Soyo e le origini dimenticate

di Prince Lev Swann
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: La Profezia ***
Capitolo 2: *** La Valle Fiorita ***
Capitolo 3: *** Mondi divisi ***
Capitolo 4: *** Terra e Aqua ***



Capitolo 1
*** Prologo: La Profezia ***


PROLOGO:
LA PROFEZIA

 

 

Un vento leggero soffiava ai piedi della Torre Misteriosa. Misteriosa i miei stivali, pensò Master Xehanort. Il mistero è come faccia Yen Sid a sprecare i suoi talenti in questo spazio ridotto facendo studi poco utili e istruendo allievi mediocri. Topolino se n’era appena andato con il suo Cercastelle, quando naturalmente Xehanort non si era ancora rivelato.
Nonostante non vedesse il suo compagno da molti anni, non si sentiva estraneo a quel luogo; da ogni angolo emanava magia nell’aria, e lui di certo non era poco familiare alla magia.
Vista l’importanza che avrebbe avuto quell’incontro, Xehanort aveva programmato, per cortesia, di non apparire direttamente nello studio di Yen Sid. Tuttavia, quest’ultimo lo stava aspettando nell’ingresso: gli aprì il portone d’ingresso con un rapido gesto della mano e aspettò che oltrepassasse la soglia. Lo stregone era vestito al solito modo: una semplice veste azzurra coperta in parte dalla lunga barba grigia e un cappello a punta. Squadrò Xehanort per qualche secondo con sguardo di sincera curiosità, ma facendo trasparire anche un profondo rancore negli occhi.
«Le tue visite sono rare, Master Xehanort» disse infine. Xehanort si fece avanti; come suo solito, teneva le mani dietro la schiena e aveva la gobba. Era calvo e di carnagione scura e, a differenza di Yen Sid, era abbigliato in modo più moderno e articolato. Sollevò il capo, iniziò a strofinarsi il folto e candido pizzetto e rispose: «Sono stato occupato».
«Occupato a progettare una guerra che stravolgerà tutto?» domandò Yen Sid a mo’ di rimprovero, abbandonando parzialmente il tono di voce calmo.
«Storia lunga» rispose Xehanort, raggiunse la base della scalinata e aggiunse: «Hai parlato con Eraqus, eh? Mio vecchio amico, avresti dovuto imparare dal passato; Eraqus non ha fegato, ha paura di rischiare ed è debole. Per questo teme l’oscurità. Tu non sei come lui, vero?»
«Di certo non sono come te. Ma suppongo che tu sia qui per un motivo, e se non ti dispiace preferirei potermi sedere prima di discuterne. Se vuoi seguirmi…»
«Non è necessario» disse Master Xehanort, tendendo il braccio, e di fronte a lui si aprì subito un varco oscuro. «Facciamo prima in questo modo, non credi?»
«In realtà entrare in contatto con l’oscurità non è proprio il mio modo preferito di viaggiare. Per qualche scalino, poi… No, faremo alla vecchia maniera».
«Come…» Xehanort ripose la mano dietro la schiena e il varco si dissolse. «…preferisci».
Si avviarono su per le scale in silenzio, e solo quando raggiunsero la seconda rampa Xehanort si rese conto, o meglio si ricordò, di quant’era grande e imponente quel posto. «Incantesimo di estensione irriconoscibile, eh? Ben riuscito». E lui definisce tutto questo qualche scalino?
Yen Sid rise, ed era piuttosto strano da parte sua.
«Sì, mi piace avere tanto spazio. E non preoccuparti, c’è una scorciatoia» lo rassicurò Yen Sid, indicando un portale di luce azzurrina vicino alla porta successiva. Xehanort non capiva. Non aveva parlato ad alta voce, come faceva Yen Sid a sapere cosa stava pensando un attimo prima? Era semplicemente intuitivo o sapeva decifrare i pensieri degli altri? No, non era possibile, perché era una di quelle abilità che si possono avere dalla nascita ma che non si possono apprendere. Dopotutto, se così non fosse, Xehanort avrebbe risolto la maggior parte dei suoi problemi. Forse, i continui esperimenti di Yen Sid non erano poi così inutili…
Raggiunsero lo “studio” dello stregone. Era una stanza circolare non troppo grande, con un semplice e basso tavolo di legno al centro, la sedia dall’alto schienale di Yen Sid, qualche libro (alcuni enormi) sulle mensole e due grossi aperture verso l’esterno nel muro, uno a forma di stella e uno a forma di luna, da cui si poteva osservare il piccolo giardino davanti alla torre. Visto dall’alto, quel mondo –costituito unicamente da un’isoletta in mezzo al vuoto- sembrava ancora più piccolo. Master Yen Sid si sedette e poi guardò Xehanort. «Ah, dimenticavo… vuoi sederti, giusto?»
«Non è necessario, Yen Sid, preferisco stare in piedi. E poi non mi tratterrò a lungo».  
«Posso offrirti qualcosa?»
«Amico mio, smettiamola con queste formalità e arriviamo dritto al punto». Xehanort stava perdendo la pazienza.
«Molto bene, allora parliamoci chiaro… Non ti aiuterò a far scoppiare un’altra Guerra del Keyblade, se è quest…»
«Non ho alcuna intenzione di parlare della Guerra del Keyblade, Yen Sid. Sono qui per una profezia, una profezia che parla di un ragazzo con un potere speciale e pericoloso, voglio aiutarlo e guidarlo nel suo cammino…»
«Ma non mi dire… Che animo nobile. Quindi hai finalmente deciso di addestrare seriamente un custode?»
Xehanort esitò un attimo prima di rispondere. «Può darsi» rispose infine.
«Non mentirmi. Se davvero c’è una profezia su un custode in particolare, significa che è davvero una persona speciale, e che tu vuoi sfruttarlo. Vero, Xehanort?»
L’altro, perplesso, assunse subito un’espressione contrita e offesa.
«Come… come puoi pensare una cosa simile? Sto solo cercando di aiutare qualcuno destinato a una vita difficile, non voglio che la sua sia davvero come la nostra o anche peggio…»
Yen Sid chiuse gli occhi e assunse un’espressione di meditazione. Non rispose, quindi Xehanort continuò: «Per favore, aiutami, mio vecchio amico, aiutami a essere una persona migliore. Non è uno scopo giusto questo? Piuttosto che far scoppiare una guerra che ci porterà alla rovina, non è meglio questa occupazione?»
Yen Sid sospirò e riaprì gli occhi. «Va bene, ti aiuterò…» disse infine, e sul volto di Xehanort si dipinse uno sguardo di trionfo. «Ma se scopro che mi stai mentendo, ti garantisco che farò di tutto per sconfiggerti, Master Xehanort. E ora dimmi, che cosa ti serve sapere?»
«La profezia di cui parlavo dice che questo ragazzo nascerà da una creatura dal cuore puro e da un abitante delle Isole del Destino, e che il legame in questione sarebbe considerato impossibile dai più perché i due soggetti hanno due ruoli opposti in natura». Xehanort aspettò di nuovo un intervento dello stregone per qualche secondo ma, visto che questi non parlò, riprese: «Per quanto riguarda la madre, ci viene detto che non è una delle Prescelte… Ma non capisco com’è possibile. Non è risaputo che sono le uniche ad avere un cuore puro?»
«Infatti, è così» rispose finalmente Yen Sid, «Ma questa profezia non specifica che si tratta di una creatura umana, o mi sbaglio? E le Sette Principesse del Cuore sono indicate, da tutte le profezie che le riguardano, come donne umane».
E allora Xehanort capì. L’arma che cercava sarebbe stata rivelata dal frutto di un legame di due elementi opposti. Opposti in natura, come lo sono la Luce e l’Oscurità.
 «Non sono indicate, per esempio, come creature antropomorfe, fate o… sirene

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Capitolo 2
*** La Valle Fiorita ***


Un’improvvisa folata di vento interruppe la pacifica quiete della collina desolata. Diversi petali si sollevarono in aria creando un affascinante spettacolo di colori. L’immenso giardino tremò violentemente e un attimo dopo ci fu una luce abbagliante. Da un portale luminoso uscì un uomo con una lunga spada a forma di chiave in mano. Era interamente protetto da un’armatura, riccamente scolpita in metallo, che dava al guerriero un aspetto di imponenza e di potere.
L’uomo fece sparire il Keyblade dal palmo della sua mano destra e anche l’armatura svanì in un rapido fascio di luce dorata. Il normale abbigliamento di Master Eraqus era costituito da comode vesti da viaggio e da un camice bianco; i capelli neri, leggermente ingrigiti, erano in parte legati verso l’alto mentre un ciuffo gli ricadeva sul viso. Nonostante gli innumerevoli segni del tempo e delle battaglie compiute, Eraqus appariva molto più giovane di entrambi i suoi vecchi compagni. Certo, a Yen Sid piaceva possedere un’aura di saggezza e a Xehanort un aspetto più mistico e misterioso, mentre Eraqus voleva solo difendersi dall’Oscurità e proteggere la luce. In effetti, se non fosse per la naturale vecchiaia, il Maestro aveva ancora lo stesso aspetto di quando era ancora un apprendista.
Era atterrato in un grande prato di tulipani gialli. Davanti a lui c’era un sentiero che portava al centro della città, mentre intorno alle grandi colline che la circondavano vi era solo un panorama indistinto, tipico di molti mondi che aveva visitato: una pianura verde apparentemente sconfinata.
Il cielo era ceruleo, privo di nuvole, e il sole splendeva. All’inizio del sentiero, situato appena fuori dal campo di tulipani, c’era uno splendido e imponente arco di legno, alto quasi tre metri e ornato da diversi tipi di fiori, quali rose e gerani di vari colori. Sulla parte più alta dell’arco vi era inciso, in oro, il nome “Valle Fiorita”.
Eraqus s’incamminò giù per il sentiero. Dopo aver oltrepassato l’arco di legno, si poteva scorgere benissimo il villaggio, situato nella parte più incava della valle. Era costituito da qualche casetta di legno
e da vasti giardini come quelli in cui il sentiero che stava percorrendo si faceva strada, tanti alberi dalle chiome vivaci e un edificio più grande che doveva essere il centro principale del luogo; un piccolo fiume attraversava interamente il villaggio, dividendolo in due sponde.
Una nuvola enorme copriva la parte più interna del villaggio, oscurandola. Sì, quello che Eraqus aveva davanti non era naturale. C’era qualcosa che non andava… Sentiva puzza di oscurità; il suo sentore si era rivelato corretto. Mentre correva verso il paesello iniziò a sentire le urla. Ricordandosi dei propri poteri, fece trasfigurare il suo Keyblade nel mezzo volante con cui si muoveva tra i mondi, e ci montò sopra. In un baleno scorse il centro del villaggio, la parte più interna della valle, quando si rese conto che qualcosa stava mandando in tilt il sistema di controllo del suo mezzo, e fu costretto e scendere. Poi capì di cosa si trattava: un cratere enorme sovrastava la scena; aveva un aspetto impressionante e spaventoso. Eraqus era quasi sicuro che prima quell’area costituisse la piazza principale del posto. Dalla nuvola nera fulmini si abbattevano intorno a lui, mentre quella strana forza magnetica attirava cose sempre più grosse all’interno del cratere. La gente iniziò a uscire dalle proprie case, terrorizzata e sconvolta. Alcuni bambini piangevano e urlavano mentre i genitori li conducevano più lontano possibile dal cratere.
Il Maestro comprese che il pericolo non era costituito dal cratere o dalla nuvola, ma da qualcosa di terribile presente lì sotto, che attirava le cose a sé, magari in cerca di prede.
Non aveva scelta, il suo potere gli dava il dovere morale di combattere per far cessare la distruzione e il pericolo. Si avvicinò con passo deciso al cratere e si buttò. Non poté neanche esitare, perché quella forza lo risucchio in un attimo.
Atterrò con un tonfo su qualcosa di duro ma, grazie ai poteri di cui il suo corpo era intriso, per lui quella caduta era come fare un salto di un metro. La scena che gli si presentò davanti era terrificante: un mostro enorme, completamente nero, privo di occhi, si nutriva di ciò che il cratere risucchiava. Sembrava che quell’essere, già alto più di sei metri, diventasse sempre più grosso grazie a ciò che divorava. Quando fosse stato abbastanza grande da abbattere il suolo superiore, per gli abitanti di quel mondo sarebbe stata la fine.
La creatura aveva l’aspetto di un leone feroce, dai lunghi artigli e le zanne intrise di un liquido verdognolo che poteva essere letale, all’addome del quale era attaccato quello che sembrava un serpente. Il felino era più nero della pece ed era circondato da un alone oscuro, ma la cosa più inquietante era la testa, costituita quasi esclusivamente dal muso. Gli occhi non c’erano, o meglio, c’erano solo quelli rossi e scintillanti del “serpente” attorcigliato, che a sua volta era privo di bocca, e sembrava che l’intera creatura fosse controllata da esso.
Eraqus evocò il Keyblade e si lanciò contro l’enorme mostro. Quando entrò in contatto con lui, tuttavia, fu respinto e con violenza andò a sbattere contro le pareti rocciose della fossa. Sembrava che la sua speciale resistenza alle leggi della fisica si fosse indebolita. Circondato dal caos, il maestro stava perdendo i sensi e, prima di cedere al dolore opprimente, l’ultima cosa che vide fu un Keyblade in mano a una piccola creatura dai movimenti rapidi, provvista di due grandi orecchie tonde, che sfrecciava intorno al mostro.



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Capitolo 3
*** Mondi divisi ***


Una leggera brezza marina colpiva il volto scarno di Master Xehanort, mentre questi camminava lungo la riva del mare di quel mondo così insignificante. O, almeno, così lo considerava prima di venire a conoscenza della Profezia dei due Opposti.
Era semplicemente un mondo marino, Atlantica, sul cui mare si affacciava la costa deserta e priva di vita.
Gli abitanti di Atlantica, poco astuti a giudizio di Xehanort, non si erano mai chiesti cosa ci fosse al di fuori del loro mare; e ovviamente non avevano neanche mai messo in dubbio che la loro fosse solo una piccola frazione di una distesa di acqua molto più grande e ricca di altre creature come loro, perché ne erano convinti, e questo bastava. 
Naturalmente, come per quasi tutti i mondi e i poveri illusi che li abitavano, non era affatto così. Anche se ne erano a conoscenza solo pochi eletti in quel vasto universo chiamato Regno della Luce, faceva tutto parte di un enorme sistema creato quando ci fu, ai tempi, la Guerra dei Keyblade, quando il Mondo, unico e compatto, fu sommerso dall’Oscurità e diviso in piccoli frammenti sparpagliati in quel vasto universo dimensionale. Questi frammenti, i mondi, erano divisi fin dal principio dal punta di vista fisico, e nel tempo diminuirono, quasi fino a sparire, anche i Custodi, non solo del Keyblade, ma del sapere. Quasi tutti gli esseri viventi, nell’epoca ricorrente alla nostra storia, vivono nell’illusione creata dal loro mondo, come se fosse unico, come se costituisse ogni cosa, ignorando che si tratta solo di una dimensione, ristretta e limitata. Questo sistema, infatti, implica che nessuno si faccia domande su quello che ci dovrebbe essere al di fuori del luogo in cui vive. Tutto ciò faceva infuriare Xehanort, il cui principale scopo era, infatti, cambiare le cose, stravolgere di nuovo ogni esistenza e regola con una nuova Guerra del Keyblade.
Ecco perché, da sempre, il vecchio maestro aveva dedicato ogni sua ricerca e ogni suo gesto a questa causa, d’importanza superiore a ogni altra. Xehanort aveva scoperto delle profezie leggendarie e, nonostante non ritenesse molto importante capirne le origini e il significato più insito, il suo piano era assicurarsi che si avverassero per portare a compimento i suoi piani. Cosciente di quanto la faccenda fosse complicata e delicata, sapeva che il tutto avrebbe potuto richiedere del tempo.
Per quanto riguarda i suoi metodi, Xehanort aveva imparato ad agire nell’ombra e quindi quasi mai direttamente, ma attraverso delle pedine da adulare o controllare in altri modi.
In questo caso, il suo obiettivo era una creatura facilmente ingannabile…
Nel frattempo, da tutt’altra parte, l’altro Maestro chiamato Eraqus si svegliava.

*

Topolino aveva usato la magia di guarigione per far riacquisire i sensi all’uomo. Questi brandiva un Keyblade grigio e nero, dalle forme semplici e compatte. Sembrava piuttosto avanti con l’età, ma Topolino l’aveva visto combattere con molta agilità.
«Attento! Mi ha tolto i poteri in poco tempo, sono debole» disse il Custode a Topolino, che intanto l’aveva raggiunto e lo stava aiutando ad alzarsi.
«Non preoccuparti, insieme possiamo sconfiggerlo. Tutto bene?»
«Sì, grazie a te. Ora combattiamo!»
E così i due Custodi si rimisero all’attacco. La bestia fatta di tenebre era ormai enorme, per ogni salto che faceva c’era una scossa di terremoto.
Eraqus riprese ad attaccare il mostro, ma questo si mostrava invulnerabile e, anzi, era il custode stesso che si sentiva investito da un gas insano e terribile. Intanto il suo piccolo nuovo amico, Topolino, attaccava il mostro da lontano con varie magie e palle di luce, più efficaci di tutto il resto.
Presto si resero conto che l’unica parte vulnerabile della creatura erano gli occhi (adesso più grandi e visibili) del serpente attorcigliato, perché le palle di luce si dirigevano direttamente lì e ogni volta che centravano il bersaglio il mostro sembra indebolirsi e rimpicciolire un po’. 
Fu così che i due iniziarono a generare sempre più sfere luminose e a spedirle contro gli occhi del serpente, fino a che il Leone Oscuro raggiunse finalmente le sue dimensioni originali. Al che, Eraqus urlò al compagno «Proviamo insieme!» e questi rispose con un cenno d’intesa.
I due si avvicinarono e puntarono i Keyblade contro il mostro; un immenso raggio di luce fuoriuscì dalle armi, trafiggendo per l’ultima volta l’essere. Il felino cadde con un tonfo lieve e scomparve, mentre il serpente rimase a contorcersi in aria per qualche secondo, quando d’un tratto gli occhi luminosi si spensero e anche questo si dissolse.
Fu a questo punto che Eraqus sentì di aver riacquistato la sua sovraumana resistenza fisica. Con un sospiro di sollievo, evocò un corridoio luminoso, che li avrebbe condotti di nuovo in superficie, e guidò Topolino all’interno.

*
«Ursula, fattucchiera di Atlantica, t’invoco».
La voce vibrò silenziosa nell’acqua, facendosi sentire solo una volta giunta a destinazione, nel covo di Ursula.
La reazione immediata della donna-polpo fu un sobbalzo unito a un verso di stupore. Per un attimo, infatti, aveva pensato che si trattasse di Re Tritone o di qualche altro scocciatore mandato da lei per accusarla di truffa contro qualche insignificante abitante di Atlantica, ma poi si rese conto che la voce non le era affatto familiare e che intorno a lei non c’era nessuno. Dev’essere magia, vera magia! Non c’è altra spiegazione! pensò Ursula, con un ghigno pieno di eccitazione.
«Chi sei, tu che mi chiami? » disse la strega. «Come osi disturbarmi senza neanche mostrati a me? » continuò con fare superiore.
Una risata roca risuonò intorno a lei. «Voglio proporti un accordo, amica mia, se naturalmente accetti di vedermi. » A queste parole l’aria di Ursula cambiò e da insolente si fece curiosa.
«Molto bene, se vuoi parlare di accordi dimmi dove ti posso vedere, amico mio»
Passò qualche secondo prima che la voce di Master Xehanort rispose, di nuovo: «Segui queste due anguille, saranno tuoi servitori da questo momento in poi, e mi troverai.
«Se acconsentirai, ti darò quello che brami di più: poteri magici, veri e speciali».

Note di fine capitolo: il motivo per cui nel mondo di Atlantica non c’è (ancora) il regno di Eric è spiegato nella mia fanfiction “
Il Viaggio del Genio”.

 

SCUSATE PER IL RITARDO NELLA PUBBLICAZIONE DEL CAPITOLO, MI SI È ROTTA LA BATTERIA DEL COMPUTER E HO DOVUTO USARNE UN ALTRO!

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Capitolo 4
*** Terra e Aqua ***


Dopo l’accecante luce del portale luminoso i sensi e la vista di Eraqus furono colpiti da quello che lo aspettava nella Valle Fiorita.
Il villaggio era stato completamente devastato dall’oscurità dilagante, portatrice di rovina e disperazione, di sofferenza e di tragedie: le graziose casette e i begli edifici erano stati distrutti, gli alberi sradicati e fatti volare via, i parchi e i meravigliosi giardini rivoltati.
L’oscurità era l’incarnazione di tutto il male presente nell’universo, ecco perché Eraqus viveva per distruggerla.
La desolazione invadeva il borgo; la gente era scappata o finita chissà dove. Ma si sentiva il pianto lieve di una bambina, poco dietro di loro. Topolino, come Eraqus, era esterrefatto, e non esitò a correre dalla fanciulla. Era una bambina sui tre-quattro anni, dai capelli lisci di un blu vivace, legati in un codino; portava una lunga e graziosa canottiera scura sopra dei piccoli pantaloncini. Vicino a lei, a tenerle la mano, c’era un altro bambino più grande di un paio d’anni, dai capelli castani fino alle spalle, una maglietta color grigio scuro e dei calzoncini marroni. Il bimbo più grande provava a consolare la più piccola, che si gettò sulla sua spalla e continuò a piangere. «Mam-ma! Pa-pà!
» urlò, nel suo disperato pianto.
Quando Eraqus si avvicinò lentamente ai due fanciulli, Topolino era già corso l’oro incontro. «Piccolini, tranquilli, va tutto bene. Siete al sicuro ora!» Pronunciando queste parole, il topo accarezzo i capelli della piccola con il tocco delicato dei sui grossi guanti bianchi.
«Non temete, ora ci siamo noi a proteggervi» disse Eraqus, chinandosi e posando una mano sulla spalla del più grande.
Intanto la bimba, tranquillizzata dalle carezze, si voltò verso di loro; alla vista di Topolino, il suo viso, rigato dalle lacrime, s’incurvò in un sorriso.
«Come vi chiamate, bambini? » chiese Eraqus.
«Terra» mormorò il bimbo. «La mia amica si chiama Aqua».  Quando Eraqus lo guardò bene negli occhi, rimase profondamente colpito e quasi scioccato dalla sua espressione; nei suoi piccoli occhi azzurri si vedeva trasparire un dolore lieve ma intenso, la profondità di emozioni e pensieri che non avrebbe mai pensato di percepire in un essere umano talmente giovane, nel pieno dell’infanzia.
Eraqus era un Maestro del Keyblade formato da ormai molti anni, con tante esperienze e studi dietro di sé. Dopo aver imparato a padroneggiare un Keyblade e a sfruttare tutte le sue potenzialità, un Maestro può dedicare la sua vita a ciò che gli pare. Anche se, come nel caso del suo antico compagno Yen Sid, se non si è più intenzionati a combattere è giusto rinunciare al titolo di “Maestro del Keyblade”. Yen Sid era ormai uno stregone saggio e potente, ma non brandiva più alcun Keyblade. Probabilmente ormai aveva perso persino la capacità di evocarlo. Quasi tutti i maestri, di solito, dedicano i loro primi anni di studio alla magia. La magia comprende infinite sfumature. Esiste la magia di base: fuoco, tempesta, tuono e tanti altri elementi costituivano un’infinità di tecniche da utilizzare in battaglia, molto efficaci e, se compiute da custodi esperti o specializzati, molto molto potenti. Ma non erano quelli i misteri più profondi della magia; costituivano infatti il minimo che un buon mago dovesse imparare.
La magia avanzata era qualcosa di molto più complesso, introspettivo, mistico, molto difficile da apprendere e da capire; soprattutto, molto impreciso. Qualunque tipo di magia, a partire da quella di base, aveva un aspetto molto soggettivo. In particolar modo, la magia avanzata. I poteri mistici erano misteriosi proprio perché potevano cambiare o funzionare diversamente da persona a persona. Questa soggettività includeva anche il fattore della predisposizione personale, naturalmente. Il Maestro era sempre stato affascinato da questo aspetto della magia, perciò aveva studiato a fondo. Ma lo studio poteva portare fino a un certo punto: proprio a causa di quella soggettività, non esistevano regole precise o indicazioni da seguire per avere, per esempio, il potere di vedere il futuro. Era infinitamente difficile, almeno per lui. Non era tuttavia la prima volta, per Eraqus, in cui percepiva un potere di luce. Quando si trovò davanti a questi bambini, ad ogni modo, sentì qualcosa di più; riuscì a percepire un cuore molto forte.
Eraqus era ancora, da molto tempo, in cerca di uno scopo. Quello ricorrenre era solo uno dei suoi tanti viaggi compiuti per proteggere la luce; questa volta era arrivato troppo tardi. Quasi tutti erano ormai stati consumati dalla bestia oscura. Che cosa ingiusta, crudele, innaturale, opera dell’oscurità. Oscurità significa rovina e distruzione, Eraqus non aveva più dubbi. Il suo scopo era combattere il divulgarsi dell’Oscurità, per la salvezza delle anime e dei cuori innocenti…
Topolino e il Maestro Eraqus presero i due bambini con loro e li portarono in una delle case che non era stata distrutta dalla catastrofe. Diedero loro da mangiare e da bere, li tranquillizzarono e dopo altri pianti e qualche dolorosa protesta, Topolino riuscì a farli addormentare.
«Ma come fai?» gli chiese Eraqus. «Sei incredibile».
«Oh, diciamo che è nella mia natura» rispose Topolino, accennando un sorriso e, anche se era difficile dirlo visto l’aspetto del custode, arrossendo leggermente. «Io… non ci posso credere. Dove sono finite tutte quelle povere persone? »
«Non saprei proprio» rispose il Maestro. «Non capisco perché… perché tutto questo. Non può essere finita; non può essere stato tutto inutile». Eraqus era a pezzi e sconsolato; si trattava di uno stato d’animo piuttosto raro per lui, a dire il vero: aveva un carattere molto forte, e inoltre era raro che fallisse le sue imprese.
«Non è stato tutto inutile» mormorò Topolino. «Non te l’ho ancora detto, ma sono riuscito – siamo riusciti – a salvare la maggior parte di loro. Pensavo fosse la fine definitiva di questo mondo, così ho preso uno strumento che il mio maestro mi ha dato, avvertendomi tuttavia di usarlo solo in caso di emergenza. Un          frammento di stella». Nel sentire quella notizia, il peso sull’animo di Eraqus si era alleggerito; il Maestro fece un sospiro.
«Quindi sai dove sono finite quelle persone? »
«Beh, no… è questo il problema. I frammenti di stella sono oggetti magici su cui il mio maestro sta ancora lavorando. Lui dice che forse non saranno mai perfetti, e sono estremamente difficili da elaborare. Quelli che mi ha dato sono alcuni dei prototipi che sembravano funzionare a dovere».
«Quelli? Quindi ne avevi più di uno? »
«Sì, tre o quattro»
«Hmm…» moromorò il Maestro. «Frammenti di stella… Mi sembra di averne già sentito parlare… Ah! Sì, ma certo… Ora ricordo, mi aveva anche parlato di un apprendista particolare» disse infine, con un’illuminazione improvvisa. Topolino, confuso, girò leggermente la grossa testa di lato e lo guardò perplesso. «Cosa vuoi dire?»
«Topolino, come si chiama il tuo maestro? »
«Beh, si tratta dello stregone Yen Sid! »
Ma certo, pensò Eraqus, sorridendo. Eccolo qui, l’apprendista stregone.  

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