, i quali ovviamente non erano entusiasti della mia scelta, sembrarono non finire mai.Subito dopo le feste, esattamente il 15 Gennaio, partivo da Roma per arrivare, parecchie ore dopo, nella tanto desiderata Buenos Aires.

Qui inizia la mia storia. 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** The start of something new. ***


Sono elettrizzata dal fatto di essere finalmente nella mia amatissima Buenos Aires. Durante il volo non staccai gli occhi dall'oblò, non riuscivo a controllarmi. Volevo gustarmi ogni immagine, ogni minimo particolare di quest'incredibile avventura. A ricevermi all'aeroporto, un uomo sulla quarantina, alto, palestrato , capelli corti castani e occhi nocciola, mandato dall'università. Un paio di occhiali da sole con le lenti scure sopra la testa, un completo gessato con una camicia bianca e mocassini neri era ciò che indossava. Ho aspettato i miei bagagli e andai verso quest'uomo che mi ricordava molto mio padre, più o meno, con la stessa fisionomia. Mio padre, Antonio, è professore di matematica in un liceo classico di Frosinone. Purtroppo non gli fu assegnata la cattedra a Roma, così eravamo soliti vederci solo nei fine settimana. Adesso chissà quando si sarebbe ripresentata l'occasione di riabbracciarlo.

Raggiunsi quest'uomo misterioso a cui strinsi la mano e mi disse di chiamarsi Josè. S'incamminò verso la macchina, un mercedes classe A grigio metallizzato, mi aiutò a posizionare le mie cose nel porta bagagli e mi fece segno di salire in macchina. Erano le 10 del mattino del 16 gennaio, io un mix di emozioni: paura, eccitazione, e anche un discreto sonno. Durante il tragitto, parlai del più e del meno con Josè, confidandogli tutti i miei dubbi.

« Sa qual'è il mio problema, Josè? »

« No, qual'è? »

« Per me è una cosa del tutto nuova. Non ero mai stata così lontana da casa, la città più lontana dove sono andata, è Praga. Il fatto di cominciare una vita lontana da tutti i miei affetti e lontana dalla mia terra per così tanto tempo, mi lascia come dire... spaesata. E questa cosa mi spaventa. »

« E' normale sentirsi spaesati, ti parlo per esperienza. »

« In che senso parla per esperienza? »

« Io non sono di qui. Sono brasiliano. A 18 anni ho avuto l'opportunità di venire a studiare qui, facendomi ospitare da una zia di mia madre per un paio di mesi. All'inizio, mi sentivo esattamente come te. Spaesato, non conoscevo nessuno, tutti i miei amici erano rimasti in Brasile. Ma fino a quando c'era in vita la zia di mia mamma potevo contare sul suo appoggio incondizionato. Dopo qualche mese dal mio arrivo, la vecchia zia Anais venne a mancare e così dovetti arrangiarmi. Con i pochi soldi che mi aveva lasciato la zia, cercai una pensioncina e cominciai a cercare un lavoro. Poco a poco, cominciai ad abituarmi al fuso orario, alla movida argentina e al fatto che dovevo contare solo sulle mie forze ».

Rimasi incantata dal suo modo di parlare e dalla malinconia che lasciò trapelare dalle sue parole.

« Quindi per esperienza diretta ti dico che è normale sentirsi spaesati, ma piano piano, diventa tutto più facile. Qui ho incontrato l'amore della mia vita, mia moglie Candelaria e molti anni dopo, i nostri figli Julio y Marisol ».

Riuscii a calmarmi, all'improvviso i dubbi che avevo, sparirono come per magia.

« Grazie per queste belle parole di conforto, Josè. È riuscito a tranquillizzarmi. Non devo avere paura, nonostante tutto, questa è la sfida che aspetto da tempo ».

Dopo una buona mezz'ora, arrivammo a quello che presunsi essere il mio palazzo. Accidenti! Non ho mai visto un palazzo così grande e così bello. Presi i bagagli dalla macchina, feci un gesto con la mano a Josè per salutarlo e ringraziarlo e mi avviai verso l'entrata.

Un lungo tappeto rosso precedeva il portone centrale e un forte odore di gelsomino e vaniglia mi inebriava i sensi. Questo odore era così forte che mi fece pensare alla mia mamma. Mia mamma si chiama Lucia, è una casalinga e di tanto in tanto va a fare le pulizie a casa di anziane signore che non riescono più a muoversi bene. Pensai che dovevo chiamare mia mamma per rassicurarla e per dirle di essere arrivata. Avevo tanta voglia di sentirla. Estratto il telefono dalla custodia, composi il numero ma, mentre attendevo che mia mamma rispondesse, venni distratta da una tenera vecchietta che mi chiedeva chi fossi.

« Salve signora, mi chiamo Stefania Rocchi. L'università mi ha mandato qui » - dissi io guardandola teneramente.

« Salve signorina, il mio nome è Priscilla. Sono la donna delle pulizie e la moglie del portinaio ». Mentre si presentava, la vidi cercare un grosso libro verde. Una volta trovato, si mise gli occhiali e riprese a parlare - « Quindi sei qui con l'università? Da dove vieni, cara?»

« Roma, Italia » - risposi

« Oh che bella Roma, ci siamo stati una volta, mio marito ed io, ma eravamo molto giovani.” - Le si illuminò il volto e giurai di aver visto una lacrima solcarle quel tenero viso. Prese dal taschino del grembiule un fazzoletto, se lo passò delicatamente sul viso quasi volesse conservare quella lacrima per proteggerla per sempre, richiuse il fazzoletto, mi porse le chiavi del mio appartemento e mi indicò la strada. La ringraziai e mi diressi verso l'ascensore.

Appartamento 5C. Presi l'ascensore, premetti il tasto corrispondente al mio piano, il 5°, e salii. Uscii sul pianerottolo e sulla destra trovai la porta corrispondente al mio appartamento: infilai la chiave nella toppa, la girai ed entrai nel mio nuovo appartamento. 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Nuovi incontri ***



Varcata la soglia di casa, mi guardai intorno. Il mio appartamento era bellissimo. Anzi il nostro, sì il nostro, mio e di Laura. Posai i bagagli vicino la porta, che mi lasciai chiudere alle spalle, ed iniziai a perlustare ogni angolo delle stanze. Le pareti bianche erano state riverniciate da poco perchè l'odore di vernice si sentiva anche giù nell'androne. Ci sono due stanze da letto, due bagni, un ripostiglio, la cucina e un salottino accogliente con un balconcino che da sulla strada principale. Aprii tutte le finestre per far cambiare un poco l'aria e mi sedetti sul divano cominciando a pensare. Pensai a molte cose. Pensai a come avrei voluto che Laura fosse stata lì con me. Sì, lei in un certo senso era lì con me, ma non come io avrei voluto. Quanto mi mancava, cazzo. Mi alzai dal divano, accesi la radio e comincai a disfare i bagagli. Radio TKM 103.7 mandava in onda "Wish You Were Here" di Avril Lavigne. Ma dico io, con tutte le canzoni che esistevano nell'universo, giusto questa dovevano mettere? Inutile dire che le lacrime scesoro sole, senza che io potessi rendermene conto. Preparai il mio letto, posizionai tovaglie e accappatoio in bagno e misi i vestiti nell'armadio. Non appena finii di sistemarmi, sentii uno strano rumore provenire dal mio stomaco, un mix tra la vibrazione di un telefono e un martello pneumatico in funzione. Guardai l'orologio e vidi che il mio stomaco aveva ragione: erano le 14:30. Stavo morendo di fame, ma non avevo niente da mangiare a casa, ovviamente.
« I supermercati sicuramente saranno chiusi a quest'ora » - pensai
L'unica cosa che mi venne in mente in quel momento era quella di prendere le chiavi di casa, uscire sul pianerottolo e bussare al mio dirimpettaio. Appartamento 5B. *toc toc*. Passarono un paio di minuti quando, appena prima di perdere le speranze, sentii qualcuno avvicinarsi alla porta.
La porta si aprii e mi trovai davanti agli occhi un ragazzo, che all'incirca poteva avere 21-22 anni, media statura, occhi castano-chiari, capelli corti e neri e un sorriso magnifico. Gli porsi la mano e mi presentai:
« Ciao, sono Stefania. Sono appena arrivata dall'Italia. Scusa per il disturbo ».
« Ciao, piacere il mio nome è Marco. Nessun disturbo, tranquilla » - accennò un sorriso. « Benvenuta a Buenos Aires allora ».
Oddio aveva un accento bellissimo, ma non era argentino, forse era spagnolo.
« Grazie Marco, sei davvero gentile. Tu nemmeno sei di queste parti, vero? »
« 2 minuti che parliamo e sei riuscita a capire che non sono di qui? Impressionante » – sorrise. « Beh hai un' accento diverso da quello che ho sentito in queste ultime ore ». 
« Incredibile... oh, che imbranato! Non ti ho offerto niente o invitato ad entrare. Prego, accomodati ». Mi aprii la porta, accettai il suo invito e mi fece passare per prima. Che tenero.
Appena entrata notai che sulle pareti erano esposti alcune copie dei quadri di Van Gogh. Io amavo Van Gogh. Mi fece segno di accomodarmi sul divano e così feci. Parlammo per un paio di ore, come se ci conoscessimo da tutta una vita. Aveva un modo di fare così affabile che stare a parlare con lui mi fece dimenticare il motivo per cui ero andata a bussargli. Non sentii più il mio stomaco lamentarsi per la fame.
Facemmo merenda, Marco iniziò a introdurmi nel mondo argentino offrendomi del mate. Il mate è un' infusione preparata con le foglie di erba Mate, simile al tè.
In quelle ore scoprii che Marco era spagnolo, di Siviglia precisamente. Aveva 21 anni, e come me, era stato ammesso alla UBA con una borsa di studio. La notizia più importante era che saremmo stati colleghi. Che bello iniziare una nuova vita lontana da casa, con un nuovo amico.
Stefania e Marco, due europei alla conquista dell'Argentina. Si, suonava bene.
Marco insistette perchè rimanessi a cena da lui, considerando che passammo tutto il pomeriggio a parlare e non avevo potuto far la spesa. Visto che non gli era capitato ancora di avere ospiti a cena, considerando che si era trasferito da un paio di mesi, decise di stupirmi con le sue abilità di cuoco, cucinandomi una deliziosa paella. La fine del mondo. Carino, intelligente e anche cuoco. Sarebbe stato la mia salvezza. Rimasi con Marco fino alle 22, dopo aver mangiato fino allo sfinimento e dopo esserci visti un film rilassandoci sul divano. Un leggero principio di jet lag cominciò a farsi sentire, così presi le mie cose, mi avviai alla porta, salutai Marco e lo ringrazio per il tempo trascorso con me e per l'ottima cena e ritornai nel mio appartamento felice di avere un nuovo amico.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Me and you - Stefania e Marco ***


Le cose che avevo da fare prima di iniziare l'università erano così tante che non mi resi conto che era già il 28 Febbraio e che l'indomani sarebbe iniziata la mia avventura alla UBA.
Ero molto nervosa, quindi invitai Marco a cena. Stavolta lo avrei stupito io, non per vantarmi, ma la cucina era una delle mie specialità. Gli mandai un messaggio al cellulare.
« Stasera cena da me. Che ne pensi? Cucina italiana, non accetto un no come risposta :) Ste ».
Un paio di minuti dopo arrivò la sua risposta:
<< Certo che vengo, come potrei rifiutare dell'ottimo cibo italiano? :) Alle 19:30 sono da te. Marco ».
Mi misi subito all'opera. Avrei preparato a Marco una cena basata sui miei piatti forti. Iniziando dagli antipasti: Bruschette alla Romana. Come primo bucatini all'amatriciana e come dessert un sorbetto al limone. Alle 19:30 spaccate, bussarono alla porta, ovviamente era Marco. Mi portò una bottiglia di vino bianco, per inaugurarare la casa. Che gesto dolce.
È assurdo che, nonostante avessimo passato ogni giorno insieme, dal mio arrivo, questa era la prima volta che lo invitavo a mangiare a casa mia. Ci mettemmo a tavola e cominciamo a mangiare le bruschette e misi come musica di sottofondo un CD di Michael Bublè che i miei amici mi avevano regalato prima di partire.
« Mmm ottime queste bruschette, davvero buone » disse Marco ingozzandosi di tutte le bruschette che poteva tenere in mano.
« Grazie mille, non è che ci voglia una laurea per tostare del pane e tagliare qualche pomodorino » risi.
« Sicuramente, ma si vede che ci metti amore » replicò
« E ancora non hai assaggiato la pasta » ridacchiai.
Mi diressi in cucina a controllare l'acqua della pasta. Ancora qualche minuto. Nel frattempo, una chiaccherata con il mio amico sul divano era quello che ci voleva.
« Quindi.. Sei nervosa per domani? ».
« Abbastanza. Non so cosa aspettarmi. E tu? ».
« Stranamente sono calmo. E ti dirò di più, se incontro la ragazza giusta, potrei decidermi a rimanere qui anche dopo la laurea » dise lui scherzando, ma cercando di mantenere un profilo serio.
« Stai pensando seriamente di fidanzarti a inizio semestre? Non ti sembra prestino? ». chiesi io titubante.
Ripensai alla storia che mi aveva raccontato qualche settimana prima. Poverino, mi faceva una pena. La sua ragazza lo aveva tradito dopo 5 anni di fidanzamento, perchè andava a letto con il suo migliore amico, nonchè coinquilino. Un bel giorno, Marco tornando a casa dall'università, li vide sul divano del salotto, avvinghiati e nudi. Questo gli fece prendere in considerazione l'idea di richiedere la Borsa di Studio per un'altro paese.
« Beh, forse si forse no. Chi può dire se domani incontrerò la donna della mia vita? Nessuno. E poi nessuno decide quando o di chi innamorarsi. Giusto? » - rispose lui.
Su questo aveva ragione. Non siamo noi a decidere di chi o quando innamorarci, succede e basta.
« E poi potrebbe capitare anche a te, mia cara » continuò lui, assumendo un tono da SoTuttoIo.
« Certo come no, perchè la prima cosa che farò domani sarà puntare gli occhi su qualche ragazzo.. Tsk sogna caro »
« Siamo li, chi lo sa. Hai deciso che non t'innamorerai più dopo la rottura con il tuo ex? »
« Sai che ti odio, vero? »
« Non riusciresti mai ad odiarmi. Sono troppo gentile, carino e sono il tuo unico amico qui ». fece la faccia di un cucciolo abbandonato.
E anche su questo aveva ragione. Non avrei potuto odiarlo nemmeno tra un milione di anni. E chissà magari aveva ragione sul fatto di incontrare l'amore. Dopotutto, meritavo anche io di avere qualcuno accanto. Magari non subito, dato che avevo rotto da poco con il mio fidanzato storico, ma prima o poi, avrei incontrato qualcuno che mi avrebbe fatto rivivere quelle emozioni bellissime. Una cosa era certa, mai più fidanzarsi con uno dei tuoi migliori amici.
Ebbene si, il mio ex fidanzato era, veramente è tutt'ora, il mio migliore amico. Ci fidanzammo nel 2009, costretti a dichiararci da Laura che, ovviamente, aveva capito fin da subito che tra di noi poteva esserci qualche cosa. Poi quando presi la decisione di mandare la richiesta per la borsa di studio a Buenos Aires, io e lui, Andrea, litigammo e decidemmo di troncare la nostra relazione amorosa, ma decidemmo anche di restare gli ottimi amici di sempre. Così per lui, e anche per me,fu più facile accettare la distanza. Certo mi mancava, mi mancava passare i pomeriggi insieme a lui, fare le gare a chi arrivava prima a Villa Borghese, sederci ore e ore sulla nostra panchina a leggere, scambiarci baci e ricordare Laura con i nostri album di foto.
Dopo tutto questo pensare mi era venuta fame e mi ricordai della pentola lasciata sul fuoco. Andai in cucina, misi la pasta nell'acqua e dopo 5-6 minuti tornai nel living con quella che credo fosse stata la mia miglior cena nella storia delle cene tra amici.
« Devo ammetterlo... sei bravissima... ancora più di me » disse Marco con la bocca piena
« Grazie, te l'avevo detto che era la mia specialità » gongolai. Mi piaceva quando gli altri apprezzavano i miei sforzi in cucina.
« Dove hai imparato? »
« Mio nonno faceva il cuoco in un ristorante vicino Piazza Di Spagna e mia mamma è, anche lei, un'ottima cuoca. Quindi direi che la risposta alla tua domanda è: Patrimonio Genetico ». risi
Pulimmo quei piatti di pasta nel giro di qualche secondo. Ridemmo e scherzammo tutta la notte. Non mi divertivo cosí tanto con qualcuno da tanto tempo. A Laura, Marco sarebbe piaciuto, ne ero sicura.
« Si è fatto tardi. Meglio andare a dormire altrimenti domani chi si alza » disse Marco, raccogliendo il suo giubbotto.
« Hai ragione, a me tocca prima lavare tutto questo pandemonio e poi mi dedicherò al letto ».
« Buonanotte, a domani ». Mi augurò la buonanotte con un bacio sulla guancia.
« A domani, notte ». ricambiai Chiusi la porta, andai a lavare i piatti e la cucina e poi, finalmente, destinazione letto.
L'indomani sarebbe stata una giornata molto impegnativa.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** It's a brand new day ***



06:00 a.m 01/03
Non chiusi occhio per tutta la notte. Mezz'ora dopo sarebbe suonata la sveglia. Avrò l'aspetto di uno zombie. Mi dissi: ma sì, alziamoci, tanto non potrei dormire neanche se volessi.
Mi alzai, andai in cucina, guardai fuori dalla finestra e vidi che la luce della cucina di Marco era accesa. Cosa ci faceva Marco alzato a quell'ora?.
Pensai che poteva essere una buona idea preparare un po' di caffè e andare ad offrirglielo. Misi la caffettiera sul fuoco e, mentre aspettavo che uscisse il caffè, andai a sistemare il mio letto.
*toc toc*. Chi era a quest'ora? Pensai.
« Arrivoo! Chi è? » chiesi.
« Chi vuoi che sia alle 06 del mattino? Marco »
Aprii la porta
« Scusami tanto se non sono una veggente. Posso pensare mai che alle 06 del mattino mi vieni a trovare a casa? »
« Ho visto la luce accesa della cucina e l'odore di caffé che sento, esce da qui, e ho pensato di venire a fare colazione con te, se non disturbo, ovviamente. Guardo cosa ho portato! » disse Marco mostrandomi le mani. Tenero lui, ha portato i biscotti per la colazione.
« Hai pensato a tutto vedo ». Risi io invitandolo a venire in cucina.
« Ovviamente, signorina »
Ci sedemmo e gustammo questa prima colazione da studenti universitari. Passò mezz'ora da quando ci sedemmo, ed io ancora dovevo lavarmi i denti e andarmi a vestire. Ero ancora in pigiama, dannazione! Marco, nel frattempo, non sembrava affatto preoccupato. Anzi era calmissimo,ma come ci riusciva? Io stavo morendo dalla paura.
« Ste, se ti vai a preparare, io vado a prendere i documenti per l'immatricolazione, prendo le chiavi della moto e un casco per te e ti passo a prendere. Mi raccomando, vestiti bene, non voglio farmi vedere il primo giorno di lezione con una barbona, mentre io sono figo ». - rise, ma io assunsi uno sguardo serio.
« Cosa vorresti insinuare? Che io non so vestirmi? Non mi pare il caso che tu giudichi il modo di vestire altrui dato che assomigli alla tavolozza di un pittore».
« Suvvia, sto scherzando. Mamma mia come siamo nervose di prima mattina » mi diede delle tenere pacche sulla spalla e poi mi abbracciò.
« Scusa, ma sono troppo nervosa e me la prendo per la minima cosa. Probabilmente andrà tutto bene ed io mi sto facendo paranoie inuili ». - dissi
« Scuse accettate e adesso corri a sbrigarti che alle 8 iniziano le lezioni e non voglio trovare traffico per strada ». Marco e la sua puntualità maniacale. É peggio di me. Io sono sempre puntuale, ma non come lui. Lui ha una vera e propria malattia.
« Okay, okay vado a vestirmi ».
Marco uscì da casa mia ed io andai in camera a scegliere i vestiti. Mmm che avrei potuto mettermi? Ah, certo! Cominciai a rovistare tra le magliette alla ricerca di una maglia a 3/4 molto particolare. Me l'aveva regalata mia sorella Monica prima di trasferirsi in Belgio. Era la sua preferita, e anche a me piaceva in particolar modo, cosí quando é partita, ha voluto cedermela. È una maglia verde bottiglia con le maniche e la parte superiore lavorate con il merletto. Si,decisamente dovevo mettermi quella maglietta. Eccola qui. Presi un paio di jeans e degli stivaletti beije, li indossai e mi fiondai in bagno per truccarmi. 2 minuti e poi pronta. Fatto, dovevo solo prendere le chiavi e i documenti.
Chiusi la porta, e mentre lo facevo, controllai scrupolosamente di avere chiuso tutte le finestre e notai che Marco mi stava aspettando sul pianerottolo pronto a cominciare questa nuova grande avventura. Mi porse il suo casco e notai solo in quel momento che si era sistemato i capelli. Quando li aveva tagliati? Era piú carino del solito.
« Marcolí, ma quando li hai tagliati i capelli? ».
« Ah te ne sei accorta? Beenee,pensavo non te ne saresti accorta mai » rise « li ho tagliati ieri. Ma ieri sera eri troppo nervosa per accorgerti di qualsiasi cosa »
« Hai ragione. Scusami se sono stata un po' distratta in questo periodo »
« Tranquilla, ti capisco. Andiamo? »
« Andiamo » sforzai un sorriso.
Salimmo in sella alla sua Honda CBF 125 e in silenzio ci avviammo verso la tanto attesa UBA. Arrivammo dopo circa 25 minuti nella grande cittadella universitaria e cercammo un posto. Sentii miliardi di occhi puntati su di noi. Per quale motivo tutti ci stavano fissando? Non hanno mai visto una moto?
Un ragazzo stava venendo verso di noi con dei volantini in mano. Si fermò proprio davanti a noi e con molta gentilezza si presentò:
« Salve ragazzi, benvenuti alla UBA. Il mio nome è Nicolas, ma potete chiamarmi Nico, come preferite » disse sfoggiando un sorriso a 32 denti. « E voi siete? »
« Molto piacere, io sono Marco » « E io sono Stefania. Piacere »
« Bene, Stefania e Marco, seguitemi » Nicolas sembrava davvero molto simpatico. Ci ha mostrato un po' l'ateneo che era immenso. Aule, laboratori, auditorium, uffici. Anche lui è un nostro collega, un'anno avanti rispetto a noi, che a quanto pare avrebbe seguito qualche lezione con noi matricole.
« Raccontatemi un po': di dove siete? »
« Io sono italiana, mentre lui è spagnolo » Mi sentii molto più a mio agio, man mano che parlammo con Nico.
« Wow! Sono entrambe molto lontano da qui. Come mai avete scelto proprio Buenos A…»
Non fece in tempo a finire la parola che dalla segreteria, attraverso gli altoparlanti, il suono di una campana diede inizio alle lezioni.
« Accidenti… non mancherà tempo per raccontarmi la vostra avventura. Ci vediamo a mensa? » disse Nico cercando qualcosa nel suo enorme zaino.
« Certamente. A dopo » all'unisono io e Marco.
Nico si incamminò verso la sua aula, io e Marco, invece, ci avviammo verso la segreteria per consegnare tutti quegli incartamenti per l'immatricolazione e per farci dare l'orario.
Prima lezione del primo giorno da matricola argentina: linguistica generale. Il professore stava spiegando, provai a prendere appunti e cercai di seguire più che potevo, ma sentii il disagio pervadermi la pelle. Paura piuttosto che disagio. Paura di non farcela e di non essere all'altezza. Ma, mentre questi pensieri scombussolavano la mia mente, venni riportata al mondo reale da Marco che, vedendomi preoccupata, prese amorevolmente la mia mano infondendomi una strana tranquillità, come se in quel momento, proprio lì, fossimo solamente io e lui. Gli voglio un bene dell'anima. Potrei persino dire, nonostante siano pochi i mesi di conoscenza, di amarlo. Un momento... Amarlo nel senso di amarlo come si può amare un fratello. Gli strinsi la mano come se dovessi stringerla per l'ultima volta e passammo il resto dell'ora a guardarci e a scambiarci sguardi di comprensione. Lui non parlava, ma potevo leggere nei suoi occhi quello che stava pensando. Senza neanche rendercene conto, la lezione era finita e il professore si stava congedando da noi studenti.
Le due ore successive passarono più o meno veloci e considerando che sono più tranquilla, non vedevo l'ora di andare a mensa per incontrare Nico. Come d'accordo, lui ci stava aspettando e aveva persino riservato i posti anche per noi. Al tavolo con lui c'erano anche altre persone: due ragazze e un ragazzo. Nico ci vide mentre con i vassoi cercavamo di raggiungere il tavolo e venne a darci una mano. Arrivati sul posto e una volta presi i nostri posti, Nico ci presentò la sua combriccola.
« Ragazzi, loro sono quelli di cui vi ho parlato stamattina. Lei è Stefania e lui Marco. Oggi per loro è stato il primo giorno qui all'università. Suvvia, non siate timidi ».
Una ragazza dai lunghi capelli rossi e dagli occhi color miele, che non smise neanche per un'attimo di guardare Marco, mi porse la mano e si presentò:
« Ciao,io sono Veronika. Che bello conoscervi, Nico ci stava parlando di voi » disse sfoggiando un sorriso smagliante.
L'altra ragazza era castana, occhi verdi, viso un po' pallido, ma così perfetto da sembrare di porcellana. Sembra molto chiusa, riservata, non parla moltissimo, ma cercò di fare uno sforzo e si presenta anche lei:
« Ciao, io sono Mariana » disse con un filo di voce.
« Ciao ragazze, è un piacere conoscere qualche altra ragazza finalmente, dopo due mesi che sono qui. Io sono Stefania.»
« Ehi ci sarei anch'io, sai?»
Non avevo ancora realizzato che il ragazzo seduto tra Nico e Veronika mi stava guardando. Aveva i capelli nero corvino e gli occhi grigio antracite.
« Scusa non volevo escluderti dalla conversazione. Ti ho visto occupato parlando con i ragazzi che non volevo disturbare. Comunque, piacere Stefania »
« Ehi guarda che sto scherzando » rise « Comunque io sono Julio » continuò porgendomi la sua mano.
Cominciammo a pranzare e a parlare del più e del meno. Niente avrebbe potuto rovinare quel momento. Forse parlai troppo presto. Nel bel mezzo di un' “importantissimo” discorso riguardante i tacchi, ecco che Mariana prese il suo vassoio e, senza dire una parola, se ne andò.
« Che le prende? » chiese Nico a Julio
« Lo sai com'è fatta. Mia sorella è un poco strana »
« Mariana è tua sorella? » chiesi io
« Ehm…sì. O meglio è la mia sorellastra »
« Capisco. Cosa intendi con la frase: "Mia sorella è un poco strana?" »
« Niente di preoccupante. Ogni tanto decide di estraniarsi da tutti,senza alcun motivo » disse Julio continuando a mangiare a più non posso. « È così da che la conosco »
Un motivo deve pur esserci. La gente non se ne va nel bel mezzo di una discussione senza un motivo. Decisi di ignorare quel commento di Julio e finii di pranzare. La giornata fu una presentazione dopo l'altra. Non ricordo nemmeno i nomi di quelli che sono venuti a presentarsi, professori compresi. Non smisi un attimo di pensare a Mariana e al suo strano comportamento. Non ricordo di aver detto qualche qualche cosa che l'abbia potuta offendere in qualche modo. Arrivò il momento tanto atteso: il ritorno a casa. Finalmente, dopo nove lunghe ore, potevo tornare nella mia casetta e starmene in pigiama quanto volevo.
In sella alla moto di Marco, mi lasciai trasportare dalla leggera brezza che passava attraverso un piccolo spiraglio della visiera del casco, e mi addormentai per poi svegliarmi 25 minuti dopo perché arrivati a destinazione. Scendendo dalla moto, Marco mi chiese di cenare con lui, ma dovetti rifiutare, ero troppo stanca. L'unica cosa che volevo era farmi una bella doccia e andarmi a buttare sul letto come se non esistesse un domani.
Prima di andare a dormire, presi il telefono e mandai un messaggio a Marco.
Io: « Grazie per essermi accanto. Sei un'amico. Ti voglio bene. Buonanotte <3 »
Marco: « Non ho fatto niente. Starti accanto è il mio compito. Ti voglio troppo bene. Notte a domani <3 ».
Mi si formò un sorriso e riposai il telefono sul comodino.
Buonanotte anche a te, amica mia.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2904940