And Then There Were None

di _Kurai_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Racconti del terrore e bottiglie di Bepsi ***
Capitolo 2: *** Lupi sotto ghiaccio e barrette energetiche ***
Capitolo 3: *** Conto alla rovescia e ali spezzate ***
Capitolo 4: *** Scelte impossibili e sensi di colpa ***
Capitolo 5: *** Dietro la maschera ***



Capitolo 1
*** Racconti del terrore e bottiglie di Bepsi ***


Racconti del terrore e bottiglie di Bepsi

Il sole è tramontato da un pezzo dietro i monti di Hakone, mentre le ombre si allungano sull'asfalto che per due giorni ha visto centinaia di atleti versare sangue e sudore verso un unico obiettivo, la vittoria. Per dimostrare di essere i più forti. Domani è il terzo giorno, l'ultima tappa dell'Interhigh che deciderà il team di ciclisti che regnerà su tutti gli altri team della nazione.
L'adrenalina corre più veloce delle road racers, e, anche se il secondo giorno ormai si è concluso da ore, ancora fatica a sfumare in un sonno ristoratore, il riposo dei guerrieri prima dell'ultimo sforzo.
L'Hakone Gakuen gareggia in casa, ma il responsabile del club di ciclismo ha prenotato comunque per loro i pernottamenti in albergo, un po' per rafforzare ancora di più il loro legame (come se ce ne fosse bisogno), un po' - o almeno di questo gli altri cinque membri del team sono fermamente convinti - per evitare che l'unico primino del team, Manami Sangaku (che, poichè abita vicino alla scuola, durante l'anno scolastico non vive nel dormitorio dell'Hakogaku ma riesce ad arrivare sempre sistematicamente in ritardo) si perda nei suoi pensieri in mezzo alle montagne e arrivi alla partenza ore dopo il segnale d'inizio. Una cosa fin troppo prevedibile.
Le aspettative per domani sono altissime, i muscoli fanno male e il sangue scorre nelle vene come impazzito: in fondo sono i campioni in carica, devono proteggere il loro titolo. «Noi siamo forti!» ripete a intervalli regolari il leader Fukutomi Juichi, come un mantra che guidi il suo team verso un'altra vittoria, dopo aver riferito a tutti gli ordini per il giorno decisivo.
Sei futon sono stesi sul pavimento di tatami della stanza, mentre ognuno dei membri del club cerca di rilassarsi a suo modo, chi dialogando animatamente con i propri pettorali, chi accarezzando un coniglietto introdotto clandestinamente nella stanza, chi facendosi una maschera di bellezza con tanto di cetrioli sugli occhi mentre parla a macchinetta al telefono, chi urlando alternativamente addosso agli altri per motivi futili tra un sorso di Bepsi e l'altro.
 Nessuno però riesce ad essere completamente calmo. Tranne uno. O almeno lo sembra.
Anche se Toudou, in quanto suo senpai, gli ha fatto un sacco di raccomandazioni e gli ha prefigurato uno scenario in cui tutte le aspettative della squadra sarebbero pesate unicamente su di lui, Manami sembra innaturalmente tranquillo, nonostante l'adrenalina scorra potentissima in lui. In fondo la montagna è il suo habitat naturale, e la tappa finale dell'Interhigh non è altro che un'interminabile salita verso la vetta del monte Fuji. Tuttavia Toudou, forse influenzato dalle parole rivoltegli poco prima da Fukutomi riguardo al fatto che il primino non avrebbe ancora mostrato le sue reali capacità, giurerebbe di aver visto una strana luce negli occhi del suo kohai, di aver colto per un istante il suo viso quasi trasfigurarsi mentre gli parlava. Dev'essere stata un'allucinazione, in fondo sono tutti molto stanchi.
Nonostante ciò, nessuno sembra intenzionato ad addormentarsi.
«Ho un'idea». Ed eccolo Jinpachi, la bella addormentata che non ha affatto sonno, che ne propone una delle sue. Probabilmente il suo adorato Maki-chan si è stancato di ascoltarlo blaterare al telefono e adesso lui ha deciso di vendicarsi sui suoi compagni, non c'è altra spiegazione. O forse vuole solo togliersi quella sensazione di disagio misto ad ansia che lo attanaglia da tutta la sera.
«Sentiamo» borbotta Arakita, occupato a cercare chissà cosa in giro per la stanza.
Gli altri interrompono momentaneamente le loro occupazioni per fissare il climber, sapendo benissimo che si tratterà di una cretinata o di qualcosa di estremamente autocelebrativo. O entrambe le cose. Manami sta seduto a gambe incrociate sul suo futon, il più vicino alla finestra, e guarda fuori. Non lo sta nemmeno ascoltando. Sembra ipnotizzato dal profilo aguzzo delle montagne che si staglia sullo sfondo del cielo ormai quasi completamente buio.
«Giochiamo a obbligo o verità!» esclama l'autoproclamatosi dio delle montagne, tutto orgoglioso della sua idea «almeno ci distraiamo un po', dai!».
«Io non mi presto a queste cazzate, tsk» borbotta Yasutomo, per poi tornare a scavare nel suo borsone «ho pure finito la Bepsi e sto caldo di merda mi uccide, vado a prenderne un'altra dal distributore al piano di sotto» e lascia la stanza, continuando a lamentarsi.
«Andy dice che non vuole trovarsi a raccontare cose compromettenti, ma Frank è d'accordo... è sempre così disposto a rischiare, credo che lo appoggerò, ABUUU!» risponde Izumida, ancora preso dal suo dialogo a senso unico «...Shinkai-san?»
«Perché no, può essere divertente» sorride il rosso, ammiccando nella direzione di Touichiro, che abbassa per un attimo lo sguardo. 
«Buona idea, non dobbiamo avere segreti tra di noi per essere un team forte!» dà la sua benedizione Fukutomi, che però nella sua grande semplicità d'animo non sembra aver ancora compreso del tutto i livelli di degenero a cui le idee di Toudou possono portare.
«...Manami-kun?»
«Nh?»
«Ti ho chiesto se vuoi giocare con noi a obbligo o verità...» ripete spazientito per la terza volta l'altro climber.
«Mhhh... E se invece ci raccontassimo delle storie del terrore?» eccolo, di nuovo quel luccichio negli occhi.
«...non mi sembra il caso, Manami-kun, ci vuole un gioco per rilassarci un po' in vista di domani, non una notte in bianco!» obietta Toudou, e si gira cercando l'approvazione dei compagni.
«Io sono forte, nessun racconto horror mi ha mai tenuto sveglio la notte!» puntualizza Fukutomi, punto nell'orgoglio.
«Beh, se va bene a Juichi vada per l'idea di Manami-kun» conviene Shinkai, mentre Toudou annaspa alla disperata ricerca di appoggio. Come prevedibile, Izumida segue a ruota Hayato: «Andy e Frank sono coraggiosi, non ci spaventa qualche stupido racconto del terrore, ABU!» e per sottolineare la presunta veridicità della frase (peraltro palesemente falsa, visto che tutti ricordano le sue urla di panico dell'ultima volta che sono andati al cinema tutti insieme), gonfia ulteriormente i muscoli del petto.
«E va bene, come volete voi...» sospira Toudou, sconfitto e visibilmente contrariato.
Manami, entusiasta, tira fuori una torcia dal suo zaino e invita gli altri a sedersi in cerchio, dopo aver spento la luce.
«Posso iniziare io? Ho in mente una storia che vi farà venire i brividi!» e accende la torcia, illuminandosi il volto dal basso, come in ogni maratona di racconti del terrore che si rispetti.
E così tutti si lasciano ingannare dal piccolo, angelico Manami, troppo stupiti dal vederlo animarsi così tanto per qualcosa che non sia il ciclismo. In fondo cosa sarà mai, possono anche accontentarlo ogni tanto.

 
Era una giornata torrida e soffocante, esattamente come oggi, e un gruppo di amici avevano deciso di approfittare delle brevi vacanze estive per inseguire un po' di fresco sulle montagne.
Inforcate le bici, i ragazzi iniziarono a pedalare lungo le salite e i dolci pendii della strada montana, con un piacevole vento fresco a favore e un immenso cielo terso sopra le loro teste. La giornata perfetta. Niente avrebbe potuto rovinarla, e se la sarebbero goduta fino in fondo.
Per questo, quasi non si accorsero del trascorrere del tempo: al tramonto avevano percorso molti più kilometri del previsto, e sarebbe stato impossibile tornare alle rispettive case prima che scendesse il buio.
I ragazzi non erano particolarmente spaventati dal pedalare di notte, ma si erano spinti così lontano da non riconoscere il luogo, un'interminabile stradina a tornanti che diventava sempre più sterrata e senza segni di vita nei paraggi, così iniziarono a discutere tra loro su quale fosse la scelta migliore: proseguire finché non avessero trovato un posto per passare la notte o tornare in fretta a casa nonostante il buio?
Stavano ancora discutendo quando il più veloce prese l'iniziativa: "vado avanti io, se nei dintorni non trovo nessuna abitazione torno indietro, se invece scovo un posto per passare la notte vi telefono, che ne dite?" tutti si trovarono d'accordo, e in pochi secondi era già scomparso alla loro vista.
Non erano passati 10 minuti quando un cellulare iniziò a squillare "Ho trovato un piccolo ryokan un po' nascosto su un lato della strada... a un paio di kilometri da dove vi ho lasciati c'è un cartel---" Clic. Segnale di occupato. Niente linea.
Non si fecero molte domande, era normale che i cellulari avessero poco segnale in quelle zone. Comunque, i ragazzi avevano capito le indicazioni e inforcarono le bici: in poco tempo, nonostante la penombra rischiarata solo da pochi sparuti lampioni dalla luce tremolante, avvistarono la lucina anteriore della bici dell'amico, sul margine della strada.
Ma era troppo vicina al suolo. La bicicletta era stata abbattuta a terra, e il suo proprietario non c'era. Assurdo, visto quanto teneva alla sua road racer.
Iniziarono a chiamarlo a gran voce, ma a tutti e cinque la voce morì subito in gola. La luce fioca della dinamo illuminava una grossa macchia scura inconfondibile sull'erba.
Era sangue fresco, che imbrattava anche il manubrio della bici e il cellulare, abbandonato poco lontano. Qualche passo e scoprirono con orrore che la traccia di sangue continuava, formando un serpente rosso tra l'erba e i sassi del sentiero che conduceva al ryokan. Così, terrorizzati e indecisi sul da farsi, decisero di cercare il loro amico.
Si fiondarono verso la costruzione in stile tradizionale davanti a loro. Le tracce continuavano. Iniziarono a bussare e poi a prendere a pugni e calci la porta, sempre più in preda al panico.
Solo dopo qualche minuto provarono a girare il pomolo. Era aperta.
L'atrio del ryokan era semibuio e deserto: continuarono a chiamare il suo nome a gran voce finchè il ragazzo con la torcia illuminò la parete bianca davanti a loro. Una scritta:"Irasshaimase" (Benvenuti, ndA). Con il sangue.
Appoggiato al muro, semiseduto in una posizione innaturale e con una smorfia di terrore sul volto insanguinato, c'era colui che li aveva preceduti.
"...E voi lo seguirete presto" disse una voce amplificata, proveniente da chissà dove. Poi si accese di colpo una luce, e - oltre alla scena raccapricciante nel suo insieme - individuarono il polveroso altoparlante da cui erano state diffuse quelle inquietanti parole.
Non erano soli...

«Ragazzi ma... Yasutomo non è ancora tornato in stanza?» Hayato interrompe la storia di Manami nel momento clou, mentre Toudou e un tremante Izumida ringraziano tacitamente. Fukutomi senza dire nulla si alza, accende la luce e controlla l'ora. Arakita è fuori dalla stanza da almeno un'ora, ed è già scoccata la mezzanotte da qualche minuto... 
«Dite che dobbiamo andare a cercarlo? Magari gli è rimasto un braccio incastrato nel distributore mentre cercava di scroccare una Bepsi ed è troppo orgoglioso per chiedere aiuto» ride tra sé Toudou, pur non riuscendo a togliersi la spiacevole sensazione che ci sia qualcosa di profondamente sbagliato. Non si è mai sentito così prima d'ora. I cinque scendono silenziosamente le scale e raggiungono il piano terra. Completamente deserto. Gli altri team sopravvissuti alla selezione dei primi due giorni probabilmente sono già tutti tra le braccia di Morfeo, e il silenzio è assoluto. Raggiungono il distributore, posto all'aperto in una piccola veranda sul retro dell'edificio. Arakita non c'è. Poi, il cellulare di Fukutomi inizia a squillare.

 

Rieccomi su EFP dopo un'altra era geologica XD Ci voleva Yowapeda per farmi tornare l'ispirazione, se così si può chiamare il delirio che ha portato alla nascita di questa... cosa. Sappiatelo, il peggio deve ancora arrivare, quindi tenete stretti i vostri neuroni finchè potete XD
Voglio ringraziare come sempre Sawako per il supporto (in delirio e in serietà, in fluff e in angst, finchè l'OOC non ci separi) e Palketta, quella bruttissima persona che mi ha introdotto al fandom di Yowapeda e ha assistito alla nascita di questo trip da acidi XD Ultimi ma non ultimi, SHUN DI ANDROMEDA e Valerio che hanno letto in anteprima la versione definitiva, due beta-readers come voi non son mica cosa da tutti! <3
Detto questo, vi lascio al prossimo capitolo perché non voglio farmi scappare nessuna anticipazione! Grazie a tutti quelli che leggeranno (e anche a quelle anime pie che decideranno di recensire, avete tutto il mio amoreh).


 

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Capitolo 2
*** Lupi sotto ghiaccio e barrette energetiche ***


Lupi sotto ghiaccio e barrette energetiche

«Fuku-chan? Perchè mi mandi i messaggi da madre paranoica? Sono solo andato al conbini a due isolati dall'albergo perchè in quello stramaledetto distributore del cazzo non c'erano più Bepsi... EHI MA CHE CAZ---» Clic.
Comunicazione interrotta.
«Arakita?!»
Il leader alza lo sguardo corrucciato dallo schermo del cellulare: con quell'espressione le sue folte sopracciglia sembrano ancora più marcate e imponenti. Il suo sguardo - stranamente preoccupato come non l'hanno mai visto - si riflette in altri tre sguardi uguali... TRE? 
«Ecco, è sparito anche Manami. Perfetto. Se aveste dato ascolto alla MIA idea, ora non saremmo in questa situazione! Tra meno di sei ore abbiamo la sveglia per il nostro ultimo Interhigh e che facciamo? Ci perdiamo i membri in giro di notte!!» borbotta Toudou, che inizia a sfiorare l'isteria. Comprensibilmente la sua sensazione dopo il racconto di Manami è peggiorata, e si sta trasformando in vera e propria ansia mentre osserva con crescente preoccupazione Fukutomi che cerca di richiamare il suo braccio destro, senza risultati. Manami... beh, potrebbe essere ovunque, ma da lui se lo aspetta. Ordinaria amministrazione per una testa tra le nuvole come lui. Ma per Arakita no, non è da lui far preoccupare Fuku in questo modo... o forse sono stati tutti suggestionati dal racconto e dovrebbero solo darsi una calmata e tornare a letto, aspettando Yasutomo in stanza. Tuttavia, nonostante l'orario e l'appuntamento di domani, Fukutomi prende una decisione diversa.
«Toudou, io e te andiamo fino al conbini. Voi due - indica Shinkai e Izumida - cercate Manami nell'hotel, poi andate a dormire immediatamente. Domani dovete essere in forma! Noi vi raggiungiamo con Arakita». 
«Ok, Juichi!» 
«Certo, Fukutomi-san»
Il re ha parlato. Hayato e Touichiro tornano verso l'ingresso del ryokan, e l'unico rumore che accompagna i loro passi è quello delle mascelle di Shinkai che continuano a ruminare le sue solite barrette energetiche. Evidentemente nutre una certa ansia anche lui, visto che ne ha già mangiate cinque da quando ha interrotto il racconto di Manami. Izumida non sa se essere felice o preoccupato, e Andy e Frank gli mandano segnali contrastanti: uno è teso e contratto per la tensione, l'altro è rilassato, come se fosse consapevole della presenza del suo senpai accanto a lui, che gli dà un discreto senso di sicurezza.
«Shinkai-san? Dove potrebbe essere andato Manami secondo te?» 
«Dovremmo controllare se è tornato in stanza, o se si è perso in giro nei corridoi... E se non è da nessuna parte, rimane solo l'onsen in fondo al corridoio su questo piano, magari ha deciso di farsi un bagno per rilassarsi» 
«Può anche darsi che sia andato lì, chi li capisce i suoi processi mentali... Potremmo iniziare dall'onsen, così poi andiamo a controllare al piano di sopra».
In punta di piedi, i due sprinter attraversano il lungo corridoio. Shinkai apre piano la porta, precedendo Izumida nella stanza adibita alle terme e cercando di sforzare la visuale oltre l'onnipresente coltre di vapore. Un'ombra confusa si muove alle loro spalle, silenziosa e non vista. Una lucina rossa lampeggia sopra le loro teste, ma non se ne accorgono. 
«Manami-kun?» arrischia Hayato, sentendo uno spostamento d'aria dietro di lui e girandosi di scatto. La barretta gli scivola dalla bocca. I suoi occhi incrociano quelli vuoti di una maschera da Tengu da pochi yen, di quelle che si comprano ai matsuri. Poi, non vede più nulla.
«Shinkai-san?» Fino a poco fa era davanti a lui di qualche passo... Izumida ha controllato nello spogliatoio, e ora non riesce a distinguere neppure la sagoma di Hayato in mezzo al vapore. »In fondo questo posto non è così grande... Shinka---»
Poi un panno imbevuto di qualcosa gli viene schiaffato in faccia, e in pochi secondi tutto diventa più confuso. 
«A-abuuu---».
_ _ _

Fukutomi e Toudou nel frattempo decidono di controllare nel piccolo capanno che ospita temporaneamente le loro road racers. Ci sono quattro bici perfettamente allineate, diversi arnesi per la manutenzione e alcune ruote di ricambio appoggiate al muro. 
«Ecco, quella di Arakita non c'è! Lo sapevo! E... ehi Fuku? Quella di Manami dov'è?» Senza dire nulla, Fukutomi indica una road racer appoggiata al muro laterale, che Toudou non aveva notato subito.
«Ah ecco, è il solito disordinato» commenta, per poi togliere il cavalletto alla sua e inforcarla alla volta del conbini. 
Juichi è già avanti a lui di diversi metri, e pedala come se si trovasse in prossimità del traguardo, nonostante l'ora e le fatiche della giornata. Toudou accelera silenziosamente e si mette a pedalare al suo fianco, approfittando dell'assenza di automobili.
È questione di un paio di minuti e avvistano dietro l'angolo l'insegna del convenience store aperto tutta la notte dal quale li ha chiamati Yasutomo. Frenano entrambi nello stesso istante e appoggiano le due road racers al muro dell'edificio. Non possono ignorare quello che hanno davanti agli occhi. La bici di Arakita, inconfondibile. Abbattuta a terra senza alcun ritegno, sul marciapiede a pochi passi dalla vetrina e illuminata dalla luce fredda dell'insegna al neon del negozio. 
Poi, le ginocchia di Toudou cedono di colpo.
Gli occhi spalancati, fissa una macchia scura solo parzialmente illuminata, a poca distanza dal manubrio. E, anche se per qualche secondo cerca di convincersene, non si tratta del contenuto di una bottiglietta di Bepsi caduta per terra. Proprio no. A meno che non ne abbiano inventato un nuovo gusto, rosso, denso e dal vago odore ferroso.
«No no no no no...» inizia a mormorare, mentre il panico inizia a farsi strada, e cresce esponenzialmente quando vede altre macchie analoghe sul marciapiede, che conducono alla porta del negozio. «Toudou, entriamo» lo riscuote Fukutomi, per poi bloccarsi davanti alla porta. Chiusa, nonostante le luci all'interno siano accese. Poi notano la scritta TORNO SUBITO, scarabocchiata di fretta.
Fukutomi sospira «Non abbiamo scelta» e assesta una vigorosa spallata contro la porta, che si spalanca violentemente. Toudou ha uno spasmo di assoluto terrore tale da farlo quasi finire in braccio a Fukutomi quando, attraversata la soglia, una voce femminile registrata rompe il silenzio con uno stridulo «Irasshaimase».
«Ahahahah è solo una stupida vocina registrata ahahaha» ridacchia istericamente Jinpachi, che ha appena perso dieci anni di vita.
Nel conbini non sembra esserci anima viva, ma Arakita deve pur essere da qualche parte... nessuno accorre verso l'entrata dopo aver sentito tutto quel rumore, e il pavimento è imbrattato di sangue in più punti. Toudou cammina dietro Fukutomi, guardando nervosamente a destra e a sinistra. Poi, le tracce si interrompono davanti a una porticina metallica. Una cella frigorifera.
«N-non aprirla, Fuku... chiamiamo la polizia, ci sono sufficienti ragioni per farlo, non credi?»
Niente da fare, Fukutomi ha già spalancato la porta della cella. Toudou resta letteralmente congelato sul posto: nel gelido spazio angusto, con la maglietta completamente imbrattata di rosso e un brutto taglio superficiale sulla fronte, Yasutomo giace immobile. Il termostato della cella frigorifera è regolato sul minimo. Dietro di lui, quasi per sfotterlo, uno scaffale pieno di bottiglie di Bepsi.
Anche Fukutomi rimane per un attimo come paralizzato. Ma è solo un attimo. Mentre Toudou vede la scena come se fosse infinitamente lontano, al di là di uno schermo, incapace di agire razionalmente, Juichi ritrova di colpo la sua presenza di spirito: con una delicatezza incredibile per un corpo così imponente mette un braccio intorno alle spalle di Arakita e lo solleva senza sforzo, adagiandolo sul pavimento del negozio, sul retro del bancone.
Due dita sul collo. «È vivo, Toudou! Chiama un'ambulanza e vai a cercare qualcuno!» decide Fukutomi in un istante, cercando con gli occhi qualcosa che possa scaldare il corpo dell'amico in fretta.
Il climber, tornato bruscamente alla realtà, cerca spasmodicamente il cellulare nella tasca per qualche istante, per poi ricordare, in un flash. Il telefono è rimasto in stanza, sul cuscino del suo futon. 
(Non può crederci, non può aver dimenticato il cellulare sul serio in una situazione del genere, lui che lo considera quasi un prolungamento del suo braccio... non può averlo lasciato in stanza...)
Si guarda intorno: sul bancone c'è un telefono, ma appena solleva la cornetta se ne accorge: il filo è stato tranciato. «Fuku? Puoi darmi il tuo cellulare?» Schermo spento. Morto. Scarico. Kaputt. 
«Ok, torno al ryokan a chiamare aiuto, sarò di ritorno tra pochissimo!» prende l'iniziativa Toudou, con uno sforzo sovrumano per dominare il panico nella voce.

«So-sono nella merda, neh Fuku-chan?» è quasi un sussurro, così diverso dal tono assurdamente alto che usa di solito. 
«Va tutto bene, ora Toudou va a chiamare un'ambulanza... tu devi solo essere forte.» 
«Ok Fuku-chan... mi dai sempre compiti impossibili, però» brontola Yasutomo con una mezza smorfia, poi perde di nuovo i sensi.
Fukutomi lo scuote leggermente, poi con più foga.
«Non addormentarti, devi restare sveglio» 
«Nh, la fai proprio facile tu...» risponde Arakita, interrotto poi da un brivido. Complice lo sbalzo di temperatura, ora sta sudando freddo. Il suo petto si solleva piano al ritmo rallentato di respiri spezzati. Fukutomi deve fare qualcosa, e in fretta. La priorità è cercare di aumentare la sua temperatura (che crudele ironia, con un'afa simile). Gli mette un braccio intorno alle spalle cercando di scaldarlo col suo calore e sta pensando di togliersi la maglietta per mettergliela addosso, ma appena sposta la mano dalla schiena di Yasutomo l'espressione di quest'ultimo si deforma per il dolore e non riesce a trattenere un'imprecazione, che si spegne in un accesso di tosse. Un rivoletto di sangue scivola giù dall'angolo esterno della sua bocca. 
Fukutomi allora capisce: tutto quel sangue non può venire solo dalla ferita alla fronte. Come se le avesse evocate, individua un paio di forbici sul bancone e senza tanti complimenti taglia la T-shirt intrisa di sangue e sudore gelido ad Arakita, che lo lascia fare, mordendosi un labbro e ripassando mentalmente tutte le maledizioni che conosce. La stoffa stracciata svela uno squarcio profondo al centro della schiena spigolosa di Yasutomo. Anche Fukutomi, nonostante il suo sangue freddo, inizia a sentire rivoli di sudore colargli dalla fronte. 
«Chi ti ha fatto questo?» 
«Non so proprio chi fosse quel bastardo» respira rumorosamente  «ricordo solo un'assurda maschera rossa prima di perdere i sensi...» soffoca un gemito di dolore «chi cazzo me l'ha fatto fare di uscire... giuro che se riesco a salvarmi il culo da questo casino non berrò mai più quella Bepsi di merda in vita mia» 
«Stai fermo adesso» 
«Dove vuoi che vada» ghigna Yasutomo, mettendo a tacere un altro gemito di dolore. Fukutomi individua a colpo sicuro lo scaffale con bende e cerotti: non c'è molto, ma di sicuro basta per una fasciatura di fortuna. Toudou non è ancora tornato e intorno a loro non si sente nessun rumore. È davvero troppo strano, anche se è ormai notte fonda.
Le labbra sottili di Arakita sono ancora bluastre e il colorito è perfino più pallido del solito; Fukutomi apre una confezione di garze e cerca di fermare il sangue senza fargli più male del necessario. «Fuku-chan... non preoccuparti di essere delicato... ormai non sento più nulla. Non è per un cazzo un buon segno. Che rabbia. » sospira Arakita, sollevando stancamente un braccio a coprirsi il viso, per non mostrare segni di debolezza. Ma a che serve, ormai? Le forze lo stanno pian piano abbandonando, lo sguardo è troppo annebbiato per tenere gli occhi aperti e sente il poco calore che ha riacquistato fluire fuori dalla ferita e scivolare tra le dita di Fukutomi, che cerca di bendarlo stretto. Lo lascia fare, non ha la forza di dirgli che è tutto inutile e che dovrebbe lasciarlo lì e pensare solo al traguardo di domani, che per lui non c'è più niente da fare. Ma vorrebbe essere forte, per lui, un'ultima volta.
«Fuku-chan...» 
Juichi alza lo sguardo dalle bende intrise di sangue per mettere una mano sulla spalla del suo numero due, per spronarlo a lottare ancora un po'... Toudou tornerà a momenti, ne è certo.
«...gomen.»
Yasutomo raccoglie le sue ultime energie e alza lentamente un braccio. Fukutomi capisce in un attimo.

High-five.

«Hai fatto del tuo meglio, Arakita.»
_ _ _

Plic.
Plic.
Plic.
Izumida non ricordava che la loro stanza fosse così umida.
In realtà, non ricorda nemmeno di essere andato a dormire.
Spalanca gli occhi, e di colpo è tutto chiaro.
Arakita e Manami spariti. Gli ordini di Fukutomi. Shinkai. L'onsen. L'attacco alle spalle. 
Si mette seduto di scatto, ignorando la nausea e il capogiro che ne conseguono. 
«Shinkai-san?» Si guarda intorno, oltre le nuvolette di vapore. Il rosso è seduto sul pavimento dal lato opposto dell'onsen, appoggiato al muro di piastrelle della stanza, con la testa bassa e gli occhi chiusi.
«SHINKAI-SAN? SHINKAI-SAN?!» inizia a chiamarlo urlando, in preda al panico. 
Panico che non fa che aumentare quando nota un vago scintillio metallico sul collo dello sprinter: sembra una sorta di collare o qualcosa di simile, liscio e lucente, con una piccola lucina rossa. La sua caviglia destra è stretta da un anello di ferro collegato a una catena, che è assicurata a un tubo dietro di lui. 
Izumida non vuole abbassare lo sguardo, non vuole portarsi le mani al collo per verificare di essere nella medesima situazione, ma suo malgrado lo fa comunque. Le sue dita tastano una superficie fredda, tondeggiante e liscia. Andy e Frank si contraggono dolorosamente. Abbassa gli occhi, e anche lui si scopre incatenato. Come ha fatto a non accorgersene? Vorrebbe attraversare la stanza per cercare di svegliare Hayato, ma la catena è troppo corta, basta appena per arrivare a metà strada. Sta già immaginando i peggiori scenari possibili quando Shinkai solleva la testa e si sfrega gli occhi con una mano, per poi fare una smorfia per aver sfiorato un taglietto sul sopracciglio che si è procurato cadendo in avanti.
Si sveglia del tutto e si accorge della situazione.
«Izumida-kun...»
«Shinkai-san!» quasi si metterebbe a piangere per la felicità di vederlo sveglio, ma gli sembra piuttosto fuori luogo «Cosa... chi... che cosa facciamo adesso?» chiede, con una voce che quasi non riconosce come sua.
Il rosso non risponde subito, sta fissando qualcosa a pochi metri da lui, in mezzo alla stanza.
La sua ultima barretta.
E, quanto è vero che è il più veloce del team HakoGaku, in un momento del genere ne ha dannatamente bisogno. 

 

Ok, in tempo record ho sfornato anche questo secondo capitolo... mi impressiono da sola a vedere come questa fanfic sta passando dal comico all'angst di colpo XD E ho avuto feels. Ho sofferto il distacco a dover far secco il povero Arakita e mi dispiace anche un po', ma credo di aver visto troppi film horror per non sapere nel mio cuore che DOVEVA lasciarci le penne per primo... vabbè, sono una persona orribile, non ho scusanti XD
E poi c'è Shinkai con qualche problemino di priorità... inizio a pensare che quelle barrette creino una seria dipendenza.
Anyway... ancora grazie a Sawako e Palketta per le recensioni e per aver sopportato i miei deliri sulla gente in ipotermia e le catene e i serial killer e altre cose simpatiche e i doppisensi sulla maschera da tengu... non so cosa farei senza di voi, davvero. E lasciamo a Fukutomi il suo angolo di privacy per piangere lacrime maschie.
Alla prossima! 

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Capitolo 3
*** Conto alla rovescia e ali spezzate ***


Conti alla rovescia e ali spezzate

«Shinkai-san...?»  Izumida cerca di attirare l'attenzione del suo senpai, senza risultati. 
Il rosso, senza battere ciglio, in un attimo si mette pancia a terra e poi inizia a strisciare sul pavimento come un soldato. Si spinge fino al limite della catena, quindi cerca di allungare il più possibile il braccio destro per raggiungere la barretta, nonostante la caviglia incatenata non sia particolarmente entusiasta della cosa. 
Izumida lo ammira profondamente da quando l'ha visto la prima volta, certo, ha deciso di diventare uno sprinter per percorrere le sue orme e lo considera un modello da seguire ma... ecco... sta iniziando a pensare che il colpo in testa abbia avuto qualche strano effetto su Shinkai: come fa a preoccuparsi di una stupida barretta energetica in una situazione simile? 
Nonostante tutto, decide di fidarsi. In fondo, Hayato è sempre così imprevedibile... anche per questo lo stima tanto. Secondariamente, non può fare altro: la porta è troppo lontana per entrambi e nella stanza c'è solo una grossa vasca, qualche mucchio di accappatoi e asciugamani candidi e loro due, seduti sul pavimento in mezzo al vapore.
Una vena si gonfia sulla fronte di Shinkai, la concentrazione è massima. Un paio di centimetri ancora, solo qualche millimetro... il polpaccio lancia urla di dolore ma l'obiettivo è vicino, puó farcela. Izumida osserva la scena con un misto di ammirazione e preoccupazione, quasi si sta dimenticando anche lui di essere incatenato e di avere al collo quell'ignoto arnese inquietante. Shinkai stira ancora di più i muscoli, tende il braccio al massimo, sfiora la confezione della barretta, fa per afferrarla ma gli sguscia via dalle mani, complice il pavimento bagnato. Finalmente alza gli occhi. 
«Touichiro-kun»  Izumida sobbalza, sentendosi chiamare con il nome di battesimo, come il suo senpai fa solo con i suoi coetanei del terzo anno. Shinkai fa un cenno con la testa, indicando la barretta che ha attraversato tutta la stanza ed è atterrata a mezzo metro dal compagno. Un lancio preciso («Aaaabuuu!!!» ) ed ecco che finalmente Hayato la addenta e può affrontare lucidamente la situazione.
Izumida pende dalle sue labbra come se quel morso potesse provocargli un'epifania, e in effetti appena l'altro sprinter strappa con i denti il primo pezzo di barretta alza gli occhi come se avesse avuto una rivelazione «Ma qui c'è qualcosa...»  e srotola dall'interno dell'incarto un quadratino di carta. Impallidisce. 
«Usakichi...» 
«Cosa succede, Shinkai-san?»  il tono di Izumida è di nuovo allarmato, e di colpo riprende coscienza del panico, che serpeggia sul suo petto muscoloso con un brivido ghiacciato.
Senza dire nulla, Hayato mostra una foto del suo coniglietto con una X rossa scarabocchiata sopra. "Se non ti libererai entro un'ora il coniglio morirà."
«Usakichi io non-- non lascerò che succeda!» 
«Avete capito qual'è la posta in gioco? Il tempo passa e quei collari esploderanno tra un'ora... anzi, cinquanta minuti...bzzz»  
Una voce confusa e leggermente disturbata, che proviene da una pila di asciugamani a pochi passi da Shinkai. Il ragazzo allunga la mano, tasta nel mucchio e tira fuori uno stupido walkie talkie da bambini, che emette un vago ronzio.
«COSA? Shinkai-san... ha detto che esploderanno... ABUUUUU?!» 
I muscoli perfettamente delineati e il suo allenamento non servono a nulla in una situazione simile. Izumida inizia istericamente a tirare, maneggiare e muovere su e giù il collare che indossa, sperando che possa cedere, chissà come.
«Conoscete Battle Royale?»  Di nuovo la voce, ora più divertita. «L'unico modo per disattivare quei collari è che uno di voi due muoia, o che uno di voi due trovi la chiave nascosta in questa stanza... ma così appena la serratura interna scatterà l'altro collare esploderà comunque!»  qualche secondo di silenzio, come se volesse registrare le reazioni alle sue parole. Izumida è impallidito fino ad assumere il colore delle piastrelle, mentre lo sguardo di Shinkai è fisso verso una lucina rossa che si intravede dalla grata del condotto dell'aerazione. Anche i suoi occhi luccicano di uno strano bagliore rosso, come se avesse già tacitamente raccolto la sfida. 
«Non sentite il vostro cuore che batte forte ora? Non sta battendo nel vostro petto fino a fare male? Anche il mio batte forte... non vi sembra di rendervi conto solo adesso che siete vivi?» .
Shinkai rivolge lo sguardo prima al suo kohai -che sta per avere una crisi di nervi, a giudicare dall'espressione- poi alla foto e al piccolo walkie talkie ronzante, quindi sospira e si porta le mani alla fronte: chi li sta torturando così? Come può essere che solo uno di loro due può sopravvivere? E mentre loro sono lì, cos'è successo agli altri? 
Si sente come quando voleva smettere di gareggiare per aver accidentalmente ucciso la mamma di Usakichi, spuntata all'improvviso da dietro una curva. Non gli si può chiedere una scelta simile... "Juichi... tu cosa faresti?" pensa tra sè, sperando in un'illuminazione. Ora come ora, vorrebbe solo fuggire da quella scelta, fuggire dalla sua testa, fuggire da quel luogo dove gli si chiede di scegliere tra sé stesso, una persona a cui tiene e una piccola creatura con cui si sente già in debito. Ma non può perdere la calma. Addenta di nuovo la barretta energetica, stavolta con rabbia.
«Ci stai guardando, vero?» 
Nessuna risposta. Non può fargli scoprire così facilmente le sue carte.
Sospira di nuovo.
«Touichiro-kun... dobbiamo cercare la chiave, non credi?»  vorrebbe mettergli una mano sulla spalla e rassicurarlo, come ha già fatto tante volte in precedenza, ma non può arrivarci neanche volendo. Dà uno strattone nervoso alla catena, cercando disperatamente qualcosa a cui appigliarsi per non perdere la calma. Izumida si fida profondamente di lui, non può permettersi di vacillare.
«Shinkai-san, noi usciremo entrambi da qui, vero?»  
«Ovviamente, dobbiamo tornare dagli altri. Ci riusciremo tutti e due, fidati di me»  sorride, sebbene lui stesso non abbia idea di cosa fare. 
«Ok, abu!!! Dove può essere una chiave qui dentro?»  pensa ad alta voce Izumida, rinfrancato dalla sicurezza apparente del senpai. 
«Abbiamo poco tempo, dobbiamo pensare lucidamente... oppure buttare tutto all'aria nel modo più rapido possibile»  afferma Shinkai con la sua migliore espressione risoluta, e inizia a setacciare a tappeto la sua parte di stanza, nel raggio consentitogli dalla catena. Touichiro lo imita, senza pensare al fatto che la chiave è una sola e la scelta è solo rimandata. 
Poco distante da lì, davanti allo schermo di un computer portatile, qualcuno li osserva sorridendo.
____
Non gli sembra nemmeno di aver pedalato davvero per quei due isolati: è come se il suo corpo l'avesse fatto indipendentemente dal suo cervello, troppo impegnato ad ancorarsi disperatamente a qualsiasi barlume di razionalità. Ha ancora stampata in mente l'immagine di Arakita privo di sensi sorretto da Fukutomi, e continua a guardarsi intorno spasmodicamente alla ricerca di qualcuno, di un telefono pubblico, di qualsiasi cosa. Ma la zona, tanto gremita di spettatori e fans durante il giorno, sembra essersi totalmente svuotata. Non un'anima viva, non una luce accesa, e in un attimo è già davanti al ryokan. Una grossa falena svolazza intorno alla luce sulla porta d'ingresso, proiettando la sua sagoma tremolante sul muro. Toudou ha un brivido, mentre abbandona la bicicletta contro la parete esterna. La hall continua ad essere deserta e l'unico rumore sono le lancette dell'orologio, che ingaggiano una gara con il battito del suo cuore, arrivando miseramente seconde.
"Calmati, calmati, andrà tutto bene."  continua a ripetersi. 
Vorrebbe che ci fosse Maki-chan con lui, adesso. Quando il suo team conta su di lui ed è solo a sostenere il peso delle loro aspettative e delle loro speranze averlo accanto, nonostante sia un avversario, lo fa sentire come se potesse scalare la vetta di qualsiasi difficoltà. Ma ora deve concentrarsi sul compito che gli ha dato Fukutomi. Deve chiamare gli altri, cercare qualcuno dello staff tecnico, un telefono, qualsiasi cosa... ogni pensiero si accavalla con mille altri mentre sale le scale a due a due: prima di svegliare chiunque vuole recuperare il suo cellulare e chiamare un'ambulanza, ma ad attenderlo c'è un'altra amara sorpresa.
La maniglia della porta va su e giù a vuoto e la chiave non gira nella serratura, come se ci fosse qualcosa a bloccarla. Può essere possibile che Izumida, Shinkai e Manami siano tornati in stanza a dormire e li abbiano chiusi fuori? Comunque non c'è tempo da perdere: dopo aver bussato piano il climber inizia a battere i pugni sulla porta e a chiamare forte i suoi compagni. Nessuna risposta. Quel silenzio inizia a spaventarlo sempre di più, così inizia a bussare forte e chiamare aiuto in tutto il corridoio. Non gli interessa che gli avversari sappiano quello che è successo a questo punto, ci sono cose più importanti della tappa finale dell'Interhigh. 
Ma il silenzio è sempre più assordante, nessuno risponde alla sua richiesta di aiuto sempre più disperata. Sembra che siano tutti spariti nel nulla. Avvantaggiarsi dell'assenza di rumore è sempre stato il suo punto forte, ma solo ora comprende fino a che punto il silenzio può generare terrore.
"Che cosa sta succedendo? Perchè tutto questo sta accadendo a noi? Qualcuno si sta accanendo contro l'Hakogaku?"  pensa, cercando di farsi venire in mente la mossa successiva.
Dopo qualche istante non trova soluzione migliore che uscire di nuovo. Sicuramente nei dintorni riuscirà a trovare almeno un telefono pubblico... il tempo passa troppo veloce e non ha idea delle condizioni di Arakita, ha già perso troppi istanti preziosi.
Toudou esce di nuovo in strada, sbattendo la porta dietro di sè. Sul selciato, una grossa falena giace immobile, con un'ala spezzata. 
______
«Sono passati quasi quaranta minuti, forse avrei dovuto darvi qualche indizio? Forse... ma ci sareste arrivati troppo in fretta»  la voce riemerge dal ronzio. «Devo farvi presente una cosa: in questa stanza c'è anche un altro oggetto che può aiutarvi a uscire da qui. Ed è vicino, più vicino di quanto credete.» 
«Non hai altro da dire? Perchè ci stai facendo questo? E come faccio a sapere che Usakichi è ancora vivo?»  Shinkai sbotta nel microfono del walkie-talkie, frustrato per la ricerca infruttuosa. 
Di nuovo nessuna risposta.
Se continuano a non trovare nulla perderà tutto, moriranno tutti e tre. Ma deve andare oltre, deve pensare in fretta.
E gli viene in mente, di colpo. Perchè non ci ha pensato prima? Ci ha passato una buona parte della serata in fondo, immerso fino al mento a godere del sollievo che l'acqua tiepida regalava ai suoi muscoli provati da due giorni di continui e logoranti sprint. Come ha fatto a non pensare alla vasca?
La catena sembra di colpo più leggera e Hayato avanza sicuro fino al bordo. Guarda giù, tra il vapore e le bolle, e lo individua.
Un bagliore metallico. Un oggetto indubbiamente più grande di una chiave.
«Shinkai-san... hai trovato qualcosa, abu?» 
«Sì, ma non riesco a capire cos'è, l'acqua è troppo scura»  risponde il rosso «devo immergermi» .
Hayato spera che la lunghezza della catena gli permetta di raggiungere il fondo, e senza pensare immerge prima la testa e le braccia, puntando sicuro verso il vago riflesso argenteo sul pavimento della vasca. Uno, due, tre tentativi: per quanto ci provi, l'oggetto sembra farsi più lontano ogni volta che cerca di prenderlo.
La riserva d'aria nei polmoni inizia ad esaurirsi: ancora l'ultimo tentativo, deve provare un'ultima volta. La catena alla caviglia gli impedisce di darsi una spinta sufficiente, mentre il collare inizia a comprimergli dolorosamente la gola, che inizia a bruciare. Apre gli occhi, concentrandosi solo sull'obiettivo sfocato davanti a lui.
E infine, chiude le dita della mano destra su quella che sembra un'impugnatura.
Sottile. Metallica. Pesante. Ha capito.
Avrebbe dovuto immaginarlo.
Esce fuori dall'acqua tossendo e gocciolando, gli occhi totalmente coperti da un ciuffo di capelli bagnati appiccicati alla fronte.
Izumida abbassa lo sguardo e si immobilizza sul posto.
La mano di Shinkai sta stringendo una pistola. 

 

Ebbene, è finito anche questo. Mi diverto proprio a torturare il mio team preferito, eh? Beh che dire, grazie a Palketta per la recensione e a tutti quelli che sono passati di qui e che stanno seguendo questa storia, voglio bene a ognuno di voi çAç <3
Al prossimo capitolo!

_Kurai_

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Capitolo 4
*** Scelte impossibili e sensi di colpa ***


Scelte impossibili e sensi di colpa

Nulla è cambiato, fuori dal ryokan.
La realtà è come congelata, tutto è immobile e silenzioso. Toudou si guarda intorno, temendo che qualcuno o qualcosa possa attaccarlo alle spalle. In fondo tutti sono spariti, il silenzio è assoluto, non può chiedere aiuto a nessuno... quale momento sarebbe migliore di questo per metterlo fuori combattimento, proprio ora che è solo e separato dai suoi compagni? 
"No, Jinpachi, è tutto nella tua testa... sicuramente c'è una spiegazione razionale a tutto questo... però forse sarebbe meglio trovare un modo per difendermi" pensa il climber, puntando sicuro verso il capanno delle biciclette. Le road racers sono ancora come le hanno lasciate, ma lui punta ad altro: in pochi minuti ne esce stringendo forte in mano una chiave inglese del 15. Il metallo è freddo e pesante, e gli trasmette insieme sicurezza e un certo senso di ineluttabilità. Qualunque sia la minaccia che incombe, ora sente di poterla affrontare.

Con la mente leggermente più lucida all'improvviso ricorda: dev'esserci un telefono pubblico dalla parte opposta dell'edificio, a pochi passi dalla veranda con il famigerato distributore di bevande. Gli sembra di averlo visto con la coda dell'occhio prima, quando si sono divisi per cercare Arakita e Manami, ma comprensibilmente l'aveva rimosso.
Avanza sicuro lungo il perimetro dell'albergo: ecco la veranda, e laggiù, illuminata da un lampione, la cabina telefonica. C'è riuscito, finalmente! Digiterà il 119, spiegherà tutto e ogni cosa si risolverà. Arakita si riprenderà entro l'indomani mattina (ha la pellaccia dura come un lupo sul serio, quello), Fukutomi sarà fiero di lui e troveranno gli altri pacificamente addormentati nei loro futon. E vissero tutti felici e contenti.

O forse no.

Nel momento in cui passa accanto alla veranda, ecco che la vede.
Una scarpa, che sporge leggermente da dietro il distributore. Lì dietro c'è qualcuno.
Un passo davanti all'altro, poi un altro ancora. La mano con la chiave inglese trema, mentre si avvicina sempre di più. Trattiene il respiro, non sapendo cosa potrebbe vedere. Le scene dei peggiori film horror che ha visto negli ultimi tempi ("dovremmo smetterla di far scegliere i film ad Arakita") si accumulano nella sua mente: cervelli spappolati, budella, gole squarciate... 
Poi oltrepassa il distributore, e lo vede. Manami, seduto per terra, appoggiato con la testa all'involucro di metallo, gli occhi chiusi. Niente materia celebrale sparsa tutt'intorno, niente sangue, niente budella. Sospira di sollievo, poi inizia a scuoterlo per le spalle.

«Ehiiii, Manami!!! Ti sembra il momento di dormire questo?»
«Nh?» il primino si stropiccia gli occhi «Oh, devo essermi appisolato mentre aspettavo che quell'individuo losco se ne andasse, dopo che voi mi avete lasciato indietro»
«Cos... individuo losco? Izumida e Shinkai sono venuti a cercarti, credevo vi foste incontrati!»
«Non li ho visti... sono rimasto indietro perché quando siamo scesi mi sono distratto a leggere un messaggio di Sakamichi-kun... così ho cercato di raggiungervi, ma appena sono uscito qui nella veranda non c'era nessuno. Poi ho sentito un rumore e mi sono nascosto, ho visto un tizio davvero sospetto con un coltello in mano e allora ho deciso di restare qui finchè non se ne fosse andato ma...eheheh, credo di essermi addormentato» si gratta la testa, imbarazzato. Fuori luogo, come al solito.
«Un tizio con un coltello in mano? Ed è entrato nel ryokan?» le visioni agghiaccianti ricominciano a popolare la mente di Toudou, mentre Manami lo fissa ancora mezzo addormentato. «Ora aspe-aspettami qui, de-devo andare a chiamare qualcuno subito, anche Shinkai e Izumida sono in pericolo... devo fare qualcosa---» 

«...Cosa significa che anche Shinkai e Izumida sono in pericolo?» una voce bassa e profonda alle sue spalle lo fa sobbalzare.
«FUKU--- Arakita come sta?»
Il capitano abbassa gli occhi, distoglie lo sguardo, rimane in silenzio.
Non è mai stato uno di tante parole, ma la sua espressione dice più cose di quanto Toudou vorrebbe sapere. Non l'ha mai visto quello sguardo, negli occhi di Fukutomi Juichi. 
«Fuku... io...»
Fukutomi gli dà le spalle, fa segno di seguirlo. I due climber si guardano per un istante e obbediscono, senza dire nulla.
È proprio in quel momento che accade. È un attimo.
Un rumore simile a un tuono, e tutto vibra per qualche istante. 
«Era... un'esplosione?» sbianca Toudou, per poi vedere la sua stessa espressione riflettersi negli occhi del capitano e di Manami. 
_______

«Shinkai-san, quella è...»
«Proprio un bello scherzo, eh? E così ora dobbiamo fare per forza una scelta, vero?» chiede al walkie-talkie, ostinato nel suo mutismo. Le lancette dell'orologio di Hayato sembrano correre al doppio della velocità del normale, come se dovessero fiondarsi con tutte le energie possibili verso un traguardo. Quel traguardo, Shinkai Hayato non vuole raggiungerlo.

Cinque minuti. Mancano appena cinque minuti.
Izumida non sa cosa dire. Sta vedendo la lotta che si combatte nella testa del suo senpai come un film davanti ai suoi occhi, sa quello che sta provando. Non c'è soluzione, non c'è ritorno. A meno che...

I vestiti e i capelli di Shinkai gocciolano ritmicamente sul pavimento. Da qualunque parte la guardi, continua a vedere una sola soluzione possibile. Una sola, anche se non gli piace affatto. Sospira, chiude gli occhi. Alza il braccio e si avvicina la pistola alla tempia.
"Questa volta il BANG non sarà per gioco" pensa.
«SHINKAI-SAN! CHE VUOI FARE? FERMATI, ABUUU!»
«Touichiro-kun, ti affido Usakichi, esci da qui e salvalo da quel bastardo... io mi fido di te»
«No... sono sicuro che esiste un altro modo... se cerchiamo potremmo ancora trovare quella chiave, potremmo...»
«Cosa? Una volta trovata la chiave potremmo usarla per aprire un solo collare, non ricordi? Saremmo punto e a capo, non ci sono alternative!» ribatte Hayato, con la voce che trema leggermente.
«Ma...abu... Shinkai-san... piuttosto spara a me, non potrei accettare di sopravvivere al costo della tua vita... io...»
«CREDI CHE IO POTREI? Non voglio che muoia nessuno, non voglio... con che faccia potrei continuare a vivere, dopo?» le spalle di Hayato sono scosse da un unico singhiozzo, la pistola rimane immobile premuta sulla sua tempia, il dito tremante a pochi millimetri dal grilletto.
«Shinkai-san... tu... sei il mio modello, la persona più importante per me, se è per la tua vita mi sacrificherei mille volte... io sono solo il secondo sprinter in fondo, il più veloce ad arrivare al traguardo devi essere tu. In gara possiamo pedalare vicini per un pezzo di strada, ma poi ogni volta tu acceleri e mi lasci indietro, scomparendo dietro ogni curva. Per quanto io possa allenarmi e diventare sempre più veloce... sei tu quello destinato ad arrivare primo tra noi due, sei tu che devi andare avanti. Io posso anche fermarmi qui, abu.»

Shinkai vorrebbe convincersi che le gocce che percorrono lente e calde le sue guance siano ancora i postumi del tuffo non previsto, ma sa che non è così. In fondo, è un bene che Juichi non sia lì. Ora è ancora peggio, con le parole che gli ha detto Izumida che gli risuonano in testa.
Un minuto, un minuto e basta, e poi sarà il tempo a decidere per loro. Uno stupido minuto, che sulla strada in classifica fa una differenza enorme, ma ora sembra così rapido, così ineluttabile. Un minuto, sessanta secondi e una scelta troppo difficile anche per una vita intera.
La pistola cade a terra con un tonfo sordo.

«Shinkai-san.» Izumida si alza in piedi e attraversa la stanza finchè la caviglia incatenata glielo consente, poi tende la mano verso di lui.
Hayato si alza e avanza anche lui fino a raggiungere quasi il centro della stanza. Allunga la mano, e le loro dita si sfiorano. Uno sforzo ancora e si stringono, come per trasmettersi forza a vicenda. 
Mancano trenta secondi, e qualcosa di freddo scivola nella sua mano da quella di Izumida. Uno sguardo interrogativo, un sorriso triste di chi ormai ha preso la sua decisione.
Hayato apre la mano, e lascia cadere la chiave a terra con un tintinnio che sembra amplificarsi mille e mille volte nelle loro teste.

Venti secondi, e sarà tutto finito.
Nessuno dei due può vincere, questa volta.

Dieci secondi.
"Mi dispiace, Usakichi... anche questa volta ti ho deluso, eh? E... Juichi, Jinpachi, Yasutomo, Manami... scusatemi, avrei davvero voluto pedalare con voi domani e vincere insieme, ma questo... questo è un po' più difficile di superare il trauma del sorpasso a sinistra." pensa Hayato, poi sospira piano. Izumida ha gli occhi chiusi, ma le sue lunghe ciglia trattengono a malapena le lacrime che vorrebbe versare. Niente da fare, è ancora troppo debole, non è nemmeno riuscito ad approfittare dell'ultimo istante per costringere Shinkai a usare la chiave, volente o nolente. Semplicemente, avrebbe voluto che quel momento non arrivasse mai. "Andy, Frank... ci vediamo dall'altra parte."

Tre. Due. Uno. Poi è tutto buio.

Un rumore simile a un tuono, e tutto vibra per qualche istante. 

 
...è andata. Ho avuto feels, un sacco di feels T_T E ho scritto tutto questo con le loro charasong di sottofondo, quindi mi sento una persona ancora più orribile. Anyway, se siete arrivati fin qui grazie davvero per aver seguito questa storia finora! Per me è davvero importante perchè è la prima volta che mi cimento in una long, e mi sta prendendo tantissimo çAç
Grazie ancora a Palketta che ha fatto un'altra volta la cavia di questo mio delirio, a lei dedico questo capitolo in cui ho ucciso senza pietà una delle sue (nonchè mie) OTP, un bel regalo no? Ok, vado a piangere lacrime assolutamente non maschie [cit.].

_Kurai_






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Capitolo 5
*** Dietro la maschera ***


Dietro la maschera

Una sfilza di nuove immagini raccapriccianti inizia a farsi strada nella testa di Jinpachi, e questa volta sfondano una porta aperta: il rumore è stato reale, e lì dentro ci sono (o c'erano?) DAVVERO i suoi compagni, da qualche parte. 
E Arakita? Quello sguardo di Fukutomi non poteva significare che... "No, non è possibile. Non è proprio possibile".

È come in trance quando segue Fukutomi insieme a Manami, che è stato in silenzio fino a quel momento - evidentemente troppo spaventato per parlare - dentro il ryokan, e subito il suo terrore aumenta: tutto l'edificio è immerso nel buio più totale. I tre avanzano piano a tentoni, alla ricerca della fonte del fumo che aleggia intorno a loro. Improvvisamente, con un ronzio, ecco che si attiva un generatore di emergenza, che fa accendere tante piccole lucine azzurre tremolanti sul soffitto, appena sufficienti a distinguere le loro stesse sagome nella penombra. Fukutomi cammina due passi avanti a loro, come a volerli proteggere con il suo corpo dall'ignoto, e non ha detto ancora nulla. Lui è il capitano, deve essere forte. Ma si sente sul punto di andare in pezzi, ora che il suo amato team si sta sgretolando sotto i suoi occhi. 

«Fuku... sembra che il fumo venga dall'onsen...» sussurra Toudou, indicando l'ultima porta in fondo al corridoio. Il biondo annuisce, facendo nuovamente segno di seguirlo. Se solo non si fossero divisi...

La porta è chiusa dall'esterno, ma la chiave è ancora nella serratura, come un invito a entrare.

La stanza, priva di finestre, è satura del fumo dell'esplosione, che con il vapore dell'acqua calda crea un'unica coltre che li confonde e li disorienta.
Fukutomi fa qualche passo in avanti, cercando di individuare i due sprinter. Se lo sente, sono lì.
«Shinkai? Izumida?» chiama Toudou, rimasto pietrificato sulla porta da un terribile presentimento, per poi iniziare a tossire per il fumo.
Si gira, e Manami non è più dietro di lui, ma la sagoma alta di Fukutomi si distingue facilmente, ormai al centro della stanza.

All'improvviso, il piede di Juichi incontra un ostacolo. La coltre si sta velocemente dissipando, grazie alla porta aperta, e la scena diventa a poco a poco sempre meno sfocata davanti agli occhi dei tre superstiti, sebbene sia illuminata solo dalle luci del corridoio.

Di colpo, le immagini che hanno tormentato Toudou fino a quel momento diventano la realtà.
Davanti a lui, Fukutomi ora è in ginocchio. La sua schiena trema violentemente, ed è come assistere ad un terremoto. È come vedere una montagna crollare davanti ai propri occhi. Toudou vorrebbe distogliere lo sguardo dalla visione che ha sconvolto a tal punto il capitano, ma non ci riesce. Trattiene a fatica un conato di vomito.

Vorrebbe urlare, ma la voce non vuole saperne di uscire. Il suo corpo è stretto in una morsa di panico che ha congelato tutti i suoi muscoli sul posto. Può solo assistere impotente alla visione di Fukutomi scosso dai singhiozzi davanti a quello che rimane di Shinkai e Izumida. E può vedere le loro mani sigillate in un'ultima stretta, in un lago di sangue. Questa volta non riesce a trattenere le violente proteste del suo stomaco.

Solleva lo sguardo un istante troppo tardi.
Manami è apparso come dal nulla, in piedi davanti a Fukutomi.
Negli occhi un bagliore sinistro, che lo rende irriconoscibile.
Stretta nella mano destra, una pistola con il cane già abbassato, il dito sul grilletto.

«Ero sicuro che stessi nascondendo il vero te stesso, Manami» Fukutomi si riscuote e alza gli occhi, fissandoli nel ghigno distorto dell'angelo caduto. 

Toudou non può fare nulla. La sua inutile chiave inglese perderebbe in partenza contro una pistola. Nella sua mente risuona solo un enorme "perché?", destinato a non avere risposta.
E di nuovo non riesce ad emettere un suono, quando un movimento millimetrico dell'indice di Manami taglia per la quarta volta il filo tra la vita e la morte. Fukutomi Juichi oltrepassa il traguardo finale per raggiungere i suoi compagni, come un comandante che affonda con la sua nave.

"Sono il prossimo." 
È ormai una consapevolezza, una certezza. 
"Avrei almeno voluto gareggiare un'ultima volta contro Maki-chan, però"
Si sconvolge di riuscire a pensare con una tale freddezza, a questo punto.
E poi decide. Non cadrà senza combattere, in pieno stile Hakogaku.
«Manami-kun...» indietreggia piano, avvicinandosi alla porta. Solo il corpo senza vita di Fukutomi li separa «Perchè... perchè l'hai fatto?»
«Chissà... forse volevo solo sentirmi vivo.» Ride, per poi scavalcare senza pensarci due volte il cadavere di Juichi. Che afferra la sua caviglia.
«Tou...dou... vai! Devi essere... forte» raccoglie le sue ultime energie l'ace dell'Hakogaku, al limite della coscienza ma con un desiderio troppo disperato di salvare almeno lui dalla follia omicida del suo stesso team-mate.
Jinpachi approfitta della distrazione momentanea di Manami e si fionda fuori dall'onsen, riprendendo di colpo l'uso di tutti i suoi muscoli grazie all'adrenalina in circolo. 

"Fuku... arigatou" pensa, mentre le lacrime incapaci di fermarsi rendono il corridoio semibuio ancora più confuso davanti a lui.
Un secondo colpo di pistola. È finita. Deve nascondersi, e in fretta.
Manami si avvicina lentamente lungo il corridoio, guardando a destra e a sinistra per individuare il senpai nella penombra. Toudou raggiunge le scale e corre, corre sperando di trovare un posto qualsiasi per allungare la sua vita almeno di qualche minuto. 
Ed ecco, la porta della loro stanza ora è socchiusa. Lui è vicino, sente i suoi passi già alle spalle quando finalmente si chiude a chiave nella stanza e sposta in fretta sedie e  mobili per barricarsi dentro. 
Manami prende a pugni la porta per qualche minuto, ridendo, poi smette. Toudou è seduto, appoggiato con la schiena al cumulo di oggetti accatastati contro la porta, che cerca di far rallentare il battito esagerato del suo cuore e di smettere di tremare.

Poi, un suono inaspettato che suona alle sue orecchie come un coro di angeli lo fa prima sobbalzare, poi alzarsi di scatto e recuperare un po' di speranza.
La suoneria del suo cellulare.
QUELLA suoneria del suo cellulare. La suoneria personalizzata che ha impostato esclusivamente per Maki-chan, quella che non si sarebbe aspettato di sentire mai nella vita, soprattutto in un momento simile.
Il telefono è dal lato opposto della stanza, abbandonato sul futon, e trilla come impazzito. Sullo schermo appare una foto del climber della Sohoku che sorride, rubata dopo una delle tante gare a cui hanno partecipato uno contro l'altro. Toudou si piega, allunga la mano per agguantarlo, lo stringe, fa per accettare la chiamata e... alza lo sguardo.
Fuori dalla finestra, due occhi azzurri lo fissano.
E mentre il proiettile infrange il vetro in milioni di piccoli frammenti e un enorme fiore rosso si allarga sulla sua maglietta, Toudou perde la presa del cellulare, che cade a terra e continua a suonare, insistente. Troppo lontano per essere raggiunto, troppo lontano, anche se basterebbe allungare la mano di pochi centimetri. 
«Ma...ki...cha-n» rantola, prima di vedere tutto nero.
____
«MAKI-CHAAAAAAAAAAAAAN!!!!»
Toudou scatta a sedere, in un bagno di sudore. Si stropiccia gli occhi, cercando di mettere a fuoco la scena intorno a lui. Qualcuno, in un ryokan a qualche centinaio di metri da lì, starnutisce.
Nel futon a fianco, Manami lo sta fissando con un'espressione assonnata e interrogativa.
Toudou non riesce a trattenere un altro urlo.
«COSA CAZZO STRILLI, TOUDOU, IDIOTA!» sbraita Arakita, lanciandogli contro una bottiglia di plastica vuota «SONO LE 5, IO VOLEVO DORMIRE!»
«Ma... ma... Manami...»
«Nh?» il primino lo guarda ancora senza capire. Sbadiglia.
«Io... voi... era... un incubo?» farfuglia il climber del terzo anno, prendendo un sospirone.
«Tu e i tuoi cazzo di incubi... Tsk» borbotta Yasutomo, prima di alzarsi e dirigersi verso il bagno sbuffando.
Altre tre paia di occhi assonnati lo fissano, perplessi. 

 

Molti vorranno uccidermi dopo questa XDD E dopo un'accelerazione flash degna dei peggio sprinter, ecco che concludo questo mio piccolo delirio ^^ Come ho già scritto su facebook, è la prima volta che riesco a concludere una long-fic (ci ho provato milioni di volte, ma mi bloccavo sempre T_T) e anche se è una piccola cosa, mi sento felice di essere riuscita a farcela... mi sento come Onoda alla fine del training camp da 1000 km, è stata una faticaccia! (No non è vero, mi sono divertita un mondo a pensare a come far crepare i miei personaggi preferiti *coff*).

Comunque, un milione di volte grazie a tutti quelli che hanno letto, a Palketta e Sawako che hanno assistito a nascita, vita, morti (!!!!) e miracoli di questa roba non identificata, a Valerio che si è sciroppato una quarantina di episodi in pochi giorni e ha betato anche quest'ultimo capitolo e un grazie speciale anche a Giulia, con cui in questi giorni ho amabilmente delirato su headcanon vari :D

Alla prossima!


P.S. Manami vi osserva.



 

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