Runa di Fuoco

di Toms98
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Grida nella pianura ***
Capitolo 2: *** Xesbil ysewgut ***
Capitolo 3: *** Anima di Fuoco ***
Capitolo 4: *** La Festa di Mezzautunno ***
Capitolo 5: *** Sotto assedio ***



Capitolo 1
*** Grida nella pianura ***


Grida nella pianura
Lo stomaco cominciò a gorgogliare e un conato di vomito gli salì alla gola. Dopo decine di giorni dall’ultima pausa, Treavis non ne poteva più di andare a cavallo. Perché suo padre doveva fare affari proprio con uno stupido contadino di Glends. Treavis era un adolescente di sedici anni. La sua corporatura non gli forniva una gran forza, ma in compenso era molto agile e veloce. I capelli, lungi e marroni, erano increspati a causa della polvere. Gli occhi, anche loro marroni, fissavano l’orizzonte in attesa della sagoma di Dorf.
Mandò giù un po’ di saliva, quando in lontananza vide il suo piccolo villaggio stagliarsi in mezzo alla sconfinata prateria. Nessuna vista era a suo parere migliore in tutto il suo viaggio. Il sentiero divenne tortuoso e il carretto legato al suo fedele cavallo, ormai vuoto, cominciò a sobbalzare. Treavis superò la parte tortuosa, poi avvicinò la testa all’orecchio del destriero e disse: << è il momento di volare. Più veloce, Dusty >> e lo lanciò al galoppo verso il villaggio. In men che non si dica, Treavis si ritrovò alle porte di Dorf.
Dorf era un piccolo villaggio nel Nord di Roburia, uno dei cinque regni, isolato dagli altri villaggi, ma fiorente nei commerci, vista la facilità nel raggiungerlo da tutte le direzioni attraversando la piana di Olm. Le mura di quella piccola cittadina consistevano in alcuni pali di legno, appuntiti in cima e disposti tutto intorno alle case. Fra tutte le case spiccava quella del capo del villaggio, eletto ogni anno fra i cittadini, il cui compito era di rappresentare il popolo villico davanti al re. Quell’anno era stato scelto proprio il padre di Treavis, che aveva deciso di non trasferirsi al palazzo. Sotto quella casa c’era la piazza del mercato, dove in estate gli abitanti accoglievano i vari mercanti venuti da ogni parte del regno. Su quella piazza si affacciavano molte case, fra cui quella di Jason il fabbro, il padre di Treavis. Seguendo la via principale si incontravano molti negozi, fra cui quello di Thomas il cartografo e la farmacia di Elle, fino a raggiungere la scuderia di Fred, adiacente al portone, protetto da due sentinelle armate di lancia, da cui stava entrando Treavis.
Il ragazzo smontò dalla sella e si diresse verso la scuderia, dove Fred stava ferrando i cavalli. << Oh, Treavis, guarda chi si rivede! Dove ti aveva mandato tuo padre? >> chiese appena lo vide avvicinarsi. << Lascia stare. Ti do solo un nome: Glends >> rispose il ragazzo << Comunque ti devo ringraziare. Anche questa volta Dusty si è dimostrato all’altezza del compito. È il miglior cavallo che potevi trovare, e il più veloce>> e portò il cavallo nella stalla, dove lo accarezzo e gli diede un po’ di biada. << Che affari ha fatto il vecchio Jason per mandarti a Glends? Non è nei vostri soliti traffici, o sbaglio? >> chiese Fred. << Per fortuna no! È un contadino di là che quest’estate era venuto a farsi riparare la zappa. Soddisfatto del lavoro di mio padre, gli aveva chiesto un nuovo aratro di ferro per l’autunno, e visto che ultimamente mi occupo della vendita, mio padre ha mandato me. È stato il più stressante viaggio di sempre >> Treavis crollò sulla panca, stanco della lunga cavalcata. Fred gli si avvicinò con un bicchiere d’acqua che Treavis accettò volentieri. Mentre il giovane beveva, Fred fece un breve calcolo e disse: << Strano, di solito per andare da qui a Glends ci vogliono tre settimane, ma tu ci hai messo un mese. Ti ha dato dei problemi il cavallo?>>. Treavis sbuffò e disse: << Dusty? No! Il problema è Thomas. Quella sottospecie di cartografo ha invertito Glends e Giled. Ho dovuto farmi tutta la strada da qui a Giled e poi risalire verso Glends >>. Fred rise e salutò Treavis. Il ragazzo ricambiò il saluto e se ne andò. Passò alla bottega di Thomas, dove il vecchio topo da biblioteca si scusò e gli regalò una mappa, questa volta corretta, di tutto il regno.
Tornato sulla strada principale, stava passando davanti a vari sarti e vasai, quando un qualcosa, dalla strada lì affiancò, lo tirò verso di sé. Treavis si voltò di scatto e vide Alisya, la figlia di Elle. << Non sei passato a salutarmi >> disse la giovane, che aveva la stessa età di Treavis. Alisya era tutta sua madre, e non a caso si contendevano il titolo di più bella del villaggio. Aveva i capelli biondi che brillavano nella luce del sole, un sorriso rassicurante e gli occhi dallo sguardo profondo che entrava nell’anima delle persone. Nonostante tutta la sua bellezza aveva imparato dalla madre a non vantarsene e a non giudicare le persone da come apparivano ma da come erano dentro. Durante la scorsa estate, proprio mentre Jason stava trattando per il prezzo dell’aratro, lei e Treavis si erano fidanzati, nella felicità di entrambe le famiglie, che scommettevano su quali lavori avrebbero preso i due: Jason disse che Treavis sarebbe diventato un fabbro e avrebbe messo la moglie e i figli alle spedizioni, seguendo il suo esempio; Elle e Matt, suo marito e padre di Alysia, affermarono invece che la figlia sarebbe diventata una farmacista come loro due; mentre Lora, la mamma di Treavis, mise in banco la possibilità che entrambi avessero portato avanti i propri lavori famigliari senza che nessuno dovesse rinunciare. Quest’ultima possibilità era stata accolta da tutti come la più probabile, e Lora fu lodata per la sua saggezza. << Sono contenta che si siano tutti sbagliati >> disse Alisya, mentre accompagnava Treavis, che la guardò senza capire cosa significasse. Dopo una breve pausa, Alisya continuò: << Mentre eri a Glends, ho proposto ai miei la mia idea di diventare druida. Non erano molto entusiasti, ma hanno accettato lo stesso, dicendo che era il lavoro migliore che potesse capitarmi. Ora dovrò stare via per l’addestramento almeno un anno, poi tornerò >> sulle ultime parole la voce faticava a uscirle dalla gola pensando ai tanti giorni che avrebbe dovuto trascorrere lontano da Dorf e soprattutto da Treavis. Il ragazzo cercò di trovare le parole migliori, ma non ne trovò nessuna adatta se non una leggera battuta: << Beh, vorrà dire che convincerò mio padre ad aumentare gli affari con l’Accademia >> i due si sorrisero, seppur nell’animo fossero molto ansiosi per i lunghi mesi di distanza.
<< Ultime notizie, movimenti ai confini settentrionali, il re ha intensificato le difese. Si pensa ad un possibile attacco degli Orchi >> urlò uno strillone in piazza. Treavis rimase perplesso. << Orchi... è possibile che debbano sempre fare delle scorribande inutili? >>. Alisya si bloccò. La situazione la preoccupava visibilmente, e Treavis se ne accorse subito. << Cosa succede? >> chiese il ragazzo. << Treavis, ci sono già state delle scorribande di Orchi, ma questa volta è diverso. Sono molti, sono stranamente organizzati. Non sono un’esperta militare, ma so che questa si chiama guerra. >> rispose la ragazza. Treavis considerò affrettate le conclusioni della giovane, ma decise di non toccare più l’argomento.
Continuarono a parlare finché non arrivarono davanti alla casa del ragazzo, dove si salutarono scambiandosi un bacio. Poi il ragazzo entrò nella casa di pietra finemente lavorata. Ad aspettarlo ci furono sua madre Lora, suo padre Jason e il suo fratello maggiore Drake, che lo tormentarono di abbracci. Mentre sua madre preparava la cena, Treavis fece un breve resoconto di ciò che era successo al padre e a Drake: << Thomas ha sbagliato a scrivere la mappa, quindi sono finito a Giled, ho chiesto indicazioni per Glends e ho consegnato l’aratro. Per fortuna il contadino non mi ha pagato di meno per il ritardo. Comunque, ecco quanto ci spettava, dieci auri >> ed estrasse dalla borsa che aveva legato alla cintola le monete che tintinnarono sul tavolo. Il padre si congratulò con il figlio e gli parlò un po’ di quello che era successo a Dorf durante la sua assenza: << L’esercito cittadino è stato richiamato dal re a difendere i confini. Sono dovuto andare alla riunione dei capi villaggi al cospetto dei re. È una faccenda seria. Le nostre spie affermano che gli Orchi si stanno radunando. Il re teme che vogliano tentare un attacco al regno. >>. Come era successo prima con Alisya, Treavis vide che sia suo padre sia suo fratello erano preoccupati, quasi terrorizzati, da quello che stava succedendo.
L’arrivo di sua madre con i piatti fermò i discorsi. Mangiarono abbondantemente e andarono tutti a dormire. La casa di Treavis aveva, come molte case della città, due piani. Il piano superiore era riservato alle camere. Un lungo corridoio a destra delle scale portava dritto a una grande camera in cui dormivano i genitori di Treavis. Ai lati c’erano altre due stanze, quella a destra era di Drake, quella a sinistra di Treavis. A sinistra delle scale c’era un piccolo balconcino. Il balconcino era la copertura di un portico esterno in cui c’erano la fucina e l’incudine. Il piano di sotto era invece occupato interamente da una cucina, da un tavolo con attorno quattro sedie e da varie casse piene zeppe di armi e attrezzi.
La notte stava passando e tutta la casa era silenziosa. Solo Jason stava sbrigando delle faccende. Treavis era nel suo letto, felice di poter dopo tanto tempo dormire su qualcosa di comodo. Nella sua testa però rimbombavano le parole di suo padre e di Alisya. Sulle prime non ci fece caso, poi anche lui cominciò a credere che non fosse come al solito. Prima che molte domande gli tormentassero il cervello, la stanchezza ebbe la meglio. I suoi erano sempre gli stessi sogni: lui da grande, sposato con una vita sicura. Stava sognando da un po’ quando una mano lo afferrò al braccio. Stava per gridare quando una mano gli trattenne la bocca. Ancora semi cosciente sentì la voce di Drake sussurrargli: << Non fare domande. Ho visto arrivare un messo. Andiamo ad ascoltare >>. Come al solito Drake era sospettoso. Mentre cominciava a tornare in sé, i due erano arrivati alla scala. Tenendo l’indice vicino alla bocca, Drake fece segno a Treavis di non fare rumore. Il messo era già arrivato, e aveva appena finito di scambiare convenevoli con Jason. I ragazzi stettero in disparte, e nessuno si accorse minimamente della loro presenza. << Porto un ordine dal re, Jason Matthewson >>.
<< Parla, e sii rapido >> rispose Jason. Il messaggero annunciò: << Il re ha ordinato a tutti gli uomini capaci del regno di arruolarsi nell’esercito. Domani partirai insieme ai futuri allievi della scuola di magia, poi andrai ai confini, dove troverai tutto ciò di cui hai bisogno. Porta con te tutti i tuoi figli di età superiore a diciassette anni >>. Jason rimase turbato: << Cosa sta succedendo? >>. Il messo abbassò la testa. << Gli Orchi hanno già cominciato ad attaccare. Questa non è una razzia, questa è guerra. >>. A Treavis si fermò il cuore in gola, mentre Drake cominciò a sudare freddo. Sussurrando Treavis disse: << Drake, capace... dimmi che non sei capace... >>. << Ce la fai a rompermi un braccio prima che papà mi chiami? Credo proprio di no. Tu resta qui. Appena mi chiama decidi: o resti per tutto il discorso o torni a dormire. Capito? >> suo fratello era preda del terrore, ma Treavis decise nonostante tutto di stargli vicino. Dopo poco Jason chiamò il primogenito, e Treavis ascoltò il discorso profondo di suo padre. Finito il discorso, Drake salutò dicendo che doveva andare a preparare i bagagli. Salì le scale, e fece cenno al fratello di tornare in camera. La casa tornò a essere silenziosa, ma ora l’atmosfera era tesa, cupa.
Senza aver dormito in tutta la notte, Treavis si alzò dal letto. La prima cosa che vide fu suo padre che preparava una grandissima borsa con le provviste per lui e Drake. Treavis lo guardò, poi disse: << Dove devi andare? >>. Suo padre non si alzò, ma disse: << Mi dispiace che tu abbia dovuto sentire tutto. Partiremo oggi, insieme a Alisya, poi andremo al confine. Mi dispiace... per Drake >>. Senza rispondergli Treavis uscì. Sentiva il bisogno di schiarirsi le idee, passò vicino a casa di Alisya. Lei e i suoi genitori stavano sistemando le ultime cose, quando lo videro, Elle sorridendo fece un cenno alla figlia, che si avvicinò al ragazzo. << Quindi parti oggi? >> chiese lui, con una lieve nota di tristezza. << Sì, ieri è arrivato in città un messaggero dicendo che l’Accademia aveva accelerato i tempi. Fra tre giorni ho l’esame di ammissione >> rispose lei, poi si accorse che c’erano preparativi anche a casa di Treavis, quindi squadrò il ragazzo e chiese: << Non dirmi che hai chiesto di andare all’Accademia! >>
<< No, è un’altra storia... >>
<< Sentiamo >> chiese lei incuriosita, e Treavis fu costretto a ripetere le parole del messaggero. Alla fine Alisya, colpita al cuore dalle parole del ragazzo, espresse il suo più grande dispiacere.
La diligenza arrivò a mezzogiorno in punto. Alisya, Jason e Drake, assieme agli altri futuri soldati e apprendiste maghe, salutarono le loro famiglie. Lora stava per piangere, Treavis e Matt aiutavano i due a caricare i bagagli. Dopo breve la diligenza partì. Treavis la seguì fino alle porte della città. Lì continuò a osservare Alisya, che ricambiava voltata all’indietro, finché la carrozza non fu troppo lontana.
Stette lì a rimuginare per un po’ su quello che stava succedendo attorno a lui. Drake, suo padre e la sua fidanzata lontani da lui per un bel po’. Cosa avrebbe fatto ora. Dopo un’eternità fatta di pensieri e preoccupazioni, si alzò e rientrò al villaggio. Orami era pomeriggio inoltrato quando sentì un urlo provenire da qualche metro davanti alla porta. Treavis guardò lontano. La voce sembrava umana. Sconosciuta, ma umana. Un altro grido ruppe l’aria. Era una voce. Una voce dolorante. Una voce che chiedeva aiuto.

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Capitolo 2
*** Xesbil ysewgut ***


Xesbil ysewgut
Treavis corse verso dove sentiva provenire le urla. Disteso sull'erba, c’era un uomo, giovane, vestito con un grande mantello. Era armato di un pugnale che non lo aveva difeso dall'arma che lo aveva colpito, a prima vista un’ascia da guerra o qualcosa di simile. Nella mano aveva una pergamena, una sacca color rosso fuoco, con il simbolo del regno di Roburia. Era ancora vivo, ma sputava sangue. Quando vide il suo giovane salvatore, gli porse la sacca, poi con gli occhi di chi sa di essere giunto all'ultimo capolinea, disse: << A... A... A Trea... >> sputò qualche goccia di sangue << A... A Trea...vis >> poi appoggiò la testa dal lato opposto e spirò. Treavis rimase per qualche secondo ammutolito, sentendo nominare il suo nome, poi prese la sacca, la nascose, caricò in spalla il cadavere e corse verso la città. Le sentinelle lo guardarono male, ma a lui non importò. Voleva salvare quell'uomo non tanto per mantenerlo in vita, ma per sapere cosa volesse da lui. Si fermò alla farmacia, dove battè la porta usando le gambe. Elle gli aprì. Mentre entrava Treavis spiegò brevemente cosa era successo. << Dove lo metto? >> chiese il ragazzo. << Sul tavolo >> rispose lampante Elle, mentre correva in giro per la stanza per prendere varie polveri ed erbe curative.
Matt entrò nella sala. Era di un paio d’anni più giovane di Jason, ma in passato era stato un soldato e durante un attacco degli Orchi aveva sconfitto praticamente da solo un manipolo di nemici, subendo però una brutta ferita alla spalla che lo rendeva inadatto a combattere. Deluso di essere rimasto così escluso dalla sua vocazione, se ne andò vagando per molti villaggi, finché non arrivò stanco e non ancora completamente guarito alle porte di Dorf. Qui, era svenuto davanti a Jason che stava tornando a casa, e si era risvegliato nelle braccia di Elle. Aveva passato una settimana di recupero, ma alla fine aveva deciso di restare e sposare Elle. Aveva anche deciso di dare una mano alla donna con i lavori da uomini e con tutto ciò che sapeva dalla guerra, come “alleviare il dolore” a un moribondo.
Vedendo il corpo sul tavolo, Matt gli si avvicinò e controllò il battito. << Non serve correre, Elle, o almeno non più >> disse, poi si fece ripetere la storia da Treavis. << Ha balbettato qualcosa. Ho capito solo “A Treavis”. Penso si riferisse a questa >> concluse Treavis tendendo a Matt la sacca, che però la rifiutò. << Se un uomo del re è morto per consegnarti quella sacca, doveva essere qualcosa di importante e segreto >>. Nel frattempo, Elle aveva smesso di correre e stava cercando di capire cosa potesse averlo ucciso. Si rivolse a Treavis, gli fece cenno di venire e disse: << Tuo padre costruisce armi, quindi forse tu sai riconoscere questa ferita. A prima vista è troppo grande per una spada e troppo profonda per un’ascia >>. Il giovane esaminò a lungo la ferita, poi si sforzò di ricordare le forme delle armi. Dopo qualche minuto giunse a un'unica soluzione: << Deve essere stato per forza una spada sottilissima e lunga. Impossibile da costruire senza la magia. Ma a quanto ne so serve molta energia per fabbricarla. È sicuramente un’arma rara >>
Nel frattempo le due sentinelle entrarono nella casa, chiedendo cosa fosse successo. Mentre Matt spiegava l’accaduto, tralasciando volontariamente la parte della sacca, ed Elle analizzava il cadavere, Treavis lasciò la farmacia.
Tornò a casa, dove raccontò tutta la storia a sua madre, che lo lodò per il tentativo di salvare il messo. Andò in camera sua, dove fece un bagno e cambiò i vestiti. Quando fu pronto, aprì la sacca. Preoccupato per ciò che rischiava di trovare, tastò il fondo della sacca. Era liscio, quasi come se fosse in velluto. Dopo qualche secondo, la sua mano incappò in un oggetto liscio, grande più o meno come il palmo di una mano, di forma ovale. Lo estrasse. Era una semplice pietra bianca con venature argentee. La girò e vide impressa la forma di una runa, quella del fuoco. Perché proteggere una runa come quella, che non era fatta neanche in araldite, fino a perdere la vita? E perché proprio a lui. Non seppe spiegarsene, quindi appoggiò la runa sul tavolo. Non appena il contatto fra la mano e la pietra si interruppe, la runa scomparve e la pietra si scurì. Stupito della reazione, provo a riprenderla in mano. La runa comparve di nuovo sulla pietra ritornata bianca. Riappoggiò la pietra al tavolo e tornò alla sacca. Sul fondo c’era anche una pergamena. Quando la aprì, Treavis notò che vi erano scritte alcune frasi che, in apparenza, erano delle formule, più un consiglio per leggere un messaggio segreto. Seguendo le istruzioni, prese in mano la runa e la appoggiò sulla pergamena per vedere cosa succedesse. Niente. Poi toccò la runa. La pergamena cambiò scritta. Era una lettera del re in cui spiegava l’accaduto. Il testo enigmatico era:
Caro Treavis,
                     il re ti affida una reliquia importantissima. Quelle scritte nella pergamena normale sono alcune magie basilari che puoi eseguire con quella runa. Esercitati, sei l’unica speranza dei Cinque Regni. Recati il più presto possibile al palazzo reale a Waldstadt.
Re Koran
Treavis rimase di stucco, allontanò la runa, richiuse la pergamena e appoggiò entrambe sul tavolo. Poi scese a cenare. Quella notte dormì bene, ma poco prima dell’alba si svegliò. Doveva trovare il posto giusto per allenarsi, non certo avrebbe potuto eseguire magie. Doveva essere un posto nascosto, ma era difficile nascondersi nella pianura. Non gli vennero in mente idee buone quindi scese per la colazione. Mentre mangiava, guardò fuori dalla finestra. Nei suoi occhi balenò un’idea tanto rischiosa quanto unica. Ma certo: il palazzo! Suo padre era partito, quindi pensò che lui potesse sostituirlo. Nel palazzo c’era poi una grande stanza in pietra, interrata, utile per impedire che le magie facessero danni. Era usata di solito come magazzino, ma ora era vuoto. Ora gli serviva solo una scusa per entrare senza destare sospetti. La trovò nella pergamena. O meglio, avrebbe usato la pergamena spiegando che il re gli aveva ordinato di entrare a palazzo per essere reperibile più facilmente. Nessuno avrebbe negato un ordine del re, quindi finì di mangiare, tornò in camera sua, prese tutto quello che poteva e si avviò verso il palazzo.
Quando guardò più attentamente la pergamena, vide che c’erano scritti dieci incantesimi e un avvertimento a eseguirli con cautela, uno alla volta, senza usare troppa energia. Il primo era “Xesbil ysewgut”. Non sapeva di che natura fosse l’incantesimo, quindi pose qualche botte vuota a fare da mirino. Treavis sapeva poco di Magia, ma sapeva che bisognava concentrarsi e pronunciare l’incantesimo. Doppio problema. La sua concentrazione, diceva sempre sua madre, era carente e sulla pergamena non c’era nessun indizio su come si dovesse pronunciare. Passò quindi tutto il primo giorno a trovare la giusta combinazione di suoni. Ogni tanto sentiva un lieve fremito della pietra, come se gli suggerisse come pronunciare l’incantesimo. Era ormai il tramonto, e Treavis stava risalendo le scale per tornare al piano terra del palazzo, quando, nonostante la serie infinita di fallimenti, decise di fare un’ultima prova. Cercò di non concentrarsi per non attivare l’incantesimo e pronunciò la frase. La runa sulla pietra brillò come un rubino. Treavis tornò soddisfatto a casa, cenò e se ne andò a letto. Durante la notte, si sforzò di ricordare tutti i trucchi che la madre gli aveva insegnato per migliorare la concentrazione. Quando gliene vennero in mente una decina, smise la ricerca e si distese nel letto.
Il pensiero gli vagò a Drake. Era di qualche anno più grande di lui. Con lui aveva accompagnato Matt nel bosco a cercare dove era scappata Alisya dopo una lite con la madre. Era lui che aveva lanciato Dusty contro Elle nel loro astuto piano per permettere a Treavis di parlare in privato con la figlia. Pensò anche al padre. “Forza bruta unita a intelligenza” questo era il motto della famiglia di fabbri, che incarnava perfettamente Jason. Era sempre stato equo e giusto con i figli. Aveva affidato a Drake la gestione del magazzino e a Treavis le spedizioni, insegnando ai figli saltuariamente l’arte della forgiatura. Una lacrima scese sul volto di Treavis, pensando a quanto erano lontani e in pericolo.
Il giorno seguente Treavis si svegliò illuminato dal sole. Scese le scale e, dopo una lauta colazione, si avviò verso il palazzo. Entrato nel palazzo, stava per scendere nel magazzino quando vide che, seduto al tavolo, c’era un messaggero. Non era come quello che aveva parlato a suo padre, né come quello che aveva visto morire sotto i suoi occhi. Era molto più giovane dei due ed era pieno di polvere. Accanto a lui c’era una borsa enorme. Si schiarì la voce, tenendo nascosta la sacca con la pietra, e si presentò: << Salve, io sono Treavis. Se cerca il capo del villaggio sappia che è partito per il confine Nord e per ora sono io a sostituirlo. >>. A quanto pare non era quello che voleva sentire. Il messaggero lo guardò come fosse un bambino, nonostante avesse sì e no quattro anni in più di lui, e gli disse, quasi ridendo: << E perché una cittadina come questa dovrebbe affidarsi a un bambino come te. >>
<< Perché sono suo figlio >>. A quella risposta il messo si mise a ridere.
<< Davvero? Sai come funziona se il capo del villaggio deve assentarsi? >> chiese, sempre ridendo << Il giorno della partenza del capo tutti i cittadini adulti esclusi i membri della famiglia del capo villaggio si riuniscono e scelgono un sostituto temporaneo. Quindi portami dal vero capo, marmocchio >>.
Treavis strinse i pugni. Stava per colpirlo, quando da dietro una voce femminile tuonò: << I cittadini hanno scelto, e la scelta è ricaduta su di me. O meglio, io e Treavis abbiamo il compito di guidare la città, perché io ho espressamente richiesto la sua presenza qui. Quindi porta rispetto o ti condannerò per oltraggio a un superiore. Ci siamo intesi? >> il messo abbassò lo sguardo, e dalle spalle di Treavis spuntò la figura di Elle. << Mi scuso per l’affronto. Il re mi manda dal confine con queste lettere per i cittadini >> e dicendo questo il messo appoggiò la sacca ed estrasse una dozzina di pergamene e le appoggiò sul tavolo. Mentre Elle si stava avvicinando al tavolo, il messo tirò fuori altre. Treavis si avvicinò anche lui al tavolo e afferrò una pergamena. Era per Thomas il cartografo. La mise da parte. Fece così per tutte le altre pergamene, impilandole per zona, come faceva Elle. Alla fine, il messo salutò con l’amaro in bocca e se ne andò. I due continuarono finché le pergamene non furono finite. Alla fine c’erano cinque piramidi di pergamene. Elle sbuffò e allungò una pergamena a Treavis. << Questa è da tuo padre >> disse.
<< Perché? Perché non mi avete detto che eri tu a comandare? >> chiese Treavis afferrando la pergamena
<< Dovevo inventarmi qualcosa per aiutarti. Noi cittadini non ci siamo mai riuniti perché c’è una clausola alla legge che ha accennato: se il capo elegge un suo vice, quest’ultimo deve sostituirlo senza la possibilità di scelta da parte del popolo. Tuo padre aveva scelto te e Drake già dalla sua elezione. Drake non c’è, quindi sta a te. Sappi che, però, non potresti ancora comandare. Il messo ti ha dato qualche anno in più, pur considerandoti troppo giovane. Ti servirà una copertura. >>
<< L’ho già. Se servisse, Elle, mi copriresti? >>
<< Certo. >> disse, poi, abbassando lo sguardo, chiese << Per quanto riguarda l’uomo dell’altro giorno, sai qualcosa? >>
<< In parte. Nella sacca non ho trovato molto di interessante, ma mi preoccupa perché lo abbiano ucciso >> Treavis rispose evitando di svelare il segreto. Solo Elle, Matt e la sua famiglia sapevano della sacca, ma nessuno lui escluso sapeva del contenuto. Elle prese delle sacche da uno scaffale e vi mise le pergamene divise in gruppi. Poi salutò Treavis e uscì a distribuire le missive ai destinatari.
Treavis tornò al suo impiego principale. Questa volta non parlò finché non fu certo di avere la massima concentrazione. Una volta raggiunto quest’obiettivo, pronunciò l’incantesimo, ma non accadde nulla. Dovette ricorrere a nove tentativi successivi usando i vari metodi a cui aveva pensato durante la notte, ma il risultato fu lo stesso: solo un lieve scintillio rosso della runa. Ormai stanco dei suoi tentativi a vuoto, Treavis decise di fare un’ultima prova per poi tornare a casa. Aveva lasciato questo tentativo per ultimo perché, a sua idea, era il più stupido, ma visti i fallimenti con metodi da lui reputati più efficaci, non si preoccupò dell’efficacia.
Schiarì la mente, e seguì alla lettera gli insegnamenti della madre. Provò a concentrarsi su un’unica cosa che non gli facesse provare sentimenti forti. Optò per la runa. La immaginò perfettamente. Quando fu certo che l’immagine della runa fosse la più nitida possibile provò a pronunciare l’incantesimo. Non successe niente per la decima volta. Ma invece di abbandonare provò ad attingere alla sua coscienza. Infatti sperava che, siccome gli apprendisti maghi studiavano per almeno cinque anni, il motivo fosse che per usare la magia bisognava anche imparare a usare una qualche specie di energia magica interiore. Provò a concentrarsi chiudendo gli occhi. Non pensò a qualcosa in particolare, non pensò assolutamente a niente. Nella sua testa c’era solo vuoto, con qualche ricordo che Treavis si sforzò di escludere. Ben presto era solo con se stesso. Sentì solo un debole flusso dentro di sé. Ce la aveva fatta. Aveva trovato l’energia. Provò a vedere se riusciva a controllarla. Notò con dispiacere che ciò non avveniva. Si accontentò lo stesso e si sforzò di capire come funzionasse. Pensò di averlo capito quando, essendosi distratto un attimo pensando alla runa, il flusso vibrò provocandogli un brivido lungo la schiena. Aprì gli occhi e fece un gran respiro. Fissò la runa e disse: << Xesbil ysewgut >>.
Una fiammata esplose sulla runa. Sembrava che Treavis avesse in mano un focolare. Treavis non rimase stupefatto, ma neanche il tempo di sorridere che crollò sul pavimento. La vista si annebbiò e Treavis cominciò a vedere doppio. Sentì la testa girare. Solo quella, il resto del corpo era inerte, insensibile. A Treavis si chiusero gli occhi e svenne.

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Capitolo 3
*** Anima di Fuoco ***


Anima di Fuoco
Treavis riaprì gli occhi. La luce era ancora sfuocata. Sentì il suo corpo riprendersi. Dopo un altro paio di minuti riuscì finalmente a rialzarsi. Sentì ancora la testa rimbombargli. Non sapeva per quanto tempo era rimasto svenuto a terra. Decise quindi di risalire. Treavis si affacciò alla finestra. Il sole stava tramontando, ma ciò non gli faceva capire se aveva passato un intero giorno svenuto o meno. Prese la sacca e ci mise dentro le sue cose, quindi uscì e tornò a casa. Per sua fortuna era rimasto svenuto solo un paio d’ore e sua madre lo invitò a sedersi. Mentre mangiavano, Treavis lesse la lettera di suo padre in cui era detto che erano arrivati sani e salvi all’accampamento principale, dove erano stati preparati a combattere in modo grossolano. Nella lettera era anche detto che, mentre suo padre era stato affidato alla riparazioni delle armi, Drake era perennemente in addestramento. Nella pergamena c’era anche un piccolo messaggio da parte di Drake riservato al fratello.
Dopo aver discusso un po’, Treavis aiutò la madre con le faccende di casa e andarono a letto. Treavis approfittò di quel momento per leggere la lettera di Drake. Come quella del padre, non diceva niente di speciale, se non che Drake aveva fatto domanda per entrare nei Guerrieri della Lama Bianca, uno speciale gruppo di soldati esperti. A Treavis quel nome balenò in testa. Lo aveva già sentito, ma non si ricordava dove. Forse Matt faceva parte di quel gruppo e ne aveva parlato una volta? Più ci pensava, meno gli importava trovare la risposta.
Quella notte fece un sogno diverso dagli altri, forse per colpa dei cambiamenti repentini della sua vita, forse semplicemente per il caso. Nel sogno, Treavis era come al solito sposato con Alisya, ma adesso il suo sogno era incentrato su un solo momento della sua vita. Lui e Alisya stavano camminando in un accampamento, entrambi armati. Ad un certo punto entravano in una tenda, in cui seduto ad un tavolo c’erano il re e Drake. Il fratello stava per parlare quando il sogno finì di colpo. Sulle prime non si preoccupò, gli succedeva spesso di interrompere un sogno in due e poi svegliarsi. Dopo un po’ si preoccupò, visto che nonostante si sforzasse, non riusciva a svegliarsi. Solo un panorama nero. Poi un bagliore. Intorno a sé vide solo fiamme. Nelle fiamme si stagliava un uomo, non lui, né qualcuno che potesse riconoscere, visto un cappuccio che portava in testa
<< Treavis, non cercare di svegliarti. Ora ascoltami attentamente >> la voce proveniva dall’uomo, ma rimbombava nella testa del giovane come in una caverna. << Domani dobbiamo incontrarci. È importante, molto più di quanto pensi. Ombre... Terrore... Paure... tenute nascoste per secoli... si sono risvegliate... Ora ne sono certo. Ma non è questo il punto. Incontriamoci domani alla porta. Non dire a nessuno dove vai, neanche a tua madre. Dille che vai al palazzo, come al solito. >> la voce che stava parlando a Treavis era forte, profonda. Nella testa di Treavis si accavallarono le ipotesi più plausibili e meno mistiche su come un essere umano fosse capace di entrare nei sogni della gente. L’unica cosa che riteneva plausibile era che tutto ciò non fosse reale. << Ah, un’ultima cosa: tutto questo è reale. Quindi trovati domani il più
Treavis si svegliò lanciandosi a sedere sul letto. Il cuore gli batteva forte nel petto. In tempi normali si sarebbe dato dello scemo credulone, ma adesso l’idea che qualcuno avesse comunicato con lui tramite i sogni gli pareva plausibile. Guardò fuori dalla finestra. Non era neanche mezzanotte. Di dormire, con il rischio di altri inquietanti incontri, non aveva voglia, così decise di passare almeno qualche ora ad osservare attentamente gli incantesimi. In tutti era presente una parola: “Ysewgut”. Treavis intuì si trattasse di “Fuoco” o roba simile. Dopo qualche minuto, però, anche gli incantesimi non lo interessarono più. Decise quindi di tirar fuori dal comodino un rompicapo. Almeno quello lo avrebbe tenuto sveglio.
Il rompicapo era fatto di vari cerchi di metallo incastrati gli uni negli altri. Gli era stato fatto da suo padre quando era nato. Ne aveva uno anche suo fratello, ricevuto nello stesso momento di Treavis. Era da quando aveva cinque anni che provava a risolvere l’enigma, ma per quanto provasse ritornava sempre al punto di partenza. Tentava di risolvere il rompicapo da un bel po’ di tempo quando le palpebre si fecero pesanti. Senza che se ne accorgesse si era ormai addormentato.
La notte passò in un lampo e per sua fortuna nessun altro tentò di comunicare con lui. Si svegliò all’alba. Stette nel letto a pensare se andare o meno. La minaccia era chiara: chiunque fosse stato sapeva cosa stava accadendo, sapeva che il re aveva bisogno di lui. Un pensiero gli passò la testa. E se fosse l’assassino del messo? La paura lo assalì. Scese le scale. Sua madre non era ancora sveglia, quindi prese un foglio e una penna e scrisse alla madre di essere partito al mattino presto per il palazzo. Invece prese da un’anfora li vicino una spada e si diresse verso la porta principale. Attraverso la via principale, attento a non farsi vedere da nessuno. Quando arrivò davanti alla bottega di Thomas, un pensiero gli attraversò la testa: come avrebbe fatto con le sentinelle? Erano quattro e facevano turni da due ore a coppia. Sapeva per certo che l’alba era l’inizio di uno dei turni, quindi non poteva attendere che questo turno finisse. Doveva eludere la sorveglianza, ma non aveva la più pallida idea di come fare. Poteva lanciare un cavallo al galoppo, il sistema era collaudato, ma probabilmente avrebbe distratto per un po’ solo una guardia. L’unica era provare a scavalcare il muro, ma Treavis non era atletico.
Si avvicinò alla porta e, quando una guardia lo vide, lo invitò a uscire, dicendo: << Sei stato autorizzato ad uscire senza motivazione >>
<< Da chi? >> chiese il giovane, ma tutte e due le guardie strinsero le spalle. Si avviò allontanandosi nella prateria. Non c’era nessuno, quindi pensò che il suo interlocutore non fosse arrivato. Poi vide in lontananza un uomo con il cappuccio girato di spalle a cento metri da lui, che si nascondeva nella penombra mattutina. Treavis afferrò l’impugnatura della spada e puntò l’arma sull’ignoto. Si avvicinò lentamente e silenziosamente. Era ad un passo dall’individuo. Tirò indietro la lama e girò lentamente il busto. Non sapeva se tutto ciò era un pericolo, quindi decise di avvicinare la punta della lama alla testa incappucciata.
La lama era solo a metà della distanza quando la figura si girò di scatto e con una spada deviò il fendente. Treavis non fece in tempo a riportare la spada davanti a sé che l’acciaio freddo premeva sul suo collo. << Prima regola: non provare mai a colpire un esperto combattente di spalle >> disse l’uomo e allontanò la spada. Treavis si sentì rincuorato di aver riconosciuto la voce. << Noi due dobbiamo parlare. Alisya non aveva detto che il mio futuro suocero sa entrare nei miei sogni, Matt. E non solo di questo... >> disse il giovane. Matt si tolse il cappuccio e sorrise al ragazzo, poi rispose: << Effettivamente dobbiamo parlare, ma avrò risposte a quasi tutte le tue domande che penso tu voglia pormi, e spero che tu ne abbia di soddisfacenti a tua volta. Ma, mi dispiace averti svegliato presto, quindi se non ti dispiace dirigiamoci verso la taverna a parlare >>.
La taverna era nella strada opposta alla principale. Si chiamava “Il pentolone dei desideri”: nome pittoresco ma per niente realistico. All’interno erano presenti un bancone e un paio di tavoli con sedie attorno. Le finestre erano leggermente sporche e davano un’atmosfera lugubre. La porta cigolava ogni volta che veniva mossa, e cigolò anche quella volta. Matt e Treavis si sedettero ad un tavolo. L’uomo si schiarì la voce e disse: << So che hai molte domande, ma se non ti dispiace inizio io. Prima domanda: cosa hai trovato veramente nella sacca? >>
<< Niente, solo una lettera bruciacchiata e illeggibile >> rispose Treavis
<< Non mentirmi, Treavis. Quel messo lo conoscevo dai tempi dell’esercito, e se qualcuno gli rubava qualcosa faceva di tutto per riportarla. Non credo che ti abbia dato una sacca vuota senza dirti chi lo aveva rapinato. Quindi? >>
<< Va bene >> disse Treavis, mordendosi il labbro << C’era una pietra, qualcosa di magico. Sembra una normalissima pietra se la appoggiò, ma quando la tocco diventa luminosa e appare sopra una runa >>
<< Tutto qui? >>
<< Per la verità c’era anche una pergamena con su scritti degli incantesimi e una lettera del re che mi chiedeva di allenarmi a usarli. Le giornate al palazzo sono una copertura dei miei allenamenti. >>
<< Lo immaginavo... Ora è il tuo turno. >>
<< Sei una Lama Bianca? >>
<< Ti appaio in sogno, ti dico che so cosa sta succedendo, e l’unica cosa che sai chiedermi è se sono una Lama Bianca? >>
<< Si, e se non ti dispiace vorrei una risposta. >>
<< No, non sono una Lama Bianca. Posso chiederti il perché di questa domanda? >>
<< Drake si sta addestrando per diventarlo e io ne avevo già sentito parlare. Pensavo di averlo sentito da te. >> Treavis abbassò lo sguardo e Matt se ne accorse. Gli appoggiò una mano sulla spalla e gli disse: << Le Lame Bianche passano più tempo ad allenarsi o a pensare a tattiche vincenti che a combattere. E poi il loro addestramento è studiato al dettaglio. Tra noi soldati era diffuso un detto: un Orco può uccidere dieci soldati, ma dieci Orchi non possono uccidere una Lama Bianca >>
Treavis sorrise, poi disse: << Per fortuna queste scorribande sono facili da debellare. >>
<< Qui inizia ciò che volevo dirti: Treavis, gli Orchi si stanno preparando per una guerra. Sappi che noi soldati professionisti avevamo paura per ogni scorribanda. Ci avevano addestrato per la guerra perché il re temeva sempre che lui tornasse. >>
<< Lui chi? >> chiese Treavis. Matt si alzò, si avvicinò al bancone e chiese un libro. Il barista lo guardò e prese da sotto il bancone un involucro di pelle chiuso con della ceralacca rossa. Ruppe il sigillo e aprì l’involucro. All’interno c’era un libro con la copertina verde. Matt lo prese e lo sfogliò tornando al tavolo. << Sai, quando sono arrivato qui e ho conosciuto Elle, ho dovuto nascondere questo libro. Dubito che se lo leggesse sarebbe felice. Questo >> disse << è il mio diario di guerra. Qui è segnato tutto quello che è successo quando combattevo per Re Koran. Aspetta che trovo la pagina giusta... ah, ecco: “Qui sono tutti tesi. Prima non sapevo perché, ora sì. Qui parlano tutti di una leggenda. Dicono che un uomo, un potente mago malvagio avesse una volta guidato gli Orchi contro il regno di Roburia. Nessuno sa esattamente la storia, ma tutti sanno che il re di Roburia si alleò con gli altri Re, i Draghi, i Rapaz e i Nani per sconfiggerlo. Anche il mago aveva un gruppo di alleati. Ci fu un epico combattimento. Alla fine erano rimasti il mago e un umano potentissimo, con un spada incantata. La leggenda vuole che si sia sacrificato per sconfiggere il malvagio, ma che questi sia sopravvissuto e appena sarà pronto tornerà a combattere. Per questo tutti hanno paura degli attacchi degli Orchi.” >> Matt fece un respiro, poi continuò << Più di così non sapevo allora e non so adesso. Ma se c’è una cosa che so, è che questo mago è tornato alla guida dell’esercito e vuole riconquistare Roburia. Re Koran non è un pazzo. Se ti ha affidato quella runa e quel compito doveva esserne sicuro al cento per cento. Ti addestrerai, ma non solo con la runa, anche con la spada. Può tornarti utile. Sarò il tuo maestro personale. Ora vai a casa. Ci vedremo nel pomeriggio al palazzo per l’inizio dell’addestramento. >>
Treavis ubbidì. Dopo aver pranzato, si diresse verso il palazzo. Ad aspettarlo sulla soglia c’era Matt. Aveva in mano due bastoni molto robusti, lunghi poco più di una spada normale. << Finalmente sei arrivato. Comunque vieni, scendiamo nel magazzino, avremo più spazio. >> disse l’uomo. Una volta all’interno, scesero nel magazzino.
Matt aveva già predisposto la sala. Le botti erano state spostate ai lati, e uno stano spaventapasseri era stato messo al cento della sala circolare. Matt estrasse la sua spada e la puntò sul manichino. << Prima di colpire devi capire cosa devi colpire. Ti spiego brevemente i punti vitali: come ho già visto sai che la testa è un punto vitale. Ma non avresti dovuto mirare lì. Ero più alto di te, e mirando alla testa ti sei sbilanciato. Avresti fatto meglio a mirare qui >> disse indicando con la lama il fianco << se volevi colpirmi e poi finirmi. Se invece volevi tenermi in pugno, probabilmente saresti morto. Io sono qui per insegnarti come non morire in queste situazioni, per poi insegnarti a combattere in battaglia. Però prima torniamo ai punti vitali. >>
Discusse per un’ora buona sui punti da colpire per uccidere, paralizzare, rallentare o semplicemente ferire un uomo, sia se scoperto o dotato di pesante armatura. Passò poi a illustrare i vari colpi: fendenti, montanti, affondi e colpi vari. Passò poi a spiegare i vari tipi di difesa. Erano passate ormai ore quando Matt iniziò a parlare        di come si usa una spada. Treavis iniziò ad essere un po’ annoiato dai continui discorsi di Matt, ma non lo diede a vedere. La lezione teorica continuò parlando di lame, di scudi, di asce, di martelli, di lance, ma anche di assalti, di colpi in duello e colpi in mischia. Parlò anche delle varie posizioni da assumere per parare al meglio vari attacchi. Alla fine, dopo un lungo discorso su come schivare i colpi o come deviare un dardo, diede uno dei due rami a Treavis e gli chiese di ripetere quello che faceva. I movimenti erano semplici, quasi meccanici. Matt gli insegnò anche come eseguire finte o roteare una lama senza ferirsi. Al tramonto, Treavis aveva una buona infarinatura, seppur veloce, sull’arte del combattimento con la spada.
Il giorno dopo Treavis aveva preso un foglio e una penna. Era uno dei pochi in casa a saper leggere e scrivere. Era pronto a scrivere tutto ciò che doveva ricordarsi. Sceso vide Matt, armato del suo bastone e davanti a lui l’altro. << Iniziamo subito con delle posizioni, poi continuiamo con la lezione? >> chiese sorridendo Treavis. Matt scoppiò a ridere, poi disse: << Cosa devo raccontarti oggi, come combattere con una gamba alzata e gli occhi bendati? No, oggi combattiamo. >>
Treavis afferrò titubante il bastone e assunse una posizione che gli aveva insegnato Matt. Quest’ultimo fu il primo a colpire con un colpo su fianco sinistro. Treavis tentò di schivarlo saltando all’indietro e tentò un affondo al torace con un altro balzo in avanti. Matt deviò il colpo, facendo cadere il giovane a lato, e cercò un fendente diretto alla testa. Il giovane però riuscì a mettere la sua spada a difesa della propria testa. << Sei molto agile, vedo. >> disse Matt roteando la spada e indietreggiando, permettendo così a Treavis di rialzarsi. Una volta in piedi, Treavis tentò a sua volta l’attacco. Mirò alla gamba destra, ma il colpo fu parato. Velocemente si girò mirando all’altra gamba. Questa volta il colpo, forse per la velocità con cui Treavis si era mosso, andò a segno. Matt indietreggiò. << Complimenti, mi hai colpito. >> disse l’uomo, e Treavis rispose: << Anche tu non combatti male per essere un ferito di guerra. >>
<< Non ho le energie per combattere bene per l’intera durata di una battaglia, e poi non sto duellando affatto bene. >> ribatté subito Matt. Treavis cominciò a preoccuparsi, visto che le sue energie erano già scarse e aveva colpito Matt solo una volta. Distolse subito l’attenzione da questi problemi e si concentrò a colpire di nuovo.
Questa volta Matt adottò una tattica molto diversa da tutte le sue aspettative. Cominciò a deviare i colpi e a sfiorare Treavis con colpi forti. Treavis cominciò ad avere timore dell’avversario, e cominciò a stare sulla difensiva. Matt ne approfittò per incrementare il numero dei colpi al corpo. Treavis indietreggiò fino al muro. Senza più possibilità di vittoria, Treavis si arrese e lasciò l’arma. Matt sembrò amareggiato dal gesto e tornò lentamente al centro della sala.
Al terzo duello Matt mise le mani ai fianchi, infilando il bastone nella cintura, e cominciò a fissare Treavis con sguardo di sfida. Poi cominciò a ridere di lui. << In tutti i miei anni da combattente, non ho mai visto un allievo arrendersi durante gli allenamenti. Sei proprio un perdente. >> Treavis digerì la strana affermazione di Matt, e decise di avvicinarsi lentamente a spada alzata.
<< Sai, quando sono venuto qui, ci ho messo un po’ a conquistare Elle. Se non ce l’avessi fatta, sapevo già su chi ripiegare >> Matt guardò beffardo il giovane che si avvicinò titubante all’avversario << Lora. Non certo bella come Elle, ma pur sempre accettabile. Certo c’era tuo padre, ma se combatte come te non sarebbe stato difficile ucciderlo. >> Treavis iniziò a sentirsi offeso e provò a colpire al fianco l’uomo, ma Matt schivò il colpo. << Certo, non dubito che tua madre potesse volermi. Vorrebbe avere tutti gli uomini della terra, se potesse. Peccato abbia sposato tuo padre... >> Treavis strinse i denti e affondò un colpo al busto, schivato anche quello. << Famiglia di perdenti. Solo Drake potrebbe salvarsi, se riesce a diventare una Lama Bianca. Purtroppo però penso che tuo padre lo abbia già reso una femminuccia. Lo ha già fatto con te, figuriamoci con lui >> Treavis sentì l’ira che scorreva nel suo corpo. Afferrò il bastone con tale forza che decine di schegge si conficcarono nel suo palmo. Matt parve soddisfatto << Non capisco come faccia mia figlia ad essersi innamorata di uno come te. Sai, all’inizio non ero felice della sua partenza, ma poi mi sono ricordato che all’Accademia ci sono molti ragazzi perfetti per lei. È una ragazza sveglia, saprà cogliere l’attimo. Non sarebbe un errore... >> Treavis perse il controllo del suo corpo. L’unica cosa che voleva era colpire Matt. Non per batterlo, solo per il dolore provocato. Incominciò a usare il bastone passandolo velocemente da destra a sinistra. I primi colpi furono schivati, poi Matt dovette sfilare il bastone e parare un colpo al giovane. La sua espressione era cambiata: era passato dalla faccia sfrontata che aveva adottato per provocare Treavis ad una concentrata, quasi preoccupata, mentre parava i potenti colpi. Dopo un po’ Matt inciampò in una crepa del terreno e si ritrovò inginocchiato sotto la furia dei colpi di Treavis. Il giovane menò un fendente dritto alla testa. Matt parò, ma i colpi continuarono a raffica e sempre nello stesso modo. Dopo un po’ Matt fu costretto a impugnare il bastone con entrambe le mani alle due estremità. Il primo colpo era leggero, il secondo forte, mentre il terzo era talmente forte che ruppe il bastone di Matt in due parti. Nonostante ciò Treavis caricò un altro colpo. Matt riuscì a rotolare, ma il colpo andò a segno, seppur di striscio. Treavis andò di nuovo a segno poco dopo, questa volta colpendo in pieno il piede dell’uomo.
Matt riuscì a rialzarsi e zoppicando si allontanò da Treavis, il quale però aveva già finito la sua furia e ora stava ansimando, con gli occhi assassini e fissi su Matt. Impugnava il bastone solo con la mano destra, mentre con la sinistra aveva inconsciamente preso la Runa. Dopo una decina di minuti il suo respiro rallentò e Treavis si calmò. Vide la Runa che inspiegabilmente luccicava di rosso, molto più forte di qualsiasi altra volta. Galvanizzato dalla vista, provò a recitare l’incantesimo, gestendo la potenza dell’incantesimo, notò che riusciva a creare un globo di fuoco potente più di quello precedente senza sentirsi affaticato.
Matt si avvicinò cautamente al globo. Lo guardò come un bambino davanti ad un trucco di magia, rimanendo a bocca aperta. Anche Treavis era stupito, ma ultimamente era sempre stupito, in bene e in male. Dopo qualche minuto Treavis iniziò a stancarsi, quindi staccò il collegamento con l’energia. Matt era ancora stupito, con il naso sanguinante, ma riuscì a dire: << Figliuolo, sei un Anima di Fuoco >>.

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Capitolo 4
*** La Festa di Mezzautunno ***


La Festa di Mezzautunno
Treavis e Matt si avvicinarono alla farmacia. Matt zoppicava e perdeva sangue da una ferita al naso. Si fermarono a qualche metro a ripassare il piano. << Ti ricordi quello che devi dire? >> chiese Matt. Treavis annuì. Entrarono nella farmacia e esposero a Elle quello che era successo, ad iniziare dal giovane: << Stavano portando al piano terra i forzieri che qualche genio aveva messo in cima al palazzo per iniziare il rinnovamento del magazzino, e Matt mi stava dando una mano. Stavo facendo l’inventario quando ho sentito un urlo da sopra. >> Matt gli fece eco: << Stavo scendendo le scale quando un forziere mi è scivolato e sono inciampato, finendo su un gradino con il naso e slogandomi la caviglia. >> Per fortuna Elle credé alla loro storia e curò Matt senza troppe domande. Treavis si dileguò e si avviò verso casa sua.
I giorni passarono, gli allenamenti continuavano incessantemente anche senza l’aiuto di Matt, ancora in convalescenza, e i progressi di Treavis erano palpabili. Ora riusciva anche senza l’aiuto dell’Anima di Fuoco a controllare lo Xesbil ysewgut, e stava iniziando a imparare il secondo incantesimo. Dopo qualche settimana Matt tornò ad osservarlo allenarsi, così il ragazzo ne approfittò per chiarirsi un dubbio che dal giorno dell’incidente lo assillava. << Matt >> cominciò << Cosa è un’Anima di Fuoco? >>
<< Non gasarti troppo, figliolo. >> rispose  << Ogni anno nascono su per giù venti Anime di Fuoco, che sono più propensi a diventare Gran Maestri di Magia, Lame Bianche o Alti Ufficiali. Tu possiedi una grande forza interiore, ma è anche una forza difficile da controllare. Ti servirà tanto allenamento aggiuntivo. >> Treavis lo guardò male, poi riprese a malincuore l’addestramento. Continuò ad addestrarsi ogni giorno fra magia, scherma e tutto ciò che gli poteva servire fino al giorno della Festa di Mezzautunno.
La Festa di Mezzautunno era una festa, molto famosa a Dorf e nella zona della pianura di Olm, che si svolgeva verso la prima settimana di Novembre, in concomitanza con l’arrivo dei Primi Nordici, i venti che segnavano l’inizio dell’inverno. Ogni anno, tutti gli abitanti di Dorf e delle fattorie vicine si riunivano e organizzavano balli, giochi, sfide e gare per decidere quale gruppo fosse il più forte. Treavis, assieme alla sua famiglia e a quella di Alisya, era del gruppo più vicino al palazzo, detto i Paladini; gli altri tre gruppi erano i Cavalieri, centrati sulla scuderia di Fred; i Chierici, capitanati da Padre Antonius, il frate bonaccione del piccolo convento di Dorf; e infine i Cortigiani, formati dalla parte di popolazione vicina alla cartografia di Thomas. Treavis adorava questa festa, soprattutto i giochi in coppia. Con lui, suo fratello Drake e Alisya la squadra dei Paladini era quasi perfetta in quella categoria, ma anche suo padre e Matt non scherzavano nella sfida delle armi. Quell’anno la festa si sarebbe tenuta come ogni anno, ma c’era veramente poco da festeggiare. Treavis avrebbe volentieri fatto a meno di organizzarla, ma Elle, sua “Consigliera Cittadina”, titolo inventato da lui per scherzo, lo spronò a farlo per sviare i pensieri della gente dalla guerra. Treavis fu d’accordo, ma appena rilesse il regolamento impallidì e provò a mandare tutto a monte per puro orgoglio personale: secondo regolamento lui non poteva partecipare in quanto capo villaggio. Senza lui, Drake, Alisya e suo padre, i Paladini erano notevolmente indeboliti. Va bene la guerra, ma il suo orgoglio personale era troppo grande per rischiare di perdere. Doveva trovare un modo, anche perché le altre squadre avevano ancora i loro punti cardini: Antonius, Thomas e Fred erano ancora a capo dei loro gruppi per vari motivi, mentre loro avevano perso capitano, vicecapitano, stratega e esperta di tattica. Fu però sua madre Lora a fermarlo e a rassicurarlo sulla formazione della squadra, prendendo per la prima volta parte al gioco, definito da lei stessa stupido.
Il giorno della gara era giunto. Treavis vestì gli sfarzosi vestiti del capitano della gara, detto Re dei Giochi di Mezzautunno, e salì sul palco improvvisato ai piedi del palazzo. << Benvenuti >> disse alla folla in deliro << alla settantesima edizione dei Giochi di Mezzautunno! >> un urlò si alzò dalla folla. << Quest’anno abbiamo dei grandi ospiti nella giuria! >> proseguì Treavis, per poi illustrare gli ospiti annuali della festa, tutti o troppo vecchi o incapaci di andare in guerra. Poi Treavis passò a elencare le squadre, partendo dai Chierici fino ai Cavalieri passando per i Cortigiani. Arrivò infine a presentare la sua squadra: << E veniamo ora ai campioni in carica: i Paladini. La squadra di quest’anno è così disposta: Capitano Lora Annedaughter, Vicecapitano Matt Davidson, Stratega e Esperta Tattica Elle Valentinedaughter, gli altri componenti sono >> e cominciò a elencare nomi di donne, bambini e anziani che facevano parte della sua squadra.
Le gare dei Giochi di Mezzautunno erano divisi in tutto in undici prove, e chi ne vinceva di più era campione. In caso di pareggio si contava chi era arrivato più volte secondo e così via. Le prove svariavano dal canto al combattimento ed erano divise in tre categorie da quattro prove fuorché una da tre: prove fisiche, prove di talento e prove di coppia, la categoria da tre. Il compito della giuria era valutare i talenti, far rispettare le regole e premiare il vincitore, mentre Treavis doveva solamente presentare le prove.
La prima prova era il sollevamento tronchi, dove un uomo per squadra doveva sollevare il tronco di un abete largo un braccio e alto cinque. Chi riusciva a trasportarlo fino alla fine del percorso prima degli altri era il vincitore. Per la squadra dei Paladini si presentò Gregor lo storpio, soprannome dovuto ad una cicatrice sull’occhio destro,  ma conosciuto da tutti come Sgnurt, il verso che faceva a chi gli chiedeva una zuppa, con ancora il grembiule che usava come cuoco al pentolone dei desideri. Gli atleti si disposero sulla linea di partenza con il loro tronco fra le mani, appoggiato sui piedi. Treavis si accorse che per i Chierici partecipava frate Antonius, robusto ma tutt’altro che forte, mentre per i Cortigiani c’era Glorie, la donna più forte del villaggio. Treavis in cuor suo temeva per lei, l’unica che poteva tenere testa a Sgnurt. Treavis aveva il compito di far cadere la corda che teneva i concorrenti fermi sulla linea. << Pronti... ai posti... via! >> gridò il giovane, lasciando la corda. Dopo due secondi i quattro partecipanti stavano iniziando la loro lenta corsa sul percorso. Subito si staccò da tutti gli altri Antonuis, ma per esperienza si sapeva che raramente chi partiva bene all’inizio riusciva ad arrivare sino alla fine. Avevano percorso sì e no qualche passo quando il partecipante dei Cavalieri inciampò e finì faccia a terra, sfiorando di poco Sgnurt. La folla espresse la sua preoccupazione, poi dalla zona dei Cavalieri si alzò una marea di “No!” e “Buuuu!” verso gli altri giocatori e la sfortuna del loro giocatore. C’era chi, in preda al panico, faceva i calcoli di quante possibilità avevano di vincere; c’era chi insultava l’amico di gruppo diverso per avergli portato sfortuna; c’era chi si lamentava che il tronco era troppo grosso, che il terreno era troppo scosceso, che la corda era stata abbassata sul piede del loro giocatore; c’era perfino chi affermava di aver visto nettamente uno sgambetto di Sgnurt. Treavis non si preoccupava, succedeva ogni anno, anche più volte, e spesso anche lui si era ritrovato ad accusare qualcuno di qualcosa che non aveva fatto, ma d’altronde era così che funzionava da settant’anni.
Ormai i partecipanti erano a metà strada. Antonius aveva rallentato e ormai sia Glorie che Sgnurt lo avevano raggiunto e superato. Erano ora arrivati alla collinetta maledetta, pezzo del percorso chiamato così perché era la parte con il maggior numero di cadute sia in salita che in discesa. Lentamente i tre al comando salirono la collinetta, alta circa due braccia, e giunsero alla cima. Durante la fase di discesa Sgnurt rischiò di cadere, ma riuscì a tenere l’equilibrio. Ormai era gara a due, con Antonius che procedeva affannosamente, mentre Sgnurt e Glorie continuavano ad avanzare incessantemente.
Erano testa a testa mentre mancava poco meno di una decina di loro passi per arrivare al traguardo. Glorie stava leggermente davanti, incitata dalle grida dei Cortigiani, che già assaporavano la vittoria. I Paladini erano invece nel più muto silenzio. Poi accadde l’improbabile. Glorie si sbilanciò, rimase in piedi ma fu raggiunta da Sgnurt. Ora nessuno sapeva distinguere chi fosse davanti. Sgnurt usò tutte le sue forze per superare definitivamente la donna. Il silenzio riempì la piazza. Tagliarono il traguardo quasi insieme. I giudici si riunirono, assieme a Lora e a Thomas, per discutere su chi avesse vinto. Il vecchio provò a far valere le sue ragioni, ma alla fine dovette arrendersi. Nel terreno c’erano due impronte. Quella di Sgnurt era esattamente due pollici e mezzo oltre la linea, mentre quella di Glorie era un quarto di pollice oltre il traguardo. Treavis cercò di trattenere un grido di esultanza, quindi si diresse al centro del palco per esprimere il verdetto dei giudici.
<< Abbiamo i risultati. Dopo attente valutazione, i giudici e i due capitani coinvolti hanno rivenuto che il vincitore è stato... >> tutti, dai Cortigiani ai Paladini, erano col fiato sospeso. Vincere la prima gara non era importante, ma l’orgoglio personale era troppo. << Il vincitore è... Sgnu... eh, volevo dire, Gregor lo Storpio. >>
Grida di esultanza si alzarono dai compagni di squadra, mentre Sgnurt urlò al cielo con tutto il fiato che gli era rimasto in gola, con la faccia talmente tirata che la cicatrice sull’occhio sembrava aprirsi. I Cortigiani invece salirono sul palco visibilmente irritati accusando di corruzione la giuria e lanciando pomodori all’indirizzo del palco. Solo Thomas provava a far capire ai suoi che era giusta la scelta, ma nessuno voleva ascoltarlo. Per poco non si sfiorò la rissa, ma alla fine i Cortigiani si calmarono, tenendo comunque un’aria bellicosa verso la gara.
La gara continuò, i Cortigiani erano notevolmente in vantaggio, ma seguiti a ruota da Paladini e Chierici. Ormai tutti consideravano impossibile superarli, quindi si puntava al secondo posto. Purtroppo, e Treavis lo sapeva, mancavano solo le prove in coppia, la parte più indebolita di quell’anno. Inaspettatamente, anche i Cortigiani persero tanti punti, e si ritrovarono con il fiato sul collo. Secondo i calcoli dei tifosi, ai Paladini bastava vincere l’ultima gara e sarebbero stati i campioni. Fino a qui tutto facile, sennonché in tutte e settanta le edizioni dei Giochi non avevano mai vinto quella prova.
La prova della torre era una prova impossibile per chiunque. La torre era in realtà un tronco addobbato con varie piattaforme, scale, corde e trappole, soprattutto trappole. La coppia della squadra doveva decidere chi far salire e chi far stare in basso. Chi saliva doveva raggiungere per primo la cima dell’albero e prendere il forziere, quindi riportarlo giù e aprirlo. Chi era in basso doveva, tramite funi, attivare le trappole per ostacolare gli avversari o le scale per avvantaggiare il compagno. Vinceva chi per primo portava al giudice il contenuto dello scrigno.
Treavis annunciò le varie coppie. Per i Paladini partecipavano Matt e Elle. Si divisero: l’uomo si preparò a salire, mentre la donna si avviò verso la tavola delle funi da cui poteva attivare le varie trappole. Treavis diede nuovamente il via alla gara. Matt spiccò subito un balzo felino verso un ramo sporgente dell’albero, vi si issò senza difficoltà e si avvicinò correndo alla piattaforma. Da sotto Elle tirava apparentemente a caso le funi, ma in realtà stava facendo scattare le trappole giuste al momento giusto. Nel giro di pochi minuti, sia Matt sia Fred, che partecipava per i Cavalieri, erano alla terza piattaforma. Elle tirava ora freneticamente le funi, mentre trappole e scale si azionavano da tutte le parti e la folla era in visibilio. Poi Fred, poco sotto a Matt, perse l’equilibrio e scivolò, rischiando di cadere dall’albero. Matt era ad un passo dal forziere, ma vide quello che stava accadendo e andò ad aiutare Fred. Riuscì a rialzarlo, ma adesso il forziere era praticamente nelle mani dei Cortigiani. Provò, nonostante tutto, a risalire e si ritrovò faccia a faccia con il suo avversario. Il forziere era esattamente in mezzo a loro. Il vento si quietò. Entrambi sapevano che, con tutte le probabilità, sarebbero venuti alle mani per avere il forziere. Poi accadde l’impensabile: dal basso fecero scattare una trappola all’indirizzo di entrambi. Matt riuscì a schivarla, ma così facendo perse di vista il forziere. Il suo avversario lo prese, lo tenne stretto con una mano e scese le scale da cui era salito. Matt non aveva il forziere, tutti i Paladini erano tristi, mentre i Cortigiani già esultavano. Matt guardò Elle e annuì leggermente. Lei tirò un paio di funi e ricambiò il segnale. Avevano un piano. Nell’esatto momento in cui il cortigiano passò nella piattaforma sottostante, Matt fece un bel respiro e si gettò giù dall’albero. Nella caduta, afferrò il forziere. Stava per schiantarsi al suolo da venti piedi di altezza quando iniziò ad afferrare le funi abilmente tirate da Elle. Arrivato quasi ai piedi dell’albero passando di fune in fune afferrò un ramo. Grazie a quello scese e tornò con i piedi per terra.
<< Dove credi di andare! >> urlò dalla cima la vittima del furto.
<< A vincere, se non le dispiace. >> rispose Matt beffardo
<< E come farai senza queste? >> Matt impallidì. In mano, il suo nemico aveva le chiavi per aprire il foriere. Matt diede il forziere a Elle e si accinse a risalire sull’albero, ma venne fermato dalla moglie. << Cosa stai facendo? >> gli chiese.
<< Non era ovvio? Torno su e riprendo le chiavi! >> rispose lui, afferrando per la terza volta il ramo.
<< Uomini... vogliono sempre complicare le cose >> disse sbuffando Elle, quindi prese la cassa con entrambe le mani e la gettò a terra con tutta la forza che aveva nel corpo. Il fragile legno si disintegrò e rimase intatto solo il contenuto, un piccolo uovo d’oro che rappresentava la vittoria. Tutto il pubblico, compreso Matt ancora appeso al ramo, la guardarono sbalorditi. << Che c’è? >> chiese stranita << Non c’è scritto da nessuna parte che devi usare la chiave! >> e detto ciò lanciò l’uovo in direzione dei giudici. Nello stesso istante, Matt si staccò dall’albero e si lanciò alla massima velocità verso il palco. Si abbassò quando l’uovo fu poco sopra la sua testa e lo afferrò appena cadette. Senza neanche alzare la testa si tuffò rotolando sul palco. << E il vincitore, con ben cinque gare vinte, è... la squadra dei Paladini >> urlò Treavis, ma nessuno lo sentì. Erano troppo impegnati ad esultare. I Paladini salirono sul palco, gridando e urlando, poi presero Lora e la alzarono sopra tutti gli altri. Furono premiati e andarono tutti a festeggiare al pentolone dei desideri. Alla fine dei Giochi tutti, vincitori e vinti, si riunivano sempre a festeggiare nella locanda.
Treavis era al bancone con sua madre e Matt e stavano ridendo delle avventure capitate durante la giornata. Tutti attorno stavano ridendo, e molti di loro bevevano abbondantemente. Elle era l’unica che non parlava, come se avesse un grosso peso sullo stomaco. Si avvicinò lentamente a Treavis e a Lora. Li invitò da parte per parlare. << Sentite, io... devo parlarvi. Mi è arrivata ieri questa >> fece lei, e stava per sfilare un lettera dalla tasca, quando una sentinella spalancò la porta.
<< Orchi. Orchi all'orizzonte >> gridò preoccupato l’uomo.
<< Orchi... in tenuta da guerra >>

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Capitolo 5
*** Sotto assedio ***


Sotto assedio
Caos. Fu quella la prima parola che il cervello di Treavis associò a quello che stava succedendo. Gente che correva da tutte le parti, portando al sicuro quanto più possibile. Bambini che piangevano spintonati dalla folla. Cavalli che scappavano dalla scuderia di Fred, impennando a intervalli irregolari. L’aria di festa era finita. Treavis era fermo immobile. Poi, come ridestandosi da un sogno, scosse la testa e pensò. Alla fine, lui era il capo villaggio, doveva organizzare la fuga o preparare i nascondigli. Poi gli venne un’illuminazione. Cercò a tastoni la sacca sul fianco destro, la trovò ed estrasse la runa. Ripensò a quello che gli aveva detto Matt. Lui era stato scelto dal re Koran, lui non doveva fuggire. Alzò la testa e cercò fra la folla quelle poche persone che gli servivano. Le trovò lì che, bene o male, erano nella sua stessa condizione. Li chiamò a sé. << Dobbiamo organizzare un piano per difendere la città. Padre Antonius, >> disse il ragazzo dopo aver riunito cinque uomini in cerchio e dopo avergli spiegato che non potevano arrendersi << Lei vada nel convento e chiami a raccolta gli abitanti. Matt e Fred, voi due venite con me al palazzo. Elle, tu torna in farmacia e raccogli più medicinali che puoi, poi fatti trovare al magazzino. E tu, mamma, vai alla fucina e prendi più armi che puoi, scudi, lance, spade, asce, non importa quali, l’importante è che siano tante. Ci ritroviamo tutti al magazzino, dove organizzarci. I bambini e gli anziani saranno protetti, mentre tutte le donne e gli uomini che possono tenere in mano un’arma, difenderanno il villaggio con tutte le loro forze. Ci sono domande? >>
<< Le donne non avranno abbastanza forza >> disse lo stalliere <>
<< Non so se ti hanno avvistato Fred, ma stiamo per essere attaccati, non mi sembra il momento di essere perfezionisti. >> ribatté il giovane, azzittendo l’uomo.
<< Bene, c’è altro? >> chiese Matt, e, a risposta negativa del gruppo, proseguì dicendo << Perfetto! Treavis, guidaci >>
I tre uomini del gruppo si lanciarono verso il palazzo. Senza perdere tempo ad aprire la serratura, Matt e Treavis demolirono la porta. Una volta entrati, Treavis diede gli ultimi ordini. Matt doveva organizzare le truppe, Fred la difesa e Treavis doveva stare di vedetta finché non fossero stati tutti pronti. In realtà, Treavis voleva un posto appartato per trovare una nuova magia, un po’ più utile della prima e unica che aveva imparato fino ad allora. Vide solo allora la grandezza dell’esercito degli Orchi che li stava per attaccare. Erano poco più di trenta mostri, alti due metri i più bassi, grigi e con la testa glabra, con gli occhi incavati e assetati di sangue. Il numero non era impressionante, ma valutando la forza degli Orchi erano forse troppi per una cittadina di duecento abitanti, inclusi bambini, anziani e uomini partiti per la guerra. Treavis udì la campana del convento e vide le persone avviarsi verso palazzo. Scese quindi al piano di sotto e iniziò a collaborare con gli altri abitanti per organizzarsi. Vide l’ingente quantità di armi e medicinali che Elle e Lora avevano preso e stavano sistemando e si complimentò con loro. Poi si avviò verso Fred e Matt, che stavano confabulando un piano con un uomo che Treavis sulle prime non riuscì a vedere. Si avvicinò al tavolo. << Fra quanto siamo pronti? >> chiese il giovane giunto al tavolo. << Ci vorranno ancora sì e no qualche minuto prima di avere un piano d’attacco decente. Fortunatamente Fred ha salvato qualche cavallo e Matt ha trovato archi e faretre. Non sono sicuro che basteranno, ma ritengo che ci si possa riuscire. >> Treavis alzò gli occhi dalla carta della città distesa sul tavolo e per la prima volta focalizzò chi era il quarto uomo attorno a quel tavolo. Thomas, il vecchio cartografo, era vestito ben diversamente da come lo aveva visto sempre Treavis. Portava una tunica bianca con dettagli argentei. Sotto il collo c’era scritto a grandi caratteri: “Alba Lamina olim, Alba Lamina perpetuo” e alla cinta portava una spada con l’elsa raffinata, simile alle spade imperiali.
<< Cosa vuol dire? >> chiese Treavis
<< Questa... ah, è la Lingua Antica, si usava una volta prima che si sviluppassero le lingue di ogni regno. Significa... >> rispose Thomas
<< Io intendevo cosa vuol dire la tua presenza qui. >>
<< Se avessi più rispetto, forse avresti quello che cerci. >> la risposta spiazzò il giovane << La frase significa “Lama Bianca una volta, Lama Bianca per sempre”. E’ la fine del nostro giuramento solenne. Ora sta a me, posso sapere come intendi usare la tua magia? >>
Treavis si bloccò. Primo, il cartografo considerato da tutti un vecchio bacucco era in realtà un ex soldato speciale; secondo, sebbene non ne avesse mai parlato con nessuno eccetto Matt, lui sapeva della runa, e a giudicare dalla faccia stupita di Matt lui non glielo aveva detto.
<< Non stupirti, fa parte dell’addestramento capire le persone al primo sguardo. So anche che Matt ti ha addestrato e ha scoperto a sue spese che sei un’Anima di Fuoco. >> disse il cartografo << So anche che Elle... >>
<< Sta per arrivare con delle brutte notizie >> continuò la farmacista, appena arrivata al tavolo, seguita da Lora. << Gli orchi sono alle porte. Dobbiamo partire >>
<< D’accordo. Matt, tu prendi un cavallo e giuda le truppe di terra. Fred, tu prendi tutti i cavalli che puoi e forma un gruppo più esperto di cavalieri, io ti darò una mano. Infine tu, >> disse indicando Treavis << tu prendi la tua runa e tutti gli archi e dalli a tutti coloro che hanno una buona mira. Vi occuperete di colpire dalla distanza. Ti consiglio di usare il “Tyjqubil ysewgut”, che non è molto più difficile da usare dello “Xesbil”. >> Tutti gli uomini attorno al tavolo si guardarono e annuirono. << Se moriremo >> aggiunse Treavis << sarà combattendo! >>
Nel giro di pochi minuti l’esercito fu messo su alla ben meglio e si dispose guidato da Thomas. Davanti c’era la fanteria di Matt, protetta ai lati da due colonne di cavalieri guidate da Thomas stesso e Fred. Nelle retrovie, infine, si trovavano gli arcieri guidati da Treavis a cavallo del suo fedele Dusty, con in una mano la runa e nell’altra una spada lunga quanto il suo braccio, trovata fra le armi portate dalla madre. Erano tutti coperti da leggere placche di ferro, messe sotto i vestiti per proteggere gli organi vitali. Gli Orchi invece erano completamente scoperti se non per un paio di pantaloni stappati e sporchi di sangue. Ciò significava che avevano combattuto e che il confine di difesa era crollato, pensava Treavis mentre vedeva le sentinelle chiudere la porta nella speranza che gli orchi non riuscissero a sfondarla.
Thomas gridò all’esercito: << Vi ho già dato degli importanti consigli, ma da quando darò il segnale sarete nelle mani più che responsabili e abili dei vostri tre ufficiali. Difendete la nostra città con tutto il sangue che avete in corpo. Per Dorf. >> gridò alzando la lama al cielo, seguito dalle grida di approvazione dei presenti. Treavis studiò in quei brevi istanti un piano di attacco per prendere in scacco gli Orchi e, quando ne trovò uno che reputò abbastanza giusto, si preparò ad attuarlo. Iniziò a dividere i suoi uomini in gruppi, in tutto quattro. Poi ordinò a metà dei componenti dei quattro gruppi di iniziare ad attaccare al suo segnale, mentre agli altri ordinò di colpire mentre gli altri ricaricavano. A quel punto si sentirono le urla di guerra degli Orchi, e Thomas abbassò la lama.
Treavis attuò allora il suo piano. Mandò un gruppo sulla palizzata per mezzo di scale ad attaccare gli Orchi prima che sfondassero le mura. Poi ordinò ad altri due gruppi di mettersi nelle case, ai secondi piani, e di attaccare al suo segnale. Lui rimase nelle retrovie con il gruppo rimanente. La fanteria invece era rimasta immobile alle grida, rintanandosi dietro lunghe spade e lance poste a formare un muro praticamente invalicabile.
Grossi colpi alla porta fecero trasalire Treavis, assorto nei suoi pensieri sulla strategia. Vide i suoi arcieri che stavano bombardando di frecce gli Orchi già da un bel po’ e notò che Thomas, visibilmente arrabbiato, si stava avvicinando.
<< Cosa pensi di fare? >> chiese l’uomo, ma Treavis lo guardò stupito << Se gli Orchi attaccano il muro probabilmente perderemo troppi uomini. Avresti dovuto pensarci prima di mandare i tuoi soldati lassù >>
<< A... A me sembrava... giusto >> si giustificò tentennando il giovane.
Thomas stava spiegandogli per quale motivo non era stata per niente una mossa giusta, quando qualcuno urlò dal muro. Treavis vide con i suoi occhi gli errori che aveva commesso. Uomini e donne che cadevano a terra doloranti, mentre il muro stava bruciando alla base. In quel preciso istante gli Orchi sfondarono la porta. Thomas imprecò tra i denti e chiese: << Adesso come difenderai Dorf >>
Treavis si bloccò un attimo, prese un forte respiro e disse con un sorriso beffardo: << Così >>. Spostò di forza il cavallo di Thomas a lato e alzò la runa. << Xesbil ysewgut >>. Non appena ebbe finito di gridare, gli Orchi si interessarono a lui e lo guardarono. Aveva ottenuto in un sol colpo i due punti del suo piano: distrarre gli Orchi dal razziare la città e attirare l’attenzione su di sé. Quando gli Orchi ruggirono gettando le teste all’indietro, videro gli arcieri disposti sui balconi. Questa volta, colti di sorpresa, molti Orchi furono feriti. Matt allora ne approfittò. Lanciò all’attacco i suoi soldati, facendoli muovere però tutti uniti e compatti. Ciò che non fecero le frecce, fecero le lance. Thomas rimase a bocca aperta per come il combattimento si stava svolgendo, poi si scosse e galoppò fino ai cavalieri, facendo gesti di complimento a Treavis e a Matt. Quando raggiunse i suoi cavalieri, li fece passare attorno alle case e attaccarono ai fianchi gli Orchi.
Treavis si rassicurò sulla trappola creata e tornò a gestire i suoi arcieri. Il gruppo rimasto era composto da persone che sapevano maneggiare un arco anche in una mischia, più lui. Non aveva la più pallida idea di come lanciare una freccia in quel tumulto, e aveva ancora meno idea di come lanciare l’incantesimo che gli aveva detto Thomas, anzi, che incantesimo era? Treavis prese in mano la runa. “Tentar non nuoce” pensò. Alzò leggermente il suo braccio dalla posizione orizzontale e pronunciò l’incantesimo. La runa produsse un fuoco più potente del primo incantesimo. La fiammata dapprima si aprì, poi si richiuse in sé. Fu allora che Treavis sentì le sue energie spostarsi verso la runa. Un lampo, e dalla runa scaturì quella che in tutto e per tutto era una sfera di fuoco. Treavis la osservò affannato. Essa si abbassò leggermente dietro gli Orchi. Perfetto. Così anche la fuga sarebbe stata difficoltosa. Gli Orchi erano in trappola. In trappola, però, gli Orchi davano il meglio. Nel giro di pochi secondi, infatti, si chiusero in cerchio e puntarono le spade. Il più alto di loro si rannicchio per proteggersi. In un attimo di pausa, dovuto alla stanchezza, si alzò gridando e mostrando una stazza di almeno 9 piedi. A quel grido gli altri si gettarono letteralmente addosso ai difensori. Trovandosi impreparati, questi ultimi iniziarono a perdere sempre più uomini e ad avere difficoltà. I cavalieri dovettero abbandonare il lato per impedire alla fanteria di essere massacrata. Gli arcieri rimasti dalle mura andarono a difendere quelli negli edifici dalla furia degli Orchi. Treavis e i suoi arcieri ora stavano attaccando sempre con più foga.
Matt galoppò verso le retrovie. << Dovete andarvene. >> disse a Trevis.
<< Io non fuggirò mai. >> rispose.
<< Gli Orchi sono troppo forti. >>
<< Questo non mi farà fuggire >> inconsciamente Treavis stava gridando, e da dietro gli arcieri lo acclamavano ad ogni frase.
<< Thomas vuole far aprire la cavalleria e farla attraversare dagli Orchi in sicurezza, per poi attaccarli da dietro, se vi troverete qui verrete uccisi. >>
<< Se non ci troveremo qui saremo sconfitti. >>
<< Cerca di capire, Treavis... >>
<< Va bene. Appena vedremo aprirsi il resto del esercito ci sposteremo anche noi. >> A quelle parole Matt si allontanò.
<< Capo >> disse uno degli arcieri, nomignolo che a Treavis suonava bene << Ci arrenderemo veramente? >>
<< Noi ci muoveremo quando il resto dell’esercito si muoverà... verso gli Orchi >> rispose con un sorriso malizioso. Non sarà stato un esperto di tattiche, ma era un motivatore ed un ottimo attore. Gli arcieri risposero sorridendo al sorriso, e sfoderarono le loro spade.
<< Capo >> disse un altro << Come faremo a batterli? >>
<< Hanno provato a prendere la mia città, a razziare la mia casa, a uccidere la mia famiglia. Sai che ti dico? Mi hanno veramente fatto arrabbiare... >> Treavis si apprestò ad usare la sua Anima. Con la runa nella sinistra e la spada nella destra, Treavis vide l’esercito aprirsi lentamente. Preparò i suoi. Anche l’ultima fila si aprì. Treavis allungò la sinistra. Gli Orchi erano ormai davanti a lui. Quello più alto li guidava e alla vista di Treavis si fermò. Provò a rispedire indietro i suoi. Troppo tardi. A Treavis bastò una parola, anzi due:
<< Tyjqubil ysewgut. >> Una sfera di fuoco grande più o meno come un uomo si abbatte sugli Orchi della prima fila.
Matt sorrise. Thomas, d’altronde, glielo aveva detto. Convincerlo che avevano intenzione di arrendersi era l’unico modo per far attivare l’Anima. << E poi pensa di essere un attore migliore di me >> bofonchiò l’uomo.
Almeno una decina di Orchi caddero a terra in preda ai dolori del fuoco, il resto invece attaccò. Gli arcieri si pararono davanti a Treavis e lanciarono le loro frecce all’unisono. Treavis si sentì leggermente debole. Iniziò a non sentire più le gambe. Gli Orchi resistettero e contrattaccarono in massa. Molti altri uomini morirono, ma Treavis non poté fare niente. Era debole, troppo debole. Non riusciva neanche a reggersi in piedi. Si appoggiò a terra con una mano. Cadde di fianco.
Non poteva finire così. Anche se non riusciva, lui avrebbe combattuto. Anche a costo di morire. Provò ad alzarsi, ma cadde nuovamente. Alzò la runa da terra. Una mano lo fermò. Non la riconobbe all’inizio, poi capì che si trattava di sua madre. Lei gli disse qualcosa, ma le sue orecchie fischiavano e non capì.
Per la seconda volta da quando aveva la runa, stava per svenire. Lottava perché non accadesse. Rinvenne per un attimo. Solo immagini sfuocate. Vedeva gli Orchi. Poi vide una piccola ombra nel cielo. Gli Orchi che fuggivano a quella vista. Matt e Thomas che esultavano. Qualcuno che lo afferrava e lo metteva su una barella. Poi si arrese e si addormentò. Era distrutto, ferito forse. Ma avevano vinto. O era stato tutto un sogno. Treavis non poteva rispondere. Mentre gli occhi gli si chiusero nuovamente sorrise. Si abbandonò alla stanchezza e svenne.

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