Fuoco di carta

di Nejisfan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'ingresso. ***
Capitolo 2: *** La cerimonia, il ricevimento. ***



Capitolo 1
*** L'ingresso. ***



FUOCO DI CARTA.


Capitolo 1: L'ingresso.




 
Il momento è arrivato, finalmente, e gli occhi di tutti si posano sulla sposa che entra nella chiesa con i canonici quaranta minuti di ritardo.
Ha i capelli più biondi di sempre e gli occhi già lucidi, un abito bellissimo che qualcuno criticherà e un sorriso che non è contestabile.
La guardano tutti, o forse no.
Monica vorrebbe davvero fissare sua sorella con lo sguardo gioioso ed empatico di tutti gli altri, ma non ce la fa.
Non ce la fa, perché una forza a cui preferisce non dare un nome le impone di guardare lo sposo, di non smettere di farlo neanche per un secondo.
I suoi occhi sono appannati- che dolce, piange per la sorella!- mentre lo osserva, mentre memorizza per l'ennesima volta l'esatto punto di colore della sua cravatta e il modo perfetto in cui gli cade addosso la giacca.
La forza a cui non vuole dare un nome fa sì che anche lui la stia fissando da mezz'ora, e che tutto sia così sbagliato da far venire i brividi.
Devi gridare "Mi oppongo", ma poi finisce che taci.





Tommaso era entrato nella vita di Teresa cinque anni prima, erano compagni di università ed erano perfetti insieme: entrambi biondi, entrambi bellissimi, entrambi molto bravi a scuola.
Perfino i loro nomi suonavano bene insieme, le loro mani sembravano nate per stare intrecciate.
Teresa aveva detto a Monica di essersi innamorata un giovedì di agosto e sua sorella le aveva sorriso- ancora riusciva a essere sincera.





Tommaso era entrato anche nella vita di Monica cinque anni prima; era il fidanzato di sua sorella.
Andavano d'accordo, loro due, e Teresa ne era così felice!
"È turbolenta, la mia sorellina, da quando mamma non c'è più lei...si ribella" aveva confessato al suo ragazzo, un giorno, e lui aveva capito.
La vita di Monica non aveva bisogno di essere ulteriormente incasinata, e lui lo sapeva.
Lo sapevano tutti.
Solo che la forza a cui non si da un nome prima o poi un nome se lo prende, e magari è quello sbagliato: magari la chiamiamo attrazione fisica, o sbronza, o follia.
Magari la chiamiamo "Resto da un'amica, è stata lasciata e ha bisogno di me. Puoi fare compagnia a mia sorella?", e poi la compagnia diventano gemiti soffocati e baci di fuoco, diventano ricci scuri e capelli biondi su un divano, diventano parole sussurrate piano, parole difficili da scordare.
"Mi dispiace, non dovevo non..." e "Lo so. Neanche io".





Tommaso era sempre stato il ragazzo modello, non aveva mai avuto alcun tipo di problema, tutto era sempre andato bene per lui.
La vita, però, gioca brutti scherzi: può succedere, ad esempio, che la sorella minore della tua ragazza diventi un'ossessione per te, che i suoi ricci scomposti e la sua risata irruenta riempiano troppo spesso la tua mente.
Può succedere addirittura che il cuore batta così forte da assordarti, e può capitare che tu sia costretto, proprio costretto, a correre da lei nel mezzo della notte, stando ben attento a non svegliare Teresa.
E succede di sentirsi sporco, sporco da morire, ma di non poter fare a meno di quel calore, di quella passione, di quel sentimento, a cui nessuno dà un nome.
Ma che se lo avesse, si chiamerebbe amore.





Monica si ribellava, all'inizio; aveva vent'anni, sua madre se n'era andata troppo presto, suo padre non era riuscito bene a reagire, i suoi punti di riferimento si erano dissolti, avevano preso fuoco come prende fuoco la carta mentre lei aveva sempre creduto che fossero impermeabili al fuoco, impermeabili alla vita.
Monica si ribellava, e forse Tommaso c'entrava con quella ribellione, ma probabilmente no.
Perché voleva bene a Teresa, era l'unico punto rimasto fermo, e perché poi era cresciuta.
La prima volta che lei e Tommaso avevano trasgredito alle regole della decenza, la prima volta in cui si era sentita sporca anche lei di una sporcizia interna, difficile da mandare via, aveva ventun anni, lui ventisette.
 Sua sorella era fuori tranquilla; si fidava, l'aveva sempre fatto.
Voleva ripulirsi, Monica, e lo voleva davvero, ma non ci riusciva mai, non riusciva mai a voltare le spalle all'unico sentimento forte che aveva scosso la sua vita.
E poi lui... lui, un giorno, aveva detto quella cosa, e non la voleva dire, ma l'aveva fatto, ed era stato un momento bellissimo, ma già quello successivo era diventato un disastro.
Carta che prende fuoco.
E il fuoco non puoi controllarlo, neanche se sei tu che bruci,  se viene da dentro di te.






Aveva detto "Ti amo" e lo aveva detto all'improvviso, sussurrandoglielo sul collo.
Non doveva dirlo a lei- Teresa lo aspettava da tantissimo, quel ti amo, ma lui le diceva che le parole non contano, contano i fatti.
Aveva detto "Ti amo" a Monica, e non era abituato a dire cose che non vanno dette.
Lei aveva pianto, lui avrebbe voluto cambiare versione, dire "no, dai, scherzavo", ma le parole, quella sera, non uscivano come voleva lui, forse perché lei era così bella che gli toglieva il fiato, forse perché tutta quella storia durava da troppo, forse perché i sentimenti li controlli fino a un certo punto anche sei sempre stato molto  bravo a farlo.
Aveva detto "Ti amo", lei aveva pianto, e lui aveva aggiunto "sposami" e lo aveva buttato lì, con gli occhi lucidi- piangere non è da uomini, lui non piangeva mai.
Lei aveva sgranato i suoi- scuri, pieni di vita, non banalmente bellissimi e azzurri come quelli di Teresa- e lui non era riuscito a frenare la sua lingua, o forse il suo cuore.
"Mi dispiace di incasinarti la vita, ma non posso continuare così e... io voglio te" aveva concluso.






I sentimenti di Tommaso avevano preso fuoco all'improvviso e ora l'incendio era alto.
Lui era quello coscienzioso, lo era sempre stato, ma ora guardava i ricci di Monica e salutava la sua parte razionale.
Monica era irruenta, ribelle e folle, ma in quell'istante, esattamente in quello, non piangeva solo per la sopresa: piangeva per la paura, per l'ironia della sorte e per l'abbandono.
In un mondo ideale, avrebbe sposato Tommaso e si sarebbero amati.
Nel mondo vero, perfino lei sapeva che doveva soffocare i sentimenti.
Spegnere l'incendio.
"Non dire cazzate" aveva sussurrato, tra le lacrime.
"Da domani parto, Tom. E tu sposerai Teresa e avrete bambini bellissimi e biondi" aveva aggiunto, ridendo con una risata amara e bagnata.
Poi lui le aveva ripetuto che l'amava, e lei si era presa un ultima notte per respirare.
Un'ultima notte prima di soffocare l'incendio.
Un'ultima notte per essere quella che si ribella.






Teresa aveva salutato Monica abbracciandola e aveva sospirato non appena sua sorella aveva voltato l'angolo: continuava a ribellarsi, a venticinque anni.
Tommaso aveva salutato Monica dandole due baci sulle guance- il secondo era un po' troppo vicino alla bocca, ed era un "ripensaci".
Monica non ci aveva ripensato, ed erano andati tutti avanti.





Fuori dall'Italia, lontana da tutto e da tutti, Monica aveva ricominciato a sentirsi fredda, aveva pian piano affievolito l'incendio che le scoppiettava dentro.
Alex lavorava nel suo stesso ristorante e studiava addirittura l'italiano, aveva un'espressione rassicurante e i capelli scuri, per fortuna.
Alex le aveva detto che la amava la prima volta che avevano fatto sesso, e probabilmente non era vero, ma lei aveva risposto "anche io", e sicuramente non era vero.





E poi...poi, l'invito.
Carta, non carta che brucia, proprio carta, in una buca per le lettere, e una bella grafia che invitava lei, in quanto testimone della sposa,  e "chiunque vuoi" al matrimonio del secolo.
Elegante, raffinato, bellissimo.
Sapeva come sarebbe stato prima ancora di andarci, e avrebbe voluto evitare di presentarsi, dire di avere la febbre, la nausea o l'Amore, che aveva capito essere la più potente delle malattie, ma sua sorella aveva bisogno di lei, e poi Alex l'aveva trovata con la busta in mano e le aveva chiesto "ti va se vengo?" in un modo così calmo e senza sospetti che l'aveva scossa.
È l'ultima prova, si era detta, l'ultima, e poi tornerò qui, e poi passerà del tempo, e poi respirerò davvero, a pieni polmoni, senza paura di dire all'uomo che amo che lo amo, dato che sarà l'uomo giusto, dato che il tempo cura tutte le ferite.







 
Per cui eccoci qui, 
al matrimonio.
Finalmente.
Entra la sposa, tutti si voltano, ma Monica fissa Tommaso.
Piange lei, piange lui, e nessuno capisce.
Il fuoco non si è ancora spento del tutto.
Si spegnerà mai?


 

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Brevemente:
Come detto sopra, questa storia partecipa al "Kink&Plot Contest", c'è un altro capitolo più o meno lungo come questo e poi finisce.
Sono molto incasinata, ultimamente, proprio tanto tanto, e sono anche abbastanza cambiata.
Credo che questa sia "l'opera" (la cosa, forse è meglio dire così) con cui saluto EFP, almeno per un po'.
Non so se cambierò idea, ma per ora sono su questa lunghezza d'onda.
Spero che qualcuno la legga e ancor di più che qualcuno commenti.
Vi mando un abbraccio forte.
Frà.

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Capitolo 2
*** La cerimonia, il ricevimento. ***


Cap 2: La cerimonia, il ricevimento.


Il prete ha uno sguardo sereno e procede con la funzione fino ad arrivare alle domande agli sposi.
Quando Teresa dice "sì", Monica piange come una fontana.
Quando lo dice anche Tommaso, muore qualcosa dentro di lei- e lo negherà in eterno, ma è così.
Ti dovevi opporre ma non lo hai fatto, e adesso? 



Teresa abbraccia sua sorella poco dopo aver baciato suo marito, e la abbraccia così forte da farle quasi male.
"Ti voglio bene" sussurra "E sei la mia famiglia".
Non le aveva mai detto niente di simile ed è un colpo al cuore.
Le lacrime scendono ancora più copiose, Monica è la sorellina ribelle che finalmente mostra un cuore.
Se solo bastassero le lacrime a sciogliere quel maledetto incendio non sarebbe rimasto niente di quel sentimento troppo forte, ma le basta guardare un secondo negli occhi verde prato di Tommaso per sentirsi male.
"Come stai?"/ "Così"/ "Anche io" /"Non dire stronzate".



Il ricevimento è perfetto, Teresa si è cambiata di abito e risplende di luce propria, suo marito non ha bisogno di cambiarsi niente per risplendere, basta che sorrida, ma forse questa è solo l'opinione di una ragazzina instabile.
Il primo ballo è un colpo così forte per Monica che si sente vacillare, svenire e bisognosa di vomitare in un solo secondo.
"Prendo qualcosa da bere" mormora ad Alex, che in tutto ciò le stringe inconsapevole una mano su un fianco.
Lui annuisce e lei beve.
L'alcool scorre fluido nel suo corpo, è acqua che forse spegnerà tutto, è alcool che cancella, e lei ha bisogno di zittire il suo corpo e le sue paure, ha bisogno di mentire a se stessa, ha bisogno di essere felice per sua sorella, perché è la sua famiglia, l'unica che ha.
L'alcool scorre fluido e lei lo beve, e ne beve ancora, e ancora.
Il barman continua a versarle drink e lei li sorseggia velocemente, prima di alzarsi.
Quando si alza tutto si annebbia, e finalmente si sente distante, lontana da tutto anche se è fisicamente vicina.
È come se la sua testa fosse uscita dal suo corpo, come se volteggiasse leggera in alto, fredda, e non di fuoco.
Scoppia a ridere con una risata fragorosa, poi chiede dell'acqua e se la versa in testa.
"Spegniti, stupido fuoco!" grida, fra le risate.
"Tesoro, credo che tu abbia bevuto troppo..." mormora piano Alex, composto nonostante tutto.
"Non si spegne, Alex, non si spegne!" continua a urlare e ridere Monica, e lui prova ad abbracciarla, a farla tacere, dato che tutti la stanno guardando.
"Non ti sei accorto che tu non cambi niente? Tu non sai spegnerlo!" grida ancora la ragazza, prima di allontanarlo.
"Monica, hai bevuto troppo..." le ripete, piano, il ragazzo inglese.
"Stai lontano da me! State tutti lontani da me!" grida, improvvisamente triste, la giovane.
La testa torna a essere pesante in attimo di consapevolezza.
Cerca di correre via, inciampa nei suoi tacchi e cade a terra.
Senza guardare nessuno, si rialza e fugge.
Rosso per l'imbarazzo, Alex chiude gli occhi e cerca di obbligarsi  a perdonarla, cerca di non indagare, di non cercare di capire cosa ci sia sotto.
Ma Monica fugge disperata e, quando Teresa prova a raggiungerla, Tommaso si mette in mezzo.
"ci parlo io" dichiara, inaspettatamente, e gli invitati sono confusi, o fingono di esserlo, perché in realtà è tutto molto chiaro.




Tommaso corre in modo folle- fa tutto in modo folle, quando si tratta di Monica.
La raggiunge, finalmente, e lei è bellissima e ubriaca e incazzata e stupida, ma lui la guarda sempre nello stesso modo.
"Mi dispiace" dichiara, alzando le mani.
"Non si spegne, questo fuoco, Tom, non si spegne e io non so che fare, non riesco a respirare, non..." grida la ragazza, e lui la abbraccia di slancio e lei smette di gridare.
"Lo so, anche io" sussurra piano lui, che con lei sussurra sempre.
Monica smette di gridare e di agitarsi, è tra le sue braccia e il fuoco brucia, ma tanto non si spegne in nessun modo.
"Alex è quello giusto" mormora il marito di sua sorella- il marito di sua sorella!- e lei annuisce, e anche lei dice "lo so".
"Mi dispiace di aver fatto casino al tuo matrimonio" aggiunge, poco dopo.
"Mi dispiace di aver fatto casino durante la tua vita" risponde lui, sincero e onesto com'è sempre- o forse no.
Monica si guarda intorno, smette per un secondo di fissare lui e guarda gli alberi, il luogo di campagna in cui si trova, il verde in cui è immersa, la bellezza che c'è nel mondo.
Respira un attimo, e poi torna a osservarlo.
E dice una cosa che non dovrebbe dire, che non ha ancora detto a nessuno e che non dovrebbe mai dire a lui.
"Sono incinta" sbuffa, perché l'alcol la rende sincera e vulnerabile- ma in realtà è lei che è così, l'alcool l'ha solo resa più libera per un secondo.
Tommaso si morde un labbro ed è di una bellezza sconcertante.
"È di Alex?" domanda, diretto.
"Non lo so, Tom. Forse lo abbiamo fatto io e te, questo bambino, quell'ultima sera, o forse è di Alex. Non lo so" dovrebbe rispondere Monica, ma l'alcool non le basta per dimenticarsi della sua vita nuova, di sua sorella, di tutto.
Ha fatto casino a un matrimonio, ma non incasinerà la vita di tutti.
"Sì" risponde, fissando i suoi occhi scuri nel verde prato di quelli di Tommaso "È di Alex".
"Sono contento" annuisce il ragazzo di fronte a lei.
"Anche io" sposta lo sguardo lei, per non fargli vedere che piange.
E fanno schifo entrambi, a mentire.




Teresa perdona Monica per la sbronza: non ha capito bene perché suo marito l'abbia rincorsa, ma crede che sia stato per evitarle di litigare con l'unica componente della famiglia che le è rimasta, e gli è grata- com'è stronza, la vita, quando ci si mette.
Anche Alex perdona Monica, per la sbronza e per tutto il resto, perché lei gli piace davvero e perché crede che, qualunque fosse il fuoco di cui parlava, il suo compito sia quello di starle vicino e di fare in modo che si spenga.




Anne nasce a metà agosto, Alex la guarda con gli occhi pieni di affetto.
Ha capito molto più di quello che dimostra, ma ha deciso che non gli importa, o che è meglio non capire.
Alex è l'uomo perfetto, è la seconda chance che dovrebbe capitare a tutti, è l'acqua che forse, quel fuoco, prima o poi lo spegnerà davvero.
Alex è quello giusto, aveva ragione Tommaso.
Monica lo sa ed è contenta di lui, dell'Inghilterra, della sua vita, e della sua bambina.
Che è bionda.



Negli anni, il fuoco si affievolirà, non si spegnerà mai del tutto, ma smetterà di ardere con forza.
Monica tornerà a respirare, anche grazie ad Anne, anche perché avere Anne vicina sarà un po' come avere Tommaso.
Anche Tommaso riuscirà a respirare ancora, anche se in modo più riflessivo, meno impulsivo.
Andranno avanti.
Con un piccolo fuoco ostinato dentro.



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Secondo capitolo della storia che partecipa al Kink&Plot, che sta forse cambiando giudice.
So che questa fic tratta un argomento trito e ritrito e so anche che probabilmente non è niente di speciale, però so che scriverla è stato bello, catartico, e che volevo non scrivere più niente dopo questa fic ma adesso non so se sarà così.
So che scrivere mi fa venire le lacrime e sentire me stessa come fanno poche altre cose, so che la scrittura resta una mia necessità.
Spero che qualcuno commenti, ma forse più di ogni altra cosa spero che a qualcuno arrivi il sentimento che c'è alla base di questa fic.
Nulla di più.
Vi mando un abbraccio forte, e per il momento vi saluto.
Frà.







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