A holiday with you

di Alys_90
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo-Our love story will become a memory (Pov Risa) ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1-Scontrarsi (Pov Risa/Pov Otani) ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2-Rivedersi (Pov Risa/Pov Otani) ***



Capitolo 1
*** Prologo-Our love story will become a memory (Pov Risa) ***


Ciao a tutti/e! :-)
Allora, ho deciso di scrivere una Fanfiction  su “Lovely Complex” perché, insieme a “Kodocha/Rossana”, è il mio manga/anime preferito! ♥
Li adoro entrambi! Sono super fantastici! *W* :-)
Mi identifico molto in Otani, visto che sono, per così dire, “alta” 1 m,53 cm, rispetto al mio ragazzo che è 1 m,80 cm! :-) Haha! :D Praticamente l’opposto dei nostri due protagonisti! ♥
Spero che questo primo capitolo sia di vostro gradimento, come i prossimi a venire naturalmente! :-)
Aggiornerò spesso, perché adoro scrivere! ♥
Alla prossima! Un bacione!
P.s.: se vi va, passate a dare un’occhiata alla mia Ff su Kodocha, “Live, love, smile”, che scrivo in contemporanea  a “A holiday with you”. :-)
 

Alys_90
 
BUONA LETTURA ♥
E grazie a chi recensisce e a chi legge soltanto ♥ 


Osservai il cielo limpido oltre quella spessa finestra di vetro che si stagliava accanto a me. Piccole e delicate nuvole scure si rincorrevano trasportate dal gelido vento che ululava all’esterno.
Stavo comodamente seduta sul cuscino rosa che tanto amavo, nella mia stanza. Una dolce fragranza di gelsomino aleggiava nell’aria, riempiendomi le narici.
E pensavo a lui.
Sì, a quel piccolo ragazzo alto 1,56 che mi aveva rapito il cuore sino a stritolarmelo.
Tutto di lui mi mandava in estasi. I suoi occhi color nocciola , i suoi soffici capelli aranciati , la sua pelle liscia e profumata, le sue morbide labbra sulle mie.
Quando stavo con lui, tutto ciò che avevo intorno smetteva di esistere. Eravamo solo io e Otani.
Mi aveva conquistato l’anima, sino a sentirmi completamente in sua balia.
Il mio mondo girava attorno a lui.
Nonostante i nostri continui litigi e battibecchi, avevamo superato tante avventure e talvolta qualche situazione difficile insieme, l’uno accanto all’altra. E alla fine io mi ero innamorata. Perdutamente innamorata.
Otani, all’inizio, non ricambiò completamente i miei sentimenti, ma poi, con il tempo, si rese conto di quanto fossi importante per lui.
Mi sentii in paradiso. Non ero mai stata così felice in vita mia.
Sospirai, accennando un sorriso e scrutando ancora una volta quella delicata distesa blu cobalto che si stagliava infinita sopra di me.
Di lì a poco l’avrei rivisto. Avevo atteso quel momento per giorni.
Otani studiava all’università che distava parecchio da Osaka. Per questo motivo ci vedevamo nel weekend, alternandoci. Io andavo da lui, lui veniva da me.
Oggi era venerdì e stavo attendendo con trepidazione l’arrivo di Otani.
Mi ero vestita e truccata leggermente. Aveva detto di volermi portare a cena.
“Accidenti, ma quando arriva?” pensai inquieta, controllando l’orologio appeso alla parete. Indicava le 19.45.
Rilessi il messaggio che Otani mi aveva inviato il giorno precedente.
“Hey, sarò da te per le venti. Ti offrirò la cena. Otani.”.
Una frase dura, tagliente e di poche parole. Pensai che non era da lui essere così freddo, ma diedi la colpa al fatto che fosse stressato per gli esami e lo studio intensivo.
“Probabilmente è questa la ragione” rammentai, poggiando il viso sul marmo gelato della finestra.
Sentii una moltitudine di farfalle svolazzarmi nello stomaco. Era la sensazione che provavo sempre prima di vederlo. Un’emozione unica e indimenticabile.
 
Din don. Il campanello.

Mi alzai di scatto, correndo giù per le scale, sino a raggiungere la porta d’entrata.  
Mi misi una mano sul cuore. Batteva ad una velocità incontrollata. Feci un profondo respiro ed aprii.
Un ragazzo con un buffo berretto di lana nero, una sciarpa color grigio piombo, un cappotto di una tonalità più chiara e jeans scuri mi offuscò la vista.
Mi persi nel miele dei suoi grandi occhi e sentii tremare le ginocchia. Era sempre più bello.
-Ciao Koizumi-.
Il suo tono mi stupì. Otani aveva un’espressione accigliata e pungente.
-Ciao Otani.. Ma che ti succede? Stai bene?- domandai, preoccupata.
Lui mi squadrò, pensieroso. -Dobbiamo parlare-.
Mi si mozzò il fiato e il panico si impadronì di me. “Dovevamo parlare?”. Di solito, questa affermazione non era per niente di buon auspicio e incuteva timore e tormento a chiunque se l’avesse sentita dire.
-O.. ok-. Presi il giaccone rosso dall’appendiabiti e mi diressi fuori. Otani si scansò per lasciarmi uscire e iniziò a camminare.
-Hey, aspetta! Devo chiudere!-. Cercai le chiavi nella borsa, ma le mani tremavano in un modo talmente esagerato che, rovistando rapidamente al suo interno, cadde tutto il contenuto a terra.
-Oh no!-esclamai. Mi accinsi  a raccogliere gli oggetti sparsi qua e là nella maniera più impacciata possibile.
-Ti aiuto-. Otani si avvicinò furtivo, facilitandomi nel compito.
-Gr.. grazie- dissi, arrossendo. Lo guardai. I nostri volti erano a un dozzina di centimetri di distanza. Potei sentire i suoi caldi sospiri sul mio collo.
Otani alzò lo sguardo e lo incrociò nel mio. Un forte e intenso brivido mi percorse la schiena e si propagò per tutto il corpo.
-Che hai? Perché sei così distaccato?- gli chiesi, senza staccare le mie iridi dalle sue.
-Ecco..-. Si alzò di scattò, voltandomi le spalle. -Koizumi noi.. Ecco noi..-.
Si mise le mani in tasca e si voltò di nuovo nella mia direzione. -Non possiamo più stare insieme-.
BUM! Un potente colpo nel petto mandò in frantumi il mio cuore. Vidi il buio avvolgermi nella sua morsa letale.
-Cosa? Ma.. ma che stai dicendo Otani?!- urlai, portando le mani agli occhi, che cominciarono a bagnarsi.
Otani si accostò a me e, sebbene fossi più alta di lui, mi sentivo piccola, vittima di una stretta che mi fece sentire impotente.
-Koizumi.. Ti prego, non rendere le cose difficili- affermò, dando una fugace occhiata al cespuglio alla sua destra. -Io.. Non sono più sicuro di niente-.
Lo fissai, incapace di dire qualcosa. Stavo sicuramente sognando. Si trattava di un brutto incubo da cui mi sarei risvegliata nell’arco di un attimo.
Le lacrime che scendevano violentemente, però, mi confermarono che era la semplice e pura realtà.
-Che significa Otani?! Spiegamelo!- urlai, prendendolo per le braccia e scuotendolo in modo energico. -Il nostro amore è bellissimo! Non.. non rovinare tutto! Non voglio che vada tutto in fumo.. Non so vivere senza di te, lo capisci?!-.
Otani corrugò la fronte e si liberò dalla mia presa. -Lasciami!-.
Le gocce di pianto diventarono singhiozzi strozzati. Piansi disperata, senza rendermi effettivamente conto della terribile situazione che stavo vivendo.
-Non piangere, per favore- sostenne quel piccoletto che mi aveva condotto in una tenebrosa spirale di dolore senza via di uscita.
-Come dovrei reagire?! E’ venerdì, ci troviamo come succede abitualmente nei fine settimana, no?! Ero ultra eccitata perché era giunta l’ora di vederci! Mi mancavi, mi manchi sempre quando sei lontano da me! E tu, Otani, vieni qui solo per dirmi che è meglio chiudere il nostro rapporto?! Non capisco!-.
-Koizumi non è colpa tua! Non sopporto più di trovarmi in questa condizione!- strepitò Otani, battendo i piedi sul lucido lastricato di casa mia.
-Quale condizione?- chiesi, respirando piano.
Otani si sedette sullo scalino dell’ingresso, incrociando le mani davanti a sé.
Lo scrutai basita e lo imitai. Mi accomodai vicino a lui, mantenendo una certa distanza. Lo sconforto non accennava ad andarsene e le lacrime continuavano a sgorgare senza pietà.
Posai le braccia sulle gambe e vi affondai il viso. La fragilità non mi era mai piaciuta, ma, purtroppo, era anch’essa una parte del mio carattere.
-Non voglio vederti così abbattuta, Koizumi. Tu sei una ragazza forte, affronti le difficoltà a testa alta e ti batti per ciò che desideri-.
Non servivano a nulla queste parole. Volevo conoscere la causa della sua improvvisa decisione di separarci. Al solo pensiero trasalii. Le giornate senza Otani non sarebbero più state le stesse. La mia esistenza senza lui sarebbe diventata piatta e infelice.
-So che sarà faticoso per te accettare di non sentirci né vederci più.. -. Gemetti. Non sarei stata in grado di riprendermi, di andare avanti. -Però la lontananza.. La distanza che ci divide.. Mi ucciderà-.
Smisi di piangere e lo guardai. “Cosa? Ma allora.. Lui mi ama ancora”.
Un barlume di speranza mi balenò nella mente e nel cuore.
Otani si portò una mano al capo e continuò: -Koizumi non voglio continuare a stare male. Non ce la faccio.. Basta!-.
Scattò in piedi, esaminando il vialetto costeggiato da piante e arbusti ricoperti da una brina sottile.
-E’ la scelta migliore, credimi- sentenziò.
Balzai sul selciato, in preda alla rabbia. -Come fai a sapere ciò che è meglio per me?! Ciò che hai detto può valere per te, Otani! Ma io non sono d’accordo! Non puoi mandare a rotoli tutto ciò che abbiamo costruito insieme!- urlai, sentendo un atteso rossore avvampare sulle guance.
-Smettila! Sei egoista! Pensi solo ai tuoi sentimenti! A ciò che provi tu, Koizumi! Anch’io devo e voglio stare bene!-.
Indietreggiai, colpita da quella dichiarazione. Quindi lui non stava bene con me? Non era felice? Sì. Era questo che aveva voluto dire pochi secondi fa.
-Tu..-. La voce mi si spezzò e gli occhi bruciarono nuovamente. -Tu.. Non mi ami più?-.
Sentivo le pulsazioni nel torace farsi accelerate. Perché gi avevo posto una domanda simile? Mi accorsi di non voler sentire la risposta, perché sapevo già che non avrebbe portato ad alcuna spiegazione degna da togliermi dal vortice che mi aveva risucchiata.
Otani mi rivolse un’occhiata amareggiata, mista a tristezza. Non voleva vedermi soffrire. Ma come potevo non stare male sapendo che forse l’avrei perso per sempre?
-Koizumi.. E’ opportuno saltare la cena. Volevo parlartene poi, ma grazie per essere intervenuta in anticipo.. Mi hai risparmiato un’ulteriore dispiacere-.
Non potevo credere a ciò che avevo appena udito. Otani non dava importanza alla nostra relazione, ai momenti vissuti, ai piccoli gesti che ci donavamo entrambi. L’indifferenza che dimostrò mi sorprese tanto da pensare di non conoscerlo a fondo come pensavo.
-Tieni..-. Mi porse il colorato portachiavi a forma di delfino che gli avevo regalato al suo ultimo compleanno. -Tienilo tu-.
Allungai la mano e quel maledetto oggetto cadde tra le mie dita. Rimasi immobile, senza muovere un muscolo.
-Ora vado. Addio-. Mi oltrepassò, urtandomi leggermente il braccio.
Ripresi lucidità, stringendo la graziosa collanina che indossavo da ben tre anni. Il primo regalo che avevo ricevuto da Otani.
Mi girai, tendendo una mano verso di lui. -Otani!-.
Era sparito. Di Atsushi non c’era più traccia. 


 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1-Scontrarsi (Pov Risa/Pov Otani) ***


Ciao a tutti/e! :D
Finalmente, dopo lunghi mesi di assenza, sono tornata!
Ora, avendo terminato l’università e lavorando al mattino, avrò più tempo per aggiornare! ♥
Scusatemi tanto!
Questo è il primo capitolo, dopo il prologo iniziale, di questa Fanfiction, che spero vi piacerà! ♥
A voi il giudizio! ;-)
Posterò il capitolo due nel corso della prossima settimana, dovendo aggiornare anche la Fanfiction su Kodocha che ho quasi terminato! :-)  ♥
Grazie a coloro che avevano già inserito la storia tra le preferite e seguite! ♥
Alla prossima!
Un bacione grande! :*

 
Alys_90
 
BUONA LETTURA ♥
E grazie a chi recensisce e a chi legge soltanto ♥

4 anni dopo
 
-Risa, sbrigati! Siamo in ritardo!-.
La voce squillante della mia collega, nonché amica, di lavoro mi fece aumentare ancor di più il passo felino che stavo tenendo in quell’istante.
Stavamo correndo a perdifiato tra i marciapiedi di Osaka, spintonando e facendo imprecare chiunque si trovava nella nostra traiettoria.
Quella mattina avevamo un importante riunione con il capo della famosissima casa di moda nella quale eravamo state assunte quasi contemporaneamente.
Hana aveva presentato la sua candidatura circa un mese dopo la mia ed entrambe, per la nostra bravura e passione per la moda, eravamo state assunte, diventando esperte stylist giapponesi.
Il mio più grande sogno si era realizzato e non potevo non esserne più felice.
Abbinare capi e accessori per modelli, modelle e location, scegliere gli scatti più belli dei servizi fotografici, consigliare il truccatore e il parrucchiere per definire lo stile più cool.
Il mio lavoro consisteva proprio in questo.
Quel mondo mi aveva sempre affascinata e la realizzazione professionale non aveva tardato ad arrivare.
Persa nei miei pensieri, mi resi conto di essere andata letteralmente a sbattere contro ad un uomo o, per meglio dire, un ragazzino.
Caddi con un tonfo sul cemento, attirando centinaia di sguardi e suscitando qualche risatina sgradevole.
Mi massaggiai il fondoschiena dolente, strizzando gli occhi per evitare di imprecare.
-Mi .. mi scusi- balbettai, alzandomi in piedi e lisciandomi la gonna di seta.
Guardai di fronte a me, ma non vidi nessuno. Abbassai d’istinto lo sguardo e un buffo ragazzo con un berretto nero e una sciarpa che gli ricopriva metà viso se ne stava seduto per terra a fissare un punto imprecisato sul marciapiede.
-Risa! Oddio, stai bene? Ti sei fatta male?-. Hana si precipitò accanto a me, in preda all’ansia.
-Non ti preoccupare. Sto bene ma .. -.
-Forza, andiamo! Non ho per nulla bisogno di una lavata di capo da parte del direttore! E penso che questo valga anche per te!-.
-Si, ma .. Aspetta!-.
Mi sentii strattonare per le braccia e portata via.
Una strana sensazione si fece strada in me e mi fece pensare che quel ragazzo potesse essere .. No. Era del tutto impossibile.
Quel piccolo nanetto dai capelli aranciati se n’era andato quattro anni fa, lasciandomi sola e in preda alla disperazione.
Avevo cercato di dimenticarlo, di strapparmelo dal cuore ma era stato inutile.
Ogni ricordo di lui era ancora vivido dentro di me. Ogni momento, ogni sorriso, ogni risata se ne stava lì, in quel maledetto muscolo che donava emozioni uniche e irripetibili come l’amore. L’amore che avevo perso, che mi aveva lasciata per un motivo del quale nemmeno io ero a conoscenza. La lontananza? Il non sopportare di non essere vicini? No, non volevo crederci. Io sarei stata disposta a tutto pur di stare con lui ma, Otani, al contrario, aveva deciso di andarsene e di certo quello non poteva definirsi sentimento d’affetto.
Una morsa di puro dolore mi strinse il petto al solo pensiero del suo nome, che le mie labbra avevano pronunciato così tante volte. Mi resi conto che poteva essere cambiato, diventato un uomo, cresciuto. In questi anni avrei potuto non riconoscerlo se l’avessi incontrato.
“Eppure quel ragazzo di pochi istanti fa ..”. Qualcosa in lui mi ricordava Otani, anche se non aveva nemmeno alzato lo sguardo o detto una parola.
“È del tutto impossibile, Risa!” pensai mentalmente.
Il destino aveva deciso di separarci, in accordo con la sua testardaggine e il suo caratteraccio, e, quasi sicuramente, non avrebbe voluto farci incontrare di nuovo.
 
***
 
Me ne stavo ancora seduto sul cemento freddo di quel marciapiede gremito di gente.
La testa mi pulsava e lo stomaco si era contratto in uno spasmo sofferente quando avevo visto contro chi ero andato a sbattere.
Risa. Quella Risa a cui avevo strappato il cuore in mille pezzi, fregandomene delle conseguenze, della sua sofferenza e di tutto quello che avevamo costruito insieme.
Dio, non era cambiata di una virgola. La solita sbadata con quel corpo stupendo. Le sue linee sinuose e perfette facevano nascere nella mia mente tutti i tipi di pensieri possibili, fuorché casti.
Non avevo osato guardarla negli occhi, in quei bellissimi occhi dentro i quali avevo sempre amato perdermi. Se lo avessi fatto, se mi fossi tuffato nel dolce colore di quelle iridi, la mia corazza protettiva si sarebbe sgretolata. Sarei ricaduto nuovamente tra le braccia del passato, che mi avrebbe accolto senza esitazioni.
Già. Non avevo dimenticato la nostra storia, non avevo scordato ciò che ci aveva legato e che ci legava tuttora. Non sarebbe bastata un’eternità per dimenticare Risa.
Il suo ricordo non esitava a tornare in ogni attimo della mia vita, ma, purtroppo, i problemi non erano mancati, almeno per me.
La lontananza mi aveva distrutto. Non poterla vedere, baciare e stringere mi faceva star male. Mi si mozzava il respiro quando, prima di una lezione all’università o durante il pomeriggio nelle ore di studio, la pensavo. Lei era lontana e non avrei potuto far nulla, se non abbandonare gli studi, per risolvere quell’insopportabile situazione.
Per Risa ero lo stesso, a parer mio. Anche se non voleva darlo a vedere, perché aveva sempre desiderato solo la mia felicità, soffriva quanto me.
Avevo deciso di lasciarla, in modo da non provare più quel forte e morboso desiderio di gettare tutto al vento e correre da lei per starle accanto ogni giorno.
-Hey ragazzo, tutto bene?-. Un signore con un paio di spessi occhiali e un basco grigio piombo mi osservò preoccupato.
-Sì, certo. Sono solamente inciampato. Non si preoccupi- dissi, alzandomi in piedi.
Mi sfregai le mani, ricoperte da pesanti guanti neri, e mi avviai, salutando l’anziano signore.
In pochi minuti giunsi alla palestra nella quale impartivo lezioni di basket ai bambini della zona.
Quanto adoravo il basket. Oltre all’insegnamento, era stata una delle più grandi aspirazioni che avevo avuto nella vita e aver raggiunto quei progressi mi aveva reso fiero.
Andai verso lo spogliatoio per indossare la divisa, quando, all’improvviso, un breve suono mi bloccò.
Presi il cellulare dalla tasca dei jeans e lessi il messaggio.
 
“Stasera cena a casa nostra alle otto. Riunione tra vecchi amici, causa questione importante da discutere. Nakao e Nobu”.

Lessi quelle due righe una ventina di volte.
“Che cosa?! Ma stanno scherzando?!”.
La riunione tra vecchi amici comprendeva anche la persona alla quale avevo spezzato il cuore quattro anni fa? Sicuramente.
Sentii mancare l’aria nei polmoni e corsi velocemente al bagno. Appoggiai le braccia al lavandino, in preda alle convulsioni.
Osservai il mio riflesso nello specchio di fronte e potei scorgere piccole gocce di sudore solcarmi le tempie.
Aprii il getto d’acqua e mi sciacquai il viso. I capelli bagnati si appiccicarono alla fronte e assunsero una strana piega.
Cazzo! Non potevo rivederla due volte nell’arco di una giornata. Sarebbe stato un colpo, non solo per me ma pure per lei.
Dopo il nostro scontro non mi aveva riconosciuto ed era stato meglio così, altrimenti si sarebbe scatenato a dir poco un uragano. Dopo la sorpresa iniziale, tutta la sua rabbia repressa avrebbe preso il soppravvento e si sarebbe scagliata contro di me. O forse no.
-Otani, stai calmo. Non è successo nulla!-.
Ripensai al messaggio di Nakao e un senso di impotenza mi travolse da capo a piedi.
Con lui e Nobu ero rimasto in ottimi rapporti e ogni tanto andavo a casa loro.
Avevano deciso di andare a convivere due anni fa e stavano già progettando il loro matrimonio. Nonostante Nobu fosse ancora una grandissima amica di Risa, non avevo troncato l’amicizia con lei. Non mi raccontava alcunché di lei ed io non le chiedevo niente, dopo la lunga ramanzina che avevo dovuto subire quattro anni fa.
Suzuki e Chiharu formavano ancora una timida coppia ma, a breve, sarebbero andati a vivere sotto lo stesso tetto, nel quartiere dove vivevano Nakao e Nobu.
Ero felice per tutti loro. Si sostenevano a vicenda e nelle situazioni difficili non mollavano mai, pronti ad affrontare qualsiasi ostacolo che la vita gli presentava davanti.
Pensai che anch’io e Risa avremmo potuto essere due fidanzati felici ora come ora.
-Risa .. -. Sussurrai il suo nome, posando nuovamente gli occhi sul quel ragazzo insicuro che mi guardava dallo specchio.
Presi il cellulare e risposi.
 
“Ci sarò. Otani”.
 
Avevo deciso di affrontare il destino, qualunque cosa mi avesse riservato.
 
***
 
-Oh! Che aria pesante che c’era oggi in sala riunioni! Il capo non era dell’umore giusto!-.
Hana mi squadrò, guastando il suo aperitivo alla frutta.
-Già .. -. Seduta in un piccolo locale chic, sorseggiavo un’aranciata, immersa nei miei pensieri profondi.
Quel ragazzo poteva essere lui.
“Cavolo, no! Risa ma cosa vai a pensare?! Riprenditi, dai!”.
-Pronto? Pianeta Terra chiama Risa Koizumi! Mi stai ascoltando?!-.
Guardai Hana agitare una mano davanti al mio viso incantato.
Scattai in piedi, spaventata.
-Risa .. stai bene?-. Hana mi osservò terrorizzata, mentre tornavo a sedere, vergognandomi a morte.
-Ehm .. Sì, tranquilla. Sono solo stressata dal lavoro- dissi, addentando una patatina.
Hana mi lanciò un’occhiataccia, segno della sua indiscutibile capacità di capire lo stato d’animo di qualsiasi persona le fosse capitata a tiro.
-Risa, avanti, non dire bugie! Si vede lontano un chilometro che sei turbata e non dire che è per colpa del lavoro. Sei stata grande come al solito e il capo non ti ha rimproverata! Che succede? A me puoi dirlo-.
La guardai e decisi di sfogarmi. -Beh .. Hai presente stamattina .. ? Quando sono andata a sbattere contro quel ragazzo?-.
-Sì. E allora?- chiese, spalmando una gran quantità di salsa sul crostino che teneva tra le mani.
-Credo fosse Otani-. Per un attimo il battito del mio cuore si fermò e fui costretta a chiudere gli occhi a causa del giramento di testa che mi aveva fatto barcollare leggermente.
Hana strabuzzò le pupille e lasciò cadere il crostino nel piatto.
-Che cosa?! Risa no! Non è possibile che, tra tutte le persone che camminano per i marciapiedi di questa città, tu sia andata a sbattere proprio contro quel nano!-.
Hana lo odiava. Dopo essere diventata una delle mie migliori amiche, le avevo raccontato ogni dettaglio della nostra relazione e di com’era andati a rotoli.
Battè un pugno sul tavolo di marmo. -Grrr .. Se quello stupido ha la sfortuna di cadere tra le mie mani, non hai nemmeno idea di cosa sarei disposta a fare pur di fargliela pagare!-.
Risi del suo commento e bevvi altra bibita.
-Sì, forse mi sbaglio, ma .. non so, aveva qualcosa che mi ricordava lui-.
-Non lo vedi da quattro anni, no? È passato molto tempo e credo che questo tipo sia cambiato, giusto?-.
-Probabile. Quel ragazzo, a prima vista, non era né troppo basso né troppo alto e chissà se Otani è cresciuto di statura oppure se è rimasto lo stesso piccoletto di sempre .. -.
“Taci piccoletto!”. Quante volte gli avevo urlato quella frase così dura e dolce allo stesso tempo?
Un bruciore pungente mi annebbiò la vista. Lacrime silenziose iniziarono a solcarmi il viso.
-Oh Risa, non piangere, ti prego-. Hana mi carezzò la mano, preoccupata.
Mi asciugai le guance col lembo della manica e abbozzai un lieve sorriso.
-Tranquilla, è stato solo un attimo di debolezza-.
Cercai di crederci con tutte le mie forze, sinché un sonoro “bip” mi riportò alla realtà.
Presi il cellulare dalla borsa e aprii la casella dei messaggi.
 
“Stasera cena a casa nostra alle otto. Riunione tra vecchi amici, causa questione importante da discutere. Nakao e Nobu”.

Perplessa, ripetei la lettura di quel messaggio inaspettato.
Cena. Riunione. Vecchi amici.
La mia mente viaggiò subito verso quel piccolo ragazzo che mi aveva rubato l’anima.
Non vedevo Nobu da circa cinque giorni, quando ci eravamo concesse una meritata giornata di shopping insieme a Chiharu.
Quel pomeriggio non aveva accennato a nessuna rimpatriata tra vecchi amici e pensai che l’avesse decisa all’attimo.
“E ora? Che dovrei fare? Accetto o rifiuto? Lui ci sarà?". Con questi interrogativi che si facevano strada tra i mille sentieri intricati della mia mente, fissai Hana, beatamente immersa nel suo piatto di verdure alla griglia.
-Oddio!- riuscii solo ad esclamare. Non potei rifiutare, altrimenti Nobu si sarebbe arrabbiata con me per il resto della mia esistenza.
Hana abbandonò il suo cibo, chiedendo: -Non dirmi che è lui!-.
-No, ma forse questa sera lo vedrò- dissi, temendo la sua reazione.
Come mi aspettavo, Hana cominciò a sbraitare e imprecare, rovesciando persino il bicchiere, che si ruppe in una quantità indefinita di schegge.
Le stesse dolorose schegge che, quella sera, avrebbero scalfito il mio cuore, riportandomi in quel passato chiamato Otani.
 

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2-Rivedersi (Pov Risa/Pov Otani) ***


Ciao a tutti/e! :)
Scusate la lunga assenza, ma sono piena di impegni! -.- 
Spero che che questo capitolo vi piaccia come gli altri! :D ♥
Grazie a coloro che hanno recensito e a coloro che hanno aggiunto la storia tra le preferite, ricordate e seguite! ♥
Il vostro supporto fa crescere la mia passione per la scrittura sempre di più! ♥ *W* Grazie di ♥!
Alla prossima! :)
Un bacione! :*


Alys_90

BUONA LETTURA ♥
E grazie a chi recensisce e a chi legge soltanto ♥


-Mmm .. Abito nero o pantalone bianco sporco? Hana, ti prego, dammi una mano!-.
Sventolai i vestiti per aria, facendoli ricadere sul piumone rosa confetto della mia camera.
Hana se ne stava beatamente seduta alla scrivania, intenta a sorseggiare un gustoso succo di frutta alla mela. -Neanche per sogno! Lo sai che quell’idiota mi dà sui nervi!-.
Imbronciata, andai all’armadio per prendere una camicetta di lino azzurra.
Voltandomi, mi specchiai nell’anta interna. Ciò che vidi era il riflesso di una ragazza cresciuta, alla quale era stato strappato il cuore con violenza, come se fosse stato morso sino a sanguinare.
Otani se n’era andato da quattro anni e la sua presenza mancava ogni giorno di più. Avevo sofferto come non mi era mai capitato nella vita e la consapevolezza di averlo perso per sempre si era annidata nella mia anima senza alcuna pietà, lacerandola.
Ma .. quella sera probabilmente l’avrei rivisto. Avrei di nuovo potuto godere della visione dei suoi occhi profondi, dei suoi capelli arancioni e di quel suo sorriso, se mai ne avesse fatto ricorso, così grande e limpido.
Il mio cuore fece la millionesima capriola della giornata e sobbalzai al solo pensiero di poterlo avere accanto dopo tutto quel tempo.
Nakao e Nobu volevano discutere di una questione importante, della quale ignoravo il contenuto. Forse Nobu era incinta? Oddio, sarei diventata una magnifica zietta. Nah. Scartai subito quell’ipotesi, perché, se così fosse stato, Nobu mi avrebbe telefonato, urlando dalla gioia.
“Riunione tra vecchi amici” diceva il messaggio. Ci sarebbero stati anche Suzuki e Chiharu, con i quali avevo ancora un ottimo rapporto di amicizia, e la tensione si sarebbe respirata maggiormente se, come prevedevo, la causa di tutte le mie sofferenze si fosse presentata lì. Le coppie storiche formate dai miei amici mi avrebbero fatta sprofondare in un abisso di imbarazzo e vergogna, seppur inconsapevolmente. Loro a scambiarsi frasi affettuose e baci rubati ed io immobile ad evitare lo sguardo di quel nano cretino .. se lo era ancora, un nano.
Magari era diventato un bell’uomo, alto e muscoloso .. Mi schiaffeggiai leggermente.
“Avanti Risa, non dire sciocchezze! Concentrati su ciò che dovrai indossare questa sera, con o senza Otani!” pensai, ritornando accanto al letto.
-Hana .. Forza, dammi qualche consiglio! Sei bravissima in questo genere di cose!- sentenziai, sfoderando la mia espressione più dolce.
-Ma che dici?! Sei tu la professionista di moda! Ti ricordo che sei una stylist di successo e non dovresti avere questi problemi!- sbraitò, rigirandosi sulla sedia.
-Hai ragione, ma, se non te lo ricordassi, forse stasera rivedrò il mio ex ragazzo, e sottolineo ex, e, avendo il cervello in subbuglio, non riesco a scegliere!-.
Hana mi guardò di sottecchi, alzando gli occhi al cielo. -E va bene, ti aiuto- proferì, alzandosi e dirigendosi nella mia direzione - ma solo per questa volta, chiaro?-.
L’abbracciai, sfoderando un gigante sorriso. -Grazie, grazie, grazie!- squittii, scoccandole un bacio sulla guancia. -In cambio, venerdì sera ti offro una cena in quel nuovo locale in centro!-.
Le grigie iridi di Hana si illuminarono. Adorava il cibo e scoprire nuove specialità culinarie.
-Così va meglio!- sentenziò, dandomi una pacca di gratitudine sulla spalla.  -Allora, sei pronta a diventare un elegante donna di ventiquattro anni pronta a vendicarsi?-.
Risi, alzando un pollice in segno di ok. -Prontissima!-.
 
***
 
Indossai la prima felpa che trovai nel guardaroba di legno che arredava la mia camera da letto. Presi gli stretti pantaloni della tuta blu scuro dall’appendiabiti nell’angolo e scesi al piano di sotto per indossare le sneakers che avevo acquistato pochi giorni prima.
Avevo deciso di vestirmi in modo semplice e sobrio, senza pretese. In fondo, si trattava solo di una riunione tra vecchi amici. Già, solo.
Al pensiero che Risa Koizumi sarebbe stata nella mia stessa stanza dopo quattro anni in cui non l’avevo più rivista né sentita mi sentii morire dentro.
L’aria nei polmoni arrivò più lentamente, colto all’improvviso da un attacco di panico. Respirai piano, cercando di riprendere il controllo di me stesso.
Mi appoggiai alla porta d’ingresso e mi lasciai cadere sul pavimento. Averla rivista di sfuggita quel pomeriggio aveva risvegliato in me una miriade di emozioni che pensavo di aver sepolto molto tempo prima. Il dolore nel cuore non aveva tardato ad arrivare e le fitte lancinanti che provavo all’altezza del petto avevano continuato a farsi sentire per il resto della giornata. L’ansia non aveva accennato ad andarsene e ancora adesso cercava di corrodermi ogni parte del corpo.
Ripresi fiato e mi alzai, tremando. Non dovevo reagire in quel modo, ma dimostrarmi sereno e distaccato, cercando di evitare di uscire dalla corazza resistente nella quale mi ero rifugiato in quegli anni.
Indossai il cappotto, presi la sciarpa e il berretto e mi avviai al garage. Salii sulla mia macchina sportiva e misi in moto. Accesi il riscaldamento al massimo per scaldarmi le dita fredde e tremanti.
Sfrecciai nelle strade della città sino ad arrivare alla casa di Nakao e Nobu. Parcheggiai accanto al marciapiede ed osservai le luci all’interno dell’abitazione.
Il moderno lampadario del soggiorno brillava e, sotto il portico, la lampadina posta sul soffitto emetteva uno strano ronzio.
La casa dei miei due migliori amici non era grande, ma per loro era anche sin troppo spaziosa. Consisteva in un solo piano e all’esterno era dipinta di un grazioso giallo canarino.
Scesi dall’auto e mi guardai attorno. Nessuna macchina, tranne quella di Nakao e di Suzuki. Forse non c’era alcunché di cui preoccuparsi. Forse Risa non sarebbe venuta, nonostante fossi convinto che pure lei avesse ricevuto l’invito da parte di Nobu.
Mi apprestai a salire i gradini che conducevano alla porta d’ingresso e, non senza una punta di timore, suonai il campanello.
Aspettai qualche secondo, trepidante, finché una ragazza dai capelli biondo scuro non venne ad aprire.
-Hey, Otani! Ciao, come stai?-. Nobu mi avvolse con le sue esili braccia e io ricambiai, sorridendo.
-Bene. E tu? Ti trovo in forma- dissi, squadrandola.
Era diventata una donna dai lineamenti longilinei e dalle curve sensuali, nonostante il suo carattere non fosse cambiato di una virgola.
-Forza, entra. Nakao è di là con gli altri-. Mi immobilizzai. Nobu, davanti a me, stava già percorrendo il corridoio, pronta a svoltare nel soggiorno, la prima stanza a destra, a pochi passi da dove mi trovavo.
Non si accorse della mia reazione e dell’espressione che immaginavo il mio viso avesse in quell’istante. Terrore, puro terrore.
Desideravo con tutto me stesso di riuscire a muovermi, di fare quei piccoli passi che mi avrebbero condotto in quella stanza nella quale si trovava lei. Perché lei c’era, vero? Lo desideravo. Desideravo rivederla, ma contemporaneamente ne ero impaurito in una maniera assurda.
Riprendendo tutto l’autocontrollo che possedevo, inspirai profondamente e mi avviai verso il soggiorno. -Otani, vieni o ti sei perso?-. Una testa fece capolino dalla porta. Nakao, l’amico su cui avevo sempre contato, mi scrutò nervoso.
-Eccomi, arrivo .. -. Ancora pochi metri e finalmente entrai nella stanza.
Il mio sguardo si posò sul camino nell’angolo accanto alla finestra, che scoppiettava al movimento delle fiamme scintillanti che si alzavano veementi, per poi spostarsi su Suzuki e Chiharu sul divano in pelle nero che troneggiava al centro della camera. Mi salutarono con un cenno della mano, sorridendomi. Il pianoforte dall’altro lato se ne stava in silenzio, riflettendo la luce del lampadario sulla superficie lucida. Le poltrone vicine erano vuote, così come il resto del soggiorno. Lei non c’era.
Mi sedetti comodamente sul divano, accanto a Chiharu, e guardai Nakao e Nobu seduti sulle sedie del tavolo in vetro di fronte a me.
-Bé?- chiesi, senza esitare. -Qual è la questione di fondamentale importanza di cui dobbiamo discutere?-.
Nobu arrossì lievemente, proferendo: -In realtà, Otani .. -.
Non fece in tempo a terminare la frase che un suono squillante e ben distinto si riverberò per la casa.
Cominciai a sudare freddo. Il campanello avevo suonato e sperai che non fosse la persona che credevo fosse stata. Me ne resi conto in quel momento: non ero pronto. Non sarei stato capace di rivedere ancora quelle iridi nocciola, quei capelli lunghi e lisci, quelle labbra carnose e piene.
Il cuore prese a martellarmi forte e mi mozzò il respiro. Sentii un calore inaspettato invadermi la mente, seguito da un giramento di testa pazzesco.
-Vado io!- esclamò Nobu, alzandosi di scatto e dirigendosi alla porta.
Attesi. Attesi di sentire quella voce inconfondibile rimbombare sulle pareti circostanti.
 
***
 
-Risa! Finalmente sei arrivata!-. Nobu mi saltò letteralmente in braccio, stringendomi forte.
-Ciao Nobu! Ai, aspetta mi stai schiacciando!-.
Nobu scese in fretta e furia, scusandosi. “La solita matta!” pensai, entrando.
Ed eccomi qui, a casa dei miei amici più cari, vestita con un abito nero e un paio di ballerine di vernice.
Il cuore mi sobbalzò nella cassa toracica quando mi resi conto che nell’arco di pochi attimi lo avrei rivisto.
La macchina parcheggiata all’esterno, quella sportiva e rossa fiammante, non apparteneva a nessuno dei miei amici, ne ero certa. Non l’avevo mai vista prima e immaginai fosse uno degli ultimi acquisti di Otani. Quindi, per forza di cose, lui doveva essere lì, in quel preciso momento.
Attraversai il corridoio imbellito da vasi di fiori profumati e foto romantiche di Nakao e Nobu. In un certo senso invidiavo la loro perfetta armonia e il loro rapporto così duraturo e carico d’amore.
Seguii Nobu in soggiorno e per poco non lasciai cadere la costosa borsa griffata che portavo al braccio.
Le ginocchia si sciolsero, i polmoni esplosero e gli occhi si offuscarono da un velo umido. Lui .. lui era seduto sul divano, gambe appena divaricate e braccia distese lungo i fianchi.
La tuta che indossava metteva in risalto il suo fisico cresciuto, i capelli, dello stesso identico taglio di quando era ragazzino, gli ricadevano sulla fronte e il volto, contornato da un sottilissimo strato di barba, era assolutamente perfetto.
Non riuscii a smettere di osservare ogni suo più piccolo dettaglio e notai che, pur essendo seduto, era cresciuto di qualche centimetro. Spiccava in tutta la sua virilità, facendomi cadere in uno stato d’incoscienza.
Otani non alzò lo sguardo, né ci provò. Guardava distrattamente le sua mani, che nel frattempo aveva intrecciato in grembo. Si muoveva continuamente sulla pelle color pece del divano.
-Risa .. -. La voce di Nobu mi riportò alla realtà. Intrecciò le sue dita alle mie e mi feci accompagnare alla poltrona accanto al sofà, accanto a lui.
-Stai tranquilla- mi sussurrò, mentre mi accomodavo sorpresa.
Sentii le guance infiammarsi e la pelle bruciare. Oh mio Dio, lui era a pochi centimetri da me. Potei sentire chiaramente il suo respiro e immaginai che quei brevi sbuffi d’aria solcassero il mio collo.
“Riprenditi, accidenti!” mi rimproverai mentalmente.
-Allora, non vi salutate nemmeno voi due?- domandò Nobu, estraendo dalla credenza sei tazze da thè.
Adesso ero certa che il rosso che mi colorava il viso fosse diventato di un bordeaux acceso.
Mi voltai nella direzione di Otani e constatai con profonda tristezza che non aveva alcuna intenzione di proferir parola.
Con enorme coraggio e un dopo aver tratto un lungo sospiro, dissi: -Ciao .. Otani-.
Abbassai nuovamente gli occhi e cercai di trovare qualcosa d’interessante da osservare nella fantasia astratta del tappetto che ricopriva il pavimento.
“Che imbarazzo! Risa ma perché sei voluta venire a tutti i costi?! Sei una stupida! Sapevi che ti avrebbe fatto quest’effetto! Devo ascoltare di più Hana, altrimenti ..”.
-Ciao .. Koizumi-. I miei pensieri si interruppero all’improvviso, mandandomi in tilt.
La sua voce .. Cavolo, la sua voce era diventata più sexy, più bella, più roca.
Sensazioni contrastanti si fecero strada in me. Da un lato, ardevo dalla voglia di sentire la sua pelle sulla mia e le sue labbra posarsi delicatamente sulla mia bocca e dall’altro mi sentii triste e amareggiata dopo aver appurato che non mi aveva chiamata Risa, com’era solito fare in passato, quando eravamo una coppia felice e spensierata.
Mi era mancato. Mi era mancato oltre ogni cosa possibile.
Il suo profumo, un misto di colonia e menta, mi impregnava le narici, inebriandomi. Mi ubriacai di quella fragranza tanto buona quanto intrisa di ricordi e chiusi gli occhi.
Per alcuni brevi ma intensi secondi mi sembrò di ritornare nel passato, quando tutti eravamo uniti, contenti e vivevamo la nostra vita all’insegna dell’amore.
Un colpo di tosse soffiò nell’aria e mi ridestai. Nobu mi osservava preoccupata dall’altro capo della stanza. Mi fece un cenno con la mano, incitandomi a dire qualcosa, qualunque cosa.
La mia espressione da serie divenne d’un tratto sorridente alla vista di Suzuki e Chiharu seduti all’estremità opposta del divano in cui c’era Otani. Portai una mano sul capo, esclamando, a disagio: -Scusatemi, non vi ho ancora salutati. Ciao ragazzi!-.
I due piccioncini risposero con un “Ciao Risa” contemporaneo, cercando di non aumentare l’imbarazzo che aleggiava imperterrito.
Nobu scosse la testa e si diresse verso la cucina per preparare il thè. Volevo seguirla e nascondermi sotto il lavello per poi non uscirne più.
-Allora, eccoci tutti riuniti .. -. Nakao prese la parola, prendendo dal grande mobile accanto al tavolo un blocco di fogli bianchi, una penna e dei fascicoli.
Mi chiesi il perché di tutto quel da farsi. Perché lui e Nobu avevano voluto invitare l’intera compagnia? Qual era il motivo?
Quando Nakao poggiò i fascicoli sul ripiano di vetro, potei vedere distintamente che si trattava di cataloghi di viaggio.
“Cosa?! Ma a che servono?” pensai, in preda ad una quantità infinita di domande.
-Amore, hai finito con il thè?- chiese ad alta voce Nakao.
-Sì, arrivo. Dammi un paio di minuti per prendere i pasticcini!- urlò dalla cucina.
In men che non si dica ritornò nel soggiorno con un vassoio ricco di dolcetti alla frutta, alla panna e al cioccolato, accompagnati da sei tazze di thè fumante.
Lo posò con cautela sul tavolino vicino alla poltrona nella quale ero sprofondata, dicendo: -Prego, servitevi pure-.
-Perché cavolo mi avete fatto venire qui?-. La voce di Otani non ammetteva repliche. Era dura e tagliente. Voleva delle spiegazioni e non gli davo tutti i torti; anch’io ne avevo assoluto bisogno.
-Dai, non essere così brusco Otani!- lo rimproverò Nobu. -Ora veniamo al dunque!-.
Si accomodò sulla sedia insieme a Nakao. -Allora .. - cominciò.
Mi resi conto di non essere più in grado di muovere alcun muscolo, compreso il cuore, che si era fermato al suono della sua voce calda.
-Abbiamo deciso, in comune accordo, di .. -. Nakao s’interruppe, scrutando le facce dei presenti.
- .. fare una vacanza tutti insieme-. Nobu terminò la frase lasciata in sospeso dal suo fidanzato, osservandoci negli occhi.
Mi sentii svenire. Una vacanza. Tutti insieme. Questo significava che ..
-Vogliamo ricordare e magari, perché no, rivivere i bei momenti passati in compagnia. Potremmo ricucire qualche rapporto spezzato .. -.
Spalancai le iridi, bagnate dalle lacrime che si stavano accumulando all’interno degli occhi, facendo tremare le labbra.
Come avevano potuto decidere una cosa così .. così folle? Nobu sapeva, conosceva alla perfezione le mie emozioni per quanto riguardava la faccenda Otani, il dolore e la sofferenza che mi avevano attanagliato in quegli anni. Non riuscii a credere alle mie orecchie.
Osservai gli altri. Suzuki e Chiharu si squadrarono a vicenda, facendo un gesto d’assenso col capo. Otani invece .. Otani si era alzato in piedi e fremeva di rabbia. Le nocche delle mani strette a pugno divennero bianche e le tempie arrossate gli pulsarono ininterrottamente.
-Otani, non ho terminato il discorso .. -.
-Non importa!-. Il tono arrabbiato e frustrato di Otani fece morire le parole di Nobu.
-Da dove vi è venuta fuori quest’idea assurda?! Ma siete pazzi?!-.
La sua reazione mi spaventò. Ero arrabbiata anch’io, ma non per il fatto che lui c’entrava in quella storia, ma perché Nobu e Nakao non mi avevano avvisata. Otani, al contrario, si stava riferendo a me, ne ero più che certa.
-Dai Otani, ci divertiremo!- esclamò Nakao, cercando di spezzare la tensione.
Otani digrignò i denti, emettendo un urlo di collera. -Cosa vi passa per la testa?! Io non voglio ricucire nessun rapporto! Mi bastano quelli che ho, chiaro? Cazzo!-.
Poi piantò gli occhi nei miei. -E tu? Tu che dici, Koizumi?!-.
Respirai a fatica, percependo delle piccole schegge dolorose colpirmi il cuore.
-Io .. io, in realtà .. -. Era bellissimo. Dio, quant’era bello. Era cresciuto veramente e quel suo essere così sicuro e deciso risvegliò in me il desiderio di poterlo baciare e di poter fondermi con lui.
Otani mi penetrò sin all’interno dell’anima, nella quale risiedevano i sentimenti che provavo ancora per lui.
-Ah, lascia stare. Me ne vado-. Si avviò deciso verso l’uscita, ignorando i richiami di Nakao e Nobu.
Senza pensarci, mi alzai di corsa dalla poltrona. Non appena la pelle giunse a contatto con la tela morbida del suo cappotto, sentii una fitta vigorosa dentro al petto.
Otani si irrigidì e si voltò a guardarmi, stupito. -Non .. non andartene di nuovo- sibilai.
Lui chinò il capo, lasciando ricadere qualche ciuffo ribelle sul viso. -Lasciami-.
Quell’unica parola mi distrusse completamente. Dovevo lasciarlo andare via per la seconda volta, senza fare nulla. Era questo che voleva. Io, invece, desideravo che rimanesse, che stesse con noi, con me; ma, come sempre, la direzione era a senso unico.
Lasciai la presa, cercando di trattenere le lacrime che pulsavano per uscire, invano.
Otani lasciò la stanza, lasciò un Nakao, una Nobu, un Suzuki, una Chiharu a bocca aperta e una Risa Koizumi in preda ad un pianto disperato.
 
 
 

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