Long story short, babysitters ain't that bad

di eniiif
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***
Capitolo 5: *** 5 ***
Capitolo 6: *** 6 ***
Capitolo 7: *** 7 ***
Capitolo 8: *** 8 ***
Capitolo 9: *** 9 ***
Capitolo 10: *** 10 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


LONG STORY SHORT, BABYSITTERS AIN'T THAT BAD




1
Nico sbatté i piedi per terra, furioso. Non poteva crederci.
Come si permettevano i suoi genitori di chiamare una babysitter per lui? Aveva quattordici anni, mica dieci, e di sicuro era in grado di badare a se stesso. Come se non bastasse, Bianca aveva avuto il permesso di andare a dormire da quella sua amica, Zoey qualcosa... da sola! Senza il bisogno di una babysitter!
«Smetti di fare il bambino» lo fulminò suo padre, che stava finendo di allacciarsi la giacca, mentre la moglie si sistemava gli orecchini allo specchio.
Nico lanciò un'occhiataccia a sua volta.
«Per l'ennesima volta, papà... sono in grado di badare a me stesso, non ho bisogno di una stupida babysitter!» protestò pestando i piedi per terra.
«Ora basta! Comportati bene mentre siamo via» disse suo padre in tono definitivo. Nico si morse le labbra per non urlare, e sentì gli occhi pizzicargli. Strofinò via le lacrime dovute alla frustrazione con una manica e fece del suo meglio per non buttare giù tutti gli insulsi soprammobili dalla vetrinetta in camera dei suoi genitori.
H. P. (come si faceva chiamare suo padre)  strinse le labbra e lo ignorò, passandogli accanto per uscire. Maria roteò gli occhi al comportamento del marito e si rivolse al figlio.
«Tesoro, non è perché non ci fidiamo di te, ma sette giorni sono troppi per stare da solo...» disse, carezzandogli i capelli.
Nico sbuffò e increspò le labbra.
«Ma ci sarebbe la signora Hudson...» tentò per l'ultima volta, speranzoso.
Maria sorrise e scosse la testa.
«Sei già fortunato che Carrie ti prepari da mangiare per questa settimana, figurati se ha tempo di star dietro a te con tutto quello che ha da fare! E poi, tesoro, ormai abbiamo trovato una babysitter! Non preoccuparti, tuo padre conosce bene i suoi genitori, credo che siano cugini di secondo o terzo grado...» divagò sua madre.
Nico lanciò un'occhiataccia anche a lei.
Maria roteò gli occhi per l'ennesima volta.
«Comportati bene!» lo salutò con un bacio. (Nico si scostò).
«Ciao, figliolo» lo salutò suo padre, che portava le valigie di entrambi, poi i suoi genitori uscirono dalla villa.
Nico si lasciò cadere sul divano, imbronciato, rialzandosi però quasi immediatamente con un gemito, e mentre si massaggiavala schiena dolorante, raccolse l'oggetto che l'aveva ferito.
Quando lo riconobbe, lo scagliò per terra: un portachiavi che gli aveva portato Bianca dalla sua ultima gita scolastica, una piccola freccia d'argento.
Bianca frequentava una scuola privata, il collegio d'élite Saint Artémis, e tornava a casa soltanto due domeniche al mese. Nico era ancora arrabbiato con lei per averlo lasciato indietro.
Mentre divagava col pensiero, il campanello squillò.
Nico si avviò ad aprire di malavoglia, e attese che la babysitter salisse la scalinata per arrivare alla porta d'ingresso.
Quando finalmente Nico si decise ad aprire il portone, rimase di sasso.
Davanti a lui c'era un ragazzo sui diciassette, diciotto anni, alto almeno quindici centimetri più di lui, con un sorriso smagliante sulle labbra.
«Ciao... Nico, giusto? Io sono Percy!» si presentò tendendo una mano.
Nico era ancora troppo scioccato per stringerla. Il ragazzo la tirò indietro dopo qualche secondo, senza perdere il sorriso troppo bianco per essere vero.
Nico continuò a fissarlo inorridito, senza riuscire a spiccicare parola.
Non solo era costretto ad avere una babysitter, ma la babysitter in questione era un maschio?!  
«Quindi... cerco da solo la mia stanza?» fece il ragazzo dondolandosi sui piedi.
Nico, ripresosi, lo gelò con un'occhiataccia.
«Quella lì» disse soltanto, indicando la prima porta a destra nel corridoio.
Il babysitter — Percy — annuì e infilò il borsone dentro alla camera, poi tornò da Nico con quel suo insopportabile sorriso.
«Allora, c'è qualcosa che hai voglia di fare, Nico?» gli chiese.
Il ragazzino alzò gli occhi al cielo.
Sarebbe stata una settimana molto lunga.
 
Qualcuno bussò alla porta della sua camera. Nico sbuffò e non rispose.
«È arrivata la signora Hudson con la cena!» esclamò Percy dall'altra parte della porta.
Nico ragionò. Per la cena avrebbe anche potuto fare un'eccezione e interagire con il babysitter — dei, soltanto quella parola gli faceva venire i brividi.
Il ragazzino uscì dalla sua stanza cercando di evitare il babysit-Percy in ogni modo possibile.  
In cucina, si sedette a capotavola per primo e non degnò l'altro ragazzo di uno sguardo (ebbe però la decenza di arrossire lievemente quando trovò la tavola apparecchiata e il cibo disposto sulla tovaglia). Si riprese subito - in fondo, era il lavoro di Percy, il ragazzo aveva fatto soltanto il suo dovere.
«Allora, dove vai a scuola, Nico?» gli chiese Percy addentando le lasagne ai carciofi della signora Hudson.
Nico considerò se rispondergli, e dopo un boccone decise di dirglielo.
«Westover Hall».
Percy annuì.
«Io alla Goode, sono all'ultimo anno... tu sei una matricola, giusto?» gli chiese.
Nico notò stupefatto che aveva già finito un piatto di lasagne - lui era ancora alla seconda forchettata.
Annuì in risposta, senza sprecarsi a parlare.
Ma evidentemente Percy era molto ottuso, oppure molto temerario.
O entrambe.
«Hai una sorella più grande, no? Papà mi ha detto che va alla Saint Artémis e—»
Nico sentì una stretta all'altezza dello stomaco. Nessuno poteva parlare di Bianca, dopo che lei lo aveva lasciato a casa da solo per starsene con le sue amiche. Tuttavia, Nico sapeva che sotto sotto non poteva veramente prendersela con lei – cosa che lo portava ad adirarsi con se stesso. Furioso (sia verso di lui che verso Bianca), si alzò in piedi e sbatté le mani sul tavolo.
«Non parlare di mia sorella!» esclamò, e tornò in camera sua senza nemmeno finire la cena. Chiuse la porta con forza, sperando che Percy capisse che significava che non voleva parlargli. Né vederlo.
Il ragazzo sembrò aver capito l'antifona e Nico rimase in camera sua senza essere disturbato per un'oretta.
Quando si stancò di leggere vecchi numeri degli Avengers, uscì per andare in bagno, e nel tornare nel suo rifugio vide Percy in cucina, con la testa tra le mani e il viso appoggiato al tavolo.
Per un secondo, provò un'infinitesimale senso di colpa e fu tentato di scusarsi.
Non appena il momento di buonismo gli passò, tornò in camera a sistemare il raccoglitore di Mythomagic - un gioco di carte sugli dei dell'Olimpo che andava per la maggiore tra i suoi amici. Quando ebbe riposto anche tutte le statuette in ordine sulla mensola (gliene mancava soltanto una, introvabile - correva voce che ne avessero prodotte soltanto tre in tutto il mondo), si voltò verso il letto e per poco non gli venne un colpo.
Percy, appoggiato allo stipite della porta, lo guardava con una strana espressione, a metà tra il demoralizzato e l'incazzato.
Nico portò una mano al petto e prese un respiro profondo per calmarsi dallo spavento. Per poco non insultò l'altro ragazzo.
«Senti, mi dispiace se ho fatto qualcosa che ti ha dato fastidio» iniziò a dire Percy. Nico alzò un sopracciglio «ma ti giuro che non volevo. Possiamo ricominciare da zero?».
Il ragazzino, preso in contropiede, sgranò gli occhi. Non se l'aspettava, era sicuro che Percy fosse intenzionato a rimproverarlo (e sotto sotto non avrebbe potuto dargli torto).
«Non sei tu... avere un babysitter alla mia età... e tutto il resto...!» mugugnò Nico, come se gli stessero tirando fuori le parole a forza. 
Il babysitter in questione sbatté le palpebre.
«Ehm, scusa, non ho sentito» disse strofinandosi la nuca con aria imbarazzata. 
Nico sospirò.
«Ho detto che tu non hai fatto niente... sono soltanto arrabbiato con i miei genitori. Perché penso di essere capace di badare a me stesso» disse, a fatica.
Questa volta Percy capì.
«Oh. Oh» disse, poi tirò un sospiro di sollievo e sorrise di nuovo. 
«Meno male! Pensavo di averti fatto arrabbiare» disse, ed evidentemente interpretò le parole del ragazzo più piccolo come un invito a sedersi sul suo letto.
(Lo hai fatto, pensò Nico. Con quello stupido sorriso da pubblicità del dentifricio e quegli stupidi occhi verdi e quella stupida abbronzatura. Ebbe il buonsenso di non dirglielo).
«Questo non significa che siamo amiconi» puntualizzò incrociando le braccia al petto, infastidito.
Percy ridacchiò e gli mostrò l'ennesimo sorriso.
«Capito. Preferisci stare per i fatti tuoi. Ma giuro che non voglio darti fastidio, vorrei soltanto provare a conoscerti, visto che, come dire, vivremo assieme per una settimana» disse.
Nico strinse gli occhi.
«Questo non cambia niente, preferisco continuare a ignorarti, e adesso puoi andare a guardare la tv di là o qualcosa del genere» fece.
Percy roteò gli occhi.
«OK, OK, vado» disse alzandosi dal letto e dirigendosi fuori dalla camera con le braccia tese davanti a sé, come per fargli segno di calmarsi.
Poco mancò che Nico lo spingesse fino al corridoio.
Quando decretò che fosse arrivata l'ora di andare a letto, spense la luce e appoggiò la testa sul cuscino.
«Buonanotte!» sentì Percy urlargli dalla sua camera.
«Notte» borbottò Nico per riflesso.
Proprio come aveva pensato, una lunga, lunghissima settimana.


---nda
Salve!
É la prima fanfiction che scrivo in questo fandom e, cosa dire, ovviamente è una percico. Arriva più o meno a undici capitoletti, lunghi più o meno tutti come questo. 
Mi sembra che nessuno abbia ancora scritto una babysitters!au, in caso contrario non esitate a farmelo sapere!
Ah, il titolo significa “in breve, i/le babysitter non sono così male”.
E, niente, spero che non sia uno schifo totale, lasciatemi qualche commento (ノ◕ヮ◕)ノ*:・゚✧

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Capitolo 2
*** 2 ***


2
Siccome era ancora troppo piccolo per guidare, e suo padre era disgraziatamente fuori casa per lavoro, Nico si ritrovò il lunedì mattina senza un passaggio per andare a scuola. 
Chiedere a Percy era chiaramente l'ultima cosa che voleva. 
Dopo essersi vestito, calcolò che a piedi non sarebbe mai arrivato in tempo. Forse avrebbe fatto meglio a chiamare Max o Craig. 
Si diresse in cucina per fare colazione, sbuffando, e lì trovò Percy che lo aspettava con il tavolo apparecchiato. 
«Buon giorno. Non sapevo cosa ti piacesse, perciò ho cucinato sia pancakes che uova...» lo salutò con uno sbadiglio. 
Nico si sedette e borbottò che era lo stesso (non gli avrebbe dato la soddisfazione di fargli sapere che i pancakes con lo sciroppo ai mirtilli erano la sua colazione preferita). 
Lanciò un'occhiata dubbiosa alla padella, che conteneva qualcosa di... blu. Totalmente blu. 
Inarcò un sopracciglio, e Percy ridacchiò. Stava per caso cercando di avvelenarlo, o cosa?
«Oh, è soltanto una tradizione di famiglia, non preoccuparti. È colorante» gli spiegò. 
Nico annuì, poco convinto. Bah. 
Prese una minuscola forchettata di pancake blu, e non appena l'ebbe infilata in bocca si fece scappare un mugolio di piacere. OK, magari Percy era fastidioso e aveva gli occhi un po' troppo verdi e i denti un po' troppo bianchi, ma non si poteva dire che non sapesse cucinare i pancakes. 
Quella roba era divina
Il babysitter non diede segno di esserai accorto della sua reazione, ma Nico era quasi sicuro di averlo visto ridere sotto ai baffi. 
«Hai preso tutto?» chiese Percy una volta che entrambi ebbero finito. Nico gli rivolse uno sguardo interrogativo. 
«Devo portarti a scuola, no?» disse il ragazzo come se fosse stato ovvio. 
Nico avrebbe voluto picchiarlo. 

All'uscita dalla scuola, Nico decise che avrebbe potuto camminare fino a casa. Non tanto per Percy, aveva soltanto bisogno di stare un po' da solo, lontano dalla gente. 
Durante il tragitto, il ragazzino lasciò che le lacrime gli scorressero sulle guance — non è che ci fosse qualcuno lì a guardarlo piangere, in ogni caso. 
Non era giusto, pensò. 
Se Bianca fosse stata lì, avrebbe saputo cosa dire. Avrebbe saputo consolarlo. E invece, Nico era completamente solo, con un babysitter che cucinava pancakes blu. 
Non riusciva a impedirsi di pensare alle parole di Matt, nemmeno impegnandosi con tutto se stesso: continuavano a girargli in testa, sentiva la voce del ragazzo nelle orecchie. 
Scosse il capo e quando alzò lo sguardo si accorse di essere arrivato davanti a casa sua. Buffo. Probabilmente i suoi piedi si erano mossi come d'abitudine, senza che lui dovesse pensare alla strada. 
Una volta entrato, non poté fare a meno di notare, in un minuscolo angolino della mente, che Percy non era lì. Hah! Babysitter da strapazzo. Avrebbe detto a sua mamma di pagarlo di meno. 
Entrato in camera si lasciò cadere sul letto, senza nemmeno togliere scarpe e giubbotto, lo sguardo puntato nel nulla, le lacrime che continuavano a scorrere. 
Dopo circa mezz'ora di vuoto totale, il rumore della porta d'ingresso che sbatteva all'improvviso lo fece sobbalzare. 
Nico sentì con un orecchio dei passi concitati che venivano verso la sua stanza, accompagnati da un borbottio. 
Si affrettò ad asciugarsi gli occhi con la manica, rendendosi conto in quel momento che aveva ancora la giacca addosso. 
Quando Percy aprì la sua porta con un movimento decisamente brusco, era ancora accovacciato sul letto. 
Il babysitter lo guardava con un sguardo quasi spiritato. 
«Hai... hai una minima idea di quanto mi sia preoccupato?!» esclamò praticamente fuori di sé. 
Nico alzò gli occhi verso di lui, sconcertato, senza riuscire a capire cosa stesse dicendo il ragazzo. 
«Sono arrivato a chiedere ai tuoi compagni dove fossi, capisci... Nico. Nico? Hai... Hai pianto?» si interruppe Percy guardandolo stupito. 
Nico si affrettò a negare, scuotendo vigorosamente la testa. 
«E perché sei seduto sul letto con il giubbotto e le scarpe?»
Nico si limitò a lanciargli un'occhiata implorante, sperando che il ragazzo capisse che voleva essere lasciato in pace. Ma Percy non era un granché in questo campo. 
Il babysitter, come previsto, non se ne andò. Al contrario, sedette sul letto di fianco a lui. 
«Cos'è successo a scuola?» gli chiese guardandolo con quei fottuti occhi verdi, e Nico non riuscì a non parlare. Fu come se la sua bocca si muovesse da sola, e all'improvviso stava raccontando a Percy di Matt. 
«Io... Matt ha iniziato a parlare di lei, e... e ha raccontato a tutti gli-gli altri che io e Bianca – singhiozzo – io e Bianca andiamo a letto assieme e-e loro ridevano, e io-io — altro singhiozzo — non potevo fare niente e tutti gli altri mi guardavano e ridevano e-» sputò fuori mezzo singhiozzando e mezzo piangendo. Si accorse in un remoto angolo del cervello che aveva ricominciato a piangere. 
«Respira, Nico» sentì una voce lontana, gentile, e lui obbedì. Qualcuno gli tolse il giubbotto e le scarpe - Percy, si rese conto Nico con un misto di orrore e gratitudine — e il secondo dopo, il ragazzino non riuscì a capire come, il babysitter lo stava abbracciando, e gli accarezzava i capelli con gentilezza. 
«Adesso è tutto passato» mormorò, e Nico gli credette. 
Il ragazzo più grande era caldo, e senza realizzare cosa stesse facendo, Nico strinse l'abbraccio e appoggiò la testa sulla sua spalla. 
«Va tutto bene» cercò di rassicurarlo Percy, e lui gli credette. 
Stava così comodo, e gli piaceva lo strano senso di sicurezza che stava provando, gli ricordava gli abbracci di suo padre quando era un bambino piccolo. 
«Va tutto bene» ripeté Percy al suo orecchio, e Nico annuì, sospirando felice quando l'altro ragazzo cominciò a strofinargli le mani sulla schiena per scaldarlo. 
Diversi minuti dopo, Nico spalancò gli occhi e realizzò con orrore cosa fosse appena successo. Si staccò dall'abbraccio scendendo di scatto dal letto - inciampando. 
Aveva pianto davanti al babysitter, si era lasciato abbracciare da lui e, ancora peggio, l'aveva abbracciato a sua volta! Nico non aveva mai desiderato così tanto scomparire come in quel momento. 
Ma la cosa peggiore fu il risolino che Percy non riuscì a trattenere. 
«Scusa amico, ma la tua faccia era epica...» tentò di scusarsi. 
Nico avvertì un'improvvisa vampata di calore salirgli al volto, e arretrò verso la porta rosso scarlatto in faccia. 
Poi, girò i tacchi e scappò. 



---nda
Ecco qua il secondo capitolo! Grazie mille per le recensioni *v*
Penso che d'ora in poi posterò tutti i lunedì!
Un saluto :)

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Capitolo 3
*** 3 ***


3
I giorni successivi andarono decisamente in crescendo (non che ci fosse molto spazio per peggiorare). 
Durante la colazione del martedì, Percy con molta nonchalance gli disse che se non avesse fatto trovare il suo culo fuori dalla scuola all'uscita, avrebbe chiesto a uno dei bidelli di mandare attraverso gli altoparlanti l'annuncio che Nico Di Angelo doveva farsi trovare nel parcheggio per andare a casa con il suo babysitter perché era un piccolo bambino capriccioso. 
Persino Nico rise un pochino, e Percy gli strizzò l'occhio. Nico non aveva dubbi che il ragazzo sarebbe stato capace di fare una cosa del genere. 
«Okay» disse piano, divertito dall'affermazione del ragazzo, e a Percy bastò. 
Quella sera, a cena, il babysitter gli chiese con un'aria altamente sospetta di disinteresse come fosse andata a scuola. Nico strinse le labbra, evitando di guardarlo in volto. La verità era che aveva evitato ogni tipo di contatto umano e aveva saltato il pranzo per non andare in mensa. 
«Bene» mugugnò, improvvisamente molto interessato alle melanzane che aveva nel piatto. 
Percy evidentemente decise di non indagare oltre. 
«Tu invece?» chiese Nico di slancio, pentendosene un attimo dopo, e sentì il viso diventare bordeaux quando il ragazzo più grande alzò il capo stupito. 
«Tutto OK. Un mio amico ed io abbiamo quasi dato fuoco al laboratorio di chimica» rispose con un sorriso. 
Nico ridacchiò — riusciva benissimo ad immaginarselo — nonostante quel sorriso fosse irritante come al solito. 
 
Mercoledì mattina Nico riuscì a ricordarsi come essere una persona civile e rispose al buongiorno di Percy con un cenno del capo. Quasi civile, diciamo.
Quella mattina il ragazzo aveva preparato i pancakes — blu, ovviamente — con lo sciroppo di mirtillo. Lo stomaco di Nico brontolò e il babysitter rise tra sé e sé. 
«Buon appetito» gli disse passandogli il piatto, e Nico annuì in risposta senza spiccicare parola — non era esattamente quel che si dice una persona mattiniera. 
Ingurgitò due pancakes in un attimo, e Percy gliene servì un terzo senza bisogno che glielo chiedesse. Nico arrossì un pochino. 
«Ehm, grazie per la colazione» disse una volta alzatosi da tavola, sorprendendo anche se stesso. 
Percy sorrise in risposta (grrr, pensò Nico), ma il ragazzo più piccolo era praticamente certo di averlo visto fingere di asciugarsi una lacrimuccia, quando lui si era voltato per andare a prendere lo zaino. 
Molto divertente. 
La cena fu addirittura meglio. La signora Hudson, scoprì Nico, aveva cucinato degli spaghetti alla carbonara degni di quelli che preparava sua mamma quando vivevano ancora in Italia, e furono talmente rigeneratori per il suo stomaco vuoto che riuscì addirittura a intavolare una discussione con Percy (se così si potevano chiamare due frasi sugli spaghetti e sul cibo italiano in generale – ed aveva iniziato a parlare il babysitter). 
Poi Percy gli fece una domanda su quelle strane carte alle quali Nico insisteva a cambiare posto ogni sera, e fu quella la vera svolta. 
Nico iniziò a parlare delle Mythomagic — e non smise per venti minuti — e Percy lo ascoltò senza interromperlo, come se fosse interessato
E Nico non si fermò. Gli raccontò come Bianca gli avesse regalato la prima statuetta, quella di Ade, e piano piano le altre (tranne quella di Poseidone, aggiunse desolato). Da lì arrivò a parlare di come Bianca se ne fosse andata di casa per seguire Zara qualcosa, e poi fu facile il collegamento con tutte le storie del collegio che la sorella gli aveva raccontato. Non gli passò nemmeno per la mente che, almeno in teoria, era ancora arrabbiato con lei.
Quando si fermò, si sentiva come se avesse corso per un'ora di fila, e si accorse che gli girava la testa. 
«Woah» fece Percy «dirò alla signora Hudson di preparare gli spaghetti alla carbonara più spesso». 
Nico arrossì quando realizzò quanto aveva parlato, e divenne ancora più rosso quando capì cosa significasse la frase del babysitter. 
Percy gli rivolse quel famoso sorriso, e il ragazzino scoprì che quella sera non lo irritava così tanto. 
Passarono il resto della notte a guardare Netflix. 
 
Giovedì fu altrettanto piacevole. 
A colazione Nico salutò per primo (a Percy andò di traverso il latte). 
Chiacchierarono riguardo alla strana "tradizione di famiglia" di Percy, e Nico imparò che era stata la mamma del ragazzo ad iniziarla dopo una lite con il suo compagno. Cioè, ex-compagno. Il babysitter gli aveva raccontato che Sally Jackson si era sposata con un professore di storia antica, Paul. 
Nico fece per chiedergli dove fosse suo padre, per poi bloccarsi a metà — probabilmente a Percy non piaceva parlare di lui, dato che l'aveva menzionato pochissime volte. 
«Volevi dire qualcosa?» lo interrogò il ragazzo più grande, e a malincuore Nico fece la domanda da un milione di dollari
Chissà perché, non riusciva mai a rifiutare qualcosa al babysitter. Grrrr
«Oh. Ah, vedi, non è mai stato sposato con mia mamma... cioè, quando sono nato io lui aveva già una moglie e dei figli» rispose Percy con molta tranquillità «ogni tanto vado a trovarlo, uno dei miei fratellastri ha più o meno la mia età e siamo molto amici». 
Nico annuì educatamente e prese un sorso di succo di mela. 
«Anche noi abbiamo una sorellastra, si chiama Hazel. Molti anni fa mamma e papà hanno litigato e lui se n'è andato di casa per qualche mese. Quando è tornato hanno fatto pace anche se lui e mamma ormai sapevano che Regina Marie era incinta di lui. Hazel è... a posto» disse Nico. 
Percy fece quel famoso sorriso, e il ragazzo si ricordò soltanto una volta arrivato a scuola quanto in realtà lo irritasse. 
A cena, dopo che si furono ingozzati di pizza (Percy perché era uno schifoso cliché adolescenziale, Nico perché aveva di nuovo saltato il pranzo) e dopo che ebbero parlato dell'amica irritante di Bianca, Zeah qualcosa, e dell'amico del babysitter che aveva dato fuoco a un armadietto, Percy spiazzò Nico per l'ennesima volta. 
«Parli sempre di tua sorella, raccontami qualcosa di te adesso!» gli disse. 
Nico spalancò la bocca senza sapere cosa dire. Raccontargli di lui? E cosa? Non c'era nulla di interessante da dire, sicuramente avrebbe finito con l'annoiarlo...! 
«Io...! Oh... Ah» fece, prima di provare la ormai familiare sensazione di calore sul volto e di diventare color peperone. 
Quando Percy gli mostrò quel famoso sorriso, fu come se il cervello di Nico si fosse scollegato dal corpo. Il ragazzo più piccolo non riuscì a pensare a nulla da dire e scappò in camera dopo aver mugugnato una scusa. 
Una volta al sicuro, fece un respiro profondo e nascose il viso bollente tra le mani. Nelle sue orecchie rimbombava un suono sordo e incessante, come un tamburo. Dopo qualche secondo, quando notò che il rossore non accennava a volersene andare, si accorse che il rumore che gli impediva di pensare veniva da lui.  Sconcertato, si appoggiò una mano sul petto e constatò che il suo cuore batteva veloce come le ali di un colibrì. Non significava - non significava niente, ripeté a se stesso più volte. Si era soltanto spaventato alla domanda di Percy. Non poteva parlargli di lui, non c'era nulla di interessante che poteva raccontargli! A meno che non si arrivasse a discutere della scuola, e Nico non aveva nessuna voglia di dirgli che saltava il pranzo ogni giorno per colpa di Matt. 
Sul volto gli si disegnò un'espressione di orrore quando realizzò che stava facendo esattamente quello che volevano i suoi genitori: aveva iniziato a trovare Percy simpatico, e non gli dispiaceva passare del tempo con lui. 
Aveva familiarizzato con il nemico!
Si ripromise che non avrebbe più parlato così tanto a Percy in futuro, e si rese conto che mancavano soltanto due giorni al ritorno dei suoi genitori. 
Soltanto due giorni rimasti da passare con Percy. 
Per un secondo entrò in panico, prima di ricordarsi che non gli importava. Non-gli-importava.
Verso le undici, Nico uscì dalla camera per sgattaiolare in bagno, ma quando aprì la porta si fermò a guardare il piatto appoggiato per terra, nel quale troneggiava un'imponente fetta di torta (blu). 
Accertatosi di essere solo, Nico raccolse il tesoro e lo spazzolò in pochi secondi. 
Quando finalmente riuscì a stendersi a letto, gli venne in mente che il colore della torta poteva solo significare che l'aveva fatta Percy
Nico roteò gli occhi quando sentì che il cuore aveva ripreso a cercare di uscire dal suo petto. 
Non-gli-importava.



---nda
Avrei dovuto aggiornare lunedì prossimo, e invece eccomi qua! Ho pensato che, in effetti, una settimana è troppo tempo per dei capitoli così corti, quindi aggiornerò due volte invece che una (lunedì e giovedì/venerdì!) :)
In generale in questo capitolo non succede nulla di interessante, però c'è finalmente una svolta nel loro rapporto!
(Sarà positiva o negativa?)
Detto ciò, volevo ringraziarvi per le meravigliose recensioni, e devo confessare che sono state proprio queste a farmi decidere di aggiornare prima ⁽(◍˃̵͈̑ᴗ˂̵͈̑) 
Grazie mille, a lunedì (stavolta per davvero!) :)

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Capitolo 4
*** 4 ***


4
La colazione di venerdì fu uno schifo.
Percy si era svegliato troppo tardi e l'unica cosa che era riuscito a preparare era stata una tazza di latte con i cereali, ed evidentemente non facevano impazzire nemmeno lui, perché fu di malumore finché non lasciò Nico davanti alla sua scuola.
Dal canto suo, Nico naturalmente non lo aiutò affatto. Rispose a monosillabi alle sue (poche) domande, impiegò troppo tempo a prepararsi e riuscì a rovesciare il latte per terra.
Non di proposito, ovviamente.
Percy però non sembrò pensarla così, e gli lanciò un'occhiataccia degna delle sue. Nico si sentì un po' in colpa – per qualche secondo.
A scuola fu anche peggio.
Matt non voleva lasciarlo in pace, e Nico fu costretto a rifugiarsi in terrazzo, ma Miss Gottschalk passò di lì per caso e si infuriò nel vederlo saltare le lezioni. Così dovette passare un'ora dopo le lezioni in presidenza ad ascoltare il preside Thorn fargli la ramanzina.
Quando uscì dalla scuola, la macchina di Percy era lì da un bel pezzo.
Nico si diresse verso l'auto, e una volta salito a bordo, scoprì con sollievo che il ragazzo non sembrava più così irritato (ma lui avrebbe dovuto esserlo! Grrr).
«Non lo dirò ai tuoi genitori» si limitò a dire Percy quando Nico gli spiegò che era stato trattenuto con due frasi smozzicate. Il ragazzino fece una smorfia – come se fosse stato quello il problema.
«Ehi, non fare quel muso lungo! Stasera è venerdì! Eeee sono andato a prendere il cinese» esclamò Percy mentre guidava verso casa.
Nico roteò gli occhi e il babysitter rise.
«È inutile che fai finta che non ti piaccia, l'altro giorno ho trovato delle bacchette cinesi nel cassetto delle posate, e sopra c'è scritto"Nico" con l'indelebile» lo informò Percy.
Nico arrossì un pochino (un bel pochino).
Percy rise sotto i baffi e parcheggiò.
Una volta saliti in casa, apparecchiarono in quattro e quattr'otto (be', Nico mise i tovaglioli sul tavolo) e iniziarono a mangiare in silenzio.
Ad un certo punto però, Percy appoggiò le bacchette sul tovagliolo (hah! allora non erano così inutili, pensò Nico) - o meglio, soltanto dopo la seconda porzione di pollo alle mandorle.
«Sono già abbastanza buono da non chiederti perché sei finito in presidenza, penso di meritarmi una spiegazione per ieri sera. E stamattina» disse il babysitter. Poi sembrò ripensarci e aggiunse «E anche adesso».
Nico lo ignorò. Scoprì che se si concentrava sul ricamo della tovaglia riusciva a non dare ascolto alla voce dell'altro.
«Ecco, lo vedi come fai? Niiico. È per quella cosa che ho detto ieri sera?» sospirò Percy.
Dopo aver giocherellato con il tovagliolo e le bacchette, Nico scosse la testa senza alzare lo sguardo.
Percy sembrò soddisfatto, perché lo lasciò stare e si fornì la terza porzione di pollo senza aggiungere altro.
Il ragazzino tirò un sospiro di sollievo.
Dopo cena, come tutti gli altri giorni (be', più o meno) si posizionarono sul divano davanti alla televisione e trovarono un programma che piaceva ad entrambi (la seconda stagione di Bake Off. Percy avrebbe voluto guardare l'ultima puntata di River Monster, e Nico aveva optato per lo speciale di Mille modi per morire, ma non erano riusciti a mettersi d'accordo), il tutto tramite poche frasi smozzicate e grugniti.
Durante la pubblicità, Percy ci riprovò.
«Nico. Perché fai così? Niiiico» fece, strascicando la "i" del suo nome.
Il ragazzo più piccolo strinse le labbra e lo ignorò, deciso a fissare lo schermo spento in silenzio fino a che il babysitter non si fosse stancato.
Percy decise di lasciar perdere di nuovo (anche perché era finita la pubblicità). Poi, di colpo, spense la tv a metà del commento di uno dei giudici.
«Ma...!» protestò Nico alzando le braccia al cielo, del tutto dimentico della sua politica di silenzio assoluto.
Percy infilò il telecomando nella tasca posteriore dei pantaloni e incrociò le braccia al petto.
«Finché non mi rispondi non la riaccendo. Non saprai mai chi ha vinto» lo avvisò.
Nico sbuffò (stava morendo dalla voglia di saperlo, ma non poteva certo dargli questa soddisfazione. Grrr).
«È questa la tua grande strategia?» lo derise, inarcando un sopracciglio.
Percy lo ignorò.
«Mi sembrava che stesse andando bene tra noi, eravamo praticamente diventati amici» disse, in tono più dolce rispetto a quello che aveva usato prima.
Nico si morse un labbro, ma non rispose. Se la metteva così, era finita! Avrebbe ceduto in circa tre secondi e mezzo!
Percy gli si avvicinò pericolosamente e increspò le labbra in un broncio.
«Per favore» disse, sbattendo le ciglia.
«Eww» fece Nico, spingendolo via. Quella fastidiosa sensazione di calore sul viso era tornata a farsi sentire.
Percy sospirò, lasciandosi cadere contro lo schienale del divano con le spalle curve. Nico non poteva crederci – si era arreso! Finalmente avrebbero saputo chi aveva vinto la puntata!
«Nico, non mi lasci altra scelta» disse addolorato il babysitter, e prima che il ragazzo più piccolo potesse chiedersi cosa intendesse dire, gli era piombato addosso e aveva cominciato a fargli il solletico ovunque.
«Aaannn... noooo... hah» faceva Nico, cercando inutilmente di liberarsi dalla presa di acciaio. Per un attimo considerò l'idea di tirargli un calcio nelle parti basse, ma quando Percy pressò le dita sul suo stomaco per poi strofinarle sotto alla maglia, Nico non fu più capace di pensare a nulla.
Il babysitter continuò a fargli il solletico (sul collo, sulle braccia, sotto alle ascelle) senza pietà, mentre rideva.
«Puoi fermarmi quando vuoi, basta che mi parli» ricordò a Nico, che era certo che prima o poi si sarebbe stancato. Venne fuori che non era vero, e il ragazzino passò altri cinque minuti sotto le torture del babysitter.
«Mi... mi arrendo» disse senza fiato, e Percy lo lasciò libero, ancora ridendo.
Senza il suo peso addosso, Nico si sentì quasi librare in aria come una piuma, per poi precipitare di nuovo a terra a peso morto quando gli sovvenne che avrebbe dovuto confessare al babysitter il motivo del suo allontamento.
Tentennò qualche secondo, poi prese un bel respiro.
«Ehm, ecco, io... nonvolevodareragioneaimieigenitori» disse tutto d'un fiato.
Percy sbatté le palpebre.
«Eh?» chiese, la bocca leggermente spalancata in una perfetta imitazione di un pesce.
Nico arrossì. «Paganini non ripete» disse sfacciatamente.
Percy si limitò a muovere le dita per aria con uno sguardo eloquente. Nico si affrettò a ripetersi.
«Be', io non volevo dare ragione ai miei genitori perché mamma ha detto che sapeva che non eri così male e papà era sicuro che non mi sarei annoiato con te e quindi non volevo dargliela vinta ma-»
«Frena, frena. Tu hai... non è... tutto questo perché... non volevi dare ragione ai tuoi genitori?» fece il babysitter, incredulo.
Nico annuì controvoglia. E adesso il mio piano è saltato, pensò.
Percy roteò gli occhi e si lasciò cadere pesantemente sul divano.
Dopo qualche secondo, spezzò il silenzio.
«Hai detto che mi trovi simpatico. E che non ti annoi con me» gli fece notare con un certo sorrisetto compiaciuto.
Nico arrossì fino alle orecchie.
«Ti ricatterò per tutta la vita» gli annunciò Percy, poi riaccese la tv.
Il programma era già finito, e Nico stava per lamentarsi col babysitter, quando questo cambiò canale in tempo per vedere la fine dello speciale di Mille modi per morire.
«E non dire che non sono un bravo babysitter» lo minacciò.
Nico ridacchiò.
Quando arrivò il momento di andare a letto, Percy lo bloccò prima che potesse entrare in camera.
«Comunque, la puntata di Bake Off era una replica. L'ha vinta Francine» gli sussurrò all'orecchio prima di dirigersi verso la stanza degli ospiti con una risatina.
Nico arrossì per motivi che non conosceva nemmeno lui, e quando fu in grado di muoversi di nuovo decise che era proprio ora di andare a letto.
 
Sabato era l'ultimo giorno "di servizio" di Percy.
La mattina i due se la presero con calma – il ragazzo più grande preparò una montagna di pancakes blu al mirtillo, e fecero colazione in pigiama.
Con la bocca piena, Nico gli raccontò di quella volta che lui e Bianca si erano persi al luna park in una sala giochi, e di quanto si fosse arrabbiato loro padre quando li aveva trovati dopo settant'anni (d'accordo, non letteralmente!) ancora dietro alle macchinette.
Percy sorrise (Nico provò a trovarlo irritante, davvero) e gli servì altri due pancakes. Nico li mangiò cercando di non sorridere troppo.
Passarono la mattina a guardare vecchi film in bianco e nero e a mangiare popcorn al caramello - naturalmente quando fu ora di pranzo nessuno dei due aveva fame (la signora Hudson ci rimase molto male, e insistette per lasciare lo stesso la zuppa).
Fu Percy ad iniziare il discorso.
«Allora... sembra che tra qualche ora non dovrò più star dietro a bambini irritanti che credono di sapere tutto» esordì.
Nico sbuffò.
«Io so di sapere tutto» disse tanto per avere l'ultima parola.
Percy non si lasciò impressionare.
«So che in realtà ti sei divertito» lo punzecchiò, e diede un calcetto alla sua gamba con il piede destro.
Nico glielo diede indietro (più forte).
«Sono serio. Io... A me è piaciuta questa settimana» disse il babysitter, e prima che Nico potesse difendersi, gli scompigliò i capelli con la mano che non era occupata a fare zapping. Il ragazzino corrugò le sopracciglia e gli lanciò un'occhiataccia.
Percy ridacchiò, e ripresero a guardare il film.
«Mi mancherai» disse Nico tutto d'un fiato qualche minuto dopo, a bassa voce, giocherellando con le sue dita. L'aveva detto talmente piano che probabilmente Percy non l'aveva sentito – non gli aveva nemmeno chiesto di ripetere.
 
Qualche ora dopo, quando finalmente i due erano di nuovo presentabili, i signori Di Angelo fecero ritorno.
Percy salutò Nico davanti alla porta della sua camera, e a sorpresa lo abbracciò.
«Anche tu mi mancherai» gli disse, e dopo avergli scompigliato di nuovo i capelli se ne andò, con un sorriso sul volto e un occhiolino.
Nico odiava Percy Jackson, odiava quel suo stupido sorriso e quella sua stupida voce e quella sua dannata capacità di fargli arroventare la faccia.
La voce divertita di sua madre lo raggiunse dalla cucina.
«È stato così terribile?» 


--nda
È finita così la settimana di convivenza! Ma non la storia, eheh.
Sì, lo so, quello del solletico è un cliché deplorevole, ma non potevo non scriverlo (ノ◕ヮ◕)ノ*:・゚✧
Grazie ancora per le splendide recensioni!
Se avete qualche domanda, non esitate a chiedere :D
Un bacione e a giovedì! :)

 

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Capitolo 5
*** 5 ***


5
Era da qualche giorno che Nico non riusciva a togliersi un pensiero dalla testa. 
E quel pensiero rispondeva al nome di Percy Jackson, per la precisione. 
La cosa buffa era che Nico non capiva nemmeno il perché. OK, la settimana che avevano trascorso assieme non era stata poi così male, e doveva ammettere che alla fine si era divertito, ma non riusciva a capire come mai Percy non volesse saperne di uscire dalla sua testa!
Una mattina a colazione Maria gli aveva preparato i pancakes con lo sciroppo di mirtilli. Nico aveva mangiato i suoi e metà di quelli di suo padre, e mentre li ingurgitava in tutta fretta non era riuscito a impedirsi di pensare ai pancakes blu di Percy. 
Un'altra sera avevano ordinato cinese, e quando Nico aveva preso le sue bacchette personali regalategli per il compleanno dal ragazzo di Hazel (Frank, che era per un quarto cinese) era subito tornato col pensiero alla cena con Percy e al pollo alle mandorle. 
La stessa cosa quando si era steso sul divano assieme a suo padre a guardare Mille modi per morire. 
Ma il fondo l'aveva toccato il sabato sera della settimana successiva, quando era tornata Bianca assieme alla sua amica Zoe, e Nico aveva istantaneamente pensato che doveva assolutamente dire a Percy che il suo nome non era né Zara né Zita (dato che quando le aveva parlato di lei, non ricordando come si chiamasse, aveva finito per rifilarle una decina di nomi diversi). 
Il ragazzo aveva iniziato a girare per la casa come un'anima in pena, senza riuscire a distrarsi, fino a che Maria non si era stufata e gli aveva caldamente consigliato di andarsi a fare un giro. 
E così, Nico si trovava davanti alla vetrina della sua fumetteria di fiducia, carico di noiose ordinazioni e terrificanti aspettative, quando aveva sentito una voce familiare. Terribilmente familiare. 
Il ragazzino si voltò di scatto, il cuore che gli rimbombava nel petto e le gambe che gli si facevano di gelatina, e vide esattamente chi si aspettava di vedere: Percy. Nico sentì uno strano movimento intorno all'area dello stomaco, che decise di ignorare. Stava per salutare il babysitter, molto probabilemente balbettando a stento qualche parola, quando con un certo fastidio si accorse che non era da solo. 
Assieme a lui c'era un altro ragazzo, poco più alto, con i capelli biondi e un'aria familiare — anche se Nico era più che sicuro di non averlo mai visto. 
Il ragazzino si morse un labbro e decise che non ne valeva la pena.
Si voltò per scappare dentro alla fumetteria, quando sentì la voce di Percy. 
«Entriamo un secondo?». 
Nico, che aveva già una gamba sullo zerbino davanti all'ingresso, s'impanicò e non trovò altra via d'uscita che entrare nel negozio in fretta e furia. Salutò frettolosamente il commesso – un amico di vecchia data – e si avviò velocemente all'uscita sul retro. 
In quel momento, Craig – un ragazzo che seguiva i corsi di Storia e Biologia assieme a lui, e che era quasi arrivato a definire amico – stava entrando proprio da lì, e pensò bene di salutarlo calorosamente. 
«Eeehi, Nico! Sei passato a prendere l'ultimo numero di...» 
Il ragazzo gli piazzò la mano sulla bocca con aria disperata, pregando gli dei che nessuno l'avesse sentito. 
«Nico? Nico, sei tu?» chiese Percy da qualche parte dietro di lui nel negozio. Craig corrugò le sopracciglia perplesso, lo sguardo sospettoso rivolto verso di lui. 
Nico lo ignorò, e per scappare si vide costretto a trascinare l'amico fuori dalla fumetteria a forza, e soltanto quando furono abbastanza lontani lasciò andare la mano che aveva messo sulla sua bocca (anche perché Craig non si era trattenuto dallo sbavargli addosso per liberarsi).
«Ehm... posso spiegare tutto» disse, mentre cercava una scusa plausibile. Cosa avrebbe potuto dirgli? Che lui e Percy avevano litigato? Che si odiavano? Che avevano una specie di conto in sospeso? E per cosa, poi?
Craig alzò le mani in aria per stopparlo. 
«Non voglio sapere nulla» lo fermò. Nico spalancò gli occhi, stupito. 
«Basta che mi presti qualche dollaro per una bustina di Mythomagic» sorrise l'altro. 
Nico sbuffò e optò per accontentarlo, roteando gli occhi al cielo e pescando una banconota da cinque dal portafoglio ("Tieni, sanguisuga"). 
Iniziò a dirigersi a casa, ma una volta arrivato a metà strada realizzò che non aveva la minima voglia di tornarci. Così, inviò un messaggio a suo padre dicendogli che avrebbe cenato in città con un amico. 
Tecnicamente, era vero. Non aveva mica scritto che l'avrebbe fatto quella sera
Così, comprò un panino in un baracchino sulla strada e si sedette nel parco, sopra al bordo dell'enorme fontana tutta illuminata che troneggiava al centro degli alberelli smunti. 
Tornò con la mente all'incontro con Percy, e dopo qualche minuto di sofferta concentrazione si rese conto di essere stato un totale imbecille. Che bisogno c'era di scappare? Assolutamente nessuno. Avrebbe anche potuto salutare Percy, dato che probabilmente non l'avrebbe nemmeno più rivisto per chissà quanto (senza contare che quando si sarebbero finalmente incontrati ancora, avrebbe anche dovuto spiegargli perché era scappato – motivo sconosciuto persino a se stesso), e invece il suo cervello aveva deciso di fargli fare la figura dello stronzo. 
Grandioso. Fortunatamente, non l'avrebbe più rivisto per chissà quanto.
Nico non riusciva a smettere di pensare a Percy, in nessun modo. Il suo volto continuava a comparire nei suoi pensieri, ovviamente accompagnato dal suo stupido sorriso e dai suoi stupidi capelli e dalla sua stupida voce. 
Quando non ne poté più di arrovellarsi il cervello, Nico decise che era ora di tornare a casa. Si alzò di malavoglia dalla fontana, ignorando le statue delle sirene azzurrognole che immancabilmente gli facevano tornare in mente Percy che si dilungava a parlare del surf, del mare, del nuoto, del mare, della pesca, del mare...e anche del mare), e saltellò giù dagli scalini di marmo. Durante il tragitto ignorò tutti i pensieri del tipo "qui Percy ha parcheggiato venerdì pomeriggio" e "qua è stato dove ci siamo fermati a fare benzina" e riuscì a tornare alla villa senza ammazzarsi con il naso per aria. 
Salì gli scalini due alla volta, e quando entrò finalmente dentro casa scoprì che i suoi genitori avevano già finito di cenare. Bianca e la sua amica Zane (Zoe, si corresse) erano già partite per il Saint Artémis. 
Sua madre lo salutò con un cenno della testa, le mani impegnate con la cerniera del vestito da sera che si stava allacciando sulla schiena.
Nico provò un curioso brivido sulla schiena e decise di ignorarlo – probabilmente aveva preso freddo al parco. 
Suo padre entrò in sala e si fece fare il nodo alla cravatta, rigorosamente nera, dalle pazienti mani della moglie.
«Uscite?» chiese il ragazzo attaccando il giubbotto all'appendiabiti, e represse uno sbadiglio che minacciava di scappare. Dei, non vedeva l'ora di stendersi al calduccio sotto alle coperte. 
«Andiamo a vedere uno spettacolo» gli rispose Maria, finendo di mettere la cipria sulle guance.
Il campanello trillò e Nico si diresse meccanicamente ad aprire. 
«Ma non preoccuparti, abbiamo chiamato il tuo babysitter!» disse la donna dall'altra stanza. 
Nico ormai aveva già schiacciato il pulsante quando sentì la risposta della madre, e con il cuore in gola valutò se scappare in camera a nascondersi o direttamente buttarsi giù dalla finestra. Rimase invece imbambolato davanti alla porta, e non rimase deluso nel vedere il suo babysitter di fiducia salire le scale con una busta di involtini primavera in mano. 
Percy gli sorrise dall'altro lato del portone con aria divertita. Nico notò dolorosamente che sembrava in un qualche modo più grande, con il maglioncino azzurro stretto attorno al busto, i pantaloni nero inchiostro e i capelli altrettanto scuri morbidamente arricciati sulla nuca. 
Il ragazzo più piccolo avvertí un brivido lungo la spina dorsale molto più forte del precedente, e contemporaneamente quella fastidiosa sensazione allo stomaco che portava con sé l'illusione che qualcosa si stesse movendo.
«Oh, ciao Nico, che sorpresa incontrarti qua!» esclamò Percy facendogli l'occhiolino. 



---nda
Scusate il ritardo! Ieri non sono praticamente rimasta in casa più di dieci minuti, e non sono riuscita ad aggiornare :( 
E lo so, questo capitolo è praticamente di passaggio, però prometto che il prossimo sarà più gustoso.
Allora, volevo ringraziare le mie fantastiche lettrici (ok, non sono del tutto sicura, ma mi sembra che ci sia un pubblico nettamente femminile!), siete meravigliose :)
E grazie anche a tutte quelle che preferiscono/ricordano/seguono la storia, per non dimenticare quelle che la leggono :D
Ah, dimenticavo, ho cambiato nick! Tanto per informarvi, non sono più obmutescens ma tildi (lunga storia...).
Ah, l'amico biondo è ovviamente Jason <3
Se volete dei chiarimenti, non esitate a chiedere, io son qua!
Un bacione a tutte(/i) a a lunedì (puntuale, promesso)! <3
 

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Capitolo 6
*** 6 ***


6
Nico sospirò. Era consapevole che Maria pensava di fargli un piacere quando aveva chiamato Percy – per una sera non sarebbe morto a stare da solo, lo sapeva lui e lo sapevano anche i suoi genitori – e in parte era così, davvero, ma il babysitter continuava a guardarlo in uno strano modo che gli muoveva qualcosa dentro.
Il ragazzo più piccolo levò un altro tassello dalla torre di Jenga. Ormai era certo che Percy non l'avesse riconosciuto, nella fumetteria – o meglio, che fosse arrivato alla conclusione che non si trattava di lui, dato che non aveva ancora tirato in ballo l'argomento.
Percy s'imbronciò e tolse un tassello a sua volta. 
«È quasi caduto» osservò Nico maligno, e l'altro gli mostrò la lingua. 
Il più piccolo fece finta di non averlo visto e si apprestò a togliere l'ennesimo tassello. Era molto più delicato dell'altro, e così non c'era praticamente gusto a giocare. 
«Oggi mi è sembrato di vederti in fumetteria» disse Percy, e Nico sussultò talmente forte che mandò all'aria tutta la torre. 
Percy scoppiò a ridere, al punto da doversi asciugare le lacrime agli occhi. 
«Così è barare» mugugnò Nico, rosso in faccia. 
Il babysitter gli mostrò la lingua. 
«Non ti ho toccato, hai fatto tutto da solo» sorrise scompigliandogli i capelli con una mano – Nico gli soffiò come un gatto irritato, lanciandogli un'occhiataccia. 
«Quindi eri tu in fumetteria» aggiunse Percy, prendendo un sorso di cherry coke (blu). 
Nico annuì abbassando lo sguardo sul tavolo. Quella era precisamente una delle ultime cose di cui voleva parlare (l'ultima in assoluto sulla sua lista personale era il fatto di non riuscire a togliersi l'altro ragazzo dalla mente).
«Non sono arrabbiato» gli disse Percy in tono gentile, e gli alzò la testa con due dita sotto al mento. Nico sentiva di essere rosso in faccia. 
«Ehi, ti capisco, amico. Non avevi voglia di vedermi, non è mica un crimine!» scherzò, allontanandosi da lui, e stiracchiò le braccia con un sbadiglio. 
Nico voleva rimanere zitto, veramente, ma qualcosa dentro di lui gli impedì di far credere a Percy che non volesse vederlo. 
«Nonèveroiovolevomaericoltuoamicoepoiognivoltachetivedomisentostranoe — ehopauradinonsaperecosadireeilmiostomacovasottosoprae-» buttò fuori senza respirare nemmeno, e si fermò a metà per riprendere fiato e, possibilmente, per seppellirsi nel pavimento. 
Percy spalancò gli occhi, sorpreso. 
«Ehm... non vorrei deluderti, ma non ho capito quasi niente» disse. 
Nico ripeté scandendo le parole, la faccia sepolta tra braccia appoggiate al tavolo. 
«Stiamo facendo progressi» scherzò Percy «Adesso prova a parlare con calma senza niente davanti alla bocca». 
Nico sbuffò. Il babysitter sorrise.
(Stupido stomaco!) 
«OK, OK, sto scherzando, adesso ho sentito. Ehm, grazie di averlo ripetuto. Adesso fai parlare me, però: per la prossima volta, ti assicuro che Jason — il ragazzo che era con me — non morde, puoi fermarti a salutarmi anche se c'è qualcun altro, davvero». 
Nico annuì, continuando a percorrere le venature del tavolo con lo sguardo. 
«E secondo... Sai cosa? Adesso ci mettiamo a guardare la seconda stagione di Bake Off sul divano e lasciamo perdere Jenga» disse Percy spostandosi sul divano. Nico lo raggiunse, borbottando un "solo perché non sai giocare" sottovoce. 
Si lasciò cadere di fianco al babysitter su uno dei cuscini e aspettò che Percy accendesse la tv pazientemente. 
Mentre guardavano uno dei due episodi, il ragazzo più grande lo tirò a sé in semiabbraccio, un braccio sopra alle sue spalle e la testa appoggiata alla sua. Nico avrebbe potuto giurare che ci fosse davvero qualcosa nel suo stomaco che non voleva saperne di star fermo. 
Rimasero così per tutta la sera, e quando all'improvviso suonò il campanello, Nico sussultò, preso di sorpresa, rovesciando tutti i popcorn che rimanevano (in realtà non molti) sul pavimento. 
Percy rise fino alle lacrime, e di conseguenza lui gli tirò il telecomando. 
I due si alzarono da divano per andare ad aprire, ma che Nico potesse avvicinarsi al campanello, Percy lo bloccò posandogli la mano sulla spalla. 
«Tranquillo, faccio io... tu vai a letto che è tardi!» suggerì. 
Nico roteò gli occhi e fece per dirigersi in camera. 
«Ah, Nico?» lo chiamò il babysitter, la voce spaventosamente vicina a lui. 
Quando il ragazzino si voltò, sentì qualcosa di morbido sulla guancia e sbarrò gli occhi quando realizzò cosa stesse succedendo. Percy si raddrizzò. 
«Buonanotte» disse con un sorrisino da schiaffi sul viso, ma Nico era troppo stordito per rispondergli, e l'unica cosa che riuscì a fare fu entrare in bagno. 
Sentiva vagamente il babysitter parlare con i suoi genitori, ma l'unica cosa che occupava la sua mente era il bacio che gli aveva dato Percy. 
Un. Bacio?! 
Nico si guardò allo specchio: aveva gli occhi ancora spalancati e le guance più rosse di due pomodori. Si sciacquò il viso, tentando di mandare via la sensazione delle labbra di Percy sulla sua pelle, con il cuore che batteva a livelli inimmaginabili nelle orecchie.
Dopo cinque minuti, deciso che era inutile e controproducente, si avviò a letto. 
Sua madre lo fermò davanti alla porta della sua camera. 
«Ehi. Allora, ti sei divertito? Cosa avete fatto stasera?» gli chiese, accarezzandogli i capelli con un sorriso. 
Nico scrollò le spalle cercando di essere il più naturale possibile.
«Ehi. Sì. Niente di che» rispose prima di entrare nella stanza. 
Sentì sua mamma ridacchiare. 
Soltanto quando fu completamente sotto alle coperte, mezzo addormentato, si rese conto che non si ricordava una minima cosa delle due puntate di Bake Off. 


---nda
Eccoci qua! Cosa ne pensate del "bacio"? Eheh, vi avevo detto che questo capitolo sarebbe stato più 
gustoso! :D
Di nuovo, grazie mille a tutti quanti, siete adorabili <3
Chi non sapesse cos'è jenga, cioè il gioco con cui si dilettano i nostri semidei preferiti all'inizio del capitolo, clicchi qua.
Un'ultima cosa: non fatevi ingannare, Nico non capisce niente - come sempre.
A presto! :)

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Capitolo 7
*** 7 ***


7
Nico sapeva esattamente cosa fare.
Come un'anima in pena, prese il telefono e compose il numero della segreteria del Saint Artémis. Quando la receptionist gli rispose, chiese di parlare con Bianca Di Angelo. Dopo qualche minuto passato a tamburellare sul tavolino da caffé, sentì il clic che significava che la ragazza aveva finalmente sollevato la cornetta.
«Nico! Non pensavo che avresti mai chiamato!» esclamò felice, e il ragazzo si sentì lievemente in colpa, prima di ricordarsi che era ancora arrabbiato con lei.
Ma la rabbia poteva aspettare, c'erano problemi più urgenti.
«...Nico?» fece Bianca quando lui non rispose.
«Ho un problema» si decise infine, con una vocina sottile, e non appena l'ebbe detto sembrò tutto molto più reale.
«Oh. Dimmi tutto. È successo qualcosa a scuola? Ancora Matt?» chiese la sorella preoccupata.
«Ehm... sì, ma non si tratta di questo» disse Nico, sincero.
Bianca s'incuriosí.
«Allora di cosa?» chiese sorpresa.
Nico sospirò. Per qualche motivo, non voleva parlare alla sorella di Percy, gli sembrava che così facendo il babysitter sarebbe diventato meno suo (come se lo fosse mai stato!), ma non le aveva mai tenuto un segreto in tutta la sua vita, pertanto si decise a farlo.
«Ho capito! C'è un ragazza che ti piace!» lo precedette Bianca divertita prima che lui potesse aprire bocca.
Nico sbuffò. Figurarsi.
«No, Bianca, fammi parlare» (la ragazza brontolò) «hai presente quel babysitter che hanno chiamato mamma e papà tre settimane fa, quando sono andati via?»
«Ricordo solo che ti eri arrabbiato parecchio» rise lei, poi si fermò inorridita.
«Oh no, Nico, che hai fatto? È in ospedale?» gli chiese preoccupata.
Il ragazzo si sdegnò.
«Grazie per la fiducia, e no, non è in ospedale. Il punto è che... ecco..» s'interruppe e prese un respiro.
«Non riesco a smettere di pensare a lui, e ogni volta che lo vedo il mio stomaco fa una cosa strana e - e io non so più cosa fare e» iniziò a lamentarsi, e la sorella aspettò che avesse finito (o meglio, che terminasse di sproloquiare) prima di parlare.
«Pensi che sia grave?» terminò Nico, il cuore che gli batteva a mille. Dei, e se fosse stata una malattia?!
«...Nico. Pensi che lui sia, come dire, bello?» gli chiese Bianca con un tono strano dopo qualche minuto.
Lui non se l'aspettava. Rifletté un attimo, e giunse alla conclusione che trovava il suo sorriso, come dire, bello. E anche i suoi occhi. E i capelli. Uhm.
«Be', sì» rispose in tono difensivo. Ma questo cosa c'entrava?
«Hai detto che il tuo stomaco fa una cosa strana... una specie di stretta? Potresti descriverla come delle farfalle che ti svolazzano nella pancia?»
«...Sì» rispose Nico iniziando a preoccuparsi.
«Nico» disse Bianca con voce solenne «se questo babysitter ti baciasse, pensi che ti piacerebbe?»
Nico evitò accuratamente di rivelarle che era, come dire, già successo.
«Ehm, sì» disse. Silenzio dall'altra parte della linea.
«Oddio, Bianca, è una cosa grave? Sto per morire?» si preoccupò.
La sorella rise.
«Non credo che sia mai morto nessuno per una cotta» lo prese in giro.
Nico tirò un sospiro di sollievo – non era una malattia. Poi per poco non svenne.
«Una cotta?! No, hai capito male, io non ho nessunissima cotta e soprattutto non per Percy, non capisco come ti sia venuto in mente, non può essere ve-»
«Nico» lo interruppe Bianca «Ti fidi di me?»
Il fratello rispose, a malincuore, di sì.
«Allora fidati anche stavolta, hai una cotta per questo Percy. Non c'è niente di male. Anzi, forse dovresti dirglielo».
«No. No. Non se ne parla, no, no e no. No!» esclamò Nico prima di riattaccare.
Passò le successive cinque ore a guardare film scadenti alla televisione, pur di non pensare a Percy e alla sua cotta per lui. Forse Bianca aveva ragione. No, impossibile. Eppure... No, non se ne parlava neanche! Però Percy... Bianca aveva sempre ragione...
Oh, dei.
 
Il giorno dopo, uscito da scuola, trovò una sorpresa ad aspettarlo.
Per la precisione, fu la sorpresa a trovare lui.
Il suo personalissimo babysitter gli stava venendo incontro, le mani elegantemente infilate nelle tasche dei pantaloni e i capelli mossi dal vento, e in quel momento il ragazzo più piccolo sentì le famose farfalle di cui gli aveva parlato Bianca iniziare a muoversi nel suo stomaco.
«Nico! Passavo da qua e ho pensato che potevamo andare a mangiare un boccone» gli sorrise Percy appoggiando un braccio sulle sue spalle.
Lui annuì soltanto, certo che non appena avesse aperto bocca avrebbe detto qualcosa di estremamente imbarazzante.
«Perfetto, ho trovato un locale qua vicino che fa dei sandwich quasi più buoni dei miei» fece alzando il naso in aria per vantarsi. Nico sbuffò (almeno questo poteva farlo senza paura di combinare qualche guaio).
I due camminarono fino alla macchina del ragazzo più grande, e una volta saliti Percy guidò per una decina di minuti, fischiettando una canzone che Nico non conosceva.
Una volta arrivati, il babysitter scese per primo e aprì la portiera al ragazzo più piccolo con una risata. Lui gli lanciò un'occhiataccia e scese.
Percy aveva ragione: il posto non era male, con le tende blu e le tovaglie azzurro scuro in pendant ed alcune conchiglie appese alle pareti. Ma soprattutto, i sandwich erano veramente squisiti.
Tra un boccone e l'altro, Percy gli raccontò la sua giornata – non era stata niente di che, a parte la lezione di chimica durante la quale un certo Leo aveva fatto scoppiare una provetta nella faccia della loro insegnante e il suo biondissimo amico Jason aveva litigato con la sua fidanzata.
Quando il babysitter gli chiese come fosse andata la sua, Nico arrossì ripensando alla telefonata con Bianca.
«Tutto bene» disse a bassa voce senza guardarlo in volto. Non ce l'avrebbe fatta a non non far trasparire nulla dal suo viso!
«Neeks.» sospirò Percy dopo aver ingurgitato il suo terzo panino (Nico perse un battito al sentire il soprannome) «perché continui a dirmi le bugie? Non è successo qualcos'altro con quel bulletto, vero?».
Il ragazzino sbiancò. Se n'era praticamente dimenticato quando aveva visto l'altro ragazzo nel parcheggio, ma...
Come aveva fatto Percy a capirlo? Il livido era coperto dalla manica...! Inconsciamente, si massaggiò il braccio e fece cenno di no con la testa. Anche se avesse detto la verità (e cioè che Matt gli aveva stretto il braccio talmente forte da lasciargli il segno quando lui non aveva fatto una piega davanti ai suoi insulti), cosa avrebbe potuto fare il babysitter? Nulla.
Percy sgranò gli occhi e veloce come un fulmine gli prese il braccio "ferito" con la mano; poi diede uno strattone per levare la manica di mezzo.
Alla vista del livido verdastro a forma chiaramente di mano, il ragazzo chiuse le palpebre e prese un respiro profondo.
«C'è qualcuno che lo sa oltre a me?» gli chiese, e Nico scosse la testa spaventato. Adesso anche Percy si sarebbe arrabbiato con lui?
Il ragazzo più grande fece il giro del tavolo e si sedette sulla panca accanto a lui. Si avvicinò a lui e Nico chiuse involontariamente gli occhi, come se si aspettasse di essere picchiato. Poi sentì Percy avvolgerlo con le braccia. Il ragazzino si ritrovò a singhiozzare, senza riuscire a trattenersi, e non riuscì a capirne il motivo – Matt non gli faceva paura, davvero. Avrebbe dovuto essere felice di trovarsi tra le braccia della sua cotta, e invece piangeva un bambino. Che sciocco.
«Non fare così, Neeks, andrà tutto bene» mormorò Percy con le labbra contro i suoi capelli. Il ragazzino più piccolo deglutì e si staccò subito dall'abbraccio, con gli occhi spalancati e le guance scarlatte. Non poteva continuare a farsi abbracciare e consolare da Percy senza dirgli che aveva una cotta per lui, non era giusto!
La verità era che si stava approfittando della gentilezza del ragazzo più grande. Era una persona orribile, realizzò Nico da qualche parte nella sua mente.
Senza voltarsi indietro, scappò dal locale con il cuore in gola e le lacrime che gli scorrevano sulle guance. 


---nda
Uhm... cliffhanger? Però prometto che il prossimo capitolo non sarà un capitolo qualsiasi, ma IL capitolo – chi vuole intendere in tenda (il resto in camper) :D
Ah, dato che le recensioni sono diminuite drasticamente, volevo sapere se per caso non vi è piaciuto il capitolo scorso! :(
A proposito di questo, vorrei ringraziare tantissimo Ainsel (♥) e katie86, siete carinissime :3
A lunedì! :D


 

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Capitolo 8
*** 8 ***


8
Non fece in tempo a fare due passi che sentì qualcuno stringergli il braccio — Percy, che lo stava guardando con un'espressione a metà tra l'irritato e il disperato.
Nico iniziò a dimenarsi come una furia, e Percy dovette prenderlo per i polsi per farlo stare relativamente tranquillo.
«Neeks, è inutile che fai così, tanto ti riprendo» sospirò il babysitter «perciò fai il bravo bambino e parla con lo zio Perce» suggerì sciabolando le sopracciglia su e giù.
Funzionò. Nico sembrò calmarsi, e fece un risolino nervoso.
Percy tirò un sospiro di sollievo e sedette sul bordo della fontana lì vicino, invitando il ragazzo più piccolo a raggiungerlo.
«Non sono arrabbiato con te, lo sai, vero?» gli chiese una volta che si fu seduto accanto a lui.
Nico annuì soltanto. Si sentiva ancora così in colpa ad approfittarsi così dell'amicizia con lui! Era un essere spregevole.
«Devi dirlo ai tuoi genitori, o a uno degli insegnanti... me lo prometti?» gli domandò. Nico sentì una morsa allo stomaco al posto delle ormai familiari farfalle.
«Ehi... lo so che non è facile, ma i tipi come lui si comportano così perché hanno paura. Tu sei più forte» disse Percy pizzicandogli un fianco.
Nico sobbalzò e lo spinse giocosamente giù dal bordo della fontana.
«Io... grazie» riuscì a mettere due parole in fila dopo qualche secondo. Gli angoli delle labbra gli si curvarono leggermente in su, quasi contro il suo volere.
Il babysitter spalancò la bocca stupito, come se avesse visto un'apparizione.
«Nico, stai... stai sorridendo! Stai sorridendo!» esclamò sorpreso, come se non potesse credere a ciò che vedeva. Il ragazzino ridacchiò, senza riuscire a trattenersi.
«L'hai ripetuto due volte» gli fece notare, e Percy roteò gli occhi, poi lo strinse in un abbraccio spezzacostole prima che lui potesse fare alcunché.
«Non farmi più preoccupare così» mormorò, muovendo le braccia su e giù sulla sua schiena per confortarlo.
Nico deglutì, preso in contropiede, e si liberò dall'abbraccio di riflesso, memore del suo dibattito interiore di poco prima; poi alzò lo sguardo verso di lui completamente in preda al panico, le guance scarlatte, gli occhi spalancati che lo fissavano come se fosse un mostro.
«Ah... Uhm, io...» tentò il ragazzino, senza sapere bene cosa dire. Non poteva continuare così, con il contatto fisico e tutto il resto, oppure sarebbe scoppiato!
Percy lo guardò confuso. Corrugò le sopracciglia e poi lasciò fuori un sospiro stanco.
«D'accordo, d'accordo. Adesso dimmi cosa sta succedendo» ordinò incrociando le braccia. Nico non riusciva a pensare a nulla, era come se il suo cervello avesse deciso di spegnersi e godersi lo spettacolo di lui che si copriva di ridicolo davanti alla sua cotta. Occhieggiò lo strada di fronte a loro – se avesse colto l'altro ragazzo di sorpresa forse sarebbe riuscito a scappare...
«Nico» lo avvertì Percy «non pensarci neanche».
Il più piccolo sentì la gola seccarglisi – la salivazione praticamente azzerata – e nascose il viso tra le mani.
Avrebbe dovuto dirglielo.
Oh, dei, questa cosa era il triplo più complicata rispetto alla faccenda di Matt.
«Mi sa che ho una cotta per te» disse piano, la bocca coperta, il cuore che sembrava intenzionato a uscirgli dalla gola.
«Neeks, ci siamo già passati. Parla a voce un pochino più alta, non ho sentito nulla» fece Percy, portandosi una mano alla nuca.
Nico ripeté la frase con un tono leggermente più alto.
«Amico, non ho capito neanche stavolta-»
Il ragazzo più piccolo sentì come una scossa nei pressi dello stomaco e un fiume di rabbia, frustrazione, tristezza e tutti gli altri sentimenti che si era tenuto dentro in quei giorni lo travolse. Scattò in piedi e strinse i pugni, mentre iniziava a vedere tutto rosso.
«Ho. Una. Cotta. Per. Te!» esclamò, a voce talmente alta che i tre passanti dall'altra parte della strada si voltarono a guardarlo.
Oh, dei. Cosa aveva fatto?!
Nico si risedette immediatamente, inorridendo. Non l'aveva detto davvero, oppure sì?
Percy corrugò nuovamente le sopracciglia, poi ebbe il coraggio di mettersi a ridere.
Il ragazzo più piccolo sentì l'umiliazione invaderlo, le prime lacrime farsi strada sulle sue guance. Scese dal bordo della fontana, ma prima che potesse allontanarsi, Percy lo fermò.
«Ehi, ehi, frena!» esclamò alzando in aria la mano che non lo stava tenendo per il cappotto.
«Non volevo prenderti in giro!»
«E allora cosa?!» gridò Nico, sull'orlo della crisi. Perché non lo lasciava soltanto andare? La stava rendendo più difficile per entrambi.
«Ehm, pensavo si trattasse di qualcosa di più importante — cioè» iniziò a spiegare il babysitter. Il ragazzino avrebbe voluto picchiarlo. Questa volta sentì chiaramente le lacrime iniziare a uscire, fino a che non arrivarono a bagnargli il collo, infilarsi nel colletto del maglione, scorrergli sul petto in pochi secondi.
«Ah» disse piano, cercando di asciugarsi gli occhi con una mano.
Percy sembrò rendersi conto in quel momento di ciò che aveva detto.
«Oh, dei, no! Non intendevo in quel senso... Nico, guardami!» esclamò dandogli uno strattone.
Il ragazzino si voltò verso di lui, pronto a urlargli, ma Percy non gliene lasciò il tempo.
Qualcosa di morbido si appoggiò con forza sulle labbra di Nico, qualcosa che sapeva di sandwich al tonno e di Cherry Coke alla ciliegia.
Nico spalancò gli occhi quando realizzò che Percy lo stava baciando – un bacio serio, sulla bocca, non come l'altro.
Le labbra del ragazzo più grande erano incredibili. Morbide, gentili, ma anche decise. Le sue mani si avvolsero alla testa di Nico per portarlo più vicino.
Qualche secondo dopo, quando Percy si allontanò leggermente per riprendere fiato, lui lo guardò frastornato.
Se l'era sognato, giusto? La sua cotta non lo aveva appena baciato, doveva essere un'invenzione della sua mente, non c'era altra spiegazione...
«A meno che non ci sia» disse Percy alzando le sopracciglia divertito.
Oh, dei, l'aveva detto ad alta voce?
«Pe... Perché mi hai...?» chiese, leggermente roco, temendo di sentire qualcosa di brutto.
Il babysitter roteò gli occhi.
«Secondo te?» rispose in tono chiaramente sarcastico.
Poi sorrise e si addolcì.
«Neeks, non ti stavo prendendo in giro. È solo che... be', pensavo che fosse una cosa abbastanza... ovvia, dopo l'altra sera» ridacchiò.
Nico si lasciò cadere sul bordo della fontana, senza parole. Non riusciva nemmeno a pensare, figuriamoci a formulare una frase coerente.
«Cioè tu... tu sapevi già che avevo una cotta per te?» chiese per sicurezza dopo qualche minuto, la voce ancora tremante.
Percy annuì divertito, mentre giocherellava con le dita del ragazzo più piccolo.
Nico represse un brivido e si concentrò sul contare le mattonelle del marciapiede, senza osare processare quello che aveva sentito.
Quando si sarebbe svegliato, sarebbe stato il triplo peggio sapere di non aver mai baciato Percy.
Il ragazzo più grande si chinò su di lui.
«Neeks? Sei ancora lì?» chiese divertito.
Il più piccolo corrugò le sopracciglia – c'era qualcosa che non tornava.
«Aspetta un attimo, ma se tu mi hai baciato allora-»
Percy roteò gli occhi per l'ennesima volta nella serata, quindi gli prese le mani tra le sue. Lo guardò fisso in volto, con quegli occhi verdi che sembravano catturare i suoi ogni santissima volta.
Nico deglutì, senza riuscire a sviare lo sguardo, quasi fosse ipnotizzato.
«Adesso ascoltami bene. Nico Di Angelo, tu mi piaci, e molto. Vedi di non dimenticartelo» disse marcando accuratamente ogni parola.
Per poco il ragazzino non svenne – in ogni caso, era certo di essere color peperone. Doveva essere un sogno.
«Ehi, non mi morire qui!» rise Percy.
Poi sorrise, quel sorriso che all'inizio gli aveva dato tanto fastidio e che adesso adorava, e si chinò verso di lui.
«Se ti abbraccio non scappi di nuovo, vero?» sussurrò.
Nico scosse la testa talmente veloce che per un momento pensò gli si sarebbe staccata.
«Bene» fece Percy mostrandogli un sorriso birichino, e lo strinse a sé.
Per qualche tempo rimasero così, fermi nelle braccia dell'altro, e il resto non importava più. Il ragazzo più grande iniziò a canticchiare qualcosa sottovoce.
Ecco, adesso Nico poteva anche morire. 



---nda
Tadan!
Ecco qua IL capitolo, come avevo promesso :D Che ve ne pare?
Se devo dire la verità, mi ha fatto un po' paura scriverlo, im quanto si tratta, alla fin fine, dell'apice della storia; d'altronde potete star sicure che le peripezie di Nico non sono affatto finite! Non è proprio il tipo :D
Dunque, volevo ringraziare per le splendide recensioni che ha ricevuto il capitolo scorso, mi avete davvero tirato su di morale e rallegrato la giornata, grazie mille :*
Detto ciò, a questa breve long (ossimoro! >:D) mancano "solo" tre capitoletti, ma posso anticiparvi che probabilmente scriverò un seguito (non so quando, purtroppo, con la scuola e tutto il resto), e in ogni caso altre fanfiction percico (so che non frega a nessuno, ma ve lo dico lo stesso eheh)! A presto :)

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Capitolo 9
*** 9 ***


9
Se lo sarebbe dovuto aspettare.
Cioè, naturalmente sapeva che Percy era popolare (insomma, lui stesso era stato fregato da quel sorriso!), però faceva lo stesso male.
Non avrebbe saputo descrivere con precisione quel che stava provando; era una specie di dolore acuto nel petto, che gli rendeva la bocca talmente secca da doversi bagnare le labbra con la lingua prima di poter parlare.
Nico aveva casualmente deciso di passare vicino alla Goode High School (naturalmente senza alcun motivo) per tornare a casa, e in effetti non era rimasto deluso: aveva visto, seppur di sfuggita, Percy.
Peccato che il ragazzo più grande non fosse da solo, anzi: era in compagnia di una ragazza bionda, poco più bassa di lui, con la quale sembrava essere in grande confidenza.
O almeno, questo era quello che aveva pensato Nico quando l'aveva visto abbracciarla. Oltre tutto, gli era sembrato un gesto spontaneo, senza l'imbarazzo e la rigidità che c'era tra i loro abbracci, come se fosse stata una cosa quotidiana, o almeno che accadeva frequentemente.
Un'altra fitta di gelosia lo attraversò (con un angolino della mente Nico si stupì di aver riconosciuto la sensazione) quando vide la ragazza baciare Percy (il suo Percy!) sulla guancia. Come... come si permetteva?
E soprattutto, chi era quella donna?
Nico si sarebbe mangiato le mani dalla curiosità (e dell'invidia), se non fosse che erano occupate dalla cartella che teneva di fronte a sé.
Decise di tornare a casa prima di fare l'ennesima figuraccia – come ad esempio era successo in fumetteria. Chissà cosa sarebbe successo se Percy l'avesse visto mentre era in compagnia di quella.
Raggiunse la villa senza far caso al tragitto, continuando a tormentarsi con domande di cui non conosceva le risposte, e quando finalmente arrivò in camera, si gettò sul letto atterrando di faccia sul cuscino.
Probabilmente la ragazza bionda non faceva tutte le figuracce che sembravano capitare a lui. E sicuramente era più disinibita, da quel che aveva visto; non si sarebbe mai imbarazzata così tanto per un abbraccio – figurarsi per un bacio, ragionò Nico.
E dovette ammettere (a malincuore) che era molto bella – non competevano nemmeno.
Dei, avrebbe voluto scomparire, magari inghiottito dalle coperte, e non vedere più nessuno, specialmente Percy.
In cuor suo, Nico sapeva che era tutto troppo bello per essere vero. Sapeva che era un sogno, era impossibile che lui piacesse veramente a Percy — doveva essersi immaginato tutto.
Sospirò, ricacciando indietro le lacrime che minacciavano di uscire, e roteò gli occhi. Ma quanto poteva essere patetico?
Per quanto ne sapeva, proprio in quel momento la ragazza bionda e Percy avrebbero potuto essere chissà dove, magari al parco, intenti a baciarsi.
Quel pensiero lo stese definitivamente.
 
Il campanello squillò di nuovo, e Nico lo ignorò una seconda volta.
Non era decisamente dell'umore per incontrare nessuno, soprattutto dopo aver visto Percy assieme alla ragazza misteriosa il giorno prima.
Per qualche minuto ci fu la calma, e il ragazzino s'illuse che il misterioso scocciatore avesse deciso di concedergli qualche minuto di tregua.
In quell'esatto secondo un terzo, assordante squillo gli riempì le orecchie, e Nico si decise ad aprire per dirne quattro al fastidioso scampanellatore.
Aprì la porta pronto a urlare, con la sua migliore espressione irritata sul volto (e ne aveva parecchie).
Poi spalancò gli occhi e sospirò — chi poteva essere, se non Percy? Avrebbe dovuto prevederlo.
«Nico!» esclamò quello tutto contento, e a sorpresa si sporse in avanti per abbracciarlo.
Il ragazzino indietreggiò, maledicendosi mentalmente un attimo dopo per averlo fatto. Perché non poteva essere normale, per una volta?
In ogni caso, Percy non sembrò essersela presa.
«Giusto, lo spazio personale» disse sorridendo, perfettamente a suo agio. Nico non avrebbe saputo dire se stesse fingendo di non esserci rimasto male o se davvero non gli dispiacesse. Maledizione.
La ragazza bionda non avrebbe avuto problemi ad abbracciarlo, anzi; sarebbe stata lei a fare il primo passo, avrebbe scommesso Nico.
«Be', non mi dici niente? Sono passato a trovarti per stare un po' assieme!» disse Percy rompendo lo scomodo silenzio che si era venuto a creare.
Nico si morse le labbra e provò a sorridere – probabilmente gli uscì soltanto una smorfia, ma a Percy sembrò andar bene, dal momento che lo tirò a sé in un abbraccio che gli tolse il fiato.
«Lo so, lo so, lo spazio personale... ma non ce la facevo più» gli disse, stringendolo con le braccia forti.
Nico, rosso in volto per il contatto improvviso (grrr), si chiese cosa intendesse. Non ce la faceva più a fare cosa? Non glielo domandò ad alta voce, temendo di fare di nuovo la figura dello stupido.
«...Nico? Ti è caduta la lingua?» fece il ragazzo più grande, perplesso, quando lui non aprì bocca per l'ennesima volta.
E se gli fosse scappato qualcosa sulla ragazza bionda? Percy avrebbe capito che era andato vicino alla sua scuola. Dei, e se si fosse arrabbiato con lui? Non voleva nemmeno pensarci; sarebbe stato più saggio rimanere in silenzio.
«Se non mi dici quando faccio qualcosa che ti dà fastidio, non posso saperlo» disse allora il babysitter sciogliendo l'abbraccio, quasi timidamente.
Nico sarebbe voluto rimanere appiccicato a lui per il resto della vita giornata, nonostante il rossore e l'accaldamento e tutto il resto, ma decise che in effetti non sarebbe stata una grande idea.
Alzò gli occhi per guardare Percy, totalmente sperduto – non aveva la più pallida idea di cosa dire o fare. E se il babysitter avesse iniziato a odiarlo? Se non l'avesse mai più voluto vedere?
«Ehi? Per favore, parlami... è successo qualcosa a scuola? Matt?» chiese il ragazzo più grande in tono preoccupato, con una luce strana negli occhi, mettendo le mani in tasca.
Nico si schiarì la gola.
«No, tutto bene» disse con voce rauca.
Percy alzò un sopracciglio, senza aprire bocca, come a dire seriamente?
Il ragazzo più piccolo annuì ostinatamente per concludere la discussione, e si diresse in cucina, le mani che non volevano saperne di smettere di tremare.
Il babysitter lo seguì sospirando.
La ragazza bionda non si sarebbe comportata così, Nico ne era certo. Probabilmente non gli avrebbe tenuto nascosto nessun segreto, e sarebbe stata capace di farlo ridere senza fare nulla di ridicolo, e soprattutto non avrebbe litigato con lui per dei motivi così triviali.
Il ragazzino si accorse che Percy lo fissava in attesa di qualcosa e aggrottò confuso le sopracciglia.
«Hai voglia di fare qualcosa?» ripeté il babysitter la domanda che era stata ignorata, giocherellando con le posate che erano sul tavolo.
Nico scosse la testa, spostando lo sguardo verso il basso. Di lì a poco sarebbe impazzito, se lo sentiva.
La ragazza bionda al suo posto avrebbe trovato qualcosa di fantastico da fare assieme, se lo sentiva.
Poi sentì Percy sbuffare da qualche parte indefinita sopra alla sua testa, e improvvisamente il ragazzo più grande lo aveva preso per le spalle e trascinato in salotto – Nico si ritrovò d'un tratto seduto sul divano, il babysitter davanti a lui con le braccia incrociate e un'aria decisamente poco amichevole.
«Forza, dimmi cosa sta succedendo» disse con un sospiro.
Il ragazzo più piccolo strinse le labbra – era dopotutto arrivato il momento? 
«Nulla» si ostinò a rispondere, e Percy roteò teatralmente gli occhi.
«Sí, certo, come se non ti conoscessi. Avanti, dimmi cosa c'è che non va, giuro che non mi arrabbierò — di qualunque cosa si tratti».
Nico rimase in silenzio, evitando di dire che invece sarebbe sicuramente andato su tutte le furie a sapere che l'aveva seguito a scuola e visto assieme alla ragazza bionda.
«È qualcosa che ho fatto, vero? Ti ha... Ti ha dato fastidio il... il bacio dell'altro giorno, è così?» provò a indovinare Percy, con un tono di voce strano che non gli aveva mai sentito.
Nico alzò di scatto la testa, gli occhi fuori dalle orbite.
«Certo che no!» esclamò in preda al panico. Come poteva pensare una cosa simile? Ridicolo.
Il babysitter sembrò tornare lo stesso di sempre, addirittura ridacchiò, e in faccia gli tornò un po' di colore.
Sedette sul divano vicino a lui e gli prese le mani tra le sue.
«Allora potresti dirmi cosa c'è che non va? Se è qualcosa in cui posso aiutarti, io—»
Nico lo interruppe, scarlatto in volto, senza guardarlo.
«Vorrei sapere chi è quella ragazza bionda che era con te ieri» disse tutto d'un fiato, pentendosene immediatamente. Dei, perché non aveva un filtro cervello-bocca?! Adesso l'avrebbe odiato di sicuro!
Percy spalancò gli occhi, spiazzato — il ragazzino l'avrebbe trovato alquanto ridicolo, in un altro momento, con la bocca aperta nella perfetta imitazione di un pesce.
«Io... eh? Annabeth?!» gli chiese stupito, come se non avesse sentito bene.
Nico scrollò le spalle.
«Lascia perdere, non è importante» disse con finta noncuranza (mentre in realtà provava l'intenso desiderio di seppellirsi sotto terra), ma Percy non lo stava ascoltando.
«Annabeth? Come fai a...? Aspetta» iniziò a realizzare, e il ragazzino riusciva praticamente a vedere gli ingranaggi della sua testa girare.
«Nico, sei... geloso?» chiese il babysitter in tono incredulo, e lui divenne immediatamente rosso bordeaux sulle guance – si sentiva le orecchie bollenti.
Evitò di guardarlo in volto, ma Percy diede uno scossone alle loro mani, ancora allacciate.
«Sei geloso?» ripeté, questa volta con un sorrisino, che si allargò quando il più piccolo lo fissò torvo con il volto in fiamme.
Senza preavviso, il babysitter si chinò verso di lui e lo baciò per la terza volta, cogliendolo di sorpresa. Nico spalancò gli occhi, e non fece in tempo a fare nulla che Percy si era già allontanato — ma soltanto per riuscire a stringerlo tra le braccia, come scoprì.
L'abbraccio sembrava totalmente diverso da quello che si erano scambiati prima. Questa volta, le mani di Percy non erano ferme in un punto, ma andavano su e giù lungo la sua schiena, mandandogli brividi in tutto il corpo; la fronte del ragazzo più grande era appoggiata sulla sua, i capelli mischiati tra di loro, gli occhi dritti sul suo viso.
«Sei geloso» ripeté deliziato, come un bambino la mattina di Natale.
Nico sbuffò, cercando di camuffare l'imbarazzo.
«Non puoi solo dirmi chi è e farla finita?» gli chiese a denti stretti.
Percy ridacchiò, e la sua risata vibrò per tutta la spina dorsale del ragazzino.
«Annabeth. Stavamo insieme, ma tipo due, tre anni fa... ora siamo solo amici!» tentò di rassicurarlo.
Nico corrugò le sopracciglia. Certo, solo amici. Però erano stati assieme, ci aveva visto giusto! Il che voleva dire, che un tempo si erano baciati, abbracciati, stretti... tentò di scacciare il pensiero, fallendo miseramente.
«Ehi... terra chiama Nico» scherzò il babysitter, e poi si chinò verso il suo orecchio.
«Comunque, adesso c'è un'altra persona che mi piace» gli sussurrò, e il ragazzino era certo che sarebbe esploso dal surriscaldamento.
Percy roteò gli occhi, divertito, e si chinò per baciarlo.
Nico si dimenticò completamente di Annabeth.


---nda
Ehilà :) Ecco il nuovo capitolo (ve l'avevo detto che Nico sarebbe rimasto il re indiscusso dei complessi, no?); che ve ne pare?
Vi annuncio tristemente che tra due capitoli (ergo due settimane) questa storia sarà definitivamente conclusa; ma mi sono presa un po' di tempo per riflettere e ho iniziato a scrivere una solangelo/jercy – è più un esperimento che altro, ma mi sto divertendo alla faccia :D 
E ho già pronte un paio di one shot percico a tema natalizio *v*

Anche per questo sono “costretta” a tornare a pubblicare once a week, ma non disperate (e chi si dispera? lol)!
Detto ciò, grazie mille per le meravigliosissime recensioni e un bacione :)

 

 

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Capitolo 10
*** 10 ***


10
Per la prima volta, la mente di Nico era sgombra da pensieri negativi.
Matt non esisteva più, le amiche di Bianca non erano nemmeno un po' irritanti e lui stesso non era poi così basso, quando si trovava tra le braccia di Percy.
Il babysitter, con lo sguardo perso davanti al film, gli stava accarezzando sovrappensiero i capelli scompigliati, e Nico avrebbe mentito se avesse detto che la sua mano, grande, calda e familiare, non lo stava distraendo neanche un pochino dalla televisione.
Si sistemò meglio tra le sue braccia, cercando di essere il più discreto possibile — detestava ammetterlo, ma aveva ancora la sensazione di trovarsi in una specie di sogno. Probabilmente era finito in coma in uno di quei giorni e tutto quello che stava vivendo era una proiezione della sua mente.
Percy allungò le braccia e gliele allacciò attorno alla vita, poi appoggiò il mento sulla sua spalla. Trasse un respiro profondo — Nico era sicuro che anche il babysitter potesse sentire che il suo cuore stava battendo all'impazzata.
«Mmm» sorrise contento il ragazzo più grande, poi rise a una battuta di un personaggio del film.
Nico s'impietrì. Era più che sicuro che se si fosse spostato anche solo un pochino, Percy non sarebbe più stato comodo. La sua spalla era troppo ossuta, come faceva il babysitter a non lamentarsi?! E se il suo shampoo avesse avuto un odore che all'altro andava a genio? Oh, dei!
«Mi piace il tuo profumo» fu ciò che disse invece Percy contro la sua guancia, prima di baciargliela.
Nico sentì le orecchie scaldarglisi — segno che stava arrossendo come un pazzo — e non riuscì a trattenere un piccolo sorriso.
«Ehi, Neeks, scotti!» esclamò il babysitter in tono allarmato, e liberò un braccio per posargli la mano sulla fronte.
«Stai bollendo» disse preoccupato. Il ragazzo più piccolo riuscì a non roteare gli occhi — il babysitter era cieco?! Forse era solo stupido.
«Va tutto bene» brontolò, e spostò il braccio dell'altro per rimetterselo attorno alla vita.
Tornarono entrambi a seguire il film (Percy con un sorrisetto compiaciuto sulle labbra — quando se ne accorse, Nico ancora più rosso in viso).
A quanto pareva (non era stato molto attento fino a quel momento, chiaramente) erano arrivati al punto in cui la ragazza stava per essere mangiata dagli zombie, tra cui era nascosto il suo fidanzato in attesa di salvarla.
Il ragazzino si chiese per quale motivo avesse fatto scegliere il film a Percy.
Saltò in aria quando le teste iniziarono a volare e gli schizzi rossi di sangue a imbrattare le pareti, e non avrebbe voluto ammetterlo, ma si commosse quando il protagonista spuntò fuori tra gli zombie e salvò la vita alla fidanzata sorpresa e adorante.
«Guarda che ho visto che ti asciugavi gli occhi verso la fine» lo prese in giro Percy durante i titoli di coda, intento con una mano ad accarezzargli i capelli.
Nico sbuffò — non poteva negare.
«Non era così male come pensavo» ammise alzando il naso per aria, e il babysitter ridacchiò (il ragazzino non poté impedirsi di sentirsi compiaciuto per averlo divertito).
«Pensa se fosse successo a noi» disse Percy sovrappensiero, indicando il televisore, e Nico spalancò gli occhi preso di sopresa.
Se fosse successo a loro... cioè, se fossero stati loro nei panni della coppia? Erano una coppia? Lui e Percy erano una coppia?
Il ragazzino divenne istantaneamente color peperone. Dei, non ci aveva mai pensato — che stupido.
«Neeks? Questo è un modo per dirmi con tatto che tu non mi avresti cercato come ha fatto lei nel film?» rise il babysitter quando lui non rispose.
Una coppia?!
«Ah... Uhm... Io...» fu tutto ciò che riuscì a dire Nico, perso nei suoi pensieri.
«Ehi? Cos'è successo?» tornò subito serio Percy, e si staccò dall'abbraccio (il ragazzino si lamentò mentalmente) per poterlo guardare in viso.
Nico aprì la bocca per rispondere, ma non trovò nulla da dire. Una coppia?!
Percy aggrottò le sopracciglia e si chinò in avanti per tornare ad abbracciarlo, le mani che gli strofinavano la schiena, i capelli che gli solleticavano la fronte.
«...Neeks?» chiese ancora.
Nico si riscosse, e sbatté le palpebre.
«I-Io... Noi... siamo una coppia?» domandò con gli occhi praticamente fuori dalle orbite — riusciva a sentire il calore che emettevano le sue guance.
Che stupido, perché non ci aveva mai pensato?
«Tu sei... il mio ragazzo?» ragionò a voce alta — cosa che comportò il suo successivo desiderio di scavare una buca e sotterrarcisi.
Percy si fece sfuggire una risatina, e senza rispondere iniziò a baciarlo. Proprio come tutte le altre volte, Nico dimenticò in un batter d'occhio ciò che stava pensando. Chiuse gli occhi e si abbandonò all'altro ragazzo, le mani appoggiate sul suo petto.
Il babysitter mugugnò qualcosa sulle sue labbra (che Nico non riuscì a capire), poi fece passare le braccia attorno alla sua vita, traendolo a sé. Il ragazzino non prestò attenzione al lieve dolore alla schiena dovuto alla scomoda posizione in cui si trovava e si concentrò sulla bocca di Percy (come se qualcosa avesse potuto distrarlo...).
Non si sarebbe mai abituato, ne era certo. Baciare Percy gli faceva uno strano effetto, come un specie di spinta dalle parti dello stomaco, sensazione che aveva provato in poche altre occasioni — ad esempio sulle montagne russe, nell'esatto momento prima della proverbiale vertiginosa discesa, oppure la mattina di Natale nell'attesa di aprire i regali quando era ancora un bambino piccolo.
Dopo qualche minuto il babysitter si staccò e appoggiò la testa sulla sua spalla. Quando respirò, un brivido si fece strada lungo la schiena di Nico.
«Ma certo che siamo una coppia, Neeks» disse Percy, lasciandogli un bacio a fior di labbra sul collo — il ragazzino spalancò gli occhi, il cuore gli batteva così forte da sembrargli un tamburo impazzito.
«Uhm... io... ehm, bene» tirò fuori a fatica, senza riuscire a concentrarsi abbastanza per formare una frase di senso compiuto.
«E io sono il tuo ragazzo» continuò il babysitter parlando pianissimo al suo orecchio, e Nico dovette trattenersi dal saltargli addosso alla vista del suo sorriso — contento come non lo aveva mai visto (arma di distruzione di massa).
Percy era felice con lui. Il pensiero era troppo da digerire.
«E tu sei mio» concluse il ragazzo più grande, per poi baciargli lentamente il lobo, la zona del collo sottostante e la parte della clavicola che sporgeva dal maglione. Nico avrebbe giurato di stare per morire di autocombustione.
Rosso in faccia, deglutì e aprì la bocca per dire qualcosa (sicuramente di imbarazza
nte), quando un pensiero improvviso si fece strada nella sua mente.
Anzi, fu come se fosse sempre stato lì, e lui l'avesse trovato soltanto in quel momento: lui era innamorato di Percy.
Praticamente in iperventilazione, Nico si sporse per baciare il babysitter sulla guancia spinto dalla foga della rivelazione, sicuro di apparire ridicolo ma deciso a fregarsene, e venne invece gratificato dal sorriso dell'altro, che andava da un orecchio all'altro.
Si morse le labbra inconsciamente, forse per trattenere le lacrime di gioia, forse per non lasciarsi sfuggire altre sciocchezze; non lo sapeva bene nemmeno lui.
«Vorrei che potessimo restare così per sempre» sussurrò a mezza voce, portando incerto le braccia attorno alla vita dell'altro.
Percy alzò la testa di qualche centimetro per guardarlo in faccia, e sorrise (lo stomaco di Nico fece l'ennesima capriola su se stesso).
«Se dici ancora qualcosa di questo tipo, non rispondo più delle mie azioni» fece sornione, e il ragazzino sentì distintamente il suo volto e le sue orecchie arroventarsi.
«Oppure» proseguì Percy spostando il viso di Nico che aveva ritenuto opportuno nascondere la faccia nel suo petto per guardarlo negli occhi «se fai il bravo, potrei darti un bacio da grandi» concluse facendogli l'occhiolino.
Il ragazzo più piccolo era sicuro che prima o poi sarebbe morto per colpa sua.
Rosso bordeaux in viso, non riuscì a collegare le informazioni necessarie per capire cosa avesse appena detto l'altro, e rimase a guardarlo a bocca spalancata.
Percy ridacchiò, e si avvicinò lentamente a lui, abbassando le palpebre e guardandolo da sotto le ciglia scure (Nico era ormai prossimo all'infarto).
Alzò lo sguardo, come per chiedere il permesso, e Nico riuscì a scorgere le pagliuzze verde chiaro nei suoi occhi. Si limitò ad abbassare gli occhi, insicuro ma emozionato.
Il babysitter, impaziente, appoggiò quasi prepotentemente la bocca sulla sua, e per qualche minuto si baciarono come avevano sempre fatto.
Nico si era ormai abituato, quando Percy gli leccò il labbro inferiore in un movimento lento e del tutto provocatorio. Il ragazzino non riuscì a trattenere un esclamazione di sorpresa, che gli sfuggì con conseguente risatina soffocata del più grande.
Sorpreso (piacevolmente), Nico aprì la bocca per ribattere, e il babysitter ne approfittò per infilarci la lingua, questa volta con maggiore convinzione.
Se baciare Percy era abbastanza per farlo impazzire, pomiciare con lui l'avrebbe sicuramente ucciso. Il ragazzo più grande era paziente, gentile ma deciso, dolce, quasi; una guida per il ragazzino quattordicenne, inesperto com'era. Nico assecondò il suo ragazzo, sempre più affascinato.
Quando finalmente si staccarono, deglutì e nascose il viso sul suo petto per la seconda volta — Percy rise e si chinò a baciargli i capelli.
"Non svegliatemi" fu l'ultimo pensiero del ragazzino. 


---nda
Ehilà! Spero che vi sia piaciuto il capitolo, se siete giunte fin qua (nel mio personale schizzo della storia si intitolava "healthy cute fluff") :D
Purtroppo, l'ora della fine si avvicina sempre di più (sigh); e devo dire che ho un po' paura di deludere le vostre aspettative! Non sono pronta >_<
In ogni caso, finalmente scopriremo il motivo dietro al comportamente di Matt, questo grande mistero! Che poi mistero non è — in effetti temo un po' il linciaggio quando scoprirete il perché... in realtà, è una cosa piuttosto banale! *scappa a nascondersi*
Che dire? Sono arrivata al secondo/terzo capitolo della nuova long, che potrebbe chiamarsi “Percy's guide to falling in love with your bro” o qualcosa del genere (mi sono venuti un sacco di dubbi su quel "falling", e non trovo una risposta decente sull'uso della ing form (falling, appunto) o della infinitive form (to fall)... se potete aiutarmi, ben venga!).
Detto ciò, auguro una buona settimana a tutte! :D
Un bacione ^^

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