Il Culto

di Ikki95
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** 3. ***
Capitolo 3: *** 2. ***
Capitolo 4: *** 4. ***
Capitolo 5: *** 5. ***
Capitolo 6: *** 6. ***
Capitolo 7: *** 7. ***
Capitolo 8: *** 8. ***
Capitolo 9: *** 9. ***
Capitolo 10: *** 10. ***



Capitolo 1
*** 1. ***


1. Tirò fuori dalla bisaccia 3 monete d'argento. Questo è ciò che andava pagato per la cena e la sistemazione. Le porse alla donna dietro al bancone.
"Sicuro di non voler rimanere?" chiese la locandiera di fronte a lui.
"No, grazie, è meglio che riparta subito."
"Ma fuori fa molto freddo, e si dice che la strada per Roian sia piantonata da banditi di ogni sorta."
"Ti ringrazio, ma sono sicuro che non sono io colui che deve prestare attenzione."
L'uomo sorrise alla donna che lo guardava maliziosa e si alzò dal rudimentale sgabello di legno sul quale siedeva. La folta barba che gli adornava il volto lo invecchiava molto, ma non aveva di certo perso il suo fascino. Si avviò alla porta, non prima di aver raccolto il suo bastone di legno che aveva appoggiato sull'uscio poco prima, quindi uscì dalla locanda. Non appena fu fuori osservò a destra e a sinistra per assicurarsi che nessuno lo stesse seguendo, dopodichè si tirò il verde cappuccio del mantello sulla testa e si incamminò verso est. Era davvero una notte buia come poche, tanto che dopo soli pochi passi l'uomo non riusciva più a vedere ad un palmo di naso. Con naturalezza sfiorò la parte superiore del proprio bastone con le prime tre dita delle mano, e di colpo una calda e pacata fiamma prese a bruciare. Il fuoco non intaccava però in alcun modo il legno del bastone. Adesso che la visibilità era accettabile ed il freddo un po' attenuato, l'uomo si sentiva un po' più sicuro.

Doveva aver percorso parecchi chilometri rispetto alla locanda da dove era partito poichè sentiva le gambe tremargli per la stanchezza. Il viaggio lo aveva fiaccato molto, specialmente perchè di certo non era il primo giorno di marcia che affrontava, e probabilmente non sarebbe stato nemmeno l'ultimo. Ad un tratto, si fermò ad ascoltare. Udì un rumore lontano, sommesso; non riusciva a distinguere bene che cosa potesse produrlo. Disegnò con il palmo della mano una mezzaluna in aria, dopodichè scrutò le vicinanze. All'improvviso, sentì il rumore di un arco scoccare una freccia nella sua direzione, quindi si girò di scatto. Ma era già troppo tardi. Quando l'uomo vide la punta di ferro della freccia, essa era già a pochi centimetri dalla sua fronte. Essa si bloccò però a mezz'aria, come trattenuta da una forza invisibile.
"Chi sei? Vieni fuori. Oramai ti ho scoperto."
Da dietro un albero a qualche metro da lui scorse un'ombra.
"Ma bene, che cosa abbiamo qui? Un bel maghetto, vedo. Saresti già morto se non fosse stato per la tua stupida barriera."
"Credevi che non ti avessi sentito? Devi stare attento a non fare troppo rumore quando vuoi rapinare un passante."
"Fossi in te non farei tanto lo spaccone. E' vero, mi hai scoperto, ed avevi eretto la barriera prima che io potessi ucciderti... Ma un buon ladro ha sempre un piano di riserva."
Alla destra e alla sinistra dell'ombra ne spuntarono altre due. Una era più minuta rispetto all'uomo centrale, e brandiva due pugnali. L'altra, invece, era di un'altezza non comune agli uomini, e le sue braccia erano grandi quanto il corpo del suo piccolo compare. Il mago potè scorgere l'ombra di un'ascia brandita con due mani.
"Uccidiamolo e rubiamogli tutto l'oro."
Le tre ombre si separarono furtive. Uno dei tre uomini, quello minuto, spiccò un grande balzo in aria e si avventò sul mago, mentre l'arciere incoccava un'altra delle sue frecce. L'uomo brandì il suo bastone e lo sfiorò nuovamente con la mano, dopodichè lo puntò in direzione del bandito che lo stava attaccando. Una grande luce fece capolino dalla punta del bastone ed accecò l'avversario, facendogli perdere di vista il bersaglio. Nel frattempo, la freccia era appena stata scoccata dal bandito che per primo si era mostrato. Il mago schivò rapidamente il colpo, ma non fece in tempo a riflettere sulla prossima mossa che si sentì travolto da qualcosa che gli sembrò essere un orso. Finì a terra, e non appena si mise a pancia in sù notò che era arrivato a fronteggiarlo il più massiccio dei tre. I denti appuntiti, il colore della pelle verde ramarro e le dimensioni del suo fisico rivelavano la sua natura di mezz'orco. La creatura sollevò in aria la sua ascia, pronto a distruggere il nemico con il prossimo colpo. Il giovane mago prese velocemente con la mano destra il suo bastone, il quale aveva la base appuntita ed affilata, e con un guizzo infilzò il petto del mezz'orco. Una cascata di sangue piovve sul mantello del giovane uomo. La creatura lasciò cadere l'arma ed il suo corpo senza vita si riversò a terra. Subito l'uomo si rialzò e trovò dinnanzi a lui il più minuto dei tre, oramai ripresosi, che immediatamente cominciò a vibrare fendenti con i suoi due pugnali. Schivando ogni attacco indietraggiando sempre di più, in men che non si dica il mago si ritrovò con la schiena contro un albero.
"Eh eh eh... Per te è finita. Dì le tue ultime preghiere."
L'uomo passò ancora una volta le dita sul suo bastone, ed un dardo di fuoco partì subito dopo dalla sommità dello stesso, andando a colpire un grosso ramo posto poco più in alto. Il bandito rimase immobile a fissare l'accaduto per pochi attimi, bastanti però a farlo soccombere schiacciato dal peso di quell'enorme appendice che l'incantesimo aveva corroso. Il mago corse in direzione dell'arciere che aveva osservato attonito il combattimento. Il brigante fece per incoccare un'altra delle sue frecce, ma l'uomo fu più veloce e lo disarmò con un calcio. Il brigante però non si fece sorprendere ed assestò anch'egli un violento calcio al bastone del mago, il quale venne scaraventato lontano. Il bandito estrasse un pugnale dalla cintura.
"Sei bravo, non c'è che dire. Ma adesso sei disarmato. Sai, sentivo che oggi avrei catturato una bella preda..."
"... Allora oggi non è il tuo giorno fortunato." Lo interruppe il giovane, estraendo da un fodero coperto dal mantello una lucente e lunga spada. Il bandito ridacchiò.
"Ah ah ah! Ma bene! Riservi sempre qualche sorpresa! Che cos'è quello, bronzo?"
"Non mi fregierei mai di una lama composta di vile bronzo. Questo è argento. Argento Volgen."
"Volgen? Addirittura? Fantastico! Oggi è proprio un giorno fortunato! Hai una vaga idea di quanto possa valere quella cosuccia che stai toccando con le tue luride manacce al mercato nero? Ti ucciderò e poi la strapperò via dal tuo corpo esanime."
Il bandito attaccò all'improvviso con un colpo di affondo, che venne però parato con la mano libera dal giovane mago, il quale riuscì ad intercettare l'attacco colpendo esattamente sul piatto della piccola lama. A sua volta, il giovane contrattaccò con un colpo di elsa che riuscì ad impattare il cranio del suo avversario, stordendolo ed allontandolo di pochi centimetri. L'uomo si portò una mano nel punto colpito e si voltò leggermente, lasciandosi alle spalle il mago. Sentì la propria vita scivolare via in un attimo, e fece appena in tempo ad accorgersi della lama che gli aveva trafitto il corpo. L'ultima cosa che vide furono i riflessi della luna che creavano meravigliosi effetti di luce incontrando il magnifico argento della spada. Il bandito spirò avendo visto una delle cose più preziose al mondo. Il mago estrasse la lama dal corpo del rivale e la pulì con il mantello prima di rimettersi in cammino. Era quasi l'alba.


 
Spazio dell'autore: Ciao a tutti! Ecco a voi il primo capitolo di una storia fantasy scritta da me che spero di poter portare avanti regolarmente! Entro un paio di giorni arriverà il secondo capitolo (non dovrebbe durarne più di una decina), fatemi sapere che cosa ne pensate e buona lettura! :)

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Capitolo 2
*** 3. ***


3. "Devi agire."
L'uomo, avvolto nell'oscurità, intimò queste parole ad un altro losco figuro che era inginocchiato alle sue spalle.
"Si, mio Signore. Vuole che lo faccia nella notte?"
"No, non devi ucciderlo adesso. Desteresti troppi sospetti. Attieniti al piano: aspetta il sorgere del sole e fallo allontanare dalla città. Solo allora potrai compiere il tuo dovere. Adesso va', non occorre che io aggiunga altro."
Con un cenno del capo la persona inginocchiata si congedò da colui che gli stava davanti.


La notte era oramai calata, ed Eleryn era giunto alla locanda oramai da ore. Non aveva neppure avuto la forza di salutare come si doveva il suo vecchio amico nonchè proprietario della locanda, Rory. Era troppo stanco per poterlo fare e si era gettato tra le braccia di Morfeo non appena raggiunta la sua stanza. Al suo risveglio, avvenuto nella prima parte della mattinata, infatti, si rese conto di non aver neppure chiuso la porta a chiave. Poco male, in fondo non aveva il sonno pesante e avrebbe sentito chiunque avesse cercato di entrare per derubarlo. Gli sembrava strano pensare certe cose, ma oramai non ci si poteva sentire sicuri neppure nella locanda della capitale del regno. Si sedette qualche secondo sul ciglio del letto, giusto il tempo di svegliarsi per bene, dopodichè raggiunse una piccola stanzetta adiacente alla sua camera. Tale spazio era adibito a piccolo bagno e, grazie ad un raffinato sistema di tubi collegati tra loro, ogni camera poteva avere acqua per lavarsi. Eleryn si tolse gli abiti e fece una doccia. Il suo corpo era stanco, provato, ferito in più punti, ma oramai aveva imparato a convivere con il dolore. Si rivestì dopo poco, quindi scese le scale e si ritrovò al piano terra. Rory stava richiamando sua figlia intimandole di pulire meglio il pavimento. Eleryn rise. Il tono della voce di Rory era becero e burbero come sempre, così come il suo aspetto un po' rozzo ed incurato, ma lui sapeva bene che davanti all'apparenza si nascondeva un uomo con un grande cuore. Si conoscevano da quando il giovane mago aveva messo piede a Roian, poco più che bambino. Eleryn aspettò in silenzio. Quando Rory lo scorse un grande sorriso gli coprì il volto.
"Finalmente sei sveglio!"
"Già! Ho dormito anche troppo, ma ne avevo davvero bisogno..."
"Avevo notato. Non ti sei nemmeno fermato a salutare un vecchio amico."
Eleryn ridacchiò. "Scusa Rory, ero davvero stanco... Che ne dici se ci sediamo e parliamo un po'?"
"Ma certo! Da questa parte."
Rory condusse il giovane mago in una piccola stanzetta vicino alle scale, nella quale vi era un piccolo tavolinetto in legno e un paio di sedie rudimentali. Il locandiere chiuse la porta e fece accomodare Eleryn. Si raccontarono molte cose: il viaggio di Eleryn in cerca dell'artefatto menzionato dalla pagina del libro, i bizzarri clienti che a volte facevano visita alla locanda di Rory, il colloquio avuto dal giovane mago con il cancelliere Jelson.
"Dunque, sei alla ricerca di una misteriosa setta che potrebbe avere a che fare con il maleficio che ha colpito tua sorella e della quale non sai nulla, e per liberarla devi aggrapparti ad una pagina strappata da un libro antichissimo del quale non puoi verificare la veridicità." Rory fece una pausa. "Sono tempi duri anche per te eh, vecchio mio?"
Eleryn sorrise. "Eh si. Ma non demorderò, mi conosci."
"Oh si, ti conosco bene! Eri testardo sin da bambino! Proprio come quando ti ripetei migliaia di volte di non andare a giocare fuori con la pioggia ma tu non mi ascoltassi. Il raffreddore ti durò settimane."
I due risero di gusto. Eleryn riprese serio. "Rory, se durante la mia assenza hai sentito qualcosa, qualsiasi cosa... Dimmelo. Sarebbe importante."
"Mi dispiace, Eleryn, ma non so niente di questo Culto..."
Il giovane mago sbuffò e si lasciò scivolare lungo lo schienale della sedia.
"Fatti forza. Dopo aver pranzato prova a farti un giro in città, magari avrai fortuna."
"Fortuna? E chi ci crede più... Comunque, farò come dici. Grazie, Rory."
Il locandiere sorrise e accompagnò Eleryn fuori dalla stanza. I due pranzarono assieme agli altri clienti ed il giovane mago seguì il consiglio dell'amico: uscì subito dopo aver mangiato coprendosi il volto con il cappuccio e si fece un giro in città. Trascorse quasi metà pomeriggio fuori dalla locanda, e non vide altro che la solita Roian che aveva lasciato settimane prima, le solite donne che stendevano il bucato per le via, i bambini che giocavano felici e gli uomini che lavoravano solerti. Vide le stesse cose che scorse una volta varcato il cancello della città, ma stavolta non gli fecero lo stesso bell'effetto. Eleryn aveva cercato a lungo altri indizi dopo la pagina del libro, ma non ne aveva trovati. La speranza che questo strano Culto c'entrasse con sua sorella era flebile, e nonostante la giovane età aveva imparato a non dare troppa fiducia a certe cose. I suoi pensieri vennero interrotti all'improvviso da un grido. Era una voce femminile e proveniva non molto lontano da lui. Identificata la possibile direzione di provenienza, Eleryn vi si precipitò. Continuò a seguire le grida, quando ad un tratto arrivò in una piccola stradina, un vicolo cieco, ed in fondo ad esso scorse due banditi che stavano tenendo ferma una donna nel tentativo di derubarla. Il giovane mago non perse tempo e si avventò sui due manigoldi, i quali lo videro troppo tardi per poter imbastire una difesa efficace. Eleryn sguainò la spada e colpì violentemente con l'elsa il cranio di uno dei due, mentre fronteggiava l'altro con il bastone. Il bandito colpito cadde rovinosamente a terra, stordito. Il suo compagno riuscì con un veloce affondo a far indietreggiare il giovane mago. Immediatamente ne tentò un altro, ma Eleryn lo anticipò e con un rapido movimento del bastone lo disarmò, dopodichè puntò la spada alla gola del bandito.
"Se non vuoi finire con il tuo amico vattene e non tornare mai più."
Il ladro deglutì violentemente ed annuì con la testa, alzando le mani in segno di resa. Prese il suo compagno da sotto le braccia e lo trascinò via tentando di caricarselo in spalla. Quando i due si furono allontanati Eleryn rinfoderò la spada e prestò soccorso alla donna, rimasta incollata al muro che si trovava in fondo alla strada.
"Ti sei fatta male?" Chiese.
"No, no... Sto bene..." Alzò la testa. Eleryn non era riuscito a vederla in volto prima poichè era impegnato nel combattimento. I suoi lunghi capelli biondi le coprivano appena gli occhi, lasciando però intravedere il loro colore azzurro come il mare in cui ogni uomo si vorrebbe tuffare. I lineamenti dolci e sinuosi del volto disegnavano sulla pelle della ragazza un mosaico di bellezza così perfetto che nemmeno nelle favole che si raccontano ai bambini ci si può immaginare tanto. Il cuore di Eleryn ebbe una sincope. Scosse leggermente la testa per risvegliarsi dal torpore e poi aiutò la ragazza a rialzarsi.
"Grazie... Come potrò mai sdebitarmi?"
Pensieri indicibili si affollarono nella mente di Eleryn. "Non preoccuparti, mi basta che tu sia viva. Piuttosto, come mai quei banditi ti avevano presa di mira? Porti molti soldi con te?" Il giovane mago lo stava chiedendo anche se i suoi abiti non gli sembravano quelli di una nobildonna aristocratica.
"No, effettivamente no..."
Eleryn aggrottò le sopracciglia.
"Bhè, forse ti meriti la verità... Dopotutto mi hai salvato la vita." La ragazza infilò la mano nella bisaccia che teneva a tracolla e ne estrasse un pezzo di carta. "Ecco, vedi? Cercavano questo. L'ho... preso in prestito da una persona, in una locanda. Fa menzione di un luogo di ritrovo per una certa organizzazione segreta chiamata Culto..."
Il giovane mago si sforzò di mantenere la calma. Doveva avere quel pezzetto di carta, era l'indizio in cui oramai non sperava più.
"Ah, capisco. E cosa pensavi di farne, esattamente? E poi non sei molto diversa da loro se... "prendi in prestito" le cose, sai?"
"Lo so, ma era una vita che cercavo qualche riferimento al Culto."
"Ehi ma... aspetta, poco fa sembrava non ne sapessi niente di questa setta, adesso invece hai completamente cambiato tono."
"Ehm... Bhè, forse. E allora? Comunque non sperare di incantarmi con le parole, anche tu oggi alla locanda hai raccontato del Culto al padrone!" La ragazza si mise di scatto una mano alla bocca.
"Cosa...? Tu ci stavi origliando? Ma come hai potuto farlo?"
"... So essere scaltra e furtiva, quando voglio. Ma il punto non è questo! Il punto è che speravo di poter carpire qualche informazione interessante sul Culto... Io devo trovarlo. Vedi... Mio fratello versa in uno stato vegetativo da una settimana... I medici non sanno cosa dire, nessuno sa cosa fare. L'unico indizio che ho è questo pezzetto di carta ammuffito che fa menzione del Culto e di un loro luogo di ritrovo qua, a Roian..."
Eleryn rimase allibito. Un'altra persona vittima del maleficio che aveva colpito sua sorella ed il re. Tra l'altro la ragazza gli stava raccontando una storia così simile alla sua che quasi non gli sembrava vera. Si ricompose.
"Perchè non sei andata subito nel luogo indicato dal biglietto?"
"Mi hai visto, no? Non riuscivo a tenere a bada neppure due banditi... Se mi avessero scoperta per me sarebbe stata sicuramente la fine. Ed io non posso permettermi di morire prima di aver salvato mio fratello. Senti, è vero che non ci conosciamo, ma ho visto come combatti, e non lo avresti fatto se non avessi un animo buono... Che ne diresti di accompagnarmi?"
"Non se ne parla neanche. Io viaggio da solo, e non sono intenzionato a fare da balia alle ragazzine indifese."
"Screanzato!"
"Senti, mi dispiace per tuo fratello, ma credo che dovresti dare quel pezzetto di carta a me. Lo riporterò dal cancelliere, così le autorità saranno informate di questa grossa minaccia per Roian."
"Ma..."
"Non fare storie. Mi avevi chiesto che cosa tu potessi fare per sdebitarti, no? Bhè, ecco cosa."
La ragazza rimase senza parole per qualche secondo. Poi parlò. "Credo che tu abbia ragione... Scusa. Ti devo la vita. Spero solo che le guardie riescano a scoprire di più su questa setta e trovare una qualche cura..."
"Sono sicuro che lo faranno."
La ragazza consegnò il biglietto ad Eleryn, il quale fece un piccolo inchino in segno di saluto, dopodichè si congedò. Oramai si era fatto il tramonto, dunque tornò alla locanda per la cena.


Ad Eleryn non sembrava vero di aver finalmente trovato il luogo dove il Culto si riuniva, e non doveva neppure fare troppa strada per arrivarvici, visto che la setta aveva deciso di stabilire come punto di ritrovo le fogne della città. Non era un'idea sbagliata, visto che sono proprio i posti sotto gli occhi di tutti ad essere i più invisibili. Il giovane mago non smise un attimo di pensare alla storia che gli aveva raccontato la ragazza, durante il viaggio verso la sua nuova meta. Si sentiva un verme per come l'aveva abbindolata, ma giurò a sè stesso che se avesse mai trovato quell'artefatto e ciò avesse sciolto il maleficio, allora avrebbe salvato sia il re che il fratello della donna, oltre a sua sorella. Arrivò davanti al piccolo cancello che conduceva nelle profondità delle fogne. Era stato ben attento a non farsi seguire. Con sua amara sorpresa, però, trovò un enorme lucchetto in ferro che impediva l'entrata a chi non era in possesso della chiave. Era così preso dall'entusiasmo che non aveva pensato a questa possibilità. Tirò fuori la spada dal fodero e provò a forzare la serratura. Eleryn era intento nel suo operato, quando all'improvviso percepì uno strano movimento dell'aria. Fece finta di niente, ma ad un tratto si voltò di scatto brandendo la spada. Con sua estrema sorpresa si ritrovò faccia a faccia con la ragazza che aveva salvato poche ore prima.
"Ehi ehi ehi, calma! Non si puntano le armi contro le signore!" Scherzò lei.
"Che ci fai tu qui?" Eleryn la incenerì con lo sguardo.
"Cosa pensavi? Che non avessi mai provato almeno a vedere il luogo citato sul biglietto? O che avessi rinunciato così in fretta alla salute di mio fratello? Bhè ti sbagliavi, caro mio."
Eleryn rinfoderò la spada e la guardò stupito.
"Si da il caso che fossi sicura che saresti venuto qua, stanotte. Te lo si leggeva negli occhi. Non sei bravo a mentire, eh? Ed ero altrettanto sicura che non saresti riuscito a scassinare questa serratura..."
Il giovane mago si sentì parecchio stupido e prevedibile, in quel momento.
"... Ma per tua fortuna io con i lucchetti ci so fare. Lascia fare a me."
La ragazza lo scansò con un braccio, poi si tolse una forcina dai suoi lunghi capelli e la infilò nella serratura. In pochissimo tempo, essa scattò e la porta si aprì. La giovane donna fece segno ad Eleryn di avercela fatta e poi varcò la soglia delle fogne.
"Andiamo?"
"Ehi, aspetta un att-"
"Senti, se non fosse stato per me, tu non saresti mai entrato. Quindi forza, andiamo, me lo devi." Lo interruppe lei. Eleryn si zittì, chinò la testa e la seguì.
"Comunque, mi chiamo Sylvie. Piacere di conoscerti..."
"Eleryn."
"Bel nome!" Gli sorrise.
I due si avventurarono piano piano nel buio dei cunicoli, ignari di che cosa avrebbero trovato all'interno.



 
Spazio dell'autore: eccoci arrivati al terzo capitolo! Le cose iniziano a prendere una direzione e sono in via di completamento dei capitoli successivi, quindi fatemi sapere che cosa ne pensate di questo capitolo in particolare o dell'intera storia, e grazie in anticipo per l'attenzione! Buona lettura!
Vi lascio il link di una one shot (sempre genere fantasy) che ho pubblicato recentemente, se vi va dateci un'occhiata e datemi un vostro parere! A presto!
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2832857&i=1

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Capitolo 3
*** 2. ***


2. I piedi gli dolevano per il lungo viaggio. Era quasi arrivato alla capitale del regno, Roian, ma il giovane uomo non riusciva a darsi pace. Aveva dovuto uccidere dei banditi che gli avrebbero altrimenti riservato la stessa sorte. Un tempo le strade di Alasteria non erano così: spesso vi erano interi cortei composti da famiglie che percorrevano quelle stesse vie, ora insicure e pericolose, facendo giocare i propri figli ed osservandoli rincorrersi. Viandanti, pellegrini o anche semplici mercanti erano all'ordine del giorno. Adesso invece tutti avevano paura ad intraprendere lunghi viaggi e lo facevano soltanto se necessario. Ma il mago aveva ben altro a cui pensare, adesso. La capitale era in vista.

Dopo un altro paio d'ore di cammino, quando la mattinata era già ben avviata, l'uomo arrivò davanti all'imponente cancello di metallo che separava Roian dalle varie strade che a lei portavano. Due erano le guardie che lo rvegliavano, armate di tutto punto e sommerse da un'enorme corazza.
"Alt. Dove credi di andare?" Gli intimò una di esse spostando la lancia che brandiva verso di lui. "Nessuno entra in città a meno che non abbia affari importanti da sbrigare all'interno."
"Oh, ma io ce li ho." Il mago sorrise beffardamente e scoprì leggermente la parte iniziale della lama della spada.
"Fermati, non osare tirar fuori un'arma in nostra presenza o ricorreremo alla violenza. Cosa...?" La guardia si bloccò d'un tratto, allibita per aver notato qualcosa sull'arma. "Quel simbolo... Ma allora tu devi essere l'Arcimago! Perchè non lo hai detto subito?"
"Mi avreste creduto?" Rispose l'uomo rinfoderando la spada. "Non credo che Jelson si sia soffermato nel descrivermi."
"Ehm... no, effettivamente no, signore. Mi dispiace per l'accoglienza ma sa... Sono tempi duri."
"Non preoccuparti, soldato. Capisco benissimo. Posso entrare, adesso?"
"Certamente, signore. Il Cancelliere la aspetta a palazzo."
"Molte grazie."
La guardia fece un cenno ad un uomo sulla sommità della torre che sovrastava il cancello della città d egli tirò una leva che fece alzare di un paio di metri il cancello. Eleryn entrò in città. Ciò che gli si parò davanti quasi non gli sembrò vero: bambini che giocavano per le strade, donne che lavavano i panni sporchi conversando tra loro, uomini che ridevano seduti in una taverna a sorseggiare boccali di birra, e poi ancora campi coltivati fuori dalle case che producevano splendidi ortaggi, mucche e capre pronte ad essere munte, cani che rincorrevano gatti ed innamorati che si coccolavano. A Eleryn sembrò per un istante di aver ritrovato un piccolo angolo di paradiso. Ma il dovere lo chiamava. S'incamminò per la via principale di Roian, la quale conduceva direttamente dal cancello d'ingresso fino al palazzo reale. All'interno il suo amico Jelson lo attendeva per discutere di questioni importanti.

Il maniero era enorme. Giganteschi torrioni si stagliavano alti fino al cielo ed imponenti mura difendevano il castello dagli attacchi nemici. Numerose guardie erano di ronda e battevano il perimetro senza sosta. Eleryn varcò la soglia, annunciandosi. Subitò Jelson gli si fece incontro. Era un uomo di statura media, un po' stempiato per l'età ma comunque in forma a dispetto degli anni che passavano.
"Eleryn, amico mio! Finalmente sei qui!" L'uomo spalancò le braccia.
"Jelson!" I due si abbracciarono.
"Sono felice di vederti. Hai fatto un buon viaggio?"
"Bhè, a dir la verità ne ho fatti di migliori... Ho dovuto affrontare dei banditi."
"Santo cielo... Le nostre strade nella morsa dei banditi?"
"Già... Tra l'altro l'incontro è avvenuto proprio in quella che conduce qui, alla capitale. Un vero affronto."
"Non ti avranno ferito, spero..."
"Per fortuna no. Ma sono stato costretto ad ucciderli per sopravvivere."
"Non mi sorprende che sia finita così, sei pur sempre l'Arcimago di corte!" Scherzò Jelson, tentando di sdrammatizzare. Eleryn ridacchiò. "E per il resto...? Come sta tua sorella?"
Il volto del mago s'incupì.
"Non bene, purtroppo. Giace sempre a letto, in uno stato di sonno profondo. Niente riesce a svegliarla e nemmeno a smuoverla. Ma il suo cuore batteva ancora. L'ho fatta visitare dai migliori medici ed erboristi della contea, ma nessuno ha saputo dirmi nulla."
"E tu che cosa ne pensi? Che si tratti di magia?"
"Non ne ho idea. Non percepisco niente, è come se tutte le mie conoscenza non servissero a nulla in questa situazione. Mi sento inutile."
"Non abbatterti, amico mio... Troveremo una soluzione, vedrai." Gli diede una pacca sulla spalla.
"Speriamo... Comunque sia, ho una piccola speranza." Gli occhi di Eleryn brillarono di una rinnovata luce.
"Ah si? In che cosa consiste?"
"Ero disperato, Jelson. Nessuno sapeva dirmi che cosa avesse mia sorella ed io per primo non capivo la natura del suo male. Così sono andato alla Biblioteca Antica."
"Ottima scelta! Le conoscenze tramandate negli anni dai medici del passato potrebbero avere una risposta."
"Bhè, non proprio. Ma quantomeno, una volta entrato all'interno dell'edificio, ho percepito una strana essenza magica provenire da uno scaffale."
Jelson era interessato e tese l'orecchio.
"Ho trovato un libro. Trattava di malefici e maledizioni. L'ho spulciato in ogni sua parte, fino a che non ho trovato una pagina che risultava impregnata di un potere oscuro. Parlava di un maleficio antico, oramai creduto scomparso, che aveva il potere di rendere le personi simili a piante, inermi e fragili."
"Mio Dio..."
"E non è finita qui. All'interno del libro si parlava di... un possibile antidoto, rappresentato da un artefatto, un monile... questo non veniva specificato. Ma esiste una cura."
"Sei deciso a trovarla?"
"Assolutamente si. Ecco, guarda, ho preso il libro strappato quella pagina per potertela mostrare."
Eleryn tirò fuori dalla bisaccia un pezzo di carta consunto dal tempo. Su di esso vi erano incise scritte composte di antichi caratteri, probabilmente idiomi vecchi di millenni. Jelson non ne capiva molto, ma sapeva che il suo amico non gli stava mentendo. Si fece forza.
"Ecco vedi, Eleryn... Sono molto contento per questa svolta positiva, ma c'è una cosa che devi sapere."
Il giovane mago scrutò il vecchio amico con un'espressione a metà tra il curioso e lo spaventato. "Va' avanti."
"Vedi... il nostro Re, il beneamato Sylveon..." Jelson si bloccò di colpo trattenendo le lacrime. Eleryn gli mise una mano sulla spalla. L'uomo chiuse gli occhi e si fece forza, poi continuò. "Egli versa in uno stato simile a quello di tua sorella."
"Che... Che cosa? Dici sul serio?"
Jelson annuì.
"Come è successo? Quando?"
Jelson sapeva che Eleryn ed il re si volevano molto bene. Era stato proprio Sylveon ad insignirlo al titolo di Arcimago di corte. Ai tempio era molto giovane, eppure il suo potere magico non aveva eguali. La sua nomina aveva adirato non poche ire dei maghi più anziani, ma al re non importava. Aveva percepito da tempo la bontà nel cuore di Eleryn, e d'altro canto il giovane mago vedeva Sylveon come un secondo padre, più presente di quello naturale.
"E' così, mi dispiace. E' accaduto all'improvviso, nella notte. Il giorno prima tutto come al solito, e poi... Più nulla."
"E i dottori?"
"Nessuno sa darci risposte. Il nostro Re era sicuramente attanagliato dal pensiero di rendere più sicuro il suo regno, le continue notizie di assalti a carovane e civili lungo le strade lo stavano erodendo mentalmente, ma niente da poter giustificare una tale conseguenza."
"Non è possibile... Se anche il re ci abbandona, che cosa possiamo fare noi...?"
"No, Eleryn, non dobbiamo abbatterci! Il nostro re non lo avrebbe voluto! Lo sai anche tu. Dobbiamo lottare con tutte le nostre forze per svelare che cosa si cela dietro tutto questo, e la notizia che mi hai portato potrebbe completare il quadro."
"Che cosa intendi dire?"
"Durante la tua assenza ho cercato di avere informazioni. Ho sguinzagliato i miei uomini per tutta Alasteria. Non sono riusciti a trovare niente di interessante, se non..."
"Se non?"
"Se non testimonianze di una strana organizzazione, una setta, possiamo dire. Anche alcuni abitanti di Roian sembrano farne parte. Pare che alcuni adepti si riuniscano di notte in luoghi segreti, anche se non sappiamo con che frequenza. Questa organizzazione è nota semplicemente come... Il Culto. Potrebbero avere a che fare con la Negromanzia..."
Eleryn rabbrividì. Magia nera. Proibita anche solo da conoscere per sentito dire. Malocchi, maledizioni, incantesimi oscuri... Empi. Si sarebbe spiegato perchè non percepiva nulla riguardo sua sorella, la negromanzia era una branca della Magia a cui Eleryn non aveva accesso nemmeno con il pensiero. Doveva fare qualcosa. Strinse forte i pugni.
"Andrò in giro per la città, tenterò di scoprire qualcosa."
"Sapevo che ti saresti offerto. Non ti smentisci mai. Ma prima riposa alla locanda, dirò che ti lascino una stanza e ti preparino un pasto caldo, non dovrai pagare nulla."
Eleryn sorrise, dopodichè si rimise il cappuccio sulla testa e fece per uscire.
"Eleryn..."
Il giovane mago si voltò.
"Fai attenzione, amico mio."
Sorrise, e s'incamminò in direzione della locanda.



 
Spazio dell'autore: Ecco a voi il secondo capitolo! Devo ammettere che forse si parla un po' troppo e c'è poca azione, ma mi serviva un capitolo dove poter dare una direzione alla storia. Fatemi sapere cosa ne pensate e buona lettura! ^^

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Capitolo 4
*** 4. ***


4. Le fogne erano il posto più inospitale di tutta Roian. In quel luogo infatti confluivano tutti i liquami prodotti dalle scorie e dai rifiuti che le persone gettavano nei pozzi collegati al complesso sistema di scolo presente in città. Larga parte del cunicolo che Eleryn e Sylvie dovevano attraversare era ricoperto di acque putrescenti e soltanto i bordi laterali erano percorribili a piedi. Una fitta nebbia scaturiva da quei liquidi nauseabondi e la visibilità era così scarsa a causa delloscurità che i due dovevano procedere a tentoni, tastando continuamente la parete e tenendo lo sguardo fisso a terra.
"Vado avanti io, non preoccuparti." Disse Eleryn cavallerescamente.
La ragazza acconsentì e i due iniziarono ad avanzare piano piano. Poco dopo, visto che si erano allontanati abbastanza dall'entrata, e che nemmeno la flebile luce della luna illuminava più il cammino, Eleryn passò la mano sulla parte arrotondata del proprio bastone, il quale prese fuoco esattamente come la volta precedente, senza perciò consumarsi. Sylvie lo guardò stupita.
"Conosci la magia?"
"Un po'... Diciamo che ho fatto molta pratica."
"Oh. E dimmi, grande mago," Fece lei ironica. "Come mai non te ne sei servito per aprire la porta, prima?"

Eleryn arrossì leggermente. "Non è che se conosco un po' di magia debba per forza riuscire a far tutto."
Il che era vero. Infatti non sapeva niente sulla negromanzia se non che era pericolosa, e i suoi studi si erano concentrati principalmente sugli incantesimi offensivi e su come poter utilizzare la magia in un combattimento vero e proprio. Il titolo di Arcimago veniva infatti assegnato a colui che doveva divenire una vera e propria guardia del corpo del Re. Nonostante l'Arcimago stesse continuamente a contatto con il sovrano non era una persona molto conosciuta all'interno del regno, sia dai cittadini che dalle guardie di palazzo. Più la sua identità rimaneva segreta, maggiori erano le possibilità dell'Arcimago di poter prevenire eventuali attacchi alla persona del Re. Avanzarono ancora.
"Iiiih!" Gracchiò Sylvie.
"Che cosa succede?" Eleryn si voltò allarmato, illuminando la parete con il proprio bastone. Si levarono in volo numerosi pipistrelli, emettendo il loro carettiristico stridio. I due si coprirono i capelli con le mani.
"Perdonami... Stavo guardando a dove mettevo i piedi e ho urtato uno di loro per sbaglio... Mi sono spaventata."
"Stai tranquilla, non è successo nulla." Eleryn si sorprese di trovarsi a pronunciare parole tanto consolatorie per una ragazza. Cambiò espressione di colpo.
"Fa' silenzio. Seguimi, e vedi di non fare rumore nemmeno mentre cammini."
Aveva avvertito qualcosa. Avanzarono qualche metro e Sylvie si rese conto che Eleryn si faceva sempre più teso. Percepiva chiaramente qualcosa. Ad un tratto scorsero in fondo al tunnel una fioca luce, come di una torcia. Il giovane mago bloccò Sylvie allungando un braccio verso di lui e sbirciò poco più avanti. Scorse delle persone incappucciate più in basso di loro che si stavano radunando nella sala sottostante. Non si erano accorti del fatto che il tunnel che stavano percorrendo si stesse inclinando verso l'alto, e così si erano ritrovati in una parte rialzata del cunicolo. Eleryn fece cenno alla ragazza che aspettava una sua mossa di raggiungerlo vicino all'apertura da dove il giovane mago stava scrutando la situazione. I due rimasero attoniti per un po' quando videro almeno cinquanta persone vestite con una lunga cappa marrone radunarsi davanti ad un sol'uomo. Le persone presenti tenevano le mani giunte davanti a loro, stese lungo il corpo. I due osservatori non ci misero molto a capire di trovarsi di fronte ad una qualche specie di funzione religiosa.
"Che sia..." Sussurrò piano Sylvie. Eleryn le fece cenno di fare silenzio e spense con la mano il fuoco dal bastone.
"Siamo qui riuniti oggi, come ogni sera, per celebrare il nostro Dio, il grande e potente Void." Un uomo si tolse il cappuccio che aveva indossato fino a quel momento e salì su una piccola piattaforma rialzata, di modo da poter parlare alla folla. Era anziano ed aveva il volto incavato dalla rughe. "Cari fratelli e sorelle, vi chiedo di mostrarmi il Segno come prova d'appartenenza alla nostra Sacra Confraternita." Cinse le mani come in preghiera e chinò la testa. Piano piano, rigorosamente uno alla volta, tutte le persone presenti nella sala si avvicinarono all'uomo e si scoprirono il braccio sinistro fino all'altezza del gomito. Eleryn e Sylvie aguzzarono la vista.
"Non riesco a vedere bene... Sembra che abbiano una qualche specie di simbolo..." Eleryn sentì il fiato caldo e dolce della ragazza nell'orecchio. Sapeva che gli stava parlando da così vicino per non farsi sentire, ma per un attimo sussultò.
"Pare anche a me." Rispose "Ma nemmeno io posso esserne certo. Credo che abbiamo imboccato la strada giusta."
Eleryn notò con imperdonabile ritardo la presenza di un libro su un altare  alle spalle dell'uomo che svolgeva la funzione. Era adornato da simboli che sembravano antichi, mistici. Pensò subitò che se voleva dissipare i suoi dubbi su quel marchio e riuscire a scoprire di più su quella strana setta doveva averlo, ma era impossibile rubarlo con tutte quelle persone. Ma adesso aveva Sylvie... Gli aveva raccontato di averlo origliato alla locanda e lui non si era accorto di nulla, e anche di aver derubato in passato. Che forse lei potesse farcela? Era troppo pericoloso, non glielo avrebbe mai chiesto.
"Molto bene, fratelli." Riprese l'anziano uomo dopo che tutti ebbero terminato la processione. "Scopritevi il volto in segno di fiducia verso la Setta."
Tutti i presenti si tirarono via i cappucci.
"Scorgo molte facce conosciute... Noto con piacere che l'abbraccio del Dio della notte vi avvolge sempre più." Sorrise lievemente. "Ma soprattutto scorgo anche facce nuove, intonse, che forse fino a poco tempo fa credevano che ci potesse essere un mondo di pace là fuori."
Molti dei presenti erano poco più che ragazzi.
"Ripetiamo tutti assieme i fondamenti della nostra religione, così che i teneri agnellini del nostro gregge li possano conoscere e farli loro."
L'anziano chiuse gli occhi e si inginocchiò, e ugualmente fecero tutti coloro che Eleryn e Sylvie capirono aver già partecipato ad almeno una di quelle funzioni. Assieme ripeterono a mo' di cantilena una sottospecie di preghiera.
"Void Dio della notte, Dio delle tenebre,
A te noi ci votiamo, a te noi tutto doniamo,
per far si che tu possa far scomparire
dalle nostre vite le ombre di una vita difficile.
Dal volere del tuo Eletto noi creeremo un nuovo regno,
e porteremo un'epoca di pace e prosperità. Il Culto ti seguirà ovunque tu ci manderai, e farà ciò che tu ci comandi. Che tu sia lodato."
Eleryn e Sylvie rabbrividirono. L'avevano trovato, avevano visto giusto, esisteva per davvero una setta che stava tramando qualcosa per minare la stabilità del regno di Alasteria e che contava numerosi fedeli. La giovane ragazza si mise la mano alla bocca per l'incredulità. Mentre la funzione proseguiva si fece forza.
"Dobbiamo rubare quel libro. Altrimenti sarà stato tutto inutile."
"Cosa? No, Sylvie, non possiamo."
"Smettila di fingere, so che lo avevi notato da prima di me."
"Anche se fosse? E' troppo pericoloso, loro sono almeno cinquanta e noi siamo solo in due."
"Ho un piano, ma dovrai fidarti di me."
"E se non lo volessi fare? E se ci scoprissero?"
"E se stessi un po' zitto? Ascolta ciò che ho da dirti e poi decidi di conseguenza."
Stanco per le insistenze della ragazza e in parte voglioso di mettere le mani sul libro che forse conteneva nuovi indizi per poter guarire sua sorella, Eleryn annuì. Sylvie gli spiegò il piano.
"Io mi occuperò di rubare il libro perchè sono più agile di te e conosco i metodi. Mi servirò di quell'appiglio." Indicò un tubo che sporgeva poco al di sopra dell'altare sul quale era poggiato il tomo. "Userò i nostri mantelli e le tracolle delle nostre bisacce per costruire una corda, la lancerò e mi aggrapperò a quel tubo. Con un po' di fortuna e sperando che non mi crolli il soffitto addosso riuscirò a recuperare il libro e a tornare quassù in pochi secondi. Tieni tu le borse di entrambi, mettile sotto la maglia."
"Fin qua nulla da eccepire. Ah si, una cosa."
"Dimmi."
"Non ti sei dimenticata delle persone là sotto, vero? Sai, penso che un aspirante scimpanzè che volteggia su e giù per la stanza appesa ad una liana di fortuna dia leggermente nell'occhio."
"Ed è proprio qui che entri in gioco tu, caro il mio mago simpaticone!"
"Io?"
"Esatto, tu mi servi per farli distrarre. La vedi la torcia appesa al muro nel cunicolo davanti a noi? Tu le darai fuoco lanciando una magia quando tutti chineranno la testa per pregare. Sei in grado di farlo, vero?" Eleryn annuì. "Benissimo. Dopodichè scenderai con un salto mentre tutti sono voltati e dichierarai candidamente di voler rubare il libro."
"Cosa?" Il giovane mago si trattenne con tutte le forze dall'urlarlo. "Ma tu sei pazza o cosa? Che diavolo di diversivo sarebbe?"
"E' perfetto! Dopo averlo fatto correrai via a gambe levate e tutti ti inseguiranno! Sei pur sempre un ladro eretico!"
Elery non aveva parole, era allibito. Trovò appena le forze per risponderle. "... Ammesso che la tua folle idea funzioni, io come dovrei fare ad uscire vivo dalle fogne?"
"E io che ne so! Sei tu il mago, fa' una magia. Bloccali, rallentali. Torna all'uscita e fuggi, ti aspetterò fuori città. Con il favore delle tenebre potremo addentrarci nella foresta quà vicino e far perdere le nostre tracce."
"Io... non credo sia una buona idea."
"Ma è l'unica idea che abbiamo. Forza, sfilati il mantello."
Eleryn si sorprese di ritrovarsi ad ubbedirle. Si sfilò il mantello e Sylvie legò gli indumenti ben stretti tra loro, dopodichè recise con la punta del bastone del giovane mago le tracolle delle borse e le unì anch'esse sino a formare una corda abbastanza lunga. Pensò che sarebbe bastata. I presenti chinarono il capo e chiusero gli occhi recitando una preghiera poco dopo che la ragazza ebbe completato il suo lavoro. Era il segnale. Eleryn deglutì con forza e si fece coraggio. Scagliò un piccolo globo infuocato che centrò in pieno la torcia sul muro del cunicolo più lontano da loro, facendo scaturire una notevole luce con conseguente vampata di calore. Tutti i fedeli si voltarono ad osservare stupiti dall'accaduto, e il giovane magò saltò giù nel cunicolo sottostance seguendo il piano. Sylvie, intanto, stette ben attenta a non farsi scrogere ritraendosi leggermente. Quando i presenti si accorsero di Eleryn rimasero sorpresi.
"E tu chi da dove diavolo vieni?" Fece uno.
"Ehm... Io vengo... Da un altro mondo."
"... Che cosa?"
Eleryn improvvisò nella speranza di uscirne vivo.
"Si, avete capito bene. Io mi sono teletrasportato quà per darvi la giusta punizione. Sono uno degli dei più potenti che esistano, e la mia ira si abbatterà su di voi! Ma quest'oggi sarò buono e, visto che mi voglio divertire, vi concedo la possibilità di poter fuggire e salvarvi in questo modo da me, a patto che lo facciate subito!"
Fu il silenzio.
"Questo qua è tutto matto. Prendiamolo e scopriamo chi è davvero."
"Ecco che arrivano..." Disse sommessamente il giovane.
La sua improvvisazione evidentemente non aveva funzionato. Eleryn creò all'istante appuntite stalattiti di ghiaccio che fece fuoriuscire dal terreno per tenere lontana la folla e se la diede a gambe più veloce che poteva sfoderando la spada, premunendosi. Tutti i presenti gli si gettarono dietro a corsa. Sylvie cercò di trattenere le risa mentre aspettava che tutti se ne fossero andati, dopodichè ritrovò la concentrazione e lanciò la corda, la quale si appese perfettamente all'appiglio. La giovane donna si legò l'altra estremità della fune di fortuna in vita e si lanciò, speranzosa di non franare al suolo, cosa che per fortuna non successe. Prese il libro dall'altare con una mano e spiccò un gran balzo, dopodichè incominciò ad ondeggiare, dapprima lentamente, poi con sempre più foga, fino a che la forza del suo movimento non la riportò esattamente al punto di partenza. Sciolse la corda e si diresse verso l'uscita.
Intanto Eleryn sentiva il fiato dei suoi inseguitori sul collo. Sapeva che i Cultisti andavano estirpati dal regno, ma non voleva combatterli. Probabilmente non gli era ancora chiaro di come i più giovani fossero entrarti a far parte di quella setta e di quanto profonde fossero le loro ragioni. Scorse il cancello dal quale era entrato poco più avanti rispetto a lui, ma la folla era troppo vicina e stava per raggiungerlo. Si voltò verso il cunicolo alle sua spalle e si concentrò per un attimo. Puntò il bastone verso il terreno e un muro di fiamme incandescenti scaturì dal pavimento proprio in quel punto. Il fuoco ricopriva completamente ogni centimetro del tunnel, impedendo il passaggio. La folla si accalcò vicino a quel muro incandescente inveendo contro Eleryn. L'uomo anziano che teneva la funzione scorse il simbolo sull'elsa della sua spada.
"L'Arcimago..." Disse tra sè e sè.
Eleryn si voltò in direzione della porta d'uscita e in un attimo fu fuori sia dalle fogne che, poco dopo, dalla città. Lì ritrovò Sylvie con il libro in mano e fu felice per entrambe le cose.
"Ce l'hai fatta."
"Anche tu, vedo. Ma non c'è tempo adesso, andiamo."
"Si."
Corsero a perdifiato addentrandosi nella foresta. Ci erano riusciti.




 
Spazio dell'autore: Ecco a voi il quarto capitolo! Fatemi sapere che cosa ne pensate, ogni parere/critica sarà ben accetto! Grazie in anticipo e buona lettura ^^
P.s.: Vi lascio il link di una one - shot sempre a tema fantasy, se vi va dateci un'occhiata! http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2832857&i=1

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Capitolo 5
*** 5. ***


5. Si allontanarono parecchio da Roian, furono come inghiottiti dalla foresta che si faceva via via più fitta. Non avevano più fiato, quando finalmente trovarono uno spiazzo dove la vegetazione era meno densa. I due si fermarono. Era notte fonda.
"Non ci credo... Siamo... Siamo salvi!" Sylvie si voltò verso Eleryn e gli sorrise.
"Già..." Riuscì a malapena a dire lui, affaticato.
"Grazie." La ragazza lo abbracciò avvolgendo le sue braccia attorno al collo del mago. "Hai creduto in quella folle idea e... ce l'hai fatta. Non avrei potuto sopportare di saperti morto per colpa mia." Eleryn rimase immobile, stupito ed emozionato per quella stretta che lo teneva fermo, impotente ma felice. Avrebbe voluto non finisse mai. Ricambiò il gesto accarezzandole i lunghi capelli.
"Non ringraziarmi... Alla fine ha funzionato, visto? E abbiamo ottenuto ciò che volevamo."
"Oh, giusto!" Sylvie mollò la presa. "Ecco qua il libro!"
Lo porse ad Eleryn, il quale iniziò a sfogliarlo. I due si sedettero per terra appoggiati ad una grande roccia. Dopo qualche minuto il giovane mago ebbe finito di ispezionare il tomo.
"Dimmi che c'è qualcosa di utile." Fece lei.
"Probabilmente meno di quanto ci aspettassimo, ma è comunque oro colato."
"Sappiamo chi è l'eletto del quale farfugliava quel vecchio alla cerimonia?"
"Nel libro non ve n'è menzione. Ma pare che questo tomo sia una sorta di... breviario sacro nel quale venivano scritte le preghiere più importanti per il Culto."
"Interessante." commentò ironicamente lei.
"Vero? Però c'è dell'altro. Due cose, a dir la verità."
"Non farti pregare." Sylvie ridacchiò per la battuta non voluta.
"Guarda qua." Eleryn aprì una pagina del libro e gliela mostrò. Su di essa era raffigurato un simbolo e accanto era riportata un'iscrizione in un antico linguaggio.
"Riesci a capirlo?"
"Per fortuna è un'idioma che ho studiato durante i miei corsi a palazzo. C'è scritto che questo simbolo è il segno di riconoscimento dei Cultisti. Viene inciso con un coltello sul braccio sinistro di ogni accolito. C'è chi non sopravvive all'iniziazione."
"Il simbolo che tutti avevano nelle fogne..."
"Esatto. Sarà la nostra arma per riconoscere i cultisti, da adesso in poi. Non dimenticarti mai questo disegno."
Sylvie annuì un po' spaventata.
"Che cos'altro hai scoperto?"
"Sembra che questo tomo sia dedicato ad una persona importante nelle gerarchie del culto. Forse il vice - capo, non viene specificato... Viene soltanto nominato con tanto di dedica. Si chiama Izo. Izo Toir."
La ragazza sbiancò e si mise una mano alla bocca.
"Che succede? Lo conosci?"
Annuì. "Lui... è tristemente famoso dalla zona da cui provengo io. Non e' nulla di più che un bastardo. E' il signore di un piccolo villaggio a nord di qua, vive nella ricchezza nella sua isolata dimora mentre i suoi sudditti coltivano la terra che poi dovranno cedergli. Non ha pietà di fronte a nulla."
Eleryn non l'aveva ancora vista arrabbiarsi o anche solo alterarsi, nemmeno a causa del tentativo di furto da parte dei banditi, a Roian.
"Sapresti condurmi a questo villaggio di cui parli, da qui?"
"Certo. Che cosa hai intenzione di fare?"
"Scoprire di più sul Culto interrogando Izo. E magari dargli anche una bella lezione."
Gli occhi di Sylvie brillarono come lanterne nella notte. Poi si incupirono di nuovo.
"Eleryn... tu chi sei? Che cosa ti spinge a fare tutto questo? Nessuno in quest'epoca può essere animato dal solo senso di giustizia. Voglio che tu mi dica la verità."
La ragazza si fece seria. Eleryn la osservò per un po', dopodichè prese la sua decisione. Si alzò in piedi e si posizionò davanti a lei. Sguainò la spada.
"Vedi questo simbolo all'inizio della lama?"
"Si."
"E' fatto con un inchiostro speciale che si estrae da una pianta rarissima. Indica una posizione sociale importante, così come il materiale della spada."
"Argento Volgen." Lo interruppe lei.
Eleryn si meravigliò delle sue conoscenze. "Esattamente."
"Chi sei?"
"Mi chiamo Eleryn Flemi, e sono l'Arcimago di corte." Fece un piccolo inchino. "La spada, l'inchiostro, le mie conoscenze, la mia padronanza delle arti magiche... Derivano tutte dalla mia carica."
Sylvie rimase incredula. Non si aspettava di certo che a salvarla fosse l'Arcimago di Alasteria. Scosse la testa come a cacciar via i pensieri, poi riprese ironica.
"E come mai ti sei allontanato da palazzo, Arcimago?"
"Ho saputo che mia sorella versa in uno stato vegetativo da settimane. Sono corso da lei, è tutto ciò che mi rimane dalla scomparsa dei miei genitori mentre io ero a palazzo. Vedi, provengo da una famiglia molto povera, e quando nacqui i miei non avevano nemmeno i soldi per potermi dare da mangiare. Sperarono che il re fosse abbastanza buono da potermi trovare un posto da sguattero di palazzo, cosa che sarebbe stata comunque meglio della vita che mi avrebbe aspettato rimanendo con loro. Le cose andarono diversamente, imparai la magia giovanissimo e sviluppai un grande potere. I corpi dei miei genitori furono ritrovati appesi per il collo ad un filo pochi mesi dopo aver dato alla luce mia sorella. Non riuscivano a sopportare il senso di colpa di non poter dare a me e mia sorella ciò che ci meritavamo."
La ragazza emise un gemito di stupore, ma si trattenne. Non riusciva a credere a ciò che avesse passato Eleryn, e che fosse tutto così simile a ciò che accadeva a lei con suo fratello. L'Arcimago doveva avere una gran forza d'animo per continuare a vedere in maniera positiva il mondo.
"Lei non aveva nessuna inclinazione per la magia." Continuò il giovane. "Non fu accolta a palazzo come me. La andavo a trovare più spesso che potevo, qualche anziana si prendeva cura di lei quando io non c'ero. E' tutto per me, il mio unico vero affetto, le mie memorie più dolci. Non posso lasciare che la morte se la prenda senza prima aver lottato per lei."
La giovane si alzò in piedi vedendo che Eleryn abbassava lo sguardo per trattenere le emozioni.
"So cosa stai passando. Non posso comprendere fino in fondo il tuo dolore, nessuno può e nessuno potrà mai. Mio fratello versa nelle stesse condizioni di tua sorella, sto lottando anche io per riportarlo da me. Non sei più solo."
Lo abbracciò di nuovo. Un abbraccio forte, stretto, sentito. Eleryn non pianse.
"Grazie, Sylvie. Sono felice che tu sia con me."

I due avevano acceso un piccolo fuoco grazie alla magia di Eleryn e si erano costruiti un giaciglio di fortuna con del fogliame. Riposavano uno accanto all'altro, stanchissimi per ciò che avevano dovuto passare durante quella notte. Sylvie, però, non dormiva. Era vigile, attenta. D'un tratto si voltò verso il giovane per assicurarsi che fosse caduto tra le braccia di Morfeo e, quando se ne fu accertata, si alzò silenziosamente. Non emise rumore, nessuna foglia scricchiolò per il suo peso, nessun ramo si spezzò sotto ai suoi passi. Sapeva essere furtiva. Si addentrò di qualche metro all'interno della foresta.
"Oh, eccoti qui."
Sylvie si inginocchiò non appena udì queste parole. "Padrone."
Dinnanzi a lei vi era la stessa figura che tramava alle spalle di Eleryn poco tempo prima.
"Il piano procede come dovrebbe, vedo."
"Si, Signore. Ho fatto come lei mi aveva ordinato. Ho condotto il mago fino qui e domani partiremo alla volta del villaggio di Sahabata. Là troveremo Izo."
"Perfetto. Porremo fine all'ultima minaccia che ancora blocca la nostra avanzata."
"Signore, mi permetta..." Intervenne lei, un po' timorosa.
"Cosa c'è?"
"... Forse non si rende conto con chi abbiamo a che fare... L'ho visto all'opera, ha resistito all'attacco di cinquanta cultisti. E' animato da un sentimento molto forte, e non si arrenderà dinnanzi a..."
"Smidollata!" La interruppe l'altro, zittendola. "Sai bene che cosa succederà a tuo fratello se non esegui i miei ordini. Non provocarmi, sgualdrina."
Sylvie deglutì. Protestò ancora. "Ma, signore..."
"Che diavolo ti è successo, eh? Tu eri la mia migliore assassina, io ti ritenevo essere la persona giusta. Che cos'hai, eh? Rispondimi!" L'uomo le si avvicinò e le strinse il mento con la mano, costringendola a guardarlo negli occhi.
"Ah, allora le cose stanno così... Capisco."
La ragazza rimase interdetta e si sottrasse alla presa.
"Dunque è l'amore che ti fa parlare in questo modo..."
"Assolutamente no, mio Signore."
"Non osare negarlo. Lo percepisco chiaramente. Ebbene... Sono stanco di questi sentimenti inutili. Speranza, amore, gratitudine... Sono solo mere illusioni che la nostra organizzazione spazzerà via da questo mondo. Creeremo un mondo di pace, e lo plasmerò a modo mio. Ebbene, sai le condizioni. Hai un'ultima possibilità. Disobbediscimi ancora, protesta di nuovo, e potrai dire per sempre addio al tuo fratellino."
L'ombra si congedò, veloce e invisibile come era arrivata. Sylvie si rimise in piedi pulendosi la veste dal fogliame che vi era rimasto attaccato. Pianse. Tornò indietro sui suoi passi dopo essere asciugata gli occhi alla manica e, quando fu tornata al suo giaciglio, diede un'ultima occhiata ad Eleryn che dormiva. Si accoccolò vicino a lui, sentendosi immediatamente più sicura e protetta, e provò a prendere sonno.


 
Spazio dell'autore: mi scuso per l'esigua lunghezza del capitolo, spero non sia troppo noioso... ^^' Fatemi sapere cosa ne pensate, se vi va! Buona lettura!
P.s.: vi lascio i link di altre due mie storie, anche lì, se vi va, leggete e lasciate un parere!
One shot fantasy: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2832857&i=1
One shot introspettiva: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2845044&i=1

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Capitolo 6
*** 6. ***


6. Si svegliarono quando il sole era oramai già alto nel cielo. Non era abitudine di Eleryn dormire fino a tardi, ma le avventure vissute il giorno prima lo avevano sfiancato. Non appena aprì gli occhi il mago la vide accanto a se, rannicchiata su un fianco proprio come fanno i bambini in cerca di protezione. Si alzò piano dal giaciglio e si diede una sistemata, poi la osservò meglio. Non era solito dormire con una ragazza. Da quando era a palazzo aveva sempre vissuto solo e le sue compagnie altro non erano che qualche guardia di turno, il Re, oppure Jelson quando gli impartiva i suoi insegnamenti. Percepì in Sylvie una dolcezza nascosta, pacata e mansueta, sepolta sotto una scorza fatta di determinazione. Dopo pochi minuti anche la ragazza aprì gli occhi, e dopo essersi pronunciata in uno sbadiglio liberatorio ed essersi stiracchiata, notò il mago seduto non molto distante da lei.
"Buongiorno."
La ragazza si stropicciò gli occhi. "Buongiorno a te!"
Eleryn le porse una grande foglia adibita a contenitore, nella quale era presente uno strano liquido rossastro.
"Bevi, è buono!" Fece lui.
"Che cos'è?"
"L'ho preparato mentre dormivi. Con la magia è semplice estrarre le sostanze nutritive dalle bacche. Ho trovato un paio di cespugli di mirtilli qui vicino!"
"Grazie!" Sylvie guardò un po' stranita quel preparato, ma superò presto i suoi dubbi e lo bevve.
"Buonissimo!" Lo gustò tutto d'un sorso. Eleryn ridacchiò. "Che cos'hai da ridere?" Protestò lei-
"La tua bocca... è buffissima! Sei tutta sporca!"
Syvlie arrossì violentemente e si pulì le labbra con una manica. "Screanzato, non si prendono in giro le signorine!" Si pronunciarono entrambi in una sonora risata.
Conclusa la colazione e completati i preparativi si rimisero in marcia.
"Mi condurrai al villaggio governato da Izo?"
"Si, ci basterà seguire quel sentiero laggiù in direzione nord per arrivare a Sahabata." Sylvie indicà una strada nascosta dalla vegetazione, non vista dal giovane la notte precedente. I due si incamminarono silenziosi per la via. Ad ogni passo fatto Eleryn sentiva il clima gioviale della mattina allontanarsi sempre più. Non si scambiarono quasi mai parola, durante il viaggio. Un gigantesco albero che cresceva chissà da quanto, degli strani arbusti, alcuni fiori colorati, il canto degli usignoli... Niente sembrava interessare a Sylvie. Le ore passavano, e, al tramonto, Sahabata fu finalmente in vista.
"Eccoci arrivati." I due si fermarono a scrutare l'orizzionte.
Il villaggio si presentava molto diversamente rispetto a Roian: c'erano molte meno costruzioni sontuose, e l'unica che si poteva scorgere dalla zona leggermente sopraelevata nella quale Eleryn e Sylvie si trovavano era un castello, distaccato però dal resto delle abitazioni.
"Laggiù dimora Izo." Sylvie indicò il forte.  "E' risaputo che non gli piace mescolarsi con la plebaglia, per questo ha fatto edificare il suo castello lontano dal villaggio."
"Bel tipo."
Camminarono ancora per un po' e presto furono all'ingresso del villaggio. Le case erano edificate perlopiù in legno, contrariamente a quanto avveniva a Roian, dove esse erano costruite in pietra. C'erano molti meno collegamenti stradali tra le varie zone del villaggio che, seppur piccolo, presentava comunque una distinzione tra quartiere mercantile, quartiere abitabile e lo spazio dedicato alle coltivazioni e al bestiame. Ma ciò che più stonava con il clima che si respirava nella foresta era la totale mancanza di qualsivoglia tipo di rumore all'interno del villaggio. Nessun bambino era fuori a giocare, nessuna donna stendeva il bucato appendendolo a dei fili e nessun uomo tornava stanco da lavoro. Se non fosse stato per qualche silouette visibile all'interno delle varie case e per qualche luce di lanterna si sarebbe potuto pensare di trovarsi all'interno di un villaggio abbandonato. I due avanzarono circospetti in cerca di una locanda dove poter cenare e passare la notte. Una volta trovata, Sylvie bloccò Eleryn poco prima della soglia.
"Aspetta."
"Che succede?"
"Non avverti niente di strano?"
"Non pecepisco alcun potere magico in questo villaggio."
"Non mi riferivo a quello. Non farti vedere e cerca di guardarti attorno."
Il giovane magò scrutò con gli occhi la zona attorno a sè. Alcune ombre aspettavano nascoste da spesse tende; alcuni uomini furono scorti dal mago nascondersi dietro a delle case.
"Ci spiano."
"Già. Mi sa che in questo posto non vogliono stranieri."
Eleryn si preparò a sguainare la spada, estraendo appena la lama dal fodero.
"Vado prima io." Il giovane aprì di scatto la porta.
"FERMI, NON VI AVVICINATE."
Senza nemmeno avere il tempo di realizzare che cosa stava succedendo Eleryn si ritrovò un forcone puntato alla gola.
"Non muoverti o ti ammazzo."
Il giovane mago non stette nemmeno a sentire l'uomo che gli sventolava la sua arma davanti e con un rapido movimento estrasse del tutto la lama e disarmò il suo rivale, puntandogli la spada alla gola, di rimando.
"Ok, non è stato un granchè come comitato di accoglienza." Aggiunse sprezzante il mago.
"Non farmi del male, ti prego. I miei bambini non sono qui."
"I tuoi bambini? Non mi interessa dei tuoi bambini."
L'uomo lo guardò stranito. "Che... Che cosa hai detto?"
"Ho detto che non mi interessa nulla dei tuoi bambini. E comunque, non è così che si accolgono i clienti."
"Quindi..." Deglutì violentemente. "... Quindi tu non sei uno degli uomini di Izo?"
Eleryn scambiò una veloce occhiata con Sylvie, dopodichè ripose la spada nel fodero.
"Mi sa che abbiamo fatto centro."


Eleryn e Sylvie riposavano riscaldati dal calore di un camino acceso. Erano seduti su delle umili sedie di legno intagliato, con uno schienale appena ricurvo per non far dolere la schiena. Accanto a loro sedeva il locandiere che poco prima non aveva esitato a minacciarli.
"E così ci hai scambiato per degli aguzzini." Iniziò il mago.
"Vi chiedo perdono. Tutti, qui al villaggio, sono impauriti, spaventati ed irrquieti. Non ci fidiamo più degli stranieri."
"Ed è un'usanza del luogo minacciarli con un forcone?" Scherzò Sylvie.
"Vi ho già chiesto perdono ed offerto un riparo per la notte." Tentò di giustificarsi l'uomo.  "Mi dispiace veramente per l'accoglienza, ma ne stanno succedendo troppe in questo periodo."
"Raccontaci." Lo esortò Eleryn.
Gli occhi dell'uomo si incupirono. La sua barba canuta rivelava l'età oramai avanzata e quelli stessi occhi, adesso così cupi, sembravano velati da un senso di profonda tristezza.
"Io... Non sono tenuto a rispondervi. Ne va della mia vita."
"Oh, certo! Questa è bella! Ci punti un'arma alla gola senza nemmeno farci parlare e poi vieni a dirci che non puoi rivelarci che cosa succede! Ti sembra che..."
"Sylvie. Basta ora." Eleryn zittà la ragazza, la quale lo incenerì con lo sguardo.
"Per favore, non abbiamo cattive intenzioni. Dicci che cosa succede."
L'anziano sospirò, poi si rassegnò.
"Accade regolarmente da una decina di giorni, oramai. Gli uomini di Izo arrivano qua ogni mattina, e a volte tornano anche dopo il tramonto. Sono armati fino ai denti e quattro di loro fanno la guardia ad un carro che viaggia coperto. All'interno di questo carro vi è una larga gabbia con sbarre d'acciaio. Se ripenso ad un paio di settimane fa, Sahabata era considerato essere uno splendido fiore germogliato in una foresta inospitale. Invece ora... Ogni giorno quegli uomini ci strappano con la forza i nostri figli, dai bambini in fasce ai ragazzi più grandi. Ce li portano via, capite? Li rapiscono, li rinchiudono in gabbia e li portano al castello di Izo."
"...E' terribile..." Sylvie era turbata da quelle rivelazioni.
"Non avete provato a ribellarvi?"
"Certo che ci abbiamo provato. Ma non è andata bene. Chi si oppone viene ucciso senza pietà. Al villaggio sono rimaste molte donne sole, private di un marito e di un figlio. Intere famiglie sono state distrutte." L'uomo si strusse in un pianto affannoso. "Capite ora perchè non vogliamo stranieri qui? Una volta potevamo dare rifugio a chiunque attraversasse la foresta, adesso tutti quelli che mettono piede qui sono possibile vittime di questo scempio! Lo facciamo per non far succedere agli altri ciò che accade a noi!" Continuò a singhiozzare violentemente. Sylvie gli appoggiò una mano sulla spalla nel tentativo di confortarlo.
"Andremo noi." Sentenziò Eleryn.
"Cosa?"
"Hai capito bene, Sylvie. Andremo noi."
"Non pensarci nemmeno." Protestò il vecchio, tirando su col naso.  "Non hai sentito che cosa ti ho raccontato? Vuoi forse morire?"
"Sono abbastanza sicuro che non morirò. E' il minimo che possiamo fare per sdebitarci dell'ospitalità."
"Eleryn, forse non ti rendi conto..." Protestò sommessamente Sylvie.
"Mi rendo conto benissimo, invece. E così ho deciso. Posso andare anche da solo, se vuoi."
"No... Mi rifiuto di vedere un'altra vita che si spegne per colpa di questa follia."
Il giovane magò sfoderò la spada e porse la lama sotto gli occhi del vecchio locandiere.
"Conosci questo simbolo?"
"L'...L'Arcimago..."
"Esatto. Non farmi domande, non avrai risposte. So badare a me stesso, e la ragazza che mi accompagna sa farlo anche meglio di me. Domani ci sveglieremo e aspetteremo quel carro. Diremo che vorremo incontrare Izo e in qualche modo ci uniremo a loro. Non preoccuparti."
Per un attimo regnò il silenzio.
"Grazie..." L'uomo abbracciò Eleryn e si abbandonò nuovamente alle lacrime.

"Che diavolo ti è saltato in mente, vuoi spiegarmelo?"
"Senti Sylvie, vuoi davvero abbandonare questo villaggio alla sua sorte?"
"... No, non voglio, ma il tuo piano mi sembra fantastico."
I due discutevano in stanze separate della stessa camera, poco dopo la discussione col locandiere. La ragazza passeggiava nervosamente in camera da letto gesticolando con le mani, mentre Eleryn era davanti allo specchio del rudimentale bagno.
"Invece il tuo, quello delle fogne, filava perfettamente."
"Appunto, abbiamo avuto fortuna una volta. Non possiamo affidarci alla dea bendata per sempre."
"Non lo capisci proprio, eh?"
"Che cosa?"
"Il carro, i rastrellamenti, Izo dietro a tutto questo..."
"Dove vuoi arrivare?"
"Il Culto, Sylvie. Ricordi nelle fogne? C'erano anche due ragazzini. Loro vogliono plasmare le menti delle ignare genti, vogliono fare proseliti. E quale miglior metodo che reclutare i più giovani e inculare loro degli insensati dogmi?"
"Pensi che sia davvero così?"
"Tu mi hai detto che Izo è un bastardo, no? E non è una cosa da bastardi, questa? Non voglio che le persone innocenti soffrano, Sylvie. E visto che tanto dovevamo incontrarlo, già che ci siamo cercheremo di fare qualcosa per Sahabata."
La ragazza si rassegnò, capendo che ciò che Eleryn voleva fare era giusto. Era davvero colpita da un animo così nobile. Buttò un occhio nella stanza da bagno e vide il giovane che si portava la lama della spada alla gola. "Che cosa stai facendo?"
"Mi rado la barba. Non mi accetteranno mai se sembro come minimo mio padre."
"... Sei veramente incredibile. Spero solo che funzioni."
Eleryn si voltò verso di lei. "Funzionerà." Il viso dell'uomo era perfetto. I lineamenti duri ma non troppo facevano risaltare la mascolinità che era in lui e, adesso che era senza barba, Syvlie lo vedeva più come un suo coetaneo e si sentiva in qualche modo colpita dal suo fascino. Distolse subito la sua mente dall'immagine del volto di Eleryn e si ritirò nella sua camera, attigua a quella del mago, salutandolo. I due si coricarono e presero sonno.

L'indomani si svegliarono di buon'ora e si prepararono. Scesero al piano di sotto della locanda e mangiarono del pane imburrato che il locandiere aveva preparato loro. D'un tratto un uomo spalancò la porta.
"Chi ha meno di 20 anni esca subito con le mani alzate o se la vedrà davvero brutta."
"Eccoli, sono loro..." Sussurrò il locandiere ai due avventurieri.
Eleryn e Sylvie uscirono dalla locanda. Videro che altre guardie stavano ispezionando molte abitazioni del villaggio, senza però trovare nessuno da poter imprigionare. Probabilmente quasi tutto il paese era stato ripulito. Quando furono vicini al carro, una guardia bloccò il suo commilitone.
"Che cosa stai facendo?"
"Porto via questi due, non vedi?"
"E secondo te questo ha meno di 20 anni?" Rispose quello, indicandò Eleryn con un cenno del capo.
"Bhè, a me sembra di si..."
"Io invece non credo. Ehi, tu." Si rivolse al mago. "Quanti anni hai?"
"18."
"Sicuramente, e anche la tua voce ne da prova. Chi vuoi prendere in giro, eh? Non lo sai chi sono io? Io sono il comandante della guardie di - "
Un violento pugno interruppe la guardia, la quale cadde rovinosamente a terra.
"NON CREDERE CHE SIA COSI' SEMPLICE PORTARMI VIA DALLA MIA CASA, GRADASSO." Eleryn stava facendo un gran chiasso, urlando e sfidando apertamente le guardie. Sylvie lo guardava allibita, senza muoversi. La guardia colpita sputò sangue e si rialzò. "Io ti ammazzo. Toglieteli bastone e spada."
"VOI NON POTETE IMBRIGLIARE IL MIO POTERE, VI SISTEMERO' TUTTI PER BENE."
Un manipolo di guardie armate fu subito attorno al giovane mago ed in breve lo disarmarono. Un paio di esse gli bloccarono le mani dietro alla schiena.
"Bene, ora sei tutto mio."
Il capo delle guardie iniziò a colpire violentemente Eleryn con dei pugni che raggiunsero prima il volto, poi l'addome, e poi di nuovo il volto. Quando si fu stancato, smise, autocompiacendosi di ciò che aveva appena fatto. La ragazza osservò impietrita lo spettacolo. Il giovane perdeva copiosamente sangue.
"Bene." Ansimò. "Portateli via, ce ne andiamo di qui." Poi si rivolse all'intero villaggio. "Per oggi ci basta così, ma domani torneremo, ricordatevelo."
Eleryn sorrise flebilmente a Sylvie prima che li caricassero sul carro, come a volerla tranquillizzare.
"Tranquilla, parleremo una volta arrivati" Fu questo ciò che la ragazza riuscì a leggere dalle sue labbra malconce. Non poteva di certo dirglielo, ma per fortuna carpì quelle parole dal movimento della bocca. Le guardie lanciarono Eleryn e Sylvie sul carro e salirono assieme a loro. I due udirono il conducente dare un sonoro colpo di briglie ai cavalli e, dopo pochi attimi, furono in movimento. Non sapevano che cosa gli avrebbe aspettati una volta arrivati, ma erano comunque riusciti nel loro intento, in un modo o in un altro.




 
Spazio dell'autore: Ecco a voi il sesto capitolo! Buona lettura! Ultimamente non è che io abbia avuto molti pareri, quindi non so se la storia vi sta piacendo oppure no, quindi se avete da dirmi qualcosa, che siano critiche o complimenti, recensite! Aspetto i vostri pareri, a presto!
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Capitolo 7
*** 7. ***


7. Non videro dove li stavano portando. Quando furono arrivati le guardie li fecero scendere in malomodo, spintonandoli. Li rinchiusero in due celle separate, una di fronte all'altra.
"Torneremo a prendervi più tardi."
Gli uomini di Izo si congedarono così, non una parola di più.
"Tutto bene?" Chiese Sylvie.
"Si. Non ho nulla di rotto." Rispose lui faticosamente.
"Bella voce, complimenti."
"Mi fa malissimo la bocca, per favore, non infierire. Piuttosto, riesci a liberarti?"
"I nodi sono stretti. Ma ho fatto come mi avevi detto."
Sylvie estrasse dalla parte posteriore della sua cintura un piccolo coltello e iniziò a tagliare le robuste corde con le quali era legata. Dopo un po' di tempo esse cedettero e fu libera.
"Eleryn, ci sono riuscita."
"Bravissima! Adesso usa quello che ho preparato, forza."
"Subito." La ragazza si tirò fuori da uno stivale una piccola fialetta e dall'altro stivale un altro coltello. "Certo che sono stati proprio stupidi a non perquisirmi."
"Tutto merito mio e di quanto ho fatto arrabbiare il capo delle guardie. Dovresti ringraziarmi."
"Vorresti dirmi che lo hai fatto di proposito?"
"Ovviamente. In che altro modo pensavi di fare entrare tutti quelli oggetti in una cella?"
"E perchè non me lo hai detto? Avrei cercato di aiutarti."
"Appunto. Magari avresti cercato di distogliermi o, peggio, di difendermi. Magari non ci avrebbero mai portati qui e avremmo anche messo in pericolo il villaggio. E' stato meglio così, Sylvie, credimi. Sto bene."
La ragazza era stupida di come Eleryn fosse riuscito a tutelare lei e tutti gli abitanti scegliendo di farsi del male al posto loro. Era un fine stratega, anche se le sue azioni di qualche ora prima sembravano screditare questa ipotesi. La donna versò il contenuto della fiala sulla lama del coltello, il quale emise un suono sibilante non appena incontrò l'acciaio.
"Dovrebbe funzionare. Prova."
Sylvie si avvicinò all cella ed iniziò a sfregare il ferro con il coltello. Le imponenti sbarre della prigione si segarono come burro non appena vennero impattate dalla lama.
"Non ci posso credere... Funziona veramente..." Aggiunse lei, stupita.
"Che cosa vuol dire che non puoi crederci? Sfiduciata! Se ti dico di saper estrarre le parti più utili da una pianta, significa che so farlo!"
Sylvie rise. Il giovane mago, la mattina appena svegli, le aveva dato una fialetta contenente un estratto di una pianta che, se applicato su un'arma, la rendeva capace di fondere anche il più resistente dei metalli. Le aveva raccontato di aver imparato queste nozioni di erboristeria durante l'apprendistato da Arcimago. Una delle prove finali consisteva infatti nel sapere riconoscere la pianta dalla quale estrarre l'inchiostro che serviva per disegnare il simbolo del ruolo dell'arcimago in una foresta zeppa di altri tipi di piante, quindi era richiesta una larga conoscenza delle stesse.
"Ah, e ricordati solo che sia l'effetto che hai applicato su quel coltello sia quello della fiala di veleno che ti ho dato sono temporanei. Fa' attenzione."
La ragazza annuì e in poco tempo fu fuori dalla sua prigione. Si prodigò per liberare Eleryn allo stesso modo, ed in breve entrambi furono privi di catene.
"Che cosa hai intenzione di fare, adesso?" Gli chiese.
"Ci divideremo. Tu cercherai, grazie alla tua furtività, di liberare quanti più abitanti riesci avvelenando le guardie che ti si pareranno di fronte. Ricorda, basta un piccolo taglio per far si che il veleno che applicherai sulla lama faccia effetto. Io, invece, mi occuperò di Izo."
"Ricordi che sei disarmato?"
"Non preoccuparti, troverò l'armeria prima di rintracciare il bersaglio. Spero sia lì che tengono le armi."
"E se non le tenessero lì?"
Il silenzio di quei secondi fu dannatamente denso.
"Allora trova l'artefatto e libera dalla maledizione tuo fratello senza di me."
"No, Eleryn, non voglio, che cosa diavolo stai dicendo?"
"Senti, non può andarci sempre bene, ok? Dobbiamo rischiare. Fa' come ti ho detto."
"No, non voglio lasciarti andare da solo. Lo faremo insieme."
"Ma non capisci? Avremo più possibilità in due. Siamo liberi, tu hai il veleno e sai come muoverti nell'ombra. Devi vivere, Sylvie. Per tuo fratello."
"E tua sorella?"
"... So che la cercheresti per me."
"Lo farei. Ma non è così che deve andare."
"Non andrà così, allora. Te lo prometto. Ma tu promettimi che farai come ti ho detto."
"Te lo prometto."
"Bene. Allora, a quel bivio ci divideremo." Eleryn indicò due corridoi davanti a loro, uno che proseguiva verso destra ed uno verso sinistra.
"Va bene..."
"Sylvie..." Il mago abbassò lo sguardo per un attimo.
"Si?"
"E' stato bello viaggiare con te. Se non dovessimo rivederci, sappi che..."
La giovane lo interruppe baciandolo. Fu un bacio lungo, caldo, appassionato. Una sensazione che Eleryn non aveva mai provato gli accarezzò il cuore. Quando i due si separarono lui affogò nei suoi occhi, mentre lei lo osservava sognante.
"Niente "Se". Noi ci rivedremo. Ti aspetto fuori di qui, ci rivedremo a Sahabata."
"... Va bene. Te lo giuro."
Si diedero un ultimo cenno d'intesa, poi si separarono.

Eleryn si trovava poco a suo agio a doversi muovere furtivamente. Non era mai stato incline a farlo, e anche il suo addestramento si era concentrato maggiormente sull'offesa che sulla difesa. Ma non poteva esimersi dal farlo; non stavolta. Era solo e disarmato, e chissà di quante guardie pullulava il castello di Izo. Riconobbe di trovarsi lì scorgendo Sahabata da una delle inferiate del maniero. Non conosceva la planimetria del posto, quindi stava gironzolando un po' a casaccio per le varie stanze. Passò per quella che doveva essere una sottospecie di dispensa, s'imbattè nella sala da pranzo e nel soggiorno, ma dell'armeria nemmeno l'ombra. E nemmeno di guardie, per fortuna. "Chissà come se la sta passando Sylvie", pensò. Quel bacio lo aveva segnato. Voleva rivederla a tutti i costi, ma per farlo doveva uscire vivo da lì, e sperare che lo facesse anche lei. Sentì un vociare provenire davanti a lui, quindi si acquattò vicino ad un muro. Due guardie stavano confabulando poco distanti da lui.
"Comandante, agli ordini."
"Porta questa missiva al Signor Izo, e sbrigati. E' nella sala delle udienze. Ritorna subito qui non appena gliel'hai consegnata, è una lettera privata. Ti sostituirà qualcun'altro,  adesso va', sai che non ama aspettare."
"Sissignore, vado subito!"
Uno dei due uomini si allontanò con la lettera in mano. Era la sua occasione. Izo... l'uomo che cercava, da solo e senza guardie che potessero metterlo in difficoltà. Tutto ciò che avrebbe dovuto fare era seguire quella sentinella e aspettare che se ne fosse andata. Ma era disarmato. Ce l'avrebbe potuta fare? Optò per il rischio e aspettò che la stanza fosse vuota, dopodichè iniziò a pedinare la guardia.

Sylvie si era mossa veloce per le stanze del castello e, nonostante avesse scorto molte guardie di pattuglia per i corridoi, non aveva avuto difficoltà nel passare inosservata. C'era abituata, nel suo lavoro la furtività era alla base. Riflettè su ciò che era successo un paio di sere prima, all'incontro con il suo Padrone e a quella sua istintiva voglia di protestare e di infrangere gli ordini. Che cosa le era preso? Lei aveva una missione da compiere e, benchè non le piacesse fare certe cose, avevo promesso a sè stessa che avrebbe fatto di tutto per suo fratello. Ben presto, udendo i vari dialoghi tra le ronde, capì dove tenevano i prigionieri e vi si diresse.  Si trattava di un grosso stanzone al piano di sopra, anch'esso adibito a cella. Evitò un altro paio di pattuglie sgattaiolando dapprima in una zona d'ombra e successivamente nascondendosi in una cassapanca presente in una delle camere da letto. Quando raggiunse lo stanzone lo scoprì difeso da due guardie. Non c'era modo di evitarle poichè erano proprio di fronte alla cella. Strinse forte il coltello che aveva in mano e ne intinse la lama con il veleno. Avrebbe dovuto combattere a viso aperto. Si fece forza.
"Ehi, voi." Uscì spavaldamente allo scoperto.
"Ehilà..." Rispose uno. "Ma guarda che bella bambolina è venuta a trovarci... Vuoi farti un giro su... Ehi, aspetta... Ma... Tu sei la prigioniera che gli altri hanno catturato oggi! Che diavolo ci fai tu qui?"
"Sono venuta a liberare i prigionieri. Fermatemi se ci riuscite." Sylvie aveva una paura matta.
"Questo è poco ma sicuro. Porteremo la tua testa al capo, così ci darà una bella promozione."
Una delle guardie sputò per terra e prese in mano un ascia da battaglia. La caricò con violenza, mentre l'altra sfoderò una spada corta ed uno scudo. A Sylvie sarebbe bastato sfiorare le loro carni per far si che il veleno facesse effetto e li tramortisse per qualche ora, ma loro erano in superiorità numerica e ben equipaggiati. La loro armatura, infatti, seppur fatta di cuoio borchiato, non lasciava molti punti privi di protezione. Le due guardie si avventarono su di lei con foga. La ragazza schivò un colpo d'ascia rotolando di lato, dopodichè respinse un affondo di spada facendo forza sulla lama del coltello per deviare il colpo. Dopo che ebbe sbilanciato il rivale provò a sua volta a colpire, ma la guardia si difese con lo scudo. Mentre era impegnata a tener testa alle parate del nemico, il suo compagno sbucò da dietro di lui e portò un attacco dall'alto verso il basso che Sylvie schivò di pochissimo. L'altra guardia sfruttò il momento di debolezza per provare ad affondare il colpo mortale. La ragazza balzò all'indietro e quando guardò in basso si ritrovò la punta della spada a pochi centimetri dallo stomaco. Stava rischiando la vita. Un altro colpo d'ascia arrivò improvviso, secco. Si sentì bruciare la spalla e si portò istintivamente la mano sulla ferita, lasciando cadere il coltello. Sangue.
"Eh eh eh... Bene, bambolina. Adesso è finita per te. Dì le tue ultime preghiere."
Sylvie strinse forte gli occhi per cercare di arginare il dolore. Sentiva la sua ora vicina. Poi il suo pensiero andò ad Eleryn. Voleva rivederlo. Quel bacio l'aveva segnata. Ma se voleva farlo doveva uscire viva da lì, e sperare che anche lui lo facesse. Raccolse in fretta il coltello e fece un capirola in avanti, sbattendo la spalla sul pavimento. Non le importava del dolore, del sangue, della ferita. Quando la sua manovra evasiva ebbe termine le fece seguito un rapidissimo colpo dal basso verso l'alto che inflisse un taglio all'altezza dello zigomo alla guardia armata d'ascia.
"Fuori uno." Sentenziò.
"Pensi davvero che basti un taglietto del genere per ferm-"
La guardia cadde fragorosamente al suolo.
"Che... Che cosa gli hai fatto?"
"Veleno. E adesso tocca a te."
"No... No. Non morirò, stronzetta, non è ancora giunta la mia ora!" Cacciò un urlo e si avventò verso la ragazza. Un affondo, poi un altro, e un altro ancora. Sylvie schivò tutti gli attacchi. La sua percezione sensoriale era come aumentata. Riusciva a sentire gli spostamenti d'aria ancora prima che essi avvenissero.
"E' finita per te." Sentenziò la ragazza.
"Non dire assurdità, muoriiii!"
La guardia vibrò un affondo con due mani, lasciando scoperto il lato dello scudo. Ma a Sylvie non importava. Spiccà un balzo che superò di slancio il raggio di attacco della spada e finì alle spalle del nemico.
"Che... Che cosa...?"
Il rivale si accasciò al suolo. Il sangue gli fuoriusciva dalla schiena. Aveva vinto.

Eleryn aveva seguito la guardia per un po'. Era spossante doverlo fare: doveva stare attento che il suo bersaglio non si voltasse all'improvviso e al tempo stesso non doveva far rumore per non allertare il resto delle truppe. D'un tratto però si dimenticò della fatica. Lungo il muro alla sua destra notò una porta e diverse rastrelliere per armi. Capì di aver trovato l'armeria. Si promise di fare in fretta, non poteva perdere di vista quella guardia. Entrò di soppiatto nella porta e all'interno della stanza trovò per davvero le sue armi. Recuperò il bastone e la sua spada. Si sentiva terribilmente più sicuro, adesso.
"Sapevo che oggi facevo bene a rimanere a controllare le tue cose."
Eleryn percepì lo spostamento d'aria alle proprie spalle e schivò in fretta. Una maestosa ascia bipenne si infranse contro il tavolo di legno sulle quali le sue armi erano state deposte. Il giovane mago lo riconobbe subito. Era il capo delle guardie che aveva visto poco prima.
"Non so cosa tu voglia da noi, o ancor meno mi interessa chi tu sia, ma non uscirai vivo da questa stanza."
Il capitano lo caricò e vibrò diversi colpi; un fendente a destra, uno a sinistra, e poi un affondo. Eleryn schivò tutto in fretta, ma era incapace di reagire.
"Morirai."
"No, non posso."
Passò in fretta una mano sul bastone e dal terreno spuntarono spine di ghiaccio che lo difesero e lo lasciarono brevemente respirare.
"Magia?" Si sorprese l'altro.
"Esatto."
"Non importa quali trucchi userai, non toccherai il nostro Signore. Morirai qui, oggi, per mano mia."
Il capitano distrusse gli spuntoni con un colpo d'ascia, ma Eleryn aveva già cambiato incantesimo: creò una nuvola di fulmini che scagliò contro il nemico, il quale dovette ripararsi con l'arma per non finire ferito. Il giovane colse l'occasione e disarmò l'avversario con un veloce colpo di spada, facendolo indietreggiare. La guardia sorrise beffardamente.
"Credi di avere la vittoria in punto, eh? Bhè, mi dispiace di grosso ma ti sbagli."
La guarda staccò con violenza dal muro due spade che erano poste ad ornamento e riprese l'attacco, dopo averle fatte roteare per un po'. Eleryn si concentrò sullo schivare gli attacchi aspettando che il nemico si stancasse. Dopo pochi minuti ciò accade, ed il giovane non se lo fece ripetere due volte. Passò velocemente la mano sul bastone e la parte arrotondata di esso si trasformò in una lama di ghiaccio. Si scagliò contro la guardia con essa e vibrò il colpo mortale. Ma il nemico era troppo esperto per lasciarsi cogliere alla sprovvista. Fermò l'attacco stringendo il polso del giovane mago, il quale gridò di dolore, e lo scagliò via. Eleryn impattò con forza contro il muro.
"E' finita." Ansimò il capo delle guardie.
"Perchè... Perchè lo fate...?" Il giovane perdeva sangue dalla bocca.
"Fare cosa?"
"Perchè rapite tutti quei ragazzi per farli unire a voi, eh?"
"Allora lo sai... Sai chi siamo?"
"Siete quei maledetti cultisti..."
"Chiamaci pure così, se vuoi. Noi salveremo questo mondo. Lo libereremo dalle inutili illusioni della speranza e della gratitudine e costruiremo un mondo di pace."
Eleryn riconobbe in quelle parole i dettami che l'anziano snocciolava al suo gruppo di credenti nelle fogne.
"Addio, sciocco."
Il giovane infilzò lo stivale di cotta di maglia del capitano appena prima di venire colpito. Fu un attimo. Il suo nemico gridà di dolore, ed Eleryn ne approfittò per completare l'opera con un affondo vibrato all'altezza dello stomaco. Si rialzò facendo forza sulla spada. La guardia sputava sangue dalla bocca e poco dopo fu a terra, trafitto dalla lama di Eleryn.
"Dov'è il tuo padrone?"
"Si sta... Si Sta..." Sputò ancora sangue. "Si sta preparando per la funzione, nella sala delle udienze qua' vicino... Svolta a sinistra appena uscito da qui e la troverai poco più avanti. Sai, mi aveva detto di dirtelo, se fossi stato sul punto di morire...
"Come?"
"Se vivrai abbastanza a lungo capirai, lurido mago... Capirai che a questo mondo esiste sempre un disegno più grande di te."
"Che cosa intendi?"
"Eh eh eh... Niente... Adesso vai, finiscimi. Uccidimi"
"Non sono venuto qua per uccidere qualcuno."
"Belle parole, angioletto... Ma io morirò comunque. E il mio Signore ti troverà e ti ucciderà. E poi troverà quella puttana che ti accompagnava, e ucciderà anche lei... eh eh eh..."
Lo sguardo di Eleryn mutò. Premette così forte la spada nelle carni dell'uomo che per estrarla dovette usare molta forza. Si sorprese della sua stessa reazione, ma gli era venuta istintiva. Era giusto aver posto fine ai vaneggiamenti di un moribondo. Inoltre, nessuno doveva permettersi di offendere Sylvie. Si diresse in fretta verso la sala delle udienze senza dar peso alle parole di quell'uomo.

"La prego, ci aiuti!" Molti, tra uomini e donne, si erano avvicinati alle sbarre della loro gabbia.
"State tranquilli e allontanatevi dalle sbarre, vi libererò io"
Sylvie, dopo aver eliminato le guardie, aveva avuto modo di vedere in che condizioni giacevano i prigionieri del castello. Erano 9 persone, di cui 6 erano ragazze. Erano stipati in un'unica grande cella, senza distinzione di sesso. Non avevano posti per dormire ne si vedevano ciotole per terra dove poteva essere messo il cibo. Alla ragazza sembrarono alla stregua delle bestie, e nei loro occhi poteva chiaramente vedere la paura. Intrise la lama con l'ultima goccia di liquido rossastro che le era rimasto e si dedicò ad intagliare il ferro. Dopo poco i prigionieri furono liberi.
"Grazie... grazie mille..." Un ragazzo le si inginocchiò davanti, piangendo e stringendo un lembo della sua veste. "Non so chi tu sia ma... ci hai dato una possibilità, te ne saremo per sempre grati..."
La ragazza gli accarezzò i capelli e diede disposizioni agli altri prigionieri di non fare rumore.
"Vi tirerò fuori di qui, ma dovrete fare tutto ciò che vi dirò, siamo intesi?"
Tutti annuirono. Sylvie si pose alla testa della fila ed andò in avanscoperta. Niente sulla destra, niente nemmeno alla sua sinistra. Intimò ancora una volta il silenzio al gruppo con un cenno di un dito. Scesero piano una rampa di scale e si ritrovarono al piano terra. L'uscita principale era a pochi metri, ma era strettamente sorvegliata. Passarono per un paio di corridoi stretti e, anche se erano in molti, con un po' di fortuna nessuno li notò. La ragazza aveva imparato in fretta la disposizione delle varie stanze. C'era abituata. Dopo poco si ritrovarono vicini ad una grande porta di legno guardata a vista da una guardia. Sylvie fermò gli altri.
"Non fate rumore e non muovetevi. Quella è l'uscita che da sul retro del castello. Una volta fuori ci basterà correre lontano dal castello e far perdere le nostre tracce. Lasciate fare a me."
Sylvie lanciò il coltello che aveva usato per recidere le sbarre, il quale aveva oramai esaurito tutto il suo potere, facendogli attraversare tutto il corridoio. La guardia si vide passare davanti una lama roteante ed i suoi occhi si voltarono d'istinto per guardare in che punto essa si sarebbe conficcata. La ragazza sfruttò l'occasione e scattò verso l'uomo, impugnando il coltello avvelenato. Fu un lampo: in un istante gli fu addosso e lo ferì con un fendente. L'uomo si accasciò su se stesso privo di forze e Sylvie lo prese al volo tra le sue braccia per impedirgli di fare anche il minimo rumore, adagiandolo a terra. Utilizzò il suo fermaglio per i capelli per scassinare la serratura del grande portone di legno, proprio come aveva già fatto nelle fogne e in altre innumerevoli occasioni. Dopodichè richiamò gli altri, i quali si fecero forza. In un attimo furono fuori, lontani da quel maniero di dolore. Dopo qualche minuto il gruppo era stanco, così, visto che erano abbastanza lontani, si fermarono.
"State tutti bene?"
"Si, grazie... Ti siamo eterni debitori."
"Come potremo ricompensarti?"
"Nessuna ricompensa. Un mio amico voleva che voi foste salvi, e il fatto che voi siate qua è tutto ciò che conta."
Molti, udite queste parole, piansero, un po' per la gioia di essere liberi, un po' perchè colpiti dalla nobiltà d'animo di Sylvie. La ringraziarono, ma la ragazza era nervosa, irrquieta. Lei era fuori mentre lui no. Non sapeva se ce l'aveva fatta e non poteva tornare dentro per non mettere in difficoltà chi aveva appena salvato.
"Come mai vi hanno rapito?" Chiese lei al fine di distrarsi da quei pensieri.
"Ci hanno portati via per farci unire al Culto." Rispose una ragazza. "Io sono stata una tra le prime ad essere presa. Ci trattavano come bestie: mangiavamo poco e dormivamo ancora meno."
"E' vero." Rincarò un altro. "Io sono qui solo da tre giorni, ma sono stati i più lunghi della mia vita. All'alba si teneva una funzione religiosa nella quale tentavano di inculcarci i loro stupidi dogmi, prima di pranzo un'altra, e dopo di esso un'altra ancora... E così via, per tutto il santo giorno. Volevano convincerci che loro fossero nel giusto, che il regno andava rinnovato."
"Ma è terribile..." Commentò Sylvie, inorridita.
"Proprio così... Ma noi non ci abbiamo mai creduto." Continuò il ragazzo.  "Abbiamo capito che rapivano i giovani solo per poterci controllare meglio. Il Culto è il male."
Sylvie chiuse gli occhi ed il suo pensiero andò ad Eleryn. Ci aveva visto giusto.
"Andiamo, vi riporterò al villaggio." Disse, ed incominciò a camminare.Tutti la guardarono con occhi pieni di rinnovata felicità, dopodichè presero a seguirla.

Finalmente Eleryn aveva trovato la sala delle udienze. Alla fin fine era semplice riconoscerla, visto che era preceduta ai lati da due grandi statue raffiguranti gli dei del commercio e dell'oratoria, ma si giustificò con sè stesso pensando che non conosceva quel castello. Si fece forza e strinse le sue armi. Diede un calcio alla porta di legno ed essa cedette, cadendo fragorosamente al suolo. Davanti a lui si trovava ora un uomo che passeggiava avanti e indietro per la sala.
"Benvenuto. Ti stavo aspettando." Disse poi questo, dopo attimi di interminabile silenzio.
"Sei tu Izo?"
"Molto piacere. E tu devi essere Eleryn. Ho sentito tanto parlare di te."
Eleryn aggrottò un sopracciglio. "Che cosa intendi?"
"Non sono di certo tenuto a dirtelo. Sei venuto qui per uccidermi?"
"Sono venuto qui per parlare. Voglio delle informazioni"
"Che cosa vuoi sapere?"
"Chi sei tu? Che cosa fa il Culto a Sahabata?"
"Io sono Izo Voir, vicecomandante della setta chiamata Culto. Stazioniamo a Sahabata per prelevare i ragazzi più giovani e farli unire a noi."
Eleryn si sorprese della sua risposta così sincera ed immediata. L'uomo era più grande di lui per quanto riguarda l'età, ma sembrava essere in piena forma. Un grande mantello blu scuro come la notte orlato di rosso vermiglio ne ricopriva l'intero corpo, ed il giovane potè scorgere il fodero di una spada spuntargli fuori da tale abito.
"Perchè me lo stai dicendo?"
"Perchè tra poco tutto questo non avrà importanza. Che tu sappia o meno chi sono, che cosa ci facciamo qua, chi mi comanda... Niente avrà più significato per te. Perchè sarai morto."
Con uno scatto di assurda velocità Izo si lanciò all'attacco di Eleryn, il quale rimase sorpreso. La spada del rivale lo attaccò dall'alto e lui fece appena in tempo a pararsi con la sua, indietreggiando. Il nemico colpì con un fendente che ferì il giovane ad un braccio, ed un altro ancora gli escoriò una gamba. Eleryn trattenne un grido di dolore. Passò velocemente una mano sulla punta del bastone e ne infuocò la sommità. Lo puntò in direzione di Izo riuscendo ad allontanarlo, ma solo per pochi attimi. Il viceomandante tornò presto ad attaccare Eleryn furiosamente, senza dargli tregua. Il giovane era terribilmente sorpreso dalla potenza del suo avversario. Tra l'altro, gli occhi del nemico lo inquietavano. Non avevano un colore che aveva visto spesso, bensì erano rossi, scurissimi, tendenti a volte al nero. Riuscì a schivare i suoi colpi e a trasformare il fuoco in ghiaccio appuntito, con il quale ferì Izo. Le sopracciglia del suo nemico si aggrottarono in una espressione di pura rabbia. Egli digrignò i denti e si portò velocemente alle spalle di Eleryn. Il giovane sentiva la spada del nemico vicino alla sua gola. Si abbassò e gli fece lo sgambetto. Izo finì malamente a terra, così Eleryn sfruttò l'occasione per bloccarlo al tappeto salendogli sopra. Il suo nemico si ribellava incessantemente a quella condizione, sbuffando e facendo forza sull'addome. Era indomabile.
"Come diavolo fai? Cosa sei? Tu non sei umano!" Gridò Eleryn.
Non vi fu risposta. Solo un grugnito indecifrabile. Il giovane magò mollò la prese sentendo del forte calore provenire dal corpo di Izo. Balzò via e indietreggiò di qualche metro, assistendo alla mutazione del rivale. Il corpo, di sembianze umane, prese a poco a poco la forma di una spaventosa creatura con due corna avvolta nelle fiamme. L'intero corpo era nero, carbonizzato. Gli occhi erano iridescenti ed infuocati ed era divenuto molto più grande rispetto a prima. I muscoli erano tesi, enormi, e sembravano dover scoppiare da un momento all'altro. Fluttuava nell'aria al di sopra di una nuvola di fiamme. Era divenuto un mostro. Eleryn non credeva ai suoi occhi. Si era cacciato in un guaio molto più grande di lui.
"Lui è... un Demone..." Sentenziò Eleryn a se stesso.



 
Spazio dell'autore: Ciao a tutti, ecco a voi il settimo capitolo! Non dovrebbe mancare poi molto alla conclusione ^^ Fatemi sapere che cosa ne pensate recensendo, buona lettura!
Altra fan - fic a tema fantasy : (One shot) http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2832857&i=1
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Capitolo 8
*** 8. ***


8. Eleryn impallidì dinnanzi a quella mostruosa creatura. Un Demone. Non aveva mai visto niente di così orribile e spaventoso in vita sua. L'imponente figura incandescente si stagliava alta e vigorosa di fronte a lui.
"E' giunta la tua ora, mago."
La sua voce si era fatta più profonda e grottesca. Il Demone allungò il braccio e fece per conficcare i suoi artigili dentro le carni di Eleryn, il quale rotolò di lato per schivarlo. Si rimise in piedi e, passando la mano sul bastone, creò una cortina di fulmini e la scagliò rapidamente contro la creatura. Senza troppi complimenti quella la respinse con uno schiaffo, come se fosse nulla più che un fastidioso insetto. Il giovane aveva sfruttato questo breve lasso di tempo per mettere qualche metro di distanza tra lui e Izo, o ciò che di lui era rimasto. Lo vide tirarsi leggermente indietro, come se stesse aspirando qualcosa. Quando si piegò in avanti il Demone lanciò una enorme palla di fuoco contro Eleryn. Sorpreso, fece appena in tempo ad eregire una lama di ghiaccio che fece cocciare contro le fiamme dell'incantesimo avversario, il quale iniziò inesorabilmente a sciogliere quell'ultima difesa. Il sudore imperlava la fronte di Eleryn. "Non scioglierti proprio adesso, non scioglierti proprio adesso..." Se lo ripeteva come un mantra. Le calde fiamme della palla di fuoco consumavano lentamente la lama di ghiaccio di Eleryn.
"Bwahahahah!" Il Demone si mise le mani alla pancia ridendo grevemente mentre si gustava la scena. Il giovane tentava in ogni modo di convogliare tutta la sua energia magica in quell'ultimo baluardo gelido che gli rimaneva prima di morire incenerito. D'un tratto, il fuoco si dissolse, spento e smorto. Era riuscito a bloccare l'attacco nemico, ma a che prezzo?
"Devo ammettere che non sei male." Aggiunse beffardo il Demone.
"Che... Che cosa sei...?" Eleryn ansimava per la fatica.
"Io sono un Demone, richiamato con la necromanzia da colui che ora servo come mio Signore. Voi umani mi conoscete come Izo... Ma io in realtà sono Zemod, uno dei quattro Demoni Maggiori."
"Chi... Chi ti ha richiamato? Chi può volere fare una cosa simile...?" Chiese Eleryn nel tentativo di guadagnare tempo.
"Mago, tu morirai qui e oggi. Ti ho già detto chi sono, non sperare che ti riveli altro. L'unica cosa che devo fare per rimanere vivo è prendermi la tua testa e portarla al mio Signore. Dì addio a ciò che più ti è caro."
Si tirò ancora indietro lievemente, come per caricarsi. Eleryn notò un bagliore all'altezza del petto. Era molto piccolo ed inspiegabilmente lucente rispetto al resto del corpo. Che fosse il cuore? Non vedeva molte vie di uscita da quello scontro se non quel piccolo barlume di speranza. Si promise che prima di spirare avrebbe provato a colpire quel punto. I suoi pensieri furono interrotti da una fiammata proveniente dalla bocca della creatura che incenerì il pavimento. Eleryn la schivò, ma la fiamma continuò a seguirlo per un po', fino a che il fiato del Demone non ebbe termine. Allertate dal fracasso proveniente dalla sala, alcune guardia accorsero. Spalancarono la porta brandendo le loro armi e notarono sia Eleryn sia la trasfigurazione di Izo. Senza che ebbero la possibilità di proferire parola la creatura gli colpì con una violenta artigliata. Il giovane non riuscì nemmeno a capire cosa stesse succedendo; vide solamente i loro cadaveri riversi a terra in una pozza di sangue, ridotti a brandelli. Trattenne un conato.
"Perchè lo hai fatto? Erano tuoi uomini..."
"Miei uomini? Quando sono in queste condizioni... Quando la mia vera forma è libera di usare i suoi poteri... Ho l'impulso di uccidere, di squartare, di mietere anime... Io sono l'incarnazione dell'Inferno stesso, sono il peggior incubo di voi umani..."
Eleryn si chiese quale oscuro potere dominasse il padrone di un tale aboiminio.
"Basta parlare. Mi sono stancato di te, e adesso non ci interromperà più nessuno."
A mani giunte la creatura tentò di schiacciare Eleryn in una morsa letale, ma tutto ciò contro cui impattarono quelle demoniache braccia furono due lame di ghiaccio acuminate lasciate al suo posto dal giovane mago, il quale aveva schivato l'attacco con una capriola in avanzamento. Eleryn notò un enorme lampadario sopra le loro teste, e decise che quello era il diversivo perfetto. Si preparò a colpirlo con un incantesimo, ma all'improvviso avvertì una dolorosissima fitta all'altezza dell'anca. Fu un attimo. Venne sbalzato via, colpito dagli artigli del Demone, andando a sbattere violentemente contro il muro. Era a terra. Sputò sangue, e toccandosi la parte interessata si accorse di perderne troppo per poter rimanere vivo ancora a lungo. Sentì il fiato caldo della creatura poco sopra di lui. La guardò in quelli occhi di brace, tenendosi stretto il bastone.
"Bwahahah! Non eri poi tanto forte... Potrei lasciarti lì a soffrire mentre ti guardo morire dissanguato, mentre i tuoi occhi perdono lentamente visibilità e arranchi con le braccia alla ricerca di qualcuno che ti possa aiutare... Ma non è questa l'occasione per giocherellare."
Alzò un dito soltanto e lo puntò contro Eleryn. Caricò appena il colpo e poi vibrò l'assalto. Il giovane mago tentò una disperata difesa: passando la mano sul bastone creò una piccola folgore e cercò di indirizzarla verso il catenaccio che reggeva il lampadario. Pregò di avere buona mira. Centrò il bersaglio, ma il lampadario non cadde. Rimase appeso. Non franò al suolo. La disperazione assalì i pensieri del giovane, sapeva che era finita. Si abbassò d'istinto come a tentare di salvare qualcosa che oramai aveva perso. L'artiglio del Demone arrivò veloce, inesorabile. Ma quel lieve movimento che Eleryn aveva compiuto non lo fece trafiggere completamente. L'assalto si abbattè contro il muro, ferendo soltanto di striscio la spalla del giovane, che oramai nuotava nel suo stesso sangue. Il boato del colpo della creatura che si infrangeva contro il marmo e lo distruggeva, aprendo un varco per l'esterno, rimbombò in tutto il castello. Ed ecco allora una nuova speranza per Eleryn. Vide tutta la scena e assoporò ogni istante. Il catenaccio che aveva colpito in precedenza si divelse a causa della scossa provocata dall'artigliata del Demone ed il lampadario cadde, franando addosso alla creatura. Fu una piccola, imperdonabile distrazione. Izo si voltò appena, forse per istinto, o forse fu un miracolo. E in quell'esatto momento la sua vita ebbe termine. Quando girò nuovamente la testa verso Eleryn, egli lo aveva già trafitto con una enorme lama di ghiaccio proprio in quel punto luminoso che aveva all'altezza del petto. Il Cuore di Demone. L'urlo della Creatura fu agghiacciante. Si teneva stretto il proprio cuore come a cercare di rimetterlo in sesto, ma oramai non c'era più niente da fare. La sua vita si estinse di lì a poco, come una fiamma bagnata dall'acqua di una cascata, e di lui non si ebba più la percezione nemmeno nell'aria. Eleryn sorrise lievemente e fece leva sul bastone per alzarsi in piedi. Sfruttò il varco che la Creatura aveva aperto per uscire dal castello e dirigersi verso Sahabata.

Syvlie era preoccupata. Aveva ricondotto tutti i figli e le figlie degli abitanti del villaggio sani e salvi a Sahabata e tutti l'avevano sommersa di ringraziamenti, ma lei non era tranquilla. Non faceva che pensare ad Eleryn, a dove fosse, a sè stesse bene. In cuor suo però sapeva che erano già passate almeno tre ore da quando lei era tornata al villaggio, e se lui non l'aveva ancora raggiunta non poteva stare bene.
"Oh, Sylvie, meno male che sei qui." Il locandiere entrò nella camera della ragazza. "Ti ho portato qualcosa da mangiare e un po' d'acqua. Non è molto, ma serviti pure."
"Grazie mille..." Fece lei a testa bassa.
"Che cosa c'è?" appoggiò il vassoio con il cibo su un piccolo tavolinetto di legno. "Non hai fame?"
"Sinceramente non molta..."
"Che cosa ti preoccupa?"
Sylvie fece un respiro profondo. "Devo andare a cercarlo."
"Cosa? Vuoi andare ancora al castello?"
"Si."
"Ma... Non puoi! E' pericoloso! Gli uomini di Izo potrebbero aver avuto l'ordine di ucciderti a vista!"
"Lo so, ma anche se fosse io devo farlo."
"Ma... Ragiona, hai adempiuto al tuo compito, qui puoi riposare, non c'è ragione perchè tu..."
"C'E' RAGIONE, INVECE." Si sorprese di aver urlato. Il locandiere la guardò sorpreso. "Scusami... è solo che..."
L'altro sorrise. "Sei innamorata?" Sylvie non rispose, limitandosi ad arrossire lievemente. "Se è ciò che senti di dover fare, allora va'." Le mise una mano sulla spalla.
"Grazie..." Corse fuori dalla locanda, in direzione del piccolo boschetto che precedeva il castello di Izo.

"Eleryn? Eleryn? Eleryyyn?" Gridò con quanto fiato aveva in gola. Nessuna risposta. Cercò. Cercò dappertutto. Ma non lo trovò. Passò almeno un'altra ora e ancora nessuna traccia del mago. Si perse d'animo, ma ad un tratto vide delle macchie di sangue tingere di rosso alcuni ciuffi d'erba. Si rinfrancò per aver trovato un indizio, ma quel momento di contentezza lasciò spazio al timore. Si guardò attentamente attorno e vide un'altra chiazza di sangue e poi un'altra, e un'altra ancora. Le seguì, una sola cosa in mente. "Eleryn..."
Lo vide riverso a terra con la testa poggiata ad un tronco di un albero. "ELERYN!" Corse da lui, il quale aprì gli occhi e la guardò.
"Sylvie... Io..."
Gli mise un dito sulla bocca. "Non parlare, non devi sforzarti. Ti prego."
Eleryn annuì lievissimamente e non fiatò.
"Oh mio dio..." Sylvie notò la ferita all'altezza dell'anca. Il sangue era praticamente nero. "Ti devo medicare, subito. Ma prima devo disinfettare la ferita." Poi pensò "Non ho idea di cosa usare, ne di cosa fare..." Si maledisse per non sapere nulla di medicina.
"Devi cercare... Una pianta con le foglie d'un verde scurissimo e... " Il giovane deglutì con fatica "... I frutti viola pallido... Il succo di quei frutti... disinfetterà..."
"Eleryn? Eleryn stai con me, non chiudere gli occhi." Sylvie diede dei buffetti sulle guance del giovane.
"Va'... cerca..."
"No no no... Non andartene proprio adesso..." Aggiunse lei vedendo gli occhi del giovane chiudersi lentamente.
Ma il mago non riusciva più a sentirla. L'immagine sfocata del volto di Sylvie fu l'ultima cosa che vide prima di svenire e perdere conoscenza. La ragazza si morse le mani, ma non si perse d'animo. Si alzò in piedi ed iniziò a cercare.
"Foglie scure, frutti pallidi, foglie scure, frutti pallidi..." Continuava a ripetersi la descrizione della pianta come a volersela ricordare per sempre. "Dove potranno mai essere?" La tensione la assaliva ogni secondo di più. Sapeva che doveva fare in fretta. Setacciò ogni angolo del bosco. Trovò piante dalle foglie verdi scurissimi ma dai frutti blu, e anche piante con frutti viola pallido ma foglie troppo chiare. Ogni arbusto era una speranza che si infrangeva sui dettagli. Non poteva trascurare nulla, la vita di un uomo dipendeva da lei. Trovò una pianta che combaciava alla descrizione che cresceva attorno ad una grande pietra. Esultò mentalmente. Raccolse una decina di piccoli frutti e tornò da Eleryn. Li posò a terra e tastò il polso del giovane, speranzoso. Era molto debole, ma c'era. Cercò di metterlo seduto, di modo da poterlo medicare al meglio. Si strappò il mantello in piccoli lembi che le sarebbero serviti per disinfettare la ferita. Con uno di essi tolse quanto sangue più possibile dal taglio sull'anca di Eleryn, facendo attenzione ad essere delicata. Quando le ferite furono abbastanze pulite, bucò i frutti che aveva raccolto con una forcina per capelli e fece cadere il contenuto di essi su un piccolo pezzo di tessuto fino a che esso non ne fu completamente imbevuto. Avevano un odore terribile e nauseante. Sperò che funzionasse. Accarezzò la pelle tranciata con cura maniacale. Non voleva far del male ad Eleryn. Ripetè l'operazione un paio di volte, assicurandosi di coprire tutta la lunghezza del taglio, e poi passò a curare la spalla. Dopodichè utilizzò il resto del mantello per creare una sorta di fasciatura di fortuna che applicò legando insieme le due estremità di tessuto, cercando di ricoprire le ferite, per quanto possibile. Aveva fatto il massimo. Raccolse delle foglie dei dintorni e creò un letto di fortuna. Sdraiò Eleryn a pancia in su e si mise accanto a lui, guardandolo e piangendolo in silenzio per la paura di poterlo perdere per sempre. Si addormentò, scivolando in un sonno senza sogni.

Era oramai sera. Eleryn aprì gli occhi e si meravigliò di averlo fatto. Era ancora vivo. Osservo il suo corpo. Sentiva un forte dolore per le ferite, ma quando vide il mantello di Sylvie avvolto su di esse capiva ciò che lei aveva per lui. Poi la vide dormire proprio lì vicino. Si alzò piano e radunò qualche legnetto vicino al posto dove dormivano. Prese il bastone e accese un fuoco. Si voltò.
"Oh, vedo che ti sei svegliata anche tu." Esordì pacato.
"Tu... tu sei... tu sei vivo..." la ragazza si lasciò andare ad un pianto liberatorio. "Io... io ero preoccupata per te... non volevo perderti, e... io..."
Eleryn la abbracciò forte. Sentiva male alle ferite, ma non gli importava. Pianse anche lui.
"Mi dispiace di averti fatta preoccupare..."
Rimasero uniti in quel caldo abbraccio per lungo tempo. Quando si staccarono, si sorrisero.
"Ti fanno tanto male...?" Chiese lei con fare preoccupato.
"Un po'... Ma non preoccuparti, è normale. Tu sei stata fantastica."
Sylvie sorrise. "Tu invece no."
"Perchè, che cosa ho fatto?" Chiese sorpreso lui.
"Mi hai mandato a cercare una pianta con le foglie VERDI in mezzo ad un intero bosco, senza nemmeno dirmi dove poteva crescere!"
"Ma...! Ma se ero moribondo! Non riuscivo nemmeno a parlare!"
"Oh, ma sta' zitto! Cos'è, volevi rendere il tutto più avventuroso, eh?!"
"Ma sentila! Sei veramente incredibile!"
I due risero di gusto. Forse ciò che si dicevano non era realmente divertente, ma ciò che contava era che la paura era passata. Erano di nuovo insieme. Si interruppero.
"Senti... Posso farti una domanda?" Eleryn si fece serio.
"Certo, dimmi."
"Ti avevo detto che se non ci fossimo rivisti al villaggio tu saresti dovuta andare a salvare tuo fratello. Come mai non lo hai fatto?"
Sylvie abbassò lo sguardo e per un attimo ci fu il silenzio. Poi parlò.
"Perchè ho sentito che ciò che volevo di più in quel momento era rivederti. Ho solo... seguito il mio cuore."
Eleryn le si avvicinò mettendole una mano sulla guancia e facendo sì che i loro sguardi si incrociassero.
"Anche io desideravo rivederti."
Si baciarono. Si baciarono a lungo. E poi si baciarono di nuovo, fino a che ebbero fiato in corpo.
La sera trascorse, ed il fuoco che aveva acceso Eleryn piano piano si spense. Ma quello della passione, invece, ardette per molto più tempo, quella sera.



 
Spazio dell'autore: Eccoci arrivati all'ottavo capitolo! Siamo in dirittura d'arrivo per quanto riguarda questa storia, quindi se vi va fatemi sapere che cosa ne pensate recensendo ^^
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Capitolo 9
*** 9. ***


9. Sylvie si svegliò abbracciata ad Eleryn. Era notte fonda, e i due avevano passato una serata indimenticabile. Lo guardò languidamente mentre dormiva e gli accarezzò una guancia. Poi gli alzò piano piano il braccio dal suo corpo esile e si mise in piedi. Si coprì con un mantello e si addentrò nella foresta. Anche quella notte doveva vedere il suo Padrone.
<> Pensò durante il breve tragitto.
"... E così la mia migliore assassina, la più furtiva emissaria di morte di cui dispongo, mi ha infine tradito."
Un'ombra sbucò fuori da dietro un albero, spaventando la ragazza.
"Credevi che non lo avrei mai scoperto? O forse pensavi di poter rompere l'accordo? Sai bene che ti osservavo, Sylvie."
La giovane deglutì violentemente; provava un'insolita paura. Era conscia dello straodinario potere di quell'uomo. Si fece forza.
"Si, è vero. In cuor mio non voglio più far parte dell'accordo. Questa storia è durata troppo a lungo."
"Oh, davvero?" L'uomo le si portò improvvisamente vicino; fece in un lampo. Prese a camminarle attorno mentre lei se ne stava ferma, quasi impietrita. Le braccia distese lungo i fianchi, le dita asserragliate a formare un pugno.  
"E cosa ne sarà del tuo adorato fratellino, eh? Vuoi che muoia lentamente e osservarlo mentre il suo corpo cessa di vivere? Vuoi questo?"
Sylvie stette in silenzio per un attimo, abbassando gli occhi.
"RISPONDIMI! CHE COSA NE SARA' DI - "
"ZITTO!" La ragazza si ritrovò ad interromperlo senza volerlo. Si ricompose. "... Zitto. Non hai il diritto di parlare. Eleryn, lui... è fantastico. E' gentile, premuroso... Non esiterebbe a sacrificarsi per qualcuno a cui vuole bene o a rischiare la vita per chi ha bisogno di protezione. Lui... Lui mi aiuterà a far cessare il maleficio. Io non ho bisogno di te!"
"... Ah... Ahah... Bwahahahahahahahah!" L'uomo si fece una grossa risata dopo aver sentito le parole di Sylvie, poi riprese. "LUI? Quel mago da strapazzo? Ah, se sapesse... Ma sono sicuro che saprà, vero? Hai intenzione di dirglielo?"
"...Si."
"Ti respingerà. Ti ripudierà. Sarà accecato dall'ira, dall'odio. Per la prima volta lo vedrai come tu non vuoi vederlo. Lo vedrai... Simile a me."
"Tu menti."
"Credi? Io so che tutto ciò che avevi, ogni possibilità nella quale speravi, adesso è scomparsa per sempre. La tua punzione arriverà da sè, ucciderti ora sarebbe solo uno spreco di tempo. Io so che ti ritroverai sola."
Sylvie strinse i pugni ancora più forte e si morse un labbro. Non voleva credergli, ma una parte di lei aveva paura che Eleryn avrebbe reagito male a ciò che doveva sapere.
"Addio. Questa è l'ultima volta che ci rivedremo, ne sono sicuro." Scomparve nell'oscurità della notte, veloce come era arrivato.
La ragazza tornò sui suoi passi, in direzione del giaciglio dove Eleryn dormiva, e dopo poco ci arrivò. Il giovane era sveglio e aveva riacceso il fuoco.
"Dove sei andata?" Non si aspettava di averlo svegliato.
Sapeva che Eleryn aveva il sonno leggero, però... Doveva affrontare il discorso.
"Sylvie, allora?" Incalzò lui.
"Ecco, ehm... Ero andata dietro quei cespugli... ma è imbarazzante da dire, Eleryn..." Finse di arrossire stringendosi tra le spalle.
"Sono serio." Il ragazzo si alzò in piedi e si avvicinò a lei. "Ti sei ferita, al castello?" Indicò una fasciatura sul braccio sinistro. Sylvie chiuse gli occhi per la disperazione causata dal fatto che se ne fosse accorto. Scelse di mentire ancora.
"Si. Ma non è niente, è solo un taglietto..."
"Posso vederlo? Magari riesco a fare qualcosa, adesso grazie a te mi sento meglio."
"No, davvero, non è niente." Si ritrasse lei.
"Sai che me ne intendo di erbe e delle loro proprietà curative, fammi vede-"
"Ho detto che non è niente." Lo interruppe bruscamente. "Lasciami stare."
"Sylvie... Che cos'hai sotto quelle fasciature?"
La ragazza si morse nuovamente il labbro. Era giusto che lui sapesse.
"Sei sicuro di volerlo vedere?"
"No. Ma credo che io debba, giusto?"
Sylvie annuì leggermente. Prese a slegarsi le bende che componevano la fasciatura. Lo fece con calma, quasi come se volesse gustarsi gli ultimi attimi di una situazione che non avrebbe più avuto dopo che Eleryn avrebbe visto. Concluse l'operazione, svelando il marchio del Culto.
"Non posso crederci... Per tutto questo tempo..." Fece lui, allibito.
"Eleryn, posso spiegare..." Gli si avvicinò.
"Stammi lontana." Frappose il suo braccio tra il suo corpo e quello di Sylvie. "Come hai potuto? Che cosa volevi da me, eh? Sedurmi, forse? Per uccidermi nel momento stesso in cui io avrei abbassato la guardia?"
"Eleryn, per piacere, lasciami spiegare... Se avessi voluto fare quello non sarei partita in viaggio con te..."
"...Ma evidentemente avevi un motivo per farlo, non è vero?" Concluse ironicamente lui. "Stasera hai ricevuto ordini da qualcuno?"
"...Si." Sylvie aveva lo sguardo fisso a terra, ora.
"Proprio come pensavo..." Sorrise amaramente lui. "E cosa ti hanno detto di fare, eh? Di far si che cadessi completamente nella tua rete e poi pugnalarmi alle spalle? Pensare che facevi tutta l'innocentina, la dolce... E invece sei solo una puttana."
"Eleryn, non è come pensi... Loro... Lui... Ha usato mio fratello, lo ha maledetto...  Gli serviva un sicario... Credimi, non ti ho mentito su questo..."
Il mago rimase in silenzio per un momento. "Che cosa ti aveva chiesto di fare?"
"Lui... Lui possiede il medaglione che permette alle persone colpite dal maleficio di essere risvegliate..."
"Quindi sapevi anche del manufatto e dove esso fosse tenuto nascosto?"
"Si, si, sapevo tutto..." Iniziò a piangere a dirotto. "Io non volevo tradirti... Io dovevo ucciderti lontano dalla città così da far pensare a tutti ad un incidente, dovevo portarti il più lontano possibile e far sì che o io o Izo o chi per esso ti facessero fuori... Lui mi aveva promesso che avrebbe liberato mio fratello ed io... ed io gli ho creduto, perchè sono una stupida... Ma da quando ho iniziato a viaggiare con te, da quando... Stiamo insieme... Bhè... E' cambiato tutto... Gli ho detto più volte di lasciarmi stare, che non volevo più fare parte dell'accordo... Devi credermi Eleryn, perchè io... Io ti amo..."
Eleryn si sorprese di quelle parole, ne fu felice. Ma la sua felicità durò per pochissimo tempo. Non riusciva a togliersi dalla testa il pensiero che l'unica persona che aveva frequentato negli ultimi giorni, per la quale aveva provato più affetto in quei mesi e che gli era stata più vicina di tutti gli avesse mentito così tante volte. Nemmeno la visione di Sylvie in lacrime lo distolse da certi pensieri.
"...Dimmi chi è." Commentò lapidario.
"... Che cosa?"
"Ti ho detto di dirmi chi è che ti da ordini, chi mi vuole morto. Voglio sistemare la questione una volta per tutte."
"Eleryn, no, è troppo potente per te, andresti incontro a morte certa..."
"Hai detto che mi ami, no? Bhè, se mi ami davvero sai che devi dirmelo per riparare ai tuoi errori."
"Proprio perchè ti amo non voglio che tu vada incontro alla morte! Non farlo Eleryn, ti prego!"
Il mago sfoderò la spada e le si avvicinò, puntandole la lama alla gola. "Dimmi chi ti manda o morirai qui, adesso." Sylvie vide la rabbia e l'odio nei suoi occhi. Provò una paura che non aveva mai provato prima, standogli vicino. Smise immediatamente di piangere, quasi come se anche le lacrime avessero preferito rifugiarsi piuttosto che affrontare l'espressione di Eleryn. "Allora?"
"... E' Jelson... Il Cancelliere Jelson..."
Il mago strabuzzò gli occhi e ritrasse la lama.
"Cosa? Il mio vecchio maestro? Colui che mi ha curato per tutta la mia infanzia? Non è possibile..."
"Eppure ti assicuro che è così, Eleryn... Mi ha ordinato lui di ucciderti..."
"No... No... Impossibile... Tu menti."
"No, te lo giuro, sto dicendo la verità, devi credermi!"
"TU MENTI!" Urlò Eleryn acceccato dalla rabbia. "Io... Io devo andare da lui, devo incontrarlo e parlarci. Devo sapere la verità." Raccolse il bastone dal giaciglio di foglie e passò la mano sulla punta arrotondata, dopodichè lo puntò verso Sylvie. La ragazza fu imprigionata in una gabbia di lame di ghiaccio.
"Cosa? Eleryn, cosa diavolo stai facendo?"
"Non ti voglio più tra i piedi, Sylvie. Adesso ognuno va per la sua strada. Stai tranquilla, basterà il sole del mezzogiorno per sciogliere quel ghiaccio, ma fino ad allora non potrai muoverti. Quando sarai libera potrai andare dove ti pare, ma non seguirmi, o la prossima volta che ti vedrò sarò costretto ad ucciderti."
"Eleryn, no... Dio mio, che cosa ho fatto..." Sylvie si inginocchiò con le mani tra i capelli e pianse. Eleryn si rimise il mantello e raccolse la tracolla, dopodichè diede un'ultima occhiata a Sylvie. La sua espressione era più dispiaciuta di quanto non voleva far apparire. Infine si voltò e scomparve nella fitta vegetazione.

Camminava di buona lena oramai da un paio d'ore, e Roian era già in vista. Dovendo fare tappa a Sahabta e venendo dalla Capitale, la strada si allungava molto, per questo lui e Sylvie ci avevano messo più tempo, all'andata. Ma adesso, tagliando per un sentiero che costeggiava la foresta, Roian poteva essere raggiunta in circa tre ore di viaggio. Eleryn si ritrovò a pensare a come stesse Sylvie; se qualcuno l'avesse attaccata. Distolse la sua mente da quell'immagine, oramai non era più affar suo. C'era ben altro per il quale doveva essere attanagliato: Jelson. Il suo maestro, il suo mentore, la persona a lui più vicina assieme a sua sorella... Il suo secondo padre... Capo del Culto? Non poteva essere vero, Eleryn non voleva crederci. Mentre camminava, i ricordi iniziavano a riaffiorare.

"Devi cercare di concentrare i tuoi poteri in un unico punto del bastone e visualizzare nella tua mente l'incantesimo che vuoi eseguire. Chiudi gli occhi, forza."
Il piccolo Eleryn si allenava nel grande cortile del castello del Re assieme a Jelson, suo maestro, il quale cercava di insegnarli i rudimenti della magia.
"Non ci riesco, maestro, scusatemi..."
L'uomo gli sorrise. "Non temere. Riprova, concentrati."
"Va bene..." Eleryn chiuse gli occhi e cercò di convogliare tutti i suoi pensieri sull'estremità del bastone. S'immaginò un enorme muro di fiamme che scaturivano da esso, Le sopracciglia gli si aggrottarono dalla determinazione, dopodichè un piccolo soffio di calore fuoriuscì dal bastone. Eleryn sbuffò, stanco e deluso.
"Ahahah! Stai migliorando!" Disse Jelson, mettendogli una mano sulla testa e scompigliandogli i capelli. "Un giorno diventerai un grande mago, credimi."
Eleryn sorrise speranzoso.

E i ricordi viaggiarono, e viaggiarono ancora... Si ricordò di quella volta che aveva incendiato per sbaglio un arazzo della famiglia reale e Jelson si era preso la colpa al suo posto, o di quella volta che aveva fatto scappare tutte le pecore del signor Wilny a causa di un piccolo fulmine mal controllato ed il suo maestro si era offerto di aiutarlo a radunarle tutte, o ancora di quando si affrontavano combattendo all'arma bianca. La mente di Eleryn viaggiò fino al momento della sua nomina da Arcimago. Rivide il re in piedi davanti a lui; una cerimonia solenne alla presenza delle più alte cariche del Regno.

"Io, in qualità di Re di Alasteria, nomino te, Eleryn Flemi, Arcimago del Regno. Accetti tu l'incarico di servire e proteggere Alasteria, la sua gente ed il Re con tutte le tue forze?"
"Si, mio Signore." Rispose Eleryn chinando la testa ed inginocchiandosi.
"Allora, da oggi in poi, servirai questo regno accanto a me." Il Re, Sylveon, gli toccò leggermente le spalle con la spada recante lo stemma della famiglia Reale, poi gli fece cenno di alzarsi. "Ah, al diavolo il protocollo!" Il Re lo abbracciò, suscitando lo stupore della folla. "Ben fatto, amico mio."
Eleryn si ricordava di Jelson, si ricordava dei sorrisi e delle grandi congratulazioni che gli aveva fatto, e anche della birra che gli aveva offerto per festeggiare. Nulla faceva pensare ad una sua gelosia per la carica acquisita dal giovane, almeno secondo lui. Non credeva affatto che il suo maestro potesse cospirare alle spalle della casata regnante. Accelerò il passo, Roian era vicina.

Entrò in città velocemente, subito riconosciuto dalle guardie, e si avviò verso il castello. Arrivò nella sala del trono, laddove il Cancelliere era solito presenziare in sostituzione al Re maledetto. Il grande portone di legno si richiuse alle sue spalle emettendo un assordante suono.
"Ti stavo aspettando."
La flebile luce che filtrava dalle inferiate metalliche delle grandi finestra scoprì Jelson, in piedi davanti a lui, distante qualche metro.
"Jelson! Sono felice di rivederti!"
"Anche io, caro Eleryn, anche io."
"Ho delle cose da chiederti, sono giunto quì più in fretta che potevo e..."
"Come sta Sylvie?"
"... Cosa? Sylvie? Ma... Tu che cosa ne sai?"
"Vedi, mio ingenuo "amico"... Ti ho osservato a lungo. So che cosa hai fatto. Sylvie... Bhè, ecco, lei... Me lo raccontava. Avevamo un accordo."
"Ma... Allora è vero... Non è possibile..." I suoi occhi si spalancarono dall'incredulità.
"Oh, si che lo è. Ma poi lei ha deciso di rompere quell'accordo, di tradirmi... Lei si è innamorata di te."
"Come hai potuto..."
"Questo dovresti chiederlo a quell'idiota che si fa chiamare Re, ma credo che adesso non possa risponderti, sai?"
"Che cosa ha fatto il Re?" Eleryn era straziato nel profondo dalla conferma che dietro a tutto c'era proprio il suo vecchio maestro.
"Che cosa ha fatto, mi chiedi? Sai benissimo di che cosa si è macchiato quel bastardo. Io ti ho allevato, accudito, addestrato... E nel momento di maggior bisogno, quando lui doveva scegliere da chi farsi affiancare per governare, da chi farsi proteggere... Lui ha scelto te. Ha nominato te come suo Arcimago, non capendo di quali poteri io disponga, e facendomi finalmente decidere che era giunta l'ora di usurpare il suo trono."
Eleryn rimase in silenzio; la bocca spalancata.
"Vedi, era tutto previsto... Non che la mia nomina ad Arcimago avrebbe cambiato le cose, intendiamoci, però quella è stata la goccia che ha fatto traboccato il vaso e mi ha fatto decidere che anche tu, caro Eleryn, meritavi una punizione. Io sono un necromante; ho studiato tomi e tomi di magia nera risalenti alle Ere passate, ed ho potuto attingere ad un potere inimmaginabile. Ovviamente, ti ho tenuto all'oscuro di tutto perchè non volevo che tu mi causassi problemi, ma la tua innata predisposizione alle arti magiche ti ha comunque permesso di percepire qualcosa, a volte... Ma non importa. Così ho creato un sortilegio. Un potentissimo sortilegio che ha richiesto un anno di preparazione... Incantando questo medaglione..." Si toccò il collo, il quale era ornato da un oggetto di forma circolare e colore bronzeo, riportante alcune antiche incisioni. "... Ed usandolo come catalizzatore, ho potuto scagliare una maledizione  su chi volevo, che aveva come effetto un graduale annichilimento dei sensi e del corpo stesso, causando infine la morte del soggetto. L'ho utilizzata sia su tua sorella sia sul Re."
"Sei un infido bastardo, Jelson. Io mi fidavo di te." Tuonò Eleryn.
"Su, su, basta con i complimenti, adesso. Ciò a cui io miro è la costruzione di un nuovo Impero con me al comando: i vecchi valori di uguaglianza, speranza e carità spazzati via in un attimo. "Rinnovamento"; questa è la parola chiave. Per fortuna quell'idiota del Re si è fidato di me e mi ha nominato Cancelliere, quindi suo secondo, ed in caso di sua prematura dipartita sarò io ad avere il potere."
"... E quindi tu hai fatto tutto questo per poterti prendere una rivincita sulle persone che ti hanno fatto sentire inferiore? Hai creato il Culto per avere un esercito di menti che potevi plasmare a tuo piacimento?"
"Esercito? Oh, no no no, ti stai sbagliando... Io non ho bisogno di nessun esercito. Vedi, con le arti oscure sono capace di legare l'anima di un potente demone infernale al corpo di un uomo. Hai incontrato Izo, non è vero? Ecco, questo è ciò che avevo in programma per gran parte dei nuovi adepti. Inutili corpi pronti ad ospitare anime ben più degne delle loro, sozze e sature di altruismo. Il Culto, venerare Void, i rituali... Sono tutti espedienti per far cadere nel tranello quante più persone possibili. E quelle che ci credevano veramente, quelle sì che le avrei usate a mia personale difesa. Si sa che un uomo darebbe anche la vita per i propri ideali, non è vero, Eleryn?"
Il giovane era oramai in ginocchio, ed una piccola lacrima gli rigò il volto. "Non la farai franca. Io porrò fine a tutto questo. Io ti ucciderò." Il ragazzo estrasse la spada dal fodero ed impungò il bastone.
"Fa' come credi, non avrò di certo pietà per te, anzi."
Anche Jelson sfoderò la spada, ed i due iniziarono ad incrociare le lame. Era proprio come quando si affrontavano nel cortile del castello. Eleryn rivedeva in Jelson ogni movimento che faceva in passato, ogni schivata, ogni affondo... E lo stesso valeva per il Cancelliere. Si equivalevano.
"Dimmi, Eleryn... Come pensi che potessi lasciare il castello per arrivare fino dalla tua amata, eh?" Commentò lui in un momento di stallo. Al giovane quasi andò di traverso la saliva quando, dopo un suo affondo parato da Jelson, se lo ritrovò alle spalle con la sua spada rasente alla gola.
"La mia magia è così potente da riuscire a farmi spostare all'istante dove voglio."
Eleryn fu rapido nell'abbassarsi e sgambettare il rivale, il quale cadde a terra. l'Arcimago prese la spada con due mani e fece per affondarla nel petto del nemico, che però scomparve appena prima di essere trafitto.
"Eh eh eh... Te l'ho detto, posso spostarmi dove voglio." Ridacchiò lui.
"Tu si... Ma il tuo medaglione no." Eleryn raccolse dalla punta della spada il monile che Jelson aveva precedentemente al collo.
"Cosa...?" Il Cancelliere si toccò il collo oramai nudo. "Era questo il tuo obiettivo sin dall'inizio?" Lanciò uno sguardo di fuoco al suo allievo. "Tu... Bastardo... Ma non importa... Me lo riprenderò dal tuo cadavere dopo che ti avrò ucciso."
I due ricominciarono a combattere in un turbinio di attacchi che sembrava non potesse finire più.

Sylvie stava correndo a perdifiato verso il castello di Roian. Tutto ciò che voleva era raggiungere Eleryn e dirgli ciò che sapeva, non voleva più mentirgli. Si domandava se Eleryn la aveva volontariamente intrappolata vicino al fuoco da lui stesso acceso così che lei potesse fuggire incendiando un lembo del mantello per creare una torcia con la quale scogliere il ghiaccio oppure fosse stato un caso, ma non le importava più. Era arrivata al castello.
"Da qui non si passa, signorina." Una guardia le intimò l'alt.
"Ma levati di mezzo, tu!" Sylvie la spinse via e spiccò un gran balzo che le permise di arrampicarsi facendo leva su una pietra sporgente ed arrivare ad una finestra. Dava sulla sala del trono, e da lì scorse Eleryn. Le inferiate erano abbastanza larghe per lei, così che, appiattendosi contro un'estremità, riuscì ad entrare. Assistette per un po' allo scontro tra Jelson ed Eleryn, impietrita dalla potenza sprigionata dai due. Decise di chiamarlo.
"Eleryn!"
Il giovane si voltò d'istinto. "Sylvie...!"
Jelson sorrise beffardamente e colse l'occasione. Assestò un calcio all'addome del giovane rivale e lo disarmò, facendogli cadere la spada ad alcuni metri di distanza. Eleryn si divincolò dalla presa dell'avversario con un pugno con la mano libera e scattò per recuperare la spada. All'improvviso, però, Jelson estrasse con la mano sinitra il bastone, lo stesso con il quale mostrava ad Eleryn alcuni incantesimi quando era piccolo, e passò velocemente la mano su di esso.
"E' giunta la tua fine." Sentenziò il maestro.
Il giovane aveva raggiunto la spada, ma quando si era voltato per riprendere a combattere oramai l'incantesimo era già stato lanciato. Lo conosceva bene, glielo aveva insegnato proprio Jelson: quella affilata lama di ghiaccio non lasciava scampo a colui che venisse trafitto da essa. Chiuse gli occhi, rassegnandosi all'abbraccio del nulla.
<>
"Eleryn!" Sylvie, oramai scesa nella larga sala, compì un veloce scatto verso il giovane, tuffandosi per intercettare la traiettoria dell'incantesimo e ne venne trafitta, finendo riversa a terra. Un rivolo di sangue bagnava il pavimento. Eleryn rimase interdetto per un interminabile attimo.
"SYLVIE, NOOO!"


 
Spazio dell'autore: Ciao a tutti e grazie per la lettura, inanzitutto ^^ Credo che questo sia il penultimo capitolo della mia storia, e credo proprio che nel capitolo 10 ci sarà il finale di questa fic ^^ Se vi va, recensite con i vostri pareri e critiche! Come sempre vi lascio i link delle altre mie storie, rinnovandovi l'invito a recensire! Al prossimo capitolo! ^^
Fan - fiction introspettiva (One Shot) : http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2845044&i=1
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Capitolo 10
*** 10. ***


10. Eleryn strinse a sè Sylvie, inesorabilmente trafitta da quella appuntita lama di ghiaccio. Perdeva sangue dalla bocca. Jelson sorrideva beffardamente.
"Ben le sta a quella stronza."
"Sylvie... Ti prego, no... Non lasciarmi così, non farlo..." Il giovane iniziò a piangere, e le sue lacrime cadevano sul viso della ragazza. "Mi dispiace per come ti ho trattata, io... Io non volevo... Dobbiamo salvare tuo fratello, ci siamo così vicini, non andartene, ti prego, no..." Eleryn si strinse a lei con tutta la sua forza, accarezzandole dolcemente i capelli. Una mano gli toccò dolcemente il volto.
"Non piangere..."
Eleryn aprì gli occhi e guardò Sylvie. "Tu... Sei viva! Oh santo cielo, grazie, grazie, grazie!" Le stampò un bacio sulle labbra. Sylvie sorrise.
"Eleryn, io sto morendo..." L'espressione del mago s'incupì di nuovo. "Ma c'è una cosa che devi sapere..."
"Sylvie, non sforzarti, ti prometto che..."
"Shh shh shh..." La giovane lo interruppe dolcemente toccandogli la bocca con un dito e, accarezzandogli il volto, iniziò a confidarsi con lui. "Io ero in combutta con quel bastardo, è vero... Ho fatto cose terribili delle quali mi pento e che non avrei mai voluto fare, tutte per salvare mio fratello..." Si fermò un momento per riprendere fiato "Ma da quando ti ho incontrato ho capito perfettamente di avere sbagliato... Avrei desiderato conoscerti in una situazione diversa, ma a volte il destino è beffardo, perdonami..." Gli sorrise, mentre lui singhiozzava disperato. "Ma c'è un'ultima cosa che voglio fare per te, prima di dirti addio..." Con le ultime forze residue estrasse un pugnale dalla cintura. "Hai il medaglione?"
"Si, l'ho qui con me..." Eleryn lo prese e glielo mostrò.
"Bene... Devi sapere che origliando Jelson ho scoperto che non può essere utilizzato per rimuovere la maledizione sui nostri cari... A meno che qualcuno non si sacrifichi donando la sua anima a questa causa..."
"Cosa? Bastarda ladra... Tu... Tu hai osato spiarmi? Non ti meriti di meno che una morte sofferente!" Jelson scagliò un potente dardo di energia in direzione della coppia, il quale incocciò contro un muro invisibile e si dissolse. "Come è possibile?" Commentò stupito il maestro "Una barriera? Maledetto..."
Il giovane magò gli lanciò una sguardo infuocato che sembrava dire "A te penserò dopo." Si voltò nuovamente verso Sylvie.
"Eleryn, io... Voglio veramente che tu salvi tua sorella, quindi ho deciso di... Fare del bene, per una volta..."
"Sylvie, no... Non farlo..."
"Ho già deciso, non fermarmi, per favore... Non rendermi tutto più difficile..." Gli sorrise dolcemente "Eleryn... Ti amo..." La giovane si trafisse il cuore con il pugnale. Morì sorridendo tra le braccia del suo amato. Eleryn la guardò in silenzio, a bocca aperta, per un lungo attimo, dopodichè le diede un bacio sulle labbra e le chiuse gli occhi. Poi la abbracciò.
"Sylvie... No... Diavolo... Perchè è dovuto succedere a noi...? Non ti dimenticherò, il tuo sacrificio non sarò in vano..."
All'improvviso, dal medaglione che il giovane aveva rubato a Jelson proruppe una luce radiosa, abbagliante. Esso iniziò a fluttuare da solo a mezz'aria per un po', dopodichè sembrò ricevere del potere dal corpo esanime di Sylvie. Che il rituale avesse funzionato? Quando ricadde a terra, Eleryn lo raccolse e se lo mise in tasca. Si alzò lentamente in piedi; spada nella mano destra, bastone nella sinistra. Guardò Jelson in un modo in cui non aveva mai guardato nessun altro prima d'ora. Al suo Maestro venne un brivido sulla schiena. Un brivido di paura.
"Eh eh eh... Ha avuto quello che si meritava, non credi? Così impara a tradirmi e a mettersi contro di me. Cosa c'è? sei arrabbiato? Uccidimi, se ne sei in grado."
Eleryn scattò verso di lui nel tentativo di colpirlo e le loro lame si incrociarono.
"Tu non puoi battermi." Jelson sorrise lievemente, quasi a sfidare il suo rivale.
"Io ti ammazzerò, bastardo." Il vecchio maestro quasi si sorprese di sentire quelle parole, ma più che altro aveva visto in Eleryn una determinazione che prima non aveva, come se lui avesse superato l'iniziale timore reverenziale.
Il combattimento si fece più acceso, i colpi di Eleryn più potenti, più veloci, più precisi. Jelson iniziava a sudare freddo; non sapeva come contrastarlo. Dopo poco fu all'angolo, disarmato e con una lama puntata alla gola.
"Ehi, ehi, Eleryn, ascoltami, per favore..." Con la mano aperta faceva segno al suo allievo di aspettare, di dargli tempo.
"Non provarci nemmeno. E' finita, hai perso."
"Stammi a sentire, Io... Sono pentito... Ti ricordi di quando eri piccolo ed io t'isegnavo la magia? Ecco, io vorrei ritrovare quei momenti, ricominciare una nuova vita... Mi dispiace se la tua amica è morta, io non volevo colpirla... E' stato tutto un grosso sbaglio..."
"Stai zitto, Jelson. Tu per me non conti più nulla."
"Ti prego, risparmiami..." Il maestro iniziò a piangere. Eleryn ebbe un attimo di esitazione ed abbassò leggermente la lama, togliendola dalla gola del rivale. Jelson passò la mano sinistra sull'estremità arrotondata del bastone e lo impungò con la stessa subito dopo, velocemente.
"Ci sei cascato, sei proprio ingenuo, Eleryn!"
Puntò il bastone verso l'allievo, il quale fu respinto via come da un campo di forza invisibile. Il giovane sbattè la schiena contro il muro sito dalla parte opposta della stanza e si ritrovò seduto a terra. "Sei proprio un idiota." Si ripetè. Jelson si alzò in piedi.
"Bwahahah! Hai davvero pensato che potessi perdermi nei ricordi? Sei rimasto tale e quale a come eri, un piccolo ed insignificante fanciullo a cui è stato donato un potere troppo grande per lui. Addio."
Un grande raggio nero come la notte scaturì dal bastone di Jelson in direzione di Eleryn. Il giovane si rimise in piedi di scatto, quasi inaspettatamente.
"No, ti sbagli, Jelson. Io non sono più come ero una volta. Sono cresciuto, e ti ho superato, che tu lo voglia o no. Non ti perdonerò mai per quello che hai fatto a mia sorella, al Re, a me e soprattutto a Sylvie." Anche Eleryn puntò il bastone verso il suo maestro, e dalla punta di esso fuoriuscì un luminoso raggio bianco. Quando i due poteri s'incrociarono l'esplosione fu tremenda. I due contendenti resistettero alla forza che li respingeva indietro e continuarono ad impugnare i bastoni l'uno contro l'altro. L'esito della battaglia era incerto. In un primo momento sembrò prevalere Eleryn, subito dopo Jelson, e così via. Il giovane mago chiuse gli occhi e pensò al passato.
"Devi cercare di concentrare i tuoi poteri in un unico punto del bastone e visualizzare nella tua mente l'incantesimo che vuoi eseguire." Le parole del maestro gli vennero subito alla mente e cercò di fare come gli era stato insegnato. Strinse la staffa e focalizzò con precisione millimetrica l'estremità superiore del bastone dalla quale fuoriusciva il suo potere, cercando di incanalarlo esattamente in quel punto.
"... Cos'è questa forza? Cosa sta succedendo? Possibile che... No, no, no...!"
La parte oscura dell'incantesimo venne come inghiottita da quell'enorme potere che Eleryn stava utilizzando.
"Me lo hai insegnato tu, Maestro, ricordi? Sei stato tu ad insegnarmi tutto! E' arrivato il giorno in cui io... Ti supererò!"
"No... Questo... Non deve... Succedere..."
Un grande bagliore si propagò per tutta la stanza; poi una esplosione. Dopodichè, il silenzio.
 
Due corpi erano riversi a terra; una figura si stagliava invece in piedi. Il bastone da mago, lasciato cadere a terra, rotolò a qualche centimetro di distanza dai suoi piedi. Eleryn strinse i pugni abbandonando anche la spada. Poi piano piano si chinò fino a trovarsi in ginocchio. Pianse. Pianse come non aveva mai fatto prima. "Perchè... Perchè mi hai abbandonato...? Sylvie..." Il giovane si avvicinò al corpo della giovane donna e le mise le mani sotto alla schiena, avvicinandola a sè. "... Anche io ti amo..."

Dopo che si fu ripreso, Eleryn prese il corpo di Sylvie in braccio e si avviò ad informare le guardie reali dell'accaduto ed esse si occuparono del corpo di Jelson. Erano anche loro incredule, ma per fortuna il titolo di Arcimago garantiva al giovane più credibilità di quella di cui godeva il cancelliere. Tutto ciò che importava ad Eleryn adesso era di non far sì che il sacrificio della sua amata non risultasse vano. Salì qualche rampa di scale e si diresse verso le stanze private del re con il cuore colmo di speranza. Le guardie di ronda vicino alla camera da letto reale lo riconobbero subito e lo fecero passare, solerti e veloci quasi come se vedessero nell'uomo uno sguardo che non ammetteva repliche. Eleryn vide il suo vecchio amico, Sylveon, giacere immobile nel suo letto, le braccia stese lungo i fianchi e la carnagione d'un pallore fuori dal comune. I dipinti che ritraevano il Re assieme a suo padre erano disposti nella stessa identica posizione che avevano prima che egli fosse maledetto. Adagiò delicatamente il corpo di Sylvie ai piedi del letto e strinse forte il medaglione. Non sapeva che cosa doveva fare con quell'oggetto, nessuno glielo aveva detto. Cercò di convogliare tutto il suo potere magico in quell'artefatto come aveva fatto durante la battaglia con Jelson, ma non accadde nulla. Ci riprovò ancora, questa volta più a lungo, facendo uno sforzo tale che arrivò a sudare anche solo per aver pensato intensamente. La disperazione iniziò a farsi strada in Eleryn. "No... Non è possibile... Che fosse tutto un inganno...? Che Jelson temesse di essere spiato e abbia mentito...? Che cosa devo fare...?" I suoi occhi cercarono istintivamente il volto senza vita della ragazza. "Sylvie... Perchè non sei qui a consigliarmi...?" D'un tratto il medaglione iniziò da solo a fluttuare a mezz'aria, proprio come successo poco prima, ed una luce calda, lenitiva, inizò ad investire il corpo del Re, dolce ma decisa. La sua carnagione riprese poco a poco il suo colorito normale e, come d'ncanto, Sylveon aprì gli occhi.
"Ma... Maestà...!" Eleryn si gettò al collo del Re per la gioia.
"Sua Maestà si è svegliato! Il Re è vivo!" Una guardia vide l'accaduto e si affrettò a portare la buona novella per tutto il castello. "Il Re si è svegliato! Che tutta Roian lo sappia! Il Re si è svegliato!"
"Che cosa? Scherzi?" Gli domandò un passante.
"Non potrei essere più serio di così! Fatelo sapere a tutti, l'incubo è finalmente finito!"
La notizia corse veloce, per le strade della città, nei negozi, nei campi, fin nei villaggi limitrofi. E fu una gran festa.
"Eleryn... Tu... Mi hai salvato?"
"No, Maestà..." Disse il mago guardandolo negli occhi. "E' tutto merito suo." Indicò Sylvie.
"Raccontami."
Eleryn annuì. I due parlarono a lungo di ciò che era successo e al Re furono svelati i biechi piani di Jelson per appropriarsi del potere.
"Jelson... Proprio lui che ti era così vicino... Devi essere distrutto." Commentò Sua Maestà dopo aver sentito la storia.
"Al contrario, vostra altezza. Per quanto riguarda quel fatto sto bene. Ma lui mi ha portato via la cosa più bella che avevo trovato durante il mio viaggio." Gli occhi del mago si intristirono "Adessp, però, devo andare a salvare mia sorella." Eleryn si alzò dal letto sul quale si era seduto per parlare con Sylveon. "La prego, si occupì lei di Sylvie, e faccia come le ho detto..."
Il Re annuì. Aveva una espressione dolce e rassicurante. "Sta' tranquillo."
Eleryn uscì dal castello e subito dopo dalla città e si diresse verso Azealel, piccola quanto povera cittadina a meno di un'ora di cammino da Roian dove un tempo abitavano i suoi genitori e dove era rimasta sua sorella.
"Guardate! E' Eleryn! E' il nostro eroe!" La notizia doveva essersi diffusa molto in fretta, poichè tutti lo accolsero festosi. Sembrava che i problemi di quella gente fossero scomparsi all'improvviso. Terra arida e diffilmente coltivabile, scarsità d'acqua, fame... Tutto dimenticato grazie a ciò che Eleryn aveva fatto. Si sentiva felice per i sorrisi che vedeva sui volti delle persone. Ringraziò tutti e si avviò verso la piccola casa dove sua sorella giaceva. Era modesta e costruita in legno, proprio come le abitazioni di Sahabata, così come modesto era il letto dove la sorellina giaceva. Era piccola e molto graziosa, la pelle liscia ed intonsa ma purtroppo pallida, proprio come quella del Re. I lunghi capelli riuniti in un'unica treccia che le terminava cadendo sul petto, e quegli occhi azzurri che Eleryn si ricordava distintamente ma che si rammaricò di non poter vedere subito. Si sedette accanto a lei e le strinse la mano.
"Ci siamo, sorellina..." Pensò intensamente a Sylvie e all'amore che provava per lei, e così la magia si ripetè. Il medaglione prese a fluttuare ed una luce irradiò la ragazzina. Anch'essa aprì gli occhi e subitò cercò un volto familiare accanto a lei.
"Eleryn..."
"Mera... Sei viva..." La abbracciò "Ti voglio bene, sorellina mia..."
"Sei tornato... Tu mi hai salvato la vita, fratellone..."
Si... Si, Mera, sono tornato... Te lo avevo promesso, ma tu non potevi sentirmi..."
I due piansero. E poi risero, scherzarono come se nulla fosse accaduto. Eleryn le raccontò tutto, della maledizione, di Sylvie, del viaggio, di Jelsen e del Re. Parlarono a lungo. Dopo un paio d'ore, nelle quali Eleryn aveva fatto fare un bagno caldo a Mera e l'aveva aiutata a vestrisi con gli abiti più eleganti che lei possedeva, la prese per mano e se ne tornarono entrambi a Roian. Il Re aveva predisposto tutto per una grande celebrazione in onore di Eleryn.
"Eleryn, eccoti! Ti stavo aspettando!"
"Vostra Maestà..." Il giovane s'inchinò al cospetto del Re. "Avete fatto quello che vi ho chiesto?"
"Non perderti in queste formalità, Arcimago. In fondo, mi hai salvato la vita. Comunque si, lei ha trovato la sua eterna dimora nel mausoleo Reale, nella parte dedicata a coloro che maggiormente si sono impegnati per mantenere salda la pace ad Alasteria. Vai a salutarla quando vuoi, il popolo ti aspetterà per celebrare il suo paladino."
"Grazie, Maestà... Lei è un grande Sovrano."
Mera strattonò leggermente la manica di Eleryn ed ella lo guardò con quei suoi due occhioni teneri.  
"Fratellone, adesso staremo sempre insieme?"
"Si, Mera. Sempre insieme. Ma c'è ancora una cosa che devo fare, potrai aspettarmi solo qualche ora?"
"Certo che posso, ma fai attenzione, e torna presto."
"Non preoccuparti." Le baciò la fronte e fece per andarsene, lasciandola nelle mani di Sylveon.
"Fratellone..."
"Si?"
"Mi sarebbe piaciuto avere anche una sorellona..."
"Anche a me sarebbe piaciuto, anche a me..."
Eleryn uscì di nuovo da Roian. Fuori dalla città c'era un cavallo che il Re gli aveva fatto mettere a disposizione direttamente dalla migliore stalla della città. Il giovane spronò l'animale ed esso iniziò a galoppare veloce per le grandi strade di Alasteria, in direzione del piccolo villaggio dove si trovava il fratello di Sylvie. Per fortuna il Re conosceva il padre della giovane avendo frequentato assieme l'accademia per soldati del regno, dunque sapeva dove erano andati ad abitare dopo che l'uomo si era sposato. Arrivato a destinazione, Eleryn non ci mise molto a farsi indicare dagli abitanti del villaggio dove si trovava il fratello di Sylvie. Arrivò al suo capezzale e lo vide. Giaceva nello stesso stato nel quale si trovavano sua sorella e Sylveon. Il ragazzino aveva gli stessi lineamenti dolci della sorella, ma era molto diverso rispetto a lei. Eleryn non perse tempo e si concentrò nuovamente sull'immagine dell'amata tenendo in mano il medaglione. Con la stessa identica procedura delle altre due volte, una luce si sprigionò da esso e risveglio il ragazzino.
"Cosa succede... Dove mi trovo...?"
"Sei vivo, non preoccuparti. Sono un tuo amico."
"Sylvie... Dov'è la mia sorellona...?"
"Lei è... è..." Eleryn dovette raccontare tutto anche a lui. Se lo meritava. Forse quel ragazzino era uno dei più colpiti di tutta la vicenda. Era rimasto solo al mondo. Almeno lui aveva sua sorella, quel ragazzino invece no; non aveva niente.
"No... Non è possibile..." Le lacrime iniziarono a venir fuori dagli occhi del piccolo. "Tu menti... Menti... MENTI! MIA SORELLA NON E' MORTA!" Iniziò a prendere a pugni Eleryn, colpendolo su una spalla con tutta la forza che aveva in corpo. "NON CI CREDO, NON VOGLIO CREDERCI! LEI NON E' MORTA, NON LO E'!"
Il giovane mago lo fermò e lo abbracciò.
"Vorrei anche io che non lo fosse. Vorrei poterti dare una mano, vorrei poterti aiutare, tenerti con me, sostenerti... Ma non posso, io non sono lei, non posso fare nulla più di quanto io non abbia già fatto..."
La testa del piccolo era oramai sprofondata nel petto di Eleryn, e la rabbia si era tramutata in dolore.
"Devi cercare di andare avanti... Credimi, non sarà facile, ne so qualcosa... Tieni il suo ricordo vivo ogni giorno che passa, non dimenticarti mai di lei e traine la forza per alzare sempre la testa... Sei il benvento a Roian, la Capitale, ogni volta che vorrai... Chiedi di Eleryn. Sarò lì se avrai bisogno, va bene? Ogni volta che vorrai."
Il ragazzino annuì lievemente tra un singhiozzo e l'altro. Eleryn continuò a stare con lui per un altro po' fino a che non si fu calmato. Chiacchierarono del viaggio che il giovane mago aveva dovuto fare, ed Eleryn incominciò a raccontargli qualche storia.
"... E così tua sorella mi ha salvato da un branco di lupi affamati. Straordinario, vero?"
"Uao, forte! La mia sorellona era fortissima! Da grande voglio diventare bravo come lei!"
"Ahahah, sono sicuro che ce la farai, Kely! Diventerai un bravissimo guerriero!"
"Io voglio diventare un arciere! Voglio essere il più bravo con l'arco! Così potrò diventare più forte della sorellona!"
"Se ti vedesse, sarebbe fiera di te." Gli accarezzò la testa "Adesso devo andare, mi aspettano a palazzo. Prometti che verrai a trovarmi?"
"Ogni giorno! Grazie per quello che hai fatto... La mia sorellona aveva scelto proprio bene!"
Eleryn si alzò dal letto e sorrise imboccando la porta.
"... Starò solo per sempre?"
Il mago si voltò. "Cosa?"
"Starò solo per sempre, Eleryn? Dimmi la verità..."
Gli prese la mano. "No, non pensarlo. Tutti, qui al villaggio, si sono preoccupati per te e hanno cercato di aiutarti, e continueranno a farlo. Io sarò sempre lì per te e così lo sarà il Re. E soprattutto Sylvie..." Eleryn si avvicinò a Kely e gli toccò il petto. "Lei non ti lascerò mai solo, sarà per sempre lì."
"...Grazie Eleryn. Anche tu non sei male..." Trattenne a stento le lacrime.
"Addio, Kely. Rendi fiera tua sorella."

La festa era stata magnifica. Due giorni di celebrazioni con numerose attività e giochi di ogni tipo. Un sontuoso banchetto accompagnato da canti e balli d'ogni sorta, una corsa con i sacchi per i bambini ed una gara di tiro con l'arco. Eleryn aveva seduto al fianco del re durante il banchetto e si era divertito come non lo faceva da settimane. Finalmente il regno poteva di nuovo aspirare alla pace, adesso che tutto si era risolto per il meglio. Adesso il giovane era in piedi davanti alla lapide di Sylvie, all'interno del mausoleo Reale. Aveva un mazzo di rose rosse in mano.
"Ehm... Ecco, sono un po' emozionato, ma volevo che tu avessi queste... Sai, fino ad ora non ti avevo mai fatto una dichiarazione seria, ma credo che sia il momento di farlo!" Eleryn posò i fiori sul terreno. "Volevo solo dirti che ti amo, Sylvie. Ti amo da morire. E se pensi che io sia pazzo, tu che mi guardi da lassù, a parlare ad un mucchio di terra davanti ad una lapide, sappi che non lo sono. So perfettamente che non sei più con me, eppure voglio che tu ci sia. Voglio che tu ogni giorno mi pensi come io penserò a te. Vivremo la nostra storia d'amore anche se siamo in due posti diversi, ti va? Sai, tuo fratello ti assomiglia davvero molto, come carattere. Mi ricorda te in tutto e per tutto. Vorrei che tu avessi conosciuto mia sorella, e anche lei lo avrebbe voluto. Chissà, magari avremmo potuto vivere assieme a loro e poi un giorno avere un bambino tutto nostro. Ah, ma che dico, tu non sei tipa da bambini! Una ladra come te! Ma sono certo che ti avebbe fatto piacere, amore. Saresti stata una brava mamma, dolce e premurosa come lo sei stata con me. Adesso ti lascio riposare... Ciao Sylvie, a domani. Ti amo. Non ti dimenticherò mai."


 
Spazio dell'autore: ... Ed eccoci finalmente alla fine! ^^ Spero che questo ultimo capitolo vi faccia commuovere almeno un pochino, cosa che è successa a me scrivendolo ç.ç Forse ho tirato un po' via la parte finale, ma tant'è, la storia si era oramai conclusa ed era inutile tirarla per le lunghe. Fatemi sapere che cosa ne pensate e grazie per aver letto! ^^
Vi lascio i link delle altre mie fic:
Fan - fiction fantasy (One Shot) : http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2832857&i=1
Fan - fiction introspettiva (One Shot) : http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2845044&i=1
Fan - fiction su One Piece: (One Shot): http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2886160&i=1
Fan - fiction Crossover: (Naruto/One Piece) :
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2899972&i=1

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