Ten Things.

di Fire Human Guts
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Capitolo uno. ***
Capitolo 3: *** Capitolo due. ***
Capitolo 4: *** Capitolo tre. ***
Capitolo 5: *** Capitolo quattro. ***
Capitolo 6: *** Capitolo cinque. ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6. ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7. ***
Capitolo 9: *** Capitolo otto. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


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Abigail si guardò allo specchio per l'ultima volta e sospirando si strofinò l'occhio sinistro.
Aveva bisogno di un insetticida.
Per la mosca che ronzava fastidiosamente nella sua stanza da letto e per le farfalle che svolazzavano nel suo stomaco.
Abigail, evitava sempre di dire il suo cognome perché lo riteneva strano, aveva diciotto anni di pura spensieratezza ed era un metro e sessantasette di puro squilibrio.
“Sei una fifona!” Le ripeteva sempre suo fratello per prenderla in giro, ed Abigail annuiva perché aveva ragione.
Afferrò al volo lo zaino sulla scrivania e scese a grandi passi le scale del condominio, non c'era più nessuno in casa, era in ritardo.
La madre lavorava come segretaria in un ufficio di cui non ricordava il nome ed il fratello maggiore era ad accompagnare sua sorella, Dakota di sei anni, a scuola.
Non appena fu fuori dal portoncino l'aria fresca delle otto passate la colpì in pieno viso, facendola rabbrividire, nonostante il cappotto verde bottiglia che indossava d'inverno.
“Finalmente.” Borbottò Mallory alzando gli occhi al cielo, la sua migliore amica o meglio l'unica amica che aveva.
“Scusami.”Alzò gli angoli delle labbra in un sorriso di circostanza e rispose controvoglia. Non le piaceva parlare al mattino, riteneva la sua voce fastidiosa, quasi stridula.
Abigail non era esattamente il prototipo di ragazza normale, anzi era tutto il contrario.
Tutti le puntavano il dito contro e la soprannominavano strana, ma ormai lei ci era abituata e non le importava più di tanto, perché lo sapeva che era strana e infondo, le stava bene così.
“Meglio strana che noiosa!” Ripeteva sempre a Mallory che annuiva d'accordo.
Abigail odiava esattamente dieci cose, perché dieci era il suo numero fortunato.
Odiava il fumo e le sigarette di Mallory.
Odiava i maglioni di lana lavorata che le pizzicavano il collo.
Odiava gli anelli alle dita.
Odiava quando qualcuno pronunciava il suo nome perché i suoi occhi, involontariamente, si chiudevano in modo irritante.
Odiava il disordine.
Odiava i fumetti.
Odiava i graffiti.
Odiava il caffè.
Odiava i cappelli in generale.
Ed odiava tutto ciò che riguardasse l'elettronica, soprattutto i cellulari, per questo motivo non ne possedeva uno.
Si fermò fuori i cancelli di scuola e fece esattamente due giravolte su sé stessa, lo faceva spesso quando era nervosa, tesa o sotto pressione. Un paio di ragazzi la guardarono scoppiando a ridere, Abigail li ignorò.
Già, non sopportava la scuola. Ma non l'avrebbe mai detto, semplicemente perché lo ripetevano in troppi e lei non sopportava essere come gli altri. Abigail era strana, no?
Fortunatamente quello era il suo ultimo anno scolastico.
“Sbrigati o farai tardi a lezione di matematica ed io a quella di arte!” Protestò Mallory afferrando Abigail per un braccio e trascinandola davanti al suo armadietto. “Mi raccomando, prendi il tuo libro e corri dalla professoressa Brown.”
Nell'udire il nome della sua docente di aritmetica, la bionda storse il naso ed annuì distratta, non sopportava la matematica anzi ne aveva quasi paura, forse del tutto.
Abigail aveva paura esattamente di dieci cose, dieci era il suo numero fortunato.
Aveva paura della matematica e di tutti quei numeri che si mescolavano tra loro facendola uscire fuori di testa.
Aveva paura di tagliare i capelli, per quel motivo erano così lunghi, ma a lei piacevano anche così.
Aveva paura dell'acqua.
Aveva paura di andare in bicicletta, era caduta così tante volte da perdere il conto.
Aveva paura di fare dei tatuaggi, anche se le sarebbe piaciuto farne uno.
Aveva paura di guardare un film horror, non ne aveva mai visto uno e non aveva intenzione di farlo.
Aveva paura di Zayn Malik, il ragazzo che frequentava il suo stesso corso di storia dell'arte. Sembrava così cattivo.
Aveva paura dei vermi, anche se più che altro le facevano schifo.
Aveva paura delle altezze.
Aveva paura delle tigri. Era una paura un po' stramba, infondo non aveva mai visto quell'animale se non in TV, ma già da li sentiva il sangue gelarsi.
Abigail si guardò intorno, il corridoio era quasi deserto e lanciò un occhiata verso l'uscita di sicurezza che spuntava su un giardino leggermente incolto ma molto accogliente e assolato.
Le piaceva molto e quando aveva voglia di saltare l'ora di matematica, come quel giorno, si rifugiava lì, isolata completamente da tutto e da tutti.
Nessuno, infatti, usciva mai fuori quel giardino, solo un paio di ragazzi che durante l'ora di pranzo uscivano ad inquinare l'ambiente con le loro puzzolenti sigarette.
In un attimo fu fuori dalla scuola.
Osservò attentamente i pochi alberi di pesco che contornavano il giardino e si avvicinò lentamente, pronta per sdraiarsi all'ombra.
Le piaceva quel silenzio, faceva da sottofondo al cinguettio degli uccellini appollaiati sugli alberi e alle farfalline che svolazzavano indisturbate sulle margherite profumate.
Abigail amava esattamente dieci cose, perché le piaceva il numero dieci.
Amava i sorrisi sinceri e gli sbuffi divertiti delle persone a cui voleva bene.
Amava i girasoli, i suoi fiori preferiti.
Amava i suoi capelli, forse l'unica cosa che le piaceva di sé stessa.
Amava scattare le fotografie, con la macchina fotografica che le aveva regalato suo padre prima di morire.
Amava i suoi anfibi rovinati.
Amava il caldo, qualsiasi cosa fosse calda.
Amava le torte, soprattutto quelle alla crema.
Amava le giostre, quelle gonfiabili, quelle dove ci si poteva rimbalzare all'infinito.
Ed amava i clown, dalle loro parrucche alle loro enormi scarpe colorate.
Ad Abigail piacevano anche le farfalle, ma non quelle che volavano nel suo stomaco, però.
Quelle le facevano venire la nausea, oppure era veder Louis Tomlinson baciare la biondina di turno? Questo non lo sapeva, ma di una cosa era certa.
Amava Louis Tomlinson.

 

-Buonasera.

Non posso crederci di aver postato questa storia!
Allora, se siete arrivate fin qui, vuol dire che avete letto il testo qui sopra.
Grazie davvero e spero vi sia piaciuto.
La storia durerà più o meno undici, dodici capitoli incluso questo prologo e l'epilogo, in ognuno la protagonista, Abigail, affronterà una paura, ciò che ama e ciò che odia. E' un'idea un po' stramba e non so fino a che punto potrà piacervi, quindi fatemi sapere, se ne avete voglia.
Come avete potuto capire anche dal banner il protagonista sarà Louis, gli altri saranno lasciati un po' in secondo piano, però ognuno di loro avrà un piccolo ruolo nella storia.
Tengo particolarmente a questa Fan Fiction quindi vi chiedo di farmi sapere davvero cosa ne pensate, siate sincere, accetto qualsiasi critica.
Prima che mi dilunghi troppo, volevo anche informarvi che non scriverò molti angoli autrice, mi limiterò ai ringraziamenti se ce ne sarà bisogno, io spero di si.
Fatemi sapere anche cosa ne pensate del banner, l'ho creato io e sono alle prime armi. :)
Al prossimo aggiornamento.
E n n E.

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Capitolo 2
*** Capitolo uno. ***


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Abigail intrappolò con i denti il suo labbro inferiore e abbassò lo sguardo sulle sue mani, intente a strofinarsele con stizza. In quel momento, avrebbe voluto fare un paio di giravolte, giusto per smorzare la tensione che aveva preso possesso di quella conversazione spiacevole.
Mallory, nel frattempo, la fissava con le braccia incrociate al petto, le sopracciglia corrucciate e un diavolo per capello.
“Non mi piace la matematica.” Dichiarò Abigail rispondendo mentalmente all'amica, che ancora non riusciva a capire quanto le incutesse paura quella materia.
Mallory scosse il capo sbuffando, era stufa ed Abigail l'aveva capito. Era la terza volta che saltava l'ora di aritmetica.
“Sono stufa.” L'amica, l'unica amica che aveva, diede luce ai suoi pensieri e accigliò ancor di più le sopracciglia e assunse un'aria un po' buffa, ma la bionda evitò di farglielo notare, conosceva bene Mallory, tanto da sapere di non interrompere i suoi pensieri quando era così arrabbiata.
“Senti, questa è la seconda volta che...” Abigail la interruppe alzando un dito davanti al suo viso. “Terza.” La corresse.
“Ecco, questa è la terza volta che salti matematica, ma non puoi, ficcatelo bene in testa. Perderai l'anno.” Disse con una schiettezza tale da convincerla quasi. Questa sua schiettezza e sincerità era uno dei tanti pregi che Abigail adorava di Mallory, ovviamente ne erano dieci.
Ma la paura ripiombò in testa alla ragazza e le impedì di aprire bocca.
Cosa avrebbe fatto quando Mrs Brown l'avrebbe chiamata per correggere i compiti?
Cosa avrebbe fatto quando rispondendo ad una sua domanda avesse fatto la figura della stupida sbagliando risposta?
Cosa avrebbe potuto fare se non riusciva a risolvere nemmeno un esercizio di quella materia?
Era negata in tutto quello e lo sapeva, ma non aveva intenzione di chiedere aiuto alla madre oppure al fratello.
Mallory sospirò lentamente, portandosi il pollice e l'indice alla base del naso, aveva preso una decisione. “Lo dirò a tuo fratello.” Concluse incrociando le braccia al petto e puntando gli occhi in quelli di Abigail.
“Non puoi dirlo a Niall!” Urlò battendo gli anfibi a terra e posando le mani sui fianchi con un espressione infuriata. “Mi costringi a farlo, è per il tuo bene. Lui o tua madre sapranno cosa fare per aiutarti.” Borbottò, recuperò lo zaino posato a terra e uscì dal bagno delle ragazze.
Abigail sbuffò, prevedendo già la reazione di Niall e di sua madre.
Niall Horan, dal cognome strano, era forse il fratello più protettivo dell'universo e nonostante il bene che gli volesse, era davvero insopportabile alcune volte.

Abigail non ebbe il tempo nemmeno di chiudersi la porta di casa alle spalle e riprendere fiato per le faticose scale del condominio, che aveva in quel momento affrontato, che sentì la voce del fratello urlare il suo nome. “Abigail!” E la ragazza, come d'abitudine, non potette fare a meno di strizzare gli occhi involontariamente, che cosa stressante!
“Cosa c'è Niall?” Chiese lentamente, cercando di essere il più cauta possibile.

Maura Horan, sulla soglia dei quarantadue anni, bellezza leggermente trascurata per la vita di corsa, fortunatamente non era in casa.
Ma a sostituirla c'era Niall con il suo fastidioso cagnolino da riporto.
Liam
Payne.
“Ciao, Abigail, Abigail, Abigail!” Esclamò non appena la ragazza varcò la porta in legno della piccola cucina.
Niall era voltato, intento a lavorare ai fornelli cucinando la solita pasta bruciata, mentre Liam era seduto sul tavolo con il peso del proprio corpo a fare leva sulle braccia dietro la sua schiena.
La bionda strizzò gli occhi per ben tre volte, poi lanciò una sguardo assassino al ragazzo che aveva davanti con la solita felpa nera di batman. “Ciao anche a te.” Sussurrò tra i denti.
“Hai saltato l'ora di matematica.” Annunciò il fratello senza degnarla di uno sguardo, quasi come se avesse commesso un omicidio. “Non chiedermi come faccio a saperlo.” Continuò poi con un sorriso soddisfatto che la sorella non fu in grado di vedere.
“Deficiente, so che è stata Mallory a dirtelo.” Abigail alzò gli occhi al cielo e facendo dietro front uscì dalla cucina, ma Niall la fermò di nuovo. “Non preoccuparti, troveremo una...”
Abigail interruppe il fratello prima di ricevere altre ramanzine.
“Risparmiati la predica, fratellino, non salterò più le lezioni di matematica.” Borbottò osservando la sorella, Dakota, entrare in cucina e allungare le piccole e corte braccia verso Liam, quest'ultimo la prese tra le braccia e cominciò a giocherellare con i suoi capelli, biondi come il resto della famiglia. Sembrava l'unica a non sopportare quel ragazzo.
“Questo lo so.” Niall finalmente si voltò puntando gli occhi azzurri in quelli dello stesso colore della sorella e sorrise beffardo. Abigail, capì immediatamente che qualsiasi cosa il fratello di lì a pochi minuti avrebbe detto, non le sarebbe piaciuto per niente.
“So che seguirai tutte le lezioni di matematica, perché sarai costretta e perché Louis Tomlinson ti farà da tutor o da professore, come preferisci.” Incrociò le braccia al petto con aria da saccente ed Abigail non riuscì a fare altro che spalancare leggermente le labbra piene e a sgranare gli occhi azzurri.
Liam Payne scoppiò in una sonora risata, socchiudendo le iridi castane.
“Come ti salta in mente una cosa del genere?” Urlò in preda ad una crisi isterica. Louis Tomlinson da tutor di matematica? Non se ne parlava.
“A dire il vero è stata un'idea di Liam, non la trovi geniale? Io si.” Annuì il fratello voltandosi di nuovo ai fornelli e a riempire quattro piatti di spaghetti bruciati con del sugo di pomodoro.
“Tanto Louis non accetterà mai.” Ringhiò rivolta più al migliore amico di Niall che a lui.
Non sopportava quel cagnolino da riporto che si ritrovava di continuo tra i piedi suo fratello, eppure era sempre lì. Ventidue ore su ventiquattro era sempre in casa a tormentare la povera Abigail.
"Ed è qui che ti sbagli. Ho già chiamato Tomlinson, e ha accettato con piacere, ovviamente lo pagherai con i tuoi risparmi.” E fu lì, che le crollò il mondo addosso o fu il bicchiere di coca cola che Dakota le aveva rovesciato sulla sua camicetta?

“Davvero frequenti il corso di Mrs Brown? Non ti ho mai vista a lezione.” Borbottò Louis Tomlinson con le mani incrociate sotto al mento e un'aria saccente da far venire i brividi.
“Si, adesso vogliamo cominciare?” Ringhiò Abigail con le mani sotto al tavolo della biblioteca che le tremavano.

“Okay.” Sbuffò Louis alzando gli occhi al cielo. “Sei... Strana, va tutto bene?” Domandò alzando un sopracciglio con fare indagatore, notando il mento che le tremava e gli anfibi che picchiettavano sul parquet di quel piccolo ufficio.
Abigail non riusciva a stare ferma e in più Louis Tomlinson le aveva dato della stramba, quasi con disprezzo, come facevano tutti gli altri d'altronde.
“Lo dico per l'ultima volta, Louis, vogliamo cominciare oppure devo andare via?” Alzò la voce di un ottava e si beccò lo sguardo assassino della bibliotecaria che la zittì immediatamente.
"Acida del cazzo.” Bisbigliò il moro puntando lo sguardo sul libro di matematica che aveva davanti a sé. Lei ovviamente lo sentì.
Louis Tomlinson, diciannove anni, bocciato il primo anno scolastico per cattiva condotta, era forse il ragazzo più bello che Abigail avesse mai visto.
Occhi azzurri dal taglio perfetto, sempre pronti a scrutare e ad indagare su qualcosa.
Labbra sottili tirate sempre su scoprendo i denti bianchissimi. Viso sottile, spigoloso e dai lineamenti precisi. Capelli sparati sempre in un ciuffo disordinato.
Alto si e no qualche centimetro più di lei e dal fisico asciutto, non contava nulla rispetto al suo carattere che regnava di gran lunga sul suo aspetto fisico. Louis era il sinonimo di felicità, almeno era quello che credeva Abigail.
Aveva parlato con lui si e no un paio di volte durante il pranzo. Louis era un ex compagno di corso del fratello maggiore di Abigail e tutto ciò che sapeva su di lui era che Niall l'aveva sempre odiato, fin da bambino, ovviamente il motivo non le era dato saperlo.
“Ignoralo Abigail.” Sussurrò tra sé e sé, lanciandogli di tanto in tanto delle occhiate. Vedeva i suoi occhi scorrere lentamente sul libro ricolmo di numeri complicati, le sue labbra muoversi impercettibilmente sussurrando qualcosa che lei non riusciva a capire.
“Hai detto qualcosa?” Mormorò il ragazzo scoprendola a fissarlo. Abigail scosse il capo e un brivido percorse la sua spina dorsale, proprio quando Louis prese un gran respiro.
“A che punto sei arrivata?” Chiese grattandosi la punta del naso con un unghia mangiucchiata.
E fu in quel momento che si rese conto che Louis alle dita portava una quantità stratosferica di anelli grigi metallizzati e neri.
Odiava gli anelli alle dita, ma stranamente le sue dita sembravano fatte apposta per portarli, il suo punto di vista cambiò quasi, infondo quegli anelli non erano tanto male.
Storse il naso per i suoi pensieri che cominciavano a prendere quasi il sopravvento e puntò gli occhi in quelli del ragazzo che aveva davanti. “Non lo so.” Louis sbuffò e “Sei rimasta indietro di tanto.”
Ed Abigail avrebbe tanto voluto rispondergli “Mai come te e i tuoi anelli orrendi.” Ma si trattenne dall'essere così strana.

"Posso farti una domanda?” Chiese di punto in bianco Louis fissandola attentamente con gli occhi assottigliati. Abigail avrebbe voluto rispondergli con un no sonoro ma annuì distratta cercando in ogni modo di sbirciare sul quaderno del ragazzo che aveva davanti, il risultato di quell'esercizio che le faceva girare la testa e tremare le mani.
“Tremi spesso?”

Abigail lasciò immediatamente cadere la matita sul foglio bianco e unì le mani sotto al tavolo, sgranando gli occhi con i capelli che le coprivano il viso. “Oh, scusami... Non-Non avrei dovuto farti questa domanda.” Borbottò riprendendo a scrivere l'esercizio.
“Ehm.. No.” Bisbigliò dopo un paio di minuti di silenzio imbarazzante, probabilmente anche la bibliotecaria che leggeva un libro aveva intuito la tensione tra i due.
Louis assunse un espressione interrogativa.
“Non tremo spesso.” Chiarì Abigail appoggiando di nuovo la mano bianco latte sul foglio del medesimo colore.
“E allora perché...” Non riuscì a formulare la domanda nel modo giusto, Louis era fatto così, non era affatto bravo con le parole. Soprattutto con Abigail la ragazza strana, così come la soprannominavano a scuola.
“Ho paura.” Sussurrò afferrando la matita dalla punta sottile e ricominciando a scrivere così lentamente da sembrare quasi di essere in un film al rallentatore, cercava con tutte le sue forze di non tremare e di riuscire a smorzare quel buco che le riempiva lo stomaco e le faceva quasi venire da piangere, ma era più forte di lei e si sentiva una stupida.
“Di cosa?” Louis era curioso, lo era sempre stato, qualche volta arrivando ad essere anche fin troppo ficca naso e maleducato, ma non gli importava di ricevere brutte risposte o di essere mandato a quel paese, ne valeva la pena.
“Della matematica.” Rispose Abigail in modo ovvio. Di cos'altro sennò?
“Ah” Fu l'unica cosa che uscì dalle labbra sottili di Louis tomlinson e lasciò cadere il discorso per circa una decina di minuti.
Tra calcolatrici, sguardi omicidi da parte della bibliotecaria, starnuti procurati dai libri impolverati di quella biblioteca, sorrisi insoliti e tremolii, Abigail dimenticò quasi quella conversazione.
Ma Louis con la sua tenacia, o forse testardaggine? Non demorse. “Perché?”
Abigail bloccò la mano sul foglio. Louis le aveva spiegato quell'esercizio ben tre volte ma aveva già dimenticato il procedimento, le mani le tremarono di nuovo.
Sapeva bene a cosa si stava riferendo con quella domanda.
“Non lo so. Non sono brava in matematica, non lo sono mai stata. Forse è per questo.” Disse tenendo lo sguardo fermo sul numero dieci, il suo numero fortunato.
Si sentiva estremamente ridicola in quel momento, aveva appena rivelato a Louis Tomlinson, la sua cotta da più di un anno, una delle sue paure... La più strana, tra l'altro.
D'altro canto Louis riuscì solamente a sussurrare un flebile “Oh.” Perché per lui era strano, nessuno era mai riuscito a zittirlo in quel modo, tanto meno con una frase così, apparentemente, semplice. Nonostante non fosse bravo ad esprimersi, era sempre pronto a parlare, urlare, gracchiare, sussurrare, imitare qualunque cosa, eppure con Abigail ad ogni risposta che riceveva rimaneva sempre spiazzato, sorpreso.
E non riusciva a comprendere se quella cosa gli facesse piacere o meno.
Si sentiva estremamente ridicolo in quel momento.
“Puoi anche dirlo.” Borbottò Abigail quasi arrabbiata, Louis la osservò attentamente con un sopracciglio alzato, poi ricominciò a scrivere senza degnarle di una risposta. Non appena concluse l'esercizio rispose “Dire cosa?” Sorrise. Un sorriso sincero, uno di quelli che piacevano ad Abigail. Non quei sorrisi forzati, quelli di circostanza che lei rivolgeva a quasi tutte le persone che conosceva, ma quei sorrisi veri, dove non si è felici ma semplicemente sé stessi.
Abigail amava i sorrisi sinceri.
“Che sono pazza.” Ricambiò il sorriso, lo stesso sorriso che rivolgeva alla sorella di sei anni quando le chiedeva di aiutarla a colorare i suoi quaderni, e le si illuminarono gli occhi.
“Non sei pazza, sei strana... Ma a me piacciono le persone strane.” Ammiccò Louis scoprendo i denti bianchi per poi dedicarle un altro sorriso, lei ricambiò di nuovo.

“Louis, ti va di conoscere le altre mie paure?” Chiese entusiasta poggiando la matita, ancora una volta, sul foglio quasi vuoto e allontanandolo leggermente da lei.
“Si.” Acconsentì il moro, incrociando le braccia al petto, pronto a sentire qualsiasi cosa.

“A me piace essere strana, perciò preparati al peggio!” Trillò strofinandosi le mani per il freddo.
Una voce gracchiante attirò l'attenzione dei due ed interruppe Abigail già pronta a raccontare per filo e per segno le sue paure, si voltarono contemporaneamente verso la donna magra che lavorava da custode nella biblioteca “Scusate ragazzi, dovete fare silenzio, altrimenti mi costringete a mandarvi via.”
Ed Abigail e Louis si trattennero dallo scoppiare a ridere rumorosamente.
Abigail era felice, aveva trovato qualcuno con cui parlare.
E Louis anche.

 

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Capitolo 3
*** Capitolo due. ***


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Abigail rivolse un sorriso a trentadue denti a sua madre prima di lasciarle un dolce bacio sulla guancia e sotto il suo sguardo divertito si guardò allo specchio del salotto.
Aveva indossato una gonna larga e lunga fino ai piedi di un colore tra il marrone ed il giallo, Abigail non riusciva a capirlo. Una maglia nera, infilata nella gonna, dallo scollo largo e i suoi soliti anfibi neri che sua madre odiava perché erano fin troppo consumati e vecchi... Le davano un'aria sciatta, diceva.
“Tesoro, cos'è tutta questa fretta di andare a scuola e questo buon umore?” Domandò la madre indossando le scarpe con il tacco e infilando in borsa i soliti fazzoletti. 
“Il buongiorno si vede dal mattino.” Rispose con una frase che non c'entrava molto in quel  contesto. 
“Come va con quel ragazzo che ti fa ripetizione?” Domandò di nuovo Maura ignorandola e infilando la borsa in spalla. Andava di fretta, ma le solite domande di routine per Abigail non mancavano mai.
“Sbrigati Dakota o faremo tardi!” Urlò Niall facendo irruzione nel salotto e aprendo la porta d'ingresso. La bambina di sei anni uscì di fretta dal bagno e aggiustandosi il codino di capelli biondi dietro la nuca, corse incontro al fratello. “Ho fatto, uomo.” 
Niall scoppiò a ridere per quel nomignolo che le aveva affibbiato la sorellina e lanciò un bacio volante alle due donne in salotto intente ad osservarli. “Bene.” Rispose frettolosamente Abigail cercando di sviare il discorso ad altro. Maura lo capì e lanciando una fugace occhiata al suo orologio da polso batté le mani e imitò Niall e Dakota chiudendosi la porta alle spalle.
Abigail riuscì ad udire solo un “Buona giornata, tesoro!” Urlato dalle scale del condominio.

“Ringraziami.” Sussurrò Mallory mentre il professore di biologia spiegava un argomento che Abigail non stava ad ascoltare. La sua mente era troppo occupata a fantasticare su Louis e su ciò che il giorno prima gli aveva detto.
Il fastidioso dubbio di aver sbagliato o fatto bene a fidarsi di lui in quel modo continuava a lampeggiare come un campanello d'allarme, ma lei semplicemente lo ignorava.
“Per cosa?” Chiese non appena Mr Young voltò lo sguardo verso gli alunni della fila a destra.
“Per aver detto a tuo fratello che in matematica sei negata.” Borbottò Mallory scarabocchiando qualche faccina sorridente sul suo quaderno a righi. Abigail sbuffò.
“Non ti ringrazio. Non hai fatto altro che peggiorare le cose.” L'accusò allontanandosi leggermente da lei.
“Smettila di fare la finta tonta. Non ti fa piacere avere Louis Tomlinson come tutor?” Chiese lanciandole un occhiata maliziosa, Abigail non sopportava occhiate del genere. Mallory era la sua migliore amica, ma certe volte davvero non riusciva a seguirla, non ci voleva molto a comprendere che loro due erano nettamente differenti, eppure si completavano a vicenda.
Chiuse il quaderno con stizza, nonostante la lezione non era ancora terminata. “Dimmi un po', perché tu e mio fratello complottate contro di me? Avete per caso una relazione di cui non so nulla?” Chiese alzando il tono di voce e prima che se ne rendesse conto, Abigail e Mallory avevano gli occhi di tutta la classe puntati addosso mentre il professore le osservava con un sorriso divertito e le braccia incrociate al petto. “Signorina Horan, le dispiace rimandare a dopo i pettegolezzi su suo fratello?” 
“Mi scusi Mr Young.” Rispose in completo imbarazzo mentre alcune ragazze la deridevano. “Bene, riprendiamo.” Concluse il professore riportando l'attenzione della classe su di lui.
Abigail non sopportava quando il fratello e Mallory si scambiavano telefonate, perché la maggior parte degli argomenti delle loro discussioni era La travagliante vita privata di Abigail Horan e non le era mai piaciuto essere al centro dell'attenzione di qualcuno.

“Raccontami i dettagli!” Piagnucolò Mallory incrociando le braccia al petto e comportandosi come Dakota quando aveva circa quattro anni. “Te lo ripeto per l'ultima volta, non c'è nessun dettaglio rilevante. Abbiamo passato l'intero pomeriggio a svolgere esercizi difficilissimi.” Ripeté trovandosi davanti al suo armadietto, lo aprì dopo due vani tentativi.
“Mallory, ma il tuo armadietto è laggiù, cosa ci fai ancora qui con me?” Domandò Abigail indicandole il suo armadietto, decisamente più lontano dal suo. Aveva troppa voglia di mandarla via e rimanere da sola. “Okay, ma non non la passerai liscia. Devi raccontarmi tutto.” E a quelle parole fece retromarcia per poi avviarsi a grandi passi verso il suo armadietto.
Abigail tirò un sospiro di sollievo, finalmente un po' di pace. Voleva bene a Mallory, ma quando diventata così insistente, lunatica e rompi scatole le sarebbe piaciuto mandarla a quel paese liberandosi di lei. Insomma, tra lei e Louis non era successo nulla... Avevano chiacchierato, lei gli aveva svelato i suoi segreti, in un certo senso, ma non c'era stato nulla di più, anche se le sarebbe piaciuto.
“Farfallina!” La voce squillante di Louis fece voltare Abigail che sobbalzò di poco e rimase sorpresa della sua attenzione. “Ciao Louis.” Borbottò infilando nello zaino il libro di letteratura che di lì a poco avrebbe dovuto usare.
“Come va, farfallina?” Chiese con un sorriso smagliante sulle labbra, sembrava più allegro del solito. “Farfallina?” Lo ignorò riflettendo sulle sue parole. Le farfalle che aveva nello stomaco si agitarono ancor di più. “Ti si addice come soprannome.” Spiegò gesticolando animatamente con un bicchiere di cartone tra le mani. Sembrava agitato.
“Tutto bene, Louis?” Domandò Abigail corrugando le sopracciglia e assumendo un'aria leggermente preoccupata. “Non vale, l'ho fatta prima io la domanda!” Esclamò battendo un piede a terra ed incrociando le braccia al petto. 
Abigail sbuffò alzando gli occhi al cielo, ecco un altro bambino!
“Io sto bene e tu?” Chiese di nuovo chiudendo l'armadietto mentre gli occhi azzurri di Louis la scrutavano con attenzione, la ragazza abbassò immediatamente lo sguardo arrossendo, presa alla sprovvista.
“Sono felice. Ho una sorpresa per te.” Abigail arrossì ancor di più e sgranò leggermente gli occhi assumendo un'aria interrogativa e fissandolo, forse, troppo insistentemente perché Louis scoppiò in una sonora risata, l'ennesima risata che ad Abigail fece tremare il cuore.
“Che sorpresa?” Chiese forse con troppa enfasi. Louis serrò le labbra e chiuse gli occhi.
Abigail lo osservò attentamente. Portava una semplice t-shirt blu a maniche corte, un jeans scuro abbastanza attillato e le solite vans scolorite, mentre dallo zaino verde  bottiglia fuoriusciva una felpa bianca. Era bellissimo.
La sua attenzione però, venne catturata dal bicchiere di cartone marrone che aveva tra le mani, storse il naso non appena lesse la parola a caratteri cubitali stampata sul cartone coffee.
Abigail odiava il caffè.
Louis riaprì gli occhi, incrociò le gambe in modo buffo e la sua bocca mostrò un sorriso grandissimo. “Vieni con me e lo scoprirai.” Dichiarò in tono solenne porgendole la mano. Abigail scosse il capo ignorando la mano e fece una piroetta, mentre la gonna marrone o gialla? Che aveva indossato svolazzò davanti agli occhi sorridenti del ragazzo che aveva davanti.
“Okay, andiamo.” Annunciò.

“L-Louis?” Balbettò in agitazione Abigail non appena intravide Zayn Malik chiacchierare con una ragazza dai capelli viola davanti la classe di storia dell'arte, qualche metro più avanti di loro. “Mhmm...” Mugugnò Louis aumentando di poco il passo e continuando a camminare in direzione del ragazzo inquietante.
“Ho lezione di letteratura, la classe si trova dall'altra parte della scuola. Cosa ci facciamo qui?” Chiese fermandosi di colpo in mezzo al corridoio mentre un ragazzo sbadato le diede una spallata facendola barcollare in avanti. “Non preoccuparti, devo solo...” Abigail sventolò una mano davanti al viso di Louis zittendolo “Vuoi farmi parlare con quello lì?” Indicò il moro ma poi rimise immediatamente la mano dietro la schiena cercando di non farsi notare, Louis sorridendo bevve un sorso del suo schifoso caffè freddo.
L'odore arrivava fino a lei, ma non sembrava poi così tanto male... Anzi, sembrava avere un buon odore, immaginò l'aroma di quel liquido scuro e si leccò le labbra.
“Cosa c'è di male? Zayn è mio amico, siamo vicini di casa e ci conosciamo da tanto, è un bravo ragazzo e tu hai bisogno di superare questa paura.” Annunciò quasi come se fosse questione di vita o di morte il loro incontro, ma Abigail era testarda ed era decisa a non avvicinarsi più di tanto a quell'individuo. “Come con matematica ricordi? Hai superato la paura!” Continuò Louis gesticolando con le mani, facendo quasi rovesciare il caffè a terra.
“E poi è amico a tuo fratello.” Aggiunse ancora. 
“Non ho del tutto superato quella paura e poi non è la stessa cosa.” Borbottò incrociando le braccia al petto, adesso era lei la bambina.
Louis sbuffò, alzò gli occhi al cielo e afferrò Abigail per un braccio trascinandola verso Zayn e la ragazza. 
La campanella suonò facendo risuonare il suo solito suono stridulo ed irritante per tutto l'edificio scolastico. Ed Abigail mai come quella volta adorò quel suono.
“Louis, io devo andar...” 
“Ehi, Zayn!” La voce di Louis riempì il corridoio quasi vuoto mentre la ragazza dai capelli viola andò via. “Louis.” Borbottò il moro lanciando un'occhiata ad Abigail che lo osservava di sottecchi mentre la pancia continuava a fare i salti mortali. 
E non riusciva a comprendere se era per Zayn e il suo sguardo annoiato quanto inquietante o Louis che stringeva il suo polso con un tocco debole quanto autoritario.
“Lei è la sorella di Horan.” La indicò con la mano libera e sorrise amichevolmente . Zayn si limitò ad alzare il capo in un cenno di saluto per poi prepararsi ad andare a lezione. 
Abigail era quasi sul punto di tirare un sospiro di sollievo ma Louis lo bloccò. “Amico, potresti dirle qualcosa?” Gesticolò ancora ed Abigial capì che lo faceva abitualmente che era quasi un vizio per lui.
Zayn corrugò la fronte, infilò una mano nella tasca dei jeans e con l'altra aggiustò lo zaino in spalla e chiese rivolto ad Abigail “Cosa dovrei dirti?” La ragazza deglutì rumorosamente ma si rese conto di avere la gola troppo secca per poter rispondere, allora scosse il capo lentamente mentre continuava a tenere gli occhi puntati nei suoi.
Non sapeva il perché di quella stramba paura ma c'era qualcosa in Zayn Malik che la preoccupava non poco.
“Le fai un certo effetto.” Continuò Louis tossicchiando fintamente e stritolando ancor di più il polso della ragazza incitandola a dire qualcosa. Zayn alzò un angolo della bocca per poi assottigliare gli occhi, le si avvicinò di qualche passo ed Abigail non potette fare a meno che indietreggiare altrettanto. Zayn ampliò il sorriso notando lo sguardo buffo da parte della ragazza. “Ti piaccio?” Domandò ancora mutando di poco il sorriso. I soliti sorrisi maliziosi che Abigail non sopportava. Scosse di nuovo il capo.
“Ha paura di te.” Chiarì Louis sorseggiando le ultime gocce di caffè osservando attentamente i due.
Zayn la osservò per qualche minuto in silenzio con sguardo indagatore.
Qualche minuto che ad Abigail sembrarono ore, sentì la presa di Louis al suo polso farsi sempre più debole, finché non la lasciò del tutto andare e la sua mano ricadde lungo i fianchi. Ed Abigail si sentì quasi... Persa.
Lanciò un'occhiata frettolosa a Louis, gli occhi velati da un alone di preoccupazione misto a paura. Era agitata e stava cadendo nel panico totale. Mordeva istericamente il labbro inferiore, picchiettava a terra il piede e strofinava le mani che le sudavano sulla gonna lunga.
Zayn scosse il capo divertito gettò la cartella a terra che con un tonfo rimbombò in tutto il corridoio, ormai vuoto, ma soprattutto nelle orecchie di Abigail e allargò le braccia. “Mi dai un abbraccio?” Chiese in modo così infantile e sincero da non rispecchiare affatto il suo aspetto da duro e ad Abigail le venne quasi da sorridere nonostante le mani le tremassero.  Avanzò lentamente di due esatti passi e poi si infilò tra le braccia del moro che odorava di menta e bagnoschiuma alla vaniglia.
Non appena si distaccarono Abigail cominciò a sentire il cuore pompare di nuovo sangue, lo stomaco calmarsi e le mani tremare sempre di meno, gli occhi castani di Zayn si chiusero leggermente e domandò con un pizzico di ironia nella voce “Va meglio adesso? Perché sai, posso abbracciarti di nuovo se vuoi... Io non mi faccio problemi.” Chiarì rivolgendole un occhiolino. 
Abigail annuì e abbozzò un sorriso così tirato che sembrò quasi una smorfia di dolore.
Le bastava così, aveva abbracciato Zayn Malik, il ragazzo di cui aveva paura e che era sempre pronta ad evitare, Mallory non ci avrebbe mai creduto!
Zayn si avvicinò di nuovo, pronto ad un altro abbraccio, ma Louis si immischiò. “Penso che per oggi vada bene così.” 
Il suo sorriso era velato da un pizzico di soddisfazione e preoccupazione che solo Zayn riuscì a decifrare.

“Ti odio a morte.” Borbottò Abigail sapendo che in realtà quello che provava per Louis Caffè Tomlinson era tutt'altro. “Dovresti amarmi piuttosto.” Borbottò fintamente offeso il moro.
Erano fermi fuori scuola da dieci minuti buoni a parlare su ciò che aveva provato Abigail conoscendo Zayn, nonostante la scuola fosse terminata da un pezzo. “Oh, ti amo eccome.” Avrebbe voluto rispondergli, ma evitò.
Abigail era davvero arrabbiata con lui, nonostante ciò che provava nei suoi confronti, sentiva la rabbia ribollirle nelle vene ed arrivare quasi al cervello.
Aveva fatto la figura della stupida ed era inevitabile, ci sarebbe stato qualcun altro a chiamarla strana. 
“Sei arrabbiata?” Domandò Louis con un leggero timore nella voce.
Abigail avrebbe voluto fare delle giravolte all'infinito, ma sapeva che in quel momento non le sarebbe servito a niente.
Non rispose.
“Hai superato la paura.” Cercò di persuaderla, strascicando le parole.
Abigail appoggiò le mani incredibilmente minuscole sui suoi fianchi e “Ti odio a morte!” Ripeté, Louis le rivolse solo uno sguardo poi lo puntò a terra mortificato. “Sei un deficiente.” Lo insultò ancora e il ragazzo sbuffò, alzò gli occhi al cielo e “Farfallina, che ne dici di affrontare tutte le tue paure?” Domandò affibbiandole di nuovo quel nome che ad Abigail, però, piaceva. 
La ragazza lo osservò con un espressione accigliata, si rigirò tra le dita una ciocca di capelli biondi, deglutì, si fissò gli anfibi neri e non rispose, rimase in silenzio, perché la risposta era un no categorico.
Louis aveva un dono nel rigirare la frittata e cambiare discorso.
“Per favore!” Piagnucolò il ragazzo cacciando all'infuori il labbro inferiore e assumendo un espressione triste. “Non se ne parla.” Rispose in modo autoritario.
“D'accordo. Ci vediamo domani a scuola.” Le fece la linguaccia e cambiò discorso, di nuovo. “Oggi non abbiamo ripetizione?” Domandò palesemente delusa. 
“Oggi è il mio giorno libero, ricordi?” Le rammendò sorridendole. “Oh.” Fu tutto ciò che le uscì dalle labbra carnose.
“A domani e se cambi idea fammi sapere.” Le fece l'occhiolino e si allontanò a passo spedito verso casa. Ad Abigail le si bloccò quasi il cuore a vederlo andare via e fu inevitabile. 
Le sue labbra si mossero da sole, la voce uscì senza aver avuto il permesso ed i piedi corsero verso Louis in un moto meccanico. “Si!” Esclamò.
Il moro si voltò sorridendo, tornò indietro raggiungendola. 
“Sapevo che avresti accettato!” Esclamò con l'eccitazione nella voce. Abigail sorrise e in che guaio mi sono cacciata? Pensò.
“Scattiamo una foto per sigillare il patto.” Trillò cacciando da tasca l'iphone, azionò la fotocamera e scattò una foto leggermente sfuocata e scappò via. “Sono in ritardo!” Urlò da lontano. 
Ed Abigail sorrise perché amava scattare le fotografie.

 
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Capitolo 4
*** Capitolo tre. ***


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Abigail aprì gli occhi e mugugnò qualcosa di incomprensibile mentre la madre aprì le imposte e spalancò la finestra della sua stanza da letto.
Un brivido percorse la sua spina dorsale, mentre il vento freddo delle 
otto del mattino avvolgeva la stanza. “Sbrigati, tesoro, sono le otto.” L'avvertì Maura uscendo dalla stanza con il solito ticchettio delle scarpe con il tacco.
Abigail spalancò gli occhi e si alzò immediatamente dal letto, rischiò quasi di cadere e di rompersi la noce del collo, ma poco le importava.
Avrebbe fatto brutta fine lo stesso, se avesse ritardato di nuovo con Mallory.
“Porca...”
“Non dire parolacce!” L'ammonì la madre dalla cucina. Abigail annuì distratta, si infilò i primi abiti che le capitarono a tiro e allungò una mano sotto al letto pronta per afferrare i suoi soliti anfibi rovinati che le piacevano. Ma non trovò nulla, solo aria.
“Mamma, dove sono le mie scarpe?” Domandò uscendo dalla sua stanza da letto e percorrendo l'appartamento a piedi scalzi fino ad arrivare in cucina. Erano le otto ed un quarto. Niall e Dakota erano già usciti e lei era tremendamente in ritardo.
“Gli anfibi dici? Li ho buttati.” Borbottò posando sul tavolo la tazza di latte di Abigail e afferrando le chiavi di casa. “Cosa?!” Urlò la ragazza presa alla sprovvista.
“Oh, andiamo erano rovinati. Te ne ho comprati un paio nuovi ieri, sono in camera mia.”
Abigail si precipitò in camera della madre, notò subito sotto la specchiera uno scatolo color dell'oro con all'interno degli anfibi nuovi di zecca.

Non erano rovinati, non avevano l'aria vissuta ed erano così lucidi da farle girare quasi la testa. Li odiava e rivoleva indietro quelli vecchi.
“Non dimenticarti di fare colazione, a stasera!” Trillò la madre chiudendosi la porta alle spalle.
Ed Abigail con espressione affranta infilò con cura quelle scarpe che non assomigliavano per niente alle sue, nonostante fossero dello stesso modello.

 

“Oh, Abigail non avevo notato le tue scarpe nuove.” Ridacchiò Mallory aggiustando la coda alta che aveva fatto ai capelli. Abigail strizzò gli occhi e assunse ancor di più l'espressione imbronciata. “Scommetto che non ti piacciono.” Continuò l'amica reggendo dei libri tra le mani.
Erano appena entrate a scuola e ad Abigail sembrava più affollata del solito, le sembrava quasi che fossero tutti li ad ammirare le sue nuove scarpe.
Si sentiva in imbarazzo.
“Come possono piacermi?! Sono così... Strane.” Sbuffò camminando a grandi passi e fissandosi le scarpe. “Tu sei strana.” Puntualizzò l'amica sorridendo in modo bonario. “Si ma in positivo. Queste scarpe invece non mi piacciono.” Rispose continuando a camminare a testa bassa. “Abigail, hai passato il tuo armadietto.” L'avvertì Mallory continuando a camminare.
Abigail serrò gli occhi, si fermò e fece qualche passo indietro andandosi a scontrare con qualcuno. “A dopo.” Borbottò ignorando la persona che aveva quasi buttato a terra.
“Farfallina, sta un po' più attenta.” Non appena riconobbe la voce di Louis, si voltò con un sorriso a trentadue denti, il suo umore cambiò improvvisamente.

“Louis!” Esclamò contenta. Avrebbe voluto abbracciarlo, ma ignorò quell'istinto. “Come va questa mattina? Ti vedo contenta.” Ridacchiò lui, mettendo entrambe la mani nei capelli, cercando di aggiustarli.
“Per niente, invece.” Borbottò Abigail ricordandosi improvvisamente delle scarpe nuove, aveva vergogna.
“Qualcosa non va?” Chiese continuando a strofinare i capelli con le dita. “Lascia perdere. Piuttosto, cosa stai facendo con i tuoi capelli?” Domandò lei osservando attentamente ogni sua mossa.
“Il cappello che ho messo me li ha fatti diventare una sottiletta!” Scoppiò in una sonora risata cacciando un beanie grigio.
Abigail arricciò il naso disgustata, odiava i cappelli in generale, ma doveva ammettere che a Louis stava bene di tutto e quindi poteva anche passarci su, in qualche modo.
Già stava cominciando a piacerle quel cappellino.
Louis infilò il cappello di nuovo nello zaino e osservò attentamente le scarpe della ragazza. “Belle scarpe.” Commentò.
“Te ne sei accorto anche tu?” Piagnucolò arrossendo appena. “Delle scarpe? Si, sono carine.” Annuì il ragazzo, mentre gli passarono di fianco alcuni suoi amici che salutò con un cenno del capo. “Sono degli anfibi nuovi che mia madre mi ha comprato. E' tutta colpa sua, sono orrendi.” Ringhiò aprendo l'armadietto e recuperando il libro di matematica.
Quella mattina sarebbe entrata in classe a svolgere gli esercizi di aritmetica che Louis le aveva insegnato. Anche se non era del tutto preparata, grazie a Louis era riuscita a svolgere almeno i compiti per casa. Stava migliorando, insomma.
“Sono i soliti anfibi che indossi, nuovi però.” Dichiarò con un ovvietà che ad Abigail fece rizzare i capelli. “Appunto, sono nuovi. Io rivoglio quelli rovinati!” Esclamò battendo un piede a terra. Ne rimase delusa ed amareggiata quando si rese conto che nemmeno il rumore della gomma degli anfibi sul pavimento era quello di prima.
“Quante storie!” Louis alzò gli occhi al cielo e allungò un piede verso quello di Abigail.
“Ecco i tuoi anfibi vecchi e rovinati di un tempo.” Annunciò dopo averle calpestato delicatamente i piedi e averle sporcato le scarpe.
Abigail arrossì per la vicinanza con Louis, poi dopo essersi ripresa annuì con un sorriso che andava da un orecchio all'altro. “Grazie, sono magnifici adesso!”
Abigail sorrise e lo ringraziò di nuovo. Perché non era venuta a lei in mente, quell'idea così geniale? Non erano come quelli vecchi, ma avevano l'aria vissuta di un tempo. Amava i suoi anfibi rovinati.

 

Abigail aprì la porta di casa con il solito affanno per le scale. La risata di Liam riempì l'abitacolo ed Abigail non potette fare a meno di alzare gli occhi al cielo.
“Ben tornata, sorellina!” La salutò Niall dalla sua solita postazione, la cucina.
Abigail non rispose, si limitò ad appoggiare con la delicatezza di un elefante lo zaino sul divano, occupato già in gran parte da Dakota, intenta a guardare uno dei suoi cartoni animati preferiti.

Varcò la porta della cucina e borbottò un “Devi ancora spiegarmi cosa c'è tra te e Mallory.”
“Tu stai male.” Niall ridacchiò istericamente, era la prima volta che Abigail vedeva suo fratello in serie difficoltà. Gli piaceva Mallory, eccome se gli piaceva.
Liam represse una risata, portandosi il collo della maglietta sulla bocca. “Certo, lupo.” L'apostrofò la ragazza con il soprannome che gli aveva affibbiato Dakota.
“Tu, invece, devi spiegarmi perché Louis Tomlinson qualche minuto fa mi ha telefonato chiamandomi farfallina” Inarcò un sopracciglio incrociando le braccia ed imitando con voce teatrale quella di Louis.
Abigail lo fissò.
Niall la fissò di rimando.
Si fissarono e “La smettete di fissarvi e di leggervi nel pensiero? Noi comuni mortali non vi comprendiamo.” Sbottò Liam alzando le braccia al cielo.
“Liam, perché parli al plurale? Ci sei solo tu come comune mortale... Stupido.” Borbottò Abigail cercando cambiare discorso mentre dentro di lei stava per morire dall'imbarazzo.
“Non cambiare discorso, ragazzina!” Ridacchiò Niall disciogliendo le braccia per poi incrociarle di nuovo al petto, la conosceva troppo bene.
“Che ti ha detto?” Domandò Abigail ignorandolo di nuovo. “Nulla, ho chiuso la chiamata non appena gli ho detto che ho qualcos'altro piuttosto che la...”
“Va bene così!” Urlò Abigail interrompendolo mentre Liam e Niall scoppiarono in una risata sguaiata.

 

Non appena Abigail varcò la porta a vetri oscurati della biblioteca andò a sbattere contro qualcuno per l'ennesima volta, facendo rovesciare i libri e i quaderni di aritmetica a terra.
Tutto ciò che riuscì a sentire fu un “Ahia” Strozzato.
Alzò il capo sbuffando sonoramente e il volto mortificato di Louis si fece spazio davanti ai suoi occhi. “Dovremmo smetterla di incontrarci così.” Ridacchiò con il volto paonazzo per la vergogna. Louis sorrise e la solita donna dietro la scrivania di legno gli lanciò un occhiata in tralice.

Il ragazzo si accasciò a terra e sistemò i libri in una pila ordinata porgendoli poi ad Abigail che lo osservava grata.
“Grazie.” Bisbigliò evitando di ricevere un'altra brutta occhiata da parte della custode.
“Stavo venendo a cercarti.” Sussurrò Louis grattandosi la nuca. “Si, scusami sono in ritardo.” Rispose mortificata.
Louis annunciò un mezzo sorriso, poi seguito da Abigail si diresse di nuovo ad uno dei tanti tavoli posti in quella piccola biblioteca che stava cominciando a diventare un po' troppo stretta per i gusti di entrambi.

 

Quanto tempo era passato? Ad Abigail sembrava un eternità eppure l'orologio rosa da polso legato al suo braccio fin troppo bianco, segnava chiaramente le cinque e trenta del pomeriggio, l'ora in cui Niall e Liam bevevano il the giocando all'xbox e mostrando a Dakota, la piccola ed innocente sorellina, come uccidere gli zombie.
Erano chiusi in quel locale polveroso e colmo di libri che aveva voglia di leggere, da un ora e mezza e già non ne poteva più di risolvere gli stessi esercizi, aveva quasi imparato a memoria tutto lo svolgimento. “Louis, ho imparato questi esercizi, voglio svolgerne altri.” Brontolò picchiettando la penna nera sul quaderno pieno di scarabocchi e di numeri scritti nelle forme più strane, che solo Abigail riusciva a comprendere.
“Finalmente!” Dichiarò gettando anche lui la penna sul suo quaderno che andò a finire, però, a terra e alzando le braccia al cielo.
“Cosa...” Abigail lo osservò con un'aria interrogativa, quasi con sguardo omicida e non riuscì a terminare la frase, Louis la interruppe sorridendo. “Finalmente sei riuscita a superare del tutto la tua paura!” Louis diminuì il tono di voce ma l'eccentricità che aveva utilizzato per esprimere quelle parole fece sorridere in modo buffo Abigail, la quale prima di scoppiare a ridere, portò una mano davanti alla bocca evitando così di essere cacciata via da quella biblioteca troppo polverosa.
Pensò a quelle parole dette da Louis attentamente, aveva superato la sua paura per la matematica non appena aveva annunciato di voler svolgere altri esercizi, finalmente poteva ritenersi libera in un certo senso, era fiera di sé stessa e anche un po' nervosa.
“Hai ragione.” Annuì Abigail giocherellando con l'orologio. “Adesso, che ne dici se andiamo a superare un'altra tua insignificante paura?” Domandò il moro strofinandosi le mani con un sorriso quasi da approfittatore dipinto sulle labbra.
“Mi stai dando dell'insignificante?” Esclamò offesa Abigail che tirò giù dal tavolo le mani troppo bianche e le puntò sulle gambe, molto probabilmente già pronta ad andarsene.
“No, hai capito male. Cioè, io non intendevo quello, io...”
“Louis, stavo scherzando. Ho capito quello che volevi dire.” Lo anticipò la bionda rassicurandolo con un sorriso intenerito. Louis sospirò sorridendo a sua volta.
“Andiamo a vedere un film horror a casa mia.” Annunciò infilando il quaderno di matematica nello zaino verde. “Ma io...” Abigail tentò di persuaderlo e “Tu cosa?” La interruppe il moro alzandosi dalla sedia scomoda, già pronto per andare via e sentire una qualche scusa inventata da Abigail su due piedi, ma non le avrebbe dato retta, Louis era testardo.
“Io voglio continuare a fare esercizi di matematica.” La buttò li la ragazza che mise un finto broncio. “Oh, non raccontarmi cavolate! Lo sappiamo entrambi che di matematica non ti importa nulla. Su, andiamo a vedere questo film!” Esclamò praticamente trascinando Abigail per un braccio.
“Ma Louis, hai lasciato la tua penna a terra!” Provò ancora, indicandogli la penna rossa che aveva fatto cadere. La bibliotecaria li guardò male e “Siete pregati di fare meno baccano, grazie.” Li ammonì ancora una volta.
E Louis fermandosi si avvicinò lentamente al viso di Abigail, così vicino che la ragazza temette di svenire da un momento all'altro, mentre i fuochi d'artificio dentro di lei scoppiavano allegramente. Il ragazzo accostò le labbra sottili all'orecchio sinistro di Abigail e sussurrò “Non mi importa.” E lei tutto ciò che sentì, oltre alla porta della biblioteca chiudersi alle loro spalle, ai clacson delle auto in corsa e al chiacchiericcio delle persone che passavano in fretta per di la, furono dei brividi che non riuscì a non associarli All'amore che provo per Louis Tomlinson.

 

“Guardati, sei la ragazza più coraggiosa che io conosca!” Ridacchiò Louis lanciando un'occhiata divertita ad Abigail che fissava lo schermo piatto del televisore della stanza di Louis con sguardo terrorizzato, aspettava l'apparizione di qualche assassino da un momento all'altro, ma fino a quel momento quel film non aveva ancora nulla di horror.
“Smettila di prendermi in giro.” L'ammonì stringendo più forte quel cuscino blu di Louis che aveva poggiato in grembo, le girava la testa e aveva voglia di sgranchire le gambe che teneva piegate dall'inizio del film, mezz'ora.
“Sono serio.” Sussurrò alzando gli occhi al cielo proprio mentre i colori del televisore si attenuarono per poi scomparire del tutto, calò l'oscurità nella stanza di Louis.
Le imposte abbassate del tutto, la porta chiusa a chiave e le luci spente donavano a quella stanza un aspetto decisamente macabro, e gli abiti del ragazzo buttati lì a terra sembravano quasi trasformarsi in tanti piccoli draghi pronti a darle fuoco.
Le iridi chiare di Abigail si strinsero in cerca di luce, proprio in quel momento stava per sbuffare e annunciare la sua imminente uscita, quando d'improvviso sullo schermo apparve un mostro dalla pelle verdognola, raggrinzita e dagli occhi galli, acquosi ed indemoniati, in più come da sottofondo c'era una musica inquietante.
Non appena la ragazza riuscì a dare una forma a ciò che le era apparso davanti agli occhi lanciò un urlo squillante e immerse il volto nel morbido cuscino, facendo scoppiare Louis nella sua solita fragorosa risata. L'arrivo inaspettato del mostro non l'aveva per niente scalfito ed Abigail represse per la milionesima volta, o forse di più, la voglia di immergersi nelle sue braccia e farsi coccolare, li si sarebbe sicuramente sentita meglio, più... Protetta.
“Non ridere.” Mugugnò con il volto ancora incastrato nel cuscino. “Sei troppo buffa!” Continuò il ragazzo al suo fianco. “E' spaventoso quel coso ed io non sono buffa.” Si giustificò, poi sventolando una mano, alla ceca, in direzione di Louis lo colpì dritto in faccia e borbottò “Adesso spegni.”
“Mi hai colpito!” Trillò il moro mentre alle orecchie della bionda arrivavano ancora gli urli della protagonista che le ricordava vagamente Mallory, forse dalla voce squillante e fastidiosa in alcuni punti.
Poi dopo un paio di minuti in cui Abigail era ancora attaccata con il viso al cuscino, Louis sospirò pesantemente e “Okay, la spengo.” Rinunciò afferrando il telecomando del televisore dal tappeto e mettendo in pausa il CD.
“Hai fatto?” Borbottò con la voce ovattata dal cuscino. “Dai, smettila di fare la fifona!” Louis afferrò il cuscino e glielo sfilò dalle mani poggiandolo sul letto dietro di loro.
“Io non voglio essere fifona!” Esclamò Abigail incrociando le braccia al petto ed assumendo un espressione infantile.
“Non devi avere paura, non hai nulla da perdere.” Borbottò grattandosi la nuca, non sapeva come incoraggiarla, ma infondo era vero, non aveva nulla da perdere.
“Okay.” Esclamò di nuovo “Guardiamoci questo film.” Borbottò per poi riprendere il cuscino dal letto.


Chiedo scusa per il terribile ritardo, lo so, sono passati tre mesi dal mio ultimo aggiornamento ma ho avuto parecchi problemi con il mio PC rotto, spero che ci sia ancora qualcuno che legge questa storia perché, davvero sono mortificata e giuro che non accadrà più!
Se c'è ancora qualcuna che legge la storia, spero che il capitolo sia piaciuto.
Non c'è molto da dire sul capitolo, Abigail supera la sua paura numero uno, cioè la matematica e la paura dei film horror, ovviamente Louis la aiuta anche a "ritrovare" i suoi anfibi vecchi e la ragazza comincia ad accettare i "difetti" chiamiamoli così, di Louis (Anche se detto tra noi, lui di difetti non ne ha).
Fatemi sapere cosa ne pensate, se vi va.
Al prossimo aggiornamento, che prometto arriverà prestissimo! <3
E n n E.

 

 

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Capitolo 5
*** Capitolo quattro. ***


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Mallory assottigliò gli occhi e “Louis Tomlinson, eh?” Borbottò rimuginando, probabilmente, su qualcosa che le aveva detto Abigail. “Cosa?” Domandò l'amica improvvisamente interessata allo blaterare della mora. Quando Louis Tomlinson vagava tra i discorsi di qualcuno, la bionda era sempre pronta ad ascoltare.
“Proprio ieri ho visto Louis e tuo fratello parlare al bar. Sai, quello vicino casa tua.” Borbottò ancora, tenendo lo sguardo fisso sulla porta dell'aula, erano fuori la porta della classe di geografia già da dieci minuti buoni, sarebbero dovute entrare a momenti. Abigail scosse la testa.
“Impossibile, mio fratello odia Louis.” Dichiarò con ovvietà. “Impossibile.” Sussurrò ancora, questa volta con meno sicurezza. Infondo cosa ne sapeva lei della giornata che aveva passato suo fratello il giorno prima, se si erano sentiti si e no un paio di volte?
Succedeva sempre così tra Abigail e Niall, erano fratelli e si volevano bene, certo, ma della loro vita privata non ne parlavano mai molto in famiglia, semplicemente perché avevano altri problemi a cui badare.
“C'era anche Liam?” Nell'esatto istante in cui Abigail pronunciò quelle parole, la porta della loro classe di geografia si spalancò facendo sbucare il volto contrariato del professore. “Entrate?” Gracchiò l'uomo costringendo le due ragazze a tacere e a entrare finalmente in classe.

“Non stiamo esagerando?” Domandò Abigail per niente convinta di quella situazione che cominciava a starle troppo stretta. Era già stufa e non ne poteva più di avere paura e stare continuamente sull'attenti con Louis, troppo imprevedibile per i suoi gusti.
Lui le piaceva ma avrebbe preferito incontrarlo in altre circostanze e situazioni differenti da quelle in cui si trovavano in quel momento.
“Smettila di frignare e vieni con me.” L'ammonì il ragazzo camminando a passo svelto in quel quartiere poco frequentato di Londra, che Abigail non aveva mai visto.
“Dico sul serio, non facciamo più nemmeno ripetizioni!” Continuò camminandogli a stento di fianco, non riusciva a tenere il suo stesso passo e in più quel borsone che penzolava dalla spalla del ragazzo la incuriosiva non poco.
“Cosa c'è in quella borsa e dove stiamo andando?” Chiese ancora, non ricevendo alcuna risposta alle sue domande.
“Vedrai, dobbiamo solo sbrigarci.” Annunciò Louis ancora troppo vago, prima di aumentare il passo e lasciando indietro la ragazza, che “Aspettami!” Sbuffò.

“C-Cosa dovrei farne con questo?” Balbettò Abigail afferrando un costume ad un pezzo color lilla che Louis le stava porgendo. “Indossarlo forse?” Ironizzò il ragazzo frugando nel borsone grigio e cacciando fuori un altro costume da uomo. “Ma sei sicuro che non ci sia nessuno qui dentro?” Chiese con timore mentre l'eco della sua voce rimbombava fra le pareti spesse di quell'enorme edificio. “Tranquilla.” Rispose.
Si trovavano in una piscina al coperto. Non una di quelle con l'unico scopo di far divertire il pubblico, ma una di quelle che insegnavano ai bambini a nuotare... Ma Abigail non faceva distinzione, aveva paura lo stesso.
L'acqua rifletteva al soffitto sofisticati ghirigori, che Abigail non riusciva a non fissare e l'intero edificio aveva come colore predominante l'azzurro, che le faceva girare la testa.

Con le labbra secche e il viso piuttosto sciupato, Abigail, indossò il costume che le stava a perfezione e che le donava un aspetto più professionale.
Uscì dallo spogliatoio frettolosamente, con un'aria grave dipinta in volto. Louis al suo arrivo sorrise e la ragazza non potette fare a meno di ricambiare imbarazzata.
Diamine, era la prima volta che si ritrovava in costume davanti ad un ragazzo, e quel ragazzo era proprio Louis Tomlinson!
“Stai tranquilla, i proprietari saranno qui solo tra quattro giorni. Sono amici dei miei genitori.” Spiegò in breve, rassicurandola solo di poco. “Adesso entriamo in acqua.”Annunciò con fin troppo entusiasmo e solo allora Abigail lo fissò attentamente, anche lui era in costume.
Arrossì perché era davvero bellissimo e cavoli, quel costume blu gli stava da Dio!
“Forza!” Cercò di incoraggiarla il ragazzo, immergendosi lentamente in piscina.
Abigail deglutì rumorosamente e torturandosi le mani si avvicinò pericolosamente al bordo. Louis si dimenò in acqua, abbastanza bassa da poter toccare il fondo e cominciò ad andare più al largo.
“Com'è l'acqua?”Domandò Abigail allungando il collo verso la pozza cristallina che rifletteva il suo volto terrorizzato “Fredda.” Mugugnò il moro battendo quasi i denti, anche Abigail aveva freddo ma non gli dava peso, in quel momento si preoccupava solo del suo imminente tuffo, piuttosto che del futuro raffreddore.
“Non possiamo rimandare in estate? Ho freddo.” Si lamentò stringendosi nelle spalle. Louis scosse il capo sorridendo e “Ti dona il costume di mia sorella.” Mormorò squadrandola da capo a piedi.
Abigail avvampò all'istante e le sue guance si colorarono di rosso mentre il labbro inferiore cominciava a bruciarle, colpa dei denti che continuavano a torturarlo.
“Non mi guardare.” Ordinò in modo autoritario. “Entra in acqua, allora.” Le impose il moro facendole l'occhiolino. Abigail abbassò lo sguardo ancora rossa in volto e imbarazzata come non mai.
Evidentemente Louis sapeva il fatto suo. Sapeva approcciarsi bene alle ragazze, niente a che vedere con Abigail che riusciva a mala pena a farsi notare come quella strana.
Sentendosi osservata dagli occhi fin troppo indiscreti di Louis, immerse un piede in acqua, fino ad entrarci del tutto.
L'acqua le arrivava ai fianchi e le punte dei capelli, troppo lunghi, si bagnarono attaccandosi alla schiena coperta dal costume, Abigail rabbrividì.
“Aiutami.” Sussurrò continuando a tremare con gli occhi serrati, le labbra cominciarono a diventare violacee e Louis sorrise.
Si avvicinò a lei in un paio di secondi, con due semplici sbracciate, era un abile nuotatore era evidente.
“Dai vieni qui.” Brontolò Louis trattenendosi dallo scoppiare a ridere. Abigail batté un piede in acqua ma non emerse alcun rumore e rimase per un momento interdetta.
Aveva paura dell'acqua, cosa poteva farci?
“Voglio uscire da qui.” Ringhiò aprendo gli occhi e incenerendo con lo sguardo il ragazzo che aveva davanti.
Louis aveva un sorriso birichino dipinto sul volto, i capelli bagnati arruffati in maniera buffa e gli occhi azzurri che la scrutavano attentamente. “Non se ne parla, piccola.” Borbottò facendo arrossire ancora una volta la ragazza che non riusciva a distogliere lo sguardo dai suoi occhi. In quell'ambiente gli occhi azzurri di Louis sembravano ancora più azzurri e ad Abigail piacevano.
Louis sorrise ancora di più e “Sei rimasta paralizzata?” Chiese sventolandole una mano davanti agli occhi mentre l'altra era appoggiata sul fianco di Abigail.
La ragazza si riscosse e “Scusami... Ho, ho paura.” E in parte aveva ragione, ma non gli avrebbe mai detto che i suoi occhi le facevano uno strano effetto, più dell'acqua.
“Vuoi uscire?” Domandò Louis con un filo di disappunto nella voce. Abigail finse di pensarci su, distogliendo lo sguardo da lui, troppo vicino. Mosse le gambe in acqua sentendole troppo leggere, non le piaceva per niente, la faceva sentire persa e in quegli ultimi giorni l'aveva provata fin troppo spesso quella sensazione, e “Non lo so.” Ammise fissando l'acqua sotto di se.
“Ti piacciono i fiori?” Domandò pensieroso, i suoi occhi vagavano dal volto di Abigail alle pareti azzurre nauseanti di quel locale. Abigail annuì. Il cuore le batteva forte, ma non riusciva a capire se era per la paura o per la vicinanza con Louis.
Probabilmente entrambi.
“Bene, se rimani almeno dieci minuti in acqua, te li compro.” Gli occhi di Abigail si illuminarono e apparve un enorme sorriso sulle sue labbra piene. Annuì ancora, mentre i suoi capelli si bagnavano sempre di più.

“Louis cosa stai facendo?” Urlò Abigail sguazzando nell'acqua, che in quel momento le arrivava alla gola.
Adesso si trovava a proprio agio e non aveva più cosi tanta paura.
Louis, invece, preferiva stare seduto sul bordo con i piedi in acqua a leggere. Il ragazzo alzò un braccio, sventolando un libro in direzione della bionda “Sto leggendo un fumetto, non vedi?” Ridacchiò lui, il solito sorriso sincero.
Abigail annuì ancora, i suoi capelli erano bagnati fino alla radice e le labbra erano ancora più blu, aveva troppo freddo. Sventolò le mani sott'acqua fingendo di nuotare e ripensò per un momento alle parole di Louis “Sto leggendo un fumetto.” Aveva detto ed Abigail odiava i fumetti.
“Puoi uscire, ora. I dieci minuti sono passati.” Dichiarò il moro posando il fumetto ancora aperto sul pavimento freddo. Abigail avanzò a grandi passi verso il bordo e non appena raggiunse le piccole scale che la facevano uscire dall'acqua si ritrovò avvolta da un asciugamano caldo. “Hai freddo, eh?” Sussurrò Louis troppo vicino al suo orecchio.
Si trovava avvolta dall'asciugamano e dalle braccia di Louis ed arrossì perché in quel momento era felice. “Si.” Mugugnò Abigail che non appena il moro la lasciò andare si rabbuiò per un attimo “Che fumetto leggevi?” Domandò incuriosita, quando corrugava le sopracciglia e assumeva quell'aria innocente sembrava una bambina dal viso dolce, pensò Louis distratto. “Ehm... Leggevo Superman.” Dichiarò senza alcun imbarazzo, era grande per leggere i fumetti, era vero, ma non gli importava per niente del parere delle altre persone, era contento di essere così com'era.
Abigail annuì pensierosa, Louis leggeva Superman. Pensandoci su, Louis aveva una certa somiglianza con Clark Kent, l'eroe famoso di tutti i bambini... Con una sola differenza, Louis stava salvando lei, solo per questo sarebbe stata capace di cominciare anche ad apprezzare i fumetti.
“D'accordo, adesso vestiti che andiamo a comprare i fiori.” Annunciò il moro, facendola risvegliare dai suoi pensieri troppo sdolcinati, immergendo nel grosso borsone il fumetto e i vari asciugamani.
Dopo una decina di minuti, Abigail e Louis, si trovavano dal fioraio fuori casa della ragazza, proprio di fronte al bar in cui Mallory aveva visto, o almeno così diceva, Niall e Louis.
Abigail, con i capelli ancora bagnati legati in un codino alla ben e meglio, ammirava attentamente tutti i fiori colorati che aveva davanti agli occhi. “Quale preferisci?” Le chiese Louis sorridendo alla vista del suo sguardo così spensierato ed allegro.
“Scegli tu per me.” Mormorò Abigail indecisa. I suoi fiori preferiti erano i girasoli, ma tra tutti quei colori che le brillavano sotto gli occhi non sapeva davvero quali scegliere e poi era curiosa di sapere Louis cosa avrebbe scelto per lei.
“Okay.” Mormorò Louis grattandosi il mento velato da una leggera barba.
Non sapeva davvero quale scegliere per lei, erano tutti fiori magnifici. “Ehm... Prendo un mazzo di viole.” Mormorò poco convinto, di fatto, non appena l'uomo pescò un mucchietto di viole dal vaso, Louis lo fermò. “No, meglio i girasoli.” Si corresse.
Ed Abigail sorrise ancora di più afferrando il mazzo di girasoli che Louis le stava porgendo. Amava i girasoli.
“Ti piacciono?” Domandò il moro sorridendo e incamminandosi verso casa di Abigail.
“Molto, sono i miei preferiti.” Rispose fissandoli. Profumavano di erba tagliata e vaniglia, in più la carta argentata che li avvolgeva era davvero graziosa. “Ti ringrazio.”
“Non c'è di che, è un piacere vederti sorridere.” Dichiarò il moro osservandosi la punta delle scarpe, sembrava in imbarazzo.
“Ieri tu e mio fratello vi siete incontrati?” Domandò Abigail improvvisamente. Quella domanda le era ronzata per la testa quasi per tutta la giornata, ma oltre a non aver trovato l'occasione giusta per porgergliela, non aveva quasi il coraggio.
“C-Cosa? N-No, perché?” Balbettò preso alla sprovvista e visibilmente in difficoltà. Il sorriso di Abigail si spense immediatamente e i suoi occhi si assottigliarono. “Mallory vi ha visti al bar.” Lo informò puntando il dito dietro le sue spalle, indicando il bar che avevano superato poco fa.
“Chi sarebbe questa Mallory?” Chiese il moro quasi con un espressione arrabbiata dipinta in volto. “La mia amica.” Rispose. “Probabilmente ci ha scambiati per qualcun altro. Tuo fratello non è mica una farfallina!” Dichiarò alludendo alla chiamata che aveva fatto, per sbaglio, al fratello.
E fu in quel momento che Abigail ebbe voglia di buttare via quei fiori, Louis le stava mentendo.


 

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Capitolo 6
*** Capitolo cinque. ***


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Abigail non riusciva a capire perché Louis le avesse mentito e forse non voleva nemmeno saperlo. Probabilmente non doveva nemmeno importarsene, non erano affari suoi ed era da stupidi arrabbiarsi.
Dopo essersi data per l'ennesima volta della stupida, Abigail entrò in salotto, dove Niall era con Dakota a guardare uno dei tanti cartoni animati che trasmettevano al canale dedicato ai bambini.
"Possiamo parlare?" Borbottò sedendosi piano sul divano, voleva essere cauta. "Cosa?" Se ne uscì il biondo nonostante avesse perfettamente capito la domanda, infatti Abigail non rispose, attese semplicemente.
Niall era confuso. Da quando sua sorella gli chiedeva di parlare con tanta serietà e con tono così maturo e perentorio?
Temeva quasi che fosse successo qualcosa di grave.
"Di cosa?" Chiese Niall dopo un paio di secondi.
"Di Louis." Abigail pronunciò quelle due parole con così tanto imbarazzo che temette di veder scoppiare a ridere il fratello da un momento all'altro. Invece non successe. Niall la fissava con le sopracciglia aggrottate e con un espressione sempre più confusa dipinta sul volto.
"Ma chi Tomlinson? Il tuo tutor?" Domandò mascherando la preoccupazione con un sorriso di circostanza, un sorriso così tanto simile a quello di Abigail.
Ma proprio mentre la ragazza era sul punto di aprire bocca, intervenne Dakota che con uno sbuffo svogliato borbottò un "Zitti, non riesco a sentire!"
Abigail allora, si alzò dal divano strofinando le mani sui jeans, all'altezza delle ginocchia, senza motivo apparente. Ma dentro di lei, lo sapeva, avrebbe voluto fare un paio di giravolte solo per smorzare la tensione.
Non sapeva esattamente cosa chiedere al fratello, non aveva preparato nessun discorso e nessuna frase ad effetto che l'avrebbe fatta sentire per un momento importante. Aveva solo intenzione di parlare con Niall, le parole le sarebbero venute in mente solo nel momento giusto.
Non era neanche sicura di ciò che aveva visto Mallory, ma la reazione di Louis quando le aveva chiesto spiegazioni non le era per niente sfuggita e non riuscire a decifrare la difficoltà nelle sua parole, quando aveva negato tutto, era proprio da stupidi, e nonostante Abigail si ritenesse tale, era riuscita ad intuire qualcosa.
Niall la imitò e con una decina di passi, che ad Abigail sembrarono più brevi del solito, si trovarono in cucina.
La ragazza si guardò intorno in cerca di qualcosa da fare, voleva calmarsi.
"Allora?" Domandò il fratello impaziente. Ed Abigail lo imitò, un "Allora..." Appena udibile che fece spazientire ancora di più il biondo.
La ragazza sospirò lentamente e cacciò fuori delle parole a cui non aveva neanche pensato, parlò così velocemente che Niall rimase spiazzato.
"Parla piano, cazzo." Si riscosse poi.
"Si. Hai visto Louis in questi giorni?" Scandì bene le parole in modo da non ripeterle ancora e Niall si ritrovò costretto a rispondere.
Erano tre giorni che di Louis non riceveva notizie, non lo vedeva a scuola e non facevano più neppure le ripetizioni di cui Abigail aveva bisogno e a lei quella situazione non piaceva per niente.
Insomma, avevano messo in atto quella specie di piano, che prevedeva di far superare tutte le sue paure, non poteva sparire così.
"No." Rispose Niall con una semplicità quasi innaturale.
Ed Abigail si sentì sprofondare.
Aveva creduto alle parole di Mallory che aveva riconosciuto in due perfetti sconosciuti Louis e Niall.
Ma la cosa più importante oltre all'aver fatto la figura della stupida con suo fratello, era che non aveva creduto in Louis. Non le aveva dato neanche un minimo di fiducia, tanto da renderlo colpevole in un secondo.
Era stata davvero una stupida.
"Perché?" Domandò il fratello atono. "Io..." Abigail non sapeva cosa dire, come giustificarsi.
Il fratello non era neanche a conoscenza del loro piano, credeva che lei andasse a fare solo ed esclusivamente ripetizioni di matematica.
"Da quanto tempo non lo vedi?" La bloccò Niall. Un espressione seria, allora fu Abigail a preoccuparsi in quel momento.
"Un paio di giorni." Dichiarò con ovvietà.
"Oh, non preoccuparti. Si farà sentire, ne sono sicuro." Ridacchiò nervosamente, il sorriso era ritornato. Abigail annuì.
In quella stessa giornata Louis, non ci impiegò molto tempo a farsi sentire, quasi come se avesse letto nel pensiero ad Abigail, si presentò a casa Horan con un sorriso stanco disegnato sul volto.
Sembrava che qualcosa non andasse, notò la ragazza. Sembrava stressato.
I capelli che di solito portava in un ciuffo sbarazzino, erano arruffati sulla fronte, donandogli un aspetto più infantile.
Gli occhi erano contornati da leggere occhiaie violacee, poco visibili comunque.
Ma la cosa più importante era il sorriso, spento e non sincero e confortante come lo ricordava la ragazza.
Abigail esitò un attimo non appena si ritrovò davanti il corpo di Louis appoggiato allo stipite della porta di ingresso.
Indossava un semplice jeans strappato sulle ginocchia e una maglia blu dalle maniche rosse che gli donava tanto.
"Ehi." Sorrise il moro. "Ciao, tutto bene?" Chiese semplicemente la ragazza.
Era decisa a non voler dubitare ancora di lui, se le avrebbe detto di stare bene, lei lo avrebbe creduto senza problemi, anche se la sue espressione urlava tutt'altro.
"Certo." Rispose semplicemente il ragazzo, ed Abigail gli credette. "V-Vuoi entrare?" Chiese in imbarazzo.
Stringeva con una forza quasi inaudita, tanto da far diventare le nocche bianche, la maniglia in ferro della porta di casa. Aveva una voglia matta di abbracciarlo, come sempre d'altronde, ma non voleva sbilanciarsi tanto, temeva in una reazione indesiderata da parte del ragazzo.
"No, grazie. Abbiamo da fare." Dichiarò con ovvietà. "Dai forza, prendi la giacca e andiamo." La incoraggiò.
Abigail si sentì frastornata e felice allo stesso tempo. Dove voleva portarla Louis?
Quale sua altra paura aveva intenzione di farle superare? Oppure voleva semplicemente farle fare matematica?
Sentiva l'eccitazione crescerle alla bocca dello stomaco e si sentiva felice più che mai, si sentiva pronta a fare qualsiasi cosa, le bastava avere Louis Tomlinson accanto.
Venti minuti dopo Abigail era chiusa in un hair style così come l'aveva chiamato Louis ridacchiando e come diceva l'insegna a caratteri cubitali appena sopra la porta d'ingresso, decorata da piccole foto di modelle da tagli di capelli improponibilmente corti e da cartelloni con le tipiche scritte Domenica Chiusi oppure Aperti anche il lunedì.
Non poteva ancora crederci, l'aveva portata a tagliare i capelli, l'unica parte del suo corpo che le piaceva.
Abigail era indecisa se scappare a gambe levate o fingersi morta, eppure era stata lei stessa a pensare che con Louis era pronta a tutto. Non le piaceva per niente l'idea di dover tagliare i suoi amati capelli, quelli piacevano a tutti, ma forse non a Louis.
Era seduta su di uno sgabello stranamente comodo, niente a che vedere con quel negozietto di basso conto, non voleva far notare a Louis quanto odiasse quel negozio, non era da lei giudicare, ma si sentiva davvero male lì dentro.
Eppure quel luogo non era per niente degno di essere chiamato hair style, sembrava più una stanza addobbata da sedie diverse tra loro, specchi impolverati e parrucche vecchie di cent'anni, solo l'attrezzatura utilizzata per i capelli sembrava nuova di zecca, e questo la rincuorava di poco. Le pareti erano dipinte di un viola spento che faceva sembrare quel posto ancora più piccolo e claustrofobico di quanto già fosse. Osservò metà riflesso del suo volto allo specchio in cui una donna era già pronta a dare un taglio ai suoi capelli e arricciò il naso.
"Louis, non ho portato soldi con me." Sussurrò Abigail incrociando le braccia al petto, non aveva portato nulla, neanche le chiavi di casa, era stata troppo impegnata a pensare cosa le sarebbe toccato quel giorno.
Louis ridacchiò scuotendo il capo "Non preoccuparti, li ho io." Non aveva pensato per niente all'idea che stavano per dirigersi al mietitoio dei suoi capelli.
"Non posso permetterti di spendere soldi per me."
"Smettila dai, è solo un piccolo taglio di capelli.” Sdrammatizzò il ragazzo, eppure Abigail non riusciva a capire cosa provassero le donne a tagliarsi i capelli. A sua detta rendevano il volto più armonioso e il fisico più slanciato e femminile, insomma li adorava!
Andiamo a casa mia, prendiamo i soldi e ritorniamo.” A dire la verità non aveva nessuna intenzione di tornare, avrebbe inventato una scusa qualunque in cui gli avrebbe proposto di fare dell'altro. “Non se ne parla.” Louis appoggiò i gomiti sulle ginocchia e si chinò in avanti osservando attentamente le donne davanti a loro che chiacchieravano animatamente. “Per favore.” Abigail si rese conto di essere arrivata al limite quando si ritrovò a supplicarlo. “Farfallina, anche a me non piace l'idea di farti tagliare i capelli... Sono così belli!” Si allungò verso di lei intrecciandosi tra le dita una ciocca di capelli biondi, la rigirò tra le dita osservandola attentamente fin quando non continuò. “Ma se vogliamo farti superare la paura, è d'obbligo.” Annunciò.
Il cuore di Abigail si fermò di colpo, non solo perché si rese conto di non avere scampo ma anche per l'occhiata che le aveva riservato il ragazzo, un'occhiata carica di un qualcosa che non fu in grado di decifrare.
Non appena si risvegliò da ciò che era appena successo e gli occhi, così come le mani di Louis si staccarono dalla ragazza, riprese conoscenza e si rese conto di quanto bramasse le labbra di Louis Tomlinson, davvero, aveva una voglia strampalata di baciarlo, lì, davanti a tutte quelle donne estremamente pettegole.
Non appena l'anziana signora scese dalla sedia in pelle con i capelli tagliati e tinti di un nero pece, pagò la parrucchiera e andò via, il cuore di Abigail emise cinque esatte giravolte, lo stomaco cominciava a protestare e non per la fame.
Louis si alzò dallo sgabello comodo su cui era seduto per attendere il suo turno e porse una mano alla ragazza in segno di incoraggiamento, sapeva che quella, forse, era la paura più difficile da superare... Abigail adorava i suoi capelli e gli dispiaceva tanto doverla costringere a tagliarli, ma era necessario per il loro patto.
Non appena la ragazza si risedette, questa volta, sulla sedia di cui aveva tanto paura, di fronte allo specchio, sentì l'ansia scendere un poco, ma tuttavia continuava ad avere paura. La donna dietro di lei toccava i suoi capelli in modo troppo invadente e le venne quasi voglia di urlarle contro e di scappare da quel posto, magari di picchiare anche Louis per averla costretta ad entrare in quel manicomio. Trovava inconcepibile una situazione del genere, eppure era proprio lì, ed era stata proprio la parrucchiera a chiederle che taglio di capelli preferisse. Abigail era sul punto di rispondere con un “Nessuno, grazie.”
Ma la voce squillante di Louis la anticipò di qualche secondo, “Tagli semplicemente qualche centimetro.” La bionda si sentì un po' meglio a quella risposta e tirò un sospiro di sollievo chiudendo gli occhi.
Mano a mano che passava il tempo, dopo che la parrucchiera le aveva accuratamente lavato i capelli con uno shampoo profumato alla lavanda, Abigail sentiva chiaramente vicino alle orecchie il rumore delle forbici che si infrangevano contro i capelli troppo lunghi. “Hai davvero dei capelli bellissimi.” Le aveva intimato, più volte, la parrucchiera che li toccava quasi come fossero oro. “Non li rovinerò, sei nelle mani giuste.” Aveva continuato, notando la riluttanza della ragazza, ovviamente, Abigail non ne era molto sicura.
La consapevolezza di avere Louis di fianco, la fece sentire quasi meglio e non appena riaprì gli occhi e la parrucchiera staccò la spina dell'asciugacapelli rumoroso si ritrovò a fissare una Abigail completamente diversa.
Prima di tutto sentiva, chiaramente, la testa più leggera e non era una brutta sensazione, anzi, poi quei centimetri in meno, sicuramente più di tre, avevano eliminato ogni traccia di bruciato che le aveva provocato negli ultimi tempi l'asciugacapelli e la piastra.
Si sentiva un'altra persona e le piaceva quasi quella sensazione di rinnovo. Lanciò un'occhiata soddisfatta prima alla parrucchiera che attendeva il suo giudizio e poi a Louis che la guardava come se dovesse esplodere da un momento all'altro, ma non appena lesse sul volto di Abigail la felicità, si complimentò con sé stesso e pagò la parrucchiera.
Quando Louis e Abigail, ormai fuori da quel negozio, furono per strada, ricominciarono a sorridere come sempre. Abigail ad ogni vetrina addobbata di abiti o scarpe, si bloccava specchiandosi e cercando di vedere se i capelli erano ancora a posto e Louis ridacchiava compiaciuto. Se prima era riluttante e dispiaciuto per quel comportamento forse un po' troppo avventato, adesso era felice di quella scelta... Aveva fatto la cosa giusta ed Abigail era proprio felice di vedersi sotto un nuovo aspetto.
A Louis piaceva molto rendere felici le persone.
Abigail si fermò all'ennesima vetrina, questa volta di una gelateria parecchio famosa in città, era già piena di persone di tutte le età.
Si specchiò e si sistemò meglio i capelli lisci sulle spalle e sorrise ad un bambino che la stava osservando incuriosito, ma non appena il bambino si voltò ad afferrare il gelato che il commesso gli stava porgendo fece una linguaccia ad Abigail che rimase interdetta per qualche secondo. “Che maleducato quel bimbo.” Borbottò tra sé e sé, mentre Louis rideva in modo sguaiato.
Il moro si piegò in due e si mantenne la pancia, ridendo in modo teatrale, Abigail finse di offendersi. “Mi fai morire!” Rise il ragazzo ed Abigail scoppiò a ridere anche lei. Non appena i due finirono di ridere a crepapelle, Louis assunse un'aria più seria e si passò una mano tra i capelli arruffati sulla fronte. “Qualche giorno fa ti ho chiamato.” Disse. “Ma ha risposto tuo fratello.” Abigail annuì ricordando la scenata a cui l'aveva sottoposta Niall e abbozzò un mezzo sorrido ricordando Niall e Liam ridere compiaciuti per la risposta che avevano riservato al moro.
Dammi il tuo numero.” Propose Louis senza troppi preamboli, era stato diretto e questo scombussolò un po' Abigail. “Ma... Io non ho un cellulare.” Rispose come se fosse la cosa più naturale del mondo, certo, ce ne erano di ragazze che non usavano i telefoni, ma la cosa era piuttosto rara ed Abigail conosceva bene le reazioni che assumevano i suoi coetanei quando rivelava questo particolare.
Louis parve non pensarci troppo, rimase impassibile come se fosse già a conoscenza di quella cosa, infilò un mano nella tasca dei jeans strappati sulle ginocchia e ci frugò dentro per un paio di secondi, fin quando non cacciò due cellulari di vecchia data, porse ad Abigail quello con lo sportellino nero “Questo è il mio cellulare di riserva, c'è anche una scheda all'interno, non lo uso mai ma lo porto sempre con me.”
Abigail osservò il cellulare ancora tra le mani del ragazzo ma non lo prese, quella situazione le sembrava piuttosto ambigua. Un cellulare di riserva? Non ne aveva mai sentito parlare. “Prendilo.” La incoraggiò Louis, così Abigail lo prese senza dire troppe parole.
Odiava i cellulari e qualsiasi cosa li riguardasse, ma se con quell'aggeggio avrebbe potuto parlare con Louis, perché no, poteva anche usarlo.
 

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Salve gente!
Sono tornata con il capitolo cinque, spero che a qualcuno piaccia. :)
Ho notato, purtroppo, un calo sproporzionato di recensioni e ci sono rimasta un pochino male.
Sarò sincera, a me non interessa ricevere molte recensioni, sono dell'idea "poche ma buone", se scrivo non è per ricevere milioni di recensioni, ma per me stessa. Ho pubblicato questa storia solo perché scrivere e rimanere tutto impalato nel mio PC non mi è sembrata una buona idea, volevo migliorare magari ricevendo qualche consiglio da persone più esperte di me, e così ho fatto, ho ricevuto molti consigli che ho seguito tutti di buon grado.
Ma adesso la cosa sta diventando un po' stramba... Molte persone seguono questa storia, ma nessuno probabilmente la legge per davvero, e mi sto chiedendo se la responsabilità è mia. 
Forse la storia non piace più, o più semplicemente sta diventando noiosa. Per questo, vi chiedo di farmi sapere qualcosa, se davvero non volete lasciarmi una recensione allora fatemelo sapere per messaggio privato, se la storia non vi interessa più, provvederò a cancellarla e a continuarla sul mio PC. Perché davvero mi sembra inutile pubblicare qualcosa che poi non viene letto da nessuno. Anche perché, nelle mie possibilità, sto cercando di mettercela tutta per essere sempre puntuale e in orario negli aggiornamenti, scrivo anche stati autrice per chiarire meglio la situazione, ma mi sembra tutto inutile e se davvero non c'è nessuno che segue Ten Things, beh, la cancellerò.
Detto questo, non voglio sembrare lamentosa HAAHAHAH, quindi mi scuso per questo stato autrice un po' lungo e vi invito a farmi sapere cosa ne pensate della storia, magari dandomi altri consigli per scuotere un po' la situazione.
A presto. :)






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Capitolo 7
*** Capitolo 6. ***


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Abigail aveva appena aperto gli occhi, ritrovandosi davanti il soffitto bianco tappezzato da sottili crepature. Girò lentamente la testa a sinistra, verso il comodino, e sbirciò l'orario.

Era stranamente presto: 6:00 AM.

Di sabato mattina, quando la scuola era chiusa, non le capitava mai di svegliarsi così presto, eppure, quel giorno era successo ed il mal di testa cominciò già a tormentarla.

Scese lentamente dal letto caldo, mentre il rumore di un tuono rimbombò tra le pareti spesse della sua stanza. Fuori pioveva.

Uscì dalla camera e percorse scalza il piccolo corridoio, diretta al bagno, sorpassò la camera di suo fratello, Niall, e solo per un piccolo istante sentì la sua voce, risultò bassa, quasi sussurrata.

Tirò dritto, probabilmente stava canticchiando, lo faceva spesso, oppure parlava a telefono con qualche amico, non le importava.

Non appena varcò la porta del bagno, si sciacquò la faccia ancora intorpidita dal sonno e lavò i denti. Riuscì con una strana forza, una voglia che le partiva dal cervello fino a coinvolgere tutto il corpo, una determinazione stramba: Voleva muoversi, saltellare per tutta la casa, andare a correre, mangiare due o più gelati, fare qualcosa che non fosse la solita routine. Cambiare, insomma.

Un altro tuono, forse seguito anche da un lampo che non fu in grado di vedere, represse tutta quella determinazione di Abigail e sbuffò appena.

Passò di nuovo davanti alla camera da letto del fratello e lo sentì bisbigliare ancora una volta, quasi come se stesse parlando di qualche segreto imperdonabile. Ma proprio mentre Abigail fu sul punto di ignorarlo e farsi gli affari suoi, dalla bocca del fratello fuoriuscì in modo chiaro il nome della sua migliore amica e la curiosità vinse sul poco buonsenso che le rimaneva ancora nel cervello e che le urlava in tutti i modi di non fare la spiona e di andare via da lì. “Mallory, lo so...” Pronunciò il biondo con il tono di voce poco più alterato. Perché mai Niall stava parlando al telefono con Mallory?

Abigail si avvicinò in modo più silenzioso possibile alla porta della stanza di Niall e ci appoggiò piano la testa. Per qualche istante dall'altro lato della porta, non ci fu altro che silenzio assoluto, tanto che la ragazza fu quasi sul punto di tornare sui propri passi e andare via, ma ancora una volta Niall la distrasse. “Sai bene come è fatta mia sorella... Tutto ciò che ho fatto era per il suo bene.”

Abigail rimase confusa e allo stesso tempo arrabbiata a quelle parole, non solo perché l'unico argomento della conversazione tra suo fratello e la sua migliore amica era lei, e questo la irritava non poco, ma soprattutto perché non riusciva a comprendere le parole che aveva pronunciato suo fratello. Cosa aveva fatto per lei? E perché Mallory non era d'accordo, tanto da portare Niall a giustificarsi il quel modo?

Zittì i suoi pensieri e portò tutta la sua attenzione alle parole poco chiare di Niall. “Saresti dovuta restare zitta.” Ci fu un minuto di silenzio in cui Abigail riuscì a sentire la voce di Mallory con un tono più alto ronzare attraverso il cellulare di Niall, sembrava essersi arrabbiata, eppure Abigail non fu in grado di capire cosa avesse detto. “Lo so che tu non ne sapevi nulla di questa storia, ma avresti potuto prima parlarne con me, invece di andare a spifferarle tutto.” Abigail ebbe lo strano sospetto che stessero ancora parlando di lei, ma non riusciva a capire di quale storia parlassero. Cosa le aveva spifferato Mallory di così tanto importante per Niall?

E poi perché cavolo Niall non parlava della sua cotta segreta per Mallory piuttosto di impicciarsi degli affari della sorella?

Di colpo la sua mente si schiarì e comprese per quale motivo Niall si era tanto arrabbiato con la sua migliore amica. “Quei due fuori al bar erano Louis e Niall.” Borbottò a voce abbastanza alta, tanto che fu costretta a tapparsi la bocca e a scappare dritta in camera sua, sperava tanto che Niall non l'avesse sentiva.

La fortuna assiste gli onesti, aveva sentito dire ad una anziana signora quando era piccola e quella frase le era rimasta fissata ben in testa, ed in quel momento era stata parecchio fortunata, perché suo fratello non la sentì, anche se ascoltare di nascosto le conversazioni altrui non era molto onesto, lei l'aveva fatto per un giusta causa visto che c'entrava lei in qualche modo e aveva tutto il diritto di scoprirne qualcosa in più.

 

Quel giorno pioveva a dirotto e c'era parecchio vento per le strade di Londra, niente di nuovo, aveva pensato Abigail, eppure quella giornata che le era sembrata così promettente era diventata la solita monotonia del sabato pomeriggio, sbuffò al solo pensiero di rimanere in casa stravaccata sul divano a guardare i soliti programmi deprimenti che trasmettevano in TV.

Niall le lanciò un'occhiata strana e poi le sorrise.

Da quella mattina Abigail non faceva altro che pensare a quella conversazione, aveva capito che in qualche modo c'entrava Louis Tomlinson.

Forse Niall non voleva che Abigail continuasse a frequentarlo, eppure era stato lui stesso a presentarglielo per le ripetizioni.

Oppure, più semplicemente, aveva scoperto che loro due non facevano più ripetizioni di matematica ma che andavano gironzolando per Londra, ma Abigail delle ripetizioni di matematica ormai non ne aveva più bisogno, Louis le aveva spiegato in modo chiaro le basi ed era finalmente riuscita a stare al passo con il resto della sua classe. Ma le sembrava strano, conosceva bene suo fratello, se avesse scoperto che Abigail lo mentiva, lui non sarebbe stato zitto e muto senza dirle nulla.

Sbuffò ancora una volta, quella situazione la tormentava, voleva scoprire la verità, vederci chiaro in tutta quella confusione, ne aveva tutto il diritto, ma di parlare con suo fratello non se ne parlava proprio, non ne aveva il coraggio.

Poi subentrò anche il più che giustificato sospetto su Louis, lui le aveva mentito quando le aveva chiesto se avesse visto suo fratello e lei l'aveva capito all'istante, solo che non capiva perché mai c'era così tanta segretezza in tutto quello.

Escludeva, però, che Louis avesse fatto qualcosa di male, lui cercava solamente di aiutarla.

Probabilmente Niall aveva avvertito Louis di comportarsi bene con lei, Niall ne era capace, magari lo aveva anche minacciato, per quel motivo Louis era sembrato così turbato alle domande insospettite di Abigail.

Sbuffò ancora e si auto convinse che magari era tutto frutto della sua immaginazione, e che avesse mal interpretato le parole del fratello.

Stravaccata sul divano, con la televisione spenta perché “Cavolo, che film di merda!” aveva sbottato con Niall di fianco, aveva provato più volte ad aprire il discorso, ma proprio non ci riusciva, era una fifona.

Niall fu sul punto di dirle qualcosa, forse qualcosa che riguardava ciò che aveva sentito, ma dovette rinunciarci a sentirlo parlare, perché una suoneria di un cellulare che non conosceva risuonò per il piccolo appartamento degli Horan. Niall corrugò le sopracciglia e lanciò un'occhiata ad Abigail “Non è il mio che squilla.”

“Il mio telefono!” Esclamò di colpo la bionda, ricordando il piccolo aggeggio dallo sportellino nero che le aveva regalato Louis. Scese dal divano e corse in fretta e furia nella sua stanza, rischiando di cadere rovinosamente a terra più volte, e non appena lo prese tra le mani e lo aprì con una lentezza stressante riconobbe immediatamente il nome -Louis uno-.

Quell'uno, probabilmente stava per il primo numero del moro.

Abigail cercò più volte il tasto verde che doveva premere per rispondere alla chiamata, come le aveva spiegato il moro, ma erano tutti neri, così ne premette uno a caso rinunciando alla ricerca e si ritrovò con l'orecchio attaccato al telefono e la voce di Louis che le sembrava fin troppo vicina. “Louis!” Esclamò felice come una Pasqua.

“Ehi, Farfallina.” La bionda rimase in silenzio aspettando che il ragazzo che le piaceva così tanto continuasse a parlare, mentre il cuore le batteva forte nel petto. “Ehi, sei ancora lì?”
“Si.” Rispose solamente, voleva sentirlo ancora parlare, le piaceva tanto il suo tono di voce. “Bene, sono fuori casa tua, oggi ci aspetta una giornata un po' dolorosa. Fai in fretta, esci.” Abigail non diede peso alle parole del moro, si era fermata al “Sono fuori casa tua.” E sul suo volto le era comparso già un enorme sorriso.

Proprio nel momento in cui Abigail attaccò al cellulare, dopo svariati tentativi, Niall si appoggiò alla porta della sua camera e le lanciò un'occhiata indagatrice ma soddisfatta. “Da quand'è che hai un cellulare?” Domandò sospettoso. Abigail puntò gli occhi sui suoi anfibi neri e attese qualche secondo prima di rispondere, cercando di frugare nei cassetti del suo cervello per una risposta abbastanza convincente. “L'ho comprato quando sono andata a tagliare i capelli.” Borbottò poco convinta, suo fratello la conosceva bene e se si aggiungeva la sua incompetenza nel mentire, beh, allora era spacciata.

“Si, certo. Tu odi i cellulari e odi tagliare i capelli e in più non hai nemmeno un centesimo... Mi chiedo come mai questo cambiamento.” Sospirò sorridendo, sembrava avesse capito tutto, eppure non fiatava e non le impediva di fare ciò che voleva come in passato, quando erano piccini, aveva fatto spesso.

“Adesso devo andare, ne riparliamo stasera, okay?” Lo scaricò e Niall sorrise annuendo.

In realtà Abigail non aveva la minima intenzione di riparlarne.

 

“Dove cavolo vorresti portarmi con questo tempo?” Borbottò Abigail con il volto coperto dal cappuccio della sua felpa grigia e dal vecchio ombrello di sua madre che aveva recuperato prima di uscire di casa, mentre il tempo si faceva sempre più scuro e gocce di pioggia sempre più grosse picchiettavano sulla grande Londra. Louis scoppiò a ridere. “Oh, vedrai, ti piacerà sicuramente!” Esclamò entusiasta. “Sbaglio o hai parlato di dolore?” Abigail ricordò quelle parole a cui in un primo momento non aveva dato importanza ma che adesso la facevano letteralmente tremare di paura, o forse era il freddo.

“Si.” Fu la semplice risposta di Louis, ed Abigail capì che era inutile continuare a chiedergli spiegazioni, tanto non avrebbe comunque risposto.

Esattamente quattordici minuti dopo, Abigail li aveva contati per intrattenere il tempo, si erano fermati vicini alla loro scuola, ma Louis tirò dritto senza degnarla nemmeno di uno sguardo.

Dopo poco Abigail capì che quella casa dai cancelli in ferro battuto, proprio di fianco alla loro scuola e piuttosto vecchia che spesso aveva osservato, attraverso l'uscita di sicurezza, era casa di Zayn Malik.

Il ragazzo di cui aveva paura, ma che poi si era scoperto essere simpatico e a volte anche gentile. Cominciò a pensare una ad una le sue paure, esattamente le dieci paure che aveva raccontato a Louis, ma non riusciva a capire quale il moro volesse farle superare, e poi cosa c'entrava Zayn? Quella dove comprendeva lui l'aveva già superata.

Louis le lanciò un sorriso rassicurante prima di entrare in casa del ragazzo dalla pelle ambrata che la salutò con un abbraccio strangolatore, Abigail ovviamente ricambiò cortesemente. Si, Zayn era decisamente simpatico e gentile.

Louis non dovette pronunciare nemmeno una parola, Zayn li fece accomodare nel salotto spazioso, come se si aspettasse quella visita, forse era tutto programmato. Abigail appoggiò l'ombrello bagnato sul tappetto e seguì i due ragazzi in salotto.

“Abigail, sei sicura?” Domandò Zayn tirandosi su le maniche del pullover blu, facendo scoprire una moltitudine di tatuaggi di ogni genere, uno sull'altro. La bionda strizzò gli occhi sentendo il suo nome e scosse il capo confusa. “Di cosa parli?” Chiese rivolgendosi più a Louis che al ragazzo tatuato che aveva davanti.

Zayn scosse il capo sorridendo, ancora una volta per niente sorpreso di quella situazione. “Aspettate qui.” Disse prima di percorrere a due a due le scale della casa che portavano al lato superiore.

Abigail lo invidiò quasi, avrebbe voluto una casa così bella, a due piani, tutta sua.

Invece, era costretta ad abitare in un piccolo appartamento in un condominio dove vivevano anziani e mocciosi urlanti. Ma di cosa voleva lamentarsi? Con lo stipendio che guadagnava la madre lavorando come segretaria, solamente quello potevano permettersi, e le andava bene così. Meglio poco che niente e infondo casa sua le piaceva.

Osservò attentamente il salotto di Zayn, mentre attendeva il suo ritorno, sicuramente abitava con i suoi genitori.

La ragazza non chiese spiegazione a Louis, si limitò a rimanere in silenzio. In quella casa c'era un tocco femminile decisamente palpabile. Le pareti di un color avorio erano tappezzate ogni dieci centimetri di foto di famiglia: Zayn da piccolo, una foto abbastanza recente di una donna sulla quarantina, la famiglia di Zayn al completo e di nuovo Zayn seduto su un divano blu.

Sorrise osservando quei ritratti di una famiglia felice.

Il divano color oro su cui era seduto Louis sembrava molto comodo, niente a che vedere della sedia su cui, invece, era seduta lei. Appoggiò le mani sul tavolo in legno che aveva davanti e osservò Zayn ritornare da loro con in mano... Una siringa?. “Allora, piccola, oggi farai un bel tatuaggio.”

Abigail che proprio in quel momento era sul punto di deglutire, rischiò quasi di strozzarsi con la saliva, lo fissò con gli occhi sgranati e scosse il capo lentamente poi in modo più convincente. “Che cazzo stai dicendo?” A quelle parole si portò una mano davanti alla bocca e assunse un espressione colpevole. “Scusate, ma non se ne parla.” Borbottò incrociando le braccia al petto.

Finalmente aveva compreso il silenzio di Louis, se le avesse svelato in anticipo a cosa la stava portando incontro, lei sicuramente si sarebbe opposta e magari sarebbe anche corsa via a gambe levate.

“Non ti farà tanto male, dovrà essere piccolo.”

Abigail lo ignorò e ripensò a quando ancora non conosceva Louis e lo ammirava da lontano sbavando sul banco di scuola.

Poi ripensò a Zayn e alla paura che provava ogni volta che le passava di fianco, paura infondata, perché Zayn era un ragazzo davvero dolce anche se il suo aspetto gridava ben altro.

Ma in quel momento, nonostante la stima che provava per lui, avrebbe fatto a meno di un mazza da baseball e lo avrebbe ammazzato anche a mani nude! “Ho detto di no. Non farò mai e poi mai un tatuaggio!”
E invece, venti minuti dopo, Abigail era ancora in quella casa con Zayn Malik seduto davanti a lei che le consigliava di tatuarsi una farfallina sulla caviglia.

“Niente di tutto ciò.” Rispose “Preferisco un... cuoricino, magari.” Ipotizzò.

“Ma è da femminucce!” Zayn fece una smorfia facendo scoppiare a ridere Louis ancora seduto sul divano color oro. “Ma io sono una femminuccia!” Scosse il capo Abigail “Quindi scelgo un cuoricino.”

 

Abigail non poteva ancora credere di aver fatto quel tatuaggio, le piaceva molto, Zayn era stato davvero bravo a maneggiare quell'aggeggio dall'estremità appuntita, e non aveva sentito neppure tanto dolore quando quel coso le aveva stracciato quasi la pelle, ma non osava immaginare la reazione di Niall o di sua madre quando l'avrebbero scoperto.

Zayn le aveva consigliato di tenere la bocca chiusa e Louis, invece, non aveva voluto darle alcun consiglio, spettava a lei decidere cosa fare... Ma Abigail non lo sapeva.

Probabilmente avrebbe seguito il consiglio di Zayn, non avrebbe detto nulla fin quando non si sarebbe sentita pronta, infondo l'aveva fatto nella parte interna dell'avambraccio sinistro ed era abbastanza semplice nasconderlo d'inverno, il problema sarebbe sorto in estate, quando avrebbe cominciato ad indossare le canotte, ma a quel punto avrebbe sicuramente trovato il coraggio di svelare il suo peccato.

Abigail odiava i maglioni di lana, quando aveva all'incirca quattro o cinque anni, sua madre la costringeva ad indossarli nelle serate invernali troppo fredde. Erano stretti, appiccicaticci, colorati da far venire la nausea, imbarazzanti e soprattutto... Pizzicavano.

La cosa che Abigail odiava di più, era il pizzicare di quei peluche vuoti con le maniche lunghe. Crescendo aveva preferito di gran lunga infilarsi a letto, sotto le coperte calde, piuttosto che indossarli... Per questo il suo armadio era sprovvisto di quegli indumenti.

Louis in quel preciso momento, teneva la testa bassa e camminava a passo lento verso il condominio di Abigail, teneva le mani nelle tasche dei jeans stretti, i capelli un po' cresciuti che di solito portava all'indietro,l eggermente bagnati dalla pioggia che era andata via, davanti agli occhi e... Un maglione di lana marrone.

Abigail avrebbe voluto strapparglielo di dosso e non riusciva a capire se era proprio perché odiava quei vestiti o perché era attratta da Louis. Forse tutte e due.

Gli lanciò un'occhiata e represse la solita voglia di saltargli fra le braccia, ancora non si capacitava dell'idea che Louis Tomlinson, il ragazzo più bello che avesse mai visto e di cui era innamorata, era lì di fianco a lei e le regalava tutte quelle attenzioni.

Abigail avrebbe voluto ringraziarlo ma non sapeva in che modo, non poteva offrirgli niente anche perché lui non avrebbe accettato soldi da parte sua e si sentiva quasi un ingrata.

Non ci pensò più, era arrivata a casa sua, riusciva ad intravedere la porta a vetri oscurati del condominio e i tasti argentati dei citofoni che luccicavano alla luce rossa dei lampioni che aveva da poco acceso. Sospirò, come al solito le doleva il cuore lasciare andare via Louis, sarebbe voluta rimanere per sempre con lui.

“Beh, è stata una bella giornata... Anche se un po' dolorosa.” Borbottò Abigail in imbarazzo, torturandosi le dita delle mani tremolanti. “Ne sono certo.” Ridacchiò il moro fissandola intensamente. Abigail adorava il suo sguardo, soprattutto quando la fissava in quel modo, anche se la imbarazzava parecchio.

“Sono stata bene, Louis.” Dichiarò lei alzando lo sguardo per fissarlo negli occhi. Cercava di sembrare un po' più sicura di sé, non voleva far capire al ragazzo che aveva davanti che riusciva a stregarla in quel modo. Le sembrava quasi la fine di un appuntamento, quello. Purtroppo non ci sarebbe stato nessun bacio romantico per concludere la giornata.

Abigail era sul punto di riprendere i propri passi e salire le scale del condominio, ma Louis la anticipò di qualche secondo. “Sono stato bene anche io, molto.” Assottigliò gli occhi e si avvicinò di un passo a lei.

Abigail perse qualche battito, ma cercò di non farci caso si limitò a sorridergli. Louis si avvicinò ancora fino a sovrastarla di qualche centimetro per la sua altezza, allungò le braccia e le cinse i fianchi, poi con un gesto veloce l'attirò a sé e abbassò la testa nell'incavo tra il collo e la clavicola.

La bionda riusciva a sentire il suo respiro caldo solleticargli il collo e le braccia forti di lui stringersi di più intorno alla sua vita, quel contatto la fece di colpo risvegliare, come da un sogno.

Aveva sempre immaginato come sarebbe stato abbracciare Louis, stringerselo a sé così forte da fargli mancare il respiro o di baciarlo a lungo, ma il Louis reale non aveva niente a che vedere con il Louis dei suoi pensieri. Era tutt'altra cosa, tutt'altra emozione e si chiese, immediatamente, come avesse fatto a vivere in quei diciotto anni senza un suo abbraccio.

Si sentiva completa, come se le fosse da sembra mancato un pezzo di puzzle perso da chissà quale parte del mondo e Louis era quel pezzo che finalmente aveva ritrovato.

In quel momento non le importava un bel niente del maglione di lana di Louis che le pizzicava la fronte e nemmeno del suo odio smisurato che provava nei suoi confronti.

Era completamente assorbita dal corpo di quel ragazzo, sentiva il suo profumo di muschio bianco che le inebriava il cervello e il cuore le batteva più veloce.

Amava gli abbracci. Quelli di Mallory, di Niall, di sua sorella Dakota, di sua madre, di Liam, di Zayn e delle sua zie lontane... Ma quelli di Louis erano i migliori.

E se per riceverne uno avrebbe dovuto sopportare i maglioni di lana, beh, l'avrebbe fatto.

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Capitolo 8
*** Capitolo 7. ***


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Abigail strizzò gli occhi in modo buffo, facendo ridacchiare Liam che le aveva pizzicato un fianco e aveva pronunciato il suo nome scherzando.
Le girava un po' la testa ma quello era dovuto alla presenza del migliore amico di suo fratello in casa sua, ne avrebbe fatto volentieri a meno delle sue battute stupide ma lo conosceva da troppo tempo e, in fondo ma molto infondo, gli voleva bene.
Con un balzo da ippopotamo Liam si stravaccò sul piccolo divano che oscillò per un istante, accanto a Niall intento a giocare ai videogames.
La bionda prese in braccio la piccola Dakota che saltellava per casa facendo oscillare i boccoli biondi a destra e a sinistra e la portò in camera sua. “Giochiamo?” Domandò la bimba strofinandosi gli occhi, sembrava stanca. “Che ne dici di fare un pisolino?” Abigail lanciò un'occhiata all'orologio a forma di cagnolino in camera della sorella, erano le 2PM e a quell'ora Dakota era solita appisolarsi sul divano accanto al fratello e a Liam, ma il più delle volte le loro urla riuscivano a svegliarla di cattivo umore e Abigail non aveva voglia di leggerle di nuovo tutto Alice nel paese delle meraviglie per farla smettere di piagnucolare.
“Ma io voglio disegnare per la mamma.” Dakota si divincolò tra le braccia della sorella ed Abigail fu costretta a metterla a terra. La piccola corse alla scrivania piena di pastelli colorati, fogli da disegno e puzzle di ogni genere, recuperò tra tutte quelle cianfrusaglie un pastello grigio e un foglio su cui era già disegnata una sirenetta dai capelli rosa, girò il foglio e senza neanche sedersi sulla sedia in legno, cominciò a disegnare canticchiando.
Abigail alzò gli occhi al cielo, non aveva voglia di starsene lì ad aspettare che la sorella terminasse il disegnino di sua madre, anche perché Dakota alcune volte, risultava un po' lenta e noiosa, come tutti i bambini di quell'età d'altronde.
Si sedette sul bordo del lettino della sorella e socchiuse gli occhi per qualche minuto, svuotò completamente la testa, piena di pensieri felici e si concentrò sulla voce squillante ma allo stesso tempo calma di sua sorella, canticchiava la sigla di un cartone animato che in quel momento non riusciva a ricordare, riusciva a sentire le voci esultanti di Liam e Niall ancora davanti alla TV all'altro lato del corridoio e si sdraiò lentamente sul lettino di Dakota. Dopo pochi minuti Abigail era sprofondata in un sonno colorato.

Appena riaprì gli occhi, Abigail, si ritrovò con il viso schiacciato da qualcosa di pesante, le voci di Niall e Liam abbastanza vicine erano attutite da quel qualcosa che la schiacciava, divincolò le braccia e schiaffeggiò delicatamente chiunque le fosse saltata addosso in quel modo e sentì la fragorosa risata di sua sorella Dakota. La bambina le scese di dosso e ridacchiò per qualche altro minuto mentre Abigail cercò di ricomporsi da quel pisolino improvvisato. Alzò gli occhi al cielo quando Liam si accasciò accanto a lei e borbottò un “Sei una dormigliona!” E scosse il capo. Il solito. “Ero stanca.” Si giustificò semplicemente, ed era la verità. “Il tuo cellulare ha squillato un paio di volte mentre dormivi, forse era Mallory.” Affermò Niall prendendo in braccio la piccola Dakota e seguito a ruota da Liam che borbottava qualcosa di incomprensibile con un sorriso malizioso sulla labbra, lasciarono la stanza.
La bionda si diresse a passi lenti e indecisi in camera sua, era curiosa di sapere chi l'avesse chiamata anche se aveva già un piccolo presentimento. Mallory comunque era da escludere, non possedeva il suo nuovo numero di cellulare.
Non appena si ritrovò con il telefono che le aveva regalato Louis tra le mani sentì il tintinnio stridulo della porta di casa. Qualcuno aveva bussato.
Come previsto era stato Louis a chiamarla mentre dormiva, ma Abigail ancora insonnolita e con il mal di testa non sapeva esattamente che tasti premere per far avviare una nuova chiamata, si sentiva stupida.
Quando percorse svelta il corridoio, Abigail, non si sarebbe mai aspettata di trovare Louis Tomlinson chiacchierare animatamente con Liam. Insomma, Liam era il solito ragazzo buffone e a volte riusciva a risultare anche antipatico se voleva, ma non in quel caso, forse perché Louis, in un certo senso, gli somigliava.
“Ehi.” Riuscì solo a dire, si sentiva ancora leggermente scossa e in più non sapeva che aspetto avesse, si era appena svegliata e i suoi capelli erano sicuramente un bel po' arruffati. “Non mi hai risposto al cellulare.” La ammonì Louis con una naturalezza quasi snervante, lì c'era suo fratello Niall e sapeva bene quanto Louis non gli andasse a genio, si aspettava quasi che scoppiasse di rabbia da un momento all'altro, voleva andare via di lì il prima possibile. “Ehm... Scusa. Andiamo?” Chiese indicando la porta alle spalle del ragazzo. “No, dai, rimanete ancora un po'!” Si intromise Liam lanciando un'occhiata maliziosa ad Abigail che in quel momento non sembrava molto a suo agio. “Non vorrei disturbare.” Rispose Louis portando le mani sopra la testa come per darsi dell'innocente. “Abigail tu vai a prepararti, Louis ti aspetta qui con noi, vero Niall?” Continuò Liam sempre più convinto a recarle qualche sgarro. Abigail avrebbe voluto ammazzarlo ma si limitò a osservare il fratello annuire silenziosamente, a sforzarsi di sorridere e a tornare indietro nella sua camera da letto, mentre riusciva ancora a sentire le voci dei tre ragazzi in salotto che parlottavano dei loro anni passati insieme. “Peccato, Louis, che sei stato rimandato.” Riuscì a sentir dire da Niall, con un finto perbenismo che anche Dakota avrebbe riconosciuto. “Niente di cui lamentarmi.” Aveva risposto Louis e la rabbia di Abigail cresceva a dismisura.
Quando ebbe finito di pettinare i capelli e di infilarsi le scarpe, Abigail, corse in salotto salvando Louis da quelle domande un po' imbarazzanti da parte di Liam. “Quindi tu e Abigail fate solo ripetizioni, eh?” Liam alzò un po' di più il tono di voce quasi a volersi far sentire e Louis assunse un espressione rammaricata. “Già.” Rispose Abigail al posto del moro. Quei due erano peggio di due genitori iper protettivi. “Non ne avevo dubbi.” Borbottò Liam, sembrava saper tutto con quell'espressione di compiacimento. Niall sorrideva, quasi felice di vedere la sorella uscire con Louis, ma sotto c'era dell'altro che Abigail non riuscì a comprendere.
“Grazie per avermi salvato da quell'interrogatorio.” Louis tirò un sospiro di sollievo teatralmente e sorrise a trentadue denti. “Non c'è di che. E' stato... Strano.” Rispose la bionda facendo una giravolta appena uscita dal condominio. “Già.”
“Dove andiamo?” Chiese, i suoi occhi azzurri si illuminarono quasi a quella domanda. Le sembrava di vivere quasi in un film d'azione o in un romanzo d'amore, dove i due protagonisti vivevano ogni giorno una nuova avventura e nonostante l'avventura fosse solo per Abigail, lei si sentiva bene comunque. Accanto a Louis soprattutto, il mondo sembrava girare nel verso giusto.
Louis, con un cappello grigio che gli copriva i capelli e gli anelli in ferro alle dita, non rispose alla sua domanda, infilò le mani nei jeans più stretti del solito e ne tirò fuori un pacchetto di sigarette che smontarono per un istante i pensieri felici di Abigail. “Ti dispiace?” Mormorò Louis infilando una sigaretta tra le labbra e cercando di accenderla, gli occhi fissi sull'accendino blu. Abigail non rispose, Louis non aveva nemmeno aspettato una sua risposta e quindi tacque, anche se avrebbe urlato con piacere un si, odio il fumo.
Louis socchiuse gli occhi, aspirò il fumo della sigaretta, lo trattenne nei polmoni per qualche secondo, giusto per assicurarsi che l'effetto danneggiante della nicotina facesse il suo dovere e poi sbuffò via il fumo grigiastro che andò a finire dritto in faccia alla ragazza che tossicchiò appena, non voleva sembrare petulante quindi rimase in silenzio. Chissà perché Abigail non si sorprese più di tanto a vederlo fumare, Louis le era subito sembrato il tipico fumatore anche senza averlo mai visto con una sigaretta tra le labbra, fino ad allora. Il moro brontolò delle scuse appena udibili e continuò il suo tragitto verso il centro della città. “Dove andiamo?” Richiese Abigail leggermente piccata di quel comportamento, sembrava che Louis volesse ignorarla a tutti i costi. “Dovrò affittare una limousine per la prossima volta.” Scherzò il moro.
Abigail trattenne il fiato per la felicità, ci sarebbe stata una prossima volta e chissà quante altre, magari per sempre. “ Perché?” Chiese curiosa. “Perché non sono abituato a camminare così tanto.” Ridacchiò lui continuando a fumare la sigaretta quasi del tutto consumata.
Dopo ventisette minuti che Louis aveva contato con il cellulare, i due si ritrovarono a Regent's Park, al London Zoo. Lo zoo più grande di tutta Londra.
Abigail era felice, tanto. Era stata lì quando aveva avuto quattro anni con suo fratello Niall di cinque e sua madre, ma non ricordava molto di quella gita, se non che avevano visto tantissimi animali di molte specie, ed era stato in quel momento che aveva capito di avere paura delle tigri, il momento definitivo, in cui era scappata a gambe levate non appena aveva sentito il ruggito dell'animale.
Louis pagò entrambi i biglietti perché Abigail non aveva portato soldi con sé, ma anche se li avesse portati non avrebbe fatto una piega, lo sapeva.
“Appena usciremo dallo zoo andremo alle giostre.” Dichiarò Louis ricominciando, finalmente, a darle attenzioni, quelle che Abigail aveva cercato di storcergli per tutto il tragitto, senza riuscirci, ma che adesso sembravano essere ritornate. A volte Louis sembrava soffrire di sbalzi d'umore, un momento sembrava stare bene e l'altro diventava cupo e silenzioso ed Abigail non riusciva a capirlo del tutto.
“Davvero?” Chiese a labbra spalancate, quasi timorosa che la stesse semplicemente prendendo in giro. “Si.” Louis annuì sorridendo e le scompigliò i capelli in modo fraterno, come faceva Niall. “Davvero, davvero, davvero?” Domandò ancora. Le sembrava quasi un sogno, Louis le stava regalando tutti quei momenti felici e lei si sentiva troppo fortunata, come se avesse vinto ad uno di quei quiz che fanno in TV, però invece di vincere quelle somme stratosferiche di denaro, aveva ricevuto qualcosa di ancora più prezioso: un Louis Tomlinson che le prestava attenzione e che sembrava avere davvero a cuore i suoi sentimenti. “Però per prima cosa dobbiamo affrontare la tua paura.” Ridacchiò lui. “Ah, già.” Brontolò Abigail, anche se quella prospettiva continuava a piacerle.
Quello zoo era enorme, c'erano recinti in ferro alti metri che custodivano animali di ogni genere.
Nonostante passassero ogni venti minuti gli addetti alle pulizie che ripulivano i recinti degli animali, c'era un odore di pelo bagnato, come quello dei cani, che veniva rimpiazzato di tanto in tanto dallo zucchero filato che vendeva il chiosco vicino al recinto degli elefanti.
Fino a quel momento, Abigail e Louis avevano visto le giraffe, gli orsi, le zebre, dei pellicani dal becco lunghissimo, gli elefanti, gli scoiattoli dal viso dolce e dagli occhi a palla, un coccodrillo lungo tre metri e un pavone dalla coda di mille colori e tantissimi altri animali di cui non ricordavano più il nome. Mancavano solo le tigri e i leoni.
“Sono in un unico recinto.” L'aveva informata Louis. “Non voglio intimorirti, ma sono davvero giganti!” Si, che voleva intimorirla. “L-Le hai viste da vicino?” Domandò Abigail avvicinandosi sempre di più al grande recinto con le gambe molli. “Certo che no, altrimenti mi avrebbero sbranato. Le ho viste in qualche documentario.” Rispose con naturalezza. Altrimenti mi avrebbero sbranato, e quello che sarebbe potuto succedere se il recinto non fosse stato abbastanza resistente o se fosse stato indebolito in qualche punto. “Non preoccuparti, sono chiuse lì dentro e non ti torcerebbero un capello e in più non sono affamate.” Louis le fece l'occhiolino indicando un recinto enorme che avevano di fianco. “S-Siamo arrivati?” Gli chiese Abigail. “Il nome specifico di quest'animale è tigre di Sumatra, non chiedermi perché, non ne ho idea.” Si passò una mano sul capello e osservò attentamente la ragazza che aveva di fianco, pronto già a qualsiasi reazione da parte sua. “Non ho intenzione di scappare, puoi anche smetterla di fissarmi.” Riuscì a dire Abigail, cercando di non balbettare.
E se il recinto non fosse chiuso bene? “Forza avviciniamoci, da qui non riesco a vedere nulla.” Brontolò il moro prendendo per un braccio la ragazza e trascinandola con sé.
All'interno del recinto c'era uno strato di erba e foglie secche che ricopriva l'enorme spiazzo grande quasi come il parco vicino casa di Louis, con qualche albero sparso a destra e a manca. Infondo, sotto all'albero più lontano era sdraiata a terra una chiazza arancione, ricoperta da strisce nere e bianche. Era così lontana che Abigail fece fatica anche a mettere a fuoco, assottigliò gli occhi e la vide meglio.
La tigre aveva enormi occhi spalancati di un colore tra il marrone e il verde. Il muso, circondato da folti peli bianchissimi, era simile a quello di un gatto ma tre volte più grande era serrato lasciando solamente immaginare gli enormi denti bianchi che avrebbero ammazzato chiunque, Abigail rabbrividì. Era enorme, niente a che vedere con le tigri che aveva visto nei documentari quando era piccola. Gigantesca. “Che peccato, i leoni sono nascosti lì dentro.” Louis indicò una grotta poco più dietro la tigre a cui Abigail non aveva fatto caso e ringraziò il cielo, perché davvero non ne aveva voglia di svenire lì a terra e far preoccupare Louis, anche se probabilmente lui se lo sarebbe aspettato.
“Io ne sono felice.” Dichiarò la ragazza quasi con un sospiro di sollievo. Ma proprio mentre stava per chiedere a Louis di andare via da lì, la chiazza arancione fece leva sulle zampe anteriori, grosse quanto la testa di Dakota, e alzò il busto, diventando ancora più grande di quello che le era sembrata. La tigre cominciò a camminare, lentamente, sembrava stesse fissando gli occhi sgranati di Abigail, sempre più timorosa di vederla spiccare un balzo e trovarsela di fronte. La ragazza ebbe l'impressione che con un salto la tigre avrebbe potuto scavalcare il grande recinto di ferro oppure abbatterlo con una semplice zampata, ma forse si stava preoccupando per niente. “Andiamo via.” Abigail strattonò Louis per un braccio e lo vide sorridere. “Va bene. Almeno hai capito che chiusa qui dentro non può farti nulla?” Domandò il moro indicando il ferro arrugginito che rinchiudeva il grosso animale lì dentro ed evitava che la tigre sbranasse qualcuno. “Più o meno, si.” Brontolò Abigail.
“E adesso andiamo al parco giochi.” Gli occhi di Louis si illuminarono e sorrise a quelle parole ed Abigail ebbe un sussulto al cuore, era bellissimo quando sorrideva in quel modo, ed era felice perché era il sorriso che l'aveva accompagnato per tutta la giornata.

Abigail si sentiva sudata e appiccicaticcia ma non le importava, aveva anche la gola secca perché aveva urlato a squarciagola insieme agli altri bambini e vari genitori l'aveva guardata malissimo tutto il tempo, ma continuava a non importarle nulla, si stava divertendo come mai prima di allora ed era questo quello che contava davvero.
Aveva fatto quattro giri sul castello gonfiabile, quello dove “Più salti e più rimbalzi!” Questo è ciò che aveva urlato un bambino alla sua amichetta ed Abigail non poteva fare altro che darle ragione, Louis aveva saltato insieme a lei i primi due giri poi si era sdraiato sul gommone di plastica ed era rimasto lì muovendosi ad ogni salto che commettevano i bambini lì sopra. Abigail amava i castelli gonfiabili.

“Non dovresti avere vergogna a farti vedere sulle giostre alla tua età?” Chiese Abigail assottigliando gli occhi seduta su un cavallo bianco, Louis al suo fianco seduto a sua volta su un cavallo nero scoppiò a ridere “Potrei chiederti la stessa cosa.” La giostra su cui erano seduti era grande e rotonda e girava su sé stessa, su cui erano posti numerosi cavalli di legno, macchine di plastica in miniatura e motociclette finte, in tutto c'erano quattro bambini piccoli che ridacchiavano in estasi e Louis ed Abigail che chiacchieravano come se fossero su una panchina e non su una giostra per bambini, alcuni genitori che aspettavano per strada continuavano a guardarli male.
“Credo che sia ora di scendere.” Borbottò la bionda quando la giostra si fermò e i bambini chiesero un secondo giro ai genitori. “Oppure potremmo rimanere qui finché il proprietario non ci cacci fuori.” Propose Louis dondolando le gambe, quello che era quasi successo sul castello gonfiabile. “Si, ma ci perderemo le altre giostre.” La bionda si perse ad osservare gli adulti che correvano, ridevano e scherzavano insieme ai bambini che non sapevano che attrazione visitare per prima, in effetti la scelta era molto vasta.
C'erano le montagne russe, la ruota panoramica, l'autoscontro, il tunnel delle streghe, la casa degli specchi, il giro degli innamorati e tante altre. “Tipo il giro degli innamorati.” Rispose il moro sfilandosi il cappello e infilandolo nella tasca anteriore della giacca a vento verde, si sistemò i capelli un po' scompigliati e scese velocemente dalla giostra seguito da Abigail. “Dove andiamo adesso?” Chiese guardandosi intorno, si sentiva come i bambini che pullulavano da tutte le parti, non sapeva da che parte andare. “Alla giostra degli innamorati.” Ripeté di nuovo il moro che allo sguardo confuso che gli rivolse Abigail fece spallucce. “Che c'è?” Chiese avviandosi per pagare il biglietto. “Niente.” Rispose la bionda con il cuore a mille e le gambe che le tremavano.

Lì dentro c'era buio pesto, il tunnel era illuminato ogni tanto da una luce fioca di colore rosa, si sentiva un odore di fiori quasi asfissiante, ad Abigail mancava l'aria e non ne poteva più di stare rinchiusa lì dentro. Era in imbarazzo, Louis non spiccava parola, l'unico rumore che si sentiva era l'acqua che scrosciava sotto di loro e la giostra rosa a forma di labbra in cui erano seduti galleggiava troppo lentamente per i suoi gusti, ogni tanto spuntavano petali di rose rosse e cuoricini stilizzati di fronte alle pareti di plastica, puntualmente, rosa... Quel colore era nauseante. Abigail si schiarì la voce nell'intento di dire qualcosa e di smorzare la tensione che si era venuta a creare tra loro, ma forse solo Abigail si sentiva in imbarazzo, perché Louis sembrava totalmente assente, perso in chissà quale pensiero così importante. Non parlò, rimase in silenzio perché proprio non sapeva cosa dire.
“Sai a cosa stavo pensando, Abigail?” La voce cupa di Louis rimbombò tra le pareti rosate e il vuoto assoluto colmato da sola acqua e colpì la bionda che rimase sorpresa a sentirlo parlare, pensava che non avrebbe spiccato parola fino alla fine del giro, e invece... “Cosa, Louis?” Sperò con tutta sé stessa che il ragazzo che aveva di fianco con le braccia incrociate non si fosse accorto del tremore nella voce con cui aveva parlato. “A quanto a volte sia strana la vita. Succedono tante cose di cui non ci rendiamo conto, tipo il respirare, lo facciamo senza accorgercene, eppure lo facciamo...” La voce di Louis era atona, senza alcun sentimento, quasi come se stesse parlando un robot al posto suo, Abigail non capiva di cosa stesse parlando e a cosa volesse arrivare con quel discorso strano, ma si sentiva un po' meno in imbarazzo sentendo Louis così a suo agio lì dentro. Rimase in silenzio, aspettando il continuo di quel discorso che non tardò ad arrivare. “Una mattina, invece, ti svegli e puff, ti rendi conto che la tua vita potrebbe essere migliore, tutto quello che ti era sembrato decente in realtà è uno schifo, tutto ciò di cui fino adesso hai fatto a meno sembra mancarti come l'aria. Ed è lì che commetti i tuoi errori, senza pensarci, come quando respiri, lo fai e basta, perché sembra normale e quasi giustificato se pensi a ciò che vuoi davvero.” Abigail rimase immobile, non batté ciglio, sentì Louis sospirare pesantemente e si chiese cosa lo ferisse così tanto, riusciva a sentire un minimo e impercettibile dolore nelle sue parole da robot , passò un minuto esatto che ad Abigail sembrò un eternità e lì, Louis continuò. “E... quando ti sembra di essere arrivato al limite, quando ti rendi conto che tutto ciò che hai fatto senza rendertene conto ha portato delle conseguenze, come il respiro che è così semplice da fare ma che ne consegue la vita, e poi senti queste stesse conseguenze pesarti sulle spalle fino quasi a schiacciarti, è lì che ti rendi conto che sei arrivato al limite. Lì le conseguenze ti schiacciano sotto il loro stesso peso ma non ti uccidono, ti cambiano la vita. A volte in bene, a volte no. Io sono stato fortunato.” Louis era arrivato a sussurrare, quasi come se stesse parlando tra sé, ma Abigail riusciva ancora a sentirlo. “Cosa vorresti dire Louis? Quali sono state le tue conseguenze?” Ormai la bionda non riusciva più a fermarsi, voleva sapere, scoprire di cosa stesse parlando Louis, cosa lo tormentava e provare a capirlo, magari anche consolarlo se le avesse dato la possibilità. “Vorresti dire chi è stata la mia conseguenza.” La corresse. “Chi?” Chiese allora la bionda.
Louis non le rispose.
La luce rosa illuminò il lungo tunnel che sembrava non finire più ed Abigail si voltò ad osservare Louis, sapeva che la luce sarebbe durata qualche minuto, poi sarebbe tornato il buio e non voleva perdere nemmeno un secondo, sentiva il bisogno di guardarlo in faccia, cercare di scavargli negli occhi e capirne di più. Bramava il suo viso.
Louis le era vicino, ma lei riusciva a vederlo solo di profilo, aveva la testa abbassata e i capelli castani leggermente mossi che gli coprivano gli occhi azzurri e le labbra sottili erano socchiuse. “Vorrei fare una cosa.” Borbottò lui alzando il volto ma tenendo lo sguardo fisso davanti a sé, la mascella tesa. “Cosa?” Sussurrò Abigail, ormai le parole le uscivano di bocca leggere, come se non fosse più lei a comandarle. “Vorrei baciarti.” Gli occhi azzurri di Louis incontrarono quelli altrettanto azzurri di Abigail che cercavano di scrutarlo a fondo, d'altro canto Louis, si sentiva davvero scrutato, quasi scoperto come se lei potesse leggerlo nella mente e ne aveva quasi timore, sotto quello sguardo così sincero e curioso. “Fallo allora.” E Louis obbedì, la baciò.
Abigail trattenne il respiro mentre le labbra di Louis aderirono alle sue, erano morbide e umide. Un vortice di emozioni ruotava nella sua pancia, riusciva a sentire la stessa felicità e lo stesso effetto calmante che provava quando faceva delle giravolte, ma duplicato per mille. Chiuse gli occhi mentre Louis socchiudeva le labbra, Abigail non aveva mai provato una cosa del genere e si adattò a come lui si comportava, mosse le labbra lentamente sulle sue e appoggiò una mano sulla sua guancia quasi a chiedergli di più, di non staccarsi perché del respiro potevano farne anche a meno.
Quando i due si arresero all'aria, che come aveva detto Louis precedentemente era semplice ma necessaria, Abigail aveva la testa svuotata e il respiro affannato, abbassò lo sguardo sulle sue mani che teneva appoggiate in grembo e trattenne un sorriso a ciò che era appena successo, provava imbarazzo ma diverso da quello che provava di solito, era per una giusta causa.
Louis l'aveva appena baciata e suo fratello l'avrebbe uccisa.


 

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Capitolo 9
*** Capitolo otto. ***


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Nel cervello di Abigail Horan vorticavano tanti di quei pensieri a cui faceva fatica dare retta che ormai campeggiava nella confusione totale. Senza ombra di dubbio il bacio con Louis aveva la precedenza su tutti gli altri.
Quasi non credeva ai propri ricordi se ripensava a tre giorni prima, eppure era tutto così limpido e cristallino che se chiudeva per un attimo gli occhi e ritornava indietro con la mente, riusciva a sentire la sensazione che l'aveva accompagnata durante l'incontro delle loro labbra. In alcuni momenti si era sentita così fortunata e allo stesso tempo incredula che aveva sentito il malsano bisogno di sfogarsi con qualcuno, dato che Mallory che con le ripetute minacce da parte della bionda era riuscita a non farne parola con nessuno, si era stufata in fretta delle sue continue chiacchiere. Così, per rendersi ancor più certa che quello non fosse solo la sua pura e fin troppo avanzata immaginazione aveva cominciato a ripeterselo davanti allo specchio.”Ho baciato Louis. Io e Louis ci siamo baciati.” Eppure tutto continuava a sembrarle fin troppo surreale come in un sogno. Il mondo aveva finalmente cominciato a girare dalla parte giusta? Poi però, si ritrovava ad avere a che fare con le continue lamentale di suo fratello Niall su quanto lei avesse la testa fra le nuvole e con le battutine sarcastiche di Liam e si rendeva conto che no, nonostante tutto, quello non era un sogno e che suo fratello non l'avrebbe mai lasciata in pace.
L'unico pensiero altrettanto importante e così intenso che riusciva ad oscurare quello del bacio era quello che l'aveva susseguito. Non appena le bocche di Louis ed Abigail si erano staccate per riprendere aria, il ragazzo le aveva sorriso non solo con quelle labbra che per un momento infinito e allo stesso tempo brevissimo aveva assaggiato, ma anche con gli occhi, uno di quei sorrisi sinceri che adorava guardare nelle persone a cui era affezionata. Le aveva passato un braccio attorno alle spalle magre e l'aveva avvicinata un po' di più a sé ed Abigail aveva sentito il cuore esploderle nel petto.
Ma non appena avevano messo piede a terra ed erano usciti da quella giostra fin troppo nauseante lui si era completamente congelato, come se si fosse reso conto dell'enorme sbaglio che aveva commesso, il sorriso e gli occhi gli si erano spenti e il braccio che continuava ad avvolgere la ragazza che fino a qualche minuto prima aveva baciato era ritornato al suo posto, lungo il suo fianco.
La bionda inizialmente non aveva fatto caso a quel comportamento ambiguo, troppo occupata a torturarsi le dita e le punte dei capelli tagliati tempo prima, ed era anche imbarazzata, a tal punto da non avere il coraggio di guardarlo negli occhi. Ma poi, nonostante le sue scarse esperienze in amore, aveva dovuto ammettere che qualcosa in Louis non andava e dopo svariati e vani tentativi di attirare la sua attenzione si era arresa in balia del suo cervello che per tutto il ritorno verso casa non aveva fatto altro che lavorare per trarne conclusioni affrettate.
Il suo cervello, comunque, aveva sfornato tante di quelle ipotesi che aveva perso il conto, l'unica che sembrava spiegare il comportamento del ragazzo e chiarire i parecchi punti interrogativi che Abigail aveva in testa era che lui si fosse pentito di ciò che aveva fatto, ed era un ipotesi così dolorosa che faceva fatica ad accettare.
Era, però, arrivata a questa conclusione solo il giorno dopo il bacio, lasciando così al suo cervello e alla sua folta immaginazione il via libera per fantasticare su quel momento che aveva tanto atteso, riuscendo così ad illudersi ancor di più.
In tutta quella confusione di pensieri Louis si era fatto risentire, dandole appuntamento proprio per quel giorno, pronto a metterla a dura prova con un'altra lezione per superare le sue paure. Questa volta l'aveva avvertita senza tanti giri di parole che aveva affittato un paio di biciclette da passeggio e che avrebbero pedalato in giro da qualche parte, ovviamente un Abigail balbettante troppo intimorita anche solo per chiedergli di più aveva accettato la proposta, anche se non avrebbe comunque potuto rifiutare, decisa a salire su quella dannatissima bicicletta senza troppe cerimonie. Aveva intenzione di sorprendere Louis.
Ma Louis quel pomeriggio fin troppo afoso non sembrò sorpreso quando vide Abigail sistemarsi meglio sulla sella della bici con i piedi ben piantati a terra, per niente pronta per pedalare. “Non è tanto la bici in sé a farmi paura.” Gli aveva spiegato fissandolo dritto negli occhi, l'imbarazzo che aveva provato giorni prima era finalmente sparito e sembrava essere tornato tutto alla normalità, come se nulla fosse successo e non riusciva quasi a capire se fosse un bene o un male. “Ma è di cadere che ho il terrore.” Concluse osservando il ragazzo pedalare allegramente in quella strada di campagna completamente deserta che avevano raggiunto a piedi trascinando le bici blu senza troppi sforzi.
Abigail aveva apprezzato che Louis non l'avesse portata a pedalare in luoghi troppo affollati, ad esempio al parco, sotto gli occhi di tutti se avesse preso qualche botta.
Ricordava ancora troppo chiaramente le ginocchia sbucciate e le risate sguaiate degli amichetti della sua età che l'avevano osservata cadere senza tentare di aiutarla, e nonostante quei tempi fossero ormai lontani, il terrore di cadere riusciva ancora ad impadronirsi del proprio cervello, impedendole così di comportarsi come una normalissima ragazza in sella ad una bici.
“Oh andiamo, lo sai vero che cadendo non rischierai la vita?” Louis le sorrise cercando di sembrare il più disinvolto possibile ma con scarsi risultati, visto che continuava a torturarsi il ciuffo castano che di tanto in tanto gli ricopriva gli occhi e le unghie tutte mangiucchiate. Abigail annuì, avrebbe voluto ribattere che conosceva benissimo cosa sarebbe successo se fosse caduta ma pensò bene di non proferire più alcuna parola, non era certa che Louis avesse capito cosa stesse provando in quel momento. “Forza, andiamo!” Non appena Louis annunciò queste parole, si piegò in avanti e cominciò a pedalare con tutta la forza che possedeva nelle gambe, sfrecciando davanti al naso di Abigail, quest'ultima sentì lo stomaco rivoltarsi ma tentò ugualmente di imitare il ragazzo che continuava a pedalare, in quel momento più lentamente, davanti a lei. Appoggiò con cautela un piede sul pedale sinistro e così fece con l'altro, fino a muoversi con una lentezza quasi esasperante, mentre il manubrio oscillava a destra e a sinistra.
Erano passati anni dall'ultima volta che aveva portato una bicicletta, ma man mano che stabilizzò l'equilibrio cominciò a pedalare leggermente più veloce tentando di raggiungere Louis, nonostante li dividessero parecchi metri.
Dopo dieci minuti passati a cercar di non cadere, Abigail e Louis si erano riavvicinati, o probabilmente era stato lui a rallentare, perché lei continuava a pedalare a passo di lumaca. “Come andiamo?” Domandò Louis rivolgendole un sorriso a trentadue denti. “Sono stata meglio.” Fu la semplice risposta di Abigail che continuava ancora a barcollare leggermente. “Non sei ancora caduta.” Le fece notare con un occhiolino.
E spero che non succederà mai più, non lo disse a voce alta solo per evitare di sembrare troppo piagnucolosa. Non voleva che Louis si scocciasse, insomma di lì a quando si erano conosciuti, non aveva fatto altro che asciugarle le lacrime.
“Sai che mancano altre due paure e poi sarà tutto finito?” Le chiese il moro con una nota di tristezza nella voce. Abigail che aveva tentato di tutto per non pensare a quel momento, si fermò di colpo piantando i piedi a terra, Louis fece lo stesso al suo fianco. “Si, ci ho pensato.” Ammise mentre la tristezza si faceva spazio nel suo stomaco insieme alla paura che ancora aleggiava. “Ci hai pensato? E a che conclusioni sei arrivata?” Le domandò il moro quasi sorridendo. “Beh, potremmo continuare a vederci... No?” Abbassò lo sguardo sui suoi anfibi, nuovamente in imbarazzo, temeva la risposta che di lì a qualche secondo le sarebbe arrivata, non era sicura che Louis volesse continuare ad avere a che fare con lei. “Speravo di sentirtelo dire. Dopo il bacio che ci siamo dati...” Non terminò la frase, ma si limitò a sorriderle di nuovo. Abigail, d'altro canto, rimase sorpresa di sentir menzionare quel bacio e con quanta leggerezza Louis l'avesse nominato, ma nonostante ciò non ebbe il coraggio di riaprire il discorso. Certo, voleva avere un chiarimento con lui al riguardo, ma suo malgrado rimase in silenzio. Quella fu l'unica volta che Louis menzionò il bacio.

Abigail si voltò indietro, osservò la strada ricoperta di terra con ai lati la campagna deserta, che aveva percorso in bici e “Wow, abbiamo percorso tutta questa strada?” Domandò più a sé stessa che a Louis che le pedalava ancora di fianco. “Già...” Mormorò sovrappensiero ed Abigail gli sorrise. “A cosa pensi?” Prima ancora di rendersi conto che magari Louis non avrebbe voluto condividere con lei i propri pensieri, pronunciò quelle parole alla velocità della luce. “A quello!” Il sorriso di lui si allargò, scese dalla bicicletta con un balzo lasciandola cadere in mezzo alla terra e cominciò a correre verso una quercia piuttosto grande con al fianco un semplice muro di mattoni senza né capo né coda, lungo più o meno due metri alto altrettanto. Abigail scese dalla bici facendo più attenzione a non cadere e osservò Louis fare un salto per evitare di inciampare su qualche ramo caduto in terra. Scoppiò a ridere e lo inseguì lasciando le bici affittate senza alcuna protezione, tanto di lì non sarebbe passato nessuno che avrebbe potuto rubarle o danneggiarle.
Non appena raggiunse il grosso muro di mattoni che Louis contemplava in silenzio si accorse dei numerosi graffiti colorati che lo ricoprivano e assunse un espressione disgustata, non sopportava i graffiti, ormai il colore originario del muro era quasi svanito sotto uno spesso strato di pittura e erbacce che sbucavano tra gli angoli dei mattoni. “Cosa ci fa questo vecchio muro in mezzo al nulla?” Borbottò la bionda girandogli intorno, anche sul retro era nella stessa situazione.
Louis continuava ad osservare il muro con un sorriso strano dipinto sul volto ed Abigail si fermò ad osservarlo per qualche secondo, era estremamente bello e stentava ancora a crederci di aver baciato quelle labbra che adesso erano tirate in un sorriso un po' malinconico.
“Esattamente in questo punto, tanti anni fa, c'era una casa, una casa stupenda.” Louis fermò il discorso per tastare il muro che era stato una delle pareti dell'abitazione di cui parlava e per sorridere un po' di più, poi continuò “Qui vicino abitavano i miei nonni, due anni fa sono venuti a mancare, ma quand'ero piccolo li venivo a trovare tutti i giorni con mia madre. Ad ogni modo, questa era la strada che percorrevamo con l'auto, qui ci abitava un uomo anziano che coltivava la terra qui intorno. Ho sempre adorato la casa che un tempo occupava questo terreno, era bianca, un bianco che salta subito all'occhio, con le finestre e gli infissi rossi. La adoravo. Quando l'uomo che la occupava morì, venne demolita per fare spazio ad altra terra. Fu davvero orrendo passare da queste parti e non vederla.” Concluse sorridendo, continuava a tastare la superficie ruvida dei mattoni assemblati senza distogliere lo sguardo. Abigail sospirò lentamente, l'alone di malinconia che in quel momento volteggiava su Louis, si era impossessato anche di lei.
“Il signore... Cioè, voglio dire, l'uomo che abitava qui, aveva qualche figlio?” Domandò spostando un po' di terra sotto i suoi piedi. “Non che io sapessi, era sempre solo.” Rispose il moro. “Forse è questo il motivo per cui hanno demolito la casa, insomma, non c'erano eredi ed era in mezzo al nulla, qui intorno è deserto.” Ipotizzò lei, ma probabilmente non fece che peggiorare le cose perché il suo tono di voce sembravo tutto fuorché rassicurante.
Il fatto era che più osservava quel muro, più riusciva a raffigurarsi davanti agli occhi l'immagine della casa tanto amata da Louis. Grande, vecchia, ammuffita, in mezzo al nulla e piena di insetti, quasi inquietante. Insomma, chi uomo sano di mente avrebbe affittato una casa in mezzo al nulla, in una campagna abbandonata e senza lampioni lungo la strada?
Louis emise una risata un po' rauca poi aggiunse “Questi graffiti un tempo non c'erano. Sono anni ormai che non passo di qui e non li ho mai visti.” Abigail attorcigliò il naso. “Stupidi ragazzi senza rispetto...” Borbottò rivolta a chiunque avesse impasticciato quel muro, le dispiaceva che qualcuno avesse rovinato quel muro a cui Louis teneva.
“Perché stupidi? Anzi, hanno fatto proprio bene, ci voleva un po' di colore. Io adoro i graffiti.” Il ragazzo sorrise in modo rassicurante si passò le mani sui jeans pulendole dalla terra e le fece un occhiolino. Abigail rimase qualche secondo a fissarlo senza proferire parola, pensierosa. Forse Louis aveva ragione, quel muro sarebbe stato molto più malinconico e solitario senza quel miscuglio di colori che lo adornavano.

Appena 
tornarono a casa, Louis consegnò le biciclette al negozio di articoli sportivi in cui le aveva affittate ed Abigail lo invitò ad entrare in casa e Louis non rifiutò.
Abigail era sicura che suo fratello insieme a Liam avrebbero fatto delle scenate vedendo entrare Louis in casa, invece gli sorrisero in modo amichevole, ma questa volta fu Louis a guardarli male, quasi come se fosse arrabbiato per qualcosa di particolarmente importante. “Ti abbiamo ucciso il cane?” Domandò Liam senza troppi giri di parole mentre Abigail poggiava sul tavolo gli ingredienti per preparare la torta alla crema come le aveva suggerito il moro. “Adoro la torta alla crema. Prepariamola.” Le aveva semplicemente detto e siccome la bionda andava pazza per quel dolce proprio come lui non aveva fatto resistenza.
Abigail lanciò un'occhiata in tralice al migliore amico di suo fratello e Louis abbozzò un piccolo sorriso carico di tensione “Certo che no. Ma io mi tiro fuori.” Era seduto su di una sedia con i gomiti appoggiati sul tavolo quadrato e non smetteva di fissare Niall negli occhi che seguiva la scena con le sopracciglia alzate e un espressione sorpresa almeno quanto quella di Abigail. “Di cosa parli, Louis?” Era rimasta con il sacchetto di farina racchiuso tra le mani tremanti per la rabbia, quei due le stavano rovinando la giornata con il ragazzo di cui era innamorata. Perché non andavano a guardare un film o a giocare a play station come facevano sempre?
“Oh, nulla, affari di scuola.” Rispose Niall che finalmente sembrava aver compreso di cose stessero parlando, ma non si poteva dire lo stesso della ragazza che continuava a sospettare.
Quelli lì non gliela contavano giusta, ma non aveva voglia di indagare ulteriormente, tanto non avrebbero spiccato parola. “D'accordo.” Annuì, decise di lasciar perdere.
“Ci sei dentro fino al collo, non puoi lasciar perdere!” Lo ammonì Liam con un espressione indecifrabile dipinta sul volto, sembrava arrabbiato e sorpreso proprio come Niall. “Non capite...” Borbottò Louis passandosi una mano sul volto improvvisamente stanco. Mano a mano che la conversazione prendeva una piega sempre più stramba e ambigua la rabbia di Abigail cresceva, fino a diventare smisurata. Sbatté sul tavolo il recipiente con all'interno l'impasto per la torta, facendolo schizzare in tutte le direzioni, e in un secondo ebbe gli sguardi sorpresi dei presenti tutti puntati su di lei. “Adesso basta.” Pronunciando quelle semplici parole, non riconobbe la propria voce, era stufa di tutto quel mistero, era stufa di tutto, punto. “Ditemi di cosa state parlando, altrimenti non so cosa potrebbe succedere.” Non sarebbe successo nulla, lo sapeva, non avrebbe potuto contestare la scelta di suo fratello e degli altri presenti di non parlare, e non disponeva di nessun mezzo efficace per poterli far rivelare i loro segreti, ma avrebbe cercato comunque con tutta se stessa di scoprire cosa fosse successo di così tanto importante.
Louis incrociò le braccia al petto e aprì la bocca per spiccare qualche parola, ma Niall lo anticipò di qualche secondo. “Se parli non ti perdonerà mai.” Queste semplici parole furono in grado di zittire Louis che sembrò essere stato folgorato in pieno e abbassò la testa non riuscendo a mantenere un contatto visivo con Abigail. “Di cosa diavolo state parlando? Sono stufa di tutti questi segreti! Questa storia riguarda me ed ho il diritto di sapere tutto.” Urlò ormai in preda all'esasperazione. Osservò attentamente le facce colpevoli di Niall, Louis e Liam ma nessuno si decise a spiccare parola. “Forza!” Continuò.
"
Okay...” Si arrese suo fratello, il volto stanco. Questa volta fu il turno di Louis di interrompere Niall, si alzò dalla sedia, fece scendere le braccia lungo i fianchi e si avvicinò ad Abigail di un passo, appoggiandosi al tavolo che li divideva. “Tuo fratello mi ha pagato per stare insieme a te.” 
Abigail sbatté gli occhi ripetutamente, rimase sconvolta, senza alcuna parola da dire, non esistevano parole giuste o sbagliate da pronunciare in un momento simile, Louis continuava a fissarla con l'aria colpevole, aspettando una reazione che probabilmente non sarebbe arrivata. Non era sicura di ciò che aveva detto il ragazzo che aveva davanti... Magari aveva semplicemente frainteso.“Okay.” Rispose la bionda. Le bruciavano gli occhi e le fischiavano le orecchie, lo stomaco si contorceva e non per la fame. In quella stanza non esisteva più nessuno all'infuori di lei e del suo malessere generale. Si sentiva finita.
Non riuscì a sentire le parole che pronunciò Louis in seguito, ma si avvicinò di più al tavolo e si sedette sulla sedia in legno che occupava sempre la madre all'ora di cena, accavallò le gambe, socchiuse gli occhi e “Perché?” Disse semplicemente.
“Abigail, ascoltami...” Suo fratello si piegò sulle ginocchia per poterla guardare bene in faccia e la fissò negli occhi. “Tutto quello che ho fatto, l'ho fatto per te. Non stavi bene, tutti se ne sono resi conto. Mamma, Mallory, Liam, perfino Dakota mi hanno chiesto cosa avessi ultimamente. Non sapevo come comportarmi per farti tornare il sorriso, ho parlato con Mallory e lei mi ha detto cosa provavi per Louis e... Quando sono venuto a conoscenza delle tue carenze in matematica ho approfittato della situazione. L'ho pagato non per farti ripetizioni, ma per stare con te, farti sorridere e ci sono riuscito. Più passava il tempo e più mi sono reso conto che tornavi a casa con il sorriso stampato in faccia e la testa tra le nuvole, mi sono reso conto che serviva lui per farti tornare quella di un tempo, per farti essere felice. Lui è stato capace di fare ciò che non sono riuscito a fare io. E lo so che adesso ti senti tradita, presa in giro dalle persone che volevi bene, ma lo abbiamo fatto per te, e spero che un giorno capirai che ciò che ho fatto era solo per il tuo bene, che non avevo cattive intenzioni.”
Abigail piangeva, ascoltando quelle parole scoppiò a piangere senza rendersene nemmeno conto. Riusciva a leggere la sofferenza negli occhi di suo fratello, soffriva come soffriva lei ed odiava quella situazione, ma non lui. “Mi sono innamorata di Louis, mi sono innamorata di una menzogna, lo capisci questo? E' stato tutto una magnifica bugia.”Urlò sbattendo le mani sul tavolo. Non riusciva a vedere bene, gli occhi erano gonfi di lacrime e le offuscavano la vista. “Mentre io pensavo a quanto ti amavo, Louis, tu cosa pensavi? A quanti soldi avevi guadagnato prendendomi in giro? E quante risate, oh quante risate, ti sarai fatto una volta tornato a casa! Bugiardo!” Abigail si alzò dalla sedia barcollando per il forte mal di testa che le era venuto per aver urlato così tanto e Louis le si parò davanti serrandole i polsi con le mani forti. “Se credi che io ti abbia presa solo in giro, ti sbagli. Ho restituito fino all'ultimo centesimo tutti i soldi che tuo fratello mi aveva dato per stare con te. Ho accettato l'offerta di tuo fratello perché avevo bisogno di soldi, non per hobby, non per prenderti in giro e non sai quante notti ho passato senza dormire, maledicendomi per ciò che stavo facendo. Sapevo che non era giusto, e più passava il tempo più mi affezionavo a te. Tuo fratello mi ha pagato per farti sorridere, non per baciarti, non per fingere di amarti, tutto quello che ho detto, fin dall'inizio era tutto vero. Mi sono innamorato di te, per questo mi sono tirato indietro, ho restituito i soldi a tuo fratello perché nonostante io ne abbia ancora bisogno non me ne faccio nulla se al mio fianco non ci sei tu. Questo lo capisci?” Abigail avrebbe voluto crederci e nonostante non abbia mai visto Louis così serio e deciso e soprattutto con gli occhi lucidi, non riusciva davvero a farlo. Si sentiva una stupida, inutile, per non essersi resa conto di ciò che stava succedendo, eppure era accaduto tutto davanti ai suoi occhi. L'amore rende cechi.
La bionda non rispose, si dimenò fino a liberarsi dalla presa di Louis e si recò in camera sua chiudendo la porta a chiave, non voleva vedere più nessuno. Riuscì solamente a sentire Louis urlare “Abigail io ti amo.” E poi Liam che lo interrompeva pregandolo di uscire di casa.


PERDONATEMI!
Scusatemi davvero per tutto il tempo che ci ho messo per pubblicare questo capitolo, non ho neanche controllato l'ultima volta che ho aggiornato con il settimo perché altrimenti dovrei solo impiccarmi, ma davvero non ho avuto possibilità per aggiornare prima.
Spero ci sia ancora qualcuno che segua questa storia perché davvero mi dispiacerebbe molto, ma avete ragione, è colpa mia!
Spero che con questo capitolo io non abbia deluso le vostre aspettative... Manca poco alla fine, tipo un capitolo più l'epilogo. Spero di poter aggiornare con il prossimo capitolo senza troppi ritardi. Scusate ancora e alla prossima. <3

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