Double Trouble

di Mo_
(/viewuser.php?uid=489806)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** From London with(out) Love ***
Capitolo 2: *** Australia ***
Capitolo 3: *** Sydney: tramonti e T-shirt problematiche ***
Capitolo 4: *** Londra non è un ponte ***
Capitolo 5: *** Here comes the sun. ***
Capitolo 6: *** 2/4 dei 5 Seconds of Summer. ***
Capitolo 7: *** Bugie e soluzioni avventate. ***
Capitolo 8: *** Panic Attack ***
Capitolo 9: *** Shit ***
Capitolo 10: *** Gli amichetti di mio fratello. ***
Capitolo 11: *** Mornig ***
Capitolo 12: *** She look so perfect ***
Capitolo 13: *** Past and Present ***
Capitolo 14: *** (I play guitar but) She's into drummers. ***
Capitolo 15: *** Messaggio : One Shot ***
Capitolo 16: *** Holding on and letting go. ***
Capitolo 17: *** Joy and pain ***
Capitolo 18: *** Bday ***
Capitolo 19: *** Birthday gift ***
Capitolo 20: *** Ash(es) to Ashes ***



Capitolo 1
*** From London with(out) Love ***





1
From London with(out) love
 
Can you hear the silence?
Can you see the dark?
Can you fix the broken?
Can you feel my heart?

I'm scared to get close anf I hate being alone.
I can't drown my demons, they know how to swim.
Bring me the horizon - Can you feel my heart.


Kat 
Gancio, gancio, montante.
Il rumore sordo dei colpi che vanno in porto riempie le mie orecchie e mi inebria a tal punto da isolarmi dal resto del mondo. Il mio avversario mi colpisce, tanta forza e zero tecnica, è come se mi avesse semplicemente sfiorato. Brad è solo una palla di muscoli ed egocentrismo, ed anche se questo è semplicemente un allenamento ce la metto tutta per stenderlo il più velocemente e brutalmente possibile.
«Vai Kat, complisci più forte.» con le parole d’incoraggiamento di sottofondo, mi bastano altri due frontali ed un montante per mandarlo al tappeto.
Mezza sega.
Lui pesa il doppio di me ed è un ventenne, io ho diciassette anni e sono una ragazza.
«Così, la prossima volta che pensi anche solo di essere migliore di me, ti ricorderai di questo momento»
Esco dal ring fiera di me stessa, con la guancia che fa male, ma troppo esaltata per poter davvero sentire dolore.
«Kat lo sai che di regola non potrei farti combattere con un ragazzo» la stessa voce che mi ha portato alla vittoria ora mi segue rassegnata fino al saccone appeso nell’angolo destro di quella sudicia palestra. Josh è il mio allenatore, nonché  il miglior boxer di Londinese degli anni Ottanta e fratello di mio padre. Solo che preferire chiamare lui papà, piuttosto che quello stronzo.
«Le ragazze che sono qui le stendo semplicemente alzando il dito, almeno con Brad c’è soddisfazione» gli rispondo cominciando a tirare pugni contro il mio avversario di cuoio. Quel saccone sa tutto di me. Sa quando sono troppo debole per dargli anche solo un pugno e quando sono così incazzata da poterlo staccare dalla catena, lui si deve sorbire tutti i miei sbalzi d’umore e le mie lagne. Se solo potesse parlare si ribellerebbe. O sarebbe il mio migliore amico.
«Spiegami di Sidney» continua Josh in vena di chiacchiere «Domani c’è il torneo più importante della stagione, non puoi restare da me e andare un’altra volta a trovare tuo fratello? Credo che i tuoi se la caveranno un paio di giorni senza di te»
«Perché credi che sia così incazzata oggi? Mi costringono ad andare con loro, probabilmente hanno anche scelto apposta la data per non farmi combattere. Andy è l’unica cosa positiva, non lo vedo da secoli»
«Se proprio non si può fare niente, ti organizzerò altri incontri più in là. Vuoi un passaggio a casa Kat? Sono le undici, è ora di andare»
«Tranquillo, so difendermi» 
Josh scoppia a ridere ed io gli faccio l’occhiolino, senza mai fermare la raffica di pugni davanti a me. Considerando che non rivedrò questo posto ormai più familiare di casa mia per qualche giorno, me lo godo fino all’ultimo. Finchè il custode non spegne le luci e praticamente mi porta di forza verso l’uscita. Ad ogni modo, mi sono sfogata abbastanza.
Fuori dalla palestra è tutto buio e piovoso, sia metaforicamente che letteralmente. Cammino lentamente per le strade di una città mai silenziosa cercando un  pretesto per tornare a casa il più tardi possibile. Il cappuccio del felpone non basta a ripararmi dalla pioggia, ma va bene così. Sia dove sono ora che casa mia sono abbastanza lontane dal centro, eppure una volta nell’underground prendo un treno per il Tower Bridge. Il lungo Tamigi di notte fa la sua porca figura. Sembra un posto magico, senza tempo. 
Mi siedo su una panchina e aspetto, senza sapere cosa aspettare.
Un tempo non ero così. Non ero incazzata ventiquattro ore su ventiquattro, non trovavo scuse pur di non tornare a casa, non avevo i capelli blu e non sfondavo di pugni chiunque intralciava il mio percorso. Prima avrei dato di tutto per andare in Australia a trovare mio fratello, ora il solo pensiero di lasciare la mia città per qualche giorno mi spaventa. Io e Londra siamo entrate in simbiosi. Entrambe grigie, entrambe tristi, entrambe anche estremamente forti. In Australia, invece, in questo momento c’è il sole. Ed io non sono pronta per l’estate, non me la sento.
Ma devo fare uno sforzo, per Andy, non per i miei genitori, no, solo per lui.
Verso l’una un messaggio di mio padre illumina lo schermo del mio telefono, vuole solo sapere se sono ancora viva, ormai si è rassegnato al mio continuo fuggire da casa.
L’aria si sta facendo troppo fredda e la stanchezza comincia a farsi sentire, così credo sia arrivato il momento di andarmi a gettare sul letto. Tra piedi e treno, varco la porta d’ingresso che sono le due meno qualcosa. Ed i miei non mi dicono niente. Mi hanno gridato contro troppo e troppe volte per avere ancora qualcosa da dire. In camera c’è una valigia non fatta da me, ma con la mia roba. Un biglietto poggiato sulle coperte mi dice di mettere la sveglia per le 5, ma io in Australia non ci voglio neanche andare, quindi se proprio ci tengono mi sveglieranno loro.
Scrivo un cuore come messaggio ad Andy, poi mi addormento senza neanche rendermene conto.
Ho una strana sensazione dentro, ma il sonno è più forte. 
La porto con me nei miei incubi.
 
Andy
 
«Allora Andy, una certa Kat ti ha scritto un  cuore ieri alle due, che amore, chi è? La tua nuova fiamma? La conosciamo?» Ashton, con il mio telefono in mano, fa tutto fuorchè quello che gli chiedo. Come sempre, d’altronde. 
«è mia sorella Ash, e no, non la conoscete» gli rispondo nervoso mentre, nonostante i movimenti rallentati, cerco di ridare alla casa un aspetto dignitoso. Qui, però, servirebbe un’agenzia di pulizie più che cinque ragazzi con i postumi di una sbornia colossale. Soprattutto se tre quinti non collaborano.
«Quando hai detto che arriva tua sorella?» domanda Luke dal divano davanti alla televisione, tutto preso da una partita all’x-box contro Michael.
«Tra tre ore idioti! Anziché giocare potreste darmi una mano?» chiedo quasi in tono di preghiera, gettandogli addosso il sacco della spazzatura.
«Ho vinto ancora!» è l’attinente risposta di Michael che, fregandosi altamente della mia richiesta, scatta in piedi e lancia un cuscino contro il povero Luke, come sempre sconfitto. Questo, però, non è il momento della compassione.
«Ragazzi dai! Prendete esempio da Calum» Calum che, proprio in quel momento, lascia cadere per terra scopa e paletta con aria incazzata e fa per avvicinarsi alla porta d’ingresso.
«Ho fatto abbastanza, schiavizza gli altri ora» la sua ribellione, nel momento sbagliato, viene volentieri imitata dagli altri. Calum sparisce prima che possa dirgli niente, a Mike basta un balzo per correre via, Luke sfugge alla mia presa e mi grida anche un «buon lavoro», ma Ash è in gabbia. Troppo rallentato da tutto l’alcool di ieri sera non si rende neanche conto di quello che gli sta succedendo intorno e, quando cerca anche lui di correre verso la via d’uscita, a trattenerlo dalla t-shirt non ci metto niente. Ash assonnato, affamato e alcolizzato è piuttosto arrendevole.
«A noi due» gli sorrido, abbracciandolo scherzosamente, ma vedendo che non reagisce mi gioco l’asso nella manica «poi ti porto a fare colazione e avrai l’onore di conoscere  Kat»
«Non lo faccio per tua sorella, ma per la colazione» il suo viso si illumina, ecco come comprare Ashton Irwin la mattina dopo una sbronza. Il cibo è la chiave.
Gli affido il saccone della spazzatura e lui si prepara al grande sforzo togliendosi la t-shirt e legandosela in testa così da sentirsi una vera e propria casalinga. 
Dopo un’ora di lavoro intenso ci ritroviamo buttati sul divano uno addosso all’altro, distrutti, con  la casa più o meno pulita.
«Tu sei pazzo, rendere decente questo posto è un’impresa» si lamenta il biondo sdraiato sui cuscini con la testa all’indietro.
«Lo so, per questo non ce l’avrei fatta da solo» gli sorrido grato, lui si rimette la maglia e mi sbatte addosso la pezza che ha usato per pulire, sommergendomi di briciole e polvere. Faccio per dargli un pugno ma lui mi blocca dicendo «colazione amico, colazione» con quel suo sorriso a diecimila watt al quale nessuno potrebbe resistere.
Lo guardo meglio e mi rendo conto che non posso portarlo in giro così, nonostante questo sia solo l’inizio della loro carriera passeggiare per Sidney con i 5 Seconds of Summer significa bloccarsi ogni venti metri per colpa di orde di fan urlanti. Le ragazze di qui sono pazze, probabilmente gli hanno attaccato delle cimici addosso perché riescono a trovarli sempre. SEMPRE. Li riconoscono anche oltre i vetri della macchina e solitamente, se lo fanno, bloccano completamente il traffico. Oggi però non posso fare ritardo. Non ho intenzione di lasciare Kat da sola nell’enorme aeroporto di Sidney.
«Ash ti voglio vedere tra un minuto completamente irriconoscibile, muovi il culo»
Alzarsi dal divano è davvero, davvero faticoso. Ancora peggio svuotare tutti i cassetti in cerca di un paio di occhiali da sole e delle chiavi della macchina, ma tutto sommato cerco di reggermi in piedi. Quando Ash riappare si è più o meno trasformato in un australiano qualsiasi. Wayfarer dalle lenti oscurate calati sugli occhi, un cappello da baseball dimenticato da Calum ed una comunissima T-shirt bianca delle mie che gli va decisamente troppo larga. Nascondere Ash non è mai un grande problema, a meno che non sorride. Il suo sorriso lo riconoscono sempre tutti. Solitamente quelli difficili da far passare inosservati sono Mike e Luke. Luke ha un viso troppo particolare per non riconoscerlo e Mike…beh, tra capelli blu, verdi, fucsia e quant’altro di certo non si confonde con la folla.
«Se sorridi ti ammazzo» intimo al biondo mentre lasciamo casa e raggiungiamo la decappottabile parcheggiata nel giardino. La mia meravigliosa BMW grigio metallizzato.
«Considerando che l’hai comprata con i nostri soldi, come minimo dovresti far guidare me.» tenta di convincermi Ash, pronto ogni giorno con una scusa diversa per andare al volante. E non è che non mi fidi di lui, ma… ok, no, non mi fido di lui. La prima e ultima volta che gli ho affidato il comando più che una passeggiata in macchina sembrava una gara di rally dove i malcapitati pedoni erano visti come ostacoli da superare alla massima velocità e i semafori considerati un optional. Se gli altri erano così masochisti da farlo guidare, problemi loro. Ash doveva stare ben lontano dal mio gioiellino.
«Quei soldi me li sono guadagnati. Organizzare quattro incoscienti come voi non è certo un lavoro per tutti»
«Ma se tu hai vent’anni e frequenti ancora dei ragazzini!»
«Si chiama lavoro, Ash, se no vi avrei già buttati tutti giù dal balcone di casa vostra»
«Si chiama lavoro anche quando organizziamo le migliori feste del quartiere? Quando andiamo a fare surf insieme? Quando non ti va di dormire da solo e veniamo a farti compagnia?»
«Meglio considerarlo lavoro Ash, perché quando mi svegliate la domenica mattina buttandovi tutti e quattro sul mio letto, beh, vi ucciderei»
Ce ne andiamo così, scherzando, per tutto il tragitto. Anche perché con Ash la parola serietà, la maggiorparte delle volte, è un ricordo lontano. Sidney scivola veloce ai lati della macchina, il tipico vento fresco ci scompiglia i capelli ed il sole brilla sopra le nostre teste. Le mattine australiane sono una cosa che non cambierei con nulla al mondo. Nonostante non sia in perfetta forma, in questo momento quasi riesco a sentirmi felice. È questo posto che ti rende felice. E anche Ashton che spara stronzate a raffica aiuta. 
Arriviamo in aeroporto che sono le dodici e, grazie al tragitto senza intralci, abbiamo anche una mezz’ora di anticipo, così posso offrire ad Ash quella famosa colazione. Si, colazione alle dodici. 
«Per quanto si fermerà tua sorella?» domanda mentre si ingozza di ciambelle glassate e frappè al cioccolato. Non posso criticarlo considerando che ho preso all’incirca le sue stesse cose, ma lui sembra un orso appena risvegliato dal letargo, mentre io sono… inglese. Nonostante quei quattro cerchino disperatamente di trasformarmi in uno di loro, sarò sempre il più raffinato qui. 
«Non lo so Ash, i miei mi hanno pregato di tenerla con me per un po’. Lontana da Londra e da tutto quello che Londra comporta.»
«E lei è contenta di stare con te?»
«Di stare con me suppongo di si, il problema è che non sa niente. Lei pensa di tornare a casa tra un paio di giorni.»
Ad Ashton va di traverso il frappè.
«E tu che intendi fare? Tenerla a Sidney con la forza?»
«non lo so, Ash. Solo… non spaventiamola subito con la questione della band. Nel caso non ti riconosca, non presentarti come Ashton dei 5 Seconds of Summer. Sii solo Ash»
Ash mi fa un ok con il pollice sporco di glassa al cioccolato e subito dopo mi sorride. Anche se gli avevo detto di non farlo, per questa volta non obbietto. 
Se c’è una cosa a parte fare o sparare cazzate in cui Ahston Irwin è il migliore, quella è sicuramente il saper ascoltare. Le famose chiacchierate con Ash sono meglio di una seduta dallo psicologo e credo che anche a Kat farà bene conoscerlo.
«Sarei più che felice di essere solo Ash con qualcuno»
«Non diciamo niente agli altri per ora. Cerchiamo di tenerla lontana da loro. Tu sei Ash e vieni con me al college, sei un australiano qualunque e facciamo una vita qualunque»
«Non hai detto ai tuoi di aver lasciato il college, vero?»
Non riesco a rispondere alla domanda perché la nostra attenzione viene attirata dalla voce metallica dell’altoparlante che annuncia l’arrivo del volo da Londra. Sia santificata.
«Andiamo dai» gli dico alzandomi per andare a pagare, ma Ash mi rivolge uno sguardo di quelli alla “non finisce qui”, poi prende l’ultima ciambella rimasta e se la mette sulla testa a mo’ di aureola.
«Guarda, sono l’angelo delle ciambelle» ed ecco che torna il solito Ash. Lo guardo e mi piego in due dalle risate. Due bambine al mio fianco fanno lo stesso, giusto per far capire il raiting delle sue battute. 
«Se mi pregate tutte le sere vi porterò una ciambella al cioccolato appena vi sveglierete» le sussurra piegandosi all’altezza dei loro visi «no bugia, perché io la mattina dormo e..»
«Andiamo idiota» afferro la sua (mia) maglia e lo trascino via dalle sue nuove amiche «sei un po’ coglione però, ammettilo dai»
«e la cosa bella è che mi vuoi bene lo stesso» risponde ridendo ed io gli tappo la bocca, coprendo quel cazzo di sorriso. Sussurra uno scusa contro le mie dita, cominciando a leccarmele per farmi spostare la mano, e continuando comunque a ridere come un pazzo.
Kat ci trova così.
Incrocio il suo sguardo e quasi non la riconosco. 
Avrà perso almeno dieci chili dall’ultima volta che l’ho vista, il pesante trucco nero sugli occhi è sbavato, l’enorme maglione bianco non è decisamente adatto alla giornata di oggi e ha i capelli blu. Ha i capelli BLU. Blu come Michael. Oddio.
Lascio Ashton e corro da lei, che fa cadere il borsone e la valigia sul pavimento per strigermi le braccia al collo. Almeno il suo profumo è sempre lo stesso.
«ma che ti è successo Kat?» mormoro tra i suoi capelli, rendendomi conto forse solo in quel momento di quanto mi fosse mancato avere una persona della mia vecchia vita a Londra qui a Sydney. Abbracciare Kat è come tornare ad essere l’Andy di un anno fa. È una cosa stranissima, perché quasi mi sono dimenticato di tutto ciò che è al di fuori di Sydney e di quei quattro ragazzi. Mi sono dimenticato anche di lei, quando forse avrebbe avuto bisogno del mio aiuto.
«Tu lo sapevi che mamma e papà non sarebbero venuti?» mi chiede schietta, allontanandosi dal mio petto per potermi guardare negli occhi. Riesco a vedere così tanta delusione in quelle iridi castane che mi vengono i brividi. In fondo, non se l’aspettava di essere abbandonata in quel modo. «non mentirmi Andy»
«si» devo risponderle, perché dopo un anno quasi senza sentirla si merita almeno la verità. 
«e non mi raggiungeranno domani, vero? E neanche dopodomani? Non verranno mai a riprendermi, no? Mi hanno scaricato da te.»
«speravano solo che saresti stata tu a non voler più tornare, ma si, in sostanza ti hanno affidato a me»
Kat tira un respiro, scuote la testa ed io stringo i pugni per paura della sua risposta, ma quello che non mi sarei mai aspettato è un sorriso. Il timido sorriso di Kat.
«Sono contenta di vederti Andy» dice ed io non posso fare altro che abbracciarla ancora una volta. È così piccola a mio confronto che sembra indifesa. So, però, di cosa è capace.
«Kat, ti presento il mio migliore amico» faccio dopo che mi rendo conto che Ashton è stato zitto per fin troppo tempo. Lui spunta da dietro la mia schiena e, limitandosi ad un leggero sorriso, allunga la mano verso mia sorella.
«Sono Ash, piacere di conoscerti» parla trattenendo la felicità di presentarsi, dopo tanto tempo, come un ragazzo qualunque. 
«Kat» risponde lei e la sua mano scompare tra le dita di Ashton. «ma che diavolo di lingua parli?»
La faccia di Ashton è tutta un programma.
Ecco, forse non è più abituato ad essere trattato da ragazzo qualunque.
Kat scoppia a ridere, rendendosi conto dell’espressione del povero ragazzo che non riceveva una critica da una ragazza da fin troppo tempo. E non posso che ridere anche io.
«In una settimana riuscirai a capire cosa dicono, in un mese parlerai come loro» le spiego circondandole le spalle con un braccio e cominciando a camminare verso l’uscita. Ash, da vero gentiluomo (che non è mai), prende la valigia di Kat e cammina al nostro fianco senza lamentarsi dello sforzo. Se dovessi raccontarlo agli atri non ci crederebbero. Giuro, vorrei fargli un video.
Una volta in macchina prende comunque possesso del suo posto davanti e il controllo della radio, attaccando l’EP dei 5 Seconds of Summer a massimo volume.
Io e Ash ci guardiamo, capendoci al volo.
Così, quando il motore comincia a rombare sotto i nostri piedi, ci giriamo contemporaneamente verso Kat. Mega sorriso e via, si parte, mentre le gridiamo un «Benvenuta in Australia» 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Australia ***



 
2
Australia


In the city, you find faith
In the people you see fear
That remind you of your own,
Let it go.

Zola Jesus - Skin
 


 
Kat.

Caldo.
Caldo è, decisamente, la prima parola che mi viene in mente per descrivere ciò che provo in questo momento. Nient’altro.
E sarà che ho un maglione addosso, sarà che dodici ore fa quasi giocavo a palle di neve, ma credo che il mio sangue, non solito a queste temperature, potrebbe andare in ebollizione nel giro di pochi minuti.  E qual è la cosa più divertente? Che a casa di Andy c’è un albero di Natale.
Un. Albero. Di. Natale.
Con quaranta gradi fuori.
Non credo che potrei mai abituarmi ad una cosa del genere.
«Che ne pensi?» mi chiede Andy mentre, tutto sorridente, mi porta a fare un giro turistico della casa. È una villa a Bondi, una zona di Sydney a trenta minuti dal centro, ma a due passi dalla spiaggia più bella della città. Qui qualsiasi cosa è bianca, bianca o color legno. C’è il gusto di mia madre nell’arredamento, il tocco di papà nelle librerie strapiene. Del resto, questa, era la loro casa estiva, donata ad Andy per seguire gli studi nel miglior college australiano. E ora, indirettamente, prestata anche a me, che sono stata scaricata qui come si farebbe con un pacco di posta prioritaria. E non posso dire di esserci rimasta male perché infondo lo sapevo che prima o poi sarebbe successo, ma non è neanche una cosa tanto bella essere cacciata di casa a diciassette anni.
«Penso che vivere qui, da solo, sia davvero troppo inquietante» confesso una volta sulle scale che portano al primo piano. «Cioè, non ti senti solo in una casa con tre camere da letto di cui due vuote?»
Andy mi guarda e forse la risposta la so già. E mi pento anche di avergli fatto quella domanda.
«Kat, sai che piani avevo per la mia vita»
Ecco, appunto.
Mi accompagna silenzioso fino alla porta aperta a sinistra delle scale, poi lascia cadere sulla soglia borsone e valigia.
«Questa è camera tua, puoi fare quello che vuoi, cambiare i mobili, ridipingere le pareti, sta tutto nelle tue mani. Mettiti comoda, io vado a preparare il pranzo»
Andy mi lascia lì, sola per la prima volta da quando sono atterrata. Ed è vero che stare da sola è la cosa che ultimamente preferisco, ma in questo momento serve solo ad affollarmi i pensieri più di quanto non lo siano già. Questa camera, poi, è troppo grande per una persona sola. Su quel letto ci starebbero quattro persone, le pareti bianche mi mettono ansia e se riuscissi a riempire l’armadio anche solo per metà sarebbe già tanto. La cosa più bella è la grande vetrata che domina un intero lato della stanza. Da lì si vedono poche altre file di case, poi, subito dopo, il mare.
Ed è così blu, così immenso, che subito lo associo alla definizione di infinito.
Meraviglioso, ma allo stesso tempo spaventoso.
Un po’ come l’Australia per me.
Io a tutto quel calore non ci sono abituata, e non solo fisicamente.
Non ho voglia di disfare ora i bagagli, così li lascio sulla poltrona e resto ad ascoltare i rumori di Andy che armeggia con qualcosa giù in cucina. È così bello averlo di nuovo in torno, come quando eravamo piccoli e lui mi preparava sempre la merenda, o quando mi faceva piangere e poi veniva ad abbracciarmi dopo due secondi. Per i miei lui è sempre stato il figlio perfetto, la cosa migliore che gli fosse capitata, e nonostante sembri strano, questo a me non è mai pesato. Perché Andy tratta me come la donna della sua vita, non nostra madre, e questo mi basta. 
Mio fratello è l’unica cosa positiva della mia famiglia.
Così scendo subito da lui, abbracciandolo mentre toglie la pizza dal forno.
«Mmm, pizza surgelata, questo si che è cucinare» lo sfotto e lui mi da un colpo di sedere per allontanarmi, ma subito dopo si mette a ridere.
«I miei amici mi ringrazieranno per aver portato una ragazza in questa casa. Conoscendoti, so di per certo che le nostre abitudini alimentari cambieranno. A meno che anche tu non voglia unirti a noi nella dieta della pizza»
«Direi di no, considerando che mi ospiti qui, cucinare sarebbe il minimo»
Prendiamo le nostre pizze e mi lascio guidare verso la sala da pranzo adiacente al salone, una zona completamente vetrata che si affaccia sul prato inglese del giardino. L’unica cosa di “inglese” che c’è qui. «Quindi hai spesso amici a casa?» domando poi, notando che ha parlato al plurale riguardo le abitudini alimentari. Subito mi innervosisco. Non so come sono i ragazzi di qui, a parte quell’Ash di prima, e se dovessero essere tutti felici e solari come lui credo che potrei spararmi. Le persone allegre mi fanno innervosire, mi ricordano come ero io una volta.
Come ero e non sono più.
E poi non so più rapportarmi con la gente, sono talmente abituata a prendere tutti a pugni che mi sono dimenticata come si fa a stringere amicizia con qualcuno.
«Si, sai, è una casa grande e qui è molto più tranquillo che in centro, dove abitano loro, così spesso si fermano da me» mi risponde solo dopo aver ingoiato il pezzo di pizza che aveva in bocca. La vecchia, buona, educazione inglese. «ma stai tranquilla, ora che ci sei tu cercherò di tenerli alla larga il più possibile»
«Non voglio intralciare la tua vita, Andy»
«ma Kat, non ti vedo da almeno un anno, sono sparito, ora voglio dedicarti più tempo possibile, e poi sono sicuro al cento per cento che piaceresti ad uno di loro, quindi meglio evitare»
Andy ride, ed è quella risata familiare che mi è mancata più di tutto. Andy riesce a far ridere anche me.
«Non sono una di quelle che piace alla gente» ammetto e non perché voglio che mi contraddica, non per sentirmi dire che sbaglio, ma perché è la verità.
«Tu pensa che lui dice lo stesso, e ha anche i capelli blu»
Ecco la confutazione della mia tesi di prima, per fortuna non sono tutti come il biondino.
«Comunque Ash sembra simpatico, non è il mio genere di persona, ma non si può dire il contrario»
«Fidati, Ash è il genere di persona per tutti. Nessuno può sentirsi triste con lui nelle vicinanze»
Secondo me, però, non è con una persona felice che ci si rallegra. Meno per più fa meno. Mentre due persone tristi riescono a migliorarsi a vicenda, meno per meno fa più, e due persone felici possono ritenersi fortunate, più per più fa più. La matematica non è un’opinione.
Ad Andy, però, non dico niente. Non voglio farlo preoccupare. Penserebbe che sono  depressa e mi dedicherebbe più attenzioni del normale, ed io odio avere attenzioni.
Senza farlo a posta, poi, Andy pronuncia l’unico nome non che avrebbe dovuto pronunciare, e quel poco di sole che, magari, piano piano avrebbe potuto contagiarmi, viene spento definitivamente.
«Tom?» mi chiede e lo so, non lo fa per cattiveria, non pensa di farmi così male, ma in quel momento è come ricevere una pugnalata nel petto. Prendersi ancora una volta una lama sul cuore, esattamente come la prima volta, esattamente come tutte le volte. Tom.
«Jess?» domando allora con lo stesso tono.
Ci guardiamo e sappiamo di star provando gli stessi sentimenti, le stesse sensazione, a riascoltare quei nomi dopo tanto tempo. Le situazioni sono completamente diverse, lo so, ma l’alone di un amore perso è sempre quello. Una macchia scura sul cuore. Indelebile.
A me credo si sia dilagata.
Credo che tutto il cuore sia una macchia scura ora.
Andy riprende a respirare dopo qualche secondo, accennandomi un sorriso che non significa che sta bene, solo che sa quello che so io.
«Potrai iniziare una nuova vita a Sydney, Kat. Siamo a centinaia di chilometri da casa e qui splende sempre il sole. Non vedere tutto sempre e solo negativo»
Andy approfitta del momento di silenzio per andare a portare i piatti in cucina e lasciarmi riflettere sulle sue parole. Tutto quello a cui riesco a pensare in quel momento, però, è che ho davvero bisogno di una sigaretta.
A ognuno il proprio modo di sopravvivere.
Bicchiere alla mano come posacenere, sigaretta tra le labbra e giro per il giardino in cerca di un posto tranquillo e possibilmente all’ombra. C’è una panchina sotto un albero che sembra essere stata fatta a posta per me, così mi godo la tranquillità della fumata post pranzo per la prima volta senza i miei che rompono e senza dover indossare almeno due maglioni per riuscire a sopportare il freddo.
Ecco i primi lati positivi dello stare qui. Totale libertà.
Mio fratello mi trova dopo pochi minuti e, fortunatamente, non commenta la mia attività ne attacca una delle sue paternali su ciò che si dovrebbe o non dover fare, anzi, mi chiede anche una sigaretta.
«Mi hanno chiamato dall’università, mi sarebbe piaciuto portarti a fare un giro in centro più tardi, ma mi tocca andare in facoltà e non so quando tornerò» mi annuncia guardandomi attento per cercare di captare la mia reazione, ma io sono l’indifferenza in persona.
«Mi ci porterai quando potrai, tranquillo» mi mostro serena così da fargli capire che l’argomento di prima è stato chiuso e, si spera, non verrà mai riaperto. Tanto a lui non potrebbe fare che piacere non parlare di Jess, come a me di Tom.
«Non mi va di lasciarti da sola la tua prima sera qui»
Mentre sto per ripetergli ancora una volta che non mi importa, il cellulare di Andy prende a squillare e una foto oscena di Ash compare sul suo schermo. Sempre con quel cazzo di sorriso anche mentre caga sul cesso con un peluches a coprire le parti intime.
«Boss hai per caso trovato i miei occhiali da vista a casa tua?» domanda e la voce arriva forte e chiara persino alle mie orecchie. Mi chiedo come un personaggio del genere possa essere amico di mio fratello.
Andy, che ha sempre frequentato prototipi di modelli dell’abercrombie e gente da circolo, tutti educati e raffinati, ora si ritrova con un tipo che più che la nostra lingua parla un qualcosa di simile all’inglese con influenze ostrogote e un accento mix tra gli slang del ghetto e un tizio che parla con la bocca piena di cibo.
«No Ash, e non gridare grazie»
Parlano di stronzate loro per qualche minuto e non li sto neanche ad ascoltare, almeno finchè non sento lo sguardo di Andy fisso su di me da un po’.
Ricambio alzando il sopraciglio in modo interrogativo.
«Ash che devi fare sta sera?» gli domanda sorridendomi complice, come se mi stesse facendo chissà quale favore a chiedere ad Ash di quella sera. Andy non ha ancora proposto niente, ma già ho capito tutto. E non è niente di positivo.
«Non ti azzardare» lo precedo cercando di sfilargli il cellulare dalla mano. Mio fratello, però, è il doppio più agile di me.
«Niente tu?» maledetto anche Ash che non ha niente da fare.
«Siccome è in parte anche colpa tua se sta sera non ci sono, ti andrebbe di portare Kat a fare un giro turistico per Sydney?»
Silenzio.
Io sto davvero pregando che Ash confessi a mio fratello che gli sto sulle palle e che, per questo, si rifiuta anche solo di rivedermi per qualche minuto.
Lo spero, ma qualcuno lassù crede di dovermi contraddire.
«Portamela a casa per le sette e dille che deve sentirsi onorata di scoprire Sydney insieme a me»
«Ti sento, Ash»
«Meglio, ciao Kat, a dopo»
Ash chiude la chiamata e il mio sguardo, lentamente, si alza dallo schermo del telefono fino agli occhi di Andy. Gli regalo quello sguardo un po’ sadico che riservo ai miei avversari sul ring e rido mentre si fa piccolo piccolo al mio fianco.
«Sai che posso farti male in qualsiasi momento, vero?» lo sfido «tanto male»
Poi lui rivolta la situazione e mi abbraccia.
«ma tu mi vuoi troppo bene per farmi male» L’amore che sconfigge la guerra.«Perché hai paura di andare con Ash sta sera?»
Mi ero dimenticata di come fottutamente bene mi conosce mio fratello. L’unica persona al mondo che riesce a captare ogni mio gesto, che sa dare una spiegazione a qualsiasi cosa faccio o penso.
«Paura?» chiedo indifferente, ma con lui non si bluffa.
«Quando hai paura minacci sempre di prendere tutti a pugni» mi fa notare, come se già non lo sapessi. Ho iniziato a fare boxe proprio per poter arrivare, un giorno, a stendere anche la paura stessa. Un piccola vendetta contro quella stronza che si è presa Tom. «quindi, perché hai paura?»
Ecco, Kat.
Perché hai paura?
Forse perché io, paura, ce l’ho di tutto. Mi spaventano a morte cose come il futuro, le persone, le promesse, gli addii. Mi spaventa me stessa. E più di tutto mi spaventa la felicità.
Io l’ho provato sulla mia pelle com’è cadere dal paradiso. Dicono che ne vale la pena, dicono che ci si rialza. Io però me ne sto spiaccicata al suolo da un anno senza il minimo accenno di ripresa.
Chiusa nella mia malinconia nessuno può farmi del male, ho già toccato il fondo, ma un sorriso…
«Ho paura delle persone felici. Ho paura di vederle sorridere il giorno prima, e scivolare nel buio il giorno dopo. A me è andata così e so cosa si prova, non sopporterei che potesse accadere a qualcun altro, quindi frequento persone che stanno già nella merda.»
«Fidati di me, Ash è a prova di famiglia Adams . Niente riuscirà mai ad abbatterlo, è la persona migliore con cui tu possa passare una sera.»
Me ne faccio una ragione solo perché Andy mi chiede di fidarmi di lui ed io a lui non potrei mai dire di no.
Male che vada, abbandonerò Ash nel centro di Sydney e cercherò un modo per tornare a casa.
Me la caverò.
Anzi, lui se la caverà.
 
Ashton.
 
«Chi è che deve venire qui alle 7?»
Calum, gettato sul divano al mio fianco, mi guarda malizioso, curioso di sapere chi è la ragazza con cui devo uscire più tardi.
Che poi non è che dobbiamo uscire insieme insieme, devo solo portarla a fare un giro. E la definizione "ragazza" non è neanche esatta. Lei è la sorella di Andy. Solo la sorella di Andy.
«Andy vuole che porti sua sorella a vedere Sydney perché lui ha un incontro con quelli della casa discografica» chiarisco cercando di tenere il tono più indifferente possibile, quasi scocciato.
«Esci con la sorella di Andy?» Luke, sbalordito, entra a gradi passi in salone e si unisce a noi sul divano «cioè, la conosci da tipo tre ore e già ci esci insieme?»
Naturalmente non poteva mancare Michael, che pur di ascoltare la nostra conversazione esce dal bagno con i pantaloni ancora abbassati.
«ho sentito bene?» grida anche un po’ incazzato «non è giusto, noi non abbiamo avuto il tempo di conoscerla, non puoi avere la precedenza»
Sbuffo, sprofondando ancora di più tra i cuscini del divano. Dio, questi tre sono peggio di delle ragazzine in astinenza che passano il pomeriggio a sbavare e fare gossip sui loro amichetti fighi.
«Non usciamo insieme, faccio un favore ad Andy» tento di spiegare ancora una volta, sperando di mettere loro l’anima in pace. «Che poi, perché siete così ossessionati da Kat?»
Sta volta sulle facce dei tre si dipinge la stessa espressione incredula, come se fossi io il pazzo psicopatico e non loro quelli fin troppo esaltati. A volte mi fanno paura.
«Ash, ma l’hai visto Andy? Se fossi gay sarei follemente innamorato di lui» dice Calum scatenando la risata di Luke.
«Considerando che i geni sono li stessi, scommetto che sua sorella è una bomba»
«Quindi prima ci conosce tutti e poi sceglie con chi uscire»
Ok. Se arrivano a concludersi le frasi a vicenda la situazione è davvero preoccupante.
«voi avete davvero troppa fantasia» alzo le mani e faccio per lasciare il divano, ma il braccio di Calum e l’intero corpo di Luke intervengono per non farmi muovere.
«Ragazzi ma volete la verità? È bruttissima. Ha un carattere di merda, è una depressa e di Andy non ha assolutamente niente. Mi rompe il cazzo vederla sta sera, ma è un favore ad Andy. Se volete sopportarvi la malvagia strega dell’est al posto mio fatevi pure avanti.»
Ed ecco che un silenzio glaciale cala sulla stanza.
Vedo l’esaltazione defluire dai loro occhi e non appena Luke e Calum allentano la presa ne approfitto per tagliare la corda.
«A questo punto tienitela pure» mi ride dietro Mike, io mi giro e gli faccio il medio.
Sparisco in bagno e, guardando il mio riflesso allo specchio, mi mordo la lingua.
Ai ragazzi non mento mai su niente, ma giuro che non penso neanche mezza parola di ciò che ho detto su Kat.
E non so neanche perché non ho detto loro di quanto è bella.
Fanculo.




Mo Writing
salve ragazze, qui Mo' con la sua prima ff sui 5SOS :)
Lasciatemi un commento, fatemi spaere che ne pensate, qualche consiglio, qualsiasi cosa.
Sono qui per voi!
Grazie a tutti per le recensioni e le seguite/preferiti. Fatemi sapere e alla prossima!
Un bacio, Mo' (e Ashton)

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Sydney: tramonti e T-shirt problematiche ***




 
I'm just a teenage dirtbag, baby.
Listen to Iron Mayden, maybe with me.
Teenage Dirtbag - Wheatus

3
Sydney: tramonti e T-shirt problematiche.

 
Ashton
 
«Ash mi prometti di fare il bravo? Niente locali pericolosi, niente tue idee strane e me la porti a casa per le dieci» Andy è così preso dalle sue raccomandazioni che non si accorge di Kat, minuscola al suo fianco, che gli fa il verso. Capelli dietro le orecchie, braccia incrociate sul petto e espressione cazzuta. Incominciamo bene.
«Dio Andy, non credo che Ash mi stuprerà sta sera, e anche se ci provasse non ne uscirebbe vivo. Stai tranquillo» gli dice per farlo smettere, camminando verso di me come se mi conoscesse da una vita.
«Ash» mi saluta poi con un cenno del capo, io la guardo e le sorrido leggermente imbarazzato dal discorso di prima.
«non ho intenzione di stuprarti Kat» ammetto, il che non significa che non potrei essere sessualmente attratto da lei, solo che sta sera farò il bravo. E forse con lei lo farò sempre, perché baciare lei sarebbe come baciare Andy. Andy con i capelli blu e alto la metà. Sarebbe davvero troppo strano e decisamente inquietante.
«Ash a casa massimo per le dieci, anche se non tornerò prima di mezza notte» continua lui imperterrito. Allora non lo fa solo con noi il papà, ma con tutti. Mi sento quasi sollevato, ora che c’è Kat potrà scaricare tutta la sua ansia repressa anche su di lei.
«Ciao Andy, divertiti» decido di chiudere il discorso e, afferrando Kat per il gomito, comincio ad allontanarmi. Mi giro solo per mandare un bacio ad Andy e Kat fa lo stesso, aggiungendo un “ti voglio bene” gridato tra la folla che invade la strada appena sotto il portone di casa. Non penso che nessuno dei ragazzi, dopo la mia descrizione, si scomoderà a scendere per dare un’occhiata alla nuova arrivata, ma voglio comunque portarla via di lì. Giusto per essere sicuro.
Poi, però, mi blocco.
Sydney è una grande città proprio come Londra, questo significa posti spettacolari, tanti turisti e tanto da camminare, ma c’è una cosa che la seconda non ha. La Skyline.
Così, sotto lo sguardo interrogativo di Kat, torno in dietro ed entro nel portone di casa. Lei mi raggiunge leggermente titubante, eppure sempre con quello sguardo duro e distaccato.
«Guarda che non scherzavo quando ho detto che se mi stupri non vedrai più la luce del sole»
La minaccia, pronunciata da quelle labbra screpolate e quel corpicino magro, non può che farmi ridere ancora. Solo che Kat non sembra divertirsi con me, anzi. «io dico sul serio»
Scontrosa mi raggiunge e mi supera con una spallata, entrando nell’edificio prima di me.
Bravo Ashton, tu si che fai sempre la cosa giusta.
«non ti sfiorerò neanche, voglio solo mostrarti una cosa»
Parlare con Kat è difficile.
Non so come trattarla, come intavolare un discorso o anche semplicemente cosa dirle. Io, però, il silenzio non lo sopporto, soprattutto quando due persone sono a stretto con tatto. Ed io, in quel momento, riesco a sentire persino il suo profumo.
«Mettendo il caso che ti stessi stuprando, cosa ne sai che sarei io quello a farsi male?» è l’unica domanda che mi viene in mente durante la lunga scalata dell’ascensore. Ed è anche stupida, lo so, ma la sua convinzione di prima, nonostante la mia reazione, mi è rimasta impressa.
«Faccio boxe» risponde lei semplicemente con una scrollata di spalle.
Di nuovo sono indeciso tra ridere o prenderla sul serio, e probabilmente non le avrei creduto se non avessi visto una scintilla sei suoi occhi accendersi non appena aveva risposto. Mi ricorda me quando parlo della musica.
E poi, se scoppiassi a ridere come prima, sono certo che mi abbandonerebbe senza pensarci due volte. In quel caso, sarebbe Andy ad ammazzarmi.
«Quindi meglio averti come amica?» scherzo e, incredulo, quasi le strappo un sorriso. Cioè, più che un sorriso è una leggera smorfia, ma è più di quanto potessi aspettarmi. Ora sono gasatissimo. Fino a fine serata riuscirò a farla addirittura ridere, ce la metterò tutta.
Quando le porte dell’ascensore si aprono davanti a noi c’è solo una porta di ferro. Siamo all’ultimo piano. Di certo non la porto a casa per vedere il panorama.
«Pronta?» le chiedo stringendo la maniglia, consapevole che non appena la aprirò saremo investiti da una corrente d’aria assurda. Io sono pronto, sono preparato, sono forte, ma lei sembra una foglia in attesa di essere spazzata dal vento. E non una di quelle belle foglie verdi ancora sugli alberi, no, più una già caduta, calpestata da chiunque.
Una di quelle che rendono magiche le strade autunnali. Ed io amo l’autunno.
Con un suo cenno della testa, mi decido a farci strada.
L’impatto è qualcosa di pazzesco.
C’è il cielo terso, dai toni rosei, il sole che tramonta dietro i palazzi e il vento che spazza via tutti i pensieri cattivi. Qui non si può restare indifferenti, qui gli occhi si riempiono di meraviglia.
Sono più che fiero di me per aver portato Kat su questo terrazzo, è il posto migliore per iniziare a scoprire questa città. Dall’alto.
«Come ti fa sentire?» le chiedo e nel frattempo la guardo, la guardo e mi sembra così fuoriposto da arrivare ad essere giusta.
La guardo e nonostante tutto è indifesa, in balia della corrente, della città e dei colori del tramonto.
La guardo e c’è qualcosa nel modo in cui cerca di restare impassibile anche se i suoi occhi sono colmi di stupore che mi fa venire voglia di abbracciarla. Istinto di protezione primordiale, come davanti ad un cucciolo.
«piccola, piccolissima» risponde in un sussurro. Ora mi guarda anche lei e credo sia arrivato il momento di togliermi gli occhiali da sole perché voglio che mi veda davvero. I suoi occhi si puntano nei miei, un po’ spiazzati, un po’ intrepidi. Mi piace il modo un cui mi guarda. Mi chiedo se anche a lei piace il mio. «tu?»
Ecco Ashton, tu come ti senti?
Qui, su questo tetto, con il mondo ai tuoi piedi. Mi ricorda di quando sono sul palco, mi ricorda tutte le sensazioni più belle del mondo.
Gonfio il petto d’aria, chiudo gli occhi e rivedo la folla che urla il mio – il nostro- nome, li riapro e trovo quelli di Kat.
«Grande, immortale»
Si, è decisamente così che mi sento.
Ed è la conferma di quanto io e Kat siamo diversi, eppure stare lì con lei ora non mi pesa. Sarà che è la sorella di Andy e io ad Andy voglio così bene che è come se ne volessi già anche a lei, sarà che non sorride mai e le persone così me le prendo a cuore, ma ho davvero voglia di renderle questo soggiorno in Australia più leggero e divertente di quanto si aspetterebbe mai.
So già quale sarà la prossima tappa, ma ho bisogno di un po’ più di buio per fare atmosfera, così decido di intrattenermi lassù. Mi accendo una sigaretta e lei fa lo stesso, sedendosi per terra proprio davanti alla ringhiera di confine, lo sguardo perso tra i grattacieli.
Non so perché, ma con lei, qui, in questo momento, con questo tramonto, non riesco a fare il buffone come al solito. Non mi vengono argomenti futili di cui parlare, nessuna battutina per smorzare il silenzio.
Però c’è una cosa che ho davvero voglia di chiederle.
«Come stai, Kat?» ed è la prima volta che voglio una risposta seria.
«Ash, fidati, non entrare nella mia vita. Inizia male e finisce anche peggio.»
Dal modo in cui mi risponde, ho la sensazione che nessuno le porga quella domanda da tanto tempo. Che poi è anche una domanda del cazzo, ma mi fa capire molto di lei, anche se non ho idea di cosa le sia capitato per arrivare a dire così.
«voglio solo sapere come sta la sorella del mio migliore amico e se posso fare qualcosa per lei»
«Sinceramente? Non lo so come sto, ma di certo non bene e nessuno può farci niente, però grazie dell’interessamento»
Dice con una leggerezza tale da mettermi i brividi. Cioè, io quando mi sento triste faccio la lagna con tutti  e smuovo il modo pur di metterci una pietra sopra, mentre lei è così indifferente, come se essere giù di morale fosse un’abitudine.
«Per fortuna sei arrivata, nella mia vita mancava un po’ di psicodramma adolescenziale» la butto sul ridere, riuscendo ancora una volta a strapparle quella sottospecie di sorriso/smorfia.
Piccoli passi Ash, piccoli passi.
«I’m just a teenager dirtbag, baby» canticchia poi, lasciando fuoriuscire il fumo dalle sue labbra.
«listen to Iron Mayden, maybe with me» continuo la canzone e in quel  momento credo di sorprenderla più di quel tramonto, più della meravigliosa vista. E la cosa più bella è che non riesce a nasconderlo, quei suoi occhi castani sono davvero entusiasti. Rido della sua espressione incredula. Del resto lei una ragazza dai gusti alternativi lo è a tutti gli effetti, io credo di passare più per un australiano qualsiasi, uno stereotipo tra surf e musica commerciale. Se solo sapesse che sono in una band impazzirebbe per me. E che band.
Finite le sigarette, con molta calma, ci incamminiamo verso l’ascensore e subito dopo per strada. Quasi corro per paura di incontrare i ragazzi.
Mi rimetto gli occhiali da sole, aggiusto il cappellino di lana anche se ci sono tipo venticinque gradi e la guido attraverso le affollate strade del CBD di Sydney. Dandole un’occhiata veloce mi rendo conto che si ostina ancora a tenere addosso un maglione. Da queste parti e soprattutto di questo periodo i maglioni si vedono solo nei rari giorni di pioggia e quando, eccezionalmente, la sera tardi il freddo comincia a farsi sentire.
«Dio Kat, ma non hai caldo? Stai con un maglione in piena estate!» le faccio notare beccandomi un’occhiataccia. Però deve ammettere che ho ragione. Il caldo è un dato di fatto.
«Dammi una mano, tienimi la maglietta» mi chiede subito dopo e anche se non glie lo rinfaccio la considero una piccola vittoria su miss testarda 2013. Mi abbasso per afferrare il lembi della Tshirt mentre lei cerca di sfilarsi l’enorme maglione dalla testa. Nell’attimo in cui il suo viso è coperto ne approfitto per farle una radiografia del fisico, che ragazzo sarei se non lo facessi?
Il problema è che un particolare mi fa saltare il cuore in gola.
E no, non c’entra con le sue tette da sballo, né con le sue lunghe gambe magre coperte solo ed esclusivamente da un paio di parigine, né in generale con il suo modo di vestire che è comunque decisamente apprezzato.
Il problema - ed è un grosso problema - sta nella maglietta.
Una maglietta di almeno tre taglie più grande.
Una maglietta bianca.
Una maglietta con il logo dei 5 seconds of summer.



Mo' writing
Buon pomeriggio a tutte :)
Ecco il terzo capitolo che contava di essere lungo il doppio, ma che ho preferito tagliare per poter aggiornare prima e non annoiarvi troppo ahahah
Ammettetelo, chi di voi si sarebbe voluta trovare al posto di Kat? io di certo.
Sydney, il tramonto e Ashton: la combinazione perfetta.
Ora, cosa diavolo ci fa Kat con quella maglia? 
Potrebbe essere qualsiasi cosa, perciò scrivetemi nella recensione secondo voi perchè indossa una Tshirt dei 5SOS (sempre se volete)
Sarà una fan che non ha ancora riconosciuto Ash? Le piaceva semplicemente il logo? vorrei leggere qualche vostra idea, e nel prossimo capitolo la verità :)
7 recensioni per 2 capitoli? grazie mille, davvero grazie a tutte <3
scusate se non vi rispondo subito, provvederò al più presto.
Ci vediamo (anzi, leggiamo) al prossimo capitolo e lasciatemi un commento, un suggerimento, un qualcosa che vi piace, qualcosa che non vi piace, rispondete alla mia domanda, qualsiasi cosa! amo leggere i vostri pareri.
Un bacio enorme, alla settimana prossima, Mo' :*

p.s.: sto cercando nuove storie sui 5SOS da leggere, se volete lasciarmi il link della vostra o di qualcuna che merita di essere letta, passerò sicuramente :)
p.s.s.: i vestiti di Kat http://www.polyvore.com/cgi/set?id=105142846&.locale=it
 
 



 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Londra non è un ponte ***





 
4
Londra non è un ponte

This one is for you and me,
we are right where we should be.
Lift my arms out wide, I open my eyes 
and all I wanna see is the sky full of lighters
Lighters - Bruno Mars ft. Eminem & Royce Da 5'9

 
Ashton
«Ti piacciono i 5 Seconds of summer?» è la domanda che, incontrollata, esce dalle mie labbra nell’esatto momento in cui Kat torna a guardarmi. Credo che il tono della mia voce sia un misto tra incredulità e puro terrore. Andy si era raccomandato di tenere Kat lontana dalla questione della band, ok, ma non è colpa mia se indossa una maglietta con il nostro logo.
È forse una fan che non mi ha ancora riconosciuto? Possibile?
«Chi?» chiede a sua volta lei con lo sguardo perso, come se le avessi domandato chissà che di complicato. Poi segue il mio sguardo e capisce che mi riferisco alla maglia.  «Ah, in realtà non ho idea di chi siano»
Tiro un respiro così profondo che sento i polmoni bruciare. Per un attimo ho temuto il peggio. Andy mi avrebbe ammazzato.
Poi, questa questione del “ragazzo normale” comincia a piacermi. Kat è la prima ragazza nel giro di sei mesi che non mi urla in faccia non appena mi vede. E si, tra queste è inclusa mia madre. Posso parlarle tranquillamente senza che mi chieda una foto o un autografo. Non che le attenzioni non mi piacciano, anzi, solo che a volte si ha bisogno di qualcosa a cui aggrapparsi per restare con i piedi per terra. E Kat, che non perde occasione per fare la scontrosa con me, mi sembra la persona adatta a smontarmi nei momenti di troppa euforia.
«Allora che ci fai con la loro maglia addosso?» ora che il pericolo è passato, il mio unico scopo è quello di intavolare una conversazione decente e amabile, così da poter trascorrere il tempo che ci rimane in pace e serenità.
«in realtà l’ho trovata in camera mia, non mi andava di disfare la valigia e me ne sono appropriata, così come per il maglione di Andy» racconta in un tono quasi da poter definire “amichevole”. Guardo la maglia e cerco di capire a chi di noi appartenga. Troppo larga per essere quella di Cal, troppo pulita per essere di Mikey e la mia sono sicuro che sia a casa nostra. Quindi rimane solo una persona.
«è del nostro amico Lucas»
«quello con i capelli blu?»
Evidentemente, a Kat piace farmi prendere mini-infarti.
«Come sai di quello con i capelli blu?» di nuovo, le parole fluiscono senza che possa frenarle e quel tono agitato sembra destare la sua attenzione.
«Che mi state nascondendo, Ash?»
Allora, o è lei una persona perspicace o io un incapace nella recitazione. Forse la questione della maglietta mi ha fatto sembrare ancora più sconvolto di quanto sono.
«Niente Kat, mi ha solo sorpreso il fatto che Andy ti abbia parlato di Mikey»
«non me ne ha parlato, mi ha solo detto “ho un amico con i capelli come i tuoi”, tutto qui»
Subito dopo succede proprio ciò che non volevo accadesse. Torna il silenzio.
Probabilmente anche lei riesce a sentire i neuroni lavorare a mille dentro la mia testa in cerca di qualche argomento di cui discutere senza sembrare né un idiota né una persona diversa da me. In effetti è una ricerca difficile
Kat si guarda in torno spaesata, non abituata ai grattacieli e al calore della mia città. Calore in tutti i sensi.
La gente che ride, i colori nelle vetrine, l’odore del cibo cucinato sui carretti per strada. Cose che a Londra, la prima e unica volta che ci sono stato, non ho visto.
«E tu li conosci questi 5 seconds of summer?»  sono quasi incredulo quando è Kat a cercare di riaprire la conversazione. Sguardo cazzuto e silenzio tombale sono cose più vicine a lei, di certo non mi sarei mai aspettato una domanda sui 5 seconds of summer. Cioè, sulla mia band. Cioè su di me, ed io sono bravo a parlare di me.
«Certo che li conosco, sono di qui» le rispondo tutto contento, sperando che almeno questa volta non finiremo senza parole. «Il batterista è così figo che a volte ho atteggiamenti omosessuali nei suoi confronti. Me lo sbatterei volentieri se potessi.»
Ora lo sguardo di Kat è confuso e leggermente stranito, però lo sento, sta quasi per ridere.
«Sei gay, Ash? Non è che tu e mio fratello vi scopate tutte le sere e dovrò tapparmi le orecchie quando sarai a casa nostra?» chiede con l’ombra di un sorriso sulle labbra. Io rido più forte.
«Mi dispiace Kat, ma non è ancora successo, anche se mi hanno detto che gli inglesi sono ninfomani e scopano da Dio. Prima o poi ne proverò una.»
In un attimo, tra noi torna il gelo.
Idiota. Idiota. idiota. Idiota.
Vorrei prendermi a pugni davanti a tutti.
Praticamente le ho appena detto che vorrei fare sesso con un’inglese, e to’ guarda, a parte Andy, è lei l’unica inglese che conosco.
Mi vergogno anche di guardarla, lei sembra un tipo riservato, non una di quelle che approfitterebbero della situazione solo per stuzzicarmi e finire a letto con me.
Questo è il momento giusto per abbandonarmi e chiedere ad Andy di non farmi più vedere a casa loro, la capirei anche se lo facesse.
Poi, però, uno strano suono attira la mia attenzione.
«Dovresti vedere la tua faccia Ash!»
Sta ridendo.
Kat sta ridendo!
Non posso fare a meno che osservarla e ridere anche io. È diecimila volte più bella, con le labbra sollevate e le gote tonde, piene. Sembra Andy, ma con qualcosa di particolare. Qualcosa di unico, qualcosa di Kat.
«non me la prendo se tu credi a degli stupidi stereotipi, tranquillo»
«Stai ammettendo che scopi male?»
«No, certo che no, solo che tu credi a troppe leggende metropolitane»
È come se, per cinque secondi, avesse abbassato tutte le difese. Il tempo di una risata, una battutina, poi torna ad essere la cupa Kat che ho conosciuto in queste ore. Ma almeno, so che c’è speranza. Speranza di poterla far ridere ancora, speranza di toglierle quell’odiosa aria triste da dosso, speranza di farla diventare come Andy. Si conservi la malinconia per la sua città, qui a Sydney non c’è spazio per il malumore.
Quando il mio stomaco comincia a brontolare, la trascino verso una bancarella che vende Fish and Chips a pochi passi da Circular Quay, la nostra prossima tappa. Mangiamo il cibo fumante gettati su una panchina lì vicino e Kat mi lascia parlare per quelle che mi sembrano ore. Solitamente sono io quello che ascolta, è strano essere dall’altra parte, studiato a fondo da quegli occhi castani che cercano di oltrepassare le lenti a specchio dei miei occhiali da sole per potermi capire meglio. Le racconto della scuola qui in Australia, di quanto odiavo la mia divisa, di quando mi piastravo i capelli (andiamo, abbiamo avuto tutti un momento in cui ci piastravamo i capelli), della prima volta che ho ascoltato una canzone degli All Time Low e da come, dopo quel momento, non sono riuscito più ad abbandonare la musica rock.
«Il mio sogno è avere una band e spaccare i culi a tutti» invento anche, ad un certo punto, mentre il cielo sopra di noi si fa sempre più buio e le luci sempre più intense. Che poi non è neanche una stronzata, perché credo ancora nel mio sogno anche se pian piano si sta realizzando. È che i ragazzi, i 5 seconds of summer, sono la cosa migliore che mi sia mai capitata e non posso che fermarmi a sorridere ogni volta che penso a dove siamo arrivati, a cosa stiamo facendo della nostra vita, a dove saremo un giorno. Lo faccio anche in quel momento. Kat probabilmente pensa che stia sorridendo senza motivo, io però un motivo ce l’ho. Ed è anche un motivo bellissimo, una delle ragioni per cui mi sveglio ogni mattina senza nessuna ragione per essere incazzato o depresso. Una delle ragioni perché sono Ashton.
Kat, ad esempio, non credo abbia qualcosa o qualcuno per cui svegliarsi felice. Ecco perché è così.
E mi dispiace, vorrei poter fare qualcosa.
Anzi, farò qualcosa.
«è il sogno di qualunque ragazzo che ama le rock band, ma a farcela è uno su un milione» controbatte lei.
Noi siamo uno su un milione.
L’unica cosa della mia vita che è riuscita ad andare bene. Anzi, non bene, di più. Meravigliosamente bene.
Dannatamente bene.
«Mai perdere la speranza Kat, mai» le rispondo alzandomi dalla nostra panchina. Le allungo una mano e lei la afferra, facendosi aiutare per tornare in piedi. È arrivato il momento del grande spettacolo.
Camminiamo tranquilli, spalla contro spalla (anzi, diciamo più spalla contro braccio), continuando a chiacchierare. Scopro che lei la scuola l’ha lasciata all’ultimo anno, anche se non mi dice il perché, che ha vinto diversi campionati di boxe e che tempo fa anche lei sognava di avere una band, ma che poi è successo qualcosa e ha cambiato sogno.
I suoi racconti sono così, prima pieni di speranza, poi secchi e razionali.
Deve essere successo qualcosa nel mezzo, qualcosa di brutto, qualcosa che evidentemente non ha voglia di raccontarmi. Vorrei saperne di più, ma la nostra meta è vicina.
Prima di entrare a Circular Quay la fermo e le copro gli occhi con le mani.
Camminiamo per qualche metro così e tra lei che si lamenta e io che rido facciamo un casino tremendo. Stiamo anche attirando troppa attenzione, tra le urla, i miei occhiali da sole anche se è sera e i suoi capelli blu. Ho paura che qualcuno possa riconoscermi, ma cerco di non pensarci. Mi concentro più sulla forza disumana che Kat sta impiegando per cercare di allontanarmi. Riuscirebbe anche a rompermi un braccio se davvero si mettesse d’impegno.
Arrivati di fronte l’Harbour Bridge la lascio andare. Alza gi occhi e l’aria minacciosa scompare, e tutte le bestemmie che stava per lanciarmi contro le si fermano in bocca.
«Ho pensato che questo potesse farti sentire meno la mancanza di Londra» le spiego scrollando le spalle e abbozzando un sorriso. E lo so, l’Harbour Bridge è una struttura colossale che non ha niente a che vedere con il Tower Bridge o il Millennium Bridge, questo attraversa il mare e quelli un semplice fiume, alle nostre spalle abbiamo centinaia di grattacieli e dalla parte opposta i verdi alberi che spuntano dietro l’Opera House, cose che a Londra non esisterebbero neanche a volerle, però l’atmosfera è simile. Ci sono musicisti di strada che intonano canzoni eterne e internazionali, persone che passeggiano sul lungo mare e che potrebbero provenire da tutto il mondo, eppure si meravigliano allo stesso modo, e soprattutto il ponte è cosparso di luci. Luci che si riflettono negli occhi di Kat quando si sporge ad osservare meglio, luci che riescono a rendere magico questo posto, luci che illuminano questo ponte come potrebbero illuminarne uno di Londra o di qualsiasi altra parte. A me piace da impazzire.
«Ash, Londra non è un ponte» Kat, senza volerlo, smorza tutto il mio entusiasmo e deve rendersene conto, perché subito dopo aggiunge «comunque è meraviglioso qui»
A me, però, non basta. Dio, voglio, voglio… non lo so neanche io cosa voglio in realtà, ma c’entra con Kat e il suo sorriso. La sua risata. Ancora.
«Allora spiegami cos’è Londra per te»
Forse devo solo lasciarla parlare per poi aspettare che si apra con me.
Kat si sposta i capelli dietro le orecchie, si siede sul muretto che divide la strada dal mare e mi guarda dall’ alto tirando un respiro. Comincia a parlare e non so se è solo un’illusione o la gioia della novità, eppure questo posto, questa città, sta sera sembrano più belli di sempre.
Anche se, ascoltando i racconti di Kat, Londra quasi potrebbe diventare il mio posto preferito al mondo.
 
 
Un’ora dopo siamo in macchina, diretti verso la zona di Bondi.
Kat ha resistito anche troppo al jet leg e inoltre, lo ammetto, passare del tempo con me è piuttosto stancante, così quando mi ha chiesto di essere portata a casa non ho fatto storie.
Ci stiamo divertendo, credo. O per lo meno io si.
Guido come un pazzo e sfotto i suoi capelli che, per colpa del tettuccio aperto, volano oltre la sua testa e la fanno sembrare un super sayan.
In realtà mi ricordano le onde del mare.
Sanno di libertà e mi chiedo cosa si prova ad accarezzarli con la mano. Mi immagino anche mentre li bacio dopo averle augurato la buona notte o dopo aver fatto sesso, ma cerco di scacciare questi strani pensieri.
Se voglio baciare dei capelli blu ho sempre Mike, no?
Alla fine l’effetto è lo stesso…
Lei invece critica le mie fossette. Dice che mi fanno sembrare un bambino di cinque anni, dice che non ne ha mai viste di così profonde. Probabilmente è l’unica persona nell’universo alla quale non piacciono le mie meravigliose fossette. Persino Harry Styles ha detto che sono la cosa più bella del mondo, e se lo dice Harry Styles io mi fido.
Continuiamo a stuzzicarci per tutto il tragitto e una volta a casa la accompagno dentro con la scusa di dover cercare gli occhiali.
Il silenzio che regna sull’enorme villa fa quasi paura. Andy, come sempre, ha lasciato accesa la luce della cucina, ma per il resto il buio è opprimente. Lo penso io, che in questa casa praticamente ci vivo, figuriamoci se non lo sta pensando anche Kat. Non ce la faccio a lasciarla completamente sola la sua prima notte in Australia.
Lo so che lei non mi chiederebbe mai di restare, però glie lo leggo in faccia che è sperduta in questa casa troppo grande e troppo vuota.
«Resto finchè non torna Andy» le dico rinunciando subito alla caccia al tesoro per i miei occhiali e rimanendo imbarazzato al centro dell’ingresso, in attesa di un suo movimento. Kat mi studia per qualche momento, poi sorride.
«Grazie Ash, è stata una bella serata»
Sparisce su per le scale senza neanche darmi il tempo di risponderle, di dirle che lo era stata anche per me. Una bellissima serata. Kat non è certo solare e divertente come suo fratello, ma ci si può lavorare su. Un po’ di sole e di vita australiana riescono sempre a migliorare l’umore delle persone, anche senza volerlo.
In attesa di Andy mi getto sul divano davanti alla tv e cerco di rilassarmi un po’ guardando programmi spazzatura.
Credo di addormentarmi anche, non so per quanto.
Quando vedo una figura minuta affacciarsi in salone, infatti, sono quasi certo di star sognando. Una montagna di capelli blu, maglia bianca e lunghe gambe scoperte. Kat?
«Tutto bene?» le chiedo nel dormiveglia, strascicando le parole. La osservo mentre, timida, si avvicina al divano.
«Si solo… posso restare qui con te?»
«Certo»
Si siede dalla parte opposta del divano e si raggomitola su se stessa, poggiando la testa sul bracciolo.
«Scusa, è che a volte non riesco a combattere la notte»
Non lo capisco il significato di quella frase, o almeno non in quel momento. Resto al mio posto, senza scompormi, nel tepore del sonno, anche se dopo un po’ abbasso il volume del televisore al minimo così da poter ascoltare i suoi respiri. Lo faccio con tutti, tutti quelli a cui voglio bene.
Luke, Cal, Mikey, Andy.
Finchè sento i loro respiri di sottofondo posso stare tranquillo, è una mia fissazione.
Con Kat accanto è molto più facile riaddormentarsi.
È la prima volta da tanto che dormo con una ragazza e senza neanche sfiorarsi non credo sia mai successo.
Eppure sto davvero bene.
E lo prometto a me stesso, anche Kat starà bene.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Here comes the sun. ***




5
Here comes the sun



 
Little darling, the smile returning to their faces.
Here comes the sun, here comes the sun
and I say it's alright.
Here comes the sun - The Beatles

 
 
Kat

 C’è qualcosa di strano nell’aria di questa mattina. Strano non so ancora come però.
Il sole passa attraverso le persiane che coprono la vetrata; tutto è bianco, puro; il cuscino soffice ha preso la forma del mio viso e il lenzuolo leggero è ciò che basta per proteggermi qui.
Forse c’è troppa pace, però, per i miei gusti.
Non ricordo come ci sono arrivata a letto. Ricordo, però, di aver avuto paura.
Le novità mi scombussolano sempre e questa stanza vuota non aiuta, poi di notte, a volte, non riesco a combattere me stessa. Lascio vincere i ricordi, lascio vincere il buio. Ho paura di tutto.
Andare da Ash è stata una cosa istintiva.
Avere una persona accanto è il rimedio più efficace a questi miei piccoli attacchi di panico e poi lui è così… così tranquillo, che ho pensato che la sua tranquillità potesse calmare anche me.
Ma non si tratta di una tranquillità esteriore, più interiore. Il non avere problemi.
Spero di non aver detto niente di imbarazzante nel sonno.
Mi stiracchio tra le lenzuola e, nonostante la grandezza immane di questo letto, continuo a starmene raggomitolata in un angolino. Apro gli occhi giusto il tempo di guardarmi intorno.
La porta è aperta e i rumori dal piano di sotto indicano la presenza di qualcuno. Spero sia Andy che prepara la colazione, ma inconsciamente penso anche ad Ash. Ieri è stato davvero paziente con me.
È un bravo ragazzo.
Resto in dormiveglia per non so quanto tempo.
Sono così andata che non mi accorgo neanche che i rumori dal piano di sotto si sono spostati nella mia stanza e che qualcuno sta arrangiando qualcosa con la chitarra elettrica, almeno finchè non inizia a cantare.
 
Little darling, It’s been a long cold lonely winter,
Little darling, it feels like years since it’s been here.
 
Here comes the sun, here comes the sun,
And I say “it’s alright”.
 
Ash è seduto su un amplificatore, piedi nudi, jeans strappati e capelli scompigliati. Mi guarda con gli occhi vispi e un sorrisetto soddisfatto mentre le sue dita corrono sulle corde della chitarra. La sua voce è chiara, limpida, senza intrighi o virtuosismi. È la voce di Ash.  
Rimango a fissarlo rannicchiata nel letto, senza la minima intenzione di muovermi, ma contenta della bella sveglia.
Gli sorrido e credo che sia da un po’ che non sorrido di prima mattina. Anzi, che non sorrido in generale.
Qui ci riesco con Andy, ma senza troppo sforzo anche con Ash. Con lui non si può non sorridere.
 
Little Darling, the smile returning to their faces,
Little darling, it seems like here since it’s been here.
 
Ad un certo punto si alza dall’amplificatore e si spiega il perchè sta utilizzando una chitarra elettrica e non una acustica. E perché è a piedi nudi.
Un ultimo accordo tranquillo e cambia lo stile della canzone.
 
Here comes the sun, here comes the sun,
And I say “it’s alright”.
 
Ha trasformato una tranquilla canzone pop rock dei Beatles in qualcosa di Hard Core . Salta sul mio letto, si finge una rockstar, si scatena. Io amo la musica, giuro, ma appena sveglia proprio non ce la faccio ad ascoltare una cosa del genere.
E meno male che avevo detto che c’era troppa pace.
Prendo il cuscino e mi ci nascondo sotto, non risparmiandogli comunque un bel dito medio come indicatore di gradimento di questa nuova sveglia. Altro che tranquillità.
Il materasso si muove sotto i suoi piedi e al salto finale quasi non finisco fuori dal letto.
L’ultima nota si disperde nell’aria. Ash ha smesso di cantare, ma continuo a sentire il suo respiro affannoso.
La sua mano alza piano il cuscino.
Il suo viso è vicino.
I suoi occhi mi guardano curiosi, forse anche timorosi, e sono di un verde che un po’ mi spiazza.
E c’è il suo sorriso, ci sono le sue fossette, e per la prima volta mi rendo conto di quanto è bello Ash.
«il sole è alto, è ora di svegliarsi Kat» dice ridendo e quando cerco di girarmi dall’altra parte è pronto a bloccarmi con il braccio. Se davvero volessi cacciarlo ci metterei due secondi a buttarlo giù dal letto con qualche mossa da ring, ma, evidentemente, la sua presenza non mi dispiace.
«Azzardati un’altra volta a svegliarmi così e ti ammazzo» lo minaccio, eppure lui continua a ridere.
Ride davvero tanto, sempre.
«Dai che oggi c’è la seconda parte del tour» annuncia fin troppo contento e non oso neanche immaginare cosa ha in mente. «hai un costume da bagno, vero?»
Ecco, appunto.
«Ash sai com’è, a Londra non è che posso farmi il bagno nel Tamigi e in vacanza al mare con i miei non ci vado da tipo due anni»
«Perfetto! È ciò che aspettavo per andare a fare un po’ di shopping»
Dio, è impossibile.
Qualsiasi cosa lo esalta.
«Ti voglio in macchina tra dieci minuti, poi colazione, shopping e la sorpresa finale»
Ash non mi da il tempo di chiedere spiegazioni o ribellarmi che scende dal mio letto e scompare oltre la porta. Lo guardo finchè riesco, chiedendomi se sia il caso di assecondarlo o restare qui nel letto ad osservare da lontano il sole, il mare, il cielo. E lo farei, si, se non fosse per Ash. Davvero non riuscirei a vederlo abbattersi perché rifiuto i suoi piani.
È ciò che mi sono promessa quando ho accettato di uscire con lui ieri sera, non devo trascinarlo nel buio con me.
Così mi alzo dal letto e, finalmente, mi decido ad aprire la valigia. Prendo dell’intimo pulito, scoordinato come sempre, la prima canotta della pila, rigorosamente nera con una scritta, e il mio unico paio di shorts. In bagno ci sto giusto il tempo di lavarmi, non ho voglia di truccarmi o aggiustarmi i capelli. Mi sembra brutto coprirmi, nascondermi, davanti ad una persona così vera.
Cerco gli occhiali da sole nella mia borsa, infilo le scarpe e sono pronta.
Ash mi sta aspettando in macchina da quando è uscito dalla mia stanza. Mi sorride dal posto del guidatore, il tettuccio della macchina è abbassato e lo sportello aperto, dagli altoparlanti esce una musica vivace.
«Ce ne hai messi dodici di minuti» mi rimprovera scherzando ed io gli rispondo con una smorfia. Parte in quarta e, come ieri sera, i miei capelli vengono sparati ovunque. È una cosa fastidiosa, ma anche divertente. Più che altro perché fa ridere Ash, e la risata di Ash è divertente.
Io e Ash cominciamo a scannarci sulle canzoni da sentire già da subito.
C’è il mio cellulare attaccato al sistema altoparlanti, ma i suoi infiniti dischi masterizzati nel lettore CD. Ha una playlist con qualsiasi nome e qualsiasi canzone possibile e immaginabile.
Lui comincia con i Blink 182, ma io li trovo così penosi che subito li sovrasto dando spazio alle canzoni indie degli XX, genere che però lui odia e non riusciamo neanche ad ascoltare il ritornello che cambia.
Ash non è tipo da XX.
Io non sono tipa da Blink 182.
Continuiamo a litigare sui nostri gusti musicali per quelli che sembrano secoli, mentre la strada scorre sotto di noi e il sole splende alto sopra le nostre teste.
Lui ascolta John Mayer! I coldplay! È così scontato… e ha persino il cd autografato dei One Direction. Aiuto.
Non ha la più pallida idea di chi sia il mio amato Tom Odell o Jake Bugg, dice che i Velvet Underground sono solo una massa di drogati che gli stanno sulle palle così come gli Smiths e i The Cure. Credo che anche la minima speranza di instaurare un qualche tipo di rapporto tra di noi si sia appena frantumata. Rotta in mille pezzi come un vaso di vetro caduto dal ventesimo piano di uno di questi grattacieli di Sydney, calpestati poi da un branco di canguri zampettanti.
Quando nomina i Green Day, però, cominciamo un po’ a migliorare.
Poi trovo un CD degli Sleeping with Sirens e non dico che perdono la sua eresia, ma la metto da parte per qualche minuto.
«Musica decente» esclamo uscendo finalmente dall’esasperazione. Il biondo mi guarda di sottecchi.
«Hai dei gusti che fanno schifo, Kat! Ci manca solo che ti piacciono i Pixies o che so… i Pearl Jam»
«In realtà amo entrambi, e sei tu che non capisci niente»
«Ed io che speravo che Lucas fosse l’unica persona vivente ad ascoltare ancora quella roba»
«Lucas ha i miei stessi gusti musicali, l’altro tipo ha i capelli blu… quello che ora mi chiedo è, perché  conosco te e non loro?»
La nostra discussione viene interrotta dalla sterzata improvvisa che Ash fa per infilarsi nel primo posto libero che trova per strada. Mi fa segno di scendere e, anche se contro voglia, lascio la mia canzone preferita per seguirlo dentro una strana struttura che si differenzia completamente dal resto di edifici che le sono intorno. Siamo vicini al mare, lo sento nell’aria, nelle narici, lo vedo nelle persone in costume che girano tranquille sotto il sole. Ci sono ville piene di giardini verdi e caffè con i tavolini su marciapiede, negozi dalle vetrine colorate e (ancora non me ne capacito) piene di decorazioni natalizie. Gertrude and Alice, così dice l’insegna, invece, è un posto che sa di… Londra. Entro e subito vengo travolta dall’odore dei libri e del caffè. I muri in mattoni rossi, le pareti piene di foto in bianco e nero e lavagnette con le scritte più varie e poi mensole infinite piene zeppe di libri.  È così inglese!
Ash si va a sedere ad un tavolino diviso dagli altri, leggermente più nascosto ed intimo. Mi posiziono sulla panca di fronte alla sua, cercando di nascondere la gioia che provo nell’avere un posto del genere vicino casa, ma non sono mai stata una perdona difficile da leggere. Ash, infatti, sorride soddisfatto.
È scontato che una cosa del genere mi piaccia da morire.
«Continui a voler conoscere gli altri o ti basto io?» domanda fingendosi serio.
Lo guardo e non posso fare a meno di ridere.
Sto ridendo.
Io, sto ridendo con Ash.
Nessuno potrebbe mai capire come mi sento in questo momento. Non rido da quella che sembra un’infinità di tempo. Non rido da quasi un anno. Non rido da quando Tom era ancora nella mia vita.
E, forse, era destino che conoscessi una persona così diversa da me.
Forse mi sono sempre sbagliata, forse stando con qualcuno così si riesce ad uscire dalla merda.
E sempre forse, stare lontana da Londra per un po’ mi farà bene.
«Comunque, sappi che ti starò addosso finchè, portata allo stremo, non ammetterai che venire in Australia sia stata la scelta migliore della tua vita» continua Ash subito dopo aver ordinato e da qualche parte dentro di me sono contenta che lo dica. Significa che resterà nella mia vita ed io ho davvero bisogno che le persone non mi abbandonino. Un’altra delle mie tante paure.
Da quel momento in poi non la smettiamo di parlare.
Non lo so cosa mi succede, sul serio.
Io non ho la parlantina, non sono interessante, non ho niente in comunque con il ragazzo che mi siede di fronte, eppure riesco ad aprirmi completamente davanti al suo sorriso fino a non far scendere il silenzio tra noi neanche per un secondo.
A colazione finita Ash paga per entrambi e, se possibile ancora più entusiasta di prima, mi trascina nel negozio da mare più vicino. In realtà a fare shopping è lui, non io.
Mi boccia almeno la metà dei bikini che gi propongo, giudicandoli “austeri”, “deprimenti”, “senza gusto”, “da inglese”. Quelli suggeriti da lui sono altrettanto scandalosi, pezzettini minuscoli di tessuto a coprire il sedere e triangoli che non prenderebbero neanche la metà delle mie abnormi tette, tutti rigorosamente con qualche strana fantasia o colore fosforescente. So già che non arriveremo mai ad una conclusione.
«Kat eddai, non sei mica mia nonna» si lamenta non appena apro la tenda del camerino al quinto costume che provo. In realtà non è che a me piacciano i costumi  esageratamente coprenti, è solo che spogliarsi davanti a lui è qualcosa di davvero imbarazzante.
E i suoi sguardi non aiutano.
Decisamente no.
«Questo è il compromesso: non da nonna, ma rigorosamente nero» gi dico mostrandogli il sesto completo.
Lo vedo deglutire e arrossisco di botto.
«Vada per questo» annuisce convinto, voltandosi quasi subito dall’altra parte.
Qualcuno è sensibile alle ragazze in costume…
«un giorno di questi devi accompagnarmi a fare un po’ di shopping serio, con i ragazzi non c’è gusto» chiede mentre, una volta usciti dal negozio, ci incamminiamo verso la spiaggia. Cammina al mio fianco con i capelli ricci scompigliati e gli occhiali da sole sul viso, il che mi dispiace considerando che avrei voluto vedere come i suoi occhi riflettono il sole di questa mattina meravigliosa.
«Chi stai cercando di evitare?» domando non appena mi accorgo del suo frenetico guardarsi intorno.
«Nessuno» risponde immediatamente, con lo sguardo di uno che è stato appena colto in flagrante. Lo guardo storto, ma non ho intenzione di insistere.
Quando, dopo pochi passi, la strada comincia ad allargarsi e l’odore del mare si fa più intenso capisco che siamo ormai vicini.
«La vera Australia» esclama una volta che davanti ai nostri occhi si estende solo un’infinità di sabbia e mare e persone. Bondie Beach, signori e signore.
Ci sono bellissime ragazze in bikini ovunque e ragazzi dagli addominali scolpiti e pelle ambrata con le loro tavole da surf sotto il braccio. Sembrano tutti così felici. Del resto, con questa giornata bellissima, neanche io riesco ad essere triste. O almeno, non come al solito.
Ash sembra essere nel suo ambiente naturale.
Si toglie la maglietta già da subito e resta in bermuda e infradito, poi mi guarda come a volermi suggerire di fare lo stesso. Io, però, non sono così propensa a spogliarmi davanti a tutta questa gente.
E, soprattutto, i miei capelli blu mi mettono in imbarazzo.
Mi sento così inadeguata, così… diversa.
Credo che essere diversi dalla massa sia una cosa fantastica, ma in questo momento vorrei semplicemente sparire e non attirare l’attenzione come, evidentemente, sto facendo.
Scopro Ash a guardarmi da un po’ e non appena i nostri occhi si incrociano lui alza un braccio per gettarlo tranquillamente sulle mie spalle. Come sempre, ha capito cosa sto pensando.
Ora le persone fissano i miei capelli blu, si, ma sono molto più prese da Ash che è così bello, così normale, così… Australiano.
«Grazie» gli sussurro nell’orecchio e vedo le sue labbra distendersi in un sorriso.
«Questo ed altro per la sorella del mio migliore amico»
Passeggiamo sul bagnasciuga finchè Ash non trova quello che, a suo parole, è il posto migliore per sistemarsi.
«Devo tenerti l’asciugamano davanti come i bambini per farti cambiare?» scherzo e lui mi fa la linguaccia mentre le sue dita vanno al bottone dei pantaloni. Dei suoi pantaloni, eh.
È una scena che fa un certo effetto, perché il tutto è accompagnato da un suo sorrisetto malizioso.
Il sole, la spiaggia, Ash… Londra era la mia vita, ma non potevo negare a me stessa che questo posto, in un lontano futuro, sarebbe anche potuto cominciare a piacermi.
«Credi di riuscire a sopravvivere cinque minuti senza di me?» domanda non appena finisce di togliersi i pantaloni per restare con il costume che indossava al di sotto.
«Ho resistito diciassette anni, cinque minuti non faranno a differenza»
In realtà non vorrei davvero restare da sola, strano a dirsi, eppure lo lascio andare. Ne approfitto per liberarmi dai vestiti per sfoggiare il mio costume nuovo, lego i capelli con una treccia, così da rendere il loro colore meno evidente, e sistemo i nostri vestiti in una pila. Poi mi giro a cercare Ash con o sguardo, giusto per curiosità, e lo trovo vicino al chiosco che affitta le barchette, i kayak e i surf. La cosa comincia a farmi agitare, ma ancora di più mi colpiscono le ragazze che improvvisamente stanno circondando Ash. Sono una decina e sembrano tutte esaltatissime, tutte prese da quello che il ragazzo sta dicendo loro. Per qualche motivo che al momento non riesco a spiegarmi decido di raggiungerlo.
«Kat!» esclama lui non appena si accorge di me, sembra… strano? Agitato? Le ragazze, in blocco, si girano verso di me. Sono inquietanti, giuro.
«I cinque minuti sono passati» scherzo non appena sono vicina abbastanza, lui mi risponde con un sorriso tirato.
«Chi è lei?» domanda una delle sei o sette ragazze che ci circondano, ha una canotta con lo stesso logo della maglia di Lucas. Una canotta dei 5 Seconds of Summer. E la ragazza accanto ha una loro bandana.
Ok… qui impazziscono tutti per questa band.
«Una nuova amica» risponde Ash per entrambi, poi un ragazzo del chiosco ci interrompe per allungare una tavola da surf al biondino. Quest’ultimo approfitta del momento per posare una mano sulla mia schiena e cominciare a spingermi via. Non so se sono più spaventata dal fatto che Ash vuole fare surf o dai mormorii e gridolini delle ragazze dalle  quali stiamo cercando di allontanarci. «Ragazze, per favore, ci vediamo a prossima volta»
Le parole di Ash sembrano convincerle e finalmente possiamo procedere tranquilli.
«cos’è, a scuola eri il re del ballo, il giocatore di football o il ragazzo più popolare? Sei un campione di Surf? Un playboy che tutte vogliono scoparsi?» gli chiedo curiosa. Riesco perfettamente ad immaginarmi Ash che cammina per i corridoi della sua scuola acclamato dal resto degli studenti, centinaia di ragazze che sognano anche solo di potergli rivolgere la parola un giorno. E io ho un privilegio del genere? Wow.
«Ashton ti amiamo» gridano tutte in coro quando ormai siamo lontani. Lui scoppia a ridere.
«Qualcosa del genere, si»
Se prima mi sembrava agitato, ora è davvero divertito dalla situazione.
«Ad ogni modo, sei pronta per diventare un’Australiana DOC?»
«Dimmi che non c’entra il surf…»
«Ti insegnerò a surfare!»
«Ash figurati se riesco a salire su quella tavola! Non vado al mare da…»
Improvvisamente, vengo travolta dai ricordi.
Questo posto sparisce, il sole si fa più tenue, la spiaggia piena di ciottoli, il Brighton Pier si erge alla mia destra. C’è Tom in acqua, la pelle chiarissima, i capelli scuri e il corpo ormai gracile che sembra non riuscire a contrastare le onde. Mi sta chiamando, ma l’acqua è fredda e voglio ambientarmi prima di gettarmi a mare, così comincia a correre verso di me, mi solleva e ride. E rido anche io. E lo amo come sempre. E…
Torno alla realtà quando delle braccia mi sollevano per davvero.
Le braccia di Ash.
«Andiamo fifona» mi sistema sulla sua spalla, il surf sotto l’altro braccio, poi corre verso il mare e lascia immergere entrambi. L’acqua fredda riesce a farmi riprendere del tutto.
Odio questi flashback improvvisi.
Sono così veri e… fanno così male.
Ash si rende conto che c’è qualcosa che non va, eppure non fa domande. Piuttosto comincia a schizzarmi e a ridere. La sua risata è più bella di quella di Tom. La sua risata mette freno a tutti i pensieri negativi.
«Onde perfette per fare surf» esclama soddisfatto guardandosi attorno.
«Sai che farò schifo, vero?»
«Prometto di non ridere. Dai ti faccio vedere» mi dice stendendosi sulla tavola. Si allontana di qualche metro, poi aspetta l’onda. Non è molto forte, ma basta per dargli la spinta. Si alza in piedi e la cavalca come se fosse la cosa più facile del mondo.
«Tocca a te ora» grida mentre, una volta tornato in acqua, cerca di raggiungermi. Non sono davvero sicura di voler provare… ad ogni modo, cerco di fare uno sforzo.
Ash mi tiene la tavola sorridendo incoraggiante.
«Ok, ti stendi qui e cerchi il tuo equilibrio. Quando arriva l’onda spingi con le mani al centro e ti sollevi. Puoi farcela»
Una volta che mi lascia libera nuoto verso il largo e mi ripeto mentalmente cosa devo fare. È strana la sensazione che si prova a stare su questa tavola in mezzo al mare. Sa quasi di libertà.
«Ti faccio il culo Ashton» gli grido mentre sento l’onda giusta arrivare. Concentrata, poggio le mani e cerco di sollevarmi. Non riesco neanche ad esultare per essere riuscita a mettermi in piedi che perdo l’equilibrio e mi schianto sull’acqua. Ash è subito al mio fianco,pronto con una delle sue battutine, poi si ricorda di aver promesso di non ridere e si contiene.
«Tutto ok?» domanda con un semplice sorriso. Lo apprezzo, ma forse non ha capito con chi ha a che fare.
«non mi faccio male con così poco»
«E comunque, finchè sei con me, niente di farà del male»
È una frase buttata lì, lo so, e probabilmente è consapevole che se dovesse succedermi qualcosa Andy lo ammazzerebbe, però… è bello sentirselo dire. Mi fa rabbrividire. E sorridere.
«O magari sarai tu a farti male» scherzo subito prima di affogarlo con una mano. Prima che riemerga mi faccio trovare di nuovo sulla tavola da surf, pronta per riprovare.
Non so per quanto tempo restiamo in acqua.
Dopo vari tentativi riesco a rimanere in piedi e Ash si sente molto fiero di ciò, poi facciamo un po’ a turno, sfidandoci, finchè le mani diventano talmente rattrappite che non riusciamo neanche più a darci la spinta.
È ora di uscire.
Siamo abbastanza lontani dalla riva e tornare a nuoto sembra piuttosto faticoso, così Ash mi fa salire a cavalcioni sulla tavola e mi sorprende, salendo anche lui alle mie spalle.
Quando cominciamo a remare, il suo petto sodo aderisce completamente alla mia schiena.  Lo sento abbassarsi e sollevarsi a ritmo con il mio.
L’onda ci prende e ci porta a riva e per tutto il tragitto Ash tiene un braccio attorno alla mia vita, così da non lasciarmi cadere. Poi ci stendiamo sulla sabbia sull’unico telo che Ash ha pensato a portare, in tranquillità finchè una voce non attira la nostra attenzione.
«Ashton, Luke ha detto di chiamarlo» grida questa ragazza spuntata da chissà dove avvicinandosi a noi.
Lo osservo mentre il suo volto sbianca. Sussurra un grazie alla ragazza mentre io mi chiedo quante persone qui sembrano conoscerlo. Deve essere qualcuno di davvero tanto popolare.
«Io… no, no… cioè… arrivo» dice Ash al telefono non appena qualcuno gli risponde.
Chiude la chiamata e mi guarda.
«Il dovere chiama»
 
 
 
Luke
«Dove diavolo è finito Ashton?» sbraita Michael per qualcosa come le centesima volta. Non riesce a gestire il nervoso, lui.
Andy sembra che stia per avere una crisi di panico per chissà quale motivo e Calum, leggermente più tranquillo degli altri, continua a chiamare Ashton a ripetizione da una decina di minuti.
Io me ne sto seduto sul divano con la chitarra sulle gambe, le mani impegnate a strimpellare qualche accordo in cerca di una nuova melodia per le canzoni del prossimo album. Ciò che dovremmo fare tutti in questo momento.
«è in ritardo di quindici minuti, e allora? Ha combinato di peggio» lo difendo facendo da pacifista come sempre.
Nessuno però sembra ascoltarmi.
Lascio perdere la chitarra per andare a cercare notizie di Ashton su twitter, considerando che i nostri fan sanno dove siamo molto prima di noi. A volte anticipano anche e nostre mosse e non ho ancora capito come sia possibile.
 

 
«Come minimo è ancora dove l’ho lasciato sta mattina, a dormire sul divano»  si lamenta Andy, anche se quello che sta pensando è sicuramente diverso e probabilmente capisco perché è così agitato. Solitamente, lasciare Ash e una ragazza da soli in casa non è mai una buona idea, lo sappiamo tutti. Quello che Andy non sa, però, è che Ashton ha esplicitamente detto che di sua sorella non glie ne frega niente. E vorrei dirglielo, ma non vorrei neanche ferirlo. Che ne so, magari se la prende se gli dico che sua sorella a quanto pare è bruttina.
Intanto, almeno un centinaio di persone hanno risposto al mio tweet.
Un avvistamento a Londra, uno qui in centro e altri in giro per la città, ma senza prove. Poi spunta una foto.
È Ashton senza ombra di dubbio, a Bondi Beach, con una ragazza… bellissima.
«L’ho trovato» richiamo l’attenzione di tutti sullo schermo del mio Iphone. Poi retwitto la ragazza che ha mandato la foto e le chiedo di dire ad Ash di chiamarmi. Così, ho trovato il mio migliore amico e reso quella ragazza la più felice del mondo. Essere persone così influenti è bello, ma ha anche i suoi difetti…
La chiamata di Ashton arriva due secondi dopo, faccio per rispondere, ma Mikey sa che sarei troppo buono così si impossessa del mio telefono
«Ash, ti sei dimenticato delle prove di oggi? Siamo tutti qui ad aspettarti! Se non muovi il culo ora vengo a prenderti io, non me ne frega niente che stai con quella bomba di ragazza. Mollala e chiedile che tipo di blu è quello dei suoi capelli che lo voglio anche io.»
Scoppiamo tutti a ridere alla fine. Il solito Mikey.
«Perché se le becca sempre Ashton quelle migliori?» mi lamento tornando alla mia chitarra, l’unico amore della mia vita.
«Andy ma Ash non doveva stare con tua sorella sta mattina?» domanda poi Cal, venendosi a sedere al mio fianco per potermi dare un po’ di fastidio. Se non ci disturbassimo a vicenda non saremmo noi.
«Mia sorella? No, non è lei»
«Peccato» sussurro mentre penso che davvero le migliori sono sempre quelle di Ash, e che questa è la migliore tra le migliori. E penso anche che non è giusto, che anche io voglio una ragazza con i capelli blu.
Magari, se ad Ash non interessa, posso sempre farmela presentare…
Lui non è tipo da ragazze con i capelli blu.
Io si.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** 2/4 dei 5 Seconds of Summer. ***


 
 
6
2/4 dei 5 Seconds of summer

I'm not afraid, I can't explain
The way I'm feeling now
You fell from grace without a trace 
My heart stopped bleeding on.

I remember the day
When I first saw your face
The way you smile and just walked away
Rece Mastin - Timeless.

 
Kat
La mia prima settimana in Australia è passata più velocemente di quanto mi sarei mai aspettata.
Londra mi manca, certo, mi manca il freddo che ti entra nelle ossa, e giornate grigie, il Tower Bridge di notte e il mio sacco da boxe, ma tra Andy e Ash che riempiono le mie giornate nono ho neanche il tempo di pensarci.
Forse le cose vanno bene anche perché più di come potrebbe mai mancarmi Londra mi mancava mio fratello e mi mancava anche qualcuno che riuscisse a farmi ridere. Qui ho trovato entrambi e considerando che “casa” è dov’è il tuo cuore, credo che l’unica cosa che mi manca per essere completa in questo posto è un ring dove poter prendere qualcuno a cazzotti.
Ad ogni modo, ho recuperato la maggior parte delle mie abitudini.
La sveglia ha ripreso a suonare alle sei, poi quei cinque/sei chilometri di corsa che prima percorrevo lungo la riva del Tamigi ora li faccio costeggiando Bondi Beach , esercizi mentre il sole sorge, colazione leggera nell’illuminata veranda di casa, tanta musica, tanti libri, tante passeggiate e tutto il tempo che prima passavo in palestra qui lo impiego cercando di imparare a suonare la chitarra. A casa di Andy ce ne sono così tante che mi sembrerebbe uno spreco non provarci neanche.
Ash si ostina a cercare di farmi surfare e io, per pareggiare l’imbarazzo, gli sto insegnando ad andare in skateboard. Inutile dire che siamo entrambi negati una volta nella parte degli alunni.
In questo momento giro per Bondi dopo la mia sessione di esercizi in attesa che l’orario si faccia accettabile abbastanza da poter tornare a casa, preparare la colazione e svegliare Andy e Ash senza che mi bestemmino contro. Si, Ash ha dormito da noi anche ieri notte. E l’altro ieri notte. L’altro ieri ancora. Una volta il film che stavamo guardando era finito troppo tardi, l’altra eravamo così presi da degli stupidi giochi da tavola che si erano fatte le due senza che ce ne accorgessimo, ieri sera voleva restare e basta. Credo che Andy gli abbia chiesto di non lasciarmi sola e lui, a parte quelle poche volte in cui “ha degli impegni”, lo sta decisamente prendendo in parola.
Non conosco i suoi coinquilini, gli altri loro amici, ma non oso pensare cosa staranno immaginando di questo attaccamento di Ash nei miei confronti. E non capisco neanche per quale motivo non me li abbiano ancora presentati. L’altro giorno sarebbero dovuti tutti venire da noi, ma per sbaglio ho sentito Andy disdire al telefono. Si vergogna forse di me? Probabile.
A me, comunque, bastano loro due.
L’insegna colorata di un negozio di dischi attira la mia attenzione mentre cammino sovrappensiero.
Pensandoci, ho proprio bisogno di nuova musica.
In posti del genere mi sento perfettamente a mio agio. Non stonano i capelli blu, non stona la vecchia canotta dei Guns’n’Roses che uso per andare a correre, anzi. Sono adatti.
Cammino per i lunghi corridoi del negozio passando gli occhi su tutti gli scaffali, leggendo i titoli dei dischi, perdendomi nelle loro copertine colorate. Penso alle discografie complete dei miei artisti preferiti dimenticate sugli scaffali della mia camera, a come mi piacerebbe poterle ascoltare nello stereo super amplificato nel salone di Andy, alle litigate che farei con Ash perché lui non apprezza la vecchia musica che io, invece, amo alla follia.
Cammino e rido pensando alla sua espressione.
Cammino e senza accorgermene mi fermo davanti ad un cd in particolare.
Sulla copertina c’è un logo che mi perseguita da quando sono arrivata a Sydney.
L’ep di quei famosi “5 seconds of Summer”.
Lo prendo e osservo velocemente i volti di questi quattro ragazzini. Sono belli, sono Australiani, ecco spiegato perchè hanno sfondato. Però suonano anche, quindi magari non sono in tutto e per tutto la copia australiana dei One Direction. Le canzoni sono solo 4, 3 titoli sono abbastanza prevedibili, ma il disco si chiama Somewhere New ed è probabilmente questo che mi convince a comprarlo. Io sono in un posto nuovo. Magari posso anche cercare di apprezzare qualche cantante australiano.
All’80 percento questo disco mi farà altamente cagare, ma ehi, io ci ho provato.
Giro ancora un po’ tra gli scaffali, poi vado a pagare e sono di nuovo fuori, in questa ennesima giornata piena di sole. Il tempo di guardarmi un secondo intorno e due ragazze mi prendono in pieno, senza neanche stoppare la loro corsa per chiedere scusa. La cosa strana è che di solito qui in Australia sono tutti calmi, queste invece gridano. Insieme alle altre dieci ragazze che stanno correndo dietro di loro.
Cosa diavolo succede?
Cammino nella loro direzione, seguendo questo gruppetto che schiamazza per la strada correndo e saltellando.
«Che succede?» chiedo alla prima ragazza che riesco a fermare.
«Luke e Calum! Da Gertrude&Alice!»  mi grida questa di risposta con uno sguardo da pazza. Come se per me dovesse essere normale conoscere questi Luke e Calum. Io, sinceramente, non ho idea di chi siano.
Lei intuisce i miei pensieri e, mentre ricomincia a correre, indica il cd che ho tra le mani.
Ah, i 5 Seconds of Summer.
Non so cosa precisamente mi spinga a seguire le ragazze urlanti. Curiosità suppongo, o magari il fatto che sono nel mio posto preferito, quello dove Ash mi aveva portato a fare colazione pochi giorni fa, fatto sta che cammino tra di loro finchè non ci riversiamo tutte in quel bar.
Ci sono tre tavoli occupati da persone qualunque, poi, intorno a quello dove ci eravamo seduti io e Ash, altre cinque o sei ragazze circondano due quarti dei 5 Seconds of Summer.
Uno di loro è alto , biondo ed ha il viso più bello che abbia mai visto, l’altro è il suo opposto, bruno, carnagione più scura e dai linementi orientaleggianti, bello in un modo particolare. Non so chi sia Luke e chi sia Calum e mi sembra anche abbastanza stupido chiederlo, chiunque mi manderebbe a quel paese, ma resto comunque tra la folla che li circonda. Ed è come se fossi il punto di fuga della scena, perché tutti intorno a me si agitano e gridano, mentre io resto ferma. Forse per questo gli occhi del biondo puntano i miei e non sembrano volermi lasciare.
Le ragazze passano, scattano foto e scambiano due parole con loro, eppure Luke (ora sono quasi certa che sia lui Luke) torna sempre a cercarmi. È strano, perché io ho una coda disordinata e neanche un filo di trucco, le guancie accaldate dalla corsa mattutina, una canotta larga e delle scarpe da ginnastica, mentre la metà delle altre ragazze sono belle bionde in bikini. Loro si stanno preoccupando della matita sbavata, io sto solo sperando di non puzzare di sudore.
Ad un certo punto, senza neanche accorgermene, sono davanti a Luke e il cuore comincia a battere forte contro le costole. Mi guarda con un sorriso genuino e gli sorridono anche gli occhi, di un blu che non riuscirei a descrivere a parole.
«Hey» mi saluta, scambiandosi un’occhiata veloce con Calum. «Vuoi fare una foto?»
In realtà vorrei dirgli che fare una foto con lui non avrebbe senso perché per me lui è un estraneo, che non avevo idea di chi fosse fino a cinque minuti prima, però… però è così bello. Ci sarebbero ragazze che pagherebbero oro per fare una foto con lui, di certo non posso sprecare un’occasione del genere. E che ne so, magari io stessa diventerò anche una fan della loro band e pregherò per rincontrarli.
Devo per forza catturare il momento.
Chiedo ad una ragazza di scattare una foto dandole il mio telefono e Luke poggia un braccio sulla mia spalla. Faccio un sorriso enorme e non mi so spiegare come mai sono così euforica, so solo che questo ragazzo è un perfetto sconosciuto, che non ci siamo scambiati neanche una parola, eppure mi sta facendo battere il cuore come non faceva nessuno da molto tempo. Anche perché mi guarda in modo strano, come se volesse dirmi qualcosa, come se in qualche modo già mi conoscesse.
Il suo braccio mi trattiene qualche secondo in più del normale e subito dopo noto che Calum ci sta scattando una foto con il suo cellulare. Che cazz…?
«Grazie per non avermi urlato in faccia» scherza Luke prima che mi allontani definitivamente, io gli rispondo con un sorriso.
«Grazie a te per la foto»
«Alla prossima»
Quando mi saluta, per qualche motivo, so che ci sarà davvero una prossima volta.  Mi lascio i due ragazzi alle spalle e prima di uscire dal bar mi rigiro a guardarli, nonostante tutte le ragazze con cui deve ancora fare una foto, Luke sta ancora fissando me.
E mi sta anche sorridendo.
 
 
Ashton.
 L’odore di pancake nell’aria è il risveglio perfetto per questa mattina.
Mi rigiro tra le lenzuola dell’enorme letto della stanza al piano terra a casa di Andy, quella dove solitamente dormiamo io e Mike, e resto ad ascoltare i rumori di Kat in cucina.
So di per certo che è lei perché Andy alle nove di mattina riuscirebbe a malapena a farsi un caffè, figuriamoci preparare dei pancake. Credo che potrei abituarmi ad avere una figura femminile in casa, anzi, potrebbe essere addirittura piacevole. Soprattutto se mi prepara ala colazione. Soprattutto se è Kat.
Sblocco il cellulare per vedere che ore sono e trovo due messaggi di Cal sul nostro gruppo di Whatsapp.
 
Cal: Dude, look who we met today xx
      
 
 
Il cellulare mi scivola dalle mani e mi prende in pieno il naso.
«Kat!» grido senza neanche pensarci «Kat»
Pochi secondi dopo la porta della stanza si apre leggermente, quanto basta a Kat per dare un’occhiata dentro. Ha una coda come nella foto. Indossa la stessa canotta della foto.
Ha davvero incontrato i ragazzi.
«Ash che succede?» mi domanda con uno sguardo preoccupato, probabilmente leggendo lo sconcerto sul mio viso. Le faccio segno di avvicinarsi.
«Ho fatto un incubo» mento cercando anche di capire anche se mi guarda in un modo diverso dal solito, se è cambiato qualcosa, se ha scoperto tutto. Invece l’unica cosa che fa è sorridere.
Le faccio spazio sul materasso e lei si siede sul bordo e mi ricorda tanto come faceva mamma quando ero piccolo e la mattina non volevo svegliarmi per andare a scuola. Anche se mamma non ha i capelli blu, lo sguardo è quello.
«Che hai sognato?»
Ecco Ash, che hai sognato?
«Che davi tutti i pancake ad Andy e a me non lasciavi niente» invento e anche se Kat non ci crede va bene così, perché Kat non fa mai domande inopportune.
«Che incubo tremendo» commenta lei sarcastica.
«Non credi che mi meriti un abbraccio di conforto?» le chiedo spalancando le braccia, ottenendo soltanto un bel dito medio di risposta. Io però ho davvero voglia di un abbraccio. Le afferro un polso e prima che possa dire o fare qualcosa per ribellarsi con uno strattone la scaravento sul materasso al mio fianco e le circondo il bacino con le braccia, facendo aderire la sua schiena suo mio petto.
Non appena comincia a divincolarsi stringo di più la presa e scoppio a ridere con le labbra vicino al suo orecchio. Sentire, poi, ridere lei è un risveglio anche migliore del profumo di pancake.
«Ho bisogno d’affetto Kat» scherzo accoccolandomi su di lei che, dopo un po’, si arrende e mi lascia fare.
«Vallo a chiedere ad Andy» sbuffa, incrociando le braccia al petto.
«Allora, com’è andata la corsa mattutina?» comincio ad indagare molto discretamente, sperando nel danno minore.
«Bene considerando che ho anche incontrato Luke e Calum dei 5 Seconds of Summer»
Ecco.
«Ma dai?!»
«Sembrano tipi okay» dice per poi rigirarsi tra le mie braccia fino a farci ritrovare faccia a faccia «Nel caso facciano qualche concerto a Sydney, ci verresti con me? Mi dispiace, ma attualmente le uniche persone alle quali posso chiederlo siete tu ad  Andy»
Kat non sorride spesso, non chiede mai niente e cerca sempre di disturbare il meno possibile, quindi quando mi fa quella proposta davvero non ho la forza di dirle di no. E lo so che è un bel problema, perché significa accompagnarla ad un mio concerto, ma troverò una soluzione di qualche genere. Anche perché, per ora, non abbiamo nessun evento in programma. Ho tempo per inventarmi qualcosa.
«Giuro che prima o poi ti porterò ad un concerto dei 5 Seconds of Summer» mormoro con le labbra contro il cuscino senza sapere se riuscirò mai a rispettare quella promessa, ma almeno per il momento la faccio contenta.
Poi senza neanche che me ne accorga Kat riesce a liberarsi dalla mia morsa e a scendere dal letto facendomi una smorfia di superiorità.
«Andiamo pigrone o farai raffreddare i pancake» dice prima di uscire dalla mia stanza.
«Giuro che potrei amarti» grido scherzando, ma oltre la sua risata anche un’altra voce echeggia per casa.
«Tu potresti fare cosa, Ash?» tuona Andy mentre sento i suoi passi sulle scale. So che se dovesse entrare in camera comincerebbe a soffocarmi con il cuscino o cose del genere, così per evitare una morte precoce salto giù dal letto correndo subito in veranda per affiancare Kat su una delle sedie intorno al tavolo apparecchiato.
«Buongiorno anche a te» sorrido non appena Andy si unisce a noi.
Lui, di risposta, mia lancia una fetta di pane imburrato contro.
Una tranquilla e tipica mattina con i 5 seconds of Summer & co.
 
Quando, una volta finito di mangiare, Kat ci lascia per andarsi a fare una doccia, io e Andy ci lanciamo uno sguardo furtivo.
In contemporanea, io lancio sul tavolo il cellulare con aperta la foto di Luke e Kat e Andy mi mostra Somewhere New.
«La foto è di un paio d’ore fa» spiego indicandola con un cenno del mento.
«Questo l’ho trovato su bancone della cucina mentre venivo» espone invece lui, ancora più preoccupato.
«Andy o le raccontiamo tutto subito o quando scoprirà qualcosa, e succederà, sarà peggio.»
«Ash io non voglio metterla in qualcosa più grande di lei. Immagina cosa penserebbero le fan iniziando a vedere questa ragazza sempre con voi. Non più solo con te, no, con tutti e quattro. A volte odiano anche me perché vi sto sempre appiccicato, figurati cosa penserebbero di Kat. Con chi dei quattro sta? Dividerà la band? È una puttana. Avanti, lo sai. L’hai vissuto tu, l’ha vissuto Luke e anche Cal. Kat darebbe di matto mentre ciò che voglio è solo farle vivere una vita tranquilla»
«Non lo so Andy… so solo che non possiamo nasconderla per sempre agli altri e, soprattutto, che gli altri si sentiranno presi per il culo quando scopriranno che quella che stiamo spacciando per la mia nuova fiamma in realtà e tua sorella.»
«Aspettiamo un po’, vediamo come va… e decideremo cosa fare»
«Come vuoi tu… piuttosto, ringraziami per aver cambiato taglio di capelli, altrimenti mi avrebbe già riconosciuto dalla copertina dell’ EP».


Mo' writing.
Salve ragazze e buone feste a tutti!
Perdonate il mio ritardo, ma questi giorni finire il capitolo è stato davvero duro e l'unico momento libero che ho trovato è stato ieri notte fino alle 3, quindi nel caso faccia più schifo del solito o troviate qualche errore in più, perdonatemi era la palpebra che si chiudeva dal sonno.
Allora, che ne pensate? Sento come se vi sto un po' perdendo, so che lo scorso capitolo era fin troppo lungo e mi dispiace nel caso sia stato pesante. Scrivetemi ciò che non va e cercherò di migliorare :)
Ah, la foto che Cal manda ad Ash... si, era giusto per dare un'idea di come doveva essere la foto tra Kat e Luke. E... un'altra cosa. Come introduzione preferite questa o era meglio l'altra? 

Cooooomunque, per Natale regalo recensioni a tutti ahahahah se vi va, lasciatemi una storia dove volete che passi e vi lascerò una recensione !
Grazie a tutte voi che recensite, che in qualche modo ricordate questa storia e a tutti i lettori silenziosi.
Ci scriviamo presto, un bacio, Mo' :*

 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Bugie e soluzioni avventate. ***



7
Bugie e soluzioni avventate.

 
Tell me what you want to hear,
Something that'll light those years.
Sick of all the insincere,
I'm going to give all my secrets away.

One Republic - Secrets
 
Kat
Non sono mai stata un’impicciona, una di quelle a cui piace farsi i fatti degli altri.
Se vuoi dirmi una cosa bene, se no la mia vita continua tranquillamente (se così si può dire) senza saperla.
E questo vale per chiunque, ma mio fratello non è chiunque.
Abbiamo vissuto per sedici anni con dei genitori a cui eravamo costretti a mentire pur di avere una vita, quindi abbiamo conoscenze pari a tre laure ed un master in come sparare stronzate dalla mattina alla sera senza che nessuno se ne accorga, ma io, non per vantarmi, sono sempre stata più brava di lui.
Forse è per questo che non ci ho messo molto a capire che mi sta mentendo su qualcosa.
Lasciando perdere la questione degli amici che si ostina a non presentarmi, la cosa che più mi puzza è la sua vita da studente.
Andy non è mai stato un grande secchione, studiava quanto bastava per non sentirsi le prediche di nostro padre e credo sia venuto qui in Australia per poter staccare per qualche anno da quello che è il suo già segnato destino. Una placchetta d’ottone con il suo nome inciso accanto a quello di mio padre sull’enorme portone del suo studio legale a Londra.
So di per certo, però, che Andy non ha mai voluto fare l’avvocato, allora non riesco a spiegarmi come mai ora tutto il tempo che non passa con me lo passa in facoltà.
Lezioni che iniziano dopo pranzo (andiamo, quale università comincia le lezioni di pomeriggio?), serate intere passate a fare ricerche in biblioteca, ma mai una volta l’ho visto aprire un libro in casa. Non è credibile, per niente.
E io non voglio sapere cosa fa quando è fuori casa, solo assicurarmi che vada tutto ok.
Perché quando io ho iniziato a frequentare brutta gente, mi comportavo esattamente come lui.
E non ho intenzione che la storia si ripeta.
Non voglio stalkerizzarlo, però… ok, forse si.
Solo un pochino.
Per il suo bene!
«Sto andando in facoltà, ci vediamo sta sera» dice Andy affacciandosi nel salone dove io riposo apparentemente innocente mentre, in testa, perfeziono il mio piano. Gli faccio un cenno di saluto con la mano e resto ad ascoltare i suoi passi che raggiungono la porta d’ingresso.
Quando si richiude, conto fino a tre e mi alzo.
Sono già vestita, giusto il tempo di infilare le scarpe e posso uscire e mettermi all’opera.
Ringrazio mentalmente Ash, che ha chiesto in prestito ad Andy la macchina per fare un servizio da queste parti e ancora non si è fatto vivo, così Andy è costretto ad andare a piedi ovunque stia andando.
Mantengo distanza di sicurezza per tutto il percorso verso la fermata della metro che collega Bondi al centro. Ho gli occhiali da sole sul viso e una felpa con il cappuccio che utilizzerò solo in caso di necessità, i capelli raccolti sulla testa per dissimulare il loro colore.
Per la prima volta da quando sono a Sydney, o meglio, da quando sono nata, sono felice che il vagone della metro sia pieno zeppo di persone. Salgo sulla stessa carrozza di Andy, solo dall’altra entrata, e mi nascondo tra la gente. Anche volendo, non riuscirebbe a vedermi.
Durante la corsa penso che le cose stanno andando bene, davvero troppo bene, anche se credo di essermi dimenticata qualcosa.
Qualcosa, si, ma non so cosa.
Guardo fuori dal finestrino per un infinità di tempo, cercando di capire cosa sto sbagliando.
Poi, quando sento il telefono vibrare nelle tasca della felpa, mi rendo conto di non aver calcolato una cosa.
Anzi, qualcuno.
È Ashton che sta chiamando ed è con lui che avrei dovuto passare questo pomeriggio, non a stalkerizzare Andy.
Merda, merda, merda.
Lascio squillare il telefono facendo finta di niente.
Prima o poi si rassegnerà.
Credo.
Spero.
 


Ashton
Dai Kat, rispondi.
Ripeto mentalmente per la millesima volta mentre richiamo Kat per la centesima volta e controllo tutte le stanze per la decima volta. In casa, però, non sembra esserci anima viva.
Non mi preoccuperei se non fosse che io e Kat avremmo dovuto fare lezioni di skate oggi pomeriggio e lei non si perderebbe la mia disperazione e le mie esilaranti cadute per niente al mondo,  quindi se non è qui ora vuol dire che qualcosa più importante (qualcosa di più importante di me, sul serio?) la sta occupando.
Certo avrebbe potuto avvisarmi.
Anche perché se no potrei preoccuparmi.
Mi arrendo dopo un numero infinito di squilli e mi siedo sul bancone della cucina con un pacchetto di chips tra le gambe.
Mando un messaggio sul gruppo della band per sapere cosa stanno facendo, uno ad Andy e per sicurezza anche uno a Kat, ora che i miei piani sono stati annullati devo trovare qualcos’altro da fare.
Potrei provare a scrivere qualcosa per il nuovo album, ma non mi sento abbastanza ispirato. Tanto poi ci pensano Mikey e Luke ai testi.
Potrei… in realtà non mi va di fare niente.
Probabilmente resterò qui seduto a mangiare patatine finchè qualcuno non verrà a prendermi.
Calum risponde alla mia domanda con una foto di lui e Mike in spiaggia a prendere il sole. Mi chiedono di raggiungerli ma non ho molta voglia.
Andy, dopo un po’, scrive che ha appena raggiunto Luke alla casa discografica per firmare delle scartoffie e subito dopo andranno a comprare un paio di cose per la band. Nuove bacchette per me, nuove corde per la chitara di Mikey che ha rotto all’ultimo concerto, e anche un nuovo cappello da baseball per Luke, che non centra con la musica, ma che comunque useremo tutti e quattro.
Ho anche un altro messaggio non letto. Un messaggio di… Kat.
Oddio si!
È viva ed è… in centro?!
Che diavolo ci fa in centro?!
«Ehi Ahs» risponde finalmente al telefono e sentire la sua voce è un sollievo.
«Kat dove sei finita?»
«Stavo facendo una passeggiata in centro»
«Vuoi che ti raggiunga?»
«Traqnuillo Ash, non è necessario»
«Ok, ma dove sei?»
«All’angolo tra la Washington e la sedicesima. C’è questa carinissima piazzetta con tanti bar e un tabaccaio decente e una bancarella che fa dei waffle incredibili»
Penso qualche secondo alla sua frase e cerco di capire perché quelle due strade mi ricordano qualcosa. E la piazzetta con tanti bar e la bancarella dei waffle sembra la piazzetta che si trova di fronte alla casa discografica.
Ah.
«Kat, per caso c’è una casa discografica davanti a questa piazza?»
«Ehm, si»
Il cuore perde un battito.
«Kat, devo fare sei servizi in centro, ti raggiungo»
Attacco prima che possa obiettare o aggiungere qualcosa. Lascio stare le patatine, corro fuori di casa, verso la mia macchina, e metto in moto il più in fretta possibile, uscendo dal vialetto sgommando.
Con un mano tengo il volante e con l’altra cerco di comporre il numero di Andy a super velocità. Risponde al sesto squillo, proprio quando stavo per perdere le speranze.
«Tu sai che tua sorella è proprio davanti alla casa discografica, vero?»
 
 
«Kat andiamo dai» cerco di  attirare la sua attenzione, ma lei non mi guarda neanche. Se ne sta appoggiata ad un palo con le mani incrociate al petto , sempre a fissare la porta vetrata dalla quale tra un po' uscirà Andy. Con Luke.
«Kat...»
«Dio Ash, vuoi andare via? Vattene da solo. Io devo prima controllare una cosa»
«Non c’è niente da vedere qui»
«C’è Andy lì dentro e tu lo sai e sai anche perchè»
La sua frase non si pone come una domanda o un pensiero o qualcosa da mettere in dubbio, anzi. La pronuncia convinta. È convinta delle sue parole. E direi anche che ha ragione.
«Non ho intenzione di lasciarti qui e stiamo solo togliendo tempo alla nostra divertentissima lezione di skate, quindi possiamo andare via per favore?»
«Andremo via solo quando Andy mi spiegherà perché mi dice stronzate. Ha detto di dover andare in università, e invece è qui. In una casa discografica. So che mi state nascondendo qualcosa, non sono così stupida. Quindi Ash, vuoi dirmi tutto tu o aspettiamo Andy?»
Premetto che ho sempre pensato che nascondere tutto a Kat è stata un stronzata.
È vero, la storia del ragazzo normale mi piace abbastanza, ma si sapeva che sarebbe finta male. E ora Kat sta chiedendo a me cosa sta combinando suo fratello, ovvero il mio migliore amico, ovvero il manager della mia band e io non so davvero cosa rispondere.
Dirle la verità non è compito mio, ma non posso neanche mentirle ancora perché è Kat e non se lo merita.
Resto fermo a guardarla, scavando nella mia mente in cerca di una soluzione decente.
Di solito è sempre Cal quello che risolve i problemi di tutti, Cal però qui non c'è. 
Siamo solo io e Kat.
Io e Kat.
Un messaggio di Andy fa vibrare il mio telefono.
"Tra un minuto siamo fuori"
Io e Kat ... E Luke e Andy.
"Kat..." La chiamo cominciando ad andare in panico.
Ora fisso anche io la porta e se mi sforzo dalle vetrate riesco quasi ad intravedere i capelli biondi di Luke che spuntano dall'ascensore. La mia mente mi suggerisce di prendere Kat di forza e scappare.
"Appena esci distrai Luke e allontanati prima che puoi" scrivo ad Andy e subito dopo inizio il conto alla rovescia.
Saranno fuori tra 10...
9...
8...
«Kat»
7...
6...
5...
«KAT»
4...
«CHE VUOI?»
Grida finalmente guardandomi.
3...
Un'idea mi passa per la mente.
2...
Con la coda dell'occhio, vedo Andy afferrare la maniglia della porta di vetro. Luke è dietro di lui.
1...
Mi avvicino a Kat con uno slancio, le blocco il viso con le mani così che non possa girarsi e ... La bacio.
Bacio Kat.
Sto davvero baciando Kat.
O meglio, sto davvero baciando Kat!?





Mo' Writing.
Buon pomeriggio ragazze :)
Come vedete sono finalmente tornata, ho riavuto il mio amato computer e tutte le mie amate storie e ho potuto finalmente completare questo capitolo.
Non è stato facile scriverlo, c'era qualcosa che non mi convinceva e ho trovato la stesura poco scorrevole. In realtà pensavo alla scena finale già dalle prima righe qundi non vedevo l'ora di arrivare a scriverla.
Bene, Kat e Ash si sono baciati, ma non pensate che sia tutto così facile, anzi. Diciamo che sono appena cominciati i guai e ci saranno delle conseguenze per questo gesto.
In più Kat ha scoperto che qualcosa non va, anche se probabilmente non ha la più pallida idea di cosa sia.
Credo che il prossimo capitolo sarà abbastanza intenso.
Ringrazio chi continuerà a seguire questa storia nonostante sia passato tanto tempo, mi farebbe molto piacere.
Ah e un'ultima cosa, AVETE SENTITO CHE I NOSTRI UOMINI VENGONO IN ITALIA????
Dio, sono emozionatissima. Per vederli dovrei prendere un aereo e probabilmente scappare di casa, ma ne varrebbe la pena.
Voi andrete? Sapete qualcosa in più oltre che sarà a Milano?
Scrivetelo nella recensione :)
Ci sentiamo presto ragazze, lasciatemi un commento se vi va.
Un bacio e alla prossima, Mo :*

 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Panic Attack ***


Attacco di panico: disturbo d'ansia che esordisce nell'adolescenza/prima età adulta. Il disturbo deriva da una disfunzione psicologica e avviene quando si è sopraffatti dagli eventi.
Sintomi: tremori, dolori al petto, sudorazione, respiro corto, paura di perdere il controllo, sensazione di distacco dalla realtà.

 


8
Panic Attack
 

 
I wanna hide the truth, I wanna shelter you.
 
When you feel my heat, look into my eyes,
It’s where my demons hide.
Don’t get too close, it’s dark inside,
It’s where my demons hide.
Demons – Imagine Dragons
 
 
Ash
«Portami a casa» sono state le uniche parole che Kat mi ha detto da quando le mie labbra hanno lasciato le sue.
Siamo in macchina e sto guidando come un pazzo, sta volta non per divertimento, anzi.
Mi sto spaventando.
Kat guarda fuori dal finestrino con lo sguardo assente mentre con la punta delle dita si sfiora ripetutamente le labbra, e giuro che non è assolutamente una cosa romantica. Non se il suo respiro continua ad essere così accelerato.
Non riesco neanche  a chiederle cosa sta succedendo perché mi vergogno troppo anche solo a guardarla.
L’ho baciata, cazzo. È la sorellina del mio migliore amico e l’ho baciata.
So di averlo fatto per il bene di Andy, anche se ormai è comunque nei casini, eppure mi sento uno schifo.
Forse è perché lei non ha ricambiato il bacio e non mi era mai successo. In realtà non mi ha neanche rifiutato, ma è rimasta proprio immobile, come una statua. Le palpebre spalancate, la bocca dischiusa, le braccia strette sul petto e l’espressione incazzata sul viso. Così prima del bacio, così dopo.
O forse perché è Kat, non una di quelle che prendi, baci e poi te la danno nel bagno di una discoteca.
No, lei è Kat, è … un mondo a parte.
Le dita appoggiate sulla sua gamba vicino al cambio della macchina ticchettano come a voler seguire un ritmo che è solo nella sua testa e mi stanno facendo impazzire. Stacco una mano dal volante e la metto sulla sua per fermarla, lei si scansa immediatamente, guardandomi impaurita come se avessi appena provato ad ucciderla.
Il palmo della mia mano è umido per quello del sudore di lei.
Se questo è l’effetto, non la bacerò mai più.
Mai.
 
 
Kat
Il nostro primo bacio cattura la mia mente come un flash.
Era l’inverno del 2012 e a Londra pioveva senza sosta da una settimana. Io odiavo la pioggia.
Tom, invece, sembrava amarla. Se ne stava sotto la tempesta con il solo cappuccio del giubbotto a proteggerlo da più o meno tre ore proprio sotto la finestra della mia camera.
Ricordo che mi aveva fatto così pena che, nonostante fossi incazzata con lui per la striscia che si era fatto la sera prima, quella che doveva essere la sera del nostro primo appuntamento, ero andata a chiedergli di andarsene di persona. Almeno questo se lo meritava.
Ricordo che aveva un occhio livido, ma che le sue pupille erano normali, il che significava che era lucido.
Ricordo anche che mi aveva sorriso non appena mi ero avvicinata, e lui era uno che non sorrideva mai.
«Ci sono cose che fanno parte di me Kat, cose che non possono essere cambiate. A volte faccio uso di droghe, a volte prendo così tante mazzate negli incontri di boxe che sono un livido vivente, a volte mando a puttane tutto. Ma non con te. Non questa volta»
Poi mi aveva baciata. Mi ero data della stupida, lasciarsi convincere così, con due paoline, non era da me, ma il cuore aveva preso il sopravvento.
Il mio cervello odiava Tom.
Il mio cuore aveva bisogno di lui.
Ash prende la mia mano e manda via la visione, ma so che non è finita qui. Lo so, ci sono già passata tante volte. Infatti, subito dopo, Tom è di nuovo nella mia mente.
Ci sono tanti baci da rivivere, tranne l’ultimo, quello non lo ricordo.
Se avessi saputo che sarebbe stato l’ultimo gli avrei dato di più, gli avrei dato tutto, gli avrei dato la mia vita prima che fosse troppo tardi.
Sento che sto perdendo il controllo.
Quando arriviamo a casa non miglioro, anzi, la situazione peggiora.
Ash fa per dire qualcosa, ma non gli do il tempo di parlare, non ne ho. Non voglio che veda il mio stato nei prossimi minuti.
Corro, arrancando, su per le scale, fino alla mia camera. Mi chiudo dentro a chiave e con le mani tremanti cerco gli antidepressivi nella borsa, ma non ce n’è traccia. Dovrò cavarmela da sola.
Sento un peso che mi opprime il petto sempre più forte, provocando un dolore tale da farmi perdere la concezione di realtà. Così semplicemente mi siedo nell’angolo di quella camera spoglia, raccolgo le ginocchia al petto e osservo il cielo di Sidney stranamente  nuvoloso.
Respira ripeto come un mantra mentre cerco di regolarizzare il respiro, ricordare chi sono, dove sono, e qual’ è la mia vita ora.
Ma sento l’ondata di panico arrivare e so di non poterla combattere.
E ho paura, anzi no, sono terrorizzata e vedo il sole di Sydney, che è speranza, spegnersi lentamente senza possibilità di ritorno.
«Scusa Tom» sussurro così tante volte che ormai sono parole senza senso. «scusa Tom» pronunciano le stesse labbra che avevano ancora il ricordo delle sue impresse.
Nessuno le aveva mai sfiorate dopo lui.
Erano ancora modellate alle sue, mentre ora non lo sono più.
E questo significa andare avanti.
Ed ecco che il panico mi prende completamente.
 
 
 
 
Dopo un’infinità di tempo, qualcuno bussa alla porta.
«Kat» mi chiama la voce di Ash, incerta come non l’ho mai sentita. Devo averlo spaventato, ma se sono chiusa qui dentro e lui è lì fuori è solo per il suo bene, per non spaventarlo.
Ricordo ancora la promessa del primo giorno, non devo trascinarlo nel buio con me.
Non posso.
«Sto bene Ash» rispondo con la voce più tranquilla che riesco a fare, anche se è ancora tremante.
«Posso entrare?» sta volta è Andy a parlare.
Neanche Andy mi ha mai visto così, lui se n’è andato da Londra prima che gli attacchi di panico cominciassero, e non vorrei che mi veda così ma so anche che non mi lascerà in pace finchè non aprirò la porta. Così cerco di alzarmi e trascino i piedi fino a riuscire a girare la chiave nella toppa.
Andy si fionda in camera e da quello spiraglio che si apre per passare incontro gli occhi di Ash. È preoccupato. Abbozzo un sorriso, ma non so che effetto possa avere un mio sorriso in queste condizioni.
«Andy…» comincio il discorso senza sapere a cosa mi porterà, ma ha bisogno di spiegazioni.
Andy scuote la testa per zittirmi.
Mi stendo sul letto e lui si rannicchia al mio fianco, stringendo la mia vita con un braccio.
«Kat io so che tu non vuoi parlare dei tuoi problemi quindi non ti chiederò di farlo. Solo devi capire che se non ti apri, almeno con me, non potrò aiutarti. Mamma e papà mi hanno detto come hai preso il fatto di Tom, mi hanno detto degli attacchi di panico, dell’anoressia e dei tagli, ma tu sei qui per rincominciare. Non puoi tornare nella merda Kat, devi andare avanti e ciò che è successo oggi, anche se non lo approvo e non succederà più, potrebbe segnare la fine di quel periodo e l’inizio di uno nuovo.»
Mi lascio cullare dalle parole di Andy senza avere intenzione di replicare.
Io non posso aprirmi con lui, non posso aprirmi con Ash e con nessun’altro. Loro sono felici, io no.
I miei demoni sono forti, sono invincibili.
I miei demoni distruggono tutto.
I miei demoni sanno di Tom, di cocaina e di overdose.




Mo' writing
Buon pomeriggio ragazze :)
Come state? Che ne pensate del capitolo?
Anche se è corto e forse a voi non sembrerà un granchè, a me è piaciuto tantissimo scriverlo perchè sono una persona melodrammatica con una passione per i disturbi psicologici (per chi lo conosca, il mio grande amore è Tate Langdon di AHS e questo dovrebbe far capire molte cose) e si insomma, Kat non è certo pazza, ma certe cose la mandano fuori dalle rotaie.
Vi sto lasciando piccoli segnali su Tom, lui è una figura importante nella vita di Kat e presto scopriremo tutta la sua storia. Lui è il motivo per cui Kat è... così.
Nessuno dopo di lui l'aveva baciata, quindi Kat non ce l'ha con Ash, forse solo con se stessa.
Non ho avuto tempo di rispondere alle recensioni perchè sto preparando il trailer della storia e questo mi toglie tantissimo tempo.
Ad ogni modo, grazie mille a tutte quante. 7 recensioni???? SIETE FANTASTICHE. 
Continuiamo così?
Vi amo.
Risponderò alle vostre domande al più presto e sarò felice di leggere cosa pensate di questo capitolo.
So di non aver parlato molto di Cal e Mikey, in realtà anche di Lukey (anche se lui avrà la sua bella parte), ma ci sarà presto spazio per tutti.
Date solo il tempo a Kat di scoprire la verità (e non manca molto)
Un bacio ragazze, ancora grazie <3
Alla prossima, 
Mo'

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Shit ***




 
9
Shit.


Kat
Gli attacchi di panico sono una cosa che non posso controllare, che mi sconvolge totalmente, ma hanno un lato positivo: finiscono presto e la mattina dopo, quando mi sveglio, l’unica paura che provo ancora è quella di avere un altro attacco. Probabilmente dovrei ricominciare con gli antidepressivi.
Sia Andy che Ash si sono volatilizzati, ma non la scamperanno così. Prima o poi dovranno tornare a casa. Ed ora che non sono più fragile e indifesa mi sentiranno. Cosa diavolo è saltato in mente ad Ash?
Per quale assurdo motivo mi ha baciato?
E cosa ci faceva Andy in una… casa discografica?
Dio, Andy è stonato come una campana e si, sa suonare la chitarra, ma ancora confonde il mi con il re.
Odio non sapere cosa gli sta succedendo.
Mi accendo una sigaretta e nel frattempo giro per casa in cerca di tracce su dove potrebbero essere ora, quando mi rendo conto che non si sono degnati neanche di lasciare un biglietto mi arrendo e mi rendo conto di puzzare un po’ per tutto il sudore freddo della notte passata, così una doccia credo che sarà la mia prossima mossa.
Anzi no, meglio, un bagno.
Preparo l’acqua bollente anche se fuori ci sono trenta gradi e la riempio di bagno schiuma al profumo di Andy. In realtà anche la pelle di Ash sa si questa fragranza, di sandalo e qualcos’altro, ma ora non voglio pensare a lui. Ho bisogno di rilassarmi e lui è tutto fuorché relax. Lui è una tempesta imprevedibile e un po’ lo odio per quello che ha fatto ieri, un attacco di panico non era in programma, ma non lo biasimo.
Lui non poteva saperlo.
Io non ho idea del perché l’abbia fatto, in realtà non voglio neanche pensarci, però spero che non si ripeta.
Non che Ash non mi piaccia, però…
È il migliore amico di mio fratello! E poi non sono pronta per un altro ragazzo nella mia vita. Non reggerebbe il paragone con Tom neanche se ci provasse e non voglio ferire nessuno.
Ecco, sto pensando ad Ash quando è l’ultima cosa che avrei voluto fare.
Mi immergo nell’acqua bollente fin sopra la testa per affogare tutto quanto. Sensazioni, emozioni, pensieri.
Stacco il cervello per qualche secondo, lontana dal mondo nella mia bolla d’acqua.
Mi concentro sul battito del cuore che rallenta di più ogni secondo che passa e sui polmoni che cominciano a bruciare. Trovo che ci sia un certo fascino nel portare il corpo allo stremo, nel trovare il limite, nel sentire dolore. Ho delle cicatrici sui polsi che lo dimostrano e, anche se con quelle ho smesso, ricordo perfettamente perché lo facevo. C’è un momento in cui il corpo prova così tanto dolore che non sente più niente e tutto diventa superfluo, tutto si concentra sul cuore. È bellissimo e terrificante allo stesso tempo. Come quando sei sul ring e l’avversario sferra il colpo finale e tu sei lì per terra e non sai se riuscirai a rialzarti per continuare a combattere.
In questo momento so che se dovessi restare anche un solo secondo in più non avrei più ossigeno nel corpo e Andy e probabilmente anche Ash dovrebbero tirare il mio corpo morto fuori da questa vasca.
Ma al colpo finale io non mi arrendo mai.
Io combatto fino alla fine.
Tiro fuori la testa dall’acqua e riempio i polmoni d’aria ed è come nascere un’altra volta.
A volte ho bisogno di questi momenti estremi, ecco perché faccio boxe. Ora che non ho neanche quella, devo trovare un’alternativa, qualcosa che mi conceda il beneficio di non pensare per un po’.
Per il momento mi limito ad allungarmi verso il cellulare e attaccare una playlist di quelle forti, di quelle che fanno casino.
Eppure riesco comunque a sentire qualcosa.
C’è… un rumore.
Qualcosa come oggetti che vengono spostati, anche dei passi credo.
Oh, i miei cari sono tornati.
Ho davvero voglia di arrabbiarmi con qualcuno.
Esco dalla vasca all’istante e cerco di asciugarmi più che posso. Infilo l’intimo e la maglia dei 5 Seconds of Summer di quel famoso Lucas della quale mi sono ormai appropriata, non mi importa dei capelli bagnati, avere spiegazioni è più importante. Giro le tre stanze del secondo piano e non trovo né Andy né Ash, ma sento i passi di uno di loro vicini così mi affaccio alla ringhiera che da sul salottino d’ingresso.
Poi mi blocco.
Perché quello lì giù non è Ash, non è neanche Andy.
Loro non indosserebbero mai camicie a quadri.
In realtà mi chiedo perché non sto urlando, c’è … uno sconosciuto in casa.
Poi lui si gira, ed in realtà non è uno sconosciuto.
Cioè, non lo conosco ma so chi è.
E… non mi spiego cosa ci faccia in casa mia.
Lui è… Luke. Quel famoso Luke. Quello dei 5 Seconds of Summer. Quello con cui ho fatto una foto ieri mattina. Quello che ho incontrato da Gertrude&Alice. Lui è Luke.
Mi guarda stranito, spiazzato.
Lui è Luke, ok, e cosa ci fa in casa mia?
«Ciao» dice togliendosi lo snapback dalla testa per poi aggiustarsi i capelli. Fa lo stesso sorriso che ha nella nostra foto. È davvero un bel sorriso, ma… che cazzo sta succedendo?
«Che cazzo ci fai in casa mia?» raggiungo la scala e scendo il primo gradino, anche se non dopo averlo squadrato un’ennesima volta. Ha le spalle larghe ed è abbastanza alto, ma sembra gracile. Se avesse brutte intenzioni ci metterei circa un minuto a stenderlo. Due evitando il viso che è troppo bello per poter essere rovinato.
«In teoria sono a casa di Andy» scrolla le spalle e fa anche lui un passo verso la scalinata. «sono quasi sicuro di averti vista l’altra mattina, ma non ci siamo presentati. Io sono Luke» mi allunga una mano e a questo punto sono costretta a raggiungerlo per stringerla.
«Kat e si, mi ricordo di te, ma ancora non capisco perché sei in questa casa»
Mi guarda storto per qualche minuto, poi passa ad osservare la mia tshirt.
«Quella è la mia maglietta» dice con fare un po’ innocente, un po’ divertito. «in realtà sono qui per riprendermi quella»
«Questa è la maglietta di Lucas, un amico di Andy e Ash» rispondo corrucciando la fronte.
Luke Hemmings, il cantante dei 5 seconds of summer, è a casa mia per riprendersi una maglietta con il logo della sua band che però Ash ha detto essere di un certo Lucas suo amico. Non sto capendo niente.
Perché Luke dei 5 Seconds of summer ha le chiavi di casa mia ed entra senza problemi e vuole la mia maglietta?
«Io sono Lucas, ma ormai mi chiamano tutti Luke»
Aspetta.
Aspetta.
Aspetta.
«Tu sei… Lucas l’amico di Ash?»
«Amico, fratello per la vita, compagno di band, ma mi sembra strano che tu non lo sappia»
Le risposte, per Luke, sono così naturali che è palpabile che non stia mentendo, ma il mio cervello credo non recepisca le sue parole. «Del resto voi due state uscendo insieme, no?»
Lo guardo senza sapere cosa dire o rispondere perché non so davvero di cosa sta parlando.
E gli occhi di questo ragazzo non mi aiutano a concentrarmi.
«Ho detto qualcosa di sbagliato?» domanda dopo un po’ che il silenzio non sembra volerci lasciare.
In realtà è tutto sbagliato.
«Quindi tu conosci mio fratello?» è la prima cosa che mi viene da chiedergli.
«Chi è tuo fratello?»
«Andy, il proprietario di casa»
Luke spalanca gli occhi come se gli avessi appena detto chissà che cosa.
«Quindi Ash stava mentendo! tu non sei la sua nuova ragazza, sei la sorella di Andy! Certo che lo conosco, è il nostro menager»
«No che non sono la ragazza di Ash!» rispondo a tono, per poi ripensare alle sue parole «Andy è il vostro manager?»
Luke annuisce come se fosse una cosa scontata e, lentamente, ogni cosa va al suo posto.
Anche se ho bisogno di sedermi.
E di una sigaretta. Decisamente. Immediatamente.
«Credo sia il momento di chiamare Andy» propongo mentre procedo a passo spedito verso il giardino, Luke mi segue come un cagnolino.
«Ed anche gli altri suppongo» aggiunge tirando fuori il telefono dalla tasca, poi si ferma un attimo per guardarmi e sorridere «Ad ogni modo, bella canzone»
Si riferisce alla musica che ancora proviene dal mio cellulare in bagno.
La canzone è Lost in stereo degli All time low, almeno ha buoni gusti musicali.
Non come quell’idiota di Ash.
 
Seduti nel salottino di Andy, tutti un po’ impauriti e spiazzati, ci sono Ashton, Luke, Calum e Michael.
Andy, invece, è al mio fianco e cerca di calmarmi.
«Lui è entrato in casa e io non avevo idea del perché o di cosa volesse, avrebbe potuto stuprarmi»
«Ma in quel caso tu l’avresti ucciso» mi blocca Ash, facendo il simpatico «io ci sono già passato»
Fulmino con lo sguardo lui e quel Calum che stava quasi per ridere.
«Dicevo, sarebbe anche potuto essere uno stupratore, un ladro o chissà che altro e…»
«Un ladro alle 10 di mattina con una camicia a quadri e un viso d’angelo nella migliore zona di Sydney non è molto credibile» controbatte quello con i capelli blu con fare sarcastico. E pensare che quasi mi stava simpatico.
«Sentite c’era uno sconosciuto in casa mia. Poi questo sconosciuto mi ha detto di essere il proprietario della maglia che indosso, che credeva fossi la ragazza di Ash e non la sorella di Andy, il quale è il manager della band dello sconosciuto dove suona anche Ash, il che spiega tutte le ragazzine che urlano quando siamo alla pista di skate o a fare surf, ed io di tutto questo non sapevo assolutamente niente. Niente.»
«La domanda è, perché voi fate skate e io non ne sapevo niente? Voglio venire anche io» si intromette Lucas/Luke, solo che a lui proprio non riesco a lanciare lo sguardo omicida.
«Kat volevamo tenerti lontana da questa storia della band per proteggerti, il loro mondo e di conseguenza anche il mio è difficile, avrei preferito saperti fuori.» mi spiega Andy poggiandomi le mani sulle spalle.
È una cosa assurda, da non credere, eppure in fondo sono felice che Andy mi nascondeva questo e non affari loschi.
«Quindi, Luke è Lucas» cerco di ricapitolare indicando uno per uno gli interessati. «Michael è il vostro amico con i capelli blu, e tu sei il loro manager. Calum di te non mi hanno accennato niente, mi dispiace»
«Stronzi» scherza quest’ultimo, facendo un faccino triste davvero troppo tenero.
Li fisso per qualche secondo lì, tutti insieme, e mi rendo conto di avere in casa una pop rock band di fama internazionale. Forse addirittura mondiale. O almeno conosciuta in tutti i posti dove i One Direction  e gli Hot Chelle Rae hanno tenuto in concerto. Perché si, Luke mi ha spiegato che sono riusciti a sfondare grazie a loro.
«Ecco perché Ash ha una copia di “take me home” in macchina» collego scoppiando a ridere, ed io che pensavo fosse un directioner accanito.
«E ora che si fa?» domanda dopo un po’ Michael, che fissa da troppo tempo i miei capelli. Ne sembra ossessionato «Sappi che se volessi diventare mia amica prima dovresti dirmi come hai ottenuto quel colore»
Ecco, appunto.
«Io dico che dovrebbe venire con noi alla serata talent di sta sera, e dobbiamo avvisare che d’ora in poi saremo in sei » propone Cal e per caso catturo il sorriso di Luke e l’occhiata di dissenso di Ash. Cos’è, ora Ash mi odia?
Ho notato che evita il mio sguardo da quando è arrivato.
Non voglio che si senta in colpa e anche se ho ancora tante domande per questi ragazzi e per Andy e devo ancora capire come tutto questo sia possibile, gli faccio cenno di seguirmi nell’altra stanza. Non senza commenti degli altri, Ash si alza dal divano e insieme andiamo in cucina dove l’aria si fa improvvisamente imbarazzante.
Lui si siede sul bancone mentre io, che in questo momento proprio non riesco a stare ferma, cammino  avanti e indietro davanti ai suoi occhi.
«Perché hai detto ai tuoi amici che uscivamo insieme?»
«Andiamo Kat, è facile, se no avrebbero voluto anche loro lezioni di skate da te»
Odio quando anche nelle situazione serie deve fare il simpatico e lui evidentemente se ne rende conto perché subito cancella quel suo sorrisetto strafottente dal viso. «I ragazzi hanno beccato qualche nostra foto insieme messa su internet dalle fan e mi hanno chiesto chi fossi facendo apprezzamenti, Andy voleva tenere te lontana da loro e loro lontani da te, così si è inventato che stavamo uscendo insieme e ho portato avanti la farsa fino ad oggi.»
«Ecco perché Cal ha scattato una foto a me e Luke quando li ho incontrati al bar»
«Esatto»
Mi rendo conto che alla fine Ash non ha colpe, ha solo seguito ciò che voleva Andy e, anche se mi hanno nascosto questa storia, lo hanno fatto per me.
Aver scoperto tutto è anche un po’ una fregatura perché sarò costretta a far amicizia con altre tre persone e, come spesso mi piace ricordare, io faccio davvero schifo a stringere nuovi rapporti. Ash è un caso a parte, con lui è facile passare il tempo.
«Tempo di andare a lavoro marmocchi» richiama tutti il vocione di Andy.
Ash mi guarda negli occhi per la prima volta da quando mi ha baciato e capisco che qualcosa ancora lo turba.
«Kat…» sussurra afferrandomi per un polso, poi però mi lascia andare, forse ricordandosi di come l’ho respinto l’ultima volta che ha provato a sfiorarmi. «mi dispiace per ieri»
«Facciamo finta che non sia successo niente?» propongo più che felice di mettere quel bacio da parte.
Gli allungo una mano, lui la stringe e l’accordo è fatto.
Raggiungiamo gli altri davanti alla porta d’ingresso e Andy mi circonda le spalle con un braccio. Calum e Michael si stanno rincorrendo nel giardino gridandosi cose in un Australiano così stretto che non capisco neanche mezza parola. Poi il primo afferra l’altro ed ecco che cominciano a rotolare sull’erba. Ash non se lo fa ripetere due volte e corre a buttarsi su di loro, ridendo come una ragazzina nel suo mondo fatato.
«Ora capisci perché non volevo presentarteli?» scherza Andy lasciando subito dopo un bacio tra i miei capelli ancora leggermente umidi. Luke gli da uno spintone.
«Non siamo così idioti come sembriamo, te lo giuro» dice lui mettendosi una mano sul cuore e spalancando quei suoi occhioni azzurri. Mi guarda dall’alto visto che in lunghezza mi supera di almeno dieci centimetri.
«No infatti, siete peggio» controbatte Andy, poi scappa verso il pickup nero parcheggiato nel vialetto prima che Luke possa rispondere.
«Allora a sta sera Kat» mi saluta Luke prima di sorpassare l’uscio. Dio, è davvero bello.
«Ciao Luke»
Il biondino fa per tirarsi la porta alle spalle, ma la blocca prima di farla chiudere completamente. Si sporge dallo spiraglio rimasto aperto e mi sorride un’ultima volta.
«Ah comunque, puoi tenere la maglia. Sta meglio a te che a me.»
Sento il cuore accelerare come la prima volta che l’ho visto.
Merda.



Mo' writing
Buona sera ragazze, ho solo un minuto per scrivere questo spazio così sarò breve.
9 recensioni e siamo tra le 40 più positivamente recensite della sezione 5SOS.
Io vi amo.
vi amo, vi amo, vi amo.
Grazie a tutte per tutto, continuiamo così <3
nella descrizione c'è il trailer della storia, più tardi risponderò alle vostre recensioni dello scorso capitolo.
Un bacio ragazze, ci leggiamo nelle recensioni
Mo'

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Gli amichetti di mio fratello. ***



 
Beauty queen of only eighteen,
she had some trouble with herself.
He was always there to help her,
she always belonged to someone else.

She will be loved - Maroon 5

 

Cap 10
Gli amichetti di mio fratello.
I ragazzi sono simpatici. Credo.
Pensavo che parlare con quattro adolescenti che hanno aperto i concerti dei One Direction e che sono amati da centinaia di ragazzine sarebbe stato diverso, mi aspettavo qualcosa come “noi, la nostra bravura, il nostro fascino, ecc…” e invece sono tutto il contrario. È come uscire con le persone che trovi nei corridoi di scuola.
Cal è ancora convinto che come band fanno schifo.
Ad ogni modo, la famosa serata talent di cui parlava Cal questa mattina si svolge in un pub poco lontano dal centro, non molto affollato, il cui proprietario cerca di limitare il numero di persone da far accedere così che, se delle fan dovessero scoprire che i ragazzi sono lì dentro e volessero entrare, sarebbero poche e gestibili.
Cinque fortunate erano sedute qui da prima di noi e quando si sono viste entrare i ragazzi hanno iniziato a dare di matto. Avevano gli occhi lucidi e loro le hanno abbracciate tutte. Sono rimasta in disparte ad osservarli per tutto il tempo, pensando che per essere delle persone famose non basta saper fare qualcosa, bisogna anche avere un cuore grande. Per entrare così tanto nella vita degli altri si deve essere speciali.
Evidentemente, loro quattro hanno quel qualcosa in più.
Le cinque, una volta soddisfatte, se ne vanno al loro posto con il sorriso stampato sul viso, anche se questo non le impedisce di lanciarmi qualche occhiata sospetta. La rossa del gruppo spalanca la bocca quando Ash si avvicina per sussurrarmi una cosa nell’orecchio e per un momento credo che voglia uccidermi.
«Facci l’abitudine»sono le parole di Ash.
Non credo che potrei mai riuscirci, ma posso provarci.
Prendiamo posto nella parte più isolata del locale e mi ritrovo a capo tavola con Ash e Luke ai lati e Mike che mi sorride in modo molesto di fronte. Credo che parlasse sul serio quando diceva di volere il mio colore di capelli, anche se i suoi sono ancora più fighi considerando che sono a tema galassia. Prima o poi glie lo dirò, ma deve meritarselo.
«Allora 5 seconds of summer, cosa fate in questa serata talent?» domando stranamente prendendo iniziativa. Non voglio far fare ad Andy brutte figure e poi c’è un’aria così rilassata tra loro che non potrei essere nervosa neanche per sbaglio.
Ash ha la mano poggiata accanto al mio braccio e le sue dita che sfiorano la mia pelle mi danno quasi sicurezza. So che lo sta facendo apposta, tutto il tempo che abbiamo passato insieme deve pur averlo portato a capire qualcosa di me. Lo guardo di sfuggita alzando leggermente l’angolo delle labbra e lui risponde muovendo appena le dita come per una carezza.
È qualcosa di cui nessuno a questo tavolo potrebbe accorgersi, è qualcosa solo mia e sua.
Non mi ero mai accorta di quanto fosse migliorato il nostro rapporto.
«Karaoke. Ubriachi. O strapieni di cibo. O entrambi. O comunque karaoke» spiega Cal che a quanto pare è il più entusiasta.
Mikey alza un braccio per richiamare l’attenzione del cameriere.
«Il solito più uno» gli grida e lui alza un pollice in risposta.
«Una volta passata una serata con noi non vorrai più tornare indietro» dice Luke guardandomi con un sorriso a trentadue denti, gli altri annuiscono convinti, Andy si poggia con finta disperazione una mano sulla fronte.
Non so cosa aspettarmi da questa serata.
 
Un’ora dopo la situazione è degenerata.
Ash e Mike hanno bevuto come delle spugne e non sembrano voler lasciare il palco del karaoke, almeno non prima di aver finito tutte le canzoni imbarazzanti presenti in archivio. Attualmente si stanno esibendo in The time of my life direttamente da Dirty Dancing e considerando che stanno ballando temo che non avranno problemi a fare anche il salto finale.
Non credo che Mike riuscirebbe a sollevare Ash (Si, è Ash che fa la femmina), neanche di pochi centimetri, ma sono sicura che sarà spassoso.
Mentre i due si dilettano sul palco, Cal, Luke e Andy si divertono a raccontarmi delle loro cazzate in tour. Ogni tanto Andy trova qualche video imbarazzante sul suo telefono e li vediamo insieme, è roba inedita che non si sono azzardati a mettere neanche su keek (non sapevo cosa fosse keek fino a questo momento) e sono davvero tremendi, e la cosa bella è loro ridono come dei pazzi a vederli anche se sarà la centesima volta  ed e io non posso che ridere con loro.
Ho anche la conferma che Ash è il più idiota del gruppo. Lo guardo mentre cerca di bucare la pellicola del barattolo della nutella con il suo pene (in mutande, eh) o mentre rincorre Luke che cerca di scappare da lui su un triciclo  e non riesco a fermare le risate.
Nella mia testa rimbombano le loro voci e il suono della mia risata, non ho nessuna preoccupazione ed è una cosa bellissima. Non passavo una serata così da un’infinità di tempo e credo che un po’ mi mancasse fare l’adolescente spensierato, mentre loro ne sono l’esempio.
Fanno stronzate, escono, si divertono, suonano davanti a centinaia di persone e sono così come sembrano.
Ho i loro volti vicino al mio e i loro sorrisi sono spontanei quando parlano di quello che amano. Cal si esalta, a Luke si illuminano gli occhi. Ho anche notato che ha delle fossette sulle guancie che spuntano ogni volta che sorride. Io odio le fossette, mi hanno sempre dato fastidio, eppure credo di amarle da questo momento.
O forse stanno bene solo a lui
Arrivato il momento del famoso salto dei nostri ballerini Cal smette di raccontare di quando hanno costretto Ash a correre nudo per strada come “iniziazione” alla band e ci concentriamo tutti sul palco. O almeno, io, Cal e Luke, perché ad Andy squilla il cellulare e con un cenno ci dice che sta andando fuori a rispondere.
Mike lancia il microfono ad una ragazza sotto il palco e corre nell’angolo, Ash va nell’angolo opposto e si lancia verso di lui come un toro alla carica. Mike lo afferra dai fianchi al momento giusto, ma il biondo ha preso davvero troppa rincorsa e non appena prova a sollevarlo cadono all’indietro con un tonfo.
Credo che Mike potrebbe essersi fratturato qualche vertebra.
Anche se non riesco a smettere di ridere, cerco di alzarmi e andare ad aiutarli.
Due di quelle cinque fan che abbiamo incontrato all’inizio hanno la mia stessa idea e ci ritroviamo tutte e tre intorno ai feriti. Capelli rossi continua a guardarmi male.
«Ash, Mike, se siete vivi battete un colpo» gli dico mentre mi accovaccio al loro fianco.
Mike dà qualche colpo sul sedere di Ash mentre quest’ultimo mugugna qualcosa di incomprensibile. Decido di afferrarlo per il fianco per farlo girare e togliere da sopra Mike, così che possa riprendere a respirare.
I due sono stesi per terra, spalla contro spalla, e quando si girano a guardarsi, i capelli sconvolti e le guancie arrossate, scoppiano a ridere e si danno il cinque. Sembrano dei bambini che hanno appena rubato delle caramelle a una signora. Si, loro sono bambini malefici. Soprattutto quello con i capelli blu.
Ma dove sono capitata?
Luke arriva in mio soccorso e fa capire alle ragazze, sempre con molta gentilezza, che non ci serve il loro aiuto, poi si carica Ash sotto braccio mentre a me tocca sollevare Mike.
«Andiamo Patrick Swayze » lo sfotto cercando di tirarlo al mio fianco.
Ci mettiamo qualcosa come cinque minuti per raggiungere gli altri al tavolo ed il tavolo era a meno di un metro da noi. Lo sistemo sulla sua sedia e Cal si complimenta con lui per la performance, poi, prima che possa tornare anche io a sedermi, Luke mi afferra il braccio.
«Ti va di cantare?» mi domanda con le fossette che spuntano timide e un leggero rossore sulle guancie. E no, non è l’alcol, ha bevuto troppo poco.
In un’altra situazione e ad un’altra persona probabilmente dire di no.
Non perché io non sappia cantare, anzi, è una delle poche doti che ho coltivato per la gran parte della mia adolescenza, ma perché non mi piace espormi. Odio essere al centro dell’attenzione quasi quanto perdere un incontro di boxe. Il che è un paradosso, perché gli incontri di boxe si fanno davanti a decine e decine di persone e sul ring si è solo in due, ma lì sei coperto da una corazza invisibile. È come se una volta salito sulla piattaforma ti trasformi, o diventi un vile o la persona più forte e coraggiosa del mondo. Io sono nella seconda categoria. Lì mi sento coperta.
Ma cantare è tutta un’altra cosa. È mettersi a nudo.
Però dico di si.
Non so perché, forse a quegli occhi semplicemente non si può dire di no.
Seguo Luke fino al palchetto e lui va a riprendere i microfoni gettati da Ash e Mike. Io, nel frattempo, avvicino due sgabelli e li metto al centro, forse troppo vicini, ma se devo cantare non voglio farlo da sola.
«Come funziona?» domando una volta che Luke si siede al mio fianco.
«Facciamo così, mettiamo in riproduzione casuale e cantiamo ciò che capita» propone premendo un tasto su un pc messo a posta lì accanto. Sulla parete di fronte a noi, dove viene proiettato il video con il testo della canzone, spunta il nome di un artista sconosciuto. Guardo Luke arricciando il naso, lui capisce e passa alla canzone successiva.
Potrei riconoscerla anche senza leggere il nome sullo schermo.
È She will be loved dei maroon 5. Non la ascolto da qualcosa come un secolo, ma ricordo ancora tutte le parole.
Sta volta gli sorrido e lui subito ricambia.
Con un cenno mi dice di iniziare e senza pensare a quello che sto facendo comincio a cantare.
Credo di guardare Luke per la maggior parte del tempo, mi viene spontaneo, e quando lui ricambia il mio sguardo si crea qualcosa tra noi.
Io cantavo come hobby e lui è in una band famosa, io ho la voce insicura mentre la sua è ben impostata, eppure, quando si unisce a me nel ritornello, siamo quasi in armonia.
Siamo praticamente sconosciuti, eppure non ho problemi a cantare un canzone così con lui.
 
I don’t mind spending every day.
Out on your corner in the pouring rain,
Look for the girl with the broken smile
Ask her if she wants to stay a while.
And she will be loved…
 
La sua voce mi fa sorridere.
È davvero meravigliosa.
Non mi accorgo dell’assoluto silenzio che si è creato intorno a noi finchè la canzone non finisce. Non c’è una sola persona in questa sala che non ci stia guardando.
«Ehi Ash, credo che Luke ti abbia rubato la ragazza» grida Mikey proprio da sotto il palco. Non avevo neanche notato che si fossero spostati qui, ma quando gli occhi di Ash incontrano i miei non li lasciano più.
Ha una bizzarra espressione che non riesco a decifrare, il che è strano considerando che Ash è praticamente un libro aperto per chiunque.
Uno strano imbarazzo aleggia tra noi, così mi alzo dallo sgabello  e faccio per scendere dal palco, anche se lo trovo difficile perché mi tremano le gambe. Causa incerta.
Il silenzio, ormai quasi inquietante, viene interrotto solo una volta che parte la canzone successiva.
Ascolto l’attacco iniziale e mi ricorda qualcosa, ma non ci faccio più di tanto caso, almeno finchè Cal non mette via il cellulare con cui stava filmando me e Luke, mi prende dal braccio, e mi riporta al centro del palchetto.
Noto con la coda dell’occhio che Luke ha gettato via anche il suo sgabello e che ora divide il suo microfono con Ash, mentre uno tocca a me e Cal e un altro a Mike. Capisco qual’è la canzone solo dopo che Luke intona la prima strofa.
Ma certo, What I like about you dei The Romantics.
Anche in questo caso canto quasi senza farci caso e forse è anche più facile di prima perché loro fanno davvero gli idioti. Saltano e urlano e conoscono perfettamente i difetti l’uno dell’altro così, facendolo sembrare quasi naturale, alternano le loro voci in armonia e riescono ad inserire senza difficoltà anche la mia. Ad un certo punto mi ritrovo tra Ash e Mikey che pensano bene di prendermi sotto braccio e cantarmi nell’orecchio. Diciamo più “gridarmi”.
Mi lascio trasportare dal loro entusiasmo, senza obbiettare neanche quando Ash mi carica in spalla e continua a saltare con me su di lui come se non fossi un peso. Ad ogni “what I like about you” ci alterniamo il microfono e sono sicura che sia davvero uno spettacolo divertente per quelli che ci stanno guardando. Qualcosa mi dice anche che qualsiasi cosa faranno i ragazzi sta sera sarà presto in rete e, di conseguenza, lo sarò anche io.
Attualmente non me ne importa molto.
Sembra strano, ma mi sto divertendo davvero.
La canzone finisce e questa volta di silenzio non ce n’è neanche un po’, neanche a volerlo.
Mentre sono ancora sulle spalle di Ash, torniamo tutti e cinque al nostro tavolo. Nessuno riesce a smettere di ridere, anche perché Mike sta cominciando a sudare e, beh, si sente abbastanza e soprattutto ridiamo al pensiero che la meravigliosa performance di questa sera verrà vista sicuramente da mezzo mondo.
Loro si ostinano a chiedersi come fanno ad avere tante fan, io credo sia proprio per questo loro essere normali. Idioti.
«Ok Kat, ora che non c’è Andy possiamo farti bere» annuncia Cal dopo essersi assicurato che mio fratello fosse ancora fuori dai piedi.
«Gli avevamo promesso di trattarti bene, non farti bere e non sfiorarti. Credo che ci atterremo a solo al primo punto» spiega subito dopo Luke sporgendosi verso di me per sovrastare le voci delle due delle fan che cercano di riprodurre il duetto mio e del biondino. Ci scambiamo un mezzo sorrisetto d’intesa mentre, entrambi, ripensiamo a cosa abbiamo sentito mentre cantavamo.
Personalmente, non saprei spiegarlo con esattezza. Credo non si possa spiegare un’emozione. So solo con certezza che lo rifarei, anche altre cento volte.
Devo essere stata distratta mentre Mike ha ordinato perché rimango abbastanza sorpresa quando vedo apparire al centro del tavolo una ventina di bicchierini pieni d’alcol.
«Non preoccuparti, questo è solo l’inizio» mi rassicura Ash con una pacca sulla spalla. Bene, meraviglioso.
Mi ubriacherò con gli amichetti di mio fratello.
«Ok allora, scegli chi sfidare tra di noi, poi bisogna bere quattro shot il più velocemente possibile e quello che ci mette più tempo va ad esibirsi su una canzone scelta dal vincente. Dopo il secondo round diventa anche più divertente di quello che sembra.» spiega Mike dall’altro lato del tavolo, cercando di sembrare sobrio.
Lui è sicuramente il primo che voglio sfidare.
E credo che una vecchia canzone di Justin Bieber sarebbe perfetta per lui.
«Ci sto, iniziamo»
 
«Dio ragazzi, vi lascio per qualche minuto e vi ritrovo così?»
La voce di Andy è leggermente ovattata e quando lo guardo il mondo intorno a lui comincia a girare. Ops.
Dannati 5 seconds of summer.
«In realtà sei stato via per una mezz’ora. Sai che in mezz’ora potremmo anche conquistare il mondo» puntualizza Luke prima di venire a sedersi sul marciapiede accanto a me.
Ho perso il conto di quanti cicchetti ho bevuto, ma erano tanti e anche gli altri hanno bevuto tanto e dopo la nostra bella dose di figure di merda (sono riuscita a far cantare One Less Lonely  Girl a Michael) abbiamo deciso che era ora di andare via. E, soprattutto, speravamo che l’aria fresca della sera ci aiutasse a farci riprendere.
Non funziona poi così tanto.
Mi accendo una sigaretta e Luke me ne scrocca una. E anche Mike. E anche Ash.
A quanto pare, Cal è l’unico che non fuma.
Lascio cadere la mia fronte sulla spalla di Luke e chiudo gli occhi. Di solito per arrivare al contatto fisico con una persona mi ci vogliono settimane, ma in questo momento non riesco neanche a pensare. E Luke ha un buon odore, sotto quello dell’alcol e della sigaretta.
«Dai, torniamo a casa» Andy mi si mette davanti e mi allunga una mano, costringendomi ad abbandonare il mio angolino tranquillo fatto dalla camicia di flanella di Luke e dal costante movimento delle sue spalle ad ogni respiro.  Lo trascino in piedi con me e, alla mantienimi che ti mantengo, riusciamo ad incamminarci verso casa loro. Andy ha lasciato lì la macchina.
Mike e Ash stanno così male che, da quello che ho capito almeno, Andy sta scegliendo un percorso alternativo per le stradine di Sydney affinchè non incontriamo persone che possano riconoscerci. Questo comporta viali poco illuminati pieni di gente losca che guarda male i nostri due ubriaconi che, nel frattempo, ondeggiano abbracciati al ritmo di una musica presente solo nella loro testa.
Nel momento stesso in cui penso che in un posto del genere potrebbero succedere delle cose brutte, i lamenti di una ragazza arrivano alle mie orecchie ovattate. Il mondo gira veloce intorno a me e il braccio di Luke al quale sono aggrappata è la mia unica ancora in un mare in tempesta. Ma la voce della ragazza è sempre più forte.
Mi guardo in torno per capire se anche gli altri la sentono o se è solo la mia immaginazione, se ho solo bevuto troppo, eppure anche il volto di Andy è corrucciato.
Così mi fermo. Al centro della strada. Sotto la luce di uno dei pochi lampioni presenti.
Ci metto un po’ a capire che i lamenti provengono da due figure nascoste nell’ombra, poggiate al muro con cui confina la strada. Sembrano una persona sola perché lui la sovrasta completamente e la tiene ferma contro i mattoni rossi. Vorrei intervenire o magari avvicinarmi per vedere cosa sta succedendo, ma Luke cerca di portarmi via con lui.
Quando Andy si accorge che siamo rimasti indietro si ferma a guardarci e, dopo aver capito a cosa sto pensando, comincia a correre verso di noi.
In realtà tutta la scena che sta per accadere è già nella mia mente, ho solo bisogno di una conferma per poter agire. Poi la ragazza grida.
«Lasciami andare! Non mi toccare»
Ed ecco esattamente quello che stavo aspettando.
«Luke fermala» grida Andy prima di raggiungerci, ma Luke non riuscirebbe a trattenermi neanche se lo volesse con tutto se stesso. Mi stacco dal suo braccio e cerco di camminare decentemente. L’adrenalina che sento salire nel corpo sta lentamente spazzando via la sbronza. Non posso considerarmi lucida, ma almeno ho la mente concentrata sull’obbiettivo.
Raggiungo con decisione la coppia e, nel momento in cui lui le sta infilando una mano sotto il vestito tenendo ferme con l’altra le braccia di lei, lo distraggo battendo con il dito sulla sua spalla. Nella frazione di secondo che lui impiega per girarsi a guardarmi noto principalmente tre cose. Il ragazzo è alto ma con pochi muscoli, lei è vestita come una poco di buono e il suo viso è gonfio per i lividi, il che mi dimostra ulteriormente ciò che sta accadendo.
Il ragazzo non ha il tempo di guardami in faccia che subito il mio pugno si schianta “accidentalmente” sul suo naso. Il rumore dell’osso che si spezza sotto le mie nocche mi fa sentire quasi bene, anche se non dovrebbe, lo so, ma non posso farci niente. Amo il corpo a corpo e considerando che non salgo su un ring da settimane uno scontro era esattamente ciò che mi serviva.
La cosa bella delle risse per strada è che non ci sono regole.
Così, infischiandomene di Andy che mi grida di fermarmi da qualche parte alle mie spalle, provo una di quelle che sarebbero le mie combinazioni vincenti se nella boxe si potessero usare i calci. Forse dovrei passare al Kick-boxe.
Blocco il collo del ragazzo tra i miei gomiti, tirandogli, poi, i capelli con le dita. Lui è troppo stordito per contrattaccare, ma anche se non lo fosse non riuscirebbe a liberarsi di me. Gli do una ginocchiata nello stomaco bella forte, cambio il piede d’appoggio superandolo e con una gomitata dietro la nuca è praticamente finito.
Cade per terra senza essere riuscito neanche a sfiorarmi.
Quei cinque idioti con cui mi ritrovo non sono neanche corsi in aiuto della ragazza. Imbranati.
Lentamente mi avvicino a lei. Ha i capelli rossi e la faccia impaurita, del sangue cola da un taglio da sopraciglio. Non avrà più di diciotto anni.
«Volete darmi una mano, idioti?!»
Cal arriva per primo. Sostiene la ragazza dalla vita e le chiede cosa sia successo. Io faccio per girarmi a guardare gli altri quattro e quel coglione steso per terra mi fa lo sgambetto.
Cadere per terra e sbattere la faccia non fa male esteticamente, ma duole il mio orgoglio.
Mi fa incazzare di brutto.
Con il calcio che gli sferro sui genitali non appena mi rialzo, probabilmente, diventerà sterile. Ecco, così si ricorda che non è una bella cosa molestare ragazzine nelle strade buie. «Fallo un’altra volta e giuro che ti ammazzo»
«Kat che cazzo hai fatto?» mi domanda Luke non appena i miei occhi si posano sui suoi. Ha la bocca spalancata e lo sguardo sconvolto. La sua espressione è piuttosto simile a quella di Andy e Mike.
Ash, invece, se la ride. Una volta, in spiaggia, gli ho fatto vedere di cosa sono capace. L’ho messo al tappeto per ben diciannove volte su venti. Quell’unica l’ho lasciato vincere giusto per non farlo sentire così tanto una merda.
Ad ogni modo, ora, bisogna pensare alla ragazza.
«Possiamo accompagnarti da qualche parte?» le chiede Calum mentre, sorreggendola, la avvicina a noi.
«lì» mormora alzando un braccio per indicare l’entrata di un locale poco più in fondo.
«Ma è un locale di Burlesque!» esclama Mike spalancando ancora di più la bocca. Gli lancio un’occhiata omicida. Devo dire che ha molto tatto.
Le guancie della rossa, sotto i lividi, si colorano della stessa tonalità dei capelli.
«Posso andarci da sola, non vi preoccupate»
Cerca di fare un passo avanti, ma le gambe le tremano così tanto che non riescono a reggerla.
Finalmente Andy si decide ad avvicinarsi. Mette un braccio sotto le ginocchia della ragazza e la solleva con facilità. Non peserà più di me.
«Come ti chiami?» le domando mentre raggiungiamo il locale da lei indicato.
«Samantha, ma considerando che mi hai salvato la vita puoi chiamarmi Sam» La sua frase suona come una battuta, ed io sorrido anche se non fa ridere. Apprezzo che riesca a scherzare nonostante quello che le è successo.
«Io sono Kat, loro sono…»
«So chi sono»
«Sei una nostra fan?» si intromette Ash.
Nel caso fosse così, la frase “le vere band salvano i loro fan” sarebbe più che appropriata.
«Diciamo che conosco la vostra musica»
I minuti successivi sono silenziosi, ma non appena arriviamo alla nostra meta ci chiede se possiamo entrare a chiamare uno dei responsabili del locale. Ash e Luke spariscono dietro l’entrata, lasciando uscire per una frazione di secondo la musica sparata dall’interno della sala.
«Grazie Kat, pensavo che questa sarebbe stata l’ultima notte della mia vita» sussurra dopo poco Sam, poggiandomi una mano sulla spalla. La afferro e la stringo in risposta.
Andy mi sorride da sopra la testa della ragazza. Si è spaventato, ma è fiero di me. Lo so. Conosco quello sguardo.
Una volta arrivati due ragazzi che lavorano nel locale, Andy cede Sam tra le loro braccia ed io le lascio la mano.
«So che probabilmente non è il genere di locali che frequentate, ma se voleste farvi un giro una sera offro io da bere» è la frase con cui ci saluta Sam prima che la trasportino via.
Quando restiamo soli, cinque paia di occhi si fissano su di me.
All’inizio se ne stanno in silenzio, poi esplodono in un centinaio di domande. Considerando che sono (anzi siamo) tutti ubriachi, le emozioni sono ampliate e le loro voci mi rimbombano in testa e davvero non ce la faccio a rispondere. Vorrei solo tornare a casa.
Resto in silenzio finchè Ash capisce e dice agli altri di zittirsi.
«Vuoi essere il bodyguard ufficiale della band?» è l’ultima domanda di Mike.
«Da quando vi serve un bodyguard?» controbatte Andy, ma Cal lo zittisce.
Conosco la risposta alla domanda di Mike.
È un si. Tutta la vita si.
«Certo»
I ragazzi esplodono in un urlo euforico e, festeggiando, torniamo a casa.
Ora possono stare tranquilli mentre camminano per queste strade, tanto ci sono io, no?
Luke mi prende il gomito mentre ce ne stiamo più in dietro rispetto agli altri.
Osserva il mio viso e fa una brutta smorfia, devo essermi tagliata o qualcosa del genere quando sono caduta.
«Sei la ragazza alternativa con i capelli blu, quella che mi sorride cantando She will be loved, quella che si ubriaca con gli amici del fratello o quella che picchia le persone per strada?» mi chiede dopo un po’, la sua mano ancora stretta sul braccio, come se si potesse ripetere quello che è successo prima da un momento all’altro.
«C’è molto da sapere su di me, Luke Hemmings»
 
In qualche modo riusciamo ad arrivare a casa dei ragazzi sani e salvi.
Io e Andy dovremmo tornare a casa nostra, ma Mike ci convince a salire da loro per brindare al mio nuovo ruolo nella band.
Il loro balcone è enorme e si affaccia sul resto della città. La visuale è la stessa di quella del terrazzo dove mi ha portato Ash il primo giorno e mi sorprende esattamente come la prima volta. Le centinaia di grattacieli illuminati, il mare, il ponte, la città sotto di noi. Sydney è splendida.
L’aria non è fredda, ma mi faccio comunque prestare dei pantaloni della tuta da Ash per non congelarmi le gambe fino ad ora coperte solo da dei pantaloncini. Il tempo di cambiarmi e sciacquare il raschio e quando torno sul balcone ai cinque posti a sedere che c’erano prima se n’è aggiunto un sesto. Sul tavolino basso al centro sono poggiate sei tazze che si riempiono di spumante o qualcosa del genere quando Mike stappa la bottiglia che ha in mano.
«Al nostro nuovo componente» dice poi sollevando il suo calice improvvisato. Seguiamo tutti il suo gesto e brindiamo. A me.
Stiamo brindando a me.
È una cosa che mi fa sentire quasi importante.
Sta sera sono importante.
E mi fa sentire bene.
Cal è il primo ad abbandonarci per andare a dormire. Quando si alza, Ash ne approfitta per sdraiarsi sul divanetto dove eravamo seduti noi tre e poggia la testa sulle mie gambe come se fosse una cosa estremamente naturale. Lo lascio fare, stranamente senza obiezioni.
Io, Mike e Luke intraprendiamo un discorso sulla musica che ci prende così tanto da  non farci rendere conto del tempo che passa.
Scopro che sono le due di notte solo perché Andy, che è stato a fissare lo schermo del telefono tutto questo tempo, mi chiede se ci sono problemi se restiamo qui a dormire. È troppo stanco per guidare.
Annuisco senza problemi, resterei così anche fino a domani mattina.
Nel momento in cui Andy si alza per andare a buttarsi sul divano, però, anche Luke prende sonno e si accascia sulla sua poltrona.
Così io e Mike ci guardiamo e, anche se proviamo ad ascoltare qualche altra canzone, si vede che vorremmo entrambi farci prendere dal sonno. Mi sistemo meglio sul divanetto, cercando di non muovere troppo le gambe per non svegliare Ash che dorme beatamente su di loro. La sua mano stringe la mia coscia che se fosse un vero e proprio cuscino.
Socchiudo gli occhi e l’ultima cosa che vedo è il viso rilassato di Luke che sonnecchia sulla poltrona di fronte a me con le ginocchia al petto e la città che brilla dietro di lui.
«Sai Kat, i tuoi capelli sono fantastici, ma credo che sia ora di fare qualcosa di più chiaro.» dice Mike con la voce strascicata di chi sta per addormentarsi. «tipo celesti»
Credo che abbia ragione.
Credo anche che si sia meritato di sapere la miscela segreta per il mio blu.
Credo che venire qui a Sydney sia stata la cosa migliore che mi potesse succedere.


Mo' corner
Buona sera ragazze e buone vacanze :)
Il mio regalo per Pasqua (e per farmi perdonare il ritardo) è questo capitolo di 4684 parole, 7 pagine.
E mentre lo scrivevo il video dei SLSP è uscito su MTV almeno quelle tre quattro voltre, quindi ero parecchio ispirata.
Vi chiedevate cosa sarebe successo una volta che Kat avrebe conosciuto i ragazzi? Ecco qui.
Allora, cosa ne pensate?
E sopratutto, come vedete la situazione Ash/Kat/Luke?
Festeggiamo anche insieme il 14esimo posto tra le preferite del sito sui 5sos.
Ragazze continuate così, siete fantastiche.
Risponderò più tardi alle vostre recensioni al capitolo precedete. Ho appena fondato una band e questo mi tiene molto occupata, quindi per eventuali ritardi nel postare il nuovo capitolo o nel rispondere alle recensioni vi prego, perdonatemi. Non credevo che scrivere una canzone fosse così difficile ahahah anzi, se qualcuna di voi ha mai scritto una canzone e vuole darmi qualche consiglio mi fareste un bel favore.
Ci leggiamo nelle recensioni bellezze.
Un mega abbraccio, vi amo
Mo'


Ps: qui la versione di She will be loved di Luke e Kat (clicca qui)
Pps: qui il trailer (clicca qui)

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Mornig ***


 
Cap 11
Morning


Kat
La mattina a casa dei ragazzi è un delirio.
Prima di tutto ieri, con il buio, non avevo notato il disordine che regna sovrano in ogni stanza. Numeri di Rolling Stone gettati ovunque, cibo su ogni superficie possibile e immaginabile, i piatti sporchi nel lavandino da chissà quanti giorni e vestiti appesi nei posti più impensabili. Ma è una casa dove vivono quattro ragazzi, quattro adolescenti, cosa ci si poteva aspettare?
Io e Luke siamo stati i primi a svegliarsi.
Durante la notte deve essere rientrato in casa a dormire perché si è cambiato ed ora è solo in mutande e Tshirt oversize, e nonostante sia una bella visione, la cosa migliore è il suo faccino assonnato. Ci incontriamo in cucina che sono le nove passate, orario assurdo per i miei standard ed evidentemente non per i suoi, mentre vaga errante fino al frigorifero.
Cerco in dispensa il necessario per preparare dei pancake mentre Luke si inzuppa una montagna di cereali in una ciotola di latte  e inizia ad ingozzarsi seduto sul bancone.
«Siamo molto socievoli di mattina, eh?» gli dico quando mi rendo conto che gli unici rumori presenti sono il russare di Andy sul divano, lo sfrigolio dei pancake in padella e il masticare insistente di Luke.
Lui mi guarda e accenna un sorriso, e le fossette distolgono l’attenzione dalle occhiaie insistenti e gli illuminano il viso. Sembra un bambino.
Suppongo che quel sorriso sia la risposta alla mia domanda, così lo lascio stare e torno alla mia cucina.
Mi accorgo che se ne sta in silenzio, si, però mi fissa. Mi fissa da qualcosa come due minuti e non sembra voler smettere.
«Cosa c’è?» domando quando tutta questa attenzione comincia a darmi fastidio. Luke non si scompone neanche quando mi giro per ricambiare il suo sguardo.
«Hai le lentiggini» afferma scrollando le spalle, sorridendo con aria innocente. «io amo le lentiggini»
Scuoto la testa per cercare di convincermi che il mio cuore non abbia perso un battito, ma è successo. Cazzo se è successo.
Dei passi in cucina rovinano l’atmosfera che si era creata. Ash, senza maglietta, viene a sbirciare da dietro la mia spalla quello che sto cucinando. Sta mattina mi sono risvegliata nella sua camera e vorrei chiedergli per quale ragione, ma per qualche motivo lascio perdere. Anche perché ora si è praticamente spalmato sulla mia schiena, con le braccia intorno al bacino, il naso nell’incavo della mia spalla e il suo “alzabandiera mattutino” che preme sulla mia schiena. oddio.
«Ash, allontanati cazzo!» impreco.
Disponibile anche nella variabile Ash, allontana il cazzo.
Lui ridacchia e Luke, ancora seduto sul bancone al mio fianco, gli sferra un calcio sull’anca.
«Luke, vuoi rubarmi il posto di bodyguard?» scherzo e alle nostre risate si unisce lo sbadiglio di una quarta persona.
Un assonnatissimo Cal ci guarda con un sopracciglio alzato.
«Se state facendo una cosa a tre, consideratemi dentro.» esclama mentre si avvicina alla dispensa per prendere dei piatti. «Il sesso è un gran bel risveglio»
«Cal!» gridiamo a mo’ di rimprovero io e Luke, e non ho bisogno di girarmi a guardare Ash per sapere che sta sorridendo e approvando. Ragazzi in tempesta ormonale.
«Ma non potreste mettervi dei pigiami normali? Ho capito che non siete abituati ad avere una donna in casa, ma comportatevi da persone decenti»
Ed ecco Andy, la ciliegina sulla torta.
«Andy, non mi scandalizzo per dei ragazzi in mutande o senza maglia. Non mi fanno ne caldo né freddo»
Bugiarda.
Però so di aver offeso Ash, così gli faccio un occhiolino mentre spengo il fuoco della cucina e porto i pancake a tavola.
I quattro mi seguono come cagnolini.
«Ma Michael?» domando dopo aver notato che i ragazzi non si fanno scrupoli a mangiare nonostante manchi l’ultimo componente della band. Subito mi ritrovo quattro paia di occhi puntati addosso.
«Credimi Kat, tu sei felice che Mike stia ancora dormendo» risponde Cal cercando di parlare decentemente, ma è impossibile considerando che ha un pancake intero in bocca.
«A volte mi manca Angel, quando c’è lei il risveglio di Mike non è mai un problema» dice poi Luke, altrettanto preso dal cibo. Improvvisamente, l’idea che un’altra ragazza prima di me abbia visto questa parte dei 5 seconds of summer mi infastidisce. Pensandoci non è niente di ché, solo un risveglio con dei semplici e stressanti ragazzi, però è una cosa che vorrebbero provare almeno la metà delle ragazze su questo mondo, quindi è normale che mi senta leggermente … fortunata. Unica evidentemente non lo sono stata.
«Chi è Angel?» domando curiosa.
«Angel è la ragazza di Mikey … ma stanno insieme ora? O sono di nuovo solo scopa-amici? O amici e basta?»
«Nessuno definirà mai la loro relazione. Si vedono quei quattro, forse cinque giorni al mese, scopano come i matti, fanno i fidanzatini innamorati, poi via. La vita della gente famosa è complicata»
«Lei è famosa?»
«è la più giovane e più famosa modella australiana. È uscita anche su Teen Vogue e quella roba lì. È un angelo.»
«parlavate di me?» Mike appare come un’ombra dal corridoio con le camere. Indossa solo uno slip nero e con una mano si gratta quelle parti lì.
«Mike, per favore» gli faccio notare la mia presenza, ma se ne infischia altamente. Piuttosto si avvicina al grande stereo presente nell’angolo dell’open space dove si trova il divano con la tv e spara a tutto volume una canzone dei Green Day bella forte. Successivamente torna da noi, sussurra un «buongiorno stronzi», si infila un pancake spalmato di Vegemite preso dal piatto di Ash in bocca e va a buttarsi sul divano con un joystick in mano. Non sembra voler abbassare il volume della musica.
«è intoccabile di prima mattina» mi spiega Andy, che deve gridare per farsi sentire. «e se provi ad abbassargli il volume ti ammazza»
Io amo questa canzone, giuro, ma non sparata così forte mentre faccio colazione la mattina dopo una sbornia.
Pensandoci, una sola cosa potrebbe farmi riprendere completamente. Esercizio fisico.
«Io penso di andare a fare una corsa tra un po’, qualcuno vuole venire?» propongo e improvvisamente il chiacchiericcio allegro intorno al tavolo si blocca.
Guardo i ragazzi intorno a me. Ash ha delle belle braccia muscolose , ma su quel petto e quegli addominali potrebbe fare di meglio;  Andy è asciutto e spilungone, è inglese; su Cal c’è potenziale, si vede che lui e Ash sono quelli che almeno ci hanno provato a fare qualche tipo di esercizio, mentre su Mike e Luke non c’è speranza. Probabilmente non  hanno mai visto una palestra. Eppure non credo che cambierei qualcosa di Luke. Lui sta bene così.
Però, in qualità di bodyguard, devo renderli capaci di difendersi anche da soli. Così, in questo momento, decido che sarò anche il loro personal trainer.
«Alzatevi sfigati, se sono il bodyguard devo essere anche il personal trainer, e voi avete davvero bisogno di una bella corsa. Fidatemi» mi alzo dal tavolo e loro hanno una faccia tutta sconvolta. Mike ancora non dice niente perché probabilmente non ha sentito, così vado allo stereo e spengo tutto. «Alzati, stiamo andando a correre. Vi voglio pronti tra dieci minuti»
Mi sento così autoritaria.
Mike mi guarda dal divano e subito dopo scatta in piedi.
«non mi picchiare, ti prego» grida con una voce da femmina mentre corre nella sua stanza. Credo che scherzasse. Credo.
«Kat ma devo venire anche io?» domanda Andy, ancora indeciso se alzarsi o no.
«Certo. Dobbiamo parlare.»
 
Sta mattina il sole batte più forte del solito.
La spiaggia di Bondi è affollata e sono sicura al cento per cento che i ragazzi preferirebbero andare a stendersi sulla sabbia o a fare surf piuttosto che correre con me, ma io lo faccio per il loro bene.
Una band in forma aumenta il Sex Appeal. Una band con molto Sex Appeal viene apprezzata di più.
La ciccetta sulla pancia di Michael, per quanto i ragazzi la definiscano comoda, non è un gran chè.
E neanche le braccia graciline di Luke.
«Andiamo femminucce, dobbiamo ancora finire il secondo chilometro» li sprono dalla mia posizione in testa alla fila, correndo all’indietro per guardarli.  Tre quinti sono tutti presi ad osservare le ragazze in costume in spiaggia. Li ho portati sul lungomare apposta. Luke e Ash, invece, stanno parlando di qualcosa. O meglio, si ansimano qualcosa addosso. Luke sembra sul punto di poter svenire, Ash cerca di apparire instancabile, ma non lo è.
Io mi sento davvero molto australiana.
Le cose qui stanno evidentemente migliorando. Se prima andavo in palestra solo con reggiseno sportivo e pantaloncini da boxe, perché non posso farlo anche qui, dove la maggior parte delle persone se ne sta in costume? Mi fa strano girare mezza nuda, ma sono in Australia, non più a Londra. Sento il sole sfregare sulla pelle chiara e il sudore scendere sulla pancia piatta, i capelli blu sono legati in una coda alta e fermati da un cappello da baseball preso da casa di Andy, dove siamo andati a cambiarci, e con i miei ragazzi dietro mi sento inserita.
Ora che mi rendo conto, sto anche iniziando a capire meglio il loro accento ostrogoto.
È una giornata meravigliosa e sono tranquilla, e mi piace. Questa sensazione mi piace.
Rallento un attimo verso Andy, gli chiedo il cellulare e torno in testa alla fila. Apro quel famoso keek che a loro piace tanto e scopro che anche se sono dal telefono di Andy, l’account aperto è quello dei 5 Seconds of summer. Perfetto.
Metto la fotocamera interna e, anche se di solito non farei niente del genere, mi inquadro per cominciare a filmare.
«Ragazzi e ragazze, ecco come sono davvero le vostre amate rockstar» dico quasi ammiccando verso la telecamera, che poi giro verso di loro che non si sono ancora accorti di niente.
«Mancano solo altri quattro chilometri» grido e si alza un lamento generale. Mike fa uno scatto e salta sulle spalle di Cal, implorandolo di essere trasportato perché non si regge più in piedi, Luke mi guarda con gli occhioni dolci e Ash… Ash si rende conto che sto filmando.
«Kat sei una stronza» grida  iniziando a correre verso di me. «Dammi quel telefono»
«Tu prendimi» accelero e non appena il video finisce lo pubblico con facilità. «Ecco come farvi correre, se mi prendete cancello il video».
Appena posso giro verso la spiaggia perché so che correre sulla sabbia per loro sarà ancora più difficile, eppure sembra che una volta sfidati non vogliano tirarsi indietro. Sono orgogliosi, sono testardi, sono ragazzi.
È Luke ad atterrarmi dopo pochi minuti. Finiamo nella sabbia e subito dopo anche tutti gli altri mi si buttano addosso.
E sono tutti ansimanti e distrutti ed è piuttosto raccapricciante come scena. Se non avessimo vestiti addosso sembrerebbe un’orgia. Un’orgia con incesto, considerando che c’è anche mio fratello.
«Stavo pensando che se anche cancellassi il video, sicuramente tantissime persone l’avranno già visto, quindi…credo sia inutile»
Rido mentre li sento borbottare.
«Io ti odio Kat» dice Mike cercando di tornare in piedi. Per colpa del sudore la sabbia gli si è appiccicata ovunque e questo lo porta a bestemmiare. Non una volta sola.
«Se arrivate a quel parchetto in meno di cinque minuti vi dimezzo le flessioni. Al primo anche gli addominali»
Li sfido ancora, ormai ho capito che è solo così che posso gestire questi quattro.
Quando anche Andy fa per scattare, lo trattengo dalla maglia. Dobbiamo parlare.
«Così tu passi le tue giornate a fare da baby sitter a questi qui?» gli domando tornando ad un passo decente così che lui possa parlarmi senza affanno. Ok, diciamo senza troppo affanno.
«è molto più di questo, Kat! c’è del lavoro dietro il loro successo. Devo parlare con gli sponsor, organizzare gli incontri, le interviste, gli spettacoli, programmare le prove. È difficile, ma essere con loro è la ricompensa» Spiega Andy con quei suoi occhioni azzurri, i suoi occhioni sinceri.
Mi spaventa che quei quattro siano riusciti a coinvolgerlo così tanto, perché vorrebbe dire che potrebbero coinvolgere totalmente anche me. Su certe cose io e Andy siamo uguali.
«E l’università? E papà?»
«Non sono ancora pronto per quella parte della mia vita, Kat. E guadagno abbastanza per vivere per anni e anni. Quando tutto questo finirà, se non sarà troppo tardi, potrei pensare di dare gli ultimi esami di legge. Papà non sa niente però»
«Ma dai, il figlio perfetto non è più così tanto perfetto. Ora toglieranno anche a te il patrimonio di famiglia»
Scherzo accelerando il passo, di certo non gli farò una paternale perché ha lasciato la scuola. L’ho lasciata anche io, al liceo, quindi non sono la persona adatta. E poi Andy è molto più felice qui, circondato dalla musica e dal sole australiano e lontano dai suoi amici superfighi usciti dall’Abercrombie.
Andy è felice.
Ma qui, in Australia, su questa spiaggia, con quei quattro che ancora corrono verso la meta buttandosi l’uno sull’altro e le loro risate che si spargono nell’aria, la felicità non è una cosa così difficile da immaginare.
«Con chi eri ieri al telefono? Lavoro?» gli chiedo prima di lasciarlo del tutto dietro, riferendomi al fatto che mio fratello non si era goduto per niente la serata. Andy mi guarda per qualche secondo prima di rispondere.
«Era Jess» dice e non posso che fermarmi all’istante per spalancare la bocca. COSA?
«Andy … da quanto? Cioè … Jess … tu ….» non riesco a trovare le parole per esprimermi. Pensavo l’argomento “Jess” fosse intoccabile per lui proprio come Tom per me. Pensavo Andy fosse riuscito ad andare avanti, a dimenticare.
«Sto bene Kat. Te lo giuro»
«Kat sono arrivato primo!» grida Ash dal parchetto, saltando e sbracciandosi.
Lancio un’ultima occhiata ad Andy e lui mi sorride.
«Più tardi ne riparliamo» lo dico quasi come una minaccia, poi faccio un ultimo scatto verso il resto dei ragazzi.
Se ne stanno stesi sull’erba, cercando di riprendere fiato, ma non hanno ancora finito con me.
«Vi voglio in forma entro il mio compleanno» grido, sentendomi molto il mio maestro di boxe.
«Per curiosità, quando sarebbe il tuo compleanno?» chiede Cal portandosi una mano davanti agli occhi per coprirsi dal sole.
«Tra due settimane» rispondo con un sorrisetto sadico.
Poi pongo fine alle chiacchiere cominciando con gli esercizi seri. Mi sento rinata, lo sport mi carica quasi quanto la musica.
«Sai Kat, io odio la pioggia d’estate, eppure in questo momento la sto desiderando con tutto me stesso» esordisce Ash tra un addominale e l’altro.
«è bellissima la pioggia d’estate!» controbatte Mike, imbronciando il viso.
«Non parlate» li sgrido con il tono più imponente che ho, ma provoco soltanto la risata di Ash.
«Amo anche il suono della tua voce, tranquilla» mi risponde, e un po’ rido anche io.
Poi Luke smette di fare gli addominali, si siede e punta lo sguardo nel vuoto.
«Mike cos’avevi scritto sulle note del telefono un po’ di tempo fa?» gli chiede con improvvisa impazienza.
«Io scrivo tante cose sulle note del telefono»
«Dai l’ultima volta che è venuta Angel a trovarci… quando ti mandammo male perché non ti facesti sentire per due  giorni interi»
Così, anche Mike smette di allenarsi.
Guardo Luke e sento la sua esaltazione crescere, lo vedo nel modo in cui tamburella le mani sulle ginocchia, o nello sguardo perso. Sta macchinando qualcosa.
«We put the world away, we get so disconnected» legge Mike dallo schermo del suo cellulare.
A Luke si illuminano gli occhi.
«I like the summer rain … I love the sound you make … » canticchia seguendo il ritmo con le dita, dopo guarda Ash e sembra che si capiscano senza dover dire niente.
«We put the world away … we get so disconnected» continua l’amico con scioltezza.
Per un secondo i quattro restano a fissarsi in silenzio, dimenticandosi di qualsiasi altra cosa al di fuori di quelle quattro frasi, di quella piccola bozza, poi si alzano in un’ovazione facendo aderire i loro corpi sudati l’uno con l’altro, il che sembra davvero una cosa schifosa.
Non vorrei essere al posto loro penso, ma non ci credo davvero. Infatti quando tirano me ed Andy tra di loro faccio finta di lamentarmi, eppure mi sento parte del gruppo.
Non credo che riuscirei a comporre qualcosa così, come ha fatto Luke, con qualche frase comune e totalmente ordinaria, ma che suona. In realtà non credo che riuscirei a comporre e basta. Uscirebbe qualcosa di troppo depresso per cui l’umanità non è ancora pronta.
Loro sono artisti.
«Non è male, no? Può essere qualcosa per uno dei cinque singoli che devono essere nell’EP» dice Luke gonfiando il petto, fiero.
Dopo di che cominciano a parlare di musica e delle nuove canzoni che servono e delle innovazioni che vogliono attuare e mi rendo conto che per oggi con l’esercizio fisico basta così. Li metto a fare stretching perché so che altrimenti i dolori che sicuramente avranno domani sarebbero ancora più tremendi e nel frattempo li ascolto parlare di ciò che amano.
Ecco cosa c’è dietro le loro canzoni, quattro ragazzi che cercano di dare il loro meglio.
Quattro artisti.
Quattro esseri umani.
Quattro esseri umani speciali.
Uno di loro mi sorride ogni cinque secondi e a me non dispiace per niente.

 
Ash 
«Dovremmo fare qualcosa di spaziale per il suo compleanno» propone Cal quando, nel pomeriggio, ce ne stiamo buttati sul lettone della camera degli ospiti a casa di Andy e Kat. Quest’ultima si è allontanata per fare una doccia, così possiamo finalmente parlare di cose serie. Del suo compleanno.
«Qualcosa che la faccia convincere a restare in Australia per sempre» si aggiunge Luke che con le dita gioca con le lenzuola del letto. La sua testa è poggiata sulla pancia di Mikey e si alza e si abbassa ad ogni respiro dell’amico.
«Così avresti il tempo di attuare qualcuno dei tuoi piani di abbordaggio a tempo indeterminato senza aver paura che possa abbandonarci prima che tu finisca il tuo lavoro?» lo sfotte poi Mikey, tirandogli uno schiaffetto sulla fronte. Sento una cosa strana muoversi nello stomaco, ma non ci faccio caso.
Anche perché con la mente sono da tutt’altra parte.
Sono all’altra mattina, quando, abbracciati su questo letto, avevo promesso a Kat che un giorno l’avrei portata ad un concerto dei 5 seconds of summer. Ora che sa tutto non è più un problema. Ora posso.
«Organizziamo un concerto e facciamo qualcosa per lei, una canzone, le scattiamo delle foto imbarazzanti e montiamo un video da mandare sul maxi schermo, qualcosa del genere.» propongo, sicuro che almeno l’idea del concerto le sarebbe piaciuta.
«Andy, che giorno di preciso è il compleanno?»
«Il 22 dicembre»
«Andy organizzaci un concerto il 22 dicembre»

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** She look so perfect ***




12.
She look so perfect
                                                   
         
Now and then when I see her face,
She takes me away to that special place.
And if I stared too long,
I’d probably lay down and cry.
 
Sweet child O’mine
Sweet child o'mine - Guns n'roses
 
 
Luke.
Ad una settimana dal compleanno di Kat non abbiamo ancora una canzone.
Volevamo fare un video con delle foto imbarazzanti e lo stiamo preparando, volevamo un concerto ed è stato organizzato all’insaputa di tutti, volevamo anche scrivere una canzone, ma abbiamo solo un riff accettabile e qualche frase buttata lì.
Potrebbe essere anche la seconda canzone dell’EP, considerando che Disconnected va solo registrata, un’altra è in stesura e abbiamo davvero bisogno di nuove canzoni. Davvero tanto.
Questa mattina sa di novità, di cambiamenti.
Ho riarredato la mia camera (aggiunto nuovi poster e rubato le nuove lenzuola fighissime di Michael), ho masterizzato un nuovo CD con qualche canzone vecchia, di quelle che piacciono tanto a Kat, tipo i live dei Nirvana nel 94, e ho lasciato che Ash mi tagliasse i capelli. Sono troppo grande per il ciuffo.
Ma riguardo i capelli, il vero cambiamento sta avvenendo nel bagno in fondo al corridoio.
Kat che se li fa celesti.
Eh vabbe, Mike sta semplicemente ritoccando il suo blu con la ricetta segreta di Kat.
Sento Ash che entra in bagno e fa qualche foto con il telefono, tutti scatti puramente tattici da inserire nel video del compleanno.
Nell’aria si alzano le bestemmie e le risate di Kat. È facile ultimamente sentirla sghignazzare o vedere un sorriso.
Lo so che le stiamo facendo bene, lo sento.
All’inizio se qualcuno la sfiorava si irrigidiva, ora quando Mike la abbraccia (e Mike abbraccia le persone molto spesso) sembra quasi contenta, gira per casa in Tshirt e mutande, lascia che Cal le si butti addosso quando ce ne stiamo tutti insieme sul divano a vedere un film e non si fa problemi a dormire con Ash ogni volta che lei e Andy restano a casa nostra.
La scena è la stessa per tutte le notti, Kat inizia ad agitarsi e a gridare nel sonno, poi si alza e va in camera di Ash. Stop. I rumori finiscono lì.
Questa è l’unica cosa che invidio ad Ash. Vorrei che Kat venisse in camera mia. Oppure vorrei avere il coraggio di alzarmi e andare da lei ogni volta che inizia il tormento, perché io la sento tutte le volte, Ash invece credo che si renda conto che sta male solo una volta che Kat raggiunge il suo letto.
Non so cosa le sia successo, ma vorrei poterla aiutare in qualche modo, anche perché lei ci sta dando tanto.
Ci aiuta con le canzoni, con il sound, con l’aspetto esteriore, cucina meglio di Cal (non che ci voglia tanto) e ci dà un parere da ragazza su tutto. È la cosa migliore che sia successa a questa band dopo il provino di Ash come batterista, Andy e i One Direction  che ci hanno portato in tour.
«Luke, aiutami» grida Kat dal bagno. Sorrido tra me e me e corro dalla mia camera fino al bagno in fondo al corridoio.
Mike e Cal bloccano Kat dalle braccia e Ash tiene il telefono alto davanti a se e agli altri per scattare delle foto con la fotocamera interna dell’Iphone. Kat ha i capelli impiastricciati dalla crema per la tinta, il trucco sbavato di quando si fa la doccia senza essersi struccata prima e un asciugamano a coprirle il corpo.
Il problema è che così dovrebbe essere almeno imbarazzante, invece è comunque bellissima.
«Toglimeli di dosso Luke» mi supplica con la faccia disperata.
Scoppio a ridere e mi unisco al quartetto.
Così Ash continua a scattare e io mi sporgo verso Kat per darle un bacio sulla guancia.
«Tutto il mondo ti vedrà così, Kat!» grida Ashton che non riesce a smettere di ridere, e più Kat si lamenta più aumenta.
«Ragazzi dai, mi sta cadendo l’asciugamano!»
«Cadi! Cadi! Cadi!» iniziano a gridare gli altri e, anche se non mi dispiacerebbe, mi giro verso di lei e la abbraccio, tenendole su l’asciugamano.
«Ti porto via da questi animali» dico prima di allontanarla dalle braccia di Mike e Cal e portarla di peso in camera. Con me borbotta contro gli altri tre, ma non cerca di liberarsi.
La lascio sul mio letto e mi sporgo verso l’armadio per prenderle una maglia di quelle larghe che le piacciono tanto.
«E questo?» domanda notando il cd buttato tra le lenzuola con la scritta ’94 sopra. ‘Fanculo, avrei voluto farle una sorpresa con quel Cd.
Le lancio la maglia in faccia sperando di distrarla, ma si ostina a guardarmi interrogativa.
«è un mixtape con un po’ di roba del ‘94» le rispondo vago, già consapevole della prossima domanda.
«Ci sono gli unplugged dei Nirvana di quell’anno?»
Ecco, appunto.
Annuisco e lei sorride.
«Dio si, l’ho sempre pensato che eri il migliore in questa band»
Ci guardiamo per qualche secondo, poi distogliamo entrambi lo sguardo.
Non ci riesco ad averla così, sul mio letto, con un cd di musica che entrambi amiamo in mano senza pensare a cose a cui non dovrei pensare.
Lei si accorge che c’è qualcosa che non va e cambia discorso.
«Prestami un paio di mutande pulite Luke, ho finito le mie. Non torno a casa da almeno tre giorni»
Non so perché, ma il pensiero di lei con le mie mutande addosso peggiora solo la situazione.
Deglutisco non appena mi giro verso l’armadio. Credo di essere arrossito.
Apro i cassetti dell’intimo e cerco delle mutande carine, mentre alle mie spalle sento un frusciare di stoffa.
Come… come un asciugamano che cade per terra. Oh.
«Luke non ti girare» mi ordina lei quando cerco di controllare cosa sta succedendo.
Mi salta il cuore il gola.
Poi scende nei pantaloni.
Merda.
Non può fare queste cose.
Ci metto anche troppo a cercare le mutande perché il mio cervello non connette, poi tra la marea di boxer vedo uno slip bordeaux con l’etichetta di American Apparel e decido che è quello che fa al nostro caso.
«Va bene?» lo alzo alle mie spalle per farglielo vedere e la sento avvicinarsi.
Toglie le mutande dalla mia mano e se le infila, una volta finito mi permette di girarmi.
«Kat, è ora di risciacquare» grida Mike dal bagno, ma è come un suono ovattato.
C’è solo Kat qui davanti a me, con la mia maglia e il mio intimo, e penso che sia ciò che vorrei vedere ogni mattina appena sveglio e ogni notte prima di dormire. Nel mio letto. Con i poster sul muro che fanno da sfondo.
«Grazie Lukey» dice con la faccia innocente, come se fosse tutto normale. Non sembra volersi muovere, però. Almeno finchè Ash non spalanca la porta della mia camera.
«Perché lei può chiamarti Lukey, ma se lo facciamo noi ti arrabbi?»
Lancio un’occhiataccia ad Ash senza volerlo e Kat ride guardandolo.
Ecco un’altra cosa che gli invidio: lui riesce a farla ridere sempre. Sempre.
«Sei punk rock anche se ti chiamo Lukey» mi prende in giro lei, cercando il mio sguardo per farmi un occhiolino. Quando passa davanti ad Ash, lui la fissa ad occhi sbarrati.
«Ma ti sei cambiata davanti a lui?» esclama notando che non indossa più l’asciugamano.
«Esatto, ciò che non succederà mai con te» risponde lei con il tono da stronza che ogni tanto conserva, soprattutto con lui e Mike.
«Dicono tutte così all’inizio» grida in risposta il biondino prima che la porta del bagno venga chiusa di scatto.
«Ma che avete fatto?» mi chiede poi, guardandomi di sottecchi. Sembra scocciato.
«Gran sesso» rispondo con un ghigno.
Ash mi da un mezzo pugno sulla spalla e scoppia a ridere.
«Luke Hemmings, se sei così veloce, ti si prospetta un oscuro futuro davanti.»
Ora sono io a dargli un pugno, e picchiandoci arriviamo al divano.
Il fodero di Call of Duty sporge rispetto a tutti gli altri giochi della Playstation  impilati accanto alla tv e lo prendiamo quasi come un segno del destino.
«Vieni che ti spacco un po’ il culo» lo provoco facendo partire il disco.
Saltiamo sul divano e Ash mi lancia i joystick.
Anche se è Mike quello fissato con i video giochi, siamo pur sempre ragazzi anche noi.
E ai ragazzi piacciono un sacco le sfide e i videogiochi.
Dopo un paio di partite infinite in cui, ammetto, Ash mi ha stracciato, le due signore escono dal bagno.
A Mikey sta bene il nuovo colore, più blu scuro e meno neon. Color Kat.
Lei sembra un po’ meno inglese e un po’ più di qui, con l’abbronzatura leggera che la fa sembrare almeno un essere vivente e non un fantasma e i capelli celesti che le cadono molto oltre le spalle.
Dio, quanto è bella.
Smetto persino di giocare alla play per guardarla e «mi piacciono» è tutto ciò che riesco a dire.
Andy, che era sul balcone a parlare al telefono da più di due ore, ci degna eccezionalmente della sua presenza. Ultimamente parla più al telefono che con noi.
«Mike fai schifo comunque, Kat sei sempre bella » scherza facendo sbuffare Michael.
«Allora, che si fa oggi? Surf e corsetta? Sta mattina non sono riuscita ad andare da sola» propone Kat venendosi a sedere sul divano tra me e Ash.
Le prendo una ciocca di capelli tra le dita e ci gioco un po’.
Ho sempre voluto una ragazza con i capelli blu, ma anche celesti non mi dispiacciono. Assolutamente.
«Sei proprio diventata un’australiana» dice Ash dandole una pacca sulla spalla, fiero.
«Sta sera che ne dite se andiamo in quel posto dove lavora Sam?» si intromette Cal, buttandosi di peso su di noi.
«Chi è Sam?» Mike si avvicina con l’intento di fare la stessa cosa, ma alzo un braccio e lo spingo via.
«Sam è la rossa dell’altra notte. Quella dello strip club» ci illumina Kat.
In realtà quella sera la ricordo bene nonostante avessi bevuto.
She will be loved, Kat, l’alcol, Kat.
Cose del genere.
«Che c’è Cal, hai bisogno di scopare?» lo stuzzica Ash.
«In realtà si» ammette e tutti scoppiamo a ridere.
«Ma dai, i ragazzini famosi fanno sesso e non è ancora scoppiato uno scandalo?» ci sfotte Kat.
La diverte questa questione dell’assenza di privacy, anche se si incazza quando postiamo qualche sua foto sul web o quando le fan scrivono di lei su twitter.
E le fan scrivono spesso di lei.
Molto spesso.
Anche io se fossi una mia fan la invidierei, lei fa ciò che tutte vorrebbero fare. E non era neanche una nostra fan…
Forse è per questo che ci piace tanto, perché ci tiene con i piedi per terra, perché se qualcosa le fa schifo di noi lo dice subito, ma ci aiuta anche a migliorare, perché non ci urla in faccia come tutte le altre e non l’ha mai fatto, neanche quando ha scoperto chi eravamo.
Ci tratta da ragazzi qualunque, che poi è ciò che siamo.
«Quando ci sgamano a fare qualcosa con qualcuna succede il finimondo. Fanno storie per te anche se sanno che sei solo la sorella di Andy e la bodyguard della band, figurati cosa succede se esce qualche foto nostra con una ragazza. Che loro non conoscono. Magari anche all’uscita di un albergo. Non hai idea.»
«Cal sembri un esperto in questo discorso…» nota Kat, guardandolo con un ghigno.
«Cal è quello che si fa sgamare più spesso, e a me tocca sempre smentire tutto» lo sfotte Andy, introducendosi nel discorso. «Comunque muovetevi che dobbiamo andare in studio. Niente surf e niente strip club se non sul tardi, oggi si registra Disconnected e si incide la base dell’altra canzone che sta scrivendo Cal. Com’è che si chiamava?»
«Hollywood Hearthake»
«Che nome di merda»
L’ho detto, io, che Kat non si fa problemi a dire che facciamo schifo…
«Sul nome ci lavoreremo in studio. Andiamo dai»
Liberiamo il divano a Kat e non appena Mike ha spazio si piega per abbracciarla.
«Ti voglio già bene Kat» le dice stringendola anche troppo forte.
«Che vuoi?» risponde lei.
«Mi cucini fish and chips per cena?»
Kat lo spinge via e ride.
«Fish and Chips per tutti sta sera, ma non tornate tardi che mi sento sola»
 
La cosa più strana del comporre canzoni è sentirle una volta pronte in studio.
Un minuto prima sono partiture e strofe su un pezzo di carta, un minuto dopo sono registrate su un cd che una volta finito includerà altre quattro canzoni e verrà pubblicato in tutto il mondo.
Ok forse non proprio in un minuto.
Siamo in studio dall’ora di pranzo e ora sono le dieci passate.
Disconnected è pronta da un paio di ore, ma la base di Hollywood Heartake, che è diventata Heartake on the big screen, è davvero un casino.
A meno che non si tratti di canzoni acustiche, io sulle basi non servo a molto, di solito mi mettono a scrivere testi e loro pensano al ritmo, così anche ora mentre si uccidono l’un l’altro penso alla canzone per Kat.
Dovrebbe essere facile, ma ci sono così tante cose da dire che non me ne viene neanche una.
E non vorrei fare niente di troppo sdolcinato, ma neanche distaccato.
Non vorrei spaventarla, ma farle capire che un po’ speciale per me lo è.
Però sono bloccato.
Non riesco a fare niente.
Mike deve notare il mio sguardo perso nel vuoto perché abbandona la chitarra per venirmi incontro.
«Come va la canzone?» chiede sedendosi al mio fianco sul davanzale della finestra.
«Bianco» rispondo gettando la penna sul foglio. Guardo oltre il vetro dello studio di registrazione al trentesimo piano e la città mi sembra morta di lunedì notte. «Kat è così… così…»
Le parole mi sfuggono, ma non trovano comunque un senso.
«Lo so» Mikey mi da una pacca sulla spalla.
«Dovrebbe essere facile scrivere una canzone su una come lei»
«Vai a farti un giro Luke, scrivi sempre delle bombe di testi, proprio questa volta non puoi fallire»
«Le parole per Alex mi uscivano facilmente, ero innamorato di lei e stavamo insieme. Kat è un altro paio di maniche»
Ad Alex dobbiamo singoli come Beside You, Out of my limit e Gotta get out.
Ad Alex devo il mio successo.
Al successo devo il nostro esserci lasciati.
È stato all’inizio del tour con i One Direction.
Tanta lontananza, tanta gelosia e tanta sofferenza e puff, ecco che la storia della mia vita è finita.
Ma ad Alex non ci penso più ormai.
«Vai Luke, tanto lo sai che qui dentro non riuscirai mai a scrivere niente, con Hollywood Hearthake ce la vediamo noi»
«Hearthake on the big screen» lo correggo saltando giù dal davanzale e ridendo. «Ci vediamo a casa, vedo se l’Harbour Bridge riesce ad ispirarmi»
Ash mi fa un’uscita con la batteria e lascio lo studio in grande stile.
Le strade del centro di Sydney sono desolate già a quest’ora senza contare qualche turista che si trattiene o le voci che provengono dai pub.
Cammino lento con le mani in tasca e gli occhi che corrono sulle luci dei palazzi.
Ho il mondo in testa e non riesco ad esprimermi e questo mi opprime.
L’Harbour Bridge, di notte, è dove ho scritto i miei pezzi migliori, ma una volta scorta la strada da proseguire mi blocco.
Sono davanti ad un bivio.
C’è Kat a casa, tutta sola, da un lato.
Ci sono le migliaia di lucine dall’altro.
C’è Kat con la mia maglia, i miei slip e i capelli azzurri.
O c’è un ponte.
In fondo, l’Harbour Bridge si vede anche dal balcone di casa nostra.
Con il passo spedito mi dirigo verso la meta.
Non c’è nessuna possibile fan in giro a quest’ora, il che accelera il mio percorso.
Son già felice solo all’idea che saremo solo noi due a casa.
Ed il portone del nostro palazzo non mi è mai sembrato così bello, e l’entrata così luminosa e il tratto di ascensore così lungo.
Infilo le chiavi nella serratura e quando apro la porta di casa trovo le luci tutte spente, eccetto per una candela accesa al centro del salone.
Lo stereo suona Sweet Child O’mine dei Guns n’roses, che è nella mia mixtape anche se non è del ’94 perché so che a lei piace da impazzire.
Kat, infatti, canta sulla scia di Axl Rose e saltella per casa fingendo di avere un microfono in mano.
Quando mi vede sorride e mi trascina con se.
La sua mano è nella mia, le faccio fare una giravolta ed è sempre più vicina. Si allunga verso il cappellino da baseball che indosso da sta mattina e se lo infila al contrario, proprio come faccio io.
E non so quanto tempo passa, o quante canzoni ci facciamo, ma restiamo sempre lì in salone a ballare e a cantare, le vetrate spalancate sulla città e la sola luce della candela ad illuminarci.
Se non l’avessi sotto i miei occhi in questo momento, non crederei all’esistenza di una ragazza così.
Solo quando siamo stremati, Kat abbassa la musica.
Con una mano afferra il pacchetto di sigarette poggiato sul tavolino e con l’altra mi trascina sul balcone con lei.
«Com’è andata in studio?» domanda una volta che siamo seduti sullo stesso divanetto.
Allunga le gambe fasciate dai suoi Skinny Jeans sulle mie e si accende una sigaretta buttando la testa all’indietro. Glie ne rubo una e le faccio compagnia. Le sigarette sono una di quelle cose che mi piacciono fin troppo ma che fanno anche troppo male.
«Disconnected è pronta, mentre per Hearthake on the big screen serve ancora lavoro» Le spiego senza riuscire a smettere di fissarla.
«E tu che ci fai a casa prima degli altri?»
«Avevamo promesso di non tornare tardi, no? Non siamo tutti ma almeno non sei sola»
Kat mi regala uno dei suoi sorrisi.
«C’è il Fish and Chips come promesso, poi che si fa?»
«Poi mi aiuti con la prossima canzone?»
«Andata»
 
Mangiamo lentamente e senza mai smettere di parlare.
Le luci sono di nuovo tutte accese e la candela è stata spenta, ma c’è ancora un odore di cannella per casa. Parliamo del più e del meno per tutto il tempo, la sfotto un po’ sulla cucina e lei si difende in ogni modo possibile, finchè una volta finito di cenare non si lascia scappare un «Ti anniento con uno schiocco di dita»
Allora salto dalla mia sedia e scatto verso il suo bacino per sollevarla sulla mia spalle.
In realtà so benissimo che potrebbe annientarmi anche con una sola mossa, l’ho vista in azione, ma non so, ho voglia di giocare un po’.
«Luke, lasciami» si lamenta Kat strattonando la mia camicia a quadri, ma la lascio andare solo una volta che siamo in camera mia, sul mio letto.
«Vai, annientami!» la provoco.
Fingo di saper fare boxe e lei finge di colpirmi con la sua massima forza.
E ridiamo, tanto.
Nonostante sia la mia metà, quando decide che è arrivato il momento, riesce davvero a farmi cadere con una sola mossa. Così, piccola com’è, mi sovrasta e riesce persino a tenermi le braccia immobili sopra la testa.
«Ok, ok, ho capito. Alzerei le mani, ma lo stai già facendo tu per me»
Una volta che Kat abbassa la guardia, con un colpo di fianco riesco a ribaltare la situazione.
Kat mi guarda, io la guardo e così come sta mattina nessuno dei due riesce a mantenere lo sguardo.
Però osservarla mi piace, un po’ come mi piace sentirla parlare con il suo accento inglese che ancora non riesce a scrollarsi. Vorrei addirittura contare tutte le lentiggini sulle sue guancie, e mi prometto che un giorno di questi lo farò.
«Dovresti farti un piercing al labbro Luke, ti starebbe bene» dice Kat fissandomi le labbra.
Ah, donna della mia vita.
«Ti giuro che l’ho sempre voluto! Se mi accompagni me lo faccio» le propongo esaltato.
Così la lascio andare e mi stendo al suo fianco.
«Va bene, domani ti accompagno» conferma ridendo, poi le avvicino una mano e lei la stringe, a mo’ di patto. «Ma non dovresti avere diciotto anni per fare un piercing?»
«Ah, questo è il bello di essere cantanti punk rock»
Kat mi guarda alzando un sopraciglio e mi da un altro pugno.
«Quindi posso farmi un piercing anche io? O magari un tatuaggio?»
«Fai diciotto anni tra una settimana, potrai farteli anche senza di me»
«No, no, voglio proprio vedere il tuo potere da rockstar. E poi il mio tatuaggio si sente solo»
«Hai un tatuaggio? Fa vedere»
Lei mi guarda da sotto le ciglia e scuote il dito come per dire no.
«Forse, un giorno, lo vedrai» lo dice scherzando, eppure, considerando che il mio cervello si è già fatto un film su dove potrebbe essere questo tatuaggio considerando che non l’ho mai visto, mi accelera il battito.
Kat capisce che la mia mente sta macchinando qualcosa e si alza.
Accende la tv, da un’occhiata lì in giro senza sapere cosa cercare, poi torna da me e comincia a fare zapping.
Si ferma non appena becca una puntata di The O.C.
«Quando ero piccolo, il sogno della mia vita era diventare Ryan da grande» confesso osservando in tv il biondino di Orange Country che prendeva chiunque a cazzotti. Una cosa simile ce l’abbiamo però, lo stesso bracciale di pelle al polso. Poi stop.
«Io adoravo Marissa, e se lei e Ryan si lasciavano non vedevo la serie finchè non tornavano insieme» 
«è uno dei migliori telefilm di tutti i tempi»
Ce ne stiamo a guardare la tv, sdraiati l’uno accanto all’altra sul mio letto, fino a quando non parte la sigla finale.
Poi mi sporgo dalla mia parte del letto e afferro la chitarra.
Inizio a suonare un po’, cercando ispirazione per la canzone su Kat. E lei è lì che mi guarda curiosa, senza giudicare.
«Dimmi se c’è qualche riff interessante» le chiedo continuando a seguire l’istinto. Canticchio a bassa voce, senza parole, e riesco quasi a capire lo stile della canzone. È movimentata, da fare con le chitarre elettriche.
Niente di triste per Kat, lo è già abbastanza.
La vedo muoversi al mio fianco, si slaccia i jeans e se li sfila, credo si stia preparando per andare a dormire.
Nella sua stanza.
Lontana da me.
E invece continua ad ascoltarmi, e ad ascoltarmi, e ad ascoltarmi.
Finché non si addormenta, e smetto di suonare.
È rimasta con me.
Metto via la chitarra e spengo la TV, non ho intenzione di fare rumore e svegliarla.
Cerco di sollevare le  lenzuola da sotto il suo corpo lentamente, e quando ci riesco inizio a spogliarmi.
Tolgo la camicia a quadri e i pantaloni stretti che butto accanto a quelli strappati di Kat, sfilo la maglia e lascio solo i boxer.
Mi stendo nel letto accanto a lei e la osservo per un lasso di tempo indeterminato.
Le luci della città entrano dalla finestra e le illuminano la pelle bianca delle piccole braccia che spuntano dalla mia maglia gigante, e il viso, e le gambe sode.
Il sedere è una curva piccola ma perfetta che spunta come un rigonfiamento da sotto la tshirt.
Ha anche un bel seno, devo ammetterlo, ma non ci penso troppo in questo momento.
Piuttosto le accarezzo i capelli che invadono anche il mio posto.
Scopro che giocare con i suoi capelli mi rilassa quasi immediatamente, o forse è la sua presenza.
Sento che niente al mondo importa al di fuori di questo letto, niente varrebbe la pensa abbandonarlo.
Prendo il telefono dal comodino e scrivo sulle note I’m so down with her. (Mi piace molto/sono molto preso)
Poi la accarezzo e la guardo. La accarezzo e la guardo. La accarezzo e la guardo.
E mentre mi allungo verso il lenzuolo per coprirci, ecco che mi rendo conto che la canzone che cercavo di scrivere è sempre stata nella mia testa.
Anzi, è davanti a me, con il viso imbronciato e i capelli scompigliati.
 
She look so perfect standing there,
in my American Apparel underwear,
and I know now that I’m so down.
I made a mixtape straight out of ’94,
I’ve got your ripped skinny jeans lying on the floor,
And I know now that I’m so down.
 
 
 
 
 
Mi sveglio quando sento gli altri tornare a casa.
Fanno casino come sempre, Cal addirittura fischietta.
«Kat? Luke?» ci chiama Ash, poi uno di loro gli grida “shhhh”
«Ma sei scemo o cosa? Staranno dormendo»
«C’è Fish and Chips!» esclama Mike.
Dopo qualche minuto si dirigono verso le camere. Mike si sta portando Fish and Chips in camera, sento il rumore dei piatti.
Avverto una presenza nella mia, qualcuno è entrato.
«Kat?» sussurra quello che è sicuramente Ash «Kat, andiamo a dormire?»
Ma Kat non risponde, Kat è già stretta tra le mie braccia.
Kat per questa sera preferisce me ad Ash.
Lui resta lì ancora per qualche minuto prima di chiudere la porta, oggi ci penso io a proteggerla.
Quando, infatti, molte ore dopo, lei inizia ad agitarsi, si rigira tra le lenzuola e ne approfitto per stringerla sul mio petto. Si calma subito dopo.
Ed io mi riaddormento contando ogni singolo respiro con cui lei accarezza la parte di pelle sopra il mio cuore.



Mo' writing.
Buongiorno ragazze !
Ebbene si, non ve lo aspettavate? Sono tornata!
Appena tornata dal concerto (sana e salva) mi sono fiondata sul pc a scrivere perchè avevo così tante emozioni dentro che in un modo o nell'altro dovevo sfogarmi. Qualcuna di voi è riuscita ad andare al WWAtour? Può capirmi?
Io aspettavo quel concerto da quattro anni cazzo! e 13 ore di fila sono valse la pena.
E Amnesia live è qualcosa di indescrivibile. Qui il video.
Ad ogni modo dolcezze mie, cosa ne pensate del capitolo? Io amo Luke. è troppo un cucciolo, ma so che qualcuna di voi qui fa il tifo per Ash... mmm vedremo.
E fu così che Luke scrisse She look so perfect! Ahahah fosse davvero così facile scrivere una canzone.
Nel prossimo capitolo arriverà uno degli ultimi personaggi che voglio presentarvi. Anche lei ha ispirato una canzone (quindi si, è una lei) e non è tra quelle nominate un questo capitolo, dai indovinate quale! Scrivetemelo nelle recensioni, se indovinate la canzone vi faccio pubblicità ad una ff nel prossimo capitolo.
Ragazze spero vogliate perdonare il mio ritardo nel pubblicare e spero siate ancora con me e Kat, le vostre recensioni sono sempre fantastiche e la storia è ancora al 14esimo nei preferiti.
Spero di sentirmi presto, mi impegnerò a pubblicare entro la settimana prossima!
Un bacione a tutte <3
Qui c'è il mio instagram, ci sono un altro paio di video del concerto.
Buona giornata!

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Past and Present ***


 

13
Past and Present.
"I think I found help,
I think I found something.
I think i found out that I have nothing,
That I have nothing in this place for me."

The Neighbourhood - Female Robbery
 

Angel.
Sveglia.
Giù la mascherina e su le palpebre.
Grande respiro, tanti pensieri positivi e ampio sorriso, perché la fronte corrucciata fa venire le rughe.
Via le lenzuola di seta e subito i piedi nelle ciabattine di raso.
Attacco dal telefono una registrazione di Angel cantata da Mikey mentre, davanti allo specchio del bagno, procedo nei soliti rituali mattutini.
Mezz’ora dopo, con la pelle fresca e un leggero trucco sugli occhi, passo allo specchio della cabina armadio.
Intimo coordinato, shorts inguinali e top corto per mettere in mostra il mio meraviglioso fisico, scarpe da ginnastica, comode per qualsiasi evenienza, occhiali da sole e shopper di pelle con il bikini dentro, nel caso qualcuno dei ragazzi avesse voglia di accompagnarmi al mare.
Scendo di casa e sento il sole risplendere sui miei capelli biondi, sulla pelle abbronzata. La gente mi fissa, come sempre, alcuni magari riconoscono anche il mio viso dopo averlo visto su qualche copertina, rivista o pubblicità. Devo ammettere che qui in Australia sono abbastanza conosciuta.
Angel Di Leo, modella per le più importanti agenzie del continente, borsa di studio per la più alta media scolastica nella migliore università nei paraggi (sospesa finchè non deciderò cosa fare della mia vita) e attuale fidanzata di Michael Clifford, chitarra e voce dei 5 Seconds of Summer. Credo che l’ultimo punto sia quello che mi renda più fiera. Nella mia vita mai mi sarei vista al fianco di un chitarrista dai capelli blu, anzi, più con un modello dai lineamenti perfetti o un surfista tutto muscoli e zero cervello, ma quando l’amore arriva c’è poco da fare. E poi un ragazzo che ti scrive una canzone ha vinto in partenza.
Ogni volta che i quattro suonano Good girls are bad girls mi viene da sorridere perché, beh, sono parole mie quelle del ritornello.
Una sera di un anno fa, dopo essere scappata di casa per vedere Michael, mentre le sue labbra premevano con passione sulle mie e le mie mani correvano veloci sul suo corpo , mi chiese come facessero tutti a pensare che fossi una santarellina tutta libri e occhiali da vista. Tanta bellezza, tanta popolarità, eppure nessun gossip a scuola. Mai.
«Le brave ragazze sono ragazze cattive che non sono ancora state beccate» gli risposi e ricordo ancora la scintilla che prese vita nei suoi occhi e il mio orgoglio nel sapere di essere stata una specie di musa ispiratrice per lui.
Il giorno dopo venne a trovarmi in biblioteca, luogo in cui non aveva mai messo piede, e no… decisamente non leggemmo nessun libro.
Andavo ancora a scuola allora, ma con l’incremento del successo di entrambi le cose non sono per niente cambiate. Io sempre bellissima, lui sempre distratto, asociale, testardo, disgustosamente pigro e incredibilmente sexy. L’unico problema è che tra le mie sfilate e i suoi concerti, tra i miei set fotografici in giro per il mondo e i suoi tour, se ci vediamo per qualche giorno al mese è anche tanto.
Eppure, sto così bene che non cambierei niente.
Pensando a lui mi vengono i brividi anche in questo momento, mentre entro nello Starbucks sotto casa sua destando gli sguardi di chiunque nel piccolo locale. Nessun ragazzo mi ha mai preso quanto ha fatto lui.
«Un cappuccino, un frappè al cioccolato, una spremuta d’arancia, due mocha  frappuccini tanta panna e tanto caramello e quattro ciambelle glassate» ordino subito al ragazzo alla cassa che, poveretto, impiega qualche minuto a capire ciò che gli ho detto «Anzi, facciamo cinque» aggiungo pensando al mega sorriso di Luke quando gli porto una ciambella in più rispetto agli altri. Di certo una non placa la sua fame infinita.
Il ragazzo lascia passare il mio ordine avanti rispetto agli altri e mi fa un occhiolino. Come sempre, del resto. Cinque minuti dopo, cartone con le bevande in una mano e busta con le ciambelle nell’altra, sono costretta a premere il tastino del citofono con il naso. E per fortuna che sono alta.
«io» rispondo quando la voce di Cal, tutta assonnata, mi chiede chi è. Comincio a ridere anche prima di incontrarli. Io amo Luke, Ashton, Cal e Mike. Forse amo un po’ più Mike, certo, ma non riuscirei ad immaginare una giornata senza anche gli altri tre. E amo anche Andy, che è un po’ il papà di tutti. Anche il mio.
I 5 seconds of summer ( e Andy) sono la mia vita.
«Buongiorno a tutti» grido entrando in quella casa così familiare che non vedo da  più di quattro settimane.
E ho solo il tempo di lasciare le bevande che Ash e Cal mi si fiondano addosso per abbracciarmi. «Lo sapete che odio gli abbracci» mi lamento, anche se da loro non mi dispiacciono mai. Affondo il naso tra i capelli di Ash che sono i più profumati del mondo, poi lascio un bacio sulla guancia a Cal.
«Ci sei mancata Angy» mi dicono quasi all’unisono ed io vorrei mangiarli di baci. Sono ancora in pigiama e sono la cosa più bella del mondo. I capelli scompigliati, l’aria assonnata, quei sorrisi sempre così sinceri.
Sono cose a cui penso quando sono via.
Loro sono la mia famiglia.
«Dio, lo so che sono ciambelle glassate! Lo sento!» Dice felice Cal, aiutandomi a portare tutto sul bancone della cucina. Lo vedo sorridere quando si accorge che ho preso tutto ciò che di solito scelgono loro. Li conosco troppo bene.
«Luke?Mikey?» domando non appena mi siedo su quello che è da sempre lo sgabello di Michael. Si, hanno uno sgabello segnato a testa, con le loro firme e i loro scarabocchi sul cuscinetto di pelle. È una delle tante cose che amo di questa casa.
«Mikey credo che dorma ancora, lo sai che non si farà vedere prima di un’ora.» spiega Ash fiondandosi ad aprire la busta di carta dalla quale esce un odore di ciambelle quasi nauseante, soprattutto per me che quella roba non la magio neanche a pagarmi.
«La ciambella in più è per Lukey» lo interrompo mentre le conta e non dice niente, perché lo sa che Lukey lo tratto ancora come un bambino coccoloso e che  ci vuole poco a farlo felice, e non si tratta solo della ciambella in se per se, più del gesto. Anche se Ash non sorride sta volta.
«Ehi, ma quella è Angel di Leo?» la voce sorpresa di Andy riempie la cucina e salto giù dal mio sgabello per andargli incontro. Sembra ancora più alto e ancora più biondo del solito.
«Il mio papà preferito» dico saltandogli in braccio. «Non pensavo di trovarti qui»
«Io e Kat ci stiamo trattenendo spesso ultimamente»
Il nome Kat non mi sembra familiare. Scommetto che è inglese anche lei, perché ad Andy piacciono solo le inglesi, le australiane per lui sono da una botta e via. Sarà sicuramente bionda, con gli occhi azzurri maliziosi e la pelle candida. E deve essere bellissima, perché Andy è bellissimo.
«Ti sei fidanzato e non mi hai detto niente? Eh stronzetto?»
Andy mi rimette per terra e sorride bonario.
«Ma quale fidanzata? È mia sorella minore»
«Non credevo tu avessi una sorella! Avrei portato più ciambelle se mi aveste avvisato»
Per un momento mi immagino come potrebbe essere questa fatidica sorella.
Un Andy in versione donna, cioè più o meno come avrei ideato una sua possibile fidanzata. Si, Andy ama così tanto se stesso che la sua ragazza l’avrei immaginata proprio identica a lui.
«A proposito della tua sorellina, sta notte  è stata in un letto che non era il suo.» dice Cal con un’occhiata maliziosa mentre torniamo vicino al bancone della cucina. «è con Luke e dormono ancora»
«Aspettate, Andy junior sta con il mio amore Lukey? Ma cosa mi sono persa?»
«Kat. Non. Sta. Con. Luke.» scandisce Ash con forse troppa foga. Mi lancia un’occhiata truce e mi rendo conto che c’è davvero qualcosa che non va.
«Anche perché romperei il collo a chiunque provasse ad avvicinarla» aggiunge Andy, accomodandosi al mio fianco.
Seduti attorno al bancone chiacchieriamo tranquillamente, come sempre pieni di cose da dirci, di aneddoti divertenti e sprazzi di vita interessanti da raccontare. I ragazzi mi dicono sempre tutto, e Ash fa il solito simpaticone della situazione come sempre nonostante non sia al meglio sta mattina. Ha delle occhiaie mostruose.
«Quanto resterai Angy? Giuro che piango se riparti domani» domanda Cal allungandomi una mano ed io glie la stringo felice, per una volta potrò godermi la mia famiglia.
«Ho un servizio a Melbourne tra qualche giorno, poi ho preso ferie fin dopo Natale, quindi mi avrete qui per un paio di settimane»
Credo di non essere mai rimasta per così tanto tempo qui a Sydney, almeno non dopo il diploma, e questo mi rende più felice del solito. Io e Mikey ci godremo questo Natale insieme dall’inizio alla fine.
Ad un certo punto mi rendo conto che non aspetto altro se non andare da lui e poterlo finalmente riabbracciare, così lascio i ragazzi a godersi la colazione e varco l’ingresso del corridoio che porta alle camere. La prima a destra è quella di Cal, di fronte c’è quella di Mikey, più in fondo quella di Luke con la porta socchiusa e quella di Ash spalancata e trasudante di disordine. Sono tentata da andare a sbirciare cosa succede in camera del mio biondino preferito, ma mi rendo conto che sarei troppo invadente, così evito.
La stanza di Mike è nella penombra creata dalla luce che passa attraverso la serranda semi chiusa. È così come l’ho lasciata, con i toni scuri dalle pareti al mobile della tv, dal pouf alle lenzuola del letto. Un po’ di foto appese qua e la, i vestiti buttati sulla sedia e il suo odore che aleggia ovunque. Ci sono delle riviste sul tavolino basso che mi incuriosiscono, essendo riviste di moda e non le solite tipo Rolling Stones.
C’è un’edizione di TeenVogue, una di Cosmopolitan e così via, ed ognuna ha un post-it che sporge dal lato. Mi rendo conto solo qualche secondo dopo che sono le riviste dove ci sono miei servizi fografici.
E che Mike è l’amore.
Con il sorriso stampato sul volto mi tolgo pantaloncini e top per infilare una della maglie di Mike buttate sulla sedia poi, molto lentamente, mi avvicino al letto. Mike se ne sta tutto rannicchiato su se stesso, con il labbro inferiore che sporge e le mani vicino alla bocca, segno che si è addormentato mordicchiandosi le unghie, come ogni volta che non ci sono io al suo fianco. Mi stendo accanto a lui e allungo le labbra per poggiarle sulle sue.
«Ash non mi baciare» mugugna nel sonno, arricciando il naso. È uno spettacolo tenero e raccapricciante al tempo stesso davanti al quale non posso non ridere. Al suono della mia voce i suoi occhi si aprono di scatto, incontrano i miei, ci fissiamo. Sento i brividi che cominciano a salirmi per la schiena e ci stiamo solo guardando.
«Angel?» chiede con la voce roca, confusa.
«Buongiorno amore» gli sorrido in risposta, allungando una mano per accarezzargli il viso, ma lui mi precede e con un braccio mi tira su di lui. Mi stritola e rido e ride e lo bacio e mi bacia e lo stritolo anche io.
«ti sarei venuta a prendere dall’aeroporto se mi avessi avvisato» mormora quando riesce a respirare.
«Sono atterrata ieri notte, e poi fa più effetto un buongiorno così di un “sono atterrata, vienimi a prendere”, no?»
«Lo sai che voglio passare con te ogni singolo istante della mia vita» si stropiccia gli occhi, stanchi anche di prima mattina «però ammetto che non potrebbe esserci risveglio migliore della mia meravigliosa ragazza con la mia maglia dei Green Day tra le lenzuola del mio letto»
Comincia ad allentare la presa e ad accarezzarmi la schiena da sotto la Tshirt. Io lo guardo e gioco con i suoi capelli, senza smettere per un secondo di sorridere, e quando gli mordo il labbro inferiore sento il suo corpo, sotto il mio, rispondermi in modo chiaro.
«Cazzo Angel, ti amo» sussurra prima di cominciare a baciarmi con una foga che non mi sarei aspettata da lui appena sveglio, ma è anche vero che è passato un mese dall’ultima volta che ci siamo visti ed è stato per sole cinque ore. Non mi rendo conto di quanto mi manca finché non torno da lui. Mike è vita. La mia vita.
Con l’alito che sa dell’ultima sigaretta che fuma sempre prima di andare a dormire e i capelli colorati arruffati e i boxer a fantasia che si ostina a comprare. E cazzo lo amo anche io.
Soprattutto quando con le dita finisce a giocare con il bordino delle mie brasiliane fucsia in pizzo e prende a mordicchiarmi il collo da dietro l’orecchio fino alla base. Mi sfila la maglia prima di cambiare posizione, e una volta che mi sovrasta sento tutta l’eccitazione repressa in questo mese.
Gli stringo ciocche di capelli tra le dita e lo costringo ad un fronte contro fronte.
«Michael Clifford, ti amo fottutamente anche io» sussurro soffiando sulle sue labbra.
A quel punto quasi non mi strappa via a morsi la biancheria e Michael il dio del Sesso torna a fare quello che sa fare meglio, ovvero far impazzire (per non essere espliciti) la povera Angel.
Ciò che succede dopo è storia.
 
 
Kat.
Non avevo mai visto il petto di Luke da così vicino, non avevo mai percepito il suo calore, mai sentito il battito del suo cuore.
Ed ora, tutto in una volta, è troppo.
Ero sicura che sarebbe sopraggiunto un attacco di panico, eppure stretta a lui sento che niente potrebbe farmi del male. È strano, più forte anche di ciò che provo per Ash, perché quando sono con lui ho sempre paura di essere troppo strana, troppo triste, troppo problematica, mentre Luke è come me. Lui ha lo sguardo sempre perso altrove e l’aria di chi è stato ferito, di chi ha dovuto sopportare qualcosa più grande di lui.
Con Luke posso permettermi un  momento di debolezza, con Ash no.
Resto a godermi il tepore della prima mattina misto al profumo di Luke e alle sue dita aggrappate alla mia maglia. Osservo il suo viso rilassato, illuminato dai pochi raggi di sole che arrivano dalla finestra, ed è un qualcosa di così dannatamente perfetto che fa quasi male.
Ed io… non so. Sento qualcosa che mi si muove nello stomaco.
Qualcosa che non sentivo da tanto tempo.
Ed è davvero strano, non credevo fosse possibile.
E di nuovo sento il cuore partire come se stessi andando in panico, ma mi basta abbracciare un po’ di più Luke e subito si affievolisce. Credo sia per il contatto corpo a corpo, scientificamente almeno. A livello emozionale non sono mai riuscita a spiegarmi niente.
«Ti prego dimmi che non ho russato» mormora Luke con gli occhi ancora chiusi e le braccia che stringono un po’ di più. Quando scoppio a ridere, lui sorride.
«Tranquillo Lukey, niente scream stile metallaro durante la notte.» rispondo senza allontanarmi di un millimetro, perché dovrei?
«Scusa se non ti ho portata nel tuo letto quando ti sei addormentata. Ho pensato che non ti avrebbe dato fastidio restare qui» dice quando si rende conto di avermi qui, accanto a lui, ma contro il mio permesso o volontà. È solo successo. E non avrei voluto tornare nella mia fredda camera degli ospiti, in realtà. Si sta meglio tra le braccia di Luke «e poi ho cercato di calmare i tuoi incubi»
Credo che Luke noti che resto leggermente spiazzata da questa affermazione, perché subito improvvisa un altro mezzo sorriso. «Mi dirai mai cosa c’è che non va? »
«Ci sono delle cose, nella mia vita, che non sono andate nel verso giusto, Luke. E ogni notte è sempre lo stesso sogno che mi tormenta e a volte mi prendono degli attacchi di panico, ma questo non significa che io sia debole. Potrei spaccare il mondo se volessi, solo che a volte crollo.»
Il biondino non sembra soddisfatto della mia risposta, ma non chiede altro. Mi smarrisco per qualche secondo nell’azzurro dei suoi occhi. Mi spaventano, a volte. Sembrano così infiniti, così incomprensibili, così persi. Ed io sono una che se ne intende, di casi persi.
«Anche io ho sofferto di attacchi di panico durante il primo tour, ogni volta che dovevo salire sul palco stavo male perché ero abituato all’”in bocca al lupo” della mia ragazza, ma ci eravamo lasciati ed avevo praticamente perso tutta la mia sicurezza senza quel messaggio. È stato un periodo di merda, ma la vita va avanti. E la mia band ha sfondato. E la mia vita è perfetta ora» racconta, passandosi una mano tra i capelli.
Resto in silenzio per qualche secondo, pensando alle sue parole. è così normale, come un qualunque ragazzo di una qualunque città, e se è diverso dagli altri non per quello che fa, ma per quello che è dentro.
«Se ce l’ho fatta io può farcela chiunque, ed io stavo male davvero»
«Io sto bene finchè riesco a combattere ciò che mi butta giù»
«e cos’è che ti butta giù? Cos’è così forte da abbattere te, che sei la ragazza più forte che conosca?»
Non rispondo, ancora una volta.
Non sono pronta a raccontare di Tom e forse non lo sarò mai.
Mi accoccolo un altro po’ sul suo petto, zittendolo. In realtà è solo un modo per far passare l’amarezza che mi si sta espandendo nel corpo. Luke, a quanto pare, è la cura migliore.
«Andiamo a fare colazione, poi voglio ricordarti di un certo piercing al labbro» dico ridendo quando sento di stare abbastanza bene per affrontare questa giornata. Scivolo via dalle sue labbra e rotolo fino alla fine del letto. Ho ancora le sue mutande e la sua tshirt e so che, una volta con gli altri, avremo tremila domande su cosa è successo sta notte. In realtà io credo che qualcosa sia successo.
È successo che ho scoperto che Luke ha questo strano effetto su di me che non riesco a spiegare. E mi piace, mi piace da morire.
Gli lancio il cuscino addosso e faccio uno scatto verso la porta, ma lui è più veloce e mi afferra per il bacino da dietro. Così avvinghiati, superiamo il corridoio e usciamo nell’open space ridendo.
Ad aspettarci ci sono Andy, Ash e Cal con gli occhi puntati su di noi.
«Luke» lo riprende Andy e subito il biondino mi lascia andare.
Ma il vero problema non è il richiamo di mio fratello.
È lo sguardo di Ash.
Merda.
Basta un secondo, e dimentico tutto ciò che ho pensato di Luke fino a questo momento.
 
 
 
A casa HemmingsIrwinCliffordoHood si decora l’albero a pochi giorni dal Natale.
Manca, infatti, poco più di una settimana al venticinque Dicembre, e se non glie l’avessi ricordato io non ci avrebbero neanche pensato a fare l’albero.
Così, mentre Andy ci intrattiene strimpellando alla chitarra canzoni natalizie, io, Ash, Luke e Cal giriamo intorno all’enorme finto Abete recuperato in cantina che, evidentemente, i vecchi padroni avevano lasciato, addobbandolo di bianco e argento con le decorazioni trovate in uno scatolone annesso.
C’è qualcosa che non va, decisamente.
Perché nonostante Cal canticchi allegro le hit natalizie, sculettando in tondo e coinvolgendo tutti, tra me e Ash si è creato un momentaneo imbarazzo che però non riesco a scacciare.
Mi devo sforzare anche solo per chiedergli di passarmi una pallina.
«Ti va una sigaretta?» gli chiedo quando non riesco più a sopportare l’ostilità tra noi. Lui mi guarda forse per la prima volta da quello sguardo di ghiaccio quando mi ha visto sta mattina e con un cenno acconsente. Nessuno degli altri ci segue, hanno capito tutti che qualcosa non va. Anche Luke, che mi guarda afflitto mentre esco con Ash.
«Che hai?» Ho anche il coraggio di chiedergli dopo che gli lancio l’accendino.
Lo osservo mentre porta la sigaretta alle labbra e la accende con tutta la calma del mondo, il che mi spaventa perché Ash è avventato, impulsivo, irriflessivo e sconsiderato. È tutto, tranne che calmo.
«Dormito bene sta notte?» domanda poi con un tono anche troppo strafottente. Ha gli occhi seminascosti dal ciuffo di riccioli biondi che oggi sembra più indomabile del solito e legata al polso una delle mie bandane preferite. La sua voce è come un pugno nello stomaco. Faccio un tiro alla sigaretta cercando un po’ di pace e lui deve rendersi conto di aver esagerato, perché si passa una mano tra i capelli, fa un tiro profondo e poi sussurra uno «scusa»
«Quella è la mia bandana?» chiedo per cambiare argomento.  Lancia uno sguardo sul braccio che mantiene la sigaretta e osserva la bandana nera.
«L’ho trovata nel mio letto sta notte» risponde vago, ma sembra rabbuiarsi ancora di più.
Credo che non ci sia stato così tanto silenzio tra noi neanche il primo giorno che ci conoscemmo, quando non sapevamo di cosa parlare e parlavamo un po’ di tutto.
«La prossima volta che stai male, non venire a cercarmi Kat»
E allora, esattamente come il primo giorno, torno scontrosa.
«Credi di essere così importante per me, Ash? La mia vita fa schifo con o senza la tua presenza. Smettila di fare l’egocentrico, non ho bisogno di te»
Ash mi guarda un’ultima volta, poi butta la sigaretta oltre la ringhiera e torna dentro.
In questo momento, mi rendo conto di star facendo esattamente ciò che mi ero promessa di non fare.
Portarlo giù con me.




Mo' Writing.
Sera ragazze!
Non ci crederete, ma sono stata puntualissima! ahahah mi sento fiera di me.
Bene, nessuno ha indovinato la canzone che il personaggio presentato in questo capitolo (Angel) aveva ispirato.
Era Good Girls ! Ed Angel è uno degli ultimi personaggi che conoscerete, anche se a mio parere ne vale per 1000.
La amo, lettralmente, ed è esattamente l'opposto sia di Mike che di Kat, infatti le due insieme ne combineranno di tutti i colori (proprio nel prossimo capitolo). Sto anche scrivendo una One Shot sul passato di Mike e Angel e il modo bizzarro in cui sono riusciti a trovarsi.
Che dire, vogliamo parlare della scenata di gelosia di Ash? Perchè, andiamo, era puramente gelosia.
Bene, questo suo sfogo avrà fine nel prossimo capitolo, quindi vi consiglio davvero, davvero, davvero di non perdervelo.
Kasthon, aprite gli occhi (Anche se, come ribadisco, io tifo per i Kuke).
Appena finito di pubblicare risponderò alle vostre recensioni dello scorso capitolo.
Come sempre, ad ogni modo, GRAZIE MILLE.
Io davvero non ho più parole per descrivervi.
Vi lascio con una foto delle nostre donne, il Link per la playlist della storia dove ci sono tutte le canzoni citate fino ad ora (qui)


E, per ultimo, vi pubblicizzo la mia ultima storia, della quale sto per pubblicare il terzo capitolo.
L'avevo abbandonata, ma è tornata l'ispirazione. I personaggi sono... leggermente diversi da come sono in questa ff. ahah (cliccate sull'immagine per aprirla)

 
 


Un bacio ragazze e alla prossima, Mo' 

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** (I play guitar but) She's into drummers. ***


Ad Ashton Irwin, per essere così dannatamente perfetto,
A Luke Hemmings, per avermi fatto sentire in colpa per questo capitolo.




14.
(I play guitar but) She's into drummers.

 
I read between the lines
And touched your leg again, again
I'll take you one day at a time,
Soon you will be mine,
Oh but I want you now

And on this night and in this light,
I think I'm falling for you.
The 1975 - fallingforyou

 
Kat
«Continua a far male» si lamenta Luke per la decimillesima volta e scoppio a ridere come la prima guardando la sua fronte corrugata e il labbo gonfio che lascia sporgere più del dovuto con il suo tanto amato piercing che spunta dal lato. Avevo ragione comunque, gli sta davvero bene.
«Fai l’uomo Luke, hai appena fatto il tuo primo piercing»
Dall’alto della sua statura mi lancia uno sguardo omicida, ma non mi lascio incenerire e continuo a camminare sorridendo al suo fianco. Essendo una giornata grigia (la prima da quando sono qui), ne ha approfittato per indossare una felpa con il cappuccio per nascondersi dalle fan ed io ho rubato un suo snap back da casa che no, non mi nasconde, ma mi piace un sacco. Anche perchè le ragazze assatanate lo (ci) troverebbero anche se si facesse una plastica facciale.
Mi ha portato in quel bar di Bondi, quello dove mi portò Ash quella che sembra una vita fa, e ci hanno praticamente accerchiato una decina di fan urlanti che non capivano che urlando non avrebbero ottenuto niente di più. Luke con loro è un pezzo di pane, le ha dedicato tutto il tempo che volevano e quando mi lanciava occhiate per capire se fossi infastidita scuotevo la testa e lo lasciavo fare. Mi piace osservare come si comporta con gli altri.
Dopo il brunch delle undici ci hanno fermato in spiaggia, poi nel primo pomeriggio davanti a casa mia dove ero passata per prendere un po’ di vestiti (non oso immaginare che storie usciranno dopo che hanno visto Luke entrare con me) e  più tardi fuori il locale dove Luke ha fatto il piercing.
«Si, ma tu mi hai illuso! Avevi detto che ti saresti fatta un tatuaggio» dice il biondino una volta raggiunto l’isolato dove è parcheggiata la sua moto. O meglio, la moto di Mike. Perché si, Mike è un tipo da moto da corsa.
Carrozzeria nera opaca e caschi integrali abbinati. Non la usa mai e a noi non andava di prendere la metro così, anche se non ci ha dato il permesso di prendere questo gioiellino, ci godiamo il suo rombo e il vento nei capelli tanto non se ne accorgerà mai.
Altre quattro o cinque ragazze ci si avvicinano tutte eccitate per spalmarsi su Luke.
«Sorriderei se questa donna non mi avesse costretta a bucarmi il labbro» dice con tono scherzoso lui quando gli chiedono delle foto.
«Era un consiglio per renderti più punk rock! E poi sei tu che hai detto I pierced my lips so she thinks I’m cool» rispondo dandogli un pugno sulla spalla. Le ragazze ci guardano esterrefatte.
«Ma voi state insieme?» domanda la più intrepida, saltando con lo sguardo da me a Luke.
Faccio per negare, ma il biondo, con un ghigno, mi precede.
«Si» risponde, gettandomi un braccio sulle spalle. Quando quelle poverette sembra stiano per scoppiare a piangere, lui comincia a ridere «Sto scherzando ragazze. Non stiamo insieme, è la sorellina di Andy»
Luke mi lascia un bacio sulla tempia molto semplice, come a voler sottolineare che sono solo la sorella del suo Manger /Migliore Amico e niente più, eppure non so quanto le ragazze ci credano.
Una di loro ci ha anche scattato una foto.
Ad ogni modo non fanno più commenti e si godono la vicinanza del loro idolo ancora per qualche secondo prima di andare via.
«Non credo riuscirei mai ad abituarmi ad avere tutte queste perone intorno» gli dico quando siamo ormai alla moto.
«Le ragazze di mezzo mondo sognano di venire a letto con me. Non è così male» risponde facendo spallucce con un sorriso impertinente. Gli do una spallata e lui ride, poi si infila il casco integrale e il suo viso sparisce dietro la visiera scura. Lo imito e quando mi da il via salgo sulla moto dietro di lui. Penso a ciò che mi ha appena detto, cerco di immaginare loro che vanno a letto con chiunque e davvero non ci riesco. Forse perché sto conoscendo Luke e non mi sembra tipo da toccata e fuga, forse perchè Mike ha Angel, forse perché né Cal né Ash, che sembrano i due più lanciati in questo campo, hanno mai portato nessuno a casa da quando ci sono io. E si, a Cal è capitato un paio di volte di uscire con qualcuna, ma niente di più.
Credo stiano dirigendo bene questa storia della fama, almeno per ora.
Mentre Luke sfreccia per le strade di Bondi mi stringo a lui non po’ di più e mi godo il tragitto.
Sono riuscita a gestire bene la litigata con Ash, Luke non mi ha dato neanche un minuto di tregua da quando siamo usciti e non ho avuto neanche il tempo di pensarci, ma ora, sapendo che stiamo tornando a casa, mi viene un groppone allo stomaco.
Non voglio litigare con Ash, ma se qualcuno mi provoca, scatto. Le sue frecciatine di stamattina mi hanno irrimediabilmente fatto innervosire. Hanno rovinato una giornata che era partita più che bene.
Luke va improvvisamente troppo veloce, o forse sono io che non voglio tornare.
Anche perché con Luke tutto sembra facile, tutto è esattamente com’è, come dovrebbe essere. Non voglio vedere Ash e il suo sguardo incazzato, sto bene con Luke.
Meno di dieci minuti dopo, però, il biondino parcheggia nel garage nel seminterrato, rimettendo la moto esattamente come l’aveva lasciata Mike, ed io sono costretta ad abbandonare la sua schiena e a seguirlo verso il loro appartamento.
Una volta dentro, però, ci accorgiamo che due persone sono nel bel mezzo di un litigio.
E no, evidentemente non siamo io e Ash.
 
Sarà passata più o meno un’ora da quando io e Luke siamo tornati e ancora Angel e Mike non hanno finito di litigare.
Non credevo si potesse gridare così tanto senza mai stancarsi. Soprattutto con la vocina stridula di Angel.
La ragazza in questione sembra finta e uscita da una sfilata di Victoria’s Secret, non fosse che indossa una vecchia maglia dei Green Day che ho già visto indossare da Mike. Ha un fisico invidiabile, l’incarnato dorato e dei bellissimi capelli biondi. È perfetta, ma non capisco cosa c’entri con il ragazzo dai capelli blu contro il quale non smette di gridare.
Sono due persone completamente opposte.
Eppure, a quanto pare, si amano da morire. O almeno così hanno detto gli altri.
Noi ce ne stiamo sul divano a guardare un film, cercando di tenere il volume alto così da sentire le battute e dargli più privacy possibile. Quest’ultimo punto non funziona molto. Sentiamo tutta la merda che Angel sta buttando su Michael.
Me ne sto sul divano più grande tra Cal e Luke, mentre  Andy occupa interamente l’altro divano e Ash è stravaccato sulla poltrona reclinabile. Il film l’ha scelto lui e si vede, Dude, where’s my car è la produzione più stupida che esista, ma, ammetto, fa pisciare dalle risate. Mi chiedo come possa quel figone di Ashton Kutcher aver sfondato dopo un ruolo del genere, ma ehi è pur sempre un figone e i figoni sfondano (qualsiasi cosa per intenderci).
Ash si ostina a non guardarmi/parlarmi/interagire in qualsiasi modo con me. Ed è straziante, davvero, perché di solito i film ce li vediamo sempre uno stravaccato sull’altro mentre ora lo sento così distante. E questo non mi rende triste, no. Mi fa incazzare. Ash si sta mostrando per quello che è, ovvero solo un bambino frignone nonostante nella band dovrebbe essere lui il più grande. Vorrei dargli un pugno.
«Mike ti amo vallo a dire alle puttane che ti scopi. Non mi prendi per il culo, solo perché siete famosi non significa che dobbiate andare in giro a scoparvi chiunque. E soprattutto tu, che stai con me, che dici di amarmi, come osi tenere sul telefono le foto delle ragazze con cui vai a letto? Salvare i loro messaggi porno! Ma dico… sei coglione? Ringrazia che non controllo mai twitter, se no ti avrei lasciato già mesi fa»
L’ultimo pezzo del discorso di Angel lo viviamo da vicino poiché lei esce dalla camera di Mike sbattendo la porta per entrare in salone.  Mi giro a guardarla e so che sta per scoppiare. Non la conosco, ma i suoi occhi dicono che è arrivata al limite.
Io non sapevo niente, pensavo che si amassero da morire.
Angel, con la piega perfetta e ancora la maglia di Mike addosso, mi punta un dito contro.
«Tu» dice, trafiggendomi con lo sguardo che cerca di resistere e sembrare d’acciaio «Vieni con me, andiamo a divertirci»
Rimango leggermente spiazzata.
Non ci siamo neanche presentate, e ora vuole uscire con me?
Non so niente di lei, se non che è la ragazza (pluritradita a quanto pare) di Mike e che è una modella è che è bellissima. Stop.
Però…
«Allora? Andiamo?» mi sollecita, piegandosi a prendere la borsa poco lontana dal divano.
Mike ci raggiunge subito dopo e cerca di bloccare Angel dal polso, ma lei lo respinge. Vedo la sua corazza frantumarsi sotto gli occhi di tutti. Vedo il suo orgoglio che cerca di mantenerla in piedi, e mi rendo conto che se non fosse per questo sarebbe già per terra in lacrime.
Io sono forte. Lei non lo è.
E sono incazzata. Anche lei lo è.
Credo che questo mi basti per assecondarla.
Mi alzo dal divano sotto lo sguardo di tutti e cinque. Ash continua a fissare la tv.
«Volentieri» le rispondo con un sorriso. Vorrei che captasse i miei pensieri, vorrei riuscire a dirle di resistere ancora qualche minuto, di non dare a Mike la soddisfazione di vederla crollare.
Anche Mike, però, sembra turbato. Ha la faccia di chi ha visto un fantasma. La faccia di chi sta perdendo tutto.
Non gli risparmio, però, un’occhiataccia che si ricorderà per tutta la vita.
Prendo portafoglio, cellulare e sigarette dal bancone della cucina, poi seguo Angel fuori dalla porta dell’appartamento. Nessuna delle due dice niente finchè non entriamo in ascensore.
Quando le ante si chiudono, Angel crolla.
 
«Non metterti mai con una rockstar» mi ripete Angel forse per la ventesima volta durante la ventesima sigaretta al ventesimo piano di un ultramoderno palazzo nel centro di Sydney. Siamo sul balcone del suo appartamento e il suo makeup è perfetto anche se ha pianto una valle di lacrime. «Anzi, non innamorarti mai di un ragazzino stronzo che sta conquistando il mondo con la sua bad. Sono la razza peggiore. Si sente dio sceso in terra e siccome può scoparsi chiunque si sente in diritto di farlo.»
«Cosa hai trovato sul suo cellulare?» le domando con il fumo tra le labbra.
«Non hai idea. Ha un album con tutte le ragazze che lui e quegli altri maiali di Cal e Ash si sono scopati. Considerando che sono arrivata senza avvisare non ha avuto il tempo di cancellarle.» si ferma un attimo per bere un sorso di the verde (il suo elisir di bellezza, come ha voluto precisare mentre lo preparava) e tirare ancora dalla sigaretta. «Cioè, non mi importa che Ash e Cal facciano sesso, anzi, sono contenta per loro. Il sesso fa bene. Ma Mikey… noi ci amiamo! Ci amiamo da morire»
L’unica volta che ho visto Michael e Angel insieme, stavano litigando.
Ma posso dire con certezza, ora, che Angel lo ama. E credo che anche lui la ami, c’era qualcosa nel suo sguardo, quando siamo andate via, di profondamente triste.
«Credo tu sapessi a cosa andavi incontro quando vi siete messi insieme. Andiamo, Michael è… Michael. Lui fa tutto a modo suo, forse questo è il suo modo di amarti» non so perché sto prendendo le parti di Mike, credo che mi dispiaccia per la persona a cui ho imparato a voler bene. Anche se, obbiettivamente, è indifendibile.
Angel ci pensa un po’ prima di rispondere.
«Quando ami qualcuno, l’unica cosa che vuoi è che l’altro stia bene. Non ti importa di niente, vuoi solo fare qualsiasi cosa su questo fottuto mondo per rendere all’altro ogni secondo perfetto. Non gli fai male Kat, no. A me lui lo sta facendo»
Non so più cosa risponderle, così preferisco restare in silenzio e a lei sta bene, finchè non getta il mozzicone della sigaretta nel posacenere e si alza, tirando un respiro pieno per riprendersi.
«Scommetto che i cinque ti hanno trattato come una bambina fino ad ora» mi lancia uno sguardo malizioso identico a quello di Mikey quando dice qualcosa di perverso. Non so chi l’abbia preso da chi. «Sta sera ci penso io a farti divertire»
Non so se fidarmi di questa ragazza bellissima che ha Sydney hai suoi piedi sia una buona idea, considerando che non la conosco per niente e che è incazzata e triste e incazzata, e noi ragazze queste emozioni non riusciamo mai a gestirle al meglio. Fossi in lei cercherei dei guantoni e un saccone da box, ma lei non è me e non credo sia questo il divertimento che intende.
La cosa non mi dispiace affatto.
«Ho una voglia pazzesca di prendermi una sbronza colossale» le dico seguendola all’interno del loft. Angel sembra entusiasta della mia proposta. Poi mi guarda per qualche secondo e alza un sopracciglio.
«Tesoro, dobbiamo decisamente trovare qualcosa di meglio da farti indossare.»
Fisso il mio riflesso in uno dei tanti specchi sparsi per casa. Guardo i miei capelli celesti, le mie creepers nere, un tanktop con il logo dei Led Zeppelin e degli shorts a vita alta. Mi piaccio così, ma decido comunque di affidarmi ad Angel per questa sera.
Ho voglia di strafare.
 
 

«No, basta, io vado a riprendermi Angel»
«Dove sono?»
«Le hanno viste all’Amacord»
«Ti accompagno»
«Vengo anche io»
Seguo Mike verso l’ascensore e mi giro solo per rispondere.
«No, tu resti qui. Non metterti in mezzo»
 
 
 
Se domani ricorderò qualcosa di questa serata, credo che potrei buttarmi giù dal balcone.
Ho flirtato con il barista per farci offrire l’ottavo giro di tequila, Angel gli ha proposto una cosa a tre per il nono e il decimo, giusto per il gusto di scherzare un po’, e ci siamo lasciate coccolare un po’ da dei ventenni in cerca di prede.
Abbiamo bevuto i nostri shots, liquidato i due bei maschioni troppo noiosi e siamo scappate dal barista. Un paio di persone ci hanno scattato delle foto, ma Angel, a testa alta, se n’è infischiata. Mi ha preso per mano, mi ha trascinato verso la pista e già non capivo più un cazzo.
La massa di corpi sudati mi sbatte contro, la musica a palla mi stordisce ancora di più e Angel si muove come una dea, tanto che mi fa sentire una vacca su stivaletti in pelle con tacco doppio e para alta di non ricordo quale famosa marca.
Dopo pochi minuti non provo più neanche quella sensazione.
Balliamo per non so quanto tempo. Non riesco a controllare una singola parte del mio corpo.
Angel sorride e si avvicina, mi prende dai fianchi e balla con me. Le stringo una mano e le teniamo in alto, cantando all’unisono le frasi di una canzone sputtanatissima. Mi sento così felice.
L’alcol è la migliore invenzione del mondo, insieme alle sigarette  e alla musica rock.
Sono libera e ballo con Angel come se fosse qualcosa come la mia migliore amica e lascio che il mio cuore segua i bassi della musica. Rovescio la testa all’indietro e guardo in alto, verso il tetto vetrato di questo locale. Si intravedono le stelle. Non ricordavo girassero così velocemente.
Un paio di ragazzi credo ci abbiano puntato e Angel ne sembra entusiasta, perché comincia a muovere ancora di più i fianchi e a stringermi e a ridere civettuola.
L’abbordaggio è così fulmineo che i miei sensi rallentati quasi non se ne rendono conto. C’è solo Angel che balla con me il momento prima e Angel che balla con quest’altro biondino il momento dopo. Ci mettono davvero, davvero poco a baciarsi.
E ci restano anche poco, considerando che Angel viene trascinata via da un ragazzo dai capelli blu.
Michael?
Vedo un braccio alzarsi, poi Angel urla e il biondino finisce per terra.
O merda.
Mi trascino barcollando verso Michael quando il ragazzo cerca di rialzarsi. Non sono lucida, ma se dovesse servire un pugno riuscirei comunque a tirarlo.
«Andiamo, ma non lo sai chi è ‘sto coglione? Finiremmo solo nei guai» grida l’amico al biondo. Lui e Michael si guardano per un istante, poi grida un “ciao puttanella” ad Angel e si volatilizza nella folla.
«Dobbiamo parlare» dice Mike, autoritario, ad un’Angel che è persa in paradiso.
                                
Angel e Mike sono spariti verso i bagni e, anche se mi hanno praticamente abbandonata, non mi dispiace affatto. L'importante è che stiano insieme. Volendo potrei anche lasciare la pista ora, eppure mi ci sono abituata a questa puzza di sudore e allo stretto contatto con persone che mai rivedrò nella mia vita. La musica fa schifo, ma il commerciale è ciò che serve per far scatenare una folla e per sta notte mi sta bene. Lascio che il ritmo e l'alcool mi facciano muovere tra quelli che mi sembrano tutti amici. Sorrido agli sconosciuti, ballo con gli sconosciuti, lascio che loro mi guardino, perché davvero la forza per impedirglielo non ce l'ho. Quasi mi sta bene così. Mi fa sentire bella, apprezzata. Ed io non sono come Angel, io a volte ho bisogno di sentirmi così.
Mi accorgo di stare guardando lo stesso ragazzo da una decina di minuti. Io sono sola, lui è con il suo gruppo di amici, ma ha occhi solo per me. È bello. Capelli rossi, occhi chiari, ghigno da cattivo ragazzo. Se non avessi bevuto le ultime quattro tequila avrei pensato di non essere pronta per provarci con un ragazzo, ma non sono decisamente sobria e mi sento leggera ed è la sensazione più bella del mondo. Il ragazzo fa per avvicinarsi e senza problemi sono pronta all'avventura di questa notte.
Poi qualcuno mi afferra per il bacino e mi trascina via. Sbatto contro il suo petto, è un ragazzo e mi tiene stretta dalla vita. Abbasso lo sguardo sul suo braccio. È muscoloso. Ha una bandana al polso. 
Ha la mia bandana al polso.
Ash mi volta senza lasciarmi andare. Ci guardiamo una frazione di secondo, i colori sono sfalsati dalle luci strobo ma il verde dei suoi occhi è intatto.
Ci guardiamo una frazione di secondo, le sue mani corrono dalla mia schiena fino a prendermi il viso.
Ci guardiamo una frazione di secondo e non di più, perché prima che possa rendermene conto le sue labbra sono sulle mie.
Ed è qualcosa che anziché svegliarmi, mi inebria ancora di più.
Non c'è dolcezza, non c'è calma, non c'è razionalità. Questo bacio è come Ash. Tempestivo. Irruento.
Gli poggio le mani sul petto e stringo la sua Tshirt tra le dita, Perché io non resto a guardare, perché io gli rispondo, perché io voglio questo bacio. A me piace questo bacio.
Mi ritrovo presto contro la parete buia del locale. Ash non ha lasciato le mie labbra neanche per riprendere fiato ed io non ho mai aperto gli occhi, perché sento questa specie di eccitazione salirmi per tutto il corpo e mi fa stare bene e non vorrei perderla per niente al mondo.
Ho passato tante volte le dita tra i riccioli di Ash, ma ora è diverso perché la mia lingua è una cosa sola con la sua e sento ogni suo respiro, ogni suo sospiro sulle mie labbra  e so che se ora li stringessi un po' di più farebbe un piccolo gemito e non credo che potrei sopportarlo, non con l'erezione nei suoi jeans che preme sui miei e la sua mano, la sua enorme mano, che stringe sempre più la mia vita. In entrambi i sensi.
Dio, quanto mi piace il modo in cui mi morde le labbra, e questa vicinanza che non c'è mai stata e il mio sapore di alcool e il suo di tabacco mischiati. Voglio baciarlo finchè l’alcool mi inebria il cervello, così da non potermi sentire in colpa. A ciò che succederà dopo poi si penserà.
Sono costretta, però, ad allontanarlo quando il mio stomaco inizia a fare storie.
«Ash sto per vomitare» mormoro prima di tapparmi la bocca con una mano. Ash, con lo sguardo di chi non ha idea né di come si chiami né dove sia, assimila le mie parole e una volta capito mi cinge il bacino con un braccio e mi guida verso l’uscita.
Fuori l’aria è fresca, così gradevole rispetto a quella all’interno del locale.
La sabbia della spiaggia inizia a pochi metri da noi e sembra proprio essere l’obbiettivo di Ash.
Devo mantenermi a lui perché barcollo troppo per poter camminare da sola.
Sedermi sulla sabbia sembra una grande idea per i primi cinque secondi, poi tutto comincia a girare ancora più forte e maledico la tequila. C’è questo ragazzo bellissimo al mio fianco, illuminato dalla luce fioca dei lampioni in strada e dalle stelle, davanti a noi una voragine nera che è il mare, a sovrastarci il cielo, i pieneti, il paradiso e qualsiasi altra cosa ci sia oltre il manto delle stelle.
«Sei ubriaca» constata Ash quando poggio la testa sulla sua spalla.
«Sei un coglione» rispondo senza allontanarmi.
«Hai bevuto troppo per potermi dire che sono un coglione»
«Non mi lascio certo dire da te se ho bevuto troppo»
Ash non mi da il tempo di farmi incazzare anche da ubriaca che con una spallata mi fa sdraiare sulla sabbia, un attimo dopo è sopra di me. Mi bacia di nuovo. I suoi riccioli sfiorano la mia fronte, le sue labbra sono gonfie e morbide, il suo bacino combacia con il mio.
«Basta litigare» sussurra lasciando piccoli baci dietro il mio orecchio.
Ride quando riesco a sovrastarlo, cambiando posizione solo con le mie forze. Poi mi scosta i capelli dal viso, lascia una carezza sulla guancia, e cattura ancora le mie labbra.
Finchè non sono costretta a rotolare via.
Ash mi tiene la testa mentre lascio il mio ricordo su questa spiaggia.
Una pozza di succhi gastrici, thè verde, alcool e persino la mia anima.
Quando finisco di vomitare sono completamente senza forze.
Ho la sabbia ovunque e non mi importa, ho la testa che pulsa e non mi importa, ho ancora il profumo di Ash ovunque e mi manda fuori di testa.
È lui che mi solleva, quando si rende conto che non ho intenzione di muovermi da sola.
È forte abbastanza da portarmi in braccio per chilometri, così mi lascio trasportare con il viso nascosto nell’incavo del suo collo.
Angel e Mike ci aspettano in macchina, intenti a scambiarsi un bacio appassionato. Problemi in paradiso risolti.
Io e Ash ci infiliamo sui sedili di dietro e passo tutto il tragitto a sonnecchiare sulla sua spalla.
 
A casa è tutto tranquillo.
Cal e Andy dormono sul divano con la tv accesa, Luke è sul balcone a fumarsi una sigaretta.
Mike e Angel ci abbandonano subito, chiudendosi la porta della camera alle spalle. Ash mi guarda nella penombra, incerto su cosa fare.
«Ho bisogno di una doccia» dice prima di lasciarmi un bacio sulla guancia.
«è una proposta?» scherzo e lui ride.
Quando sparisce nel corridoio, io raggiungo Luke sul balcone.
«Ehi» Dice quando mi vede, allargando le labbra in un sorriso bellissimo.
«Ehi» rispondo, avvicinandomi.
Mi fa spazio sul divanetto e mi circonda le spalle con un braccio quando lo raggiungo. Mi stringe un po’ ed è il gesto più familiare del mondo.
Fumiamo in silenzio, lui sta scrivendo delle tab per la chitarra su un foglio e io ho solo una domanda in testa.
Che cazzo ho fatto?




Mo' Writing
So che sono quasi le quattro, e che ho fatto passare più di una settimana per aggiornare, e che si sta scatenando una guerra nei vostri cuori con this is war dei 30stm come colonna sonora su chi scegliere tra Kashton e Kuke, ma ho appena finito di scrivere e ci ho sanguinato su questo capitolo (metaforicamente) quindi spero lo gradiate.
Non trovo le parole, sarà l'orario, sarà che un po' sono emozionata per questo bacio, non so.
Posso solo dire grazie a tutte quelle che sono arrivate qui con me, e che questo non è che l'inizio.
Siete fantastiche e le vostre recensioni mi fanno sempre sorridere.
Risponderò a quelle dello scorso capitolo al più presto, ora scatenatevi su questo.
Voglio sapere tutto, come vi sembra questo bacio, la storia, come pensate si evolverà la situazione, cosa cambierà ora.
Tutto!
Ah, e siccome è un capitolo speciale, chiunque ha una fanfiction che vuole pubblicizzare mi lasciasse il link nella recensione e la pubblicizzerò nel prossimo capitolo!
Non aspettatevi rose e fiori naturalmente, con Kat e i 5sos non si può stare mai sicuri.
Buonanotte a tutte le notturne come me, buon giorno a chi leggerà il capitolo domani mattina.
Mi rendete felice :)
Un bacione a tutte
Mo'



 

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Messaggio : One Shot ***


Salve ragazze :)
Volevo rubarvi qualche minuto per dire che ho pubblicato una one shot missing moment su Angel e Mikey.
(cliccate sull'immagine per aprire la one shot)



Poi purtroppo devo dirvi che credo non pubblicherò per un po considerando che domani parto e prima in Grecia, poi a Londra non so quanto tempo troverò per scrivere e, sopratutto, rete wifi per pubblicare. Spero non abbandoniate questa storia nel caso non riuscirò ad aggiornare in breve tempo.
Spero anche di sentirvi al più presto.
un bacio
Mo'

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Holding on and letting go. ***


 

14
Holding on and letting go.


 
Non siamo fatti per durare,
Ci siamo fatti per curare i giorni grigi
E non so più se siamo amanti o amici.

Parte della mia vita fare i conti con i danni,
A parte della tua vita, dettagli.
A parte che ormai è finita, a parte che quando parli tu sei me,
anche se non se ne accorgeranno mai gli altri.

E lasciami cadere giù, 
Metterò in bella il tema che ho scritto ieri che tu non c'eri più.
Lasciami andare,
Perché tanto neve non c'è.
Perché tanto resto da solo con me.
Mecna - Lasciami andare.



Da quando sono in questa casa, questa è stata la prima notte che ho passato sola.
Andare in camera di Ash era diventato quasi un vizio, se stavo male sapevo di poter contare sul calore del suo corpo sotto le stesse mie lenzuola e anche se non mi sfiorava neanche la sua sola presenza mi faceva stare meglio, mi costringeva a stare meglio. Io con lui non dovevo essere debole, non dovevo trascinarlo giù con me. 
Dormire con Luke era stato diverso.
L'avevo sentito più vicino di quanto Ash sarebbe mai riuscito ad arrivare e mi ero lasciata cullare dalle sue braccia, dalla sua tristezza che andava a braccetto con la mia. Forse potevamo zoppicare insieme.
Questa notte, però, mi sono chiusa in camera. Il panico che prima con Ash ero riuscita a controllare si è manifestato tutto insieme dopo, in questa stanza, mentre urlavo contro il cuscino e gattonavo tremante alla ricerca degli antidepressivi nella borsa. Non potevo fare rumore, altrimenti qualcuno mi avrebbe sentito e non avrei avuto la forza di parlare con Ash dopo quello che era successo tra noi e neanche il coraggio di guardare Luke negli occhi.
Ero da sola, come sempre.
Eccetto per la presenza di Tom, al mio fianco, nella mia mente, pronto a rassicurarmi e ad accarezzarmi i capelli. Pronto a peggiorare la situazione.
Non ho chiuso occhio fino all'alba, finché un mix di conforto dato dai primi raggi di sole, di scuse per Tom sussurrate alla stanza vuota, rimanenze di una sbronza e sonniferi mischiati ad antidepressivi non ha, lentamente, fatto sprofondare il mio corpo in uno stato di pace apparente.

Quando riapro le palpebre pesanti, poche ore dopo, la consapevolezza di non poter scappare da questa situazione mi attanaglia.
Sono le dieci e costringo me stessa a scendere dal materasso della stanza degli ospiti. È una stanza così anonima, non ha le pareti tappezzate della carta da parati a mattonelle rosse come in stanza da Luke, o i toni scuri di quella di Mike a contrasto di quelli chiari della camera di Ash, ne "la stanza del perfetto surfista" di Cal. 
Le lenzuola bianche, così pure, mi fanno male agli occhi.
Sembrano del colore della pelle di Tom.
Guardo il mio riflesso allo specchio e mi rendo conto di indossare ancora il vestitino di Angel, ma non mi importa. Lascio stare anche il trucco sbavato durante la mia nottata e mentre esco dalla stanza lego i capelli in una treccia spettinata, più perché è sempre stato un gesto calmante per me che per qualche fattore estetico.
La porta della camera di Luke è spalancata e il letto disfatto è stato privato del suo corpo, quella di Ash è socchiusa, ma non oso sbirciare dentro.
Faccio il mio ingresso in salone come se fossi un'ombra, silenziosa e  decisamente nera.
Il sorriso con cui Luke mi accoglie è come una coltellata dritta nel cuore.
«Ehi dormigliona» mi grida dal bancone della cucina, circondato da fogli e con una chitarra in mano. 
«Buongiorno Kat, oggi ci pensiamo noi alla colazione» saluta Cal, uscendo una teglia dal forno con destrezza.
Hanno la faccia, gli atteggiamenti, di chi si sta divertendo un mondo. Luke con la guancia sporca di farina, i fogli intorno a loro del tutto sommersi dal cibo oltre che colorati dalla scrittura incomprensibile di Luke, Cal a petto nudo con un cappello da chef e guanti da forno.
«Ehi» rispondo accennando un sorriso, ma so di non poter ingannare Luke. Luke che è come me. Luke che capisce subito che c'è qualcosa che non va.
«Kat?» Mi richiama, ma siamo interrotti dall'entrata trionfale di Ash nell'open space. 
Anche lui saluta tutti con un «ehi», ma il suo è accompagnato dal suo tipico sorriso, dal suo buonumore, dalla sua voglia di vivere, tutti triplicati per una dose extra di gioia nella vita di Ashton Irwin.
È per me? È per quello che è successo?
Posso averlo davvero reso così ... Felice?
Mi volatilizzo dalla stanza afferrando il pacchetto di Malboro rosse di Michael abbandonate sul divano. Glie le ricomprerò, ma ho assolutamente bisogno di una sigaretta in questo momento.
E magari di un'altra sbronza.
La prima boccata di fumo è come aria per il mio sistema nervoso. Mi affaccio dal balcone, guardo la gente sotto di noi vivere la sua normalissima vita. La mia lo è stata, tanto tempo fa. Non lo è più da tempo.
Baciare il migliore amico di mio fratello, il batterista della band che rappresenta la mia nuova vita, non è stata una grande idea. 
Soprattutto ora che lo vedo superare le enormi vetrate che danno sul salone per raggiungermi sul balcone tutto contento. E saremo soli.
L'ultima volte che lo siamo stati non è andata bene.
Mi chiede l'accendino con un sorriso e non so come gestire la situazione, così glie lo allungo e resto in silenzio.
Neanche lui sa cosa dire. 
È in imbarazzo.
Ashton Irwin, il batterista della rockband del momento, la persona più socievole sulla terra, il playboy della situazione, è in imbarazzo. Wow.
Il fumo delle nostre sigarette riempie il vuoto che c'è tra noi, i respiri occupano il nostro silenzio.
«Dormito bene?» Domanda per rompere il ghiaccio. Sembra una domanda sincera, o forse vuole solo sapere se non sono andata in camera sua solo perché ci eravamo baciati poche ore prima.
«Tranquillo, tu?»
È una conversazione forzata, tipica di questi ultimi giorni. Qualcosa è cambiato tra noi e non so in che modo. Ma non voglio perdere Ash.
Ash è... È la felicità che non avrò mai. È tutto ciò che io non sono, ed io sono tutto ciò che lui non è.
È la prima persona che ho incontrato in Australia, è il mio primo sorriso, la prima persona che è riuscita a tirarmi via dal muro in cemento che mi ricopriva.
Ash è le cose belle della mia vita.
«Ti ho aspettata fino alle quattro, poi ho sonnecchiato fino alle nove e da quel momento ho aspettato solo di sentire i tuoi passi in corridoio» dice e il sorriso gli illumina gli occhi. Ha improvvisamente un atteggiamento rilassato, il suo solito modo di fare, con il sorriso sghembo, una mano nei capelli e l'altra a tenere distrattamente la sigaretta. «Avevo troppa voglia di vederti»
Mi bacia quando ancora sono stordita dalle sue parole, quando non sono in grado di capire quale sia la cosa giusta da fare. Ed è completamente diverso da ciò che è successo ieri notte.
È come dovrebbe essere stare con Ash: Improvviso, ma dannatamente semplice.
Le sue labbra sulle mie e le sue dita a sfiorarmi la guancia.
E vorrei davvero che potesse essere così, ogni secondo di ogni ora di ogni giorno. Ma non si può. 
Non si puó.
Non può essere felice con me.
Ed io non posso esserlo con lui. Non se oltre la sua spalla intravedo il profilo di Luke che suona la chitarra.
E Cal, che ci ha scoperto, che ci guarda male, mentre con un braccio circonda le spalle di Luke per impedirgli di muoversi nel caso voglia girarsi verso di noi.
Spingo via Ash.
Lui non capisce e fa per riavvicinarsi, ma con una mano sul petto lo allontano, definitivamente questa volta.
Mi guarda storto, pensando che sia un gioco. Per Ash è tutto un gioco.
«Ash, ciò che è successo ieri... È stato...» balbetto, con il sapore delle sue labbra ancora sulle mie. Dentro, la mia coscienza mi sta dando della stronza, della puttana, ma non capisce. Sto cercando di evitare sofferenza infinita ad entrambi «ero ubriaca e volevo baciarti, ma ora che sono sobria mi rendo conto che finisce tutto lì... Cioè tu... Sei Ashton Irwin! Sei famoso e sei il migliore amico di mio fratello e ... Non si può Ash. Non si può»
Respiro davvero per la prima volta da quando Ash mi ha baciata.
E lui lo sa che non riuscirei a sostenere il suo sguardo, ma se ne frega e stringendomi il mento tra le dita mi obbliga a guardarlo negli occhi.
E credo che potrei picchiarmi, in questo momento, perché sto facendo del male all'unica persona alla quale non avrei dovuto e voluto.
«Kat» sussurra con una voce che non ha tono, poi mi lascia andare.
Ha capito cosa intendo.
Ha capito che non scherzo, che il bacio di eri è stato solo ... Un bacio. O almeno, questo è ciò di cui sto cercando di convincermi anche io.
«Sarebbe meglio non dire niente agli altri» ad ogni parola mi maledico di più. Sono davvero così stronza?
Ho davvero dimenticato come si trattano i sentimenti delle persone?
Non resta neanche un secondo in più, questo basta per fargli del male e lui è orgoglioso, non può lasciare che veda la distruzione nei suoi occhi.
Ma l'ho vista, Ash.
E non posso fare niente per aiutarti. Per aiutarci.
Non lo rincorro, ma lo seguo con lo sguardo.
Luke e Cal smettono di cantare quando lo vedono entrare e Cal cerca di mascherare il suo sconcerto dietro un sorriso. Credo che dopo dovrò parlargli.
«Luke ha scritto il testo della nuova canzone» lo ferma quest'ultimo allungandogli uno dei tanti foglietti che li circondano. Luke lo guarda speranzoso in cerca di approvazione, ma Ash più legge il testo più perde colorito. I suoi occhi sembrano furiosi.
«È tutta tua» grugnisce, stracciando il foglio che ha tra le mani.
Lo sguardo di Luke salta da Ash a me in un battuto di ciglia. 
Vede Ash ferito, incazzato e me distrutta.
Vede qualcosa che c'è stato, ma che lui non sa. Qualcosa che non dovrebbe esserci stato.
E vorrei sapere cosa c'era scritto su quel foglio di così importante da far sboccare così Ashton, ma passa in secondo piano quando Luke mi viene incontro.
«Mi spieghi cosa sta succedendo?» Domanda, poggiandosi allo stipite della porta finestra come se cercasse un appiglio, pronto per il peggio. Non ho intenzione di dire niente a nessuno dell'altra notte, sopratutto a Luke, così scuoto la testa.
«Niente Luke, non sta succedendo niente»
So che Luke non ci crederà mai, ma non chiede altro. Lui è paziente. Lui sa che quando avrò voglia di dirgli ciò che mi passa per la testa glie lo dirò, e fino ad allora si comporterà come se non fosse successo niente.
Di Luke ho capito questo, vuole bene alle persone incondizionatamente anche se queste non lo ricambiano.
Non si aspetta niente.
Io glie ne voglio, di bene. Anche troppo. E ho paura che se gli dicessi ciò che ho fatto la notte scorsa lo deluderei nonostante tra noi alla fine non ci sia niente.
Non voglio deludere Luke, non volevo neanche fare del male ad Ash, ma l’ho sempre detto che non ci so fare con le persone.
Stavo meglio prima, con la mia boxe, la mia Londra e la mia musica.
Le persone non sono un saccone di cuoio, le persone hanno sentimenti, amano e desiderano, si fanno male e soffrono. Ed io sono più brava con il saccone che con un corpo umano.
«Vieni? È pronta la torta Cuke» mi allunga una camicia a quadri per coprire questo vestitino che, alla luce del sole, è davvero esagerato e mi scorta con un sorriso fino in cucina, dove Cal ha fatto sparire tutti i fogli racimolandoli in un’unica pila e sta tagliando tre pezzi da un’enorme Ciambellone al cioccolato. Di Ash non c’è traccia.
«Ci sono i nostri ingredienti preferiti uniti in una torta sola» esclama Cal cercando di sembrare amichevole, ma con gli occhi mi sta uccidendo. Mangiamo il ciambellone (un po’ farinoso ed eccessivamente dolce, ma comunque buono) discutendo su Disconnected e Heartake on the big screen, sulle cose che preferiamo di questi due pezzi, su quanto siano cresciuti dai tempi di Gotta get out, Heartbreak girl o Beside you.
«Tanto per ora Beside You resta la mia preferita, e un giorno voglio sentirla live» i ragazzi annuiscono scambiandosi un’occhiata.
«Ho registrato tutta la seconda generazione di Skins , ce la rivediamo?» cambia subito dopo argomento Luke. Sa che a Skins non posso dire di no.
«Cazzo si! Quella figona di Effy è sempre un bello spettacolo» lo appoggia Cal, alzandosi dallo sgabello per buttarsi un secondo dopo sul divano. Annuisco a Luke e lo raggiungiamo, stringendoci tutti e tre sullo stesso sofà in pelle. Andy, che di solito ci dorme sopra, ha lasciato tutto il foulard stropicciato e di lui non c’è traccia, sarà uscito presto. È strano, ultimamente. Credo sia colpa di Jess. In realtà è sempre colpa di Jess, tanto che Andy pur di non rimanere intrappolato per tutta la vita a Londra con la sua fidanzatina del liceo ( e delle medie e dell’ultimo anno di elementari) è scappato in Australia, ma sappiamo entrambi che è ancora pazzamente, follemente, infinitamente innamorato di lei. Loro sono, o meglio, erano, una di quelle coppie perfette.
Due biondi con gli occhi chiari, entrambi bellissimi e di buona famiglia con tutte le aspettative per un luminoso futuro insieme, cose come un matrimonio felice già dai vent’anni, dei bambini meravigliosi che scorazzano per la cucina, un cucciolo e un lavoro appagante. Andy, però, ha sempre avuto paura di questo futuro.
Per questo è venuto in Australia, lo so di per certo.
Gli stava stretta la sua fidanzatina perfetta e il lavoro allo studio di papà e Londra, che a lui non è mai piaciuta. Eppure lui Jess la ama ancora. Non credo si sia pentito di essersi trasferito in Australia, ma sicuramente vorrebbe che lei fosse qui. E magari divertirsi con lei, senza dover pensare a matrimonio, lavoro o bambini.
Mi rendo conto che non sto seguendo per niente il telefilm, così mi giro verso Luke, mezzo poggiato sulla mia spalla, ed è meglio che guardare Skins. Ed io adoro Skins.
Quando si accorge dei miei sguardi mi sorride, si raddrizza e passa un braccio intorno alle mie spalle, facendomi poggiare sul suo petto.
Qualcosa, dentro di me, rende quel gesto insopportabile.
Luke è così… puro.
Ed io sono l’esatto contrario.
Mi alzo di scatto, senza neanche pensarci, e mormorando un "vado in bagno" abbandono il divano quasi correndo.
Non sono l'unica, però, a varcare la soglia del corridoio.
Cal mi afferra una spalla, mi sposta e chiude la porta dietro la sua schiena.
Non serve neanche una parola per capire cos'ha in testa, i suoi occhi parlano chiaro.
«Kat, cosa diavolo stai facendo con Ash?»
Resto a guardarlo senza sapere cosa dire, cosa fare.
Cosa sto facendo con Ash? Vorrei saperlo anche io.
«Ok, non voglio saperlo, solo... Ash è forte, Ash non si abbatte mai. Ma Luke... Se lo ferisci ... Se solo qualcuno gli spezzasse il cuore ancora una volta... Non credo resisterebbe. Non voglio perdere il mio migliore amico Kat, ho già avuto paura una volta, ti prego. Non fare stronzate. Non fare del male a Luke.»
Ascolto Cal ed è come farsi dare un pugno sul naso. Più volte.
È questo cio che voglio? Ciò che sto facendo?
Guardo il ragazzo di fronte a me e so che è sincero, lo so perché conosco Luke, perché ho capito com'è.
Siamo uguali del resto.
Alzo il lato destro delle labbra in un piccolo sorriso e lui finalmente respira. Non credo che Cal si fidi di me in questo momento, ma apprezzo che ci stia provando.
«Cos'è questa? Una riunione improvvisata in corridoio?» Un Michael decisamente ancora molto addormentato spunta dalla sua camera con i capelli scompigliati, un paio di boxer e un calzino si e l'altro no.
Ci credo che è assonnato, lui e Angel ci hanno dato dentro fino a tarda notte. Li ho sentiti fin troppo bene.
«Niente, torna a dormire» gli dico scuotendo la testa, poi Luke spalanca la porta del corridoio e probabilmente si pone la stessa domanda, ma senza pensarci più di tanto si intrufola in camera di Mike.
«Coccole mattutine» dice buttandosi nel letto accanto ad Angel.
«Buongiorno piccolo» mormora lei allungando un braccio verso di lui. 
Luke fa uno di quei sorrisi con cui chiunque vorrebbe essere svegliato.
«Coccole mattutine» ripete Mike, tornando alla sua posizione di qualche minuto prima. Sono indecisa se intromettermi in questa scena o tornare a vedere Skins. Non vorrei disturbare. Poi Cal mi trascina sul letto per il gomito e finiamo tutti e cinque l'uno sull'altro in un mega abbraccio. Questa è sempre stata la mia idea di famiglia. Quella che avrei sempre voluto, almeno.
Sono dall'altra parte del letto rispetto a Luke, dietro la schiena di Mike, ma lui trova comunque la mia mano e intreccia le nostre dita. Cerco di sorridergli mezza coperta da un ciuffo di capelli blu. 
Andy ci trova così, quando rientra a casa, mezz'ora dopo.
Stiamo scherzando tra di noi, ci siamo lanciati un po’ di cuscini e finché non penso ad Ash sto bene.
«Coccole mattutine?» Domando ad Andy. Ha lo sguardo più stralunato del solito. Problemi in vista.
«Ash dov'è?» Chiede senza rispondermi.
Mi correggo, grandi problemi in vista.
«Lo sai che non gli piacciono questi momenti di affetto» dice Cal senza neanche darmi il tempo per pensare ad una qualche risposta decente.
«Vado a chiamarlo, tra cinque minuti tutti in salone. Ho bisogno di parlare con voi»
Ho vissuto con Andy per quasi 17 anni e lo conosco abbastanza da poter capire che non sono buone notizie quelle che deve darci e, probabilmente, che riguardano una persona in particolare.
Quella è la faccia da ops non ho ancora superato la rottura con Jess.
Una tortura.
 
Aspettiamo Andy e Ash sul divano per più di un quarto d'ora.
Quando arrivano, hanno entrambi un'espressione straziante sul viso.
I 5 seconds of summer e co. alle prese con i problemi di cuore.
Io, Cal e Angel siamo seduti vicini e, nonostante ci sia spazio al mio fianco, Ashton va a sedersi da solo sulla poltrona.
Ha i capelli ancora bagnati della doccia e solo un asciugamano legato in vita, così cerco di non guardarlo.
Siamo nella stessa stanza ma ci sento lontani più di quel primo giorno in cui ci siamo incontrati. Siamo vicini come lo sarebbero due sconosciuti. 
Andy attira la nostra attenzione gettando sul tavolino davanti alla tv una busta con un francobollo e un indirizzo che riconosco come quello di casa qui a Sydney, aperta sicuramente con più forza di quanta ce ne vorrebbe per aprire una busta da lettere.
Cerco il suo sguardo e lui mi sta già fissando. Con un gesto della testa capisco che tocca a me prenderla.
Per un primo istante credo sia dai nostri genitori. Ho interrotto tutti i contatti con loro da quando mi hanno mandata qui e non ho davvero voglia di sapere niente sul loro conto, ma sbircio comunque nella busta e nel momento in cui leggo un Sydney-Londra stampato su un biglietto aereo credo di essere pronta ad andare fuori di testa.
Poi un anellino d'argento scivola tra le mie gambe. 
Continuo a non capire finché non leggo le lettere incise al suo interno.
Andy & Jess.
E allora tutto è chiaro.
Jess è pronta a riprendersi Andy.
«Quindi torni a casa?» Mormoro continuando a rigirarmi l'anello tra le dita. I ragazzi scattano in piedi.
«Che cazzo dici?» Grida Ash, cercando di guardare l'oggetto che sto contemplando. Angel, che è al mio fianco, ha già capito, ma gli altri non ci sono ancora arrivati.
«Jess?» Domanda lei nonostante la risposta sia scontata. Aiuta Andy a darci la notizia.
«Mi sta chiedendo di tornare da lei. Di riprendere i nostri progetti da quando li abbiamo abbandonati. Università, lavoro e forse un giorno una famiglia»
 Non ho mai visto mio fratello così in difficoltà. Non sa cosa dire, non sa come dirlo, non sa neanche cosa fare.
E più i ragazzi lo guardano spiazzati più lui si richiude su se stesso. 
«Ma non siamo noi la tua famiglia?» Chiede Luke con la voce che trema.
E Andy crolla sulla poltrona con il viso nascosto tra le mani. Crolla anche dentro.
Oggi siamo tutti fragili.
«Mi manca» mormora Andy con il peso di questo amore sulle spalle. «Mi manca tutto di lei. E vorrei poter avere voi e lei accanto nello stesso momento. Ma non si puó. Non posso unire questi due mondi a meno che uno dei due non si trasferisca dall'altra parte del mondo.»
Nessuno ha il coraggio di aggiungere niente. Sappiamo tutti che sceglierà lei.
Gli vado vicina e sedendomi per terra gli poggio la testa sulle gambe. E non so perché, ma io e Ash alziamo lo sguardo nello stesso momento e ci fissiamo.
Non è perché mi ha perdonato o perché gli piace guardarmi o perché ha bisogno di me, ma è una questione più sottile. Quasi ci è arrivato prima di me.
Se Andy andrà via, io tornerò a casa con lui?
In questo momento mi piace pensare che non vuole che vada via, che nonostante tutto siamo sempre noi due.
Ma abbiamo problemi più seri da affrontare.
Anche perché Andy ha cominciato a piangere.




Mo' Writing.
BENTROVATE RAGAZZEE.
Non ci credo, sono riuscita a pubblicare questo capitlo! ahahah l'ho scritto mentre ero a Londra, dove ero super ispirata considerando che HO VISTO I 5SOS.
Vi presento Mr Hemmings in tutta la sua bellezza.

 E sul mio instagram (qui) c'è un video dove rincorro Ash ahah
E comunque, le fan inglesi non hanno niente a che vedere con le altre, ecco perchè loro escono tranquillamente senza scorta  quando sono a Londra e fanno foto con chiunque. In aeroporto la polizia ha detto di stare in silenzio e non è volata una mosca neanche quando sono usciti i ragazzi. una cosa incredibile.
Poi vabbe, il manager gli ha detto di andare via poco prima che arrivasse Luke vicino a me e il bestemmione in italiano è partito ahahah
Comunque, tornando a noi, GRAZIE per tutte le vostre recenzioni.
Davvero, grazie infinite.
Ho pubblicato prima che potevo e spero voi siate ancora con me e con Kat e Andy e i 5Sos.
Scusate per il capitolo depresso (il prossimo che ho anche già scritto lo sarà forse anche di più ahaha) ma bisogna stare nella merda per poi apprezzare gli avvenimenti futuri! E sappiate che sta per arrivare uno dei GRANDI MOMENTI! ahahah
Ad ogni modo grazie ancora.
Fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo.
E ascoltate la canzone che ho citato, è davvero fantastica.
La potete trovare come tutte le altre nella playlist della ff su youtube (qui
E ultima cosa, vi ricordo la One Shot su Angel e Michael per chi non l'abbia ancora letta (cliccate sulla foto)

 


Un bacio enorme a tutte, ci sentiamo nelle recensioni.
Mo xx

 

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Joy and pain ***


 

16
Joy and pain.

 
And last night we fell apart, and broke to pieces,
Our love was in the hall, all packed in boxes
And I saw, what it was, that I had done to you

I was wrong
Sleepstar - I was wrong


 
 
Kat
«Mi odieranno» dice Andy qualche ora dopo, mentre siamo da soli a casa nostra con una valigia ormai quasi piena sul suo letto. I ragazzi stanno arrivando in macchina per accompagnarlo in aereoporto, i biglietti che Jess gli ha spedito sono per il volo di sta sera.
«Capiranno, sono bravi ragazzi» mormoro piegando l'ennesima Tshirt per poi metterla tra le altre. Sono troppe per essere portate tutte in una volta. Gli spedirò tutti i vestiti che lascerà, tranne quel maglione bordeaux che mi piace tanto. Quello che misi la prima sera a Sydney.
«Vi lascio prima del tuo compleanno, prima di Natale, sono davvero uno schifo»
«Ci spedirai i regali da Londra. È il momento di pensare a te stesso, di crearti un futuro solido con la tua fidanzata e non preoccuparti di me o di quei quattro. Ce la caveremo»
Sentiamo la macchina parcheggiare nel vialetto e Andy si affretta a preparare lo zaino mentre io gli chiudo la valigia. 
Ci sono così tante cose da dire che non sappiamo neanche come, ma non mi importa. Voglio solo che lui sia felice. Che torni dal suo grande amore, alla vita che era sua da sempre.
 La porta d'ingresso sbatte e i ragazzi entrano in casa, ma non rompono l'intimità di questo discorso. 
«Tu cosa farai?» Mi chiede per qualcosa come la ventesima volta. «Torna con me a Londra, puoi stare con me e Jess, non devi tornare da mamma e papà»
Prendo un respiro e lo guardo a fondo prima di rispondere.
«Sto cercando di andare avanti Andy. Tornare a Londra significa tornare da Tom. E non ce la faccio più a vivere nella sua ombra»
Non mi ero resa conto dei passi sulle scale e in corridoio finché la voce di Luke non mi rimbomba nelle orecchie.
«Chi è Tom?» Domanda sulla soglia della porta della camera di Andy. Dietro di lui ci sono anche Mike e Cal, mentre il profilo di Ash si intravede in corridoio.
Andy guarda me, quasi spaventato.
Io guardo Luke e Luke è fisso nei miei occhi.
Quindi è arrivato il momento di raccontare ai ragazzi la mia storia?
«Tom è il mio ragazzo» mormoro cercando di arricciare le labbra in un sorriso per non aggravare ancora di più il discorso. «È morto un anno fa»
E il silenzio assoluto cala sulla stanza.
E il mio tentativo di sorridere non ha decisamente funzionato.
«Andiamo, dobbiamo arrivare almeno un paio d'ore prima in aeroporto» Ash irrompe in camera e fa finta niente, mentre tutti intorno a lui quasi non respirano. So che ha ascoltato, lo so di per certo, ma lo ringrazio per essere sempre il solito Ash. Prende la valigia che ho chiuso poco prima e con il dorso della mano sfiora la mia. La mia dose di coraggio quotidiana.
Anche Andy si da una mossa per smuovere la situazione, prende le ultime cose rimaste sul suo comodino e gli occhiali da sole che a casa userà davvero poco e l'anello di Jess che è pronto a regalarle di nuovo e il biglietto dell'aereo.
Quando fanno per uscire, Ash da un pugno nello stomaco a Cal, come per smuoverlo. Lui e Mike capiscono, lasciano la stanza, ma Luke è un altro paio di maniche.
Resta lì a fissarmi senza un'espressione precisa sul viso. «Non lo sapevo» dice e quasi si pente di aver parlato.
«Non potevi, non avrei mai voluto parlarvene» Gli passo accanto e lo prendo per mano, lo shock in questo momento è più per lui. Io sto cerando di abituarmi. «Andiamo, dai»
Sussurro stringendomi nelle spalle.
Luke è ancora indeciso su cosa fare, poi senza lasciarmi la mano mi circonda con un braccio e mi spinge più vicina a lui. Ci avviamo insieme verso le scale e così sto bene.
Mi sento ancora in colpa nei suoi confronti, ma ora ho bisogno di lui.
Vorrei non aver fatto casini con Ash.
Vorrei non dover vedere Andy partire.
Ma avere Luke così vicino è sempre qualcosa di buono.
Quando Ash vede scendermi senza valigie, anche se al fianco di Luke, mi guarda quasi speranzoso.
Ha un guizzo negli occhi che dura un attimo.
«Quindi non parti?» Mi domanda cercando di sembrare freddo.
Scuoto la testa e lui annuisce.
Non lo sa che lui è una delle ragioni per cui voglio restare qui e non glie lo dirò, perché non posso stare con lui come lui vorrebbe, ma averlo vicino a me basta.
Poi lasciamo tutti casa.
Mike ha stranamente preso la moto e lui e Angel si avviano verso l'aeroporto, mentre con tutte le valigie caricate e accompagnati da un silenzio assoluto, io, Ash, Luke, Cal e Andy entriamo in macchina.
Andy guida e i finestrini sono tutti abbassati, prende la litoranea così da potersi godere Bondi Beach ancora una volta. Nello stereo Ash inserisce un mix tape che fa sorridere mio fratello.
Ci sono sopratutto canzoni in acustica, c'è James Blunt che non credevo qualcuno di loro ascoltasse, o anche John Meyer. 
Devono essere le canzoni di una vita fa. Di quando si sono conosciuti.
Come io ho il mio mix tape personale del 94 fatto da Luke, Andy ha il suo con i ragazzi.
E credo di non aver mai pensato al fatto che Andy abbia visto questi ragazzi crescere, da essere un gruppo di ragazzini che suonava nei pub a band di fama internazionale.
Andy ha vissuto le loro speranze, i loro sogni, e li ha visti realizzarsi.
Comprendo le loro facce tristi in questo momento.
E li capisco benissimo, anche io odio il fatto di dover già lasciare mio fratello. L'ho ritrovato e l'ho riperso in troppo poco tempo.
Ma se Andy è felice, poco importa del resto. Io me la caverò.
«Perché non vieni a stare da noi? Non puoi restare sola in una casa grande come la vostra» propone ad un certo punto Luke, girandosi a guardarmi. Lui non ha sospettato neanche per un attimo che andassi via.
In un primo momento non so cosa rispondere. Andare a vivere con quattro ragazzi mi sembra strano e fuori luogo, ma alla fine penso che è esattamente ciò che ho fatto tutto questo tempo, solo in una maniera più ufficiale. E senza Andy.
«È estate, andate tutti a Bondi. Le feste vengono meglio, c'è il giardino e potete andare a fare surf ogni volta che volete senza dover prendere la macchina» Puntualizza invece Andy, trovandomi d'accordo. Sarò con quattro ragazzi ma almeno sarò a casa mia.
«Finché non mi fate incazzare si può fare. Dovete convivere con la puzza di fumo in casa, se fate una festa poi pulite voi e niente orge. Accettate e potete trasferirvi da me»
Luke e Cal si guardano e, ridacchiando sull'ultimo punto, accettano. Ash annuisce semplicemente senza neanche guardarmi, ma va bene così.
«Ora che Andy va via chi vi farà da manager?» Domando incuriosita, non credo di volere qualcun altro nel nostro team. I ragazzi (sempre escludendo Ash) cominciano a fissarmi come se avessi detto chissà quale eresia. Mi sono persa qualcosa?
«Pensavo fosse scontato» osserva Cal alzando un sopracciglio. Luke scrolla le spalle.
«Ti ho lasciato in cucina il mio iPad e il mio cellulare, lì c'è tutto ció di cui hai bisogno per gestire queste bestie» dice Andy, togliendo gli occhi dalla strada per osservare la mia reazione.
Quindi sarei io il nuovo manager?
«Non so se sono in grado di farlo! Non so niente di management!»
«Perché credi che io sapessi qualcosa prima di iniziare? Si impara piano piano, tu fatti rispettare e sei già a un buon punto.»
Trovo Luke a sorridermi accanto e ne sono quasi certa, non vorrei tornare mai a Londra. Mi manca la città, mi manca la sua aria triste, ma qui ho Luke. Qui ho i 5 seconds of summer. Qui ho una nuova vita.
Dannazione, l'Australia è la mia nuova casa!
Una casa lontana da ciò che e stato e ciò che dovrei dimenticare.
Vorrei che Andy fosse compreso in questa mia idea di casa, ma a quanto pare non si può avere tutto nella vita.
Quando dallo stereo parte Father and Son di Cat Stevens la tristezza si dimezza e allo stesso momento si moltiplica e non so come questo sia possibile ma è esattamente l’emozione che aleggia in macchina. «Questa ce la auto dedicammo da parte di Andy perché lui all’inizio era come un papà per noi» spiega Ash girandosi verso di me. Si rende conto di ciò che sta facendo solo mentre mi parla, vedo infatti i suoi occhi sgranarsi.
Si suppone che lui sia incazzato nero con me, però non so, io ci provo a sorridergli.
Ash si rigira immediatamente, riprende a cantare con gli altri, fissa Andy. Non mi intrometto, è un momento tutto loro. Incrocio lo sguardo di Andy nello specchietto ed ha gli occhi lucidi. A volte anche lui sa essere debole, nonostante dovrebbe essere quello forte qui. È umano, come lo siamo noi.
Lui è un umano che si fa volere particolarmente bene e  “I have to go away” canta.
Quando arriviamo in aeroporto non siamo ancora sicuri di voler scendere dalla macchina.
È tutto così strano.
L’ultima volta che sono stata qui per me non esisteva una vita al di fuori di Londra, non esistevano i 5 seconds of summer e tanto meno Luke, Cal e Mike. C’era questa città nella quale non volevo mettere piede, mio fratello che non vedevo da secoli e questo ragazzo con un sorriso bellissimo e qualsiasi idea opposta alla mia. Non vedevo l’ora di tornare a casa, ora rifiuto la mia occasione di riprendere quell’aereo.
Andy si trascina con fatica la valigia una volta lasciato il veicolo. Sono quasi convinta che sta ancora pensando a cosa è più giusto fare, lasciare la sua nuova famiglia (e me) o tornare dall’amore della sua vita e nessuno potrebbe dargli un consiglio. È una sua lotta interiore e deve vincerla da solo.
Mike e Angel ci aspettano all’entrata. La biondina lo prende per mano e gli sorride amorevole mentre tutti insieme, in blocco, ci muoviamo alla ricerca dell’imbarco corretto.
«Ti ho portato questi, pensavo volessi tenerli» dice Mike allungandogli dei fogli strappati e poi riattaccati con lo scotch. Sembrano vecchi di secoli e Andy scoppia a ridere non appena gli da un’occhiata.
«Non ci credo!» esclama entusiasta. Anche gli altri ragazzi sembrano divertiti dalla situazione e quando Ash inizia a tenere il ritmo con le mani sulla valigia e i ragazzi cominciano a cantare ci sarebbe da scappare e nascondersi.
«Ma la domanda è, la figa dov’èèèè, se sei triste e a pezzi, lasciami essere l’unico a prenderti la figa. Rompi i tuoi schemi, sorpendimi e dammi la figaaa»
Questo è generalmente il ritornello della canzone. Io e Angel ci guardiamo ridendo, perché ok sono ragazzi, e Andy sta partendo ed è concesso tutto. L’unica cosa che mi spaventa è che questa canzone è poi diventata Unpredictable. Si, il ritmo è proprio quello. E mi terrorizza ancora di più vedere che ci sono decine di fogli come quello. Abbastanza testi per un album intero. Si sarebbero dovuti chiamare 5 seconds of pussy.
«Ma come faccio io a lasciarvi?» esclama Andy prendendoseli tutti e quattro tra le braccia.
Delle ragazze più in fondo li hanno riconosciuti da qualche minuto e cercano di farsi avanti per chiedere una foto o un autografo, ma non mi sembra proprio il momento. Trascino con me Angel e le blocco prima che possano rovinare l’abbraccio.
«Ragazze, oggi non è giornata, scusate» dico cercando di sembrare gentile e cordiale nei confronti di queste due fan pronte con il cellulare in modalità fotocamera e i sorrisi a mille watt. Mi sento proprio un manager/bodyguard in questo momento.
«Ma vogliamo solo una foto» esclama la ragazzina a sinistra facendo gli occhioni dolci, e quando scuoto la testa l’amica si surriscalda.
«Non tutte sono fortunate come voi due» sbotta incrociando le braccia al petto. Quando, con la coda dell’occhio, trovo Angel che imita il suo gesto con volto astioso, realizzo che è meglio lasciar perdere. Le do una pacca sulla spalla mentre mi giro per tornare dai ragazzi, Angel sbuffa scocciata ma non appena fa per seguirmi una delle due fan dice la cosa sbagliata. «Tieni d’occhio il tuo ragazzo Angel, evidentemente non lo soddisfi abbastanza. Vai a dare un’occhiata in rete»
E la bionda scatta.
Ed ha così ragione che quasi, quasi non provo neanche a fermarla.
Scherzo.
Scatto con lei.
«Come cazzo ti permetti?» grida Angel raggiungendo la ragazzina a grandi falcate. L’altra, in confronto a lei, sembra un nano indifeso. Che sta per essere divorato.
Mi metto tra le due non appena la bionda cerca di afferrare la sua preda dalla maglia.
«Tu, non abbassarti al suo livello» intimo ad Angel, guardandola negli occhi. «E voi, se non ci aveste aggredito avreste potuto darci i vostri nomi su twitter e vi avremmo fatte seguire dai ragazzi, magari vi avremmo anche fatte contattare perché non siamo senza cuore, capiamo che grandiosa opportunità avete perso, ma ehi, avete fatto le vostre scelte»
Faccio per lasciare andare entrambe, poi faccio spallucce verso le due fan rimaste spiazzate dal mio discorso.
«Come se non sappiamo che tu sei peggio di lei e che vuoi rubarci sia Ash che Luke. Tesoro, almeno deciditi!»
Sento una scarica d’adrenalina scorrermi nel corpo.
«Ok, mi hai fatto incazzare» ringhio «Seguite pure tutto quello che fanno i ragazzi come delle pazze psicopatiche, ma di me e Angel non sapete niente. Non azzardatevi neanche a…»
Prima che possa finire la frase e surriscaldarmi davvero, mi sento sollevare dal bacino.
«Andiamo peste» sussurra Ash nel mio orecchio, correndo con me tra le braccia via dalle ragazze. Resto ancora a pensare a quanto fossero maleducate quelle due finchè non mi rendo conto di quello che sta succedendo. Ash? Mi parla? «Trovo eccitanti le ragazze che si picchiano, ma avresti potuto ammazzarle quindi meglio evitare»
«Dio Kat, mi sembra passata una vita dall’ultima volta» aggiunge subito dopo, guardandosi intorno. Io sono fissa sul suo viso e non posso che sorridere anche io, perché anche lui ci ha pensato a quella prima volta che ci incontrammo, perché se ne sta fregando di ciò che gli ho detto sta mattina, perché è Ash e mi sorprende sempre.
«Scusa» gli sussurrò prima che mi rimetta giù.
Non risponde, ma sorride ed è meglio di delle scuse accettate.
 
Ashton.
Sono un coglione.
Sono un emerito coglione.
Un idiota, un deficiente.
Cazzo, è normale che mi rifiuti! Ha un fidanzato morto alle spalle!
Perché non l’ho saputo prima? Avrei evitato la mia scenata di romanticone di sta mattina e mi sarei fermato al bacio di ieri sera (e per fortuna che lì era ubriaca).
Kat… che ti ho fatto?
Quindi quell’attacco di panico… dopo la prima volta che la baciai… fu perché non aveva ancora superato Tom? E io come l’ultimo playboy da schiaffi le avevo dato un bacio ignaro di tutto (anche se quel bacio era per una giusta causa). Coglione.
Da sentirmi ferito e incazzato, ora mi sento addirittura in colpa.
Per questo le prendo la mano, prima che gli altri ci raggiungano.
«Ehi» mormora lei, alzando il viso per guardarmi. Faccio uno sforzo per smettere di pensare a ieri sera. Alle sue labbra, e alle sue mani, e al suo corpo schiacciato sul mio. Devo smetterla.
«Ehi» rispondo, e almeno so di per certo che anche lei sta pensando a quei primi giorni che passammo insieme. Ripensandoci, anche se lei era decisamente insopportabile, era tutto più semplice. C’eravamo solo io e lei (e Andy). Niente Luke, niente canzone perfetta scritta per lei, niente risse con le nostre fan. Beh, in realtà quest’ultimo punto è piuttosto divertente. Quello che intendo è che c’era qualcosa di speciale. E non che ora non ci sia, ma ci sono tutti gli altri in mezzo. C’è Luke in mezzo. E anche se sono più che sicuro che come ha rifiutato me rifiuterebbe anche lui, c’è qualcosa anche tra loro. Solo che non so se più o meno forte di… noi.
Quando capto lo sguardo di Luke che fulmina la mano di Kat nella mia la lascio andare. Se la “sfida” fosse con Cal o Mike ci sarebbe da divertirsi, ma lo sappiamo tutti che Luke tende ad avere problemi di… cuore peggio che in una telenovela argentina. E io voglio davvero bene a Lukey, quindi cerco di evitare per quanto possibile di fargli del male. Se mai Kat dovesse scegliere uno di noi, si vedrà cosa succederà. (Fu così che scappò per una fuga romantica dall’altra parte del mondo con Cal)
«Io l’avrei ammazzata quella» continua a borbottare Angel anche una volta che ci raggiunge. Mike ha un braccio intorno alle sue spalle e cerca di farla calmare, ma è in procinto di scoppiare a ridere.
«Rassegnati, con alcune non ci puoi neanche contrattare. Sono malefiche» spiega Andy ad una Kat che lo guarda spaesata.
«Grazie di avermi mollato l’incarico» borbotta lei, ma alla fine sorride.
«Ragazzi, io inizio ad andare a fare i controlli»
Andy ci fa capire che è arrivato il momento dei saluti.
Angel è la prima che si butta tra le sue braccia. C’è sempre stato un rapporto quasi fraterno tra loro due, proprio come se Angel fosse una della band. Si sussurrano cose dolci e quando esagerano anche Cal e Mike si gettano nell’abbraccio. Noi altri li raggiungiamo subito dopo.
Andy ci da un bacio in qualsiasi punto che riesce a raggiungere.
«Mi mancherete, fatevi sentire, venite a trovarmi, vi amo troppo»
È davvero tristissimo vederlo partire.
Questo ragazzo ci ha cresciuti, ci ha fatto da famiglia quando ne avevamo bisogno di una ma eravamo in tour, è stato il manager migliore e più improvvisato che potessimo avere.
Lo lasciamo abbracciare Kat per più tempo senza rompere il cazzo, poi da un bacio ad ognuno di noi. Quando è il mio turno, si piega leggermente verso l’orecchio.
«Tieni d’occhio Kat. Te la affido» sussurra e nel frattempo io osservo la ragazza dai capelli blu che ci fissa curiosa. Tanto lo sa che stiamo parlando di lei, è inutile sussurrare. Ad ogni modo annuisco, serio, verso Andy e mi sento davvero fiero di ciò che ha detto. Avrebbe potuto dire la stessa cosa a Luke, e invece no.
Sono io quello che le è più vicino.
Qualche minuto dopo, Andy varca la soglia dei controlli.
Kat si appoggia al braccio di Luke, e va bene così.
Perché se io non fossi orgoglioso avrei bisogno di una spalla su cui piangere in questo momento.
Troppe cose, tutte insieme.
Ho bisogno di una cazzo di sigaretta.
 
 
«Allora manager, quale sarà il tuo primo incarico?» Cal cerca di smorzare l’aria pesante che si è creata tra noi da quando abbiamo lasciato l’aeroporto. Siamo nel giardino di casa a Bondi (grande idea quella di trasferirci qui per il resto dell’estate, si sta molto meglio qui rispetto che a casa) e di sigarette ne abbiamo fumate anche tante. C’è anche qualche birra ghiacciata che gira per cercare di rallegrare questa serata, ma nessuno la prende bene. Il vino rosso, quello si che lo prenderei bene. O anche una bella tequila. Pero in entrambi i casi dovrebbero tenermi Kat lontana.
«Io proporrei una bella vacanza, da qualche parte dove non avete fan psicopatiche. Tipo nel deserto. O in Grecia. Avete fan in Grecia?» dice Kat, tirando dalla sigaretta. «Beviamo, andiamo a ballare, dormiamo tutta la mattina, facciamo musica, cose così»
«Quasi quasi mi piaci più di Andy» scherza Mike, allettato dall’idea della vacanza. «Magari cambiare posto ci aiuta anche a scrivere qualcosa»
«Andiamo in vacanza e quando torniamo pubblichiamo un nuovo album» puntualizza, scrivendo in aria come su una lavagna invisibile davanti a se. «poi giriamo qualche video, facciamo un bel tour mondiale per promuoverlo e…»
«Per quello ci sono i One Direction, tra qualche mese inizia il loro nuovo tour e devono farci sapere se apriremo anche ‘sta volta» puntualizza Luke, che probabilmente è quello che si è più affezionato ai ragazzi dei One Direction. In realtà credo sia quasi impossibile non affezionarsi a Niall e Harry. Per gli altri ci è voluto un po’ più di tempo (soprattutto per Zayn) ma ehi, alla fine il tour è andato alla grande e ci siamo divertiti nonostante i numerosi scontri che abbiamo avuto.
«Io direi anche di organizzare una bella festa, per capodanno magari. Vediamo anche se i ragazzi vogliono venire, poi qualche amica di Angel, i nostri soliti compagni di festino. Sarà un evento fantastico per iniziare il nuovo anno»
Mi piace l’idea di una festa, è da quando è arrivata Kat che non ne diamo una. Mi mancano i nostri party devastanti.
Kat si alza dalla sua sdraio dopo aver controllato l’orologio ed entra in casa, pronta a ricordare ad Angel di scolare la nostra cena. Così approfitto del momento per dire ai ragazzi (e soprattutto a Luke) ciò a cui ho pensato per tutto il tempo.
«Ci sto per la canzone da cantare per Kat al concerto» annuncio, spalancando le braccia come fosse chissà che notizia. Luke va subito in iperventilazione. «Non so perché ho buttato via il testo, Luke. Scusa, sono con voi»
«Io il testo non l’ho neanche letto ancora, ed il suo compleanno è tra tre giorni!» esclama poi Mike, guardando Luke stranito.
«Luke ha già arrangiato tutto» spiega Cal, guardando il biondino con la coda dell’occhio «Dobbiamo solo provare con la seconda chitarra e la batteria. E imparare il testo»
«Come si chiama?»
«She looks so perfect» risponde Luke, con lo sguardo basso e le dita intrecciate. Ha forse paura del nostro giudizio?
Nessuno commenta, però Mike mi guarda come se si aspettasse un qualche tipo di reazione.
Ma è ok.
È ok.
È ok.
 
 
Luke
È l’una passata quando mi intrufolo in camera di Kat.
Come sospettavo, lei è ancora sveglia. È seduta sul letto con la schiena contro la testiera e gambe lunghe escono da una Tshirt oversize che Andy deve aver lasciato qui, ha gli occhiali da vista calati sul naso, una sigaretta tra le dita e un libro nell’altra mano. La luce esce fioca dall’abatjour sul comodino e dalle finestre spalancate arriva una piacevole brezza marina. La vista sulla spiaggia, oltre qualche fila di tetti, è incredibile.
Mi siedo al suo fianco, senza dire una parola, e lei si gira a sorridermi.
«Di cosa parla?» domando quando chiude il libro per posarlo sul comodino.
«Un uomo che vive la sua vita tra i bui pub londinesi e ha dei momenti in cui non sente emozioni, rumori, niente, come se non vivesse nel suo stesso corpo, ed è innamorato di una donna che in realtà vuole uccidere. Un noir, interessante. Poi è sempre bello leggere libri ambientati nella città in cui vivi.» spiega ed io la fisso interessato forse più da lei che dalla trama del libro.
«Hai un’aria da intellettuale con quegli occhiali» scherzo, facendola ridere. Poi mette via anche quelli e spegne la sigaretta.
«Non riesci a dormire?» mi chiede, spostando le lenzuola. Per entrambi.
Si intrufola nel letto ed io la seguo.
«Niente da fare, ogni volta che cambio letto è tragica» rispondo mentre faccio passare un braccio sotto il suo collo. Lei si stende con la testa sulla mia spalla e mi rendo conto di quanto mi sia mancato dormirle accanto.
Restiamo un po’ in silenzio, con il vento che fruscia tra le foglie come sottofondo. Uno dei tanti motivi per cui preferisco questa casa alla nostra.
«è stato un anno fa» sussurra ad un certo punto, stringendo la mia tshirt tra le dita. Capisco subito a cosa si riferisce. Mi aveva promesso che quando sarebbe stata pronta, mi avrebbe raccontato la sua storia. Ed io ora ho quasi paura di sentirla. «Aveva smesso di farsi coca, me l’aveva giurato. Quando l’ho conosciuto era alle pezze, ma mi stava riprendendo. Faceva boxe e dedicava a lei e a me tutta la sua vita. Era un bravo ragazzo, o almeno lo stava diventando. Stavamo litigando ad un po’, sai quelle liti tra fidanzati che non hanno né capo né piedi? Non ricordo neanche più perché, ma non sono andata ad un suo incontro. Ha perso e non aveva me a distrarlo. Andava sempre fuori di testa quando perdeva. Così ha raggiunto i suoi amici in un locale e mi ha chiamato. Aveva bevuto e voleva che lo raggiungessi e nonostante fossi incazzata pregai Andy di accompagnarmi da lui. Quando arrivammo in discoteca, l’ambulanza lo stava già portando via. Si era fatto una striscia e nella coca che gli avevano venduto c’era qualsiasi merda possibile. Ed era tanta. È morto qualche ora dopo di overdose senza che i medici potessero fare niente. Ed anche io ho smesso di vivere da quel momento»
Non so cosa dire, cosa pensare, cosa fare.
Non voglio dire, pensare o fare niente, in realtà.
Resto lì immobile, con il braccio che le circonda le spalle che stringe forse un po’ di più.
E quando lei sussurra il mio nome, credo che potrei scoppiare a piangere.
Credo anche di essere innamorato di lei.
«Resta con me sta notte» le sue labbra si muovono contro la mia maglia e non me lo faccio ripetere una volta di più.
Ci copro con il lenzuolo e quando lei si accoccola sul mio petto mi decido ad abbracciarla.
E non la lascio più.
Lo giuro.



Mo' writing
Salve ragazze!
Aggiornamento (per i miei soliti tempi) da record! ahah
Sto per perdere il pullman, ma volevo aggiornare ad ogni costo per farmi perdonare dell'attesa per los corso capitolo.
Qui si concludono i due capitoli da tagliarsi le vene ahahah Il prossimo sarà abbastanza carino e .. sopratutto ... da non perdere!
Grazie come sempre per le recensioni, anche se eravate poche rispetto alle altre volte?
Qualche problema?
Spero vi sia piaciuto il capitolo.
Un bacio enorme!
Non ho riletto, spero non ci siano errori, ad ogni modo cercherò di correggerlo al più presto.
Buon inizio a scuola! A me è toccato l'ultimo primo giorno di liceo ed è davvero tragico ahahah
vi voglio bene, ciato ragazze!
Ci sentiamo nelle recensioni.

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Bday ***




17
Bday

 
I bleed my heart out on this paper for you
So you can see what I cant say
I bleed my heart out just for you.
Hot Chelle Rae - Bleed
 
Kat
Il giorno del mio compleanno dedico un po’ di tempo a me stessa e vado a correre sul lungomare di Bondi. Ci sono andata spesso con i ragazzi e hanno quasi preso il mio passo (tranne Mike, che proprio non ne vuole sapere di correre), ma andare da sola è tutta un’altra storia. Mi godo il sole ancora basso delle sei e mezza e il silenzio della mattina. Qualche surfista appassionato è già tra le onde e l’odore del caffè è già nell’aria mischiato alla brezza marina, ma le strade sono quasi deserte. Anche a casa dormivano tutti, ho cercato di non far rumore mentre mi preparavo perché Luke era avvolto tra le lenzuola del mio letto con il viso rilassato e il labbro che sporgeva come quello di un bambino e non avrei voluto svegliarlo per niente al mondo.
Questo è il primo compleanno che non passo a casa e non mi dispiace per niente stravolgere tutto. Cerco anche di non pensare al fatto che l’anno scorso l’ho passato a leggere un libro sulla tomba di Tom che era morto da meno di tre mesi. Correre mi aiuta in questo.
Mi organizzo mentalmente gli impegni di ragazzi delle prossime giornate, oggi si sono voluti prendere la giornata libera mentre domani e i prossimi giorni il lavoro li attenderà senza scuse. Spero per loro che abbiano almeno una canzone pronta perché l’uscita del disco è prevista preferibilmente in meno di un mese. Mancano due tracce, mentre quelle già scritte sono in demo sul mio Ipod e ogni tanto capitano in riproduzione casuale. Sono forti e non sono di parte.
Andy è partito da quattro giorni e se ne percepisce la mancanza, ma l’ho sentito ogni giorno su Skype e sembra felice (Jess lo è sicuramente). Ha ripreso gli studi ma non i rapporti con i miei. È ancora incazzato per come mi hanno trattato, anche se è stata forse la cosa migliore che abbiano fatto in tutta la mia vita. Do qualche mese alla coppia felice per ufficializzare il fidanzamento e massimo un anno al matrimonio. Del resto fidanzati lo sono stati già per più di cinque anni.
Le scommesse sono aperte.
Corro per più di un’ora e mezza senza sosta e le goccioline di sudore che mi scendono per la fronte sono la soddisfazione più grande. Dopo i soliti esercizi di routine mi avvio verso casa.
Quando apro la porta è tutto silenzioso come dovrebbe essere. Vado in cucina per prendere una bottiglia d’acqua, ma sul frigo c’è un nuovo bigliettino attaccato.
 
Siamo fuori per cose da ragazzi,
non rompeteci le palle fino ad ora indeterminata.
Luke, Cal, Mike, Ash xx
 
Se me lo raccontassero non ci crederei mai che i quattro sono svegli dalle nove.
Vado a controllare nella camera degli ospiti al piano terra e effettivamente è vuota, così come la brandina del divano.  Faccio per salire le scale e mi trovo una Angel già bella e profumata, pronta ad uscire come se stesse andando ad un servizio fotografico per American Apparel (gli outfit da “giorno” di Angel provengono quasi tutti da lì).
«La tua puzza arriva fin qui» esclama lanciandomi un’occhiata truce «muoviti stronzetta, anche se è il tuo compleanno non ti aspetterò più dieci minuti. Andiamo a fare shopping.»
«Grazie per gli auguri, sei un tesoro» scherzo e, salendo di corsa le scale, le getto le braccia al collo. Angel grida e cerca di liberarsi, ma mi fa troppo ridere e so quanto schifo le faccia il sudore così non la lascio andare finchè non sono soddisfatta.
«Muoviti! Dieci minuti!»
Ancora ridendo, mi spoglio strada facendo per il bagno e mi butto sotto la doccia senza neanche chiudere la porta. La corsa mi ha tolto qualsiasi pensiero negativo e non mi dispiace passare una giornata con Angel. E magari se i ragazzi tornano presto li porto anche a bere, che ormai la legge non può dirmi niente se prendo alcolici perché sono maggiorenne. Non ho più bisogno neanche di qualcuno che mi presti la tessera per comprare le sigarette alle macchinette, posso usare la mia. E, soprattutto, ora non c’è più niente mi lega ai miei genitori.
Queste si che sono cose per cui essere felici.
Finisco la doccia in un batter d’occhio.
I capelli li asciugo superficialmente, tanto con questa giornata non rimarrebbero bagnati neanche per qualche secondo. Pantaloncini e Tshirt oversize dei Metallica, una bandana nei capelli (una nuova , considerando che Ash si è appropriato della mia), mascara e rossetto bordeaux e sono pronta.
Angel mi aspetta nella decappottabile di Andy, con un braccio fuori e il parasole abbassato per controllarsi nello specchietto. Prendere la macchina è solo per fare stile considerando che, a meno che non voglia andare in centro, abbiamo qualsiasi tipo di negozio a tre isolati da qui, ma non le dico niente. Usciamo con i 5 Seconds of summer, dobbiamo fare la nostra porca figura.
Così tettuccio abbassato, sigaretta tra le labbra e musica commerciale.
Facciamo un giro di Bondi fino ad arrivare ad uno Starbucks sulla via principale. Angel parcheggia e nel frattempo vado a prendere colazione da portar via. Succo d’arancia per lei e Iced Coffe per me.
«Come ha fatto Mike ha convincerti? Eri così incazzata» le chiedo mentre passeggiamo con le nostre bevande in mano, la brezza nei capelli e gli occhi di tutti addosso. I ragazzi credo guardino più lei di me, ma chiunque conosca i 5SOS ormai sa chi siamo noi. E qui tante ragazze sono loro fan, tante.
«Avevi ragione, Mike fa tutto a modo suo e se si è scopato delle sgualdrine in tour non significa che non mi ami. Noi non ci vediamo mai, Kat. Questo mese insieme sarà il periodo più lungo che avremo passato nella stessa città da quando lui è Michael Clifford la rockstar e io Angel Di Leo la modella. È deprimente, a volte. E noi siamo ancora piccoli. Lui è più piccolo degli altri. Anzi, lui e Ash. Hanno il cervello di due bambini di dodici anni che hanno appena scoperto come ci si masturba. E nonostante questo io lo amo, e lo perdono. Per questa volta. La prossima volta che mi combina qualcosa del genere lo lascio e pubblico su internet le foto del suo minuscolo pene» La faccia di Angel sulla frase finale è qualcosa che andrebbe immortalato e osservato fino al giorno dei giorni. Mi fa scoppiare a ridere e alla fine neanche lei riesce a trattenersi. «Almeno lo sa usare bene quel pistolino» aggiunge.
Ecco perché adoro Angel.
Si scioglie anche lei e ride. Credo di non averla mai vista ridere così tanto.
So di per certo che è di questa Angel che Mike si è innamorato.
Sarebbe impossibile non esserlo.
«Siete perfetti insieme, e puoi contare su di me sul tenerlo sotto controllo quando non ci sarai» le assicuro, poi mi blocca perché siamo arrivate alla sua meta. Ci sono, uno accanto all’altro, American Apparel, Urban Outfitters e Top Shop. Buona fortuna a me.
 
Quando Angel decide che lo shopping è finito, sono un’altra persona.
La bandana mi è stata sequestrata e al posto della Tshirt oversize ho una pseudo fascia che sembra più un reggiseno, una gonna a fiori a vita alta e scarpe che non sono Doc, Creepers, Vans o Converse. Il che è davvero un evento. Questo è il mio regalo di compleanno da parte di Angel. Una consulenza di moda forzata ma in fondo piacevole. Mi sta bene.
«Prossima tappa?» domando, sperando nel profondo del mio cuore di aver finito con lo shopping.
Angel controlla il cellulare, scrive un messaggio poi si ricorda della mia domanda.
«Devo prendere una cosa in un negozio in centro, poi ci facciamo un bel pranzetto con vista sull’Harbour» espone, poi mi prende a braccetto (con queste scarpe mi sento meno bassa a suo confronto) e camminiamo scherzando fino alla macchina.
Il tragitto fino al centro è veloce considerando che abbiamo una vita intera da raccontarci. Le parlo della boxe e lei dei photoshoot nella savana, del freddo dell’inghilterra e lei del caldo dell’Australia. Le prometto anche che il prossimo Natale lo passeremo da qualche parte in Europa dove fa freddo. Non l’ha mai provato.
In centro c’è un sacco di movimento, in fatti la macchina preferiamo lasciarla nel garage di casa dei ragazzi anche se ci sarà un po’ da camminare. La cosa che mi piace di Bondi è che, anche nelle ore più trafficate, è comunque tranquilla. Qui non è esattamente la stessa cosa. Nella confusione, io e Angel ci facciamo strada verso non so precisamente dove.
«Uh, non ricordo dov’è il negozio» mormora la bionda ad un certo punto, osservando la mia reazione con la coda dell’occhio. Solo lei può fare certe cose.
«Quindi passiamo direttamente al pranzetto romantico me and you?» propongo, ma Angel non sembra darmi conto. Continua a camminare fino alla fine dell’isolato, poi si blocca.
«Kat, vieni a vedere!» esclama, con gli occhi spalancati.
Quando la raggiungo rimango perplessa e sorpresa.
C’è un palco in mezzo alla piazza principale del centro di Sydney. E fin qui tutto ok.
C’è anche qualche (tante) centinaio di persone affollate intorno alla costruzione.
«Sai chi suona?» le domando.
Non sapevo ci fosse qualche concerto in piazza questi giorni, in realtà non sapevo neanche ci fosse qualcuno di importante in città. I ragazzi mi hanno fatto scaricare Twitter ma non lo uso mai.
Keek rimane il mio preferito, lì posso sputtanare i quattro quanto voglio.
«Dai, voglio vedere!» Angel, entusiasta, mi prende per mano e mi trascina tra la folla.
Sono stranamente tutti silenziosi, non contando qualche gridolino estasiato. E vorrei chiedere informazioni a uno dei tanti spettatori, ma Angel non mi da il tempo considerando che mi trascina tra la folla con una facilità disumana. Ad un concerto dei One Direction nessuno ci avrebbe fatto passare avanti, quindi sappiamo di per certo che non sono loro ad esibirsi. Sono passi avanti.
Gli strumenti sul palco sono coperti da un telo e gli unici che si intravedono sono i tecnici del suono.
Un sacco di persone fissano me ed Angel, forse anche troppe, ma cerco di non farci caso.
Poi si vedono dei movimenti dietro le quinte.
Ad Angel arriva un messaggio e blocchiamo la nostra avanzata verso la prima fila.
Risponde e non appena mette via il telefono si gira a guardarmi, esalatata.
«Chissà chi suona! Spero Reece Martin, è un figone assurdo» fa anche lei un gridolino e un paio di ragazze accanto a noi ci lanciano un’occhiataccia. Angel le sorride. Poi alza il medio.
Rido per riparare la situazione e spingo la mia amica un po’ più in là, giusto per evitare qualche rissa inutile. Siamo molto propense a trovarcele.
Quando le luci si accendono sul palco, però, ci blocchiamo. Anche se è pieno giorno, le luci colorate cominciano ad impazzire ovunque.
«Ci siamo» mormoro nell’orecchio di Angel, considerando che insieme alle luci sta impazzendo anche tutto il pubblico. Uno dei tecnici sale sul palco e scopre una griglia con inserite due chitarre. Una ha una X nera familiare.
Ma giuro che non ho il tempo di realizzare, perché un’altra chitarra comincia a suonare da dietro le quinte e gli amplificatori enormi posti ai lati del palco fanno il loro lavoro. L’asfalto vibra.
Poi il chitarrista salta al centro della piattaforma.
Ed ha i capelli blu.
È… Michael!
Guardo Angel con gli occhi spalancati.
«Cosa sta succedendo?» le grido, lei risponde con un sorriso.
E continuo a non capire, anche se subito dopo esce Cal con il basso in spalla.
E Ash, che corre gasato verso la batteria e le toglie la copertura. C’è il suo nome scritto in stampatello sulla pelle del tamburo.
Luke, per ultimo, viene seguito dall’occhio di bue e il sorriso che ha si vede persino da qui giù.
«Buon giorno gente» grida Mike, piegandosi sul microfono. Tutti gridano.
Ecco perché c’erano un sacco di ragazze esaltate.
«Vogliamo ringraziarvi per la pazienza che avete mostrato. Siete stati bravissimi, scommetto che lei non aveva capito niente» aggiunge Ash, seduto dietro la batteria.
Ho il cuore che va a mille.
Che cazzo stanno facendo?
«Allora, scusate per il poco preavviso per questo concerto, ma volevamo dare una possibilità alle fortunate che si trovavano a Sydney di assistere ad un concerto senza doversi scannare per i biglietti. E infondo, non credete che le cose improvvisate siano le più belle?» comincia Luke, con gli occhi che scrutano la folla. Non riesce a smettere di sorridere. Non li avevo mai visti così, così come li vedono tutti gli altri. Da sotto il palco, tra la folla che urla. E capisco perché hanno così tanti fan, da qui giù sembrano qualcosa di perfetto. «Anche se, come abbiamo spiegato a chi era qui anche prima, questo concerto ha un motivo. È una specie di regalo di compleanno. C’è una persona che è entrata nelle nostre vite e ormai non possiamo più farne a meno, oggi compie diciotto anni e abbiamo pensato di farle qualcosa di speciale. Ci aiuterete a rendere questo regalo perfetto?»
La folla impazzisce.
E io ormai non sto capendo più niente.
E tutte le ragazze che ho attorno si sono girate a guardarmi.
«Kat, ci sei?» mi chiama Cal, ma rimango impietrita.
È Angel che alza il mio braccio insieme al suo. Grida per farsi sentire e torna alla carica verso la prima fila. Al nostro passaggio tutti si aprono.
«Tanti auguri Kat» dice Luke nel microfono non appena riesce a incontrare il mio sguardo. Ed è… oddio non c’è un modo per descriverlo.
È solo che c’è Luke, e c’è Ash e Mikey e Cal e non mi ero mai resa conto come in questo momento di cosa fossero. Sono dei cazzo di cantanti e hanno organizzato un concerto e l’hanno fatto per me.
Che sono tra il pubblico.
E loro sono lì su.
Eppure siamo così fottutamente vicini.
E non so quando iniziano a suonare è tutto perfetto.
Il braccio di Angel è sulla mia spalla e cantiamo con loro.
Fanno Unpredictable e Gotta get out, Heartbrake girl e Out of my limit. Si divertono come dei pazzi e tutti li amano e cantano con loro e con noi. Ci sono centinaia di mani alzate e centinaia di cellulari che riprendono e centinaia di cuori che battono spinti dal basso di Cal.
Il mio è partito ormai e chi lo ferma più.
Dopo ogni canzone interagiscono con il pubblico, lo fanno divertire, fanno gli stupidi.
Ma Luke non mi ha messo da parte.
 
She’s in the crowd of my show,
Nothing to lose, she’s standing in the front row.
 
Canta Luke e non mi toglie gli occhi di dosso per tutta la strofa.
Se ne accorge chiunque, e quando mi fa l’occhiolino si alzano grida strozzate delle ragazze ormai senza voce. Mi sento una ragazzina. Ho le gambe molli, le guance rosse e tutto il resto.
E mi concentro per non guardare Ash, perché è così bello e così sexy e così preso dalla sua musica che solo guardare la sua fronte corrucciata ti fa amare la canzone. Fa quasi male guardarlo. Pensare all’altra sera. Vorrei dimenticare, ma allo stesso tempo non so, è stato uno di quei baci da togliere il fiato.
Che non si ripeterà mai più.
Mai più.
Dopo Try Hard partono con la cover di Teenage Dream e Beside You la lasciano per ultima. Era proprio quella che volevo sentire.
Sento le lacrime pizzicare gli occhi. So che è la canzone che Luke ha scritto per la sua ex, ma non so, mi piace un sacco comunque. Ha qualcosa di speciale. Sa di Luke.
E dal vivo non ha niente a che vedere con quella in studio.
La sua voce è più graffiata, come quella di Mike che non ho mai apprezzato come avrei dovuto e invece live è pazzesca.
E quando finisce Beside You sento un vuoto dentro, perché so che hanno esaurito il repertorio. Disconnected e Heartake on the big screen non possono farle, sarebbe una mossa controproducente per quando le pubblicizzeranno in tour.
Ma non voglio andare via, voglio sentirli suonare e cantare per tutta la mia vita.
«In realtà abbiamo un’ultima sorpresa» annuncia Cal dopo quelli che sembravano proprio i saluti finali. Inizio ad agitarmi. «Siccome siamo persone serie e se dobbiamo fare un regalo lo facciamo per bene, vi presentiamo una nuova canzone che Luke qui presente ha scritto per Kat»
Luke si gira di scatto verso Cal, incenerendolo con lo guardo.
Io guardo Luke che guarda Cal e il mio cuore perde un battito.
«Che  noi abbiamo scritto per Kat» lo corregge Mike, guardando prima lui poi Ash «Tutti. Insieme.»
Sono piuttosto confusa.
«Mike non dire stronzate, è tutta di Luke la canzone» controbatte Cal sempre parlando nel microfono. Il pubblico ride e lo farei anche io se non fossi leggermente scossa da ciò che sta accadendo davanti ai miei occhi.
«Okay, questa è la nostra nuova canzone» Ash li interrompe bruscamente con un rullo di tamburi.
Luke sta guardando per terra, con le nocche bianche per quanto sta stringendo il manico della chitarra. È agitato?
«Questa è She looks so perfect» mormora con il fiato corto e per fortuna la sua voce viene amplificata, perché è così bassa che neanche i ragazzi al suo fianco lo sentirebbero. Finchè non si decide a suonare non mi guarda, poi però non mi lascia più.
E io sto davvero male, nel senso che sto così bene che fa male.
Perché Luke mi ha scritto una canzone. I suoi occhioni blu sono preoccupati e impazienti allo stesso tempo, la sua voce esce dal microfono ed è tutto perfetto.
Improvvisamente lo schermo gigante alle spalle di Ash cambia e un video inizia a venire proiettato.
Aspettate.
Ci sono io, nel video
Ci sono tutte le mie foto più imbarazzanti, le mie foto con loro e i miei video con loro.
E sopra Luke canta che sono perfetta.
Ed è un contro senso e li picchierò tutti e quattro per questa figura di merda che finirà in rete e vedrà tutto il mondo, poi ascolto le parole della canzone e ne vengo catturata. Vedo Luke fare un cenno a Mike e lui ci mette mezzo secondo a correre giù per le scalette ed entrare nella stretta parte che separa il pubblico dal palco. Mi afferra un braccio e mi obbliga a scavalcare le transenne per seguirlo.
Ah, ma quindi sono sul palco.
Ah ok.
Guardo sotto di me e capisco perché quella prima volta che passammo insieme io e Ash, sul tetto di quel palazzo con tutta la città sotto, disse che si sentiva invincibile.
Era come stare sul palco.
E sul palco sei invincibile.
Luke lascia scivolare la chitarra dalle sue mani a dietro la spalla e riaffida a Mike il posto di chitarra principale. Le sue braccia sono impegnate a stringermi, mentre con il microfono canta da sopra la mia spalla.
Quando allenta un po’ la presa, è solo per potermi guardare negli occhi.
«She looks so perfect standing there, in my America Apparel underwear, and I know now that I’m so down. I made a mix tape straight out of ninety-four, I’ve got your ripped skinny jeans lying on the floor, and I know now that I’m so down»
Ed io capisco quando l’ha scritta.
Mi fa ripensare a quella prima volta che abbiamo dormito insieme e soprattutto capisco a cosa ha pensato per tutto il tempo. E che per Luke forse sono qualcosa di più. E giuro che vorrei esserlo, perché anche io in questo momento, o forse da sempre, sento che c’è qualcosa.
Mi tiene un braccio intorno alle spalle e riprende a guardare il pubblico. Cal viene a sfottermi con la punta del suo basso e mi fa la linguaccia quando ci scambiamo uno sguardo. Mike ci piroetta intorno scatenandosi come sempre. Non ce l’ho, però, il coraggio di guardare Ash. Non so perché, ma proprio non riesco.
E quando la canzone finisce, mi sembra tutto ancora un sogno.
Le ragazze del pubblico sono impazzite, Angel sorride dalla prima fila e con la mano mi mostra il pollice alzato.
Mi giro verso Luke e faccio per aprire bocca, ma riesco solo a sussurrare il suo nome.
«Non dire niente» sussurra, allontanandosi dal microfono. Così lo abbraccio. Si uniscono anche gli altri e quando vedo che Ash non si è ancora avvicinato mi sporgo e gli faccio segno di raggiungerci.
«Ma sono tutto sudato» si lamenta quando lo afferro per la canotta e lo tiro nel nostro abbraccio di gruppo. Ha messo su un sorriso che quasi quasi sembra il suo solito. Voglio credergli per qualche ora.
«Grazie ragazzi»
E in questo momento sono felice per davvero.


Mo' Writing
Niente da dire, non ci sono parole per commentare.
Ho finito questo capitolo in 48h e sono ancora piuttosto scossa, non avrei mai pensato di arrivarci. 
Luke Hemmings, ti amo.
Ci sentiamo nelle recensioni.
Un bacio e grazie per essere ancora qui con me.
<3

Vi lascio con una cucciolosa Selfie di famiglia, una di quelle nel video che i ragazzi hanno fatto per Kat.

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Birthday gift ***




18
Birthday gift

 
«Giù, giù, giù»
Le voci dei ragazzi sono un po’ ovattate dopo il quinto shot di Tequila e le cose non potrebbero andare meglio, perché sono brilla ed è il mio compleanno e sto con le persone migliori con cui potrei mai trovarmi e ho fatto promettere a Cal di fermarmi se mai cercassi di fare stronzate. Per quanto possa essere anche lui ubriaco, so che non si risparmierebbe di tirarmi un pugno pur di evitare altre possibili sofferenze al suo migliore amico.
E comunque non ho intenzione di sgarrare, ‘che Luke oggi mi ha dimostrato tanto e sto solo aspettando il momento giusto per ringraziarlo davvero. Per fargli capire che ci tengo anche io a lui.
Ad ogni modo, per evitare casini, resto attaccata a Cal. Ci guardiamo e ridiamo senza un motivo, ci inciampiamo addosso, seguiamo un Ash selvatico con la videocamera del cellulare accesa.
Ash ha i capelli sconvolti e la mia bandana a toglierglieli dalla fronte, lo sguardo perso nel suo fantastico mondo dell’ebbrezza e le mani occupate da due cocktail decisamente più grandi del normale. Ci ha provato con una trentenne cinque minuti fa che gli ha dato un palo che non scorderà mai nella vita. Non perché domani ricorderà qualcosa di questa serata, ma perché io e Cal abbiamo tutto filmato. Glie lo faremo rivedere dieci, cento, mille volte, giusto per smorzare il suo entusiasmo tutte le volte che sostiene che nessuna donna gli direbbe mai di no.
Io e Cal ridiamo, e ridiamo, e ridiamo.
Mike ha catturato Angel (visto che Ash non è in condizioni di spiaccicare mezza parola) per i suoi imbarazzanti duetti e da una mezz’ora hanno monopolizzato il palchetto del solito pub. Attualmente si esibiscono in un’imbarazzantissima versione di You belong with me con tanto di vocina alla Taylor Swift per Mike.
Mi chiedo come facessi a divertirmi alle feste prima di conoscerlo.
Non è una serata divertente se non c'è Mikey ubriaco.
Luke, invece, è strano. Se ne sta al tavolo a guardarci ballare, rigirando la cannuccia del cocktail tra le dita. Sembrava così felice sta mattina sul palco, e ora non so, è spento. Forse aspetta una risposta. Forse avrebbe voluto una qualsiasi reazione da pare mia quando io l’ho semplicemente abbracciato. E gli ho detto grazie. Mentre lui mi ha scritto una canzone e l’ha cantata davanti a tutta Sydney.
Dio, frequentare una rockstar ti fa sentire davvero impotente.
Sai già che qualsiasi cosa tu faccia, lui la farà più in grande. Molto più in grande. È anche vero, però, che in una realtà in cui tutto è esagerato, sono i piccoli gesti a contare, a fare la differenza.
Che l’abbraccio di una persona importante vale più della folla che grida il tuo nome.
Però non so, vorrei fare anche io qualcosa.
E mentre la mia mente viaggia, senza quasi accorgermene, mi faccio strada verso Luke sotto lo sguardo vigile di Cal.
Il biondino mi osserva attraverso il fondo bicchiere e mi fissa con gli occhi pieni di qualcosa che non so spiegare quando mi siedo accanto a lui. Gli sfioro la guancia con le labbra ed ecco che la fossetta spunta trascinandosi il suo bellissimo sorriso. L’alcol gli ha arrossato le guancie e abbottato gli occhi, ma il mio cuore e le farfalle nel mio stomaco sono comunque d’accordo su che creatura meravigliosa sia.
Mi metto in ginocchio sul divanetto che ferma non ci riesco a stare. Il suo viso è di fronte al mio e vedo una scintilla accendersi nei suoi occhi quando la mia mano trova la sua.
«Vieni a ballare» sussurro con un sorriso malizioso ad un palmo dal suo naso.  E lo so che lui odia ballare, ma è l’unico modo che ho per sentirlo più vicino senza dover complicare la situazione. Lo tiro finché non è in piedi, poi sempre con la mia mano nella sua ci uniamo alle altre persone intrattenute da Mike e Angel. Ancora.
Raggiungiamo Cal proprio mentre stava per provarci con una ragazza. Balliamo un po’ con lui e lei, capelli neri e carnagione scura, decide di abbandonare il campo. Cal credo stia per ucciderci, ma poi ride anche lui con noi.
La mano di Luke palpita nella mia mentre saltiamo sulle note di We can’t stop. La prendo e la poggio sulla mia pancia, mentre gli do la schiena, così che possa circondarmi il bacino. Sollevo il viso e lui è già lì a guardarmi. Fa un occhiolino quando stringe un po’ di più la presa. La mia tshirt si arriccia e il bottone dei pantaloncini a vita alta sovrastato dalle sue dita sembra ferro bollente a contatto con la mia pelle. Mi giro per rubargli lo snapback ma inciampo su qualcosa e vengo sbattuta contro il suo petto. Ci guardiamo e ridiamo, ridiamo a crepapelle, mentre sono catturata tra le sue braccia e il collo della sua camicia a quadri è stretto tra le mie dita.
È così naturale. Sono felice se lo vedo ridere, più semplice di così?.
Poi Cal ci finisce addosso, sicuramente per ripicca, e va comunque bene così.
Anche perché non vuole di certo farci perdere Mike che Twerka Angel sul palco.
«Scuoti quel sederino» gli grido dalla folla, e anche se so che non mi ha sentito la cosa mi diverte in un modo esagerato. Ah, che bello l’alcool quando tutto è esaltante.
E la testa mi gira in un modo incredibile, ma non importa.
Anzi la ringrazio, quando un attimo dopo mi giro verso Luke e Luke non c’è più.
E ci metto un po’ a trovarlo, ma un attimo a catturare il sorriso a diecimila watt della biondina con cui sta parlando.
La mia mano cerca Cal e stringe il suo polso tanto forte da farlo voltare di scatto. Segue il mio sguardo, trova anche lui Luke e la ragazza. Vedo la mano di lei dietro il collo di lui, vedo le sue labbra vicino all’orecchio di Luke. E ok che la musica è alta e non ci si capisce, ma non può una ragazza avvicinarsi così tanto a lui senza che a me importi.
Che poi, da dov’è uscita questa?
E quando Cal grida «Alex» qualcosa scatta dentro di me.
Gelosia?
Nah. Non sono il tipo.
Stanno solo parlando.
E Alex è solo la sua ex.
La ragazza che gli ha spezzato il cuore.
La ragazza di Beside You.
E vaffanculo, io sono quella di She looks so perfect.
Non mi importa di lei. Non importa.
«Vengo tra un po’» rispondo a Cal, allontanandomi tra la folla. In realtà non lo so neanche dove voglio andare, o forse l’ho sempre saputo. Che Ash sembra esserci sempre se ho bisogno di lui.
Mi piego verso la cannuccia di uno dei due drink che ha in mano. Faccio uno di quei sorsi che ti scuotono da testa a piedi e i nostri sguardi si incontrano. Sono entrambi persi.
Ash cerca di fare un sorriso sghembo, ricambio e lui decide di buttare giù tutto il resto del cocktail che gli rimane. Osservo il suo pomo d’Adamo alzarsi e abbassarsi.
So a cosa sta pensando, ed è anche ubriaco.
L’ultima volta non è finita bene, lo so, ma ora è diverso.
Voglio solo stare un attimo con lui, ondeggiare a ritmo di musica, con il suo braccio sulle mie spalle ed io che lo sostengo.
Ci scambiamo un sorrio timido.
Io gli voglio bene, davvero.
Sembriamo quasi buoni amici. Siamo buoni amici.
Anche se, evidentemente, qualcuno non la pensa così.
«Vorrei proporre un applauso per la mia amica Kat che oggi compie diciotto anni» Cal richiama la mia attenzione dal palco, dove ha strappato il microfono dalle mani di Mike, e tra la gente che mi circonda qualcuno applaude. Cerco lo sguardo di Luke. Lui cerca il mio. Ci troviamo.
E siamo entrambi con le persone sbagliate.
«Vorrei chiederti di scegliere una canzone e cantarla. È il tuo compleanno, ti tocca»
Che Cal lo stia facendo per me, me ne rendo conto solo qualche minuto dopo, mentre sbuffando cerco qualche canzone nel repertorio. Era nel patto, niente stronzate da ubriaca. Ha ragione, la situazione poteva sembrare scomoda.
E mentre scorro i titoli sul computer davanti ai miei occhi (proprio non mi va di andare in riproduzione casuale) la scimmietta nella mia testa batte i piatti e capisco che non è il caso di sprecare quest’occasione
Anzi, è perfetta.
Parlare con Luke sarebbe difficile, imbarazzante e tutto il resto, mentre una canzone è sempre il modo migliore per dire qualcosa. Uso la sua stessa carta.
E trovo anche la canzone perfetta per farlo.
Tiro il solito sgabello sul palchetto e Angel, abbandonando la scena, mi fa l’occhiolino. Cal scuote leggermente la testa.
Quando mi siedo e la base parte e sento le luci sul viso, l’atmosfera diventa magica.
L’alcool mi evita pensieri quali la figuraccia che potrei fare, la vergogna per le note che sicuramente stonerò, il pensiero che stia fraintendendo tutto con Luke e lui stia semplicemente facendo la persona gentile, l’amico.
È tropo tardi per tirarmi indietro, tanto.
La canzone è Another Love, di Tom Odell.
E mi tremano le mani già dalla prima strofa.
È così intensa, così perfetta. Per me e per Luke.
Parla di quest’amore tormentato che vorrebbe nascere, due persone che ce la mettono tutta per costruire qualcosa insieme, ma una di loro un po’ si tira indietro. Una di loro è stata ferita, ha già usato tutte le lacrime per un amore che è tornato cenere e vorrebbe andare avanti, ma non ci riesce ad amare, non ci riesce a mostrare quanto in realtà ci tiene.
Che il passato a volte ti tiene così stretto che non ci riesci a vivere il presente.
 
I wanna take you somewhere so you know I care
But it's so cold and I don't know where
I brought you daffodils in a pretty string
But they won't flower like they did last spring

And I wanna kiss you, make you feel alright
I'm just so tired to share my nights
I wanna cry and I wanna love
But all my tears have been used up

On another love, another love.

 
Sento tutte le mie emozioni fuoriuscire con la canzone.
Sento Tom che mi accarezza i capelli e guardo Luke proprio sotto il palchetto.
Tom non vuole lasciarmi andare.
O forse sono io a trattenerlo ancora?
In questo momento non importa.
E piano, piano lo lascio andare, mentre Luke lo tengo per me, si prende tutto lo spazio nel petto.
Lascio andare anche Ash, per il momento. E lo vorrei accanto sempre, ma in un modo diverso da come vorrebbe lui. Accetterò qualsiasi sua reazione e cercherò sempre di dargli più che posso.
Ma quando vedo Luke allontanarsi non è più momento di pensare a nessun’altro.
Esce dalla porta sul retro mentre io ancora canto l’ultimo ritornello.
Ringrazio Tom Odell per queste parole, ringrazio la musica per parlare quando non ci sono parole.
E prima che la base finisca lascio il microfono per terra e corro da Luke.
Credo di sentire qualcuno chiamare il mio nome, ma non importa.
Spalanco la porta rovinata che da sul retro del locale.
E lui è lì, a fissarmi con gli occhi spalancati. Quasi spaventato, timoroso, con una sigaretta tra le labbra a dargli la sicurezza che gli manca.
Gli occhi hanno un blu intenso, una tonalità che se non la vedi non ci credi.
Ed io perdo tutta la mia confidenza, tutto l’aiuto dell’alcool, davanti a tanta bellezza.
Che Luke è puro e mi sento quasi sporca a stargli vicina, ma non ho mai voluto così tanto avere qualcuno nella mia vita come voglio lui.
«Kat…» dice nascosto da uno sbuffo di fumo. Fa un passo verso di me, allunga un braccio a sfiorarmi la spalla, poi si richiude in se stesso e mi da le spalle. «Io lo so, lo so che c’è qualcosa con Ash anche se non vuoi dirmi niente. Lo so che c’è ancora Tom nella tua vita ed io non sono nessuno per scacciare il suo ricordo. So anche che non reggo il paragone con nessuno dei due, ma te lo giuro Kat, io ho questo groppo in gola ogni volta che cazzo ci sei tu. E mi rendi nervoso e al tempo stesso come se fossi a casa. E te ne scriverei cento di canzoni, anche solo sul modo in cui mi guardi, o sull’aria di chi ha perso tutto ogni volta che scende la sera e prendi una sigaretta, e sul modo in cui ogni mattina sei di nuovo la persona più forte che conosca. Con te mi sento forte anche io. E vorrei solo poterti proteggere da te stessa tutte le notti, che tanto dagli altri riesci a proteggerti da sola. E … »
Luke si è girato ma tiene la testa bassa, vagando ovunque con lo sguardo tranne che su di me.
Non lo lascio finire di parlare.
Gli porto una mano dietro il collo e spingo le mie labbra sulle sue, in punta di piedi.
E non ci ho neanche pensato, semplicemente era l’unica cosa che volevo e dovevo fare.
Sento la sua sigaretta cadere per terra e la sua mano correre sulla mia guancia, mentre con l’altro braccio mi sostiene dal bacino.
E questo bacio è come aria, come una necessità.
Ci aggrappiamo l’una con l’altro, senza voler lasciar andare.
Sento il metallo freddo del suo piercing sul mio labbro, il tessuto ruvido della camicia a quadri mi stuzzica la pelle del braccio, il suo petto che si alza e si abbassa irregolarmente contro il mio. Condizionando il mio.
Non mi importa più di Luke che parla con la sua ex.
Non mi importa di Tom.
Non mi importa neanche della porta che si apre e si chiude di scatto alle nostre spalle. Forse.
Ci siamo solo noi due.
E voglio che sia così fino alla fine di questa sera e domani mattina e quella dopo ancora.
«Non c’è paragone Luke, perchè tu sei meglio di chiunque altro» sussurro contro le sue labbra per poi tornare a quel bacio che diventa un sorriso condiviso.

 

Mo' corner
Salve ragazze, bentrovate!
Ho davvero meno di un minuto, non ho neanche controllato il capitolo ma ho troppa fretta ( e voglia) di pubblicare.
Scusate, lo so che non pubblico da un sacco, ma se qualcuno di voi sta facendo il quinto sicuramente mi capirà. Anche perchè vi ho visto un po' meno partecipi del solito negli ultimi capitoli e non so, ho lasciato perdere.
E comunque, questo capitolo andava scritto con calma.
Luke. E ho detto tutto.
Spero che riusciranno ad accettarlo anche le ragazze che preferisocno Ash, perchè dai,... è un nanetto!
Ok, le mie bellissime ripetizioni di geroglifici chiamate comunemente matematica mi aspettano.
Spero vi sia piaciuto, davvero.
Ci sentiamo nelle recensioni,
vi mando un bacione enorme
mi siete mancate
!

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Ash(es) to Ashes ***




19
Ash(es) to Ashes

 
Where do i even start,
to pick it up when it's falling apart?
Where do i even start?
Why does it seem so hard?
Where do I even start? - Morgan Taylor Reid

 
 
Ash.
Se c'è qualcuno che sa sempre se qualcosa con va, quello è Mike.
Non l'ho mai capito come faccia, ma se ho un problema lui lo sa, anche prima di me a volte.
E sta mattina in casa proprio non riuscivo a starci.
Non dopo ciò che ho visto ieri sera.
Mi sono illuso, cazzo. Mi sono illuso che quella canzone fosse per me. Che Kat mi avesse rifiutato perché non aveva ancora superato Tom, che non riuscisse ancora a pensare ad un altro ragazzo. E sono andato a cercarla.
Ed era con Luke.
Era con Luke!
È sempre stato Luke e non me ne sono mai accorto.
Insomma, dopo la canzone che le ha scritto era chiaro che lui provasse qualcosa per lei (e quando Luke prova qualcosa per una ragazza è tragico), ma che Kat ricambiasse é una cosa nuova per me.
Li ho visti, sta mattina.
Ho visto come lei lo guardava mentre Luke, in giardino, le ricantava She look so perfect armato di chitarra. Come se il mondo, al di fuori di loro, non importasse.
Forse non importa davvero, forse si sono finalmente trovati.
E io sono fuori da questa felicità, da questo loro personale universo.
Non ho ancora chiaro come sentirmi a proposito.
Pensavo di riuscire a rendere Kat felice, e lei ora lo é. Ma senza di me.
Così sono scappato. Sono tornato a casa, sul tetto che domina Sydney, e ho capito cosa intendeva Kat quando diceva che si sentiva piccola davanti a tutto questo.
Oggi mi sento un po' anche io così.
E a Mike bastata mezz'ora per trovarmi.
Non mi saluta neanche, alza una busta d'erba in segno di pace e mi si avvicina in silenzio.
Lui sa sempre come prendermi.
In realtà non fumiamo spesso, tranne quando manca l’ispirazione per una nuova canzone e Luke non ha il cuore abbastanza spezzato per scriverne una. Vogliamo che siano le nostre emozioni a parlare e non venti euro d'erba, ma siamo comunque ragazzi e abbiamo le nostre debolezze a volte e la voglia di perdere il controllo.
Ci chiudiamo due personali e so che non dirà niente finché non sarò io a parlare, così dopo aver goduto del beneficio di almeno metà canna, prendo un respiro e lui si prepara ad ascoltare.
«Sto bene» annuncio, scrollando le spalle.
Mike alza un sopracciglio con fare ostile, che forse si aspettava qualcosa di più sincero. 
«Davvero, va bene così. Mi ci devo solo abituare» continuo, e non sono neanche sicuro di star mentendo. Cioè, mi sento davvero una merda in questo momento, ma se tutto ciò che ho sempre voluto era rendere la sua vita meno tragica, e ora lo è, in un modo o nell’altro sono riuscito nel mio intento. E Andy sarebbe fiero di me.
Kat ha raccolto i pezzi della sua vita, o almeno ci sta provando. Io pensavo di stare benissimo, poi è arrivata lei e ha cambiato le carte in tavola.
Ma io sono io, sono Ash, e Ash non è mai abbattuto, mai triste.
Quindi cercherò il lato positivo e non li guarderò mentre stanno insieme. E magari è anche ora di rincominciare ad abbordare qualcuno.
«Sento gli ingranaggi del tuo cervello che si sforzano a livello disumano» commenta Mikey, sdraiandosi sul pavimento. Ha la faccia così rilassata che mi viene voglia di imitarlo, così mi stendo al suo fianco e osservo il fumo denso fuoriuscire dalle mie labbra e cerco di lasciarmi andare.
«è okay essere triste, a volte» osserva il ragazzo dai capelli blu in un momento di saggezza. Mi spaventa vedere come lui abbia capito tutto senza che io abbia dovuto dirgli niente. Riguardo tutto. Sono davvero così facile da capire? «non possiamo passare un’esistenza completamente felice.»
Guardo il cielo sopra di noi. È terso, luminoso, quasi fosse contro la mia malinconia.
«Hanno bisogno l’uno dell’altra» sussurro in uno sbuffo di fumo. Chiudo gli occhi, sento la testa leggera.
È una sensazione bellissima.
«E tu di cosa hai bisogno?»
«Di averla accanto»
E un po’, il dolore si allevia. Che quando ne parli con qualcuno, e quel qualcuno ti capisce, è come se ti aiutasse a portare la croce.
Va bene così, mi ripeto.
Va bene così.
 
Luke
È una bellissima giornata, oggi, a Sydney.
Il cielo non è mai stato così blu, il giardino di casa di Andy così perfetto, la brezza marina così dolce. Io e Kat siamo seduti sul gradino del soppalco, con i piedi nudi accarezzati dall’erba e una chitarra che ci unisce. Sto cercando di insegnarle She look so perfect in acustica.
Cal e Angel, alle nostre spalle, giocano tranquillamente a carte e commentano il concerto di ieri. Era da secoli che Angel non veniva a sentirci suonare e credo l’abbiano investita tutte le emozioni delle prime volte. Lei che è la nostra storica (e inaspettata) fan.
«La chitarra non fa per me» si lamenta Kat, poggiando la testa sulla chitarra e guardandomi sconfortata.
Sorrido, che non posso fare altro.
«All’inizio dicono tutti così, ma giuro che diventa più semplice» le rispondo, passandole un braccio intorno alla spalla per poter raggiungere la sua mano stretta al manico della chitarra. Le posiziono le dita al posto corretto e lascio le mie sulle sue, che è esattamente lì che dovrebbero essere. Con l’altra mano guido la sua con il plettro. Sono così vicino che le nostre guance quasi si sfiorano e ascolto il suo profumo, e mi sento un po’ strano riguardo questa situazione, poi lei sorride dei progressi e si gira a guardarmi e mi sorride e siamo così vicini e sono così fortunato, cazzo. Che poi non siamo niente, io e lei, ma mi ha dato un bacio e io gli ho detto tutte quelle cose ed è iniziato qualcosa. Lo so.
Ed in realtà vorrei baciarla anche ora. E sempre.
Mi trattengo solo perché gli altri ancora non sanno niente e perché devo ancora mettere le cose in chiaro tra noi.
Non che gli altri, dopo lo show dell’altro giorno, non abbiano ancora capito tutto. In fondo sono le persone che più mi conoscono al mondo, dopo mia madre. Parlerò con loro non appena avrò capito cosa sta davvero succedendo.
Cal, nel frattempo, ci scatta una foto.
La notifica sullo schermo del mio telefono mi dice che l’ha postata su twitter. Don’t they “look so perfect standing there?” cit. ha scritto, e se all’inizio la trovo una cosa carina, quando lo schermo si illumina di nuovo e scopro che Andy mi sta chiamando non lo èsembra più così tanto.
Guardo Kat ostentando tranquillità, per poi girarmi verso Cal quasi con terrore. Mi alzo e mi allontano dagli altri e, ingoiando il groppo che ho in gola, rispondo.
«Allora sei tu che hai scritto la canzone, pezzo di merda!» la voce di Andy, per quanto mi fosse mancata, è l’ultima che vorrei sentire in questo momento. Mi trafora le orecchie e, nonostante di sottofondo ci sia Jess che prova a calmarlo, non c’è storia. «Vi lascio per qualche settimana e tu ti permetti di scrivere una canzone così su mia sorella? E di cantarla davanti a mezza città? In cinque minuti mezzo mondo sapeva che uno dei 5sos era innamorato di mia sorella!» fa un attimo di pausa per racimolare le idee «e comunque, quand’è che l’avresti vista con il tuo intimo di American Apparel? Eh? E i suoi jeans buttati sul pavimento? Luke, ti sei scopato mia sorella?»
«No!» grido, non sapendo come gestire Andy nella versione fratellone protettivo «No, Andy frena. Non è successo niente con Kat. Credo solo di…»
«Credi di volertela scopare? Luke da te non me lo sarei mai aspettato! È Ash quello che fa le stronzate, Ash quello che la guardava come tu guardi un disco dei Green Day, Ash quello di cui dovevo temere, tu da dove cazzo te ne esci?»
«Lucas, ciao sono Jess» Jess interviene dopo che Andy perde del tutto le staffe, probabilmente strappandogli il telefono dalle mani. «vuoi che dica qualcosa ad Andy?»
«Ciao Jess, ti prego puoi dire ad Andy che sua sorella mi piace, e non poco? Non è successo niente tra noi, ma mi piacerebbe poter dire il contrario perché lei è fantastica e vorrei che lui approvasse, e che dovrebbe essere contento che sia io a provare queste cose per lei perché sono un bravo ragazzo a differenza degli altri tre maiali. E che la bellezza l’ha presa dal fratello, naturalmente»
Mi concedo un sospiro dopo il discorso senza fiato. La mano che tiene il cellulare sta tremando e non so come riesca ancora a tenermi in piedi. Non avevo mai davvero pensato al fatto che Kat, oltre tutto, fosse anche la sorellina del mio migliore amico/(ex) manager.
«Sono in vivavoce, idiota» risponde ancora Andy. Sento quasi i suoi neuroni che corrono alla ricerca di una soluzione e della forza per non venire in Australia a spaccarmi la faccia. «Ne riparleremo più tardi. Ora, primo dì a Cal che è un’idiota. Perché diavolo ha postato quella foto? Già quel concertino di ieri è stato tanto. Kat va tenuta FUORI dalla faccenda 5 Seconds of summer se non per le questioni di managment, e questo non è il caso. Secondo: prendile il telefono, il computer, l’Ipad e qualsiasi altra cosa che abbia accesso a twitter e ditruggilo. Stanno scrivendo tutte su di lei, lo sai com’è, e non tutte sono contente di questo vostro feeling. Muoviti, corri da lei. E ringrazia se non salgo ora su un aereo per venire a spaccarti la tua chitarra elettrica preferita in testa»
Andy riaggancia e io scatto.
Sul portico mi attendono le espressioni interrogative di Cal e Angel, mentre di Kat non c’è ombra.
«Luke?» domanda Cal, non devo avere una bella cera in questo momento.
«Era Andy. Non gli è piaciuta l’iniziativa di ieri e la tua foto ora. Si sta parlando di Kat su twitter»
«Quelle ragazze sanno essere dei mostri quando vogliono» aggiunge Angel, beccandosi un’occhiataccia da entrambi.
«Non sei d’aiuto» commenta Cal, ma non resto abbastanza  per ascoltare il resto. Corro dentro casa e cerco Kat, ma la cucina è vuota, la sala da pranzo è ancora incasinata dalle stoviglie della colazione, in salone la tv è accesa, ma nessuno la sta guardando. Ci penso un attimo e vado a staccare il wiifi prima di salire le scale per raggiungere la sua stanza, per poi trovare vuota anche quella. E l’unica soluzione possibile sembra la porta chiusa del bagno.
«Kat?» chiedo con le labbra vicine alla porta, bussando leggermente con le nocche.
«Luke?»
E ora?
«Devo andare in bagno» azzardo, dandomi dell’idiota.
«Vai nell’altro»
«C’è Cal»
Kat non risponde, e non so sinceramente cosa stia facendo lì dentro, se mentre fa i suoi bisogni si stia smanettando su twitter o stia semplicemente giocando a Candy Crush, e spero vivamente nella seconda. Aspetto davanti alla porta finchè non esce, mangiandomi le unghie. Non ho minimamente pensato alle conseguenze delle mie azioni, cosa che invece dovrei fare considerando che sono cose pubbliche. E sono stato proprio io a renderle più pubbliche di quanto già non fossero.
Andy ha ragione, sono uno stronzo. E sto scatenando metà del mio impero di fan contro una ragazza che, forte quanto vuole, resta pur sempre una ragazza. E le ragazze non reagiscono bene a queste cose.
Persino Angel ha dovuto combattere per ottenere rispetto, e dopo più di un anno c’è ancora qualche idiota che pensa che stia con Mike solo per la fama, perché essere la ragazza di una rockstar la aiuta  nel lavoro.
Se solo le fan potessero vivere con noi, anche solo per un giorno, capirebbero quanto diversi siamo da quello che si aspettano da noi. Niente superpoteri, solo quattro coglioni che hanno le loro debolezze, e si innamorano come tutti, e amano fare feste.
Non vedo cosa ci sia di sbagliato in noi, e cosa ci sia da criticare se qualche volta preferiamo avere l’amore di una ragazza oltre a quello di una folla.
Poi Kat esce dal bagno e mi guarda e tutti i pensieri si congelano.
In mano ha il cellulare, e si, è aperto su twitter.
«Cosa ho fatto per essere insultata così?» mi chiede con la faccia di una che è stata appena chiamata puttana. Che poi è ciò che è successo, solo in rete, detto da persone che non conosce e che non la conoscono.
«Kat mi dispiace» cerco di dire, ma lei è più veloce. Mi lancia uno sguardo come di scuse e si chiude in camera.
E io mi sento davvero una merda.
Visto che oggi la mia giornata sembra andare così, ad aspettare dietro una porta, mi siedo sul pavimento affianco allo stipite e attendo dio solo sa cosa.
Cerco di scrivere qualcosa su twitter, ma cancello sempre tutto prima di inviare. Grazie per aver rovinato tutto mi concedo dopo averci ragionato su per ore, poi smetto di seguire chiunque non sia un amico o un qualcuno che in qualche modo mi interessi seguire. Sta volta mi hanno proprio seccato. Insultassero me, ma Kat no. Non lo permetto.
Non le ascoltare, ti prego le scrivo per messaggio dopo un quarto d’ora abbondante che è chiusa in camera.
Ma non ho risposta, e non succede niente finchè la porta d’ingresso non si spalanca e un Ash sconvolto entra in casa.
«Kat» chiama gridando, evidentemente scosso. Quando mi vede lì seduto capisce che Kat non sta bene e si fionda contro la porta. «Kat, sono Ash. Mi apri?»
Afferra la maniglia e la stringe così tanto che ho paura possa staccarla. Poi mi guarda. «Perché le avete permesso di leggere su twitter?» riesce a sussurrare prima che Kat faccia scattare la serratura della porta.
Ash sospira e si intrufola in camera, chiudendomi fuori.
«Sono tutte stronzate» lo sento gridare, poi silenzio.
E mi rendo conto che qualsiasi cosa succeda, non arriverò mai a Kat quanto è riuscito ad arrivarci Ash.
Lei con me si confida, mi dice cose che non direbbe agli altri, ma se mai avesse bisogno di aiuto chiamerebbe Ash.
Io le scrivo canzoni, mentre lui è sempre lì per lei nonostante tutto. E se io fossi in lei, amerei Ash.
Per quanto lei ne dica, io non sono un granché.
«Credo che una sigaretta ci farebbe bene in questo momento» propone Mike. È rimasto ad osservare tutta la scena dalla porta d’ingresso, senza sapere cosa fare. Sale le scale e mi allunga cinque dita, aiutandomi ad alzarmi. Con una mano sulla mia spalla torniamo fuori, respiro, ma la vera boccata d’aria me la da la Marlboro (rigorosamente rossa) che mi passa Mikey.
«Non ci ho pensato amico» sussurra Cal, guardandomi da sotto le ciglia. Mi getto sulla panca al suo fianco e poggio i piedi sul tavolino, inspirando così forte che quasi mi mangio mezza sigaretta.
«Neanche io»
«Ci farà l’abitudine» dice Angel facendo spallucce.
Poi, nel successivo momento di silenzio, mi scappa la confessione.
«Credo di essere innamorato di lei»
E tre paia di occhi mi si rivoltano contro.
«Come se non l’avessimo capito, Luke»
 
Un’infinità di tempo dopo, Kat e Ash ci raggiungono.
La spalla di lei sfiora il braccio di lui, ma per il resto non c’è contatto. Lei viene a sedersi sulle mie gambe. Sulle mie gambe!
Mi abbozza un mezzo sorriso e la mia mano afferra il suo fianco, come in un piccolo abbraccio.
Per qualche motivo cerco lo sguardo di Ash, ma lui guarda ovunque tranne che dalla nostra parte.
Sono dannatamente contento che Kat sia qui, così vicina, che si sia tranquillizzata. Mi faccio prendere da un forte respiro e poggio la fronte sulla sua spalla.
«Chi propone qualcosa di interessante da fare oggi?» domanda Mike, rilassato come se non fosse successo niente.
«Io avrei un’idea, in realtà… » annuncia Cal. «Ve la ricordate Sam, la ragazza dello strip club che Kat ha aiutato l'altra notte ? Ho il pallino che voglio rivederla»
«Se andassi io a fare la stripper ci sarebbe la fila in quel locale…»
«Ma tu non fai e non farai mai la stripper, Angel. Non finchè stai con me…»
«Sarebbe una serata diversa…»
«Se le ragazze sono d’accordo, andiamo»
Kat e Angel si scambiano un’occhiata complice e acconsentono entrambe.
E dopo il “relax” (se così si può definire) la nostra manager ci spedisce a calci in culo ad una riunione con la casa discografica. Dopo che si cambia quelle venti o trenta volte, naturalmente. È in fissa per i capelli blu, ha paura che non donino ad una donna d’affari, così punta almeno sul look serio e curato.
Prima di salire in macchina le afferro il polso, tirandola più vicino a me che posso.
«tutto ok?» le domando con il cuore che perde un battito.
«Okay, si. Devo solo abituarmi alla questione che mezzo mondo che ce l’avrà con me senza che io necessariamente faccia qualcosa» tenta di scherzare, ma la sua voce è tagliente e lo so, lo so che fa schifo, e sono un egoista perché voglio che stia con me nonostante tutto il cyber bullismo che riceverebbe, però non posso farne a meno, fare a meno di lei.
«E tra noi?» le chiedo a brucia pelo, abbassando il viso per poterle essere più vicino.
«Più che okay, direi»
Mi lascia un bacio sulla guancia e si volta di scatto, lasciando scivolare le sue dita tra le mie e trascinandomi verso la macchina.
E non avrei mai creduto di poter essere così contento per un bacio sulla guancia.
Che non è niente, perché noi non siamo niente (ho bisogno di ripetermelo a volte, se no la fantasia prende il sopravvento), ma in realtà è anche tutto per me.


Mo' Corner
Lo so, sono passati secoli da quando ho aggiornato l'ultima volta.
Lo so, mi odiate.
Cerco di scrivere quando posso, davvero, ma non è facile. Finisco per scrivere sulle note del telefono quando a scuola vado a fumare in bagno e alla fine cancello sempre tutto che ci sono sempre troppi ragionamenti filosofici e viaggioni incredibili.
Comunque, grazie se nonostante tutto avete letto questo capitolo.
Parlare di Luke mi fa sempre un certo effetto e spero che si legga quanto tengo a questa storia.
Stiamo scendendo in classifica, ma basterebbe aggiungere la storia ai preferiti per risalire tranquillamente. Ad ogni modo, è sempre e comunque un onore rientrare tra le storie preferite.
Scusate ancora per il ritardo, mi siete mancate e spero davvero di riuscire a riaggiornare presto, ce la metterò tutta.
Un bacio enorme, vi amo
ci sentiamo nelle recensioni, 
sempre vostra, Mo'

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2274185