Il tuo vero valore... di Yumeji (/viewuser.php?uid=95601)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: cieco, sordo, ferito... ***
Capitolo 2: *** Non lo senti, Shizu-chan..? ***
Capitolo 3: *** Il sadico ***
Capitolo 4: *** Umanità ***
Capitolo 1 *** Prologo: cieco, sordo, ferito... ***
Autore:
Yumeji
Fandom:
Durarara!
Titolo: Il tuo vero
valore...
Genere:
Dark, Angst, Sentimentale, Azione.
Avverimenti: Yaoi,
Rating: Giallo/Arancione
Personaggi: Un
po' tutti
Note: in
questa FF il rapporto tra Shizuo e Izaya è prettamente di
tipo sessuale (come di solito immagina ogni buona yaoista amante di
questa coppia xD xD ),
non hanno un vero rapporto come "coppia" (nel senso lato del termine)
Cmq godetevela!
Era cosi strano, ma no. Shizuo non ci aveva mai
pensato…
Eppure, avrebbe dovuto essere una cosa cosi ovvia. Scontata.
Prevedibile.
Invece non lo era stata.
In un momento, il fragile equilibrio della sua vita, di quella routine
alla quale (difficile a crederlo ma era cosi), si era oramai
affezionato, era stato spezzato, martoriato, distrutto. Tutto si era
scomposto in un miriade di schegge di ghiaccio infuocate, che lo
bruciavano, lo dilaniavano ricadendo su di lui, in una pioggia crudele
e spietata.
Il suo cuore all’improvviso era morto, rimase solo
l’odio.
Quella notte, quando l’Heiwajima tornò un poco
brillo dal russia sushi - non era stato in grado di rifiutare il
pressante invito di Simon al ristorante e aveva pure dovuto fargli
compagni nel suo giro di bevute (stava festeggiando un
“non-si-ricordava-che” anniversario); si
stupì nel ritrovare, proprio davanti alla porta del proprio
appartamento, una piccola scatola incartata, poco più grande
di un pacchetto di sigarette. Svogliatamente la raccolse, credendo
fosse caduta a qualcuno dei suoi vicini, i quali erano talmente
spaventati da lui che neppure osavano incrociarne lo sguardo, mentre
portavano fuori la spazzatura. Se uno di loro avesse perso un qualunque-cosa di
fronte alla sua soglia ci avrebbe pensato ben più di due
volte prima di passare a riprendersela, ed era anche fuori questione
bussare alle loro porte e chiedere, avrebbero tutti negato, troppo
spaventati alla sua vista e forse delle conseguenze che avrebbe potuto
comportare dire la verità.
Era però inutile preoccuparsi tanto di quelle pecorelle
tremanti dei suoi vicini, ben impresso con un pennarello rosa
fosforescente sulla carta del pacchetto era scritto il suo
nome:“Shizu-chan..eh?”
Un moto di stizza gli attraversò ogni singolo muscolo del
corpo nel leggere, e poco mancò che non scagliasse il povero
contenitore contro la parete.
“Quella pulce
mi sta di nuovo preparando qualche altro brutto tiro”,pensò
già furioso.“E
adesso viene pure a molestarmi a casa?..” Se le
cose fossero continuate lo avrebbe denunciato per stalking! Si
ripromise.
Chissà perché non aveva gettato via il pacco in
quel momento?Chissà.
Forse perché in realtà qualcosa in lui, nel
più profondo del suo animo, in quel punto oscuro di esso
celato alla ragione, già sapeva che non era possibile.
Qualcosa non quadrava, lì intorno c’era puzza di
bruciato.
Sbuffando frustrato l’Heiwajima cercò le chiavi di
casa, infilate da qualche parte tra la tasca del gilet e quella dei
pantaloni, avrebbe risolto il problema del pacchetto un'altra volta,
ora voleva solo entrare in casa e andare a dormire. La
curiosità della bestia che sopiva in lui era però
già stata stuzzicata, e nulla adesso l’avrebbe
più fatta tacere.
L’istinto animale cominciò a pizzicargli dietro la
nuca, causandogli forti dolori (che al momento diede colpa alla leggera
sbornia), e lo sguardo distrattamente cadde più volte sulla
scritta in rosa, quasi accecante nonostante la penombra del
pianerottolo. Aveva la sensazione di star perdendo qualcosa per strada,
quasi si fosse fatto scappare qualcosa di estremamente evidente,come
quando si ha una parola sulla punta della lingua, ma ci sfugge ogni
volta che proviamo ad acciuffarla. Come Izaya, insomma.
Ed ecco un ricordo, un piccolo frammento d’immagine risalito
dai recessi polverosi della sua memoria, i tempi della scuola, le
superiori, un quaderno dalla copertina nera. Orihara l’aveva
perso durante una delle sue tante fughe, lui aveva finito con il
raccoglierlo senza mai restituirglielo, un comportamento certo
infantile che a quella pulce non importò più di
tanto. Non l’aveva mai confessato a nessuno, ma grazie a
quegli appunti per quell’anno evitò un
insufficienza in letteratura antica.
Per lui era quindi diventato normale riconoscere la scrittura della
pulce:
sottile, agitata,
incontrollata (instabile)….
E le parole che aveva lì di fronte non gli corrispondevano
affatto. Il solo fatto che il pacchetto gli fosse stato recapitato
proprio di fronte casa avrebbe dovuto farglielo capire, Izaya per
quanto molesto non era il tipo da infrangeva le regole di un gioco che
lui stesso aveva inventato, persino il suo lavoro di informatore si
basava su questo.
Fu proprio pensando a lavoro di quella stramaledetto scarafaggio che
Shizuo entrò in casa, accese la luce e appoggiò
il pacchetto sul ripiano del tavolo in cucina, subito di fianco alla
porta d’ingresso. Era esausto, per lui era stata una giornata
pesante alla “riscossione debiti”, otto delle
dodici persone a cui aveva fatto visita avevano tentato di scappare,
altre tre invece si erano barricate in casa e l’ultima aveva
minacciato di suicidarsi di fronte a lui e a Tom-san. Insomma, una
delle tante giornate da dimenticare. “Almeno Izaya mi ha
lasciato in pace…” riscontrò
l’unico lato positivo di quel nefasto 2 Dicembre, o almeno
aveva potuto pensarla cosi fino al ritrovamento di quel misterioso
“pacchetto”.
Era ormai mezzanotte passata, quasi le tre del mattino a dir la
verità, ed essendo in un giorno lavorativo,
l’unico pensiero di Shizuo, dopo una bella doccia, era quello
di andarsene a letto a riposare per le successive cinque ore, ma la
sola presenza di quel pacco in casa propria gli impediva di fare tutto
ciò.
Quella subdola presenza gli rodeva dentro, occupandone
all’istante tutti i pensieri, come un tarlo che avesse preso
posto nelle pareti del suo cervello, che silente si insinua sempre
più in profondità nel suo essere, impedendogli di
far procedere il resto della nottata come normalmente sarebbe andata.
Infondo di che si stupiva? Era sempre stato cosi con Izaya, quando
c’era lui di mezzo non riusciva né a ragionare,
né a controllarsi, e difatti si tramutava subito in quel
mostro che tutti conoscevano, nel solo sentirne l’odore.
Se poi non era stato lui a consegnarglielo (dopo un bel getto
d’acqua gelata era riuscito a smaltire un po’ la
sbornia e cominciava ad avvertire quella nota stonata che avrebbe
compreso un simile gesto), doveva comunque centrarci qualcosa!
E Shizuo non poteva neppure immaginare quanto.
Vinto dalla volontà della bestia e da quel senso di
oppressione che la vista di quel pacchetto gli incuteva, il biondo
Heiwajima afferrò stretto il misterioso contenitore,
afferrando un paio di forbici che teneva nella credenza (si, teneva un
paio di forbici nella credenza!), per tagliarne la carta che lo
ricopriva. Non si stupì di trovare un piccola scatola di
cartone, di quelle che di solito contenevano piccole bigiotterie
(collane, orecchini, braccialetti, ecc…) da quattro soldi.
Nel guardarla sul momento gli venne il dubbio che al suo interno
potesse nascondersi una piccola bomba, ma intanto, si disse, poteva
benissimo sopravvivere anche a quella.
Lentamente ne sollevò il coperchio, quasi temendo che quel
“qualunque-cosa” contesse potesse rompersi (o
espoledere), al minimo contatto con l’aria.
...
La gola gli si seccò di colpo, priva di parole, e per un
momento persino il cuore mancò un battito.
Il respiro cesso e le mani tremarono.
La repulsione lo fece arretrare, quasi ne fosse spaventato.
L’orrore fu come una secchiata di stiletti di ghiaccio in
pieno viso, che gli scosse il corpo in violenti spasmi.
E la consapevolezza, subito dopo, nell’essersi reso conto di
ciò che teneva tra le mani, gli causò dei conati
di vomito che buttarono a terra l’uomo più forte
di Ikebukuro, a carponi sul pavimento della cucina, a rimettere tutto
ciò che conteneva il suo stomaco.
Sul tavolo rimase solo la scatola aperta, il coperchio caduto a terra
in quegli istanti di puro terrore.
Era rivestita interamente di cotone e al suo interno faceva bella
vista, quasi fosse stato in realtà un pacchetto regalo, in
un colore pallido, accentuato dal rosso cremisi di cui si era colorato
il batuffolo bianco, le dolci e morbide linee del padiglione auricolare
destro di qualcuno.
Ehi-ehi..! Shizu-chan mi
stai ascoltando?
L’accompagnava un biglietto, sempre scritto in rosa, finito
anch’esso sul pavimento insieme all’Heiwajima, il
quale si ripulì malamente la bocca con la manica della
camicia, il volto improvvisamente pallido, la fronte sudata. Era
assurdo dirlo, ma quell’orecchio destro gli era terribilmente
familiare. L’aveva morso una cosi infinità di
volte in quei loro amplessi nei vicoli bui o nei primi edifici
abbandonati per strada, che i segni dei suoi denti erano ancora
impressi nella sua delicata cartilagine. Piccole cicatrici,
lì, vicino a dove stava una volta l’attaccatura e
poi, più giù, sul lobo.
Ed era qui che stava l’orrore.
Avvertendo le gambe pesare come macigni, l’equilibrio venir
meno, si tirò su a fatica, afferrandosi al ripiano del
tavolo per non cadere nuovamente a terra. Nella mano sinistra,
tremante, stretta a pugno, teneva quello stupido biglietto.
Ehi-ehi..! Shizu-chan,
mi stai ascoltando?
Ma cosa cazzo stava a significare!!? Urlò dalla rabbia,
sbattendo forte il pugno in un moto di frustrazione, creando delle
sottili e lunghe crepe su tutto il mobile.
Non era semplicemente arrabbiato, era furibondo.
Qualcuno aveva tagliato l’orecchio a quella sua tanto
odiata/amata pulce, e aveva voluto farglielo sapere. E per questo
avrebbe sterminato chiunque fosse stato implicato in quella faccenda o
fosse tanto stupido da provare a fermarlo.
La furia era l’unica cosa rimastagli per non cadere in pezzi,
troppe incertezze e paure gli occupavano la mentre, e di certo non
poteva lasciarsi sopraffare. Doveva reagire subito, fare qualcosa,
prima che…
“Ma Izaya-kun
era ancora vivo quando gli hanno tagliato
l’orecchio?” era la domanda che
più di tutte lo faceva tremare, lui. L’uomo
più forte di Ikebukuro, il mostro, la bestia, ora tremava
per una semplice insicurezza.
Il problema principale era però un altro, e di questo
Shizuo, al momento scioccato, ancora non si rendeva conto: qualcuno
aveva catturato il più importante, nonché
pericoloso, informatore di Ikebukuro (e forse di tutta Tokyo)!
Non ci sarebbe voluto molto perché la notizia trapelasse, e
allora l’intera malavita della città sarebbe
piombata nel caos più completo. I clan rivali si sarebbero
distrutti a vicenda temendo che il nemico avesse ricevuto informazioni
di vitale importanza sul proprio conto. Gli yakuza e gli stessi boss si
sarebbero sentiti sotto tiro, presi di mira da nemici invisibili che ne
avevano scoperto tutti i difetti e ogni loro punto debole.
Il fragile equilibrio di Ikebokuro, creato proprio da Izaya, si sarebbe
infranto.
È sempre un problema quando viene sequestrato un informatore.
Sanno troppe cose importanti e persino quando crepano
c’è il rischio che qualcosa, dai loro documenti o
simili, trapeli.
Più un informatore è bravo, più
probabilmente attirerà l’attenzione.
E avvolte capita vi sia “qualcuno”, esterno dai
suoi giri (dei suoi contatti e dei suoi
“protettori”), che cominci a provare interesse per
lui e per i segreti che detiene.
…
Che Izaya Orihara fosse un pericolo per la società era ormai
un dato di fatto, ma che ad essere in pericolo fosse lui…
Per quanto ora, nel pensarci, apparisse come una cosa ovvia, a Shizuo
prima non era mai venuto in mente.
Quella sottospecie di normalità a cui si era tanto abituato
gli aveva fatto scordare in quale genere di mondo vivesse la pulce.
---
Se siete arrivati fino a questo punto: complimenti! Avete appena finito
il prologo!
Vi ringrazio per aver letto questo primo capitolo e, se questa storia
venisse aprezzata(commentata) positivamente anche da una sola persona,
prometto di portare avanti questo progetto....
Ultimamente ho rilatto il manga Waltz, quindi forse per questo mi sono
fatta un simile vaneggio mentale xD xD
Spero che mi seguirete,
alla prossima ;-)))
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Non lo senti, Shizu-chan..? ***
3 Dicembre 20xx – ore: 3:15am
Ehi-ehi..! Shizu-chan, mi stai ascoltando?
- Cazzo!.. Rispondi medicastro maledetto!!- gridava Shizuo in preda al
panico, la mano stretta ad un cellulare che squillava a vuoto, nessuno
a rispondere dall’altra parte della linea.
Non lo senti?..
Eppure lui
sta urlando con tutte le sue forze,
(con quel
poco di fiato che gli rimane).
– Merda!!- imprecò scagliando
l’apparecchio a terra, riducendolo in frantumi. - Shinra ma
dove sei!? – si rivolse al nulla, al proprio appartamento
buio e vuoto, solo per poter sfogare un poco di quella rabbia e quella
frustrazione che gli avvelenavano l’animo.
La bile gli risaliva la gola e il cuore batteva a mille nella cassa
toracica.
Graffia. Morde. Non si arrende.
Cosa doveva
fare?!
Sta solo sprecando il suo tempo.
Lo sa, ma
continua.
La sbornia e la stanchezza completamente svanite dal suo corpo grazie
al terrore che lo percuoteva, simile ad un secchio di acqua gelata che
ne ripuliva i pensieri.
Calcia. Pugnala. Grida ancora.
A mente
lucida recuperò, veloce, una giacca scura
dall’appendiabiti e il grottesco pacchetto regalo che aveva
abbandonato sul ripiano del tavolo; e già varcava la soglia
di casa (dimenticandosi di chiuderla a chiave), perdendosi
nell’oscurità di quell’insolita notte
silenziosa di Ikebukuro.
Sembra un’animale a
cui si è sbarrata ogni via di fuga.
Correva Shizuo nel gelo di Dicembre, attraversando strade che a lui
parevano deserte, ma nelle cui tenebre si nascondevo i sottili sguardi
del “popolo della notte”.
Uomini e donne che vegliarono in silenzio sul suo disperato cammino,
senza intervenire, né per intralciarlo né per
porgergli aiuto. Simili a quelle stelle invisibili a chi non sollevava
mai lo sguardo, annientate dalle luci artificiali della
città.
Se lo vedessi adesso credo che
non lo riconosceresti,
pare quasi
umano.
“Appena ti
vedo ti ammazzo Shinra!” giurava intanto il
biondo Heiwajima, il fiato corto per la lunga corsa, lo sguardo
appannato, il corpo sudato, ricoperto da un velo di gelo che ne
intorpidiva i muscoli, già dilaniati dalla fatica di
un’estenuante giornata, della quale probabilmente non ne
avrebbe ancora visto la fine.
Nella disperazione sembra aver
perso tutta quell’arroganza con cui si mostrava.
Ecco la fine
del “Burattinaio di Ikebukuro”
Ma non aveva potuto aspettare. Doveva vedere quel dannato medicastro
subito, in quel preciso momento! A costo di buttarlo giù dal
letto o di beccarsi una denuncia per “disturbo della quiete
pubblica”. Era impensabile attendere oltre!
Perché era lui l’unico a cui potesse affidarsi in
un momento simile.
L’unico di cui si fidasse abbastanza da mostrargli
l’orecchio.
L’unico che sarebbe stato in grado di dirgli se la pulce, al
momento dell’operazione, fosse già stata cadavere.
Non lo senti?
Oramai
non ha più voce.
----
Okay,
lo ammetto: questo capitolo serviava per lo più a me, si
può dire che è la conclusione del prologo che
avete trovato nel primo capitolo. Mi ero trovata bloccata (non essendo
inizialmente sicura se proseguire questa FF), quindi questo
è diventato il mio punto di partenza.
p.s: Mi
scuso per quanto è corto, dalla prossima settimana i
capitoli saranno in media dalle 4 alle 6 pagine l'uno.
p.p.s:
Ringrazio tutti voi che mi seguite, abbiate ancora un attimo di
pazienza, la storia inizierà al cap 3 ^^
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Il sadico ***
Come
dottore, anche se privo di
licenza, Shinra aveva il dovere di curare chiunque gli si presentasse
di fronte, fosse questi anche l’uomo più
terribile, crudele o temuto in
circolazione, anzi, solitamente lui aveva proprio quel genere di
clientela. Infondo, la sua specialità era di guadagnare dove
tutti gli
altri esponenti della sua professione, solitamente, voltavano le spalle
fingendo di non vedere. Chi veniva da lui era perché non
aveva altri a
cui rivolgersi, la fedina penale non gli permetteva di presentarsi in
ospedale, troppe domande, cosa che Shinra aveva invece imparato, sin
dalla più tenera età, a non porre. Da sempre a
contatto con un simile
ambiente (avendo un padre al quanto “particolare”),
era divenuto abile
a destreggiarsi con i personaggi oscuri che l’abitavano.
La
curiosità uccise il gatto, si era ritrovato a ripetersi
più volte nel
tentativo di tenere a freno la lingua, nei casi in cui tacere si faceva
troppo arduo. Doveva limitarsi a suturare, tamponare, somministrare,
era quello il suo lavoro e, finché lo avessero pagato, non
doveva
importargli di altro.
Una
simile regola andava però a farsi benedire quando, alle
quattro del
mattino del 3 Dicembre, il piccolo dottorino e la sua compagna Dullahan
furono brutalmente interrotti, in un momento di intimità,
dal suono
forsennato di qualcuno che bussava alla porta del loro appartamento -
erano rimasti svegli per festeggiare l’anniversario della
prima volta
in cui Shinra si era dichiarato (la prima di una lunga serie, al tempo
aveva solo 10 anni).
Fuori
di sé, Shinra aveva minacciato di morte chiunque gli si
fosse
presentato davanti alla soglia ad un orario così indecente,
normalmente
lui non accoglieva pazienti in casa, era un medico a domicilio, una
chiamata al cellulare e arrivava. Trai suoi clienti non ricordava
nessuno talmente idiota da presentarsi lì, era un luogo
troppo
rintracciabile se ci tenevano a rimanere nascosti.
I
suoi intenti da omicida non erano però perseguibili
perché, di fronte a
lui, stava il suo primo paziente non che amico Shizuo Heiwajima,
l’unico essere umano vivente capace di fare
l’indifferente con tre
proiettili in corpo credendo di essere semplicemente inciampato.
Se anche avesse voluto
ammazzarlo sul serio, non ci sarebbe mai riuscito.
-
Cosa ci fai qui? – esclamò, meravigliato dal suo
aspetto stanco e
sconvolto, il biondo aveva il fiato corto, visibilmente stravolto e un
poco pallido. Doveva di certo essere accaduto qualcosa di grave se era
ridotto in uno stato tanto pietoso, “al Russia Sushi hanno di
nuovo
dato cibo avariato?” si chiese facendolo entrare,
già temendo di essere
appena piombato in qualcosa di spiacevole, non sembrava il genere di
situazione in cui tutto si poteva sistemare con una semplice
chiacchierata in vestaglia sulla porta d’ingresso. Lo accolse
in casa
accendendo la luce.
L’Heiwajima
si sedette sul divano del soggiorno, stringeva qualcosa tra le mani e,
sul momento, Shinra credette che volesse accendersi una sigaretta,
ciò
che teneva aveva la stessa forma e dimensioni di un pacchetto di
sigarette.
-
Tutto apposto..? Shizuo!? – giunse a quel punto Celty,
preoccupata dal
silenzio prolungato e dall’assenza del dottore, armata del
solito
cellulare su cui veloci le dita corsero sullo schermo a comporre le sue
parole. Era completamente vestita, come quando doveva uscire per una
consegna, ma non c’era da stupirsi, essendo i suoi vestiti
composti
della stessa ombra che mai l’abbandonava aveva la
possibilità di
cambiarsi in una manciata di secondi.
-
Tutto bene? Cosa ci fai qui?- insistette la motociclista nera
rivolgendosi al biondo, ignorando bellamente il compagno (il quale
comprendendo l’aria che tirava decise di andare a prepara un
caffè), e
sedendosi al suo fianco, cosi da mostrargli meglio
l’apparecchio che
usava per comunicare.
-
Ho cercato di chia-marlo… - riuscì recuperare
abbastanza fiato da
parlare, indicando con un cenno il medico che già tornava
portando due
tazze fumanti, una per se e l’altra per l’amico
inaspettato.
-
Eeh..? Mi hai chiamato?- sembrò stupito Shinra, ricordando
subito dopo
di aver lasciato il cellulare impostato su silenzioso per concedersi
una rara seratina tranquilla con la sua amata,
-
L’ho fatto – confermò
l’Heiwajima non celando una certa irritazione, la
sua rabbia era però velata dalla stanchezza accumulata con
il corso
delle ore, l’adrenalina riusciva però a tenerlo
ancora ben lucido ed
attento. – Ho… ho qualcosa da mostrarti
– aggiunse appoggiando il
pacchetto sul tavolino basso che gli stava di fronte, aprendolo senza
troppi complimenti svelandone cosi il macabro contenuto. Sapeva che sia
Shinra che la Dullahan avevano visto di peggio e ciò non
sarebbe
bastato a sconvolgerli.
- L’ho
trovato davanti al mio appartamento – specificò
prima di creare qualche equivoco,
-
Bene! Per un momento ho temuto che lo avessi strappato tu stesso!
– si
tranquillizzò subito Shinra, la cui mente si era subito
volta al
peggio, - Visti i segni di morsi deve avertelo portato un animale,
probabilmente un cane o un gatto randagio…-
l’osservò superficialmente,
per poi farsi subito più attento, avvicinandosi e prendendo
il
pacchetto con l’orecchio tra le mani, - però il
taglio che l’ha reciso
non è certamente fatto da un animale –
seguì con l’indice quella che
era stata l’attaccatura, - è stato usato un
qualche strumento
rudimentale, come un coltello da cucina con la lama seghettata o
qualcosa di simile – osservò da specialista,
abituato a ferite simili,
- Uhg… deve essere stato doloroso –
commentò con un espressione
sofferente.
Shizuo
evitò di dirgli che quei segni di morsi erano causa sua, e
non di un cane bastardo, avrebbe perso troppo tempo,
-
Quello è l’orecchio di Izaya – gli
confidò e fu visibile la meraviglia
che attraversò il castano, al quale mancò poco di
far cadere il
grottesco regalo a terra, sul pavimento. All’improvviso, il
medico si
sentiva schifato di averlo tenuto cosi vicino, le mani cominciarono a
tremargli e velocemente lo rimise sul tavolino, era difficile
mantenersi obbiettivo e distaccato quando si trattava di un conoscente
(per quanto bastardo fosse). – Era scritto sul biglietto che
l’accompagnava – continuò a parlare
Shizuo solo per riempire il
silenzio in cui era piombata la stanza, persino Celty era rimasta senza
nulla da dire, stupita allo stesso modo del compagno, – Non
ho idea del
motivo per cui io l’abbia ricevuto e non mi interessa neppure
saperlo,
voglio solo chiederti una cosa…- ma la voce
sembrò morirgli in gola,
priva di forza.
-
Era vivo – lo interruppe Shinra, sbuffando, sedendosi
stancamente sulla
poltrona, sprofondando in essa nel massaggiarsi le tempie, - Non so
cosa gli sia accaduto dopo, ma quando gli è stato tagliato
l’orecchio,
il sangue scorreva. Izaya era vivo durante
l’”operazione”-
[3 Dicembre 20XX
– ora sconosciuta -]
La
mente offuscata, un dolore sordo in tutto il corpo accompagnato da un
emicrania perenne, la quale azzittiva ogni pensiero, qualsiasi
ragionamento, sembrava gli dovesse esplodere il cervello.
Il
sangue che colava, incessante dalla ferita, senza neppure una pezza a
tamponarlo. E poi, mani sconosciute a stringerlo, nel tentativo di
bloccarlo, la continua sensazione di essere in pericolo.
Orihara
si ritrovò a lottare, nella penombra di quella cella calda e
umida,
scalciando e urlando nel tentativo di fermare i suoi aguzzini, il
taglio che gli avevano lasciato nel strappargli l’orecchio
non aveva
smesso per un momento di sanguinare, e il corvino si sentiva intontito,
come se qualcuno gli avesse riversato una massiccia dose di
tranquillanti nel sangue, e forse era proprio cosi, Izaya
però non
ricordava che lo avessero drogato.
-
La smetti di agitarti? Sembri una tortora in gabbia - rise di lui Benri
che, dalla soglia della cella osservava i suoi due sottoposti tentare
di fermarlo, con ben scarsi risultati, -… finirai per
romperti tutte le
ossa senza rendertene conto – aggiunse e, a
quell’ordine, uno dei suoi
uomini afferrò forte il braccio del corvino, facendogli fare
un
movimento innaturale. L’inquietante schiocco sordo di
qualcosa che si
spezzava attraversò per un momento l’aria, poi fu
il silenzio mentre
Izaya avvertiva una scossa di dolore lancinante attraversargli il
corpo, lasciandolo senza fiato e strappandolo da quello stato di
torpore nel quale era precipitato.
-
Brutto ba…- mugolò con voce sofferente, alzando a
fatica la testa
cercando lo sguardo di quell’uomo che aveva ordinato la sua
cattura,
ogni volta che lo incrociava doveva ammetterlo, aveva proprio dei bei
occhi. Tanto colmi d'oscurità da apparire densi come il
catrame, ma con
un luccichio di fondo che tradiva, nel suo aspetto serio e ordinario,
un radicato e sviluppato sadismo.
-
Oh, guarda… la nostra principessa si è
svegliata – elemento
confermato dal fatto che, nonostante la sua posizione e il numero dei
sottoposti che gli obbedivano (e quindi disponendo di tutti i mezzi per
adibire a qualcun altro un simile compito), era stato lui stesso a
tagliargli l’orecchio, e questo la diceva lunga sulla sua
persona.
Prima fra tutte: era un avversario temibile, poiché, e
questo Izaya
l'aveva imparato da anni, chiunque che fosse riuscito a scalare i
vertici di un'organizzazione come la sua, partendo dallo scalino
più in
basso, e fosse ancora disposto a fare i lavori sporchi da cui aveva
iniziato non era MAI da sottovalutare. Di solito i vertici o i capi
(sopratutto quelli con scarso cervello), tendevano a rammollirsi con il
tempo, e diveniva facile manipolarli o trarre informazioni da loro, per
questo il potere non rimaneva mai allungo nelle mani di un solo uomo.
Ma con Benri questo mutamento non era avvenuto, probabilmente, temendo
di essere spodestato in ogni momento, essendo al tempo considerato
ancora assai inesperto nell'ambiente, era sempre rimasto in allerta,
teneva alta la guardia, e non si era mai adagiato sugli allori. Cosi
facendo aveva finito con l'affinare i propri sensi e, a soli 32 anni
(anche se Izaya lo considerava già un vecchio), si era
creato una
spessa rete di forti legami di fiducia con cui aveva costruito le
fondamenta di una fortezza inamovibile.
Fortezza
a cui ora però era crollato un muro, dopo che una mina
vagante di nome
Izaya Orihara aveva deciso di verificarne la solidità.
Ma come poteva
l'informatore di Ikebukuro essere tanto sconsiderato da andare ad
aizzarsi contro la bestia che dorme?
Era
proprio per saperlo che Benri lo aveva cercato, poiché non
credeva che
qualcuno considerato il "burattinaio di Ikebukuro", conosciuto per la
sua scaltrezza ed intelligenza, fosse tanto stupito da venirgli a
pestargli i piedi senza un buon motivo. Altrimenti, non si sarebbe
spiegato la lunga sopravvivenza di una simile pulce in quell'ambiente.
-
Di solito, non si fanno le domande PRIMA delle torture?- ebbe modo di
trovare abbastanza voce e autocontrollo Orihara, deglutendo un rivolo
di sangue che gli stava risalendo lungo la gola. Aveva la nausea e un
bisogno impellente di dare di stomaco, non gli era ben chiaro cosa gli
avessero somministrato e in quali dosi, ma aveva sempre mal sopportato
le droghe. Se i suoi sequestratori non ci fossero stati attenti,
avrebbero anche potuto mandarlo al creatore, e dubitava che volessero
farlo così in fretta.
-
Torture?.. Cosi mi offendi! - la voce di Benri aveva un che di
nauseante, come se qualcosa di viscido e viscoso stesse colando nelle
orecchie del suo interlocutore, con quel suo modo di parlare diveniva
difficile comprendere se stesse scherzando o facesse sul serio. - Era
una semplice vendetta perché hai osato accecare un mio caro
scagnozzo -
gli ricordò avvicinandosi all'informatore ormai
completamente inerme,
bloccato dai suoi uomini, schiacciato in ginocchio a terra. - Sai, loro
- indicò i due con un gesto della mano, - avevano idea di
cavarti gli
occhi - gli afferrò i capelli che gli ricadevano sulla
fronte,
costringendolo ad alzare ancora di più il viso verso di lui,
- cosi
sareste stati pari. Ma ho pensato che fosse un gesto troppo crudele nei
confronti di un ospite - per un istante Izaya, con una smorfia di
dolore e uno sguardo accecato dall'odio nel guardalo, si chiese se
avesse lo stesso sorriso crudele e divertito del suo aguzzino quando si
rivolgeva a Shizuo, perché altrimenti, per la prima e forse
ultima
volta nella sua esistenza, avrebbe compreso il motivo per cui
l'ex-barista si incazzasse tanto al solo vederlo.
-
Allora devo ringraziarti, sarebbe al quanto scomodo cadere nella
più
completa cecità con il mio lavoro - ricambiò il
sorriso ma, a causa
della nausea, del dolore al braccio e della ferita a lato della testa,
gli uscì solo una smorfia indecifrabile. Benri
lasciò la presa su di
lui,
-
Se non vedessi il regalo che ho preparato per te, non sarebbe
divertente Izzy - quel nomignolo lo irritava, terribilmente, ma era lo
stesso giochetto che faceva a Heiwajima, quindi sapeva che era appunto
per fargli perdere le staffe se lo usava. "Spero di non aver altri
punti in comune con una serpe simile" pensò Orihara, sin da
subito
aveva provato un odio viscerale per quell'uomo, e non solo
perché lo
aveva rapito mentre stava pranzando (per nulla elegante e al quanto
maleducato), o perché gli aveva tagliato un orecchio, meglio
quello che
le dita, si era detto. No, era qualcosa a pelle, proprio non riusciva a
non provare una forte repulsione per lui, ma era normale, tra persone
simili tra loro.
-
Come, hai altre premure nei miei confronti? Ti pregherei di non
esagerare, o finirò ucciso da tanta gentilezza - disse
divertito, ma
non scherzava più di tanto, un sadico simile avrebbe potuto
finire con
l’ammazzarlo sul serio cercando di trarre da lui
più piacere possibile,
e se c’era una cosa che al momento Izaya voleva proprio
evitarsi era di
diventare un suo compagno di letto. L’aveva già
fatto godere abbastanza
con tutte le urla che aveva lanciato durante
“l’operazione”, il
bastardo ci aveva messo una cura estrema ed una lentezza estenuante nel
mozzargli l’orecchio, assicurandosi che il dolore fosse
accentuato, ai
limiti tra oblio e veglia, perché non perdesse conoscenza.
-
Certo, certo… - si affrettò ad azzittirlo con un
gesto della mano,
all’improvviso tutti quei convenevoli sembravano venirgli
noia, e
questo poteva significare un'unica cosa: “non ha
più tempo per
gingillarsi con me” riflette l’Orihara, era venuto
il momento della
domande.
Le cose si facevano
serie.
-
Prima di quello, che ne dici di fare due chiacchiere? - gli propose
come se si trattasse di un’uscita tra amici, ma dietro quel
sorriso si
nascondeva un dente avvelenato pronto a morderlo,
-
Mi piacerebbe - stette al gioco Izaya, non che potesse fare altro al
momento, avrebbe dovuto chinare il capo sino a quando non avesse
intravisto una via di fuga e non dubitò neppure per un
secondo che una
via d’uscita, alla fine, gli si sarebbe palesata. Infondo, le più grandi
opportunità della vita sono sempre brillantemente travestite
da problemi insolubili,
Izaya era però ancora troppo frastornato per ricordare dove
l’avesse
letto. - Ma al momento non credo di essere nelle condizioni
più adatte
a sostenere una conversazione - obbiettò accennando al fatto
di essere
ancora ben piantato a terra, immobilizzato a tal punto che quasi
faticava ad alzare ed abbassare il petto per respirare, e il sapore
rameico che aveva sulle labbra non lo aiutava. - … in
più, temo di non
sentirmi proprio a mio agio con tutte queste persone - insistette
tenendo fisso lo sguardo in quello di Benri, il quale sembrò
apprezzare
tutta quell’arroganza nonostante la situazione svantaggiosa
in cui si
trovava, e il luccichio nel suo sguardo aveva qualcosa di animale.
No,
forse non era una buona idea rimanere solo con quell’uomo. Si
ricredette per un momento l’informatore, ricordando che, con
il braccio
rotto e disarmato, gli sarebbe risultato comunque difficile combatterlo
anche se si fossero trovati uno contro uno. “È
comunque meglio non
avere questi due intorno” si affrettò a ragionare,
sforzando di far
funzionare gli ingranaggi del suo cervello. D’altronde era un
maestro
della fuga, non era scampato per tutti quegli anni a Shizuo per nulla.
-
Ooh, se desideri un po' di privacy non posso far'altro che
accontentarti...- cedette, troppo velocemente, - ma dovrai essere
ammanettato - per l'appunto, niente era mai cosi facile, sopratutto se
si aveva a che fare con dei mafiosi scrupolosi e minuziosi come Benri.
Tutt'al più, se avevano un modo simile di pensare, allora
gli diveniva
anche più facile intuire le mosse del suo prigioniero, ma
questo era un
gioco che valeva per entrambi.
-
Mi è rimasta un’unica mano sana, cosa temi che
possa farti? - gli
chiese in tono derisorio, sapendo però che quella piccola
frecciatina
non l'avrebbe neppure sfiorato,
- Devo ricordarti che
come arma hai usato uno stuzzicadenti per abbattere un mio uomo? -
-
Stavo pranzando... divento al quanto aggressivo quando vengo interrotto
nel bel mezzo di un pasto - si giustificò Izaya alzando le
spalle con
aria indifferente, - e mi avevano già preso il coltello -
-
Visto che ti è bastata una scheggia di legno per diventare
pericoloso,
sarebbe da sciocchi sottovalutarti a questo punto - osservò
mentre
faceva un cenno con la testa ai suoi uomini. Questi, veloci, al suo
muto ordine liberarono Orihara, l'informatore però non ebbe
neppure il
tempo di trarre un sospiro di sollievo, finalmente libero di riempire
completamente i polmoni d'aria, che due argentei bracciali in metallo
gli circondarono i polsi, bloccandoglieli dietro la schiena. L'ennesima
fitta gli percorse per intero la spina dorsale, il braccio rotto gli
doleva, lasciato sotto sforzo in quella posizione, divenuta innaturale
ora che l'osso era stato spezzato.
Senza
dire una parole, i sottoposti di Benri lasciarono la cella
richiudendosi pesantemente la porta blindata alle spalle con un tonfo,
seguito poi dal tintinnio metallico di una chiave che girava nella
serratura. "Quel bastardo si è fatto chiudere dentro!"
realizzò Izaya
avvertendo l'acido della bile riempirgli lo stomaco, per quanto amasse
gli esseri umani, odiava le persone troppo previdenti, sopratutto
perché solitamente era abituato ad aver a che fare con degli
idioti,
facili pedine da muovere a piacimento sulla propria scacchiera.
-
Visto, sei stato accontentato, ora possiamo parlare? - per la prima
volta però, colui che aveva davanti, non era una pedina, -
Che mi puoi
dire di Shizuo Heiwajima? - ma un giocatore, qualcuno capace di
partecipare alla partita al suo stesso livello. Peccato solo che in
quel caso non si trattasse di un confronto perché, finendo
rinchiuso in
quello scantinato, in una cella posta proprio di fianco alla caldaia,
Izaya si era ritrovato nella parte sbagliata della scacchiera.
Da
molto il corvino aveva dimenticato cosa significasse non essere il
conduttore del gioco, ma adesso che lo ricordava, non gli piaceva
affatto.
-
Solo quello che sai già: è un energumeno dalla
forza ercolina e il
cervello da protozoo - ma anche da semplice pezzo, Orihara si sarebbe
tolto qualche soddisfazione, ne andava del suo orgoglio.
- Non capisci che, con
risposte simili, mi rendi solo le cose più facili? -
- Non capisci che,
anche interessandoti a quell'idiota, non otterrai nulla? -
rimbeccò sfrontato,
-
Chi può dirlo. Infondo, non sei a conoscenza di tutto quello
che credi
- e qui l'informatore non poteva dargli torto, la famiglia di Benri era
nata e cresciuta fuori dal territorio del kanto e, non essendo nella
regione di competenza in cui aveva creato il proprio potere e la
propria fama, le informazioni che Izaya aveva potuto reperire, per
quanto non fossero poche, non erano del tutto verificate. Nulla lo
assicurava che, in ciò che gli era pervenuto, vi fossero
delle enormi
falle, menzogne messe in giro dalla stessa famiglia.
-
So che lì in Hokkaido fa freddo, che gli orsi sono un
pericolo serio
quando si fa una passeggiata in montagna...- deviò la
conversazione
prendendo un aria naturale ed innocente, -... e che i russi sono di
buona compagnia - di una cosa però poteva essere certo,
Simon non
mentiva, ne poteva sbagliarsi sui traffici tenuti dai suoi compatrioti.
- Sai del mio legami
con la mafia russa..? Ti avevo giudicato male, sei più
seccante di quel che sembri -
- Me lo dicono spesso
- e, come si aspettava, il primo colpo non tardò ad arrivare.
Una
ginocchiata nello stomaco svuotò i polmoni di Izaya
lasciandolo per un
momento privo di fiato, ributtandolo a terra, le spalle tremanti e una
leggera strisciolina di bava che gli sfuggiva dalla bocca.
Tossì più
volte, sputando sangue, avvertendo dei conati di vomito risalirgli su
lungo la gola,
-
Shizuo Heiwajima è un punto dolente?.. Bhé,
allora cambiamo domanda:
dove l'hai nascosto? – godeva, eccitato da quella sensazione
di
supremazia che, l'aver un avversario indifeso, gli procurava.
-
Dei miei conoscenti si sono premurati di farlo finire in fondo al mare
- il sorriso di Izaya rimaneva sprezzante, per nulla intaccato dal
dolore o dall’umiliazione. Sta volta Benri lo
colpì in faccia, un pugno
dritto sul setto nasale, non glielo ruppe, ma bastò a farlo
sanguinare
e a spaccargli il labbro.
-
Non credere che un simile dispetto sia un problema per noi, solo che,
comunque, mi fa incazzare - si premurò di specificargli
scrocchiandosi
le dita, - a causa del tuo giochetto mi hai fatto perdere un sacco di
tempo -
-
E il tempo è denaro?.. Che frase scontata -
commentò Orihara, ormai non
rideva più, anzi, si sentiva stanco, spossato, il colpo alla
testa lo
aveva frastornato, ricordandogli della ferita al lato della testa, dove
prima c’era il suo orecchio. Non avrebbe già
dovuto smettere di
sanguinare? Si chiese ritrovandosi a soccombere all'oblio
dell'incoscienza.
---
Ringraziate pinky_neko, senza di
lei probabilmente questa FF sarebbe finita nel dimenticatoio...
Scusatemi, ma per me il tempo non ha valore, non mi ero accorta che
fosse trascorso più di un anno, il motivo principale per cui
temevo di proseguire era per il "Cattivo" (chiamiamolo cosi), della mia
FF.
Si, Benri è un personaggio orginale, un sadico bastardo il
cui aspetto verrà pian piano esposto durante i capitoli.
Concluso questo, sono pronta al linciaggio (ma niente ferite alle mani,
o come faro a scrivere xD xD),
a presto (spero) ^3^/
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** Umanità ***
Fu un risveglio dolce, tranquillo, il cervello si destò
lentamente, colto prima da una leggera veglia che precedette il ritorno
alla realtà. Tutti i fatti accaduti la sera prima gli
apparivano talmente lontani da sembrare che si trattasse di un sogno,
un incubo dettato dal dormiveglia da cui si era appena destato.
Purtroppo, il fatto che si trovasse nell'appartamento di Shinra, a
dormire sul suo divano, frantumò ogni sua più
piccola speranza. No, il suo tormento non aveva ancora avuto fine,
anzi, era solo all'inizio. Il sonno ristoratore che l'aveva colto era
stata la sua ultima pausa, da quel momento avrebbe dovuto affrontare
una lunga discesa verso un abisso oscuro, di cui non sapeva nulla e di
cui i contorni gli apparivano fragili e frastagliati.
Avrebbe dovuto
affrontare la realtà di Izaya, era l'unica maniera se voleva
qualche speranza di ritrovarlo, e per quanto i loro mondi apparissero
vicini, la loro distanze era pari a quella tra la terra e la luna.
L'uno era il semplice satellite dell'altro e, per quanto sembrava
bastasse allungare un braccio per raggiungersi, nonostante tutti gli
sforzi, non sarebbero mai riusciti a toccarsi. Certo, ogni tanto
capitava che una navicella spaziale lasciasse l'atmosfera terrestre e
la raggiungesse, in quel caso riuscivano per lo meno a sfiorarsi, ma
erano ben lontani dal comprendersi, dal conoscersi a vicenda.
Facevano sesso, ma
esso ero solo un atto animale privo di significato, i loro animi non si
raggiungevano, troppa fatica, troppi chilometri da colmare.
- Buongiorno!- lo
salutò la voce squillante di Shinra, il cui viso fu subito
nascosto dalla tazza di caffè fumante che gli porse
immediatamente, quasi temesse di essere investito dai suoi occhi
furenti o forse per paura di una sua futura reazione.
- Devi dirmi
qualcosa?..- l'intuito di Shizuo era assai più acuto al
risveglio, prima che la coscienza riattivasse del tutto le sue
funzioni, era l'orario in cui la bestia che dimorava nelle sue ossa
sembrava essere più vigile ed attenta, quasi sul punto di
saltare fuori.
- Si, ho provato a
svegliarti prima, ma non c'era verso di farti rinvenire...-
iniziò con i preamboli il medicastro, l'espressione troppo
carina e accondiscendente per essere sincera,
- ... che ore sono? -
fu la fredda domanda del biondo, lo sguardo capace di frantumare una
parete, e dal quale istintivamente Shinra si scostò (quasi,
oltre alle straordinarie capacità fisiche, Heiwajima stesse
sviluppando anche dei poteri ESP).
- Bhé...
sono le 14:07 -
Finalmente capiva
perché si era sentito tanto riposato, aveva dormito per
quasi dieci ore! "Ah, non ho avvertito nemmeno Tom!!" fu scioccato
dalla notizia, temendo, a causa delle brutte esperienze passate, di
aver perso il proprio posto di lavoro, non essendosi presentato quella
mattina.
- Non preoccuparti per
il lavoro, qualche ora fa il signor Tom ha chiamato qui, non
è riuscito a contattarti al cellulare e, dopo il Russia
Sushi, non gli è venuto in mente altro posto in cui
cercarti...- lo rassicurò quasi immediatamente Shinra,
consapevole del timore che l'altro provava nel tornare disoccupato
(soprattutto a causa del dispiacere che avrebbe provocato al fratello
minore), erano paure che si erano istaurate in lui a causa dei suoi
disastrosi precedenti (lo si poteva definire il suo "punto debole",
l'unico al momento conosciuto). -... gli ho detto che ti sei presentato
qui non una avvelenamento causato da sushi avariato e che per qualche
giorno non saresti stato in grado di muoverti. Fino alla fine di questa
settimana sei ufficialmente in malattia Shizuo - gli
annunciò non nascondendo un certo orgoglio e un sorrisino
divertito per il proprio operato, era stato un vero colpo di genio per
una menzogna campata in aria, sul momento.
Fatti simili al Russia
Sushi non erano rari e, che il biondo soffrisse di stomaco, era uno dei
pochi lati umani del suo fisico invincibile.
- Hai quattro giorni
per riflettere su cosa vuoi fare...- aggiunse, perdendo quel tono
giocoso che aveva sino ad un attimo prima, facendosi di colpo serio,
- "Cosa voglio
fare"..?- ripeté Heiwajima, fissandolo, lo sguardo crucciato
e allo stesso tempo confuso. Un sorriso gli risalì a fior di
labbra, - Perché, dovrei forse fare qualcosa? - rise con un
peso simile a piombo a stanziarli sullo stomaco e nell'animo, - Se quel
bastardo di Izaya si è fatto fregare non è affar
mio! - sentenziò, evitando però di guardarlo
direttamente negli occhi.
"Eppure, quando hai
trovato il pacchetto, sei subito corso da me" pensò Shinra
trovandolo piuttosto ironico, o per lo meno ipocrita, come poteva
negare a se stesso che gli importasse dopo essersi presentato
lì, con il fiatone e quello così sguardo
disperato, penoso, "sembrava dovessi metterti a piangere.." riflette
celando accuratamente simili osservazioni, per nulla intenzionato a
provocare l'ira di Shizuo.
- Credo che ci sia
qualcosa d'errato nella tua affermazione...- pesò ogni
parola prima di aprire bocca, una congettura non troppo lieta per il
biondo si era insinuata nella mente del medicastro, e non l'avrebbe
abbandonato fino a quando non l'avesse tirata fuori.
-
Cheèè..? - stava per replicare, ma il castano fu
veloce ad azzittirlo,
- Ti hanno lasciato un
messaggio direttamente sulla porta di casa. Chiunque sia stato a farlo,
è evidente che ha tutta l'intenzione di coinvolgerti in
questa faccenda (qualunque tipo di faccenda sia) - osservò
cercando di smorzare quella tensione di cui si era riempita l'aria
prendendo un'espressione più blanda e un tono non
eccessivamente gravoso, intento che non gli riuscì, una nota
di preoccupazione gli attraversasse il viso, una ruga vicino al labbro
ne tradiva le reali emozioni.
- Quindi credi che non
riuscirò a venirne fuori? - per un qualche motivo
l'espressione di Shizuo era colma di sfida, quasi Shinra gli avesse
appena proposto di vincere ad un gioco di società in cui era
notoriamente scarso,
- Credo che ci verrai
buttato dentro a forza in questa situazione - gli confidò, -
Non penso ti lasceranno scelta... Probabilmente si tratta di persone a
noi sconosciute - aggiunse, comprendendo all'istante di aver raggiunto
il punto. Nessuno dei contatti di Izaya nella regione avrebbe mai
compiuto un atto simile, troppo alto era il prezzo da pagare per la
malavita del Kanto.
Izaya era il
Burattinaio detentore dei fili del caos, le informazioni che spargeva
nelle periferie di Ikebukuro erano i semi del male da cui sarebbero
sbocciati fiori dai petali intrisi di sangue e violenza. Deteneva un
potere straordinario, capace di destabilizzare anche la più
solida delle organizzazioni malavitose.
Eppure, nessuno
l'aveva mai sfiorato con un dito, per quale motivo?
- E poi, chiunque ti
conosca direttamente sa che sarebbe un suicidio spingerti a fare
qualcosa contro la tua volontà - commentò
sovrappensiero, intento ancora a riflettere su eventi apparsigli fino a
quel momento come un fatti ovvi.
[3 Dicembre 20XX - ora
sconosciuta -]
Voleva vomitare. Non
aveva nulla nello stomaco, nonostante questo quella sensazione non lo
abbandonava.
Era un esigenza
impellente, una nausea profonda che gli bagnava la fronte di uno spesso
strato di sudore freddo e gli ricopriva la pelle di brividi. L'ambiente
caldo umido della cella non lo aiutava, se ne sentiva soffocare.
Avvertiva un pesante odore di muffa entrargli nelle narici, gli colmava
i polmoni e, in un pensiero poco lucido causato dalla febbre, si
immaginò l'interno del proprio corpo ricoprirsi di un
qualche strano tipo di muschio verde.
Solo più
tardi la logica lo fece sorridere a simili, assurde, congetture. Forse
aveva passato davvero troppo tempo con quell'idiota di Shizu-chan, se
era arrivato a partorire pensieri tanto surreali.
- Hai fatto un bel
sogno..?- la voce di Benri risuonava dolce come uno zuccherino oltre la
piccola grata posta in cima alla porta della sua prigione, per un
istante il corvino ne intravide lo sguardo, sollevando faticosamente la
testa da terra, - non lo avevano spostato dal punto in cui era svenuto,
- gli sembrò di intravedere un pericoloso luccichio in
quelle iridi nero pece, l'aguzzino appariva di buon umore e
ciò mise immediatamente in allarme Izaya. C'era un solo
motivo per cui un sadico poteva sprizzare tanta gioia da tutti i pori:
aveva trovato altre maniere "divertenti" con i quali torturare il suo
ultimo giocattolino.
Un senso di gelo
percorse l'informatore, accentuandone il malessere, e solo allora si
rese conto di avere le mani libere, per quanto la cosa gli fosse utile
avendo il braccio destro totalmente inutilizzabile. Rotto all'altezza
dell'avambraccio, lo avvertiva come un peso morto e un sottile panico
gli fece temere di aver perso ogni sensibilità a quel arto.
Una fitta però lo attraversò quando si
sollevò per mettersi seduto, cancellandogli dalla mente ogni
timore e formandogli sulla lingua qualche imprecazione colorita, le
quali però si astenne dal proclamarle ad alta voce. Il
dolore era un buon segno, significava che i suoi nervi funzionavano
ancora, in qualche modo, con le giuste medicazioni, avrebbe potuto
recuperarlo. "La comodità di aver una segretaria che ha
studiato medicina... dopo che avrà smesso di deridermi,
chiederò a Yagiri di medicarmi " rifletté
traducendo tutta la sofferenza che gli attraversava le membra in un
semplice sbuffò stanco, se si fosse messo a lamentarsi dal
dolore l'avrebbe data vinta a Benri, e non stava poi tanto male da
arrivare a quel punto.
- Nulla di speciale -
decise di rispondergli, minimizzando l'argomento, Izaya non sognava,
non lo faceva mai. La realtà che viveva era già
esattamente come la desiderava, non aveva quindi bisogno di un mondo
onirico in cui rifugiarsi durante il sonno. Ciò che vedeva
in quell'oblio era solo un oscuro e profondo nulla in cui non poteva
far alcunché, né agire, né tanto meno
pensare.
Era come essere morti.
Non c'era niente se
non lui stesso e, segretamente, ne era terrorizzato.
- Eppure sorridevi...-
insistette Benri, dalla sua posizione, seduto con la schiena appoggiata
alla parete, ad Izaya era impossibile vederne l'espressione, ma quella
conversazione cominciava a non piacergli e, istintivamente,
assottigliò lo sguardo, nell'osservare il punto da cui
sentiva arrivare la voce del malavitoso. A cosa puntava, adesso? si
domandò. Presto avrebbe ricevuto risposta.
- Hai ricordato
qualcosa di bello? - gli suggerì e ancora Orihara non sapeva
dove volesse andare a parare, - Oh, certo! Forse un viaggio a Okinawa?
Con quelle sue belle spiagge bianche e il suo mare limpido è
un posto perfetto per una vacanza o... chissà, un fuga
d'amore? - si esaltò da solo, lasciandosi preda alle proprie
congetture le quali, nonostante il tono scherzoso e frivolo, era ben
studiate e andarono ad insinuarsi come tanti aghi di ghiaccio
nell'animo di Izaya.
Ora cominciava ad
intuire di cosa stesse parlando.
- Ahahahah!.. Ma che
dico! Tu, Izzy, non sei certo il tipo da abbandonare di punto in bianco
Ikebukuro. Ahahaaha, ma cosa sono andato a pensare? -
scoppiò a ridere, e la sua risata sferzò
crudelmente, come un vento gelido, l'informatore, -... Un atteggiamento
simile è più adatto a dei ragazzini. Tu invece
sei un adulto, giusto? Hai delle responsabilità...-
A fatica il corvino
tentò di rilassare le spalle, senza accorgersene si era
irrigidito man mano che Benri aveva continuato a parlare, segno di un
nervosismo crescente, e si preparò per quanto possibile ad
incassare il colpo che sapeva sarebbe arrivato. Era sempre stato bravo
a recitare ed a mentire, ma quando si toccava certi argomenti diveniva
difficile anche per un esperto come Orihara far finta che non gli
importasse. Si faceva incredibilmente sensibile (per i suoi canoni), e
sembrava persino capace di provare emozioni umane.
- Difatti, nonostante
la tua giovane età sei il tutore di una ragazzina... una
liceale se non erro, acc-! Com'è che si chiamava? -
- Saki - volle mettere
rapidamente fine a quella pagliacciata Izaya, le manipolazioni erano di
suo gradimento solo quando era lui a farle. - Non provare a
toccarla...- aggiunse ringhiando, capendo di aver parlato solo quando
udì la propria voce, la quale però gli
risultò difficile da riconoscere, stranamente alterata.
Si sentì
come se d'improvviso fosse divenuto un osservatore esterno alla
situazione, non era più lui a muovere le proprie labbra,
qualcosa sembrava essersi insinuato nel suo corpo e lo aveva cacciato.
A forza era stato spinto lontano, in un angolo di se stesso a fare da
semplice spettatore, qualcos'altro ne aveva preso il posto.
Forse
perché era ancora sotto l'influsso delle droghe, forse a
causa delle ferite o dell'emorragia, Orihara fu incapace di celare il
flusso di emozioni che gli attraversavano l'animo, prima tra tutte la
rabbia, feroce e aggressiva, la quale scavò un tunnel sino
alla superficie, raschiando via ogni maschera di autocontrollo che
solitamente, in caso di difficoltà, si apprestava ad
indossare. Per la prima volta comprese il significato delle parole
"vedere rosso", e in minima parte si avvicinò a quella furia
da cui era investito solitamente Shizuo, ma era ben lontano dalla
bestia in cui il biondo sapeva trasformarsi.
- Ooh..? Allora l'hai
lasciata andare via libera, senza conseguenze,
perché di lei te ne importa - esclamò colmo di un
divertito stupore Benri, felice di aver toccato i tasti giusti, fiero
di se. Non era stato facile da trovare, Izaya lo aveva nascosto bene e
per poco il malavitoso non aveva creduto sul serio alla semplice
facciata che gli mostrava.
"Sono un bastardo
menefreghista e calcolatore, mi diverto a sfruttare qualsiasi persona
che mi si avvicina. Sono un mostro e nulla più" questo
dicevano tutte le informazioni riguardati il carattere dell'informatore
di Ikebukuro, Benri aveva faticato non poco (nonostante i mezzi non gli
mancassero), a trovare altro. Aveva dovuto avanzare a tentoni, andando
avanti con la semplice certezza che tutti ne possedevano uno, ogni
essere umano per quanto spregevole, crudele, bastardo fosse. Persino
Izaya non poteva vivere senza QUELLO.
E, alla fine, era
venuto fuori. Una splendida nota stonata nel comportamento del corvino,
capace di rivelare il disegno nascosto, lo strato più
profondo - oltre al ruolo di Informatore, oltre al Burattinaio, - di
Izaya Orihara. Aveva trovato il suo cuore!
La sua
umanità l'aveva insinuata tutta in quella ragazzina, l'unico
punto debole che si era concesso, questo era in realtà Saki
e il vero motivo per cui non l'aveva stretta a sé quando se
ne era andata, nonostante fosse una pedina di cui avrebbe ancora potuto
servirsi.
"Uno scacchista esperto non si fa
rubare neppure un pedone se sa che esso può tornagli utile
in qualche modo", quindi, perché lasciare che
lei e quel ragazzo gli fuggissero? Ciò a Benri non
era mai tornato.
Fatte delle ricerche
più approfondite aveva infine scoperto come due ragazzini,
minorenni e senza lavoro, potessero viaggiare per il paese senza
preoccupazioni, era Izaya a pagare i loro conti, risolvendogli ogni
problema di tipo finanziario supportandoli con un investimento di una
certa somma di denaro (al quanto alta), alla fine di ogni mese.
- Mi deludi Izzy, se
eri consapevole del suo valore avresti dovuto liberartene in maniera
definitiva - commentò Benri sprezzante, ridendosela di
gusto, ricolmo a tal punto del proprio esorbitante ego da rischiare di
scoppiare, simile ad un palloncino riempito con troppa aria.
- Fatti i cazzi tuoi,
sadico pervertito...- e avrebbe voluto aggiungere qualche espressione
ben più colorita l'informatore, sempre rivolto alla soglia
chiusa della propria cella, ma la lucidità si fece presto
largo nelle sue membra provate. Il suonò di un campanello
d'allarme gli martellò nelle orecchie provocandogli una
terribile fitta, il cervello richiamava la sua attenzione,
un'intuizione l'aveva appena folgorato, causandogli quell'emicrania da
cui era stato appena colpito.
La rabbia che stava
provando non era normale. Non era da lui, gli penetrava nella pelle,
sin dentro alle ossa e assopiva ogni ragionamento. Davvero
cominciò a credere di essere posseduto, per poi realizzare,
con un sorriso amaro, di essere ancora sotto l'effetto dei stupefacenti
fornitigli da Benri. Sapeva di non essere del tutto stabile,
emotivamente parlando, ma aveva un proprio autocontrollo, e questo non
lo perdeva mai, se non in casi speciali (il 98% dei quali finivano con
lui e Shizuo che fornicavano come conigli nel primo luogo appartato
capitatogli a tiro).
- Eppure è
l'azione più logica da fare - continuò a parlare
Benri, il volto sempre invisibile agli occhi di Orihara,
poiché era appoggiato con le spalle alla parete di fianco
alla soglia della cella, - ... per rendere una catena più
forte basta eliminarne l'anello debole, è ovvio no? -
A quel commento Izaya
non si trattenne dal scoppiare in una grassa e rumoroso risata, forse
un tantino sforzata, ma che voleva esprimere all'altro quanto ritenesse
sciocco il suo ragionamento, sperando anche di fargli perdere il suo
ormai noto autocontrollo.
- Sei ammattito del
tutto..?- si innervosì il malavitoso, non aspettandosi da
lui una reazione tanto stupida e spavalda,
- No, no...-
negò cercando di soffocare una seconda risata che gli
risaliva alla gola partendo dalla stomaco, -... è che, sai,
sono un appassionato di anime, e la tua frase mi ha ricordato una
puntata che ho visto l'altro giorno - spiegò, lo sguardo
nero pece acceso di una luce arrogante e crudele, il genere di occhiata
che riservava ai pezzi di cui aveva deciso di liberarsi, gettandoli
nella spazzatura.
Per un istante le sue
iridi sembrarono attraversate da un riflesso scarlatto, il quale fu
capace di donargli un aria mefistofelica, temibile e minacciosa
nonostante le condizioni penose in cui si trovava. E per quanto Benri
non avesse potuto vederne la mutazione, avvenuta in quella manciata di
secondi, avvertì qualcosa di diverso nella sua voce quando
riprese a parlare.
- Sai, seguendo il tuo
ragionamento, probabilmente, la catena cesserebbe di esistere... - gli
spiegò Orihara, -... perché ci sarà
sempre un anello più debole rispetto agli altri e,
continuando a toglierli, finirà che ne rimarrà
solo uno, il quale ormai solo non avrà più alcuna
utilità - decretò accennando ad un altro
risolino, - Io sono un amante dell'umanità, e amo studiarne
tutte le più recondite bassezze, ogni forma di codardia.
Ebbene, se l'intera umanità fosse una catena, a parer tuo,
quale posto occuperebbero i malavitosi che avvelenano la
società e portano il mondo a stagnare in un putridume sporco
d'urina?.. - c'era qualcosa di veramente terribile nelle sue parole,
quasi scaturissero dall'inferno, - Secondo me, la brava gente che vi
guarda dall'alto delle loro vite candide e pulite non si farebbe tanti
scrupoli ad eliminarvi come se si trattasse di piccole bestioline
nocive, piccoli ratti di fogna dispensatori di malattie e pestilenze -
rise, e sta volta Benri fu certo che gli fosse totalmente partito di
cervello.
- Parli quasi come se
la cosa non ti riguardasse, eppure tu fai parte della stessa cerchia -
osservò sentendosi pizzicare in un punto dietro la nuca. No,
forse si stava sbagliando, Izaya non stava impazzendo, anzi, stava
tentando di riprendere le redini del gioco, orchestrando a piacimento
il loro discorso, deviendolo dalla sua via principale, ovvero da Saki,
il suo "cuore".
- Ti correggo, io sono
un semplice osservatore. Mi limito a studiare tutto ciò che
reputo curioso, il caso vuole che altri siano interessati a sapere cosa
hanno visto i miei occhi e udito le mie orecchie e mi pagano per
saperlo - avrebbe voluto alzare le spalle, palesando una sicurezza del
tutto falsa, ma capace di ingannare chiunque.
- E Shizuo Heiwajima
è ciò che ritieni "curioso"? - decise di non
dargli troppe libertà di manovra, toccando sull'argomento
che al momento gli premeva maggiormente,
- Affatto. Shizu-chan
è una bestia, un mostro, non fa parte
dell'umanità. E' un esistenza a sé, e non suscita
in me alcun interesse, poiché d'umano non ha nulla (tranne
l'aspetto) - per una qualche ragione la sua risposta suonò
troppo perfetta per risultare vera, stava mentendo. Erano entrambi due
bugiardi di professione sentivano l'olezzo di menzogna a chilometri di
distanza e sapevano quando una loro stessa bugia veniva svelata
dall'altro. Difatti, Izaya intuì immediatamente di non
essere creduto.
- Si dice che serve un
mostro per riconoscerne un altro, e dal modo in cui parlavi poco fa
sembra che neppure tu ti ritenga un essere umano Izzy... - c'era stato
qualche minuto di silenzio prima che Benri prendesse parola, abbastanza
perché l'informatore cominciasse a credere se ne fosse
andato. - Quindi, adesso mi chiedo, è stato forse a causa di
Heiwajima se hai deciso di tramutarti in un mostro degno di fargli da
avversario? Temevi si sentisse solo a portare il peso del "diverso",
del "reietto"?.. Hai un lato inaspettatamente dolce, Izzy - rise
ironico,
- Adesso sono io a
chiederti se sei uscito di senno, non capisco cosa blateri - si
stizzì Orihara, il tono aspro, lo sguardo sottile,
- Me lo immagino, il
te adolescente: "con lui di certo non mi annoierò" avrai
pensato di sicuro qualcosa del genere; "Lui è una bestia,
non è un pedina con cui gingillarsi, ma è
abbastanza stupido da farmi divertire" sono convinto che hai fatto i
salti di gioia nel trovartelo di fronte. Dopo tutti quei esseri umani
che ti eri costretto ad "amare", ecco qualcuno che potevi finalmente
odiare, poiché (come hai detto tu poco fa), d'umano ha solo
l'aspetto...- aveva perso la possibilità di sviare il
discorso, alla fine era Benri che continuava a condurre la partita, -
... però, infine, ti sei reso conto di non essere alla sua
altezza. Quale delusione deve'essere stata per il tuo povero cuoricino -
- Ti avviso che io
sono due tacche sopra a quel cervello di protozoo. Avrà pure
una forza ercolina, ma non gli è ancora riuscito di
acciuffarmi - si sentì punto nel vivo, come ogni qual volto
ci fosse Shizuo di mezzo,
- Certo, certo...
adesso è diverso, lottate alla pari - gli concesse, quasi
stesse accontentando un bambino viziato intento a fare i capricci solo
per azzittirlo, - Questo perché hai deciso di
indossare i panni del mostro pure tu, perché ti annoiava
fare l'essere umano ed eri rimasto ammaliato dalla forza della
bestia... Ma se Heiwajima aveva le doti del mostro nel sangue, a te
mancavano - gli occhi si Izaya si fissarono sull'uscio, quasi potessero
scalfire la solida lastra di ferro che componeva la porta, - Il
ragionamento che hai fatto è stato semplice: "se Shizuo
è un mostro nel corpo, allora a me basta esserlo nello
spirito"; hai lasciato la tua umanità per avvicinarti a
qualcuno che, invece, la propria umanità non l'ha
abbandonata ma a cui è stato comunque donato l'appellativo
di "mostro"... Ah, sei proprio un romanticone -
- Falla finita! - lo
ammonì Izaya, stanco di quella favoletta e delle balle sul
proprio conto, irritato di non riuscire a trovare alcun modo per
replicare.
Era vero. Lui mostro
non lo era nato, a differenza di Shizuo, lo era diventato per sua
scelta, ma l'Heiwajima non aveva avuto tutto quel peso a cui Benri
sembrava piacer tanto credere. Aveva parlato a quel modo solo per
irritarlo, per farlo vacillare, e c'era riuscito.
- Peccato solo che tu
non sia stato in grado di liberarti del tuo "cuore", questo ti rende un
mostro incompleto Izzy ...- una sensazione di gelo tramutò
la calda e afosa stanza in una cella frigorifera, un brivido percorse
la pelle dell'informatore, -... ma non preoccuparti, visto che tu non
ci riesci, ci penserò io a liberarmene -
"Saki..." socchiuse lo
sguardo Izaya, chinando il capo quasi avesse appena ricevuto un colpo
in pieno petto, dire qualunque cosa sarebbe stato inutile, avrebbe solo
confermato ciò che Benri già sapeva, quindi
saggiamente soffocò le imprecazioni con cui stava per
riempirsi la bocca, mordendosi la lingua per fare forza su se stesso,
arrivando a farsela sanguinare.
- Per prima cosa
dovremmo contattare Yagiri - propose Shinra, in piedi dietro al divano
su cui Shizuo era seduto,
- E
perché?- gli chiese questi, confuso. Sapeva di aver
già sentito da qualche parte quel nome, ma non riusciva a
ricollegarlo a nessun volto,
- Non lo sai..? E' la
segretaria di Izaya -
- Da quando Izaya ha
una segretaria?! - si stupì voltandosi verso di lui, quasi
si volesse assicurare che non si stesse prendendo gioco di lui, ma il
castano alzò le spalle, scuotendo un poco la testa,
l'espressione sconfortata di chi comprendeva poco le azioni di un
altro.
Il motivo per cui ad
Izaya servisse una segretaria era uno dei suoi numerosi
misteri.
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=1896187
|