Nove orchidee

di Melitot Proud Eye
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Come la luna piena la notte di Samhain ***
Capitolo 2: *** Storie dall'oceano topografico ***
Capitolo 3: *** L'unica che dia pace ***
Capitolo 4: *** Dignità del proprio rango ***
Capitolo 5: *** La chiamerei Yuuki ***
Capitolo 6: *** Quel che poi accadrà, nessuno lo sa ***
Capitolo 7: *** Genesis ***
Capitolo 8: *** Kaname ***
Capitolo 9: *** Prendimi per mano ***



Capitolo 1
*** Come la luna piena la notte di Samhain ***


Nota dell'autrice: ecco, lo sapevo che prima o poi sarebbe successo... ho scritto una raccolta su Rido, Haruka e Juri. E c'è molto di Rido O_o mi sa che il tipo emette vibrazioni nocive per le cervella XD
I brani sono nove: il primo una oneshot, che si colloca temporalmente per ultima, le altre delle flashfics (anteriori, ma non in ordine cronologico... si capirà in ogni caso, e mi sembrava che così certi argomenti risaltassero meglio).

La notte di Samhain è... questa! Il 31 ottobre, Halloween. Il nome originario celta è Samhain e ha molti significati interessanti.
Buona lettura.

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Come la luna piena la notte di Samhain





L'intarsio circolare, torto su se stesso a tralci di edera, con rettili e pomi rossi come punti cardinali era il solo particolare visibile nell’aria stagnante dell’anticamera, persino ai suoi occhi inumani. La lancetta delle dodici scattò, trafiggendo uno dei draghi.

Dodici lugubri lamenti. Tutto il resto, silenzio.
Incapace di resistere oltre, Juri attraversò la stanza e afferrò la maniglia con tanta forza da troncarla. Il pezzo d’ottone le restò sul palmo, spolverato di segatura.
Lo scagliò lontano, incurante dei danni.
Stessa sorte toccò allo stolido portone di bronzo, dei cui bassorilievi rimase un negativo sulla parete esterna.
Non era da lei comportarsi così ― ma s’era stancata di pazientare.
Foglie morte cominciarono a sbriciolarsi sotto i suoi piedi. Erano dappertutto, a perdita d’occhio, come un tappeto sporco steso sul giardino; lo facevano somigliare a una di quelle sculturine di sughero rinsecchito che si conservano sotto vetro, passate di ava in nipote, sempre uguali e sempre più decrepite.
Spendendo un discreto sogghigno al paragone, la vampira proseguì.
Almeno il tempo era dalla sua parte: il buio esterno, anche se meno fitto di quello in villa, dove l'atmosfera era densa e fredda come la nebbia, l’avrebbe celata agli occhi indiscreti. Balzò oltre un rivo artificiale, s’aprì un passaggio tra i cespugli di rododendro carichi di fiori appiccicosi e fece perdere le proprie tracce.
Oh, non per molto, non s’illudeva.
Se c’era una cosa che non poteva fuggire, quelli erano gli obblighi del suo casato.
Sedette fra le braccia piangenti di un salice, stanca, scegliendo il posto a caso. Uno valeva l’altro… finalmente una scelta priva di implicazioni politiche o sentimentali.
Raccolse le mani sulle ginocchia, posandovi il mento.
Una lieve brezza odorosa di humus suonò gli specchietti appesi tra le foglie, appesi un tempo da bambini felici, e il delicato baluginio occhieggiò all’alone della luna cancellata. Un guizzo nello stagno.
Juri fu colta da un ricordo.
Sì, quel posto sapeva di Rido.
Sorrise con amarezza, poiché la memoria di un fratello avrebbe dovuto portare calore e piacere; era normale. Ma quale sorella normale sarebbe stata fidanzata con quel fratello? E quale, concedendo che fosse ammissibile, l’avrebbe rifiutato dopo quasi duemila anni di fidanzamento?
Non è colpa mia, pensò di ribattere. Non l’ho scelto io.
Quando sono nata altri avevano deciso per me.
Ma sarebbe stata una menzogna e lei non voleva conficcare quell'ultima spina sacrilega nella carcassa che era il loro rapporto. Se Rido aveva decretato la fine di tutto, lei ne aveva deciso l’inizio, e quella responsabilità le sarebbe gravata sulle spalle per sempre, nel bene e nel male.
Era successo proprio quel giorno. Pensosa, si chiese come stesse affrontando il colpo quella mente volubile e collerica, abituata al dileggio e alla malizia. Rabbia e disperazione ribollivano… le aveva viste. O se l’era immaginate?
No, lo conosceva troppo bene. E non se ne pentiva.
Premette più forte sulle ginocchia.
Chissà quando aveva iniziato a temere Rido? Se cercava tra i ricordi un momento preciso non lo trovava: era stato un avvelenamento graduale e discreto. Un tempo erano stati fratelli molto legati, tutti e tre. Non a caso, nei corridoi delle casate perbene si vociferava che l'etichetta nobiliare avesse cominciato a morire proprio con loro.
A quell'epoca scorrazzavano ovunque, senza remore, caparbi e il più lontani possibile — consapevolmente o meno — dall'ideale pensato per loro; almeno finché la realtà non aveva dimostrato con durezza che fingere di non vedere le responsabilità era ben diverso dal cancellarle.
Rido ne era rimasto indignato. E aveva preso in mano la situazione.
Da sempre portato per il comando, per i sotterfugi intelligenti, e figlio primogenito, da quel giorno prese a strapparli col suo potere alle grinfie di adulatori e precettori. Detestava quella gente. Al diavolo tutti. Meglio starsene al loro rifugio segreto.
E con quelle parole la prendeva in braccio, anche quando ormai pesava troppo, prendendola in giro. Le sue proteste adirate lo facevano ridere.
Accoglieva con una risata anche le battute di Haruka.
Era a quel tempo che l'affetto fraterno s'era trasformato in un qualcosa di più complesso, misto a ingenuità e fascinazione. Aveva amato Rido. A che sarebbe servito negarlo? Quel fratello sicuro e volitivo l'aveva posta (e forse la poneva ancora) al di sopra di ogni cosa, la divertiva, le insegnava, era destinato a lei. Era suo. E lei ne era felice.
Nessuno li avrebbe mai separati.
Non poteva immaginare che i loro nemici più pericolosi sarebbero stati i secoli che li separavano dalle loro nozze. Quei decenni silenziosi finirono per oltrepassarli con lenta violenza, sfiorandoli appena — in apparenza.
Finché erano insieme nulla sarebbe cambiato.
Ora si rendeva conto di essere stata una stupida. Nella propria ingenuità, ubriaca di spensieratezza, non era riuscita a vedere che il veleno dei Kuran strisciava sotto la pelle di suo fratello… soffocando il lato gentile del suo carattere e inasprendo quello autoritario. Non s'era accorta che, a furia di coprire per loro, i sotterfugi si trasformavano in complotti; i sorrisi, in ghigni sarcastici; l'affetto in gelosa avarizia.
Stare insieme era divenuto difficile, un crescente disagio sotto i suoi occhi predatori, mossi dall'incertezza, dal sospetto. E lei, compagna divenuta oggetto, una corona trionfale da ostentare davanti a tutti, aveva concepito la paura.
Nessuno la guardava per ciò che era veramente.
Sotto gli occhi del concilio, dei parenti e dei vassalli, sarebbe avvizzita senza morire per molto tempo, come la falena succhiata dal ragno, prigioniera di un ruolo e di un marito incapace di comprendere l'assurdità delle finzioni di corte.
Haru…
Quel nome interruppe la catena di tristi pensieri.
Già, non tutti. Qualcuno aveva visto. Qualcuno sapeva.
Haruka: l'ancora della sua vita, del suo spirito, il suo migliore amico. Se non ci fosse stato lui non avrebbe saputo che fare… ma forse, allo stesso tempo, quell'orribile situazione non sarebbe mai sorta. Sarebbe diventato tanto cattivo Rido, infatti, se non avesse dovuto sentirsi costantemente confrontato, misurato e comparato dalle malelingue a suo fratello minore? Se non avesse temuto di perderla (timore fondato, alla fine) durante il confronto?
Forse no.
O forse sì.
Juri strinse le labbra. Non aveva più importanza, purtroppo.
Non avrebbe mai dimenticato la notte in cui, davanti ai suoi occhi e ignorando il suo grido scioccato, Rido aveva ucciso un comune livello D e un umano colpevoli d'aver stretto amicizia. «Era solo un'umana» le aveva risposto, andandosene «e lui un idiota.»
Non era così che ragionava Juri Kuran. Non era così che agiva.
Il suo rango poteva averle ispirato orgoglio, dignità, contegno, ma non quella nichilistica, dispotica alterità; e conosceva abbastanza suo fratello da capire che ormai era troppo tardi per cambiarlo. Triste certezza. Ci aveva provato lo stesso, sbattendo contro un muro.
In che cosa ti hanno trasformato, Rido? Com'è potuto succedere?
La sua risata sincera non risuonava nei corridoi da troppo tempo. L'aveva dimenticata. Da spiritoso, affidabile confidente era mutato in politico scafato e tirannico, i cui occhi sbranavano al pari della lingua.
Forse un'altra avrebbe resistito; ci sarebbe passata sopra. Ma lei no.
Non era per questo che l'aveva amato.
Aveva paura di questo nuovo Rido.
Perciò aveva scelto Haruka, dapprima stringendosi a lui nell'incomprensione, poi, quasi incredula, riscoprendo il conforto di una conversazione sincera e di una compagnia tranquilla, stabile e inamovibile come le fondamenta di una montagna.
Aveva scelto Haruka, lo avrebbe sposato e lo avrebbe reso padre. E ne sarebbe stata felice, perché il desiderio di fuggire da tutte le sregolate tradizioni di famiglia non superava l'amore che nutriva nei suoi confronti. Era ben più di un rifugio, ormai. Si sarebbe concessa quell'unico conformismo.
E tuttavia non avrebbe mai smesso di commemorare con dolore i bei giorni dell'infanzia, quando loro fratello era il centro luminoso dell'universo, rassicurante al pari di una luna piena la notte di Samhain. Non avrebbe mai smesso di chiedersi dove avesse sbagliato e di come sarebbero potute andare le cose qualora la sorte fosse stata un po' più benevola con loro.
Si alzò a guardare il laghetto, scostando i rami del salice.
E non cesserò di pregare perché tu possa trovare la serenità, finalmente, fratello.

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Capitolo 2
*** Storie dall'oceano topografico ***


Nota: a proposito della "profezia", sappiate che me la sono inventata... a ragion veduta ^^ chi è spoilerato saprà  che: a) Kaname è in realtà il primo vampiro della storia, l'antenato di tutti; b) è stato Rido a resuscitarlo, non si sa come. Quindi, facendo due più due e tenendo conto che Rido avrà saputo solo da adulto della sua esistenza dormiente, ho voluto introdurre questo elemento doppiamente sinistro nell'infanzia felice del personaggio: da un lato corrisponde al destino di Rido, ultimo dei tre fratelli a morire, dall'altro preannuncia quel che farà al figlio di Haruka e Juri.
Certo, che Kaname sarà l'ultimo Kuran a morire in assoluto è mia opinione, ma era troppo evocativo XD
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Storie dall'oceano topografico



Fra le pareti del palazzo reale circolava una leggenda. Fin da quando era in fasce l’aveva sentita mormorare nei corridoi, fra trine e merletti servili; era una conoscenza antica, inevitabile, e si applicava alla famiglia dei Kuran da sempre.

Il primo a nascere sarà l’ultimo a morire.
A Rido sembrava un indovinello tanto assurdo quanto superstizioso. Non poteva riferirsi a un Kuran qualunque; e tuttavia nessuno dei primi viveva ancora, così da poter essere l'ultimo a tirare le cuoia. Semplicemente, un caso adatto non esisteva.
O forse la leggenda si riferiva ai fratelli nati nel casato?
Se lo chiese il giorno in cui tenne in braccio Haruka, sospettando di aver tratto conclusioni sbagliate.
Se lo chiese di nuovo alla nascita della sorellina, rosea, paffuta e adorabile.
Ne fu certo quando furono cresciuti.
Non della veridicità della diceria, beninteso, ma del fatto che sarebbe stato lui stesso a renderla reale. Finalmente non era più solo. Giurò che avrebbe ripagato il favore proteggendoli per tutta la vita, morendo solo dopo di loro, quando nulla avrebbe più potuto toccarli.
E dopo di loro sarebbe morto, un giorno. Proprio come desiderava.
Ma beffato dall’ingenerosa, ironica mano del destino.

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Capitolo 3
*** L'unica che dia pace ***




L’unica che dia pace


 

“Qui, a lenire il mio dolore,
sta umile, sommessa,
la sua timida, semplice, femminile tenerezza.”

Evgenij Evtušenko


 

«Rido?» La porta scivolò silenziosa sui cardini. «Sei qui?»
L'acredine di braci spente pervadeva la camera, buia; a un primo sguardo le parve vuota, ma persino con Haruka alle spalle poté cogliere la forte presenza di loro fratello maggiore, da qualche parte nelle vicinanze.
Esitò, chiedendosi cosa fare.
Poi, scambiato uno sguardo d'intesa con Haruka, strinse le labbra ed entrò, sgambettando con grazia sulle esili gambe di undicenne.
«Rido…?»
Lo trovò al di là del letto, stravaccato contro il muro tra le falde cascanti del baldacchino. La sua camicia francese era quasi completamente aperta, sbilenca, come se avesse cercato di strapparsela.
Alcuni bottoni puntellavano il tappeto persiano.
«Fratellino» mormorò, inginocchiandosi.
Non era la prima volta che lo trovavano così e, temeva, non sarebbe stata l'ultima. Che stava succedendo? C'era senza dubbio qualcosa di diverso. La barriera di cortigiani che li divideva si faceva ogni giorno più folta e minacciosa.
All'improvviso Rido si svegliò dal suo torpore e l'abbrancò per i gomiti.
Juri mandò un grido di sorpresa. Poi, capito che la stava abbracciando, si rilassò.
«Che cosa ti hanno detto…?»
Lui non rispose, nascondendo il respiro agitato nel suo collo.
Avvertendo una collera familiare montarle nel petto, la bambina ricambiò la stretta con forza.
«Sono solo degli invidiosi. Non ascoltarli, Rido.»
I suoi ricci le solleticavano la bocca. Inattesa, una risata gutturale fece vibrare le sue spalle, rombando negli ampi polmoni maschili con la minaccia di un ruggito.
«Oh, lo so» lo sentì dire, finalmente. «Ma quanto sono bravi a recitare il loro ruolo.»
Tacque ancora un istante, quindi si scostò e le passò le mani fra i capelli, guardandola coi suoi strani occhi spaiati.
Un sorriso sicuro. La baciò sulla guancia, tenendola stretta.
«Tu sei l'unica che mi dia pace, Juri.»


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Capitolo 4
*** Dignità del proprio rango ***


Nota: grazie per tutte le recensioni <3 mi aspettavo più kanamiane, ma magari lurkano XD
Ecco dell'altro RidoxJuri, con Haruka che continua la parte del terzo incomodo... però non durerà a lungo, promesso ;-) Adoro Haru, soprattutto dopo certe uscite del fanbook.

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Dignità del proprio rango


 

Non si è mai soli in pochi.” 

Goethe

 

 
«E' una cosa ridicola, Haruka. Non ti vergogni di te stesso?»
No, Haruka non si vergognava di se stesso. Non si vergognava di nulla, apparentemente, poiché seguitò a masticare il boccone senza pulirsi la faccia dalla panna.
Alzando le spalle, Juri tagliò il dolce con la forchetta e offrì un'altra porzione, subito incamerata dalla bocca zannuta del fratello.
Rido fumò. «Beh, dovresti. Sembri un poppante.»
Haruka deglutì, si leccò i baffi e gli indirizzò uno sguardo piatto.
«Che male c'è? La festa è finita.»
«Chi vuoi che ci veda, siamo solo noi» confermò Juri.
«Non è questione di essere o non essere visti» ribatté il maggiore, arruffando le penne. «E' questione di comportarsi con la dignità del proprio rango.»
Il placido Haruka sembrò finalmente irritarsi: storse la bocca, scambiò un'occhiata con la sorella e, infine, si alzò dal tappeto persiano, spolverandosi.
«Scusate, Gran Ciambellano. Vado a dormire ora. E' abbastanza dignitoso questo?» e aggiunse una linguaccia per buona misura.
Quando se ne fu andato Juri scosse il capo, raschiando il piattino.
«Sei il solito rompiscatole, Rido…»
Pescò il boccone finale, quello con ciliegina, e se lo portò alle labbra senza più considerare il fratello.
Ebbe scarso successo.
«Oi.» Le stava tirando la gonna.
«Che c'è?»
Lui squadrò il cucchiaio, poi, con tutta la dignità di un principe sedicenne, spalancò la bocca guardando altrove.
Juri scoppiò a ridere e lo accontentò.

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Capitolo 5
*** La chiamerei Yuuki ***


Nota: e per la gioia dei fans, ecco finalmente un po' di vero HaruJuri <3 ve l'ho detto che adoro Haruka, vero? Mi ricorda molto Zero, sia come aspetto che come carattere XD;
La prossima il pairing avrà coronamento ;-)

[edit 11/12/11] Flash classificatasi QUARTA al concorso FLASHFIC ISTANTANEE indetto da DarkAeris sul forum di Efp =D
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La chiamerei Yuuki


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“Perché proprio quando mancano le idee,
arriva una parola al momento giusto.”


Goethe

Era un afoso pomeriggio di giugno e nell'antico studio non filtrava un alito d'aria. Rido Kuran, età apparente quattordici anni, leggeva stravaccato sull'unica poltrona del mobilio, mentre i suoi fratelli minori si concentravano sui compiti lasciati dal precettore.
Era da un pezzo che rileggeva le stesse tre righe. Nello sventolarsi col segnalibro, pensò che la noia avrebbe anche potuto ucciderlo. Alla fine, non resistette più.
«Neh, Juri» buttò lì, indirizzandole un sorriso charmant. «Come vuoi chiamare la nostra prima figlia?»
Dalla sorpresa, a lei cadde di mano la penna; mentre alzava lo sguardo, imitata da Haruka, le sue guance colorirono.
«Non ti sembra un po' presto per pensarci
Rido levò una mano in segno di resa. «E' solo per spezzare la noia, così. E, in fondo, non si pensa mai abbastanza presto a certe cose…» Ghigno impenitente.
Juri mugugnò qualcosa, scostandosi i capelli dal collo.
«Boh, non lo so. Non so neanche se la voglio, una bambina.»
«A me piacerebbe "Juri".»
«Che?»
«"Juri". Come te.» Il maggiore dei Kuran cominciò a sognare a occhi aperti, come l'avevano visto fare poche volte. «Immaginate… due adorabili, bellissime Juri tutte per me!»
Mentre Rido continuava a fare progetti superomistici, la sorella arricciò il naso tra il lusingato e lo scocciato, rivolgendosi ad Haruka che, fino a quel momento, aveva assistito in silenzio.
«E tu, Haru, come la chiameresti?»
L'attenzione di Rido tornò su di loro al fulmicotone. «Chiamare chi?»
«La figlia che avrà un giorno.»
«Da chi
«E che ne so? Da Shizuka, magari?»
Haruka alzò le spalle, disinteressato; i suoi occhi esprimevano una placida, irrisoria disapprovazione dell'intero argomento, che cadde, permettendo ai compiti di essere finiti.
Ma allorché, quella sera, Juri uscì dalla propria camera per avviarsi alla cena di gala, lui aspettava in corridoio, vestito di un completo scuro e vellutato.
«La chiamerei "Yuuki"» disse, asciutto. «Yuuki.»
Lei ripeté quel nome a fior di labbra, innamorandosene.

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Capitolo 6
*** Quel che poi accadrà, nessuno lo sa ***


Nota: altro JuriHaruka <3 il loro momento decisivo me lo immagino così; niente di catastrofico o mirabolante, solo una decisione di affetto e fiducia. E la citazione, in realtà, è la frase che più di ogni altra si applica alla coppia ZeroYuuki, nel mio modo di pensare. Se ci pensate, è proprio vero: senza fiducia reciproca, come si può vivere accanto a una persona? Negli anni passione, desiderio e novità affievoliscono; solo l'amicizia ha i caratteri della longevità.
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Quel che poi accadrà, nessuno lo sa



“Ogni amore che non si fondi sull’amicizia
è come un palazzo costruito sulla sabbia.”

 
Ella Wheeler Wilco




«Sposerai Rido?»
«E’ stabilito che sia così.»
«Non propinarmi questo credo. Non parlo di quello che vogliono gli altri, ma di quello che vuoi tu.»
La giovane Juri immerse i piedi nel laghetto, emettendo una risata spenta. «Lo so che è cambiato; so come la pensa adesso. E non gli voglio più bene come una volta… ma ho scelta?»
«Un’alternativa c’è sempre.»
«Ah, ah. Non credo. Impazzirebbe del tutto se gli venissi a mancare. E chi vuole un’altra guerra?»
Il volto di Haruka si riflesse sull’acqua, accanto al suo.
«Non ti fidi di lui. Non gli confidi nulla da tempo.»
«Poco importa.»
«E tu, Juri? Non sei tu quella che vuole ricompensare l’onestà e i buoni propositi? Chi penserà alla tua felicità?»
I loro occhi s’incontrarono e lei, per paura di dire qualcosa di cui si sarebbe pentita, li abbassò, scuotendo la testa. Suo fratello s’avvicinò fino a posarle il mento sulla spalla, proprio accanto all’orecchio, dove il suo respiro s’arricciò come la coda di un fuoco fatuo.
«Vorrei essere io a farlo.»
Il cuore sembrava uscirle dalla gola.
«Sposa me, Juri.»
 

 

Ma dolore e piaghe per le loro offese,
battaglia e carestia e tutte le pestilenze,
faranno di questa terra una landa desolata…

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Capitolo 7
*** Genesis ***


Nota: l'addio fra Rido e Juri. Da qui in poi solo angst e temi dark, siete avvisati ^^;
Grazie ancora per le recensioni.

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Genesis


 

“Il suo cipiglio era triste; l’occhio, al di sotto,
lampeggiava come una scimitarra dalla guaina.”

Henry Wadsworth Longfellow



 

«Come hai potuto? Come hai potuto?» La vampira distolse lo sguardo, dura e impenetrabile come il basalto che pavimentava il corridoio. «Non sono più abbastanza per te?»
«Sei anche troppo.»
«Juri…»
«Sei diventato un assassino!» scattò lei. «Un tiranno sanguinario! La vita degli altri non ha più alcun valore per te ― se mai ne ha avuto.»
«La tua mi è inestimabile.»
Una risata secca. «Io sono una su milioni, Rido. Non è stringendoci l’un l’altro a occhi chiusi che diventeremmo dei buoni sovrani.»
«E tu che ne sai?» fu l’altera risposta.
Juri scosse il bel capo. «E’ solo la punta dell’iceberg. C’è tanto altro.»
«Spiegami il resto, allora. Avanti.»
Il tempo che gli concedeva, però, andava morendo. Lo fissò con gelo.
«Basta, Rido. Abbiamo chiuso. E’ finita. Non sposerò mai un despota.» Gli volse le spalle.
«Juri?!»
«Addio.»
E lo abbandonò lì, in un angolo del loggiato, a raccogliere i pezzi dell’unico cuore che avesse mai posseduto… sacrificio inevitabile perché si completasse la genesi del mostro che da sempre gli albergava in corpo.

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Capitolo 8
*** Kaname ***


Nota: uff... ma perché non accetta più il bel carattere gotico che usavo per i titoli? ;_; E' una tristezza, senza...
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Kaname




La prima volta che lo tenne in braccio, al riconoscimento ufficiale, gli ricordò certi suoi ritratti antichi.

Lo sguardo diretto, il viso ovale e la presa imperiosa del piccolo pugno sui volants della sua camicia erano gli stessi che pennelli spelati avevano tracciato, secoli prima, sulle tele di famiglia, guidati da mani ossequiose nei confronti del re e dell'erede al trono.
Quel bambino avrebbe potuto essere suo figlio. Non lo era — difficile scordarlo — ma nei pochi attimi in cui rimase solo con Juri, mentre lei lo cullava, quella sensazione surreale non lo abbandonò.
La seconda volta, Kaname gli rammentò sua sorella. Quella curiosità innata, le buffe espressioni infantili erano ciò che era stata Juri prima di trasmutarsi in una donna irriconoscibile.
La terza volta gli rammentò Haruka.
Il fragile incanto cristallizzò e precipitò sul fondo della sua anima.
I capelli del bambino erano meno ricci. Nel placido, gentile sguardo si personificavano i velenosi sentimentalismi di suo fratello minore, curati e cresciuti con amore; e lui ne fu disgustato.
Quello non era suo figlio. Non poteva più neanche fingere.
Giurò che l'avrebbe distrutto.
Il quarto incontro sarebbe stato anche l'ultimo.

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Capitolo 9
*** Prendimi per mano ***


Nota dell'autrice: questo è l'ultimo capitolo - nove in tutto ^^
Se qualcuno è più stato sulla mia pagina personale, tra l'altro, avrà letto l'aggiornamento... e saprà che la presente è l'ultima pièce (probabilmente per sempre) che pubblicherò su VK... mi spiace per tutte le persone meravigliose che hanno commentato le mie fic, ma purtroppo alla musa non si comanda e gli ultimi sviluppi del manga mi hanno profondamente delusa; ora la musa si dirige verso altri, luminosi lidi *coughVersaillesnobaracough*
E' stata comunque una bella esperienza, che ha cambiato il mio modo di scrivere e aperto i miei interessi al gotico-dark. Chissà che un giorno io non trovi un manga simile abbastanza geniale da ricatturarmi... comunque sia, per ora torno alla mia classica passione, lo storico-avventuroso.
Bye bye ^^

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Prendimi per mano
 



“Com’è meravigliosa la Morte,
la Morte e suo fratello, il Sonno!”
 
P. B. Shelley, Il demone del mondo
 



E poi, un giorno avevano un altro figlio.

Ne divenne conscio per caso, in sogno. Quale che fosse il motivo della lunga ignoranza (erano stati così bravi?), non sprecò un'ora per passare all'offensiva. Era un doppio tradimento, un doppio voltafaccia…
Doppio…
Doppio…
Avrebbe spezzato anche la piccola.
Quel proposito divenne un'ossessione, un chiodo fisso di cui era impossibile liberarsi. Bruciante persino quando, fisicamente, un cranio non l'aveva più.
Com'era? Non riusciva a vederla. Dov'era? Doveva alzarsi e uscire, via dalla cripta…
Quel fuoco demoniaco tacque solo quando, anni dopo, finalmente la incontrò. Fu un brevissimo, illuminante attimo di silenzio: quella era Juri — Juri come la ricordava negli anni della giovinezza, sicura, combattiva, onesta nello sguardo e negli intenti ― tornata dall'oltretomba per trascinarlo all'inferno.
E lui, dopo aver giocato un po' (estrema indulgenza di un condannato), spalancò le braccia e l'accolse, pagando il suo debito; ultimo dei tre fratelli a morire.
 


 
- end - 

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