Eres mi mayor peligro

di SmileRed
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3. ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4. ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5. ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6. ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1. ***


Eres mi mayor peligro.
Capitolo 1.


Lui era lì. Seduto in fondo alla mensa. Il cappuccio della felpa nera gli copriva il volto. Era sempre stato un tipo silenzioso, non parlava quasi mai era come se fosse rinchiuso in un mondo tutto suo. All'improvviso Diego il capitano della squadra di basket gli si avvicina e gli getta il pranzo a terra. Istintivamente si alzò e in quel momento intravidi il suo viso, erano vicini solo un soffio li avrebbe divisi. Diego aveva uno sguardo divertito ed un sorriso beffardi si estendeva sul suo volto, invece lui era serio, aveva il contorno dell'occhio violaceo. Non era una novità quasi tutte le settimane si presentava con lividi o fratture, molti dicevano che partecipava a scontri clandestini ma erano solo voci fondate.
I loro sguardi erano ancora fissi l'uno sull'altro d'un tratto Diego lo spintona facendolo cadere in terra, una fragorosa risata campeggiò in mensa. Era seduto lì per terra e non aveva intenzione di reagire alle provocazioni di Diego, si limitava a fissarlo con quei suoi due occhi verdi che sembravano incantare chiunque, erano verdi ma con la luce diventavano azzurri come il ghiaccio.
Divertito Diego si allontanò mentre lui non aveva fretta di rialzarsi, sentì il suo sguardo su di me per pochi secondi. Quando fu in piedi si diresse verso Diego che intanto stava continuando a prenderlo in giro davanti a tutti. Diego era voltato di spalle, gli posò una mano sulla spalla e quando Diego si voltò sussurrò lentamente - Sai cosa mi piace dei figli di papà ? Niente - per poi stampargli un pugno in piena faccia. Si allontanò e scosse la mano, aveva tirato un pugno così forte da farsi male la mano.
- Oddio. Hai visto che pugno che gli ha tirato ? più virile di così dimmi tu cosa c'è - mi sussurrò all'orecchio Francesca. Francesca era la mia migliore amica, una ragazza dolce, solare e come tutte le altre cheerleader Leòn era il suo sogno proibito. 
Diego era ancora terra mentre Leòn già se ne era andato. Mi guardai attorno per cercarlo con lo sguardo ma niente, lui non c'era.
- Però ci sa fare con le mani Vargas - disse Ludmilla scatenando così una risata fra le ragazze. Ludmilla si può dire che è la ragazza perversa del gruppo, parla solo ed esclusivamente di sesso e delle sue performance sessuali con la squadra di basket.
Finita l'ora di spacco tutti tornammo nelle proprie classi. - Sai una cosa Vilu ? Non mi importa di come viene considerato Leòn dalla squadra di basket, voglio uscire con lui - mi fermai di botto ed osservai Francesca. Diciamo che ero rimasta stupita dalla affermazione e dalla convinzione di Francesca, anche perché Leòn non era il suo tipo, insomma il ragazzo tenebroso con la ragazza dolce e sbarazzina - io ti consiglierei di non farlo Fran, Leòn non è il tuo tipo insomma lui è... è... così... diverso da te. Non funzionerebbe - dissi sedendomi sulla cattedra della prof.
- Gli opposti si attraggono Vilu, ricordalo. E poi tu che ne sai che lui sia poi tanto diverso da me non lo conosci - ammetto che Francesca aveva ragione ma Leòn non era il suo tipo.
- Sarà come dici tu, ma se poi lui ti scarica o ti rifiuta non venire a piangere da me Fran -. - Non preoccuparti non lo farò -.
Finite le lezioni mi diressi verso Diego per chiedergli spiegazioni su quanto è successo. - Perché lo hai spinto ? - mi fissò con aria interrogativa - sto parlando di Vargas - continuai. Tra me e Diego c'è sempre stato un rapporto che andava sempre oltre una semplice amicizia potevamo definirci dei " Scopamici ". - Perché ti interessa tanto ? - mi domandò con un sorriso beffardo sul volto - perché se non l'avessi spinto lui non ti avrebbe colpito e in più tu non avresti fatto una figura di merda davanti a tutti - risposi acida, lui mi guardò fisso negli occhi per poi sussurrarmi qualcosa - sono felice che ti preoccupi per me, ma Vargas la pagherà e quei lividi che di solito ha in faccia non saranno niente a confronto con i lividi che gli procurerò io -. Diego non era un cattivo ragazzo ma uno abbastanza orgoglioso e prepotente, infondo a me piaceva il suo essere stronzo ma quando prendeva di mira Leòn Vargas tutto cambiava come se il mio volergli bene si trasformasse in odio. Ai miei occhi Leòn appariva come un cucciolo indifeso, i suoi occhi erano così carichi di sicurezza e chissà quanti segreti nascondevano, lui era il pericolo in persona spesso certi uomini in giacca e cravatta venivano a cercarlo sotto scuola chiedendo informazioni su di lui ai ragazzi ma non ottenevano niente perché di Vargas nessuno sapeva niente né del suo passato né del suo presente, ma nonostante tutto non si arrendevano ogni mercoledì venivano sotto scuola in cerca di informazioni, lo osservavano da lontano e per quanto lui ne fosse a conoscenza faceva finta di niente almeno a scuola. Era strano, non parlava e non reagiva alle provocazioni. Questa mattina per la prima volta aveva reagito forse stanco dei troppi insulti e delle troppe prese in giro, perché in fondo anche se era più riservato rispetto agli altri era sempre un ragazzo, un essere umano con dei sentimenti e emozioni.
- A cosa pensi ? - mi voltai ed incrociai gli occhi di Camilla. Una ragazza diversa dalle altre. Un'anticonformista. Suo padre era il proprietario del centro commerciale più grande di tutta la città, possedeva più della metà delle strutture più gettonate in Sud America ma nonostante tutto lei è sempre rimasta una ragazza semplice, che preferiva andare in giro con una bicicletta che con la macchina che le aveva regalato il padre per il compleanno. Beh certo io non mi potevo definire come lei, amavo le cose sfarzose ma soprattutto costose e non seguire la moda dei tempi per me era come rimanere indietro nel medioevo, ma nonostante eravamo grandi amiche quasi come sorelle.
- A Diego è normale no ? - mi fissò con aria divertita ed incrociò le braccia al petto - ne sei proprio sicura ? Diego ? a me sembra che tu stia pensando a Leò... - non la feci finire di parlare che subito gli tappai la bocca - vuoi urlare un po' più forte ? al parcheggio non ti hanno sentito - la rimproverai - ma dai non sapevo che stessi pensando davvero a lui - rispose alzando le mani in segno di resa - punto 1. Non sto pensando a lui. Punto 2. Non urlare e punto 3. Non sono costretta a dirti cosa penso e cosa faccio, quindi taci ! - dissi quasi urlandole in faccia.
Mi guardò per un paio di secondi e poi spalancò la bocca portandosi le mani su di essa - non ci credo. Ti piace Vargas ! - esclamò trattenendo una risata. Vargas ? ma che idiozie stava dicendo, insomma VARGAS ! - Questa è un idiozia ! A me non piace Vargas - mi lamentai - ma se te lo spogli con gli occhi Vilu ! Ammettilo vorresti mangiare fragole intinte nel cioccolato con lui, assaporandole morso per morso - mi sussurrò all'orecchio con tono provocante. A sentire quelle parole un brivido mi percorse la schiena. L'immagine di me e Leòn mentre assaporiamo fragole al cioccolato è qualcosa di poco casto nella mia mente. - Vilu ? Vilu ? Vilu ! - feci uno scatto con la testa per distogliere quei pensieri dalla mia mente - allora vedi che avevo ragione ti piace Vargas. Sono la tua migliore amica e le migliori amiche sono peggio delle madri riescono a capire tutto in un secondo - continuò - fa come vuoi, ma a me Vargas non piace - dissi stringendo i libri al petto e avviandomi verso la macchina - sai sareste una bella coppia. Già mi immagino i volantini per la scuola: " La capo cheerleader e il tenebroso " -. - continua a sognare Cami. Continua a sognare - risposi aprendo lo sportello dell'auto di Diego - vuoi un passaggio ? - domandò il moro al mio fianco a Camilla - no. Ho la bicicletta attaccata al paletto - rispose.
La salutai e insieme a Diego mi avviai verso casa.
La macchina era silenziosa. La radio era spenta e noi due eravamo muti come pesci. - Allora ? di cosa stavate parlando tu e Camilla ? - domandò cercando di attaccare bottone.
- Niente le solite cose - risposi noncurante continuando a guardare la strada. Il cielo era ricoperto da nuvole grigie, segno che un temporale stava per avventarsi sulla città.
- Come mai così silenziosa ? -. - Sono stanca e l'unica cosa che desidero in questo momento è tornare a casa -.
Le gocce di pioggia iniziarono a posarsi sul cofano dell'auto. D'un tratto il mio sguardo si posò su un ragazzo vestito nella stessa maniera di Leòn. Jeans scuri strappati e una felpa nera.
Era poggiato al semaforo come suo solito aveva il cappuccio in testa, le cuffie nelle orecchie, la sigaretta in bocca e le mani nelle tasche. Continuai ad osservarlo mentre la macchina andava sempre più avanti. 
- Cosa c'è ? - mi domandò Diego spostando lo sguardo su di me e poi sulla strada - niente mi era sembrato di vedere una persona che conoscevo ma mi sbagliavo - risposi fingendo un sorriso. - Senti Vilu... io mi stavo chiedendo se magari... domani ti andrebbe di venire al cinema - disse svoltando la strada - certo mi farebbe piacere... - risposi slacciando la cintura.
Aprì la portiera e gli schioccai un bacio sulla guancia per poi scendere ed entrare nel giardino di casa. Feci una corsa per non bagnarmi ed entrai.
- Oh piccolina finalmente sei tornata -. Olga la domestica è sempre stata come una zia per me sempre al tuo ordine quasi come se fosse un facchino quando invece faceva parte della famiglia le mancava solo il cognome Castillo e poi sarebbe stata un membro a tutti gli effetti. - Ciao Olga. Che odorino - risposi baciandole una guancia per poi abbracciarla - pollo con patate - rispose strofinando le mani sulla mia maglia - vado a farmi un bagno -.
Salì le scale e mi diressi verso il bagno. Mi liberai di tutti gli indumenti e mi immersi nella vasca liberando la mente da tutti i pensieri. L'unico pensiero fisso però era Leòn Vargas.
Che Camilla avesse ragione ? Che Vargas mi piacesse davvero ? Resta il fatto che non riesco a non pensare a lui e al fatto che Francesca voglia provarci. Insomma Leòn non è per niente il suo tipo. Vargas non è un semplice ragazzo è VARGAS !.
Finisco il bagno e corro in camera per prendere i vestiti. Questa sera c'è una festa al Flamingo e diciamo che è stata invitata tutta la scuola tra questi Leòn anche se dubito che ci venga non ha mai partecipato ad una festa scolastica, non ne è mai stato il tipo. Opto per un vestito nero con un fiocco dorato in vita e le solite scarpe col tacco, ritorno in bagno per truccarmi e per sistemarmi i capelli.
- Che splendore - mentre scendo le scale noto che Diego era seduto sul divano bianco in pelle posto davanti alla televisione. Lui era vestito con una semplice camicia bianca e un pantalone nero. - Ehi, non pensavo fossi già qua -. - Mi ha aperto Olga - rispose avvicinandosi a me per poi stamparmi un bacio sulle labbra, un bacio casto e dolce.
- Sei perfetta. E sei la mia accompagnatrice - sussurrò ad un centimetro dalle mie labbra - aspetta. Sei tu il mio accompagnatore - dissi sorridendo per poi far combaciare di nuovo le nostre labbra. Questa volta in un bacio passionale quasi famelico - credo sia meglio andare, prima che mio padre torni e ci ritrovi a limonare davanti alle scale - dissi prendendo la borsa.
Salutammo Olga e ci avviamo verso il locale.
La musica era ad alto volume, ragazzi ubriachi si rincorrevano di qua e di là. - Ehi Vilu finalmente siete arrivati vi siete persi i balli più belli - Francesca era una ragazza dolce e simpatica ma quando c'erano feste si trasformava nella ragazza più casinara in tutta Buenos Aires. - Vado dai ragazzi ci vediamo al banco - mi sussurrò Diego ad un orecchio.
Dopo un ballo ad animale con Maxi e Camilla mi avvicinai al banco per ordinare da bere. - Un Gin Lemon - dissi al cameriere. Contemporaneamente un'altra voce ordinare da bere.
- Dammi un Long Island -. Mi voltai e lo vidi, era seduto su uno sgabellino in pelle, indossava dei jeans e una camicia azzurra con le maniche risvolte fino all'avambraccio con al piede le solite vans nere. Girò lo sguardo verso di me e ci guardammo per alcuni secondi quando arrivarono i nostri rispettivi cocktail. Io una semplice bevanda al limone mentre lui uno dei cocktail più forti che esistano. - Riesci a sopportarlo - alzò lo sguardo verso di me - certamente - rispose per poi ritornare con lo sguardo sul bicchiere ingerendo tutto d'un sorso la bevanda. Lo guardai sbalordita - perché mi hai rivolto la parola ? - mi domandò con tono acido - perché non dovrei farlo ? -. - Forse perché sono Leòn Vargas -. - E che male c'è ? -. Mi sorrise e ne rimasi incantata, - Non avrei mai pensato che Violetta Castillo mi avrebbe mai rivolto la parola - continuò ordinando un altro cocktail - io non avrei mai pensato che tu parlassi con qualcuno - risposi trattenendo un sorriso, bevve tutto d'un sorso anche il secondo bicchiere e fece una smorfia con le labbra. Improvvisamente Francesca si allacciò alla sua schiena e lo invitò a ballare stranamente accettò, mi rivolse un ultimo sorriso e si immerse nella folla con Francesca. Ammetto di esserci rimasta male stavamo intrattenendo una ' Bella? ' conversazione.
- Ehi piccola, vedo che già ti sei data da fare - sentì le braccia di Diego avvolgermi per la vita e il suo respiro infrangersi sul collo - balliamo ? - gli domandai.
Mi sorrise e mi prese la mano trasportandomi in pista. La musica era alta e Diego si muoveva ad animale strusciandosi contro il mio corpo mentre la mia attenzione era posta su Leòn e Francesca che ridevano e scherzavano con Camilla, Maxi, Nata e Seba. - Che hai ? - mi sussurrò all'orecchio - niente - risposi passandomi una mano sul viso - io vado a giocare a ping pong con i ragazzi ci vediamo dopo - disse dandomi un bacio a fior di labbra.
Stanca mi avvicinai ai divanetti in pelle. - Ti va di ballare ? - alzai per l'ennesima volta lo sguardo e incrociai i suoi magnifici occhi - c... certo - balbettai.
Eravamo l'uno attaccato all'altro, le sue braccia mi circondavano la vita mentre le mie erano allacciate al suo collo, appoggiai il capo sulla sua spalla e mi lasciai trasportare dalla musica.
Improvvisamente lo sentì staccarsi con forza e nemmeno il tempo di riaprire gli occhi che vidi Diego lanciargli un pugno in faccia. Cadde per terra e l'attenzione era posta su di lui, Diego mi lanciò un'occhiataccia e poi si avventò su Leòn cercai di staccarli ma niente, tutti erano impegnati a guardare e nessuno cercava di aiutarmi - basta Diego, basta - urlai, cercai di fermarli fino a quando il proprietario del locale e i buttafuori li dividero. In pochi secondi vidi il volto di Leòn sfregiato dai pugni mentre Diego era solo rosso in viso.
Le guardie li buttarono fuori e io li raggiunsi accompagnata da Francesca e Camilla.
- Ma si può sapere che cazzo fai ? - domandai furiosa - tu che cazzo fai ? ti lascio due minuti sola e nemmeno il tempo di sederti che già ti allacci ad un coglione come questo - sembrava fuori di se, Leòn invece era già scappato via.





Angolo Autrice : Ciao a tutti. Questa è la mia prima storia e davvero non so che fare non la vedo una storia qualificata per essere una bella storia. Non so se continuarla o cancellarla dipende se a voi piace ed infatti mi sono posta un traguardo e se non dovessi raggiungerlo cancellerò la storia.
Passiamo al capitolo. Non so come mi sia uscita questa idea ma mi è uscita e questa è l'importante.
Beh non so non h nient'altro da aggiungere spero lo facciate voi.
Ciao ciao.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2. ***


Eres mi mayor peligro.
Capitolo 2.


Il giorno seguente tutto era cominciato male. Io e Diego avevamo litigato, Francesca non mi rivolgeva più la parola e Leòn non si era ancora fatto vivo.
Non che me ne importasse più di tanto ma era stato ' pestato ' per colpa mia diciamocelo, ancora non riesco a togliermi dalla testa l'immagine del suo viso ricoperto di lividi, e pensare che tutto era incominciato con una semplice chiacchierata per poi finire con una rissa per non si sa quale motivo. Certo non per gelosia ho sempre ribadito a Diego che non avevo intenzione di intraprendere una vera e propria relazione ma rimanere su quel filo su cui camminavamo da almeno sei mesi.
- Guarda guarda, la rubacuori - sentì una voce conosciuta alle mie spalle e di scatto mi voltai - non fa ridere Cami, davvero, non fa ridere - ripetei mentre lei era piegata in due dalle risate,
- dovresti vedere la tua faccia Vilu che c'è per pensare a Vargas ora non riesci neanche a dormire ? -. - Oggi sei proprio spiritosa eh ? comunque Leòn non c'entra niente mio padre è stato sveglio fino alle cinque a litigare con mia madre per telefono e le urla si sentivano fino in camera mia -. - Aspetta un momento, da quando Vargas è diventato Leòn ? - la osservai per un momento e sospirai - basta Cami ! La cosa è seria per colpa di uno stupido ballo Fran non mi rivolge la parola e Diego mi ignora come se non esistessi in più mi sento in colpa per tutto quello che è successo, se Leòn in questo momento ha il viso sfregiato è per colpa mia. Se non avessi accettato la sua proposta in questo momento tutto starebbe andando per il meglio: Io e Diego ci saremmo salutati con la solita ' limonata ', con Fran sarebbe tutto a posto e Leòn sarebbe seduto per terra vicino all'angolino del muro con le cuffie nelle orecchie, l'album da disegno fra le mani e senza nessuno livido sul volto... almeno nessuno provocatogli da Diego - in quel momento mi liberai di tutti i miei pensieri - va bene, prima di tutto prendi fiato e poi questa storia che è tutta colpa tua è davvero assurda, insomma da quando sei così Vilu ? cosa sta succedendo ? dov'è la Violetta senza pensieri, la ragazza che sculettava tutti i giorni per i corridoi fregandosene di tutto e di tutti, quella che non rispettava le regole, quella che non esitava a mortificare qualcuno perché era vestito male. Che hai Vilu ? - in effetti Camilla aveva ragione. Dove era finita la mia superbia, la mia superiorità, il mio fascino da cheerleader. Dovevo ritornare la Violetta di sempre, quella a cui non importa dei sentimenti altrui, quella a cui importa solo di se stessa.
- Hai ragione Cami, perché preoccuparmi tanto. Sono Violetta Castillo cavolo, sono la capo cheerleader -. - No aspetta ! Io non volevo dire che dovevi ritornare quella di prima volevo solo sapere dove era finita - disse cercando di fermarmi, ma il tentativo era inutile quanto le parole sprecate, ero già per i corridoi a pavoneggiarmi come non mai.
Top, minigonna, scarpe da ginnastica e sorriso smagliante Violetta Castillo era tornata all'attacco.


L'aula di scienze era vuota, le sedie erano in perfetto ordine, i banchi puliti e le scritte sui muri erano state ricoperte da vernice bianca. 
- Ma guarda - dissi girando su me stessa per poter osservare meglio l'aula pulita e messa in ordine - bella vero ? - girai lo sguardo ed incontrai il viso di Diego a due centimetri dal mio,
- pensavo fossi arrabbiato - sussurrai girandomi dal lato opposto - senti lo so di aver sbagliato e me ne pento ma l'ho fatto solo perché mi rodeva e non poco vederti attaccata a quel criminale di Vargas. Avevo paura per te. Vedi com'è finita Francesca per essersi presa una sbandata per lui ? beh se non l'avessi notato ora è in cortile a riempirsi di caramelle gommose quasi come se ci fosse stato qualcosa tra loro, io non voglio dire che tu sia vulnerabile come lei anzi... ma il fatto è che io non voglio perderti per un fottuto poveraccio che viene a scuola pieno di lividi per chissà quali motivi. Se tu non l'avessi ancora notato io ci tengo a te - rimasi stupita dalle sue parole, così dolci, così sincere soprattutto perché erano uscite dalla sua bocca. Dalla bocca di Diego Hernandez. Gli allacciai le braccia al collo, gli lasciai un tenero bacio sulle labbra, lo strinsi a me, inspirai il suo odore: Acqua di colonia e poggiai il capo nell'incavo del suo collo.
- Non avrei mai pensato di udire parole così poetiche uscire dalle tue labbra. Mi hai stupita Diego - sussurrai questa volta poggiando il mento sulla sua spalla, lo sentì sorridere per poi stringermi a se circondandomi la vita con il braccio destro. Chiusi gli occhi e rimasi qualche secondo a godermi quel momento.
A farmi riaprire gli occhi fu un tonfo provenire dal fondo della classe. Era Leòn. Cuffie e cappuccio in testa, questa volta la felpa era aperta facendo così notare la maglietta blu che portava sotto ma ad attirare la mia attenzione fu il braccio fasciato, ero sicura che Diego lo avesse colpito solo in viso che difatti era ricoperto di lividi. Lentamente Diego si allontanò e si avvicinò a Leòn. - Senti scusa per ieri, io... davvero non volevo ridurti così ma ero accecato dalla rabbia. Sapere che il livido sull'occhio mi fa un male cane ti fa star meglio ? o preferisci colpirmi un'altra volta, scegli tu sono pronto a qualunque cosa per farmi perdonare - il mio sguardo era posto su di loro. Diego aspettava la sua risposta ma lui non fece niente stette per qualche secondo a guardarlo e poi si gettò sulla sedia abbassando lo sguardo verso il suo cellulare. Diego sospirò rassegnato e allargando le braccia in segno di resa disse - potresti almeno rispondermi ! So che parlare non è il tuo forte ma è possibile che è da quasi tre anni che ci conosciamo e non ho mai sentito la tua voce ? -. Beh la sua voce. La sua voce è una delle voci più belle sulla faccia della terra, una voce da ragazzo adulto, un po' da ragazzo duro il quale era. Alzò lo sguardo verso lui e in quel momento intravidi la ispida barbetta che gli circondava il volto partendo dai capelli ad arrivare al mento e il suo piercing a forma di anello sul labbro inferiore - non credo di avere niente da dirti. Mi hai preso di mira perché sono diverso prendendomi per il culo sei giorni su sette, dandomi del drogato e del pazzo, scherzando sulla mia vita come se fosse un gioco, sai Hernandez per quante volte avessi voluto e potuto prenderti a pugni non l'ho fatto perché non mi sarei mai abbassato ai tuoi livelli e per quanto volessi farlo adesso non lo farò. Tu e quei quattro coglioni montati che ti ronzano attorno non fate altro rendere la mia vita uno schifo più di quanto già non fosse, mi chiamate pazzo solo perché non sono come voi. Non sono un figlio di papà e sono fiero di non esserlo perché io un padre nemmeno ce l'ho. Non hai mai sentito la mia voce in tre anni perché non ho mai avuto niente da dirti perché se l'avessi fatto ti avrei fatto più male con le parole che con i pugni, pensi che io sia un fragile ragazzo che in vita sua non ha mai spezzato le gambe a qualcuno ma credimi sono stato capace di fare cose che tu nemmeno riusciresti ad immaginarti, se lo avessi voluto ti avrei spezzato le braccia dal primo giorno - rimasi di colpo alle sue parole la sua voce era così calma e ferma, stringeva tra le sue mani la camicia di Diego che era come immobilizzato colpito dalle sue forti parole. Avevo una voglia matta di correre da lui e stringerlo con tutte le mie forze, avevo le lacrime agli occhi più lo guardavo e più avevo voglia di difenderlo come si fa come un cucciolo abbandonato. In quell'istante lasciò la camicia di Diego che come spaventato indietreggiò di qualche metro. - Adesso sei tu quello che non ha il coraggio di parlare. Non dovrei accettare le tue scuse ne stringerti la mano in segno di resa e infatti non lo farò anche perché poi se le accettasi che cambierebbe ? ti farei solo un favore no ? non tutti i cani scappano con la coda tra le gambe ma sembra che tu lo stia facendo. Credi di essere superiore perché sei nella squadra di basket e non ti fai scrupoli a pestare la gente ? io non lo farei. Dal primo giorno che sono entrato qua dentro sarei potuto essere uno dei ragazzi più titolati qua dentro solo per averti reso invalido, ma non l'ho fatto solo per due motivi uno di questi già l'ho detto e non lo ripeterò il secondo è perché mi sarei potuto portare sulla coscienza un'altra persona e ne ho già troppe per essere un diciassettenne - se prima ero rimasta di colpo in quel momento rimasi pietrificata. Lui aveva ragione in tutto, ogni sua parola aveva un significato preciso, ogni sua parola faceva parte del suo significato di " Esistere ". Mi sentivo uno straccio, solo perché sapevo di essere stata una persona non degna di essere persona nei suoi confronti. - A... a... andiamo Violetta, prendiamo qualcosa al bar - afferrai la mano di Diego e lanciai un ultimo sguardo verso Leòn che era ritornato al suo posto come se niente fosse.


- Mi sento una merda Vilu. Aveva ragione le sue parole mi hanno fatto male più dei pugni, mi sento sporco, mi sento vuoto. Ma che sono diventato ? perché le sue parole mi hanno distrutto ? - sospirai e bevvi un sorso del succo alla pesca che avevo ordinato al bar - se potessi darti una risposta lo farei ma sinceramente non so nemmeno io cosa dire - risposi abbassando lo sguardo. - Parliamo d'altro. A che ora ti passo a prendere questo pomeriggio ? - corrugai la fronte - dai Vilu non puoi essertelo scordato. Questa sera. Cinema. Tu. Io. -. - Si scusa è che non ci ho fatto proprio attenzione non che non mi piaccia l'dea sia chiaro. Comunque potresti venire verso le sei e trenta -. - Bene allora alle sei e trenta sotto casa tua - rispose sorridendo,
- Andiamo in classe, stanno per cominciare le lezioni -. Gli circondai il busto con le braccia e ci avviammo in classe.
Questa volta la classe era piena, ognuno aveva già preso posto al suo banco. Francesca al primo banco con Ludmilla, Maxi e Marco dietro e ancora dopo Seba e Federico. Infondo alla classe invece c'era lui. Non aveva un compagno, era sempre solo spesso Maxi, Marco, Seba e Federico avevano cercato di allacciare rapporti con lui ma era sempre molto restio non amava la compagnia, stava sempre per le sue l'unico suo compagno era quello skateboard nero con i teschi che si portava dietro ogni giorno. Era come un compagno di viaggio per lui, spesso quando papà mi accompagnava a scuola lo vedevo girovagare sullo skateboard sia con la pioggia che con il sole e so che può sembrare strano ma anche quando cadevano fiocchi di neve.
Mi posizionai al mio posto accanto a Camilla. 
Durante la lezione di scienze lo sguardo di Francesca era sempre posto su Leòn che stava incidendo qualcosa con le forbici sul banco. Devo ammettere che anche io non riuscivo a staccare gli occhi da lui e infatti se ne accorse anche Camilla che ogni tanto mi dava delle gomitate.
- Ma la vuoi finire - sussurrai all'orecchio della mia compagna di banco - Vilu non so se te ne rendi conto ma Vargas prima o poi lo consumi - continuò lei - ma che stupidaggini vai dicen...-.
- Torres, Castillo volete farci presenti della vostra conversazione ? - domandò il professor Galindo - cose personali prof. Cose che non la riguardano - risposi giocherellando con una matita,
- Castillo spostati vicino a Vargas - a quell'affermazione spalancai gli occhi, tutti ma Leòn no ! Presi la mia roba e mi avvicinai al suo banco. Le forbici erano posate sul banco mentre lui aveva poggiato la testa al muro, mi accomodai sulla sedia e cercai di prestare attenzione alla lezione del professor Galindo.
Stare così vicina a lui dopo l'accaduto mi rendeva ancora più nervosa di ieri notte, aveva il braccio poggiato sul banco e le maniche della felpa erano arrotolate fin sotto il gomito, le vene che aveva sul braccio erano visibili come se sotto il tessuto epiteliale non ci fosse né grasso né sangue, non aveva molti peli ma quelli che c'erano erano ben visibili per il loro colore scuro, intravidi un tatuaggio sull'avambraccio interno non riuscì a vedere se era una scritta o un'immagine.
Aveva gli occhi chiusi ma sentivo il suo sguardo su di me.
- Bene ragazzi oggi ho intenzione di farvi lavorare ad un progetto. Non di scienze. Questo è un progetto sociale. Per quanto in questi tre anni abbia cercato di unirvi intendo come classe non ho ricevuto ottimi risultati, quindi ho deciso di formare tre gruppi ognuno formato da quattro persone, faremo un sorteggio quindi non voglio lamentele. Questo progetto consiste nel conoscervi l'un l'altro almeno iniziando con dei gruppi, vi incontrerete due volte a settimana avrete a disposizione un mese, voglio che in queste settimane voi prendiate appunti sulle vite dei vostri compagni basandovi sulle informazioni che loro vi forniranno alla fine ognuno di voi leggerà qui davanti a tutti la propria relazione. Incominciamo col primo gruppo - il professor Galindo sembrava molto deciso e devo dire che per la prima volta sono d'accordo con lui conoscere la vita o almeno qualcosa sulla vita delle persone che ' vivono ' con te l'esperienza dell'inferno è una cosa interessante. Girai lo sguardo verso Leòn che probabilmente si era addormentato - Allora il primo gruppo sarà composto da: Marco Tavelli, Sebastian Lopez, Camilla Torres e Elena Navarro. Il secondo gruppo: Leòn Vargas, Francesca Cauviglia, Diego Hernandez e Violetta Castillo. Terzo gruppo: Brodwey Nascimento, Natalia Navarro, Maximiliano Ponte e Ludmilla Ferro. - dopo l'annuncio dei gruppi suonò la campanella.
Mi alzai e lanciai un ultimo sguardo a Leòn che ormai era caduto in un sonno profondo.
- Ehi almeno stiamo nello stesso gruppo - sussurrai all'orecchio di Diego, sorrise e mi cinse la vita - credo che il nostro primo incontro sarà molto impegnativo - continuò lui con fare malizioso,
stavamo per far combaciare le nostre labbra in un bacio passionale ma venimmo interrotti da Francesca - è inutile che ve lo dica la prima settimana sto io con Leòn - aveva un'aria felice spruzzava gioia da tutti i pori - per me va bene - rispose Diego rivolgendomi uno sguardo - bene allora è deciso. Io e Leòn - anche se non lo davo a vedere stavo impazzendo, avrei voluto essere io in coppia con Leòn insomma solo per conoscere la sua storia non per altro sia chiaro. 


Quel pomeriggio ritornai a casa a piedi. Diego era dovuto rimanere a scuola per gli allenamenti e mio padre usciva tardi dal lavoro. Odiavo con tutta me stessa tornare a casa a piedi, era stancante oltre che noioso e anche pericoloso anche se abitavo nelle strade più protette della città per arrivare a casa dovevo passare comunque per La Boca uno dei quartieri più pericolosi, lì vi si trovavano locali come birrerie, night club, sale giochi ma la cosa che spaventava di più era " La tana del lupo " il cosiddetto locale della morte. Ragazzi e uomini di tutto l'età andavano lì per morire o per veder morire. Lì non c'erano regole potevi uccidere il tuo avversario come se niente fosse erano scontri fino all'ultimo sangue. So queste cose perché mio padre ha fatto chiudere molti di questi locali ma La tana del lupo era impossibile chiuderla aveva un giro di persone da far invidia perfino ai locali di New York.
Vidi un uomo posare lo sguardo su di me per poi sorridere, spaventata accellerai il passo.
- Ehi bambolina dove corri - era visibilmente ubriaco la puzza di alcool la si poteva sentire anche a metri di distanza - non scappare - continuò avvicinandosi sempre di più, d'un tratto sentì un braccio cingermi le spalle e un profumo di tabacco inebriarmi le narici - lei è con me Gordo - riconobbi la sua voce calma e distaccata - io... non lo sapevo, scusa ragazzina - si scusò il gigantone ubriaco. Strinse ancora di più la presa e continuò la strada. - Non dovresti camminare per queste vie sola - disse tenendo lo sguardo fisso sulla strada - io non sapevo che strada imboccare per tornare a casa - sussurrai in preda al panico per la vicinanza dei nostri corpi - è lontano da qua ad arrivare a casa tua -. - Come fai a sapere dove abito -. - Come se nessuno conoscesse casa Castillo - sorrisi al suo tono ironico avevamo superato La Boca ma il suo braccio cingeva ancora le mie spalle, mi piaceva il suo odore di tabacco ma la cosa più strana era che sentire il suo corpo così vicino al mio mi faceva sentire bene, protetta come da uno scudo.
- Mi dispiace per ieri... - dissi appoggiando istintivamente il capo sul suo petto - non preoccuparti - rispose continuando a camminare per la retta via, alzai lo sguardo per osservare il suo volto,
il suo occhio era viola e il labbro era spaccato senza volerlo il mio naso sfiorò la sua barba.
- Sta piovendo - sussurrai stringendomi alla sua maglia, d'un tratto si fermò allentando la presa veloce mente si sfilò la felpa e la poggiò sulle mie spalle, rimasi zitta per tutto il tempo, una volta avermi poggiato la felpa tornò a circondare le mie spalle.
Mentre stavamo camminando una macchina si fermò al nostro fianco bussando il clacson. Un uomo  sulla trentina dai capelli mori e il volto ricoperto di barba.
Leòn girò lo sguardo verso me e accennò un sorriso - scusa ma ora devo andare - disse scostando il braccio per poi avvicinarsi all'auto - aspetta la felpa - urlai, lui fece un cenno con la mano e poi salì sul mezzo. Guardai la macchina andare avanti mentre svoltai nella stradina della " Lion Statium ".
Rientrai in casa e corsi in camera a cambiarmi per l'appuntamento con Diego. Prima di sfilarmi la felpa la strinsi a me per conservare nelle mie narici il suo profumo.
Leòn Vargas sei letteralmente in pole position nella mia mente.



Angolo Autrice: Ciao a tutti ragazzi !!!! Come state ? spero bene. Prima di tutto volevo ringraziare tutti coloro che hanno inserito la storia tra le seguite e le preferite ma soprattutto chi ha recensito che sicuramente mi ha aiutato a fare un passo in più per continuare la storia. Grazie a tutti.
Non so se questo capitolo vi sia piaciuto quanto vi sia piaciuto il primo ( per quanto ho letto nelle recensioni ). In più mi volevo scusare con le ragazze che hanno recensito e a cui non ho avuto il tempo di rispondere. Non so ma la cosa che mi ha colpito di più in questo capitolo sono le parole di Leòn, non so voi ma mi hanno toccato.
Bene spero che questo capitolo sia di vostro gradimento, scusate per eventuali errori grammaticali o di battitura ma non ho riletto la storia nel caso dopo possa rileggerla e trovare errori riposterò il capitolo corretto. 
Grazie ancora, baci a tutti voi.
Ciao !!!!!!

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Capitolo 3
*** Capitolo 3. ***


Eres mi mayor peligro.
Capitolo 2.


Pioveva e la mia uscita con Diego era saltata, ma la cosa peggiore era che quel giorno sarei dovuta andare a casa di mia madre e del suo compagno.
I miei genitori divorziarono quando io ero ancora una bambina, rimasi a vivere con mio padre perché mia madre era troppo impegnata a girare il mondo con il suo nuovo compagno. Ora dopo dieci anni si sono stabiliti in una villetta nella parte collinare della città. Ho sempre pensato che per mia madre io fossi solo un problema dopo il divorzio con papà, con il suo ritorno era intenta a recuperare tutto quello che non abbiamo condiviso in questi anni ma io non sarei mai stata dalla sua parte. Mio padre era come un ancora di salvezza, la luce durante un periodo buio invece mia madre era come il mare in cui affogare e il buio in cui sparire.
Il nuovo marito di mia madre era un Project manager nel settore energetico ovvero colui che si occupa di un'azienda e tutti i progetti che la riguardano inutile dire che i soldi gli escono dalle mutande e per di più aveva una figlia, una ragazza poco più piccola di me che viveva in Messico con sua madre, non l'ho mai conosciuta e sinceramente spero di non conoscerla.
- Vilu tua madre è giù che ti aspetta - sentì la voce di mio padre e a mala voglia scesi le scale. - Ma devo andarci per forza ? - mi lamentai correndo ad abbracciare mio padre, lui sorrise e mi accarezzò il capo - Mi dispiace ma ti tocca è pur sempre tua madre -. - Preferirei che non lo fosse - sciolse l'abbraccio e prese il mio viso tra le mani - non dire così, e adesso vai e stendili tutti e due con tanto di camerieri e maggiordomi - sorrisi e lo strinsi a me per una seconda volta. Salutai Olga e Roberto e mi avviai verso il cortile. La limousine era parcheggiata nel vialetto, sospirai e mi avvicinai ad essa, aprì la porta e ci entrai. 
- Vilu! - sentì la voce di mia madre che era seduta difronte a me - ciao - risposi noncurante - mi sei mancata così tanto - con un passo felpato si posizionò al mio fianco e mi stritolò con un forte abbraccio, cercai di staccarmi ma il mio tentativo fu invano, era strano per la prima volta dopo dieci anni mi madre cerca di trasmettermi tutto il suo amore nei miei confronti.
- Ok, manteniamo le distanze Maria - dissi sciogliendo l'abbraccio. Non credo sia giusto chiamarla mamma lei non c'è stata per me, non ha fatto il suo dovere e adesso non vedo il perché di non chiamarla mamma. - Ehm...scusa hai ragione - rispose imbarazzata - allora...come sta andando la scuola -. - Come al solito. Oh scusa tu non sai cosa significa " come al solito "-.
- Senti Vilu lo so non... - non la lasciai finire di parlare - non fa niente - e detto questo infilai le cuffie nelle orecchie e osservai la strada.
La nebbia copriva tutto il bel paesaggio che si presentava fuori la macchina, la pioggia rigava i vetri e il vento bussava ai finestrini, mentre l'auto correva per le strade il mio sguardo cadde su una sagoma, passai una mano sul finestrino appannato e lo ripulì. Era lui. Appoggiato al semaforo, indossava una semplice maglia blu e i soliti jeans strappati, il ciuffo era bagnato e quindi gli era sceso sul viso, come al solito aveva le mani nelle tasche, si accorse di me e per un millesimo di secondo i nostri sguardi si incrociarono per una secondo volta. La macchina continuò ad andare avanti mentre lui rimase lì fermo ad osservare la pioggia. Sospirai e tornai a guardare avanti. Leòn Vargas e chi l'avrebbe mai detto, non avrei mai pensato che un giorno quel ragazzo tanto silenzioso e introverso potesse interessarmi. - Lo conosci - mi voltai verso mia madre - intendo quel ragazzo - continuò - è solo un compagno di scuola -.
Il viaggio proseguì molto silenziosamente, e il tempo si rimise in sesto.
Scesi dall'auto e mi ritrovai difronte un enorme casa fatta in pietra, circondata da un immenso giardino.
Un uomo in giacca e cravatta uscì sorridente dalla porta intuì che era Fernando il marito di mia madre. - Ciao Violetta ! E' un piacere conoscerti - disse porgendomi la mano.
Si può dire che è un uomo affascinante, occhi azzurri, capelli mori tirati indietro col gel e un sorriso smagliante. Sull'uscio della porta intravidi una ragazza, bassina dal fisico esile, capelli corti castani e occhi del medesimo colore. - Vieni ti presento mia figlia - continuò accompagnandomi dentro casa.
Una casa grande decorata con cose di valore, foto di famiglia, quadri di artisti famosi, una bella casa. 
- Violetta lei è Gery mia figlia. Gery lei è Violetta la figlia di Maria - mi porse la mano ma la ignorai. Già non mi andava a genio che mia madre si fosse risposata poi ci si metteva anche la figlia del suo nuovo marito peggio di così non poteva andare.
Eravamo seduti a tavola a consumare ognuno i propri pasti. Una cena abbastanza silenziosa, io giravo e rigiravo la forchetta nel piatto, mia madre continuava a fissare il vuoto, Fernando era impegnato a parlare al telefono e Gery continuava a fissare l'acqua nel bicchiere. - Allora Violetta sai Gery frequenterà la tua stessa scuola - Fernando era appena ritornato al suo posto e sorridente mi diede questa " bella " notizia - incomincerà da domani magari potresti accompagnarla visto che tu la conosci come le tue tasche no ? - mi voltai verso Fernando e finsi un sorriso
certo che farsi vedere in giro con una ragazza del secondo anno non era il massimo soprattutto per la capo cheerleader - sarà un piacere - risposi lasciando cadere la forchetta nel piatto
- vedi Gery hai già una nuova amica - disse Fernando sorridente alla figlia.
Dopo la cena Gery mi fece visitare la casa, una ragazza molto ma molto silenziosa timida come una tartaruga che si nasconde nel guscio - e infine questa è la mia camera - sorpassai la porta e rimasi incantata dalla stanza che mi si presentava d'avanti agli occhi. Luminosa, pareti color azzurro cielo con sfumature bianche, una grande libreria in legno bianco, una scrivania dello stesso colore e due letti a baldacchino. - Ti piace? - mi domandò facendosi spazio per entrare - è davvero una bella camera - risposi sorridendole inutile dire che ricambiò il sorriso.
Dopo nemmeno dieci minuti ci ritrovammo a scherzare l'una sul proprio letto e a ridere come due bambine.
- Ammetto di non essermi mai divertita così tanto nemmeno con le mie migliori amiche - dissi poggiando il capo sul cuscino. A dir la verità Gery non era poi così tanto male né aveva da raccontare molte di avventure vissute con suo padre e di quanto sia sbadato in un certo senso mi faceva ricordare un po' me e papà.
- Vilu ma com'è la scuola qui, insomma tutte le scuole sono diverse e questa com'è ? -. - Se ti piace studiare allora credimi è perfetta per te, l'unica cosa bella di questa scuola sono i laboratori, c'è quello di musica, di teatro, di basket, di arte diciamo che è ricca di queste cose -. - No ma davvero? C'è il laboratorio di teatro? Non perderò tempo ad iscrivermi - rispose sorridente - per il resto non è niente male - dissi stringendo il cuscino a me.
Erano le tre di notte e stranamente non riuscivo a dormire, il mio cervello era sovrastato dai pensieri tanto da non spegnersi e darmi pace. Forse solo un pensiero avrei voluto non cancellare in quel momento: Leòn, e la possibilità che Francesca possa essergli tanto simpatica da starci insieme se non fosse cambiato così tanto magari questi pensieri non li farei nemmeno, ma come dire è l'unico ragazzo che mi interessi d'avvero e per quanto possa essere sfacciata con tutti i ragazzi di questo mondo con lui mi sento diversa, non mi sento ciò che ero fino a una settimana fa un solo suo sguardo mi ha cambiata, vicino a lui non mi sento determinata come mi sento vicino a Diego tutt'altro mi sento una bambina di nove anni che ha bisogno di protezione e il solo pensiero che magari Francesca o qualsiasi altra ragazza vicino a lui si senta come mi sento io mi fa stare male quasi come se potessi perderlo senza nemmeno possederlo.
Il fatto è che se sono così vulnerabile con un ragazzo con cui a stento ci ho parlato figuriamoci con un ragazzo di cui mi innamorerò follemente sperando che non sia lui, che non sia Vargas.


La mattina seguente raccolsi tutte le mie forze per alzarmi dal letto, non ricordo nemmeno a che ora sia riuscita a chiudere occhio. Io e Gery ci trovavamo fuori il cortile della scuola aspettando il suono della campanella. - Sono così emozionata -.- Ma come fai ad essere emozionata per il tuo primo giorno all'inferno - mi guardò con aria interrogativa - intendo la scuola -.
- A me e sempre piaciuto studiare, scrivere, leggere pensa che nella mia vecchia scuola mi avevano soprannominata " Topo da biblioteca ". Topo per il corpo minuto e da biblioteca te lo lascio immaginare -.- Ma dai. Comunque qui sono anche peggio ma non preoccuparti spargerò voce che sei mia cugina - mi sorrise e mi abbracciò.
- Buongiorno principessa - mi sussurrò una voce calda e profonda ad un orecchio. - Buongiorno anche a te Diego - risposi lasciandogli un bacio sulle labbra.
- Lei è Gery...la figlia del compagno di mia madre. Gery lui è Diego un amico - lei sorrise e gli strinse la mano per poi lanciarmi un occhiata e sussurrarmi qualcosa - sei sicura che sia un amico? gli amici non si guardano così -.- E' una lunga storia. Adesso andiamo -. La trascinai all'interno della scuola e l'accompagnai vicino al suo armadietto.
- Che fortuna! Armadietto vicino alla fontanella - dissi aiutandola a mettere i libri nell'armadietto - la fontanella? davvero voi date conto a queste cose? -.- Noi, anche tu ne fai parte adesso - dissi inserendo l'ultimo libro. - Io vado, mi raccomando buona fortuna - le schioccai un bacio sulla guancia e corsi verso le ragazze che mi stavano aspettando per il primo allenamento.
Mi avvicinai a loro salutandole una ad una. Francesca era emozionata per il suo primo incontro con Leòn e tutte le altre la invidiavano, ma dico io se vi piace così tanto perché non ci parlate insomma capisco è pur sempre il tipo strano ma è un ragazzo normale.
- Lo avete visto ieri? ha fatto il provino per il laboratorio di recitazione anche se è stato il professor Galindo a costringerlo, per recuperare crediti per la maturità -.- Leòn Vargas nel Club di recitazione? stai scherzando a stento parla ora recita pure, io non credo durerà molto - rispose Lara - scusate ma che avete contro Leòn gli sbavate dietro da anni e poi vi permettete di giudicarlo perché non parla, perché non è un mongoloide come uno dei vostri fidanzati che si scoperebbero anche vostra madre voi lo giudicate invece io credo che Leòn sia uno dei tipi più normali qui dentro - rimasi a bocca aperta dallo sfogo di Francesca - a proposito di Leòn, sembra che tua cugina abbia già fatto colpo -. Mi voltai e vidi Leòn e Gery raccogliere i libri da terra, lei era sorridente come una pasqua invece lui era voltato di spalle. Stranamente non era vestito di scuro, indossava un pantalone grigio e una camicia di jeans chiara.
- Vilu di a tua cugina di stare lontana da Leòn - mi sussurrò Francesca all'orecchio. Mi dispiace Fran ma qui sembriamo essere in due a stare lontane da Leòn.
Eravamo seduti in classe questa volta il posto al mio fianco era vuoto Camilla sarebbe entrata più tardi, poggiai la borsa sul banco.
- Vilu tua cugina è peggio di te non sono nemmeno venti minuti che è entrata qui e ha già fatto colpo per di più con Leòn -.- Che c'è Maxi sei geloso? - domandai rivolgendomi a Maxi,
- Maxi sei un gelosone - continuò Seba levandogli il cappello da testa. L'aria divento cupa quando fece la sua entrata in classe, vederlo così faceva strano insomma senza cappuccio, con la camicia, ciuffo sistemato e le scarpe nuove non sembrava Vargas insomma era ancora più sexy di quanto già non fosse.
La giornata volò e con Diego mi avviai verso la classe di Gery per chiederle come era andata. Quando ci trovammo vicino al suo armadietto notammo un gruppo di ragazze che l'avevano circondata, arricciai il naso e cercai di notare il viso delle ragazze, rimasi di stucco. Francesca stava " maltrattando ? " Gery, non so cosa mi successe ma sentì il dovere di intervenire.
Ma proprio mentre stavo per avvicinarmi a loro intervenne lui. - Sparite - disse circondando Gery con un braccio - ho detto sparite - e nemmeno il tempo di riprendere fiato che subito scapparono a gambe levate. Guardai la scena dei ringraziamenti da lontano e ceca dalla gelosia mi avvicinai a loro - grazie Leòn, ma ora dobbiamo andare - dissi prendendo Gery per un braccio - bene allora ci si vede - salutò lei - ok, ciao Vargas - detto questo trascinai Gery via da lì.
- Ma hai visto quant'è carino ? - mi domandò - e indovina partecipa anche al laboratorio di recitazione - annuì con la testa e poi le risposi - senti Gery meglio che stai lontana da Leòn Vargas non è un tipo da frequentare quello -.- Perché a me sembra tanto simpatico - sospirai e lanciai un occhiata a Francesca che da lontano ci osservava - aspetta qui -.
Mi avviai verso Francesca ma lei continuava ad andare avanti con passo svelto, cercai di raggiungerla ma camminava troppo veloce e quando fui capace di raggiungerla sparì tra la folla di ragazzi, d'un tratto sentì qualcuno trascinarmi per il polso e mi ritrovai in un posto buio uno stanzino. Girai lo sguardo e mi ritrovai il suo viso ad un centimetro dal mio.
Deglutì mentre lui rafforzava ancora di più la presa sul mio polso facendomi indietreggiare fino a toccare il muro con la schiena. - Mi è piaciuta la tua scenata di gelosia - sussurrò al mio orecchio, deglutì per una seconda volta per poi alzare lo sguardo e guardarlo negli occhi, il suo sguardo si posò sulle mie labbra, lasciò la presa sul mio polso per poi posare le sue mani sui miei fianchi nemmeno due secondi dopo le sue labbra si posarono sulle mie dando vita ad un bacio lento e dolce, sentì la sua lingua pizzicare le mie labbra così le schiusi per dargli il permesso di entrare, quel bacio lento e dolce poco dopo si trasformò in bacio carico di passione e desiderio. Con uno slancio allacciai le mie gambe al suo giro vita, la sua mano destra si posizionò sulla mia coscia massaggiandola lentamente mentre la mano sinistra era impegnata a massaggiarmi il ventre, freneticamente le mie mani dai suoi capelli si poggiarono sulla sua camicia sbottonando uno ad uno i bottoni. Il fiato stava per mancare ma non avevamo voglia di staccarci quello era un bacio liberatorio ricco di passione quel bacio che aspettavamo entrambi da tempo. Sentì le sue labbra staccarsi dalle mie aprì gli occhi mentre lui li aveva ancora chiusi, lasciò lentamente le mie gambe gli lanciai un ultima occhiata e scappai via.





Angolo Autrice: Ciao a tutti ragazzi. Come va ?. Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e se fosse il contrario vi prego di dirmelo in una recensione o con un messaggio privato.
So che è poco interessante ma mi serviva almeno per introdurre la figura di Gery che sarà un nuovo personaggio anche nella terza stagione della serie e verrà interpretato da Macarena Miguel che personalmente anche se separerà i Leonetta anche se per poco mi piace come persona sembra una ragazza così dolce, ma adesso passiamo alla storia. FINALMENTE Leòn e Vilu si sono baciati anche se lei è scappata cosa succederà ? bho non lo so nemmeno io. Per ultima cosa volevo darvi un AVVISO MOLTO IMPORTANTE non ci sarò per due settimane andrò in vacanza a Madrid ù.ù e non vedo l'ora quindi non aggiornerò per queste due tre settimane, spero che non finirete di seguire la storia. Grazie mille a chi ha recensito, ha chi ha inserito la storia tra le preferite, chi tra le seguite e le ricordate grazie anche a voi che le seguite in silenzio insomma grazie a tutti.
Grandissimi Baci.
 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4. ***


I corridoi erano deserti, gli armadietti riverniciati e il pavimento ripulito. Era strano vedere l'ambiente dove hai trascorso quasi tre anni della tua vita cambiare tutto d'un botto. Ma il fatto più strano era che non ci fosse nessuno, che la scuola fosse deserta. Che mi fossi persa qualche assemblea ? Il fatto stava che non ero mai arrivata in anticipo in vita mia. Non curante del fatto che gli armadietti fossero stati riverniciati mi appoggiai ad uno di esso passandomi una mano per il viso per poi farla scendere fino alla vita. Ero pensierosa. In quel periodo stavo cambiando in un modo radicale, dalla cheerleader senza pensieri con minigonna e coda di cavallo, ad una ragazza sciatta e pensierosa con leggings e maglie lunghe. Il motivo ? Beh non lo sapevo neanche io, era successo tutto all'improvviso un po' come l'amore, ti innamori di una persona senza neanche accorgertene e dovevo ammettere che era ciò che mi stava succedendo con Leòn. Il bacio non ha fatto altro che peggiorare le cose, il fatto che lui abbia avuto bisogno di avere un contatto fisico con le mie labbra mi ha in un certo senso reso felice; che lui potesse provare i miei stessi sentimenti ? Quello non lo sapevo ma doveva esserci una spiegazione non era possibile che un giorno qualunque qualcuno si possa svegliare con l'intenzione di baciare l'altro, beh Leòn era strano e con lui tutto era possibile ma questo era davvero improbabile.
- Ehi - sentì la sua calda voce rimbombare nel corridoio, alzai il capo e intravidi la sua figura in lontananza, questa volta indossava di nuovo i soliti jeans strappati e una felpa, diversa dalla solita perché quella era ancora in mio possesso.
- Ciao - sussurrai spostando lo sguardo sulle mie scarpe. Attraverso il rumore dei suoi passi capì che si stava avvicinando. - Scusa per ieri io non... - non gli diedi nemmeno il tempo di concludere la frase che gli poggiai un dito sulle labbra, rimasimo in silenzio per alcuni secondi quando finalmente presi coraggio ed avvicinai il mio viso al suo - Scusa per essere scappata - sussurrai prima di far combaciare le nostre labbra in un bacio passionale ma allo stesso tempo dolce, le sue labbra sapevano di burro cacao un po' strano per un ragazzo ma mi piaceva - Credo che oggi sia sciopero - sussurrò ad un soffio dalle mie labbra, sorrisi ed allacciai le braccia al suo collo - Meglio così - risposi per poi riavventarmi sulle sue labbra. - Vieni via con me - disse stringendomi fra le sue braccia - Nel senso di: Non tornare a casa - continuò posando alcuni piccoli baci lungo la mascella - è un invito ? - domandai stringendo il suo viso tra le mani - No è un dovere - ridacchiò per poi alzarmi il mento col pollice e baciarmi con dolcezza. - E dove mi porteresti ? -.  - A scoprire il mondo, o almeno Buenos Aires -.
Poco dopo ci ritrovammo a passeggiare per il parco mano nella mano. Diciamo che era tutto un po' strano, affrettato. Era una sensazione diversa, non avevo mai avuto una relazione romantica con: passeggiatine e bacetti di qua e di là, diciamo che con Diego avevamo solo ed esclusivamente rapporti intimi invece adesso con Leòn queste cose sembrano nuove come le sensazioni quando siamo vicini e quando ci baciamo.
- Ti va un gelato o un yogurt, un frullato ? Offro io, ovviamente - disse cingendomi le spalle - tu che preferisci ? -.  - Quello che preferisci tu -.  - Allora un frullato - risposi baciandogli la guancia.
- Sai Leòn, non credo di aver mai provato tutto questo - dissi giocherellando con le sue dita  - in che senso ? -.  - Nel senso che per me è tutto nuovo, è diverso - continuai - Anche per me è tutto nuovo ma non mi creo questi problemi, cerco di vivere al meglio questa situazione che duri o non duri - affermò continuando a fissare la strada, poggiai il capo sulla sua spalla e continuai a camminare. Forse Leòn aveva ragione, dovevo vivere al meglio questa situazione dovevo essere felice, Leòn era il punto giusto per ricominciare. 
- Cosa significa - domandai indicando il suo tatuaggio sulla parte interna del braccio - E' una lunga storia - sorrise baciandomi il capo - Beh ? Ho tutto il tempo -.  - Diciamo che è una storia abbastanza strana. Tutto era incominciato per un litigio con mia madre ma non un litigio qualunque uno di quelli pesanti. Senza tirarla per le lunghe scappai via, cercai di andare il più lontano possibile; non avevo voglia di parlare con nessuno. Mi fermai sotto un porticato e mi appartai sotto un telone di una macelleria, incontrai un senza tetto, mi domandò cosa ci facevo lì, cosa avevo combinato non so per quale giro di parole ci trovammo ad affrontare il concetto della parola vita. Gli domandai se aveva sfruttato tutte le occasioni che la vita gli aveva dato lui semplicemente mi rispose " Lo giuro ho vissuto " rimasi così colpito da quella frase che decisi di tatuarmela, ho scelto l'arabo perché rendeva tutto più significativo -.  - Fammi capire tu ti sei tatuato sul braccio una parola detta da un barbone ? - domandai ridacchiando - Si, e poi si chiamano senza tetto - rispose lui cominciando a dondolarsi facendo così dondolare anche me.
Il frullato alla fine non lo prendemmo eravamo troppo impegnati a passeggiare e a parlare della nostra vita, eravamo così diversi ma alla fine così uguali amavo il suo essere sincero, spontaneo e pacifico anche se sapevo che della sua vita non avrei mai saputo abbastanza non gli chiesi altro, una storia difficile e delle responsabilità troppo grandi per una ragazzo di diciassette anni i miei problemi a confronto dei suoi sembravano così insignificanti forse quella frase " Lo giuro ho vissuto " sarebbe stata adatta a lui, mi piaceva.
- A che pensi ? - domandò lui - Che devo restituirti la felpa - risposi stringendomi alla sua spalla, eravamo seduti su una panchina al parco centrale accoccolati come due bei fidanzatini, ammetto di non aver mai espresso il desiderio di trovare il principe azzurro e fare la ragazza sdolcinata ma con Leòn era diverso provavo piacere a stre con lui, a sentire il suo profumo e a bearmi tra le sue braccia, qualcosa stava cambiando.
- L'hai lavata ? -.  - Ma che domanda è questa -.  - Così mia madre evita di farlo - ridacchiò. - Posso farti una domanda ? - domandai osservando il suo volto - Sputa il rospo -.  - Perché ogni mercoledì dei uomini vengono a cercarti, perché ogni giorno hai sempre qualche livido nuovo -.  - Avevi detto una domanda. Comunque non credo siano cose da raccontare sono fatti miei e basta - il suo viso si fece più cupo, gli occhi persero la loro luminosità e il corpo si fece più rigido  - Va bene - risposi abbassando lo sguardo.


Ero stesa sul mio letto ad osservare il soffitto, inutile dire che ero particolarmente felice anche se avevo qualche preoccupazione; perché Leòn non ha voluto rispondere alla mia domanda ? Che fosse qualcosa di grave, beh speravo con tutta me stessa di no. Sapere che la persona con cui esci non è del tutto sincero con te non migliora le cose in un rapporto, stavamo insieme da poche ore ma era giusto confidarsi sin dal primo momento comunque avevo fiducia in lui e non avevo intenzione di lasciarmelo scappare. Adesso gli unici problemi erano Diego e Francesca per non parlare della reazione di tutti gli altri studenti. La capo cheerleader con " Il bel tenebroso " ovvero Leòn, ma avevo intenzione di cambiare tutto cambiare stile di vita e tra questo lasciare il posto da capo cheerleader la domanda di molti potrebbe essere: Lasciare il posto da capo cheerleader per poter vivere in pace la vita scolastica con il ragazzo che non va a genio a nessuno ? Una pazzia. Può sembrare strano ma si, avevo intenzione di farlo non per la relazione con Leòn quella passava in secondo piano ma per me stessa; non volevo più essere quella ragazzina viziata e presuntuosa che tutti conoscevano, non volevo essere più " Miss Castillo " volevo essere una normale studentessa magari anche sfigata volevo avvicinarmi al mondo di Leòn, era arrivato il momento di imbustare il completino da cheerleader e sciogliere la coda di cavallo, era arrivato il momento di entrare nel mondo dei " Normali esseri viventi ". Si era strano cambiare così da un momento all'altro proprio come la storia tra me e Leòn ma volevo farlo, volevo che tutti mi conoscessero come Violetta non come la capo cheerleader. Cosa sarebbe cambiato ? Che non sarei stata più io a lanciare i frullati in faccia agli altri ma sarebbero stati gli altri a farlo a me.
Sentì il cellulare vibrare sul comodino di fianco al letto, mi sporsi e allungando il braccio riuscì a prenderlo, lessi il numero sul display che segnava " Sconosciuto " così non risposi e lo lasciai squillare.
Non rispondevo mai a numeri sconosciuti semplicemente per risparmiarmi di ripetere sempre le stesse cose: " Non sono interessata, grazie ". Anche se il grazie me lo risparmiavo quasi sempre, diciamo che non amavo gli operatori telefonici ma poverini facevano solo il loro lavoro. Il telefono continuava a squillare incessantemente ma comunque decisi di non rispondere. Mentre poggiai il telefono sul comodino qualcuno bussò alla porta. Un tocco leggero che solo Angie riusciva a fare. - Entra Angie - urlai sistemandomi nuovamente sul letto. La porta si aprì e Angie con aria raggiante entrò in camera. Delicatamente si poggiò al mio fianco accanto al letto.
- Oggi era assemblea o sbaglio ? - domandò poggiando una mano sul mio ginocchio - Si, infatti sono andata a fare un giro in centro con le ragazze - risposi titubante - Ah... quindi non sei stata con quel ragazzo tanto carino, Diego - continuò
- Ehm... no, aveva da fare con suo padre - affermai; ci furono alcuni secondi di silenzio ma poi zia Angie riprese parola - Come va tra voi ? -.  - Usciamo -.  - E nient' altro ? Insomma per i corridoi siete così... come dire " Affiatati " -.  - Zia io credo che questi siano fatti personali - risposi giocherellando con l'elastico dei capelli - oh certo, si scusa. Vado di sotto, ti chiamo er la cena - disse imbarazzata per poi correre verso la porta e scappare via.
Un ticchettio alla finestra mi fece distogliere dai miei pensieri. Non pioveva, non grandinava e non credo che qualcuno lanciasse dei sassolini. Mi affacciai per controllare e ad un centimetro dalla mia faccia vidi Leòn intento ad arrampicarsi alla finestra. - Ma cosa ci fai qui !- esclamai sorpresa - Ti rispondo solo se mi aiuti - si lamentò lui rosso in viso per il troppo sforzo. Gli afferrai un braccio e con il suo aiuto cercai di tirarlo su, cademmo l'uno sopra l'altro un situazione un po' imbarazzante, insomma non eravamo mai stati così a " Stretto " contatto e poi se sarebbe entrato mio padre Leòn non sarebbe uscito vivo dalla mia stanza.
- Ehm... potresti alzarti - sussurrai poggiando le mani sulle sue spalle - Si scusa, hai ragione - si giustificò lui alzandosi in piedi. Quando fummo entrambi in piedi ci salutammo con un semplice " Ciao " eravamo entrambi imbarazzati e poi era comunque  il nostro primo incontro da " Uscenti " dopo quel pomeriggio.
- Cosa ci fai qui ? - domandai cercando di non guardarlo negli occhi - avevo voglia di vederti e siccome non rispondevi alle mie chiamate ho pensato di venire qui da te - si giustificò passandosi la mano sinistra sulla nuca. Sorrisi a quelle parole, sapevo che non era un sorriso normale, era un sorriso da ebete. Mi succedeva ogni volta che Leòn diceva qualcosa di carino e a farmelo notare era stato proprio lui, mi dispiacque ma almeno era stato sincero.
- Non sapevo che eri tu, ti avrei risposto ! - esclamai dispiaciuta - Penso dovremo scambiarci i numeri di telefono - scherzò appoggiandosi alla finestra. Dopo la sua battuta ci fu silenzio per almeno due minuti, lui stava osservando la mia stanza mentre io osservavo lui, avevo una gran voglia di baciarlo ma dovevo contenermi se qualcuno fosse entrato non saprei cosa sarebbe successo.
- Bella camera tua - cercò di attaccare bottone, senza nemmeno rispondergli corsi verso la porta e la chiusi a chiave, lui aggrottò la fronte osservandomi stranito mi avvicinai e gli cinsi il collo con le braccia. - Privacy - sussurrai sulle sue labbra. Un secondo dopo eravamo appoggiati al muro baciandoci appassionatamente - Se i questo momento sarebbe entrato mio padre non saresti uscito vivo - sorrisi - Meglio che non entri allora - continuò lui.
Ci staccammo solo quando entrambi avevamo bisogno di fiato. Aveva le labbra gonfie e rosse, i capelli scompigliati e la sua felpa era sopra la mia scrivania, un po' strana come situazione.
- Vilu, la cena è pronta - sentì mio padre cercare di aprire la porta, presa dal panico lanciai la felpa a Leòn e lo spinsi a scendere dalla finestra - Si papà sto arrivando - dissi sistemandomi i capelli. Salutai Leòn con un bacio, e si ci scambiammo i numeri di telefono. Tutto era andato per il meglio fortunatamente, ma questo devo proprio dirlo - Sono innamorata di Leòn Vargas -.




Angolo Autrice: Ciao a tutti ragazzi. Come avete visto son tornata con un nuovo capitolo, prima di tutto volevo ringraziare tutti coloro che mi hanno inviato messaggi e recensioni chiedendomi di continuare la storia, GRAZIE MILLE mi avete davvero reso felice. Spero che questo capitolo vi sia piaciuto insomma forse è un po' affrettato anche perché tutto è successo così all'improvviso tra la storia tra Leòn e Vilu e poi i cambiamenti di Vilu, voglio sapere cosa ne pensate. Grazie mille ancora e alla prossima.
Baci, SmileRed.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5. ***


Eres mi mayor peligro.
Capitolo 5.

Poggiai l'uniforme da cheerleader sul letto. L'osservai con un velo di tristezza sul volto, perché lo stavo facendo? Leòn non mi aveva fatto alcuna pressione, eppure mi sentivo costretta a farlo. Sospirai e presi lo zaino, Leòn sarebbe dovuto arrivare a momenti. Erano passate quasi due settimane e ancora non avevo parlato con Diego, cercava di nasconderlo ma avevo già capito da tempo che per lui il nostro rapporto era andato oltre la normale amicizia, più di quanto già non fosse. Avevo paura della sua reazione, non era il tipo che riusciva a controllare facilmente i propri impulsi. In un certo senso Diego e Leòn si assomigliavano molto, entrambi erano impulsivi, forse Diego era più duro, irresponsabile ma entrambi testardi. Presi il cellulare ed osservai il display con un messaggio di Leòn. " Sono sotto casa tua. " Con fretta scesi le scale e salutai papà e zia Angie.
“ Aspetta Vilu, vengo con voi ” disse la bionda. Sgranai gli occhi e sorrisi falsamente. “ Angie veramente noi siamo dirette verso casa di Camilla, non sta bene e quindi passiamo a salutarla. ” Né Angie, e né papà sapevano della mia relazione da uscente con Leòn, anche se Angie sembrava sospettare qualcosa. “ Oh, bhe, allora ci vediamo a scuola ” continuò poggiando la borsa sul divano in pelle. Feci un cenno di saluto con la mano e raggiunsi la porta per poi chiuderla alle mie spalle. Una volta attraversato il giardino aprì il cancello e trovai Leòn appoggiato al palo delle luci. Sorrisi timidamente e spostai una ciocca di capelli dietro l'orecchio, mi si avvicinò. “ Buongiorno nanetta ” disse stampandomi un bacio sulle labbra. “ Io sono bassa ma tu non sei da meno ” risposi a tono. Strinsi la bretella dello zaino e lo superai andando avanti a passo lento. “ Siamo una coppia di nanetti ” mormorò con una voce a bambino. Scoppiai in una rumorosa risata che riccheggiò nella isolata stradina. Non eravamo una di quelle coppie esagerate, eravamo semplici e innamorati della nostra semplicità. Per noi dimostrare il nostro affetto era stringerci l'uno all'altra, fare stupide battutine, non certo fare spettacoli da film porno tra la gente, le nostre labbra poche volte avevano il piacere di toccarsi e se lo facevano era in un modo dolce e casto. Cercavamo spesso di mantenere le distanze, non eravamo ancora ufficialmente una coppia. Uscivamo, scherzavamo, semplicemente ci frequentavamo ma a noi andava bene così, non volevamo ancora allargare il compasso. Certo, non eravamo impediti, camminavamo sotto braccio, oppure raramente il suo braccio poggiava sulla mia spalla e le mie circondavano il suo corpo. “ So per certo che non hai fatto colazione ” disse con lo sguardo fisso sulla vetrina del bar. “ E anche se cerchi di nasconderlo sappiamo entrambi che il tuo stomaco ti supplica per essere riempito. ”, “ A dir la verità non ho molta fame ” risposi strofinandomi le braccia per il troppo freddo. “ Anche ieri hai detto la stessa cosa, e alla fine hai finito la mia brioche ” scherzò infilando una mano nelle tasche del jeans. “ Aspettami qui. ” Entrò nel locale e avvicinandosi alla cassa ordinò le due paste cresciute. Dopo pochi secondi uscì con le due Brioche tra le mani. “ Ecco a te, nanetta ” disse porgendomene una. “ Dovresti vedere la tua faccia, sembri un cannibale ” sorrise prendendomi in giro, arrabbiata gli diedi una sberla sul braccio “ Ahia ” si lamentò massaggiandosi la parte dolente. “ Si gela ” dissi addentando la pasta. Lo vidi sfilarsi lo zaino dalle spalle mantenendo la Brioche con la bocca facendo cadere il pezzo di carta che la conteneva, uno di quella specie di fazzoletti di carta che invece di pulirti ti sporcavano ancora di più. “ Vieni ” mi indicò la felpa, “ Avanti, non fare la stupidina ” continuò, mi avvicinai a lui ed infilai le braccia nella sua felpa blu dagli interni in pelliccia, col naso sfiorai il tessuto blu respirando l'odore di tabacco. Adoravo il suo profumo. “ Devi smettere di fumare! ” esclamai stringendomi alla sua felpa “ Tu sei nano per questo! Sai che fumare ad una giovane età rallenta la crescita? ”,“ Io non sono nano. Sono basso, ma non nano ” protestò avvolgendo con un braccio le mie spalle. Ogni volta che lo faceva mi sentivo protetta, le sue non erano braccia muscolose, erano graciline ma perfette, della misura giusta. “ Pero ammettilo, ti piace sniffare le mie felpe ” sussurrò al mio orecchio con tono scherzoso. “ Sai, l'altro ieri Olga pensava che io fumassi. Ciò sembrava una cosa plausibile visto che i tuoi abiti puzzano di tabacco ”,“ Se tu ti coprissi quando esci di casa questo non sarebbe successo ”,“ Resta il fatto che devi smettere di fumare ” protestai accoccolandomi sul suo petto.
“ Ho deciso di lasciare le cheerleader ”,“ Perché? ”,“ Perché da quando sto con te sono diversa, una nuova Violetta, ecco. ” Lo vidi sorridere, mi faceva star bene vederlo sorridere, in realtà stavo bene ogni volta che lui era al mio fianco. Quella di qualche settimana fa era solo una maschera, inutile, il vero Leòn era molto meglio. Dopo il giorno del nostro primo bacio non parlammo più della sua vita privata, si qualcosa sapevo ma non di quella specie. Viveva con sua nonna, sua madre lo aveva lasciato per rifarsi una nuova vita, ciò fece nascere in Leòn il pensiero di essere solo un errore. Tra noi tutto procedeva per il meglio tralasciando il problema ' Diego '. In realtà ce ne erano altri due ' Francesca e Gery ' forse quella più complicata era Francesca visto che Gey aveva iniziato a frequentare Maxi. “ E' arrivato il momento di dividerci ” distolsi la mente dai pensieri e mi accorsi che eravamo a qualche metro dalla scuola. Per non dare nell'occhio ci salutavamo il viale prima della struttura e ci evitavamo per tutta la giornata scolastica. “ Di già ” mi lamentai sbuffando. “ Ci vediamo al solito posto. ”,“ Okay ” mi stampò un bacio sulle labbra “ Ciao caccoletta ” disse per poi allontanarsi. “ Caccoletta! ” esclamai innervosita, in lontananza si girò e mi rivolse un sorriso facendo un cenno con la mano in segno di saluto.

“ Lascio. ” Mi trovavo difronte alla squadra delle cheerleader in palestra, tutte mi osservavano con aria quasi scioccata. Eravamo sedute a cerchio, solita posizione di quando ci arrivavano delle comunicazioni. Anche la coach Bift era rimasta di sasso, sicuramente non se lo aspettava come tutte le altre.
“ Perché! ” esclamò Ludmilla alzandosi di scatto. Osservai il suo viso deluso dall'alto, poi spostai lo sguardo sulla coach a braccia conserte. Deglutì.
“ Ludmilla...io non mi sento più a mio agio con la gonnellina e la coda di cavallo. Sento che sto cambiando, e il cheerleading non mi interessa più ” mi giustificai. “ Ma che stai farneticando! Tu vivi per questo, non puoi non sentirti a tuo agio tu ci sei cresciuta con questa uniforme ” protestò con un tono di voce abbastanza alterato. “ Basta Ludmilla. ” La voce della Bift riccheggiò nella palestra. “ Violetta è libera di fare ciò che vuole. Perderemo un elemento fondamentale, quello principale, la capo cheerleader, ma non possiamo costringerla a rimanere ”. Sospirai e mi guardai intorno, mi dispiaceva lasciare tutto questo, mi piangeva il cuore, ma dovevo, non per Leòn ma per me. Dovevo iniziare a vivere la vita scolastica come un normale sfigata, un po' come Leòn, questo sarebbe stato anche un modo per allontanare Diego, se la mia quasi storia con Leòn sarebbe andata avanti tutti avrebbero dovuto saperlo compresi Diego e Francesca, Diego si era avvicinato a me solo perché ero la capo cheerleader, sicuramente avrebbe fatto lui il primo passo per allontanarsi. Le parole che avevo detto alle ragazze erano vere, lasciai passare due settimane, l'arco di tempo in cui io e Leòn ci frequentavamo, ma in quelle due settimane non cambiò niente, la gonnellina stava cominciando a darmi fastidio e la coda di cavallo a strapparmi i capelli. Avevo smesso di fare la puttanella per la scuola, anche se poi puttanella proprio non ero, solo un po' con Diego. “ Violetta puoi passare domani per consegnarmi l'uniforme ” disse la coach, annuì debolmente e lanciando un'ultima occhiata alle ragazze, che nel frattempo avevano iniziato gli allenamenti, mi avviai verso la grande porta di legno. La chiusi con forza alle mie spalle, lasciandomi qualche rimpianto, avrei voluto vincere con quell'uniforme, ma ormai avevo rinunciato. Percorsi i corridoi raggiungendo il mio armadietto, inserì il codice e lo aprì. Quando spalancai l'anta di metallo mi cadde davanti agli occhi una busta per lettere chiusa da un adesivo a forma di cuore, sorrisi doveva essere Leòn. Scartai la busta ed estrassi il foglietto.
" Ciao Caccoletta, voglio farti una sorpresa. Oggi all'uscita di scuola dì a tuo padre che torni nel pomeriggio, perché te lo scrivo per messaggio o non te lo dico fuori scuola? Ho la batteria scarica, non io il cellulare, vabbè hai capito. Fuori scuola no, perché non mi andava era molto più romantico così, spero che tu abbia letto questo ' messaggio ' prima dell'ultima ora, non so perché, così. Bando alle chance, ci si vede al solito posto.
-Nanetto ”

Sorrisi dolcemente a quelle parole, lo frequentavo da due settimane ma già avevo intuito che non era una genio con le parole. Misi la lettera nello zaino, dovevo attaccarla in camera. Ero felice di tutto quello che stava accadendo con Leòn, non avrei mai immaginato di trovare una compatibilità simile con Leòn Vargas. “ Ah finalmente ti ho trovata! ” mi voltai di scatto ed incrociai gli occhi color ghiaccio di Angie. “ Ciao Angie ” la salutai. “ Come mai così di buon umore? ”,“ Sei venuta qui per chiedermi questo? ”, “ Non posso? ” scrollò le spalle “ Va tutto come deve andare ”,“ C'è un ragazzo di mezzo, vero? Scommetto che si tratta di Diego ”,“ Angie, sono fatti miei. Sembri papà, anzi scommetto che ti ha chiesto lui di parlarmi ” scosse il capo in segno di negazione. Angie non era il tipo, ma papà sarebbe riuscito a convincerla con le sue lamentele. “ Angie, ho da fare, parliamo più tardi. Ah torno nel pomeriggio passo da Camilla ” dissi prima di correre a lezione di fisica.



Angolo Autrice: Salve a tutte!!!! Scusate il mio ENORMISSIMO ritardo ma ho avuto parecchi problemi tra questi mi si era rotto i PC, fortunatamente adesso ho un Mac (Evviva). Spero che nessuno di voi si sia scordato di me, fa sempre piacere ricevere messaggi da lettori che seguono la storia.
Come sempre non posso trattenermi molto ma mi volevo soffermare su alcuni punti.
1° Sono state applicate delle modifiche ai personaggi. Leòn è basso (XD) e mingherlino, ha un carattere completamente diverso rispetto agli altri capitoli, nei prossimi capitoli capiremo anche il perché.  Ah, e il nostro Leoncino ha il ciuffo della prima stagione *w*. * sbava *
2° Anche Violetta come Leòn ha subito dei cambiamenti durante queste due settimane che i due si frequentano, il suo carattere in questo piccolo arco di tempo matura e si rende conto che la Violetta che era prima non rispecchiava il suo vero carattere, perciò decide di lasciare le cheerleader.
3° Se non avete capito qualcosa, contattatemi non fatevi problemi.
4° Per le anticipazioni, spero di aver tempo per leggere i messaggi. MI SCUSO CON LA RAGAZZA CHE MI AVEVA CHIESTO DELLE ANTICIPAZIONI PER NON AVERLE RISPOSTO.
Bene spero che il capitolo vi sia piaciuto, scusate gli eventuali errori grammaticali e verbali.
Baci grandi e abbracci calorosi (Con questo freddo)
Ciao a tutti, alla prossima o meglio alle recensioni che o dopo cena a domani risponderò.
 

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6. ***


Eres mi mayor peligro.
Capitolo 6.

“ Vargas potresti dirmi dove mi stai portando! Sono almeno due ore che camminiamo! ” esclamai stizzata. Erano almeno due ore che camminavamo senza meta, continuava a ripetermi che la sorpresa mi sarebbe piaciuta ma sinceramente in quel momento avrei preferito fermarmi. “ Calma nana, manca ancora qualche minuto e non rompere le scatole ” si lamentò roteando gli occhi. Osservai il cammino sbuffando, i miei piedi stavano letteralmente andando a fuoco nonostante il freddo. Avrei potuto intitolare quella 'avventura' "Le grandi idee di Leòn". Attraversare metà della città d'inverno non era il massimo, soprattutto non era romantico! Anche se sinceramente da Leòn non mi sarei mai aspettata qualcosa di romantico, non era quel tipo di ragazzo. Per lui giocare alla palystation insieme era romantico, non mi feci illusioni, non troppe. Mi piaceva fantasticare su di noi, un po' come si fa con i protagonisti di una Serie Tv, non pensavo certo a cosa sdolcinate ma almeno carine, come cenare a lume di candela o una cosa più semplice come andare al cinema. Senza nemmeno accorgermene ci fermammo. Dove ci trovavamo? Era una specie di giardino completamente ricoperto da fiori secchi e alberi spogli, anche se dovevo ammetterlo la vista era stupenda. “ Ti piace? ” mi sussurrò all'orecchio, dopo nemmeno un secondo sentì le sue braccia circondarmi la vita da dietro. “ E stupendo ” dissi sorridendo alla vista del sole che pian piano lasciava il suo posto alla luna. Era inverno e le giornate si accorciavano, erano le cinque del pomeriggio e già stava facendo notte. “ Vieni. ” Mi prese la mano e mi trascinò in una parte indefinita del giardino. “ So che così da un'aria malinconica, ma di primavera è qualcosa di unico. Un po' come te. Quando le giornate sono brutte e le nuvole coprono il cielo, hai sempre un'aria triste. Invece quando il sole splende nel cielo azzurro sei qualcosa di pazzesco, qualcosa che riesce ad illuminare le mie giornate che fino a poco tempo fa erano sempre grigie. Ti ho portata qui per farti capire che grazie alle cose belle le cose brutte rinascono, questo giardino prima che arrivassimo era spento, triste, ora che ci sei tu invece, per me è il posto più caloroso che possa esistere ” rimasi incantata da quelle parole, non avrei mai pensato che il Bel Tenebroso avesse quelle parole nel suo repertorio. Bel Tenebroso già, dall'inizio della nostra relazione tenebroso però, non lo era più. Non nascondo però che avrei voluto sapere di più sul suo passato, ma chissà un giorno me lo avrebbe raccontato. “ E che fai? Non dici niente? ” sorrise poggiando la sua fronte sulla mia. “ Che dovrei dire scusa? ”,“ Non so, qualcosa di poetico. Sono rimasto un'ora a pensare cosa dirti, me le sono addirittura scritte su un foglio per non dimenticarle, e tu invece fai scena muta. Grazie. ” fece il broncio e si allontanò dal mio viso. “ Dai Leòn, sai che non sono brava con le parole ”,“ Già, sai se ripenso a quando invece di scrivere 'Sono' scrissi 'Osno' rido ancora ” scherzò prendendomi in giro. Offesa gli diedi uno schiaffo sul braccio. “ Ahi! ”,“ Così impari ” dissi incrociando le braccia al petto. Lo sentì ridere di gusto sfilando dalla tasca un pacchetto di sigarette. “ Fermo! ” gli strappai la sigaretta dalle dita gettandola per terra. “ Quante altre volte dovrò ripeterti di non fumare, arriverà il giorno in cui accenderò cinque sigarette e te le spegnerò tutte in fronte ” mi fissò divertito mordendosi il labbro inferiore dove si trovava il piercing ad anello. Gli dava un'aria da cattivo ragazzo anche se non lo era per niente, era un orsacchiottino. “ La finezza fa parte di te Vilu, lasciatelo dire. Comunque adesso basta fare storie ti ho portato un regalo ” prese il suo zaino e tirò giù la cerniera, tirò fuori un pacchetto di forma rettangolare abbastanza grande. Ritornò di fianco a me e me lo porse. “ Apri ” mi ordinò. Titubante lo presi tra le mani. “ Non sarà uno dei tuoi stupidi scherzi come quello del babydoll, a mio padre venne un colpo quando il pacco arrivò a casa ” per l'ennesima volta rise ma questa volta sembrasse quasi dover piangere “ Lo scherzo del babydoll, EPICO! ” disse tra una risata e l'altra.
Scartai il pacchetto e mi ritrovai davanti una scatola in carta. Osservai per un'ultima volta Leòn e aprì la scatola. Spalancai gli occhi. “ Così potrai fotografare i nostri momenti migliori ” mi sussurrò all'orecchio con voce seducente. “ Avrai speso un botto ”,“ Non preoccuparti, ho iniziato a lavorare in un bar vicino casa e sono riuscito a racimolare qualche soldo, così con il primo stipendio ho pensato di farti un regalo. Sapevo che ti piace fotografare perché guardando le immagini sul tuo cellulare ho notato foto di paesaggi o oggetti. Sai sei brava ” sorrisi dolcemente osservando l'oggetto, mai nessuno mi aveva fatto un regalo così speciale, mai nessuno mi aveva complimentato per le mie fotografie. “ Aspetta questo vuol dire che hai sbirciato sul mio cellulare ”,“ Ma stai zitta... ” le sue mani si posarono sulle mie guance e sentì la sua bocca posarsi sulla mia, le sue labbra si muovevano dolcemnte sulle mie, come se le pennellassero. Posai le mie mani sulle sue, che in un certo senso era come portarle sulle mie guance. Quando ci staccammo ci guardammo negli occhi sorridendoci. “ Prendi la macchina fotografica e facci una foto ” sussurrò dolcemente sulle mie labbra. Senza pensarci due volte, mi abbassai e presi la macchina dalla scatolo. Lui si appoggiò all'albero cingendomi la vita da dietro poggiando il mento sulla mia spalla facendo la linguaccia, io invece baciavo la sua guancia sinistra. Fecimo tante di quelle foto che persimo il conto, e anche la condizione del tempo. “ Fa freddo ” dissi stringendomi alla sua felpa “ Se domani non ti metti qualcosa di più pesante giuro che ti faccio morire dal freddo ” rispose stringendomi a se. Adoravo quando le sue braccia circondavano il mio corpo, mi sentivo protetta, sembravo una bambina, ma lui era il mio punto debole. “ Mi piace stare con te. Mi piace sentirti vicina, mi piace l'odore dei tuoi capelli, e adoro il tuo essere scontrosa. E mi piace pensare che tu sei il mio presente ” lo strinsi ancora di più, strofinai il volto sul suo maglioncino nero e ispirai il suo profumo. “ Leòn parlami di te, parlami del tuo passato, dammi la possibilità di scavare nei tuoi pensieri ” sussurrai poggiando il capo sul suo petto. Sentì i suoi muscoli irrigidirsi e la sua presa allentarsi. “ Scusa Violetta, ma cre... ” lo interruppi poggiando un dito sulle sue labbra. 
“ Non mi devi nessuna spiegazione, quando sarai pronto lo farai. Adesso godiamoci il momento. ”

Sbadigliai chiudendo la finestra di WahatsApp. Poggiai il cellulare sul comodino. Ero stanca morta, due ore all'andata e due ore al ritorno, in compenso però passai una delle giornate più belle della mia vita. Stare con lui mi rendeva felice, spensierata ma allo stesso tempo dubbiosa. Cosa c'era nel suo passato da farlo rabbrividire solo al pensiero? Avrei voluto tanto saperlo, per aiutarlo, sapevo che quegli uomini, quei lividi, facevano parte di esso, l'idea che Leòn partecipasse a scontri clandestini si faceva spazio nella mia mente. Scossi la testa allontanando quello stupido pensiero, ma se così fosse stato cosa sarebbe accaduto alla nostra relazione? Se un giorno me lo avrebbe raccontato non avrei potuto esser altro che felice, quello dimostrava che si fidava di me, che mi amava. La parola amare è sempre una parola difficile, un verbo troppo complicato da coniugare. Sentivo la sua mancanza, avrei voluto averlo lì con me, sentire la sua voce mi faceva bene, ridere alle sue battute stupide. Il regalo era sicuramente una delle cose più belle, amavo la fotografia da quando avevo iniziato a capire che Leòn mi interessava, passavo le mattinate ad aspettarlo uscire dal cancello per fotografarlo segretamente, in quei giorni cambiai anche il codice del cellulare per far si che né Camilla e soprattutto né Francesca vedessero quelle foto. Francesca e Diego erano ancora gli ostacoli principali, per il compito del professor Galindo la settimana scorsa andai da Diego, mantenni le distanze e sembrava che lui avesse capito che qualcosa non andava. Francesca invece continuava nella lotta spietata per conquistare il cuore di Leòn inviandogli addirittura bigliettini segreti. Leòn pensava fossi io a scrivere quelle cose insensate. Fortunatamente capì che in realtà era Fran. Sentì il cellulare vibrare sul comodino, guardai il display: Camilla. Risposi.
Oh, finalmente eh! E' da due settimane che non ti ci si vede e non ti ci sente, sei sconnessa? Hai per caso dimenticato della mia esistenza?
- Ciao Cami. Scusa, scusa, scusa, è che in questi giorni ho avuto molto da fare, ma non pensare che mi sia dimenticata della mia migliore amica malaticcia. Come stai? E' scesa la febbre?
- Per la tua migliore amica il tempo non lo trovi ma per correre dietro al Bel Tenebroso ne trovi fin troppo, eh? Se te ne fossi accorta questa mattina ero presente in classe! Ero anche seduta al tuo fianco! Perciò ho detto sei sconnessa. Si vede lontano un miglio che state insieme Vilu.
- Come scusa? Come fai a spere di me e Leòn? 
- Sono la tua migliore amica Vilu, dovresti capirle certe cose. Comunque l'ho capito da come vi guardate e perché oggi camminavate per strada mano nella mano. Come fate a nascondere che state insieme se poi camminate mano a mano?
- Il fatto è che non riusciamo a gestirlo Cami, è successo tutto così infretta che non sono riuscita nemmeno a parlartene.
- Parlarmene? Vilu se non lo avessi scoperto io tu non me lo avresti mai detto. Ammetto però che sono felice, ma anche un po' spaventata. Felice perché ti vedo serena, spaventata perché di Leòn non si sa poco e niente e di quello che si sa sono solo cose negative.
- Cami, Leòn è il ragazzo giusto. Non immagini cosa si nasconde dietro quella corazza. Pensa che oggi mi ha anche regalato una macchina fotografica.
- Da quando ti piace la fotografia?
- Da quando ho incominciato ad interessarmi a lui. Mi nascondevo nei cespugli per fotografarlo, e poi fotografavo ogni cosa che me lo ricordava. Sono come ossessionata da Leòn, credo di essere innamorata.
- Credi? Tu sei già partita mia cara, ti sei presa una bella cotta.
- Non riesco a smettere di pensare a lui.
- L'amore, l'amore.
- Vabé dai ci sentiamo domani. Ah e degnami di una parola.
- Okay, a domani.

Chiudo la chiamata e ripongo il cellulare sul comodino. Per un ultima volta osservo le nostre foto che siamo andati a sviluppare durante il tragitto di ritorno. 
Lo amavo?







ANGOLO AUTRICE: Shao a tutti!!!! Come va? Ho aggiornato, in ritardo ma l'ho fatto questo è l'importante. Il capitolo è corto lo so, mi dispiace tantissimo ma questo è quello che ha elaborato la mia mente. Un capitolo LEONETTOSO come sempre, sempre sarà. Per chi mi ha chiesto che vorrebbe sapere di più sul passato di Leòn dovrà aspettare qualche capitolo perché Leòn racconterà del suo passato a Vilu soltanto quando il loro rapporto sarà più stretto. Non posso trattenermi troppo, ci si sente alle recensioni.
Bacioni a tutti!!

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