The World Of Demons - Il Portale Dei Demoni (vecchia)

di Zikiki98
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter one - Idris. ***
Capitolo 2: *** Chapter two - Forks. ***
Capitolo 3: *** Chapter three - First day. ***
Capitolo 4: *** Chapter four - Vampire. ***
Capitolo 5: *** Chapter five - Brother. ***
Capitolo 6: *** Chapter six - Seattle. ***
Capitolo 7: *** Ehilà! ***
Capitolo 8: *** Ciao, ciao 2014 👋 ***
Capitolo 9: *** ok, non picchiatemi per favore ♥ ***
Capitolo 10: *** Chapter seven - Return to ***
Capitolo 11: *** Chapter eight - Stories of the past. ***
Capitolo 12: *** Chapter nine - Werewolves. ***
Capitolo 13: *** Chapter ten - The truth. ***
Capitolo 14: *** Sono tornataaaaa ***
Capitolo 15: *** Chapter eleven - A naked. ***
Capitolo 16: *** Chapter twelve - Go away, and never come back. ***
Capitolo 17: *** Chapter thirteen - No nothing. ***
Capitolo 18: *** Chapter fuorteen - Kidnapping. ***
Capitolo 19: *** Chapter fifteen - Departures. ***
Capitolo 20: *** Chapter sixteen - Strategies. ***
Capitolo 21: *** AH CHI NON MUORE SI RIVEDE ***
Capitolo 22: *** Continuo anche su efp ***
Capitolo 23: *** PUBBLICATA SU EFP! ***



Capitolo 1
*** Chapter one - Idris. ***


The wolrld of demons capitolo 1
#RISCRITTO
THE WORLD OF DEMONS
°IL PORTALE DEI DEMONI°


CHAPTER ONE - IDRIS.


Idris era stupenda: con quelle infinite colline di prati verde acceso, i fiori delicati color bianco candido e il cielo azzurro chiaro e cristallino... era così bella da sembrare irreale.
Idris era casa mia, e tutto ciò che ne faceva parte rappresentava la mia vita.
Avrei vissuto qui per l'eternità, eppure il fato aveva prescritto un altro destino per me.
Non riuscivo a credere che avrei dovuto abbandonare tutto questo: lasciare la mia patria, e con essa una parte del mio cuore, senza essere sicura che un giorno vi avrei fatto ritorno. Tutto in questo momento dipendeva dal caso.
Ad ogni modo, volente o nolente, avrei dovuto adempire al mio compito.
Da cento anni noi Shadowhunter eravamo nascosti per proteggerci da una situazione che ai nostri antenati era sfuggita di mano, fino a diventare una vera e propria catastrofe. Eravamo fuggiti dagli occhi del mondo, lo stesso che stavamo proteggendo e che, allo stesso tempo, ci stava sterminando a causa dell'incontrollata venuta di demoni sulla terra. Troppi perfino per noi Cacciatori, forti ma non abbastanza per vincere questa battaglia.
Tutti ci credevano morti, estinti, ma in realtà ci eravamo semplicemente rifugiati tra le braccia della nostra madre patria, l'unica che in quel momento ci avrebbe potuto concedere di vivere il più al sicuro possibile,ma nell'ombra.
Ora, dopo un secolo in nostra assenza, stavamo tornando per ricoprire la nostra razza di gloria e onore, per svolgere il nostro dovere, ciò per cui eravamo stati creati: combattere i demoni, anche a discapito della nostra vita.
Ognuno di noi ha il proprio ruolo nel mondo, il proprio scopo, e il nostro era quello di uccidere demoni per rispedirli nella loro dimensione e mantenere l'equilibrio naturale delle cose. Era come una specie il ciclo della vita, in un certo senso: il più forte che si avventa sul più debole, e così via, ma in una visione più battagliera e eroica.
Se da un lato ero triste e malinconica nel lasciare Idris, dall'altro ero elettrizzata e eccitata nel vedere, nello scoprire, com'era il mondo al di fuori dalle protezioni della città, che ci avevano sempre fatto da scudo e da divisore.
I Cacciatori più giovani, come me, erano elettrizzati all'idea che un giorno questo momento sarebbe arrivato, e ora che era decisamente alle porte, nessuno, nemmeno gli adulti, stavano più nella pelle. L'idea di libertà, dopo quello che successe ai nostri antenati, ci appariva sempre più distante e inafferrabile, ma non ce la facevamo più a vivere così, protetti costantemente da una bolla di vetro da minacce che per noi sarebbero state sempre gravose e difficili da contrastare. Nonostante Idris fosse perfetta, stava iniziando ad essere stretta.
Eravamo stati addestrati per combattere demoni, ed era giunto il nostro momento di riappropiarci dei nostri compiti.
Quando i demoni invasero Alicante cento anni fa, e ogni singolo istituto presente sul pianeta, io ovviamente non ero ancora nata, ma i racconti degli Anziani e dei Fratelli Silenti facevano raccapponare la pelle e rendevano bene l'idea degli avvenimenti di quel periodo.  Dovevano essere stati giorni davvero terrificanti, vissuti tra la paura di sopravvivere e il desiderio macabro di morire per sfuggire ad altro dolore, dovuto a ferite sia fisiche che morali.
I nostri antenati combatterono quella guerra con tutte le loro forze, lottando per la propria patria e per i Cacciatori avvenire, ma purtroppo fu persa. Tutti gli Anziani che vi parteciparono e che erano sopravvissuti alla battaglia, ormai erano morti di vecchiaia, ma i ricordi delle loro gesta resteranno sempre dentro di noi, in segno di rispetto e gratitudine.
Avevano perso, ma la loro determinazione a non arrendersi aveva permesso che oggi esistessero ancora i Shadowhunters.
Quelle creature demoniache li costrinsero a rifugiarsi nella loro città natale, sbarrando tutte le uscite, le entrate e aumentando a dismisura le difese delle protezioni che circondavano Idris, facendo lampeggiare costantemente le torri antidemoni, in segno di pericolo.
Nonostante fossimo sotto la costante protezione delle torri, anche molti anni dopo, alcuni demoni riuscirono a ingannare il sistema e a penetrare nella città, uccidendo Cacciatori su Cacciatori, non fermandosi neanche davanti a dei poveri e innocenti bambini.
Tutto questo, fino ad oggi.
I miei genitori, Charlie e Reneé Swan, morirono quel maledetto giorno, il giorno che noi chiamavamo Attentato.
Ero solo una bambina allora, avevo sei anni, e mio fratello Sebastian ne aveva pochi più di me. Sarebbe stato un episodio che avremmo ricordato per il resto dei nostri giorni, come se fosse accaduto ieri, lo sapevamo.
Fu un momento terribile per entrambi: quel giorno due bambini videro morire i propri genitori davanti ai loro occhi ricchi di innocenza, videro i loro volti deformarsi dal dolore, i loro sguardi spegnersi e abbandonare la vita che impregnava i loro corpi. Questo, avrebbe sempre fatto parte dei nostri incubi peggiori.
Ma da questo momento, quei giorni di paura, reclusione, rabbia e odio sarebbero finiti, per lasciar spazio alla sete di vendetta e di giustizia: nessun demone avrebbe avuto più scampo, e con loro, anche chi li aveva mandati l'avrebbe pagata cara.
Fortunatamente, grazie all'Angelo Raziel, dopo la scomparsa dei nostri genirori, io e mio fratello non venimmo abbandonati a noi stessi, ma la famiglia Durwood si prese cura di noi piccole pesti, adottandoci.
Erano vecchi amici dei nostri genitori e li conoscevamo, perciò eravamo stati davvero fortunati. Non potevamo chiedere candidati migliori per crescere come nostro padre e nostra madre avrebbero voluto crescerci, perché sapevamo che ci avrebbero insegnato i giusti valori della famiglia, della patria e della guerra, gli stessi in cui loro credevano.
Non tutti avrebbero fatto quello che i Durwood fecero per me e per mio fratello, e di questo gli sarei sempre stata grata, per la vita.
Siamo stati cresciuti ed educati da loro alla pari dei loro figli, William, George e Stephan, imparando l'arte del combattimento da nostro padre Jonathan  e materie come la demonologia, la biologia e la botanica da nostra madre Marie.
Per me e Sebastian, ma sopratutto per me, erano come dei veri e propri punti di riferimento.
Improvvisamente, risvegliandomi dai miei pensieri, qualcuno bussò alla porta della mia stanza
- Avanti - dissi tranquillamente, senza cambiare posizione.
Seduta sul davanzale della finestra, stavo contemplando il paesaggio, come mai avevo fatto prima d'ora. Lo scrutavo con occhi più attenti e vigili, nel tentativo di memorizzare qualunque cosa il mio cervello riuscisse poi a ricordare, in modo da patirne meno nostalgia possibile una volta lontana da qui. Probabilmente perchè sapevo che questa sarebbe stata l'ultima volta che avrei rivisto quello spettacolo dopo chissà quanto tempo.
La cosa sinceramente mi metteva un po' paura: spostarsi così, senza un preavviso abbastanza lungo che permettesse di realizzare appieno la cosa, dopo non aver visto nient'altro se non quel mondo... era terrificante.
Ma avrei dovuto accettarlo e lo avrei fatto ricordandomi che, in fondo, non ero l'unica a trovarmi in quella situazione, che fuori da questa casa, c'erano altre migliaia di persone che si sentivano come me, come se tutto gli stesse sfuggendo dalle mani davanti ad una realtà che cambia drasticamente, senza che tu possa fare niente per fermarne il processo.
La serratura scattò, spalancando la porta e rivelando così la figura di mio fratello Stephan, il minore della stirpe dei Durwood.
Io e Ste avevamo molte cose in comune: ad esempio, entrambi avevamo sedici anni, e in quella casa piena di adulti, trovavamo conforto l'uno nell'altra davanti alle ingiustizie imposte dai nostri genitori che, appunto, tendevano a differenziarci dai nostri fratelli maggiori per via dell'età.
L'unica pecca di questo fantastico rapporto con lui, era la gelosia costante di Sebastian, mio fratello di sangue, che credeva che io preferissi Stephan a lui, nonostante gli abbia spiegato più volte che non avevo alcun tipo di preferenza sui miei fratelli.
- Fatto le valige? - chiese avvicinandosi a me lentamente, con uno sguardo che diceva più di mille parole.
Sospirai, accennando un piccolo sorriso - Sì... e tu? - .
- Pronte! - esclamò, con un po' troppo entusiasmo.
Risi mestamente, era davvero strano a volte.
Senza che lo invitassi a farlo, si accomodò davanti a me sul davanzale, facendo incrociare le nostre gambe in un groviglio confuso, e cambiando la posizione comoda che ero riuscita a trovare con tanta fatica.
Decisi di mantenere il mio sguardo fuori dalla finestra, pensierosa, finché non iniziai a sentire i suoi occhi sulla mia figura, mettendomi a disagio. Sapeva quando mi dava fastidio essere osservata, e lui stava facendo esattamente quello.
- Qualcosa non va? - chiese scrutandomi meglio. Sapevo che non si stava riferendo al mio imbarazzo per il suo sguardo curioso, ma a ben altro. Probabilmente aveva notato il mio umore appena entrato nella mia stanza.
Mi mordicchiai leggermente il labbro inferiore, pensando a cosa dire. Lo facevo sempre quando ero un po' nervosa, e in quel momento, lo ero.
- E' tutto ok, è solo che... che questo posto mi mancherà come l'aria. Sarà difficile lasciarselo alle spalle - e non solo perchè mi faceva sentire a casa e perchè era un posto fantastico.
I miei genitori biologici erano stati sepolti qui, e questo avrebbe di conseguenza impedito la possibilità che io andassi a trovarli con la stessa frequenza con cui andavo finora.
Sembrò leggermi nel pensiero - Non lascerai nulla alle spalle  Bella, vedrai che non sarà nulla di definitivo. Appena termineremo il nostro dovere torneremo qui, ti riporterò qui - .
Sorrisi leggermente, sentendomi già meglio all'effetto delle sue parole - Ma quanto puoi essere dolce? - .
Rise - Non dirlo agli altri - .
Per "altri" intendeva William, George e Sebastian che, ormai, secondo la nostra politica, potevano essere considerati senza problemi Shadowhunters adulti, avendo compiuto tutti la maggior età.
Per questo, in quel momento, io e Stephan eravamo gli unici in casa, perché tutta la nostra famiglia era alla riunione del Consiglio e, considerando che non avevamo ancora compiuto diciotto anni, per il Conclave eravamo dei bambini.
Bambini abbastanza grandi per uccidere demoni e rischiare la propria vita per proteggere quella degli altri, ma troppo piccoli per presenziare a delle stupide riunioni che, oltretutto, ci riguardavano. Sarebbe stato nostro diritto partecipare, ma sapevo che protestare non avrebbe portato a nulla di buono. Avevamo atri problemi da risolvere e poi, ancora pochi anni, e anche io avrei potuto ascoltare le riunioni, perciò il problema non mi avrebbe più riguardato.
- Lo giuro sull'Angelo - dissi portandomi la mano destra sul cuore, con fare solenne e rispettoso nei confronti del nostro creatore.
Alzò gli occhi al cielo - A volte sei davvero assurda - .
Gli feci la linguaccia, divertita - E tu sei sempre strano - .
- Davvero maturo! - mi prese in giro, provando a farmi il solletico, ma riuscii a sfuggire in tempo dalle sue mani.
Gli diedi un pugno sulla spalla - Parla per te, idiota! - .
E scoppiammo a ridere.
Stare insieme a Stephan era una delle cose più semplici e naturali che si potesse fare, e condividere parte delle mie giornate con lui era bello perché spesso era l'unico che provasse a capirmi davvero.
E poi, obiettivamente, era un bel ragazzo: i suoi capelli erano color biondo scuro, aveva gli occhi azzurri, i tratti spigolosi e portava un paio di occhiali che gli ricadevano sul naso, dandogli un'aria decisamente più tenera rispetto ai suoi fratelli.
I fratelli Durwood sembravano essere stati clonati, erano tutti uguali e spiaccicati al padre, Jonathan. Dalla madre avevano preso poco, se non niente.
Mio fratello Sebastian invece aveva i capelli scuri, che teneva costantemente in disordine, gli occhi verdi, proprio come nostra madre, zigomi poco pronunciati e un bel fisico.
Io invece ero la copia esatta di mio padre, o almeno, questo era quello che mi dicevano i Durwood. Avevo i capelli lunghi che arrivavano fino a metà schiena, caratterizzati da un color mogano acceso che li rendeva quasi rossi sotto la luce del sole, e i miei occhi erano color cioccolato. Non ero mai stata molto alta, perciò l'altezza non era di certo il mio punto di forza, ma direi che per il resto non mi potevo di certo lamentare, a parte per la seconda scarsa di reggiseno.
Mentre guardavo fuori dalla finestra, in lontananza, si iniziavano ad intravedere alcuni Shadowhunters che tornavano a casa dopo la riunione, per annunciare a tutti, in generale alle proprie famiglie, le raccomandazioni che il Console aveva fatto e dove ci avrebbero trasferiti.
Ogni famiglia si sarebbe trasferita nella città dove era presente una maggior attività demoniaca. Fortunatamente il Conclave era riuscito a localizzare sulla mappa, grazie all'aiuto di uno stregone di fiducia, esattamente i luoghi dove potesse esserci un alto tasso di questa presenza, anche se ovviamente, essendo dei reclusi, non potevamo esserne completamente certi.
- Stanno tornando - pensò ad alta voce Ste, anche lui con lo sguardo perso fuori dalla finestra.
- Già - e gli passai una mano davanti agli occhi per riportarlo alla realtà - Ehi, ci sei ancora? - .
- Sì, sì, scusa. Stavo solo pensando - .
- A cosa? - domandai curiosa.
Sorrise timidamente - Niente di importante, davvero - .
Era inutile insistere quando faceva così, sapevo che non me ne avrebbe parlato, e io non ero quel tipo di persona che insisteva per sapere che cosa ti affligge. Non ero così impicciona, ma in ogni caso, lui sapeva che, qualsiasi cosa avesse avuto, lo avrei ascoltato, sempre.
Sospirai - Come vuoi. Li aspettiamo di sotto? - .
- Certo! - .
Così, senza dire più nulla, ci alzammo e ci incamminammo verso il salotto, curiosi di sapere dove ci avrebbe portato questa nuova avventura.
__

- Forks? Non ne ho mai sentito parlare - mormorò poco convinto Stephan accanto a me.
- E' vicino a Seattle - lo informò stufo Will.
Da quella riunione erano tornati tutti molto stanchi e assonnati. A quanto detto da loro, erano state tre ore davvero allucinanti, a cui si avrebbe potuto fare volentieri a meno, se solo quest'evento fosse stato organizzato in modo migliore.
Alcuni conservatori della città, che non volevano assolutamente accettare le nuove riforme indette dal Conclave, avevano deciso di discutere le loro motivazioni, alzando la voce e causando un grande caos.
Quindi, essere adulti, non portava poi tutti questi grandi vantaggi...
- Ovviamente - riprese mamma, che aveva parlato fino a poco prima - Non controlleremo un territorio così vasto. Ci limiteremo a proteggere Forks, dove risiederemo stabilmente, Port Angeles e La Push. Tenete conto che alla riserva il territorio appartiene ai Quileutes, quindi ci sarà meno lavoro da svolgere - .
La guardai sorpresa. I Quileutes? Com'era possibile che degli umani potessero proteggere le loro terre e le persone che ci abitavano?
Non potevano combattere contro dei demoni, non ne avevano nè le capacità nè i mezzi. Avrebbero scambiato quei mostri per cani rabbiosi o altri esseri simili, sottovalutando la situazione e conducendoli così ad una morte certa. Anche se fossero sopravvissuti, erano comunque troppo deboli per affrontarli.
- Com'è possibile? - chiesi infine, non lasciando trapelare nessuna emozione.
Fu papà Jonathan a rispondermi - A quanto pare, il suolo è battuto da un branco di Licantropi - .
Stephan, al mio fianco, si lasciò andare in un urlo di esaltazione - Wow! Licantropi? Quindi collaboreremo con i Nascosti! - .
Non avendone mai visto uno, l'idea di incontrare un gruppo di Lupi eccitava anche me, anche se sapevo che, dopo tutto quello che era successo ai nostri antenati, e ai miei genitori, non avrei dovuto sentirmi in quel modo. Perciò, cercai di non darlo a vedere e di contenere le mie emozioni.
- Non ci pensare nemmeno! - lo ammonirono George e Sebastian, con una decisione tale che uno schiaffo in faccia avrebbe probabilmente causato meno dolore e umiliazione.
Stephan, come previsto, si deprimì subito - Come? Perchè? - .
- Non possiamo rivelare la nostra esistenza ai Nascosti - spiegò Sebastian - Non sappiamo esattamente come sia andata cento anni fa, potrebbero aver collaborato con chi ha creato quel maledetto esercito di demoni - .
- Com'è possibile che non se ne accorgano? I lupi fiuteranno il nostro odore! - esclamai confusa, non riuscendo a seguirli.
Era davvero un ragionamento assurdo, campato in aria. Quello che dicevano non stava nè in cielo nè in terra!
Era palese, sicuro quanto la morte, che qualche Nascosto anni orsono avesse collaborato con il "nemico" a noi sconosciuto. Soltanto gli stregoni avevano la capacità di creare portali per mettere in collegamento una dimensione ad un'altra, quindi sicuramente c'era di mezzo qualcuno di loro. Altre creature, compresi noi Nephilim, non ne avevamo le capacità.
- Il branco è giovane, si è formato solo da qualche anno - continuò imperterrito mio fratello - Sicuramente non avranno mai sentito parlare di noi. Di chi ci dobbiamo preoccupare veramente sono i vampiri e gli stregoni: loro sono immortali e quelli che hanno anche solo un secolo di vita sanno che siamo esistiti. Dovremmo cammuffarci, sopratutto voi - terminò riferendosi a me e Stephan.
- Perchè? - domandai confusa, alzando le sopracciglia.
- Secondo lo stato Americano dovete andare a scuola - ci informò papà - e per non destare sospetti, ci andrete davvero - .
A scuola? Avrei dovuto frequentare le scuole mondane?
Non ne avevo mai frequentata una in tutta la mia vita, nemmeno qui, ad Idris. I miei insegnanti erano sempre stati Jonathan e Marie, di conseguenza, nè io nè i miei fratelli avevamo mai messo piede in una vera e propria scuola. E poi, ero più che convinta, che le materie non fossero le stesse: non penso che per i mondani fosse ultile studiare demonologia, come per me non era rilevante studiare matematica.
Anche Stephan al mio fianco sembrò preoccuparsi - Scuola? Ma noi non ci siamo mai andati! E non penso proprio che le materie siano proprio le stesse! Non abbiamo le giuste competenze per... - .
Mamma lo interruppe - Dovete solo stare attenti e proteggere gli umani presenti nella scuola, mentre noi penseremo al resto del terrirorio che ci hanno assegnato. Non dovete per forza prendere buone valutazioni, non ci interessa questo, ma dovete compiere in modo eccellente il vostro compito di Shadowhunters, senza dare confidenza a nessuno, sia chiaro. Non dovete farvi scoprire, il Conclave è stato molto severo su questo argomento - .
Incondizionatamente, mi guardai le braccia ricoperte da ghirigori e cicatrici prodotte dallo stilo. Sarebbe stato un impiego più difficile del previsto. Avevamo segni permanenti e cicatrici abbastanza difficili da coprire.
- Come faremo a nascondere le rune? - chiesi, iniziando a preoccuparmi.
Ogni Shadowhunters amava le proprie rune e cicatrici, perché ognuna aveva un suo perché e una sua storia. Più il corpo ne era ricoperto, più si era rispettati e temuti dagli altri Cacciatori. Era una questione d'onore.
Bisognava indossarle con orgoglio, perchè dimostravano con quanta dedizione ci impegnavamo nel nostro lavoro. Erano come un premio che rappresentava la bravura un Cacciatore.
- Questo sì che è un problema... - mormorò sfregandosi il mento con una mano, Will.
- Dovrete coprirle, non avete scelta: niente maglie scollate, dovrete indossare felpe, maglioni e magliette a maniche lunghe - affermò Sebastian - Non risulterà strano, a Forks fa freddo perfino in estate - .
Fantastico.
Una cosa che proprio non sopportavo era il freddo. Ero più quel tipo di persona che amava la calura del sole estivo e la brezza leggera della primavera. L'inverno e l'autunno non favevano proprio per me.
- E se, per sbaglio, un mondano dovesse vederle? - domandò grattandosi la testa Stephan, quasi impaurito da quella possibilità.
Alzai gli occhi al cielo - I mondani al posto delle rune vedono cicatrici - gli ricordai.
Boccheggiò per qualche secondo, per poi mormorare un - Ah... giusto - .
Cercai di non ridere, anche se avevo una voglia matta di prenderlo in giro per il suo essere così sbadato. Ma questo non era esattamente il momento adatto per mettersi a sghignazzare.
- Dovremmo prestare più attenzione ai Nascosti invece. Loro le nostre rune le possono vedere senza difficoltà - ci ricordò papà, alzandosi dalla poltrona dove si era accomodato appena messo piede in casa - Direi che è arrivato il momento di andare a riposare, domani sarà una giornata molto lunga - .
Tutti noi lo seguimmo a ruota, alzandoci dalle nostre postazioni sul divano.
- Perchè? - chiesi, tanto per rompere il silenzio.
George si avvicinò di più a me poggiandomi un braccio sulle spalle, con un tale entusiasmo da prendermi quasi alla sprovvista - Domani si parte Bells! Alle cinque del mattino in piedi, anche se il portale verrà aperto alle sei, ma, detto fra di noi: non ho voglia di essere l'ultimo a partire! - .


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Capitolo 2
*** Chapter two - Forks. ***


The world of demons capitolo 2
THE WORLD OF DEMONS
°IL PORTALE DEI DEMONI°


CHAPTER TWO - FORKS.


Avevamo attraversato il portale da qualche ora ormai e adesso ci trovavamo a Forks.
Se un giorno qualcuno mi avesse detto che sarei dovuta andare via da Idris, gli avrei sputato in faccia.
Dico sul serio.
Ma tutto sommato, anche Forks non era poi così male...
Certo faceva un freddo cane e non si riuscivano a scorgere altri colore oltre al verde, però aveva fascino.
Quando arrivammo dall'altra parte del portale, ci ritrovammo in una casa molto ampia e solare anche per essere situata in una cittadina che d'estate vedeva a stento la luce del sole, ben arredata e posta su tre livelli, senza contare la taverna, e nascosta nel bosco per evitare l'interesse di occhi curiosi.
Fortunatamente, ognuno di noi, avrebbe avuto la sua stanza, come ad Alicante.
Almeno una cosa non era cambiata.
Quella che in teoria doveva essere una taverna, scoprii in realtà che, per noi Shadowhunters, poteva benissimo essere utilizzata come palestra per gli allenamenti.
Avevamo anche un'Armeria, situata all'ultimo piano della casa.
C'era persino una televisione e sette computer, uno per ognuno di noi.
Non li avevo mai visti in vita mia ed ero eccitata all'idea di utilizzarne uno per la prima volta.
Mentre i nostri genitori erano andati ad iscrivere me e Stephan alla Forks High School, avevo provato ad accendere il mio per vedere come funzionava.
Dopo vari tentativi a caso, riuscii ad indovinare il tasto giusto per avviarlo.
- SI'! - urlai agitando le braccia in aria.
Sebastian, che si trovava in salotto con me, mi guardò come se fossi uscita di testa.
Risi a vedere la sua espressione.
- Che cos'è successo? - chiese avvicinandosi cautamente.
Lo guardai e gli dissi - Sono riuscita ad accenderlo - il mio tono di voce lasciava trapelare ancora l'esaltazione di poco prima.
- Oh - disse, sedendosi a fianco a me sul divano - E che cosa avresti acceso? - .
- Si chiama computer! - lo informai felice indicandolo.
Mi guardò con un misto fra l'incuriosito e il sorpreso - Come fai a saperlo? - .
- L'ho letto sulla scatola - dissi - L'ho trovato in camera mia - .
- Interessante - disse seriamente - E che cosa sarebbe un computer? - .
- Non lo so, adesso quando si accende vedo - risposi semplicemente aspettando che lo schermo finisse di mostrarmi un cerchio che girava su se stesso.
Chissà cosa stava facendo.
- Aspetta un'attimo! - esclamò all'improvviso - Com'è che tu hai già una camera? - .
Gli feci un sorriso a trentadue denti - Quando siamo arrivati sono andata di corsa a sceglierla. Sapevo che voi ragazzi avreste litigato per avere la stanza più grande, ma adesso potete stare tranquilli, questo problema non c'è più - dissi misurando attentamente le parole.
- Che vuol dire che non c'è più? - esclamarono indignati Will, George e Ste, che erano appena rientrati in salotto.
Sentii il sangue risalirmi su per le guance.
Mi alzai lentamente dal divano, con il computer ben saldo tra le mani, avvicinandomi il più possibile all'unica via di fuga che avevo a disposizione: le scale.
- Vuol dire che tra i quattro litiganti, il quinto gode - ero sul primo gradino che portava al piano di sopra - Per chi non avesse inteso, la quinta sono io. Questo vuol dire che... LA-CAMERA-PIU'-GRANDE-E'-MIA!!! - urlai di getto, correndo di corsa per le scale in modo da arrivare velocemente nella mia stanza per poi chiudermici dentro a chiave.
Quando avevo deciso di prendere questa stanza, non pensavo l'avrebbero presa così male.
_

Qualcuno bussò alla porta della mia stanza, facendomi svegliare di soprassalto.
Stiracchiandomi scostai le coperte in modo da liberare il groviglio che si era creato durante la notte.
"Ma che ore sono?" pensai ancora assonnata.
Guardai l'aggeggio elettronico che si trovava alla destra del mio letto su un comodino.
Era l'una del mattino.
Che cosa poteva volere la gente all'una del mattino?
Sentii di nuovo bussare alla porta - Bella? - .
Lentamente scesi dal letto mormorando un - Adesso arrivo... arrivo... - così basso, che probabilmente non mi sentì nessuno.
Arrivata davanti alla porta la aprii, rivelando così la figura di mio fratello William.
Sorrise - Buon giorno Bella addormentata! - .
Feci una smorfia - Che c'è? - .
- Volevamo soltanto avvertirti che io, mamma, papà, Sebastian e George andiamo a fare qualche giro di controllo, in cerca di demoni. Tu e Stephan resterete a casa - mi avvertì.
Improvvisamente mi sentii più sveglia che mai.
- Vengo anche io! - esclamai pimpante.
Scosse la testa a destra e a sinistra - Non se ne parla neanche! - .
Come no?
Ero una Shadowhunters anche io, per l'Angelo!
- Perchè no?! - mi lamentai battendo i piedi per terra, come una bambina di sei anni.
- Perchè no! - ribadì irremovibile.
Ci scannammo con lo sguardo per qualche secondo, poi lo sorpassai per raggiungere gli altri che si trovavano al piano di sotto, in salotto.
Ancora sulle scale esclamai - Voglio venire anche io! - .
Mamma, l'unica che era di spalle, si voltò di scatto.
Dopo aver capito a cosa mi riferivo, sorrise dolcemente - No cara, è troppo pericoloso - .
Gli altri presenti nella stanza non commentarono, quindi erano d'accordo con lei.
Non lo potevo accettare.
- Voglio venire anche io! - dissi di nuovo con più enfasi.
Stavolta non dissero nulla, così continuai - Sono una Shadowhunter, ho il vostro stesso diritto e dovere di venire con voi! I nostri antenati, alla mia età, andavano a caccia di demoni già da qualche anno! - .
Si guardarono pensierosi, poi papà prese la parola - I nostri antenati, prima della battaglia, non avevano un'orda di demoni che incombeva sulle loro teste, noi sì. E' meglio se tu e Stephan restate a casa, è più sicuro e non ci farete stare in pensiero! - continuò - Mi capisci, vero? - .
Scossi con forza la testa - No, non sono d'accordo e non posso credere che Ste sia dalla vostra parte! - .
- Non è proprio dalla nostra parte - riflettè ad alta voce Will - più che altro, vuole dormire! - .
- Beh, allora portate me e lasciate qui quello scansa fatiche! - esclamai testarda.
- Domani hai anche il tuo primo giorno di scuola Bella - disse mio fratello, cercando di convincermi - Devi essere al pieno delle tue energie, se dovesse succedere qualcosa... - .
- Non succederà niente - lo interruppi bruscamente - Sai bene quanto me che i demoni non agiscono di giorno, ma bensì, di notte. Se ci lasciate qui, saremmo senza protezione! - .
- Starete al sicuro - provò a rassicurarmi George - intorno alla casa ci sono delle protezioni, terranno alla larga i demoni - .
Sbuffai.
Perchè non mi volevano portare con loro?
Era una missione!
Una vera missione!
Non una di quelle simulate per tenerci allenati, questa era roba seria!
Una situazione di reale pericolo!
Era un'opportunità per dimostrare che ce la potevo fare benissimo, che ero forte e alla stessa altezza di tutti gli altri cacciatori esistenti.
Non avrei mollato.
- Per favore - mormorai facendo il labbruccio, guardando mio fratello - Ti prometto che resterò sempre dietro di te, non mi farò del male! - .
Sebastian mi guardò attentamente.
Mio fratello non era un ragazzo facile da convincere, per niente, ma era la mia unica chance di farcela.
- Farai tutto quello che ti dirò? - chiese serio non staccando per un secondo gli occhi dai miei.
Voleva vedere se gli nascondevo qualcosa: qualche trucchetto...
Sorrisi vittoriosa - Sì! - .
Non gli bastava - Giuralo sull'Angelo Raziel - .
Portai la mano sul cuore, solenne - Lo giuro - .
Ridusse gli occhi a due fessure - Ripeti tutta la frase - .
Sbuffai, proprio non si fidava - Giuro sull'Angelo Raziel che farò tutto ciò che mi dirai - .
Sorrise - Bene, hai cinque minuti per indossare la divisa! - .
Sorrisi di rimando, correndo giù per le scale, per poi saltargli in braccio.
- Grazie, grazie, grazie! - esclamai con vera gratitudine, lasciandogli un scia infinita di bacini sulle guance.
Lo sentii ridacchiare.
- Che lecca piedi che sei! - .
Risi con lui, abbracciandolo ancora.
Ero così felice!
Ma ovviamente, qualcuno doveva interrompere il momento più magico da quando eravamo arrivati qui.
- Sei sicuro Seb? Non pensi che sia un po' troppo pericoloso? - ribadì Will ancora una volta.
Alzai gli occhi al cielo: era davvero esasperante a volte.
- Prima o poi dovrà fare esperienza questo mostriciattolo! - disse per poi riappoggiarmi a terra - Dai cambiati, se no parto senza di te! - .
__

- Bene, è ora di dividerci - disse papà guardandoci uno ad uno.
Prima di farlo, avevamo aspettato di uscire dalle difese della casa, che si estendevano per ben due miglia.
Era stata la passeggiata più esaltante della mia vita.
Con me, oltre allo stilo, avevo quattro pugnali nelle fodere degli stivali, altri quattro nella giacca e due spade angeliche issate dietro la schiena.
Non avevo fatto in tempo a prendere di più a causa dei tempi ristretti imposti da mio fratello.
Lui era più equipaggiato di me, oltre ai pugnali e alle spade, aveva con se arco e freccie.
Era un abilissimo arcere e un ottimo combattente, avrei imparato molto da lui.
- Io e vostra madre continueremo a camminare verso Nord - continuò papà - Sebastian, Bella, voi andrete ad Est, mentre Will e George andranno dritti verso Ovest, tutto chiaro? - .
Un coro di "sì" si levò nel silenzio più totale.
Dopo le solite raccomandazioni fatte da nostra madre, io e Sebastian ci incamminammo nella direzione indicata da papà.
Sentivo le rune appena fatte, e ancora calde sul mio corpo, trasmettermi sicurezza.
Non spiaccicavamo parola, eravamo troppo concentrati a non farci sfuggire niente, nessun suono, nessun movimento, che potesse esserci utile per prevedere un eventuale attacco.
Non ricordo per quanto tempo camminammo così, senza incontrare niente di strano, però, ad un certo punto, sentii un fruscio provenire alla mia destra.
Mi bloccai, picchiettai con un dito contro la spalla di Sebastian e gli feci segno, tirando fuori la mia pietra stregaluce.
Ci fermammo a fissare un punto indefinito nella boscaglia, restando sempre in silenzio, con l'attenzione a mille e il cuore a trecento, ma non per la paura.
In lontananza iniziarono a sentirsi dei tonfi secchi, come se un branco di animali si stesse spostando.
Era strano, di solito aspettavano il giorno per farlo.
- Saliamo su un albero - mormorò sbrigativo prendendomi per il polso - Veloce! - .
Grazie alla runa dell'agilità, non mi risultò molto difficile accontentarlo.
Per sicurezza salimmo per una decina di metri d'altezza.
Ero ferma, immobile, con le gambe a penzoloni giù per il ramo.
- Cosa sta succendendo? - sussurrai dopo qualche minuto di silenzio.
- Sta zitta! - mi sgridò a bassa voce.
Lo ascoltai, in fondo, glielo avevo promesso.
Il rumore si fece sempre più forte, finchè, sotto di noi, non notammo la sagoma di un lupo.
Merda.
Quello non era un branco qualsiasi, quello era il branco dei licantropi di La Push.
Lo capii nonappena notai le loro dimensioni, erano troppo grandi per essere dei semplici lupi.
Dopo pochi secondi, come previsto, il lupo venne raggiunto dal resto del suo branco.
Sentii al mio fianco Sebastian irrigidirsi.
Erano circa dieci, forse di più, e si erano fermati proprio sotto l'albero dove ci eravamo rifugiati.
Questo voleva dire solo una cosa: avevano captato il nostro odore.
Noi avevamo un profumo diverso da quello dei mondani, più dolce e, quasi, surreale.
E' difficile da spiegare.
Continuavano a fiutare e, ogni tanto, si guardavano fra di loro, negli occhi, come per dire "Hai sentito?" o "Che odore strano...".
Più tempo passava, più io e mio fratello eravamo in pericolo.
Non dovevamo farci scoprire.
Dopo ancora una decina di minuti, finalmente se ne andarono via, lasciandoci da soli.
- Non ci posso credere! - esclamò Seb, sempre tenendo un tono basso - Hai visto quanti erano?! - .
Annuii ancora un po' sconvolta, non avevo mai visto dei licantropi in vita mia.
Era stato così... eccitante!
Una scarica di adrenalina pura, e pensare che non avevo neanche combattuto!
- Siamo degli stupidi, ci siamo dimenticati la runa che cammuffa l'odore! - disse iniziando a scendere dal ramo - Avranno riconosciuto subito che qualcosa non andava nel nostro profumo! - .
Rimasi in silenzio, ascoltando tutte le sue paranoie finchè non mi ritrovai con i piedi sul terreno umido del bosco.
- Se abbiamo incontrato i licantropi - pensai ad alta voce - vuol dire che siamo usciti dal nostro territorio... giusto? - .
Sebastian mi guardò come se avesse commesso il crimine dell'anno.
- Sì, siamo nel territorio di La Push. Li abbiamo incontrati mentre erano di ronda evidentemente... proprio come noi... Per l'Angelo! Sono uno stupido, avrei dovuto stare attento! Che idiota! - si incolpò disperato, prendendosi a sberle da solo.
Gli presi i polsi e lo obbligai a guardarmi negli occhi - Sentimi bene Sebastian, non è stata colpa tua, ok? Ma di entrambi. Questa è la prima volta per tutti, è normale sbagliare! Non siamo nel nostro elemento! Non te la puoi prendere con te stesso soltanto perchè abbiamo fatto un... un piccolo errore! Succede! Vorrà dire che dalla prossima volta staremo più attenti e non sbaglieremo più! - .
Mi guardò con una faccia da cane bastonato.
Sapeva che avevo ragione.
Sospirò sorridendo timidamente - Grazie sorellina... - .
- Di niente fratellone! Direi che per stanotte ne abbiamo combinate abbastanza, possiamo tornare a casa? - domandai, sentendo che la stanchezza stava tornando a farsi sentire.
Passò un braccio sopra le mie spalle - Sì, sono d'accordo con te, torniamo a casa! - .


#IlMioAngolino: 

Ciao a tutti! Mi presento: mi chiamo Federica, ho sedici anni e sono innamorata della saga di Twilight e di Shadowhunters da qualche anno.
Spero che l'idea di questa FF vi piaccia... Ci tengo molto!
Ditemi cosa ne pensate sinceramente e, se avete da criticare, fatelo senza problemi!
Le vostre critiche mi aiutano a migliorare.
Come avrete potuto notare, per chi mi segue, ho cambiato il titolo della storia...
L'altro faceva un po' schifo, questo mi piace di più!
Ripeto, se avete voglia di lasciare una recensione, fatelo senza problemi!
Non ho un giorno fisso in cui aggiorno, purtroppo con la scuola e gli allenamenti riesco ad aggiornare solo quando mi capita :) 
Va be, adesso mi ritiro nel mio angolino, vi ho già rubato troppo tempo.
Buona notte e alla prossima, spero.

-Zikiki98.

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Capitolo 3
*** Chapter three - First day. ***


THE WORLD OF DEMONS
°IL PORTALE DEI DEMONI°


CHAPTER THREE - FIRST DAY.

[POV NARRATORE]

Appena i lupi tornarono alla riserva, non persero tempo: andarono immediatamente a parlarne con Billy Black, il capo tribù.
- Potrebbero essere vampiri - mormorò sovrapensiero.
Il salotto di casa Black era stracolmo di ragazzoni super muscolosi alti quasi due metri.
Billy adorava quei ragazzi, sopratutto suo figlio Jacob, che gli era stato molto vicino dopo l'incidente che l'aveva costretto sulla sedia a rotelle.
In tutto e per tutto, era orgoglioso di lui.
L'aveva buttato giù dal letto alle quattro del mattino dicendogli che avevano un problema.
Senza farselo ripetere due volte, accorse in aiuto di quei giovani che rappresentavano il futuro della loro tribù.
Sam, l'Alpha del branco, scosse la testa - No, l'odore dei vampiri è diverso: è così dolce da far venire il voltastomaco! Questo... è un'aroma completamente diverso... - .
- Oltre ai vampiri - riflettè Jacob ad alta voce - non abbiamo mai incontrato nessun'altra specie sovvrannaturale... Magari questo profumo appartiene alle fate o agli stregoni... - .
Billy non era d'accordo - Perchè mai la gente del popolo fatato o i Figli di Lillith dovrebbero inoltrarsi nel bosco, oltretutto, in piena notte? - .
Nessuno seppe rispondere.
- Magari è una specie che ancora non conosciamo - mormorò Seth, il più piccolo del branco.
- Non esistono specie che non conosciamo - fu Jacob a parlare.
- Il mondo è in continua evoluzione, così come gli esseri che ci vivono: umani, animali, e anche noi, creature leggendarie. E' possibile che una specie, come la chiamate voi, si sia evoluta, dando così origine a nuovi individui - parlò Billy, nel silenzio più totale.
Quando era lui a prendere parola, nessuno osava interromperlo.
Per loro era un segno di rispetto.
- E se invece - iniziò Quil, che stranamente non aveva ancora parlato - queste creature fossero solo ricomparse? E' strano che da un momento all'altro sia nato un nuovo "mostro", così, dal nulla! - .
Billy sospirò sconsolato - Niente nasce dal nulla. Abbiamo molte teorie, ma nessuna risposta concreta. Perfino io sono troppo giovane per darvi delle certezze. Fatto sta che dobbiamo scoprire di che cosa si tratta, e in fretta! Non possiamo permetterci di mettere in pericolo la nostra gente. Magari i Cullen ne sanno qualcosa... il più piccolo della loro stirpe ha più di un secolo di "vita"... - poi con più convinzione, diede degli ordini ben precisi - Dovete avvertirli, in modo tale che se ci dovesse essere qualche problema, sapranno che cosa fare. Magari riescono a riconoscere anche la scia - .
- Quando partiamo? - chiese il figlio, alzandosi dal divano.
- Il prima possibile - rispose avvicinandosi con la sedia a rotelle - Vi consiglio di non andare tutti insieme, qualcuno dovrà pur proteggere La Push - .
Sam annuì - Ha ragione. Jacob, Garret e Quil, voi andrete ad avvertire i Cullen, tutti gli altri resteranno alla riserva con me a controllare la zona - .
Senza dire più nulla, ognuno iniziò a svolgere i compiti che gli erano stati assegnati.
­­__

Alice si fermò di colpo, al centro del salotto.
Aveva avuto una visione: il buio più totale.
Jasper le si avvicinò subito curioso - Che hai visto Alice? - .
Anche il resto della famiglia, nel frattempo, si era riunito intorno a lei.
- Ho visto tutti noi - iniziò a raccontare, ancora con lo sguardo perso nel vuoto - Poi ad un certo punto, più niente, l'oscurità! - .
- Che significa? - domandò Rosalie, appoggiandosi al petto di suo marito, Emmett.
- Significa che il branco sta venendo qui - sospirò Carlisle preoccupato, stringendosi ad Esme - Deve essere successo qualcosa... - .
- Quanto ci resta prima che arrivino? - chiese Edward, seduto sul seggiolino del suo pianoforte.
- Pochi minuti - rispose di getto Alice, ancora con lo sguardo assorto.
Tutti annuirono, aspettando ansiosi l'arrivo dei licantropi.
__

[POV BELLA]

Fortunatamente, mamma e papà non se l'erano presa più di tanto.
Erano stati abbastanza comprensivi, anche se ci avevano fatto comunque una bella lavata di testa!
Però ce l'eravamo meritata, dovevamo stare più attenti.
Eravamo tornati a casa alle tre di notte, e dopo una doccia veloce, mi ero fiondata nel mio letto caldo, con l'intenzione di dormire almeno un po', ma senza risultati.
Ero così euforica, da non riuscire a prendere sonno.
Fra pochi minuti sarebbe suonata la sveglia che mi avrebbe costretto ad alzarmi dal letto per andare a scuola.
Il mio primo giorno di scuola in assoluto.
Vi state chiedendo se ero nervosa? Moltissimo.
Ad Alicante era presente un'Accademia che, appunto, insegnava le materie fondamentali per l'istruzione di uno Shadowhunters.
Non era frequentata da molti studenti, massimo un centinaio, più che altro veniva bazzicata dagli orfani, dato che solitamente la maggior parte dei Nephilim venivano istruiti a casa, dai loro genitori.
Probabilmente se, io e Sebastian, non avessimo avuto la fortuna di essere stati addottati dalla famiglia Dorwood... non ci volevo neanche pensare!
Non che ci sia qualcosa di male nel frequentare un istituto come quello, ma era decisamente meglio far parte di una famiglia.
Ma qui sarebbe stato tutto completamente diverso: non conoscevo il programma e la maggior parte delle materie per me erano Arabo, letteralmente.
Non sarebbe stato semplice, anche se mamma e papà ci avevano rassicurati più volte che non sarebbe stato necessario andare bene a scuola.
Ero nervosa ugualmente.
Non volevo sbagliare.
Se avessi commesso qualche errore? Cosa sarebbe successo? Se mi avessero scoperto?
Lo sapevo, non sarei riuscita mai a perdonarmelo, mai.
Senza aspettare il trillio della sveglia, mi alzai dal letto per andare a fare colazione.
Quando arrivai in cucina trovai Stephan già impegnato ad ingurgitare una tazza piena di latte e cereali.
- Buongiorno - lo salutai, tirando fuori dalla credenza una ciotola come quella di Ste.
- Buongiorno cara, dormito bene? - chiese con la bocca piena.
Alzai gli occhi al cielo: buone maniere zero.
- Fino all'una del mattino, sì! E tu, ghiro che non sei altro? - domandai avvicinandomi al frigorifero per tirare fuori il latte e versarne un po' nel recipiente.
Sospirò, con aria sognante - Ho dormito stupendamente - .
- Immaginavo - dissi, ridendo fra me e me, per poi accomodarmi sullo sgabello a fianco al suo.
Iniziai a inzuppare i biscotti nel latte e a mangiarne tre, quando mi accorsi di una cosa.
Mi guardai intorno - Dove sono tutti? Perchè non sono ancora scesi? - .
Non era da loro, di solito a quell'ora erano già in piedi.
Dopo aver finito di bere il latte, rispose - Stanotte, a differenza tua e Sebastian, gli altri hanno incontrato sei o sette demoni che vagavano per il bosco. Sono tornati a casa pieni di icore! - esclamò storcendo il naso disgustato - Non è stata una notte facile, per essere la prima! - .
Lo guardai allibita.
Demoni? Io e Sebastian non ne avevamo incontrati!
Perchè non ci avevano detto niente?
- Come lo sai? - chiesi, senza nascondere il mio stupore.
- Li ho sentiti parlare, questa mattina - disse come se niente fosse, alzandosi per mettere la tazza in quella che avevo scoperto essere una lavastoviglie.
Iniziai ad innervosirmi - Perchè io non ne sapevo nulla? - .
Alzò le spalle appoggiandosi con la schiena contro il lavello - Non volevano farti preoccupare - .
Lo sapevo.
- Non è giusto - mormorai testarda - Le cose importanti le vengo a sapere sempre all'ultimo minuto, mi sembra di essere l'ultima ruota del carro! - .
Lasciò cadere la testa indietro, come se questo discorso l'avesse sentito migliaia e migliaia di volte.
- Per l'Angelo, non ti sembra di essere tu quella ingusta?! Vogliono solo proteggerti! Fidati se ti dico che per loro è già stato un passo da giganti farti andare ieri sera! Dovresti esserne grata! Perchè non riesci a vedere il lato positivo delle cose per una buona volta? - esclamò esasperato passandosi una mano fra i capelli biondi.
Forse... Forse aveva ragione... Non su tutto, ma aveva ragione...
Volevano solo proteggermi...
Qui non era come a Idris, dove la cosa peggiore che mi potesse capitare era quella di farmi male durante gli allenamenti o le simulazioni.
Qui rischiavo di morire, come tutti del resto.
Sospirai abbassando lo sguardo sul recipiente pieno di latte.
Lo sentii avvicinarsi a me per abbracciarmi da dietro: le sue braccia tatuate mi circondavano il collo.
- Scusa, non volevo innervosirmi... E' che proprio non mi va di andare a scuola, sono nervoso... - si scusò lasciandomi un bacio sulla guancia.
Sorrisi mestamente - E pensa che è solo il primo giorno... - .
- Non dirmi che tu invece hai voglia di andare! - .
Mi voltai di scatto guardandolo come se fosse matto - Assolutamente no! - .
Rise grattandosi la testa - Ah... ecco! Questa sì che è la mia Bella! - .
Poi si voltò per andare al piano di sopra - Vado a prepararmi, ci vediamo dopo! - .
- A dopo! - risposi, per poi bere tutto d'un sorso il latte che era rimasto nella tazza.
Successivamente la presi, l'adagiai nella lavastoviglie e infine mi recai anche io nella mia stanza per prepararmi.
Mi pettinai i capelli, mi lavai i denti e indossai degli abiti che trovai nel mio nuovo armadio: un paio di Blue Jeans, un maglione bianco aderente con una piccola scollatura a V che non lasciava intravedere alcuna runa e una giacca di pelle nera.
Non ero una patita per la moda, avevo ben altro a cui pensare, però, tutto sommato, non mi sembrava di vestire poi così male.
Insieme, ci aggiunsi i miei stivaletti marroni, che non centravano proprio niente, però erano gli unici dove potevo nascondere i pugnali.
Quando finii di prepararmi, presi la cartella e mi diressi al piano di sotto, dove Stephan mi stava aspettando.
- Ehi, ce l'hai fatta, eh? - scherzò dandomi una pacca sulla spalla.
Arrossii - Ci ho messo così tanto? - .
Scosse la testa - No, stavo scherzando. Comunque, tieni questo! - disse mettendomi qualcosa in mano.
Era un aggeggio rettangolare e di colore nero.
Lo guardai come se fosse la cosa più strana che avessi mai visto in vita mia e, tecnicamente, era davvero così.
- E' un cellulare - rise Ste, vedendo la mia espressione perplessa.
Risi con lui imbarazzata.
Mi sentivo così, così... fuori dal mondo!
Un pesce fuor d'acqua.
Avevo letto di questi cosi su un libro di cultura mondana, in una biblioteca di Alicante, ma non ne avevo mai visto uno.
A Idris nessun apparecchio elettronico funzionava e diciamo anche che, con più di un secolo rinchiusi nella nostra terra, non potevamo pretendere di essere proprio allo stesso passo con i tempi mondani!
- Grazie - dissi, mettendolo nella tasca posteriore dei jeans.
Sorrise - Prego! - poi mi mostrò un paio di chiavi - Sei pronta a cavalcare un vero mostro? - .
- Un vero mostro? - chiesi confusa, ma invece di rispondermi, si voltò e sparì dietro la porta del garage - Ehi, aspetta! - .
Lo rincorsi aprendo di scatto la porta - Che cosa vuoi di... - .
Mi bloccai.
Lo trovai in sella a una moto, con un casco in mano e l'altro nell'altra.
Sulla fiancata c'era scritto "YAMAHA R1", era nera opaca con i cerchi e gli ammortizzatori dorati.
Come sapevo tutte queste cose?
Mio fratello era un patito di motori e, quando ne aveva l'occasione, gli piaceva parlare di questa sua passione/ossessione.
Per me era una noia mortale.
- ... dire? - sussurrai conscludendo la frase che avevo lasciato in sospeso poco prima.
Stephan mi guardò soddisfatto, come il giorno in cui imparai, grazie a lui, a tirare pugnali.
- Ti piace? Ci andiamo con questa a scuola, vedrai che figurone! - si esaltò mostrandomi il suo migliore sorriso.
Mi avvicinai un pochino, per vederla meglio.
- Non penso che tu la sappia guidare... - dissi, indicandola - Da quel che ne so, per poterlo fare, dovresti avere la patente... - .
Mi sorrise, con uno sguardo da volpe negli occhi.
Prese il portafoglio per tirarne fuori una carta rettangolare - Questa che cos'è? - .
Era una patente, e sopra c'era scritto il suo nome!
- Ma tu non sei mai andato a scuola guida! - esclamai confusa.
Alzò gli occhi al cielo - Ti devo insegnare proprio tutto! E' falsa, ho tempo per fare la patente vera! - .
Lo guardai allibita, lui non era il tipo che faceva questo genere di cose, trasgredire le regole!
Indossò in casco porgendone uno anche a me - Avanti sali, o faremo tardi! - .
Lo guardai come se fosse pazzo e non mi mossi di un centimetro.
- Neanche morta, non sono una suicida! - .
Lo sentii sbuffare da sotto il casco - Bella, muoviti! - .
Sospirai prendendo il casco fra le mani, per poi indossarlo.
Ci saremmo ammazzati, me lo sentivo.
Stando attenta a non sbilanciare la moto, salii dietro di lui stringendo le braccia intorno ai suoi fianchi.
Nello stesso momento, mi avvertì - Reggiti forte, ho sempre voluto guidare una di queste e non ho intenzione di andare piano! - .
__

- Tu sei un pazzo! - esclamai, nel cortile della scuola mentre scendevo dalla moto.
Tolse il casco e poi disse - Devi guardare il lato positivo, cioè, che non siamo arrivati tardi - .
Lo guardai in cagnesco.
Mentre stavamo andando a scuola, Stephan aveva sfiofato i 180 km/h con la sua nuova moto facendomi, letteralmente, appiattire contro la sua schiena, pregando in tutte le lingue a me conosciute, di non vomitargli addosso.
Ed erano molte.
Lui e il suo cavolo di lato positivo, dovevano andare proprio a fare in...
- Tu sei pazzo! - ribadii, lasciandogli in mano il mio casco, per poi voltargli le spalle e dirigermi verso la segreteria, ovunque essa si trovava.
Mentre camminavo, sentivo lo sguardo di tutta la scuola puntato su di me.
Ci mancava solo questa!
Che cosa avevo di strano? Mi ero dimenticata una scarpa o qualcosa del genere?
Mi controllai i piedi...
No, avevo tutto.
Allora perchè mi fissavano?!
Sentii dei passi affianco a me - Per educazione, potresti anche aspettare la persona che ti ha scorrazzato a scuola! - .
Alzai gli occhi al cielo -  Invece di fare lo scemo, renditi utile! Mi spieghi perchè ci stanno fissando tutti? - .
- Semplice. Siamo nuovi, e i mondani hanno un'anima curiosa... Per farla breve, non sanno farsi i cazzi loro - sussurrò al mio orecchio, per poi sorridere a un paio di ragazze che l'avevano addocchiato per bene.
Ma che linguaggio...
Che cosa gli stava succedendo?
Gli diedi una gomitata nelle costole - Smettila, e ti ricordo che non dobbiamo interagire con nessuno! - .
Alzò le spalle - Non so tu, ma non siamo più rinchiusi a Idris! Finalmente abbiamo la libertà e non voglio fare la parte del ragazzo asociale e problematico! Mi voglio divertire! - .
Lo guardai sorpresa, non era da lui - Ma si può sapere che ti prende?! - .
- Non mi prende niente - rispose subito - Semplicemente mi sono stancato di seguire il Conclave e le sue stupide regole fatte solo di divieti e limiti! Ho sedici anni, voglio uccidere demoni e divertirmi! Anche tu dovresti pensarla come me! - .
Subito dopo mi superò per entrare in segreteria.
La scuola era composta da vari e piccoli edifici a mattoni rossi.
Se non ci fosse stata l'insegna "Forks High School" sulla strada che la precedeva, probabilmente ne io ne Stephan l'avremmo riconosciuta.
Sospirando, sprii la porta ed entrai.
Come pensavo non era molto grande, era arredata in modo semplice e sobrio e dietro il bancone vi sedeva una donna sulla cinquantina con i capelli rossi.
Sulla targhetta c'era scritto "Cope".
Mi avvicinai a mio fratello, che stava già parlando con la segretaria.
- Siamo i nuovi studenti - disse - Stephan e Isabella Dorwood - .
- Oh! - esclamò cercando fra i vari fascicoli, per poi estrarne due - Beh, ragazzi, benvenuti alla Forks High School! - .
- Grazie! - dissi secca.
Nessun contatto, per me, voleva dire nessun contatto.
Ricevetti un occhiataccia da parte di Ste, poi si rivolse alla Signora Cope - La scusi, è che non è molto entusiasta del trasferimento! - .
La segretaria, che era rimasta male per il tono in cui le avevo risposto, improvvisamente si addolcì - Oh, tesoro! Ti capisco! I cambiamenti non sono mai facili e spesso non vengono accettati positivamente, ma possiamo solo imparare da essi! - non aveva proprio senso, poi però continuò - Vedrai che andrà tutto bene, la gente del posto è molto cordiale, farai tante amicizie! - .
L'unica cosa che era capace di fare la gente del posto era quella di guardarti come se fossi la cosa più strana in circolazione su questo mondo.
Non dissi niente, già stanca di quella situazione, aspettai che Stephan risolvesse tutte le faccende burocratiche per poi ritirare gli orari dei corsi.
Alla prima ora avevo biologia, con il professor Banner.
Forse non sarebbe andata così male, in biologia ero piuttosto brava, ma sopratutto, era una materia che mi aveva sempre affascinata.
Con la cartella in spalla, senza neanche salutare Stephan, mi diressi nell'aula numero tre.
Con poche difficoltà la trovai e, appena vi entrai, notai che gran parte della classe era già presente e che anche il professore era in classe.
Lentamente mi avvicinai a lui, mostrandogli il foglio dei miei orari.
Si raddrizzò sulla schiena, sistemandosi gli occhiali sul naso - Tu sei... ? - .
- Isabella Dorwood - risposi a bassa voce, rivolgendomi solo a lui.
Non mi piaceva l'interesse che la classe aveva nei miei confronti.
Quando sarebbe finito tutto questo?
- Beh, benvenuta al mio corso di biologia! - esclamò entusiasta, porgandomi un libro di testo - Per ora cerca solo di stare al passo, se non capisci qualcosa alza la mano! - .
Annuii voltandomi, notando che sulla mia traiettoria, un ragazzo stava sistemando il bacone da laboratorio per farmi spazio, quando improvvisamente i miei occhi si scontrarono con i suoi.
Erano stupendi, enigmatici, magnetici... ma sopratutto, erano castano-dorati...
Un colore che non avevo mai visto in tutta la mia vita e, ne ero più che certa, non esisteva in natura!
Ero come ipnotizzata, non riuscivo a fare altro, solo a fissare costantemente i suoi occhi come se non ci fosse cosa più bella al mondo.
Notai, e con piacere stranamente, che anche lui stava facendo lo stesso e non mi stavo immaginando nulla.
Era reale.
Non distoglieva lo sguardo e, di conseguenza, non riuscivo a farlo nemmeno io.
Sentii qualcuno al mio fianco sgranchirsi la voce - Ehm-Ehm! Tutto bene Signorina Dorwood? - .
Mi risvegliai di scatto, colta di sorpresa, e non era un bene per una Shadowhunters - Sì... - .
- Bene... Si può accomodare vicino al Signor Cullen? Così possiamo iniziare la lezione - non c'era nessuna traccia di rimprovero nella sua voce.
Non mi ero nemmeno resa conto che era suonata la campanella.
Mi aveva letteralmente scombussolata!
Facendo due respiri profondi, mi avvicinai lentamente al posto che mi aveva assegnato il professore e che, casualmente, si trovava proprio vicino a quello del  ragazzo a cui appartenevano quel paio di occhi.
Il Signor Cullen, aveva detto il professor Banner.
Senza guardarlo, mi sedetti al suo fianco.
Compagni di banco, per tutto l'anno... qualcuno mi aiuti, vi prego!
Sentii il mio vicino irrigidirsi...
Alzai lo sguardo nel tentativo di riuscire a guardarlo meglio, ma senza farmi vedere.
Anche lui mi fissava, ma non osavo guardarlo negli occhi, non ci sarei ricascata mai più!
Quel colore non aveva niente di naturale.
Possibile che utilizzasse le lenti a contatto? Ma a che scopo?
Anche il suo comportamento non era normale.
Stava stringendo tra le dita la lastra di onice che completava il bancone del laboratorio di biologia, come se si stesse trattenendo dal fare qualcosa.
Iniziai a sospettare qualcosa e improvvisamente tutta l'attrazione che avevo provato fino a pochi secondi prima, sparì...
Non era vero, era una bugia, ma comunque tentai di metterla da parte per non distrarmi.
Iniziai così ad osservarlo meglio: oltre al colore della sua iride, la sua carnagione era incredibilmente pallida, persino più della mia, e i suoi occhi erano ornati da delle leggerissime occhiaie.
Senza poi contare la sua bellezza, era davvero splendido, con quei capelli castano-ramati in disordine, il naso dritto, le labbra sottili schiuse, pronte per essere baciate... per non parlare poi del suo corpo, aveva un fisico strepitoso, muscoloso ma non troppo...
Sembrava un Dio Greco, anzi no, sembrava il David di Michelangelo.
Per tutta la durata della lezione continuai ad osservarlo con la coda nell'occhio, in attesa di qualche suo movimento o azione che mi avrebbe potuto dare qualche altro indizio...
Sicuramente gli sembravo una depravata...
Quando poi, all'improvviso, nello stesso istante in cui suonò la campanella, la sua mano sfiorò la mia.
Al suo contatto rabbrividii: era fredda e dura come il marmo.
I nostri occhi si incontrarono nuovamente, ma stavolta i suoi erano tristi, colpevoli, disperati, assetati e... assetati?
Non feci in tempo ad osservarlo con più attenzione che si volatilizzò via in un lampo.
Troppo velocemente, anche per un mondano.
Senza dar peso agli sguardi indiscreti e curiosi intorno a me, mi alzai dallo sgabello per poi uscire dall'aula.
Era pallido, innaturalmente freddo, duro come la pietra e bello, anzi bellissimo...
Aveva tutte le caratteristiche che si addicevano alla specie... alla specie dei vampiri...

#IlMioAngolo:


Ciao a tutti! Come va?
Ed ecco il terzo capitolo della mia storia... fatemi sapere cosa ne pensate, sinceramente!
Come avete potuto notare, o immaginare, nella mia FF non ci sono conflitti fra i Cullen e il branco.
Vivono in terrirori separati, ma convivono abbastanza civilmente.
Bella invece ha avuto il suo primo incontro con Edward... come andrà avanti fra di loro?
Lo scoprirete nei prossimi capitoli!
Un bacione!

-Zikiki98.

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Capitolo 4
*** Chapter four - Vampire. ***


THE WORLD OF DEMONS
°IL PORTALE DEI DEMONI°


CHAPTER FOUR - VAMPIRE.

[POV BELLA]

Ancora confusa e sconcertata, mi diressi verso la lezione successiva, che si teneva nell'aula sette con la professoressa Goff.
Fui la prima ad entrare in classe, così decisi di sedermi in fondo, verso gli ultimi banchi.
Non sapevo perchè, ma l'idea di stare davanti non mi attraeva per niente.
Dopo una decina di minuti, pian piano, l'aula iniziò a popolarsi.
Nessuno ebbe il coraggio di sedersi accanto a me e ne fui grata.
Avevo già gli occhi di tutti addosso, ci mancava soltanto qualche curioso che mi si sedesse vicino per fare amicizia.
Non che non volessi amici, sia chiaro...
Semplicemente non potevo.
Appena la Signora Goff entrò in aula e si accorse della mia presenza, mi invitò a presentarmi ai nuovi compagni di classe...
Come non detto, meno male che non volevo attirare l'attenzione!
Mi alzai dal mio posto e, con tutta la calma del mondo, mi avvicinai alla cattedra.
- Mi chiamo Isabella Dorwood, ho sedici anni e mi sono trasferita qui qualche giorno fa - dissi seccamente inchiodando tutti con lo sguardo.
Dovevo fare la dura se volevo che mi lasciassero in pace.
Come se non avessi avuto già abbastanza cose da fare, alla mia lista delle preoccupazioni, si era aggiunto anche un vampiro scolarizzato con la passione per lo studio!
Com'era possibile una cosa del genere?!
I vampiri si nutrivano di sangue, non potevano frequentare gli stessi punti di ritrovo degli umani!
E i Volturi, cosa ne pensavano? Erano d'accordo? E' così che proteggevano il loro segreto?
Io proprio non riuscivo a capire.
Per quanto riguardava le regole, il Consiglio dei Vampiri era rigido come il Conclave per gli Shadowhunters, se non di più.
Sed Lex, Dura Lex.
Stava a significare "La legge è dura, ma è la legge", in latino.
- Come te la cavi in spagnolo? - tossì la professoressa al mio fianco, facendomi tornare alla realtà.
Così questa era l'aula di spagnolo, ero così presa dai miei pensieri che non ci avevo neanche fatto caso...
- Ottimamente - risposi sincera, senza alcun tono di superiorità.
Noi Cacciatori di Demoni siamo stati abituati fin da bambini a imparare cinque lingue, come minimo.
Più lingue sapevi parlare, meglio era e più andavi lontano.
Io e i miei fratelli ne avevamo studiate sette: l'inglese, lo spagnolo, l'italiano, il francese, il tedesco e le basi del greco e del latino.
La lingua spagnola la conoscevo come le mie tasche, non ci sarebbero stati problemi.
Sorrise - Beh, lo vedremo nel corso dell'anno signorina Dorwood! Prego, può tornare a sedersi! - .
Annuii e velocemente tornai al mio posto a pensare ai cavoli miei, dato che non avevo alcun bisogno di prestare attenzione a quella materia.
I vampiri erano pericolosi... e se fosse successo qualcosa?
Dovevo ucciderlo, farlo a pezzi e bruciare i resti, non avevo altra scelta.
Ma non potevo farlo da sola, avevo bisogno dell'aiuto della mia famiglia.
Loro sapevano che cosa fare in questi casi.
Lui era solo uno, mentre noi eravamo in sette!
Se si fosse dovuto ricorrere a uno scontro, l'avremmo potuto abbattere facilmente.
Magari si poteva risolvere tutto semplicemente parlando, senza utilizzare per forza alla violenza...
Secondo i Nascosti ci eravamo estinti un secolo fa, ma questo non voleva dire che avessero dimenticato gli Accordi stipulati quasi mille anni prima.
Gli Accordi erano un trattato che dichiarava la tregua fra i Nephilim e tutte le altre creature sovrannaturali, come vampiri, fate, stregoni, licantropi, e imponeva anche il rispetto che doveva esserci fra una specie e l'altra.
Dovevo assolutamente fare qualcosa, non potevo restare con le mani in mano.
Se avesse perso il controllo... non volevo nemmeno pensarci!
Solo il pensiero mi metteva terrore.
Tutti quegli umani... avrebbe potuto ucciderli tutti, spezzando così le loro vite in un attimo.
Valeva la pena sacrificare l'esistenza di un vampiro, per salvare più di cinquecento vite umane?
Sì, ne valeva la pena.
__

Ero con le spalle appoggiate contro il muro della mensa, mentre aspettavo che mio fratello Stephan facesse la sua magica comparsa da un minuto all'altro.
Dovevo parlargli il prima possibile e, per evitare che qualcuno sentisse qualcosa di indesiderato, l'avrei portato nel boschetto vicino alla scuola.
Il mio stomaco iniziò a brontolare come se non ricevesse cibo da giorni, avevo una fame terribile!
Noi Shadowhunters sprecavamo tante energie durante la giornata, essendo formata da allenamenti, che si tenevano ogni giorno, e combattimenti.
Di conseguenza mangiavamo il doppio, o addirittura il triplo, rispetto ai mondani.
E poi, per quanto mi riguardava... andavo pazza per il cibo!
Dopo circa cinque minuti, finalmente, in lontananza notai mio fratello insieme ad un bel ragazzo alto e super muscoloso, che ridevano come se si conoscessero da una vita.
Quando Stephan mi vide, mi indicò al suo nuovo amico e si avvicinarono.
Trucidai mio fratello con lo sguardo.
Stava giocando con il fuoco, ma non aveva ancora capito quanto potesse essere pericoloso.
Appena arrivò di fronte a me, mi appoggiò un braccio sulle spalle.
- Ehi sorellina! - mi salutò, entusiasta di vedermi - Che ci fai qui fuori? - .
- Ti stavo aspettando - risposi fredda, per poi guardare il ragazzo che si trovava davanti a me.
Come avevo già detto, era alto e muscoloso, aveva i capelli corti e neri e i suoi occhi erano... dorati.
Per l'Angelo, che cosa stava succedendo?
Iniziavo a sentirmi male: o ero impazzita, oppure, quello davanti a me era un'altro vampiro!
Guardai allarmata mio fratello che, al contrario, sembrava la persona più tranquilla di questa terra.
Possibile che non lo avesse riconosciuto?
- Oh, grazie! - esclamò, per poi fare le presentazioni - Comunque, Emmett, questa è mia sorella Isabella, Bella, questo è Emm. Abbiamo ginnastica insieme! - .
Rivolsi di nuovo lo sguardo al vampiro.
Cercavo di sembrare rilassata.
Fin da piccoli, ci insegnavano a saper mascherare bene le nostre emozioni, era molto utile, se non essenziale, in battaglia.
- E' un piacere Bella - disse cordiale facendo un mezzo sorriso.
Fece per alzare la mano, ma poi cambiò idea, e la riportò nella tasca del suo giubbino.
Era un riflesso incondizionato, segno che voleva stringermi la mano, ma era come se all'improvviso si fosse ricordato di non poterlo fare.
Forse perchè la sua pelle ghiacciata e, sicuramente, avrei notato la differenza di temperatura che c'era fra di noi.
Annuii secca per poi rivolgermi a Ste - Ti devo parlare - .
Sbuffò togliendo il braccio dalle mie spalle - Ho fame Bells! Parliamo dopo! - .
- E' urgente! - sibilai stringendogli un braccio.
Mi stava davvero facendo incazzare quella mattina.
- Ok, allora parla! - esclamò esasperato incrociando le braccia al petto.
- Da soli - sottolineai, lasciando un'occhiata furtiva alla mia destra, in direzione del vampiro.
Lui ovviamente se ne accorse - Affettato il concetto! - rise - Stephan, ci vediamo dopo! Vi lascio parlare da soli! - .
E si avviò verso la mensa.
Mio fratello, in tutta risposta, gli urlò - Puoi contarci, mi devi una rivincita a pallacanestro! - .
Il vampiro rise e poi sparì dietro la porta, che si chiuse subito dopo il suo passaggio.
Sospirò - Dimmi, che problema c'è? - .
Ah ah, adesso faceva tutto il carino e l'interessato?
- Non possiamo parlarne qui, seguimi - e iniziai ad avviarmi ed inoltrarmi verso il boschetto nei paraggi della scuola, con Stephan alle mie spalle.
Dopo alcuni minuti, decisi di fermarmi.
Era un posto perfetto per parlare in privato, senza il pericolo che qualcuno potesse ascoltare la conversazione.
Abbastanza lontato da non far sentire nulla ai due vampiri.
Quando mi voltai verso di lui, non seppi che cosa dire esattamente.
Vedendo la mia indecisione, iniziò a spronarmi.
- Dimmi quello che mi devi dire - disse con fare disponibile.
Feci due respiri profondi e infine parlai - Ho incontrato un vampiro! - .
La sua espressione non cambiò.
All'inizio non riuscii a capire se fosse dovuto allo shock oppure alla consapevolezza di aver avuto al suo fianco un vampiro per ben due ore e di non essersene accorto, poi però disse - Quale? - .
Lo guardai confusa - Come sarebbe a dire "quale"? Che razza di domanda è? - .
Non stavamo parlando di un supermercato o cose del genere!
- Quale vuol dire quale. A Forks, in tutto, ce ne sono sette e, cinque di loro, vanno a scuola - sussurrò come se non volesse farsi sentire da qualcuno.
Cioè... lui sapeva...
Ma come... ?
Io non riuscivo a capire, perchè?
No, no, non ci stavo capendo più nulla, stavo letteralmente impazzendo!
Mi presi la testa fra le mani.
Me lo sentivo, stavo per avere una crisi di panico, cosa mai successa in tutta la mia vita - Tu mi stai dicendo che ci sono cinque vampiri che frequentano la Forks High School?! - dissi ricalcando con il tono della voce ogni parola che pronunciavo. 
Annuì sgranando gli occhi - Che ti prende? Cos'hai? Stai male? - .
No, stavo benissimo.
In fondo, avevo solo appena ricevuto la notizia più shockante di tutta la mia vita, niente di chè.
- Come fai a saperlo? - riuscii a dire tra un respiro e l'altro.
- Ho parlato con un mondano che, a sua volta, mi ha parlato di questi Cullen. Mi ha raccontato di questi ragazzi che stanno sempre per i fatti loro, non parlano mai con... - .
Lo interruppi, innervosita per quello che aveva detto - E perchè mai, questo mondano, ti ha parlato di loro? - .
- Beh... lui mi stava parlando della scuola e, dopo avermi fatto qualche domanda personale, gli ho chiesto chi erano i più fichi, così, per scherzare... ed è uscito il loro nome... cioè, cognome. Emmett, come ti ho già detto, l'ho incontrato a ginnastica. Dovevamo fare degli esercizi in coppia e il professore ci ha fatti lavorare insieme. Ho capito subito che era un vampiro, ma ho fatto finta di niente, ovviamente. Poi quando si è presentato, ho collegato quello che mi ha detto Mike con quello che mi ha detto Emmett - .
Lui era a conoscenza della sua natura e ci faceva amicizia?
Ma era completamente fuori di testa!
Chissà quanti anni aveva, poteva anche riconoscerci!
- E che cosa ne hai tirato fuori? - chiesi, sfidandolo con lo sguardo.
Stava iniziando ad urtarmi il sistema nervoso.
- Da quel che ho capito, sono stati adottati, tutti e cinque. Il "padre" lavora all'ospedale di Forks. Emm e uno degli altri due fratelli, di cui non ricordo il nome, sono fidanzati con le loro sorelle adottive. Si sono trasferiti dall'Alaska qualche anno fa... e basta, penso! - disse, come se stesse spettegolando.
Un particolare, più degli altri, attirò la mia attenzione.
- Cioè, tu mi stai dicendo che sono fidanzati, tra di loro?! - esclamai sconcertata.
Alzò le spalle disinteressato - Beh, non sono fratelli di sangue. Non so se hai inteso la battuta che volevo lasciare intendere! - .
Alzai gli occhi al cielo esasperata, cambiando completamente discorso - Come hai fatto a restare così tranquillo quando c'era Emmett? - .
- Che intendi dire? - .
Per l'Angelo santissimo, che nervi quando faceva il finto tonto.
Sapevo che sapeva a cosa mi riferivo.
- Che intendo dire? Che intendo dire? - iniziai a dare di matto, a stento mi riuscivo a riconoscermi io stessa - Ci sono cinque fottutissimi vampiri, solo a scuola! Non uno, come pensavo, ma cinque, senza contare i loro "genitori", chiamiamoli così... Sono cinque vampiri assetati di sangue che frequentano una scuola formata da cinquecento studenti, più il personale scolastico! Ti rendi conto del pericolo a cui siamo esposti, non solo noi, ma anche tutti gli umani che gli stanno intorno! E' una cosa... una cosa da pazzi! ... - .
Stavo per continuare ma Stephan mi prese per le braccia e iniziò a scuotermi con forza.
- Ti devi calmare, ok?! - mi rimproverò alzando la voce - Gli Shadowhunters non perdono mai il controllo! - .
- Non posso stare calma! Se dovesse esserci uno scontro saremmo sette contro sette e non va bene! Non abbiamo neanche le armi adeguate per ucciderli! - continuai, senza ascoltarlo.
Iniziò a sfregare i palmi delle mani contro le mie braccia e poi, con più calma, mi disse per rassicurarmi - Qui nessuno uccide nessuno, ok? Adesso ci calmiamo e parliamo tranquillamente - .
Dopo qualche secondo di silenzio, annuii rassegnata.
Mentre mi abbracciò, chiese - Hai visto di che colore sono i loro occhi? - .
- Sì, sono dorati - farfugliai contro il suo petto, ricordando improvvisamente l'ora di biologia.
Un brivido mi percorse la schiena, ma non per il freddo o per la paura.
- Giusto. E ti ricordi, ad Alicante, che cosa avevamo letto al riguardo sui vampiri? - domandò, riflettendo anche lui su quello che mi stava dicendo.
Sciolsi l'abbraccio per guardarlo meglio.
Non riuscivo a capire dove volesse andare a parare.
- Abbiamo letto e studiato tante cose sui vampiri - dissi solo, confusa dal suo ragionamento campato in aria.
- Sì, ma ricordi il capitolo che parlava del colore degli occhi? - .
Sì, lo ricordavo.
- Diventano neri quando sono affamati e rossi quando si sono appena nutriti - sintetizzai, capendo cosa volesse dire, finalmente.
- Nutriti di... - lasciò in sospeso, per farmi completare la frase.
- Sangue... umano! - rivelai, improvvisamente consapevole che c'era qualcosa che non quadrava.
Che l'autore del libro si fosse sbagliato?
Impossibile.
Annuì sorridendo - Quindi, se i loro occhi sono dorati, vuol dire che... - .
- Non si nutrono di sangue umano. Ma allora, di che cosa si cibano? - .
- Non ne ho idea, vuoi andare a chiederglielo? - scherzò, passandomi un braccio intorno alle spalle, per poi spingermi a tornare indietro, verso la scuola.
- No, grazie. Non mi sembra proprio il caso - .
- Quasi, quasi, ad Emmett, lo chiederei:  "Scusa amico, ma tu di quale sangue ti nutri? O, qual è il tuo gruppo sanguigno preferito?" - mi imitò, rendendo la sua voce più alta di qualche ottava.
Ridacchiai - Certo, come no. Invece di fare lo stupido, ci conviene tornare subito a scuola, se non vogliamo perdere altro tempo. La pausa pranzo dovrebbe finire fra poco... - .
Sbuffò - Non ci credo, mi hai fatto perdere la mia ora preferita! - .
Era anche la mia preferita...
Feci un sorriso tirato - Mi dispiace... - .
__

Quando tornammo a casa, dopo la scuola, aspettai che Stephan finisse di sistemare i caschi della moto al loro posto.
Quando finì, mi voltai per rientrare, ma lo sentii afferrarmi per il braccio e tirarmi verso di sè.
- Che c'è? - domandai confusa.
Il suo sguardo era preoccupato - Devo chiederti un favore... - .
Restai in attesa, ma dato che non aveva intenzione di spiaccicare parola, parlai - Dimmi pure... - .
- Potresti... - iniziò titubante - Postresti non dire niente agli altri di... di quello che ho fatto oggi? - .
Si riferiva al fatto di aver fatto amicizia con qualche mondano e con un vampiro...
Mi morsi il labbro, tentando di non ridergli in faccia - Dov'è finita tutta la determinazione che avevi stamattina? - .
Si grattò la testa imbarazzato - E' stata l'euforia del momento, mi dispiace... Con questo non voglio dire che non credo in quello che ti ho detto! Però mi scuso per il modo in cui mi sono comportato. Voglio chiederti di coprirmi in questa cosa, ti supplico! In cambio, io ti devo un favore... un favore enorme! Ma aiutami sorellina... - .
Iniziai a massaggiarmi le mani nervosamente.
- Non lo so Stephan, è pericoloso... - dissi, lasciando emergere tutta la mia preoccupazione - Non è un gioco - .
- Lo so, credimi, lo so! Sarò responsabile ma, ti prego, appoggiami in questa cosa! - mi supplicò, unendo le mani a mo' di preghiera - Dopodichè non ti chiederò più nulla! Lo giuro sull'Angelo! - .
Iniziai a pensarci, sentivo che era agitato e, sinceramente, mi dispiaceva vederlo così.
Ma non sapevo cosa fare...
Insomma, lui mi era sempre stato vicino, eravamo fratelli, non vedevo perchè non dovessi aiutarlo... però era una questione seria.
Se lo avessi appoggiato, avrei rischiato molto, non solo io ma anche lui e se, per sfortuna, fosse successo qualcosa, ci sarebbe andata di mezzo tutta la famiglia...
Vedendo la mia indecisione, mi abbracciò come solo lui sapeva fare.
- Ti prego, ti prego, ti prego, ti prego... - sussurrò ripetutamente al mio orecchio.
Ridacchiai, mi faceva il solletico.
Ad un certo punto, sentimmo sbattere una porta.
Presi alla sprovvista, sobbalzammo e, senza accorgercene, ci separammo.
Sebastian aveva appena fatto ingresso nella stanza e non aveva un'aria contenta.
- Che sta succedendo qui? - indagò, con un tono che non avevo mai sentito prima di allora.
- N-niente - balbettai.
Squadrò per qualche secondo me, per poi passare a Stephan.
Anche lui era rimasto intimidito dal mio fratellone...
- Bene - dichiarò, per niente soddisfatto - Bella, ti aspetto in palestra per l'allenamento - ordinò duramente, per poi andarsene.
La sua ultima frase lasciava intendere che questo sarebbe stato un allenamento privato, solo fra me e lui...
Non sapevo se dovevo proccuparmi o esserne felice.
Possibile che fosse davvero così infastidito dal rapporto che legava me e Ste?
- Allora? - domandò per l'ennesima volta, impaziente, facendomi tornare sul pianeta terra.
Alzai gli occhi al cielo - Sì, basta che non mi stressi più! - esordii.
Sorrise, abbracciandomi di nuovo - Grazie, grazie, grazie! - .
Mentre sciolsi l'abbraccio, mi ricordai di una cosa.
- Ascolta - mormorai seria e anche un po' preoccupara - Cosa facciamo per quanto riguardano i vamp... i Cullen? Lo diciamo o pure ce lo teniamo per noi? - .
Ci pensò su per qualche secondo, poi parlò - Secondo me, è meglio se ce lo teniamo per noi... Prima è meglio se ci informiamo, poi vedremo sul da farsi. Se riusciamo a risolvere questa situazione, magari, i nostri genitori ci daranno più fiducia! - .
Ridacchiai - Secondo me si arrabbieranno e ci metteranno in punizione a vita, però se per te questa è la soluzione migliore... - aggiunsi senza nessuna traccia di divertimento nella voce - Mi fido di te - .
Sorrise, piacevolmente colpito da quell'affermazione - Anche io mi fido di te - .


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Capitolo 5
*** Chapter five - Brother. ***


THE WORLD OF DEMONS
°IL PORTALE DEI DEMONI°


CHAPTER FIVE - BROTHER.


[POV BELLA]

Schivai il suo pugno, diretto alla mia faccia, abbassandomi e spostando il mio peso sulle mani, in modo da riuscire a tirargli un calcio dietro le ginocchia.
Preso alla spovvista, cadde a terra come un sacco di patate.
Velocemente, mi misi a cavalcioni su di lui e, con il fiatone, gli bloccai le braccia dietro la testa.
Era da due ore che io e Sebastian ci stavamo allenando nella lotta corpo a corpo.
Gli allenamenti con lui erano più pesanti rispetto a quelli con gli altri miei fratelli.
Forse perchè lui ci teneva di più...
- Sei migliorata... - si complimentò, ancora turbato per quello che era successo prima in garage.
Persino un cieco sarebbe riuscito a notarlo.
Sorrisi compiaciuta - Grazie! - .
Poi, improvvisamente, mi ritrovai a fare una capriola in avanti, che mi lasciò stesa a terra in posizione supina.
- Ma non abbastanza - ghignò guardandomi dall'alto, incrociando le braccia al petto.
Sbuffai alzandomi da terra, voltandomi verso di lui.
Nello stesso momento, Seb si girò dall'altra parte per lucidare la sua spada angelica.
Perchè doveva comportarsi in quel modo?
Proprio non riusciva a capire che, facendo così, non si sarebbe risolto nulla e che le cose non avrebbero fatto altro che peggiorare?
Queste erano le parti di lui che proprio non riuscivo a sopportare: il fatto che dovesse essere sempre al centro della mia attenzione, il suo vittimismo, il suo egocentrismo...
- Si può sapere che problemi hai?! - urlai, risentita dal suo atteggiamento.
Si voltò di nuovo verso di me, ma senza mai staccare gli occhi dalla sua arma.
- Non so di che cosa tu stia parlando - disse solo, alzando le spalle.
Per l'Angelo, Per l'Angelo e ancora, per l'Angelo!
Quanta pazienza che mi ci voleva per stargli dietro.
- Lo sai benissimo! Io, davvero, non riesco a capirti! Io... Io proprio non ce la faccio! - esclamai esasperata, gesticolando animatamente con le braccia.
Alzò gli occhi al cielo per poi guardarmi - Beh, questa non è una novità! - .
Boccheggiai, senza sapere che cosa dire esattamente.
Cosa si poteva rispondere a una persona che ti parlava in quel modo?
Non udendo una risposta, andò avanti - In fin dei conti, la maggior parte del tuo tempo lo passi sempre con quel ragazzo che reputi tuo "fratello", quando sai bene quanto me che lui non è tuo "fratello"! Io sono tuo fratello, ma a te questo sembra non importare! - .
Sentii i miei occhi riempirsi di lacrime.
No... gli Shadowhunters non piangono, gli Shadowhunters non piangono...
- Perchè mi dici queste cose? - sussurrai, tentando di modulare la voce.
Rise senza la minima voglia di farlo - Perchè ti dico queste cose?! - fece una smorfia scuotendo la testa - Cazzo Bella, ma ti guardi?! Stai sempre con lui, gli dici tutto quello che ti passa per la testa, e lui fa lo stesso! Questo rapporto dovrebbe esistere fra noi due, e non c'è! - .
Iniziai ad incazzarmi - Non puoi dare la colpa a me di questo! Cosa centro io se mamma e papà sono stati ammazzati e noi, di conseguenza, siamo stati addottati da delle persone già aventi dei figli?! Che colpa ne ho?! Che ti piaccia o no, siamo cresciuti tutti inisieme e, anche se non lo sono, io li reputo miei fratelli a tutti gli effetti! Ti devo ricordare che per me non esisti solo tu! - .
Sembrò esplodere - Non parlare di mamma e papà! Non osare nominarli mai più! - urlò - E sai che ti dico? Forse tutto sarebbe stato più semplice se fossimo cresciuti nell'orfanotrofio di Alicante! - .
- Come puoi dire una cosa del genere?! - una lacrima sfuggì al mio controllo, ma la asciugai subito - Con tutto quello che questa famiglia ha fatto per noi?! - .
Si avvicinò bruscamente a me, ancora con la spada in mano, arrivando a cinque centimetri dal mio viso - Perchè non riesci a capire che stare in questa famiglia ci ha soltanto separati?! - .
- Perchè non è vero! - gridai intestardita.
- Io sono tuo fratello, loro no! - ribadì a voce più bassa, digrignando i denti.
- Loro sono miei fratelli tanto quanto lo sei tu! - confessai di getto, non pensando che avrebbe potuto arrabbiarsi ancora di più.
Per un'attimo, pensai che mi avrebbe colpita, infatti ero già pronta a difendermi, ma non lo fece.
Mi guardò per qualche secondo poi, senza dire niente, se ne andò sbattendo la porta della palestra.
Tirai un sospiro di solievo e lasciai che le lacrime mi bagnassero le guance.
Era finita... per ora.
__

Le settimane passarono molto velocemente e in un batter d'occhio arrivò Novembre.
Le giornate si svolgevano sempre allo stesso modo: frequentavo la scuola la mattina, mi allenavo il pomeriggio e ispezionavo il bosco di notte insieme a Stephan, mentre gli altri controllavano Forks e Port Angeles.
In quest'arco di tempo avevamo incontrato circa una trentina di demoni, tutti uccisi grazie al lavoro di squadra e alla complicità che ci legava.
A scuola andavo malissimo in materie come matematica e trigonometria, dato che, non avendole mai fatte così nello specifico e non avendo tempo a disposizione per studiarle, mi risultava difficile capirle.
A uno Shadowhunters non serve saper fare delle equazioni o dei "semplici" calcoli matematici per ammazzare un demone...
Era già tanto se sapevo quanto faceva 7x5!
Stephan, al contrario, si trovava benissimo: aveva fatto un sacco di amicizie ma, sopratutto, passava gran parte del suo tempo con il vampiro, Emmett.
La cosa non mi andava per niente a genio e, a quanto pare, anche al resto dei Cullen: si vedeva da come li guardavano.
Si erano perfino iscritti insieme alla squadra scolastica di Basket, che li teneva impegnati tutti i mercoledì pomeriggio dopo la scuola.
Ovviamente, a coprire mio fratello dalla nostra famiglia per la sua assenza era la sottoscritta!
Come se non avessi già altre cose a cui pensare...
Il vampiro dell'aula di biologia, invece, era dal nostro primo incontro che non si presentava a scuola.
Molti mondani pensavano che fosse malato e che suo padre, essendo un medico, lo stesse curando a casa, in privato.
Peccato che i vampiri non si potevano ammalare...
A volte, notavo lo sguardo della sua famiglia addosso, come se mi stessero studiando.
Odiavo essere osservata, era una cosa che proprio non riuscivo a sopportare.
Nell'ultimo periodo, mio malgrado ero stata soggetta alla curiosità dei mondani, ma in compenso avevo trovato un'amica: si chiamava Angela Weber e frequentavamo la stessa ora di inglese e letteratura.
Sapevo di essere un'ipocrita, di aver rimproverato Stephan per lo stesso motivo e per la sua incoscienza, ma non potevo farne a meno: era simpatica, timida, semplice, dolce, disponibile...
Insomma, l'amica che avevo sempre voluto che però non avevo mai cercato perchè ero convinta di non averne bisogno.
Ma, in realtà, ne avevo un disperato bisogno!
Quando stavo con lei vedevo tutto con occhi diversi, con occhi più mondani.
Non c'erano demoni, mostri o altri Shadowhunters!
Due amiche, con alcune cose in comune.
E poi, stando sempre da sola, avevo iniziato davvero ad attirare l'attenzione, perciò, avrei dovuto trovarmi ugualmente un'amica per farmi risultare normale agli occhi degli altri.
In quel momento, mi trovavo proprio con lei e ci stavamo dirigendo verso l'aula di spagnolo.
- Grazie per avermi accompagnata! - mi ringraziò sorridendomi gentile.
Sorrisi di rimando - Non ti preoccupare, tanto non ho niente di meglio da fare - .
Rise - Se vuoi passare l'anno dovrai iniziare ad impegnarti un po' di più, Bella... - mi rimproverò con leggerezza.
Alzai gli occhi al cielo - Sì, va bene! Adesso fila in classe, se no poi la Goff se la prende con me dicendo che ti porto sulla cattiva strada! - .
Rise di nuovo - Vero! Ti devi rassegnare, ormai sei nella sua lista nera! - .
Annuii pienamente d'accordo - Non so neanche perchè! E dire che nella sua materia vado più che bene! - .
Che mistero.
La professoressa Goff riservava un certo odio nei miei confronti, che non tardava mai a farmi notare, eppure, ero l'unica sua alunna a prendere voti eccellenti nella sua materia.
Magari si era accorta che ne sapevo molto più di lei sulla lingua spagnola e, quindi, le stavo antipatica per questo.
Bah, i mondani sono così strani!
- Adesso che cos'hai? - chiese curiosa.
Sbuffai guardando il cielo.
Aveva ricominciato a piovere.
Possibile che a Forks il sole si fosse estinto?!
Per la fortuna dei vampiri che ci abitavano, evidentemente sì...
- Biologia - borbottai alzando il cappuccio della giacca.
Sghignazzò - Proprio non sopporti la pioggia... - .
- E' la cosa che odio di più al mondo... - dopo i demoni, aggiunsi mentalmente.
- Prima o poi ti ci dovrai abituare - .
- Sì, prima o poi. Ci vediamo in mensa? - chiesi speranzosa.
Non mi piaceva pranzare da sola.
Stephan pranzava tutti i giorni con i suoi compagni di squadra e con Emmett, che ovviamente non toccava cibo, lasciandomi abbandonata a me stessa.
Questo, prima dell'arrivo di Angela, sia chiaro!
Mi guardò con aria colpevole - In realtà ho promesso a Jessica che mi sarei unita a lei... - ma subito dopo aggiunse - Che ne dici di sederti con noi? Infondo, Jess è simpatica... - .
Certo, "simpatica" come un libro di pornografia demoniaca!
Da quel che ne sapevo, Jessica Stanley era l'autrice della maggior parte dei pettegolezzi che aleggiavano nei corridoi della Forks High School.
Non era un bene farsela amica, tantomeno, passare mezz'ora allo stesso tavolo con lei.
- Non saprei... - .
Mi prese la mano per poi stringerla - Ti prego, non lasciarmi da sola! Ci sarà anche Ben, ho bisogno di sostegno... - .
Ben era il mondano di cui era innamorata.
Da come lui la guardava sembrava ricambiare in pieno i suoi sentimenti, ma a quanto pare, erano entrambi troppo timidi per fare il primo passo.
Sbuffai - Ok, ci sarò! Basta che mi fai sedere il più lontano possibile dalla Stanley! - .
Rise - Aggiudicato! Ci vediamo dopo! - disse per poi voltarmi le spalle e entrare in classe.
Sospirai scuotendo la testa.
Chi l'avrebbe mai detto che un giorno sarei riuscita a farmi amica una mondana?
Io di certo no.
Quando arrivai davanti all'aula di biologia notai che la porta era chiusa, segno che la lezione
 era già iniziata.
Merda...
Velocemente entrai in classe senza bussare, interrompendo così la spiegazione del professore.
Mi guardò con aria di rimprovero - Grazie per averci degnato della sua presenza Signorina Dorwood! - .
- Non c'è di che! - esclamai, togliendomi il giubbino per poi lasciarlo sull'appendi abiti.
Delle piccole risate aleggiarono l'aula per la mia affermazione.
Quando mi incamminai verso il mio posto, notai che la sedia accanto a me, solitamente vuota, era occupata da un bellissimo ragazzo, con un fisico altrettanto magnifico, i capelli ramati disordinati e gli occhi dorati.
Immediatamente mi bloccai sul posto, con il cuore che batteva a mille, facendo sbuffare il Signor Banner.
Ma che cosa mi stava succedendo?!
Ogni volta che lo guardavo, perdevo il controllo di me stessa...
Non aveva senso... doveva per forza avere qualche potere strano!
Oltre ad essere per natura bellissimi, fortissimi e velocissimi, avevano la probabilità di avere, con il completamento della trasformazione, dei poteri aggiuntivi.
Anche se non tutti i vampiri potevano godere di questa possibilità, la maggior parte possedevano un potere.
- Dorwood? Non pensa di aver già disturbato abbastanza la mia lezione? - domandò irritato il professore, risvegliandomi da quello stato di trans - Se non le interessa può benissimo uscire e andare dal preside! - .
- Mi scusi - mormorai timidamente, sedendomi al mio posto, nascondendo il viso con i miei lunghi capelli color mogano.
Non sapevo perchè, ma stare accanto a lui mi faceva sentire a disagio.
- Comunque, che cosa stavo dicendo? - domandò retorico, Banner - Ah sì, la ricerca in coppia! Insieme al vostro compagno di banco, dovete cercare delle informazioni  sulla cellula: che cos'è, da che cosa è composta, ecc. Vi è chiaro? Successivamente lo esporrete alla classe al computer. Non mi interessa su che programma svolgerete il compito, basta che sia ricco di immagini. Deve essere finito entro la fine di Novembre, dopodiche inizierò ad interrogare - infondo alla classe iniziarono a sentirsi dei borbottii e degli sbuffi - Direi che potete iniziare anche adesso. Utilizzate pure il vostro libro di testo - . 
Tutte le fortune a me.
Sbuffai un misto fra l'annoiato, dato che la composizione della cellula la sapevo a memoria, e l'innervosito, perchè avrei dovuto svolgere questo compito in coppia con Cullen.
Io, che dovevo stare lontana da lui, ero costretta da una stupida ricerca a passarci del tempo insieme!
Molto probabilmente, le ragazze intorno a me, stavano morendo di invidia.
In quei giorni, avevo capito che le alunne della Forks High School avevano un debole per il signor "sono bello solo io" al mio fianco, e come poteva non essere così?
Era uno schianto!
Ma se fossero venute a conoscienza della sua vera natura, sarebbe stato ancora così?
- Iniziamo a lavorare, collega? - chiese una voce suadente al mio fianco.
Involontariamente, rabbrividii.
Sicuramente se n'era accorto, ai vampiri non sfuggiva nulla.
Mi voltai verso di lui, notando con piacere che mi stava guardando.
Con piacere?! Dovevo essere impazzita.
Annuii velocemente, tirando fuori dalla cartella il mio libro di testo per iniziare a sfogliarlo.
Al mio fianco, sentii Cullen sospirare.
Dopo pochi secondi riprese a parlare - Che maleducato, non mi sono ancora presentato. Io sono Edward Cullen - .
Tornai di nuovo a guardarlo, fissando un punto indefinito in mezzo alle sue sopracciglia.
Sapevo che se avessi guardato di nuovo nei suoi occhi, il mio cervello sarebbe impazzito e non potevo permetterlo.
Non ricevendo nessuna risposta continuò a parlare, sempre con il sorriso in faccia.
Ma che cazzo aveva da sorridere sempre?!
- Mentre tu ti chiami Bella, giusto? - chiese cordialmente.
- Isabella Dorwood - parlai per la prima volta - Non hai sentito il professore poco fa, quando mi ha richiamata?! - esclamai acida, cercando in tutti i modi di non guardarlo negli occhi.
- Perdonami - disse sorpreso, passandosi una mano fra i capelli - Non pensavo potesse darti fastidio... - .
Sbuffai tornando a sfogliare il libro - Non mi da fastidio! Semplicemente, solo la mia famiglia e i miei amici mi chiamano "Bella" e, dato che, tu per me non sei nessuno, non vedo perchè tu debba chiamarmi con il mio diminutivo! Come se avessimo chissà quale confidenza! - 
Rimase interdetto a fissarmi, stupito della risposta che gli avevo appena dato.
Evidentemente il vampiro non era abituato a essere trattato in quel modo.
Ben gli stava!
Forse stavo esagerando, ma non mi interessava.
Doveva starmi lontano.
Confuso, lo vidi con la coda dell'occhio aprire il suo libro per iniziare ad analizzaro.
Dopo pochi minuti di lettura, si rivolse di nuovo a me.
- Dobbiamo metterci d'accordo su quando e dove incontrarci per completare il progetto - disse velocemente con un certo distacco.
Lo guardai non capendo cosa stava dicendo - Come scusa? - .
Sbuffò - Dobbiamo vederci fuori da scuola per iniziare il progetto. Ti dico fin da subito che non ho intenzione di farlo da solo! - mi avvisò, staccando per un secondo gli occhi dal testo, per riservarmi un'occhiataccia - Ti va se facciamo a casa tua? - .
- NO! - urlai, attirando di nuovo l'attenzione della classe su di me.
- Cioè - provai a dargli una giustificazione, abbassando la voce - E' meglio se la facciamo da un'altra parte... Sono qui da poco e la casa è ancora abbastanza in disordine... - .
Annuì fra sè e sè - Non c'è problema. Potresti venire da me? - disse studiando attentamente la mia reazione.
Per l'Angelo
, neanche morta sarei andata da lui, in una casa piena di vampiri!
Non ero così masochista e irresponsabile!
Se dovevamo fare quella maledetta ricerca, mi serviva un luogo pubblico.
Mi strinsi nelle spalle - E se andassimo in biblioteca? - .
- Non ci sono computer disponibili nella biblioteca di Forks - .
- Vorrà dire che porterò il mio portatile - insistetti.
Sospirò - Ok, fra qualche giorno ci metteremo d'accordo. Adesso devo andare, buona giornata - .
Velocemente, prese le sue cose e uscì dall'aula.
Ero così concentrata su di lui, che non mi ero nemmeno resa conto del suono della campanella...
Maledetto vampiro!
__

- Vediamo... Voglio un trancio di pizza, un panino al prosciutto, quell'insalata mista, una mela e una bottiglietta d'acqua, per favore - dissi gentilmente all'addetta alla mensa che si trovava dietro al bancone.
Angela, al mio fianco, anche lei con un vassoio in mano, non si era ancora abituata alla mia... ricca alimentazione.
Lo dico perchè continuava a fissarmi come se fossi un'aliena!
Forse, si stava chiedendo, come facesse ad entrare tutta quella roba in un corpicino esile come il mio.
Anche se di esile, avevo davvero poco: ero magra, ma avevo abbastanza massa muscolare da mettere al tappeto un uomo alto un metro e ottanta per novanta chili.
- Io ancora non riesco a capacitarmene... - sussurrò al mio orecchio, mentre aspettavo che la cuoca caricasse il cibo sul mio vassoio.
Mi voltai verso di lei - Di cosa? - .
- Di cosa?! Come fai a mangiare così tanto e a restare... così?! - esclamò indignata squadrandomi da capo a piedi - E' davvero demoralizzante! Io devo stare attenta a qualsiasi cosa magio, se no rischio di mettere su due chili in una sola volta! - .
Risi.
Quanti problemi che si facevano i mondani sul proprio aspetto fisico.
Anche se qualcuno aveva qualche "chiletto in più", come dicevano loro, che problema c'era?
- Ho sempre fame - risposi semplicemente - Non è colpa mia - .
- Ma a casa mangi? - investigò curiosa.
Alzai gli occhi al cielo divertita - Certo! - .
Non riuscivo a resistere più di qualche ora senza mangiare.
- E allora come...? - .
La anticipai - Faccio tanto movimento - .
Annuì fra sè e sè, trovando così una risposta convincente alle sue domande.
Riportai la mia attenzione sulla cuoca che, nel frattempo, aveva finito di riempirmi il vassoio di cibo.
- Sono venti dollari - disse, non curante di quanta roba avessi preso.
Stando attenta a non rovesciare il vassoio, con una mano, tirai fuori dalla tasca posteriore dai jeans una banconota da venti e gliela diedi.
Toccava ad Angela ordinare ora.
Lei optò per una semplice insalata e un arancio come frutta.
Chissà come faceva a mangiare così poco, al posto suo sarei morta di fame!
Appena pagò il pranzo, ci incamminammo verso il tavolo dei suoi amici mondani.
Quando ci avvicinammo, notai che dei ragazzi avevano già preso posto: Mike, Ben e Tyler.
Angela, al mio fianco, si bloccò immediatamente.
Mi fermai anche io - Che hai? - .
- C'è Ben... - .
Ma va?!
Me l'aveva fatto presente la mattina stessa, obbligandomi a mangiare insieme a loro e alla Stanley...
- Lo so - .
- Che faccio?! - mi guardò impaurita, mordicchiandosi il labbro inferiore.
Ruotai gli occhi, non potendo fare a meno di trettenere un sorriso - Beh, che ne dici di sederti e iniziare a mangiare? - .
Subito mi lanciò un occhiataccia - Puoi smetterla, per un attimo, di pensare al cibo?! - .
Annuii guardando Ben ridere con i suoi amici.
Doveva essere un bravo ragazzo, o almeno, ci speravo...
Perchè se anche solo avesse provato, per un secondo, a far soffrire Angela...
Non avrei più risposto di me e delle mie azioni!
- Intendevo: mi siedo vicino a lui? Oppure lontana, per non destare sospetti? Lo saluto o faccio finta di niente? - domandò velocemente non staccandogli gli occhi di dosso.
Ah... l'amore, che sentimento strano!
Io fortunatamente non l'avevo mai provato.
Di chi sarei potuta innamorarmi qui, a Forks?
Di un licantropo? Di un vampiro? Di un mondano?
Era assolutamente fuori discussione!
- Siediti dove vuoi e salutalo come tutti gli altri - .
Sospirò e poi si disse "Dai Angela, ce la puoi fare!", come per incoraggiarsi.
Quando arrivammo a destinazione, ci accomodammo e salutammo il gruppo cordialmente.
- Ehi ragazze! - esclamò Mike, per poi rivolgersi a me - Come mai qui? - .
Presi, con le mani, una carota dalla mia insalata mista e iniziai a sgranocchiarla - Perchè, non possiamo? Non mi sembra che questi posti siano già stati occupati da qualcun'altro! - .
Il povero Mike arrossì violentemente, mentre il suo "amicone" Tyler, rise.
Idiota.
Sentii qualcosa schiacciarmi il piede: era Angela.
- Quello che vuole dire - disse, provando a salvare la situazione - è che Jessica ci ha invitate, è un problema per voi? - .
Fu Ben a rispondere timidamente - Certo che no, siete le ben venute! - .
Vidi le guance della mia amica velarsi di rosso, mentre il ragazzo si beccò una bella gomitata fra le costole da parte di Tyler.
Quel tizio iniziava a darmi sui nervi...
- C-certo - boccheggiò Mike, ancora imbarazzato - Non intendevo dire quello che ho detto! - .
Annuii secca per poi iniziare a mangiare.
Di Jessica, fortunatamente, ancora nessuna traccia.
Più si trovava lontana da me, meglio era!
Ma non feci in tempo a pensare che ci avesse dato buca, che comparì magicamente al mio fianco.
- Ciao ragazzi, scusate il ritardo! - esclamò interrompendo l'argomento di cui stavano parlando.
Non sapevo neanche cosa, non stavo ascoltando.
- Ciao Jess - rispose, sempre gentile Angela - Non ti preoccupare! - .
- La professoressa Brown non voleva più lasciarmi andare! - continuò, prendendo posto accanto a me.
Per l'Angelo!
Notai, con la coda dell'occhio, Angela fissarmi.
Forse voleva controllare la mia reazione, sicuramente non positiva, all'arrivo della sua amica.
- Come mai? - si interessò Mike.
- Interrogazione a sorpresa, ma alla fine mi è andata bene! - esultò, alzando la voce di qualche ottava.
Poi si accorse della di me - Oh... Ciao Isabella! - esclamò confusa, guardando Angela.
Non si aspettava di vedermi, evidentemente, non dovevo starle molto simpatica.
Non ti preoccupare cara, la cosa è reciproca!
- L'ho invitata io! - spiegò Angela - Spero non ti dispiaccia... - .
Sorrise falsamente - No, certo che no! - .
E il pranzo passò così, come il resto delle lezioni, abbastanza velocemente.
Angela mi accompagnò fino alla moto di mio fratello per aspettarlo.
Per tutto il tragitto, restai persa nei miei pensieri, quando ad un certo punto Angela disse - I Cullen ti stanno fissando... - .
Immediatamente mi voltai, incontrando gli occhi dorati di Edward.
Era vero, il clan mi stava fissando, ma ero troppo occupata a fissare Edward per preoccuparmi del resto della famiglia.
- Che cosa vorranno? - chiese confusa, facendomi voltare verso di lei.
Non seppi perchè, ma non riuscii a risponderle subito - Non ne ho idea - .
- E' come... come se stessero aspettando che tu faccia qualcosa... - .
Qualche secondo ancora e, finalmente, riuscii a riprendermi dallo stordimento precedente.
- Bah, quella famiglia è tutta strana! - esclamai e aggiunsi ciò che sembrava più un'avvertimento che una semplice frase - Lasciala perdere! - .
Annuì e in quello stesso istante arrivò mio fratello, stranamente da solo.
Ah già, il suo amico era con il resto della famiglia... che non aveva niente di meglio da fare che fissarmi!
- Lasciare perdere cosa? - chiese curioso afferrando un casco, per poi porgermelo.
Sorrisi, lanciando uno sguardo ad Angela - Niente, cose da donne! - .
Alzò gli occhi al cielo divertito, indossando il casco - Ahh... voi e i vostri segreti, non riuscirò mai a capirvi! - .
- Meno male! - esclamai, poi mi rivolsi ad Angela - Ci si vede! - .
Sorrise e, prima di andarsene, mi abbracciò - A domani! - .
Stephan salì sulla moto e la accese, facendola ringhiare un paio volte.
Lo guardai divertita: se la tirava troppo con quel mezzo.
Quando indossai e allacciai il casco, salii dietro di lui e, prontamente, partì per tornare a casa.
Finchè non sparimmo dalla loro visuale, sentii lo sguardo dei Cullen perforarmi la schiena.
 


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Capitolo 6
*** Chapter six - Seattle. ***


THE WORLD OF DEMONS
°IL PORTALE DEI DEMONI°


CHAPTER SIX - SEATTLE.

[POV BELLA]

Stephan scoppiò in una fragorosa risata.
Lo trucidai con lo sguardo: io gli raccontavo della ricerca che dovevo fare con quel vampiro, e lui si metteva a ridere.
Certe volte, era solo capace di darmi sui nervi!
- Non c'è nulla di divertente! - blaterai offesa, incrociando le braccia al petto.
Non riuscendo a fermarsi, prese posto a fianco a me sul letto, che cigolò sotto il suo peso.
Continuai a guardarlo aspettando che si desse una calmata.
Dopo qualche minuto, finalmente, ci riuscì - Scusami - disse sorridendo come uno scemo.
Alzai gli occhi al cielo esasperata ma, allo stesso tempo, un po' divertita.
- Mi vuoi dire quale parte del racconto ti fa tanto ridere? - .
- Nessuna - sghignazzò - Però, da come parli di loro, si capisce che non ti vanno proprio a genio. Si vede che ti stanno sul... - .
- Okay! - esclamai - Non è che mi stanno... "antipatici"... Ho semplicemente tante domande a cui non riesco a trovare una risposta... Sono solo diffidente, è diverso... Quello che dovresti essere anche tu! - .
Sbuffò allontanandosi leggermente da me - Per favore, non iniziamo di nuovo questo discorso! - .
Sorrisi mestamente - Sei tu che hai iniziato... - .
- Certo, diamo tutti la colpa al povero e piccolo Stephan... - farfugliò lasciandosi cadere indietro sul letto.
Evidentemente pensava che dietro di lui ci fosse il materasso ad attutire la sua caduta, perchè cadde in terra battendo la schiena contro il pavimento.
Iniziai a ridere a crepapelle e, nello stesso momento, mi avvicinai alla sporgenza del letto per vedere se era ancora vivo e vegeto - Per l'Angelo! Ste, stai bene? - .
Dopo pochi secondi, e qualche imprecazione, si ridestò restando in ginocchio accanto a me - Sì... - .
Io, che nel frattempo, non avevo ancora smesso di ridere, mi beccai un'occhiataccia da parte sua.
- Non c'è nulla di divertente! - rimbeccò facendomi la linguaccia, scherzoso.
Mi portai entrambe le mani sulla bocca nel tentativo di contenere, almeno un po', l'ilarità che mi aveva assalita.
- Scusa - mormorai, facendo qualche risolino qua e là.
- Certo che sei strana - pensò guardandomi con aria comica.
- Io sarei quella strana? - gli chiesi, tentando di non ricominciare a ridere - Parli tu, guarda! - .
- Esatto! - esclamò alzandosi in piedi per poi guardarsi in torno - Ti va di guardare un po' di televisione? - .
- Certo - .
Insieme, scendemmo in fretta le scale per vedere chi dei due sarebbe arrivato prima in salotto.
Dovevo riconoscerlo, sembravamo dei bambini di cinque anni.
Ovviamente, con grande dispiacere da parte di Stephan, arrivai prima io e, nonappena fui abbastanza vicina, mi lanciai sul divano prendendo possesso del telecomando.
- Uffa... perchè devi vincere sempre tu? - domandò lamentoso lasciandosi andare vicino a me.
Gli feci la linguaccia - Perchè sono più brava di te! - .
- Certo! - confermò sarcastico.
Di rimando, gli diedi una gomitata fra le costole.
- Ahi! - esclamò sorpreso - Ma sei scema?! - .
Risi schiacciando il tasto verde del telecomando, che magicamente, fece accencere la televisione.
Per me, che non avevo mai vissuto in questo mondo, era davvero una magia.
Non riuscivo a spiegarmi una cosa del genere.
La tecnologia aveva fatto davvero dei passi da gigante...
Feci zapping dei programmi per un po', finchè mio fratello non mi strappò dalle mani lo "scettro del comando".
- Ma che cavolo fai?! - urlai indignata.
Stavo scegliendo io cosa vedere!
- Mi dai sui nervi! Che cosa vuoi vedere?! I cartoni, una fiction, un documentario?! Basta che ti decida! - .
Non feci neanche in tempo a rispondere che decise lui per entrambi.
Lasciò su un canale che in quell'istante stava trasmettendo un notiziario.
Non mi piacevano, odiavo i telegiornali, non facevano altro che passare brutte notizie.
Sbuffai - Perchè...? - .
Ma mi zittì subito - Shh! Zitta e ascolta! - .
- "E ora passiamo alla scia di omicidi che sta terrorizzando la città di Seattle. Soltanto oggi, sono stati ritrovati 30 corpi, fra uomini, donne e bambini. La polizia sta ancora indagando, poichè sono in molti a pensare che non sia colpa di un nuovo Serial Killer della zona, ma bensì di un animale abbastanza feroce da provocare tutte quelle lesioni riscontrate sui corpi delle vittime. Che sia colpa di un orso? E se è così, com'è possibile che si aggiri indisturbato fra le strade di Seattle? Com'è potuto arrivare fino in città senza che nessuno se ne accorgesse? Vi terremo aggiornati! Il prossimo appuntamento è domani, sempre alla solita ora!" - .
Non riuscivo a credere a quello che avevo sentito.
Che cosa stava accadendo a Seattle?!
Mamma, che nel frattempo, era appena rientrata in casa con le buste della spesa, le lasciò cadere a terra, facendoci sobbalzare.
Non era da sola.
Con lei c'erano anche Will, George e Sebastian.
- Avete sentito? - domandò agitato Stephan, non riuscendo più a restare seduto.
Lo seguii a ruota.
Le loro facce non trasmettevano neanche la minima ombra di sicurezza, anzi, tutt'altro.
Sicuramente si trattava di demoni, solo loro potevano causare un aumento delle morti in così poche ore.
Dovevano essere tantissimi, eppure sulla cartina, prima di partire, a Seattle non c'era segnata nessuna attività demoniaca.
- Ci sono troppe, troppe morti - mormorò Marie assorta nei suoi pensieri - Demone! - .
Come pensavo... - Più di uno madre, non può essere opera di un solo demone - .
Posò gli occhi su di me, ancora sconvolta, per poi annuire - Dovremmo andare a controllare... - .
- Non spetta a noi - disse subito Sebastian incrociando le braccia al petto - Che fine ha fatto la famiglia che aveva preso l'incarico di proteggere Seattle? - .
- Se non ricordo male - riflettè William - i Fayrglass... Deve essere successo qualcosa... - .
- Oppure non hanno semplicemente voglia di svolgere il loro compito - continuò mio fratello, senza neanche stare a sentire Will.
- Sebastian! - lo canzonai, alzando di qualche ottava la voce.
Non disse nulla, mi rivolse solo un'occhiataccia che lasciava intendere molto bene le parole che avrebbe voluto dirmi.
- Vado a mandare un messaggio di fuoco al Conclave - parlò finalmente George, avviandosi verso le scale - E' giusto che sappiano - .
Vero, dovevano sapere.
Di sicuro loro sapevano che cosa fare in questi casi.
Era davvero assurdo, Seattle era solo a poche ore da qui... in men che non si dica, quel "branco di demoni" avrebbe potuto spostarsi...
La cosa di cui rimasi più sconvolta fu appunto il loro muoversi in gruppo.
Per natura erano esseri solitari e, se proprio dovevano viaggiare in coppia, non erano mai più di due o tre.
Ma dalle descrizioni fatte dal telegiornale sembravano molti di più.
Anche il fatto che avessero lasciato dei corpi era alquanto sospetto, semplicemente perchè non ne lasciavano, mai.
Sembrava un'azione intenzionata, per attirare l'attenzione...
Non essendo abbastanza intelligenti per poter prendere una decisione del genere, dovevano essere controllati da qualcuno di molto potente.
Qualche stregone, magari.
- Com'è possibile che ci siano così tanti demoni a piede libero? - chiese nostra madre, prendendo il telefono in mano.
Probabilmente per chiamare nostro padre.
- Potrebbe esserci un portale anche a Seattle - disse William, pensando a varie spiegazioni.
Sebastian, apparentemente annoiato, sbuffò per poi spostarsi sul divano.
Lo ignorammo, quando si comportava in quel modo, era meglio per tutti.
Stephan negò con la testa - Non penso proprio. Sulla cartina possiamo vedere la presenza dei portali demoniaci e a Seattle non ce ne sono mai stati. Due dei motivi principali sono la popolazione mondana e la presenza di troppo pochi luoghi isolati. Per questo qui a Forks ce n'è uno, anche se non sappiamo esattamente dove. Questa cittadina è perfetta: non è molto abitata e, di conseguenza, ci sono molti posti sperduti. Un'altro fattore che aiuta è il bosco, che è molto dispersivo. Tutto questo è voluto da qualcuno che sa giocare molto bene le sue carte! - .
A stento riuscivo a reggermi in piedi.
Era il discorso più lungo e serio che mai avessi sentito uscire dalla sua bocca.
Ero sconvolta.
Quello che sosteneva aveva senso.
Ci fu qualche minuto di silenzio, noi tutti dovevamo pensare a come agire e ai pro e i contro di ogni azione.
Non era per niente una situazione facile.
- Sicuramente c'è qualcuno che sta orchestrando la cosa - dissi, appoggiando l'ipotesi di Ste e esternando finalmente i miei pensieri - I demoni non stanno mai in gruppo,  qualcosa deve averli legati fra di loro - .
Will sgranò gli occhi annuendo - Giusta osservazione, potrebbe essere come dici tu! A questo punto, deve esserci dietro uno stregone... o più di uno! Soltanto loro possono creare portali e evocare demoni sulla terra! - .
Se era davvero così, a che scopo facevano tutto questo?
Perchè? Cosa volevano ottenere? Una guerra? Dominare il mondo?
Oppure, erano venuti a conoscenza della nostra ricomparsa e volevano farci fuori?
E poi, perchè proprio a Seattle e non un'altra città?
La cosa che forse mi preoccupava di più era, appunto, la vicinanza con Forks.
In fondo, distava solo quattro ore di macchina... più o meno.
Non era molto lontano.
In quello stesso istante, George fece la sua comparsa sulle scale - Il Conclave mi ha risposto. Ci ha ringraziati per averli avvertiti, non ne sapevano nulla. Questo significa che neanche la loro mappa riesce a vedere l'orda di demoni che abita le vie di Seattle. Hanno detto che in meno di una settimana arriveranno per controllare la situazione, si devono organizzare. Nel frattempo, gli ho dato la nostra disponibilità... ho fatto bene? - .
Tutti ci voltammo verso nostra madre, che sembrava ancora abbastanza scossa...
Era una Shadowhunters, ma non aveva mai amato lottare.
Anche se dentro di le nostre vene scorreva il sangue dell'Angelo, non significava che tutti noi fossimo portati per essere Cacciatori.
C'era chi nasceva Shadowhunters e chi, invece, era stato costretto a diventarlo.
Marie mi aveva raccontato che le mie antenate, erano sempre state delle ottime Cacciatrici, avevano la guerra nel sangue.
Secondo lei, somigliavo molto a Reneè, la mia mamma biologica...
Io personalmente, non ricordavo molto di lei.
Mi era rimasta solo una vecchia foto, quasi sbiadita, sua e con mio padre Charlie abbracciati.
Avevano gli occhi innamorati, si dovevano amare moltissimo.
Se si metteva a fuoco, si riusciva a notare una lieve pretuberanza al livello del ventre... probabilmente la fotografia risaliva al periodo in cui era incinta di Sebastian.
Uno dei tanti momenti che mi erano rimasti impressi nella mente era quando mi invitava a sedermi accanto a lei sul seggiolino del pianoforte.
Amava suonare, forse anche più di combattere.
Ogni pomeriggio, dopo le solite lezioni e gli allenamenti, ci mettevamo lì e mi suonava sempre una sinfonia diversa.
Le imparai tutte dopo la sua morte, solo per sentirla più vicina.
Ma sicuramente, il ricordo che non avrebbe mai abbandonato la mia mente, era quello della morte dei miei genitori.
Era impossibile da dimenticare.
- Sì - disse infine Marie - Direi che è arrivato il momento di prepararci - .
__

Appena papà Jonathan tornò a casa, rimase stupito nel vederci tutti in tenuta da combattimento e armati fino ai denti.
Dopo avergli spiegato l'accaduto, si cambiò e, da bravo pater familias, prese le redini del comando.
Prima di partire ci disegnammo con lo stilo alcune rune di protezione e di potenziamento, in modo da essere avantaggiati e pronti per qualunque evenienza.
L'unico mezzo di trasporto che avevamo era la macchina, visto e considerato che anche con la runa della velocità non correvamo abbastanza veloci.
Potevamo raggiungere la stessa rapidità dei vampiri, ma non duravamo molto, ci stancavamo più in fretta.
Dovevamo conservare le forze se volevamo combattere contro dei demoni.
Nell'abitacolo della macchina a sette posti, acquistata recentemente da nostro padre, non volava una mosca.
L'ansia e l'adrenalina erano palpabili nell'aria.
Esatto, l'adrenalina...
Nonappena arrivammo a destinazione, vicino al luogo dove si erano riscontrate il maggior numero di vittime, ci disegnammo sul braccio la runa dell'invisibilità, in modo che i mondani non potessero vederci.
Quando scendemmo dall'auto, iniziammo a guardaci intorno circospetti, in attesa di qualche agguato, che non arrivò.
Ci muovevamo in fila indiana, in modo da riuscire a schivare più facilmente i mondani, ignari di tutto, ma ansiosi di ritornare alle proprie case, come se sapessero che l'ora "X"si stava avvicinando.
L'istinto umano era davvero una buona cosa...
Erano le otto di sera e in quel periodo dell'anno faceva buio molto presto, era normale che non si sentissero al sicuro, sopratutto dopo gli ultimi fatti di cronaca.
A capo della fila c'era Jonathan, seguito da Will, Sebastian, George, Stephan, me e nostra madre.
All'improvviso la sentii tirarmi per la manica della giacca.
Mi voltai di scatto, sotto il suo sguardo preoccupato.
- Cosa c'è? - chiesi gentilmente, dando qualche occhiata al resto del gruppo che andava avanti per i fatti suoi, indisturbato.
Non disse nulla, prese la mia mano per poi metterci qualcosa dentro.
Confusa, la aprii per rivelarne il contenuto: era una collana, con un ciondolo a forma di goccia rosso fuoco.
All'interno, era inciso lo stemma della famiglia Dorwood, una chiave ornata da rune angeliche, quasi invisibili in quella composizione.
- E' una collana speciale - sussurrò vicino al mio viso, come se non volesse farsi sentire da nessuno - Rileva la presenza di demoni, quando sono vicini. Ti proteggerà - .
La guardai stupefatta, doveva essere davvero preziosa...
Rimirai di nuovo quella pietra che, sotto la luce dei lampioni, luccicava trasmettendo dei riflessi sulla mia mano.
Scossi la testa - Non posso accettarla, fa parte della vostra famiglia! - .
Sorrise amorevolmente, accarezzandomi la guancia - Isabella, tu sei parte della nostra famiglia, proprio come Sebastian - mormorò, aggiungendo sconfitta - Anche se non è proprio dello stesso parere... - .
- Quindi tu lo sai...! - esclamai sbalordita.
Sospirò - Certo che lo so! Tuo fratello è davvero uno zuccone... - .
Ridacchiai - Sono d'accordo! - e poi dissi, stringendo il ciondolo fra le mani - Ti ringrazio, lo porterò sempre con me - .
Non facemmo in tempo ad aggiungere altro che qualcuno ci interruppe.
- Mamma, Bells! Cosa state facendo? Avete visto qualcosa? - urlò George per farsi sentire.
Erano andati avanti per circa una ventina di metri senza di noi.
Ci guardammo, poi urlai di rimando - No, mi è sembrato di notare qualcosa, ma mi sono sbagliata, scusate! - .
Loro annuirono per poi continuare la loro ispezione.
Velocemente, nascosi la collana nella tasca della giacca e raggiunsi gli altri, seguita da nostra madre.
Quando ci inoltrammo in un vicolo buio e stretto, sentimmo una brezza gelida avvolgere improvvisamente i nostri corpi.
In men che non si dica, sfilai una delle spade che portavo sulla schiena.
- Cassiel -  sussurrai e prontamente, l'Adamas si illuminò.  
I Cacciatori che erano come, fecero la stessa cosa.
Mi guardai intorno, nell'attesa di vedere qualcosa di sospetto.
Niente.
Continuammo a camminare in assoluto silenzio, aumentando leggermente il passo, finchè non ci trovammo in uno spiazzo fra alzuni edifici abbandonati.
Il ciondolo che si trovava nella tasca della giacca iniziò a diventare incandescente e a vibrare.
Sgranai gli occhi, impugnando più saldamente l'elsa - Sono qui! - .
Neanche il tempo di dirlo che, sotto la luce fioca dei lampioni, notammo delle ombre scure avvicinarsi sempre di più a noi.
Erano demoni, e di varie specie.
Come previsto, erano molti: venti o trenta... non lo sapevo con esattezza, non feci in tempo a contarli, dato che dopo pochissimi secondi partirono all'attacco.
Io e la mia famiglia ci mettemmo subito all'opera: ruotando la spada, ne uccisi due in un colpo solo e, nello stesso momento, una freccia schizzò al mio fianco colpendo un demone che si trovava alle mie spalle e che mi voleva attaccare.
Con la coda dell'occhio, notai Marie in difficoltà, accerchiata da tre demoni.
Non ci pensai neanche, subito corsi verso di lei, schivando colpi e morsi a destra e a sinistra, e uccidendo mostri che avevano sempre fatto parte delle favole che mi raccontavano da bambina.
Nonappena fui abbastanza vicina, saltai su un bidone della spazzatura e successivamente, sulla schiena di uno dei demoni che stavano alle calcagna di mia madre.
Preso alla sprovvista, il demone iniziò a ribellarsi, ringhiando e muovendosi nel tentativo di farmi cadere, ma senza risultati.
Sfilai un pugnale dalla cintura che avevo in vita e iniziai a trafiggerlo sul fianco, in modo da indebolirlo.
Il demone gemette, cadendo a terra, ma non ancora morto.
Velocemente mi misi meglio a cavalcioni su di lui e, lanciando via dalla mano sinistra il pugnale, impugnai con entrambe le mani l'elsa della spada angelica e, con forza, gli trafissi il petto.
Morto.
Mi guardai intorno: bene o male, tutti se la stavano cavando.
In lontananza, notai mio fratello Sebastian darsi all'inseguimento di due demoni che stavano fuggendo.
Mi alzai immediatamente correndo verso di lui e urlai - Seb, ti copro le spalle! - .
Annuì, per poi sparire dietro l'angolo insieme ai demoni.
Appena mi voltai, venni travolta da qualcosa di enorme e viscido: aveva le sembianze di una lumaca, ma era enorme e un paio di ali si muovevano veloci sulla sua schiena.
Tentai con tutte le mie forze di levarmela di dosso, ma era davvero pesante.
Avvicinò il suo muso al mio viso, e ringhiò.
Aveva un alito tremendo e, in più, la bava che gli colava dalla bocca mi stava letteralmente facendo il bagno.
Che schifo.
Poi, improvvisamente, le sue fauci si allargarono ancora di più, mostrando il suo palato e le sue file di gengive senza denti.
Voleva mangiarmi!
Con tutta la forza che avevo, anche se le mie gambe erano bloccate sotto di lui, tentai di assestare delle ginocchiate al ventre del demone, ma non sembrò fargli male.
Disperata, tentai di arrivare ad una delle mie armi che era caduta quando mi aveva assalito, ma non ci riuscivo.
Sorprendentemente, quando si avvicinò ancora di più per "addentarmi", mugulò dolorante prendendo il volo, che fu subito interrotto da un'altro pugnale tirato nel punto giusto.
Sospirai pesantemente, l'avevo scampata.
- Stai bene? - chiese papà, porgendomi una mano.
- Sì - dissi stringendogliela, lasciando che mi aiutasse ad alzarmi.
Successivamente, mi guardai intorno: lo spiazzo era occupato da corpi senza vita di demoni e, bagnato, da un'insolita fanghiglia scura e puzzolente.
Icore.
Poi però, un dobbio sorse nella mia mente.
Se erano tutti morti, perchè non scomparivano?
Solitamente, dopo le convulsioni, i corpi dei demoni si dissolvevano, letteralmente, in una nuvola di fumo nera.
Loro non facevano parte di questa dimensione.
Preoccupata, rivolsi lo sguardo alla mia famiglia, anch'essa stranita da quell'anomalia.
Non andava bene, non andava per niente bene!
Mi avvicinai a uno dei corpi per esaminarlo e eccertarmi che fosse davvero morto.
Dalla ferita fuoriuscivano flotti di icore e il ciondolo, ancora al sicuro nella mia tasca, aveva smesso di vibrare e si era raffreddato.
- Perchè non si dissolvono? - chiese retoricamente William, preoccupato.
Nessuno seppe rispondergli.
Restammo lì, così, in quello scomodo silenzio, ad attendere una spiegazione.
Com'era possibile?
Il mio cuore palpitava veloce nel petto e iniziai a sudare a freddo.
Era la prima volta che avevo realmente paura di qualcosa.
Qualcosa che non conoscevo e a cui non potevo dare una risposta.
Improvvisamente, una lampadina si accese nella mia testa, ricordandomi che mancava qualcuno...
- Sebastian! - esclamai di getto, correndo nella direzione che aveva intrapreso con quei demoni.
Continuai a correre, sempre più veloce, spinta dall'adrenalina e dalla runa della velocità, ma sopratutto dalla paura che gli fosse successo qualcosa.
Lui era tutto ciò che restava della mia famiglia originaria, non potevo lasciare che gli accadesse qualcosa.
Corsi, finchè vidi che a pochi metri davanti a me si innalzava un muro.
Un vicolo cieco.
In un angolo, una sagoma scura, accasciata per terra in posizione fetale e completamente immobile, attirò la mia attenzione.
I miei piedi si mossero da soli, lenti ed esitanti, come se avessero avuto paura di mostrarmi quello spettacolo.
Quando fui abbastanza vicina, riconobbi il sangue del mio stesso sangue.
Mi guardai intorno: dei due demoni nessuna traccia.
Senza pensarci due volte corsi verso di lui, mi inginocchiai al suo fianco e, con mani tremanti, presi la sua testa per appoggiarla sul mio grembo.
Lo strinsi a me, nervosa e preoccupata - Sebastian, Sebastian, Sebastian... - .
Mi scostai per guardarlo meglio: era tutto sudato, la sua fronte grondolava di sudore, i capelli scuri erano più disordinati del solito, gli occhi chiusi e la bocca leggermente aperta.
Iniziai a dargli del colpetti veloci sulle guance, come per risvegliarlo - Sebastian... Seb... Dai, svegliati! Svegliati... Apri gli occhi... Ti prego... - sulle ultime due parole, sentii la mia voce incrinarsi.
Non dovevo piangere, dovevo restare concentrata.
Velocemente, con una mano, tolsi dallo stivale lo stilo, iniziando a disegnare sulle sue braccia delle rune di guarigione.
Poi attesi.
Dietro di me sentii delle voci.
Mi voltai leggermente, anche se riconobbi subito di chi erano.
Il resto della famiglia mi aveva raggiunta in poco tempo.
- Che è successo? - chiese mamma apprensiva, sedendosi al mio fianco.
- I-Io... non lo so! - balbettai aspettando ansiosa il suo risveglio.
Come se mi avesse letta nel pensiero, sbattè le palbrebe un paio di volte prima di aprirle completamente, rivelandomi così i suoi occhi verdi.
Presa dalla gioia del momento, lo strinsi a me, per poi riempirgli le guance i baci.
- Ehi... Ahi! Basta Bella! - esclamò cercando di evitare le mie effusioni.
Risi con le lacrime agli occhi - Mi hai fatta preoccupare! - .
- Mi dispiace - mormorò confuso.
Probabilmente aveva picchiato la testa o non si ricordava niente dell'accaduto.
Sospirai accarezzandogli i capelli.
Sentii gli altri allontanarsi un poco, per lasciarci un momento da soli.
- Ti fa male qualcosa? - sussurrai.
Fece ciondolare la testa a destra e a sinistra - No, ho solo le braccia un po' intorpidite... Mi hai fatto degli iratze, vero? - .
Annuii, poi gli chiesi - Ti hanno morso? - .
Lo sentii irrigidirsi tra le mie braccia - No - .
Giustificai velocemente quella reazione, era ancora scosso.
- Sei stato davvero fortunato... E' strano che ti abbiano risparmiato, ma di cose strane questa sera ne sono successe, quindi... non mi dovrei stupire poi così tanto... - pensai ad alta voce.
Le sue sopracciglia si corrugarono, segno che non aveva capito che cosa stavo dicendo - Che intendi dire? - .
- Tutti i corpi dei demoni che abbiamo ucciso - iniziai cautamente, guardandolo negli occhi - non si sono dissolti... - .
- Cosa... In che senso? - .
- Nel senso che sono ancora lì, a terra, che perdono icore... - .
Boccheggiò sconcertato - Stai scherzando?! - .
- No, purtroppo no. Ma troveremo una soluzione, adesso hai solo bisogno di riposare fratellone... - mormorai, baciandogli una tempia per poi accarezzargli una guancia.
Non volevo agitarlo, ma non era neanche giusto mentirgli.
Gli iratze che gli avevo disegnato sulle braccia, iniziarono a scomparire lentamente, segno che stavano facendo effetto.
Vidi le palpebre di mio fratello farsi sempre più pesanti, fino a chiudersi completamente, lasciandosi andare così, in un sonno profondo.

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Capitolo 7
*** Ehilà! ***


Ehilà! Questo, come potete ben vedere, non é un capitolo 😞 Sfortunatamente il mio computer é ancora in assistenza. Più che altro volevo augurare a tutti voi...BUON NATALE! 😘🎄🎁 Come state? Come lo festeggerete questo giorno speciale? Un grande abbraccio e auguri, di nuovo. -Zikiki98. PS: buonanotte 😘

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Capitolo 8
*** Ciao, ciao 2014 👋 ***


Ciao ragazze, vi faccio in anticipo gli auguri per il nuovo hanno! 🎉🎊🎉🎊🎉🎊 sono sicura che dopo non riuscirò a farveli ahah 😋 Il mio computer é tornato, quindi non ho più scuse per pubblicare. Fra qualche giorno tornerò con la storia, giuro! Basta "falsi allarmi" ihihih. Comunque, come passerete quest'ultima serata dell'anno 2014? É stato un anno soddisfacente? Quali sono invece i propositi per il nuovo anno? Siete pronti per ul 2015? Io non lo so.. Ahah Sta passando tutto così velocemente, non vi sembra? Vi auguro una fantastica e indimenticabile serata! E buon inizio 2015 a tutti! Un abbraccio grande! 💛💙💜👋 -Zikiki98.

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Capitolo 9
*** ok, non picchiatemi per favore ♥ ***


Ehi, ciao a tutti! Come state? Lo so... Sono vergognosa, è da mesi che non Aggiorno, ma ho intenzione di tornare in carreggiata! Mi serve solo un altro po' di tempo per correggere i vecchi capitoli e ricominciare a scriver ne degli altri... Mi dispiace davvero di non aver più aggiornato e non ho scuse per non averlo fatto. Ovviamente fatemi sapere se volete che continui la storia o meno, vi capirei se così non fosse. Come ho già detto, ci metterò un po' di tempo fra un capitolo e l'altro dato che ho un problema alla mano destra e in teoria dovrei lasciarla a riposo, ma ho davvero voglia Di continuare... Va beh, vi ho rotto abbastanza le scatole ahah ciao e buona giornata.

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Capitolo 10
*** Chapter seven - Return to ***


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THE WORLD OF DEMONS
°IL PORTALE DEI DEMONI°


CHAPTER SEVEN - RETURN TO "NORMAL".

 
Qualcuno bussò delicatamente alla porta.
Ero seduta su un fianco del letto di mio fratello Sebastian, mentre lui dormiva come un ghiro.
Neanche un invasione lo avrebbe disturbato dal suo sonno.
- Avanti - mormorai il più piano possibile, per non svegliarlo.
La porta si aprì leggermente, rivelando così la figura di Marie.
- Come sta andando? - chiese, riferendosi a Seb.
Lo guardai per qualche secondo, accarezzandogli i capelli per poi appoggiare la mano sulla sua fronte.
- Penso che la febbre sia un po' scesa - constatai, notando la differenza di temperatura ripetto a qualche ora prima.
- Meno male - mormorò con sollievo, sedendosi dall'altro capo del letto.
Iniziò ad accarezzargli una guancia e per un po' restammo così, in un piacevole silenzio.
Quella notte avevamo rischiato di perderlo per sempre.
Aveva avuto fortuna, un'inspiegabile fortuna...
Quale demone risparmierebbe uno Shadowhunters?
Nessuno, eppure loro l'avevano fatto.
Quell'esperienza mi aveva fatto aprire gli occhi.
Cosa avrei fatto se si fosse gravemente ferito? O se l'avessero rapito?
O se, addirittura, fosse morto?
Facevo tanto la dura, ma alla fin fine, ero più fragile di un bicchierino di cristallo.
Io amavo mio fratello, più della mia stessa vita!
Era anche vero che litigavamo spesso e non eravamo mai d'accordo su nulla, ma era mio fratello...
A volte preferivo la compagnia di Ste piuttosto che la sua, ma questo non significava niente!
Forse, in fin dei conti, lui aveva ragione: eravamo soli al mondo.
Solo io e lui, saremmo sempre stati solo io e lui.
I Dorwood potevano amarci, ritenerci loro figli e dircelo fino allo sfinimento, ma non sarebbe mai stato così.
Per loro sarebbero venuti sempre prima Will, George e Ste e, ovviamente, non potevano amarci quanto amavano loro.
Erano i loro bambini, frutto del loro amore, ma sopratutto erano dei Dorwood a tutti gli effetti.
Noi eravamo soltanto dei piccoli orfanelli che avevano avuto la fortuna di essere stati adottati, ma non avremmo mai fatto parte integrante della famiglia.
Noi non eravamo quelli indispensabili.
- Ci ha fatto prendere un bello spavento, eh? - interruppe i miei pensieri, sorridendo mestamente.
Annuii senza staccare gli occhi da lui.
Era così carino mentre dormiva: aveva i capelli spettinati, le guance arrossate e l'espressione corrucciata.
Ridacchiai, era buffo.
Marie mi guardò confusa - Cosa c'è da ridere? - .
Scossi la testa - Niente - .
Sorrise di rimando - Sono le due del mattino... Te la senti di andare a scuola? - .
- In realtà, volevo stare accanto a Seb per un paio di giorni... non ti dispiace, vero? - mi accertai.
Infondo, non si trovava in una situazione di vita o di morte, stava bene, aveva solo bisogno di riposo, e anche se fosse, avrei dovuto comunque adempire ai miei doveri di Cacciatrice.
- Certo che no, cara! - sorrise amorevolmente - Qualche giorno di riposo te lo puoi prendere! Si occuperà Stephan di tutto! - .
Annuii, sperando con tutta me stessa che si comportasse in modo responsabile e attento.
- Ti conviene dormire per qualche ora - mi consigliò, prima di uscire dalla stanza - Sicuramente sarai parecchio stanca, hai combattuto molto bene stanotte! - .
Arrossii abbassando lo sguardo - Grazie! - .
Successivamente si richiuse la porta alle spalle.
Avrei tanto voluto sdraiarmi al fianco di mio fratello, ma ero ancora in tenuta da combattimento e non mi ero nemmeno disfata delle armi.
Quando avevamo varcato la soglia di casa, l'unico mio desiderio, era di prendermi cura del mio fratellone.
Decisi di fare un salto in Armeria per depositare le armi e, solo dopo, di farmi una doccia veloce per poi fiondarmi a letto.
Quando arrivai al terzo piano, notai che la luce dell'Armeria era accesa, segno che qualcuno era all'interno: William.
Appena mi vide entrare, si avvicinò cautamente a me.
- Come sta Sebastian? - .
Voleva risultare tranquillo, ma venne tradito dai suoi stessi occhi.
- Abbastanza bene, la febbre è scesa. Ha solo bisogno di qualche giorno di riposo per recuperare tutte le energie - dissi, mentre mettevo al loro posto i miei pugnali e le spade angeliche.
Sospirò, evidentemente sollevato - Sei riuscita a capire cosa è successo? - .
Mi grattai la nuca con sconforto - Purtroppo no. Lui non si ricorda niente di quello che gli è accaduto, e, come ben sai, non c'erano indizi sul luogo dell'incidente... Non è ferito, non si è rotto niente, non ha lividi nè morsi... Io, davvero, non riesco a capire cosa sia successo... - .
- Magari, un attacco d'ansia... - .
- Sebastian?! Un'attacco d'ansia?! - esclamai, tentando di non ridergli in faccia - Non è proprio da lui, e questo non spiega nè lo svenimento nè la febbre... - .
Si portò una mano al mento - Non saprei... Comunque l'importante è che si riprenda e che stia meglio di prima! Cosa sia successo, per me, è irrilevante, non avendone comunque neanche una minima idea! - .
Annuii completamente d'accordo con lui, era inutile perdere tempo tentando di capire cosa fosse successo non avendo niente in mano - L'importante è che stia bene, il resto poco importa - .
__

Passò una settimana e finalmente Sebastian si era ripreso completamente.
Mi aveva persino ringraziata per essergli stata accanto.
Ero davvero felice per come si era evolto il nostro rapporto in quella settimana.
Non avevamo litigato neanche una volta in quei giorni trascorsi insieme, ventiquattro ore su ventiquattro.
E vi posso garantire che per noi era un vero e proprio record.
Sperai con tutta me stessa che le cose potessero continuare così, se non meglio.
Ma quel giorno sarei dovuta tornare a scuola e sinceramente non sapevo che cosa aspettarmi da lui e dai suoi comportamenti scorbutici.
Erano definitivamente scomparsi o sarebbero tornati?
Soltanto il pensiero di me e Stephan che andavamo a scuola insieme gli dava sui nervi.
Praticamente, tutto ciò che riguardava Ste non andava bene.
Sbuffai prendendo una fetta biscottata per poi puciarla nel latte.
- Buongiorno Principessa! - sentii mormorare al mio orecchio.
Sorrisi dolcemente all'autore di quella frase - Buongiorno Ste - .
- Come "Buongiorno Ste"? Sai dirmi solo questo, dopo quasi una settimana che non ci vediamo? - chiese falsamente offeso portandosi una mano sul cuore mentre la sua bocca formava una "O".
Risi scuotendo la testa - Cosa devo dirti? "Buongiorno biscottino mio"? - .
Annuì con vigore - Sì! Basta che poi non ti mangi anche me... - mormorò indicando il "biscotto" che avevo preso in mano.
- Si da il caso che questa sia una fetta biscottata... - .
Alzò le spalle mentre si avvicinò al frigorifero per prendere il latte e berlo direttamente dal cartone.
- Fa lo stesso - e si pulì la bocca con il dorso della mano.
Non potei fare a meno di ridacchiare mentre disponevo gli utensili che avevo usato nella lavastoviglie - Abbiamo fretta stamattina - .
Si voltò di scatto verso di me, con la bocca piena di boscotti - Cosa te lo fa pensare? - .
- Boh, non lo so. Forse il fatto che stai mangiando come un animale? Sì, sì può essere - lo presi in giro, passandogli accanto.
Pesando sulle braccia, mi sedetti sul bancone della cucina, esattamente davanti a lui.
Iniziai a guardarlo con costanza, odiava quando lo facevo e non sapevo esattamente perchè, ma quella mattina, avevo voglia di infastidirlo.
Stava masticando come un cammello e, quando si accorse del mio sguardo su di lui, la sua mandibola si bloccò immediatamente.
Ingurgitò in boccone che aveva in bocca, rischiando anche di strozzarsi, per poi fare la stessa cosa che stavo facendo io con lui.
Passammo qualche minuto così, bramando di essere i vincitori della nostra piccola sfida.
Sembrarono passare minuti, invece solo pochi secondi, eppure non ce la facevo già più.
- Stai cedendo - mimarono le sue labbra.
- Ti stai sbagliando - mentii, concentrandomi sull'obiettivo.
- Ti stanno tremando le palpebre, non lo puoi nascondere - .
- Tu invece ci vedi sempre peggio - rimbeccai facendogli la linguaccia e, per sbaglio, sbattendo gli occhi.
Lui iniziò immediatamente ad esultare mentre io, oltre a darmi mentalmente dell'idiota, mi presi la testa fra le mani, fingendo di essere disperata.
- Ho vinto io, ho vinto io, ho vinto io... - iniziò a canticchiare e a ballare intorno all'isola della cucina.
Alzai gli occhi al cielo, divertita - Okkey, smettila di tirartela adesso! - .
- Ho vinto io, ho vinto io, ho vinto io... - continuò, senza darmi retta e agitando le braccia in aria a ritmo con ciò che stava cantando.
- Se non la smetti adesso, ti picchio - .
- Ho vinto io, ho vinto io, ho vinto io... - .
Fingendomi spazientita per il suo comportamento alquanto infantile, scesi dal bancone avvicinandomi a lui minacciosamente.
Lui, immediatamente, bloccò la sua danza della vittoria e corse su per le scale a grandi falcate per scappare da me.
- Okkey, hai vinto tu! - esclamò, quando si chiuse al sicuro nella sua stanza.
Risi, risi davvero dopo quasi una settimana passata tra preoccupazioni e cure.
Dopo aver sistemato un po' del casino che Stephan aveva causato in cucina, andai nella mia stanza per vestirmi e preparare lo zaino.
Decisi di indossare una camicia larga a quadri rossa, un paio di semplici blue-jeans e i miei indimenticabili stivaletti dove potevo benissimo nasconderci i pugnali.
Nonappena sistemai i libri nella cartella, prima di issarla sulla spalla, indossai la giacca a vento notando i nuvoloni che oscuravano il cielo azzurro quella mattina... o meglio, tutte le mattine.
Sicuramente si sarebbe messo a piovere.
Uscii dalla mia stanza, scesi le scale e, come tutte i giorni, aspettai che Ste finisse di prepararsi per poi andare insieme a scuola con la sua bellissima e potentissima moto.
Finalmente, dopo qualche minuto, mi raggiunse.
- Eccomi, bellezza! - disse mettendosi il casco - Pronta per essere nuovamente al centro dell'attenzione? - .
Lo guardai sgranando gli occhi - Come? Perchè? - .
- Sei stata assente una settimana, bambina - disse passandomi l'altro casco - E' normale che tutti si chiedano che fine avessi fatto - .
Pestai i piedi per terra e, sbuffando, afferrai il casco dalle sue mani per indossarlo.
Non avrei mai avuto pace, me lo sentivo.
Non volevo essere assalita dalle domande curiose e indiscrete dei miei compagni di scuola, era già difficile sottostare al loro sguardo famelico di scoop e risposte, non potevo sopportare anche un faccia a faccia con tutte quelle persone.
Dopo che Stephan prese posto sulla moto, mi accomodai dietro di lui stringendo le mie braccia intorno alla sua vita.
Nonappena aprì, schiacciando un pulsantino sul muro, il garage, sfrecciò a tutta velocità sulle strade di Forks.
Ormai mi stavo abituando alla sua guida veloce, non mi dava più così fastidio, anzi, iniziava anche a piacermi.
Arrivammo a scuola dopo pochi minuti e già sentii lo sguardo dei miei compagni trafiggermi la schiena.
Scesi velocemente dalla moto e porsi il casco a mio fratello, che afferrò solo dopo aver tolto il suo.
- Bentornata a scuola - scherzò, vedendo probabilmente la mia faccia da funerale.
Sospirai sconsolata - Grazie - .
- Davvero sei così giù per quello che ti ho detto? - chiese, tentando di rimediare - Vedrai che non ti fisseranno, non troppo almeno - .
- Ma faranno domande - .
- Angela te ne farà - .
Per l'Angelo, Angela!
Mi ero completamente scordata di lei quella settimana, non le avevo nemmeno scritto un messaggio per avvertirla che non sarei riuscita a venire a scuola!
Ero davvero una pessima amica, probabilmente in quel momento mi stava odiando.
Non mi ero fatta sentire per sette giorni senza un motivo abbastanza valido che potessi raccontare, ma sopratutto, senza dirle niente.
Non essendo molto pratica con il telefono, mi ero completamente scordata di controllarlo e, conoscendola, ero sicura che mi avesse mandato una marea di messaggi.
Probabilmente se avesse saputo dove abitavo, si sarebbe precipitata a casa mia.
- Non ti preoccupare - disse Ste, posandomi una mano sulla spalla - Ci ho parlato io con lei - .
- Okkey, allora sì che mi devo preoccupare seriamente - .
Alzò gli occhi al cielo, palesemente divertito - Bella questa - .
- Che le hai detto? - .
- Che eri a letto con quaranta di febbre e l'influenza - .
Incrociai le braccia al petto - Davvero molto originale - .
- Ehi, dovresti ringraziarmi! Mi sono davvero impegnato e mi devi un favore! - .
Scoppiai a ridere - Io non ti devo proprio niente, ti ricordo, caro fratello mio, che io ti sto coprendo su quella cosa... perciò sei tu a dovermi, non solo uno, ma ben un'infinità di favori! - .
Sbuffò - Ma se devi sempre rinfacciarmi le cose... - .
- Io non ti rinfaccio proprio niente - ridacchiai dandogli una spallata.
- Non ne sarei così sicuro - .
Feci per rispondergli che era un'idiota, ma una voce mi stroncò sul nascere.
- BELLA! - .
Aveva un tono decisamente arrabbiato, per quanto solitamente potesse essere dolce la sua voce.
Rabbrividii girandomi lentamente verso la persona interessata.
I miei occhi si incontrarono con quelli furiosi di Angela.
- Ehi... Angi... - .
- "Ehi Angi" un corno, Bella! Si può sapere che fine hai fatto?! - esclamò, ignorando che tutta la scuola ci stava fissando.
- Sono stata male... - blaterai, arrossendo leggermente.
Ridusse gli occhi a due fessure - Avresti almeno potuto avvisare, oppure rispondere a uno dei miei messaggi... ero davvero preoccupata! - .
- Mi dispiace davvero, perdonami! Ma sinceramente l'ultima cosa a cui ho pensato in questi giorni era proprio guardare il cellulare - ed era la verità, non ne avrei avuto il tempo neanche volendo.
Sembrò rifletterci per due secondi, poi sospirò abbracciandomi - Va bene, ti perdono. Adesso stai meglio? - .
Ricambiai l'abbraccio, stringendola forte - Sì, molto meglio. Grazie - .
Mi faceva piacere il fatto che qualcuno, di esterno alla mia famiglia, si preoccupasse per me.
Mi faceva sentire importante e integrata... certo, solo Angela aveva sentito la mia mancanza, ma per me lei valeva altre venti persone.
- Mi sei mancata - sussurrai, con il mento appoggiato alla sua spalla.
- Anche tu - .
- Oooh!  Amo le riconciliazioni... - disse con voce mielosa Stephan, unendo le mani davanti a sè, con aria sognante.
- Se sei stupido - dissi, staccandomi dall'abbraccio con Angela, che nel frattempo si era messa a ridere.
- Ehi! - esclamò dandomi un pugno sulla spalla, poi mise il broncio, passando velocemente lo sguardo da me a Angi - Volevo partecipare anche io all'abbraccio... - .
Alzai gli occhi al cielo aprendo le braccia in modo tale da poter invitare tutti e due in una bella stretta di gruppo.
Ma quando Stephan si avvicinò a noi per abbracciarci, ci cinse per la vita e ci sollevò entrambe facendoci girare per un paio di volte.
Di conseguenza, lasciammo uscire dalla nostra bocca qualche gridolino, prese completamente alla sprovvista dal suo gesto.
Nonappena ci rimise con i piedi per terra, Angela si appoggiò a lui per riprendere l'equilibrio.
Ridacchiò - Ma come, ti basta così poco per farti rimbambire? - .
- Sei tu che sei un rimbambito! - rispose a tono lei, posandosi una mano sulla fronte.
Scoppiai a ridere, divertita dalla frase della dalla mia amica.
Proprio in quell'istante, la campanella che segnava l'inizio delle lezioni suonò, avvertendoci che era arrivata l'ora di recarsi in classe.
Stephan aveva educazione fisica, Angela spagnolo mentre io... io avevo biologia.
Biologia.
Improvvisamente, nella mia mente balenò la possibilità di rivedere Edward Cullen.
__

Dopo aver sorpassato la soglia dell'aula, non mi sorpresi di vederlo già seduto al nostro bancone da laboratorio.
Ovviamente, non si era scordato a casa la sua innaturale bellezza.
Nonappena mi avvicinai, il suo sguardo, che era posato sul libro di scienze, si alzò su di me, facendomi deglutire.
- Buongiorno Isabella - mi salutò cordialmente, accennando un sorriso gentile, ma non troppo.
Evidentemente si era ricordato l'esperienza dell'ultima volta.
- Anche a te - risposi accomodandomi a fianco al mio compagno, lasciando cadere lo zaino vicino alla mia sedia.
La classe non si era ancora riempita completamente, ma il professor Banner era presente e stava già scrivendo qualcosa di incomprensibile alla lavagna.
Aveva davvero una scrittura orribile.
In fondo alla classe si udiva solo il chiacchiericcio dei pochi studenti che, come noi, erano arrivati in anticipo.
Per fare qualcosa, presi il mio libro di testo ed iniziai a sfogliarlo per prendere spunto e idealizzare un possibile schizzo per il progetto.

"La cellula è l'unità morfofunzionale, cioè di forma e di funzione, degli organismi viventi, la più piccola struttura ad essere classificabile come vivente.
Alcuni organismi, come ad esempio i batteri o i protozoi, sono costituiti da una singola cellula e definiti unicellulari. Gli altri, come l'uomo (formato da circa 100.000 miliardi di cellule), sono invece pluricellulari. I principali organismi pluricellulari appartengono tipicamente ai regni animale, vegetale e dei funghi. Le cellule degli organismi unicellulari presentano caratteri morfologici solitamente uniformi. Con l'aumentare del numero di cellule...".

- Sei stata assente per un po' di giorni... - constatò il vampiro al mio fianco.
Qualcosa mi bloccò la gola impedendomi di parlare, perciò mi limitai ad annuire senza alzare lo sguardo su di lui.
- Come mai? - isistette, evidentemente curioso.
Iniziò ad innervosirmi il suo atteggiamento indiscreto.
Perchè quale cavolo di motivo non si faceva i fatti suoi?
Non gli era bastata la sfuriata che gli avevo fatto al nostro secondo incontro?
Doveva per forza continuare a minare il mio sistema nervoso?
- Se hai paura di finire il progetto da solo, mettiti l'anima in pace: non succederà - borbottai acida, continuando a tenere lo sguardo sulle parole del libro, ma non leggendone realmente nessuna.
- Non è assolutamente per questo. Stavo semplicemente chiedendo - .
- Si da il caso che anche tu sia stato assente per un certo periodo, più lungo del mio. Perchè Edward? - chiesi, voltandomi finalmente verso di lui, come per sfidarlo.
Rimase senza parole, non so se per il mio atteggiamento scontroso o perchè per la prima volta da quando ci eravamo conosciuti lo avevo chiamato per nome.
Aspettai qualche altro secondo, ma non rispose.
L'avevo colto in fragrante - Come volevasi dimostrare - dichiarai sorridendogli soddisfatta - Perchè dovrei rivelarti i fatti miei se tu non lo fai con me? - .
In risposta alla mia provocazione, fece l'ultima cosa che mi sarei aspettata in quel momento: mi sorrise divertito.
Iniziai a dubitare realmente della sanità mentale di quel vampiro, sorrideva per delle cose veramente assurde!
- Hai ragione - disse finalmente non perdendo il sorriso - Non mi sono presentato a lezione perchè ho avuto qualche problema famigliare - .
- Strano che non li avessero avuti anche i tuoi fratelli - lo smascherai, alzando un sopracciglio.
Avevo proprio voglia di togliergli quello stupido, magnifico sorrisino che aveva stampato in faccia sempre.
Ma non funzionò.
Sorrise ampiamente, permettendomi di notare i suoi canini affilati e brillanti.
Non era sua intenzione ovviamente, ma comunque non mi faceva paura.
- Sei una ragazza sveglia - disse, incrociando le braccia sul bancone per avvicinarsi, anche se di poco, a me.
Iniziai a perdere un po' la concentrazione - Lo so. Non avresti dovuto dubitarne - .
- Infatti non l'ho mai messo in dubbio - .
- Davvero? - domandai sarcastica - Da come l'hai detto, non sembra - .
Ridacchiò - Va bene, ammetto di averti sottovalutata - .
- Bravo, vuoi un dolcetto per la sincerità? - .
Scoppiò a ridere.
No... No... Non lo poteva fare, non così vicino alla mia faccia.
- Mettiamo il caso che non avessi ancora cambiato opinione su di te, cosa faresti? - .
- Niente, non ti devo dimostrare proprio nulla - .
Rise nuovamente, mandandomi completamente all'altro mondo - Hai proprio un bel caratterino - .
Il suo sguardo iniziò a studiare i miei occhi, il mio naso, le mie guance, le mie labbra, il mio mento... come se volesse stampare nella sua testa la mia immagine.
Arrossii declutendo a fatica - S-So anche questo... - .
- A quanto pare, sembri molto consapevole di te stessa - analizzò, come se fosse uno psicologo.
- Esatto, sembro - mi lasciai scappare, coprendomi immediatamente la bocca con una mano.
Il suo splendido viso si trasformò in un'espressione di completa confusione.
Anzi no, il suo viso punto e basta.
Senza splendido.
Lui non era splendido.
Lui non aveva niente di splendido.
- Che vuoi dire? - .
- Niente - lo rassicurai tranquillamente, riportando lo sguardo sul libro di scienze.
Durante il nostro piccolo scambio di battute, la classe si era popolata di alunni che non avevano niente di meglio da fare che spettegolare su di noi, come se non fossimo in grado di sentirli.
Davvero ci credevano così stupidi?
... E perchè improvvisamente avevo iniziato a pensare a me e Edward come un"
noi"?
Mi presi la testa fra le mani, iniziando a massaggiarmi le tempie.
Quel Nascosto non poteva farmi un effetto del genere, per l'Angelo!
Doveva smetterla di fare... qualsiasi cosa stesse facendo, mentre io dovevo cercare di darmi una controllata!
Avevo una brutta senzasione, sapevo che tutto questo non avrebbe portato a niente di buono.
- Non pensavo fossi una tipa da tatuaggi - cercò di ricominciare una conversazione Cullen.
Immediatamente, mi voltai verso di lui, stranita per la sua frase - Tatuaggi? - .
Annuì indicando con un cenno la punta di una runa disegnata sul mio polso sinistro.
Sgranai gli occhi e, come scottata, tirai con l'altra mano la manica della camicia che, alzandosi, aveva permesso ad Edward di intravedere una parte del il mio cosiddetto "tatuaggio".
Sentivo il sangue invadermi le guance.
Con aria colpevole, cercò di scusarsi - Mi dispiace, non volevo metterti a disagio... - .
- N-Non fa n-niente... - balbettai abbassando lo sguardo - E' che è a-abbastanza privato - .
- Mi dispiace - ribadì sommossamente.
- Non ti preoccupare - .
E finalmente ognuno si concentrò sul proprio lavoro di sintesi del testo, o almeno, è quello che fece lui.
Dopo ciò che era appena accaduto, non potevo permettermi di far finta di niente.
Aveva quasi visto una delle mie rune, avrebbe potuto scoprirmi e, di conseguenza, saltare non solo la mia copertuta ma anche quella della mia famiglia, e lì sì che sarebbero stati guai seri.
Se avesse riconosciuto quell'ammasso di linee, che cosa sarebbe successo?
Sicuramente avrebbe rivelato l'esistenza, o meglio, la ricomparsa degli Shadowhunters a tutti i Nascosti.
Sarei finita sotto processo o, addirittura, in prigione.
Non volevo andare in prigione.
Avevo davvero appena commesso un errore madornale, peggiore di quello di Stephan.
Perchè non ero stata più attenta?!
Ero una stupida!
Avevo rischiato di mettere a repentaglio la libertà della mia razza, con che coraggio sarei tornata a Idris?
Sarei passata per quella che aveva rovinato i piani di un intero secolo.
Nel peggiore dei casi, mi avrebbero vista come una minaccia oppure come una traditrice.
Solo al pensiero di tutte quelle possibilità mi veniva da piangere.
E io che pensavo di essere una brava Cacciatrice... mi sbagliavo.
- E' suonata la campanella, Isabella - disse il vampiro, ridestandomi dai miei pensieri.
Alzai frettolosamente lo sguardo su di lui, per poi iniziare a mettere le mie cose alla rinfusa nella cartella.
- Grazie - biascicai, allontanandomi da lui per avvicinarmi alla porta.
- Aspetta! - mi richiamò, costringendomi a voltarmi.
- Dimmi - mormorai guardandolo in quelle pozze dorate, non completamente sicura di voler ascoltare ciò che stava per dirmi.
E se si fosse improvvisamente ricordato di aver già visto quel simbolo disegnato sul mio polso?
E se mi avesse uccisa lì, in quel momento, davanti al professor Banner?
No, non l'avrebbe mai fatto, ne ero sicura.
Avrebe aspettato che fossimo da soli.
Con il mio segreto, veniva allo scoperto anche il suo se qualcuno avesse visto o iniziato ad insospettirsi di qualcosa.
Avrebbe atteso il momento adatto, ma non mi sarei lasciata cogliere impreparata.
- Dobbiamo ancora metterci d'accordo su dove e quando incontrarci - mi ricordò gentilmente.
Dentro di me, fui sollevata da un peso, anzi, un vero e proprio macigno.
Sospirai, felice che fosse solo un falso allarme - Beh... tu quando saresti libero? - .
- Anche domani se ti va bene - .
Ci pensai un attimo - A che ora? - .
- L'ora che preferisci - .
L'ideale sarebbe stato subito dopo la scuola, in modo tale che potessi essere a casa per le cinque, onde evitare di saltare l'allenamento giornaliero-pomeridiano.
- Dopo scuola? - chiesi, speranzosa  che per lui non fosse un problema.
Sorrise cordiale - Perfetto, allora a domani Isabella - .
Involontariamente, sorrisi di rimando - A domani Edward - .

Grazie...

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Riconosco di averci messo un bel po' di tempo ad aggiornare, ma come sapete ho qualche problema, perciò potrebbero passare anche settimane da un aggiornamento all'altro.
Ma ho intenzione di completare la storia, questo è poco ma sicuro.
Vi mando un grande abbraccio virtuale, spero che questo capitolo sia di vostro gradimento...
-Zikiki98.

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Capitolo 11
*** Chapter eight - Stories of the past. ***


Ok, direi che stasera mi sono proprio sbizzarrita ;) Come va?
Mi scuso per eventuali errori, sia dovuti alla mia ignoranza sia per stupida distrazione, ma sono quasi le due del mattino, perciò... abbiate pietà di me!
Siamo finalmente arrivati al capitolo che darà una svolta significativa alla storia!
Praticamente è come se la FF iniziasse con questo scritto ahah va be', anche se molte di voi saranno già a letto a dormire (non sapete quanto vi invidio) vi do comunque la buonanotte :-*
Besos, Zikiki98.

PS: Grazie...
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THE WORLD OF DEMONS

°IL PORTALE DEI DEMONI°


CHAPTER EIGHT - STORIES OF THE PAST.


[POV BELLA]

Come stabilito, il giorno seguente, subito dopo la scuola, Stephan mi accompagnò con il suo
"mostro" di moto davanti alla biblioteca di Forks per incontrarmi con Cullen.
Da buon gentiluomo d'altri tempi quale che era, lui era già lì, appoggiato alla sua Volvo grigia metallizzata, in tutta la sua bellezza ed eleganza.
Appena vide il mezzo di mio fratello parcheggiare a qualche metro di distanza da lui, si scollò dalla sua auto iniziando ad incamminarsi verso di noi.
Feci in tempo a scendere dalla moto e a togliermi il casco prima che ci rivolse la parola.
- Buon pomeriggio, Isabella - .
- Ciao - mi rivolsi a lui velocemente, sistemandomi per bene la cartella sulle spalle - Iniziamo? - .
Sembrò preso in contropiede, ma si limitò ad annuire - Certo, l'entrata è da quella parte - aggiunse, indicando la porta che si trovava a una decina di metri dietro di lui, alle sue spalle.
Non facemmo in tempo a raggiungere l'entrata dell'edificio, che la voce di Ste ci fermò.
- Ma come Bella, non ci presenti? - .
Ci voltammo entrambi verso di lui, che nel frattempo si era tolto il casco.
Era per questo che Edward era rimasto spiazzato?
Si aspettava che gli presentassi mio fratello?
Confusa, feci le presentazioni - Stephan lui è Edward Cullen, Edward lui è Stephan, mio fratello - .
Ste sorrise facendogli un cenno con il capo, sempre tenendosi stetto alla sua moto - Piacere Edward - .
- E' un piacere anche per me fare la tua conoscenza, Stephan - rispose cordiale, anche troppo, facendomi alzare gli occhi al cielo.
- Bene, ora che hai avuto la tua presentazione, possiamo andare? - chiesi puntando lo sguardo su mio fratello che mi sorrideva divertito.
Certo, per lui era divertente il mio nervosismo, se la spassava alle mie spalle, deridendomi per la mia scarsa fortuna.
- Certo - assentì - Mi raccomando Edward, falla divertire - e gli fece l'occhiolino.
Cullen, al mio fianco, infilò le mani nelle tasche dei suoi jeans rivolgendogli un sorrisino, oserei dire, quasi imbarazzato - Farò del mio meglio - .
Io, al contrario, guardai entrambi con gli occhi fuori dalle orbite voltandomi, già stanca del loro piccolissimo scambio di battute.
Possibile che Stephan ovunque vada debba sempre fare amicizia con qualcuno, sopratutto con Nascosti?
Sembrava una maledizione.
Iniziai ad incamminarmi da sola verso l'entrata della biblioteca, senza voltarmi indietro, anche se ero certa di essere seguita dal vampiro.
Davanti alla porta d'ingresso, prima di entrare, mi volta di scatto verso di lui per mettere le cose in chiaro - Non ci si diverte. Per niente. Si lavora e basta, poi ognuno a casa propria e chi si è visto si è visto! - .
Le sue labbra si trasformarono in un sorrisino compiaciuto, facendomi innervosire ancora di più - Agli ordini - .
Sbuffai voltandomi di nuovo, stavolta per entrare davvero in biblioteca.
Appena ne varcai la soglia, una piacevole calura mi sfiorò la pelle del viso, facendomi rilassare un pochino.
Mi guardai intorno: l'ambiente non era molto spazioso, o almeno non come la biblioteca di Alicante, ne tanto meno ben illuminato, nonostante fosse ancora giorno.
Le vetrate erano colorate, come quelle di una chiesa, e il muro era rivestito da pannelli il legno dello stesso colore degli scaffali che contenevano i libri.
- Ti piacciono le biblioteche? - mentre parlava, sentivo il suo sguardo addosso.
Relativamente più tranquilla rispetto a qualche minuto prima mi voltai verso di lui, riuscendo persino ad accennare un sorriso - Ci sono sempre andata spesso, fin da piccola. E' uno dei miei posti preferiti - .
Sorrise come se fosse pienamente d'accordo con me, ma allo stesso tempo, guardandomi con stupore - E' strano - .
Lo guardai confusa - Che cosa è strano? - .
- Non molte persone della tua... cioè, della nostra età, metterebbe volentieri piede in una biblioteca - tentò di correggersi, ma notai comuneque l'errore nella sua frase, e sembrò notarlo anche lui, ma decisi di sorvolare.
Non avevo voglia di discutere, volevo solo finire il lavoro e tornare a casa.
- Non sanno cosa si perdono - mi limitai a rispondere, facendo qualche passo in avanti per trovare un posto appartato dove ci potevamo sedere e iniziare a lavorare.
Quando i miei occhi trovarono quello che cercavo, iniziai ad incamminarmi verso il tavolo scelto, ma uno strano e inconfondibile ronzio sul mio petto bloccò i miei movimenti.
No, ti prego, non qui...
La pietra rossa sotto la mia maglia iniziò a scaldarsi sempre di più, facendomi irrigidire.
Immediatamente, iniziai a ripassare mentalmente tutti i posti dove avevo nascosto le mie armi: avevo quattro pugnali negli stivali, due spade angeliche nelle tasche interne della giacca e lo stilo, anche se non si poteva considerare realmente un'arma, nella manica, sempre della giacca.
- Cosa succede? - chiese allarmato Edward, avvicinandosi a me - Ti senti male? - .
Nello stesso istante, da una delle corsie create dagli scaffali, spuntò la figura esile di una giovane donna con i capelli scuri raccolti e gli occhi color tenebra.
Sulla sua targhetta c'era scritto "Nancy".
Ci sorrise gentilmente, ma capii subito che si trattava di un demone.
Avrei dovuto portare con me il sensore.
- Salve. Posso aiutarvi? Stavate cercando qualcosa in particolare? - e gli occhi di quell'essere si posarono su di me, con aria di sfida.
Sapeva cos'ero, era palese.
Mi strinsi di più nel giubbino ma non per la paura, bensì per prepararmi, per essere pronta ad un eventuale attacco di "Nancy" a tirare fuori le spade angeliche e combatterla.
In quel caso, non sarebbe stato contro le leggi del Conclave utilizzare le armi, non in caso di pura e legittima difesa, anche se davanti a dei mondani o, in questo caso, ad un Nascosto.
- Salve - sentivo lo sguardo del vampiro al mio fianco passare velocemente e più volte da me al demone - Penso che ce la potremmo cavare da soli, grazie comunque - .
- Figurati. Se avete bisogno, sono dietro al bancone - mi lasciò un ultima occhiata provocatoria prima di voltarsi e andarsene.
La seguii con lo sguardo finchè non scomparì completamente dalla mia vista.
- La conoscevi? - chiese Edward a bassa voce per non farsi sentire.
Lui non poteva sapere, non ne aveva le capacità...
- No - risposi secca, avviandomi definitivamente verso il tavolo più vicino alla bibliotecaria "Nancy", in modo da tenerla d'occhio.
Quando ci accomodammo, l'uno accanto all'altra, sentivo il gelo che il suo corpo emanava da quanto eravamo vicini, ma la cosa non mi preoccupava, anzi, era una senzazione piacevole.
E poi, i miei pensieri erano altri per il momento.
Tirai fuori dallo zaino il computer e lo avviai, appena lo schermo si accese dissi ad Edward di cercare uno di quei programmi a cui aveva accennato il professor Banner, affermando di non andare proprio d'accordo con la tecnologia.
Lui sorrise - E' buffo il fatto che tu sappia a malapena accendere il computer e sostenga di non essere capace di utilizzarlo, quando a tua disposizione ne hai uno all'ultimo modello - .
- Non l'ho scelto io - sparai una scusa a caso, troppo concentrata a vedere che cosa stesse combinando quel demone, che puntualmente lanciava occhiate furtive nella nostra direzione.
- Capisco - mormorò staccando gli occhi dallo schermo per posarlo su di me.
Anche io feci la stessa cosa, spostai lo sguardo dal demone per rimirare i suoi bellissimi e ipnotizzanti occhi dorati.
Sentii il mio cuore sussultare quando, per sbaglio, mi ritrovai a fissare le sue labbra sottili e schiuse.
Un brivido percorse la mia spina dorsale.
I miei occhi tornrono a guardare i suoi, che non avevano mai lasciato la mia immagine.
Piano piano, lo vidi avvicinarsi sempre di più a me, iniziando a percepire il suo respiro sulle mie labbra.
Con totale sorpresa, mi ritrovai a desiderare quel bacio.
Volevo che lui, Edward, mi basciasse, che posasse le sue labbra fredde sulle mie, che finalmente lambisse in un bacio l'attrazione che ci univa perchè, anche se mi costava ammetterlo, tra di noi c'era ed era davvero un massacro fingere tutto il tempo di detestarlo.
Quando arrivò ad un centimetro dalle mie labbra si bloccò, allontanandosi di scatto.
- Mi dispiace - disse, scuotendo la testa come se non riuscisse a credere a quello che di li a poco avrebbe potuto fare.
- Anche a me - mentii, arrossendo vistosamente.
Non mi dispiaceva per niente essere stata così vicina a lui, anche solo per pochi secondi.
Tutti i miei buoni propositi erano andati a farsi fottere.
Dopo qualche altro minuto di stordimento, da parte di entrambi, iniziammo a lavorare caricando e scaricando immagini, facendo copia e incolla da vari testi online e dal libro di biologia, verificando la veridicità delle informazioni.
Allo stesso tempo, tenevo d'occhio Nancy per non farmela sfuggire.
Dovevo cogliere la palla al balzo, dovevo ucciderla, appena ne avrei avuto l'occasione.
- Be', abbiamo svolto gran parte del lavoro - interruppe il silenzio Edward, senza guardarmi.
- Già - mormorai.
- Dovremmo incontrarci un'altra volta... Sai, per completare il lavoro... - .
- Certo - annuii, tenendo lo sguardo sul demone che in quel momento si stava allontanando dalla sua postazione dietro la scrivania, per perdersi dietro uno degli enormi scaffali della biblioteca.
Iniziai ad agitarmi, non mi piaceva non avere la situazione sotto controllo.
Mi alzai lentamente dalla sedia, portando la giacca con me - Ti dispiace se vado un attimo in bagno? Torno subito - .
Non aspettai neanche la sua risposta, anche se mi era sembrato di udire un "Non c'è problema, vai pure", che mi inoltrai nello stesso corridoio in cui Nancy era passata poco prima.
Più camminavo, più mi inoltravo nell'ala più buia e spettrale della biblioteca.
C'era da aspettarselo.
Alla fine di quel lunghissimo scaffale, mi ritrovai in un'altra sala per la lettura, anche se questa era completamente al buio e disabitata.
Deglutii a fatica quando, spostando il volto dalla parte opposta, il mio sguardo venne attirato dalla lucina al neon che indicava la presenza del bagno.
Era lì dentro, me lo sentivo e la collana con il suo ronzio me ne stava dando conferma.
Cautamente, mi avvicinai piano alla porta del bagno delle signore sfilando dalla mia giacca una delle spade angeliche di cui ero munita.
- Cassiel - sussurrai per non farmi sentire, ma l'Adamas si illuminò comunque.
Ero preoccupata, non era niente di programmato perciò non avevo nemmeno fatto in tempo a ricoprire la mia pelle di rune e, come se non bastasse, non indossavo nemmeno la divisa.
Quando la mia mano fu ad un centimetro dalla maniglia, mi presi un attimo per fare due respiri profondi e darmi una calmata, prima di abbassarla e di rivelare la mia presenza al demone, ma quando finalmente vi entrai non c'era nessuno ad aspettarmi.
Iniziai a pensare di essermi sbagliata, che quell'essere orripilante non si trovasse davvero lì, quando ad un certo punto qualcosa mi cadde addosso, spiaccicando il mio corpo a terra con un rumore sordo.
Un dolore lancinante attanagliò la mia caviglia, facendomi gemere.
La spada mi era scivolata dalle mani e il peso di quel demone mi schiacciava al suolo con la faccia contro le piastrelle, impedendomi di fare movimenti.
Per avere un corpo gracilino, pesava molto.
- Guarda, guarda chi abbiamo qui... Una Cacciatrice... - sussurrò, con una voce completamente diversa da quella che aveva utilizzato prima per parlare con Edward.
- Wow... Sei proprio perspicace - .
In tutta risposta, mi tirò i capelli sollevandomi la testa per poi sbattermela di nuovo contro il pavimento freddo e lurido.
Sussultai per il dolore.
Quella botta mi avrebbe provocato un bel livido...
Avrei tanto voluto restituirle il favore, ma le mie braccia erano bloccate da lei dietro la schiena.
- Carino il tuo Nascosto - sibilò, ridacchiando malignamente - Il Conclave lo sa che te la fai con un vampiro? - .
- Invidiosa? - la provocai a denti stretti - Mi dispiace dirtelo cara, ma non penso gli interessi la spazzatura- .
- Qui nessuno è spazzatura - .
- Nancy no, ma tu sì - .
Sentii un ringhio rabbioso sopra la mia nuca e, subito dopo, la mia testa sbattere ancora contro il pavimento del bagno.
Ok, ora basta pensai.
Con tutta la forza, la rabbia e l'adrenalina che avevo in corpo, invertii le posizioni, bloccandola sotto di me.
Il suo viso era mutato: non c'era più nessuna traccia di Nancy, tutti i suoi tratti erano sfumati da una presenza che purtroppo non poteva controllare.
I suoi zigomi erano diventati più appuntiti, i canini si erano allungati e gli occhi erano diventati completamente neri, anche la parte bianca.
Non persi più tempo, prima che potesse iniziare a fare qualsiasi cosa, iniziai ad assestarle una manciata di pugni sul viso.
Le sue mani piccole e grigie cercarono il mio collo, ma guadagnai tempo dandole un altro cazzotto, ma stavolta sul naso.
Mi alzai da lei e corsi velocemente verso la spada angelica, nonostante le fitte alla caviglia, la raccolsi da terra e mi voltai di nuovo verso il demone, puntandogliela addosso.
Nel frattempo si era alzata in piedi anche lei, distava poco meno di due metri da me.
- Non è pericoloso per voi demoni scorrazzare in giro in pieno giorno? Pensavo vi abbrustolisse al sole - dissi sarcastica nel tentativo di innervosirla ancora di più.
Mi piaceva prendermi gioco di quegli esseri sudici, inutili e malvagi.
Scoprì i denti affilati - Giovane Cacciatrice, sei proprio ingenua! - rise, anche se sembrava più un colpo di tosse forzato - Il mondo è cambiato dall'ultima volta che ci avete messo piede, la vostra assenza è stata un sollievo per tutti, demoni e nascosti. Credevate davvero di essere così indispensabili? - .
Non risposi, mi limitai semplicemente a tenere ben salda fra le mani l'elsa della mia spada.
Sapevo che il mondo era cambiato in nostra assenza, era palese, ma non poteva aver mutato anche le capacità dei demoni di uscire alla luce del sole, non che qui a Forks ce ne fosse parecchio comunque...
Prendere in possesso così, una vita umana, senza un motivo apparente mi lasciava alla mente un po' di dubbi.
Insomma, solitamente si impossessavano di corpi umani per sfamarsi di altre anime umane ma lì, in quella biblioteca, c'eravamo soltanto io e Edward, ed entrambi avevamo davvero molto poco di umano.
Inziai ad avvicinarmi cautamente, puntando la lama verso il suo collo - Sai che ti ucciderò, vero? - .
Ghignò soddisfatta, come se si aspettasse un'uscita del genere - La mia Creatrice e la mia Evocatrice si vendicheranno, lo stanno già facendo - .
Con un gesto fulmineo, la spinsi contro il muro e pigiai l'Adamas della spada contro il suo collo, facendo sgorgare dei rivoli scuri di sangue lungo di esso.
- Che vuoi dire? - ringhiai.
I nostri nasi quasi si sfioravano da quanto eravamo vicine, ma non avevo intenzione di allontanarmi.
Doveva darmi delle spiegazioni e sapevo che avrebbe approfittato di un qualsiasi mio attimo di distrazione o di disattenzione per tentare la fuga.
- Seattle - alitò sul mio viso, facendomi contrarre lo stomaco per la puzza e il disgusto.
Sapeva di morte e sangue, l'acqua di colonia preferita dai demoni praticamente.
Quindi avevamo ragione io e la mia famiglia a sospettare che ci fosse qualcuno dietro a controllare la situazione!
Adesso mi era tutto più chiaro, volevano creare una specie di esercito e senza alcun dubbio c'era lo zampino di qualche Stregone.
- Chi è la tua Signora? - .
Rise - Di certo non lo vengo a dire a te, ingenua Cacciatrice - .
- Smettila di chiamarmi ingenua! - .
- Perchè? Lo sei - disse alzando le spalle, per niente preoccupata che la lama della mia arma stesse affondando sempre di più dentro la sua carne, o meglio, nel corpo che aveva "preso in prestito".
- Non hai paura della morte? - la minacciai, ma mi ignorò completamente, continuando il suo discorso.
 - Così giovane, così inesperta... Non hai idea del guaio in cui ti stai cacciando, loro ti troveranno e ti uccideranno - .
- Non devi essere in pena per me, tanto non mi vedrai morire! - e a quel punto, schiacciai la lama di Cassiel contro il suo corpo, facendola accasciare a terra.
Dopo averla anche pugnalata al cuore, ed essere stata soggetta a delle convulsioni, si dissolse in una nuvola di fumo nero, lasciando dietro di se una pozza di sangue putrido e scuro.
___

Quando ritornai nella sala dove io e Edward stavamo svolgendo il compito di biologia, lo vidi camminare avanti e indietro vicino al tavolo, come se fosse in preda ad un attacco d'ansia.
Non appena mi vide arrivare si fiondò, a parole, su di me - Si può sapere dove diavolo ti sei cacciata?! E' da mezz'ora che ti aspetto, avevi detto che saresti tornata subito! Non posso credere che tu... - .
Si bloccò improvvisamente.
Ero ancora nascosta nell'ombra di un corridoio stretto creato da due enormi scaffali in legno, ma ero sicura che appena mi avesse vista bene, avrebbe notato i vestiti sgualciti, l'aria stanca e la faccia un po' arrossata, nonostante l'Iratze che mi bruciava ancora sulla pelle.
Stupide super-capacità vampiresche!
- Che ti è successo? - chiese, stavolta preoccupato e dimenticando completamente di essere arrabbiato con me, anche se per un ottimo motivo.
- Sono scivolata - risposi piano, come se qualcuno ci potesse sentire, ma ormai ero molto più che convinta che in biblioteca non ci fosse più nessuno, eccetto noi due.
Ero sicura di avere anche un odore terribile, essendomi sporcata leggermerte di icore sulle maniche della maglietta nel tentativo di ripulire il disastro di sangue che "Nancy" aveva lasciato in bagno.
Edward, davanti a me, aveva lo sguardo di chi non se l'era per niente bevuta - Davvero pensi che ci creda? - .
Iniziai ad agitarmi.
Ero sicura che avesse iniziato a dubitare della mia umanità già da settimane, ma il fatto che probabilmente ora aveva davvero iniziato a capire cos'ero mi mandava in ansia.
Con il super-udito che si ritrovava c'erano delle alte possibilità che avesse ascoltato la nostra conversazione in bagno o sentito Nancy chiamarmi Cacciatrice.
Oppure ascoltato me minacciare di ucciderla...
Ed ora sembravo uno straccio sporco e puzzolente.
Non sapevo proprio cosa inventarmi.
- La bibliotecaria di ha aggredita - dissi, con lo stesso tono di una vittima che si trovava in stato di shock.
Tecnicamente, non gli avevo proprio mentito, ero stata davvero aggredita in quel bagno.
La sua espressione sembrò cambiare, anche se di poco, riuscivo a notare ancora il suo scetticismo, ma alla fine la preoccupazione per me prevalse e questo mi fece arrossire - Vieni, ti porto in ospedale - .
Cercò di afferrare il mio polso coperto dalla giacca che indossavo, ma fui più veloce, e mi scansai da lui.
- Non ne ho bisogno - dissi, scandendo bene le parole - Ora sto bene - .
I suoi occhi si strinsero in due fessure, facendo comparire tra le sue sopracciglia una rughetta davvero fastidiosa, che stonava con il suo magnifico viso.
L'aria preoccupata lo rendeva più grande di un vampiro intrappolato nelle vesti di un adolescente, ma era pur sempre sexy e irresistibile.
Davvero, non riuscivo a concepire i miei pensieri, avevo appena avuto uno scontro con un demone, lo avevo ucciso, ma prima di farlo ero riuscita a confermare che dietro l'attacco di Seattle c'era uno Stregone, e io pensavo a quanto Edward fosse bello?
E gentile, simpatico, buono... per l'Angelo, cosa mi stava succedendo?
- Potresti essere ferita - disse lentamente, come se stesse parlando con una cerebrolesa - Potresti aver bisogno di un dottore - aggiunse, sempre con cautela.
Scossi velocemente la testa, non potevo mettere piede in un ospedale mondano.
Se mi ci avesse portata, mi avrebbero fatto degli esami e scoperto che i risultati erano troppo sballati per appartenere ad un essere umano.
Se mi avessero fatto un esame del sangue... sarebbe stata la fine.
Non avrebbero capito cosa ero, ma mi avrebbero studiata, usata per fare esperimenti scientifici fino a prosciugarmi e a quel punto, la copertura di tutti sarebbe saltata.
I mondani avrebbero iniziato di nuovo a credere nelle leggende e per il Mondo Invisibile questa sarebbe stata la fine.
Scambiando la mia espressione di orrore per una di terrore, tentò di tranquillizzarmi - Se hai paura, ti posso portare da Carlisle, mio padre. E' un dottore, potrà benissimo curarti a casa nostra, non ti devi preoccupare nulla, ma ti prego, fatti visitare - .
Potevo capire il fatto che si preoccupasse per me, anche se non ne comprendevo il motivo, ma la sua insistenza mi aveva procurato più agitazione del dovuto, facendomi alterare.
- Ti ho detto di no! So badare a me stessa! Non ho bisogno del tuo aiuto! - esclamai sgarbata sorpassandolo, zoppicando leggermente a causa della caviglia e della stanchezza dei muscoli che iniziava a farsi sentire sempre di più, verso il tavolo per raccogliere la mia roba e andarmene da lì.
- Sai una cosa?! - alzò la voce lui, arrabbiato per il mio comportamento - Sono stanco di continuare ad essere garbato con te per provare a farmi odiare di meno, ma ora ci rinuncio! Sei acida, scorbutica e una vera e propria maleducata! Sono stato uno stupido, un vero e proprio stupido a pensare che avremmo costruire un bel rapporto se solo avessi imparato a conoscermi meglio, ma mi sbagliavo e sono felice di essermene accorto ora piuttosto che più avanti, quando... quando... - .
Si bloccò e io non seppi cosa fare.
Gli davo ancora le spalle ma lo avevo sentito, forte e chiaro, e avevo anche immaginato la sua espressione mentre mi diceva quelle cattiverie, purtroppo vere.
Sentivo un familiare groppo in gola, lo stesso che provavo quando litigavo con Seb.
In questo mondo dovevo recitare una parte, che era ben diversa dalla mia vera essenza.
Io non ero così.
Non ero acida, non ero scorbutica e, tantomeno, una maleducata e sentivo crescere dentro di me il senso di colpa.
Sì esatto, senso di colpa per avergli fatto conoscere un lato di me che nemmeno esisteva, per averlo messo in pericolo quel giorno, per aver creduto che fosse uno di quei temibili vampiri assassini di cui si parlava tanto ad Idris...
- Quando, cosa? - sussurrai, sentendo le lacrime pungermi gli occhi.
- Non ha importanza - .
Sospirando, mi voltai lentamente verso di lui, tenendo comunque basso lo sguardo.
Anche in quel momento riuscivo a sentire l'attrazione che ci univa, ma non era il momento giusto per farsi sopraffare da quelle emozioni.
- Mi dispiace - mormorai, tenendo ancorato lo sguardo sulle punte dei miei stivali.
Lo sentii sbuffare e nello stesso tempo, lo immaginai passarsi una mano fra i capelli nervosamente, come faceva la maggior parte delle volte.
Possibile che adesso riuscissi anche ad immaginarmi le sue mosse?
Il rintocco dei suoi passi eccheggiò per tutta la biblioteca e quando vidi un altro paio di scarpe entrare nella mia visuale, presi coraggio e alzai lo sguardo su di lui.
Immediatamente, i miei occhi si legarono ai suoi.
- Anche a me, non avrei mai voluto scattare in questo modo - si scusò e potevo dire che era sincero dai suoi occhi dorati.
- Perchè ci tieni tanto a conoscermi? - sussurrai, sentendo le guance diventare sempre più calde.
Non rispose subito, si limitò a guardarmi negli occhi per una manciata di minuti che sembravano non finire mai.
Ma per quanto mi riguardava, sarei rimasta lì, in quel modo, anche per sempre.
Sarebbe stato tutto molto più facile se lui fosse appartenuto alla mia specie, se fosse stato un Cacciatore.
Soltanto un millennio fa le nostre due razze si detestavano, e pochi secoli di Accordi non potevano di certo cancellare tutta la violenza che c'era stata prima e che, nonostante tutto, ha continuato ad esistere anche dopo.
Loro erano il nostro incubo, e noi il loro.
Come avremmo spiegato ciò che ci stava accadendo?
- Perchè no, perchè non conoscerti? - rispose con un'altra domanda - Cos'è, non mi ritiene abbastanza per fare la sua conoscenza, signorina Dorwood? - .
Risi, risi davvero - No, semplicemente non capisco. Noi... - stavo per dire che appartenevamo a due razze completamente differenti, ma non lo feci fortunatamente - siamo diversi - .
L'angolo destro della sua bocca si alzò, creando una specie di mezzo sorriso davvero irresistibile - Non deve per forza essere intesa come una cosa negativa, sai? - .
Sapevo che aveva capito quello che intendevo, non era stupido.
Ero a conoscenza della sua vera natura e lui ormai aveva compreso che nemmeno io ero umana.
Decisi di lasciarmi andare completamente, di sciogliermi, non valeva la pena combattere contro qualcosa che non si poteva controllare, qualcosa che non dipendeva da noi.
Gli sorrisi, spostando poi lo sguardo involontariamente sull'orologio a muro dietro di lui.
Erano le cinque e mezza ed ero davvero in un mostruoso ritardo.
Mi voltai nuovamente per sistemare tutte le mie cose nello zaino, anche se alla rinfusa - Mi dispiace, ma ora devo andare, sono in ritardo - .
- Certo - disse lui, evidentemente più rilassato e felice - Vuoi un passaggio? - .
Alzai lo di scatto gli occhi su di lui, il mio cuore iniziò a battere più velocemente - Non ce n'è bisogno, grazie comunque - .
Mi lanciò uno sguardo che non ammetteva repliche, ma al tempo stesso divertito - Dobbiamo discutere di nuovo? - .
___

Non riuscivo a credere di essere davvero nella stessa macchina con lui, uno affianco all'altra, legati da un'elettricità febbrile che mi impediva di stare ferma.
Infatti, sul mio grembo, le mie mani si stavano torturando l'un l'altra e il mio piede continuava a sbattere ritmicamente contro il pavimento dell'auto.
Era più forte di me, non riuscivo a stare ferma.
Dovevo scaricare la tensione e in quel momento, l'unico modo che avevo, era quello.
- Preoccupata? - chiese accedendo la radio, come se quel gesto mi potesse in qualche modo tranquillizzare.
- Nervosa - .
Corrugò la fronte - Come mai? - .
Decisi di rivelargli dirgli una mezza verità - Per i miei genitori. E' la prima volta che torno a casa così tardi da scuola, sicuramente si arrabbieranno - .
- Mandagli un messaggio - .
Certo! Come avevo fatto a non pensarci prima?
Immediatamete, sciolsi il groviglio di dita che avevo creato con le mani, per condurle alla ricerca del mio telefono nelle tasche della giacca e dei jeans, stando attenta a non far spuntare dal nulla nessun'arma.
Ma niente, del cellulare nessuna traccia.
Sbuffai, ricordandomi improvvisamente di averlo dimenticato sul comodino la mattina stessa, accanto alla sveglia.
- L'ho dimenticato - .
- Vuoi che ti presti il mio? - staccando una mano dal volante per porgermelo.
- No, grazie. Tanto non manca molto - lo rassicurai, regalandogli un sorriso che ricambiò facilmente - Ecco... ora gira a destra e continua dritto finchè non te lo dico io... - .
Annuì senza aggiungere altro, finendo entrambi in un silenzio abbastanza piacevole, se non fosse stato per la continua attrazione che continuavo a sentire nei suoi confronti.
Sospirai e fu in quel momento che finalmente mi accorsi della melodia che le casse della macchina di Edward stavano trasmettendo...
- Ma questa canzone... - mormorai emozionata, sentendo gli occhi diventare sempre più lucidi.
Mi guardò allarmato - Sì? Vuoi che cambi CD? Non ti piace? - .
Lo ignorai, cercando con tutta me stessa di ricordare il nome di quella meravigliosa melodia, e a quel punto mi venne - E'... è Clair De Lune... - .
Improvvisamente il suo sguardo tornò ad essere piacevolmente stupito, come poche ore prima in biblioteca quando mi chiese se mi piaceva leggere, ricevendo una risposta affermativa - Conosci Debussy? - .
Gli sorrisi nostalgica - Era il compositore preferito da mia madre - .
Ricordo, anche se non molto chiaramente, tutte le volte che me lo faceva ascoltare e che mi prendeva fra le sue braccia per ballare insieme o quando mi suonava qualche suo pezzo al pianoforte.
Adoravo ascoltarla, era l'unica cosa che avevamo in comune oltre al sangue.
- Era? - chiese confuso, convinto che avessi sbagliato ad esprimermi.
Scossi la testa abbassando lo sguardo - E' complicato - .
- Farò uno sforzo, spiegamelo - mi incoraggiò dolcemente, senza per niente essere scortese.
Era semplicemente curioso, come lo ero io per quanto riguardava la sua vita vampiresca.
Avevo un sacco di domande da fargli, ma prima lui doveva rivelarmi la sua natura, non gli avrei mai detto di sapere che cos'era.
Se non mi sarei fidata di lui, lui non si sarebbe mai fidato di me.
E io a quel punto volevo che si fidasse di me.
Presi un respiro profondo e iniziai a parlare, con voce tremante - Da dove posso cominciare... Ehm, okay... Quando ero piccola, molto piccola, passavo molto tempo con mia madre. Lei suonava benissimo il piano e mi ricordo che ci passavamo pomeriggi interi a suonarlo. Nel suo repertorio, Debussy non mancava mai e il suo componimento preferito era proprio Clair De Lune. Fu la prima canzone che imparai a suonare, lei era una maestra eccellente. Poi quando è morta, quando i miei genitori sono morti, questo componimento per me è diventato una specie di commemorazione, qualcosa che mi aveva regalato prima di andarsene e che mi aiutasse a non dimenticarla mai. E direi che ha funzionato... - .
Edward stava guardando fisso la strada e le due dita erano strette saldamente intorno al volante, come se volesse staccarlo e buttarlo in mezzo alla strada.
Possibile che se la fosse presa quello che gli avevo detto?
Non riuscivo a capire, era stato lui a chiedermi una spiegazione...
- Ce l'hai con me? - gli domandai timidamente, guardandolo con la coda dell'occhio.
Lo vidi girarsi di scatto verso di me, sorpreso - No, certo che no... E' solo che trovo davvero inconcepibile ciò che tu e tuo fratello avete dovuto passare, perdere entrambi i genitori in tenera età è davvero... atroce - scosse la testa -  La vita è davvero ingiusta a volte - .
- Non è la vita ad essere ingiusta - dissi, ripensando all'episodio che li aveva uccisi - E' il mondo ad essere ingiusto - .
E lo pensavo davvero.
Perchè esistiamo noi, creature soprannaturali?
Che scopo abbiamo nella vita? Ucciderci l'un l'altro e farci la guerra?
Perchè alla fine è questo quello che facciamo, sempre.
Siamo creature che non dovrebbero esistere, creature che dovrebbero essere solo raccontate nelle leggende per spaventare e impressionare i turisti.
Sarebbe più facile se fossimo tutti dei comuni esseri umani, senza l'obbligo di non tradire, di proteggere e di onorare la propria specie.
- Mi dispiace - disse sinceramente - Come sono morti? - .

Eravamo nel giardino della nostra casetta vicino al bosco e, come noi, tante altre famiglie di Shadowhunters si stavano divertendo all'aria aperta giocando a palla o semplicemente chiacchierando un po'.

Io ero seduta sull'erba verde del nostro prato, dando le spalle a mia madre, che in quel momento mi stava facendo una lunga e grossa treccia.
Sebastian e papà stavano giocando a pallone con una palla fatta di stracci rilegati insieme da una composizione di nodi, assumendo così una forma un po' più ovale rispetto a quelle che utilizzavano i mondani, ma per loro era perfetta.
Stavamo trascorrendo un tranquillo pomeriggio, tutti quanti, quando ad un certo punto, da lontano, le torri antidemoni diventarono rosso fuoco e iniziarono a lampeggiare, in segno di pericolo.
Qualcuno aveva abbattuto le difese di Idris ed era riuscito ad entrare.
Immediatamente mamma e papà ci ordinarono di correre dentro casa e non muoverci di lì mentre sguainavano le loro spade angeliche dai foderi delle loro cinture, ma noi eravamo dei piccoli coraggiosi e non volevamo lasciarli a combattere da soli.
Perciò ci nascosimo sul portico di casa, tra le strette ringhiere in legno, in modo da poter guardare ciò che sarebbe successo, convinti di poter intervenire in qualsiasi momento.
Dopo qualche secondo inziarono a vedersi i primi demoni: fu la prima volta che li vidi e, fin da subito, provai un senso di repulsione nei loro confronti.
All'inizio mamma e papà se la cavavano bene, poi però, un demone più intelligente rispetto agli altri si accorse della nostra presenza e ci puntò.
Noi di conseguenza ci misimo ad urlare, attirando l'attenzione di nostra madre che iniziò a combatterlo da sola.
Ma non ce la fece: quel mostro di due metri, dopo essere stato accoltellato due volte, addentò per il busto nostra madre, la lanciò in aria, per poi farsela cadere perfettamente nell'enorme bocca che si ritrovava.
Io e mio fratello, dopo aver visto quella scena, ci immobilizzamo come due statue: non ci eravamo messi a piangere, non avevamo urlato, non eravamo andati incontro al demone per dirgliene quattro e farci restituire nostra madre, eravamo rimasti semplicemete sotto shock.
Anche nostro padre, che aveva assistito a tutta la scena, si bloccò immediatamente e quando si accorse che dietro di lui qualcuno era pronto ad attaccarlo ormai era troppo tardi, gli aveva già staccato la testa.
Quel prato non aveva più niente di verde, ormai era ricoperto da litri di sangue, sia rosso che nero.

Socchiusi gli occhi, nel tentativo di cancellare il ricordo dei miei genitori che più ricordavo meglio - Sono stati assassinati - sentii una lacrima scendermi lungo la guancia - E noi eravamo presenti - .
Lo sentii sussultare, sicura di averlo colpito con le mie parole, così dirette e distaccate, ma sinceramente non mi andava più di parlarne, era già doloroso così e per fortuna Edward sembrò capirlo.
- Scusa, non avrei dovuto chiedere... - si scusò apprensivo, mentre sentivo la sua mano fredda sfiorare la mia guancia bagnata.
Aprii gli occhi all'istante, facendo un sforzo per sorridergli come meglio potevo - Non ti preoccupare, non potevi sapere... - .
- Anche i miei genitori sono morti - disse improvvisamente con un tono che lì per lì non seppi decifrare, come se saperlo potesse aiutarmi - molti anni fa, per una malattia mortale. Anche mia madre suonava il pianoforte e mi ha insegnato tutto ciò che sapeva. Mio padre l'amava molto - sorrise con mestizia - non ricordo molto di loro, ma la scena che mi è rimasta più impressa è quando mio padre tornava dai suoi lunghi viaggi di lavoro. Mia madre si arrabbiava tantissimo per la sua assenza, scossa dall'ansia per non aver ricevuto sue notizie per settimane magari, ma quando poi le mostrava il regalo che comprava puntualmente per lei, per farsi perdonare, tutta l'ira, l'ansia e l'agitazione scomparivano. Sempre. Non era tanto attaccata all'oggetto in sè, non le importava se era prezioso o meno, non era quel tipo di persona.  Per lei il fatto di avere fra le mani il suo dono, era come avere la conferma che mio padre era riuscito a tornare a casa. Ancora una volta - .


*MI RACOMANDO, FATEMI SAPERE SE LA STORIA VI FA SCHIFO, COSì VI RISPARMIO TUTTI DA QUESTO ORRORE AHAH ;) :-* UN ALTRO BESO.
 

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Capitolo 12
*** Chapter nine - Werewolves. ***


BUONASERA, O MEGLIO DIRE, BUONGIORNO DATO CE SONO LE 01:35 DEL MATTINO...
IN QUESTO PERIODO AGGIORNO SEMPRE INTORNO A QUEST'ORA, MI SA CHE DEVO RIORGANIZZARE IL MIO TEMPO...
COMUNQUE, BASTA CAVOLATE.
VOLEVO RINGRAZIARE CHI L'ALTRA VOLTA HA RECENSITO IL CAPITOLO:
lady anya blu Cullen
vanessa_91_
Edkob_0103  (leggi il PS)
martyd
SIETE DAVVERO CARINISSIME ^_^
E OVVIAMENTE UN ALTRO GRAZIE A CHI SEGUE LA STORIA:
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GRAZIE DAVVERO, SIETE UNA SPECIE DI PICCOLO ESERCITO AHAH NO SCHERZO (LO SO, CHE BATTUTACCIA!!!)
ORA VADO A LETTO, SE QUALCUNO DOVESSE ESSERE ANCORA SVEGLIO COME ME, BUONANOTTE!
-Zikiki98.

PS:
 Edkob_0103 UN'ALTRA COSA, SCUSA SE NON SONO ANCORA PASSATA A LEGGERE LA TUA STORIA, MA MI SONO COMPLETAMENTE DIMENTICATA!!! PERDONAMI :'( GIURO, CHE PASSERO' A LEGGERLA, CONTINUA A RICORDARMELO!
UN BESO.
-Zikiki98.

THE WORLD OF DEMONS

°IL PORTALE DEI DEMONI°


CHAPTER NINE - WEREWOLVES.

[POV BELLA]


Dopo aver ringraziato Edward per avermi riportata a casa, o meglio, a tre kilometri di distanza da casa, mi inoltrai lentamente nel bosco, non avendo per niente fretta di sentire le urla dei miei famigliari curiose di sapere che fine avessi fatto quelle ultime tre ore.
Sperai davvero, con tutto il cuore, che Ste avesse preparato una buona scusa al posto mio.
Non potevo di certo dire che avevo passato l'intero pomeriggio in una biblioteca con un vampiro e, nel frattempo, di essermi scontrata con un demone!
Anche se ero completamente consapevole di doverglielo dire... l'ultima parte almeno.
Mentre camminavo bel bosco, stando attenta a non inciampare nelle radici degli alberi e a qualche ombra sospetta che magari si nascondeva fra questi, iniziai a pensare ad Edward.
Cos'eravamo ora? Una sotto-specie di amici?
Potevamo considerarci così, nonostante quello che provavo quando lui era nei paraggi?
Sapevo che in qualche modo avrei dovuto trovare un sistema per nascondere la mia "nuova amicizia" ai miei genitori e sapevo anche che era sbagliato, fottutamente sbagliato, non solo mentirgli, ma anche fargli un torto del genere dopo tutto quello che avevano fatto per me, perchè immaginavo che prima o poi la verità sarebbe saltata fuori e, che da quel momento, sarei finita veramente nei guai.
Avevo paura solo a pensare alla punizione che mi avrebbe inflitto il Conclave una volta venuta allo scoperto tutta la situazione.
Nessuno mi avrebbe aiutata o salvata: ero andata contro la legge, il primo divieto che avevano imposto il Console e il suo Consiglio per tornare a far parte di questo mondo, e io lo avevo infranto, eccome se lo avevo infranto.
Però non ero l'unica qui ad aver commesso degli errori: Stephan c'era dentro quasi tanto me, se non di più, anche se ero convinta che Jonathan e Marie non avrebbero mai permesso che finisse in prigione o venisse giustiziato.
Con tutte le conoscenze che avevano in Conclave, avrebbero fatto qualsiasi cosa per evitare una pena catastrofica.
Ero consapevole che non si sarebbero mai mobilitati così tanto per me... mi volevano bene come se fossi loro figlia, ma era proprio il punto: "come", non sarei mai stata considerata una Dorwood, non sotto il punto di vista del sangue almeno, e tutti sapevano quanto fosse importante per noi Shadowhunter il sangue.
Come si dice in latino, Sanguis sanguinis mei, che sta a significare "sangue del mio sangue".
L'unica persona che non era morta e che aveva il mio "stesso sangue" era Sebastian, ma sapevo che non sarebbe mai stato dalla mia parte.
Lui era un gran sostenitore del Conclave e non avrebbe mai fatto qualcosa che avrebbe potuto screditare il suo nome.
Bastavo io ad infangarlo...
Arrivata davanti all'enorme villa, mi bloccai sui miei stessi passi sentendo l'agitazione impossessarsi di me.
Presi un bel respiro profondo e, con estrema lentezza, mi avvicinai alla porta di ingresso come se fosse un buco nero.
Non suonai al campanello, sapevo che era aperta.
Qualsiasi creatura magica che avesse avuto l'intenzione di attaccarci non si sarebbe fermata davanti ad una porta chiusa, l'avrebbe semplicemente sfondata, perciò non aveva senso chiudere la porta a chiave, non di giorno almeno, e questo posto non era facilmente accessibile per gli umani.
Era troppo lontano dalla civiltà e si trovava in una zona strategica, senza contare poi l'incantesimo che ricopriva la casa, che la faceva sembrare una vecchia catapecchia pericolosamente traballante.
Entrai in salotto, ma non c'era nessuno.
Solitamente, se c'era qualche problema, venivano tutti qui.
Iniziai a preoccuparmi della possbilità che fossero usciti di casa per cercarmi, ma una voce in cima alle scale mi fece ricredere.
Era William.
- Per l'Angelo, si può sapere dove diavolo ti sei cacciata?! - gridò scendendo di fretta i gradini per venirmi incontro - E che cosa hai fatto?! Sembri appena uscita da un combattimento! - .
Come se la voce alta di Will fosse stato un segnale per avvisare il mio ritorno, tutto il resto della famiglia si precipitò al piano di sotto per vedermi.
Sebastian sorpassò bruscamente Will con una spallata per poter prendere il mio viso tra le mani.
- Stai bene? - chiese allarmato, come se quelle ore senza di me fossero state le più difficili di tutta la sua vita.
- Sì, sto bene - cercai di annuire, ma le sue grandi mani ai lati della mia testa non mi lasciavano molta libertà di movimento.
Mi lasciò libera solo per qualche secondo, per poi racchiudermi in un abbraccio che mi lasciava intendere quanto fosse stato in ansia per me.
Questo lato dolce e protettivo di mio fratello mi piaceva, era da molto tempo che non mi abbracciava in quel modo.
- Isabella Dorwood - mi richiamò la voce spessa di papà Jonathan facendomi voltare, ma senza mai lasciare l'abbraccio protettivo di Seb - Dove sei finita?! - .
Nella speranza che mi suggerisse qualcosa, il mio sguardo finì su Stephan che, con aria risentita, si limitò ad alzare le spalle come per dire "scusa, non ho pensato a niente".
Sospirai, stringendomi di più al corpo di Seb - Ero nella biblioteca di Forks insieme a un mio compagno di classe, stavamo facendo un progetto in coppia per biologia...Mi dispiace padre, madre, so che avrei dovuto avvisarvi... - .
- Pensi che delle semplici scuse basteranno? - chiese mamma, con il petto che si alzava e abbassava velocemente - Non mi sono mai preoccupata così tanto, potevi almeno avvisare! Hai un cellulare ora! - .
Mi morsi il labbro, iniziando a sentirmi davvero in colpa per come li avevo fatti sentire, non doveva essere stato bello.
- Lo so, è che non ne ho mai avuto uno e spesso mi dimentico di avercelo, perciò non lo porto... - dissi la verità, sperando in un loro perdono per la mia dimenticanza - Mi dispiace, prometto che non si ripeterà, mai più! - .
- Certo che non si ripeterà! - esclamò papà, per niente più calmo - Perchè sei in punizione! - .
Lo guardai con gli occhi fuori dalle orbite: non mi aveva mai messa in castigo prima d'ora e, sinceramente, non pensavo che sarebbe mai successo.
Ero sempre stata quella che combinava meno guai, la bambina dolce e innocente di casa, ma evidentemente le cose erano cambiate.
Ora, avrei ricevuto la mia prima punizione, all'alba dei miei sedici anni.
George sembrò volermi accorrere in aiuto - Non esageriamo, padre... - .
Scattò verso di lui, con occhi furenti - Sto esagerando?! Secondo te sto esagerando?! Sono io che comando qui, sono io che faccio le regole e non accetto obiezioni o trasgressioni in merito! Tua sorella ha sbagliato, ed è giusto che paghi e impari che cosa significa il rispetto! - prese fiato, per poi ricominciare ad urlarmi contro - Sei arrivata ora, dopo ore passate a preoccuparci per te e a cercare di capire dove cavolo fossi! Sembri uno straccio e come se non bastasse, emani un odore tremendo di icore! Hai anche lottato con un demone da sola, non è vero? - .
Improvvisamente, tutta la saliva che avevo in bocca si era come seccata.
In cerca di rassicurazioni, il mio sguardo finì di nuovo su Stephan, che sembrava essere in pensiero quanto me.
Se si era arrabbiato così tanto per quello che sapeva che avevo fatto, e non per quello che avevo fatto davvero, non volevo immaginare come ci avrebbe ridotti una volta scoperto che frequentavamo un paio di vampiri!
- Sì - ammisi con cautela - Ed è proprio di questo che volevo parlarvi, io... - .
Ma mi bloccò sul nascere, alzando una mano deluso, come per incitarmi a stare zitta - Non mi interessa. Non ti voglio ascoltare, ne ho già sentite abbastanza per oggi. Fra te e i tuoi fratelli davvero non so chi abbia fatto peggio! - .
Perchè, che avevano fatto?
Sebastain, ora che mi aveva fra le sue braccia, sembrava molto più tranquillo, quindi probabilmente non si stava riferendo a lui.
Spostai lo sguardo invece sui volti di Will e George, che invece avevano un'aria più colpevole e amareggiata, come se si vergognassero di loro stessi.
Iniziai a chiedermi davvero che cosa avessero fatto di tanto grave...
- Tutti oggi avete deciso di farmi saltare i nervi - continuò nostro padre, senza accorgersi del piccolo scambio di sguardi che ci eravamo dati fra di noi - Sono davvero molto deluso da voi, sopratutto da te - mi puntò il dito contro, facendomi sentire davvero una merda - Non mi sarei mai aspettato un comportamento del genere, vi ho cresciuti e addestrati meglio di così! E' una fortuna che non avvisi il Conclave della vostra bravata - si voltò verso i suoi due primogeniti, facendomi battere forte il cuore come le ali di un colibrì - ma che sia la prima e l'ultima volta! Non sarò più così tollerante se succederà di nuovo, ci siamo intesi? E sto parlando con tutti voi, per qualsiasi guaio combinerete! - .
Ci limitammo ad annuire silenziosamente, con uno strano groppo in gola che ci impediva di parlare.
Ero in ansia, aveva detto che non avrebbe avvisato il Conclave stavolta... ma la prossima?
Ero sicura, sicurissima, che mi avrebbe scoperta, sopratutto dopo oggi, che avrebbe iniziato a controllarmi più di quanto già non facesse prima.
Ma lo avevamo davvero colto di sorpresa, e non positivamente, e di certo non potevamo aspettarci che reagisse bene!
Quando inziammo a pensare che avesse finito di rimproverarci, ci girammo verso le scale come dei martiri per salire al piano di sopra e dimenticarci di quel brutto pomeriggio, ma la sua voce mi richiamò, di nuovo.
Mi voltai lentamente, come se avessi paura di guardarlo in faccia - Sì? - .
- Non ti ho ancora dato la tua punizione - disse severamente, senza guardarmi.
Deglutii a fatica - Mmm... Okay, quale sarebbe? - .
I suoi occhi freddi e distanti entrarono in contatto con i miei, pieni di dispiacere, preoccupazione e senso di colpa - Dopo le lezioni dovrai tornare subito a casa, non mi interessa che cosa devi fare o chi devi incontrare, e in più - fece una pausa, sapendo che mi avrebbe imposto qualcosa che proprio non avrei potuto accettare - non andrai più in ricognizione insieme ai tuoi fratelli finchè non te lo dirò io! - .
No... No, no, no, no... non poteva, non poteva farmi una cosa simile!
Accettavo tutto, davvero tutto, ma quello no!
Era troppo.
- Non è giusto! - era la prima volta che alzavo la voce contro Jonathan, e non ne andavo fiera.
- Non mi interessa che cosa ti sembra giusto o sbagliato, questo è quello che ti meriti! - disse, non accettando discussioni.
Non volevo mettere nei guai anche i miei fratelli, ma se c'era una cosa che proprio non sopportavo erano le ingiustizie, perciò non riuscii a trattenermi.
- Perchè punisci solo me e loro tre no?! - urlai indignata, indicando Will, George e Ste, che si trovavano esattamente alla mia sinistra.
I primi due mi guardarono come per dirmi "Ma tu da che parte stai?!", mentre Stephan non sembrò esserne tanto sorpreso, forse se l'aspettava da me un'uscità del genere.
Papà alzò gli occhi al cielo frustrato, come se non ne potesse davvero più di quella situazione - William e George sono degli adulti, ormai non li posso più mettere in punizione - disse come se fosse ovvio, spazientito - E si può sapere che cosa c'entra Stephan in tutta questa storia? - .
- Anche lui tutti i mercoledì torna a casa tardi! - esclamai indignata.
- Ma lui frequenta gli allenamenti di basket - lo difese Marie senza esitazioni.
Aspetta, cosa?
Immediatamente i miei occhi si sistemarono sulla figura di Stephan, che mi guardava come se avesse commesso il più grande crimine nella storia dei crimini.
Non potevo crederci.
- Glielo hai detto - constatai, stranamente con calma.
- Sì - annuì piano.
- Quando? - .
- Qualche giorno fa... -
Sentii la rabbia nascere dentro di me - E quando lo avresti detto anche a me?! - .
Dalla sua bocca uscirono fiumi di parole di scuse, ma non ebbi l'accortezza di ascoltarne neanche una.
Non ero arrabbiata, ero furiosa, come mai ero stata in tutta la mia vita.
Alzando ancora di più la voce per sovrastare quella di Stephan, mi rivolsi a Jonathan - Non accetterò questa punizione se non punisci anche lui! - .
- Lui ci ha avvisati - disse solo, come se bastasse a giustificarlo.
Avevo gli occhi praticamente fuori dalle orbite, la mia pazienza stava esaurendo - Anche io l'ho fatto! L'ho detto a Stephan! - .
Le mie parole non sembrarono cambiare l'opinione di papà, ma bastarono a smuovere qualcosa dentro la coscenza di mamma.
- Stephan non ci ha detto niente - disse mamma, spostando lo sguardo su di lui - E' vero quello che dice? - .
Wow, ora per fidarsi di me aveva anche bisogno di chiedere conferma ad altri.
Ne avevo abbastanza.
Mi girai verso Ste, promettendo a me stessa che se anche solo si fosse azzardato a dire che non era vero, gli sarei saltata addosso - Questo non glielo hai detto a quanto pare... - .
- Sì, è vero - rispose infine Stephan a Marie.
Poi si voltò verso di me, con uno sguardo da cane bastonato - Mi dispiace, lo giuro, mi dispiace davvero! Mi sono scordato, io... - .
Non lo ascoltai più, ormai non riuscivo più a contenere tutta la rabbia, la frustrazione e la senzazione di ingiustizia che avevo dentro, e che bruciava come niente mi aveva mai bruciato prima.
Mi avvicinai a grandi falcate verso di lui e gli urlai in faccia, spintonandolo - SEI UNO STRONZO!!! - .
Tutti quelli che si trovavano in quella stanza sussultarono, come se avessi appena bestemmiato o imprecato contro il Conclave.
- Isabella! - mi rimproverò a braccia conserte Marie - Non chiamare mai più così tuo fratello! - .
- LUI NON E' MIO FRATELLO! - sbottai soffermandomi su di lui per guardarlo con astio, dopodichè mi girai verso gli altri diretti interessati - E NEANCHE LORO LO SONO! TU NON SEI MIO PADRE E TU NON SEI MIA MADRE! NON SIETE I MIEI GENITORI, VOI NON SIETE NESSUNO, E PENSATE DI AVERE CHISSA' QUALE PRETESA SU DI ME! NON SIETE LA MIA FAMIGLIA, CHIARO?! VI DETESTO, VI DETESTO TUTTI! - .
E così, lasciando senza parole, non solo loro, ma anche me stessa, mi rifugiai al piano di sopra, nella mia stanza, chiudendomici a chiave, impaurita del fatto che Jonathan, volendo, avrebbe potuto buttare giù la porta senza problemi per quello che avevo appena detto.

___

Erano passate all'incirca due ore da quando avevo sbattuto con forza la porta della mia stanza, dove probabilmente sfinito, Stephan aveva poggiato la testa e si era addormentato.
Subito dopo la mia inaspettata scenata, mi rincorse su per le scale per bussare e biascicare parole di scuse come un fiume in piena.
Non gli avevo aperto, ne tantomeno risposto.
Non perchè fossi arrabbiata con lui, o cose simili, anche se non potevo negare di essere rimasta spacievolmente sorpresa dal suo comportamento, ma perchè ero ancora sotto shock dopo quello che avevo detto al piano di sotto.
Adesso, loro credevano che li odiavo, che li odiavo tutti ... ma non era così!
Oltre ad aver torto, avevo avuto anche la sfacciataggine di prendermela e fare un casino, scombussolando gli animi e gli umori di tutti.
Non mi stavo rimangiando quello che avevo detto, ero convinta che non fosse giusto punire solo me, ma accanirmi in quel modo, come mai mi era capitato, mi aveva fatto paura.
Esatto, paura.
Paura perchè non ero riuscita a controllare le mie emozioni, capacità essenziale che tutti i Cacciatori dovevano aver acquisito, e cosa che in realtà ero sempre riuscita a fare senza problemi.
Ma in quel momento avevo così tanta rabbia dentro di me, così tanta, che era diventata incontrollabile, indomabile, anche se ora ero completamente consapevole che la punizione che mi era stata inflitta era niente considerando tutto quello che avevo fatto a insaputa dei miei genitori.
Infondo, Jonathan non aveva detto che non sarei più andata in missione con i miei fratelli, semplicemente non avrei potuto farlo fino a nuovo ordine.
Era una cosa che potevo accettare e che mi meritavo.
Allora perchè prima me l'ero presa e, sopratutto, in modo così esagerato?
Ero stata meschina con i miei fratelli, per aver tentato di farli punire com'ero stata punita io, e crudele con tutta la mia famiglia, per avergli praticamente gridato contro di odiarli.
Sbuffai, dandomi mentalmente della stupida.
Mi guardai intorno, capendo che non sarei più riuscita a restare in quella stanza per altro tempo.
Avevo bisogno di uscire.
Tanto, cosa sarebbe potuto accadere?
Ero già in punizione, perciò peggio di così non poteva andare, e nessuno poteva controllarmi dato che erano tutti in ricognizione.
Tutti tranne Stephan almeno, anche se ero sicurissima che stesse dormendo dato che lo sentivo russare da qui, e sapevo fin troppo bene che nemmeno un carro armato sarebbe riuscito a disturbare il suo sonno.
E poi, potevo uscire benissimo dalla finestra senza per forza passare dalla porta, costringendolo a spostarsi.
Sarei andata a cacciare demoni qui intorno, non troppo distante da casa, giusto qualche miglia di distanza per incontrarne qualcuno e rispedirlo alla sua dimensione originaria.
Senza pensarci oltre, perchè sapevo che altrimenti avrei cambiato idea, saltai giù dal letto dirigendomi verso l'armadio, apriii le ante di scatto per prendere la mia tenuta da combattimento e indossarla in fretta e furia.
Poi mi voltai verso la cassettiera che, nel terzo cassetto, al posto di contenere il mio intimo, l'avevo preferito per conservare armi varie e il mio stilo per eventuali casi d'emergenza.
Fulminea, le infilai in tutti i posti dove mi era possibile nasconderle e alla fine, dopo essermi guardata intorno per verificare di non aver dimenticato nulla, aprii la finestra della mia stanza e con un agile balzo, saltai fuori.
Atterrai con i piedi puntati verso terra, piegando le ginocchia in modo tale da atutire la caduta.
La caviglia ormai non dava più fastidio, era come nuova grazie al cielo, altrimenti non avrei potuto fare un salto del genere.
Dopo essermi risistemata per bene, mi abbassai per tirare fuori lo stilo dallo stivale e iniziai  a disegnarmi le solite rune sulle braccia.
In un attimo, la mia pelle al chiaro di luna, venne ricoperta da linee, spirali e cerchi scuri.
Una volta finito, con la collana regalatami da Marie al collo, che molto probabilmente avrei dovuto restituire, e il sensore stretto in una delle mie mani, mi inoltrai nell'oscurità del bosco, per la prima volta da sola.

____  


Non sapevo esattamente che ore fossero, ma ero più che certa fosse passata almeno un'ora da quando avevo lasciato la mia stanza.
Stranamente, nessuno mi aveva cercata al telefono che mi ero, di proposito, portata con me per evitare altre ramanzine per quel motivo.
Quindi, per tutti quanti ero ancora rinchiusa nella mia stanza... perfetto!
Avevo fatto bene ad uscire: ora che mi trovavo in mezzo alla natura mi sentivo più tranquilla.
Era buio pesto ed ero più che convinta che da un momento all'altro un demone sarebbe spuntato fuori dal suo nascondiglio e mi avrebbe attaccata, anche se il sensore rilevava una bassa attività demoniaca.
Tutto sommato, mi sentivo stranamente in pace, quasi a mio agio, in quell'ambiente, cosa che mai prima d'ora mi era successa.
Cercai di non pensarci e, piuttosto, di concentrarmi su ciò che si muoveva intorno a me e sui suoi rispettivi rumori.
Si sentivano solo lo scroscio delle foglie degli alberi e dei cespugli a causa del vento e il rumore che provocavano i miei stivali ad ogni passo che facevo sulla terra umida.
Con un po' di delusione, in quel momento, iniziai a pensare che non avrei incontrato niente quella sera, quando all'improvviso un movimento, più visibile e udibile rispetto agli altri, spostò la mia attenzione tra le piante a qualche metro di distanza da me.
Mi bloccai immediatamente sui miei stessi passi, iniziando a guardarmi intorno, circospetta.
Non riuscivo a vedere niente, perciò presi la stregaluce e, per sicurezza, sfilai dalla fodera della mia cintura Cassiel, sussurrando il suo nome.
Anche la lama della spada si illuminò al mio comando, ma non abbastanza come la pietra che stringevo fra le dita dell'altra mano.
Iniziai a girare su me stessa, per illuminare quanta più foresta possibile e quando finalmente trovai qualcosa, rischiai di far cadere la mia stregaluce per la sorpresa e... anche per la paura.
Erano in quattro, la loro altezza sfiorava circa i due metri e i loro nasi sbuffavano aria come delle locomotive: davanti a me, avevo parte del branco di licantropi della riserva di La Push.
Con il cuore in gola, strinsi nella mia mano sinistra l'elsa della spada, mentre nell'altra tenevo saldamente l'unica fonte di luce che avevo.
Anche se non volevo combatterli, non solo perchè ero in netta minoranza ma anche perchè non mi andava di fare del male a dei Nascosti che stavano svolgendo soltanto il compito di proteggere la loro tribù, mi ritrovai costretta a farlo quando un lupo iniziò a corrermi incontro ringhiando.
Mettendomi in posizione d'attacco, saltai quando fu abbastanza vicino, schivandolo per un pelo, ficcando l'Adamas della mia spada nella sua pelliccia.
Nello stesso istante che il lupo si mise ad ullulare addolorato, senza che me ne accorgessi, un altro licantropo prese il suo posto, prendendomi per la manica della mia giacca di pelle e iniziando a trascinarmi più lontano dal suo compagno ferito.
Mi faceva male, perciò decisi di abbandonare la spada, dato che mi era solo di intralcio in quel momento, e iniziai a colpirlo con una manciata di pugni sul muso, nel tentativo d fargli male o anche solo di dargli fastidio.
Lo sentii solo ringhiare più forte e, di conseguenza, la sua presa sul mio braccio si fece più salda, facendomi sussultare: i suoi denti avevano lacerato la mia carne.
Mi aveva ferita.
Dei puntini neri iniziarono ad oscurarmi la vista, confondendomi per qualche istante.
Iniziai a sentire il sangue sgorgare a flotti e scendere appiccicoso lungo il mio braccio, mentre io avevo iniziato a scalciare nel tentativo che quel cavolo di lupo mi lasciasse andare.
Vidi un altro licantropo davanti a me, dietro la scia che i miei stivali tracciavano sull'erba bagnata, forse per controllare che non facessi del male a un altro membro del suo branco.
Tentai più volte di raggiungere con le dita e avvicinando la gamba, i pugnali che si trovavano all'interno dei miei stivali, ma ogni volta che ci provavo, il lupo mi strattonava facendomi tornare alla posizione di partenza, di proposito.
Iniziai a stringere i denti per il dolore, non ero mai stata così tanto tempo senza l'effetto di una runa di guarigione.
I suoi denti si trovavano ancora nella mia ferita, avrei urlato dal dolore se solo non mi fosse stato insegnato fin da piccola a sopportare e a non far mai vedere le mie debolezze all'avversario.
Piuttosto, continuai a muovermi nel tentativo di sfuggire al lupo e quando miracolosamente ci riuscii, non senza però assestare un altro cazzotto alla sua mascella, mi alzai velocemente in piedi con l'intenzione di arrampicarmi su un albero.
Ero abbastanza veloce, grazie alla runa della velocità, per correre via da loro, ma non abbastanza per seminarli, infatti riuscivo a sentire benissimo i loro passi pesanti corrermi dietro.
Quando finalmente davanti a me si parò il tronco perfetto, iniziai ad arrampicarmici velocemente, afferrandomi ai rami per aiutarmi a salire.
Probabilmente non ce la feci ad andare molto in alto, riuscivo ancora a vedere chiaramente i due lupi alle radici dell'albero, che vennero immediatamente raggiunti dal terzo che, nel mentre, si era preoccupato del compagno ferito.
Sapevo che se non fosse stato per il bruciore e il dolore delle fitte che mi avevano colpito tutto il braccio,fino ad intorpidirlo, sarei riuscita ad arrivare fino alla cima dell'albero.
Il piccolo gruppo di lupi iniziò ad abbaiarmi contro, finchè ad un certo punto, uno di loro, non iniziò a saltare sulle sue zampe posteriori, in modo tale da portermi raggiungere.
Cercai di alzarmi in piedi sul ramo, in modo tale che non potesse afferrarmi per una caviglia e trascinarmi giù, ma nello stesso istante in cui i miei piedi si puntarono saldamente sul legno, uno dei lupi prese la rincorsa e si scagliò contro l'albero facendomi perdere l'equilibrio.
Fortunatamente, persi i senti prima ancora che il mio corpo toccasse terra.

EH GIA', PURTROPPO IN QUESTO CAPITOLO NIENTE EDWARD, MA NEL PROSSIMO CI SARA' UNA SORPRESA ;)
FATEMI SAPERE COSA NE PENSATE, ALLA PROSSIMA.
UN BESO.
-Zikiki98.

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Capitolo 13
*** Chapter ten - The truth. ***


Rieccomi qui dopo settimane d'assenza, scusatemi davvero! E' che mi sono fatta prendere da un libro e non volevo leggere altro che quello! Sooorryyyy!
Comunque, buon venerdì mattina da Zikiki98! In questo esatto momento sono le 00.10, anche se probabilmente leggerete questo "messaggio" ad un'altra ora...
Volevo dirvi una cosa IMPORTANTE, non odiatemi.
Questa mattina, esattamente alle 12.25 PARTIRO' da Orio al Serio per andare in vacanza, a Tenerife.
*HO PAURA DI VOLARE, SONO 4 ORE E MEZZA DI VOLO, QUALCUNO VUOLE ANDARE AL POSTO MIO?!?!?!?!*
Comunque, mancherò per ben 2 SETTIMANE, perciò dovrete avere un po' di pazienza per il prossimo aggiornamento.
Non siete contente? 2 settimane con Zikiki98 fuori dalle scatole xD
Okay, vi ho detto tutto, perciò è ora dei ringraziamenti:
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Un altro grazie a chi a recensito lo scorso capitolo:



(Non so perchè mi sia uscito con caratteri diversi, ma non si modifica).
Grazie ancora, di cuore.
Un beso.
Zikiki98.

THE WORLD OF DEMONS

°IL PORTALE DEI DEMONI°


CHAPTER TEN - THE TRUTH.

[POV BELLA]

Quando iniziai a riprendere conoscenza, la prima cosa che mi colpì fu l'indolenzimento che attanagliava tutto il mio corpo, a partire dall'attaccatura dei capelli fino alle punte dei piedi.
Qualunque cosa avessi combinato la sera precedente era strano che l'iratze non avesse ancora fatto effetto.
Chissà da quanto tempo dormivo.
Non riuscivo a ricordare molto bene... praticamente qualsiasi cosa, mi sentivo così confusa e stanca, cosa mai capitata in tutta la mia vita.
Non ricordavo nemmeno di essermi fatta un'iratze, anche se forse, a pensarci bene, me ne ero completamente scordata, considerando che in questo momento dovrei essere un fiore appena sbocciato; invece, mi sentivo sì un fiore, ma schiacciato sotto un masso di tre tonnellate.
Okay, forse stavo esagernando, ma solo un po'.
Senza aprire gli occhi, mi mossi leggermente cercando di trovare una posizione più comoda per i miei poveri muscoli, ma una fitta improvvisa al braccio, che si trasformò subito in un bruciore lancinante, mi immobilizzò immediatamente, facendomi gemere.
A susseguirsi, altri piccole fitte in tutto il corpo mi bloccarono quasi il respiro.
Improvvisamente, come un flash, le immagini della sera precendente mi assalirono: il litigio, la mia piccola e stupida fuga, i licantropi, lo scontro, la caduta dal ramo... ogni cosa era diventata chiara.
Con una strana angoscia che faceva male al petto, aprii di scatto gli occhi guardandomi intorno, sbattendo le palpebre un paio di volte.
Ero sola.
L'arredamento che mi circondava era scuro, ciò nonostante era ben illuminato dalla luce chiara che penetrava dalle tende della finestra.
Sulla parete alla mia destra si trovava un enorme libreria, piena di manufatti che all'apparenza sembravano antichi.
Al centro della stanza si trovava una pesante, antichissima e costosissima scrivania in non so quale legno, dove erano appoggiate parecchie scartoffie, comunque tenute molto in ordine.
Le pareti bianche lasciate libere erano dedicate a una miriade di quadri e uno in particolare attirò la mia attenzione: quello dei Volturi.
Deglutii a fatica, iniziando già a sospettare dove mi trovavo.
Con cautela, cercando di moderare i movimenti, puntai i gomiti sul lettino, che somigliava tanto a uno di quelli che venivano utilizzati a scuola, e dove ,evidentemente, avevo passato la notte.
Oltre a sentirmi stanca, al tempo stesso, mi sentivo così spossata...
Mi guardai meglio: non indossavo più la tenuta, al suo posto c'erano una maglietta bianca abbastanza larga a mezze maniche, che lasciavano intravedere la fasciatura della ferita causata dai licantropi, i lividi, le rune e anche le cicatrici causate da quest'ultime, e dei pantaloni da ginnasica scuri allacciati alla vita con un fiocco.
Non avevo nemmeno un'arma con me, come avrei fatto a difendermi in caso ce ne fosse stato bisogno?
Lentamente, mi alzai e mi diressi verso la porta.
Tanto valeva affrontare i nemici subito, che senso aveva aspettare?
Se sarei morta, lo avrei fatto da Shadowhunters, a testa alta.
Appena misi piede in corridoio, delle voci attirarono la mia attenzione e non esitai un'attimo a seguirle.
Non c'era motivo di nascondersi, sapevano già che ero qui.
Le voci improvvisamente si tramutarono in un litigio, ma non riuscivo a capire molto bene di cosa stessero parlando.
Appena arrivai ai piedi delle scale che portavano al piano di sotto dove ,a quanto pare, si trovava il salotto e dove si erano riuniti tutti quanti, la stanza calò in un silenzio a dir poco glaciale.
Abbassai lo sguardo sui miei piedi nudi, stando attenta a non sbagliare e scendere due gradini al posto che uno alla volta, tenendo la mano ben salda sulla ringhiera.
Quando arrivai quasi alla fine, una figura si smaterializzò al mio fianco, porgendomi la sua mano bianca.
- Lascia che ti aiuti - .
Alzai lo sguardo su di lui, e non mi stupii di riconoscere il volto di Edward che mi guardava preoccupato.
Non lo ascoltai.
Iniziai a studiare i volti del resto delle persone che abitavano quella stanza.
A sinistra, vicino a una grande vetrata, si trovava un uomo biondo, alto, indossava una camicia azzurrina e aveva le braccia incrociate, ma non aveva per niente un'aria minacciosa,
Anzi, mi sorrise rassicurante.
Alla mia destra, seduta su un divano in pelle bianca, c'era una donna con dei capelli lunghi fino alle spalle color caramello, con uno sguardo dolce e un sorriso leggermente teso.
Era bellissima.
Dietro di lei, in piedi, si trovava un ragazzo, o meglio un vampiro, che già conoscevo: Jasper.
Mi stava studiando come se potessi essere un pericolo.
Loro facevano parte della famiglia di Edward.
Erano tutti vampiri ed io ero in minoranza.
In quel momento, per quanto cercassi di fidarmi di lui, proprio non ci riuscivo.
Mi sentivo in pericolo, esposta e anche un po' presa in giro.
Chissà da quanto aspettava questo momento per mettermi alle strette.
E se tutto quello che mi aveva detto era solo una trappola a cui, ingenuamente e stupidamente, io avevo abboccato?
Ma non c'eravamo solo loro in quella stanza.
Sulla mia stessa traiettoria, dalla parte opposta della stanza, davanti a quella che sembrava la porta d'ingresso, si trovavano tre ragazzi dalla pelle olivastra, alti e muscolosi.
Indossavano solo un paio di bermuda e mi guardavano con sguardi differenti: il ragazzo alla mia sinistra con curiosità, quello al centro come se volesse uccidermi, mentre quello a destra, che sembrava il più piccolo fra i tre, mi guadava dispiaciuto.
Ci misi meno di un secondo a riconoscerli e, immediatamente, il nervoso della sera precedente risalì in superficie, trasformandosi in rabbia.
- BRANCO DI CANI IDIOTI, SI PUO' SAPERE CHE CAZZO AVETE NEL CERVELLO?! - gli urlai contro, iniziando ad incamminarmi verso di loro come un treno in corsa.
Un paio di braccia fredde mi riacciuffarono immediatamente, prima che le mie gambe potessero cedere, trattenendomi per la vita - Shh, Bella... Non fare così... - .
Anche lo sguardo del licantropo al centro si fece più arrabbiato.
Nel frattempo me la presi con Edward, cercando di liberarmi dalla sua presa e provando ad ignorare il dolore che sentivo in tutto il corpo - Lasciami andare! Non toccarmi! Io mi fidavo di te! - .
Iniziai a tirargli pugni sul petto, facendomi soltanto ancora più del male, ma non mi arresi.
Lui mi guardava allibito, completamente preso alla spovvista - Bella ti assicuro che non è come pensi... - .
Con un ultimo strattone mi liberai dalle sue braccia, rischiando quasi di perdere l'equilibrio - Non chimarmi Bella! Non hai alcun diritto dopo ciò che mi hai fatto! - .
Sgranò gli occhi - Io non ti ho fatto proprio niente! - .
- Non è vero! - urlai, puntando un dito contro i licantropi - Hai cospirato insieme a loro per togliermi di mezzo! E dire che ci credevo davvero alla cazzata dell'essere amici! - .
Mi veniva da piangere, mi sentivo presa in giro e non potevo far altro che prendermela con me stessa.
Era tutta colpa mia, me l'ero cercata.
Non avrei mai dovuto farmi abbindolare da un vampiro.
- Jasper - lo chiamò Edward preoccupato.
Mi voltai verso suo fratello, non volevo più farmi prendere in giro da nessuno.
Aveva gli occhi dorati concentrati su di me, ma la sua espressione era frustrata - Non fuonziona Edward, non riesco a capire... - .
- Che cosa non funziona? Cosa sta succedendo? - chiesi passando lo sguardo fra Edward e Jasper.
L'altro vampiro biondo nel frattempo si era posizionato davanti a me, come se volesse fare da muro per dividermi dai licantropi.
- Perchè hai attraversato il confine?! Ci sembrava di essere stati chiari! - ringhiò quello che sospettai fosse l'Alpha del branco.
- Sam... - lo canzonò il vampiro davanti a me, tranquillamente, ma senza voltarsi.
- Non so di che cosa stai parlando! - urlai di rimando - E poi non ho attraversato nessun confine! - .
- Sì che l'hai fatto! - si avvicinò a grandi passi verso di me, a un metro di distanza dal biondo - Avremmo dovuto uccidere i due ragazzi immediatamente, così adesso non avremmo questo problema! - .
I due ragazzi?
Intendeva per caso... Will e George... 
 
" [...] - Non mi interessa. Non ti voglio ascoltare, ne ho già sentite abbastanza per oggi. Fra te e i tuoi fratelli davvero non so chi abbia fatto peggio! - .
[...] - Tutti oggi avete deciso di farmi saltare i nervi - continuò nostro padre, senza accorgersi del piccolo scambio di sguardi che ci eravamo dati fra di noi - Sono davvero molto deluso da voi, sopratutto da te - mi puntò il dito contro, facendomi sentire davvero una merda - Non mi sarei mai aspettato un comportamento del genere, vi ho cresciuti e addestrati meglio di così! E' una fortuna che non avvisi il Conclave della vostra bravata - si voltò verso i suoi due primogeniti, facendomi battere forte il cuore come le ali di un colibrì - ma che sia la prima e l'ultima volta! Non sarò più così tollerante se succederà di nuovo, ci siamo intesi? E sto parlando con tutti voi, per qualsiasi guaio combinerete! - . "

E fu in quel momento che capii: Will e George avevano attraversato il confine, ancora per motivi a me sconosciuti, ed era per questo che mi avevano attaccata.
Sapevo che la mia ipotesi era corretta, noi eravamo gli unici Cacciatori presenti a Forks, non potevano aver confuso il nostro aroma con il fiuto che avevano.
Sinceramente, non mi ero nemmeno accorta di aver oltrepassato il confine.
Ma il modo in cui si era rivolto ai miei fratelli, minacciando di ucciderli, mi fece scattare e improvvisamente tutta la stanchezza che avevo si dissolse nell'aria.
- Non azzardarti a parlare in questo modo della mia famiglia! - esclamai cercando di spostare il vampiro con uno spintone per poter mettere le mani addosso a quel cane.
Ma ovviamente mi bloccò senza difficoltà, e lo stesso fecero i due scagnozzi di quel Sam, trattenendolo per le braccia, mentre il biondo mi teneva delicatamente per il braccio sano.
- Basta - ci rimproverò - possiamo parlare civilmente per favore? - poi si rivolse all'Alpha - Posso capire questo atteggiamento da Isabella, in quanto spaventata, ma non da te Sam. Perciò diamoci tutti quanti una bella calmata, va bene? - .
Io, spaventata?!
Okay, forse un po'...
Nessuno a quel punto osò più fiatare, ma continuavamo comunque a lanciarci certe occhiate che lasciavano intendere più delle parole.
Sentivo che Edward si trovava esattamente alle mie spalle, come a volermi proteggere e, nonostante la scenata di prima, iniziai a sentirmi un po' meglio.
Ero stata una stupida a prendermela con lui, ma mi ero semplicemente fatta prendere dal panico!
Ero sola e per di più circondata da vampiri, e licantropi che nemmeno conoscevo.
Era normale essere un po' stressati, no?
- Adesso - disse il vampiro che mi teneva ancora per il braccio - ti prego di accomodarti sul divano, vicino a mia moglie Esme. - indicandola educatamente con la mano - Sei ancora molto debole, non è un bene per te fare sforzi. -
Ero confusa.
Perchè mi trattava così bene dopo in casino che avevo fatto?
Perchè non mi spingeva fuori da casa sua a calci nel sedere?
Era lui che aveva curato le mie ferite?
Edward mi risvegliò dai miei pensieri prendendomi delicatamente la mano, come se si aspettasse un rifiuto.
Ma ero più calma, e in quel momento non l'avrei mai fatto.
Mi serviva la vicinanza di una faccia conosciuta, anche se c'era una piccola probabilità che questo vampiro mi avesse mentito per tutto il tempo.
A questo pensiero, sentivo uno sconosciuto groppo in gola.
Mi veniva di nuovo da piangere.
Mi sentivo così debole, non solo fisicamente ma anche mentalmente, che avrei avuto il coraggio di accasciarmi a terra in posizione fetale e piangere come una bambina di tre anni.
Ma non lo feci.
Edward mi trascinò verso il divano, facendomi accomodare accanto ad Esme, che mi regalò un sorriso materno.
Dovevo davvero fare pena a tutti quanti.
Edward invece rimase in piedi, ma sempre accanto a me.
Non sapevo più cosa pensare.
- Io sono Carlisle - attirò la mia attenzione il vampiro di prima - Nonostante non sia un buon momento, è un piacere conoscerti. Ho sentito tanto parlare di te - .
Immediatamente il mio guardo si posò sulla figura di Edward, che invece, con aria colpevole, decise di non guardarmi.
Aveva parlato di me alla sua famiglia e, con tutta probabilità, Emmett aveva fatto lo stesso con Stephan.
Non riuscivo a non sentirmi un po' tradita da suo comportamento, io non avevo parlato di lui ai miei genitori.
Certo, i motivi non erano esattamente quelli giusti, ma non l'avevo fatto.
Mentre lui sì.
Carlisle sembrò notare l'errore che aveva appena commesso, perchè cercò di distrarmi presentandomi il resto delle persone nella stanza - Come ho già detto, lei è mia moglie Esme. -
Mi voltai verso quella donna bellissima, che mi sorrise e inaspettatamente catturò la mia mano con la sua fredda, facendomi sussultare.
Tutti i vampiri che si trovavano in quella stanza sembrarono trattenere il fiato, ma notando che non mi ero messa a urlare e a strepitare, non dissero nulla.
- E' davvero un piacere conoscerti per me, Isabella - disse la donna.
Annuii sorridendo appena, imbarazzata dal tono che aveva usato.
Nessuno si era mai rivolto così a me, aveva un non so chè di smielato... mi prese alla sprovvista.
Carlisle si avvicinò di qualche passo ad Edward, dicendo - E sono convinto che conosci già Edward e Jasper, alcuni dei nostri figli. -
- Sì, li conosco - affermai, spostando lo sguardo su Jasper, che aveva ancora un'espressione severa sul volto, per poi indugiare qualche secondo in più sul viso di Edward, che guardava per terra.
Non riuscivo a capire a cosa stava pensando.
Forse si era offeso per quello che gli avevo detto.
- Mentre loro sono alcuni membri del branco - disse voltandosi verso di loro - Sam, che come avrai ben capito, è l'Alpha, Jacob e Seth. - li indicò uno ad uno.
Sam sembrava ancora arrabbiato con me e questo mi faceva venir voglia di prendergli la testa e sbattergliela tante volte contro il muro.
Gli altri due invece sembravano piuttosto tranquilli e curiosi di me.
Ovviamente io ero una novità per loro.
Non potevo dire lo stesso per gli altri quattro vampiri invece che, mi accorsi in quel momento, mi avevano circondata anche se forse non intenzionalmente.
- Penso che abbiamo molte cose da dirci. - iniziò Carlisle guardandomi negli occhi come se mi stesse chiedendo il permesso.
Sospirai e abbassai lo sguardo su quei pantaloni di cui non sapevo ancora la provenienza - Lo penso anche io. -
E fu in quell'istante che sentii di nuovo gli occhi di Edward puntati su di me.
Alzai il capo per verificare quella sensazione, ed era così, mi stava guardando.
Aveva una strana luce negli occhi, sembrava quasi un misto tra sorpresa e insaziabile curiosità.
Arrossii.
- Che cos'è Carlisle?! - domandò bruscamente Sam, incenerendomi con lo sguardo.
Digrignai i denti, e tutti in quella stanza sembrarono notarlo.
- Una cosa alla volta, Sam. - lo ammonì gentilmente lui, facendogli gesto con le mani di essere più paziente - Prima una cosa - di voltà di nuovo verso di me - Come ti senti Isabella? Ti serve qualcosa? - .
Lo guardai con gli occhi praticamente fuori dalle orbite: si stava interessando a me, ai miei bisogni, alle mie ferite, e non potevo non restarne sorpresa nonostante tutto.
- Esatto cara, hai fame? Hai sete? - chiese in tono apprensivo sua moglie Esme - Posso prepararti qualcosa, tutto quello che vuoi... - .
La interruppi nel modo più gentile possibile - No... No, grazie, sto bene... Un po' indolenzita, ma bene... - . 
Entrambi mi sorrisero rincuorati da quello che avevo appena detto.
- Ne sono contento - aggiunse Carlisle, prendendo posto sulla poltrona vicina a dove eravamo sedute io ed Esme e indicando ai licantropi di sedersi pure sull'altro divano.
Quando si accomodarono anche loro, vidi Edward farsi più tranquillo e, di conseguenza, anche Jasper sembrava essersi rilassato.
Il primo si sedette esattamente vicino a me, e non riuscivo a non pensare ad altro che alle nostre gambe che si sfiorarono.
Sentivo caldo, davvero caldo.
Anche lui sembrava provare la mia stessa sensazione a vedere la sua faccia.
Jasper, invece, si accomodò sul seggiolino del pianoforte, di cui mi ero accorta della presenza solo in quel momento.
Come potevo non aver visto quello splendido strumento?
Era a mezza coda, laccato in nero lucido ed era il più bello che avessi mai visto in vita mia.
Nemmeno a casa, a Idris, ne avevo uno così.
Edward, evidentemente perplesso, cercò di seguire la traiettoria del mio sguardo e tentò di nascondere un sorriso quando capì cosa stavo guardando.
- Bene - annunciò Carlisle - Ora che siamo tutti più tranquilli, direi che possiamo iniziare a discutere di quello che è successo - .
Era palese che Carlisle fosse il capo clan della famiglia Cullen, era un ruolo che gli stava davvero a pennello: lo si capiva dal modo in cui aveva preso in mano la situazione, dal fatto che parlava sempre per primo...
Tutto sommato, non riuscivo a capire che legame ci fosse tra i Quileutes e i Cullen: dovevano essere nemici per natura, e invece se ne stavano lì, tranquilli, a parlare come dei politici in parlamento.
- Ricordi qualcosa Isabella? - continuò.
Mi guardai intorno, sentendomi un po' a disagio: avevo gli occhi di tutti puntati su di me.
Il mio sguardo si posò di nuovo su Edward che, nonostante tutta la preoccupazione che gli leggevo negli occhi, mi sorrise tranquillamente, come per incoraggiarmi.
Presi un bel respiro e parlai - Sì, ricordo tutto, anche se in modo confuso... non so se mi spiego... - .
- Allora raccontaci, cosa ci facevi di nuovo nel nostro territorio?! - scattò Sam, controllando comunque il tono di voce.
Assottigliai gli occhi - Non sapevo di aver attraversato il confine - .
- E' la terza volta che lo fate, cosa cercate? Cosa volete? - aggiunse senza prestare attenzione a quello che avevo appena detto.
- La terza volta? - chiesi confusa, ma proprio in quell'istante ricordai.
Si stavano riferendo a quando avevano captato il nostro odore per la prima volta, il mio e quello di Sebastian.
Il giorno prima, quando l'avevano fiutato per la seconda e terza volta, con George e Will e infine me.
Avevano ragione.
- Sì, la terza volta! La prima tu e un altro ragazzo vi siete nascosti su un albero, come se non potessimo vedervi o non potessimo raggiungervi! - esclamò alzando gli occhi al cielo - La seconda, altri due ragazzi della tua razza hanno oltrepassato il confine, e poi tu - continuò l'Alpha, facendomi rabbrividire quando dalle sue labbra uscì la parola "razza", con così tanta cattiveria...
Non risposi.
Non sapevo cosa dire ed ero troppo scioccata per inventarmi una qualche scusa campata in aria.
- Avremmo dovuto uccidervi la prima volta, solo così avreste imparato la lezione - sussurrò Sam, ma lo sentirono praticamente tutti.
- Sam! - lo rimproverò Seth, mentre Edward al mio fianco si tese come una corda di violino e dalla sua bocca uscì un ringhio che fece tremare persino le pareti del salotto.
E anche me a dirla tutta, che senza accorgermene, mi ero allontanata di qualche centimetro da lui.
Esme mi accolse tra le sue braccia - Edward! - lo rimproverò - La stai spaventando! - .
Immediatamente i suoi occhi dorati si posarono su di me, colpevoli e preoccupati.
- Mi dispiace - sussurrò, come se volesse farlo sentire solo a me.
Non ero sicura che si riferisse soltanto al ringhio mostruoso che aveva emanato poco prima...
Annuii debolmente e cercai di concentrarmi di nuovo su Sam - Allora perchè non l'avete fatto? Perchè non ci avete uccisi? - .
- Noi non uccidiamo senza prima avere delle giuste motivazioni, a differenza di qualcun altro... - si stava riferendo palesemente a me, forse perchè aveva visto le mie armi e credeva che uccidessi per il semplice piacere di farlo.
Non era così, non sapeva neanche lontanamente quanto di sbagliava.
Poi improvvisamente ricordai un altro dettaglio della sera precedente: avevo ferito uno dei loro compagni e forse era proprio per questo che mi stava trattando in questo modo.
Sentii il mio cuore iniziare a battere più velocemente: e se lo avevo ucciso?
Non volevo fargli del male, stavo solo cercando di difendermi.
Sentii gli occhi pizzicare per quella che sembrava la terza volta quella giornata - Io... Io non volevo... come sta? Sta bene? - .
La mia voce tremava, come le mie mani del resto.
Sembravano sorpresi della mia reazione, ma Sam non si lasciò incantare - Non sono affari che ti riguardano! - .
Mi morsi il labbro passandomi una mano fra i capelli annodati.
Sentii Carlisle sospirare - L'ho visitato, sta bene. Qualche ora di sonno e sarà come nuovo - .
Annuii riconoscente per avermi degnata di una risposta e poi gli chiesi - Lei è un dottore? - .
Lo vidi sorridere - Sì, sono un dottore. Ma dammi pure del tu - .
Stephan se non sbaglio mi aveva accennato qualcosa al riguardo...

" - Da quel che ho capito, sono stati adottati, tutti e cinque. Il "padre" lavora all'ospedale di Forks. [...] - . "

La conversazione che avevamo avuto nel bosco durante il nostro primo giorno di scuola, quando li incontrammo per la prima volta!
Carlisle era un dottore... come faceva a resistere alla tentazione di mordere qualcuno? Se ne approfittava per nustrirsi?
Poi guardai i suoi occhi dorati e mi ricordai che non era possibile: l'iride non poteva essere di quel colore se si nutriva di sangue umano.
Sembrò notare la mia espressione, perciò ridacchiò - Non c'è pericolo per gli abitanti di Forks, ho più di trecento anni e sono ben allenato! - .
Sentii le mie guance colorarsi leggermente di rosa.
Non ero mai arrossita così tante volte nella mia vita.
Ormai era ovvio, sapevano che sapevo cos'erano, ma non sembravano esserne troppo turbati.
- Sai che siamo vampiri - parlò per la prima volta Jasper.
Non era una domanda, ma mi limitai comunque ad annuire.
- Da quanto? - chiese, stavolta Edward guardandomi attentamente.
Sembrava frustrato.
Sapevo che i vampiri avevano parecchi sbalzi d'umore, ma non pensavo così tanti.
- Dalla prima volta che ti ho visto - sussurrai guardandolo negli occhi.
Lessi sgomento nel suo sguardo, ma durò solo qualche secondo.
Senza che se ne accorgesse il suo viso di era avvicinato di più al mio - Che cosa sei? - .
Il suo alito fresco rischiò di mandare in tilt tutti i miei sensi.
Mi sentivo mancare la terra da sotto i piedi.
Non poteva farmi un effetto del genere!
Guardai Carlisle: dal suo sguardo capii che sapeva già cos'ero, lo stesso Edward probabilmente, ma forse volevano solo che gli dessi la conferma.
Non sapevo cosa fare.
Io sapevo di loro, e non mi sembrava corretto non rivelargli la mia vera natura.
Ma ero sotto giuramento del Conclave, e non potevo, davvero, dire cos'ero.
Ero già nei guai per aver fraternizzato con dei mondani e dei Nascosti, non osavo pensare che cosa mi avrebbero fatto se avessi confermato a parole i loro dubbi e le loro ipotisi.
Stavo iniziando ad entrare in panico.
Scossi la testa velocemente - Non posso dirvelo - .
- Tu ce lo devi dire! - esclamò Sam ad alta voce.
Mi presi il viso fra le mani, cercando di non impazzire.
- Chiusi quella bocca, Sam! - urlò in tutta risposta Edward, per poi posarmi delicatamente una mano sulla schiena, come per tranquillizzarmi.
- No che non la chiudo! E' più di un mese che corriamo dietro a questi esseri senza capire cosa diamine sono e... - .
Ma venne interrotto da un'altra voce, mai sentita prima d'ora - Sam, è inutile che ti arrabbi, ha paura. Se le urli contro non ci dirà niente... - .
Ringraziai mentalmente quel ragazzo, che doveva chiamarsi Jacob, anche se stavano davvero esagerando con il fatto della paura: non ero spaventata!
Inizialmente sì, ma ora non più!
Mi stava solamente scoppiando la testa.
- Isabella - fu Carlisle a prendere la parola - non riveleremo a nessuno la tua natura, ti promettiamo la nostra più totale discrezione, a patto che tu ovviamente mantenga il nostro di segreto... - .
Non sapevo dove sbattere la testa, non sapevo se fidarmi...
Come avevo fatto a cacciarmi in questo casino?
Perchè non avevo detto a Jonathan e Marie dell'esistenza della famiglia Cullen?
Perchè avevo ascoltato a Ste? Perchè non avevo insistito di più per stare lontana da Edward?
Perchè non ero stata più prudente, e basta?
Ero stata una stupida, fin dall'inizio.
Decisi di confermare le loro teorie e ipotesi.
Cosa avevo da perdere?
Con tutto quello che avevo combinato ero già nei guai.
Alzai la testa togliendomi le mani dalla faccia.
- Okay, ve lo dirò - dal mio tono di voce traspariva una sicurezza che non mi apparteneva - Sono una Shadowhunters, una Cacciatrice di demoni - .


*BA-BAM*
Ci vediamo tra due settimane, non dimenticatevi di me. T.T  (I cry)
So che è corto, ma... ma niente, è corto, mi è uscito così...
Un altro beso.
Zikiki98.

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Capitolo 14
*** Sono tornataaaaa ***


Hola amici! Come state? Esattamente alle 11:15 di oggi ho rimesso piede in Italia! Sono felicissima! Volevo dirvi e chiedervi una cosa. Allora, la cosa che devo dirvi è che il prossimo capitolo arriverà entro la fine di settimana prossima (capitemi, devo ancora riprendermi). La cosa che voglio chiedervi invece è un consiglio... Serio... Ve lo dico senza troppi giri di parole: secondo voi, sinceramente, sarei in grado di scrivere una "storia seria" da inviare a una casa editrice? So che non ve ne può fregare di meno, ma dato che voi siete una specie di "miei lettori" sono sicura che sapete se sono abbastanza brava o se devo ancora lavorarci su. Perciò è questo che vi chiedo, e vi prego di rispondere, anche solo per messaggio privato. Accetto tutto, critiche costruttive, consigli, tutto, purché non mi insultare ovviamente. Perciò, secondo voi ne sono in grado o dovrei lasciar perdere? In tal caso, che cosa mi consigliate per migliorare? Penso che questo sia utile più o mebo a tutti coloro vogliono diventare degli scrittori in futuro, perciò non ignoratemi ;') Un beso grande. -Zikiki98.

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Capitolo 15
*** Chapter eleven - A naked. ***


Lo so, sono in ritardo, anzi, in ritardissimo.
Ma almeno ho aggiornato... perciò un pollice in sù per me!!!!!!!! ;)
Buonasera (per chi è ancora sveglio e quindi, proprio come me, è una creatura della notte), eccomi qui con l'undicesimo capitolo.
Penso sia quello con cui ho fatto più fatica fino ad ora: l'ho cancellato e riscritto non so quante volte perché mi faceva schifo, e spero che il risultato sia almeno accettabile.
Sicuramente in questo capitolo vi sembrerà che Edward e Bella "corrano troppo" (dopo capirete), ma voglio accelerare i tempi, considerando anche quanto lentamente scrivo e riesco ad aggiornare.
(Non voglio tirarla troppo per le lunghe, semplicemente voglio concentrarmi un po' anche sulla loro "storia d'amore", non solo sui casini intorno a loro.)
Voglio che sappiate, tutti quanti, che sono la disorganizzazione in persona, perciò con me dovete portare pazienza. Sempre.
Altrimenti... Altrimenti nulla ahah
Comunque, volevo scusarmi, davvero, per il ritardo, ma come vi ho già detto, questa storia sembra avercela a morte con me.
Deve sempre succedere qualcosa che mi impedisce di aggiornare come dovrei.
So di avervi fatto una promessa e che, oltretutto, non ho mantenuto, perciò ho trovato/cercato una soluzione al riguardo: non vi farò più promesse, semplice, così almeno non deluderò più nessuno ;)
Risolto un problema, passiamo ad un altro: VOGLIO METTERE UNA CAVOLO DI COPERTINA A QUESTA STORIA, MA NON SONO CAPACE NE' DI FARE UNA COPERTINA, NE' DI CARICARLA SU QUESTO SITO. C'E' QUALCUNO DISPOSTO A DARMI UNA MANO? UN'ANIMA BUONA CON TANTA, MA TANTA, MA TANTA PAZIENZA?
Ok, ho finito. Ora passo ai ringraziamenti:

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E a chi ha recensito l'ultimo... "avviso":
emmaswan923
vanessa_91_
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Grazie per avermi dato la vostra opinione, per me è davvero importante e non lo dico tanto per dire.
Ora vi lascio al capitolo.
Un beso :-*
Zikiki98.


THE WORLD OF DEMONS
°IL PORTALE DEI DEMONI°


CHAPTER ELEVEN - A NAKED.

[POV BELLA]


- Sei una cosa? - domandò allibito Sam, sporgendosi in avanti come se avesse capito male o non avesse sentito.
Sospirai - Sono una Shadowhunters, una Cacciatrice di demoni - il mio tono era incolore.
Ormai avevo sganciato la bomba, dovevo solo aspettare che da un momento all'altro esplodesse. Carlisle non sembrava per niente sorpreso, anzi, fece un piccolo sorriso e sembrava felice di aver trovato una conferma alle sue ipotesi. Edward sembrava un po' sconvolto, come se in fondo non avesse mai voluto ammetterlo a sè stesso, anche se era a conoscenza della verità già da un po' a mio parere. Era davvero così brutto per i Nascosti avere vicino uno di noi? Poi guardai Jasper, che sembrava piacevolmente sorpreso dalla mia rivelazione. La luce negli occhi di Esme invece non era cambiata, mi guardava con così tanta dolcezza da farmi arrossire nuovamente. E poi c'erano gli altri due licantropi, quelli a detta mia più simpatici, che sembravano eccitati; sopratutto il più piccolo, che pareva avere pressapoco la mia età.
- Noi... - iniziò a parlare Edward dopo un lungo silenzio - Noi pensavamo che foste morti con l'invasione... - .
- Be', vi sbagliavate - dissi con un tono così sicuro, da sorprendere anche me.
Mi sentivo stranamente più tranquilla e leggera dopo aver rivelato loro la mia natura, anche se sapevo che non avrei dovuto sentirmi così. Dovevo sentirmi in colpa, costituirmi al Conclave, pagare le conseguenze delle mie azioni, ma la verità era che non ne avevo voglia e tantomeno l'intenzione. Non sapevo che cos'era cambiato in me in quest'ora passata con quei Nascosti, ma sapevo che non mi avrebbero fatto del male. Almeno, non i vampiri. Non sapevo che cosa mi trasmettesse così tanta sicurezza, ma ero convinta che non mi avrebbero torto un capello, perchè se ne avevano l'intenzione, l'avrebbero già fatto senza perdere altro tempo.
- E' assurdo - parlò di nuovo Sam, facendomi irritare fino all'inverosimile - I demoni non esistono! - .
- Sei troppo convinto di te stesso Licantropo. Non crederete mica di avere l'esclusiva di combattere tutte le specie nemiche, vero? - dissi tagliente, nel tentativo di farlo stare zitto .
Quello stupido Alpha, se fosse da solo, se non avesse un branco, varrebbe meno di niente.
- Allora spiegami Cacciatrice, perchè non ne abbiamo mai incontrato uno? - chiese sfidandomi con lo sguardo.
Gli feci il sorriso più falso che ero capace di fare - Perché a differenza di quello che credi, non tutti sono entusiasti di incontrarvi, nemmeno un branco di sporchi demoni - .
- Quello che Isabella sta cercando di dire - disse Carlisle, lanciandomi un'occhiata ammonitrice - E' che a quanto pare, i demoni non si interessano a noi, non più. Per ora, l'unico loro interesse sono gli Shadowhunters, i loro nemici diretti - poi i suoi occhi si posarono di nuovo su di me, come per avere una conferma - E' corretto? - .
Annuii decisa - E' esatto - .
- Praticamente, vi sterminate a vicenda? - chiese Seth, rivolgendosi a me.
Ci pensai su per qualche secondo, anche se effettivamente aveva ragione - Non funziona proprio così. I demoni vengono da altri mondi, arrivano qui attraversano dei portali, i quali possono essere soltanto creati da stregoni. Le loro intenzioni non sono mai buone: vogliono creare scompiglio, distruggere le vite di esseri umani e di Nascosti... cioè, voi, vampiri, lupi, fate, eccetera... - mi corressi; non volevo offendere nessuno, a parte Sam - Ma cento anni fa, le invasioni aumentarono così tanto, da diventare un pericolo per noi. Non ci lasciarono altra scelta che rifugiarci tra le mura di Idris. Quale altra possibilità avevamo? In ogni caso, avevamo intenzione di tornare presto a combatterli, ma dopo l'Attentato, con tutte le perdite che avevamo subito, eravamo troppo deboli e feriti per combatterli - mi stavano ascoltando tutti con attenzione e, da veri curiosi, sentivo i loro sguardi appiccicati alla pelle, come se stessero cercando di immedesimarsi in ciò che provavo nel raccontare quelle vicende - Così, in un certo senso, ci siamo nascosti, protetti dalle Torri Antidemoni di Alicante. Abbiamo continuato ad allenarci, addestrarci e ad esercitarci con simulazioni che ci potessero preparare per qualsiasi evenienza, ma nonostante le protezioni, una notte... - dissi mentre la voce mi si rompeva sull'ultima parola - Una notte di non molti anni fa, la notte dell'Attentato, dei demoni sono riusciti ad abbattere il potere delle Torri. Non chiedetemi come, è un mistero tutt'ora, e sono entrati nella città - scossi la testa cercando di non ricordare, mentre ripetevo loro un evento che ancora faceva male al solo pensiero, considerando che ero fra i Cacciatori che l'avevano vissuto in prima persona - Ci sono stati così tanti morti... ci abbiamo rimesso un po' per riprenderci e ricominciare d'accapo. E' stata dura - mi sfuggì una lacrima, che asciugai subito con il palmo della mano - Ma ora siamo qui, più forti di prima, pronti a sistemare le cose e proteggere gli abitanti di questo pianeta - .
- Dev'essere stata davvero dura... Quanti anni avevi quand'è successo? - domandò cauto Carlisle, con una leggera nota di compassione nella voce.
Sentivo la mano di Edward posarsi leggera sulla mia schiena, facendomi quasi spaventare. Non mi guardava, ma sapevo di avere un espressione indecifrabile sul volto: tra il raccontare episodi, davvero molto dolorosi, della mia vita a degli sconosciuti e la sua mano a contatto con la mia schiena, questo era davvero il minimo. Non mi aspettavo un gesto del genere da parte sua, non in quel momento, non davanti alla sua famiglia e ai lupi. Diciamo che non me l'aspettavo, punto e basta.
- Già - risposi distogliendo lo sguardo da Edward per abbassarlo sulle mie ginocchia - Comunque, avevo all'incirca sei anni, mentre mio fratello Sebastian otto - .
- Sebastian? - si voltò verso di me Edward - Tuo fratello non è Stephan? - .
- No, lui è il figlio dei miei genitori adottivi. Sebastian non l'hai mai incontrato - .
Sembrava sorpreso, fin troppo direi. Non mi pareva una cosa da ritenere così tanto importante. Di certo non poteva aspettarsi che gli raccontassi tutta la mia vita, letteralmente, da un giorno all'altro, considerando che soltanto ieri avevamo deciso di provare ad essere amici. L'oro liquido dei suoi occhi diventò troppo pesante da sopportare, perciò il mio sguardo finì sulle grosse figure dei licantropi. Avevano molte domande, glielo riuscivo a leggere negli occhi, ma non ero ancora completamente sicura di mettermi a nudo con loro, non interamente almeno. Avevo appena tradito la mia specie e, in un certo senso, anche la mia famiglia, e non avevo intenzione di recare altri danni maggiori raccontando i nostri punti di forza o i nostri segreti. Almeno quelli, decisi di tenermeli per me. Se avessero avuto intenzioni sbagliate, come ad esempio tradirmi con quel poco di informazioni che gli avevo rivelato, avrei saputo come vendicarmi.
- Quanti anni hai ora, cara? - chiese Esme, riportandomi alla realtà, accarezzandomi i capelli lunghi e scuri.
- Sedici - .
Sussultò, portandosi la mano libera alla bocca - Però non combatti ancora, vero? - .
Mi sorprese la sua domanda. Questo vampiro; questa donna; questa persona, perché lo era, era molto più umana di qualsiasi altro essere umano che viveva su questa terra, da quel che avevo capito esattamente in questo momento, si stava preoccupando per me. Per me, una completa sconosciuta, entrata nella sua casa zuppa di sangue e fango, a creare scompiglio e disordine. Per qualsiasi altro, sarei stata soltanto una brutta nottata da dover dimenticare: ma loro si erano presi cura di me, si erano preoccupati, si erano fatti in quattro per curare le mie ferite, dato che non potevano sapere che io avevo un oggetto più semplice e veloce che mi avrebbe aiutata a guarire, cioè lo stilo. Ma mi avevano salvata comunque. Quello sguardo, quello che c'era negli occhi di Esme, in vita mia l'avevo visto soltanto in un'altra persona, in una sola occasione: in mia madre, poco prima che morisse. Sapevo che stava pensando a me, Sebastian e al nostro futuro quando i suoi occhi disperati e sofferenti si posarono su di noi, due bambini che avrebbero visto da un momento all'altro i loro genitori morire sotto i loro stessi occhi, nello stesso giardino dove poco prima una famiglia come tante altre, si stava divertendo in una magnifica giornata di sole.
- Sì, combatto. Vado in ricognizione con i miei fratelli - sussurrai timidamente, cercando di mantenere un tono pacato e rilassato.
Sembrava già abbastanza sconvolta, non volevo peggiorare le cose, ma a quanto pare, non funzionò - Carlisle, è soltanto una bambina... - disse, rivolgendosi disperatamente al marito.
Sembrava che da un momento all'altro stesse per scoppiare a piangere. Oddio. Per fortuna i vampiri non pativano questo tipo problema, altrimenti non avrei saputo cosa fare. Non sapevo gestire le lacrime altrui.
- Non sono poi così piccola... - cercai di toglierle dal viso quell'espressione spaventata che mi lasciava letteralmente spaesata.
- Non pensavo vi facessero... iniziare così presto - mormorò Carlisle, anche lui sembrava leggermente ansioso.
Jasper guardava per terra, ma riuscivo a vedere le sue spalle tremare. Iniziai a pensare che si stesse sentendo male, ma era un vampiro, e non era possibile. La sua postura mi aiutò a smettere di guardarlo, mi sembrava di invadere la sua privacy e non volevo farlo. E poi c'era Edward, che aveva un espressione indecifrabile sul volto, eppure era sempre così bello e affascinante, nonostante quel cipiglio sul tra le sopracciglia che gli dava più anni di quanti ne dimostrasse in realtà. Anche lui tremava legermente, o forse ero davvero troppo stanca ed iniziavo ad immaginarmi le cose. I licantropi invece erano gli unici che, come me forse, non riuscivano a capire il perché di tutte quelle reazioni esagerate: per loro non era un argomento nuovo l'idea di crescere in fretta e andare a combattere giovane con la consapevolezza di poter non tornare più a casa sano e salvo. Anche loro lo facevano, più o meno.
- Non è decisamente presto - spiegai - è l'età giusta. I miei antenati avevano iniziato ancora prima di noi - .
- Ma erano altri tempi - ribattè Carlisle - Allora non era così pericoloso come lo è adesso, l'hai detto tu stessa - .
- Vero, ma pericoloso o meno, resta comunque il mio compito. E' il mio lavoro - aggiunsi dopo un attimo di riflessione.
L'espressione con cui mi guardava Esme mi faceva capire che in me non vedeva una Shadowhunters, ma una specie di bambina-soldato con un fucile in mano, costretta ad uccidere per vivere, con il rischio di morire in qualsiasi momento. Ma non volevo che la pensasse così, perchè non era così che funzionava.
- Povera piccola - ripetè, come se non ci fossi.
- Sono abbastanza grande per conseguire il ruolo che investo - dissi, lasciando trapelare per sbaglio un tono fastidiosamente fastidioso.
Non volevo far pena a nessuno, ma nonostante ciò non potevo negare che, in fondo, mi piacevano quelle attenzioni. Non così esagerate e, magari, non da degli sconosciuti. Però mi sarebbe piaciuto riceverle dalla mia famiglia qualche volta, come prova del loro amore nei miei confronti. Ma noi Cacciatori non ci lasciavamo andare a molte moine e gesti dolci, eravamo dei guerieri per natura, e dovevamo esserlo per tutto il tempo. Eravamo stati addestrati, non cresciuti, in mezzo ad armi e con giochi che le ricordavano, perciò non poteva essere altrimenti.
- Certo Isabella, non intendevo mettere in dubbio le tue capacità, ti chiedo scusa se te ne ho data l'impressione - si scusò frettolosamente, ma con sincerità, Carlisle.
- E' okay, davvero - li rassicurai, tutti quanti - E io non volevo risultare così acida - .
Carlisle sorrise apertamente - Non ti preoccupare, siamo abituati a questo - .
E tutti i presenti della stanza, all'infuori di me e i licantropi, si lasciarono andare in una leggera e piccola risata. Evidentemente Carlisle aveva appena fatto una battuta, che io non ero riuscita ad afferrare, ma se il suo intento era di alleggerire la situazione, c'era riuscito. Aveva persino a fatto sorridere Edward.
- Uno dei miei figli, Emmett - riprese a parlare il dottore, prendendomi alla sprovvista - Era uno Shadowhunters. L'ho trasformato all'incirca novant'anni fa - .
Lo guardai confusa e veramente sorpresa. Davvero Emmett nella sua vita precedente era un Cacciatore? Per questo passava tanto tempo con Stephan? Perché aveva capito cos'era e voleva estrapolare da lui qualche informazione sul nostro mondo? Sperai vivemente che Stephan non gli avesse detto nulla. Nonostante tutto quello che era successo, non volevo mettere nei guai anche lui. Non ero così meschina.
Dato che Carlisle capì che non avevo intenzione di parlare, continuò il suo discorso - Si trovava a parecchi chilometri di distanza da Idris, nel territorio Francese. Stavo cacciando e l'ho incontrato ai piedi di un albero: perdeva un sacco di sangue e aveva perso conoscenza - sospirò, e lo immaginai tornare indietro con la mente a quei tempi lontani - Inizialmente volevo soltanto curare le sue ferite, perciò lo portai nella mia abitazione di allora. Ma appena Rosalie lo vide, mi supplicò di trasformarlo. Era in fin di vita, non aveva altra scelta che morire, così decisi di morderlo e tre giorni dopo divenne un vampiro. Erano già passati dieci anni dall'Invasione che, come hai detto tu, vi aveva costretti a rinchiudervi nella vostra terra, e quando ho trovato Emmett ne sono rimasto molto sorpreso. In teoria dovevate essere tutti estinti, eppure Emmett era vivo. Quando si è ripreso dalla trasformazione, ho provato a fargli qualche domanda, per capirci qualcosa di più, ma non mi ha mai detto nulla. Anche oggi, se gli chiedo come ha fatto a salvarsi, considerando che prima di oggi credevo che fosse l'unico sopravvissuto, o qualche informazione sulla sua famiglia o su quello che è accaduto cento anni fa, non risponde. Penso che in un modo o nell'altro sia sempre rimasto fedele al Conclave, per questo non ha mai risposto alle mie innumerevoli domande  - .
Il suo racconto mi aveva fatto riflettere, non facendomi per niente stare meglio, anche se Carlisle non mi aveva promesso niente del genere. Emmett era diventato un vampiro, non era più tenuto a rispettare il Conclave e le sue imposizioni, ma l'aveva fatto comunque. Io ero sotto giuramento, e l'avevo tradito ignorando tutte le regole che ci erano state date per la nostra sicurezza. Non merito di essere chiamata Cacciatrice. Non merito essere circondata da così tante persone buone e leali.
Deglutii a fatica, sentendo uno strano groppo in gola che quasi mi impediva di parlare - Perchè me lo stai dicendo? - .
- Perchè sono sicuro che abbia tante cose da chiederti - disse con un sorriso rassicurante, captando sicuramente il mio nervosismo.
Annuii silenziosamente cercando di pensare ad altro. Non avevo decisamente tempo per sentirmi in colpa in questo momento. Così, mi ritrovai a ripensare a una frase che aveva colto la mia attenzione prima. Iniziai a rifletterci sopra, cercando di concentrarmi solo su quello.
" Stavo cacciando e l'ho incontrato ai piedi di un albero..."
- Di che cosa vi cibate? - .
Edward mi guardò attentamente, cercando di sondare tutte le mie reazioni e cambi di espressione - Di sangue animale - disse poi, lentamente.
Sgranai gli occhi - E vi basta per nutrirvi?! - ero davvero rimasta attonita da quella rivelazione.
- Dobbiamo berne molto di più rispetto a quanto ne berrebbe un vampiro con un alimentazione "nella norma" - intervenne Esme facendomi un dolce sorriso, dopo essersi ripresa dal suo attimo di disperazione - Ma tutto sommato, ci riempie abbastanza per qualche settimana - .
- Perchè lo fate? - chiesi veramente incuriosita dalla loro dieta e dalle loro ragioni.
Non è semplice andare contro l'istinto, combattere il proprio essere. Dovevano essere davvero molto motivati per farlo.
- Non vogliamo uccidere esseri umani... - rispose Carlisle come se il solo pensiero gli facesse venire la nausea - Non vogliamo essere dei mostri... - .
Annuii, comprendendo a pieno le loro ragioni, e non riuscii a trattenere un sorriso sincero nei confronti di quella famiglia di vampiri. Avevano un animo così buono, da rinunciare di seguire la propria natura per salvare vite umane. Era davvero... non si poteva nemmeno definire a parole, ma la mia ammirazione nei loro confronti era salita alle stelle.
- Isabella - richiamò la mia attenzione uno dei licantropi, Jacob - Non penso di aver capito che cosa sei... - fece una pausa, studiandomi da capo a piedi con i suoi occhi scuri - Cioè, ho recepito che sei una Shadowhunter e che uccidi i demoni, ma di che cosa sei "fatta"? Hai qualche potere? - .
Mi presi qualche secondo per riflettere e mentalmente feci una specie schema con le informazioni che potevo rivelare e con quelle che invece non avrei detto nemmeno sotto tortura. Quando iniziai a parlare, non seppi esattamente quanto tempo era passato.
- Sono una Nephilim, cioè per metà umana e per metà angelo - spiegai cercando di essere il più chiara possibile - Nelle mie vene scorre il sangue dell'Angelo Raziel, che ci rende molto potenti. Siamo stati creati più di mille anni fa, quando gli uomini stavano per essere uccisi a causa delle continue invasioni di demoni sulla terra. Uno stregone invocò l'Angelo Raziel, che versò in una coppa il suo sangue meschiandolo con quello umano per darlo da bere agli uomini. Tutti coloro che bevvero dalla coppa divennero Cacciatori e così i loro figli, e i figli dei loro figli. Di generazione in generazione diventiamo sempre più forti - .
- Quei tatuaggi che cosa significano? Sono simboli di appartenenza come quello che abbiamo noi sulla spalla? - chiese elettrizzato Seth, beccandosi un'occhiataccia da parte si Sam.
Iniziai a pensare che non facesse altro che rimproverare i componenti del suo branco per ogni minima cosa. Ero più che sicura fosse così, e la cosa mi innervosiva. Lui mi innervosiva con i suoi comportamenti. Feci del mio meglio per ignorarlo e per concentrarmi sugli altri due: quando li guardai meglio, notai che effettivamente avevano qualcosa disegnato sulla spalla, anche se a quella distanza, non riuscivo ad identificare che cosa fosse.
- Una specie... Ci aiutano quando siamo ci troviamo in situazioni di pericolo - spiegai abbastanza velocemente, ma cercando di non destare sospetti.
L'ultima cosa di cui avevo bisogno era che si informassero troppo sul nostro conto.
E poi all'imrpovviso mi ricordai, portando il mio sguardo ansioso su Carlisle - Dove avete messo le mie arm... le mie cose? - .
- Spero non ti dispiacerà - disse timidamente Esme - Mi sono presa la briga di lavare la tua... divisa. Era tutta sporca di sangue, perciò... - .
- Oh... Ehm... Grazie! - risposi, leggermente a disagio.
Non mi piaceva per niente che degli estranei toccassero la mia roba, ma daltronde, gli avevo appena raccontato parte di quello che nascondevo, perciò questo era davvero il minimo. Non potevo e non dovevo lamentarmi, sopratutto perché l'aveva fatto per essere gentile, senza secondi fini.
- Le tue armi invece le abbiamo semplicemente ammucchiate per terra nel mio studio - si intromise, informandomi, Carlisle - Non le hai notate? - .
- Ehm no... non ci avevo fatto caso... - che stupida, le avevo a portata di mano e non me n'ero nemmero resa conto.
- Non importa - mi sorrise, facendomi un occhiolino gentile - Penso che per oggi possa bastare - disse poi, riferendosi ovviamente a tutta la conversazione che avevamo avuto.
I licantropi si alzarono e si diressero verso la porta, tranne Sam che si incamminò verso di me lentamente, ma con fare minaccioso.Vidi Edward irrigidirsi e alzarsi in piedi quando evidentemente ritenne che la distanza tra me e il lupo fosse diventata davvero troppo corta. Il suo comportamento mi faceva sentire bene e, in un certo senso, protetta, anche se un po' in imbarazzo. Noi non eravamo niente, e ancora non riuscivo a capire perché ci tenesse così tanto a tenermi al sicuro. Sapevo cavarmela da sola, volevo tanto che lo capisse.
- Calmati Cullen - lo ammonì con strafottenza l'Alpha - Devo soltanto dire una cosa alla vostra amichetta Cacciatrice - continuò cercando si sorpassare Edward, che gli bloccò prontamente la strada.
- Puoi dirglielo benissimo anche da qui - gli ringhiò in faccia.
Sam si innervosì, ma si limitò ad eseguire il suo ordine e a portare il suo sguardo su di me - Voglio soltanto avvisarti, poi riferirai quello che ti ho detto al tuo clan: non azzardatevi, mai più, ad entrare nei nostri confini, siamo intesi? La prossima volta non esiterò ad uccidervi, tutti quanti. Chiaro? - .
- Non sei il mio Alpha, io non eseguo i tuoi ordini - risposi tranquillamente.
In fondo, era la verità. Non era suo diritto impartirmi certi comandi, sopratutto con quel tono. Ero un tipo abbastanza orgoglioso, e mai e poi mai mi sarei lasciata mettere i piedi in testa.
- Allora andrete incontro a morte certa - cercò di spaventarmi, ma senza successo.
Assottigliai gli occhi a due fessure - Mi stai minacciando? - .
- Il mio è un consiglio, ma se vuoi puoi prenderla pure come una minaccia, purché stiate lontani dal nostro territorio. Non avete il diritto di oltrepassarlo quando vi pare e piace! - esclamò inviperito - Noi non ci siamo mai permessi di entrare nel tuo territorio - .
- Okay - sospirai velocemente, ero stanca di ascoltarlo - Noi staremo nel nostro terrirorio e voi nel vostro, fine della storia - questa situazione in qualche modo doveva finire.
- Perfetto - disse, per poi salutare cordialmente i Cullen.
Gli altri due licantropi fecero lo stesso e dopo seguirono Sam fuori dalla porta. Stavano facendo ritorno a casa e sapevo che prima o poi anche io avrei dovuto fare ritorno alla mia e raccontare, una volta per tutte, tutto quello che era accaduto alla mia famiglia dal momento del nostro arrivo qui, a Forks. Ma con che parole? Cosa gli avrei detto? In ogni caso mi avrebbero sbattuta fuori a calci, su questo ero sicura. Ma l'unica cosa che temevo, era di aver perso per sempre l'unica famiglia che mi restava, l'unico punto fermo e costante della mia vita. Sarei rimasta da sola. Me la sarei cavata? In ogni caso, mi avrebbero protetto dal Conclave
? Ero così stanca, confusa, triste...
- Vado a togliere i tuoi panni dalla lavatrice - disse Esme e prima di alzarsi dal divano, mi posò una mano sul braccio, come per farmi forza.
Annuii sorridendole appena. Ero troppo impegnata a pensare alla mia famiglia per prestarle troppa attenzione. Avevo rovinato tutto. Già lo sapevo, ma in quel momento era come se avessi realizzato veramente la cosa. L'avevo fatto davvero, avevo tradito la mia specie, e intenzionalmente. Non ero stata minacciata, nessuno mi aveva obbligata. Eppure l'avevo fatto. Come avevo potuto? Non riuscivo a capacitarmene. Come avrei guardato i miei genitori non appena varcata la soglia di casa? Semplice, non li avrei guardati. Mi ero comportata troppo irrispettosamente per meritarmi di guardarli negli occhi, come se fossi una loro pari. E non lo ero, non più.
- Vieni con me - sentii sussurrare al mio fianco.
- Come? - soltanto in quel momento mi accorsi che Edward si era seduto nuovamente accanto a me, così vicino, da sentire il suo alito fresco sulla pelle.
Mi prese per mano facendomi rabbrividire - Vieni - ribadì, tirandomi delicatamente per farmi alzare dalla mia postazione.
Lo seguii sotto gli occhi curiosi di Carlisle e il sorrisetto impertinente di Jasper. Davvero credeva che tra me e Edward ci fosse qualcosa? Era ridicolo, tra me e lui non c'era assolutamente niente, eravamo troppo diversi e io non provavo assolutamente niente per lui... No, non è vero. Provavo qualcosa per lui. Lo ammetto, ma ciò non toglie che non potevamo stare insieme. Eravamo due razze completamente diverse ed ero sicura che in ogni caso lui non ricambiasse i miei sentimenti. Era sempre gentile con me, e spesso cercava di strapparmi un sorriso, ma c'è una distanza abissale tra questo e al voler bene davvero ad una persona. Non negherò di non averci mai fantasticato su, in fondo, quel pomeriggio in biblioteca desideravo con tutta me stessa le sue labbra sulle mie. Ma non era successo niente, perciò questo doveva per forza essere un segno del destino. Mentre io ero ancora persa nei miei pensieri, lui continuava a condurmi negli immensi corridoi di quella casa. Sembravano non finire mai. Salimmo le scale e vidi una cosa che mi lasciò un po' perplessa: un enorme croce in legno sospesa in aria. Sembrava molto antica e aveva un certo fascino, anche se non riuscivo a capire che cosa ci facesse in una casa piena di vampiri. Senza accorgermene mi fermai ad ammirarla, facendo bloccare anche Edward che mi guardò confuso. Poi, quando seguì il mio guardo, capì.
- Quella croce è stata costruita dal padre di Carlisle, più di trecento anni fa - iniziò a raccontanere, tenendo sempre stretta la mia mano nella sua - Era un pastore. E' l'unica cosa che a Carlisle resta di suo padre - .
Abbassai lo sguardo per guardare Edward e vidi che lui mi stava già guardando. Annuii come per dire che potevamo andare andare avanti a camminare, e dopo pochi secondi, sfruttati tutti per fissarmi, riprese il suo cammino trascinandomi con sé. Mi condusse su un'altra rampa di scale, ma non mi preoccupai di perdermi: avevo memorizzato tutto il percorso, nonostante mi fidassi di lui. Ero pur sempre una Shadowhunters e lui un vampiro; certe cose non potevano e non dovevano cambiare. Quando finalmente si fermò, per la gioia dei miei poveri muscoli doloranti, ci trovammo davanti ad una porta chiusa. Quando la aprì, mi condusse all'interno. Era una stanza ampia, dipinta di bianco, con due enormi vetrate a Ovest e a Nord. Un enorme libreria di legno chiaro era situata alla mia destra e, esattamente davanti a questa, vicino alle vetrate, c'era un comodo divano in pelle nera. Quando feci qualche passo in avanti, lasciando involotariamente la mano di Edward, notai che alla parete dietro di me c'era appeso un televisore e sotto c'era uno stereo di ultima generazione con ai lati degli scomparti per contenere i CD. Erano tanti, ma i libri li superavano in gran numero. Sotto i miei piedi sentivo una superficie calda e pelosa e, quando abbassai lo sguardo vidi un grande tappeto persiano che ricopriva quasi tutto il parquet della stanza. Anche se c'era un po' di disordine, era un ambiente bellissimo e tranquillo. Quello che rilassava di più, era la vista sul bosco che davano le grandi finestre. Era magnifica.
- Be', questa è la mia stanza - lo sentii farfugliare e quando mi voltai verso di lui, vidi che si era portato imbarazzato una mano dietro la testa.
Stranamente, mi sentivo anche io in imbarazzo, così in imbarazzo, da abbassare lo sguardo - E' molto bella - e mi incamminai verso la libreria - Quanti libri... - .
Si avvicinò a me facendomi un sorriso sghembo da capogiro - Devo pur ammazzare il tempo in qualche modo - .
Ridacchiai non sapendo nemmeno il perché, data la sua battuta squallida, e morsi il labbro inferiore - Lo trovo giusto - .
Dopodiché l'atmosfera si fece più seria, e il sorriso ci morì sulle labbra. Sentivo il mio cuore battere a mille, e immaginavo che potesse sentirlo anche lui senza troppi problemi. Cercai di non pensarci.
- Come ti senti? - chiese, non staccandomi gli occhi di dosso.
- Ancora un po' indolenzita, ma bene - continuavo a tenere lo sguardo su alcuni manoscritti dall'aria antica, dato che al solo pensiero di incontrare il suo, mi mancava il fiato.
- Sono felice che finalmente non ci siano più segreti... tra di noi - sussurrò improvvisamente, facendomi rabbrividire.
Avevo sicuramente capito male, non poteva aver detto realmente "tra di noi". Non aveva senso.
- T-Tra di noi? - balbettai.
Per l'Angelo Raziel, non potevo credere di aver balbettato per davvero. Ero un imbecille.
I suoi occhi dorati si incatenarono ai miei - Sì, tra di noi - .
Ci fu qualche minuto di silenzio, ma i nostri sguardi stavano dicendo più parole di quante ne avremmo dette solo parlando. Riuscivo a capire che cosa voleva dirmi forte e chiaro, e non sapevo cosa fare. Mi sentivo rassicurata in un certo senso, e non potevo non essere felice di notare nei suoi occhi lo stesso luccichio che, sono sicura, avevo anche io quando guardavo lui. Non si poteva non notare che effettivamente c'era qualcosa che ci legava, e non era solo attrazione. Per quanto mi costi ammetterlo e sia difficile da credere, stavo bene con lui. Mi sentivo calma, al sicuro, e anche felice di averlo vicino. In quelle settimane di conoscenza avevamo litigato molto, ma ciò che era succcesso, e era quasi successo, in biblioteca, aveva cambiato le cose per entrambi. Ne ero sicura.
- Bella - lo sentii sussurrare.
Avevo chiuso gli occhi, il peso di quello guardo era diventato troppo intenso da sostenere.
- Io non  so come sia successo, ma spero che mi crederai. La prima volta che ti ho vista ho fin da subito provato una forte attrazione verso di te, ma non lo stesso tipo di attrazione a cui stai pensando... - fece una breve pausa e potei sentire il suo nervosismo - Avevo sete del tuo sangue - ammise, facendomi aprire di scatto gli occhi.
Aveva sete del mio sangue?! Lui aveva sete... del mio sangue?! Cercai di fare mente locale, di tornare al primo giorno di scuola, ma non ci riuscii. Ero troppo concentrata sul presente, curiosa di quello che di lì a poco mi avrebbe detto.
- No, ti prego, non avere paura di me - mi supplicò con gli occhi, afferrandomi la mano per evitare che mi allontanassi da lui.
Non mi ero nemmeno resa conto di aver tentato di farlo. Ero scioccata. Quel giorno, il mio primo giorno di scuola, lui voleva bere il mio sangue, mettendo in pericolo non solo l'incolumità degli studenti della Forks High School ma buttando via anche anni di astinenza dal sangue umano. Tutto questo per me, a causa mia.
- Non ho paura di te, semplicemente il mio inconscio è stato addestrato a mettersi in guardia ogni qualvolta ne sente il bisogno, ma non ho paura. Non di te - lo corressi, mostrandogli libero accesso ai miei occhi per fargli percepire meglio la mia sincerità.
Sospirò visibilmente sollevato, ma non lasciò la mia mano. Temeva ancora che scappassi da lui.
Riprese a parlare - Avevo sete del tuo sangue, è vero. Quel giorno ho progettato più di cento modi per farti uscire da quella stanza e... be', hai capito. Appena ho ripreso il controllo della situazione sono fuggito in Alaska, da alcuni parenti. Ero convinto che sarebbe andata meglio se ti fossi rimasto lontano, in fondo per quanto avresti vissuto qui? Io ho l'eternità davanti. Comunque, il mio piano non ha funzionato: ho iniziato a pensarti, tutti i giorni, tutte le ore, i minuti, i secondi... Non facevo altro che pensare a te, solo a te, non al tuo sangue. Volevo sapere cosa stavi facendo, con chi passavi il tuo tempo... Stavo impazzendo e non riuscivo a capirne nemmeno il motivo! Non ti conoscevo, eppure l'unico mio peniero era tornare per rivederti. Così è quello che ho fatto, sono tornato. Ho cercato di parlarti, per sapere qualcosa in più su di te dato che non riesco a leggerti nel pensiero, ma tu eri così... - .
- Aspetta - lo bloccai immediatamente - Tu... Tu leggi nella mente delle persone? - .
Mi guardò confuso - Sì, noi vampiri abbiamo... - .
- Sì, lo so cosa avete - lo interruppi nuovamente - Perché non riesci a leggermi nel pensiero? Anche con Stephan hai lo stesso problema? - .
Ero sollevata che non riuscisse a leggermi nel pensiero. In caso contrario sarebbe stato davvero imbarazzante, e pericoloso, per me. Non mi entusiasmava per niente l'idea che potesse conoscere i miei pensieri, sopratutto quelli che riguardavano lui. Dovevano restare privati, erano personali.
- Non lo so perché, ma credimi se ti dico che è terribilmente frustrante - si lasciò scappare, guardandomi con occhi quasi da pazzo - E riesco a leggere tranquillamente la mente di tuo fratello Stephan - .
- Non riesco a capire che cosa ci sia di così frustrante, non è la fine del mondo se non riesci a leggere una mente su sette miliardi - dissi, scuotendo il capo leggermente divertita e sollevata dalla sua esagerazione.
Ma lui non rise con me, restò serio. Il suo viso si avvicinò ancora di più al mio, facendomi immediatamente zittire. Il mio cuore prese a battere più velocemente, o forse perse un battito, o forse entrambe le cose. Non lo so.
Sbattè le palpebre qualche volta, prima di parlare - Lo è, quando quei pensieri sono gli unici che vorresti sentire - .
Non riuscii a non arrossire - Perché? - .
Si avvicinò ancora di più, costringendomi con le spalle contro la libreria - Perché sono sicuro che non sono inutili e privi di senso come quelli del resto del mondo - .
- Non lo puoi sapere - ghignai, spostando lo sguardo sulla sua maglietta blu, trovandola estremamente interessante.
Dopo pochi secondi di riflessione disse - Hai ragione, non lo so e probabilmente non lo saprò mai. Ma mi piace pensare che tu sia diversa - sussurrò.
Agrottai le sopracciglia - Perché? - chiesi di nuovo.
Forse ero ripetitiva, ma non riuscivo a pensare con lui così vicino. Non riuscivo a concentrarmi, era una continua distrazione. I suoi occhi, le sue labbra, il suo mento, non sapevo più cosa guardare.
Sospirò, guardandomi con quegli occhi dorati e liquidi che stavano trasmettendo così tante emozioni e sensazioni - Perché, come ti stavo dicendo, volevo e voglio sapere tutto di te. Quando mi hai raccontato la strage della tua famiglia biologica, non sai come mi sono sentito: ero così felice che mi avessi raccontato una parte della tua vita, così intima, e in un certo senso è come se avessi iniziato a fidarti di me. Ovviamente ero anche molto triste, sono molto triste, non voglio che pensi io sia un insensibile... Sto parlando troppo, lo so, ma sono nervoso. Quello che cercando di dirti è che non riesco a starti lontano, che vorrei passare tutto il tempo che ho con te. Vorrei che cercassi di lasciarti andare, vorrei che ti fidassi completamente di me - fece una breve pausa per farmi respirare, dato che lui non ne aveva bisogno - Vorrei semplicemente che tu provassi gli stessi sentimenti che provo io per te, anche se so che è impossibile. Io sono un essere mostruoso, crudele per natura e pericoloso, mentre tu sei praticamente un angelo, venuto a dare vita alla mia esistenza morta. Tu non sai quanto io... - ma si bloccò, forse notando la mia espressione a metà fra lo sconvolgimento e la sorpresa.
Mi aveva appena detto tutto ciò che desideravo mi dicesse, il mio cuore batteva a mille e riuscivo a sentire soltanto le sue pulsazioni nelle orecchie. Ero come bloccata. Volevo dirgli così tante cose ora che lui aveva fatto il primo passo. Diamine, si era dichiarato! Ma cosa avrebbe portato poi tutto questo? Non avrebbe mai funzionato, eravamo troppo diversi.
Si allontanò drasticamente da me, palesemente pentito - Mi dispiace, ho esagerato - .
Si sedette sul suo divano di pelle, lontano dal mio corpo, con i gomiti poggiati sulle ginocchia e la testa tra le mani. Mi faceva quasi male quella distanza improvvisa, ma era meglio per entrambi. Nonostante tutto ciò che pensavo e che provavo, non potevo lasciarmi andare ai sentimenti che sentivo per lui, anche se erano forti. Non potevo permettere che entrasse nel casino che da lì a poco sarebbe diventata la mia vita, una volta confessato ai miei genitori quello che avevo fatto. Non volevo metterlo in pericolo, ne lui ne la sua famiglia. Per il bene di tutti era meglio che restasse alla larga da me e per farlo, dovevo ferirlo.
- Sì, hai decisamente esagerato - dissi, sfruttando il fatto che non mi stesse guardando per la vergogna che stava provando in quel momento.
Non parlò, restò in silenzio. Probabilmente se fossi stata al suo posto, avrei fatto lo stesso. Mi veniva da piangere. Ogni parola che dicevo, che mi ero costretta a dire, era una pugnalata al cuore.
- Io non provo niente per te - continuai cercando di modulare la voce.
Alzò la testa di scatto, i suoi occhi improvvisamente scuri come la pece. Se non sapessi che non mi farebbe mai del male, ne sarei stata spaventata, ma non potevo aver paura di lui.
- Allora quello che è successo ieri, in biblioteca? - domandò alzando leggermente la voce.
- Non è successo niente - dissi spotando lo sguardo sulle punte dei pini che si muovevano piano a causa del vento.
- Stava per succedere - .
- Ma non è successo, e non l'avrei permesso - .
- Stai mentendo, sicuramente è così... - provò ad arrampicarsi alle sue ultime speranze.
Scossi la testa abbassando lo sguardo sui miei piedi nudi. Non pensavo sarebbe stato così difficile: il senso di colpa non aveva proprio un briciolo di pietà con me. Mi stava distruggendo allo stesso modo in cui stavo per distruggere lui. Non poteva andare diversamente.
- Siamo troppo diversi, non siamo fatti per stare insieme - farfugliai lentamente, cercando di essere convincente - Tu non vai bene per me - .
- Sei un vampiro - aggiunsi con voce tremolante, come se questo bastasse a concludere il mio ragionamento.
Lui non rispose, anzi, non mi guardava neanche. Gli avevo appena dato del mostro, ma in realtà il vero mostro ero io e ne ero più che consapevole.
Si alzò in piedi e prima di lanciarsi fuori dalla finestra mi disse - Spero che la tua famiglia ti perdoni - e poi mi lasciò da sola nella sua stanza, con il cuore più pesante, i pensieri più confusi e i sensi di colpa a bruciarmi l'anima, sottoforma di lacrime sulle mie guance.




***VOGLIO METTERE UNA CAVOLO DI COPERTINA A QUESTA STORIA, MA NON SONO CAPACE NE' DI FARE UNA COPERTINA, NE' DI CARICARLA SU QUESTO SITO. C'E' QUALCUNO DISPOSTO A DARMI UNA MANO? UN'ANIMA BUONA CON TANTA, MA TANTA, MA TANTA PAZIENZA?***
un beso...
Zikiki98.

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Capitolo 16
*** Chapter twelve - Go away, and never come back. ***


The worlds of demons capitolo 12
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E a chi ha recensito lo scorso capitolo:
vanessa_91_
martyd
carmen16
Grazie.

[Non so perché, ma non mi fa cambiare ingrandire le parole]
Comunque... HOLA AMIGOSSSSSS!
Come potete vedere, ho deciso di iniziare con i ringraziamenti stasera (eh già, sono proprio una ribelle trasgressiva!!!).
Questo è il dodicesimo capitolo e credetemi se vi dico che mi sto prendendo a schiaffi: è stato quasi un anno fa quando ho iniziato a scrivere questa storia, e sono solo al dodicesimo capitolo!?!?!?!?! No comment.
In ogni caso spero vi piaccia.
Vi mando un grande beso virtuale :-*
Zikiki98.
PS: VI.RENDETE.CONTO.CHE.TRA.MENO.DI.TRE.SETTIMANE.RICOMINCIA.
LA. SCUOLA?! Mio papà ha iniziato a fare il Cownt Down, ricordandomelo tutti i giorni T.T Ditemi che non è vero, ditemi che siamo ancora a giugno!!! Mi viene l'ansia al solo pensiero di tornare a studiare. Ok, basta. Vi lascio al capitolo. Beso.

THE WORLD OF DEMONS

°IL PORTALE DEI DEMONI°


CHAPTER TWELVE - GO AWAY, AND NEVER COME BACK.

[POV BELLA]


Quando mi calmai, decisi di uscire dalla camera di Edward. Sapevo che restare in quello spazio non avrebbe fatto altro che peggiorare le cose. Dovevo andarmene da quella casa: dovevo trovare Esme, indossare la mia stupidissima tenuta, amrmarmi delle mie stupidissime armi e tornarmene da dove ero stupidamente scappata. Non sarei mai dovuta uscire dalla mia stanza, avevo commesso un errore dietro l'altro da quel momento. Qualche parte dentro di me diceva che era finita, che ero finita, e avrei perso tutto: la libertà, la mia missione, la mia casa, la mia famiglia... tutto ciò che avevo sempre desiderato e poi ottenuto, perduto per sempre. Ero stata così sciocca e imprudente, fin dall'inizio, e anche una completa stronza con Edward. Lui ora stava soffrendo, a causa mia, e questo faceva soffrire irreparabilmente anche me. Mi trovavo in una specie di effetto a catena, come il domino: dopo aver fatto cadere il primo tassello, è quasi impossibile evitare che crollino anche tutti gli altri. Ed era proprio quello che mi era successo; mi era scivolata dalle mani una situazione che pensavo avere completamente sotto controllo, ma non era così. Non lo era mai stata. Non si poteva pensare di dare in mano ad una ragazzina di sedici anni una missione così grande. E' vero anche che non ero da sola, avrei potuto scegliere di dire la verità fin da subito alla mia famiglia, invece di dare ascolto a Stephan e alle sue idee bizzarre. Se avessi seguito l'istinto, non mi sarei ritrovata in un guaio grande cento volte me.
- Bella - sentii chiamare una voce cristallina alle mie spalle, mentre camminavo in uno degli infiniti corridoi di casa Cullen.
Mi voltai spaventata. Ero così sommersa dai miei pensieri da non essermi nemmeno resa conto di essere seguita da Alice, un altro membro di quella famiglia di vampiri. Aveva un sorriso cordiale, ma vidi che preferì restare a distanza, forse per non intimorirmi.
- Ciao - continuò, sempre con lo stesso tono armonioso, ma pimpante - Cerchi qualcuno? - .
- Sì, a dire la verità - dissi, e la mia voce non era per niente paragonabile alla sua - Cerco tua madre, mi servono i miei vestiti. Sai dirmi dove si trova? - .
Sorrise, facendo spuntare due fossette ai lati della sua bocca - Certamente, ti ci accompagno io - .
- Okay, grazie - .
- Figurati - .
Senza che nessuna delle due aggiungesse altro, ci incamminammo per raggiungere Esme, ovunque si trovasse in quell'immensa casa. Dopo qualche minuto, e aver attraversato metà abitazione, finalmente la incontrammo in una camera mentre piegava attentamente la mia tenuta sul letto. Penso che questa stanza fosse riservata agli ospiti, dato che era priva di un qualsiasi oggetto che potesse darle un tocco personale. Il letto era alto a due piazze, con un piumone bianco crema che lo ricopriva. Davanti a questo c'era un'armadio scuro, in ciliegio, della stessa tonalità dei comodini accanto al letto e del comò accostato alla parete che si trovava esattamente davanti a me. Un piccolo divanetto faceva mostra di sè ai piedi del letto, poggiato su un tappeto bianco in contrasto con il parquet scuro. Sapevo che Esme si era accorta della nostra presenza, ma non si era ancora voltata verso di noi. Quando si girò, quasi avrei voluto che non l'avesse fatto. Il suo sguardo era allarmato e la linea della sua bocca era rigida.
- Qui ci sono tutti i tuoi vestiti - disse frettolosamente - Puoi cambiarti qui non appena io e Alice usciamo - .
- Va bene - dissi io con voce roca - Grazie - .
- Nessun problema - rispose cordiale con un pizzico di dolcezza, ma stavolta evitando il mio sguardo.
Perché era così distaccata? Che cosa le era successo? Prima non si comportava così con me. E poi capii: aveva ascoltato la mia conversazione con Edward, tutti l'avevano ascoltata. Questo non fece altro che aumentare i miei sensi di colpa. Loro mi avevano aiutata in tutti i modi in cui una persona nelle mie condizioni poteva essere aiutata, senza nemmeno conoscermi, e io li ripagavo facendo soffrire loro figlio. Ero un'ingrata senza cuore. Stavo facendo soffrire Edward e, di conseguenza, anche Esme stava male. Ero davvero un domino, facevo crollare tutto ciò che avevo vicino, e la disgrazia non era ancora finita: mancava la mia famiglia all'appello, e quello sì che sarebbe stato davvero drammatico come crollo.
- Forza mamma, lasciamo Bella ai suoi doveri - disse Alice prendendo allegramente sottobraccio Esme per portarla fuori dalla stanza.
Le seguii con gli occhi e quando uscirono, prima di chiudere la porta alle loro spalle, la vampira dai capelli corvini aggiunse - Se hai bisogno d'altro, Carlisle è al piano di sopra, nel suo ufficio. La stessa stanza dove ti sei svegliata - .
- Okay, grazie - non facevo altro che ripeterlo.
Mi schiacciò l'occhiolino e poi sparì dietro la porta. Prima di iniziare a vestirmi feci un respiro profondo dato che mi sembrava di non riuscire a respirare correttamente. Stavano succedendo davvero troppe cose tutte insieme, mi sentivo soffocare. Avevo bisogno di sedermi a riprendere fiato. Lo feci: mi sedetti sul quel comodo ed enorme letto e respirai a fondo, inalando ed espirando aria ritmicamente. Quando la stanza smise di girare, ripresi il controllo di me stessa. Mi tolsi i vestiti che mi avevano prestato per indossare la mia familiare tenuta. Ripiegai la maglia e i pantaloni che mi ero appena tolta e li abbandonai sul letto. Quando mi sentii pronta, uscii dalla stanza per dirigermi nello studio di Carlisle. Avevo bisogno di parlargli, da sola. Grazie alla mia memoria non mi fu difficile ritrovare la stanza che mi aveva accolto quella fatidica notte, quella che, sapevo, avrebbe cambiato la mia vita per sempre. Bussai due volte a disagio, infilandomi subito dopo le mani nella giacca di pelle.
- Avanti - lo sentii dire, prima che aprissi la porta e mi inoltrassi nello studio.
Staccò gli occhi dell'enorme libro che aveva davanti a sè per posarli su di me, e immediatamente il suo sorriso gentile prese vita sul suo volto.
- Posso fare qualcosa per te, Isabella? - .
Quasi mi sentii presa in contropiede quando vidi che lui sembrava non avercela minimamente con me. Mi aspettavo un atteggiamento più risoluto e distaccato, invece si stava comportando come se niente fosse successo, come se suo figlio non fosse fuggito fuori dalla finestra della sua camera per scappare da me e da quello che gli avevo detto.
- Devo chiederti un favore - inizia, spostando in imbarazzo il peso del mio corpo da un piede all'altro - So che non dovrei, avete già fatto tanto per me, ma ho bisogno di chiedertelo - .
- Certo, accomodati pure - disse indicando una delle sedie dinanzi alla sua scrivania - Sei ancora debole, hai fatto un brutto volo ieri sera - .
Ero stata così concentrata sui sensi di colpa e sulla sofferenza per aver detto tutte quelle bugie ad Edward, da non sentire neanche più il dolore dei muscoli stanchi, che non mi chiedevano altro di buttarmi su una qualsiasi superficie comoda per riposare.
- Preferisco stare in piedi, grazie comunque - .
Annuì e chiuse con un tonfo il libro che si trovava appoggiato sul ripiano in legno davanti a lui; dopodiché si alzò dalla sua poltrona in pelle nera, fece il giro della scrivania e si ci si appoggiò contro, proprio davanti a me.
- Ti ascolto - mi incoraggiò, sorridendomi rassicurante.
Boccheggiai qualche secondo prima di iniziare a parlare - Ho... Ho bisogno che tu non dica assolutamente a nessuno della mia esistenza, non devi dire a nessuno che gli Shadowhunters sono ancora vivi. Ti prego... Ti prego, non dire nulla. Mi puoi garantire che tu e la tua famiglia manterrete il segreto? - .
Ero così nervosa da non riuscire a controllare nè il tono della voce nè le parole che proliferavano dalla mia bocca, e per di più stavo tremando. Peggio di così non poteva andare.
Carlisle sembrò essere preso alla spovvista - Certo che manterremo il segreto, te lo avevo già promesso - .
- Lo so, ma avevo bisogno di sentirmelo dire esplicitamente - .
- Isabella, ti prometto a nome di tutti noi che non diremo assolutamente niente sugli avvenimenti di questi due ultimi giorni. Hai la mia parola - giurò solennemente.
Sospirai, non sentendomi per niente sollevata, nonostante la sua promessa - E che mi dici dei licantropi? Anche loro manterranno il segreto? - .
- Sam potrà sembrare un po' burbero nei modi, ma è una persona onesta - mi assicurò, con un sorriso - Non racconterà nulla a nessuno, puoi stare tranquilla - .
No, non sarei mai stata tranquilla. Mi immaginavo già il Conclave prendermi con la forza e riportarmi a Idris, ma non per una visita di piacere. Mi avrebbero rinchiusa in una cella, mi avrebbero interrogata finché la Spada dell'Anima non mi avrebbe sfinita e, probabilmente, mi avrebbero anche torturata per la mia insolenza e sconsideratezza. Dovevo fare del mio meglio per tenere al sicuro anche loro, e il modo migliore era che fingessero di non sapere nulla di me. Io avrei fatto il resto.
- Perfetto - mormorai, scostando lo sguardo da lui per posarlo sulla armi ammucchiate sul pavimento e sugli stivali scuri e pesanti che mi appartenevano - E' estremamente importante che manteniate la promessa, non solo per me, ma anche per la vostra incolumità - .
Non rispose, ma dopo qualche minuto di silenzio mi chiese - Pensi che ti faranno del male? - .
Ancora oggi non so se si stesse riferendo alla mia famiglia o al Conclave, ma in ogni caso, sarebbe stata una sofferenza devastante, e non solo fisica, che, tra l'altro, potevo benissimo sopportare se restavo concentrata. Ma nessuno avrebbe più riparato i miei sentimenti dopo quel giorno.
- Non ne ho idea - risposi sinceramente, lasciando trapelare un po' della mia preoccupazione.
Lo sentii avvicinarsi, per poi poggiare una sua mano sulla mia spalla - Voglio che tu sappia che potrai sempre decidere di venire a stare qui, per la tua sicurezza. Ti proteggeremo - .
Mi sembrava di dover entrare in una specie di "programma protezione testimoni", ma decisi di tenere questo pensiero per me.
- Perché continui a farlo? - .
Mi guardò confuso - Fare cosa? - .
- In questi due giorni non hai fatto altro che prenderti cura di me - dissi come se fosse una cosa surreale, quasi impossibile da credere - Perché? Perché cercare di complicarti la vita in questo modo? Potreste essere in pericolo anche voi in questo momento - .
- Perché no? Perché non aiutarti? - rispose invece con un'altra domanda, mantenedo il mio sguardo - Sono del parere che tutti abbiano diritto ad una seconda possibilità, e con le ferite che ti sei causata, hai rischiato di morire ieri sera; ti avrei curata anche se tu fossi stata una fata, una stregona o addirittura una ladra. Non importa ciò che sei, Isabella, nessuno merita una morte ingiusta - .
- Ma ho fatto del male a tuo figlio - sussurrai, con le lacrime agli occhi.
Lo sentii sospirare e lasciare cadere al suo fianco la mano che poco prima aveva appoggiato sulla mia spalla - Lo so, ma ora riesco a capire perché - fece una lunga pausa - Tu e mio figlio avete entrambi l'inesauribile bisogno di tenervi al sicuro l'un l'altra, cercando di stare distanti. Il primo è stato Edward, quando ha deciso di scappare in Alaska per non... per proteggerti. Ora lo stai facendo tu, cercando di allontanarlo da te per essere sicura che quando dirai la verità alla tua famiglia, e sucessivamente lo verrà a sapere il Conclave, la situazione non si ritorca contro di lui, contro di noi - .
Mi lasciò quasi senza parole, perchè in pochi secondi, era riuscito a fare il resoconto delle ragioni di Edward e delle mie. Mi faceva paura il suo modo di intuire così velocemente la verità.
- C-Come fai s-saperlo? - ma poi mi corressi - Non puoi esserne sicuro - .
Sorrise, quasi divertito, anche se sicuramente sapeva bene anche lui che non c'era niente di divertente in questa situazione - Conosco mio figlio, e ho visto come vi guardate, l'elettricità che vi lega... Ho più di tre secoli di vita, queste cose non mi sfuggono - .
Sentii le mie guance arrossire violentemente. Non era esattamente il tipo di conversazione che avrei mai pensato di fare in compagnia di un vampiro, con cui nemmeno avrei mai dovuto parlare e che, come se non bastasse, era anche il padre del ragazzo per cui avevo messo tutto in discussione.
- Per questo voglio che tu sappia che qui avrai sempre una casa, Isabella - disse, ora senza la minima traccia di divertimento nella voce - So cosa stai cercando di fare e quando anche Edward lo capirà, ti verrà a cercare e non smetterà finché non ti troverà, a costo di mettere in pericolo sè stesso. Non posso imperdirtelo, non sono nessuno per farlo. Ma posso dirti che secondo me non è la soluzione migliore - .
Annuii, sempre più confusa. Lui aveva capito il mio piano prima ancora che io finissi di idealizzarlo alla perfezione, nei minimi dettagli. Non riuscivo davvero a capire come aveva fatto. Forse i suoi trecento anni di vita e esprerienze gli avevano regalato una mente così aperta e libera dal giudizio degli altri da non dare nessuna possibilità come per scontata. Mi allontanai da lui per avvicinarmi alle mie armi e iniziare ad indossarle. Non mi preoccupai di mostrargli dove le infilavo, la sera prima mi aveva praticamente spogliata e perquisita per curarmi, sapeva già dove le nascondevo. Qualche minuto dopo, quando finii di mettere anche gli stivali, mi voltai di nuovo verso di lui. Sembrava precoccupato, ma in quel momento non riuscii bene a capire per cosa. Avevo così tanti pensieri per la testa.
- Grazie ancora, per tutto - gli dissi guardandolo negli occhi, per fargli capire quanto potessero essere significative quelle quattro parole per me.
Non aspettai nessuna risposta, mi voltai verso la porta e quando appoggiai la mano sulla maniglia mi accorsi di star tremando, ancora. Sbuffai, ma prima che potessi fare altro, mi sentii chiamare nuovamente da Carlisle. Decisi di non voltarmi.
- Un ultima cosa, Isabella. Forse riuscirai a scappare da ciò che ti insegue, ma non potrai mai fuggire da quello che si trova dentro di te - disse in tono sicuro, certo che sarei riuscita a capire il significato delle sue parole.
Ed era così, avevo capito, forte e chiaro. Mi aveva colpita così profondamente che mi si bloccò il respiro. Non avevo il coraggio di guardarlo in faccia. Aveva detto che non mi avrebbe impedito di seguire le mie intenzioni, ciò che avevo in mente, ma in quel momento capii che quello era una specie di tentativo per farmi cambiare idea, un'ultima volta prima di vedermi andare via definitivamente. Quando Edward avrebbe capito, e l'avrebbe fatto, mi avrebbe inseguita, cercata senza sosta, e forse, sarei riuscita a trovare una scappatoia per non farmi trovare. Ma non potevo ignorare i miei sentimenti, ciò che sentivo, perché questi mi avrebbero perseguitata ovunque andassi, e non si può sperare di non provare più nulla dalla sera alla mattina, perché non è possibile. Carlisle mi aveva praticamente offerto una seconda casa, un tetto sotto cui ripararmi, per l'amore paterno che provava nei confronti di Edward e, per quanto ne fossi grata, non potevo accettare. Ormai avevo preso la mia decisione. A testa bassa, uscii da quell'ufficio, da quella casa, per dirigermi, per quella che sarebbe stata l'ultima volta, nella casa della mia famiglia.  
___

I muscoli bruciavano in una maniera impressionante, avevo persino il fiato corto da quanto stavo faticando. Avevo provato a non utilizzare lo stilo, per testare la mia resistenza in caso di ferite, e devo dire che nonostante tutto non mi era andata troppo male. Ma mancavano ancora circa tre chilometri, e non avevo più la forza di continuare. Mi avvicinai ad un albero e appoggiai la schiena contro di esso. Lentamente estrassi dalla tasta interna della giacca lo stilo, tirai su la manica lasciando intravedere la pelle nuda e tatuata e dove, da lì a poco, avrei appoggiato la punta dello stilo. Iniziai a tracciare un iratze, sperando con tutta me stessa che facesse effetto in fretta. Volevo che questa giornata passasse il più velocemente possibile. La parte del braccio che avevo sacrificato per disegnare la runa, si infiammò, iniziando a bruciare così tanto da farmi venire le lacrime agli occhi. Era più doloroso delle ferite in sè. Non riuscivo a capire: gli altri Cacciatori non sembravano avere il mio stesso problema, loro riuscivano a sopportare il dolore iniziale che le rune provocavano. Perché io no? Senza contare che avevo come la sensazione che le mie agissero più lentamente rispetto a quelle della mia famiglia. Forse le facevo in modo sbagliato? No, non era possibile, non c'erano modi sbagliati per creare delle rune, non intenzionalmente almeno. O forse mi stavo semplicemente preoccupando per nulla, come sempre. Ma d'altronde il mio "preoccuparmi per nulla" mi aveva portata esattamente in questa situazione, perciò. Cercai di non pensarci più, e, invece, di concentrarmi su quello che avrei detto alla mia famiglia. Vari minuti dopo, quando la runa smise di farsi sentire e divenne soltanto un ricordo sbiadito sottoforma di cicatrice sulla mia pelle, ricominciai a camminare. Sapevo che era inutile pensare di prepararmi una specie di discorso, l'avrei scordato in ogni caso, ma dovevo cercare di fare ordine nella mia testa, dovevo creare una specie di scaletta. Il sole era ancora alto nel cielo, anche se nascosto sia dalle nuvole che dalla fitta foresta di Forks. Probabilmente era circa mezzogiorno, ma non sapevo che giorno della settimana fosse. Con tutto quello che era accaduto, era normale perdere la cognizione del tempo. Nessuno avrebbe potuto rimproverarmi per questo. Quando inziai a riconoscere il sentiero che riportava verso casa, e che indicava che ero davvero vicina, che mi fece realizzare quanto poco tempo mi restasse prima della mia fine, mi venne la tachicardia. Mi bloccai per qualche secondo, cercando di mantenere la calma. Non serviva a niente entrare nel panico ora, avrei dovuto pensarci prima. Ormai era troppo tardi. Me l'ero cercata, me lo meritavo. Ripresi a camminare, stavolta a passo spedito lungo il sentiero, e in meno di cinque minuti mi ritrovai davanti ad un enorme villa tinta di bianco, ma mai grande ed elegante come quella dei Cullen. Non sapevo il perché di quel confronto, tanto non ci avrei rimesso più piede, in entrame le abitazioni. Salii gli scalini che conducevano al portico e suonai il campanello anche se sapevo che la porta era aperta. Stavolta volevo annunciare il mio arrivo, non volevo cogliere di sorpresa nessuno. Ad aprirmi venne George, che appena si accorse che ero io, mi accolse tra le sue braccia, preoccupato.
- Per l'Angelo Raziel! - esclamò al mio orecchio - Sei ancora viva, sei sana e salva! - e dopo qualche secondo, aggiunse - Perché stai bene, vero? - .
Annuii contro il suo petto godendomi quello che sarebbe stato il nostro ultimo abbraccio - Sì, sto bene. Mi dispiace di avervi fatti preoccupare - .
- Non importa, davvero. Adesso risolveremo tutto - disse scostandosi per afferrare la mia mano nella sua e trascinarmi nel salotto di quella casa - Madre, padre! Fratelli! Scendete, è tornata! Bella è tornata! - .
Come se non aspettassero altro che sentire quelle parole, tutti si precipitarono giù dalle scale per abbracciarmi; tranne Stephan che restò a distanza, ed era meglio così. Venni ricoperta di scuse, di domande apprensive e di carezze, facendomi sentire uno schifo per quello che avrei dovuto dirgli. In quell'esatto istante notai che non facevo altro che sentirmi in colpa per tutto, anche se nella maggior parte me lo meritavo. Ma perché nessuno si sentiva mai in colpa nei miei confronti? Certo, io non ero una santa, ma tantomeno le persone che mi stavano accanto lo erano.
- Mi dispiace di aver reagito in quel modo, ieri sera - si scusò stupendomi Jonathan - Ma ero così terribilmente preoccupato e mi sono lasciato prendere dalla rabbia che provavo, non solo per te, ma anche per i tuoi fratelli - .
Ecco, questo era Jonathan Dorwood: incuteva timore da quanto era grande e grosso, e si comportava da orso la maggior parte delle volte, ma quando capiva di aver commesso degli errori, lo riconosceva sempre e chiedeva scusa.
- Anche a me dispiace, tesoro mio - borbottò con le lacrime agli occhi Marie, stringendomi nel suo abbraccio stritolatore.
- Avrei dovuto stare al tuo fianco ieri sera - si rimproverò Sebastian - Non sarei dovuto uscire - .
- Ci dispiace così tanto - concluse William, tremante.
Io... Io non sapevo cosa dire. Si stavano comportando tutti in un modo che non avevo previsto neanche lontanamente, stavano reagendo così diversamente dal loro solito modo di reagire. Mi aspettavo una sfuriata simile a quella del giorno precedente, forse anche peggiore, ma non delle scuse sincere. Una parte di me si stava illudendo che forse non se la sarebbero presa poi così tanto dopo quello che avevo fatto, ma dovevo bloccarla prima che contagiasse anche le parti razionali della mia mente. Non potevo spettarmi niente di positivo.
- Smettetela - sussurrai, allontanandomi da tutti facendo qualche passo indietro, quasi scossa - Non avete niente di cui rimproverarvi - .
- Questo non è vero... - iniziò dolcemente Marie, cercando di avvicinarsi, ma la bloccai.
- No, per favore - sbuffai, per poi tentare di regolarizzare il mio respiro accelerato - Devo dirvi una cosa... Sedetivi - li pregai, indicando i divani alle loro spalle.
Sentii lo sguardo allarmato di Stephan addosso, ma non mi importava. L'importante era che l'avrei tenuto all'oscuro dalla situazione, al di fuori di tutti gli eventi accaduti da quando avevamo iniziato a frequentare la Forks High School. Titubanti e sorpresi, eseguirono la mia richiesta.
- E' una cosa seria, e ho bisogno che mi ascoltiate. Fino alla fine - feci una premessa guardandoli uno per uno negli occhi - Non importa cosa ascolterete, mi dovete promettere di starmi a sentire. Poi potete decidere di me quello che volete, non mi interessa. Vi chiedo solo questo, anche se non ne ho il diritto - .
- Bella, ci stai facendo preoccupare... - gemette Sebastian, facendomi salire le lacrime agli occhi.
Quella serebbe stata anche l'ultima volta che avrei visto lui, il mio ultimo legame con la mia famiglia d'origine. Forse sarei riuscita a sopravvivere al distacco con i Dorwood, ma avrei fatto altrettanto con l'unica persona al mondo che mi amava con tutta sè stessa? Con l'unica persona che metteva prima me davanti ai suoi bisogni? No, non ce l'avrei fatta.
- Promettete - mormorai.
- Lo giuriamo sull'Angelo Raziel - mi sostenne Stephan, parlando per la prima volta.
Guardai nella sua direzione, aveva un'espressione indecifrabile sul volto, ma non cattiva. Lui sapeva già che cosa avevo intenzione di dire, ma non sapevo che l'avrei omesso dal racconto. Questo, per me, era l'ultimo gesto significativo che legava la nostra amicizia. Speravo l'avrebbe capito anche lui, un giorno.
- Tutto è iniziato il primo giorno di scuola - iniziai a raccontare, spostando lo sguardo sul muro decorato dietro di loro - Dopo aver ritirato gli orari delle lezioni in segreteria, una ragazza raggiunse l'aula di biologia. Quando arrivò, si accomodò all'unico banco libero della classe. Affianco a lei c'era un ragazzo: era bellissimo, con la pelle pallida e gli occhi castano-dorati. Ne restò davvero ammaliata, così ammaliata, da non accorgersi quasi del suo comportamento strano. La sua postura era rigida, le spalle gli tremando e le sue dita stavano quasi sgretolando il banco del laboratorio. La ragazza si insospettì subito di lui - ridacchiai macabra, per come avevo scelto di raccontargli ciò che era successo - Aveva capito che c'era qualcosa che non andava. Perché il Conclave l'aveva avvertita della sua presenza? Perché solo di quella sei lupi? Probabilmente non lo sapremo mai, perché il Conclave è fatto così. Okay, sto divagando. Comunque, la ragazza si ritrovò costretta a passare del tempo con quello strano ragazzo a causa della lezione che avevano in comune e della ricerca che gli era stata assegnata. Ma più stava con lui, più si rendeva conto  di una specie di forza che li legava l'uno all'altra. Non lo voleva ammettere, ma era così. La ragazza era attratta da lui, e lui da lei. Nonostante non si conoscessero ancora così bene, e tentasse in tutti i modi di fargli credere di non sopportarlo, lei gli raccontò un episodio davvero molto personale della sua vita. Qualcosa dentro la ragazza era cambiato, sopratutto quando il ragazzo le aveva dichiarato di provare qualcosa per lei. Lei lo aveva rifiutato nonostante ciò che provava, perché erano troppo diversi, lei era una Shadowhunters mentre lui stesso si definiva un mostro senz'anima, nonostante tutti i suoi sforzi ben riusciti di essere una persona migliore. Lui stesso sapeva che, appartenendo a due specie così differenti, era quasi impossibile provare ad avere una relazione, anche se cercava di convicerla del contrario. Lui l'aveva salvata così tante volte... e non solo fisicamente... - .
- Puoi arrivare al punto?! - chiese spazientito Jonathan, interrompendomi.
E in quell'istante afferrai che non importava il modo in cui avrei detto loro la verità, non avrebbe cambiato il mio destino. Loro avrebbero reagito allo stesso modo, in qualsiasi caso.
La verità è sempre la verità, e non esiste un modo migliore per dirla. Perciò tanto vale raccontarla senza troppi giri di parole.
- No! - quasi urlò Stephan, sorprendendolo con le lacrime agli occhi - Lasciatela finire! - .
- Stephan - sussurrò stupefatta Marie alla sua reazione.
- Non importa - lo tranquillizzai, cercando di fargli un sorriso - Ha ragione - .
Presi l'ennesimo respiro profondo prima di parlare. Sapevo che sarebbe stato difficile, ma non pensavo così difficile. In quel momento avrei tanto voluto scappare, magari cercare Edward, chiedergli scusa per tutto quel dolore che gli avevo inflitto ingiustamente e magari finire accoccolata tra le sue braccia. Ma questo accadeva soltanto nelle belle storie, e questa non era una bella storia. Era la realtà, la cruda e vera realtà.
- La ragazza di cui vi stavo parlando... sono io, e il ragazzo, è il Nascosto di cui mi sono innamorata - dissi di getto, tenendo lo sguardo fisso sul pavimento, non specificando appositamente niente di più su Edward e la sua famiglia - Gli ho raccontato tutto: sa che sono una Shadowhunters, perché sono qui e gli ho spiegato perché non siamo estinti. Ho provato ad evitarlo, ma non ci sono riuscita. Mi dispiace - e non riuscii ad impedire a una lacrima di solcare la mia guancia destra.
Gli sguardi di tutti i presenti, persino quello di Stephan, erano di stupore, sorpresa, delusione e incredulità. Tutte queste emozioni messe insieme sapevo che avrebbero creato una sfera di emotività negativa che sarebbe si sarebbe rivoltata contro tutti noi, segnando le nostre vite per sempre.
- Tu... - provò a dire Jonathan incredulo - L'hai fatto davvero? Tu... Tu ci hai traditi? - .
- Sì - sussurrai, impaurita dal fatto che non avesse ancora iniziato a sbraitare - Ho tradito tutti voi, ho ignorato le regole imposte dal Conclave. Mi dispiace - .
Papà scoppiò a ridere, ma senza alcuna traccia di divertimento, spaventandomi a morte - Hai sentito Marie? - disse voltandosi verso di lei, che lo guardava allarmata - Le dispiace - .
Dopodichè, con la stessa velocità con cui aveva cambiato umore, si avvicinò a me e, bruscamente, racchiuse le sue enormi mani intorno al collo per sbattermi contro il muro. Sentivo le urla di quel che ne restava della mia famiglia, ma erano strane: non le percepivo bene, sembravano ottavate e sentivo le orecchie pulsare. Le sue mani intorno alla mia gola mi facevano male, ed erano così strette da impedirmi di respirare correttamente. Mi aveva praticamente sollevata da terra e l'unico appoggio che avevo era il muro alle mie spalle. La mia testa era inclinata innaturalmente verso il soffitto bianco, dove iniziarono a comparire delle insolite macchioline nere. Mi sentivo confusa. Non riuscivo a credere che mi stesse facendo del male intenzionalmente, lui, l'uomo che mi aveva cresciuta.  Non riuscivo a credere nemmeno alla calma dei miei pensieri. Ma in tutto ciò ci trovavo della leggera ironia: neanche ventiquattro ore fa ero stata salvata dopo aver quasi rischiato la vita, e ora la stavo rischiando di nuovo. Se non era destino questo.
- Jonathan! Mettila giù immediatamente! Non riesce a respirare! - urlò mamma disperatamente.
Ci fu altro trambusto e quando finalmente lasciai i miei occhi chiudersi e i miei pensieri diventare dei piccoli sussurri incomprensibili, sentii qualcosa sfilarsi dalla mia schiena e subito dopo la presa di papà allentarsi, per poi lasciarmi andare completamente, fecendomi cadere a terra. Aprii gli occhi di scatto, con la bocca completamente spalancata alla ricerca di ossigeno mentre un attacco di tosse mi fece tremare la cassa toracica. I polmoni smisero gradualmente di formicolare. Istintivamente mi portai le dita al collo, stringendolo leggermente per sentirmi meglio. Aveva stretto così forte, da farmi più male l'assenza delle sue dita  intorno alla pelle della mia gola che tutta l'azione in sè. Quando iniziai a riprendermi, mi accorsi di avere la testa sul grembo di Marie e che tutt'intorno a me, inginocchiati, la mia schiera di fratelli mi facevano da scudo. Tutti tranne Sebastian, che invece stava puntando minaccioso una delle mie spade angeliche contro Jonathan.
- Non azzardarti mai più a fare una cosa del genere, brutto stronzo! - mormorò lentamente ma con cattiveria, avvicinando ancora di più l'Adamàs al suo collo - Non esiterò a farti fuori la prossima volta! - .
Papà non rispose e, senza che potessi controllarlo, dalle mie labbra uscì un singhiozzo. Marie mi accarezzò delicatamente i capelli, sussurandomi delle parole dolci all'orecchio, come: "non devi preoccuparti, risolveremo anche questa, siamo una famiglia e resteremo uniti...". Ma io ero concentrata sulle spalle minacciose di Sebastian, che mi stava proteggendo come mai aveva fatto prima di allora, forse perché non ce n'era mai stato così bisogno.
- HAI CAPITO?! - gridò, mentre lo immaginavo sgranare gli occhi e sbuffare aria dal naso.
- Sebastian - lo richiamò mamma, nel tentativo di calmarlo - Basta, metti giù la spada! - .
Ma non funzionò.
- CON CHE CORAGGIO HAI FATTO UNA COSA DEL GENERE?! - continuò imperterrito, senza ascoltarla - DOPO OGGI, HAI ANCHE IL CORAGGIO DI DEFINIRCI FIGLI TUO?! LA STAVI UCCIDENDO, STAVI UCCIDENDO LA STESSA BAMBINA A CUI OTTO ANNI RIMBOCCAVI LE COPERTE PRIMA CHE DI ANDARE A DORMIRE! MA CHE MOSTRO SEI?! - .
Avrei tanto voluto alzarmi, andare in contro a mio fratello e abbracciarlo, dirgli che sarebbe andato tutto bene, perché sapevo che in qualche modo lui ne era uscito più ferito di me da quel che era accaduto. Lui aveva sempre messo in discussione la nostra "nuova famiglia", non si era mai lasciato andare completamente alle loro coccole, ai loro doni, ai loro gesti. Era convinto che nonostante tutto, non avremmo mai fatto parte integrante della famiglia. Come diceva lui, noi non eravamo quelli "indispensabili". Lui era quello terribilmente insicuro della nella nostra coppia. A lui, in questo momento, era crollato il mondo addosso, avendo ricevuto su un piatto d'argento, tutte le sue paure diventate realtà. Perché in fondo, l'ho sempre saputo, desiderava più di qualsiasi altra cosa essere considerato un figlio e un fratello alla pari.
- HA MESSO IN PERICOLO TUTTA LA NOSTRA SPECIE! - esclamò furioso Jonathan, contrastando mio fratello con la sua altezza - DEVE PAGARE SEBASTIAN, LO SAI ANCHE TU! HA SBAGLIATO! - .
- NON TI PERMETTERO' DI UCCIDERLA! - risposero all'unisono Seb e Stephan, che proprio in quell'istante si era alzato in piedi, stringendo ai lati dei suoi fianchi le mani in due pugni.
Per l'Angelo, non vedevo l'ora che la smettessero, tutti quanti. Mi girava la testa, tantissimo, ma la vista stava riprendendo vigore.
- Jonathan! - lo richiamò Marie, stavolta alzando la voce - Smettila, ci stai spaventando, tutti quanti! Nessuno ucciderà nessuno, nemmeno il Conclave la farà! Gli parleremo e troveremo una soluzione! - .
Non mi importava di morire sinceramente, tanto avevo perso tutto. Non avevo più nulla: avevo distrutto la mia famiglia, mio fratello si sarebbe reso conto del valore dello sbaglio che avevo commesso e mi avrebbe allontanata, e Edward mi aveva abbandonata. O meglio, io avevo abbandonato lui. Quanto ero stata stupida. Mi alzai dalle ginocchia di mamma per sedermi. Una mano finì immediatamente sulla mia spalla, facendomi sobbalzare per lo spavento. Era William che, avevo dimenticato, si trovava esattamente a fianco a me.
- Stai bene? - chiese apprensivo, con gli occhi spalancati per la paura.
Annuii, incapace di parlare. Afferrò la mia mano e, insieme a George, mi aiutarono ad alzarmi. Anche Marie cambiò posizione, avvicinandosi con cautela a suo marito e al suo figlio adottivo.
- Abbassa la spada, Sebastian - sussurrò guardandolo gentilmente, prima di posare un dito sul lato liscio della lama per spingerla verso il basso - Forza - lo incoraggiò di nuovo.
Sebastian obbedì, e tutti tirammo un lungo sospiro di sollievo. Poi Marie si voltò completamente nella direzione di Jonathan. Non l'avevo mai vista così arrabbiata, e la sua calma apparente la rendeva ancora più terrificante.
- Si può sapere che cosa ti è preso? - chiese, cercando di mantenere il suo tono tranquillo, anche se a causa di ciò che provava realmente, le tremava la voce - Ti sembra il modo di reagire? Ti sembra il modo di trattare tua figlia? Ti rendi conto di ciò che hai fatto? - .
- Lei non è mia figlia - ringhiò, facendomi mancare il respiro per la seconda volta - Mia figlia si sarebbe ben vista sal fare una cosa del genere, non avrebbe tradito la sua specie e la sua famiglia - .
Non potevo dargli torto. Non mi meritavo nulla, nessuno sconto, nessun trattamento speciale, non meritavo nemmeno che qualcuno mi coprisse per i miei errori. Non mi meritavo di essere ancora in vita. Avevo tradito nel modo peggiore in cui poteva essere tradita la mia patria in questo momento, e l'avrei pagata cara per questo.
- Non trovi che sia buffo? - continuò improvvisamente, l'uomo che mi aveva cresciuta - Avevamo deciso di non dire loro, a Stephan e Isabella, il giorno della riunione prima di partire, cosa sarebbe successo se un Cacciatore non avesse rispettato i patti. Che cosa avevamo detto? Ah sì, che era inutile, perché tanto tutti i nostri figli avrebbero rispettato le nuove leggi, che sarebbe meschino spaventarli inutilmente - fece una lunga pausa, spostando il suo sguardo gelido su di me - E guarda che cos'è successo, Marie. Guarda. Soltanto Stephan e Sebastian hanno rispettato a pieno le raccomandazioni - poi si rivolse unicamente a me - Vuoi sapere che cosa succede a chi tradisce ciò che ha sentenziato il Conclave, dopo l'ultima riunione? - .
Deglutii a fatica, immaginando già che cosa stesse per dire. Non ci voleva un genio per capirlo.
- Viene giustiziato davanti al popolo - disse seriamente, senza un briciolo di pietà nello sguardo - E sai perché? Perché sono convinti che usare lo stesso metodo che usano i Volturi, per mantenere sotto controllo la situazione, per evitare che i vampiri parlino troppo agli umani, possa aiutare a tenere nascosta la razza. Tu, in questo momento, sei una nemica del Conclave, Isabella. Hai rivelato la nostra esistenza ad un Nascosto - .
Marie, che a quanto pare non ce la faceva più a starlo a sentire, uscì di corsa dalla stanza con le lacrime che le cadevano dagli occhi e i singhiozzi che le uscivano ritmicamente dalla bocca. Mi si spezzava il cuore vederla così. Avrei voluto abbracciarla, stretta a me, per non farla soffrire così tanto, ma non ne sarei stata in grado. Stavo ancora cercando di smaltire il gesto e le parole di Jonathan. I miei fratelli, intorno a me, sembravano appena usciti da una maratona a sentire i loro respiri accelerati.
- Prima di essere il tuo tutore, io sono un Cacciatore, Isabella - e incrociò le braccia al petto con fare risoluto - E questo discorso non vale solo per te o per Sebastian, ma anche per i miei figli biologici. Prima di essere vostro padre, sono un Guerriero, che lotta per avere giustizia. Se l'avesse fatto Stephan, avrei reagito allo stesso modo - continuò, passandosi una mano sul viso, deluso, davvero deluso - Mi dispiace se ti ho fatto del male, ma mi hai preso alla sprovvista. Lo sai che ti voglio bene - .
Non sapevo se credere ancora a quelle parole, dopo che mi aveva quasi strozzata e aver ammesso di volermi uccidere, o che mi avrebbe lasciata morire per mano del Conclave. Lui era davvero d'accordo all'idea che morissi? In quell'istante ringraziai la mia intelligenza per aver tenuto fuori dalla mia versione Stephan. Non volevo che anche lui finisse nei guai, non volevo che rischiasse di morire o di finire in prigione. Lui non aveva rivelato niente della sua vera natura ai Cullen, avevo fatto tutto io. Quindi, se lui non avesse mandato a quel paese tutto il mio piano dicendo la sua versione dei fatti, sarebbe rimasto al sicuro. Per quanto potesse essere al sicuro uno Shadowhunters.
- E proprio per questo, ti darò tre giorni per scappare prima di avvisare il Conclave. Avrai tre giorni di vantaggio per trovarti un posto sicuro prima che ti trovino loro. Questa è l'unica concessione che posso farti in questo momento. Vattene, e non tornare mai più - .

*Vorrei inserire un immagine alla storia, ma non so come fare, ne tantomeno so creare una copertina. C'è qualcuno a cui piace e che vuole farla al posto mio? Ovviamente scrivendo nell'immagine (magari ai lati, negli angoli... va be', dove volete) il vostro Nickname, in modo tale che tutti sappiano chi l'ha fatta. Potete contattarmi anche per messaggio privato. Un beso. Zikiki98.*

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Capitolo 17
*** Chapter thirteen - No nothing. ***


The world of demons capitolo 13
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CHAPTER THIRTEEN - NO NOTHING.

[POV BELLA]


Il primo giorno era stata una sofferenza indescrivibile: per la prima volta il tutta la mia breve vita, mi sentivo davvero abbandonata a me stessa, senza una famiglia, senza nessuno su cui contare o fare affidamento. Avevo camminato per ore intere senza meta, con le lacrime agli occhi, ma senza mai piangere davvero. Non meritavo di lasciarmi andare alle emozioni, esternandole. Mi meritavo tutto ciò che provavo, e il modo migliore per punirmi era tenerle dentro di me. Papà Jonathan mi aveva dato la possibilità di prendere uno zaino, quello che di solito utilizzavo per andare a scuola e che, inevitabilmente, mi aveva immediatamente ricordato Angela, e metterci dentro qualunque cosa volessi. Avevo scelto di utilizzarlo per contenere provviste, acqua, la foto dei miei genitori e una mia con Sebastian. Non avevo bisogno di altre armi che aumentassero il peso che portavo, ne avevo più che a sufficienza addosso. Avevo voglia di urlare, ma mi sembrava di non avere abbastanza fiato per farlo. Il mio cuore sembrava essere stato schiacciato sotto un macingno dopo aver preso la decisione di abbandonare Sebastian, Stephan, gli altri miei fratelli e mamma Marie. Sapevo che la decisione giusta sarebbe stata quella di prendere di petto la situazione e dire a Jonathan di avvisare immediatamente il Conclave per dire tutta la verità. Ma poi avevo visto i loro visi, quelli delle persone che amavo e che già stavano soffrendo per un mio eventuale abbandono, e non ce l'avevo fatta a fare loro una cosa del genere. Assistere ad un processo ed infine alla mia morte... Sapevo che nonostante tutto, il loro amore nei miei confronti era forte, forte come la prima volta che mi avevano accolta nella loro casa, nella loro vita. Avrebbero sofferto molto, a causa mia. Il minimo che potessi fare era quello di ridurre i danni. E Sebastian, il mio dolce Seb; lui aveva insistito tanto per partire con me, per scappare, ma fortunatamente ascoltò le mie ragioni e, anche se a malincuore, lo costrinsi a restare in quella casa, in quella famiglia che aveva fatto così tanto fatica ad accettare e in cui ora non si trovava più a proprio agio. Ma se mi avessero trovata, e sapevo che l'avrebbero fatto, e lui mi avesse seguita, avrebbero ucciso anche lui per aver collaborato e contribuito alla mia fuga e, in questa situazione, Sebastian mi serviva di più saperlo vivo e al sicuro che morto. Se l'avessero ucciso, io sarei morta con lui. Non ero abbastanza forte per vivere questa vita senza l'ultimo membro della mia vera famiglia; dovevo proteggerlo come meglio potevo e questo era l'unico modo. Sapevo che i Dorwood l'avrebbero tenuto al sicuro, perché i miei errori non erano i suoi errori, ma ero comunque preoccupata che facesse qualcosa di stupido che potesse metterlo in pericolo, e come aveva detto Jonathan, prima di essere un padre e un marito, lui era un Cacciatore e, come tale, si sarebbe comportato. Ne sarebbe stato capace: se Sebastian si metteva qualcosa in testa, era difficile, quasi impossibile, fargli cambiare idea. Due persone, due Shadowhunters, con idee e mentalità così differenti, erano difficili da tenere a bada, sopratutto se nessuno dei due fa qualcosa per andare in contro all'altro. E così il primo giorno finì con questi pensieri: mi addormentai al freddo, sotto un albero, sognando un fratello felice, ad Idris, mentre giocava con dei bambini e una giovane donna. Ma in quel quadretto famigliare, io non ero presente. Il secondo giorno, quando mi svegliai, andò un po' meglio. Mi sentivo meno in pena per le persone che amavo, ma la voglia di preparare un vero e proprio piano di fuga non era ancora arrivata. Non sapevo dove andare, che cosa ne avrei fatto della mia vita... per la migliardesima volta pensai al senso di una mia ipotetica fuga. Decisi di non allontanarmi ulteriormente, tanto mi avrebbero scovata anche se mi fossi diretta in Antartide; stando qui invece, avrei solo accelerato il processo, e io non vedevo l'ora che tutto questo finisse. Consumai qualche provvista e mi misi subito a dormire, ma non sognai nulla. Il terzo giorno, sentivo di non provare più emozioni. Non pensavo alla mia famiglia, non pensavo ai Cullen e tantomeno ad Angela. Il vuoto più totale. Ma ripresi a camminare: non riuscivo a stare ferma per troppo tempo e mi inoltrai ancora di più nella vegetazione del bosco di Forks. Non ero più nemmeno sicura di trovarmi nei confini della cittadina, ma sicuramente non ero né nel territorio del Quileutes né il quello dei vampiri. In compenso, incontrai un demone: non fece nemmeno in tempo a saltarmi addosso che lo uccisi immediatamente. Il suo piccolo corpo svanì in una nuvoletta scura, non come quelli a Seattle, che erano rimasti a terra e sanguinanti. Mangiucchiai qualcosina e mi misi a dormire. Il quarto giorno trovai una grotta. Era enorme e quando mi addentrai all'interno, notai che si congelava, anche troppo a dir la verità. Volevo utilizzarla come rifugio, ma mi dissi che non era il caso. Quel covo non mi convinceva per niente, sicuramente c'era qualcosa di strano, ma non sarei andata a controllare. Ero da sola, e qualunque cosa ci fosse là dentro non valeva di certo la mia morte, pensai nonostante il mio instinto di sopravvivenza in quei giorni mi avesse un po' abbandonata. Preferivo morire per mano del Conclave, che morire per dei mostri qualsiasi. Mi allontanai dalla caverna. Poco distante, trovai un fiume. Puzzavo davvero tanto, sia di sudore che di icore, perciò pensai di farmi un bagno veloce e, nel frattempo, di lavare la tenuta. Mi guardai intorno attentamente, per verificare che non ci fosse nessuno; successivamente mi spogliai delle armi e dei vestiti e mi inoltrai nell'acqua fredda, stando comunque a riva per cercare di non essere trascinata via dalla corrente. Sfregai le mani sulla mia pelle, sia per pulirmi che per darmi sollievo. Dopodiché lavai la tenuta velocemente e la rimisi sotto la luce del sole. Il mio primo giorno di sole da quando mi ero trasferita a Forks. Non avrei mai pensato di passarlo così. Uscii dall'acqua soltanto quando mi assicurai che la tenuta si fosse asciugata almeno un po'. Mi rivestii e mi impossessai nuovamente delle mie armi. Mangiai a bevvi qualcosa, poi mi addormentai. Il quinto giorno, mentre dormivo, sentii qualcosa afferrare la mia spalla e scuotermi debolmente, come se volesse svegliarmi. Il mio pensiero arrivò subito al Conclave e al fatto che mi avrebbero uccisa: erano davvero lì e mi avrebbero assicurato la pena di morte. Ma poi qualcosa di freddo accarezzò la mia guancia, e riflettendoci, se era davvero chi pensavo, non mi avrebbe mai svegliato con tutta questa delicatezza. Perciò aprii gli occhi e l'immagine che mi si parò davanti, mi sorprese.  


Holaaaa! Come avete potuto notare, questo non è esattamente un capitolo... o meglio, sì, lo è, ma io preferisco definirlo una specie di "pausa" o "stacco", perché qui Bella racconta i suoi giorni di solitudine. Infatti non è nemmeno lungo, perché non volevo farvelo pesare troppo considerando che non ci sono dialoghi o cose simili. Il capitolo vero arriverà presto, ho già iniziato a scriverlo. Per quanto riguarda la copertina ci rinuncio ahah ringrazio tutte quelle persone che mi hanno scritto e mi hanno spiegato come si fa, ma sono impedita e in più il mio computer non collabora (sì, sì, diamo tutta la colpa a lui).
Comunque, anche se è piccolino, fatemi sapere comunque cosa ne pensante. ;)
Besoooooooooooos :-*
Zikiki98.

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Capitolo 18
*** Chapter fuorteen - Kidnapping. ***



Ciao a tutti! Volevo iniziare il capitolo con i soliti ringraziamenti, ma le pubblicità di Google (che ragazza creativa che sono) mi rallentano internet, facendomi perdere la pazienza >.< Comunque vi ringrazio tutti, davvero. Sapete, ho sempre scritto ff su Efp Fanfiction. Mi sono iscritta quando più o meno avevo 13 anni, facevo un sacco di errori ortografici e scrivevo frasi senza senso (e anche le storie lo erano, spesso ahah). E non le ho mai concluse. Neanche una. Anche se non erano il massimo, c'erano comunque abbastanza utenti che le seguivano e mi incoraggiavano, e se penso che in qualche modo gli ho delusi, cancellandole, mi dispiace. Non so perché non ho mai concluso una ff; probabilmente sono così insicura di me stessa che, anche se ricevo commenti positivi, mi butto sempre giù. Penso sia questo che mi porta ad abbandonare. Voi siete così gentili, lo siete sempre, sia nelle recensioni che nei messaggi privati e vi adoro davvero tanto per questo. Mi incoraggiate, e voi che state seguendo questa storia fin dall'inizio, sapere che i primi capitoli non sono scritti poi così bene (per non dire male), deve essere stata una specie di tortura. E ringrazio voi sopratutto per aver deciso di dare comunque una possibilità a ciò che scrivo, voi che, nonostante facesse schifo, avete continuato a leggere. Non dico di scrivere come una scrittrice ora, perché non sono così brava e probabilmente non lo sarò mai, e non sono praticamente nessuno per farvi questo discorso, ma ci tenevo tanto a dirvi GRAZIE, un GRAZIE diverso dagli altri. Leggete molte fanfiction, di tutti i tipi, e sapere che tra le vostre "preferite", "ricordate" o "seguite" ci sia anche la mia storia, mi incoraggia in un certo senso. Mi impegno, e continuerò ad impegnarmi, per questa storia; ce la metto e ce la metterò tutta, per non deludervi. Ok, non so perché ho scritto tutto questo, devo essere abbastanza sentimentale stasera. Devo imparare a darmi dei limiti ahah.
Grazie di cuore.
Un beso :-* Zikiki98.
[ vanessa_91_; carmen16; martyd; Victoria Herondale grazie per aver recensito lo scorso mini-capitolo]

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CHAPTER FOURTEEN - KIDNAPPING.

[POV BELLA]


Sgranai gli occhi per poi stropicciarmeli con le mani entrambe le mani, sporche leggermente di terra, non riuscendo a credere chi avevo davanti - E-Emmett? Sei davvero tu? - .
La mia voce era roca, sia per essermi appena svegliata, sia per non aver parlato molto in quei cinque giorni. Sentivo tutta la bocca impastata, ma feci uno sforzo. Il corpo di quel vampiro sembrava ancora più grande visto così da vicino, nonostante si fosse accovacciato al mio fianco. La sua enorme mano, aperta, riempiva quasi lo spazio del mio intero avambraccio. I suoi occhi dorati mi scrutavano con attenzione, e lo stesso facevano i miei.
- Sì, sono io. Ti abbiamo cercata ovunque - disse burbero, facendo un piccolo sorriso per alleggerire il tono che aveva usato - Sei ferita? - .
Non riuscivo a capirlo, nonostante parlassimo la stessa lingua. Ero ancora sconvolta per averlo trovato al mio risveglio, e questo mi impediva di comprendere tutto il resto. Sicuramente, sul mio volto pallido, aleggiava un'espressione da stupida. Ma ero davvero sorpresa. Era l'ultima persona che mi sarei aspettata di trovare al mio risveglio.
- Tu... Tu cosa? - balbettai, sedendomi a guardandomi intorno - C-Che ci fai qui? C-Come hai fatto a t-trovarmi? - .
Il suo sorriso si allargò, ma i suoi occhi sembravano preoccupati. Era successo qualcosa?
- Super olfatto - mi ricordò, toccandosi la punta del naso - Ci siamo divisi e ti abbiamo cercata, provando a rintracciare la tua scia. All'inizio abbiamo trovato solo tracce vecchie, ma alla fine ti ho trovata - .
- E perché mi stavate cercando? - domandai, anche se non ero sicura di voler conoscere la risposta.
Se mi stavano cercando tutti, non era sicuramente un caso, ed era davvero improbabile che Carlisle mi avesse tradito rivelando le mie intenzioni alla sua famiglia. Aveva detto che non l'avrebbe fatto e gli credevo, non sapevo perché, ma lo facevo. Mi fidavo di lui. Doveva essere successo qualcosa se mi cercavano con tutta questa urgenza. In quell'istante gli squillò il telefono. Si alzò in piedi mostrandomi una mano, come per scusarsi. Anche io allora feci lo stesso, sgranchendomi le gambe e pulendomi i vestiti dalla terra e dalle foglie secche.
- Pronto, Alice? Sì, l'ho trovata... No, non gliel'ho ancora detto, stavo per farlo. Okay, Riesci a vedere dove mi trovo? Perfetto, dillo agli altri e raggiungeteci. A tra poco - .
Quando finì di parlare, lo guardai come se non stessi attendendo altro che una spiegazione, ed era così. Sembrava disposto a darmela, ma ci stava mettendo decisamente troppo tempo. E poi stavano arrivando, stavano arrivando tutti. Avrei rivisto Edward, e dopo ciò che avevo fatto, non sapevo se avevo il coraggio di guardarlo dritto negli occhi per affrontarlo. Ma in un certo senso, ero felice di rivederlo. Lo consideravo una specie di ultimo desiderio prima di morire.
- Che succede? - chiesi, con il cuore a mille per l'emozione.
Gli occhi dorati di Emmett si spostarono dallo schermo del suo telefono, sul mio viso.
Erano attenti e circospetti - Edward è sparito - .
Il mio cuore sembrò smettere di battere. Edward... Edward era sparito? Era fuggito per colpa mia? Per le cose che gli avevo detto? Quando uscì dalla finestra della sua stanza, non avrei mai immaginato che non ci avrebbe rimesso più piede. Ero convinta che appena me ne fossi andata, lui sarebbe tornato. Un ormai conosciuto groppo in gola mi impedì di dire qualsiasi cosa. Sicuramente Emmett e il resto della famiglia erano venuti a cercarmi per farmela pagare, un altro conto in sospeso da risolvere. Prima il Conclave, e ora i Cullen. Sarebbe stato meglio rischiare la vita nella grotta, a questo punto.
- Alice ha avuto una visione qualche giorno fa - iniziò a spiegare velocemente, facendomi scoprire qual era il potere della sorella - Sai, lei vede il futuro, di azioni o fatti che si devono ancora compiere - fece una pausa - E ha visto Edward, mentre veniva rapito, nella sua radura, da uomini in tenuta scura, armati e con dei simboli disegnati sulla pelle - mormorò, lanciandomi uno sguardo di intesa.
Degli Shadowhunters, probabilmente il Conclave. Dovevamo salvarlo, non potevamo permettere che gli accadesse qualcosa! Emmett aveva detto che le visioni di Alice accadevano prima che i fatti riuscissero a compiersi, avevamo ancora qualche ora magari...
- E perché perdete tempo cercando me?! Per l'Angelo, andate a salvare lui! - esclamai, alzando il braccio destro simbolicamente, per invitarlo ad andarsene.
- Ci abbiamo già provato! - alzò la voce, sovrastandomi - Non abbiamo fatto in tempo a salvarlo! Quando siamo arrivati alla radura, non c'era già più nessuno! - .
- Dovevate seguire le loro tracce! - .
- L'avremmo fatto, se solo ce ne fossero state! - rispose a tono, per poi calmarsi - Le scie di quei uomini si trovavano soltanto alla radura, non portavano da nessuna parte. Seguire quella di Edward non sarebbe servito a nulla, perchè era quella che ci avrebbe ricondotto a casa nostra. E' stato trasportato con loro... - .
- Tramite un portale... - conclusi io per lui.
- E' quello che penso anche io - .
Restammo in silenzio, ognuno perso nei propi pensieri. Quando pensai ad un primo vero e proprio incontro con Emmett, sicuramente non avevo immaginato questo. Dovevo scervellarmi, dovevo trovare il modo di salvare Edward. Ma come avevano fatto a trovarlo? Io non avevo fatto alcun nome alla mia famiglia. L'unico che sapeva, oltre a me ovviamente, era... era Stephan. Lui... lui non avrebbe mai potuto farmi una cosa del genere, giusto? Non avrebbe mai messo in pericolo la vita di una persona, a cui tenevo davvero molto. Per cosa poi? No, era impossibile. Non l'avrebbe mai fatto. Era leale, non mi avrebbe mai tradita così, nonostante negli ultimi giorni tra noi non fosse stato tutto rose e fiori, era pursempre mio fratello e ci teneva a me. Non poteva mandare a monte un'intera vita di affetto, fratellanza e rispetto. No, non poteva farlo, e non l'avrebbe fatto.
- E' tutta colpa mia - sussurrai senza pensare, abbassando lo sguardo sui miei stivali.
Sentii Emmett sospirare, appoggiandomi la sua enorme mano sulla spalla, come per confortarmi - No, non è vero - .
- Sì, invece! Se... Se non gli avessi detto tutte quelle bugie, lui non se ne sarebbe mai andato e a quest'ora non sarebbe in pericolo! - .
E' davvero assurdo come a volte il destino sia contro di te e i tuoi stessi piani, a prescindere da quanto buone siano le tue intenzioni. Volevo soltanto proteggerlo, proteggerlo dal male che avrebbe potuto infliggergli la mia razza, ma alla fine, il Conclave era riuscito a trovarlo. Non appena avessi scoperto chi e come aveva fatto a dare informazioni al Consiglio, gli avrei fatto passare decisamente una brutta giornata. Era una promessa.
- Stavi soltanto provando a proteggerlo - .
Aspettai qualche secondo a rispondere - Te l'ha detto Carlisle? - .
Rise, tentando di risollevare il mio umore - Di certo non serve Carlisle per notare una cosa così palese. Penso lo sappiano tutti ormai, lo hanno capito tutti. Quando hai parlato con Carlisle, nel suo studio, non abbiamo potuto fare a meno di ascoltare. Mi dispiace, non l'abbiamo fatto apposta, ma il nostro udito non ci lascia altra scelta... - .
- Non dare la colpa alle vostre capacità, eravate semplicemente curiosi - .
- Okay, lo ammetto - ridacchiò.
Come faceva a restare sempre così tranquillo e spensierato? Ero l'unica tra noi due a tentare di non avere una crisi di panico? O non gli importava niente della piega che aveva appena preso la situazione, oppure era davvero molto bravo a fingere.
- Allora perché Edward non l'ha notato? - domandai tremolante, quasi con rammarico nel tono di voce.
Capì subito a cosa mi riferivo - Perché Edward è uno sciocco, insicuro ed è convinto di essere sbagliato per te, si sente inferiore. Per questo non ha fatto molta resistenza. Lo conosci quel detto, no? Se tieni ad una persona, lasciala andare, e se anche lei tiene davvero a te, tornerà - .
- Io... Io tengo davvero a lui - sapevo che aveva modificato quello che voleva dire per non sbilanciarsi troppo, ma lo apprezzai comunque.
Restammo per qualche secondo in silenzio, finché non sentimmo dei rumori provenire alle spalle di Emmett. Immediatamente, dalla boscaglia, comparirono i Cullen al completo... al completo, senza Edward. Mi stavano fissando tutti perciò, appena Emmett si voltò verso la sua famiglia, mi spostai leggermente dietro di lui. I loro sguardi erano indecifrabili, e mi mettevano in soggezione. Fu Esme a parlare per prima.
- Se davvero tieni così tanto a mio figlio, ti prego - mi supplicò dolcemente, unendo le mani davanti a sé - ti prego, aiutaci a trovarlo, a salvarlo. Portaci a Idris - .
Era sicuro come la morte che i Cacciatori che l'avevano catturato l'avessero portato lì, altrimenti perché il portale? Non c'era altro posto sicuro per nascondere un ostaggio. L'avrebbero tenuto in prigione, torturato e, se non fossero stati soddisfatti, l'avrebbero ucciso. Rabbrividii al solo pensiero.
- Vi aiuterò - proclamai, e per un attimo vidi il sollievo sul volto di tutta la famiglia - Ma non posso portarvi ad Idris - .
Rosalie iniziò ad urlarmi contro - Non me ne importa nulla se non ci puoi portare a Idris, lo farai! Sei forse stupida?! Hai messo nei guai mio fratello e il minimo che tu... - .
- Rose, amore, basta - la interruppe Emmett.
- Rosalie, calmati - la ammonì Carlisle - Lasciala spiegare - .
Presi un respiro profondo, guardandoli uno per uno - Quello che intendevo dire, è che non posso portarvi a Idris perché non ho il potere di creare un portale. Ci serve uno stregone, e si da al caso, che io non ne conosca neanche uno - poi mi rivolsi a Emmett - Per caso, nella tua vita da Cacciatore, ricordi averne conosciuto qualcuno? O magari, ricordi i posti che frequentano... - .
Scosse la testa - No, non mi ricordo. Quando ci siamo rinchiusi ad Idris, avevo all'incirca dieci anni. L'unico posto che ho visitato oltre ad Alicante, è stato l'Istituto per i Shadowhunters a Parigi - .
Annuii comprensiva. Avevamo bisogno di uno stregone, e nessuno sapeva dove trovarlo. Non avevamo mezzi per raggiungere Alicante e questo aveva messo in ansia tutti quanti. Bisognava trovare un altro metodo, una soluzione, e in fretta. Forse, se avessimo cercato con attenzione, potevamo trovarne uno qui a Forks: spesso, come copertura, fingevano di essere dei falsi chiromanti, in modo che la gente che venisse a fargli visita non fosse molta e si potessero divertire con i pochi creduloni che bussavano alle loro porte. Ma io non sapevo come muovermi a Forks, avevo bisogno del loro aiuto.
- Jazz, tu non conosci uno stregone? - chiese Alice, voltandosi di scatto verso di lui.
Annuì in risposta - Sì, ci stavo pensando anche io... Ma appartiene alla mia vecchia vita, non mi sembra il caso di metterla in mezzo... - .
- Non importa - dissi io - L'importante è trovare Edward - .
- Ha ragione - concordò Carlisle - Sai dove potrebbe essere, Jasper? - .
- Se non si è spostata, presumo che si trovi ancora a Houston, in Texas - .
- Allora che stiamo aspettando? - ci incitò Emmett - Muoviamoci! - .
____

Dopo aver percorso tutto il tragitto verso casa Cullen sulle spalle di Alice, che si era gentilmente offerta di trasportarmi per velocizzare i tempi, iniziammo ad ipotizzare un piano di salvataggio per Edward. Jasper sembrava essere quello con le idee più chiare tra tutti noi, forse perché sapeva già che cosa aspettarsi dalla sua amica stregona, ma qualcosa mi diceva che nemmeno lui era entusiasta all'eventualità di rivederla. In ogni caso, non potevamo perdere altro tempo: avevamo la possibilità che questa stregona si trovasse ancora nello stesso posto dove in precedenza Jasper viveva, non potevamo lasciarci scappare questa opportunità. Non sapevo su quali basi lui affermasse questo, considerando che Alice mi rivelò di non poter prevedere le intenzioni dei Figli di Lillith e che, quindi, non poteva proiettare e vedere un eventuale incontro futuro con lei, stesso discorso per quanto riguarda i Licantropi; ma che altro avremmo potuto fare? Quale altra scelta avevamo? Se avessimo optato per cercare un altro stregone nelle vicinanze, senza avere la certezza della sua effettiva presenza, avremmo potuto perdere il triplo del tempo, e il tempo doveva giocare a nostro favore in questa partita, perché più passava, più Edward rischiava la vita. Alice camminava avanti e indietro per il salotto con il telefono attaccato all'orecchio per prenotare i primi biglietti aerei disponibili per il Texas, mentre io guardavo fuori dalla finestra pensierosa e il resto dei Cullen parlavano di non so che cosa, seduti sui divani in pelle che si trovavano al centro esatto della stanza. Non riuscivo ancora a realizzare il fatto che Edward fosse stato rapito. La visione di Alice era arrivata esattamente tre giorni dopo l'accaduto che cotrinse Edward ad andarsene, pochi minuti prima che si compiesse. Non avevano fatto in tempo a raggiungere quel luogo, che non c'era già più nessuno. L'unica cosa che provava il loro passaggio, e che quindi avevano lasciato alle loro spalle, era la piega che avevano preso l'erba e i fiori della radura, calpestati evidentemente da degli stivali molto pesanti. La veggente era sicura che fossero Shadowhunters, e di certo non dubitavo delle sue capacità. L'unica cosa che mi chiedevo era: perché Edward? Non credevo alle coincidenze, c'era sicuramente qualcosa sotto. Doveva esserci una spiegazione logica dietro a tutto questo. I Cacciatori volevano essere considerati morti. Perché arrivare a tanto? Perché rischiare tanto per un vampiro? Okay, un vampiro che era a conoscenza di qualcosa che non doveva sapere, ma loro non potevano esserne certi. Era stata d'avvero un'azione spropositata e sconsiderata.
- Brutti pensieri? - chiese una voce al mio fianco, facendomi spaventare.
Mi voltai immediatamente. I miei occhi incontrarono quelli scuri di Jasper, che scrutavano il mio viso curiosi, come se mi stesse studiando. La sua postura era rigida, le sue mani erano unite in un groviglio di dita dietro la schiena, e la sua espressione era inespressiva.
- No - risposi incerta, - solo pensieri - .
Dopodiché tornai ad ammirare il paesaggio fuori da quelle ampie finestre, mentre vidi il biondo annuire con la coda dell'occhio. Da quel che avevo capito, non aveva intenzione di tornare a conversare con gli altri per idealizzare al meglio questo piano. Era abbastanza semplice, o almeno, la seconda parte lo era: avremmo raggiunto Houston e Jasper ci avrebbe condotto dalla stregona, dopodiché, se avesse accettato di collaborare con noi e trasportarci a Idris, io li avrei condotti fino alle prigioni di Alicante e lì avremmo escogitato qualcosa. Non era un grande piano, considerando che era anche incompleto, ma era tutto ciò che potevamo fare, per ora. Dopo tutti gli attacchi che avevamo ricevuto, la città era sempre molto protetta, non solo dalle difese che garantivano le Torri Antidemoni, ma c'era sempre qualche pattuglia di Cacciatori che a turni controllavano le strade. Non sarebbe stata una passeggiata, per niente. Non avevamo la sicurezza di farcela, ma la nostra motivazione era molto più grande di qualsiasi rischio avremmo potuto correre.
- Pensieri fastidiosi? - insistette.
- Forse - .
Non parlò più.
- Come si chiama la tua amica Stregona? - domandai dopo qualche istante di silensio.
Scosse la testa - Non è mia amica. Si chiama Rashida, ha origini arabe - .
- E che cosa ci faceva in Texas? - .
- E' una storia lunga - rispose sbrigativo, come se l'avessi offeso in qualche modo con la mie domande.
Ma avevo bisogno di distrarmi da ciò che sarebbe potuto succedere ad Edward, perciò continuai.
- Una storia lunga che fa parte della tua vecchia vita? - chiesi senza peli sulla lingua, ricordando la frase che aveva lasciato a metà quel pomeriggio.
Stavolta toccava a me studiare la sua espressione, e a vedere da come i suoi muscoli facciali si tesero, capii di averlo colpito.
- Esatto - disse solo, continuando a guardare fuori dalla finestra, senza più degnarmi di uno sguardo.
- In che cosa consisteva la tua vecchia vita? - domandai, non riuscendo a tenere a freno la curiosità.
Restò a contemplare il silenzio per molti secondi, come se stesse rielaborando tutti i suoi ricordi. Probabilmente si sentiva costretto a dirmelo, ma dovevo capire perché si comportava in modo così strano. Oggi aveva esitato; aveva esitato a salvare un fratello, a causa della sua vita passata, nonostante sapesse che non avevamo moltre altre opzioni. Non era sicuro di voler arrivare a tanto per salvarlo, forse perché così rischiava di mettere in pericolo anche il resto della famiglia... sopratutto Alice. Ed Edward comunque era suo fratello, non un vampiro qualsiasi.
- Sono nato nel 1844 - iniziò a raccontare con un tono che non seppi decifrare - E ricordo che non avevo nemmeno compiuto diciassette anni quando mentii sull'età per arruolarmi nell'Esercito Confederato - un piccolo sorriso, che durò neanche mezzo secondo, comparì sulle sue labbra - Feci carriera molto in fretta in quel settore, c'erano uomini arruolati da molto più tempo di me e che erano invidiosi del mio successo, mi non gli diedi mai peso. Alla battaglia di Galveston, dopo aver condotto un gruppo di profughi a Houston, m'imbattei in quattro donne di straordinaria bellezza: Maria, Nettie, Lucy e Rashida. Non ero a conoscenza della loro vera natura, io semplicemente credevo che fossero delle giovani dame bisognose d'aiuto - la stanza era calata in un silenzio assordante, soltanto la voce di Jasper rimbombava contro le pareti del grande salotto - Maria era a capo di quel gruppo, e aveva deciso di trasformarmi. Sarei stato ottimo per l'esercito personale che stava creando. Aveva scelto me, per il ruolo da militare che ricoprivo da umano e per la capacità che avevo, e che ho, di attrarre le persone, emotivamente parlando. In poche parole per il mio carisma, che nella mia esistenza da vampiro si è trasformato in un vero e proprio potere, dandomi la possibilità di percepire e manipolare le emozioni altrui, anche se con qualche eccezione - ammise, lanciandomi un'ochiata furtiva - Comunque, ero un guerriero e un leader per natura. Ero un grande punto a favore per Maria e il suo esercito, insieme alla sua amica stregona, Rashida. Rashida ci fu davvero molto d'aiuto all'inizio, non solo in battaglia, ma anche con l'addestramento dei neonati. Con il tempo, io e Maria iniziammo a legare molto, e spesso mi trattava come se fossi il pezzo più prezioso della sua collezione, trascurando la Stregona. Rashida ne era invidiosa, forse perché in fondo provava qualcosa per lei, non lo so, ma cercò più volte di vendicarsi contro di me, senza mai riuscirci. Ad ogni modo, uno dei miei compiti principali era quello di giustiziare i membri del clan usciti dalla fase neonatale senza sviluppare doti tali da essere utili in guerra. Per darmi una mano, decisi di prendermi carico di un aiutante. Si chiamava Peter e una sera, mentre svolgevamo esattamente quel tipo di attività, mi resi conto del peso emotivo che gravava sulla spalle di quel ragazzo, e che si moltiplicava da battutine mirate da parte di Rashida per farlo soffrire - si fermò un attimo, scuotendo la testa - Quando arrivò il turno di Charlotte, una neonata, per essere giustiziata, Peter ebbe uno scatto d'ira e le ordinò di scappare, seguendola subito dopo. Avrei potuto raggiungerli, ma non lo feci. Rashida cercò di bloccarli con la magia, con l'intenzione di conquistare l'amore di Maria, ma glielo impedii. Con il passare degli anni, le emozioni dei neonati avevano iniziato a devastarmi, e questo Maria lo aveva notato. Ero depresso, sapevo che stava progettando di uccidermi, e io stesso stavo progettando di eliminarla prima che fosse lei a farlo. Ovviamente, Rashida faceva tutto quello che era in suo potere per rendere a suo vantaggio la situazione - sospirò - Ma prima che potessi fare qualsiasi cosa, Peter tornò da me, assicurandomi l'esistenza di altri clan che convivevano civilmente tra di loro. Non immaginavo nemmeno che si potesse vivere in un modo diverso da quello, lo ignoravo completamente. Perciò scappai con lui, ma la depressione non mi abbandonò come avevo sperato - e poi si voltò, incrociando lo sguardo di Alice, che traboccava d'amore - Nel 1948 incontrai Alice. Lei... Lei è stata, ed è, la mia salvezza. Immediatamente venni travolto dalla positività dei suoi pensieri e mi raccontò di un clan, i Cullen, che vivevano uno stile di vita completamente differente dal nostro, dal mio - si corresse, non staccando i suoi occhi da quelli dell'amata - Non sapevo se crederci, ma non potei fare altro che seguirla. Quando arrivammo, ci accolsero tutti a braccia aperte... Be', sì, più o meno - ridacchiò, facendo comparire un sorrisino nostalgico sulle bocche di tutti - Edward non era tanto entusiasta. Alice si prese la briga di spostare tutte le sue cose dalla sua stanza, in garage. Quando tornò a casa... - .
Venne interrotto dalla piccola ragazza dai capelli corvini - Si ritrovò una bella sorpresa - concluse per lui, alzando le spalle.
- Senza di lei, senza Alice, non so dove sarei ora - mormorò Jasper, con lo sguardo inchiodato sulle sue scarpe firmate.
Alice, con un'espressione intenerita sul volto, gli si avvicinò e lo abbracciò stretto a sé, come per consolarlo. La vidi avvicinare le sue labbra all'orecchio del biondo, mentre si muovevamo quasi impercettibilmente. Gli stava sussurrando parole dolci e rassicuranti, per tranquillizzarlo. Scostai lo sguardo imbarazzata quando mi accorsi di non aver staccato gli occhi da loro neanche per un attimo. Mi allontanai concedendogli un po' di privacy, avvicinandomi al pianoforte di Edward. Iniziai ad immaginarmelo mentre, seduto sul seggiolino, riempiva la stanza di dolci note che avrebbero emozionato i cuori di tutti. E magari, avrebbe scritto qualcosa che avrebbe dedicato a me, e me lo avrebbe suonato finché non mi sarei stancata di ascoltarlo, cosa che non sarebbe successa. Certo, magari se fosse qui e non fosse furioso con me.
- E' per questo che non sono convinto all'idea di portarvi da Rashida: era infuriata con me perché credeva che io fossi la causa del rifiuto di Maria nei suoi confronti. Da quando l'ha conosciuta è diventata vendicativa, insensibile... oserei dire anche crudele e manipolatrice - cofessò ringhiando, scuotendo il capo - Non penso sia cambiata. Potrebbe essere pericoloso, non so come potrebbe reagire alla nostra visita - .
- E ora lo capisco - mormorai, voltandomi verso di lui, - ma Edward ha bisogno del nostro aiuto, e se è l'unica possibilità che abbiamo... - .
Non riuscii a terminare la frase, che mi bloccai. Solo il pensiero che Edward venisse torturato, mi lacerava dentro. Mi sentivo così patetica e, allo stesso tempo, così disperata.
- Forse - iniziò a parlare Rosalie in tono pungente, facendomi voltare verso di lei - se non gli avessi detto tutte quelle cose, niente di tutto questo sarebbe successo! - .
- Rosalie - la rimproverò tranquillo Carlisle - Le intenzioni di Isabella erano buone. Se avesse davvero avuto la possibilità di sapere a che cosa avrebbe condotto la sua decisione, non l'avrebbe fatto - .
- Tu dici?! Carlisle, è una Cacciatrice! Non ci possiamo fidare! - esclamò indignata, alzandosi in piedi per intimidirmi - Chi ti garantisce che non sia tutto un loro diabolico piano per eliminarci tutti?! A quest'ora Edward potrebbe essere già morto! - un gemito di dolore uscì dalle labbra di Esme, ma la bionda non era decisa a fermarsi - Non possiamo sapere le sue vere intenzioni: Jasper non riesce a controllare le sue emozioni, Alice non riesce a vedere il suo futuro, e nemmeno Edward riusciva a leggerle nel pensiero! E' come fare un patto con il diavolo! - .
Il fatto che avesse utilizzato il passato per riferirsi ad Edward, mi fece vedere rosso. Edward non era morto, stava rischiando molto, ma non era morto. Ne ero sicura, al cento per cento. Avevo sbagliato, ma non ero una persona cattiva. Se lo fossi stata, non avrei nemmeno accettato di aiutarli, aggravando così la mia colpa e la mia posizione con il Conclave. Avrei fatto del mio meglio, ma loro dovevano provare a fidarsi della mia persona, non della Cacciatrice che mi avevano addestrato ad essere. E poi, non era di certo colpa mia se i loro poteri non funzionavano su di me.
- Stamattina mi hai quasi costretta ad aiutarvi, ed ora cambi idea? - chiesi, cercando di mantenere un tono di voce fermo e serio - Evviva la coerenza - .
Sul suo viso nacque un espressione indignata - Ma come ti permetti, razza di... - .
- Di cosa? Avanti, dillo - la provocai avvicinandomi a lei, minacciosamente.
Non me ne fregava nulla se era di quindici centimentri più alta di me, le avrei dato una lezione che avrebbe ricordato per sempre se questo mi avrebbe garantito il suo silenzio eterno. Parlava inutilmente, e solo per dire crudeltà. Sarebbe stato un sollievo per tutti quanti.
Emmett si mise subito tra di noi - Per favore - ci pregò, tenendoci lontane mentre ci incenerivamo con gli occhi - Abbiamo altro a cui pensare in questo momento - .
Dato che, ovviamente, ero io la più matura tra le due, fui la prima ad allontanarmi per tornare alla mia postazione precedente, tranquillizzando così tutti i vampiri presenti. Carlisle si smaterializzò immediatamente al mio fianco, come per assicurarsi che non ricapiti più un confronto simile. Non mi sarei mai fatta mettere i piedi in testa da una bionda ossigentata con la testa piena di frivolezze.
- Che cosa ti ha detto l'agenzia? - chiesi ad Alice, tentando di portare la siscussione su altri argomenti.
Sorrise gentilmente capendo le mie intenzioni - Ha detto che mi avrebbe richiamata il prima possibile per avvisarmi dei primi voli disponibili - .
E proprio in quell'istante, il telefono di Alice squillò.  

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Capitolo 19
*** Chapter fifteen - Departures. ***


CIAO A TUTTI. MI SCUSO CON VOI PER L'INCREDIBILE RITARDO, CHE INVECE DI DURARE POCHE SETTIMANE, E' DURATO MESI, LETTERALMENTE. E' STATO UN PERIODO UN PO' DIFFICILE, E NON SOLO PER LA SCUOLA. HO DOVUTO AFFRONTARE UN LUTTO IN FAMIGLIA E SINCERAMENTE NON AVEVO MOLTA VOGLIA DI SCRIVERE. SE SONO TORNATA E' GRAZIE ALLE VOSTRE RECENSIONI, CHE IN UN MOMENTO DI NOSTALGIA, MI SONO MESSA A RILEGGERE, FACENDOMI TORNARE LA VOGLIA DI SCRIVERE.
PERCIO' GRAZIE <3 VI LASCIO AL CAPITOLO, ANCHE SE E' CORTO.
(LEGGETE IN FONDO, E' IMPORTANTE)

THE WORLD OF DEMONS

°IL PORTALE DEI DEMONI°


CHAPTER FIFTEEN - DEPARTURES.

I biglietti disponibili per il viaggio erano soltanto quattro e ne avremmo usufruito io, Carlisle, Jasper e Alice. Emmett, Rosalie ed Esme sarebbero rimasti a casa di vedetta, insieme ai licantropi, che sicuramente erano già stati avvertiti da qualche ora dell'accaduto. Ovviamente, Emmett aveva esternato tutto il suo dissenso per non essere stato scelto per il viaggio, ma il mio istinto mi diceva che sarebbe stato meglio lasciarlo a casa. Non mi sembrava una buona idea far tornare un ex Cacciatore ad Idris, sopratutto perchè se ci avessero scoperti, avrebbe dovuto rispondere a molte domande sul suo passato e sugli avvenimenti della notte della sua trasformazione. Avrebbe dovuto ammettere di essere riuscito a raggirare le protezioni di Alicante, e questo avrebbe portato molti guai.
Io e Jasper avevamo deciso chi portare con noi di quella numerosa famiglia di vampiri, perché noi due eravamo quelli necessari affinché il piano procedesse al meglio. Avevamo scelto Carlisle per la sua saggezza ed esperienza, Alice per il suo potere, anche se non sarebbe servito a molto nè ad Idris, considerando che il potere delle Torri contrastava quello dei Nascosti, nè con Rashida. Infatti, lo stregone di Alicante, l'unico di cui i Cacciatori si siano mai fidati in queste centinaia di anni, era in grado di creare soltanto  dei portali, che permettevano a noi Shadowhunters di uscire dalla città.
Il potere delle Torri era così potente, per la nostra protezione, da azzerare l'efficacia di altri incantesimi. Quindi, nemmeno il potere di Jasper sarebbe stato utile, e quello di Edward non avrebbe potuto aiutarlo in alcun modo a sopravvivere durante la sua permanenza ad Idris. Erano passati solo dieci minuti da quando ci avevano fatti imbarcare sull'aereo. Non avevo mai volato in vita mia, e non posso negare di non essere stata assalita dal nervosismo, almeno un po'. Mi dovetti ripetere più volte nella testa che tutto quello che stavo facendo era per Edward e che, per questo, valeva la pena soffrire un po' su uno stupido veivolo.
Seduto al mio fianco, nella fila centrale, si era accomodato Carlisle. Aveva tutta l'aria di un padre modello che, da lì a poco, sarebbe partito per fare una breve vacanza con i suoi figli. Nei sedili dietro, invece, erano seduti Jasper e Alice, che si scambiavano tranquillamente delle dolci coccole. Non so se per salvare le apparenze e farci risultare normali agli occhi degli altri, oppure perché ne avevano bisogno.
Distratta dai miei stessi pensieri, posai lo sguardo sul maglione color lilla che mi aveva comprato Alice poco prima in Aeroporto. Mi aveva fatto una "testa così" sul mio pessimo aspetto e sul fatto che non potevamo rischiare di farci scoprire, a causa dei miei strani tatuaggi.
Per andare in Aeroporto, mi aveva dato alcuni dei suoi vecchi vestiti. Una volta arrivati, mi aveva fatto fare il giro di metà negozzi, finché finalmente il nostro volo non fu chiamato. Nei panni che indossavo sembravo una qualsiasi brava ragazza e, probabilmente, la vicinanza di Carlisle mi faceva risultare ancora più innocente.
- Nervosa? -  mi chiese ad un certo punto, con un sorriso gentile, mentre si allacciava la cintura di sicurezza, anche se avrebbe potuto benissimo farne a meno.
- Un po' -, ammisi titubante - ma non per il volo - .
- Per Edward? - .
Annuii abbassando lo sguardo sulle due estremità della cintura ancora slacciata. Sembrava un meccanismo abbastanza complicato; questa non somigliava per niente alla cintura di una normale automobile.
All'improvviso, sentii la sua mano fredda ma confortante, posarsi sul mio avambraccio - Penso che andrà tutto bene - .
Gli feci un sorriso tirato - Lo spero - .
- Dovresti imparare ad essere più positiva, sai? - disse istintivamente per smorzare la tensione - E anche a sorridere di più. Ti conosco da poco tempo, è vero, e non in circostanze che sicuramente ci farà piacere ricordare in futuro, ma Edward quando mi parla di te ti descrive come una ragazza triste - .
Ero felice che avesse usato il presente e non il passato per dire quello che mi stava dicendo. Mi faceva sentire un po' meglio il fatto che lui confidasse che suo figlio fosse ancora vivo. Mi dava più speranza in più e un'estrema voglia di cercarlo e trovarlo.
- Non sono triste... E' solo un "periodo no", come voi lo definite - .
- Sono a contatto con gli esseri umani da più di trecendo anni -, mi sorrise paterno - penso di saper riconoscere uno sguardo spento - .
E in quel momento mi chiesi come facesse ad essere così gentile e cordiale, mentre mi stava appena conducendo in un discorso decisamente indiscreto, alla scoperta della vera me. E la cosa più assurda era che non lo faceva nemmeno pesare. Sembrava così naturale.
- Vuoi parlarne? - domandò, nello stesso istante in cui dei piccoli televisori si abbassarono dal soffitto dell'aereo.
Partì un video che indicava tutte le procedure da seguire in caso l'aereo fosse precipitato, ci fosse stato un incendio o una fuga di gas durante il volo, sulle cose da fare e non fare e su come allacciare la cintura.
Quando capii, unii immediatamente le due estremità della cinta, finché non sentii un "click". Carlisle, che a quanto pare stava ancora aspettando che gli rispondessi, tossì come se volesse attirare nuovamente la mia attenzione. Non ero ancora sicura di volerne parlare. La ferita che si era aperta dentro di me, era ancora troppo fresca e profonda per riuscirne a parlare senza essere sicura di non scoppiare a piangere. Non aveva avuto ancora abbastanza tempo per cicatrizzare, o forse ero io a non aver avuto abbastanza tempo per realizzare l'accaduto di quella sera, la sera che ero stata costretta a dire la verità alla mia famiglia.
Dato che non ricevette ancora alcuna risposta, Carlisle aggiunse - Non voglio costringerti. Voglio solo che tu sappia che, se vorrai, io sarò qui ad ascoltarti - .
Mi voltai verso di lui, facendogli un sorriso sbilenco, ma riconoscente, e guardandolo negli occhi - Lo so, grazie - .
Ricambiò velocemente e senza esitazioni il sorriso, per poi guardare dritto davanti a sè. L'aereo aveva già iniziato a muoversi sulla pista, finché non iniziò a prendere velocità e a staccarsi dal suolo.
Come riflesso, cercai di aggrapparmi di più ai braccioli del sedile, fino a far diventare le mie nocche pallide, ancora più bianche. All'improvviso, sentii la mano di Carlisle posarsi sulla mia, come un padre che prende la mano della propria figlia piccola per intimarle coraggio e che non c'è nulla da temere. Quel gesto, quel semplice gesto, che mai, nè mio padre biologico, nè Jonathan avevano fatto per me, mi commosse, e a stento riuscii a trattenere le lacrime.
Carlisle Cullen aveva fatto davvero tanto per me in questi giorni, più di quanto i miei genitori avevano fatto in tutta la loro vita, e per una sconusciuta che stava rischiato di distruggere la sua famiglia. Sicuramente, qualsiasi cosa sarebbe successa, quel nome non lo avrei mai scordato, ma lo avrei ricordato con un tenero e malinconico sorriso sulle labbra.
PS: A CHI INTERESSASSE, HO DECISO DI CORREGGERE TUTTI I CAPITOLI. PER CHI VOLESSE FARE UN SALTO, IL PRIMO L'HO RIPUBBLICATO. IL PROBLEMA E' CHE HO PERSO 40 MINUTI PER PUBBLICARE ENTRAMBI I CAPITOLI. PERCHE'? PERCHE' IL MIO COMPUTER E' PIENO DI STUPIDA PUBBLICITA' CHE MI RALLENTANO A DISMISURA INTERNET. COMPAIONO PAGINE SU PAGINE, FACENDOMI SALIRE LA VOGLIA DI SFONDARE LO SCHERMO. PERCUI, LA MIA IDEA SAREBBE, SE NON E' UN PROBLAMA PER VOI, ALTRIMENTI DITEMELO, DI RISCRIVERE LA STORIA SU WATTPAD, DOVE, PER ORA, NON MI SI APRE NESSUN TIPO DI PUBBLICITA' FASTIDIOSA (ME LA SONO GUFATA, PERFETTO). SE NON SIETE D'ACCORDO, CONTINUERO' A SCRIVERE QUI. BESOSSSSS.

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Capitolo 20
*** Chapter sixteen - Strategies. ***


the world of demons capitolo 15
CIAO A TUTTI. MI SCUSO CON VOI PER IL  RITARDO, MA TRA GLI ULTIMI E IMPESTATI GIORNI DI SCUOLA, DUE SETTIMANE DI TIROCINIO CHE OCCUPAVANO LETTERALMENTE TUTTE LE MIE GIORNATE, E' DA QUESTO LUNEDI' CHE PER ME LE VACANZE SONO INIZIATE.
ORA VI LASCIO AL CAPITOLO, CHE SPERO SIA DI VOSTRO GRADIMENTO.
CI VEDIAMO GIU' :-*

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CHAPTER SIXTEEN - STRATEGIES.

Atterrammo in Texas, più precisamente a Huston, verso sera, quando ormai il sole era già calato e i Cullen potevano muoversi in tutta libertà senza avere il timore di coprirsi dalla luce del giorno.
Una volta recuperati i pochi bagagli di cui eravamo provvisti, ci incamminammo verso l'uscita dell'aeroporto alla ricerca di un taxi. Fortunatamente ne trovammo uno abbastanza in fretta, che ci condusse in un motel senza troppe pretese. In fondo, non eravamo lì per una vacanza, e la maggior parte di noi non necessitavano nè di ore di riposo nè di soddisfare chissà quale altro bisogno umano.
Una volta arrivati alla recepcion, ci accolse una donna anziana con i capelli raccolti tinti di bianco e un forte accento Texano. Ci diede le chiavi di due camere da letto sotto sua insistenza, perché il suo motel non disponeva di stanze abbastanza grandi da contenere quattro persone, anche se per poche notti.
Avevo bisogno di farmi una doccia e di mangiucchiare qualcosa, così decidemmo che Alice mi avrebbe fatto compagnia mentre Carlisle e Jasper mi avrebbero cercato qualcosa da sgranocchiare.
Appena arrivate in camera, la veggente abbandonò le valigie in un angolo, per poi voltarsi verso di me e guardarmi con un bel sorriso caloroso sulle labbra.
- Hai bisogno di rilassarti -, mi disse - lascia che mi prenda cura di te - .
Così mi preparò l'acqua calda per fare il bagno e ci aggiunse qualche strano olio che in vita mia non avevo mai visto, ma avevano un buon profumo, simili a quello dei fiori che crescevano solo ad Idris. Quando finì di preparare tutto l'occorrente, mi lasciò da sola con i miei pensieri.
Mi spogliai lentamente dei miei stessi vestiti e, con una calma che non mi apparteneva, mi immersi completamente nella vasca colma d'acqua.
Cercai di lasciarmi andare il più possibile, scaricare la tensione, in modo tale che al ritorno di Jasper e Carlisle sarei stata abbastanza in forma da essere d'aiuto. In fondo, ero ancora reduce dalla mia fuga e non potevo utilizzare lo stilo per farmi sentire meglio, considerando che lo avevo lasciato a Forks, insieme a tutte le mie armi. Cosa avrebbero pensato ai controlli dell'aeroporto le guardie mondane? Che conducevo un traffico clandestino di spade strane, bacchette strane e altre armi strane?
Le uniche cose che avevo con me erano la collana di Marie e la mia pietra Stregaluce: erano le sole cose che potevano senza problemi passare inosservate. Non potevo assicurare lo stesso per gli altri miei averi: nè io nè i Cullen sapevamo se i metal detector li avrebbero intercettati o lasciati passare, per questo era meglio evitare di rischiare.
Avevo già abbastanza problemi con la giustizia sovrannaturale, ci mancava solo di mettere in mezzo quella mondana.
Dopodiché, iniziai a pensare a Edward: se stava bene, se fosse ferito, se lo nutrivano abbastanza, se lo stavano torturando, se lo avevano già interrogato... se stesse pensando a me come io pensavo a lui... e se un giorno avrei ottenuto il suo perdono.
Una lacrima sfuggì al mio controllo. In fondo, anche io avevo qualcosa di umano.
___

- Ti abbiamo portato due tramezzini al prosciutto, qualche barretta energetica al cioccolato, una Coca Cola e due bottigliette d'acqua - mi informò Carlisle appena mise piede in camera, seguito da Jasper, mentre mi porgeva un sacchettino di plastica bianca - Spero sia abbastanza, almeno per stasera - .
Gli sorrisi riconoscente - Grazie mille - .
Non appena finii di farmi il bagno, di asciugarmi e vestirmi, raggiunsi Alice, sedendomi accanto a lei sul letto a gambe incrociate. Stava cercando di predire il futuro di Edward, inutilmente. Voleva provare a vedere se sarebbe mai uscito al di fuori delle protezioni di Alicante, quindi se mai un giorno sarebbe stato liberato ,ma senza grandi successi. Forse perché neanche noi sapevamo esattamente come muoverci: non avevamo un piano preciso, stavamo camminando a tentoni, nel vuoto più assoluto, senza sapere a che cosa avrebbero portato le nostre decisioni. Almeno per ora, dovevamo procedere a tentativi: era l'unica possibilità che avevamo per trovare una via che ci avrebbe condotto ad una soluzione, ad Edward.
Il primo passo nel vuoto era trovare Rashida, e il primo posto dove trovarla era cercare dove Jasper l'aveva vista l'ultima volta, a Huston appunto. Ma si da il caso che Huston non fosse una città poi così piccola, perciò Jasper avrebbe dovuto consultarsi con qualche sua vecchia conoscenza.
- Figurati - mi sorrise, prendendo posto su una poltroncina di legno imbottita.
Jasper, al contrario, restò in piedi con le braccia conserte dietro la schiena, con la sua solita espressione imperturabile. Seria. Apatica. Dura. Controllata.
- Avete notizie degli altri? - domandò Alice, nonostante fosse già a conoscenza della risposta.
Nel frattempo, iniziai a consumare voracemente uno dei panini al prosciutto. Avevo davvero fame, e sinceramente non pensavo di averne finché non diedi il primo morso.
- Ha chiamato Rose prima - ci informò Jasper - Dice che è tutto tranquillo. Per ora - .
- E tu? - chiese Carlisle speranzoso - Hai avuto qualche visione? - .
Ero sicura che non sapere che cosa stesse succedendo ad Edward lo stesse logorando dentro, più di tutti noi messi insieme. E, ci avrei scommesso, che si sentiva anche un po' in colpa per non essere riuscito ad evitare che tutto ciò accadesse, per non essere riuscito a proteggere suo figlio e a salvarlo in tempo dalle grinfie di Cacciatori spietati e vogliosi di mettere le mani su un Nascosto a conoscenza di verità che non avrebbe mai dovuto sapere.
Ovviamente la realtà era ben diversa: non era colpa di Carlisle se Edward era stato preso, ma mia. Il dottore se la stava prendendo ingiustamente con se stesso.
- No... non sono riuscita a vedere nulla - rispose sconsolata, abbassando lo sguardo come se l'inutilità del suo potere in quel momento la rendesse meno utile in tutta questa situazione.
- Non dipendede da te - la rassicurai, poggiandole la mano libera sulla spalla - Sono le Torri, nessun potere funziona quando sono in funzione - .
- Mi sento così inutile - ammise, ignorando quello che le avevo appena detto - Mi sono sempre affidata sul mio potere, in tutte le situazioni, e ora che ci servirebbe più di ogni altro momento, non mi è consentito usarlo - .
A quel punto non sapevo cosa dire per rincuorarla, perché a differenza sua, non avevo la minima idea di che cosa significasse avere un potere e affidarsi al cento per cento su quello. Non avevo poteri speciali. Quello che mi era sempre stato insegnato fin da piccola era di sviluppare tutte quelle qualità che mi avrebbero reso un'ottima Cacciatrice e che mi avrebbero permesso di tirarmi fuori dai guai qualora ce ne fosse stato bisogno.
Fu in quel momento che Jasper si mosse, avvicinandosi sempre di più verso la sua amata, con lo sguardo più dolce e tenero che gli abbia mai visto fare da quando lo conobbi. Si piegò sulle ginocchia, davanti a lei, e le prese le mani con una delicatezza pari ad un soffio di vento. I loro sguardi dorati si incatenarono, iniziando una conversazione tutta loro.
Questa scena mi incantò.
Ad un certo punto, Alice gli sorrise e disse - Grazie Jazz, ti amo - .
Il biondo ricambiò il sorriso e mormorò - Ti amo - .
A quel punto spostai gli occhi su Carlisle, che a differenza mia stava dando un po' di privacy ai due piccioncini digitanto concentrato qualcosa sul cellulare.
Feci in tempo a terminare il mio panino prima che Jasper ed Alice finissero di fare le loro cose da fidanzati-sposati. Dopodiché ritrovammo la concentrazione per decidere la prossima mossa da compiere.
Decisimo che, come prima cosa, Jasper avrebbe dovuto telefonare Peter, un suo vecchio amico, per ricevere qualche informazione in più su Rashida. Successivamente, dopo quello che ci avrebbe detto, avremmo iniziato a costruire un piano.
Quando Jasper uscì dalla piccola stanza per chiamare Peter, decisi che avrei cercato di non pensare finché non avesse terminato, in modo tale da alleggerire la mente e svuotarla dai problemi e dalle preoccupazioni. Mi distesi sul letto e chiusi gli occhi, concentrandomi per cercare di mantenere la testa vuota, mentre in sottofondo Carlisle e Alice parlavano di tutte le possibilità che...
Okay, forse mi era impossibile rilassarmi completamente, ma riuscii comunque a fare un sonnellino, perché quando Jasper finì la chiamata, Alice si preoccupò di scuotermi per farmi tornare al mondo reale.
- Che cosa ti ha detto? Sei riuscito a scoprire qualcosa? - chiesi al biondo, con la voce impastata per il sonno, appena incrociai il suo sguardo.
- Non molto - ammise sconsolato - Mi ha dato l'indirizzo di dove vive ora, e mi ha detto che lavora come chiromante, per prendersi gioco di umani ingenui. Ha saputo dirmi solo questo - .
- Non capisco, ti ha dato l'informazione più importante di tutte, sappiamo dove vive! - mi ravvivai immediamente - Non ci serviva sapere altro - .
- Ci serve sapere se potrebbe essere effettivamente un buon aiuto - disse Carlisle, lanciando un'occhiata al figlio adottivo, che ricambiò lo sguardo apprensivo del padre.
- In che senso? - chiesi, non riuscendo effettivamente a stare dietro ai loro ragionamenti.
- Dobbiamo essere molto prudenti - iniziò a metterci in guardia Jasper -  Rashida, a causa dell'influenza di Maria, l'ho conosciuta come una donna calcolatrice, meschina, subdola e vendicativa. Ora, dopo tutto questo tempo, io non so se sia cambiata, e se lo è, in meglio o in peggio. Non so se è ancora innamorata di Maria, o se ha mantenuto un rapporto con lei, e se riserva ancora dell'astio nei miei confronti. Non voglio che si vendichi di me facendo del male alla mia famiglia - .
Sapevo dove voleva arrivare, e non glielo avrei permesso: non avrei mai permesso che rischiasse la vita per una situazione che avevo creato io, non avrei mai permesso che Alice provasse la paura di perdere il suo compagno per sempre e non avrei mai permesso che Carlisle si sentisse in colpa per un altro figlio scomparso. Forse ero drastica, ma bisognava effettivamente valutare tutte le probabilità, sia per non illudersi sia per prepararsi al meglio.
- Quindi, cosa si fa? - domandai, dopo qualche minuto di silenzio, dove ognuno era perso nei propri pensieri.
- Andrò a parlare con Rashida - e poi i suoi occhi si spostarono su Alice - Da solo - .
Alice si allarmò immediatamente, alzandosi in piedi per raggiungere dall'altra parte della stanza il marito.
- Non ti permetterò di farlo - mormorò in preda ad un'emozione che le faceva tremare le mani.
- A malincuore - si intromise Carlisle - devo dire che è la scelta migliore per il momento. Solo Jasper conosce Rashida, e se ci presentassimo a casa sua, nel suo territorio, tutti e quattro, potrebbe sentirsi minacciata e reagire di conseguenza - .
Vedevo Alice essere sull'orlo di una crisi di panico, mentre Jazz cercava di confortarla e dirle che sarebbe andato tutto bene. Il dottore si prese la testa tra le mani, stressato e sconsolato.
Non riuscivo a guardarli.
La strategia di Carlisle da una parte aveva senso perché avrebbe diminuito le probabilità che Rashida si mettesse sulla difensiva e che non ci avrebbe aiutati, ma eravamo in quattro e avremmo affrontato quella stregona tutti e quattro insieme. Per nulla al mondo avrei permesso che ci separassimo, altrimenti perché far venire tutti qui in Texas?
Dovevamo salvare Edward, e non potevamo farlo ognuno per conto proprio.
- Non sono d'accordo - ammisi in tono pacato, richiamando i loro sguardi su di me - Vengo anche io - .
- No, non se ne parla - rispose secco Carlisle.
- Se Jasper andasse da solo da Rashida, dovrebbe spiegare perché vuole che gli apra un portale per Idris.  E' vero, potrebbe anche raccontargli tutta la storia, ma ci crederebbe? Per Rashida, Jasper è un traditore e di conseguenza non si fiderà mai di lui. Se invece si portasse dietro anche me, io sarei la testimonianza che ciò che ha detto è vero, e in più sarebbe a conoscenza di qualcosa che nessun altro della sua specie sa, cioè che noi Shadowhunters siamo ancora vivi. Per esperienza personale posso dire che mettere a conoscenza qualcuno di un segreto proibito, da una sensazione di potere e superiorità quasi irresistibile. A quel punto lei deciderà se aiutarci, e usare il mio segreto per ricattarci successivamente, o voltarci le spalle, e andare a spifferare tutto alla Corte degli Stregoni per ottenere un riconoscimento più grande di ciò che possiamo offrirle noi. In entrambi i casi, ve lo posso assicurare, finiremo ad Idris - .
I tre vampiri mi avevano osservata e ascoltata in silenzio per tutto il tempo, con un'attenzione che in tutta la mia vita non avevo mai ricevuto. Anche se non sarebbero stati d'accordo con me e la mia proposta fosse stata rifiutata, mi faceva piacere l'idea che mi avessero fatto concludere il discorso. Per la prima volta mi sentivo parte di una vera e propria squadra, e considerando quello che avevo combinato, avebbero potuto benissimo non darmi nemmeno la possibilità di parlare. Se i ruoli fossero stati invertiti, io non l'avrei fatto.
Carlisle si voltò verso i suoi due figli, alla ricerca di un segno d'assenso o di disaccordo.
- Cosa ne pensate? - .
Jasper parlò per primo - Preferirei andare da solo -, e poi si rivolse a me - ma da quel poco che ti ho conosciuta ho capito che se ci provassi, troveresti un modo per seguirmi. Per questo, sono d'accordo - .
Gli sorrisi timidamente, riconoscente.
- Sarò molto più tranquilla se Jasper sarà con te - parlò Alice, guardandomi - Sei un'abile Cacciatrice e so che lo aiuteresti molto. In ogni caso, vorrei esserci anche io - .
Sentimmo Carlisle sospirare - Quindi è deciso: stanotte, noi tutti, incontreremo Rashida - successivamente mi lanciò un'occhiata veloce - Siamo una famiglia, ed è giusto che affrontiamo tutto questo insieme - .


IL MIO ANGOLO...
CIAO A TUTTI! COME STATE? CHI COME ME HA FINITO LA SCUOLA? PROMOSSI, BOCCIATI O RIMANDATI? CHI INVECE OGGI HA INIZIATO LA MATURITA'?
OK, SONO SICURA CHE CHIUNQUE IN QUESTO MOMENTO DEBBA PENSARE ALLA MATURITA' NON STIA LEGGENDO LA MIA STORIA, MA FA NIENTE, CHIEDO COMUNQUE AHAHAH
FATEMI SAPERE SE IL CAPITOLO VI E' PIACIUTO, UN GRANDE BACIO
ZIKIKI98

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Capitolo 21
*** AH CHI NON MUORE SI RIVEDE ***


CIAO A TUTTI (sempre se ci sia ancora qualcuno qui, dopo praticamente più di 3 anni circa di completo silenzio). DIREI CHE CON ME IL DETTO "CHI NON MUORE DI RIVEDE" (o si rilegge, in questo caso) STA ALLA PERFEZIONE, NON TROVATE? IO SÌ. BENE, ADESSO CHE HO FINITO DI FARE LA STUPIDA... COME STATE? VI HO LASCIATE CHE AVEVO 16 ANNI E ADESSO FRA QUALCHE GIORNO NE COMPIRÒ 20, È TUTTO COSÌ STRANO. OK, LA SMETTO SUBITO DI DIVAGARE. HO INTENZIONE DI RIPRENDE A SCRIVERE LA STORIA. ADESSO VOI DIRETE "SÌ, LO HAI DETTO 100 VOLTE, NON TI CREDE PIÙ NESSUNO", PERÒ È DAVVERO QUELLO CHE HO INTENZIONE DI FARE, SOLO NON SU QUESTO SITO, ESSENDO PIÙ SCOMODO PER ME. HO INTENZIONE DI RIVEDERE DA CAPO QUESTA STORIA, CORRENGENDO E AGGIUNGENDO PARTI E DI PUBBLICARLA SU WATTPAD (con il quale ho più dimestichezza). SE VI PUÒ INTERESSARE, IL PRIMO CAPITOLO È GIÀ POSTATO SUL MIO PROFILO DI WATTPAD. IL NICKNAME (Zikiki98) E IL NOME DELLA STORIA (The World Of Demons - Il portale dei demoni) SONO RIMASTI INVARIATI. CONSIDERATO CHE STAVOLTA SONO AVANTI DI BEN 17 CAPITOLI, DOVREI RIUSCIRE AD ORGANIZZARMI BENE IN MODO DA NON SPARIRE PER ALTRI TRE ANNI. SE QUALCHE BUON ANIMA HA AVUTO IL BUON CUORE DI LEGGERE QUESTO MESSAGGIO, LA RINGRAZIO. UN BESO. ZIKIKI98.

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Capitolo 22
*** Continuo anche su efp ***


Buongiorno , come state? Spero bene! Ho preso una decisione: pubblicherò i capitoli anche qui su efp. Riflettendoci, non mi sembra giusto privare di questa storia quelli che mi hanno seguito dall'inizio e non hanno wattpad. Perciò farò lo sforzo e ricomincerò da capo la storia, sempre qui sul mio profilo. Questa settimana ho un po' di esami da dare, ma da venerdì dovrei essere libera. Pubblicherò un giorno si e uno no i capitoli già pronti che ho già scritto su wattpad. So già che ci metterò ore per pubblicare un capitolo, a causa della pubblicità, e smadonnerò tutto il santo tempo (solo per scrivere sto messaggio, non potete immaginare l'impresa). Comunque nulla, fatemi sapere se questa idea vi interessa oppure no. Besos <3 Zikiki98

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Capitolo 23
*** PUBBLICATA SU EFP! ***


BUONASERA! VI AVVISO CHE SUL MIO PROFILO EFP POTETE TROVARE TUTTI I PRIMI 9 CAPITOLI, AGGIORNATI COME SU WATTPAD. LA STORIA SARA' CONTINUATA LI', PERCIO' SE VI INTERESSA VI INVITO A DARCI UN OCCHIATA. VI RICORDO CHE OVVIAMENTE LA STORIA E' STATA CORRETTA E VI SONO STATE AGGIUNTE DELLE PARTI. PER CHI MI SEGUIRA' E SEGUIRA' LA STORIA, CI VEDIAMO DALL'ALTRA PARTE! BESOS <3 ZIKIKI98

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