From the fire that burns inside

di A_GleekOfHouseStark
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Fire and Fury ***
Capitolo 2: *** Hidden like a secret ***
Capitolo 3: *** I know what I believe inside ***
Capitolo 4: *** I feel right with you ***
Capitolo 5: *** Madness in me ***
Capitolo 6: *** Turn your tears to roses ***
Capitolo 7: *** Guess I never knew love ***
Capitolo 8: *** I'll light the night with stars ***
Capitolo 9: *** Put the past behind me ***
Capitolo 10: *** When nothing is real you are my truth ***
Capitolo 11: *** Now I've made my mind up ***
Capitolo 12: *** The nightmare has just begun ***
Capitolo 13: *** I feel you keeping me alive ***
Capitolo 14: *** You are my salvation ***
Capitolo 15: *** I'll be your reason why ***



Capitolo 1
*** Fire and Fury ***


Fire and Fury

Jon Snow è uno di quegli adolescenti che gli adulti di Birmingham definivano "strano": sempre silenzioso, non abituato ad andare alle feste ogni sabato sera come facevano gli altri ragazzi del quartiere e solitario fino quasi ad apparire scorbutico. Per questo aveva pochissimi amici, di cui nessuno faceva parte della cerchia dei popolari della Birmingham High School, una delle più prestigiose dell'intero paese.

L'unico posto in cui Jon si sentiva bene era la sua famiglia, anche se non era realmente la sua: fu adottato quando era solo un bambino di pochi mesi da Eddard e Catelyn Stark, che avevano già un altro figlio di nome Robb; poi arrivarono anche Sansa, Arya, Bran e Rickon, rendendo gli Stark la famiglia più numerosa dell'intera comunità. Jon aveva chiesto più volte in passato chi fossero i suoi genitori biologici, ma Eddard non aveva voluto dirglielo, sostenendo che quando sarebbe cresciuto gli avrebbe raccontato tutto così, dopo tanti rifiuti, aveva deciso di smettere di indagare.
Preferendo la solitudine, aveva soltanto tre amici: suo fratello Robb, Quentyn Martell e Sam Tarly, un ragazzo in sovrappeso e deriso dalla maggior parte dei ragazzi della scuola (primo anno compreso), ma un vero e proprio genio in qualsiasi materia e fu grazie a ciò che lui e Jon diventarono amici. A differenza di Tarly, infatti, Jon se l'era sempre cavata senza troppi problemi, ma come qualsiasi persona normale aveva una debolezza: la chimica. Alla fine del primo anno la professoressa Cersei Lannister gli aveva detto che se non avesse preso almeno una B nel test finale avrebbe passato l'estate al corso di recupero, ma Sam scongiurò quell'incubo passandogli l'intera verifica e salvandogli le vacanze. Con questo non voglio dire che Jon non avesse studiato o non gliene importasse ma semplicemente, per quanto si impegnasse, in chimica non riusciva a combinare nulla.
 
Quel giorno stava proprio uscendo dalla classe di chimica quando incontrò Robb nel corridoio:
"Quella donna mi odia." Disse al fratello.
"Chi?"
"Come chi? La Lannister!"
"Jon, lei odia tutti indistintamente. Credo che abbia i geni della cattiveria nel DNA."
"Con gli altri non è così meschina."
"Ora che ci penso con noi Stark ce l'ha in modo particolare. L'altro giorno parlavo con Sansa e Arya e anche loro mi hanno raccontato che sembra non riesca a sopportarle."
"Vedi? Un conto è prendersela con me perché non so niente della sua materia, ma Sansa e Arya cosa le hanno fatto?"
"Jon pensavo che dopo tre anni avessi capito che la Lannister è una vipera."
"No Robb, non è una vipera. Le vipere sono infide e subdole mentre lei il suo odio ce lo sbatte in faccia, come un leone che ruggisce contro la sua preda."
"D'accordo..." replicò Robb perplesso. Poi continuò: "Indovina dove andiamo sabato sera?"
"Non lo so. Dove?"
"Alla festa di Margarey Tyrell!" Esclamò come se avesse appena vinto alla lotteria.
"Margaery Tyrell? QUELLA MARGAERY TYRELL? La fidanzata di Joffrey Baratheon?" disse Jon senza rendersi conto che stava urlando nel bel mezzo di un corridoio gremito di gente: "E come hai avuto l'invito? Non siamo esattamente il tipo di persone che frequenta."
"Fingerò di non essere offeso dalla tua allusione al nostro status di sfigati. Comunque è il suo party per i sedici anni, quindi ha invitato più gente possibile."
"Allora in questo caso... seriamente Robb: pensi di andarci?"
"Certo che ci andrò! Con te o senza o senza di te."
"D'accordo, ci penserò. Cos'hai alla prossima ora?" chiese Jon prendendo i libri dall'armadietto.
"Bravo! Ho spagnolo. Tu?"
"Anch'io. Ci conviene sbrigarci o il professor Martell ci distrugge."
"Aspettateci!" urlarono Sam e Quentyn dall'altro capo del corridoio. Quando li raggiunsero, Quent domandò a Jon:
"Allora? Ricevuto l'invito per il grande evento?"
"Sì... non vedo l'ora di andarci." rispose sarcasticamente mentre si avviavano verso la classe.
 

Le lezioni di spagnolo erano tenute dal professor Oberyn Martell, un cileno sui quarant'anni che faceva ancora girare la testa a parecchie donne, alunne incluse. Era simpatico e molto ironico, ma poteva anche essere subdolo, specialmente con gli studenti che lo provocavano.
"Lui potrebbe essere una vipera." Pensò Jon ricordandosi della conversazione avuta con il fratello. "Sputa veleno solo se disturbato e se lo fa, lo fa nell'ombra."

Entrati in classe, Jon si sedette vicino a Robb, alzò lo sguardo verso la cattedra e notò che una ragazza dai capelli rossi stava parlando con il professore. Quando tutti furono seduti ai propri posti, Martell iniziò a parlare:
"Buenos dias! Lei è Ygritte Covington" disse riferendosi alla ragazza sconosciuta "e oggi è il suo primo giorno alla Birmingham High School poiché si è appena trasferita da Chicago. Essendo novembre ha già perso diverse lezioni, quindi spero l'aiuterete."
"A Chicago vi permettono di andare in giro conciati in quel modo?" disse Daenerys Targaryen scatenando una risata generale.
"Fortunatamente quelli che mi hanno assegnato la borsa di studio hanno dato peso alla mia intelligenza e non alla marca dei miei vestiti. Pensavo che questo fosse uno degli istituti più prestigiosi d'America e non la passerella della Milano Fashion Week."
Jon assistette alla scena sorridendo. Quella ragazza era davvero brava se era riuscita a zittire Daenerys, la queen bee della scuola, dopo neanche dieci minuti. Solitamente i nuovi arrivati la veneravano o la evitavano. O entrambe le cose.
"La Rossa è un po' acida stamattina" commentò Joffrey Baratheon, una sorta di re all'interno dell'istituto. "Vieni un po' qui che ti addolcisco."
"Primo, il mio nome è Ygritte e secondo, credo che questa volta passerò. Con quelle labbra e quei capelli sembri una ragazza."
"Due in un solo giorno." Pensò Jon "Deve essere una specie di record."
 
Dopo aver sondato il territorio, la ragazza si sedette in prima fila, nell'angolo opposto rispetto a Jon, permettendogli così di osservarla meglio: aveva i capelli più rossi che avesse mai visto e gli occhi parevano due smeraldi. Non era una bellezza classica come Daenerys o Margaery, eppure c'era qualcosa in lei che lo attirava più di una droga. Dopo circa cinque minuti, Robb gli sussurrò:
"Fratello smetti di fissarla, sembri un maniaco."
Jon diventò paonazzo per l'imbarazzo e provò a concentrarsi sui dieci verbi in spagnolo che doveva coniugare, ma non ci riuscì: tutti i suoi pensieri convergevano verso Ygritte. Dopo un po', però, capì cosa lo attraeva così tanto: quella ragazza pareva essere stata forgiata dalle fiamme e dentro di lei c'era una rabbia tale da sembrare che da sola avesse la potenza di un uragano.

Ygritte non era una ragazza qualunque. Ygritte era fuoco e furia.






Note dell'autrice :3
Holaaa! Sono -A_GleekOfHouseStark e questa è la seconda FF che pubblico in questo fandom. Okay, dopo un'intro stile Alcolisti Anonimi volevo solo dirvi che spero la storia vi piaccia e che cercherò di aggiornare in modo più regolare possibile senza far passare ere geologiche tra un capitolo e l'altro :D
Alla prossima!
Kisses -A_GleekOfHouseStark
 

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Capitolo 2
*** Hidden like a secret ***


Hidden like a secret
Jon passò l'intera giornata a seguire Ygritte (con lo sguardo si intende, non traiamo conclusioni affrettate!) e si rese conto di non aver mai provato un interesse così vivido per una ragazza. Avrebbe voluto sapere tutto di lei ma non si arrischiava ancora ad avvicinarsi, figuriamoci a parlarle. D'altronde, non aveva la faccia tosta di Joffrey né il carisma di Robb.

Mentre tornava a casa con suo fratello provò ad intavolare il discorso, nella speranza che lui riuscisse ad aiutarlo:
"Robb... senti, devo farti una domanda." Disse mostrandosi più impacciato di quanto avrebbe voluto.
"Spara. C'è qualche problema?"
"No, nessun problema. Volevo sapere quali sono i sintomi dell'amore..." pronunciò quelle parole tutto d'un fiato, come se volesse liberarsi del peso che gli procuravano.
"Dio, Jon! Ne parli come se fosse una malattia. L'amore non ha sintomi!" replicò Robb prendendolo in giro. Poi aggiunse: "Effettivamente sei un po' strano oggi; sei più distaccato del solito."
"Robb per favore! Sono serio e…"
Le sue parole furono trascinate via dal fiume di parole del fratello:
"Chi è? Viene a scuola da noi? La conosco?"
"Vuoi calmarti? Ti stavo dicendo prima che ho bisogno d'aiuto perché non ho idea di come comportarmi. Non ho né il fascino né la popolarità di Joffrey o di qualsiasi altro ragazzo considerato figo nella nostra scuola."
"Cosa c'entra ora quel deficiente? Non capisco davvero cosa ci trovino tutte in lui. Come ha detto oggi la ragazza nuova non è neanche così... aspetta, ci sono! È la ragazza nuova! "
"Sshh. Abbassa la voce, vuoi che ti senta tutta Birmingham? E sì, è lei."
"Com'è che si chiama?"
"Ygritte." Jon pronunciò il suo nome come se fosse un segreto mistico di cui nessuno doveva venire a conoscenza. Poi continuò: "Robb, ti prego, non dire niente. Lo sai solo tu e finché non avrò deciso cosa fare dovrai saperlo solo tu. Chiaro?"
"Neanche a mamma e papà? Sono sicuro che sarebbero felici di sapere che..."
"Assolutamente no!" lo interruppe "Mamma inizierebbe già a pensare alle nozze e papà mi farebbe un discorso infinito su quanto sia importante l'onore in questi casi e non so se sono pronto. Devo ancora capire cosa provo.”
"D'accordo fratello, sarò muto come un pesce."
 
Nel frattempo i due erano arrivati davanti alla porta di casa, così Robb chiese:
"Hai tu le chiavi?"
"Pensavo le avessi tu." Rispose l'altro
"Chiamo mamma."
 
I due fratelli si sedettero sui gradini della loro villetta e dopo circa un'ora arrivò Catelyn Stark con i due figli minori, Bran e Rickon, al seguito:
"Quante volte ancora dovrete rimanere chiusi fuori casa per ricordarvi di prendere le chiavi prima di uscire?" Esclamò spazientita.
"Scusa mamma.” Dissero all'unisono.
"Eh... le scuse non bastano sempre!" Poi si ricompose e disse: "Finite i compiti. Alle sette e mezza si cena."
Jon si diresse verso la sua stanza al piano superiore con l'intenzione di finire gli esercizi di spagnolo che non aveva terminato in classe per ovvi motivi, ma quando si sedette alla scrivania non combinò nulla per gli stessi ovvi motivi.
"Ma se l'amore è così bello e cazzate varie come tutti dicono, perché mi sento uno schifo?" Pensò.
"A tavola!" Il grido di battaglia di sua madre aveva raggiunto tutte le stanze della casa. Come riuscisse ad urlare così forte dopo un'intera giornata di lavoro per Jon rimaneva un mistero. Prima di scendere diede una rapida occhiata agli esercizi per il professor Martell e, sconsolato per non aver fatto niente, si diresse verso la cucina.
 
"Okay, ci siamo tutti." Disse Eddard Stark. "Buon appetito!"
"Altrettanto!" Risposero gli altri in coro e Jon era lieto di essere parte di quella realtà così accogliente.
"Com'è andata la giornata?" Chiese Catelyn.
"Ho preso A in chimica." Disse Sansa nascondendo una punta di orgoglio.
"Con la Lannister?" chiese Robb "Come diavolo hai fatto? Quella donna ci odia!"
"Infatti sembrava che avesse sofferto nel mettermi questo voto, ma non poteva negare che ero stata la migliore del corso." Rispose la sorella.
"A proposito di Cersei Lannister" esordì Arya "Potrei accidentalmente averle dato della brutta megera davanti a tutta la classe..."
"TU HAI FATTO COSA?" Il buonumore di Sansa era sfumato a causa di quella notizia.
"Perché lo hai fatto Arya?" Si lamentò sua madre "Lo sai che è una professoressa e come tale devi rispettarla. Non puoi insultarla così. Domani devi chiederle scusa."
"Concordo." Disse Eddard, poi si rivolse a Robb e Jon: "E a voi com'è andata? Ci sono novità?"
"Niente di eclatante, anche se nella classe di spagnolo c'è una ragazza nuova che sembra piuttosto simpatica: ha addirittura zittito Daenerys e Joffrey nel giro di dieci minuti. Ah, siamo anche stati invitati alla festa di Margaery Tyrell."
"E tu Jon?" continuò loro padre "Non dici nulla?"
Il ragazzo non aveva seguito il discorso e non sapeva di cosa stessero parlando, così quando lo interpellarono rispose con un sonoro "Eh?" facendo ridere tutta la famiglia.
"Tutto bene Jon? Sei un po' pallido e non hai toccato cibo. C'è qualcosa che non va?" Chiese sua madre.
"Sansa dice che quando le persone non mangiano è perché sono innamorate. Hanno le farfalle nello stomaco e quindi il cibo non riesce ad entrare." Disse Rickon in un attimo di maturità improvvisa.
Dannata innocenza dei bambini.
"Jon è innamorato?" chiese Bran, come se la discussione fosse appena diventata interessante.
"Jon non è innamorato," lo salvò in corner Robb "ma sta pensando ai compiti di spagnolo che ha da fare per domani se non vuole che il professor Martell lo metta in detenzione."
"Sì, è per questo. Anzi, ora vado subito a finirli." Disse il ragazzo in maniera frettolosa, abbastanza da fomentare occhiate sospette.
 
Stava salendo le scale quando suo fratello, da dietro, gli sussurrò:
"Potresti almeno ringraziarmi. Ti ho salvato!"
"Hai ragione, te lo devo. Ma come facevi a sapere che non ho concluso nulla di spagnolo?"
"Un presentimento... ah, e hai seri problemi a mantenere i segreti. Anche Rickon ha capito che nascondi qualcosa!"
"Tu sì che sai come tirarmi su di morale." Disse ironico.
"Figurati, sono qui per questo." replicò ridendo "E cerca di finire quegli esercizi!"
 
E così fece, ma non appena chiuse il quaderno, Sansa e Arya entrarono nella sua stanza.
"Dicci tutto." Intimò quest'ultima.
"Come si chiama? Frequenta la nostra scuola?" Continuò l'altra.
"Non c'è niente da dire." Cercò lui di difendersi.
"Avanti Jon! Sei un pessimo bugiardo." disse Arya.
"Sorellina! Da Sansa me lo sarei anche aspettato ma da te proprio no! Come mai hai deciso di puntare sul gossip? Non mi avevi detto che erano solo cose stupide?" la punzecchiò il ragazzo.
"Per lei è una questione di gossip, per me è un'assicurazione nel caso venissi a sapere cose su di me che hai intenzione di spifferare a mamma e papà..."
"Dai Jon!" lo canzonò Sansa "Racconta."
 
Il ragazzo decise che era inutile lottare con le sue sorelle perché era consapevole che avrebbero avuto la meglio, così disse loro tutto, facendosi però promettere di tenere la bocca chiusa.
"Croce sul cuore?" disse loro.
"Croce sul cuore." risposero loro.
Dopo averlo detto a Sansa e Arya si sentiva un po' più leggero perché si fidava di loro e sapeva che avrebbero mantenuto i suoi sentimenti per Ygritte nascosti come se fossero stati un loro segreto.

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Capitolo 3
*** I know what I believe inside ***


I know what I believe inside

Quella mattina Jon era più attivo del solito.
“Ieri sera stavo malissimo, stamattina sono euforico e Robb ha il coraggio di dirmi che l’amore non è una malattia? Con questi sbalzi d’umore rischio di diventare pazzo.” Pensò mentre si dirigeva verso la cucina.
 
“Mamma io e Jon facciamo colazione fuori con Quentyn e Sam.” Disse suo fratello quando lo vide comparire sulle scale, poi lo trascinò letteralmente verso la porta d'ingresso.
“D’accordo. Ci vediamo oggi pomeriggio.” Rispose lei.
“Buona giornata a tutti.” Dissero all’unisono, dopodiché uscirono.
“Perché mi hai portato via? Io volevo mangiare!” Protestò Jon.
“Ora ci fermiamo alla caffetteria della scuola. Ti ho fatto uscire prima perché volevo chiederti cosa hai intenzione di fare con Ygritte e non mi sembrava il caso di porti questa domanda davanti alla famiglia al completo.” Rispose il fratello.
“Non ho intenzione di fare niente Robb! Non le ho mai rivolto la parola.”
“E cosa aspetti a farlo?”
“Non lo so…”
“Non sai mai niente Jon!” disse spazientito, poi aggiunse: “Posso almeno dirlo a Sam e Quent?”
“Non ti azzardare! Voglio essere sicuro dei miei sentimenti prima di sbandierarli ai quattro venti.”
“Sono i nostri migliori amici e vorrebbero sapere cosa ti sta passando per la testa in questo periodo. Non puoi continuare a fingere che non sia nulla e io non posso coprirti per sempre.”
“Ti chiedo solo di aspettare ancora un po’. Voglio prima capire cosa provo e poi gliene parlerò io stesso.”
“Cosa c’è da capire? Sei innamorato di quella ragazza!”
“Come faccio ad esserne innamorato se neanche la conosco?”
“Mai sentito parlare di colpo di fulmine? Basta una sola parola, uno sguardo ed è fatta, entri in quel circolo vizioso che la gente chiama amore.”
Robb tacque per qualche minuto poi, ad un tratto, gli venne in mente un’idea a parer suo geniale:
“Perché non la inviti alla festa di Margaery? Almeno avrai una piacevole compagnia e una buona scusa per partecipare.”
“Quale parte di ‘non le ho mai rivolto la parola’ non ti è chiara? Cosa penserà quando la prima cosa che le chiederò sarà di venire ad un super party con me?”
“Mmm… forse hai ragione, però prima o poi dovrai parlarle!”
 
Nel frattempo erano arrivati a scuola, ma avendo chiacchierato a lungo durante il tragitto non avevano tempo di fermarsi a fare colazione.
“Ci vediamo a pranzo?” Chiese Robb.
“D’accordo.” Rispose l’altro.
 
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Jon stava rovistando nell’armadietto alla ricerca del suo quaderno di matematica quando sentì una voce, la SUA voce dire:
“Ehi corvo!”
“Dici a me?” Esclamò il ragazzo stupito e il suo cuore iniziò a pulsare velocemente. Troppo velocemente.
“Sì, a te.”
“Nessuno mi aveva mai chiamato corvo prima d’ora…”
“Sì scusa, sono una frana con i soprannomi, ma sei tutto vestito di nero… E poi non mi ricordo come ti chiami, anzi, credo di non saperlo neanche, comunque…”
Ygritte parlava a velocità supersonica e Jon faticava a starle dietro.
“Ti serve qualcosa?” Azzardò lui timidamente
“Sì, è per questo che ti ho chiamato. Ho lezione di storia, non ho idea di dove andare e tu sei la prima persona con un viso vagamente familiare che ho notato. Eri a spagnolo per caso? ”
“Sì… Vieni, ti accompagno. Stannis odia i ritardatari.”
“Stannis?”
“Il professore di storia.” Poi aggiunse: “Dai, andiamo!”
 
Jon e Ygritte percorsero correndo tutto il corridoio per non fare tardi e arrivarono davanti alla classe poco dopo il suono della campanella.
“Grazie mille. Avrei vagato per tutta l’ora senza il tuo aiuto.”
“Figurati… Comunque è Jon.”
“Cosa?”
“Il mio nome. Mi chiamo Jon.”
“Ah, allora piacere Jon. Io sono Ygritte.” Disse per poi entrare in classe.
 
Avevano scambiato solo due parole eppure il ragazzo era al settimo cielo, finché non si accorse che la professoressa di matematica, Lysa Arryn, lo stava guardando in cagnesco e stava dicendo:
“Ti sembra l’ora di presentarti in classe Snow?”
Jon entrò nell’aula con il sorriso sulle labbra. D’altronde, cos’erano cinque minuti di ritardo a confronto di quello che gli era appena successo? Aveva appena avuto una conversazione con la ragazza di cui era innamorato!
“Okay è ufficiale,” pensò il ragazzo “direi che sono piuttosto sicuro di ciò che provo ed è bastata una sola parola per farmelo capire. Deve esser stato davvero amore a prima vista come ha detto Robb.”
 
 
Mentre si dirigeva verso la mensa, Jon aveva deciso di parlare a Quentyn e Sam, ma suo fratello non aveva mai imparato a tenere la bocca chiusa.
“Ragazzi devo parlarvi.” Disse loro.
“Sappiamo già tutto.” Rispose Sam.
“Perché non ce l’hai detto prima?” rincarò la dose Quentyn “Avremmo preferito sentirlo da te piuttosto che da Robb. ”
“Gli avevo detto di aspettare e che ve lo avrei detto non appena sarei stato pronto, ma a mio fratello non è stato concesso il dono della pazienza.” Si difese lui.
“Mi sono perso qualcosa?” chiese Robb sedendosi al solito posto.
“Perché non hai aspettato?” Lo rimproverò il fratello.
“Perché ti conosco e sapevo che avresti tenuto tutto dentro come sempre. Sono nostri amici e volevano sapere se c’era qualcosa che non andava.”
“Io vi ho detto subito che avrei provato a conquistare Daenerys.” Disse Quentyn.
“Il più grande due di picche della storia.” Scherzò Robb, poi chiese al fratello: “Ci sono novità sul fronte Ygritte?”
“Dio, sembra che stia per compiere un azione di guerra! E sì, ci sono novità: mi ha parlato…” disse cercando di dissimulare la sua gioia quando in realtà avrebbe ballato sui tavoli della mensa.
“Whooa! E l’hai invitata alla festa?”
“No Robb, mi ha semplicemente chiesto di accompagnarla alla classe di storia.”
“Però hai intenzione di invitarla?” continuò lui imperterrito.
“Non lo so…”
“Mi prendi in giro? Dai Jon!” lo rimproverò.
“D’accordo, d’accordo: ci proverò.” Concluse lui.
“Si vede che sei innamorato Jon.” Sam Tarly entrò improvvisamente nella conversazione parlando con voce piatta e a tratti inquietante. “C’è una luce diversa nei tuoi occhi e sei più sorridente del solito. Quella ragazza ti fa bene, devi tenertela stretta.”
 
Il ragazzo non rispose, ma in cuor suo sapeva che il suo amico aveva ragione.


Note dell'autrice :3
Hola! Il nostro eroe ce l'ha fatta a parlare con Ygritte nonostante tutta la sua socially awkwardaggine (?). Comunque, spero questo capitolo vi sia piaciuto e ci vediamo al prossimo!
Kisses -A_GleekOfHouseStark

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Capitolo 4
*** I feel right with you ***


I feel right with you

Today is the day.” Annunciò Robb a Quentyn e Sam “Mio fratello inviterà Ygritte alla festa!”
“Non è normale che tu sia più euforico di lui.” Fece notare Martell alludendo all’espressione non esattamente rilassata di Jon.
“È da stamattina che non parla.” Rispose Stark.
“Non parlo ma ci sento ancora bene.” sbottò il ragazzo “Sono agitatissimo: e se mi dicesse no?”
Sentiva i suoi nervi talmente tesi che temeva potessero strapparsi da un momento all'altro.
“Stai tranquillo,” esclamò Sam “Non c’è ragione per cui ti dica no.”
“Beh in realtà potrebbe, ma…” disse Quentyn che però fu prontamente zittito dagli altri due.
“Grazie per l’incoraggiamento Quent! Tuttavia devo ammetterlo: se non ci foste voi sarei ancora in alto mare.”
“Okay questa conversazione sta prendendo una piega troppo sentimentale e dato che voglio evitare abbracci di gruppo e cazzate varie mi ritiro.” Disse Robb con un sorriso, poi aggiunse: “Ci vediamo a spagnolo e fratello…”
“Sì?”
“Stendila.”
 
Cinque minuti dopo, Jon si ritrovò da solo ad aspettare che la campanella gli dicesse di smettere di vagabondare per i corridoi e andare in classe e nell’attesa iniziò a domandarsi come potevano i soldati andare in guerra, faccia a faccia con la morte, mentre lui era spaventato al solo pensiero di parlare di nuovo con Ygritte. C’era qualcosa di sbagliato in lui?
Dopo due ore di pura ansia trascorse a pensare alle parole giuste da dirle senza sembrare un disperato alla ricerca di una compagna per non essere l’ultimo degli sfigati alla festa della Tyrell, il ragazzo si avviò verso la classe di spagnolo.
“Puoi farcela,” ripeté fra sé e sé “non avere paura e buttati”. Ma proprio quando stava per buttarsi si imbatté in una rete che glielo impedì.
E quella rete rispondeva al nome di Joffrey Baratheon.
“Ehi sfigato! Vieni anche tu alla festa della mia rosellina?” chiese lui.
“Sì.” Rispose Jon cercando di troncare subito la conversazione, ma la sua controparte era testarda e non accennava a lasciarlo in pace.
“Amore perché hai invitato anche questo sfigato? Ti avevo detto di lasciar perdere il volontariato.” Esclamò rivolgendosi a Margaery provocando una risata generale.
“Senti Joffrey non hai proprio nient’altro da fare?” Gli domandò.
“Cosa c’è di meglio che infastidirti? Potrebbe diventare la mia valvola di sfogo quotidiana.”
“Senti LabbraGonfie perché non lo lasci stare?” l’inconfondibile voce di Ygritte si fece spazio in quel mare di parole e sussurri.
“Perché dovrei Rossa? Sei diventata la sua puttanella?”
“Chiamami di nuovo così e ti faccio vedere cosa significa crescere nella periferia di Chicago.” La furia negli occhi della ragazza sembrava incontenibile. Anche Joffrey la notò quindi accettò controvoglia la sconfitta e si diresse verso il proprio posto lanciando ai due sguardi che avrebbero dovuto essere minacciosi ma che sembravano più le occhiate di un bambino che giocava a fare il bullo.
“Grazie.” Disse Jon in imbarazzo.
“Figurati.” Rispose lei senza aggiungere altro.
 
 
Per tutta la lezione Jon fu tormentato da bigliettini di Robb che si dimostrava piuttosto contrariato perché il fratello non era ancora passato all’azione con la ragazza e dagli occhi di Ygritte, la cui rabbia non accennava a placarsi.
 
Alla fine dell’ora prese il coraggio a due mani e si diresse verso il suo banco:
“Ygritte…” Disse timidamente.
“Cosa vuoi ancora?” chiese lei in tono stizzito, ma resasi conto di chi aveva davanti si tranquillizzò. “Scusami, pensavo che LabbraGonfie fosse di nuovo venuto ad infastidirmi.”
“Lui ti avrebbe chiamato Rossa.” Le fece notare.
“Hai ragione," ammise lei "ma sei venuto qui per un motivo no? Cosa c’è?”
Il momento era arrivato.
“Volevo sapere” iniziò il ragazzo “se sabato sera hai qualcosa da fare.”
Non appena lo disse, si rese conto che avrebbe potuto risparmiarsi la nottata insonne dato che era stato così semplice.
“No, sono libera. Come mai?”
“Sono stato invitato alla festa per i sedici anni di Margaery Tyrell ma a dire la verità non ho molta voglia di andarci, però se non ci vado mio fratello mi uccide. Se avessi compagnia sarebbe tutto più facile da sopportare e non sembra che Robb desideri passare la serata con me.”
Ygritte lo fissò per qualche secondo e il battito del cuore di Jon iniziò ad accelerare perché temeva di aver fatto la figuraccia del secolo, ma, fortunatamente, alla fine lei rispose:
“Perché no? Sarà divertente partecipare ad uno di quei party che fanno vedere nei film. Sai, quelli con il tendone addobbato, la festeggiata che entra su un elefante e tutto il resto.” Esclamò con un sorriso.
“Il tendone sarà la modesta villa dei Tyrell e non credo che entrerà a dorso di un elefante: rischierebbe di rovinare il vestito costosissimo che comprerà.”
“Ho notato che siete tutti così fissati con l’apparenza. Sono poche le persone normali.”
“Qui essere normali è sinonimo di essere sfigato come avrai avuto modo di osservare.”
“Beh io preferisco i ragazzi normali… come te.”
Jon era un po’ scombussolato: quello era un complimento o cos’altro?
Ygritte continuò:
“Devo prenderle un regalo? Perché non ho la minima idea di cosa le possa piacere.”
“Tranquilla. Mio fratello mi ha immischiato in questa faccenda e la parte noiosa la sbrigherà lui. E per inciso: conosco Margaery da tre anni e neanche io saprei cosa comprarle. Te l’ho detto, non faccio parte della sua cerchia.” Ammise il ragazzo.
“Beh, allora mi consolo.” Disse ridendo, poi gli chiese: “Devo venire in abito lungo?”
Quella domanda lo mise un po' in imbarazzo perché non poteva certo dirle 'ehi potresti farlo perché sono curioso di sapere come stai con un vestito elegante!'. Sarebbe sembrato decisamente inappropriato, perciò si limitò a risponderle:
“Non lo so. Decidi tu.”
“Non fa niente, chiederò ad Arianne. ”
“Arianne Martell? Quella dell’ultimo anno?”
“Sì, proprio lei. È stata l’unica ragazza a non squadrarmi dall’alto in basso perché indossavo un paio di jeans. Ci ho scambiato due parole e sembra simpatica.”
“Bene…” Jon non sapeva come continuare la conversazione ma non aveva assolutamente intenzione di finirla, così disse: “Allora ci vediamo sabato?”
“Mi passi a prendere? Non ho idea di dove sia la villa dei Tyrell.” Disse sorridendo.
Che cretino! Era ovvio che non sapesse dove si svolgesse la festa.
“Sì, certo. Mi dai il tuo indirizzo?”
Ygritte si chinò su un pezzetto di carta, ci scribacchiò sopra e poi lo diede a Jon.
“Per le sette va bene?” Chiese lei.
“Certo, alle sette.” Rispose lui. “Allora ciao!”
“Ciao.”
 
Dopo averle parlato, Jon si rese conto di una cosa: quando erano insieme gli uragani negli occhi di Ygritte sparivano; era come se volesse perennemente proteggersi del mondo ma in quei momenti non ne sentisse il bisogno. Sembrava che con lui si sentisse al sicuro e sperava con tutto il cuore che quell’idea non fosse solo il frutto della sua immaginazione.



Note dell'autrice :3
Hola! Ecco qua un altro capitolo che spero vi piaccia. Di solito non spammo le canzoni da cui è tratto il titolo (lo farò solo in questo caso e pochi altri), ma questa la amo troppo: il titolo è What I believe ed è tratta dall'ultimo album degli Skillet. Se ne avete voglia ascoltatela perché è davvero meravigliosa. Ringrazio tutti quelli che hanno deciso che leggere la mia ff valga il loro tempo e ci vediamo al prossimo capitolo :D
Kisses -A_GleekOfHouseStark

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Capitolo 5
*** Madness in me ***


Madness in me
 
Jon aveva aspettato sabato come un bambino attende il Natale e per questo la settimana gli era sembrata infinita, sensazione accentuata dalle interminabili ore passate sul libro di chimica nel tentativo di recuperare l’ennesima insufficienza.
La sera della festa l’agitazione prese il sopravvento perciò si fece aiutare dalle sue sorelle nei preparativi.
 
“Sansa! Arya! Ho bisogno d’aiuto!” urlò nella speranza che le ragazze riuscissero a sentirlo e fortunatamente lo fecero.
“Eccoci!” Esclamò Sansa entrando nella stanza del fratello.
“In cosa dovremmo aiutarti esattamente?” chiese Arya.
“Sono incasinato, non so cosa mettermi e temo seriamente di non riuscire a spiccicare parola quando sarò davanti a lei.” Sbottò il ragazzo tutto d’un fiato.
La sorella minore scoppiò in una risata divertita e disse: “Dio, Jon! Sei più nervoso di una ragazzina il giorno del suo primo appuntamento! Rilassati.”
“Non sei divertente.” Sbuffò lui lanciandosi sul letto.
“Non ascoltarla, ti aiuto io.” Affermò decisa Sansa.
“Eh no! Voglio contribuire anch’io.” Disse l’altra.
“Grazie ragazze.” Rispose lui.
 
Dopo un’ora nelle mani delle sue sorelle Jon era pronto per uscire, ma prima di varcare la soglia della porta di casa Sansa gli si avvicinò e disse: “Comunque Arya aveva ragione, neanche io sarei così nervosa.”
A quel punto capì che i suoi tentativi per nascondere l’ansia erano vani e il suo nervosismo doveva essere palese se le sue sorelle gliel’avevano fatto notare e addirittura concordavano su ciò. Dovete sapere infatti che loro non erano mai d’accordo. Mai.
 
Il tragitto da casa sua a quella di Ygritte gli servì a tranquillizzarsi un po’, ma non appena la vide sentì nel petto una sorta martello pneumatico che pian piano prendeva il posto del cuore.
“Ciao!” disse lei “Come va?”
“Bene grazie… wow, stai benissimo.” Rispose lui. In realtà la ragazza non indossava nulla di particolare, ma per Jon sarebbe stata meravigliosa anche con una busta addosso, quindi…
“Dici davvero? È il vestito più femminile che ho trovato nell’armadio e ho pensato che sarebbe andato bene, considerando che la bionda ossigenata lo metterebbe per venire a scuola.”
“La bionda ossigenata sarebbe Daenerys?” domandò con un sorriso.
“Sì, lei. Non mi veniva in mente il nome.” Esclamò ridendo, poi aggiunse: “Vogliamo andare?”
“Certamente.”
 
Ai due ragazzi bastò seguire il flusso di adolescenti in tiro per raggiungere il luogo del grande evento che per l’occasione era stato completamente addobbato e illuminato, tuttavia nell’insieme risultava pacchiano e anche un po’ di cattivo gusto. La prima accoglienza fu da parte di due uomini in smoking i quali controllarono che i loro nomi fossero sulla lista degli invitati (fortunatamente Robb aveva provveduto, non si sa con quali mezzi, a far inserire anche Ygritte), la seconda invece da parte di Joffrey che fu decisamente meno piacevole della precedente dato che li appellò, come era solito fare, la Rossa e lo Sfigato nel tentativo di infastidirli, ma bastò un’occhiataccia della ragazza per farlo smettere immediatamente.
Arrivati al centro della sala incontrarono Arianne Martell che salutò Ygritte con un bacio sulla guancia e poi esclamò:
“Ciao Jon, tuo fratello è con te?”
Il ragazzo rimase basito sia perché Arianne dimostrò di conoscere il suo nome (e non avevano mai parlato in tre anni nonostante frequentassero la stessa scuola) sia per la domanda, ma cercò di nasconderlo dicendo:
“Quando sono uscito doveva ancora vestirsi. La puntualità non è mai stata il suo forte.”
“Beh, di sicuro farà un’entrata ad effetto.” Rispose lei.
 
Ed effettivamente la fece.
Robb entrò nella sala e la folla si aprì in due per farlo passare. Non era male se si considera che la sua posizione sociale a scuola non era esattamente tra le più alte.
“Ciao fratello!” Disse lui.
“Mi spieghi perché Arianne Martell mi ha chiesto di te?” domandò Jon con tono inquisitorio.
“Non mi saluti neanche?” rispose fingendosi indignato, poi aggiunse: “Comunque l’ho incontrata in biblioteca qualche giorno fa e da allora ci sentiamo…”
“Sei troppo vago.”
“E questo non è il momento per un terzo grado!” si fermò un attimo e aggiunse: “Parlando di cose serie, lei dov’è?”
“È seduta lì.” Esclamò indicando una serie di poltrone rosa in fondo alla stanza.
“Allora vado. Ci vediamo.”
“D’accordo. Eh Robb…”
“Sì?”
“Dovrai spiegarmi un paio di cose.”
“Ne parliamo a casa.” Gli gridò mentre si allontanava con sulle labbra il sorriso di chi ha appena fatto un fuoricampo all’ultima partita del campionato.  
 
Ygritte era rimasta in silenzio mentre Jon parlava con Robb, ma quando quest’ultimo se ne andò, lo trascinò al centro della sala e iniziarono a ballare. Sarebbe stata una serata perfetta, tuttavia la perfezione, purtroppo, esiste soltanto nella finzione e i due furono interrotti da una Daenerys visibilmente alticcia.
“Ehi Rossa! Non bevi?” chiese lei.
“No.” Rispose lei con tono seccato.
“Dai! Solo un sorso. Vodka o birra?”
“Non voglio bere Daenerys, smettila.”
“Come sei rigida stasera! Tua mamma non ti ha mai detto che un po’ d’alcool scioglie la tensione?” esclamò ridendo ed essendo ubriaca si accorse troppo tardi del rovescio tiratole da Ygritte.
“Credo che ti resterà il segno per un po’.” Affermò la ragazza. Sembrava che si stesse preparando ad un secondo round quando alzò lo sguardo verso Jon che era rimasto basito da ciò che aveva appena visto e quella sola occhiata bastò per far sciogliere come neve al sole tutta la sua sicurezza, tutta la sua furia e ad un tratto Ygritte voleva solo correre via da quella stanza.
“MARGAERY! Manda via questa selvaggia!” Urlò la bionda all’amica.
“Non ce n’è bisogno. So dov’è l’uscita.” Disse l’altra allontanandosi.
 
 
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“Ygritte aspetta!” Jon l’aveva seguita perché non aveva intenzione di lasciarla sola, non dopo tutto quello che era successo all’interno.
“Non sarei dovuta venire stasera.”
“Sono stato io ad invitarti quindi lascia almeno che ti accompagni a casa.”
“Allora non vuoi proprio capire.” Disse voltandosi verso di lui con le lacrime agli occhi.
Il ragazzo la guardò stranito e lei continuò:
“Prima le ho tirato uno schiaffo e avrei continuato a picchiarla se non avessi incrociato il tuo sguardo!”
“E in che modo i due fatti dovrebbero essere collegati?” chiese perplesso.
“Mi è bastata una tua occhiata per placare la rabbia dentro di me e farmi capire che c’è ancora qualcosa di buono in questo mondo che merita di non essere contaminato da essa.”
“Ed è una cosa tanto brutta?”
“La furia è la mia arma e tu mi rendi completamente inerme. Le mie difese si sgretolano davanti a te Jon Snow!”
“E allora smetti di provare a difenderti perché non ho intenzione di farti del male. Te lo giuro. ”
“Ho passato la mia intera esistenza ad isolarmi dal mondo perché non riuscivo a fidarmi della mia stessa madre, figuriamoci degli estranei.” Sbottò alla fine in preda ad un attacco di isterismo.
“Non capisco, perché non riuscivi a fidarti di tua madre?”
“È una storia molto lunga…” rispose lei calmandosi, come se volesse rimangiarsi le parole che aveva appena pronunciato.
“Ho tutto il tempo del mondo” ammise lui, poi rifletté un attimo e aggiunse: “non voglio costringerti a raccontarmi il tuo passato, ma voglio che tu sappia che con me puoi parlare. Di me puoi fidarti Ygritte.”



Note dell'autrice :3
Hi guys! Eccomi qui con un altro capitolo, ma soprattutto ci tenevo a ringraziarvi perché state leggendo la mia fanfiction e il fatto che possa anche lontanamente piacervi mi rende felicissima, quindi grazie a tutti, davvero. Con questo capitolo farò tipo una pausa natalizia (avete presente gli hiatus delle serie tv? Ecco, più o meno quello con la differenza che non sono così sadica come i produttori dei telefilm che piazzano cliffhanger a tradimento) perché partirò e in vacanza non avrò il tempo né l'opportunità di aggiornare. 
Ci vediamo a gennaio e nel frattempo passate buone feste :3
Kisses -A_GleekOfHouseStark

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Capitolo 6
*** Turn your tears to roses ***


Turn your tears to roses
 
Dopo ciò che era successo dentro e fuori la villa dei Tyrell Jon aveva provato ad accompagnare Ygritte a casa, ma lei era restia perché non voleva farsi vedere dal padre con gli occhi rossi di pianto, così i due si sedettero su una panchina.
“Allora, hai voglia di parlarne?” Chiese il ragazzo.
“Cosa vuoi sapere?”
“Perché sei sempre così arrabbiata? Io riesco… riesco a vedere che nei tuoi occhi c’è della pura furia.”
“Allora bisogna fare dei passi indietro.” Rispose lei “Vivevo nella periferia a nord di Chicago con i miei genitori, andavo a scuola e amavo ballare: insomma, ero felice. Quando avevo dieci anni mia madre rimase di nuovo incinta e io ero eccitatissima all’idea di avere un fratellino o una sorellina, ma qualcosa andò storto e lei perse il bambino. Cadde in depressione e cercava di consolarsi bevendo…”
“È per questo che hai reagito così male alle parole di Daenerys?”
“Sì.” Si fermò un attimo, poi continuò: “Ha provato più volte ad uscirne, ma il richiamo dell’alcool era sempre più forte della sua volontà. C’erano dei giorni in cui non si alzava neanche dal letto e quando era sveglia diventava violenta: alzava le mani e più volte ha rotto oggetti in giro per casa. Mio padre si spezzava la schiena lavorando la mattina in un call center e la sera come barista per poterci mantenere mentre io studiavo come una matta per ottenere una borsa di studio e avere una concreta possibilità di andare via da quell'orrore, ma probabilmente anche se l’avessi ottenuta non l’avrei mai accettata per non abbandonarlo. Lui... lui mi vuole davvero bene e non avrei mai avuto il coraggio di voltargli le spalle dopo tutto ciò che ha fatto per me. Spesso aveva addirittura paura a lasciarmi sola con lei, specie quando ero più piccola, perché temeva potesse picchiarmi o peggio…”
Ci fu una pausa carica di tensione che dopo qualche attimo divenne insopportabile perché entrambi sapevano che la domanda successiva sarebbe stata inevitabile, così Jon prese coraggio e glielo chiese.
“E ti picchiava?” Cercò di essere più delicato possibile, ma visto che lei non rispondeva riprovò con un po’ più di convinzione “Ti faceva del male, Ygritte?”
“Sì…” ammise lei piangendo. “Pian piano però ho imparato a sopportare in silenzio.”
“Perché non hai mai reagito?”
“Cosa pretendi? Che colpissi mia madre mentre era talmente ubriaca da non riconoscermi neanche? Ero solo una bambina Jon!”
Lui non seppe cosa dirle, così si zittì mentre lei continuava a raccontare:
“All’inizio volevamo restare a Chicago in modo da poterla controllare direttamente, ma la situazione era diventata sempre più insostenibile sia per me che per mio padre. Nel frattempo tutti coloro che si definivano miei amici mi avevano lasciato sola perché ormai ero stata bollata come ‘quella asociale’ e bisogna dire che io non facevo nulla per integrarmi nuovamente anzi, li spingevo ad allontanarsi sempre di più perché non mi fidavo di nessuno. Nessuno, tranne mio padre, ha mai realmente saputo cosa stessi passando. Dopo due anni di ricerche mio papà ha trovato lavoro qui e io sono riuscita ad ottenere la borsa di studio per la Birmingham High School in modo da non pesare economicamente su di lui; in questo modo ci siamo trasferiti.”
“E tua madre?”
“Sta provando a disintossicarsi in un centro di recupero a Boston. Ne aveva bisogno. Abbiamo provato ad aiutarla noi perché non volevamo affidarla alle cure di qualche estraneo, ma non ci siamo riusciti. Ci sono problemi che non possiamo ad affrontare da soli, possiamo trovarne la radice ma se è situata troppo in profondità abbiamo bisogno di aiuto per estirparla.” Si fermò un attimo, poi esclamò: “Ora basta parlare di me, sono sicura che la mia storia è stata abbastanza deprimente. Raccontami di te.”
“Sono un ragazzo normale su tutta la linea.” Disse lui.
“Questo lo escludo totalmente. Ora tocca a te.” Disse sorridendo sinceramente per la prima volta da quando erano seduti su quella panchina.
 
E così lui fece: parlò dell’adozione, dell’identità dei suoi genitori biologici a lui sconosciuta e della vita con gli Stark. Le raccontò anche dei suoi fratelli e della scuola mettendo in risalto quanto la sua vita fosse piatta, o almeno lo era stata fino al giorno in cui l’aveva incontrata.
Quando ebbe finito la ragazza gli disse con sarcasmo:
“Meno male che la tua vita non era niente di speciale.”
“Sono un ragazzo normalissimo.” Si giustificò lui.
“Sembra che essere normali sia un crimine da queste parti, ma te l’ho detto l’altro giorno: trovo più attraente un ragazzo semplice di uno che si vanta in continuazione delle sue imprese perché la maggior parte si riveleranno cavolate.”
 
Dopo quelle parole Jon iniziò a girare un filmino mentale in piena regola e quando Ygritte si appoggiò sulla sua spalla esso si tramutò in una pellicola di successo planetario degno di Oscar. Quel gesto così semplice e naturale non fece altro che rimarcare quanto fosse innamorato di lei.
Dio, avrebbe dato tutto l’oro del mondo per rimanere su quella panchina.
“Ti proteggerò Ygritte, fosse l’ultima cosa che faccio.” Le sussurrò, anche se non sapeva esattamente da cosa o chi avrebbe dovuto proteggerla. Si sporse in avanti per osservarle il volto e notò che si era addormentata, così rimase in silenzio a guardarla e ad ascoltare il suo respiro regolare. Mentre si trovava lì rifletté su ciò che gli aveva detto e si rese finalmente conto che quella furia che l’aveva tanto colpito quando aveva incrociato il suo sguardo per la prima volta era scaturita dal non aver mai avuto l’opportunità di reagire in passato.
Quella rabbia si era accumulata dopo troppi anni di silenzio.
Dopo circa un quarto d’ora la ragazza si svegliò.
“Oddio scusa! Mi sono addormentata su di te.” Disse visibilmente in imbarazzo.
“Stai tranquilla. Era… era piacevole.”
“Mi conviene andare a casa. Non voglio far preoccupare mio padre.”
“Andiamo, ti accompagno.”
“Grazie.”
 
I due ragazzi camminarono lentamente, come se volessero fermare il tempo per non far finire quella serata e, in effetti, arrivarono davanti alla della ragazza casa troppo presto.
“Sono stata bene stasera. Temevo di aver rovinato tutto dopo quello schiaffo” ammise lei.
“Ehi, hai colpito Daenerys Targaryen quindi hai solo guadagnato la mia stima.”
Stima? Aveva davvero detto stima? Era veramente senza speranze.
 
“Beh, allora ci vediamo lunedì.”
“Aspetta!” la bloccò senza alcun apparente motivo.
“Cosa c’è?”
“Prima hai detto che guardandomi hai capito che c’è ancora qualcosa che merita di essere salvato dalla tua rabbia.”
“Intendevo proprio questo. Hai il potere di calmarmi, sei l’unico che ci riesce.” Sorrise di nuovo con sincerità “Buonanotte Jon Snow.”
“Buonanotte.”
 
Mentre si avviava verso casa propria, il ragazzo si rese conto che quella sera aveva visto Ygritte per la prima volta per quella che era davvero: una ragazza fragile che nascondeva agli altri il suo disperato bisogno d’affetto sotto un turbine di fuoco e furia, ma lui era convinto che avrebbe potuto colmare quel vuoto.
Non l’avrebbe lasciata sola.
Di solitudine, Ygritte ne aveva avuta fin troppa.





Note dell'autrice :3
Hola! Come sono andate le vacanze? Spero bene a tutti. Sono tornata con quest'altro capitolo (forse uno dei più fluff che abbia scritto) che spero vi piaccia.
Come al solito volevo ringraziarvi per aver letto/recensito/messo fra le seguite questa storia perché significa davvero il mondo per me. Farò un attimo quella che si intende di musica e vi consiglierò di ascoltare la canzone da cui è tratto il titolo, ovvero Whispers in the Dark, che è tra le mie preferite e ci vediamo al prossimo capitolo!
Kisses -A_GleekOfHouseStark

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Capitolo 7
*** Guess I never knew love ***


Guess I never knew love
Jon aveva passato la notte a rimuginare su ciò che gli aveva raccontato Ygritte e si sentiva onorato per essere stato l’unica persona con cui lei aveva deciso di confidarsi, ma davvero non riusciva a capacitarsi di come lei avesse fatto a vivere per anni in quell’orrenda situazione. Naturalmente questi pensieri lo tennero sveglio per parecchio tempo, così la mattina seguente finì per alzarsi molto tardi.
Si infilò le ciabatte e scese in cucina dove trovò sua mamma che stava preparando le uova strapazzate, quindi capì subito che c’era qualche problema. Catelyn Stark infatti cucinava quel piatto solo quando era nervosa perché sbattere le uova la aiutava in qualche strano modo a calmare i nervi.
“Buongiorno mamma. Tutto bene?” Chiese lui.
“No, non va bene. Tuo fratello non è rientrato a casa ieri sera…”
“Non ti preoccupare, sarà dai Martell.”
Non appena pronunciò quelle parole si rese conto di essersi rovinato con le sue stesse mani. Se sua madre avesse scoperto cosa c’era tra Robb e Arianne (qualsiasi cosa fosse), suo fratello lo avrebbe soffocato nel sonno perché Catelyn Stark aveva mostrato più di una volta il suo astio nei confronti della ‘Sorella di Quentyn’, che si rifiutava addirittura di chiamare per nome. Sosteneva infatti che non fosse una brava ragazza e di conseguenza una compagnia adatta a suo figlio; probabilmente era per questo che Robb si ostinava a non raccontare nulla riguardo quella relazione. Fortunatamente la donna non colse l’allusione e si limitò a dire:
“Perché non mi ha avvisato che andava da Quentyn? A cosa gli serve quel dannato cellulare se non lo usa mai?”
 
I due rimasero per un po’ in silenzio poi, dato che la situazione stava diventando imbarazzante, il ragazzo domandò:
“Perché non c’è nessuno stamattina? La domenica non è tipo il giorno dedicato alla famiglia o una cosa del genere?”
“Robb non ci ha degnati della sua presenza, tuo padre è in ufficio a sbrigare alcune pratiche, Bran e Rickon sono dai vicini e Sansa e Arya da Myrcella Baratheon, la figlia della tua professoressa di chimica.”
“Arya è nella tana del leone? Quanto l’avete pagata per andarci?”
“Non lo so e non lo voglio sapere: dovresti chiederlo a Sansa.” Rispose, poi aggiunse: “Senti Jon ora vado a fare la spesa, potresti passare l’aspirapolvere e rifare i letti?”
“Agli ordini capo!”
“Ah e se torna tuo fratello digli che quando vengo lo gonfio come una zampogna.”
 
Dopo quella minaccia Catelyn uscì, lasciando il ragazzo alla sua colazione che però fu presto interrotta dal suono del campanello.
“Cos’hai dimenticato?” gridò pensando che oltre la porta ci fosse sua madre mentre la realtà era ben diversa. Aprì e si ritrovò davanti Robb che indossava un paio di improponibili occhiali da sole usati quasi sicuramente per nascondere i postumi di una sbornia coi controfiocchi. Un metodo che passava inosservato, non c’è che dire…
“Mamma è in casa?” Domandò preoccupato.
“Ringrazia Dio che ci sia solo io. È appena andata a fare compere ma ha detto che quando tornerà ti farà la predica.”
“Quanto tempo ho per rendermi presentabile?”
“Di certo non abbastanza. Si può sapere cosa avete combinato?”
“Abbiamo lasciato la festa verso le undici e siamo finiti in un bar. Abbiamo chiacchierato, bevuto… e non so come siamo finiti a casa sua. Sono letteralmente collassato sul suo letto.” Disse l’ultima frase vergognandosene.
“Quanto avete bevuto?” Chiese sottolineando con enfasi la prima parola.
“Tanto.”
“Cosa significa tanto?”
“Non me lo ricordo! E ti prego, smetti di urlare.” Si lamentò lui.
“Non sto urlando. Ce la fai a fare un bagno senza annegare nella vasca?”
“Credo di sì.”
 
Jon non aveva mai visto Robb in quelle condizioni quindi le possibilità erano due: o aveva passato la serata accanto ad una cassa di birre e le aveva bevute tutte da solo o reggeva l’alcool piuttosto male.
Era piuttosto sicuro che la risposta giusta fosse la seconda.
Decise di accertarsi che suo fratello stesse bene, così si recò verso il bagno e da fuori chiese:
“Tutto okay?”
“Jon ho bisogno di un esorcista. Non sono mai stato così male in vita mia.”
“Ma a cosa pensavi ieri sera?”
“Meglio che tu rimanga all’oscuro dei fatti.” Aprì la porta e aggiunse: “Non berrò mai più vodka, lo giuro.”
“Ah quindi era vodka? Ero più propenso verso la birra.”
“Non scherzare.”
“Mi dirai mai cosa è successo?”
 
Proprio quando stava per iniziare a raccontare la sua serata, Catelyn rientrò a casa e notando la giacca del suo primogenito appesa all’appendiabiti urlò: “ROBB STARK! Brutto disgraziato vieni immediatamente qui!”
“Quanto tempo mi resterà da vivere secondo te?”
“Dipende da quanto durerà la ramanzina. Prima la ascolti e poi ti uccide.” Rispose sarcasticamente.
“Non sei d’aiuto.”
 
Mentre guardava suo fratello scendere le scale per dirigersi al patibolo verso la cucina, Jon salì in camera sua per sbrigare quelle faccende domestiche che sua madre gli aveva chiesto di fare ma di cui si era completamente dimenticato perché era stato troppo preso dall’aiutare Robb.
Una volta terminato, si ritrovò a pensare ad Ygritte: da quando gli aveva raccontato la sua storia, la ragazza era diventata il suo pensiero fisso e non c’era modo di concentrarsi su altro. Provò anche l’impulso di scriverle un messaggio, ma si scoraggiò dopo circa due minuti a causa della sua incapacità nel trovare le parole adatte. Fortunatamente quella ragazza lo precedeva sempre e il suo cellulare iniziò a vibrare.
“Ehi :)”
Quel messaggio lo confuse: cosa diavolo avrebbe dovuto risponderle?
Decise di andare in salotto e stendersi sul divano nella speranza di riuscire a pensare ad una risposta intelligente, però trovò suo fratello sulle scale con una faccia stranamente allegra ed era abbastanza anormale dato che aveva appena subito una delle prediche della madre:
“Vieni in camera mia, devo spiegarti un paio di cose”. Disse Robb
“D’accordo…” e lo seguì.
 
“Allora,” iniziò Jon: “da quanto tempo va avanti con Arianne Martell?”
“Ci siamo conosciuti in biblioteca tre settimane fa. Lei mi ha scambiato per il bibliotecario, poi ci siamo seduti e abbiamo iniziato a studiare insieme. Mi ha dato una mano con i compiti di spagnolo.”
“E ieri è stata la vostra prima uscita ufficiale?”
“Non la definirei ancora ufficiale…”
“E quindi come definiresti il vostro rapporto?”
“Dio, sembra una seduta da uno psicologo. Non lo so Jon, è come se chiedessi a te di definire il tuo rapporto con Ygritte!”
“Io non ho mai conosciuto l’amore prima d’ora quindi è normale che sia confuso, ma non è la prima volta che tu sei innamorato!”
“La storia con la Frey non significava niente. Questa è una faccenda completamente diversa e ci voglio andare piano.” Si fermò un attimo, poi aggiunse: “Ma ora parliamo di te, caro fratello. Immagino che la tua serata non si sia conclusa dopo l’epico schiaffo che ha tirato a Daenerys.”
“L’ho seguita. L’avrei riportata a casa, ma non ne voleva sapere, quindi ci siamo seduti su una panchina e abbiamo chiacchierato. Mi ha raccontato del suo passato e io ho fatto altrettanto.”
“Tutto qui?” chiese con tono inquisitore.
“L’ho riportata a casa e sono rientrato.”
Decise di omettere quel quarto d’ora paradisiaco in cui lei si era addormentata sulla sua spalla. Voleva che fosse un segreto.
“E ora cosa pensi di fare?”
“Mi ha appena mandato un messaggio…” rispose in tono evasivo
“E cosa le hai risposto?”
“Beh… ancora nulla.”
“Cosa aspetti a farlo?”
“Non so cosa dirle!” Protestò.
“Non è necessario scriverle un componimento poetico! Sei davvero senza speranze.”
“Grazie per l’incoraggiamento…”
“Ascolta Jon, domani iniziano le vacanze autunnali: in queste due settimane scrivile e quando torniamo a scuola le chiedi di uscire.”
“Per un appuntamento?”
“No. Per una riunione d’affari.” Rispose sarcasticamente.
“Ci penserò… tu vedrai Arianne?”
“Non posso. Queste vacanze dovrò rimanere a casa: ordini del capo.”
“È la tua punizione?”
“Già…”
 
Dopo aver parlato con suo fratello, Jon prese il telefono e decise di rispondere. Messaggiarono per un po’ del più e del meno e anche se non discutevano di fatti importanti lui si sentiva felice, come se quella giornata fosse stata completata solo dai quei pochi SMS. Decise così di seguire il consiglio di Robb: dopo le vacanze le avrebbe chiesto un appuntamento, uno di quelli veri, senza che ci fosse nessuno a disturbarli.
 
Quel pomeriggio Arya e Sansa tornarono a casa dopo la mattinata a casa dei Baratheon e Jon non perse tempo per andare dalla sua sorellina ad infierire sull’accaduto. I due avevano un rapporto meraviglioso e anche se lui preferiva confidarsi con Robb per una serie di ovvi motivi, si fidava ciecamente di lei.
“Sorellina, ho saputo che sei stata da Myrcella. Quanto ti hanno pagato per andarci?” disse scherzando.
“Cosa ti fa pensare che io non ci sia andata di mia spontanea volontà?”
“Andiamo Arya! Tu non sopporti quella ragazza.”
“Beh hai ragione…” eslcamò senza aggiungere altro.
“Non hai ancora risposto alla mia domanda.” Le fece notare lui.
“Jon se ti dico un segreto mi giuri solennemente di non dirlo a mamma e papà?”
“Certo! Croce sul cuore.”
“Sansa sa che sto uscendo con Gendry Waters e non voleva andare da Myrcella da sola. Credo non piaccia neanche a lei, ma è popolare quindi… stavo dicendo, mi ha chiesto questo favore in cambio del suo silenzio. ”
“Gendry Waters? Quel bestione del quarto anno? Non è esattamente quello che definirei ‘Bravo Ragazzo’.”
“Davvero Jon? È tutto ciò che sai dire? Ti ho appena raccontato che Sansa mi tiene in pugno e tu non fai altro che rincarare la dose!”
“Arya sono obiettivo! Quel ragazzo non mi piace. Mi sembra violento e non voglio che tu corra rischi.”
“Sono abbastanza grande per decidere da sola chi frequentare. E non è cattivo, ha solo un brutto passato alle spalle.”
Quell’ultima frase fece risvegliare in Jon i sensi di colpa: in fondo chi era lui per giudicare quel ragazzo che a malapena conosceva? Inoltre la gente pensava le stesse cose di Ygritte perciò decise alla fine di darle il proprio sostegno:
“D’accordo sorellina. Non giudicherò più le tue scelte, ma non puoi pretendere che non mi preoccupi per te.”
“Significa che mi sosterrai?”
“Sempre Arya. E se vorrai parlare della vostra storia, sappi che io sarò pronto ad ascoltarti.”
“Grazie Jon. Non so cosa farei senza di te.”



Note dell'autrice :3
Hey! So che in questo capitolo non Ygritte non compare direttamente, ma non preoccupatevi che nel prossimo mi rifarò. Ho deciso di dare un po' di spazio agli Stark come famiglia e in particolare sviluppare i personaggi di Robb e Arya. Ci sono riuscita? Ai posteri l'ardua sentenza.
Anche per questa settimana è tutto e ci vediamo al prossimo capitolo :D
Kisses -A_GleekOfHouseStark

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Capitolo 8
*** I'll light the night with stars ***


I'll be the one that's gonna hold you
I'll be the one that you run to
My love is a burning, consuming fire.

No, you'll never be alone
When darkness comes I'll light the night with stars
Hear my whispers in the dark

-Skillet, Whispers in the dark


I’ll light the night with stars
 
Per la festa del Ringraziamento i ragazzi rimasero a casa da scuola per le due settimane successive alla festa di Margaery Tyrell, così Eddard decise di trascorrere le vacanze fuori Birmingham, portando la sua famiglia nella tenuta di campagna che apparteneva agli Stark da tre generazioni. Inutile dire che i suoi figli non vedevano l’ora (inserire qui sarcasmo) di passare quindici giorni nel bel mezzo del nulla: insomma, chi preferirebbe stare con gli amici durante le feste quando hai a disposizione la possibilità di rimanere isolato dal mondo?
Grazie a Dio a Winterfell (era questo il nome della tenuta) i cellulari prendevano…
Infatti, anche se era stato costretto a seguire i genitori in quella fuga completamente folle, Jon con la testa era da tutt'altra parte. Passava le sue giornate al telefono a scrivere ad Ygritte, telefonare ad Ygritte e pensava in continuazione a lei e se da un lato non vedeva l’ora che le vacanze finissero per poter finalmente rivederla, dall’altro era completamente terrorizzato perché le avrebbe chiesto un appuntamento.
Il loro primo vero appuntamento.
Poiché cercava di estraniarsi il più possibile, la sua famiglia iniziò a diventare sospettosa e a porgli domande scomode così durante la cena per il Ringraziamento si fece coraggio e disse che si sentiva con una ragazza e che molto probabilmente sarebbero usciti insieme una volta tornati in città. Purtroppo la reazione dei suoi genitori non fu esattamente quella che si aspettava perché scoppiarono a ridere e gli fecero capire chiaro e tondo che già lo sapevano, facendolo sentire terribilmente in imbarazzo.
“Dovresti imparare a mentire meglio.” Gli aveva detto Arya sarcasticamente.
Come diavolo facesse a tenere nascosta la sua relazione con Gendry da un mese per lui rimaneva un mistero.
 
 
Gli Stark rientrarono a Birmingham il giorno precedente all’inizio delle lezioni e Jon era più nervoso di quanto non fosse mai stato in vita sua, ma provò, anche se con scarso successo, a mettere da parte quella sensazione: c’era in ballo una possibile relazione con una ragazza meravigliosa ed era deciso che non avrebbe mandato tutto all’aria a causa della sua stupida ansia.
Il giorno seguente si recò a scuola con Robb e lui gli chiese:
“Allora? Sei pronto?”
“Sì…” rispose cercando di sembrare convincente.
“Fratello sembra che tu stia per andare al patibolo. Calmati!”
“Non è facile! Ho una paura allucinante di rovinare tutto.”
“Non rovinerai tutto. Smetti di essere così agitato.”
“D’accordo, allora vado. Ci vediamo a casa?”
“A stasera!”
 
 
Jon la trovò di fronte al suo armadietto; l’avrebbe riconosciuta anche in mezzo a mille volti dato che sembrava emanare luce propria.
“Ciao Ygritte.”
“Ehi, ciao. Come sono andate le vacanze?”
“Ho passato due settimane emozionanti in campagna dove c’eravamo solo noi Stark e gli insetti.”
“Mmm allettante.” Disse ironicamente.
“Tu cos’hai fatto?”
“Sono stata a Boston per un paio di giorni. Sono andata a trovare mia madre e sembra stia un po’meglio, ma è ancora lontana dall’essere completamente guarita.”
“Beh, bisogna essere felici di ciò che si ha, no?”
“Senz’altro. Senti volevo chiederti una cosa…”
“Dimmi.”
“Ne hai voglia di uscire venerdì sera? Solo tu e io, senza nessun’altro. Prometto di non schiaffeggiarti.” Esclamò con un sorriso.
Quanto era bella quando sorrideva? Ma soprattutto, come caspita faceva ad precederlo sempre?
“D’accordo! Anzi, stavo per proportelo io ma hai questo potere di anticipare sempre ogni mia mossa.” Ammise.
“È un bene o un male?”
“Un bene.”
Era decisamente un bene.
“Dove vuoi andare?” chiese lei.
“Come sei precipitosa” scherzò lui “organizzerò tutto io.”
“Quindi sarà una sorpresa?”
“Se vuoi metterla così…”
“Perfetto: adoro le sorprese.” Gli diede un bacio sulla guancia e poi disse: “Allora ci vediamo.”
“Sì... ci vediamo.”
Se esistesse un felicitometro (uno strumento per misurare la felicità per intenderci), probabilmente quello di Jon si sarebbe frantumato in mille pezzi a causa del sovraccarico di gioia. Era così contento che avrebbe potuto cantare per i corridoi, ma guardandosi intorno si rese conto che non era il caso e quindi si limitò ad un sorriso che andava da un orecchio all’altro.
 
 

Aveva impiegato tre giorni ad organizzare il suo appuntamento ma il tempo speso ne sarebbe valsa la pena: l’avrebbe portata al Restaurant des artistes, un ristorante molto carino e caratteristico dove le pareti erano decorate con riproduzioni di quadri e citazioni o passi di romanzi di autori famosi, poi le avrebbe mostrato la città, dato che abitava lì da poco e aveva posto come tappa finale Kelly Ingram Park.
Tutto era stato programmato con una cura quasi maniacale, ma era stato necessario perché voleva che il suo primo appuntamento con Ygritte fosse speciale.
Venerdì pomeriggio Jon si stava preparando per l’uscita: doveva passare a prenderla alle otto, ma aveva bisogno di un margine di tempo piuttosto ampio per mettersi in tiro.
“Sansa!” urlò dalla sua stanza “Puoi venire un attimo? Ho bisogno di una consulenza.”
“Sansa non c’è” Disse Arya entrando nella camera “ma posso aiutarti io. Qual è il problema?”
“Non credo che tu possa darmi una mano.”
“Perché dimenticate sempre che sono anch’io una ragazza?” chiese in tono provocatorio. “Dai, dimmi qual è il problema.”
Il ragazzo prese dal cassetto una cravatta e chiese: “La metto o no?”
“Stai scherzando vero? E io che pensavo avessi chissà quale crisi esistenziale…” esclamò divertita.
“Ora capisci perché non ti chiedo mai aiuto?” sbuffò lui.
“D’accordo, torno seria. È un’uscita informale o un appuntamento vero e proprio?”
“Appuntamento.”
“Allora mettila. Darai l’impressione che vuoi fare sul serio.”
“Io voglio davvero fare sul serio!” disse fingendosi offeso.
“Lo so! Sto solo scherzando.”
Arya fece per uscire dalla stanza del fratello quando si girò nuovamente verso di lui e disse:
“Poi ovviamente mi dovrai raccontare ogni cosa.”
“Ancora alle prese con il gossip?” scherzò lui.
“Naah, voglio solo conoscere gli affari tuoi per poterti prendere in giro.” Rise lei.
 
 
Jon si presentò davanti alla casa di Ygritte alle otto in punto e lei era già lì fuori ad aspettarlo.
Era abbagliante quanto le fiamme di un fuoco.
Avete presente quando il loro colore vira dal giallo all'arancione al rosso intenso e voi non potete far altro che guardarle perché siete talmente affascinati da non riuscire staccare gli occhi da quello spettacolo? Ecco, lui si sentiva più o meno così.
“Sei meravigliosa.” Quando lo disse si rese conto che quell’aggettivo era riduttivo.
“Beh grazie.” Sorrise in imbarazzo. Probabilmente non era abituata a ricevere complimenti. “Allora, dove si va?”
“È una sorpresa.”
“Allora in questo caso sono nelle tue mani.”
“Vieni, andiamo.”
 
 
Ci misero circa un quarto d’ora per arrivare al ristorante e quando entrarono, lei ne rimase completamente affascinata. Un cameriere li fece accomodare al loro tavolo, ordinarono e mentre aspettavano la cena Ygritte chiese:
“È un verso di Prévert quello là in fondo?”
“Sì. Il proprietario lo ammira in modo particolare.”
“È un vero peccato che a Chicago non ci siano posti del genere.”
“Questo è uno dei vantaggi di vivere nel sud.” Esclamò lui con un sorriso.
 
I due mangiarono e chiacchierarono tutta la sera, poi Jon pagò il conto e uscirono dal ristorante. Passeggiarono per tutta la città fino ad arrivare a Kelly Ingram Park e nel tragitto continuarono a parlare.
“Davvero?” chiese Jon ridendo.
“Te lo giuro. Ero una grande ballerina da piccola.”
“E scommetto che cantavi anche.”
“Certo!” esclamò ridendo a sua volta.
“E che genere di musica ti piace?” domandò lui.
“Ascolto un po’ di tutto, ma il rock mi piace in particolar modo.”
“Lo sospettavo.”
I due raggiunsero una panchina nel parco e si fermarono, così il ragazzo prese il telefono e si mise a cercare una canzone. Una volta trovata, le note di Whispers in the Dark degli Skillet risuonarono intorno a loro.
“Questa ti piace?”
“Sì.” Ammise, poi disse sorridendo: “Alzati.”
“Cosa?”
“Ti insegno a ballare.”
“Ygritte non sono sicuro che tu voglia vedere quanto sia impedito.”
“Per questo ho detto che voglio insegnarti. Dai, alzati e metti le mani sui miei fianchi.”
“D’accordo…”
 
La canzone continuava a suonare e loro avevano cominciato a ballare davanti alla panchina.
“Tutto questo è assolut...” iniziò lui, ma non ebbe neanche il tempo di finire la frase che Ygritte lo zittì con un bacio.
“Non parlare Jon Snow.” Disse con un sorriso.
E lo baciò di nuovo.


Note dell'autrice :3
Hola! Gioia e tripudio: abbiamo il loro primo bacio. Jon Snow ce l'ha fatta signori e signore. Okay, tornando seria, volevo ringraziare ancora una volta tutti voi che state leggendo questa storia e avete deciso di recensirla/metterla fra le seguite perché per me è veramente importante. Per quanto riguarda la canzone Whispers in the dark: l'ho ascoltata per la prima volta per caso un mese fa, me ne sono completamente innamorata e ho pensato che fosse perfetta per Jon e Ygritte (o almeno in questo AU).
Grazie ancora e ci vediamo al prossimo capitolo!
Kisses -A_GleekOfHouseStark

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Capitolo 9
*** Put the past behind me ***


Put the past behind me
 
Jon Snow non aveva mai saputo molte cose, ma adesso una la sapeva: amava Ygritte con ogni fibra del suo essere e avrebbe fatto carte false pur di passare ogni singolo istante con lei. È vero, non si conoscevano da tanto però, come gli aveva fatto notare Robb, il suo era stato un colpo di fulmine in piena regola e quel poco tempo passato aveva solo reso più evidente l’attrazione tra di loro. Perché intendiamoci, non era solo lui quello totalmente preso dal loro rapporto.
 
Era passato un mese dall’appuntamento e da allora i due trascorrevano insieme la maggior parte del loro tempo, diventando per la società scolastica una coppia ufficiale e bisogna dire che pian piano ci avevano preso gusto. Jon l’aveva addirittura presentata ai suoi genitori perché doveva giustificare in qualche modo la ormai continua presenza della ragazza in casa Stark e spesso Robb li prendeva in giro sulla loro eccessiva dolcezza.

 
“Ragazzi, ho capito che siete fidanzati e tutto il resto, ma dovete per forza sbattermi il vostro amore facendomi deprimere ulteriormente? Sul serio, siete talmente dolci da farmi venire le carie ai denti.” Sbottò lui.
“Dai, Robb! Non essere così scontroso.” Disse la ragazza ironicamente mentre camminava abbracciata a Jon “E poi è colpa tua: Arianne aspetta un appuntamento con te da settimane.”
“Stai scherzando?”
“Assolutamente no. Me l’ha detto lei stessa.”
“Bah… ci penserò.”
“Era facile fare il gradasso quando c’ero io da quel lato vero?” rise Jon.
“Voi ragazzi vi fate troppi problemi" s'intromise Ygritte "vai da lei e chiedile di uscire. Non mi sembra così difficile.” 
“Hai ragione,” replicò Robb “domani le parlerò.”
 
Nel frattempo il trio era arrivato alla villetta degli Stark e una volta entrati Eddard annunciò ai figli che Robert Baratheon, suo amico di vecchia data che non vedeva da tempo, sarebbe venuto a cena da loro con la moglie e i figli.
“Aspetta” chiese Robb “non è il marito della mia professoressa di chimica?”
“Sì, è lui.”
“Dio! Anche a cena? A mio parere la vedo a scuola per fin troppe ore al giorno e inoltre pensavo che in casa nostra i Lannister fossero banditi…”
“Robert mi ha chiesto una consulenza legale e ho pensato che fosse meglio discuterne a cena davanti ad un bicchiere di vino piuttosto che nel mio studio.”
“E la presenza della sua amorevole famigliola è proprio necessaria?”
“Neanche tua sorella si è lamentata così tanto.” Intervenne Catelyn, poi la donna si girò verso Ygritte e chiese: “Cara vuoi fermarti anche tu?”
“Grazie per l’invito signora Stark, ma ho delle commissioni da sbrigare con mio padre stasera.” Rispose lei.
“Tranquilla. Sarà per un’altra volta.”
 
Mentre Robb continuava a protestare, Jon portò Ygritte in camera sua, ma non fecero neanche in tempo a sedersi sul letto che sentirono Arya gridare:
“JOOON! Non è che potresti…” spalancò la porta con foga e dopo aver notato che il fratello era in compagnia disse: “Scusate, non volevo disturbarvi.”
“Tranquilla, non ci hai disturbati. Io sono Ygritte, tu sei Arya giusto?” domandò la ragazza tendendo la mano all’altra.
“Sì” rispose lei, poi decise di continuare ad infierire:” Sei la sua ragazza?”
Il ragazzo era diventato completamente rosso in volto, ma lei lo salvò come sempre.
“Sì, sono la sua ragazza.”
 
Eccolo di nuovo, il sovraccarico di gioia.
Jon non era mai stato così felice in vita sua perché quelle parole avevano reso tutto reale, erano una prova tangibile che non stesse sognando così quando sua sorella uscì dalla stanza disse:
“Allora… posso ufficialmente urlare ai quattro venti che tu, Ygritte Covington, sei la mia ragazza?”
“Sì Jon Snow.” Replicò sorridendo.
“Adoro quando dici il mio nome per intero.”
Poi, per una volta, lui prese l’iniziativa e la baciò.
 
 
Era passata un’ora da quando Ygritte se n’era andata e in casa Stark la tensione era palpabile perché nessuno sapeva se quella serata quella bizzarra serata si sarebbe conclusa in un bagno di sangue o meno.
Alle sette e mezza in punto arrivò la famiglia Baratheon al completo.
 
“Eddard!” tuonò Robert “Da quanto tempo! Ne sono passati di anni eh?”
“Ciao Robert! Ti trovo… ti trovo bene.” Esclamò cercando di nascondere il fatto che il suo amico d’infanzia fosse completamente cambiato nell’arco di nove anni.
“Anche tu non te la passi male.” Commentò lui “Lei è mia moglie, Cersei Lannister, e loro sono i miei bambini: Joffrey, Myrcella e Tommen.”
“È un piacere avervi qui.” Rispose la padrona di casa.
“Catelyn Stark. È un onore!” continuò l’ospite “E questi sono i vostri figli?” chiese rivolgendosi ai sei ragazzi in fondo alla sala.
“Già. Robb, Sansa, Arya, Bran, Rickon e Jon.”
 
Robert li guardò per una manciata di secondi, poi posò lo sguardo sull’ultimo e disse:
“Oddio. Hai gli stessi occhi di Lyanna.”
“Chi è Lyanna?” chiese lui con fare confuso.
“Dio, Ned! Non glielo hai ancora detto?”
“Papà?” Il ragazzo era visibilmente a disagio, così Eddard fece un respiro profondo e disse:
“Jon, credo sia ora che tu conosca la tua storia.”


Note dell'autrice :3
Ciao a tutti! Questo capitolo è una sorta di "passaggio" che serve per mettere le basi per gli avvenimenti fututri e penso si sia capito di a cosa mi riferisco. Vi ringrazio ancora una volta e spero vi sia piaciuto.
Kisses -A_GleekOfHouseStark

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Capitolo 10
*** When nothing is real you are my truth ***


When nothing is real you are my truth
 
“Ti ascolto.” Disse Jon, il quale da un lato era in fibrillazione perché finalmente avrebbe scoperto la verità sul suo passato, ma dall’altro non sapeva se fosse pronto. Probabilmente per rivelazioni del genere non si è mai sufficientemente pronti ma aspettare in eterno non sarebbe servito a niente.
“Tu sai che ho un fratello.” Cominciò suo padre.
“Sì, zio Brandon. Fa il militare in Afghanistan se non sbaglio.”
“Esattamente, ma devi sapere che avevo anche una sorella di nome Lyanna. Era bellissima, per certi aspetti era identica ad Arya e io le volevo molto bene, però quando aveva soltanto diciassette anni rimase incinta. Non ha mai voluto dirci chi fosse il padre, forse per vergogna o forse perché avevano comprato il suo silenzio, ed era fermamente convinta di voler tenere il bambino così io e tuo nonno Rickard facemmo i salti mortali per permettere ad entrambi di avere un futuro degno di questo nome.
“E il bambino ero io, non è vero?”
“Sì… Scelse di chiamarti Jon in onore di Jon Arryn, il mio padrino. Lo fece per ottenere la mia benevolenza anche se non ce ne sarebbe stato bisogno perché avrei continuato ad amarla incondizionatamente e non mi importava cosa avesse commesso in passato. Io sarei rimasto lì per aiutarla.”
“Perché Snow?” chiese il ragazzo con voce strozzata dopo alcuni istanti di silenzio. Era davvero sconvolto. “Perché Snow e non Stark?"
“Non mise Stark come cognome perché voleva che tu avessi un filo, per quanto sottile potesse essere, che ti ricollegasse al tuo padre biologico. Mi rivelò infatti che i suoi capelli erano così biondi da sembrare bianchi, bianchi come la neve.” Eddard si fermò un attimo per ricomporsi, poi riprese: “All’inizio sembrava che tutto funzionasse, ma nessuno sapeva mai cosa passasse davvero per la testa di Lyanna così a sei mesi dal parto si impiccò. Fu una tragedia perché nessuno se lo aspettava. Ovviamente la situazione era difficile, ma sembrava andasse tutto bene.”
“Perché non avete mai parlato di lei?”
“Io e tua madre la ricordiamo spesso, andiamo a visitare la sua tomba, ma volevamo che cresceste un po’ prima di raccontarvi questa storia. È troppo pesante da sopportare per un ragazzo e parlare di lei mi fa male come se tutto fosse accaduto ieri. Le volevo davvero bene Jon.”
L’uomo aveva le lacrime agli occhi. Dover parlare di Lyanna gli provocava un dolore quasi fisico perché nonostante fossero passati diciassette anni, quella ferita non si era mai rimarginata del tutto e bastava soltanto una piccola sollecitazione per farla sanguinare nuovamente, ma riprese il suo discorso da dove si era interrotto.
“Comunque, io e Catelyn non potevamo permettere che venissi dato in affidamento a chissà quale famiglia, così ti abbiamo adottato.”
“Oddio…” Jon era rimasto in una sorta di torpore indotto dallo shock ma quell’ultima frase lo fece risvegliare e mettere insieme i pezzi di un puzzle il cui peso a stento riusciva a sopportare “quindi io sarei… tuo nipote?”
“No! Sei mio figlio e voglio che tu sappia che anche se ora conosci la verità, non cambierà nulla. Te lo prometto.”
Il ragazzo era profondamente scosso perché non si aspettava una storia del genere e aveva un urgente bisogno di schiarirsi le idee. Sia chiaro, non ce l’aveva con i suoi genitori perché non gli avevano mai propriamente mentito sull’essere stato adottato, ma di certo aveva bisogno di metabolizzare ciò che gli era appena stato riferito.
“Io… io devo prendere un po’ d’aria.” Disse infine avviandosi verso la porta.
Eddard provò a fermarlo, ma Catelyn gli fece notare che aveva appena scoperto delle cose non proprio facili da digerire e non poteva pretendere che il ragazzo fosse subito pronto a parlarne.
 
 
In quel momento Jon necessitava di spazio per pensare ed elaborare, ma non riusciva a concentrarsi: sembrava che il buio della notte lo opprimesse e l’aria fosse diventata ad un tratto soffocante. Andò su una panchina nel parco accanto casa sua e provò a calmarsi, ma ottenne solo l’effetto contrario e lacrime calde scesero lungo le sue guance.
Non era arrabbiato, piuttosto si sentiva turbato. Ad un tratto si rese conto che non avrebbe potuto restare solo un minuto di più, così chiamò Ygritte.
“Ygritte? Sono io.” Disse con la voce rotta dal pianto.
“Jon? Cosa succede? Stai piangendo!”
“Ti prego ho bisogno di te, puoi venire?”
“Certo. Dove sei?” sclamò preoccupata.
“Nel parco di fronte a casa mia.”
“Non preoccuparti, sto arrivando.”
 
La ragazza ci mise un quarto d’ora a raggiungerlo e quando la vide la abbracciò forte, come se non volesse più lasciarla andare.
Poi pianse tutte le sue lacrime.
 
Quando si calmò, Ygritte disse:
“Jon mi spaventi, per favore spiegami cosa è successo.”
“So tutto. Mi hanno detto chi è mia madre e io non so come farò a conviverci.”
“Ma non era ciò che volevi? Scoprire qualcosa sui tuoi genitori naturali intendo…”
“Ygritte tutte le mie certezze sono crollate. È come se il mondo che conoscevo ad un tratto si sia ribaltato.”
“Non riesco a capire.”
“Mia madre biologica è Lyanna Strak, la sorella deceduta di mio padre.” Si fermò un momento perché le lacrime gli impedivano di parlare, ma alla fine riuscì ad aggiungere: “Non so come fare.”
“Fare cosa?”
“Ad andare avanti. Come potrò sedermi con loro a tavola senza che una voce nella mia testa mi ricordi incessantemente che non solo non sono i miei genitori ma i miei zii?”
“Jon, ascoltami: ho conosciuto Eddard e Catelyn e sono due persone meravigliose che di certo non muteranno il loro modo di porsi nei tuoi confronti. Tu sei loro figlio, non importa cosa dica la genetica. Hanno compiuto il più nobile dei gesti adottandoti, ora ricambia dimostrando di essere fiero delle tue origini. Loro ci saranno sempre per te e anche io. Non cambierà niente, ne sono sicura.”
“Non ero pronto a tutto questo.”
“Io credo di sì. Hai solo bisogno di tempo per elaborare. La verità può essere dolorosa Jon Snow, ma è sempre meglio conoscerla piuttosto che nascondersi dietro una comoda bugia.”
“Non so cosa farei senza di te Ygritte Covington.”
 
Verso le 23 Jon rientrò a casa e notò che c’era solo Arya in salotto.
“Dove sono tutti?” chiese il ragazzo.
“I Baratheon hanno saggiamente deciso di andare via quando tu sei uscito, mamma e papà stanno discutendo in camera loro e noi siamo stati mandati a letto.”
“E come mai tu sei ancora sveglia?”
“Non riesco a dormire dopo quello che ci hanno detto.”
“Allora sapete anche voi?”
“Già… Ascolta Jon, non nego di essere un po’scossa quindi non oso neanche immaginare come ti senta in questo momento, ma voglio che tu sappia che non cambierà niente. Non mi interessa se sei mio cugino, per me resterai sempre mio fratello maggiore a cui voglio bene, tanto bene.” Disse con lacrime agli occhi, poi aggiunse: “Non sarà la genetica a farmi cambiare idea.”
“Tu non hai idea di quanto ti voglia bene Arya e ti prometto che tutto rimarrà esattamente come adesso.”
 Jon non sapeva se sarebbe stato facile tenere fede a quella promessa, ma ci sperava.
Ci sperava con tutto il cuore.



Note dell'autrice :3
Hola! A dispetto della febbre e del meraviglioso periodo di fine quadrimestre sono tornata. Questa è la storia di Jon e ho deciso di inserire in questa storia un frammento del suo passato perché sono un'accanita sostenitrice della teoria R+L=J quindi mi sembrava giusto citarla. Come al solito ci tengo a ringraziare tutti coloro che stanno leggendo questa storia e ci vediamo al prossimo capitolo!
Kisses -A_GleekOfHouseStark

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Capitolo 11
*** Now I've made my mind up ***


Now I’ve made my mind up
Erano passati circa due mesi da quando Jon aveva scoperto la verità sulla sua famiglia e se all’inizio aveva paura di non riuscire più a tornare alla sua vita, fortunatamente si era dovuto ricredere. Aveva capito che da parte dei suoi genitori e dei suoi fratelli non ci sarebbe stato alcun mutamento, quindi stava a lui come porsi nei loro confronti; se cambiare o meno. Alla fine aveva scelto la seconda opzione e, se possibile, il rapporto tra gli Stark si era rafforzato ancora di più. Naturalmente più volte era uscito il discorso ‘Lyanna’ e con il passare del tempo Jon aveva imparato ad affrontarlo senza chiudersi in se stesso come faceva in precedenza. Ormai l’aveva metabolizzato e, anche se c’era voluto del tempo, aveva superato la fase dell’incredulità per entrare in quella dell’accettazione e della consapevolezza. Sotto certi aspetti era addirittura curioso: capitava infatti che ponesse delle domande sulla madre naturale e una volta chiese addirittura ad Eddard di accompagnarlo al cimitero per poterla vedere.
 
“Era veramente bella.”
“Sì, lo era davvero e sono sicuro che sarebbe fiera di te.”
“Dici?”
“Assolutamente sì. Sei un bravo ragazzo e sarebbe orgogliosa dell’uomo che stai diventando.” Eddard si fermò e aggiunse: “Voglio però che tu sappia che non ha mai voluto abbandonarti né farti credere che fossi la causa della sua morte. Quando era ancora in vita eri la sua unica fonte di gioia, me lo ricordo ancora. Sono state le circostanza avverse ad indurla a fare ciò che ha fatto.
“Non ho mai pensato che avesse voluto abbandonarmi. E poi non sono nessuno per poter giudicare le sue scelte.”
“Sei un ragazzo intelligente Jon. Non dimenticare mai chi sei.”
E ora lo sapeva: era figlio di Lyanna Stark e mai avrebbe dimenticato le proprie origini, né le avrebbe disonorate.
 
 
Ovviamente però, in due mesi i cambiamenti avvengono: la sua relazione con Ygritte fortunatamente procedeva a gonfie vele, Arya aveva deciso di parlare ai suoi genitori del suo rapporto con Gendry Waters perché si era stancata di mentire e Robb e Arianne erano diventati una coppia ufficiale. Naturalmente all’inizio Catelyn Stark non aveva preso questa notizia molto bene, ma pian piano scoprì che i suoi erano soltanto pregiudizi e in realtà la Martell era una splendida persona quindi si ricredette sul suo conto, anche se le costò molta fatica ammettere di essere in errore. D’altronde le mamme sono così: pretendono di avere ragione e odiano che qualcuno faccia loro notare che stanno sbagliando. D’altro canto sulla relazione della figlia minore non ebbe modo trarre conclusioni affrettate perché Arya sosteneva che non fosse ancora arrivato il momento di presentare Gendry alla famiglia e nessuno la biasimò.
Inoltre in quel periodo tutta la scuola, o quasi, era in fermento per il ballo d’inverno che quell’anno sarebbe avvenuto il 16 febbraio. Jon non era mai stato un tipo da prom ed era stato tentato a non andarci, ma Ygritte aveva insistito tanto e alla fine, come sempre, aveva vinto.
 
“Vado a prendere i biglietti per il ballo d’inverno dopo le lezioni.” Disse alla ragazza.
“Beh, al momento non mi ha ancora invitato nessuno…” fece lei con tono ironico.
“Ygritte sei seria?”
“Assolutamente sì.”
“Hai davvero bisogno di un invito ufficiale per sapere che per me non ci sarebbe altra ragione al mondo all’infuori di te per andare al ballo?”
“Direi che questo può bastare.” Esclamò ridendo. Si alzò in punta di piedi, lo baciò e disse: “Ci vediamo a spagnolo.”
“D’accordo.” Sussurrò lui.
Lasciarla andare era sempre un’impresa ardua.
 
 
“Ho corretto i vostri compiti e mi è uscito il sangue dagli occhi mentre li leggevo.” Esordì il professor Martell “Capisco che siate presi dal ballo, ma mancano ancora due settimane e non ho intenzione di vedere altri scempi simili. La mia materia non sarà esattamente la vostra priorità, però conterà nel voto finale esattamente come tutte le altre.”
Si fermò un attimo per riprendere fiato e notò che Jon e Ygritte stavano sorridendo.
“Covington, Snow, fossi in voi non sorriderei così tanto.”
“Scusi professore.” Disse la ragazza ricomponendosi.
“Bene.” Poi si rivolse alla classe ed esclamò: “Ora iniziamo.”
 
Alla fine dell’ora Jon si diresse verso il banchetto dove due ragazze del terzo anno stavano vendendo i biglietti per il ballo. Si mise in coda e poco dopo lo raggiunse suo fratello.
“Ciao Robb!”
“Ciao! Senti, prima volevo parlarti ma non mi sembrava il caso dopo lo sproloquio della Vipera Martell.”
“C’è qualche problema?”
“No, solite cose: ho sentito Daenerys e Joffrey parlare del ballo.”
“E quindi?” il ragazzo non capiva cosa cercasse di dirgli il fratello.
“Non parlavano dell’evento in sé ma di cosa faranno.”
“Robb quei due combinano casini ogni volta. Il primo anno aiutarono dei ragazzi dell’ultimo a correggere il punch e il secondo fecero scoppiare dei palloncini pieni di succo al mirtillo addosso alla reginetta. Non sono stupito sinceramente.”
“Hai ragione anche tu, ma sembra che quest’anno stiano progettando qualcosa di grosso. Parlavano di far scoppiare...”
“Far scoppiare cosa?”
“Non sono riuscito a sentire la fine del discorso.”
“Bah… secondo me ti stai agitando troppo.”
“Lo spero.”
 
Terminata la giornata scolastica, i due fratelli tornarono a casa e quando entrarono trovarono Sansa e Arya sedute sul divano e di fronte a loro c’era loro madre.
“Che succede qui?” domandò Robb.
“Non ne ho idea.” Rispose sua sorella minore “Mamma ha deciso di tenerci incollate qui fino al vostro arrivo perché a quanto pare ha una sorpresa per noi.”
“Devo preoccuparmi?” chiese Jon con un sorriso.
“No.” Esordì Catelyn “Allora, lo so che mancano ancora due settimane, ma vi ho preso qualcosa di speciale per il ballo.”
“Meno male che non dovevamo preoccuparci.” Rise Arya.
“Arya! Sta’ zitta.” La rimproverò Sansa.
“Stavo dicendo” continuò la donna “che ho comprato qualcosa a tutti voi.”
Catelyn si recò in cucina e portò in salotto quattro pacchetti diversi tra loro. Li aprirono e, nonostante lo scetticismo iniziale, rimasero piacevolmente soddisfatti. Persino ad Arya piacque il suo regalo (ed è tutto dire).
Robb e Jon ebbero due cravatta da abbinare agli smoking, Sansa un paio di orecchini e Arya un braccialetto d’argento.
“Sono bellissimi!” dichiarò la figlia maggiore.
“Non era il caso!” Esclamò Jon.
“Oh sì che lo era! Dio solo sa quanto avete bisogno di raffinarvi tu e tuo fratello. Non vi avrei permesso di andare al ballo senza un abbigliamento appropriato.”
“Grazie mamma.” Ribatté sinceramente Robb.
“Arya tu non dici niente?” domandò Catelyn.
“Io… non so cosa dire. È stupendo e di certo non merito un oggetto simile!” rispose la figlia.
“Non vedo perché non dovresti. Quel braccialetto è semplice ma di classe, come te. Beh sulla semplicità ci siamo, sulla classe dobbiamo un po’ lavorarci…” concluse la donna con un sorriso.
“Grazie mamma, davvero!”
“Non c’è bisogno di ringraziarmi ragazzi, dico davvero. Ogni tanto è bello fare qualcosa per gli altri in modo completamente disinteressato. Basta un piccolo gesto, un regalo inaspettato per far capire a quella persona che le vogliamo bene e che teniamo a lei perché finché abbiamo l’amore dalla nostra parte nulla ci può scalfire."



Note dell'autrice :3
Hola! Dopo le rivelazioni del capitolo precedente questo è un po' più soft come avrete notato, ma sto lavorando per un grande (si spera) finale! Mi auguro vi sia piaciuto, vi ringrazio per aver letto e ci vediamo la settimana prossima :D
Kisses -A_GleekOfHouseStark

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Capitolo 12
*** The nightmare has just begun ***


The nightmare has just begun
 
Jon Snow non era mai stato un tipo da prom anzi, provava nei loro confronti un odio viscerale accumulato in due anni di balli studenteschi disastrosi. Infatti a causa della sua incredibile abilità nel procrastinare, in precedenza non aveva mai trovato il coraggio di invitare nessuna ragazza finendo a passare la serata da solo o, nei casi peggiori, importunato da Joffrey Baratheon e la sua cricca. Quella volta però aveva un buon motivo per andarci: Ygritte. Lei aveva insistito tanto perché non era mai andata alle feste organizzate dalla sua scuola e voleva a tutti i costi partecipare ad una di esse, così il ragazzo aveva acconsentito.
Per farla felice avrebbe fatto qualsiasi cosa, così aveva addirittura provveduto con largo anticipo (alla faccia di tutti quelli che sostenevano fosse un ritardatario cronico) a noleggiare lo smoking e comprare i fiori, delle piccole roselline rosse, da appuntare alla camicia per se stesso e quelli da dare a lei in modo che li legasse al polso. Dopo averli presi però, si rese conto che avrebbe dovuto rimanere più sul vago dato che non sapeva come si sarebbe vestita, ma quelle rose erano dello stesso colore dei suoi capelli e avevano attirato il suo sguardo non appena aveva messo piede nel negozio.
 
 
La sera del ballo in casa Stark c’era il delirio totale perché quattro figli (tra cui due ragazze quindi immaginate) su sei si stavano preparando e i genitori erano, se possibile, ancora più nervosi di loro perché apparentemente la loro morale gli imponeva di assistere i ragazzi in qualunque cosa facessero. Erano circa le sette e mezza e Jon aveva ancora trenta minuti di tempo prima di passare a prendere Ygritte, ma mentre cercava di sistemarsi i capelli suonarono alla porta e poiché nessuno accennava ad aprire decise di farlo lui.
Una volta aperto, si ritrovò davanti la versione umanizzata di un armadio a due ante: Gendry Waters.
“Ciao Jon,” fece il ragazzo quasi intimidito, o almeno sembrava lo fosse, ma non si capiva bene data la sua imponente statura: “c’è Arya?”
“Ciao! Arya è ancora in bagno. Vorrebbe truccarsi da sola ma non ci riesce e sta litigando con Sansa da un quarto d’ora perché non vuole farsi aiutare.”
Gendry accennò un sorriso divertito e chiese: “Posso aspettarla dentro?”
“Certamente. Accomodati sul divano, c’è un po’ di movimento stasera.”
“Me ne sono accorto.” Disse ridendo “Quanti siete in famiglia?”
“Otto.”
“Caspita…”
Nel frattempo anche Robb era sceso in salotto e aveva notato la presenza dell’ospite.
“Ciao Gendry,” fece lui “Arya sta arrivando.”
 
Non appena lo vide, la ragazza scese dal piano superiore, raggiunse il suo accompagnatore e dopo una serie infinita di foto e lacrime di gioia (Catelyn Stark era una donna molto emotiva) i due uscirono da quel marasma per avviarsi verso la palestra dove si teneva la festa. Furono seguiti successivamente da Sansa, che per l’occasione si era abbigliata come una principessa, e Sandor Clegane, un ragazzo che incuteva talmente tanto timore da essere soprannominato Mastino, ma che era rimasto abbagliato dalla bellezza e l’eleganza della Stark la quale aveva deciso di dargli una possibilità. Dopo circa dieci minuti uscirono anche i due ragazzi che avevano noleggiato una macchina per l’evento e dovevano passare a prendere le loro damigelle che si stavano preparando a casa di Arianne. Quando i due arrivarono le ragazze li stavano già aspettando fuori dalla porta, così salirono in macchina e si recarono a scuola.
Durante il tragitto Jon diede prova di tutto il suo essere socialmente imbarazzante.
“Allora Ygritte, ho comprato il corsage e i fiori sono delle roselline rosse. Lo so, ho fatto un enorme cazzata perché magari non si abbineranno al tuo vestito, ma erano troppo belle per non essere comprate quindi…”
“Stai tranquillo” lo interruppe lei sorridendo “indosso un abito verde quindi il rosso si accosterà benissimo.”
“Grazie a Dio…” esclamò mostrando il suo palese sollievo
“Sei così tenero quando parli velocemente.” Scherzò Arianne.
“Già… mio fratello non è in grado di nascondere il suo nervosismo!”
“Ehi! Guardate che è per questo che l’ho notato: per la sua timidezza!” disse Ygritte ridendo.
“Non per i suoi bellissimi ricci scuri per cui passa ore e ore chiuso in bagno nel tentativo di sistemarli?” chiese ironicamente Robb.
“D’accordo, prendetemi pure in giro.” Esclamò Jon alla fine. “E Robb, appena ne ho l’occasione ti distruggo.”
 
 
Per l’evento la palestra della Birmingham High School era stata completamente tirata a lucido: c’erano festoni ovunque, palloncini e cibo in quantità industriale, ma la differenza rispetto agli anni precedenti era lo stato d’animo di Jon perché egli sapeva che quella serata si sarebbe finalmente divertito dato che la sua fidanzata (Dio, quanto gli piaceva dirlo) era lì con lui. I due rimasero insieme tutta la serata, però dopo essersi scatenati sulle note di alcune canzoni, inclusa Whispers in the Dark, che ormai era diventata ufficialmente la loro canzone, Ygritte lo lasciò un attimo da solo per andare a prendere qualcosa da bere, ma non appena lei se ne andò il ragazzo venne raggiunto da Daenerys.
Lei non disse nulla.
Si avventò semplicemente sulla sua bocca e lo baciò con foga, lasciandolo completamente basito e incapace di reagire perché davvero non se lo aspettava.
Non appena si staccarono, la bionda sfoggiò un sorriso trionfante e Jon notò che Ygritte era a pochi passi da loro con due drink in mano che lo stava fissando con le lacrime agli occhi.
Aveva visto tutto.
E lui aveva capito cosa Daenerys e Joffrey volessero far scoppiare quella sera.
 
 
“Ygritte aspetta!”
La ragazza era corsa fuori dalla palestra, ma Jon l’aveva seguita. Non l’avrebbe lasciata andare via senza neanche una spiegazione,
“Cosa vuoi?” chiese mentre si ostinava a camminare. Alla fine si fermò nel parcheggio della scuola e urlò:
“Non ti è bastato quello che mi hai fatto? Mi hai tradito mentre io mi fidavo di te e sai quanto mi riesca difficile fidarmi delle persone!”
“Ti prego, lasciami spiegare…”
“Hai baciato Daenerys Targaryen. L’hai baciata…” continuava a ripeterlo come se non ci credesse ancora.
“È stata lei a baciare me. Io non ho fatto niente.”
“Tu non fai mai niente e non sai mai niente Jon Snow.” La ragazza stava piangendo e per lui quella vista era troppo da sopportare.
“Ti prego Ygritte…” era davvero disperato e avrebbe fatto qualunque cosa per farsi perdonare,
“Vorrei soltanto non averti notato quel giorno a spagnolo, vorrei non essermi confidata con te quella notte ma soprattutto vorrei non aver seguito il mio istinto, il mio stupido, maledetto istinto quando mi ha suggerito di darti una chance perché sembrava fossi diverso, ma a quanto pare mi sbagliavo: sei esattamente uguale a tutti gli altri, hai tradito la mia fiducia come hanno fatto tutti gli altri. Dio, non sai quanto vorrei odiarti in questo momento!”
“Io non c’entro niente! Per favore ascoltami.”
“No, non ti ascolterò perché non mi interessa ciò che hai da dire.” E corse verso l’uscita del parcheggio.
 
Poi accadde tutto velocemente e Jon ne ebbe solo dei ricordi sbiaditi: le luci di una macchina che procedeva troppo velocemente, il corpo di Ygritte riverso sull’asfalto, la corsa per raggiungerla e quella telefonata in cui la voce dell’altro capo chiedeva:
“911, qual è l’emergenza?”



Note dell'autrice :3
Andiamo al sodo: mi dispiace per avervi servito tutto questo angst, ma mi perdonerete vero? D: 
Mi auguro comunque che l'abbiate apprezzato e spero vi piacciano anche i prossimi che saranno  più introspettivi (non sto cercando di rabbonirvi con un po' di spoiler, non farei mai una cosa del genere...).
Ci vediamo tra due settimane con il prossimo capitolo!
Kisses -A_GleekOfHouseStark 

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Capitolo 13
*** I feel you keeping me alive ***


I feel you keeping me alive
Jon’s POV
“Resta calmo. Calmo e lucido.” Imposi a me stesso mentre parlavo con la centralinista del 911 che mi stava chiedendo le informazioni basilari sull’accaduto. “Devi restare concentrato, sii forte anche per lei.” Continuai ad incoraggiarmi durante la telefonata, ma non potevo illudere nessuno: lei era quella forte, non io, e temevo seriamente di crollare anche se non era decisamente il momento adatto. Dopo qualche secondo avevo attaccato facendomi però promettere dalla donna che i soccorsi sarebbero arrivati più in fretta possibile. Ero devastato, divorato dal senso di colpa e vederla lì, riversa sull'asfalto senza aver alcuna possibilità di aiutarla perché non conoscevo alcuna tecnica di pronto intervento mi faceva sentire peggio di quanto già non stessi. Mi avvicinai, le presi la testa fra le braccia, come una madre fa con un neonato, e sussurrai: “Andrà tutto bene, solo… resta con me per favore.” Le lacrime stavano solcando le mie guance e mandai a farsi fottere tutti i propositi di rimanere lucido perché era letteralmente impossibile. Ad un tratto capii che non potevo resistere da solo lì fuori ad aspettare l’ambulanza così decisi di chiamare mio fratello per farmi aiutare, il quale mi rispose solo diversi squilli più tardi.
“Robb?” esclamai con voce rotta dal pianto.
“Jon? Tutto bene? Stai piangendo!” rispose lui preoccupato.
“Puoi venire per favore?” continuai.
“Dove sei?”
“Nel parcheggio qui fuori. Porta anche Arianne.”
“Cosa diavolo è capitato?”
“È successo un casino! Si tratta di Ygritte, è stata investita e io…” mi fermai perché un nodo in gola bloccava le parole.
“Rimani lì. Arrivo subito.”
Detto questo, i due si fecero vedere solo pochi istanti dopo e io gli andai incontro, affondando nel suo petto e piangendo come un bambino. Avevo bisogno di conforto, qualcosa che placasse il mio dolore ma le lacrime erano troppo poche per riuscire in questo intento. La Martell rimase accanto ad Ygritte fino all’arrivo dell’ambulanza e fu lei che con descrisse l’accaduto ai medici poiché, mentre io ero in lacrime, Robb era riuscito estorcermi qualche informazione sulla situazione e le aveva spiegato tutto. Non sembrava sconvolta, o forse non aveva le forze per esserlo dato che era stata colta così di sorpresa.
Una volta arrivato all’ospedale chiamai il signor Covington e i miei genitori, dopodiché rimasi seduto nella sala d’attesa, lacerato dal terrore e dal pensiero di quell’uomo che aveva dovuto lasciare la moglie e ora stava per perdere anche la figlia. Dopo circa due ore arrivò il chirurgo e ci disse che l’intervento era riuscito, ma la ragazza era in coma e quindi dovevamo soltanto aspettare. A quel punto esplosi di nuovo:
“È tutta colpa mia!” gridai a mio fratello e alla sua ragazza
“In che modo potrebbe mai essere colpa tua?” chiese lui con fare confuso.
“Abbiamo litigato e stavamo discutendo quando la macchina l’ha colpita.”
“Doveva essere davvero arrabbiata per non aver visto l’auto.” Sentenziò Arianne “Si può sapere cosa le hai fatto?”
Non volevo dirlo, non ne avevo il coraggio. Volevo solo piangere.
“Daenerys mi ha baciato.” Dissi in un momento di dignità riacquistata.
“Cazzo Jon! Lo sapevi cosa ha passato! Sapevi quanto le fosse difficile fidarsi delle persone e nonostante ciò l’hai tradita!”
“Daenerys ha fatto tutto da sola e io non ho neanche risposto. Non l’ho tradita e non era assolutamente mia intenzione farlo perché io la amo Arianne!”
“Io ho la possibilità di concederti il beneficio del dubbio” disse, poi indicò la porta della sala operatoria e aggiunse: “Lei no.”
“Ti prego non farmi stare peggio. Lei sa che la amo.”
“Glielo hai mai detto chiaramente?”
Questa domanda mi colpì e affondò, come nella battaglia navale.
“No…” ammisi tristemente.
“Allora mi dispiace dirti che hai perso un sacco di tempo, ma mi auguro tu abbia l’occasione di rimediare. Buonanotte ragazzi.” Si girò e uscì, probabilmente per sfogare tutta la tristezza che aveva in corpo, dato che il suo contegno le impediva di farlo in pubblico. Non appena se ne andò piansi nuovamente, questa volta fra le braccia di mio padre che era appena arrivato, poi uscimmo e ci accompagnò a casa.
 
 
Ygritte’s POV, dieci giorni dopo
A quanto dicevano gli infermieri che entravano periodicamente nella mia stanza erano passati dieci giorni dall’incidente, ma per tre ero rimasta in condizioni critiche quindi nessuno poteva vedermi. Non che adesso stia benissimo, sono comunque in coma da più di una settimana, ma almeno riesco a sentire le persone che mi parlano anche se non sono in grado di rispondere. Mio padre viene qui ogni giorno; lo sento piangere, pregare, dirmi che ha paura di lasciarmi andare ed è orribile non poter fare nulla per confortarlo.
Anche oggi mi è rimasto accanto per un paio d’ore poi è andato via in lacrime, come sempre, mentre adesso c’è lui vicino a me. Ti parlo tanto, sai Jon Snow? Sono consapevole che non riesci a sentirmi però in qualche modo mi fa sentire meglio quindi eccomi qua, a raccontarti delle cose che un giorno spero riuscirai davvero ad ascoltare.
È da una settimana che va avanti così: da un lato ci sono io, stesa in stato comatoso su questo letto d’ospedale e dall’altro ci sei tu, seduto qui vicino. Ti ho osservato in questi giorni: ti ho visto piangere, ti ho sentito cantare la nostra canzone ed è straziante sapere che tutto ciò che vedi è una ragazza completamente inerme perché tu non riesci a percepirlo, ma in realtà sto combattendo Jon Snow. Sto combattendo per svegliarmi.
Sai, da piccola mio padre mi ha insegnato a vivere ogni momento come se fosse l’ultimo, ma quando sono arrabbiata mi riesce difficile ragionare in questi termini anzi, mi riesce difficile ragionare in generale. Purtroppo però non avevo mai messo in conto la possibilità che una lite potesse essere il mio ultimo momento e men che meno avevo pensato all’idea di non avere più la possibilità di rinnegare alcune parole che erano state dettate dalla furia piuttosto che dalla ragione. La verità è che quella sera ho dato meno importanza a questi mesi passati insieme per focalizzarmi su quel tuo unico sbaglio; è come se anche per pochi istanti avessi deciso di pensare solo ai lati negativi del nostro rapporto nonostante quasi non ce ne fossero. È strano pensarla così eppure è ciò che ho fatto perché ho sempre trovato più facile mandare tutto all’aria piuttosto che perdonare e cercare di rimettere insieme i pezzi.
Avrei voluto odiarti per avermi tradita ma non ci sono riuscita: mi sono sentita delusa, ferita, amareggiata, ma non ce l’ho fatta ad arrabbiarmi veramente con te. Lo so che non sembra reale essendo stata molto convincente, eppure le parole che ti ho detto erano soltanto menzogne perché stavo provando inutilmente ad eliminare dalla mia testa ogni momento meraviglioso che ho trascorso insieme a te per cercare di sentirmi meglio. E sai perché non ci sono riuscita? Perché durante i tre giorni di solitudine post-operazione sono finalmente arrivata alla conclusione che tutto quello che abbiamo passato insieme è più importante di quello stupido bacio che ti ha dato Daenerys, ma soprattutto ho realizzato che tu potevi aver preso parte in questo in alcun modo perché sei troppo buono per far soffrire ingiustamente qualsiasi persona.
La realtà è che sei tu a dovermi perdonare.
Sembra strano, ma è così poiché ti sto facendo soffrire e tu meriti più di questo, più di passare una settimana seduto qui al mio fianco mentre io sono stesa immobile, senza neanche la possibilità di compiere il più elementare dei gesti. Se non fossi stata così avventata, se solo mi fossi calmata invece di scappare, ora tutto sarebbe completamente diverso. Sinceramente all’inizio avevo paura che te ne saresti andato come hanno fatto tutti nel corso della mia vita, invece hai combattuto e sei rimasto anche se la situazione era complicata. Questo vuol dire che il mio istinto aveva ragione su di te: sei diverso dagli altri e mi odio per averti fatto credere il contrario.
Non penso veramente quelle cose che ho urlato nel parcheggio però le ho gridate lo stesso perché volevo farti provare anche solo un briciolo di sofferenza e ora immaginare che forse non avrò più la possibilità di rimangiarmele e dirti che ti perdono, anche se tutto questo non è stato propriamente colpa tua, mi fa stare male; mi consuma da dentro. Vorrei avere la certezza che mi risveglierò, così potrei parlarti ancora una volta, abbracciarti, baciarti: sono questi pensieri a darmi la forza di volontà per combattere ancora.
Sei tu a tenermi viva Jon Snow e non mi sto riferendo a questo momento in particolare ma a tutta una serie di eventi, perché prima di conoscerti esistevo solamente e credevo, a causa del mio passato, che non valesse la pena affezionarsi o provare dei sentimenti per delle persone perché in un modo o nell’altro tradiranno la tua fiducia, ma grazie a te ho capito che a volte è necessario correre quei rischi e che dovevo cominciare a vivere una vita degna di questo nome.
Ti prego non piangere perché non riesco a vederti così. Sarò anche io quella in stato comatoso ma credo sia piuttosto ovvio che quelli che soffrono di più stanno dall’altra parte, le persone vigili e attente che aspettano e sperano che il malato si risvegli da un momento all’altro.
Tu non lo sai e non riesci a vederlo, ma io sto lottando per uscire da quest’incubo e lo sto facendo per me stessa, per mio padre e per te. Abbiamo ancora milioni di momenti da vivere insieme e non permetterò che un idiota al volante me li strappi via dalle mani. Sono troppo testarda per arrendermi in questo modo.
Ti amo Jon Snow.
Ti amo come non ho mai amato nessun altro in tutti i miei diciassette anni di vita.
Ti amo così tanto che vorrei gridarlo al mondo intero.
E giuro che un giorno te lo dirò, è una promessa.



Angolo dell'autrice :3
Hola! Sono tornata con un nuovo capitolo e ammetto che scriverlo è stato un parto perché avevo seriamente paura di non rendere giustizia ad Ygritte che è un personaggio che adoro alla follia. Spero di non aver fatto casino e che vi sia piaciuto! Per quanto riguarda l'angolo musicale, il titolo è tratto da Salvation, la canzone che mi ha fatto conoscere gli Skillet, ma c'è anche un'altra canzone a cui mi sono ispirata ed è Believe (sempre dello stesso gruppo).
Spero di riuscire ad aggiornare la prossima settimana! 
Kisses -A_GleekOfHouseStark

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Capitolo 14
*** You are my salvation ***


You are my salvation
 
Jon’s POV
Erano passati dieci giorni dall’incidente.
Ygritte era rimasta sotto i ferri per diverse ore e durante i due giorni seguenti i medici non permisero a nessuno di vederla poi, quando le sue condizioni si stabilizzarono, aprirono le visite a parenti ed amici. Ben presto la sua camera divenne un viavai costante di persone ed è inutile dire che io passavo più tempo in ospedale che a casa mia. Quando andai a visitarla la prima volta udii la conversazione tra due uomini che parlavano fuori dalla sua stanza. Uno era un infermiere e stava chiedendo all’altro, probabilmente uno dei chirurghi, se ci fossero novità sulle condizioni di Ygritte e la sua risposta fu: “Dobbiamo aspettare. Potrebbe svegliarsi come nuova o non svegliarsi affatto.”
Eccola.
Quella frase mi colpì come una freccia in pieno petto e un brivido freddo mi percosse da capo a piedi. Sapevo che aveva subito un brutto incidente ma non avevo mai pensato, o forse non avevo voluto pensare, all’idea di perderla definitivamente, non lo avrei sopportato. Da quando avevo origliato quella conversazione avevo paura a lasciarla sola perché temevo che quella poteva diventare l’ultima volta in cui l’avrei vista.
Oggi, il decimo giorno, volevo entrare come d’abitudine nella sua stanza per tenerle compagnia e parlare perché ero convinto che mi potesse ascoltare (o almeno lo speravo), ma un’infermiera, quella alta e dalle fattezze quasi maschili, mi bloccò e disse: “Sarebbe meglio che tu non entrassi. Suo padre è appena andato via e lei ha bisogno di riposare.”
Ero basito e non avevo idea di come controbattere ma fortunatamente un altro infermiere, questa volta quello affetto da nanismo (non conoscevo i loro nomi ma avevo imparato a distinguerli e bisogna dire che non era molto difficile), venne in mio aiuto esclamando: “Brienne ascolta, è una settimana che la ragazza sta ‘riposando’. Guardalo! È il volto della sofferenza! Fallo entrare.”
La donna fece una faccia contrariata, ma alla fine aprì la porta della camera e mi lasciò passare.
 
 
Quindi eccomi qua, come tutti i giorni. È passata più di una settimana dall’incidente e il fatto che tu non ti sia ancora svegliata mi demoralizza. Ma che dico, la mia non è demoralizzazione: è vera e propria disperazione. Sai, mi hanno sempre detto che sono un ragazzo forte e in grado di superare qualsiasi difficoltà, eppure ora che esse si sono presentate sto vivendo in un terrore costante: ho paura a lasciarti sola, a tornare a casa la sera e mi spaventa persino la suoneria del mio cellulare perché temo che dall’altro capo potrebbe esserci un infermiere che sta per dirmi che non ce l’hai fatta. Ogni mattina quando sono ancora nel dormiveglia penso automaticamente a te che mi aspetti sorridente davanti al portone della scuola, poi riprendo coscienza dei fatti e mi ricordo che sei qui e in gran parte me ne sento responsabile. Se avessi capito cosa Daenerys aveva intenzione di fare, se non avessimo litigato, tu adesso saresti sveglia, viva, awake and alive, proprio come fa quella canzone che ti piace tanto e non hai idea di quanto vorrei ritornare indietro a quella serata per far andare le cose in maniera diversa.
Vorrei trascorrere la mia intera vita insieme a te e so che siamo ancora troppo giovani quindi è una sorta di utopia pensare così alla lontana ma ora come ora non riesco proprio ad immaginare il mio futuro senza che tu ne faccia parte.
Sei stata la mia salvezza Ygritte Covington.
Sì, la mia salvezza, perché hai scosso quel torpore che era la mia vita e mi hai trasformato in una persona completamente diversa e sotto certi aspetti anche migliore e non ci sono parole sufficienti per ringraziarti di questo. Non ce la faccio a vivere senza di te perché è un’autentica tortura, un incubo da quale spero di uscire il più presto possibile perché ho bisogno di te come dell’aria per respirare e anche solo pensare al fatto che potrei non rivederti più, non sentire più la tua voce mi procura un dolore quasi fisico, come se fossi asfissiato, costantemente premuto contro un muro senza la possibilità di muovermi. Lo so che tu probabilmente stai peggio di me e non hai idea di quanto mi senta impotente perché non ho la possibilità di aiutarti o meglio, avrei potuto prevenire tutto ciò e se lo avessi fatto sicuramente ora le cose sarebbero diverse. Potrai mai perdonarmi per questo?
Okay, adesso basta parlare dei miei sensi di colpa perché tutto ciò che ho da offrirti in questo momento sono le parole e non ho intenzione di sprecarle usandole solo per colpevolizzarmi e autocommiserarmi. La realtà è che avrei dovuto dirti molto prima ciò che sto per dire adesso e mi pento per non averlo fatto, ma mi conosci: sono abilissimo nel procrastinare. Allora, devi sapere che ogni sera, quando torno a casa dall’ospedale, scrivo su un foglio un motivo per cui ti amo e mi auguro un giorno di potertelo dare, ma per ora devo accontentarmi di elencarteli e sperare che tu riesca a sentirmi.
 
  1. Ti amo perché su 7.260.130.627 di persone nel mondo tu hai scelto proprio me.
  2. Ti amo perché mi hai portato a compiere gesti per cui credevo di non essere all’altezza.
  3. Ti amo perché, nonostante fossi restia a causa del tuo passato, hai deciso di riporre in me la tua fiducia.
  4. Ti amo perché mi dai un buon motivo per sorridere ogni volta che mi sento cadere a pezzi.
  5. Ti amo perché mi hai lasciato vedere anche quei lati di te stessa che cercavi di nascondere perché te ne vergognavi.
  6. Ti amo perché anticipi sempre ogni mia mossa, non importa a cosa io stia pensando.
 
Il settimo dovrei scriverlo stasera ma posso già dirtelo: ti amo perché mi hai riportato alla vita, mi hai praticamente salvato. Non sai cosa darei per poterti dire tutte queste cose ed essere sicuro che tu mi stia ascoltando.
 
Non lasciarmi, non ora che ho appena capito cosa significa vivere e amare, non andartene adesso perché abbiamo ancora troppi da passare insieme e non possiamo lasciare che un idiota al volante ce li porti via così.
Ti prego Ygritte resta con me.
Ho bisogno di te.



Note dell'autrice :3
Come avete potuto notare, l'angst continua! Avevo già accennato al fatto che  il precedente sia stato una tortura da scrivere per paura di non rendere giustizia al personaggio di Ygritte, ma quetso se possibile è stato ancora peggio perché Jon è il mio preferito dell'intera saga, però devo dire di essere alquanto soddisfatta del risultato :D Ho realizzato di non aver scritto tutti i titoli delle canzoni da cui traggo il titolo del capitolo quindi se vi ho incuriosito e volete saperli basta chiedere!
Ci vediamo la prossima settimana con l'ultimo capitolo!
Kisses -A_GleekOfHouseStark

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Capitolo 15
*** I'll be your reason why ***


I’ll be your reason why
“This is the last night you'll spend alone
 Look me in the eyes so I know you know
 I'm everywhere you want me to be.
 The last night you'll spend alone,
 I'll wrap you in my arms and I won't let go,
 I'm everything you need me to be.
 I won't let you say goodbye,
 I'll be your reason why.”
-Skillet, The Last Night
 
Dopo averle parlato ancora un po’ Jon iniziò a recuperare le cose che aveva portato con sé, poi si avviò verso la porta della camera. Stava per uscire quando ad un tratto udì una voce, la sua voce, e gli parve quasi di aver appena avuto un’allucinazione.
“Jon Snow…” sussurrò la ragazza.
Egli si girò verso di lei lentamente, come se non fosse davvero sicuro di ciò che era appena successo, ma resosi conto che era tutto reale si lanciò verso il letto con le lacrime agli occhi.
“Oddio.” Iniziò a piangere. Non era un pianto compulsivo, ma più contenuto e in un certo senso quasi liberatorio. “Sei viva. Ti sei svegliata.”
“Sei rimasto qui con me…” continuò sommessamente.
“Certo. Non esiste altro posto in cui dovrei essere in questo momento.” Tacque per qualche istante poi aggiunse “Ho avuto così tanta paura di non rivederti più.”
“Stai tranquillo. Adesso sono sveglia e giuro che non ti libererai facilmente di me.” disse con un sorriso stanco.
Era rimasta sempre la stessa e solo Dio sapeva quanto la amava.
“Mi sei mancata così tanto.”
“Anche tu Jon Snow. Anche tu.” Si fermò un attimo per riprendere fiato e successivamente gli chiese: “Potresti andare ad avvertire gli infermieri?”
“Certamente, chiamo anche tuo padre e i miei. Mi hanno raccomandato di avvisarli a qualunque cambiamento.”
“D’accordo e…”
“Sì?”
“Grazie mille.”
“Per cosa?”
“Per non essertene andato.”
“Te lo avevo promesso: non ti avrei mai lasciata sola.”
 
Detto questo uscì a chiamare gli infermieri, poi si fermò nel corridoio e telefonò al padre di Ygritte e alla sua famiglia. Nel frattempo un’equipe di medici era entrata nella stanza e aveva iniziato a visitarla costringendo tutti coloro che erano corsi all’ospedale per vederla a restare fuori, ma fortunatamente dopo circa mezz’ora aprirono la porta e lasciarono riversare quel fiume di persone all’interno della camera.
“Ygritte, piccola mia! Mi sei mancata così tanto.” Esclamò suo padre piangendo “Non avrei sopportato di perderti, non ce l’avrei davvero fatta.”
“Sta’ tranquillo papà, ora sono qui.”
Il volto dell’uomo continuava ad essere solcato da lacrime di gioia e teneva stretta Ygritte in un abbraccio che pareva non avere fine. Dopo un po’ Catelyn chiese:
“Cosa ti hanno detto i medici, cara?”
“Che sono stata fortunata. Con un tale incidente ho rischiato la vita ma grazie a Dio non è successo.”
“E ora come ti senti?” domandò Arya.
“Meglio. Mi hanno detto che dopo l’operazione lo stato degli organi interni è migliorato ma ho il femore fratturato quindi dovrò tenerlo ingessato per un bel po’.”
“È permesso?” disse Arianne facendo capolino dalla porta insieme al suo ragazzo, irrompendo in quell’interrogatorio in buona fede che stava iniziando.
“Arianne! Robb! Ci siete anche voi.”
“Ti pare che mi sarei persa il risveglio della mia migliore amica?” rispose la Martell.
“Scusaci per il ritardo,” continuò lui “ma ti abbiamo preso questi.” Esclamò mostrando fieramente un mazzo di fiori.
“Ragazzi, non era necessario.”
“Oh sì che lo era.” Ribatté l’altra “Allora, quando ti dimetteranno?”
“Mi terranno in osservazione per altri due giorni, poi sarò libera di tornare a casa.”
“Mi dispiace rovinare questo bel momento” li interruppe uno dei dottori che l’aveva visitata in precedenza “so quanto le vogliate bene, ma ora Ygritte ha bisogno di riposo.”
“Certamente, adesso andiamo via” disse suo padre “Ci vediamo domani tesoro.”
“A domani.” Replicò lei, dopodiché, tra i saluti generali, il gruppo uscì dalla stanza.
 
Nel corridoio della corsia Jon venne fermato dall’infermiere affetto da nanismo che iniziò a parlargli:
“Ciao ragazzo. Sono Tyrion Lannister, l’infermiere che si è occupato di Ygritte”
“Lannister, seriamente? Quanti ne esistono in questa città?” pensò il ragazzo
“Volevo farti i complimenti” continuò lui “perché lavoro qui da quasi quindici anni e non ho mai visto nessun altro ragazzo della tua età passare così tanto tempo accanto ad un paziente in stato comatoso. Quella ragazza deve essere speciale per te, dico bene?”
“Sì, noi… noi stiamo insieme.”
“La ami davvero tanto, non è vero?”
“Sì…” rimase interdetto per qualche istante perché non sapeva se continuare, se aprirsi con quell’estraneo o meno, ma alla fine aggiunse: “con ogni fibra del mio essere.”
“Allora ascolta il consiglio di questo vecchi nano: tienitela stretta. Un amore come il vostro è raro perfino fra due adulti che si suppone abbiano capito qualcosa della vita, figuriamoci fra due ragazzi che, perdonami per ciò che sto per dire, hanno appena imparato a stare al mondo.” Fece una pausa, poi aggiunse: “Sei un ragazzo fortunato.”
“Ne sono consapevole dottore.” Si fermò poi gli chiese: “Scusi la domanda, ma per caso è imparentato con una certa Cersei Lannister?”
“Già, è la mia dolce sorella.” Rispose sarcastico “Come fai a conoscerla?”
“È la mia insegnante di chimica.”
“Immagino sia tra le tue professoresse preferite.” Scherzò lui.
“Non esattamente…” disse con un sorriso.
“Beh, lascia che ti dica una cosa: io ho il suo stesso sangue e la sopporto a stento, tu che non condividi alcun legame di parentela con lei non sei costretto a fartela piacere per forza. Noi Lannister siamo persone un po’… come dire…”
“Particolari?” azzardò il ragazzo.
“Esattamente.” Rispose l’uomo. “Ora devo andare a visitare alcuni pazienti. È stato un piacere parlare con te.”
Poi l’uomo se ne andò e Jon raggiunse la sua famiglia per tornare a casa.
 
 
Il giorno in cui permisero ad Ygritte di tornare a casa, Jon si sentiva lacerato dentro: da un lato era al settimo cielo perché lei ce l’aveva fatta, ma dall’altro continuava a tormentarlo l’idea di doverla affrontare. Quando si era svegliata la felicità aveva preso il sopravvento e quindi non avevano parlato, ma ora doveva accettare la realtà: Daenerys lo aveva baciato. Non poteva rimandare l’inevitabile, ovvero discuterne di nuovo con Ygritte, semplicemente perché era troppo doloroso parlarne. Beh, in realtà era doloroso anche convivere con la consapevolezza di quel bacio perché lo faceva sentire un traditore, ma quello era un suo problema e in qualche modo lo avrebbe risolto. Ciò che di cui gli importava maggiormente era la reazione della ragazza, della sua ragazza, e sperava con tutto il cuore che lei potesse trovare la forza di perdonarlo.
Stanco di procrastinare, prese il cellulare e le chiavi e decise uscire: sarebbe andato da lei.
Una volta arrivato all’appartamento il padre lo invitò ad entrare e gli disse dolcemente:
“La strada la conosci.”
“Grazie signor Covington.”
“Jon stai con mia figlia da mesi ormai. Potresti iniziare a darmi del tu, cosa ne dici?”
“D’accordo, ti ringrazio”
“Molto meglio.”
Il ragazzo percorse il corridoio con il cuore che gli batteva talmente forte dal nervosismo che temeva potesse sfondargli la cassa toracica.
“È permesso?” esclamò sbucando dalla porta.
“Ciao, entra!” rispose lei.
“Sono passato per sapere come stavi...” iniziò timidamente.
“Molto meglio. Ho appena sentito mia madre che era preoccupata da morire e mi ha promesso che tra qualche settimana potrò vederla di nuovo.”
“Sono felice per te.” Disse, poi aggiunse “Senti… io volevo parlarti della sera del ballo. Del…” le parole gli rimasero incastrate in gola e gli occhi iniziarono a bruciargli a causa delle lacrime “Non volevo tradirti, te lo giuro.”
“Lo so. So che non c’entri niente, so Daenerys lo ha fatto solo per farmi del male. L’ho capito.” Ammise lei.
“Quindi non sei arrabbiata con me?”
“Non lo sono mai stata. Avrei voluto, dico davvero. Ho provato ad odiarti con tutte le mie forze per ciò che credevo mi avessi fatto, ma neanche in quel momento sono riuscita a prendermela con te.”
“E tutte quelle cose che mi hai detto nel parcheggio?”
“Bugie, soltanto una marea di bugie che dovevano servire a convincermi che sarei stata meglio senza di te, ma la verità è che sei uno dei punti fissi della mia vita Jon Snow e una persona non può vivere senza riferimenti perché prima o poi crolla. Non posso pretendere di vivere odiandoti, non ci riesco.” Si fermò un attimo, poi disse: “Dai vieni qui, è troppo tempo che non stiamo insieme.”
“Vuoi che mi stenda vicino a te?”
“Sì. Non sarà la prima volta che una ragazza ti chiede di stendersi sul suo letto.” Esclamò ridendo.
“In realtà sì…” ammise lui.
“Beh c’è sempre una prima volta. Dai vieni, non mordo mica!”
 
Jon si stese sul letto accanto alla ragazza cercando di essere più delicato possibile per non farle male poi, trovata una posizione comoda iniziò a giocare con i capelli di lei passandoseli tra le dita.
“Sai, è ingiusto.” Esclamò all’improvviso.
“Cosa?” chiese lei.
“Insomma guardati. Hai solo diciassette anni e hai vissuto più drammi e problemi della maggior parte delle persone di questa città. A volte mi chiedo come tu abbia fatto a tenerti tutto dentro per così tanto tempo.”
“Non sono esattamente una persona che parla facilmente dei propri sentimenti e per quanto riguarda i problemi, con quelli si impara a conviverci perché ce ne sono sempre e sempre ce ne saranno. La verità Jon Snow è che la vita è una bastarda perché se qualcosa può andare male lo farà, è una sorta di legge non scritta. Un po’ come il pane che cade ogni santa volta dalla parte della marmellata.”
“Non capisco, cosa c’entra ora il pane con la marmellata?” chiese perplesso.
“Era una metafora.” Rispose ridendo “Possiamo vedere la vita come una fetta di pane con la marmellata e se in qualche caso remoto essa dovesse sfuggirti dalle mani, cadrà dalla parte spalmata. Ciò vuol dire che se hai la sfortuna di farla cadere devi prepararti al peggio.”
“È la metafora più assurda e allo stesso tempo veritiera che io abbia mai sentito.”
“Ammetti che ti sei innamorato di me proprio per la mia geniale follia.”
“Mmm…” rifletté ad alta voce “potrei aggiungerlo alla lista di motivi per cui ti amo.”
“Hai pensato ad una lista di motivi per cui mi ami?” fece lei sorpresa.
“In realtà l’ho scritta.”
Ygritte era stupita e per questo rimase in silenzio per alcuni istanti con un sorriso stampato in volto e alla fine disse: “Ce l’hai con te questa lista?”
“Sì.”
“Me la leggeresti?”
Jon era visibilmente imbarazzato anche se non aveva senso dato che quella lista era nata proprio affinché lei potesse leggerla così cercò di dissimulare il suo nervosismo e iniziò a cercare il foglietto che portava sempre con sé da quando lei era stata in ospedale. Non trovandolo nelle tasche dei jeans e della felpa entrò in ansia perché temette di averlo perso, ma fortunatamente si ricordò di averlo nella giacca. Lo prese e iniziò a leggere, ma non arrivò neanche al quarto punto che Ygritte stava già piangendo.
“Ho detto qualcosa di male?”
“No Jon, continua per favore.”
“Ma stai piangendo!”
“Sono lacrime di gioia. Ti prego va’ avanti.”
Il ragazzo continuò, però arrivato alla fine si rese conto che non poteva solo dirle ciò che aveva scritto in precedenza, così decise di aprire il suo cuore per la prima volta.
“Queste parole sono così semplici e chiare che mi vergogno a non avertele dette prima. Sai, quando eri in ospedale ero terrorizzato dall’idea che avrebbe potuto non esserci la possibilità di fartelo sapere, ma se adesso sono qui a rendermi ridicolo, perché sono consapevole di quanto io sia imbarazzante, è perché ti amo. Sì, ti amo con ogni fibra del mio essere e mi sento il ragazzo più fortunato del mondo a sapere che mi hai lasciato amarti a tua volta. Ecco, l’ho finalmente detto.”
Ygritte lo fissava con il sorriso sulle labbra e gli occhi colmi di lacrime di commozione. “Nessuno aveva mai compiuto un gesto così romantico per me.”
“C’è sempre una prima volta.” Esclamò lui avvicinandosi.
“Ti amo così tanto Jon Snow.” Disse lei piangendo di commozione.
Il ragazzo le prese il volto tra le mani e la baciò. Fu un bacio lungo, che sembrò durare per l’eternità. Tutto attorno si dissolse ed era come se fossero diventati una cosa sola, stretta da un legame indissolubile e inseparabile. Erano due anime gemelle che si erano trovate nonostante avessero affrontato mille problemi. Erano come il giorno e la notte, come fuoco e ghiaccio: forze opposte che in qualche modo finiranno sempre per attrarsi.
Quando si staccarono Jon disse riferendosi all’incidente: “Non fare mai più scherzi del genere, okay? Non riesco neanche a pensare a lasciarti andare.”
“Non dovrai farlo.” Rispose lei con un sorriso “Ora sono con te nell’unico posto che in diciassette anni di vita sono riuscita a chiamare ‘casa’ e non ho intenzione di scappare. Resterò qui insieme a te Jon Snow. Resterò fino alla fine.” 



Angolo dell'autrice :3
Eccoci arrivati alla fine. Ancora non ci credo effettivamente di aver terminato la mia prima long: è stato un po' come un viaggio e sono felicissima che ci siano persone che hanno deciso di leggere e seguire questa storia. Il finale è palesemente fluff perché il fandom di GoT\ASOIAF ha già sofferto abbastanza senza che anche io rincari la dose. Ci tenevo a ringraziare tutti i "miei lettori" e in particolare due splendide ragazze che mi hanno incoraggiato fino alla fine aka the_raggedyfangirl e artelelily <3
è stato un piacere!
Kisses -A_GleekOfHouseStark

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