Soyo e le origini dimenticate di Prince Lev Swann (/viewuser.php?uid=318960)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: La Profezia ***
Capitolo 2: *** La Valle Fiorita ***
Capitolo 3: *** Mondi divisi ***
Capitolo 4: *** Terra e Aqua ***
Capitolo 1 *** Prologo: La Profezia ***
PROLOGO:
LA
PROFEZIA
Un
vento leggero soffiava ai piedi della Torre Misteriosa. Misteriosa
i miei stivali,
pensò Master Xehanort. Il mistero
è come faccia Yen Sid a sprecare
i suoi talenti in questo spazio ridotto facendo studi poco utili e
istruendo
allievi mediocri. Topolino
se n’era appena andato con il suo Cercastelle,
quando naturalmente Xehanort non si era ancora rivelato.
Nonostante
non vedesse il suo compagno da molti anni, non si sentiva estraneo a
quel luogo; da ogni angolo emanava magia nell’aria, e lui di
certo non era poco
familiare alla magia.
Vista
l’importanza che avrebbe avuto quell’incontro,
Xehanort aveva programmato,
per cortesia, di non apparire direttamente nello studio di Yen Sid.
Tuttavia, quest’ultimo
lo stava aspettando nell’ingresso: gli aprì il
portone d’ingresso con un rapido
gesto della mano e aspettò che oltrepassasse la soglia. Lo
stregone era vestito
al solito modo: una semplice veste azzurra coperta in parte dalla lunga
barba
grigia e un cappello a punta. Squadrò Xehanort per qualche
secondo con sguardo
di sincera curiosità, ma facendo trasparire anche un
profondo rancore negli
occhi.
«Le
tue visite sono rare, Master Xehanort» disse infine. Xehanort
si fece
avanti; come suo solito, teneva le mani dietro la schiena e aveva la
gobba. Era
calvo e di carnagione scura e, a differenza di Yen Sid, era abbigliato
in modo
più moderno e articolato. Sollevò il capo,
iniziò a strofinarsi il folto e
candido pizzetto e rispose: «Sono stato occupato».
«Occupato
a progettare una guerra che stravolgerà tutto?»
domandò Yen Sid a mo’
di rimprovero, abbandonando parzialmente il tono di voce calmo.
«Storia
lunga» rispose Xehanort, raggiunse la base della scalinata e
aggiunse: «Hai
parlato con Eraqus, eh? Mio vecchio amico, avresti dovuto imparare dal
passato;
Eraqus non ha fegato, ha paura di rischiare ed è debole. Per
questo teme
l’oscurità. Tu non sei come lui, vero?»
«Di
certo non sono come te. Ma suppongo che tu sia qui per un motivo, e se
non
ti dispiace preferirei potermi sedere prima di discuterne. Se vuoi
seguirmi…»
«Non
è necessario» disse Master Xehanort, tendendo il
braccio, e di fronte a
lui si aprì subito un varco oscuro. «Facciamo
prima in questo modo, non credi?»
«In
realtà entrare in contatto con
l’oscurità non è proprio il mio modo
preferito di viaggiare. Per qualche scalino, poi… No, faremo
alla vecchia
maniera».
«Come…»
Xehanort ripose la mano dietro la schiena e il varco si dissolse.
«…preferisci».
Si
avviarono su per le scale in silenzio, e solo quando raggiunsero la
seconda
rampa Xehanort si rese conto, o meglio si ricordò, di
quant’era grande e
imponente quel posto. «Incantesimo di estensione
irriconoscibile, eh? Ben
riuscito». E lui
definisce tutto questo
qualche scalino?
Yen
Sid rise, ed era piuttosto strano da parte sua.
«Sì,
mi piace avere tanto spazio. E non preoccuparti,
c’è una scorciatoia» lo
rassicurò Yen Sid, indicando un portale di luce azzurrina
vicino alla porta successiva.
Xehanort non capiva. Non aveva parlato ad alta voce, come faceva Yen
Sid a
sapere cosa stava pensando un attimo prima? Era semplicemente intuitivo
o
sapeva decifrare i pensieri degli altri? No, non era possibile,
perché era una
di quelle abilità che si possono avere dalla nascita ma che
non si possono
apprendere. Dopotutto, se così non fosse, Xehanort avrebbe
risolto la maggior
parte dei suoi problemi. Forse, i continui esperimenti di Yen Sid non
erano poi
così inutili…
Raggiunsero
lo “studio” dello stregone. Era una stanza
circolare non troppo
grande, con un semplice e basso tavolo di legno al centro, la sedia
dall’alto
schienale di Yen Sid, qualche libro (alcuni enormi) sulle mensole e due
grossi
aperture verso l’esterno nel muro, uno a forma di stella e
uno a forma di luna,
da cui si poteva osservare il piccolo giardino davanti alla torre.
Visto
dall’alto, quel mondo –costituito unicamente da
un’isoletta in mezzo al vuoto-
sembrava ancora più piccolo. Master Yen Sid si sedette e poi
guardò Xehanort. «Ah,
dimenticavo… vuoi sederti, giusto?»
«Non
è necessario, Yen Sid, preferisco stare in piedi. E poi non
mi tratterrò a
lungo».
«Posso
offrirti qualcosa?»
«Amico
mio, smettiamola con queste formalità e arriviamo dritto al
punto».
Xehanort stava perdendo la pazienza.
«Molto
bene, allora parliamoci chiaro… Non ti aiuterò a
far scoppiare un’altra
Guerra del Keyblade, se è quest…»
«Non
ho alcuna intenzione di parlare della Guerra del Keyblade, Yen Sid.
Sono
qui per una profezia, una profezia che parla di un ragazzo con un
potere
speciale e pericoloso, voglio aiutarlo e guidarlo nel suo
cammino…»
«Ma
non mi dire… Che animo nobile. Quindi hai finalmente deciso
di addestrare
seriamente un custode?»
Xehanort
esitò un attimo prima di rispondere.
«Può darsi» rispose infine.
«Non
mentirmi. Se davvero c’è una profezia su un
custode in particolare,
significa che è davvero una persona speciale, e che tu vuoi
sfruttarlo. Vero,
Xehanort?»
L’altro,
perplesso, assunse subito un’espressione contrita e offesa.
«Come…
come puoi pensare una cosa simile? Sto solo cercando di aiutare
qualcuno
destinato a una vita difficile, non voglio che la sua sia davvero come
la
nostra o anche peggio…»
Yen
Sid chiuse gli occhi e assunse un’espressione di meditazione.
Non rispose,
quindi Xehanort continuò: «Per favore, aiutami,
mio vecchio amico, aiutami a
essere una persona migliore. Non è uno scopo giusto questo?
Piuttosto che far
scoppiare una guerra che ci porterà alla rovina, non
è meglio questa
occupazione?»
Yen
Sid sospirò e riaprì gli occhi. «Va
bene, ti aiuterò…» disse infine, e sul
volto di Xehanort si dipinse uno sguardo di trionfo. «Ma se
scopro che mi stai
mentendo, ti garantisco che farò di tutto per sconfiggerti,
Master Xehanort. E
ora dimmi, che cosa ti serve sapere?»
«La
profezia di cui parlavo dice che questo ragazzo nascerà da
una creatura dal
cuore puro e da un abitante delle Isole del Destino, e che il legame in
questione sarebbe considerato impossibile dai più
perché i due soggetti hanno
due ruoli opposti in natura». Xehanort aspettò di
nuovo un intervento dello
stregone per qualche secondo ma, visto che questi non parlò,
riprese: «Per
quanto riguarda la madre, ci viene detto che non è una delle
Prescelte… Ma non
capisco com’è possibile. Non è risaputo
che sono le uniche ad avere un cuore
puro?»
«Infatti,
è così» rispose finalmente Yen Sid,
«Ma questa profezia non specifica
che si tratta di una creatura umana,
o mi sbaglio? E le Sette Principesse del Cuore sono indicate, da tutte
le
profezie che le riguardano, come donne umane».
E
allora Xehanort capì. L’arma che cercava sarebbe
stata rivelata dal frutto di
un legame di due elementi opposti. Opposti in natura, come lo sono la
Luce e l’Oscurità.
«Non
sono indicate, per esempio, come creature
antropomorfe, fate o… sirene.»
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Capitolo 2 *** La Valle Fiorita ***
Un’improvvisa
folata di vento interruppe la pacifica quiete
della collina desolata. Diversi petali si sollevarono in aria creando
un
affascinante spettacolo di colori. L’immenso giardino
tremò violentemente e un
attimo dopo ci fu una luce abbagliante. Da un portale luminoso
uscì un uomo con
una lunga spada a forma di chiave in mano. Era interamente protetto da
un’armatura, riccamente scolpita in metallo, che dava al
guerriero un aspetto
di imponenza e di potere.
L’uomo fece sparire il Keyblade dal palmo della sua mano
destra e anche
l’armatura svanì in un rapido fascio di luce
dorata. Il normale abbigliamento
di Master Eraqus era costituito da comode vesti da viaggio e da un
camice
bianco; i capelli neri, leggermente ingrigiti, erano in parte legati
verso
l’alto mentre un ciuffo gli ricadeva sul viso. Nonostante gli
innumerevoli
segni del tempo e delle battaglie compiute, Eraqus appariva molto
più giovane
di entrambi i suoi vecchi compagni. Certo, a Yen Sid piaceva possedere
un’aura
di saggezza e a Xehanort un aspetto più mistico e
misterioso, mentre Eraqus
voleva solo difendersi dall’Oscurità e proteggere
la luce. In effetti, se non
fosse per la naturale vecchiaia, il Maestro aveva ancora lo stesso
aspetto di
quando era ancora un apprendista.
Era atterrato in un grande prato di tulipani gialli. Davanti a lui
c’era un
sentiero che portava al centro della città, mentre intorno
alle grandi colline
che la circondavano vi era solo un panorama indistinto, tipico di molti
mondi
che aveva visitato: una pianura verde apparentemente sconfinata.
Il cielo era ceruleo, privo di nuvole, e il sole splendeva.
All’inizio del
sentiero, situato appena fuori dal campo di tulipani, c’era
uno splendido e
imponente arco di legno, alto quasi tre metri e ornato da diversi tipi
di
fiori, quali rose e gerani di vari colori. Sulla parte più
alta dell’arco vi
era inciso, in oro, il nome “Valle Fiorita”.
Eraqus s’incamminò giù per il sentiero.
Dopo aver oltrepassato l’arco di legno,
si poteva scorgere benissimo il villaggio, situato nella parte
più incava della
valle. Era costituito da qualche casetta di legno
e da vasti giardini come quelli in cui il sentiero che stava
percorrendo si
faceva strada, tanti alberi dalle chiome vivaci e un edificio
più grande che
doveva essere il centro principale del luogo; un piccolo fiume
attraversava
interamente il villaggio, dividendolo in due sponde.
Una nuvola enorme copriva la parte più interna del
villaggio, oscurandola. Sì,
quello che Eraqus aveva davanti non era naturale. C’era
qualcosa che non
andava… Sentiva puzza di
oscurità; il
suo sentore si era rivelato corretto. Mentre correva verso il paesello
iniziò a
sentire le urla. Ricordandosi dei propri poteri, fece trasfigurare il
suo
Keyblade nel mezzo volante con cui si muoveva tra i mondi, e ci
montò sopra. In
un baleno scorse il centro del villaggio, la parte più
interna della valle,
quando si rese conto che qualcosa stava mandando in tilt il sistema di
controllo del suo mezzo, e fu costretto e scendere. Poi capì
di cosa si trattava:
un cratere enorme sovrastava la scena; aveva un aspetto impressionante
e
spaventoso. Eraqus era quasi sicuro che prima quell’area
costituisse la piazza
principale del posto. Dalla nuvola nera fulmini si abbattevano intorno
a lui,
mentre quella strana forza magnetica attirava cose sempre
più grosse
all’interno del cratere. La gente iniziò a uscire
dalle proprie case,
terrorizzata e sconvolta. Alcuni bambini piangevano e urlavano mentre i
genitori li conducevano più lontano possibile dal cratere.
Il Maestro comprese che il pericolo non era costituito dal cratere o
dalla
nuvola, ma da qualcosa di terribile presente lì sotto, che
attirava le cose a
sé, magari in cerca di prede.
Non aveva scelta, il suo potere gli dava il dovere morale di combattere
per far
cessare la distruzione e il pericolo. Si avvicinò con passo
deciso al cratere e
si buttò. Non poté neanche esitare,
perché quella forza lo risucchio in un attimo.
Atterrò con un tonfo su qualcosa di duro ma, grazie ai
poteri di cui il suo
corpo era intriso, per lui quella caduta era come fare un salto di un
metro. La
scena che gli si presentò davanti era terrificante: un
mostro enorme,
completamente nero, privo di occhi, si nutriva di ciò che il
cratere
risucchiava. Sembrava che quell’essere, già alto
più di sei metri, diventasse
sempre più grosso grazie a ciò che divorava.
Quando fosse stato abbastanza
grande da abbattere il suolo superiore, per gli abitanti di quel mondo
sarebbe
stata la fine.
La creatura aveva l’aspetto di un leone feroce, dai lunghi
artigli e le zanne
intrise di un liquido verdognolo che poteva essere letale,
all’addome del quale
era attaccato quello che sembrava un serpente. Il felino era
più nero della
pece ed era circondato da un alone oscuro, ma la cosa più
inquietante era la
testa, costituita quasi esclusivamente dal muso. Gli occhi non
c’erano, o
meglio, c’erano solo quelli rossi e scintillanti del
“serpente” attorcigliato,
che a sua volta era privo di bocca, e sembrava che l’intera
creatura fosse
controllata da esso.
Eraqus evocò il Keyblade e si lanciò contro
l’enorme mostro. Quando entrò in
contatto con lui, tuttavia, fu respinto e con violenza andò
a sbattere contro
le pareti rocciose della fossa. Sembrava che la sua speciale resistenza
alle
leggi della fisica si fosse indebolita. Circondato dal caos, il maestro
stava
perdendo i sensi e, prima di cedere al dolore opprimente,
l’ultima cosa che
vide fu un Keyblade in mano a una piccola creatura dai movimenti
rapidi,
provvista di due grandi orecchie tonde, che sfrecciava intorno al
mostro.
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Capitolo 3 *** Mondi divisi ***
Una leggera
brezza marina colpiva il volto scarno di Master Xehanort, mentre questi
camminava lungo la riva del mare di quel mondo così
insignificante. O, almeno,
così lo considerava prima di venire a conoscenza della
Profezia dei due
Opposti.
Era semplicemente un mondo marino, Atlantica, sul cui mare si
affacciava la
costa deserta e priva di vita.
Gli abitanti di Atlantica, poco astuti a giudizio di Xehanort, non si
erano mai
chiesti cosa ci fosse al di fuori del loro mare; e ovviamente non
avevano
neanche mai messo in dubbio che la loro fosse solo una piccola frazione
di una
distesa di acqua molto più grande e ricca di altre creature
come loro, perché
ne erano convinti, e questo bastava.
Naturalmente, come per quasi tutti i mondi e i poveri illusi che li
abitavano,
non era affatto così. Anche se ne erano a conoscenza solo
pochi eletti in quel
vasto universo chiamato Regno della Luce,
faceva tutto parte di un enorme sistema creato quando ci fu, ai tempi,
la
Guerra dei Keyblade, quando il Mondo, unico e compatto, fu sommerso
dall’Oscurità e diviso in piccoli frammenti
sparpagliati in quel vasto universo
dimensionale. Questi frammenti, i mondi,
erano divisi fin dal principio dal punta di vista fisico, e nel tempo
diminuirono, quasi fino a sparire, anche i Custodi, non solo del
Keyblade, ma
del sapere. Quasi tutti gli esseri
viventi, nell’epoca ricorrente alla nostra storia, vivono
nell’illusione creata
dal loro mondo, come se fosse unico, come se costituisse ogni cosa,
ignorando
che si tratta solo di una dimensione,
ristretta e limitata. Questo sistema, infatti, implica che nessuno si
faccia
domande su quello che ci dovrebbe essere al di fuori del luogo in cui
vive.
Tutto ciò faceva infuriare Xehanort, il cui principale scopo
era, infatti,
cambiare le cose, stravolgere di nuovo ogni esistenza e regola con una
nuova
Guerra del Keyblade.
Ecco perché, da sempre, il vecchio maestro aveva dedicato
ogni sua ricerca e
ogni suo gesto a questa causa, d’importanza superiore a ogni
altra. Xehanort
aveva scoperto delle profezie leggendarie e, nonostante non ritenesse
molto
importante capirne le origini e il significato più insito,
il suo piano era
assicurarsi che si avverassero per portare a compimento i suoi piani.
Cosciente
di quanto la faccenda fosse complicata e delicata, sapeva che il tutto
avrebbe
potuto richiedere del tempo.
Per quanto riguarda i suoi metodi, Xehanort aveva imparato ad agire
nell’ombra
e quindi quasi mai direttamente, ma attraverso delle pedine da adulare
o
controllare in altri modi.
In questo caso, il suo obiettivo era una creatura facilmente
ingannabile…
Nel frattempo, da tutt’altra parte, l’altro Maestro
chiamato Eraqus si
svegliava.
*
Topolino aveva
usato la magia di guarigione per far riacquisire i sensi
all’uomo. Questi
brandiva un Keyblade grigio e nero, dalle forme semplici e compatte.
Sembrava
piuttosto avanti con l’età, ma Topolino
l’aveva visto combattere con molta
agilità.
«Attento! Mi ha tolto i poteri in poco tempo, sono
debole» disse il Custode a
Topolino, che intanto l’aveva raggiunto e lo stava aiutando
ad alzarsi.
«Non preoccuparti, insieme possiamo sconfiggerlo. Tutto
bene?»
«Sì, grazie a te. Ora combattiamo!»
E così i due Custodi si rimisero all’attacco. La
bestia fatta di tenebre era
ormai enorme, per ogni salto che faceva c’era una scossa di
terremoto.
Eraqus riprese ad attaccare il mostro, ma questo si mostrava
invulnerabile e,
anzi, era il custode stesso che si sentiva investito da un gas insano e
terribile. Intanto il suo piccolo nuovo amico, Topolino, attaccava il
mostro da
lontano con varie magie e palle di luce, più efficaci di
tutto il resto.
Presto si resero conto che l’unica parte vulnerabile della
creatura erano gli
occhi (adesso più grandi e visibili) del serpente
attorcigliato, perché le
palle di luce si dirigevano direttamente lì e ogni volta che
centravano il
bersaglio il mostro sembra indebolirsi e rimpicciolire un po’.
Fu così che i due iniziarono a generare sempre
più sfere luminose e a spedirle
contro gli occhi del serpente, fino a che il Leone Oscuro raggiunse
finalmente
le sue dimensioni originali. Al che, Eraqus urlò al compagno
«Proviamo insieme!»
e questi rispose con un cenno d’intesa.
I due si avvicinarono e puntarono i Keyblade contro il mostro; un
immenso
raggio di luce fuoriuscì dalle armi, trafiggendo per
l’ultima volta l’essere.
Il felino cadde con un tonfo lieve e scomparve, mentre il serpente
rimase a
contorcersi in aria per qualche secondo, quando d’un tratto
gli occhi luminosi
si spensero e anche questo si dissolse.
Fu a questo punto che Eraqus sentì di aver riacquistato la
sua sovraumana
resistenza fisica. Con un sospiro di sollievo, evocò un
corridoio luminoso, che
li avrebbe condotti di nuovo in superficie, e guidò Topolino
all’interno.
*
«Ursula, fattucchiera di Atlantica, t’invoco».
La voce vibrò silenziosa nell’acqua, facendosi
sentire solo una volta giunta a
destinazione, nel covo di Ursula.
La reazione immediata della donna-polpo fu un sobbalzo unito a un verso
di
stupore. Per un attimo, infatti, aveva pensato che si trattasse di Re
Tritone o
di qualche altro scocciatore mandato da lei per accusarla di truffa
contro
qualche insignificante abitante di Atlantica, ma poi si rese conto che
la voce
non le era affatto familiare e che intorno a lei non c’era
nessuno. Dev’essere magia, vera
magia! Non c’è altra
spiegazione! pensò Ursula, con un ghigno pieno di
eccitazione.
«Chi sei, tu che mi chiami? » disse la strega.
«Come osi disturbarmi senza
neanche mostrati a me? » continuò con fare
superiore.
Una risata roca risuonò intorno a lei. «Voglio
proporti un accordo, amica mia, se naturalmente accetti di vedermi.
» A
queste parole l’aria di Ursula cambiò e da
insolente si fece curiosa.
«Molto bene, se vuoi parlare di accordi dimmi dove ti posso
vedere, amico mio»
Passò qualche secondo prima che la voce di Master Xehanort
rispose, di nuovo: «Segui
queste due anguille, saranno tuoi servitori da questo momento in poi, e
mi
troverai.
«Se acconsentirai, ti darò quello che brami di
più: poteri magici, veri e speciali».
Note di fine capitolo: il motivo per cui nel mondo di Atlantica non
c’è (ancora)
il regno di Eric è spiegato nella mia fanfiction “Il
Viaggio del Genio”.
SCUSATE
PER IL RITARDO NELLA PUBBLICAZIONE DEL CAPITOLO, MI SI È
ROTTA LA BATTERIA DEL COMPUTER E HO DOVUTO USARNE UN ALTRO!
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Capitolo 4 *** Terra e Aqua ***
Dopo
l’accecante luce del portale luminoso i sensi e la
vista di Eraqus furono colpiti da quello che lo aspettava nella Valle
Fiorita.
Il
villaggio era stato completamente devastato
dall’oscurità dilagante,
portatrice di rovina e disperazione, di sofferenza e di tragedie: le
graziose
casette e i begli edifici erano stati distrutti, gli alberi sradicati e
fatti
volare via, i parchi e i meravigliosi giardini rivoltati.
L’oscurità
era l’incarnazione di tutto il male presente
nell’universo, ecco
perché Eraqus viveva per distruggerla.
La
desolazione invadeva il borgo; la gente era scappata o finita
chissà dove.
Ma si sentiva il pianto lieve di una bambina, poco dietro di loro.
Topolino,
come Eraqus, era esterrefatto, e non esitò a correre dalla
fanciulla. Era una
bambina sui tre-quattro anni, dai capelli lisci di un blu vivace,
legati in un codino;
portava una lunga e graziosa canottiera scura sopra dei piccoli
pantaloncini.
Vicino a lei, a tenerle la mano, c’era un altro bambino
più grande di un paio
d’anni, dai capelli castani fino alle spalle, una maglietta
color grigio scuro
e dei calzoncini marroni. Il bimbo più grande provava a
consolare la più
piccola, che si gettò sulla sua spalla e continuò
a piangere. «Mam-ma! Pa-pà! »
urlò, nel
suo disperato pianto.
Quando
Eraqus si avvicinò lentamente ai due fanciulli, Topolino era
già corso l’oro
incontro. «Piccolini, tranquilli, va tutto bene. Siete al
sicuro ora!»
Pronunciando queste parole, il topo accarezzo i capelli della piccola
con il
tocco delicato dei sui grossi guanti bianchi.
«Non
temete, ora ci siamo noi a proteggervi» disse Eraqus,
chinandosi e posando
una mano sulla spalla del più grande.
Intanto
la bimba, tranquillizzata dalle carezze, si voltò verso di
loro; alla
vista di Topolino, il suo viso, rigato dalle lacrime,
s’incurvò in un sorriso.
«Come
vi chiamate, bambini? » chiese Eraqus.
«Terra»
mormorò il bimbo. «La mia amica si chiama
Aqua». Quando Eraqus lo guardò bene
negli occhi,
rimase profondamente colpito e quasi scioccato dalla sua espressione;
nei suoi
piccoli occhi azzurri si vedeva trasparire un dolore lieve ma intenso,
la
profondità di emozioni e pensieri che non avrebbe mai
pensato di percepire in
un essere umano talmente giovane, nel pieno dell’infanzia.
Eraqus
era un Maestro del Keyblade formato da ormai molti anni, con tante
esperienze
e studi dietro di sé. Dopo aver imparato a padroneggiare un
Keyblade e a sfruttare
tutte le sue potenzialità, un Maestro può
dedicare la sua vita a ciò che gli
pare. Anche se, come nel caso del suo antico compagno Yen Sid, se non
si è più
intenzionati a combattere è giusto rinunciare al titolo di
“Maestro del
Keyblade”. Yen Sid era ormai uno stregone saggio e potente,
ma non brandiva più
alcun Keyblade. Probabilmente ormai aveva perso persino la
capacità di
evocarlo. Quasi tutti i maestri, di solito, dedicano i loro primi anni
di studio
alla magia. La magia comprende infinite sfumature. Esiste la magia di
base:
fuoco, tempesta, tuono e tanti altri elementi costituivano
un’infinità di
tecniche da utilizzare in battaglia, molto efficaci e, se compiute da
custodi
esperti o specializzati, molto molto potenti. Ma non erano quelli i
misteri più
profondi della magia; costituivano infatti il minimo che un buon mago
dovesse
imparare.
La
magia avanzata era qualcosa di molto più complesso,
introspettivo, mistico,
molto difficile da apprendere e da capire; soprattutto, molto
impreciso.
Qualunque tipo di magia, a partire da quella di base, aveva un aspetto
molto
soggettivo. In particolar modo, la magia avanzata. I poteri mistici
erano misteriosi
proprio perché potevano cambiare o funzionare diversamente
da persona a persona.
Questa soggettività includeva anche il fattore della
predisposizione personale,
naturalmente. Il Maestro era sempre stato affascinato da questo aspetto
della
magia, perciò aveva studiato a fondo. Ma lo studio poteva
portare fino a un
certo punto: proprio a causa di quella soggettività, non
esistevano regole
precise o indicazioni da seguire per avere, per esempio, il potere di
vedere il
futuro. Era infinitamente difficile, almeno per lui. Non era tuttavia
la prima
volta, per Eraqus, in cui percepiva un potere di luce. Quando si
trovò davanti
a questi bambini, ad ogni modo, sentì qualcosa di
più; riuscì a percepire un
cuore molto forte.
Eraqus
era ancora, da molto tempo, in cerca di uno scopo. Quello ricorrenre
era
solo uno dei suoi tanti viaggi compiuti per proteggere la luce; questa
volta
era arrivato troppo tardi. Quasi tutti erano ormai stati consumati
dalla bestia
oscura. Che cosa ingiusta, crudele, innaturale, opera
dell’oscurità. Oscurità
significa rovina e distruzione,
Eraqus non aveva più dubbi. Il suo scopo era combattere il
divulgarsi dell’Oscurità,
per la salvezza delle anime e dei cuori innocenti…
Topolino
e il Maestro Eraqus presero i due bambini con loro e li portarono in
una delle case che non era stata distrutta dalla catastrofe. Diedero
loro da
mangiare e da bere, li tranquillizzarono e dopo altri pianti e qualche
dolorosa
protesta, Topolino riuscì a farli addormentare.
«Ma
come fai?» gli chiese Eraqus. «Sei
incredibile».
«Oh,
diciamo che è nella mia natura» rispose Topolino,
accennando un sorriso e,
anche se era difficile dirlo visto l’aspetto del custode,
arrossendo
leggermente. «Io… non ci posso credere. Dove sono
finite tutte quelle povere
persone? »
«Non
saprei proprio» rispose il Maestro. «Non capisco
perché… perché tutto
questo. Non può essere finita; non può essere
stato tutto inutile». Eraqus era
a pezzi e sconsolato; si trattava di uno stato d’animo
piuttosto raro per lui,
a dire il vero: aveva un carattere molto forte, e inoltre era raro che
fallisse
le sue imprese.
«Non
è stato tutto inutile» mormorò
Topolino. «Non te l’ho ancora detto, ma
sono riuscito – siamo riusciti
– a salvare
la maggior parte di loro. Pensavo fosse la fine definitiva di questo
mondo,
così ho preso uno strumento che il mio maestro mi ha dato,
avvertendomi
tuttavia di usarlo solo in caso di emergenza. Un
frammento
di stella».
Nel sentire quella notizia, il peso sull’animo di Eraqus si
era
alleggerito; il Maestro fece un sospiro.
«Quindi
sai dove sono finite quelle persone? »
«Beh,
no… è questo il problema. I frammenti di stella
sono oggetti magici su
cui il mio maestro sta ancora lavorando. Lui dice che forse non saranno
mai
perfetti, e sono estremamente difficili da elaborare. Quelli che mi ha
dato
sono alcuni dei prototipi che sembravano funzionare a
dovere».
«Quelli? Quindi
ne avevi più di uno? »
«Sì,
tre o quattro»
«Hmm…»
moromorò il Maestro. «Frammenti
di
stella… Mi sembra
di averne già sentito parlare… Ah! Sì,
ma certo… Ora
ricordo, mi aveva anche parlato di un apprendista
particolare» disse infine,
con un’illuminazione improvvisa. Topolino, confuso,
girò leggermente la grossa
testa di lato e lo guardò perplesso. «Cosa vuoi
dire?»
«Topolino,
come si chiama il tuo maestro? »
«Beh,
si tratta dello stregone Yen Sid! »
Ma
certo,
pensò Eraqus, sorridendo. Eccolo
qui, l’apprendista stregone.
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