Do whatever your heart commands

di imperfectjosie
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chap. I - Lost in stereo. ***
Capitolo 2: *** Chap. II - Sorry, i'm late ***
Capitolo 3: *** Chap. III - Just the girl ***
Capitolo 4: *** Chap. IV - I won't say i'm in love ***
Capitolo 5: *** Chap. V - Dammi cinque minuti ***
Capitolo 6: *** Chap. VI - Il volume delle tue bugie ***
Capitolo 7: *** Chap. VII - Pieces ***
Capitolo 8: *** Chap. VIII - Backseat serenade ***
Capitolo 9: *** Chap IX - Sick little games ***
Capitolo 10: *** Chap. X - The adventure ***
Capitolo 11: *** Chap. XI - Cry baby ***
Capitolo 12: *** Chap. XII - Alexander Jack Barakat. ***
Capitolo 13: *** Chap. XIII - A modo tuo (Epilogo) ***



Capitolo 1
*** Chap. I - Lost in stereo. ***


Fandom: All Time Low.
Rating: Arancione.
Pairing: Jack/Carrie - Aggiornamento al 12/12, Andando avanti, la storia prenderà una piega vagamente Alex/Carrie (Alerrie? Che schifo di soprannome, aiuto.) Non è stata una cosa voluta, mi è uscita fuori e basta! Il protagonista maschile della fan fiction, rimane comunque Jack.
Note:
Premessa: E' un esperimento bello e buono!
Mai provato a scrivere long su nuovi personaggi in scena, ma ho pensato (dopo l'attento ascolto di svariate canzoni melense) di cimentarmi in una JackRomance. E già l'idea di un Jack romantico, fa abbastanza ridere. Avrei preso Alex, però il carattere del minore mi sembrava più adatto ad una "What if?".
Giusto. What if?
E se una ragazza vincesse il contest per incontrare la sua fave band? E se, incredibilmente, l'incontro non andasse proprio come previsto? 
Alex non è una ragazzina isterica, però si presta alla parte. Scusa, caro! :')
Che dire?
Io spero che vi piaccia, ho ancora molto da scrivere e tante long da terminare, so già come terminarla, ma non credo di riuscire a stare dietro a qualsiasi minchiata che la mia mente insana partorisce. Perciò, salvo apprezzamenti e incitazioni a continuarla, la lascerò in sospeso fino a nuovo ordine, dedicandomi alle due su Tom che già ho cominciato qualche mese fa.
Enjoy the read and let me now. I love you. Tits or GTFO!

 

Do whatever your heart commands.


CHAP. 1 - Lost in stereo.

Carrie

 

He's outta control,
so beautiful


Dovrei presentarmi, prima di tutto.
Mi chiamo Carrie, ho ventiquattro anni e vivo a New York. Questa è la storia di una ragazza comune, investita in pieno dal suo sogno più grande.
Le persone vivono, sperando di poterli realizzare, quei sogni così improbabili e appena visibili, poi c'è chi, come me, riesce ad afferrarne uno e a stringerlo forte al petto.
Quel sogno si chiamava Jack.
Nome piuttosto comune, vero?
Un ragazzo come tanti. Ventisei anni, alto, faccia furba e occhi maliziosi.
Ma non è comune, per niente. Anzi, è un disastro socialmente conosciuto a tutti con il cognome “Barakat”.
Sul divano, al quinto mese di gravidanza, la mente viaggia lontana, fermandosi ai primi di Luglio. Un concerto, qualche goccia d'alcool e il pass per i camerini del gruppo.

« Ed ecco la fortunata! Ragazzi, lei è Carrie. Ha vinto il pass e ve la lascio per un'ora e mezza intera. Trattatela bene! »
La voce ironica dell'uomo addetto alla security è troppo lontana. Sono ancora ferma sulla porta, più che altro bloccata. Mi stropiccio il cartellino appeso al collo con fare nervoso e riesco solo a pensare a quanto debbano sembrare stupidi i miei capelli blu.

Alex mi guarda con un caldo sorriso. E' seduto sul divanetto e non sembra intenzionato ad alzarsi. Non importa, comunque. Va bene così, sono nel loro camerino, cosa potrei chiedere di più?
« Ciao! Entra, non ti mangiamo mica! »
Sposto lo sguardo su Zack, che vicino a Rian mi incita ad abbandonare il legno della porta. Mi mordo un labbro e, con calma, avanzo nella stanza, accettando impacciata l'invito di Alex a sedermi sul divano.
La scena è surreale, ma in testa l'unico pensiero che riesco ad elaborare è “Dov'è Jack?”
« Rian, sei una fighetta! Hai finito tutto lo shampoo e ho dovuto lavarmi i capelli con il bagnos- » si blocca.
L'asciugamano stretto in vita, uno in testa e lo sguardo vagamente stupito. Io devo sembrare proprio l'ultima delle cretine, vista la risata cristallina di Alex che riempie l'aria.
Deglutisco, saltando in piedi come se la pelle del divano bruciasse.
« N-Non guardo! N-Non sto guardando! » ripeto, coprendomi entrambi gli occhi e le guance, ormai rosse come il fuoco.
Jack sghignazza per un po' e spiando dal buco tra le dita posso vedere che mi sta indicando.
« Lei chi è? »
« Lei è la ragazza che ha vinto il concorso, Bassam. Ti sei lavato pure il cervello, insieme a quel mucchietto d'ossa che chiami “fisico”? »
Riderei alla battuta sarcastica di Zack, ma sono troppo occupata a voltarmi, inciampando sul tavolino e cadendo tra le braccia di Alex, che ancora ride come un pazzo.
« Ti sei fatta male? » domanda, sollevandomi per le spalle.
Finalmente mi decido a levare le mani dal viso e scuoto leggermente la testa blu, abbozzando un breve sorriso.
« Me ne ero dimenticato. Hai le mestruazioni per caso? »
Non riesco ancora a voltarmi, ma la sua voce arriva chiara e decisa. Stupenda.
« Vai a vestirti e piantala di dire idiozie! »
Detto questo, Rian si alza, annunciando a tutti di dover sbrigare alcune faccende private. Probabilmente parla della sua ragazza, ma non mi importa.
Poco dopo, Zack lo segue.
Nessuno sembra essersi accorto che sono qui solo per un componente del gruppo. E' un bene, ho evitato le frecciatine piccanti.
Sono ancora immersa nei miei pensieri, quando mi sento spostare di lato. E solo in quel momento mi rendo conto di essere rimasta avvinghiata ad Alex fino ad ora.
« Oddio! Scusami! » commento, tirandomi a sedere e torturandomi le mani.
« Figurati! Non mi davi fastidio... ma devo andare anche io. C'è Lisa qui fuori che mi aspetta. » risponde, regalandomi un ultimo sorriso.
Prima di uscire, tiene lo stipite della porta con una mano, spostando la testa in direzione del bagno.
« Jack, cerca di non fare stronzate. La lasciamo a te, torneremo tra un'oretta, poi mezz'ora di chiacchiere tutti insieme e stasera c'è la cena con il manager. Hai capito? »
« SÌ MAMMINA! »
La risposta infantile arriva immediatamente, scatenando uno sbuffo divertito nel maggiore, che subito dopo abbandona il camerino, chiudendosi la porta alle spalle.
Sola.
Sono da sola con Jack.
Non era previsto.
Okay, respira Carrie. Sta' calma.
Mi muovo sul divano come una povera posseduta e neppure mi accorgo di essere spiata, almeno finché la figura del chitarrista non mi si para davanti.
« Allora! Cosa vuoi fare? » chiede, piegandosi sulle ginocchia per osservarmi meglio.
Comincio a balbettare, spostandomi di lato. Sempre di più... ma lui si avvicina, divertito come non mai. E vorrei proprio picchiarlo in questo momento.
« Ti metto a disagio? »
« N-NO! No... cioè, un po'. » confesso, abbassando lo sguardo.
Scoppia a ridere, avvicinandosi con il viso fino a posizionarlo sul mio petto. Il calore mi invade. Allargo le braccia per evitare di toccarlo, non so spiegarmi il motivo. Ma è tutto ciò che l'istinto mi dice di fare, poi deglutisco, richiamando la sua attenzione.
« C-Che fai? »
« Il tuo cuore batte forte. Deduco che tu sia qui per me, giusto? » domanda, retorico. E non riesce proprio a mascherare la vena presuntuosa nel tono di voce.
Un forte odore di bagnoschiuma al muschio bianco mi invade i polmoni. Cerco di spostarmi, ma è inutile. Presto, faccio la cosa più stupida che mi poteva venire in mente.
Mi sdraio, toccando con i capelli il bracciolo del divanetto. Per la sorpresa, lui si stacca dal mio corpo, ma dura poco. Appena riesce a mettere a fuoco la posizione, mi sovrasta, coprendomi con tutta la sua altezza.
« J-Jack? »
« Non è quello che vuoi? »
A dire il vero non ci avevo di certo pensato seriamente. E' quello che molte vorrebbero, ma non per questo diventa reale.
L'idea che potesse andare a letto con le fan non mi ha neppure sfiorata.
Sono ancora immersa nei dubbi su quanto possa essere giusto o meno, quando una mano – decisamente molto più grande della mia – si posa lenta sul ventre, salendo per sollevare del tutto la maglia.
La seguo un po' con lo sguardo, ma i suoi occhi mi chiamano e presto lo guardo in faccia con attenzione.
Si sta prendendo gioco di me?
No, è da escludere.
Sorride divertito, però sembra così dannatamente serio.
Sto per aprire la bocca, poi la sua me lo impedisce.
La parte razionale va a puttane del tutto e mi ritrovo a ricambiare il bacio. Lento, più veloce. Osservo il tatuaggio sul petto spostarsi al ritmo dei suoi muscoli, è quasi ipnotico.
E poi mi perdo.
Completamente.
E' rimasto dentro di me per mezz'ora, spingendomi in alto e ansimando sulle mie labbra. Così, finché non abbiamo raggiunto l'apice insieme.
Poi, sghignazzandomi addosso per un po' e raccimolando il fiato necessario, si è alzato, rivestendosi come se nulla fosse successo.
Appena in tempo, tiro su la patta dei jeans, e Alex spalanca la porta. Sposta lo sguardo velocemente da me – ancora seduta sul divanetto – al suo migliore amico, svogliatamente appoggiato contro il piccolo armadio dall'altra parte della stanza.
Inarca un sopracciglio.
« C'è puzza di sudore! » commenta, con evidente sospetto.
Arrossisco di botto, percependo il chiaro calore di Jack scivolare via dal mio corpo. Non riesco a parlare, ho la bocca asciutta e qui dentro fa dannatamente caldo.
« E' perché non ti lavi, Lex! Non puoi incolpare il mondo intero di questo! »
Grazie.
Dopo l'uscita ironica del minore, tiro un sospiro di sollievo. Ma il viso di Alex è ancora scettico e faccio quello che mi riesce meglio: scappo via.
« Ragazzi è stato fantastico, ma io devo proprio andare! »
Mi tiro a sedere, raccogliendo la borsa e avanzando verso l'uscita.
« Di già? Ma hai ancora mezz'ora di tempo... e gli altri- »
« Vincerò un altro contest, sono brava in questo! » ribatto immediatamente, senza neppure lasciargli il tempo di finire la frase. Lo saluto con un bacio veloce sulla guancia, ignorando volutamente il suo compagno di band.
A bocca aperta, mi osserva abbandonare il camerino.
« Carrie! Ehi, ma dove vai? »
Non gli rispondo. Faccio appena in tempo a sentire l'ultimo commento che rivolge a Jack, prima di uscire definitivamente dall'Arena.
« Cosa diavolo hai combinato?! »
Posso immaginarmelo sollevare le spalle e rivolgere i palmi verso il soffitto, in un'espressione innocente che non riesce a mascherare la copiosa quantità di colpevolezza. Sorriderei alla figura che mi attraversa la mente, ma ancora non riesco a tornare con i piedi per terra.

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Capitolo 2
*** Chap. II - Sorry, i'm late ***


Chap. II - Sorry, i'm late

Carrie


 
Can we pretend that airplanes
In the night sky are like shooting stars?
I could really use a wish right now
Wish right now, wish right now




 
 

 

Ecco fatto.
Non passa notte in cui non mi domandi da sola come diavolo ho fatto ad essere così stupida. Non per il sesso occasionale, quello mi è già capitato. Ma le precauzioni! Cazzo, dovevo pensarci.
E invece sono qui, single, con un lavoro da commessa e incinta. Dannatamente incinta.
Jack?
Oh, lui non sa niente, ovvio. Non ci penso neppure a pretendere alimenti e altre stronzate del genere. Ha una band di cui occuparsi, un sogno. E io voglio insegnare a mio figlio il vero valore della vita. Guadagnarsi i propri obbiettivi, lavorare sodo e non arrendersi. Perchè è quello che ho fatto io dopo la morte dei miei genitori.
E' un maschio, a proposito. Non ho ancora deciso il nome, ma al momento ha deciso di giocare a calcio con la mia vescica.
« Calmo, campione! La mamma ha bisogno di altro the verde! » commento divertita, accarezzandomi il pancione e piegando la schiena per alzarmi.
Sbuffo al nulla, mettendo il bollitore sul fuoco.
Ho chiesto alla mia migliore amica di non parlare con nessuno della mia situazione, uscirò allo scoperto quando mi sentirò pronta. Ovviamente lei sa tutto. Sa chi è il padre e sa persino i dettagli di quel giorno! Non potevo non dirglielo, non a lei.
Dopo un'ora buona a darmi della pazza – più per non voler rendere pubblica l'identità del padre – si è arresa, abbracciandomi e urlando al cielo che diventerà zia.
Assurdo.
Il ticchettio della pioggia sui vetri mi distrae. Sposto le tende, posando la tazza sul ripiano e riempiendola con il sacchettino del the.
A volte mi capita di chiedermi cosa sta facendo, se si ricorda di me... ma poi torno alla realtà. Mi ricordo il significato di quel rapporto e il fatto che con tutta probabilità, in questi cinque mesi, si sarà portato a letto altre venti ragazze. Perciò niente, distolgo i pensieri.
Non ascolto una loro canzone da troppo tempo, non ci riesco. Ho radunato tutti i cd e li ho messi via, chiusi in uno scatolone che non posso permettermi di mettere sull'armadio.
La ginecologa mi ha raccomandato di non fare sforzi.
Le prime settimane avevo persino valutato l'idea di abortire, poi una notte ho sentito la chiara sensazione di un pugno nello stomaco e mi sono detta che potevo farcela. Dovevo farcela. Non sono sola, ho Charlotte, amici che mi vogliono bene e colleghi pronti a chiamarmi a casa.
La maternità è una noia mortale, mi manca il mio lavoro. Avere a che fare con la gente ha un non so che di rilassante. Sono una gran chiacchierona! Penso dipenda da questo.
So che i ragazzi sono in città per l'ultima tappa del tour invernale. Ho avuto un tuffo al cuore quando Charlotte, euforica, mi ha dato la notizia qualche settimana fa. Non ho intenzione di fare nulla. Se ne andranno, se ne vanno sempre. E io ritornerò alla mia vita.
« Basta pioggia, devo andare a fare la spesa, maledizione! AHIA! » mi blocco, toccando la pancia con un sopracciglio sollevato « E tu fai il bravo, oggi mamma è nervosa! » commento, lasciando scivolare la mano sulla maniglia del bollitore.
Riempio la tazza fino all'orlo, lasciando che il sacchetto raccolga l'acqua. Poi, acchiappando una confezione di biscotti, mi dirigo verso il salotto con tutta l'intenzione di gustarmi un film in santa pace.
Proposito che va a farsi benedire, appena il campanello di casa comincia a trillare.
Sbuffo, raggiungendo l'entrata.
« Arrivo! Spero sia importante! »
Spalanco la porta, ritrovandomi davanti il viso euforico della mia migliore amica. Ha il naso rosso come un pomodoro, trema come un pulcino e io scoppio a ridere di gusto, poggiandomi sul legno.
« Ma che cazzo hai combinato? »
« Carrie! Una notizia fantastica! Il concessionario mi ha ridato la macchina e ti posso accompagnare io a fare provviste! »
Arriccio il naso, aggrottando la fronte in un'espressione vagamente ironica.
« Questa storia della zia ti sta prendendo un po' troppo la mano! »
« Ho il diritto di stare attenta che non ti succeda nulla, no? » rimbecca risentita, portandosi le mani sui fianchi in una posa che, a dirla tutta, mi ricorda la mia, di zia.
Sorrido, scuotendo la testa. I capelli blu, sostituiti da lunghe ciocche bionde e nere.
« Vai a prendere il cappotto! »
« Ma i biscotti...? » provo a ribattere, però lei si è già introdotta in casa, spingendomi verso la camera da letto.
« Ci sarà tempo per i biscotti, hanno dato pioggia per tutta la settimana, vuoi vivere di quelli? » insinua ironica, piegando la testa di lato e mostrandomi un sorrisetto abbastanza irritante.
Ovvio che no. Non posso tenere a dieta mio figlio!
Sbuffando, agguanto il soprabito dalla sedia. Poi torno in salotto per un secondo, giusto il tempo di prendere un Oreo al volo e addentarlo.

 

« Questo posto è l'Inferno! » commento allucinata, osservando come le persone quasi si prendano a pugni per arrivare a prendere i pacchi dagli scaffali.
« Dammi le buste, le porto io! »
« Sono vuote, tesoro. Vedi? Vuote! » ribatto con evidente sarcasmo, sventolandogliele davanti agli occhi.
A volte esagera davvero. Sono incinta, mica paraplegica!
Sbuffando, me le strappa dalle mani, intimandomi di andare al banco frigo per prendere il latte.
E' un po' come fare la spesa con mia nonna, però molto più stressante!
Sto per agguantare il fustino del latte, quando la sua voce mi arriva lontana da almeno due corsie.
« CARRIE? »
« SONO VIVA! » rispondo ironica, spostandomi il cappotto e accarezzandomi la pancia.
« Tua zia è pazza, amore. Ma pazza con la P maiuscola! Non farci caso! » bisbiglio, piegandomi in avanti e posando un dito sulle labbra in segno di silenzio.
Una risatina divertita mi raggiunge.
« A che mese sei? »
Sto per voltarmi e rispondere con un gran sorriso, ma il fustino mi cade dalle mani quando mi perdo in due occhi castani e un viso troppo familiare.
Capelli indomabili, barba appena incolta, la bocca piegata in una smorfia ironica.
« J-Jack. » soffio, ancora stordita.
Istintivamente, mi copro la pancia con il cappotto, abbassandomi per raccogliere il latte, ma lui mi precede.
« Non dovresti fare sforzi. »
« Sì, beh, ti ringrazio per l'aiuto. Ora devo proprio andare. »
Il tono mi esce piatto e impersonale. Inarca un sopracciglio, preparandosi a ribattere, quando Charlotte spunta da dietro lo scaffale delle merendine, mostrandomi due pacchi di schifezze caloriche che di certo, se non faranno venire il diabete a me, lo faranno venire a mio figlio.
Mi dimentico in fretta della presenza di Jack, ringhiando e indicandola con un indice tremante.
« Sei impazzita, per caso? Vuoi farci morire? » quasi sbraito.
Sento il chitarrista ridere di gusto. Charlotte mi mostra il medio, sparendo di nuovo dietro l'imponente scaffale.
Sospiro pesantemente, pronta a raggiungerla, ma una presa mi impedisce di muovermi oltre. La sua mano è stretta intorno al mio braccio.
Sembra quasi confuso.
« Ci conosciamo? »
« Sei Jack Barakat degli All Time Low, giusto? Io ti conosco, sei tu che non conosci me. » ribatto, con il cuore in gola.
Mi ha portata a letto e non si ricorda neppure il mio nome.
E' squallido, ma al momento mi rende le cose molto più semplici. Ringrazio il suo mancato tatto, scrollandomi da quella presa.
« Touchè! »
« Bassam! Se hai finito di farti i giri, mi vuoi dare una mano? »
Alex compare all'improvviso davanti a me.
Deglutisco, quando mi rendo conto che mi sta osservando attentamente, poi la sua espressione muta in quella di chi ha appena visto un fantasma. Presa dal panico, provo a defilarmi, ma lui mi sbarra la strada apposta.
« Ti dispiace? Sono di fretta! »
« Sei incinta! »
« Che occhio, Sherlock! » ribatto immediatamente, pestando il piede per terra con rabbia.
Sghignazza, lanciando due confezioni di pop-corn a Jack, che preso alla sprovvista ne fa cadere uno a terra.
« Alex, la conosci? » domanda, appena riesce a raccogliere il sacchetto.
« La conosci anche tu. » è la risposta seria del leader.
Charlotte, dove diavolo sei quando ho bisogno di te?
E come se mi leggesse nel pensiero, la vedo arrivare trafelata con in mano due cartoni di succo d'arancia.
« Ho quasi fatto a botte per questi, ringraziami! » commenta, piegandosi per riprendere fiato.
Incrocio le braccia al petto, aspettando che il suo cervellino bacato metta a fuoco la situazione.
« Che succede qui? » commenta infine, spostando lo sguardo su tutti e tre.
Un genio. Sveglia come al solito.
« Oddio, ma loro sono... »
« So chi sono, vogliamo andare per piacere? Devo vomitare di nuovo! » sibilo, lanciandole uno sguardo che dovrebbe spiegare alla perfezione la situazione.
C'è il padre di mio figlio che mi fissa con sguardo confuso e il suo migliore amico – decisamente più attento – ha già capito ogni cosa.
Un lampo di consapevolezza le deforma l'espressione. Annuisce, avvicinandosi per aiutarmi a camminare verso le casse più vicine. A quanto pare, è lì il resto della spesa.
« No, un momento! »
Maledizione, avrei preferito che la voce fosse quella di Alex, sarebbe stata più gestibile. Mi blocco, mentre Charlotte tenta invano di trascinarmi verso l'uscita del market.
« Carrie, avanti, andiamo! Carrie! » continua, quasi provasse dolore per me.
I piedi però non collaborano, mi sento inchiodata al pavimento e subito percepisco la presenza di Jack dietro di me. Vorrei piangere, ma riesco a trattenermi vincendo contro gli ormoni della gravidanza.
« Carrie? Tu sei... oh cazzo. Sei incinta! »
La voce gli esce strozzata.
Chiudo gli occhi per un secondo, liberandomi dalla presa della mia amica per guardarlo in faccia. Si tiene la guance con entrambe le mani, osservandomi sconvolto.
« Non preoccuparti, non è tuo! »
Ovviamente la scusa non regge. I mesi della pancia non mentono e Alex scuote la testa, posando una mano sulla spalla dell'amico. Jack indurisce lo sguardo.
« Perchè non me l'hai detto? »
« Ma hai sentito? Non è tuo! » ribatto, come se in quelle parole ci fosse la soluzione al problema.
« Credi che sia stupido? »
Il tono mi zittisce. Distolgo lo sguardo, stringendo il fustino di latte tra le mani.
Credo di non voler mandare a puttane il suo sogno, credo che posso cavarmela da sola e non ho bisogno di lui per riuscirci. Non posso fargli questo.
« Posso farcela, non ho bisogno di te. Non sono niente per te, in effetti! Non voglio neppure sapere quante te ne sei portate a letto dopo quella sera! » è tutto quello che riesco a proferire.
C'è tanta amarezza in queste parole, ma è come se mi fossi tolta un enorme peso dallo stomaco. Il bambino scalcia, procurandomi una smorfia di dolore che maschero abilmente strizzando gli occhi.
Jack respira profondamente, poi si passa una mano sul viso e prova a prendermi per il braccio, però Charlotte è più veloce di lui.
Fatico a starle dietro e quasi non cado per terra per riuscire a stare al suo passo.
« Piano! Charlotte, vai piano... mi fai cadere! Attenta al carrello! » le dico, ignorando i quattro occhi se so perfettamente ci stanno guardando.
Aggira un tipo sulla quarantina, spostandosi nella corsia di destra, quella dei detersivi. E lì, Jack le sbarra la strada.
« Dove pensi di andare? Mi devi delle spiegazioni! »
La mia amica ringhia, voltandosi per imboccare il corridoio opposto, ma la figura di Alex è ferma di fronte a noi e non sembra intenzionata a lasciarci passare.
« D'accordo Charlotte, basta così. »
« Ma Carrie... »
« Va tutto bene. » soffio, abbozzando un breve sorriso stanco.
Annuisce un po', poi mi lascia andare, incrociando le braccia al petto e aspettando che uno dei due faccia una stronzata per poter intervenire.
Prendo una lunga boccata di ossigeno e mi avvicino a Jack per poterlo affrontare. Il bambino continua a tirare calci, mi domando distrattamente se percepisca qualcosa da lì dentro.
Accarezzo il pancione, quando la sua voce decisa – e tremante – mi lascia a bocca aperta.
« Fammelo vedere. »
Suona quasi come un ordine, ma c'è emozione in quel tono e senza smettere di guardarlo, sollevo piano il maglione pesante, rivelando la pelle tesa del mio addome. Una pancia bella tonda, con una riga scura che attraversa l'ombelico in verticale.
« Cristo. » mormora, soffocando un lamento con il palmo della mano.
Mi ritrovo a sorridere. E' quasi tenero il suo modo impacciato di rapportarsi all'intera faccenda.
« E'-? »
« E' un maschio. » lo anticipo.
Alex supera Charlotte, avvicinandosi con sguardo curioso. Affianca il suo migliore amico, posandosi con il gomito sopra alla sua spalla e sorridendo ironico.
« Bravo, Bassam! L'hai fatta davvero grossa questa volta! » commenta, ignorando apertamente il ringhio di Jack e scoppiando a ridere di gusto.
« Jack, mi prenderò cura io di tuo figlio, non ti chiedo nulla. Non voglio rovinarti la vita, hai una band a cui pensare, i tour in giro per il Mondo... per non parlare della tua inesistente attitudine ai legami. » riesco a dire, abbozzando un piccolo sorriso e ricoprendomi il pancione, decisa ad abbandonare immediatamente questo posto.
« Ha ragione, Barakat. » è il commento deciso – ma abbastanza ironico – del maggiore.
Una voce potente ci avvisa che il market sta per chiudere. Faccio un breve cenno con la testa a Charlotte e supero entrambi, in direzione delle casse.
Ho bisogno di riposare, mi fanno male le gambe.
Alla faccia della tranquillità di cui mi parlava la ginecologa!
« NO. »
Deciso, forte.
Mi blocco, voltandomi di nuovo.
« Cosa? » chiedo, convinta di aver sentito male.
Il suo sguardo non ammette repliche, si scrolla la presenza di Alex dalla spalla, avanzando verso di me e rubandomi uno dei baci più profondi che abbia mai ricevuto in vita mia.
Quando ci stacchiamo, il fiatone non abbandona nessuno dei due.
Respira sulla mie labbra, posando una mano sul pancione e accarezzandolo.
« E' mio figlio. Non posso, anzi, non voglio fottermene. » sentenzia con decisione.
Provo una grande voglia di piangere. Cerco di allontanarlo, puntellando le mani sul suo petto, ma è del tutto inutile. Mi sovrasta di svariati centimetri e nonostante sia decisamente magro per la sua altezza, è comunque più forte di me.
Non ho la forza né fisica né morale, per sciogliere il contatto.
« Jack! Sei ubriaco, per caso? »
« Pensa ai cazzi tuoi, Lex. » lo liquida velocemente, senza neppure degnarlo d'attenzione.
Charlotte – da brava romantica quale è – si commuove, tamponandosi gli occhi con le maniche del cappotto.
« Questa è davvero esilarante. Non riesci nemmeno a badare a te stesso e vorresti crescere un bambino? » continua, indicandomi la pancia come se le sue parole fossero piuttosto ovvie.
In effetti, ha ragione.
Non ce lo vedo affatto a fare il padre, però quegli occhi nascondono un velo di tenerezza e protezione che in nessuna foto, né dal vivo, gli avevo mai visto prima d'ora.
« A che mese sei? » ribatte, portandomi di nuovo in quel banco frigo.
Un deja-vù molto vicino, uno di quelli potenti.
All'improvviso tutta la paura di questi mesi si dissolve, sostituita da due occhi scuri e rassicuranti. Gli sorrido, arrossendo appena.
« Quinto. »
E' quasi un sussurro. Lo vedo sgranare gli occhi per lo stupore.
« Al quinto mese? Ma se sei quasi trasparente! Stai dando da mangiare a mio figlio? » insinua, aggrottando la fronte e guardandomi con finto sospetto.
Rido. E lui mi sorride di rimando.
Per la prima volta, dopo tanto, lo faccio con il cuore. Non chiedo il permesso, ma mi accoccolo al suo petto, respirando a fondo quell'odore di muschio bianco che credevo perso nel tempo.
« Non ci credo! » è il commento ancora sconvolto di Alex Gaskarth, che in risposta alla scena ha levato le braccia al cielo, sotto lo sguardo divertito di Charlotte.


Una volta usciti dal market, Jack è stato irremovibile.
Sarei dovuta andare a stare in Albergo, almeno fino alla fine dello show e poi avremmo deciso insieme il da farsi. Così, trascinandomi dietro l'apprensiva futura zia, ho dovuto accettare, mandandola a prendermi un cambio per la notte e salendo in macchina con gli altri. Ovviamente, una volta piombati in stanza, è stato impossibile nascondere la verità ai restanti due.
« L'hai messa incinta! »
Rian e le sue mezze misure.
Sorrido a tutti i membri del gruppo, stringendo la mano di Jack con forza. Ho bisogno di un appoggio morale. In piedi, nella stanza d'albergo degli All Time Low, osservo i ragazzi guardarmi allucinati.
Zack ride, sdraiandosi sul letto e levando il volto al soffitto.
Non ne capisco il motivo, ma l'unico seriamente turbato dalla faccenda è Alex. In disparte, se ne sta appoggiato al muro con le braccia incrociate e un piede contro la parete.
« Capita quando si fa sesso, sai? »
« Divertente, davvero. Ma ti rendi conto? » rimbecca, alzandosi dalla sedia per raggiungermi.
Mi scruta con attenzione, avvicinandosi anche troppo. D'istinto, indietreggio con il viso, sentendomi improvvisamente a disagio.
« Sei troppo magra, ragazza! »
Jack si lascia andare ad un gesto alla “Te l'avevo detto!” che bellamente ignoro, posando invece gli occhi sulla figura preoccupata del batterista.
« Sto bene, sono solo stanca. »
Ed è vero.
Però, effettivamente, un po' di fame mi è venuta. Apro la borsa, tirando fuori una confezione intera di Oreo e cominciando a mangiare di gusto.
« Che c'è? » bofonchio con la bocca piena – sputando probabilmente qualche briciola sul tappeto della stanza – e sentendomi osservata da tutti, Charlotte inclusa. Mi guarda con finto disgusto, inarco un sopracciglio.
« Tesoro, perché non provi con dei bocconi più piccoli? Sembra che non mangi da secoli! » è il consiglio ironico della mia migliore amica, che mi mostra persino l'ipotetico pezzo con le dita.
« Vaffanculo, vai. Ci vai mai? E' un bel posto, mandami una cartolina! » ribatto, una volta ingoiato l'intero boccone.
E finalmente, Alex si fa sentire.
Comincia a ridere senza sosta, scuotendo la testa e unendosi alla risata divertita di tutta la band. Sorrido anche io, pulendomi la bocca con la mano e godendomi questo momento di pace.
Per la prima volta, mi sento bene.
Non posso certo dire di amare Jack, lo conosco appena, ma porto in grembo suo figlio e questo cambia decisamente le cose. Forse, chissà, il tempo mi darà ragione.

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Capitolo 3
*** Chap. III - Just the girl ***


Chap. III - Just the girl.

Jack

 
She's cold and she's cruel 
But she knows what she's doin' 
Knows just what to say 
So my whole day is ruined

 

Il fatto che le ragazze si siano allontanate per un po', giusto il tempo di andare a prendersi un caffè allo Starbucks più vicino, mi rende abbastanza nervoso.
Per qualche strana ragione, avere Carrie intorno mi da' sollievo, è strano, di solito non sono così, di solito prendo ciò che mi serve da una ragazza e poi abbandono la stanza d'albergo. Sì, può suonare superficiale, ma non riesco a legarmi come Alex, o come Rian. Ci ho provato, non che io sia una specie di umano senz'anima! Mi sono impegnato per un mese intero, ma non c'è stato nulla da fare.
L'ho tradita alla prima occasione. E lei, ovviamente, mi ha mandato a fanculo con tanto di urla isteriche e uno schiaffo che se ci penso, ancora mi fa male.
Le chiacchiere di Alex cominciano a darmi parecchio fastidio. La camera è quasi soffocante, stranamente, Zack si gode il momento, sghignazzando senza ritegno.
Sbuffo, spostandomi il ciuffo biondo e allungando le gambe sulla poltroncina di fronte al letto. Essere alti ha i suoi vantaggi.
« Jack, mi stai ascoltando? »
« Tutta Manhattan ti sta ascoltando, Lex! » ribatto ironico, piegando le labbra in un ghigno che il mio migliore amico conosce bene.
Storce il naso infastidito, ringhiando quello che sembra un breve insulto non troppo velato. Poi, Rian dice la sua, issandosi a sedere e scostando le coperte. Zack per poco non cade a terra, ma non ci fa troppo caso, neppure quando questo gli tira un'occhiataccia abbastanza esplicita.
« Senti amico, io non dico che te ne devi lavare le mani, sappiamo tutti che neppure tu sei così stronzo ed egoista! Però riconoscerlo... cazzo, Jack! Su questo sono d'accordo con Alex. Non puoi pensare di continuare con la band, mentre la' fuori c'è un ragazzino che porta il tuo cognome! »
Mi fermo a riflettere un po', massaggiandomi il mento già sporco di barba. Dovrei tagliarla, ma sono pigro, perciò niente, aspetterò che diventi abbastanza insopportabile da indurmi ad eliminarla del tutto!
Sbatto le palpebre un paio di volte, spostando lo sguardo su tutti i miei amici e fermandomi a guardare gli occhi decisi di Alex.
« Ragazzi, apprezzo il vostro interessamento, ma non credo che un piccolo Barakat sarà in grado di fare tutti i danni che state elencando! Saprò cavarmela, vedrete. »
Zack si alza da terra, spolverandosi i pantaloni con un gesto secco e tirando indietro le spalle, pronto a dire la sua.
So già che mi incazzerò.
« Qui non si tratta di te, pomposo pezzo di merda! C'è in ballo il futuro degli All Time Low, è possibile che non ti sfiori neppure l'idea che quella ragazza potrebbe un domani ricattarti? Pretendere dei soldi? Sì, insomma, non puoi davvero essere così stupido, Jack! Cristo! »
Il tono si alza di qualche tacca, ma io mi limito a tirarmi in piedi velocemente, agguantando la bottiglia di Jack Daniel's dal tavolino e stappandola con stizza.
« Stai dicendo un mucchio di stronzate, lei è diversa! » ribatto convinto, tirando giù una copiosa quantità di liquido ambrato.
Alex si schiaffa una mano sul viso, sospirando.
Ma cosa cazzo hanno tutti oggi?
« Ah sì? Dimmi un po' Casanova, non è che ti stai innamorando di lei? »
Il whiskey mi va di traverso! Ne sputo un po' sul pavimento, tossicchiando per incamerare aria e battendomi un pugno sul petto. Rian ride divertito, Zack non fa una piega e Alex, l'odiosa voce in questione, si limita a guardarmi attentamente, con un palmo a sorreggere il mento.
« Questa è in assoluto la cosa più stupida che ti ho sentito dire da quando ti conosco! » sbraito, rosso in viso.
Il braccio con la bottiglia trema vistosamente e mi rendo conto da solo che il petto non riesce a stare dietro al mio respiro accelerato. Devo risultare abbastanza ridicolo, visto che Zack scoppia a ridere, additandomi per poi appoggiarsi al muro accanto alla finestra.
« Guardatelo! Bambi è innamorato! »
Ringhio in direzione dell'idiota di turno, picchiando forte la bottiglia sul tavolo. Mi asciugo la bocca con la manica della felpa.
« Siete davvero una manica di cretini. E' un asilo senza speranze! Basta, finitela di sghignazzare! Alex, smettila o te lo giuro, questa bottiglia te la ficco in un posto tutto speciale! »
Scoppiano a ridere di nuovo. Inarco un sopracciglio, sempre più nervoso, sto per ribattere, quando la porta si spalanca, rivelando i volti sereni e infreddoliti delle ragazze.
« Che succede qui? »
Carrie si avvicina, toccandosi la pancia e spostando lo sguardo sui miei compagni di band. Poi mi guarda attentamente, corrugando la fronte in cerca di risposte.
Incenerisco Alex con lo sguardo quando lo vedo con la coda dell'occhio già pronto ad aprire bocca inutilmente.
« Niente! » mi affretto a rispondere, nascondendo abilmente la bottiglia di Jack Daniel's con il mio corpo. Subito dopo mi do dello stupido da solo.
Perchè lo sto facendo? Neppure fosse mia madre!
Da quando io, Jack Barakat, mi preoccupo di cose del genere? Anche se non volesse vedermi bere, il problema sarebbe esclusivamente suo.
« Jack? E' whiskey quello che stai mascherando con il tuo culo? » indaga, provando a girarmi intorno.
Scuoto la testa con forza, spostandomi per impedirle di fare il giro del tavolo.
« No! E' the freddo. »
Ennesimo scoppio di risa. Tiro uno sguardo di fuoco ai miei amici, intimandogli di chiudere quel forno che chiamano bocca.
« Oh, Jackie, sei un vero spasso! »
« Taci, Dawson! » rimbecco.
« Jack, a me non importa se bevi, mi importa di più se mi tratti come una povera stupida. »
La voce calma di Carrie mi costringe a prestarle attenzione. Sembra dannatamente seria. Non so per quale motivo, ma il mio corpo si sposta quasi da solo, rivelando la bottiglia di alcool e scatenando un piccolo sorriso riconoscente alla madre del mio futuro figlio.
Ricambio quel gesto, perdendomi nei suoi occhi per un po'.
Nessuna, mai nessuna, mi aveva fatto sentire così dannatamente giusto. Dei miei sbagli, delle mie molteplici stronzate e di tutti i difetti che ho, a lei non importa niente. Non le importa se non sono perfetto, se bevo come una spugna, se sono egocentrico e allergico ai legami. Lei riconosce solo che sta per avere un bambino con me, ne è felice. E questo, incredibilmente, supera ogni mia mancanza emotiva.
« Perciò adesso state insieme? »
La domanda, pronunciata dalle labbra divertite di Charlotte, ci riscuote. Gli occhi di tutti sono su di noi, sto per rispondere in preda all'istinto, quando lei mi precede, lasciandomi senza parole.
« Così pare, sempre se è anche Jack a volerlo. »
Poi mi guarda, saggiando la mia reazione. Quegli occhi. Non potrei dirle di no neppure impegnandomi. Così faccio – per la prima volta in vita mia – un passo che non mi ero mai concesso.
« Non vedo perché non dovrei volerlo, baby! »
E mi sorride colma d'imbarazzo. Per me, il mondo, potrebbe pure finire qui.

 

Quella stessa sera, decido di uscire allo scoperto, invitandola a cena e ignorando i potenziali paparazzi che potrebbero guadagnare con lo scoop.
Non mi importa un fico secco di nessuno, voglio solo conoscerla meglio, passare del tempo con lei, osservare quel pancione crescere, essere felice, per la prima volta, insieme a qualcuno che non mi usa per un pizzico di notorietà o per il proprio curriculum da groupie.
« Jack? Sei sicuro? » domanda, ancora spaventata.
Fa freddo, le guance le si arrossano in un modo che ritengo davvero adorabile, mostrandosi alla luce dell'insegna sopra il ristorante italiano.
Amo la cucina Europea, spero che per lei sia lo stesso. Le sorrido, aprendo il portone del locale e facendole segno di entrare. Deve averla presa come una risposta ovvia, perché ricambia il sorriso, varcando la soglia del Little Italy.
Essere un chitarrista famoso ha tanti pro, ma abbastanza contro da lasciarmi sempre un pizzico d'amaro in bocca. Non appena mi affianco al corpo tondo della mia compagna, abbiamo gli occhi dell'intero ristorante addosso.
Alcune ragazze, intente a bersi i loro svariati Cosmopolitan, ci osservano, bisbigliando frasi eccitate e colme d'invidia.
Carrie si stringe nel cappotto, che subito le viene tolto di dosso, rivelando il pancione agli occhi allucinati del gruppo d'oche poco distante da noi. Ad una cade addirittura il cocktail per terra, mentre mi lascio andare ad una risatina piuttosto divertita.
Le persone sono sempre più prevedibili.
Il cameriere ci raggiunge poco dopo, indicandoci un tavolino molto intimo, posto ai margini del locale e favorendoci due Menù.
Il posto è vasto, due saloni illuminati ed eleganti ci dividono dal resto del mondo. Penso di essermi fatto notare dal ragazzo che ci ha offerto il tavolo, perché l'idea di lasciarci in disparte è troppo ovvia!
Apro la copertina di cuoio, sfogliando i primi piatti e soffermandomi sugli gnocchi al pesto. Ricordo di averli assaggiati a Milano qualche anno fa, erano davvero squisiti, nonostante lo chef stesso mi avesse fatto notare che la città di provenienza del pesto era un'altra.
Sono ancora immerso nei ricordi dei tour passati, quando la voce bassa e spaventata di Carrie mi raggiunge. Inarco un sopracciglio, vedendola avvicinarsi con il busto.
« Ci stanno guardando tutti! E' imbarazzante! »
Il rossore sulle guance le dona davvero, senza pensarci, mi sporgo per rubarle un bacio a fior di labbra. Quasi un breve contatto, finché non decido di approfondirlo.
« Ma quello è Jack Barakat! » - « Oddio, hai ragione! Chi è la sgualdrina con lui? » - « Non lo so, ma è incinta a quanto pare! » - « Tu ne sapevi niente? » - « No, nessun giornale ne parla! »
Il vociare del salone riempie l'aria, mentre ci stacchiamo, ansimando appena.
Labbra gonfie, occhi lucidi, respiro accelerato. Solo adesso mi rendo conto di quanto sia effettivamente bella.
E mia. Indubbiamente mia.
Mi stupisco da solo di questo pensiero possessivo.
« Jack? »
« Cosa c'è? »
« Penso che quel tavolino laggiù voglia vedermi morta. » commenta, coprendosi la bocca con una mano. Il tono è ironico, ma nasconde un velo di sincera preoccupazione che mi fa scoppiare a ridere.
« Non c'è un cazzo di divertente! » ringhia, strappandomi di mano il Menù e immergendosi con il naso nella lettura.
Oh sì che c'è. Ridacchio ancora per un po', sorseggiando il bicchiere di vino rosso che lo stesso cameriere di prima si è premunito di posare sul tavolo. E' dannatamente buono, con tutta probabilità toscano. So già che questa cena mi costerà una fortuna, ma la persona che ho davanti vale ogni centesimo speso. Ne sono certo.
« Cosa prendi? »
« Appena quelle quattro zoccole accanto a noi la finiscono di tirarmi occhiate omicide, te lo dico. » è la sua risposta sarcastica.
« Potresti smetterla di ridere? Sei davvero infantile! » commenta così il mio ultimo scoppio d'ilarità, tirandomi uno scappellotto sulla spalla con il Menù.
Questo coso è davvero pesante!
Mi massaggio la parte contusa con una mano, senza tuttavia smettere di sorridere.
« Carrie? »
« Mhm? »
« L'oca alfa sta venendo qui. » ribatto, mascherando un ghigno compiaciuto con il bicchiere di vino e bevendone un sorso.
La vedo alzare gli occhi sull'ingombrante quinta che quasi ci sparecchia l'intero tavolino. Inarca un sopracciglio alla nuova arrivata, aspettando che sia lei a parlare.
« Scusami, tu sei Jack Barakat? »
La voce graffiante quasi mi sfonda i timpani, mentre Carrie non riesce a mascherare una smorfia di puro disgusto. Cerco sempre di essere disponibile con i fan, alla fine è merito loro se sono riuscito ad arrivare fin qui. Quel sogno sembrava troppo lontano, eppure eccomi qui. Poso il bicchiere sul tavolo, voltandomi verso la ragazza e sfoderando uno dei miei sorrisi migliori.
« Direi di sì! » rispondo, annuendo appena.
Con la coda dell'occhio, riesco a vedere la vena pericolosamente prossima all'esplosione della mia ragazza, ma che ci posso fare? E' tutto troppo divertente!
« Potresti farmi un autografo? »
« Certo! Dove vuoi che te lo faccia? I tovaglioli non li lasciano portare via, ci avevo già provato! » ribatto immediatamente, accettando il pennarello nero che la bionda sexy mi sta allungando.
Tiro via il tappo, pronto a scrivere il mio nome, quando la richiesta della ragazza mi spiazza.
« Qui. » cinguetta, scoprendosi buona parte del seno.
Boccheggio per un po', piantando gli occhi su quel ben di Dio e ignorando apertamente la voce di Carrie che prova a farsi sentire. Rimango a fissare il davanzale, indeciso sul da farsi, poi due mani battono con violenza sul tavolo, richiamando l'attenzione sia mia, che della bionda.
Osservo il viso livido di rabbia di Carrie, preparandomi al peggio.
« Qualche problema, cara? » è la domanda retorica della fan, che si è piegata per guardare meglio la sua avversaria.
Ma Carrie, al contrario, sembra tranquillissima. Con calma, spiega il tovagliolo, posizionandoselo con cura sulle gambe e versandosi del vino. Sono sinceramente stupito e anche incuriosito dalla scena che mi si para davanti. Aggrotto le sopracciglia, tamburellando con il pennarello sul bordo del tavolino.
« No, nessuno. Fatti pure pitturare il lavoro del tuo chirurgo plastico, ma occhio alla punta del pennarello, potrebbero esplodere! E io sto bevendo. Significa che se, mentre sto bevendo, le tue tette mi spaccano la bottiglia di vino, io poi ti faccio mangiare tutti i vetri. Hai capito, dolcezza? »
Sgrano gli occhi, mutando l'espressione del viso da annoiata ad euforica, mi scappa pure un gemito divertito che non riesco a trattenere. Il tono era piatto, con una sottile vena di sfida e ironia che davvero non credevo potesse appartenerle.
Sembrava così timida e riservata. Gli ormoni della gravidanza, non c'è altra spiegazione.
La biondina batte le lunghe ciglia finte per un po', prima di ringhiare contro la figura composta e noncurante di Carrie e strapparmi il pennarello dalle mani. La guardo tornare al suo posto sculettando, poi riporto tutta la mia attenzione sulla ragazza che mi siede davanti.
« Voglio il risotto agli asparagi. Dici che è buono qui? » domanda, corrugando la fronte e rigirandosi il Menù tra le mani come se niente fosse successo.
Non riesco a credere ai miei occhi. Rimango a guardarla, tenendomi una guancia con il palmo della mano sinistra e aspettando una qualsiasi parola sull'accaduto. Ma non fa una piega, continua a sorseggiare il vino in tutta tranquillità, almeno finché non si accorge che la sto fissando.
« Jack, tutto bene? »
« Dimmelo tu, hai deciso di fare una carneficina? » ribatto ironico, seguendo con lo sguardo il cameriere che si sta avvicinando al nostro tavolo.
« Quella, di carne sua, ne aveva ben poca addosso. » è la sua risposta serafica.
Torno a ridere come un cretino, mentre lei si apre in un sorriso di pura sfida, traducibile in “Non ho problemi con il tuo lavoro, né con le tue fan. Il mio problema sono le troie che vorrebbero portarti a letto.”
« Ma erano belle! » tento di giustificarmi, simulando una smorfia tenera davvero poco credibile.
« Bisognerebbe vederle senza reggiseno. Alcune assomigliano a dei Picassi! »
Rido di nuovo, scuotendo la testa e tornando al mio bicchiere di vino rosso.
« Allora, avete deciso? »
La voce del cameriere ci fa sollevare lo sguardo. Un ragazzo in camicia bianca, con in mano il taccuino e una penna pronta a scrivere l'ordinazione.
« Sì, certo! Dunque... un piatto di gnocchi al pesto per me e una porzione di risotto agli asparagi per la signorina! » rispondo io per entrambi, porgendogli i Menù.
« Perfetto signor Barakat, il vostro ordine arriverà quanto prima! »
« Ottimo! » è il mio commento estasiato.
Poi il giovane cameriere si allontana in direzione delle cucine, lasciandoci nuovamente soli.
Rivolgo tutta la mia attenzione a Carrie, che con una smorfia di puro dolore si sta tenendo la pancia. Sono già pronto ad alzarmi, spaventato come mai in vita mia, quando la sua voce mi tranquillizza. Arpiona le unghie sul mio avambraccio, stringendo forte.
« E' tutto okay, Jack! A tuo figlio piace tirare calci di tanto in tanto. » commenta ironica, accarezzandosi la pelle tesa e sorridendo con dolcezza a chi deve ancora venire al mondo.
Mi rilasso, poggiando la schiena contro la sedia. Tiro un sospiro di sollievo, beandomi della scena che ho davanti. Sorrido, spostandole la mano verso la mia e stringendo forte per farle capire che non è da sola. Io sono qui. Nessuna quinta rifatta vale quanto tutto questo.

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Capitolo 4
*** Chap. IV - I won't say i'm in love ***


Chap. IV - I won't say i'm love

Carrie

 
It's too clichè!
I won't say i'm in love
 
 

Dopo lo show, i ragazzi si sono concessi una breve intervista che, a quanto pare, sta richiedendo più tempo del previsto. Jack mi ha lasciato le chiavi della camera d'Albergo e, ovviamente, Charlotte non sembra intenzionata a volermi lasciare sola.
Stesa sul letto, con un pacchetto di patatine accanto e l'adorato telecomando per lo zapping, osservo la mia migliore amica seduta sulla poltroncina in pelle che non mi toglie gli occhi di dosso. Sbuffando, tiro una manata al pacchetto, continuando a cercare un programma valido tra la moltitudine di spazzatura televisiva.
« Charlotte, se devi dire qualcosa dilla e basta, non sopporto quando mi fissi in quel modo! » sbotto, spegnendo la dannata TV e rivolgendole tutte le attenzioni disponibili.
Comincia sul serio a darmi sui nervi. Se ne sta' stravaccata su quell'affare a fissarmi con un sorrisetto insopportabile, davvero irritante! Chiude gli occhi, massaggiandosi il mento e scrollando le spalle noncurante.
« Può darsi, ma è solo un'ipotesi eh, che tu ti stia innamorando del bel moretto chitarrista » azzarda, vaga, raccogliendo qualche patatina da sopra il mobile e ficcandosela in bocca. Di tutta risposta, mi tiro a sedere, roteando gli occhi al soffitto scuro della stanza.
« Ancora con questa storia? »
« E' solo una mia opinione. Ho visto come gli stringi la mano! O sei una feticista delle mani grandi e asciutte, oppure ti sei presa una bella cotta, amica mia! » continua, sghignazzando alla vista della mia mascella che con tutta probabilità è prossima a toccare il pavimento.
Scosto le coperte, alzandomi per fronteggiarla meglio. Ma non sembra scomporsi, segue la mia figura con attenzione, guardandomi dal basso.
« Sei pazza! Cosa diamine hai bevuto stamattina, rhum? Io non sono innamorata proprio di nessuno. »
« Però porti suo figlio in grembo. » incalza, sempre più divertita.
Ringhio dall'esasperazione, levando le mani al cielo e spostandole malamente i piedi per riuscire ad aprire la finestra. Qui dentro non si respira!
« Senti, già non posso fumare e sto impazzendo, stamattina Alex ci ha messo un'ora e mezza ad acconciarsi i capelli, mi stava esplodendo la vescica! Sono finiti i pancakes, Jack russa e tu ti scopi Zack, devo aggiungere altro alla lista di cose che mi stanno facendo venire una crisi di nervi, oppure vuoi chiudere il becco? » domando retorica, beandomi della sua espressione allucinata.
Ghigno, spostando la maniglia della finestra per fare entrare un po' d'aria.
« Come diavolo fai a sapere- ? »
« Oh, per piacere! Ti conosco da una vita, come se non bastasse pure i sassi se ne sono accorti! » rimbecco sarcastica, voltandomi per guardarla e mostrandole il mio profilo euforico.
Non se l'aspettava a quanto pare.
Scuote la testa, posando l'ultima patatina sul tavolo e girandosi con tutta la poltrona.
« Non è questo il punto, comunque. »
« Ovviamente! » rimbecco ironica « Quando si tratta delle tue di stronzate, non è mai il punto! »
Inarca un sopracciglio, poi si sposta per cambiare posizione, stirando le gambe sul bracciolo della poltroncina e facendole dondolare. Lo sguardo che ha assunto non mi piace affatto.
Mi allontano dalla finestra, tornando sul lettone.
« A te piace almeno? »
« Di cosa diamine stai parlando? »
« Del vicino, Carrie. Di cosa diamine starò mai parlando? Ma di Jack, mi pare ovvio! » esclama, quasi infastidita.
Oh, l'avevo capito. Solo che adoro vederla sclerare! Piccolo passatempo preferito. Lo faccio da anni.
« Ti rendi conto che la domanda è più stupida di te? » ribatto, sollevando un sopracciglio.
Di tutta risposta sbuffa, avventandosi nuovamente sulle poche patatine rimaste.
« Il fatto che tu ci sia andata a letto, non significa che ti piaccia! » commenta, serafica, mandando giù il boccone e sedendosi sul letto, proprio di fronte a me.
« Io non vado a letto con qualcuno che non mi piace, Charlotte! Non tutte sono nate vacche, sai? »
« Così mi ferisci. » è la sua risposta teatrale, con tanto di mano sul petto e tono offeso.
Non capisco tutto questo interesse per la mia vita sentimentale! E' sempre stata una ficcanaso, soprattutto quando nella sua vita non c'era nessuno disposto a distrarla dalla mia, ma adesso dovrebbe avere Zack, sì insomma, per quanto possa durare, almeno!
« Intendevo caratterialmente, come persona... lascia perdere il fisico! Sembra un palo della luce vestito, oltretutto quel biondo platino è davvero osceno. » commenta, storcendo il naso e sdraiandosi di traverso, giusto per darmi più fastidio.
Gli tiro un calcio sulla spalla, di tutta risposta mi morde la caviglia, facendomi sussultare.
« Hai dei gusti orribili in fatto di uomini! » continua poi, obbligandomi a calciarla per la seconda volta.
Oh, come vorrei rimanere sola. Qualche ora, mi basterebbe. E invece no! Non posso neppure ingozzarmi e godermi un po' di sano cinema strappalacrime. Tutte cose che una donna incinta dovrebbe fare, tra l'altro. E io? Niente, mi sorbisco il terzo grado teorico di una che dimentica le mutande in casa di perfetti sconosciuti incontrati per caso a qualche rave! Fantastico. Potrebbe andare peggio di così?
« Ciao ragazze! Vi sono mancato? »
Ovviamente sì.
Piego la testa sul copriletto, sospirando sconsolata. Charlotte – e non c'è neppure da stupirsi – scoppia a ridere! Conoscendola, più per l'associazione appena fatta con la persona che ha messo piede in stanza.
« Ciao, Jack! Come è andata l'intervista? Gli altri? » chiedo, tirandomi su per riuscire a schioccargli un bacio a stampo.
Non sembra un palo vestito, è solo... beh, insomma, diciamo che ha altre doti nascoste. Oddio, perché sto prendendo in considerazione le parole di Charlotte? E da quando, soprattutto? Scuoto la testa, riordinando i pensieri e piantando gli occhi in quelli grandi, ma vivaci del chitarrista.
Adoro il suo sorriso.
Penso che tutto si riduca a questo.
Non è bello, non è attraente, ma ha uno sguardo capace di leggerti dentro e la piega di quelle labbra è semplicemente perfetta. Un invito proibito a violarla.
Abbozzo un piccolo sorriso anche io, sforzandomi di cancellare la breve discussione avuta con Charlotte qualche minuto prima.
“Ma a te piace?”
Maledizione.
« Oh, Charlotte, quasi dimenticavo... Zack mi ha chiesto di farti scendere nella Hall, deve parlarti. » commenta, spostando l'attenzione sulla mia amica e indicando il corridoio con un pollice.
Il tornado in questione mi rivolge un'occhiata abbastanza allusiva, spostandosi con il sedere verso il bordo del letto e tirandosi in piedi.
« Okay, allora ci vediamo dopo. Fate i bravi! »
« Troppo tardi! » ribatto ironica, indicandomi la pancia.
Jack sghignazza, andando a chiudere la porta e tornando sui propri passi, per sedersi accanto a me.
« Stai bene? Hai bisogno di qualcosa? » chiede, accarezzandomi l'addome.
Di riflesso, poso la mia mano sulla sua, osservando quanto effettivamente sia più grande, molto più grande. E' una bella sensazione.
« Sto bene, Jack! Mi mancano solo le mie Winston, per il resto tutto okay. Ehi, ma dove sono gli altri? » domando, sollevando la testa per guardarlo negli occhi.
Occhi grandi, sembrano quasi disegnati. Ma belli, incredibilmente belli. Arrossisco sotto al suo sguardo malizioso, mordendomi un labbro. Gli ormoni cominciano a gridare, decido però di zittirli. Ho paura per il bambino. So che è possibile farlo, sì insomma, mi sono informata accuratamente, chiedendo persino alla mia ginecologa. Il sesso in gestazione non è nulla di anormale e non nuoce in nessun modo al feto. Però l'idea mi terrorizza.
Oltretutto al momento sembro una balena arenata, dubito che Jack mi trovi eccitante.
« Alex è con Lisa, Rian penso sia in centro a farsi un giro. » risponde vago.
Per un attimo, seguo i suoi occhi, il tempo di capire cosa ci può essere di così interessante da guardare, e finisco a fissarmi il petto da sola.
« JACK! »
« Cosa? Non è colpa mia, guardale! » tenta di pararsi il culo, indicandomele come se fosse ovvio il suo pensiero.
Ha un'espressione talmente smarrita, quasi ridicola, che mi ritrovo a ridere di gusto, agguantandolo per il collo e trascinandomelo addosso per finire insieme sdraiati sul letto.
Sento la piega delle sue labbra stirarsi in un sorriso e mi rilasso, respirando lentamente.


La sera, dopo esserci abilmente ingozzati di pizza, Alex è sceso alla reception per richiedere una stanza più grossa e con due letti in più.
Lisa ha fatto ritorno a Los Angeles, così il biondino si è dovuto fermare in Albergo, giocandosi la tanto attesa seratina romantica. Ma un matrimoniale e un singolo non bastano per tutti, perciò siamo passati dalla 405, alla 409.
Una suite di tutto rispetto, con tanto d'idromassaggio e letti per i miei gusti fin troppo vicini.
E' mezzanotte e a me è toccato dividere il letto con Charlotte, che ovviamente non smette un attimo di parlare.
« Allora? » domanda, tirandosi il lenzuolo dalla sua parte e lasciandomi con le gambe scoperte.
Stizzita, mi volto di scatto riappropriandomi della coperta.
« Allora un fico secco, chiudi il becco e dormi! » ringhio a bassa voce, tirando un'occhiata nervosa alla band, che poco lontano da noi, sembra sia già nel mondo dei sogni.
« Non ci provare nemmeno! Dobbiamo finirlo il discorso. » rincara, strappandomi nuovamente di mano il lenzuolo per coprirsi.
« Ti rendi conto che non siamo sole? »
Per rendere la cosa più ovvia, le faccio segno con la testa verso i “belli addormentati”, ma non sembra intenzionata a mollare la presa! Sbuffa, avvicinandosi di più a me e costringendomi a finire quasi con il culo per terra.
« Finiscila di spingere, non c'è più posto qui! » ringhio a bassa voce.
« Stanno dormendo come dei sassi! Perchè ti da così fastidio ammettere che sei innamorata di Ja-? »
Le tappo la bocca immediatamente, girandomi per guardare la massa informe di capelli mori e biondi scalciare nel sonno e abbracciare Alex da dietro. Poi mi rilasso, tirando un sospiro di sollievo.
« La vuoi finire una buona volta? »
« Ma che male c'è? Io volevo scoparmi Alex! » rincara la dose, ghignando allusiva.
Mi schiaffo una mano sul viso, voltandomi per dargli le spalle, con tutta l'intenzione di mettere la parola “Fine” a questo assurdo battibecco.
« E dopo questa meravigliosa immagine, posso dormire? »
Il tono ironico non fa altro che farla ridacchiare di gusto. Si avvicina ancora, sporgendosi per guardarmi in faccia e facendo assoluta attenzione a non sfiorarmi la pancia.
« Eddai, mi mancano le nostre chiacchiere notturne! »
« A me nemmeno un po', guarda! Soprattutto non ho intenzione di parlare di piselli con gli All Time Low che dormono a due passi da noi. » ribatto con un mezzo ringhio « E ridammi la coperta, ho freddo! »
Con un gesto secco, riesco finalmente a coprirmi la schiena e le gambe.
« Carrie? »
« Che diamine vuoi ancora? » chiedo, esasperata.
A volte vorrei proprio che mi lasciasse quietare almeno un po'. Le voglio un bene nell'anima, ma sa essere davvero logorroica quando ci si mette! Piego le gambe per riuscire a scaldarmi i piedi, stanotte fa più freddo del solito e a quanto pare, il riscaldamento qui dentro funziona male.
Avrei preferito dormire con Jack, ma l'idea di lasciare Alex in balia di Charlotte non mi allettava particolarmente. Perciò mi sono dovuta adeguare.
« Hai già scelto il nome del bambino? » domanda, curiosa come solo una bimba dell'asilo potrebbe essere.
Sorrido nel buio della stanza, scostandomi una ciocca dal viso e abbracciando il cuscino.
« L'ho già scelto. »
« Non hai intenzione di dirmelo, vero? »
Mi conosce bene. Il tono è divertito e allo stesso tempo retorico. Per lei deve essere quasi come leggersi dentro. Troppi anni insieme, troppe condivisioni. Mi rendo conto che, a volte, potrei lasciarla pensare per me.
« Vero. »
« Sei innamorata, Carrie? » continua, spostandosi un po'.
La voce le si sta affievolendo. Con tutta probabilità, il sonno sta avendo il sopravvento. Così, sicura che tanto non mi sentirà mai, per la prima volta decido di essere sincera. Con lei, soprattutto con me stessa.
In testa l'immagine di due occhi grandi, scuri e vivaci. Un bel sorriso, capelli improponibili, chitarre distorte... e tanta voglia di vivere.
« Sì, Charlotte, lo sono. » soffio, sospirando appena. Poi chiudo lentamente gli occhi a mia volta, pronta per un lungo, meritato riposo.

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Capitolo 5
*** Chap. V - Dammi cinque minuti ***


Chap. V - Dammi cinque minuti

Jack

 


E se ogni cosa ha il suo posto, trova il posto per me 
nel tuo armadio o sotto il letto, che sia lì con te 



Oh cazzo.
« Alex, Alex svegliati! »
Cerco di tirare qualche gomitata al mio migliore amico, ma di tutta risposta si gira, mostrandomi una piena visione del suo didietro.
Così lo strattono per le spalle e finalmente ottengo l'effetto desiderato! Spalanca gli occhi, pronto ad inveire, ma gli tappo la bocca appena in tempo, intimandogli di fare silenzio.
« Non hai sentito un cazzo come al solito, eh? » chiedo, ironico.
Scuote la testa, spaesato, grattandosi un fianco e sbuffando.
« Bassam, possibile che non riesci a stare fermo e soprattutto zitto neppure quando dormi? » bercia infastidito, quando finalmente riesce a liberarsi dalla mia mano e ad incamerare un po' d'ossigeno.
« Ho appena assistito alla conversazione più incredibile che mi sia mai capitato d'origliare! » ribatto euforico, ignorando la frecciatina e continuando a scuoterlo per il braccio.
Lo osservo passarsi una mano sul viso, rivolgendomi poi la sua assonnata attenzione.
« Babbo Natale non esiste, Jackie. » commenta, sbadigliando contro il soffitto.
« Finiscila di fare il coglione, è importante! » sibilo con evidente stizza. Di tutta risposta ridacchia, cambiando posizione e mettendosi di lato per guardarmi meglio.
« Avanti, sentiamo! »
« Carrie è innamorata di me. E Charlotte vorrebbe scoparti. »
« Affascinante. Quanti shots di Jack Daniel's ti sei fatto stasera? »
« Sei, ma non è questo il punto! » rispondo, scuotendo la testa per snebbiare la mente dai residui dell'alcool.
« Non sto scherzando, amico! » rincaro la dose, sperando che questa volta mi prenda sul serio.
Detesto quando fa così.
Okay, magari sono l'ultima persona sulla faccia della Terra a meritare tale onore, però anche io ho i miei momenti di serietà. Cerco i suoi occhi, tentando di fargli capire che non lo sto affatto prendendo per il culo.
Sembra funzionare. Apre la bocca in una smorfia di sorpresa, boccheggiando per un po' alla ricerca di qualcosa da dire.
« Che farai adesso? »
E' una bella domanda.
Non ho mai pensato all'eventualità che lei si potesse innamorare. Sì, stiamo insieme, ma io credevo lo facesse per il bambino. Insomma, cosa ne so dell'amore? Non l'ho mai provato sulla pelle, non saprei come gestirlo.
« Tu la ami, Bassam? Perchè il problema sta' tutto lì. »
Alex sembra dannatamente serio. Deglutisco, spostando lo sguardo nella speranza di non mostrare il tornado d'emozioni che mi sta travolgendo.
Zack mi tira una manata sulla schiena, ma non me ne curo. Con un gesto veloce gli sposto il braccio, senza neppure voltarmi.
« Non lo so. Non sono mai stato innamorato in vita mia, Lex! Come diavolo faccio a saperlo? » ringhio, preso dal panico. Ma il mio migliore amico sorride divertito, posandomi una mano sulla spalla e tirandosi la coperta fin sotto al mento.
« Di certo non posso essere io a dirlo, Jack! Prova con il tempo, prova a lasciarla andare, che so, magari per vederla con un altro. Quando, e se, il dolore diventerà insopportabile a quella scena, avrai la tua risposta. »
Detto questo spegne la voce, tornando a respirare lentamente.

 

Questo sarà il mio ultimo giorno a New York, l'ultima tappa del tour in una delle tante Arene di questa enorme città. Non so ancora come affrontare la separazione, di certo sono una frana con i legami, soprattutto quelli a distanza, ma so di dover trovare una soluzione.
Sto preparando la valigia prima del grande show di stasera, quando una presenza alle mie spalle mi costringe a voltarmi.
Con i calzini stretti tra le mani, osservo il viso spaesato di Carrie.
« Stasera te ne andrai, vero? »
Cerco di mantenere un tono rassicurante, poso l'indumento sul letto per abbracciarla. La stringo forte, stando attento a non schiacciare il pancione e portandola sul mio petto. Poso il mento sui suoi capelli, cercando una sua mano con la mia.
« Ehi, andrà tutto bene, okay? Guardami » soffio, abbassandomi abbastanza da riuscire a guardarla negli occhi.
Mi rendo conto che sta piangendo. Asciugo piano le lacrime, regalandole un sorriso.
« Carrie, non piangere! Non mi piace vedere una donna che piange, e poi tornerò! Vedrai, è una promessa! »
Annuisco, mentre sento la presa sulla mia maglietta farsi più salda. Sposta lo sguardo verso il letto, tirando un'occhiata alla valigia ancora aperta.
« Jack, io- »
« Bassam, hai finito con i bagagli? Bisogna caricare il bus, ti sbrighi? »
Tempismo perfetto, Lex.
Ringhio in direzione della porta, dove il mio migliore amico ha appena fatto irruzione nella camera. La scena non sembra interessagli più di tanto, inarca un sopracciglio in attesa di risposta. Sposto il corpo di Carrie accanto al mio.
« Ti dispiace? Stiamo parlando qui, non hai niente da fare? Tipo andare a rompere i coglioni a Zack, o cose così » sibilo, ma lui di tutta risposta sghignazza, scuotendo la testa e tornando in corridoio.
Sbuffando, mi volto per guardare Carrie.
Se ne sta in silenzio, con lo sguardo sul pavimento. Le mani avvolgono il pancione e io mi sento perso. Non so che fare! Sarò in grado di mantenere la mia promessa? Quando riuscirò a tornare a New York? L'idea di perdermi la nascita di mio figlio non mi piace per niente.
Sospiro pesantemente, grattandomi alcune ciocche platino e ficcando entrambi i calzini nel trolley.
« Lasciamo l'albergo, ma dopo lo show saremo nel tour bus per un'altra ora, il tempo di riposarci un po'! Puoi raggiungermi lì, passeremo gli ultimi istanti insieme! » tento di farla sorridere, con un tono dolce che di solito non mi appartiene.
Eppure funziona. Il suo viso si illumina appena, poi mi abbraccia da dietro, posando il viso sulla schiena e accarezzandomi l'addome lentamente.
« JACK? TI VUOI MUOVERE? CI ASPETTANO, SONO GIÀ LE CINQUE! »
La voce di Alex quasi spacca le pareti della stanza. Caccio un basso ringhio frustrato, chiudendo la valigia e voltandomi per stringere tra le braccia la madre di mio figlio.
Si solleva sulle punte, posandomi le mani ai lati del viso. Le nostre labbra si sfiorano, prima di lasciarsi andare ad un bacio profondo. D'istinto, la stringo per i fianchi, alimentando il contatto.
« J-Jack » riesce a dire, tra un bacio e l'altro « A-Aspetta, Jack devi andare, t-ti stanno aspettando » continua, puntellandomi il petto con le mani.
Finalmente torno alla realtà, mi stacco da lei, respirando con la bocca. La guardo e arrossisce, voltandosi con un mezzo sorriso imbarazzato.
« Davvero? » chiedo retorico, sollevando un sopracciglio. Il tono mi esce divertito.
Gonfia le guance, sbuffando un insulto poco carino e tirandomi un pugno sulla spalla. E' incredibile, dopo tutto quello che abbiamo fatto, ancora riesce ad arrossire per un semplice bacio. Scoppio a ridere di gusto, agguantando la maniglia del trolley e prendendole la mano, in direzione della reception. Non so se gli altri abbiano già fatto il check-out, però comunque bisogna passare di lì per poter uscire, quindi non fa alcuna differenza.
« Ci sarai al concerto, vero? »
Delusa, si indica la pancia, stringendosi nelle spalle, ma io ridacchio, accarezzandole i capelli e posandoci un bacio affettuoso.
« Secondo te butterei la madre ancora incinta di mio figlio, in mezzo ad un pogo? No, baby. Per te c'è il pass delle quinte. Sarai accanto a me, a bordo palco! » soffio al suo orecchio, facendola arrossire per la seconda volta. Poi, felice come una bimba a Natale, mi stringe il braccio, sollevandosi per riuscire a lasciarmi un bacio a fior di labbra che ricambio con impacciata dolcezza.

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Capitolo 6
*** Chap. VI - Il volume delle tue bugie ***


Chap. VI - Il volume delle tue bugie

Carrie

 


E continui a dire al mondo che le cose sono chiare 
ce la fanno solo i duri, che chi spera si fa male 
e tu ormai sei dura dentro, molto più di quel che basta 
non ti possono far niente, niente amore niente guasti 

 


Alcune ragazzine in prima fila non mi levano gli occhi di dosso.
E' difficile spiegare quegli sguardi un po' astiosi, un po' incuriositi, sono certa che si stiano facendo parecchie domande su chi io sia e, soprattutto, sul mio pancione malamente nascosto dalla felpa “Jagk”. La stoffa è impregnata del suo odore. Stropiccio con le dita la scritta al centro, sorridendo imbarazzata al pensiero che mi è ha appena attraversato la mente.
Quando l'Arena si riempie delle note di Dear Maria, count me in!, la mia attenzione viene catturata dalla figura di Jack, che esaltata, corre da una parte all'altra del palco, saltellando e spostando la chitarra troppo velocemente, perché i miei occhi riescano a stare dietro ai movimenti. Rimango a fissarlo rapita, perdendomi nella totale energia che emana, quel carisma assurdo e ingestibile, lo stesso che mi aveva affascinata tanto, molto prima di ritrovarmi qui. Non c'è niente di bello nel suo profilo.
E' asimmetrico, sproporzionato e decisamente poco attraente, eppure le ciocche colme di sudore ormai completamente incollate alla fronte, gli donano un'aria eccitante e spigliata.
Forse è questo il suo segreto. Il motivo che spinge le donne a volerlo nel loro letto.
Proprio accanto a lui, Alex sembra quasi un angelo. Sono così dannatamente diversi, eppure complementari. L'idea che se fossero stati gay, con tutta probabilità adesso formerebbero una delle coppie più belle in circolazione, mi sfiora la mente, facendomi ridacchiare da sola.
« Ehy! Grazie per essere venuti, siamo gli All Time Low e ci rivedremo alla prossima occasione... per fare tanti bambini! »
Il grido eccitato di Alex, risveglia gli ormoni delle ragazzine in prima fila, che ancorate alle transenne non riescono a contenere la gioia di una singola ironica frase. Lo sanno, eppure ci sperano lo stesso.
Jack, di tutta risposta, si sfila la maglia, lanciandola al pubblico. Sporgendomi meglio, intravedo una biondina in terza fila che quasi si sloga una spalla con l'intenzione di afferrare l'indumento pregno di sudore. E ci riesce!
Non dovrei, però sono felice per lei. Io ho molto di più.
Accarezzo il pancione, voltandomi e procedendo lentamente verso i camerini, quando osservo la band lasciare il palco.
« Carrie, come stai? »
La voce di un uomo mi raggiunge. Ruoto il busto per poterlo guardare in faccia e gli sorrido, quando lo riconosco come il capo della sicurezza, lo stesso che mesi fa mi aveva dato accesso al meet&greet.
« Ciao Ben! Tutto apposto, un pochino incinta, ma sto bene! » ironizzo, sfiorando la felpa di Jack con una mano.
Lui sgrana gli occhi, indicandomi la pancia allucinato.
« Oh, cazzo! »
« Beh sì, è così che funziona! » ribatto ironica, scatenandogli una grassa risata.
Poi si gratta la testa confuso, spostando lo sguardo oltre la mia schiena e allargando il sorriso.
« Alex! » esclama, sollevando un braccio per farsi notare.
Mi volto anche io, pronta ad abbracciare il “grande” leader e a congratularmi per lo show, ma quando lo faccio, rimango congelata sul posto, incapace persino di parlare.
Alex è una maschera di odio. Stringe il cellulare tra le mani con nervosismo, tanto che posso sentirlo scricchiolare chiaramente. Spengo subito il sorriso che mi ero preparata, inarcando un sopracciglio e andandogli incontro preoccupata. Se c'è una cosa che ho imparato, è che quando Alex ha quegli occhi, l'unica risposta plausibile è “Lisa”.
« Lex! E' successo qualcosa? » azzardo, provando ad accarezzargli un braccio, ma lui si scosta malamente, tirandomi un'occhiataccia e superando sia me, che Ben.
« Ma che gli prende? » domanda l'uomo in questione, indicandolo con un pollice.
Sospiro pesantemente, facendo un segno con la mano di noncuranza – giusto per tranquillizzarlo – e seguendo Alex senza farmi scoprire.
So che dovrei raggiungere Jack. Sì, insomma, sarebbe la cosa più naturale e ovvia da fare, ma vederlo in questo stato mi rende triste. Voglio bene ad Alex, lo sento un po' come un fratello maggiore. Ha un cuore enorme, mette passione in quello che fa e non nega mai un sorriso a nessuno. Non si merita di stare così, non per colpa di qualcuna che, e mi dispiace dirlo, non è adatta a lui.
Nascosta dietro a due custodie in cuoio – sicuramente piene di bassi elettrici – lo spio, osservandolo varcare l'uscita di sicurezza.
« Non mi piace affatto. » commento, lasciando il mio nascondiglio per seguirlo.
Apro piano l'enorme maniglione rosso, ritrovandomi in un vicolo. Fa freddo, la felpa non basta e mi stringo nelle spalle, tentando di non gravare il peso delle braccia sul pancione. Sposto lo sguardo a destra e a sinistra, strizzando gli occhi quando intravedo due figure poggiate contro il muro della piccola stradina chiusa.
« Carrie, che fai qui? »
Sussultando per lo spavento, salto sul posto portandomi una mano al cuore e notando il corpo di Alex accanto al mio. Mi rilasso, lanciandogli uno sguardo di fuoco.
« Volevi farmi venire un infarto, per caso? » sibilo.
Mi sorride furbesco, scostandosi una ciocca di capelli da sotto il berretto. E immediatamente, il mio cervello elabora il vero motivo che mi ha spinto in questo posto.
« Volevo sapere come stavi. Mi sono preoccupata, tutto okay? » chiedo, sporgendomi verso di lui per riuscire a guardarlo meglio. Vedere il suo viso, capire se quell'ombra d'odio si è dileguata. Perché, è il caso di dirlo, quando Alex ha quello sguardo, fa un tantino paura.
« Io e Lisa ci siamo lasciati. O meglio, lei mi ha lasciato, per un altro. Ma non è un problema, che si fotta. » commenta, scrollando le spalle e prestando totale attenzione ai due corpi poco distanti da noi.
« Carrie, vai via da qui. »
Sollevo un sopracciglio al tono secco e perentorio. Studio bene il suo profilo, sembra dannatamente serio! Incrocio le braccia al petto, senza smettere di guardarlo.
« Ma di che diavolo stai parlando? Ero venuta per te, ti ho visto così infuriato, ho pensato che- »
« Davvero, rientra dentro. » commenta, interrompendo il mio monologo.
A volte divento un tantino logorroica, ma non lo faccio apposta. Di solito mi capita quando sono a disagio, oppure nervosa, arrabbiata, persino triste. Okay, sono una logorroica nata, lo ammetto. Apro la bocca per ribattere, ma una voce mi gela il sangue nelle vene.
« Jack, sei stato fantastico su quel palco! »
« Tu dici? Non ho fatto nulla di che! »

Strizzando gli occhi, metto a fuoco le due sagome, riconoscendo il padre del mio bambino e la stessa ragazza tra la folla che stringeva la sua maglia trionfante. Faccio un passo, dimenticandomi del tutto di Alex, ma la scena che segue quel breve dialogo, mi impedisce di continuare.
La biondina in questione si è aggrappata al corpo di Jack, spintonandolo al muro e baciandogli le labbra con foga. Bacio ricambiato, vorrei sottolineare.
Mi viene da vomitare.
« Dannato coglione! »
Il basso ringhio di Alex mi arriva lontano. Non riesco a connettere, percepisco solo il violento scalciare di mio figlio e un fastidioso ronzio alle orecchie. Ferma sul posto, ho la sensazione di essere incollata all'asfalto.
Quando la nausea diventa troppa, piego la schiena in avanti, rovesciando ciò che rimane della pizza per terra e sentendo la consistenza dei polpastrelli di Alex sulla colonna vertebrale.
Il rumore deve avere distratto i due, visto che Jack ci sta osservando con l'espressione di chi ha appena visto un fantasma.
Si libera velocemente dalla morsa della biondina, avanzando verso di noi e provando a toccarmi. Rifiuto con uno schiaffo quel contatto, sollevandomi per tirargli un'occhiata che mai prima d'ora avevo riservato a qualcuno.
Fa un passo indietro.
« Carrie, ti prego, posso spiegarti, non è come sembra, lei- »
« Jack. » comincio, usando un po' il muro, un po' il corpo di Alex per riuscire a rimettermi in piedi. « Te lo garantisco, non me ne frega un cazzo delle tue giustificazioni. Anzi, fammi un favore, chiudi il becco. »
Serra le labbra con forza, spostando gli occhi sul suo migliore amico, probabilmente in cerca di aiuto. Ma Alex è una maschera d'indifferenza, perciò torna a guardare me, abbozzando un breve sorriso.
« Mi dispiace, sono fatto così, so che ti sei innamorata di me, ma non posso essere in grado di ricambiare. Non riesco neppure a rifiutare il bacio di una fan! » commenta, indicando con un braccio il luogo in cui mi ha tradita.
Orrore.
La mia espressione è di puro orrore. Mi tremano le gambe, Alex se ne accorge e si offre di tenermi ferma. Sono completamente ancorata al suo petto, ma continuo a guardare Jack ad occhi sgranati.
« Tu hai sentito, tu- » balbetto, tenendomi una guancia sotto shock.
« Sì. E come puoi vedere, sono un pezzo di merda. » ribatte, sempre con lo stesso sorriso stanco, di chi riesce a comprendere fin dove può spingersi. Le proprie colpe, ogni mancanza.
Jack Barakat è un impotente sentimentale. E ne è cosciente.
« Jack, sei il mio migliore amico, ti voglio bene, credimi. E te ne voglio tanto! Ma questa volta hai davvero toccato il fondo. Te la sei scopata come al solito, vero? Bravo, applausi! Cerca di mettere incinta pure lei, così poi apriamo un bell'asilo nido! All Jack's Babies! »
Parole quasi sputate con un pizzico di puro sarcasmo, Alex non trattiene la vena di disprezzo nel tono e il secondo chitarrista serra i pugni, spintonandogli una spalla per superarci, con l'intenzione di abbandonare questo maledetto vicolo.
« Carrie. »
Dolore.
« Carrie? »
Senso di vuoto.
« Ehi, Carrie, mi senti? »
Piccoli calci che sfondano dall'interno.
Mi tengo la pancia, accarezzandola distrattamente, provando così a calmare il bambino. So che, se fosse in grado di dare una voce ai suoi movimenti, urlerebbe.
« Carrie, stai piangendo. Ehi- »
Sento il mio corpo spostarsi sotto ad un tocco forte, deciso e torno qui, in questo vicolo, scuotendo piano la testa confusa per mettere a fuoco il viso preoccupato di Alex. Mi sorride, accarezzandomi una guancia e cancellando le lacrime.
« Alex » soffio, con un filo di voce appena udibile.
« Sei tornata! » esclama ironico, cercando i miei occhi con i suoi.
Un bel nocciola caldo e avvolgente riempie il vuoto. Mi mordo un labbro quasi a sangue, fiondandomi tra quelle braccia sorprese, che un po' a fatica riescono ad avvolgermi completamente.
« Sta' calma, va tutto bene, non sei sola! Raggiungiamo quella sociopatica della tua amica, ti va? » propone sghignazzando, alitandomi nell'orecchio con tono caldo e rassicurante.
Annuisco tra le pieghe della sua maglia ancora sudata per lo show.

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Capitolo 7
*** Chap. VII - Pieces ***


Chap. VII - Pieces

Alex

 

This place is so empty
My thoughts are so tempting
I don’t know how it got so bad
Sometimes it’s so crazy
That nothing can save me
But it’s the only thing that I have
 


Dopo aver lasciato Carrie in Albergo – offrendomi di pagare la stanza per una notte – sono tornato al tour-bus.
Ho ancora la mano sulla maniglia della porticina, indeciso sul da farsi. Dentro sicuramente vorranno sapere cosa è successo. Mi mordo un labbro, aprendo piano e ritrovandomi ad osservare i volti confusi di Zack e Rian. Spostando lo sguardo, noto che Jack è seduto malamente sulla poltroncina del salottino. Si tiene le labbra con due dita e mi guarda attentamente.
Indurisco lo sguardo, chiudendomi la porta alle spalle e raggiungendolo. Con uno scatto, lo sollevo per il bavero della sua amata maglietta “Boner”, sbattendolo contro alla parete del bus.
« ALEX! »
« Stanne fuori, Merrick. » lo avviso subito, tornando a guardare il mio migliore amico.
Non dice una parola, non si muove e non sembra avere intenzione di porre fine al contatto visivo. Conoscendolo, oserei dire che mi sta sfidando apertamente.
« Sei contento, Jack? Sei fiero di ciò che hai fatto? Carrie è a pezzi. Cristo! Quella ragazza porta in grembo tuo figlio! Sei così stronzo e insensibile? No, mi rifiuto di crederlo! » ringhio ad una spanna dal suo viso, che adesso sta cambiando in una smorfia vagamente divertita.
Abbozza un leggero sorriso, serrando le mani intorno ai miei polsi, ma senza fare forza.
« Coraggio, Lex, prendimi a pugni! Alla fine è così che funziona, no? E' una cosa che hai sempre fatto, fin dal Liceo! Denigrami, per prenderti ciò che mi appart- »
Non gli faccio finire la frase. Un pugno lo colpisce in pieno volto, spostandogli la testa di lato. Non si muove, rimane in questa posizione, continuando a sorridere sghembo. Per lo sforzo – più morale che fisico – mi ritrovo ad ansimare violentemente.
« CAZZO! Alex, ma ti sei bevuto il cervello?! »
La voce di Rian mi raggiunge. Si è alzato dalla sedia, raggiungendoci per potermi separare dal corpo di Jack. Lo libero dalla presa, stringendo forte i pugni e voltandomi in direzione della porta.
« Dove stai andando adesso? »
Il tono allarmato del batterista mi raggiunge.
« In albergo, Zack. Fatelo sparire dalla mia vista, almeno per qualche giorno. » ribatto, indicando il volto ancora ghignante di Jack e cercando di essere più rilassato e logico possibile.
Mi volto appena per poterlo osservare pulirsi il rivolo di sangue dal labbro con il dorso della mano.
« Scappi, Alexander? » mi sfida, conoscendo perfettamente la mia reazione al suono del mio nome per intero. Continua a sorridere, assottigliando lo sguardo in vista del peggio.
Ringhio, voltandomi di scatto per tornare sui miei passi, ma il corpo di Zack è pronto a sbarrarmi la strada.
« Cerca di ragionare a mente fredda, amico! Prenditi una notte, anche due, rimanderemo la partenza! Pensa alla band... Alex, ti prego, cerca di calmarti. » quasi mi supplica, cercando i miei occhi con lo sguardo.
Zack è sempre stato un tipo pacato, a dispetto del fisico da macho. Lui gestisce le tensioni del gruppo, si fa carico di ogni problema, tentando in tutti i modi di riappacificare gli animi.
Non gli rispondo, mi limito a girarmi nuovamente verso la porta e la varco, sbattendola violentemente sotto ad un vistoso « Porca troia! » che riconosco come quello di Rian.

 

Chap. VII - Pieces

Jack


I tried to be perfect
It just wasn’t worth it
Nothing could ever be so wrong
It’s hard to believe me
It never gets easy
I guess i knew that all along


« Fanculo. Mi hai sentito, Alex? VAFFANCULO! » ringhio alzando il tono di voce, tenendomi il labbro gonfio con due dita e scostandomi dalla parete per mantenere un minimo d'equilibrio.
In preda alla rabbia, tiro un pugno alla piccola anta dell'armadio, poco distante dalla finestra, facendo tremare un vetro e spaccandomi due nocche.
« CAZZO! »
L'imprecazione lascia Zack e Rian inermi. Mi fissano come se mi vedessero per la prima volta, completamente incapaci di fare qualsiasi cosa. Il batterista abbassa lo sguardo, passandosi una mano sul collo e sospirando.
« Senti, Jack... »
« Ti dico già che non ho voglia di parlarne, amico. Fammi questo favore, lasciami in pace! » lo anticipo, superandoli entrambi per raggiungere la mia cuccetta e dormire un paio d'ore. Sono stufo marcio di tutta questa merda.
Qualcosa non va? Ma sì, incolpiamo il pagliaccio del gruppo.
Jack ne ha combinata un'altra, Jack è un coglione, Jack si prende gioco dei sentimenti delle persone, Jack di qua, Jack di la'... basta. Okay, sono uno stronzo, quindi? Per quanto ancora vogliono farmelo presente? Lo so benissimo, non ho bisogno delle vocine che me lo ricordano ogni dannato istante. Cristo santo!
Probabilmente Carrie starà meglio senza di me, probabilmente troverà qualcun altro a cui aggrapparsi per non cadere. E io, come da copione, tornerò a scoparmi bionde senza cervello finché mi verrà duro e sarò ancora in grado di muovere il bacino. Fanculo. Questa è la mia vita, questo sono io.
Adesso che ci penso, io e Alex non avevamo mai litigato così. Di certo, mai eravamo arrivati alle mani prima d'ora.
Ho sentito un sonoro “crack”, quando ha abbandonato il bus. Chiaro e doloroso. Ovviamente, questo non lo saprà mai!
« Ma la band... Bassam, cerca di ragionare. Almeno tu! » quasi mi supplica Zack, sporgendosi oltre il piccolo cucinino per vedermi meglio.
Di tutta risposta, mi copro il viso con la coperta, mostrandogli un bel medio alzato.
Fanculo gli All Time Low, fanculo i fans, fanculo i sogni. E già che ci siamo, vaffanculo pure ad Alex Gaskarth.

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Capitolo 8
*** Chap. VIII - Backseat serenade ***


Chap. VIII - Backseat serenade

Carrie


 
Kiss the pain away
 
 

« Carrie? Carrie, coraggio, devi mangiare qualcosa! Pensa a tuo figlio! »
Perché i rumori in questa stanza sono così assordanti?
Ricordo che Alex mi ha portata qui, ricordo anche il volto preoccupato di Charlotte e le mie parole che la investivano come un fiume in piena. Sì, ricordo di averle detto ogni cosa. Poi, il vuoto totale.
Sono ancora sdraiata sul letto, ma l'unica cosa che riesco a vedere è un'immagine sfocata del soffitto. Non ne sono sicura, credo però di essere rimasta in questa posizione per tanto, troppo tempo. In genere Charlotte non è così pedante, ho avuto il cuore a pezzi più di una volta e prima di adesso non l'ho mai vista così angosciata.
Mi sfioro il pancione, provando a voltarmi, ma subito un atroce crampo al polpaccio mi impedisce qualsiasi altro movimento. Digrigno i denti, rimanendo impassibile per pochi secondi, prima di scoppiare a piangere, di nuovo.
Con gli occhi appannati dalle lacrime, riesco ad osservare l'espressione triste sul volto della mia migliore amica, che adesso sospira, facendosi posto per avere una piccola porzione di letto. Si stende accanto a me, accarezzandomi i capelli e, ovviamente, la pancia.
« Tesoro, mi dispiace così tanto, credimi! Vorrei cancellare il dolore in un secondo, farti tornare a ridere, però non so come fare, mi sento dannatamente impotente! » quasi ringhia, aumentando la presa e ignorando la macchia di muco e lacrime che si è appena formata sulla sua maglietta dei Green Day.
Sto per ribattere, riuscendo a tornare nella realtà che tanto mi fa male, quando la porta si apre, rivelando il volto furioso di Alex.
Charlotte scatta seduta, senza smettere di tenermi la mano.
« E tu come diavolo hai fatto ad entrare? »
« Rilassati, o ti verrà un colpo! » è il commento ironico del chitarrista « Ho chiesto alla reception una copia della chiave magnetica! Non volevo disturbare nel caso Carrie stesse riposando. Con un bel sorriso, un autografo e un bacino a fior di labbra, sono riuscito ad averne una! » termina poi, sollevando gli angoli della bocca in un ghigno furbesco, mostrandoci il suo compenso e sventolandolo davanti agli occhi increduli di Charlotte.
« Gesù, sei una puttana, Gaskarth! »
Il tono di finto disgusto della mia migliore amica, mi fa sghignazzare. Dopo tanto dolore, uno spiraglio di luce. Alex replica con un'alzata di spalle e un mezzo sorriso stanco.
« Come stai? » mi domanda, avvicinandosi al letto, per sporgersi in avanti e potermi così guardare meglio.
« Secondo te, genio? »
« Charlotte, smettila. » ribatto pacata, ricordandomi dell'abbraccio nel vicolo e di quel velo negli occhi che gridava preoccupazione e dispiacere. Quasi come se la colpa fosse sua!
Stranamente, Alex si era sentito responsabile per come Jack mi aveva gettata via.
« Ma Carrie! » protesta, indicandolo con un gesto secco del braccio che alla vista dei miei occhi decisi, è andato a finire contro al piumone.
« Fai un po' come ti pare. »
Detto questo, incrocia le braccia al petto, spostando lo sguardo infastidito verso destra, mentre io mi volto, cercando gli occhi di Alex. Questo nocciola profondo, lo stesso di ieri. Mi rendo conto, non avendo più Jack a rubarmi ogni briciolo d'attenzione, di quanto sia bello il colore che sto osservando.
Gli prendo un polso con la mano, trascinandomelo quasi addosso e abbracciandolo d'istinto. Dopo il primo mugolio di sorpresa, si lascia andare, soffiandomi un sorriso sul collo e circondandomi la vita con il braccio libero.
Rimaniamo così per un po', almeno finché la voce disgustata di Charlotte non ci costringe a separarci.
« Siete davvero nauseanti voi due! » commenta, storcendo il naso e spostandosi per riuscire a rimettersi in piedi.
« Dove vai? »
Il tono mi esce preoccupato. Ho bisogno di lei, ho bisogno di entrambi. L'odore che emana la pelle di Alex è quasi un sedativo naturale. Mi aggrappo al suo petto, stringendo la maglietta grigia tra le dita.
« A prendere qualcosa da mangiare! DEVI mangiare, Carrie. Cerca di non farmi incazzare o il cibo te lo ficco nella gola io personalmente! » replica, sistemandosi il cappotto e agguantando il protafoglio sul tavolo.
Prima di uscire, rivolge piena attenzione ad Alex.
« Torno tra mezz'oretta, stalle vicino! »
Dopo un breve scambio d'occhiate allusive che non mi sono sfuggite, lascia la stanza, salutandoci con la mano e chiudendosi la porta alle spalle.
Nella camera cala il silenzio, almeno finché non decido di spezzarlo per prima.
« Dovresti salire sul letto, Lex! Così ti rompi una gamba. » gli faccio notare, ostentando un'ironia che in questo momento proprio non mi appartiene.
Lui sghignazza, spostandosi per fare il giro del lettone e sistemandosi dall'altro lato libero, proprio accanto a me.
Rimaniamo a fissarci per un po', poi sento il suo tocco caldo e lieve sulla tempia, scendere lentamente verso la guancia e sfiorarmi le labbra. Chiudo gli occhi, dimenticando ogni cosa.
Il dolore, la paura di crescere un figlio completamente sola, un vuoto atroce all'altezza del cuore e tanti sogni infranti.
« Ho tirato un pugno a Jack. »
« Cosa? » chiedo distrattamente, tornando nella stanza e abbandonando ogni pensiero.
« Gli ho tirato un pugno in faccia! » ribatte, alzando un po' il tono di voce, quasi come se lui per primo se ne rendesse conto solo ora.
Ci fissiamo ancora, finché alla scena che mi si para davanti, non comincio a ridere di gusto, tenendomi il pancione e piegandomi in avanti.
Uno sbuffo divertito mi fa compagnia, prima di trasformarsi in una chiara e cristallina risata.
« Non era necessario, Alex! » riesco a dire, dopo essermi ricomposta e asciugata gli occhi dalle poche lacrime.
« Lo era, invece. » ribatte, tornando serio « Ascolta Carrie, io lo conosco più di chiunque altro. Probabilmente, più di quanto lui conosca se stesso... Jack è migliore di così! Non... so che ti è difficile crederlo dopo quello che è successo, ma è una persona eccezionale! A volte esagera, è impulsivo e privo di tatto, egoista, un po'. D'accordo, un bel po'! » si corregge subito, notando il mio sguardo di pura disapprovazione e soffocando una risata. « Però è buono. Credimi! » termina infine, incrinando la voce in un tono quasi esasperato.
Sospiro pesantemente, ricordandomi quelle mani grandi che mi stringevano, i suoi sorrisi ampi, occhi sproporzionati, ma stupendi. Spalancati al mondo, vispi e sempre pronti a far danno!
Jack è migliore di così. Jack è... Jack non c'è.
« Prima gli spacchi la faccia e poi gli pari il culo? » chiedo retorica, sollevando un sopracciglio ironico e facendolo sorridere appena.
« E' complicato! Voglio solo che cresca un po'! Deve capire quali sono le sue priorità. Non può più fare il cazzo che vuole, ed è ora che se ne renda conto. » ribatte, avvicinandosi con il corpo al mio e tornando a toccarmi il pancione.
Un brivido mi attraversa la spina dorsale, fermandosi sul collo. E qui me ne rendo conto: Alex ha le mani più piccole di Jack, ma più grandi, in un certo senso. Come se qualcuno lassù avesse fatto confusione con le dita!
« Già, ma io potrei non esserci più, Lex. Capisci? »
« Capisco, non ti chiedo di aspettarlo in eterno, ti chiedo di dargli una seconda possibilità e, magari, un po' di tempo! » ribatte stanco, lasciandomi un bacio sulla fronte e tornando al suo posto.
Non so per quale assurdo motivo, ma gli occhi mi finiscono in basso, troppo in basso. Sopprimo una risatina nervosa e allo stesso tempo parecchio divertita, puntellandogli il petto con l'indice e richiamando la sua attenzione.
« E me lo stai chiedendo con un'erezione? »
Scrolla le spalle, ghignando e piegando la testa di lato in un gesto davvero infantile che mi fa sorridere subito!
« Chissà, magari funziona! »
« Stupido! » rimbecco, spintonandolo un po', per poi tornare ad abbracciarlo.
Lascio andare ogni muscolo del corpo, sopra al suo. Mi sento leggera, incredibilmente leggera. “Weightless”, la prima parola che mi balena in testa, ma decido di tenerla per me. Sarebbe troppo patetico! Insomma, cerchiamo di non rendere questa situazione ancora più strana.
Percepisco l'asta rigida di Alex contro la coscia, so che dovrei, eppure non mi sposto. Magari è colpa degli ormoni della gravidanza, magari del calore che emana, provo una lieve sensazione di piacere. Non fisico, non c'entra nulla con il sesso, è più un massaggio psicologico.
Cristo, ne devo avere parecchi di problemi irrisolti, se l'erezione di un uomo riesce a tranquillizzarmi! Rimuginandoci sopra un attimo, chiedo a me stessa quanto possa influire il fatto che l'erezione in questione, appartenga ad Alex.
Sono ancora immersa nei miei pensieri e non mi accorgo del suo corpo in movimento, non mi chiedo neppure cosa stia sognando, dopo essersi addormentato come un bambino al Nido, so solo che le sue labbra sono incollate alle mie e che la presa sui miei fianchi si è rafforzata.
Sgrano gli occhi, battendo le palpebre più volte. Provo anche a tirarmi indietro, con l'intenzione di mettere fine al contatto, ma il suo corpo risponde alimentando la pressione sulle mie labbra. Non può chiedere il permesso per entrare, sta dormendo. Credo stia sognando Lisa.
Mi rendo conto solo adesso che in questa stanza ci sono due cuori spezzati.
Perdo una lacrima, che il cuscino raccoglie quasi subito, poi mi stringo ancora a lui, rimanendo così, semplicemente a saggiare la consistenza di due labbra calde e morbide. L'accenno di barba incolta mi pizzica il labbro superiore, ma non mi importa.
Urlerei al fanservice che la bocca di Alex Gaskarth ha lo stesso gusto delle arance rosse mature! Reprimo la voglia di ridere per l'assurdo pensiero, poi mi addormento anche io, dimenticandomi di Charlotte e, per un po', persino di Jack.

 

E' un urlo a svegliarmi. Uno di quelli graffianti, insopportabilmente acuti.
Mi stacco da Alex come se scottasse, voltandomi di colpo per guardare il viso sconvolto della mia migliore amica, che in mano stringe due pacchetti di patatine e un sandwich davvero poco invitante.
Le faccio segno di tacere, notando con la coda dell'occhio il chitarrista stropicciarsi i pantaloni sulle chiappe, per poi voltarsi e ficcare la testa disordinata sotto al cuscino. Come diavolo faccia a dormire, dopo l'urlo disumano che mi ha appena sfondato i timpani, è un vero mistero!
Charlotte sibila un chiaro insulto, chiudendo la porta con un calcio per raggiungermi e lanciarmi addosso i due pacchetti di chips.
« Vi stavate baciando! » commenta a bassa voce, indicando il corpo – credo ormai deceduto – di Alex proprio accanto a me.
Arrossisco di botto, tirandomi a sedere e spostando i pacchi dal pancione. Mio figlio tira un calcio alla vescica, ricordandomi di dover andare in bagno. Perciò mi alzo, superando lo sguardo sconvolto di Charlotte e tenendomi allo stipite della porta per non cadere.
« Non so cosa hai visto, ma non era un bacio quello! Lui stava provando a baciare Lisa, io ero solo nella traiettoria dei suoi sogni erotici! » commento, voltandomi per regalarle un sorrisetto ironico.
Ma lei ringhia, pestando il piede a terra. Per evitare di svegliare il diretto interessato, la trascino nel cesso insieme a me, sperando che un muro a dividerci da Alex, possa bastare a limitare i danni.
« Non sono ancora diventata cieca, cara. Quello era un bacio! Senza lingua, ma un bacio. Un bel bacio, oserei dire! » ribatte ironica, strizzandomi l'occhio con fare allusivo.
Un gemito di frustrazione mi esce dalle labbra.
« Fammi capire bene una cosa, adesso tifi per lui? » chiedo retorica, e anche abbastanza sarcastica, devo ammetterlo.
Charlotte a volte ragiona proprio con il culo! Quello ti ha rotto il cuore? Avanti il suo migliore amico!
Ma che razza di gente frequenta?
« Cosa c'è di male, scusa? E' bello, è dolce, di certo molto più portato per i legami di quanto non sia quella pertica decolorata! » commenta, storcendo il naso.
Pertica decolo- ? Oh, Cristo santo!
Mi schiaffo una mano sul viso, spostandola dalla porta ancora aperta per farla sedere sul bordo della vasca da bagno. Nel frattempo, decido di fare ciò che mi ha portata qui. Quindi mi siedo sul WC, tenendomi il pancione e accarezzandolo distrattamente.
« Stai facendo tutto da sola, Charlotte, te ne rendi conto? Io non ho intenzione di mettermi con Alex, lui non ha intenzione di mettersi con me, noi non... porca merda, non so nemmeno perché ti sto rispondendo! » commento, allucinata per l'assurdo monologo che mi ero preparata e tenendomi la fronte con la mano libera.
« Oh, piantala! Lo vedo come ti guarda, sai? Sareste proprio una coppia fantastica! » è il suo commento trasognato. Per renderlo più veritiero, batte le palpebre come una povera stupida, facendomi ringhiare di disappunto.
« Tu vaneggi! »
« Io cerco solo di essere pratica, amore. »
« “Amore” i miei coglioni, passami la carta igienica! » rimbecco, sibilando alla sua risatina divertita e agguantando con stizza il rotolo bianco che mi sta porgendo.
« In ogni caso, non credo tu gli sia indifferente! Ho visto un bel bozzetto sotto ai jeans... » comincia, facendosi il segno sul proprio cavallo dei pantaloni.
« Piantala. » scandisco in un ringhio, serrando la mascella e imponendomi calma per non alzarmi con ancora le mutande calate e strozzarla qui.
Sghignazza, muovendo la gamba a ritmo di chissà quale canzone si sta cantando nella sua piccola mente perversa.
E' davvero senza speranze!
« Sai quando la pianterò, Carrie? Quando prenderai in mano la tua vita, manderai a fanculo il padre di tuo figlio e ti scoperai il suo migliore amico, tipo per sempre. Che ne dici, ti piace? » ribatte, indicandomi ironica con un dito e reclamando attenzione.
Attenzione che, al momento, è rivolta alle piastrelle del pavimento. Mi mordo un labbro quasi a sangue, per evitare accuratamente di darle ragione.
Le cose potrebbero essere molto più semplici di così. Potrei avere questo bambino, dedicarmi ad Alex e guarirgli le ferite che ha sul cuore... guarirle insieme alle mie. In effetti è un quadro che mi piace molto.
Sistemo i pantaloni con una mano, sollevando piano lo sguardo e provando a guardarla in faccia per ribattere. Ma quando lo faccio, per poco non cado a terra. Il sangue nelle vene mi si gela all'istante.
Alex, in tutta la sua assonnata bellezza, se ne sta appoggiato allo stipite della porta, con le braccia incrociate al petto e un sorriso fin troppo divertito stampato sulle labbra.
« Carrie? »
La voce preoccupata di Charlotte mi raggiunge. Si avvicina, posandomi un palmo sulla fronte e inarcando un sopracciglio confusa.
« Tesoro, stai bene? Sembra che tu abbia visto un fantasma! Anzi, peggio... Tom DeLonge in tutù rosa! » commenta, ridendo come una cretina alla sua stupida battuta.
Non riesco ancora a parlare, ma per farle capire di chiudere il becco, le afferro la faccia con entrambe le mani, voltandola in direzione dell'uscio.
« Oh. » è tutto ciò che riesce a dire, osservando con un mezzo sorriso la figura sghignazzante di Alex.
« Ma non fate caso a me, continuate pure! » ribatte serafico, scostandosi una ciocca di capelli dal viso e staccandosi dallo stipite per entrare in bagno.
« L-Lex... non devi badare a quello che dice questa cogliona » comincio, spostandomi per evitare persino di sfiorargli il braccio.
« EHI! » protesta Charlotte, pestando un piede per terra.
La ignoro, senza degnarla neppure di uno sguardo. Alex non accenna a mutare l'espressione compiaciuta del volto, rilassato e sorridente.
« Non è che la versione di Charlotte non mi piaccia, ma onestamente di ficcare il mio amichetto dove Jack ha lasciato il suo dolce ricordo » inizia, puntandomi il pancione con lo spazzolino « non mi va' molto! » detto questo, se lo rificca in bocca, piegandosi sul lavabo per sputare una copiosa quantità di dentifricio ormai inutile.
Sono sconvolta.
E' ubriaco, per caso? No, peggio, si è appena svegliato!
« Cosa vuoi dire con questo? »
« Voglio dire che al momento voglio starti accanto. Non so cosa succederà, però mi piace averti intorno. Mi sento me stesso quando sono con te! Ed è una cosa che mi capita con poche persone. Sono quattro, in tutto. E poi, penso che la cosa scuoterà parecchio l'animo insensibile di Bassam. E questa prospettiva, devo ammetterlo, mi piace molto! » scandisce, abbozzando un piccolo sorriso furbesco allo specchio e continuando a fissarmi.
Deglutisco. Sta parlando della sua band, è ovvio. Quindi è anche ovvio supporre che la quarta persona, sia Lisa. Dovrei essere la sostituta della sua ex? Non esiste.
A conti fatti però, lui potrebbe pensare la stessa cosa su Jack. No, è più plausibile che stia cercando di aiutare sia me, che il suo migliore amico, ricavandoci un po' di calore e affetto.
Puoi farlo. Guariscigli il cuore, Carrie. E fattelo sistemare a tua volta. Le più grandi storie d'amore cominciano così.
Dannata coscienza, fai silenzio!
Mi schiarisco la voce, iniziando il discorso con un argomento che in genere evito come la peste. Ma bisogna discuterne.
Charlotte sposta velocemente lo sguardo dalla mia espressione spaesata, a quella decisa e attenta di Alex, poi si defila, usando un caffè da Starbucks come scusa.
« Sono incinta, io... Alex, sono incinta! » esclamo, allargando le braccia come per farlo tornare con i piedi per terra.
Ascoltando le sue canzoni, perdendomi tra strofe di metafore amorose e strazio sentimentale, ho compreso fin da subito l'anima del ragazzo che mi sta di fronte.
Alex è quello che mia madre definiva un “Affamato d'amore”. Ce ne sono tanti in giro, di solito si nascondono dietro facciate fragili di durezza e ironia. Ripensandoci a fondo, questi aggettivi si legano ad Alex con minuziosa precisione.
« Ci vedo benissimo, Carrie. Ma grazie per la dritta! » è la sua risposta sarcastica.
Poi si pulisce la bocca con l'asciugamano e per un secondo, ritorno alla sensazione delle sue labbra sulle mie. Arance rosse mature. Alex Gaskarth.
Jack.
No, Alex.
« Sono innamorata di Jack. »
Poco più di un sussurro, ma lui lo sente benissimo. Sospira, avvicinandosi per sollevarmi il mento con due dita e posare un piccolo bacio sopra al labbro inferiore. Leggero, casto.
Così diverso da quelli di Jack, così dolce.
Reprimo la voglia di piangere, ancorando le mani ai suoi avambracci e chiudendo gli occhi, per godere a fondo di questo contatto.
« Non ti ho chiesto di amarmi, ti ho chiesto di starmi vicino. Come ho intenzione di fare io, con te. » risponde, senza staccare le labbra dalle mie.
Non posso fare a meno di annuire, rapita dai suoi gesti, dalle parole, da qualsiasi cosa riesca a trascinarmi lontano dal ricordo di un ragazzo magro, alto, con un'improponibile capigliatura bicolore e il sorriso più bastardo del mondo.
Respiro il suo profumo, finché la sua voce ancora roca per il sonno, non mi sfiora l'orecchio sinistro, facendomi rabbrividire.
« Oh God, i'm sick of sleeping alone »
Note appena accentuate, tono troppo assonnato per riuscire a rendere l'idea, ma sorrido quasi senza volerlo, e lui se ne accorge. Soffia una breve risatina, prima di incastrare il viso nell'incavo del mio collo.
Anche io Alex, anche io.

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Capitolo 9
*** Chap IX - Sick little games ***


Chap. IX - Sick little games

Carrie
 
We're all part of the same, sick little games,
And i need a get-away

 


È passato un altro mese, il pancione continua a crescere, Alex non mi ha lasciata sola per un solo giorno, annunciando alla radio newyorkese lo hiatus degli All Time Low e smentendo le voci su una possibile lite tra i componenti della band.
Ha mentito, imparando a conoscerlo con il tempo, so che lo ha fatto per rassicurare i fans. Ha un cuore enorme, lo osservo rapita da settimane e non mi stancherei mai!
Ogni tanto si sente con Zack e Rian, che sono ritornati a Baltimora dopo pochi giorni da quel famoso pugno. Per quanto riguarda Jack, invece, neppure loro sanno nulla. Non ha voluto seguirli e non si sa quale aereo abbia preso, ammesso che ne abbia preso uno.
E' un vero e proprio mistero! Alex, orgoglioso come solo un uomo può essere, continua a ribadire che non gliene frega un cazzo, ma è chiaro che sta soffrendo e che il suo migliore amico gli manca.
Lo sento quando mi bacia, lo vedo in quel sottile velo di colpa che gli ricopre gli occhi scuri e nei mezzi sorrisi tirati. Ma non so farne a meno, non voglio allontanarlo. Il sapore di arancia rossa è diventato una sorta di antidepressivo naturale.
Abbandonato l'Hotel, sono ritornata nel mio appartamento, offrendo un posto per dormire anche all'ex leader della band e abituandomi con sincero disappunto ai suoi rientri alcolici, sempre più frequenti, sempre più lunghi.
Mi preoccupo da morire quando decide di autodistruggersi per non prendere quel telefono in mano e comporre il numero che lo aiuterebbe a stare meglio. A questo punto, non mi importa più di dover soffrire riavendo Jack intorno! Mi preme di più la salute di Alex.
Sono ancora immersa nei miei pensieri, quando sento il legno della porta d'ingresso scricchiolare e sollevo la testa di scatto, alzandomi dal divano per comparire in corridoio.
Lì, a pochi passi da me, appoggiato allo stipite, il corpo di Alex barcolla sghignazzando, prima di crollare sul pavimento. Le chiavi ancora incastrate nella toppa. La scena sarebbe risultata comica, se non fosse che si ripete da giorni, ormai. Adesso è solo patetica e preoccupante.
Incrocio le braccia al petto, aspettando di vedere se riesce a farcela da solo.
Poggia un gomito sul parquet, rovesciando il corpo dall'altro lato e rimanendo per dei secondi interminabili a fissare il soffitto con un sorriso idiota stampato in faccia.
Sbuffo, piegandomi appena e accarezzandogli la fronte. Devo spostare due ciocche di capelli castani per riuscirci, ma subito mi rendo conto che scotta terribilmente.
« Maledizione, Alex! » mi lascio sfuggire, agguantando il telefono per chiamare Charlotte.
Non riuscirei a portarlo nel letto neppure in condizioni normali. Figuriamoci con un pancione di sei mesi!
« Chi chiami? » cantilena con voce petulante, scoppiando a ridere senza alcun motivo apparente!
Non gli rispondo. Mi avvicino solo per posargli un bacio a fior di labbra, ma sono costretta a staccarmi subito per il tanfo di alcool che mi invade le narici.
« Sai di buono, Car! »
« Ti ho già detto di non chiamarmi così! » bercio, fulminandolo con lo sguardo.
Colpa di Zack!
Lui e i suoi stupidi soprannomi improvvisati. Alex, ovviamente, lo ha trovato troppo divertente, per non appropriarsene. Ed ecco la morte della mia vita sociale!
« Ehi, stronza! Porta le tue adorabili chiappe qui. Abbiamo un problema! »
Alex si gira su un fianco, vomitando l'anima proprio accanto alla mia borsa e di riflesso impreco ad alta voce, indicando la scena con evidente odio!
« Sì? Non me ne frega un cazzo se stai scopando! Il tuo amico può farsi una sega, è importante! Muoviti! » scandisco, ringhiando e provando a tenere fermo il chitarrista, che al suono della mia voce ha ripreso a ridere senza controllo.
« Oh, vuoi sapere qual è il problema? Alex Gaskarth mi sta inondando l'entrata di vomito. Pesa un quintale e io ho un figlio in grembo, ricordi? Adesso, o vieni qui subito, o domani vengo io lì e ti assicuro che non sarà piacevole. »
Il diretto interessato mi morde un braccio, tirandomi in basso per leccarmi il labbro inferiore. Lo lascio fare e ricambio il bacio, staccandomi velocemente al tono di voce della mia migliore amica.
Presa dal nervoso – e dagli ormoni! - sbatto il corpo di Alex sul pavimento con una mano ancorata al suo petto e ignoro il lamento che ne segue, concentrandomi sul ricevitore.
« Charlotte, dimmi che non stai sfidando una donna incinta. Te la senti? » la sfido, piegando la bocca in un ghigno inquietante.
Ma Alex continua a ridere, tirandosi giù i pantaloni e facendomi segno di toccarlo. Seguo quella mano con lo sguardo, arrossendo di botto e tentando in tutti i modi di divincolarmi dalla sua presa.
« ALEX! Smettila subito, stai fermo... ti fai male! Cazzo! La scarpiera! » lo sovrasto con il corpo, reggendo appena in tempo il muro di legno che per poco non gli scrolla addosso e adagiandolo lontano. Poi, respirando pesantemente poggio i palmi per terra, regolarizzando i battiti. Non mi rendo conto della posizione, finché non sento le sue dita toccarmi la pelle e la sua risatina allusiva accarezzarmi le orecchie!
Sposto l'attenzione sul suo viso, arrivando alla conclusione che sì, Alex Gaskarth è davvero bello.
Di una bellezza singolare e quasi insolita. Eccitante. Mi mordo un labbro, provando a spostarmi, ma lui me lo impedisce, così torno a posare le cosce sui suoi fianchi, arrossendo.
« Carrie » sussurra, sollevando il busto nel vano tentativo di baciarmi.
Ma non ci riesce! Torna con la schiena a terra, imprecando. I ciuffi castani sparsi sul pavimento. Gli sorrido, accarezzandogli una guancia.
« Ma vedo che te la sai cavare anche da sola, comunque! »
Merda!
Dovevo ricordarmi di chiudere la porta! Mi sollevo dal corpo del chitarrista di scatto, issandomi a fatica per poi regalare a Charlotte un'occhiata fulminante, sotto lo sguardo divertito che ancora è in basso, ancorato al parquet!
« Piantala di dire idiozie, e aiutami a portarlo in camera! » ribatto, indicandolo con un dito. Charlotte posa la borsa ridacchiando, liberandosi del cappotto e studiando attentamente il viso rosso d'alcool di Alex.
« Sei un coglione! »
« Sei carina stasera. Vuoi scopare? » è la risposta serafica del maggiore.
Pesto un piede sul pavimento per richiamare l'attenzione, soprattutto notando il luccichio negli occhi della mia migliore amica, che in genere preannuncia guai. La conosco troppo bene, abbastanza da intuire che sta sul serio valutando l'offerta alcolica!
« Avete finito? »
« D'accordo mamma, da che parte lo devo trascinare? » chiede, tornando in piedi e incrociando le braccia al petto.
Inarco un sopracciglio. Ma è impazzita?
« Tu vorresti trascinarlo su per le scale? Ti rendi conto di quello che hai appena detto? Così gli causiamo un bel trauma cranico, mi sembra un'ottima idea! » commento sarcastica.
Charlotte sbuffa, apprestandosi a sollevare il corpo di un Alex euforico da terra. Lo tiene per il busto, ancorandosi un braccio intorno al collo e avvolgendo il tatuaggio con la rosa tra le dita della mano sinistra.
« Ce la fai? »
« Come no! Chi non ha mai portato un uomo sbronzo in camera da letto? » domanda retorica, abbozzando un bieco sorriso.
« Piantala di fare del sarcasmo e cammina! » ribatto, indicandole la rampa di scale. Di tutta risposta, inarca un sopracciglio, guardandomi come se fossi pazza.
« Sarcasmo? Ma io dicevo sul serio! »
« Fai veramente schifo! »
Il tono allucinato che mi esce dalla bocca, scatena un'altra risata divertita del chitarrista. Piegato in avanti, comincia a ridere di gusto, barcollando sotto la guida un po' impacciata di Charlotte.
« Attenta allo spigolo! Non farlo cadere! »
« E' un vaso, o un essere umano? »
« Io te lo spaccherei in testa un vaso, tante volte! » ringhio, seguendoli entrambi per le scale e fermandomi, quando li vedo fare lo stesso.
« Ti prego dimmi che non ti sei innamorata di questa spugna, adesso! » commenta disgustata, riprendendo a camminare.
Mi schiaffo una mano sul viso. Vorrei tanto sapere da dove le escono certe minchiate!
« La vuoi finire di sparare a raffica e stare attenta a dove metti i piedi? »
« Devo vomitare. »
Sta per ribattere, quando il tono impastato di Alex ci blocca entrambe. Charlotte, alla prospettiva di inondarsi la camicetta nuova di vomito, lo lascia andare. La scena va a rallentatore per qualche attimo, poi, dimenticandomi del pancione, faccio uno scatto in avanti, agguantandolo da sotto le ascelle prima di vederlo finire con la schiena per terra!
« CHARLOTTE! » quasi urlo, aiutando Alex a rimettersi in piedi.
« Che c'è?! Mi fa schifo il vomito, se permetti! » rimbecca risentita, scendendo di un gradino per riappropriarsi del corpo di Alex.
« Sono incinta, cretina senza confini! Hai deciso di farmi abortire al sesto mese, per caso? »
Infuriata, supero entrambi, aprendo la porta della mia camera da letto per lasciarli entrare poco dopo. Mi rilasso, realizzando di non aver avuto risposta. Quando la mia migliore amica non ribatte, è perché si è resa conto di aver detto o fatto una stronzata.
Con un po' di fatica, lasciamo andare il corpo colmo d'alcool sul letto, sbuffando per lo sforzo. Alex riprende a ridere, rotolando su un fianco e facendoci scambiare un'occhiata di intesa.
« Dobbiamo spogliarlo. »
« Non ci pensare nemmeno! » rimbecco, arrossendo fino alla punta dei capelli.
Mi rendo conto che ha ragione, puzza di vomito e sudore da fare schifo! Però...
Charlotte mi guarda confusa per un po', mutando poi l'espressione da riflessiva a sorpresa in pochi istanti. Indica prima lui, poi me.
« Vuoi dire che-? »
« Come diavolo ti viene in mente?! OVVIO CHE NO! » strepito, ansimando per l'imbarazzo sotto lo sguardo divertito di Alex che dal basso continua a guardarci.
« Scusa, credevo solo che dopo un mese... » tenta di giustificarsi, portando le mani avanti.
Sbuffo, incrociando le braccia al petto. Un gesto di conforto che faceva spesso mia madre, brutto vizio! 
« Credevi male! » ribatto, scoccandogli una mezza occhiata nervosa. « Beh? » domando poi, sentendomi ancora osservata, manco fossi un fenomeno da baraccone!
« Sono ancora sconvolta! » è l'esclamazione divertita della mia migliore amica.
Le lancio un'occhiata di fuoco, ma lei scrolla la testa evitando di dire altro in merito e l'attenzione torna su Alex.
« Spoglialo tu! »
« Io non mi metto a spogliare gente a caso! Non senza che mi abbiano prima offerto da bere! »
Arriccio il naso, osservandola con evidente ironia. Si rende conto subito che la scusa non regge, perciò fa un passo avanti, sibilando un « E va bene! » sconsolato, prima di apprestarsi a sfilargli la maglia. Passano pochi secondi, poi sbuffo di disappunto, roteando gli occhi al soffitto e avvicinandomi alla spalliera del letto.
« Dimmi che non stai per incastrargli la manica nel collo! »
« E allora fallo tu, visto che sei tanto brava! » rimbecca acida, spostandosi appena per lasciarmi spazio. Cacciando un lamento di pura frustrazione, la spintono, agguantando il lembo grigio della maglia e spostandolo a sinistra, per riuscire a levarla del tutto.
Il viso di Alex, con tutti i capelli arruffati, compare all'improvviso lasciandomi senza fiato per un po'. Sorride sghembo nel vedermi ferma sul posto, concentrata a lasciar vagare lo sguardo lungo tutto il torso nudo, fino all'elastico dei boxer.
Charlotte mi tira una gomitata, riportandomi alla realtà.
« Quando hai finito di sbavare, continui? »
Si sta divertendo un mondo! Maledetti tutti e due. Mi sposto, scendendo con mani tremanti fino alla cintura degli skinny neri.
Deglutisco, slacciandola lentamente mentre con la coda dell'occhio intravedo Charlotte dedicarsi alle scarpe.
Mi concentro sui jeans. Li abbasso piano, aggrappandomi al tessuto per riuscire a fare più presa. Poi la voce di Alex si fa sentire. Calda, ancora impastata dall'alcool e carica di un'euforia fuori dal normale!
« Questa è una scena che ho sognato spesso! » biascica a fatica ironico, coprendosi gli occhi con un avambraccio.
« Forse dovrei chiamare Jack. »
Al suono di quel nome, ci blocchiamo tutte e due.
Ormai libero dagli indumenti, senza dire una parola, lo aiuto a mettersi sotto le coperte.
« Carrie, io torno a casa. Ce la fai da sola, adesso? »
Annuisco alla voce di Charlotte, abbracciandola. La ringrazio, promettendole di richiamarla l'indomani e aggiornarla su eventuali sviluppi in campo “Barakat”. Poi chiudo la porta della stanza e raggiungo la mia porzione di materasso. Mi ficco sotto al piumone insieme a lui, avvicinandomi fino a sentire il calore del suo corpo.
« Pensi che dovrei farlo? »
« Penso che tu abbia bisogno di Jack. » rispondo istintivamente, mordendomi un labbro.
Mi fa male, ma è vero.
Per assurdo, sono quasi convinta che se uno di loro due fosse femmina, starebbero già insieme da un pezzo! E' un pensiero un po' inquietante, a tratti comico, ma privo di ironia. Ne sono certa.
Alex mi solleva il viso come è solito fare, posando due dita sotto al mento, prima di baciarmi teneramente le labbra e chiedere un contatto più intimo. Lo lascio fare, intensificando di mia iniziativa il bacio. Più passionale, più bagnato, bisognoso di altro.
Di qualcosa che ancora mi spaventa.
« Puoi-? »
« Intendi fisicamente? Sì, Alex. Posso. » rispondo arrossendo con un piccolo sorriso, bloccando quella domanda imbarazzante. Troppo imbarazzante, per un uomo!
La ginecologa non mi ha proibito il sesso, raccomandandomi comunque posizioni naturali e poco impegnative.
« E vuoi? » continua, attirando la mia attenzione.
Sollevo la testa di scatto, perdendomi in due occhi scuri, caldi come il fuoco e ansiosi. Il suo corpo brucia. D'istinto, poso una mano sul petto, giocando con i peli e scendendo in basso. Schiude le labbra, chiudendo le palpebre con un basso sospiro di piacere.
Ritiro in fretta la mano.
E' questo il punto.
Onestamente, credo di volerlo più di quanto mi faccia piacere ammetterlo. Sì, voglio fare l'amore con lui.
« Sei ubriaco, Alex »
Ma non posso.
Provo a farlo ragionare con un mezzo sorriso, scoccandogli un bacio casto sulle labbra, prima di voltarmi. Non aspetto neppure una risposta, rimango così, a fissare l'armadio. Almeno, finché il suo corpo non tocca il mio. Premuto addosso, come una seconda coperta.
Sento l'erezione strusciare sul tessuto della camicia da notte, che lenta si solleva sotto al tocco veloce ed esperto del chitarrista. Chiudo gli occhi, sospirando.
Una mano vaga sul mio pancione, accarezzandolo piano. Segno di protezione e rispetto che vale una lacrima.
« A-Alex »
« Sono qui, piccola » ribatte con voce calda, ignorando il tono poco convinto di rimprovero.
« C-Che fai? »
Non risponde, ma quando sento un dito oltrepassare gli slip, fino a sfiorarmi le labbra e divaricarle con studiata calma, il mio corpo ha un fremito.
Ansimo, prendendogli la rosa con una mano e graffiandola appena.
« Avevi detto di non volere gli scarti di Jack » continuo, alludendo al discorso del suo amichetto che mi aveva fatto solo il mese prima.
Più che lecito, ma abbastanza doloroso. Mi sorride contro l'orecchio, approfittando di un mio movimento per baciarmi. Lentamente e a lungo.
Arance rosse mature.
« L'ho detto, ma adesso voglio te. »
Ed è un attimo.
Lo sento dentro. Non c'è più spazio per le parole, i baci... neppure per le dita. In una notte inaspettata e colma di malinconia, stiamo facendo l'amore.
Ansima sulle mia labbra, staccandosi per riprendere fiato e piegare la testa. Tengo stretta la mano tatuata, assecondando per quanto mi è possibile ogni spinta.
Va piano, sa che potrebbe farmi male, ma il piacere è troppo.
Distrattamente, ricordo che la ginecologa aveva accennato ad una possibile ipersensibilità vaginale dovuta alla dilatazione dei vasi sanguigni, ma soprattutto, agli ormoni. Non credevo sarebbe stata così intensa.
Sposto il braccio indietro, ancorando le dita tra i suoi ciuffi castani e continuando ad ansimare. Sorride, mordendomi una spalla prima di lanciare un grido roco e soffocato dalla mia stessa pelle.
Un'ultima spinta lenta, ma decisa e l'apice arriva all'improvviso, facendomi piegare in avanti e lanciare un grido d'apprezzamento che non è mai stato parte di me.
Alex tiene fermi i miei polsi, liberandosi senza uscire e leccandomi la spina dorsale, intensificando senza saperlo il mio orgasmo. Poi mi libera le mani e lo sento spostarsi nel letto. Non mi volto, non ci riesco. Ho paura dei suoi occhi.
Di solito non sono così, è successo con Jack, mai con nessun altro. Arrossisco, rannicchiandomi su me stessa e ignorando persino le calde gocce che cominciano a colarmi sulle cosce.
Nemmeno lui sembra in vena di parole, perciò rimaniamo così per un po', in silenzio. Almeno, finché non lo sento ridere di gusto. Curiosa come solo una bambina può essere, mi dimentico dell'imbarazzo e di ogni briciolo di paura, voltandomi di scatto per capire cosa diavolo c'è da ridere!
« Stai bene? » domando, inarcando un sopracciglio.
Si passa una mano sulla fronte, scompigliandosi i capelli per poi coprirsi con la coperta fino a metà petto.
« Credo che chiederti scusa adesso, risulti un po' ipocrita eh? »
Abbozzo un leggero sorriso, voltandomi del tutto e cambiando lato, così da poterlo osservare meglio. Che abbia paura di perdermi?
Mi avvicino, sollevandomi per posargli un bacio sulle labbra. Quando sciolgo il contatto, continuo a guardare i suoi occhi confusi.
« Carrie? »
« Va tutto bene, Alex. Non hai niente di cui scusarti, lo abbiamo voluto entrambi! »
Provo con un tono dolce. E funziona! Si rilassa, sorridendomi per poi abbracciarmi sospirando. Anzi, ad essere sinceri, se c'è una che dovrebbe chiedere scusa, quella sono io.
E' strano. Non sento di averlo usato, ma stranamente provo l'impulso di renderlo felice. Per questo non sono riuscita a fermarlo.
Non sono riuscita a fermarmi.
« Mi manca Jack. »
« Lo so, ubriacone! Manca tanto anche a me. » soffio stanca, circondandogli la vita con un braccio e crollando poco dopo nel mondo dei sogni.
Lo sento parlare ancora, ma è troppo tardi per capire cosa sta dicendo. Il tono amareggiato, condito con una punta di ironia, tuttavia arriva forte e chiaro.
« Già. Fanculo! Questa non me la perdonerà mai. »

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Capitolo 10
*** Chap. X - The adventure ***


Chap. X - The adventure

Jack

I'm the first to know,
My dearest friends,
Even if your hope has burned with time,
Anything that's dead shall be re-grown,
And your vicious pain, your warning sign,
You will be fine.
 

« Non ti sembra di aver bevuto abbastanza, amico? »
Sbuffo un mezzo sorriso ironico, indicando con il bicchiere ormai vuoto la bottiglia dietro di lui. Sospira, inarcando un sopracciglio e apprestandosi a versarmi un altro shot di whiskey. Un uomo sulla cinquantina, con ricci capelli bianchi, probabilmente fermo dietro ad un balcone pronto per ascoltare gli sfoghi dei propri clienti. Deve essere normale, sarà una routine che va avanti da anni, ormai.
Quando il liquido ambrato scende fino all'ultima goccia, sposta la bottiglia di lato, fissandomi pensieroso. Bevo un lungo sorso, terminando con un basso rutto che gli fa storcere il naso.
« Non è con l'alcool che risolverai i tuoi problemi di cuore, ragazzo. »
« Cosa le fa credere che io abbia problemi di cuore? » rimbecco ironico, sorridendogli sghembo e posando un gomito sul bancone in legno, pronto a sostenere il peso della mia testa.
Sono sbronzo, me ne rendo conto dal tono di voce, eppure questo tizio non sembra curarsene. Sorride paterno, sfregando sul banco uno straccio usato.
« Sei famoso, dico bene? Il tuo viso mi è familiare. »
Scrollo le spalle, rispondendogli che indubbiamente deve avermi visto in qualche programma musicale alla TV, ma lui scuote la testa ridacchiando con un basso lamento colmo di rassegnazione e affetto.
« No, sei stampato sull'armadio di mia figlia, insieme ad altri tre scapestrati con i capelli più orribili che io abbia mai avuto il dispiacere di guardare! » commenta, passandosi la mano sulla fronte.
Scoppio a ridere di gusto, terminando il mio shot per poggiare il bicchiere ormai vuoto con un colpo forse troppo violento. E mi scuso immediatamente all'occhiataccia che ne segue.
« Sei seduto qui da almeno due ore. Durante le quali almeno dieci ragazze ti si sono avvicinate, ma non hai fatto una piega! Deduco che i tuoi pensieri siano già affollati, o sbaglio? » rincara ironico, raccattando alcuni cadaveri alcolici dal bancone e gettandoli nella spazzatura.
Aggrotto la fronte, storcendo il naso e dandomi del coglione da solo.
Dove? In quale assurdo pianeta ho permesso che questo capitasse? Io, Jack Barakat, mi sono innamorato come un povero idiota.
Il tour, la mia band, Carrie, tutto ciò che più mi stava a cuore è perduto per sempre. Mio figlio.
Lui non può vedere il fallimento che sono, eppure la cosa non mi rincuora minimamente! Dovrei darci un taglio, chiamare Sissy e avvisarla che non tornerò stanotte per darle un altro orgasmo. Prendere coraggio, bussare alla porta di Carrie, chiedere perdono. Magari anche ad Alex.
Già, dovrei.
Mi sento incollato a questo dannato sgabello.
« Può darsi » rispondo vago, acchiappando velocemente una bottiglia di vodka poco distante, sotto lo sguardo di rimprovero dell'uomo.
« Gliela pago, questa. » metto bene in chiaro, prima di stapparla e attaccarmi al collo quasi fosse l'unica ancora di salvezza che mi tiene a galla.
« Non è per questo... lascia perdere. Senti, se ci ho visto giusto e fai davvero parte di una band, dove sono i tuoi compagni? » azzarda, sporgendosi per guardarmi meglio.
Di riflesso mi sposto indietro, perdendo l'equilibrio prima di ritrovarmi con il culo sul pavimento del locale.
Sono le due del mattino, non c'è nessuno e credo di essere io il motivo per cui il “Bull's” sia ancora aperto.
L'uomo esce dal bancone, avvicinandosi per aiutarmi a rimettermi in piedi. Torno a ridere, aggrappandomi a quel corpo adulto, molto più basso del mio.
« Ho fatto un disastro. »
E una volta dette queste parole, mi rendo conto di ogni cosa. Serro la mascella, osservandomi le mani incapace di fare o dire altro.
« È per questo che viviamo, ragazzo! Per rimediare! » ribatte convinto, scrollandomi per le spalle. Ritorno alla realtà, battendo le palpebre confuso finché lui non mi sorride.
« Jack. Ti chiami così, ho indovinato? Mia figlia mi tartassa la vita con le sue chiacchiere su quanto sei assolutamente fantastico. E' pesante per un padre, sai? La tua bambina, ormai non così tanto bambina! » esclama, facendomi sghignazzare al vero significato di quell'affermazione.
Sua figlia verrebbe volentieri a letto con me. E da come ne parla, non deve avere più di sedici anni.
« Ad ogni modo. » incalza, scrollando la testa e cercando i miei occhi con lo sguardo « Se c'è qualcosa per cui vale la pena lottare, lotta. Come puoi, con qualsiasi arma tu abbia a disposizione! »
« Ho ferito la donna che amo. E deluso i miei migliori amici, compreso mio fratello. »
Alludo ad Alex, questo lui non può saperlo, ma io lo so ed è abbastanza per farmi sentire uno schifo.
Se non fossi troppo ubriaco, piangerei. Mi manca, mi mancano tutti! La pelle chiara di Carrie, i suoi penetranti occhi chiari, il sorriso imperfetto e adorabile allo stesso tempo.
Così vera, così diversa da tutte le mie conquiste sessuali. Posare le mani sulle sue, intente ad accarezzare un pancione che cresce, solo grazie a me.
« Ragazzo, sveglia! » mi scuote ancora, alzando il tono di voce e distraendomi dai miei pensieri.
Lo guardo attentamente, osservo quel fuoco che dovrebbe appartenermi, il coraggio, la forza di combattere, un sorriso appena accennato, poi tutto mi è chiaro.
Ricambio il gesto, agguantando un tovagliolo, la penna della cameriera per le ordinazioni, e piegandomi sul bancone.
« Che combini, adesso? Ma hai sentito quello che ti ho detto? Sparisci di qui, corri a riprenderti la tua vita! »
Si sporge oltre la mia spalla, tentando di seguire i miei movimenti, ma io mi volto subito di scatto, schiaffandogli sul petto il pezzo di carta. Lo guarda confuso, rigirandoselo tra le mani e corrugando la fronte davanti al mio sorriso alcolico.
« Lo dia a sua figlia! » commento, schioccandogli un bacio sulla guancia e voltandomi barcollando, in direzione della porta.
Non prima di aver posato sul bancone una banconota da duecento dollari.
« Buona fortuna, figliolo! »
La voce roca del barista arriva lontana, ormai sento solo le macchine sfrecciare accanto al marciapiede e a fatica ne intravedo una gialla, sbracciandomi per farmi notare.
Sul tetto, la scritta TAXI lampeggia sopra al meno vistoso “LIBERO”. Entro a fatica, sporgendomi oltre il sedile per riuscire a farmi sentire dall'autista.
« Dove andiamo? » chiede, stringendo il volante.
Riesco a biascicare un indirizzo, tentando di non farmi vedere troppo sbronzo e mantenendo un certo tono, che ovviamente non funziona, vista l'espressione scettica del tizio. Ringhiando gli indico la strada, intimandogli di muoversi.
« Manhattan è lontana. » commenta, squadrandomi dallo specchietto retrovisore.
Un sorriso divertito si fa largo sulle mie labbra. Questa è quella che Alex ha sempre chiamato “La faccia da culo alla Barakat.”
« Fortuna che sono famoso, allora. » rimbecco, mostrandogli svariate banconote appena uscite dal mio portafoglio.
E, così, la macchina ci mette pochi secondi a sfrecciare per le strade di New York!


Sono aggrappato a questa dannata maniglia da minuti interminabili ormai. Ci ho messo mezz'ora ad uscire dal taxi, per poco non finisco con il muso sull'asfalto e nessuno si degna di ascoltarmi? Fantastico!
Mi apro in un sorriso, tirando fuori dal portafoglio una carta di credito, poi poso il palmo sulla porta, con tutta l'intenzione di spaccare la serratura!
« Maledizione! »
Continuo ad armeggiare con la carta, incurante del fatto che con tutta probabilità dovrò tornare in banca per cambiarla. Dopo svariati tentativi, finalmente sento il “click” tanto sperato. Mi sposto, spalancando la porta con un sorriso e barcollando per riuscire a rimanere in equilibrio, finalmente entro.
Deve essere tardi, poco me ne frega! Lascio vagare lo sguardo sul buio penetrante del salotto, poi adocchio le scale, poco lontano dall'arco in legno che precede la cucina.
Sbuffando, comincio a salire, tirando qualche spallata sul muro e tornando dritto, giusto in tempo prima di rotolare nuovamente al piano terra!
Una volta superato l'ultimo scalino, mi levo la giacca, avanzando a passi incerti verso l'ultima porta del piccolo corridoio e sperando vivamente di non finire nel cesso!
Ci metto tutto l'impegno che ho in corpo, ma quando supero la soglia della stanza, l'immagine che mi si para davanti ha cura di farmi indurire lo sguardo e di urlare a pieni polmoni. La figura accanto a Carrie, riuscirei a riconoscerla tra mille.
Ma è lei che si sveglia per prima! Si tira a sedere di scatto, strizzando gli occhi per poi accendere la piccola luce del comodino. Quando il fascio luminoso riempie la camera, prova a gridare per la sorpresa, ma veloce – sempre con grande fatica – riesco a raggiungerla, tappandole la bocca con una mano.
Si aggrappa al mio polso, lanciando occhiate furtive verso il corpo che le dorme accanto. E il mio sguardo muta.
« Alex. » dico, alzando il tono di voce.
Lui si sposta nel sonno, mugugnando frasi senza senso prima di aprire piano le palpebre e mettere bene a fuoco la situazione. Solleva il busto immediatamente, alzandosi dal letto per rivelarmi quello che credevo fosse solo un brutto sogno.
Un incubo, semplice e doloroso.
Ma è nudo, e io non sogno più da un mese, ormai.
Ringhiando, libero Carrie dalla presa, avventandomi sul mio migliore amico per mollargli uno dei pugni più forti che io abbia mai dato a qualcuno.
« JACK! SMETTILA! »
La sento gridare, non me ne frega niente. Alex mi tira un calcio nello stomaco, costringendomi a rotolare su un fianco e mollare la presa. Basta uno sguardo, che torniamo a pestarci dimenticandoci di tutto.
Un altro pugno, questa volta il suo. Sposto la testa di lato, gridando una lista di insulti, prima di caricare con la testa e costringerlo a finire con la schiena contro il muro. Dal colpo, il quadro cade per terra, rompendosi. 
« JACK! BASTA! LASCIALO ANDARE, GLI FAI MALE! »
Un grido disperato mi raggiunge.
Carrie, con le lacrime agli occhi, si avvicina a noi, provando a liberare Alex dalle mani che sto stringendo intorno al suo collo. Ma è troppo debole, e tutto quello che riesce a fare è accasciarsi sul mio avambraccio, piangendo.
« Vi prego, smettetela! »
Alex approfitta della mia distrazione per sferrarmi un calcio nelle parti basse, che mi mette KO. Finisco a terra, rannicchiato su me stesso a maledire tutta la stirpe Gaskarth.
« Brutto pezzo di merda inglese! » riesco ad articolare in un basso ringhio, la voce ancora impastata di puro dolore.
Sorride vittorioso, infilandosi i boxer, prima di venire colpito da uno schiaffo femminile. E il mio ego fa una leggera capriola!
« Car » comincia confuso, massaggiandosi la guancia.
Lei ha ancora la mano sollevata e ansima per lo sforzo. Lascia vagare lo sguardo da me, ancora sul pavimento, a lui, in piedi, che la guarda come se la vedesse per la prima volta.
« Siete impazziti? COSA DIAVOLO VI DICE IL CERVELLO?! » grida, ricominciando a piangere per un po', prima di voltarsi e abbassare lo sguardo nella mia direzione.
Mi ricompongo, alzandomi a fatica. Le palle mi fanno un male cane, ma decido di ignorarle. La sfido con gli occhi, voglio vedere se riesce ad ammettere quello che persino un cieco avrebbe capito.
« Che cazzo ci fai qui, Jack? »
« Ti sei scopata Alex, complimenti vivissimi! » ribatto sarcastico, ignorando la domanda.
Ma lei pesta un piede per terra, avvicinandosi fino a sfiorare il suo petto con il mio.
« Ti ho chiesto che cazzo ci fai in casa mia alle tre del mattino. »
Cerco Alex con lo sguardo, trovandolo appoggiato al muro, le braccia incrociate al petto e un sorrisetto che mi fa venire voglia di prenderlo a schiaffi per tutta la notte.
Come il bambino che in fondo sono, lo indico, spostandomi a sinistra.
« Io... lui... »
« Loro. Bravo. Adesso rispondi. »
La voce sarcastica mi raggiunge, scatenando l'ilarità di Alex e facendomi fumare di rabbia.
« Dovevo parlarti »
Ma riesco a tenerla a freno, ricordandomi del vero motivo che mi ha spinto fino a qui e del fatto che sono stato io il primo a farle male.
Che sia Alex, che sia un altro, non è importante. Saperla tra le braccia di uno sconosciuto, forse, sarebbe stato peggio. Sospiro, abbassando lo sguardo.
« Vuoi sapere se abbiamo fatto sesso? Sì, abbiamo fatto sesso. » risponde, con tutta l'intenzione di farmela pagare.
Accuso il colpo in silenzio, stringendo i pugni e lanciando una nuova occhiata ad Alex, che nel frattempo si è staccato dal muro, affiancando Carrie.
« Sei un figlio di puttana, Alex. »
« Perché? Perché le sono stato accanto, mentre tu entravi e uscivi da chissà quanti letti, prima di renderti conto che sei un coglione? » domanda retorico, la voce bassa e calcolata.
« TE LA SEI PORTATA A LETTO, ED È INCINTA! DI MIO FIGLIO! » urlo, indicandomi per rendere il concetto più ovvio.
Possibile che non ci arriva? Mi ha umiliato, distruggendo ogni cosa.
« Così è questo che sei, Lex? » continuo con tono amareggiato, abbozzando un breve sorriso incapace di prendere una piega felice.
Perché non mi sono mai sentito così infelice in vita mia.
« Sei ubriaco, Jack. E quando sei ubriaco, è davvero impossibile dialogare con te. Non sto dicendo di aver fatto una bella cosa, quello che è successo è stato inaspettato, ed è capitato una sola volta. Ma io sono rimasto qui, mandando a puttane la band per riparare le tue stronzate. Come sempre, del resto! » commenta secco, ricordandomi della miriade di volte in cui l'ho visto mettere una toppa al gossip di turno, alle mie serate alcoliche, alle puttane che pagavo per scopare, a quelle già famose, alle fans, soprattutto.
Distolgo lo sguardo, pronto per lasciarli andare.
« Dove stai andando adesso? »
« Mi pare che non abbiate bisogno di me, no? Perciò torno a farmi due bicchierini di whiskey » rispondo ironico, voltandomi quel tanto che basta per mostrare il mio vistoso profilo.
Carrie serra la mascella, superando Alex e venendomi incontro. Sto per dire qualcosa, ma lei mi spintona la schiena senza smettere di insultarmi. Sempre di più, sempre con più foga, alternando le spinte ad una voce colma di risentimento e sofferenza.
« TU! RAZZA DI IDIOTA! » - « HAI UNA VAGA IDEA DI QUELLO CHE HO PASSATO PER COLPA TUA? » - « MI SEI MANCATO! MI SEI MANCATO DA MORIRE. E NON DOVEVI, MALEDIZIONE! » - « MA C'ERA ALEX QUI, LUI C'ERA. C'È SEMPRE STATO! LUI NON È COME TE! SEI UNO STRONZO, BARAKAT! E UN VIGLIACCO! »
La voce trema, scoppia a piangere. Quando mi volto per guardarla meglio, la musica non cambia.
Posa le sue piccole mani sul mio petto, continuando a spingermi. Rimango scioccato per un po', poi la scena è troppo tenera e mi ritrovo a sorridere divertito. Le blocco i polsi a mezz'aria.
Solleva piano la testa, incontrando i miei occhi mentre continua a tremare.
« Perché sei andata a letto con Alex, Carrie? »
« Lui era qui. » risponde, spostando lo sguardo a destra e a sinistra.
« No. » ribatto, ascoltando la sottile incrinatura di panico nel tono. « Dimmi la verità. »
Con la coda dell'occhio, mi rendo conto che Alex è forse più curioso di me. Inarca un sopracciglio, avvicinandosi a noi e osservando il profilo di Carrie in attesa.
« Ti avrebbe fatto più male. » dice soltanto, lasciando il mio migliore amico a bocca aperta e facendomi annuire compiaciuto.
Lo sospettavo. È una donna. Furba, calcolatrice.
Bella e diversa sotto molti aspetti, ma pur sempre donna.
« Perciò mi hai usato? »
La voce allucinata di Alex spezza il momento. Carrie arrossisce, biascicando alcune scuse poco convinte, ma lui sta già ridendo, girando su se stesso con la fronte rivolta al soffitto.
« Non ci credo! Grazie per l'orgasmo, eh! Almeno questo potevi dirlo. »
« Sei riuscita a venire? » chiedo, assottigliando gli occhi.
Le sue guance sono sempre più rosse, mentre Alex mi guarda stizzito.
« Cosa vorresti dire con questo, Bassam? »
Sto per ribattere, quando Carrie si piega, cominciando ad urlare. Tira uno spintone ad Alex, gettandolo sul letto e riprendendo a gridare senza controllo. Si tiene la pancia, tremando vistosamente.
Faccio per avvicinarmi a lei, confuso e allarmato, quando un liquido sotto alle scarpe mi costringe ad abbassare gli occhi.
Sangue.
« CRISTO! »
Alex si alza dal letto, indossando un paio di pantaloni e una maglia, mentre io tengo Carrie per le spalle, stringendola a me.
« Chiama l'ambulanza! »
« No, chissà quando arriva! La portiamo noi in ospedale! »
Annuisco al mio migliore amico, uscendo velocemente dalla stanza, poi dalla casa, seguito a ruota da un Gaskarth nervoso come non lo avevo mai visto!

« Jack, ho paura! »
Dietro ai sedili, la stringo forte, posandole alcuni baci sulle labbra e promettendole che andrà tutto bene. La verità, invece, è che ho più paura di lei.
Sangue al sesto mese. Non è normale.
« Cazzo, Alex! Non puoi andare più veloce? » ringhio, beccandomi un dito medio e l'ennesimo colpo contro il finestrino, quando per schivare due macchine sterza di botto spostandoci da un sedile all'altro.
« Dove la porto? »
« Che cazzo vuoi che ne sappia! » rimbecco trovando un po' d'equilibrio, nervoso come non mai.
La flebile voce spezzata di dolore, ci raggiunge, richiamando attenzione.
« Al Memorial »
Subito dopo, un urlo squarcia il silenzio dell'abitacolo, costringendomi a strizzare gli occhi per il fastidio e a gridare a mia volta, quando per poco non perdo la mano sotto ad una forza fuori dal normale.
Donne incinte, creature pericolose!
« Mi stai facendo male. » azzardo, beccandomi un pugno nello stomaco e sentendomi agguantare per il collo della t-shirt. Deglutisco. Il suo naso sfiora il mio, e la cosa non promette affatto bene!
« Ti sto facendo male? Fa male? A TE? È COLPA TUA SE SONO IN QUESTE CONDIZIONI » pausa ennesimo urlo, poi torna a sfidarmi, sibilandomi ad una spanna dal viso.
Sorrido divertito, nonostante tutto, questa scena ha davvero del comico! Ed è più forte di me, sono fatto così. Davanti, sento Alex ridere sotto i baffi.
« Perciò adesso chiudi il becco, mi dai la tua fottuta mano e te la lasci stringere a costo di fratturarti tutte le ossa delle dita, sono stata sufficientemente chiarAHHHHHHHHH- CRISTO SANTO, GASKARTH, PESTA QUEL CAZZO DI PEDALE! »
Un grido disumano e le sue unghie arpionate alla spalla di Alex – che per inciso ha mollato un urlo isterico di dolore – sono sufficienti per fare guadagnare alla macchina svariati cavalli di potenza!

Parcheggiata l'auto in doppia fila, siamo filati fuori senza neppure chiudere le portiere, diretti all'entrata dell'ospedale con un braccio di Carrie a testa!
La sorreggiamo così, trascinandoci a fatica, finché l'infermiera non ci accoglie, scrutandoci da capo a piedi per poi posare lo sguardo su di lei.
« A che mese sei, tesoro? » azzarda, addolcendo il tono di voce e piegandosi con la cartella ancora stretta al petto.
Carrie solleva la testa piano e la ragazza fa un passo indietro.
« Sentimi bene, Barbie. Muovi il culo verso la sala medici e chiama un vero dottore, o ti strappo quei raggi di sole decolorati che hai in testa uno per uno. » riesce a scandire, ansimando e intensificando le parole con una chiara sfumatura dolorosa e implacabile.
Senza dire una parola, l'infermiera si allontana a passo svelto, portandosi dietro la risata sia mia, che di Alex.
Aspettiamo qualche secondo, prima di vedere apparire in lontananza un uomo sulla quarantina, in camice bianco e montatura degli occhiali hipster.
Favoloso!
Storco il naso, tirando una gomitata ad Alex per farglielo notare. Il mio migliore amico scuote la testa divertito, facendomi segno di fare silenzio. Se Carrie dovesse vederci cazzeggiare in un momento simile, ci ammazzerebbe senza rimorsi!
« D'accordo. » esordisce l'uomo, una volta averci raggiunti.
Si sistema gli occhiali con un dito, notando alcune tracce di sangue sulla camicia da notte di Carrie.
« Chi è il padre? »
« Quello con la faccia da scemo! » risponde, indicandomi con un movimento secco del collo.
Alex scoppia a ridere di nuovo, puntando contro il mio petto un indice allusivo e annuendo compiaciuto per la constatazione di Carrie. Ringhio, notando che persino il medico se la sta spassando, provando a mantenere un contegno professionale con scarsi risultati.
« Sì okay, molto divertente. Riderò più tardi! Adesso ci dica cosa diavolo le sta succedendo! » esclamo, ignorando le urla di Carrie e lo sghignazzare ancora persistente del mio – se continua così ex – migliore amico!
« Rischia un'emorragia seria, dobbiamo farla partorire immediatamente. » è la risposta veloce e ovvia del dottore.
« CHE COSA? NO! Non può essere, sono solo al sesto mese! »
« Mi dispiace signorina, devono esserci delle complicazioni, rischia di rimetterci la vita sia lei, che il bambino. »
Detto questo, si congeda, richiamando alcuni infermieri e avvisandoli di preparare la sala operatoria. Carrie scuote la testa, cominciando a piangere.
Con mia grande gioia, si stacca da Alex, donando a me tutto il calore del suo corpo. La stringo forte, spostandole alcune ciocche dal viso e tentando di rassicurarla. Sono terrorizzato, ma devo riuscire a rendermi utile in qualche modo.
« Ti amo. »
Due parole che non ho mai pronunciato in vita mia, per nessuna. Richiudo subito la bocca, stupendomi di me stesso. Poi mi riprendo.
"Ci vuole coraggio, Jack. Vai avanti."
« C-Che cosa? » domanda confusa, sollevando il viso ancora premuto sul mio petto. E le sorrido, accarezzandole una guancia.
« Mi hai sentito, piccola, ho detto che ti amo! Si sta avvicinando una barella, non abbiamo molto tempo e io voglio che tu lo sappia prima di entrare in sala operatoria. Devi saperlo adesso, è importante! So che ce la farai, sei forte, ho quasi una frattura scomposta alla mano! » provo a sdrammatizzare, dimenticandomi di Alex e concentrandomi solo sulla sua espressione spaesata.
« Questo mese senza di te è stato un vero inferno, e- »
« Ma perché mi dici queste cose, Jack? » domanda ansiosa, bloccando il mio discorso.
« Hai paura che non possa farcela » commenta poi, studiando i miei occhi. E mi sorprendo, nel vedere quanto riesca a leggermi dentro.
Serro le labbra, cercando aiuto in Alex e dimenticandomi del casino successo solo un'ora fa. Ho bisogno di lui. Carrie continua ad aggrapparsi a me, scuotendo la testa sconvolta.
« Dannazione a te! Perché per capire quello che hai in testa, devo sempre diventare pazza? » ringhia, tirando un ultimo urlo disumano, prima di venire trascinata indietro da un infermiere abbastanza robusto, che la adagia sul lettino, pronto per essere spinto verso la sala operatoria.
« Ti amo, Jack! Ce la farò, perché ti amo. E tu dovrai cambiare, hai capito? Mi senti? Parlami, cristo santo! IO TI ASCOLTO! »
L'urlo si spegne, quando il letto supera l'angolo di cemento, lasciandomi qui, in mezzo alla corsia ancora a bocca aperta.
Ha capito. Ha capito che il mio modo di vivere è solo una maschera, che in passato qualcosa mi ha toccato così tanto, da costringermi a chiudermi, rifiutando ogni contatto sentimentale.
Umiliazione pubblica, ballo di fine anno che vorrei dimenticare, risate di scherno, lacrime.
Serro i pugni, ricordandomi dove mi trovo e perché sono qui. Sto per avere un figlio, c'è qualcuno che mi ama.
La mano di Alex si posa sulla spalla destra, facendomi trasalire.
« Andrà tutto bene, Bassam! Se quel bambino è testardo almeno la metà di quanto lo sei tu, siamo apposto! » commenta, abbozzando un piccolo sorriso ironico di speranza.
I muscoli si rilassano.
Indipendentemente da quello che è successo, non riuscirei a vivere senza Alex. Mai.
Perciò credo di dovergli delle scuse, sono certo che pure lui avrà da dire la sua, ma conosco i suoi metodi drastici, utili per farmi ritornare sulla retta via. Solo per aprirmi gli occhi, darmi un freno, domare questo casino che ho in testa. E, anche se più doloroso degli altri, questo non ha fatto eccezione.  

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Capitolo 11
*** Chap. XI - Cry baby ***


Chap. XI - Cry baby

Jack
 
Benvenuto nel giro di questa realtà 
per adesso apri gli occhi, che poi si vedrà

 
 

« Calmati un po', mi stai facendo venire il mal di mare! »
La voce infastidita di Alex blocca l'ultimo passo, a metà tra il corridoio e la stanza chiusa della sala operatoria. In cima, la luce rossa non fa altro che alimentare la mia ansia!
Mi volto di scatto, scoccandogli un'occhiata di fuoco.
« Calmarmi? Ma le senti le urla? » protesto, indicandogli la porta ancora saldamente chiusa. Lui sorride, scuotendo la testa e sorseggiando il suo dannatissimo caffè.
Decido di ignorarlo con un basso ringhio, accostando l'orecchio per sentire meglio. Un grido potente, seguito dal pianto di un neonato mi lascia impietrito sul posto, completamente incapace di muovere un muscolo.
Alex scatta in piedi, rovesciando gran parte del contenuto sul sedile in finta pelle e affiancandomi.
« Ci siamo, Bassam » commenta attonito, spostandosi per guardarmi meglio.
Ma non sono ancora in grado di muovermi. Boccheggiò per un po', in uno stato mentale del tutto assente che mi è stranamente familiare.
Di solito, però, c'è l'alcool ad accompagnarmi in questo viaggio! Ma sono sobrio da ore ormai, e questo non è un sogno.
Sto per ribattere, quando la doppia porta si spalanca, rivelando il volto sorridente, ancora coperto dalla mascherina, del dottore.
« Il padre? » chiede, probabilmente dimenticandosi di aver già avuto una risposta qualche ora fa.
La protezione in tela stretta nel pugno e un'espressione serena. Mi tranquillizzo, tuttavia incapace di rispondere alla domanda.
È Alex a farlo al posto mio. Mi indica con un sorrisetto insopportabile, spintonandomi in avanti. Inciampo, ritrovando l'equilibrio con l'aiuto dell'uomo che mi tiene per il braccio.
« Può entrare se vuole. » commenta, facendomi segno di seguirlo.
Ma non riesco a muovermi di un passo, perciò rimango fermo qui, a fissare il vuoto assoluto, incapace di dire o fare qualsiasi cosa.
« Bassam? »
Sento il gomito del mio migliore amico piantarsi tra le costole e mi volto appena, scuotendo la testa lentamente.
« Non posso farlo. »
« Jack non dire stronzate, adesso entri lì dentro e prendi in braccio tuo figlio. » ribatte, indurendo il tono di voce e tenendomi per le spalle, con l'intenzione di scrutare le iridi scure dei miei occhi.
Serro le labbra con forza, annuendo insieme a lui per un po', poi deglutisco, invogliato da una spinta decisa sulla schiena ad oltrepassare quella porta.
L'odore di acciaio e disinfettante mi invade i polmoni e per un po', tutto quello che riesco a vedere è il camice che mi sta davanti. Almeno finché non si sposta, rivelandomi un lettino adiacente alla sala operatoria superata da poco.
Lì, tra le lenzuola bianche e asettiche, il corpo stremato di Carrie mi sorride. Ha i capelli fradici di sudore, due occhiaie spaventose e il camice sporco di sangue. Mi allarmo subito, cercando con lo sguardo l'uomo.
« Va tutto bene ragazzo, il bambino aveva il cordone intorno al collo, ma per fortuna siete arrivati qui in tempo! Ci sono state complicanze durante l'intervento, la ragazza ha perso molto sangue e stiamo aspettando l'ultima sacca per la trasfusione, ma stanno bene tutti e due! » commenta, posandomi una mano sulla spalla.
I muscoli si rilassano, mentre mi avvicino al lettino con cautela. Appena sfioro il ferro della branda, Carrie mi stringe forte il polso. Seguo quel gesto veloce con lo sguardo, fino ad incontrare i suoi occhi chiari, speranzosi e terrorizzati quanto i miei.
« Jack, chiama Alex. Fallo entrare, è- » comincia, ma la voce del dottore ci raggiunge, facendomi voltare e costringendola a spostarsi per osservarlo meglio.
« È ammesso un solo visitatore in sala, mi dispiace. Questa è una camera sterile, tuttavia rimarrà in osservazione solo fino a domani, signorina, non si preoccupi. Una volta spostata nelle consuete stanze disponibili ai pazienti, potrà vedere chi vorrà! »
Sembra delusa dalla notizia, ma non molla la presa sul mio braccio, almeno finché un pianto disperato spacca l'aria, facendomi sghignazzare un po'.
Sono nervoso, impaurito come il bambino che sta piangendo. Come mio figlio.
« Posso vederlo? »
« Non ancora, signor? »
« Barakat. » rispondo, prontamente.
E lo vedo scribacchiare qualcosa su un polsino di plastica, colorato di blu. Dopodichè solleva lo sguardo, continuando a parlare.
« Il bimbo è nato prematuro di due mesi, perciò dovrà stare in incubatrice e sotto controllo per un po'. Ma il contatto con la madre è importante, specie se il primo. Perciò domani lo porteremo in stanza per mezz'ora soltanto. Mi dispiace, al momento è tutto ciò che possiamo fare! » conclude, scuotendo la testa in segno di scuse, poi si congeda, lasciandoci finalmente soli. Saluto il primario con un cenno del capo e voltandomi nuovamente verso il lettino, osservo Carrie torturarsi le mani. C'è imbarazzo nei suoi modi di fare, ma anche tenerezza e goffaggine, sempre pronte a farmi sorridere!
« Jack, mi dispiace per- »
« Carrie, per favore. È inutile parlarne e credimi, se c'è uno che deve scusarsi, quello sono io! Okay, magari andare a letto con Alex era una cosa che potevi risparmiarti, ma probabilmente avrei reagito allo stesso modo, se tu mi avessi ferito. » riesco a dire, accucciandomi per baciarle la fronte ancora imperlata di sudore.
Al tocco delle mie labbra sulla pelle, chiude gli occhi sorridendo e io finalmente riesco a rilassarmi. Questo è davvero un piccolo mondo tutto nostro.
Noi e il pianto di un neonato che non sembra intenzionato a calmarsi!

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Capitolo 12
*** Chap. XII - Alexander Jack Barakat. ***


Chap. XII - Alexander Jack Barakat

Carrie


 

« Sto bene, Charlotte! Puoi finirla di accarezzarmi la faccia? »
Finalmente, dopo una notte insonne nella stanza asettica, questa mattina mi hanno spostata in camera. Jack non mi ha lasciata neppure per un secondo, accontentandosi di un minuscolo spazio di lettino su cui riposare un po' e avvertendo Alex di tornare a casa.
Stamattina, intorno alle 8, me li sono ritrovati tutti in camera! Charlotte compresa, che entrando come una furia, ha tirato una spallata al primo chitarrista, gettandolo quasi a terra!
Rian e Zack, troppo lontani per godersi il momento, sono stati avvisati da Jack in persona ed euforici, mi hanno mandato mille bacini abbastanza inquietanti via cam. A quanto pare, il futuro degli All Time Low sta tornando a prendere forma.
« Potevi chiamarmi! »
La voce isterica della mia migliore amica mi distoglie dai miei pensieri. Stringendo un fagottino al petto, mi volto per fissarla con aria truce.
« Alex ha provato a chiamarti almeno cinque volte. » rimbecco ironica, coprendo mio figlio con la copertina blu – regalo di Jack - .
Intorno al letto, tutti mi fissano confusi, almeno finché non roteo gli occhi divertita, prima di dedicare un altro sorriso al mio bambino.
« Beh? Come si chiama, Carrie? »
« Tu presti attenzione solo quando non serve, vero? » domando retorica, regalando un ghigno ironico a Charlotte che riprende un vecchio discorso notturno.
Onestamente credevo se ne fosse dimenticata, a quanto pare invece mi sbagliavo! Ricorda benissimo quando le dissi che il nome del bambino era già deciso. Infischiandomene se a Jack sarebbe andato bene, o meno.
« Alex? » comincio, sorridendo alla figura impacciata che tenta di tenersi in disparte, probabilmente convinta di non avere nulla a che fare con questo momento.
Si avvicina, mentre Jack gli lascia spazio, curioso di capire come mai io abbia scelto lui, per tenere in braccio nostro figlio. Glielo sistemo sul petto con cura e attenzione, coprendo il corpicino e perdendomi a guardarlo per un po'.
Occhi ancora chiusi, sicuramente scuri. Pochi capelli, tutti neri come la pece, con qualche vago ciuffetto più chiaro ai lati. Ma spettinati e privi di controllo. Mi fanno sorridere di riflesso. Cerco le iridi di Jack, trovandomele subito piantate addosso e sorrido complice, con una muta frase che a quanto pare gli arriva senza bisogno di darle voce.
“Guarda cosa abbiamo fatto, Barakat. Non è stupendo?”
Annuisce, passandosi un dito sotto al naso senza smettere di ghignare.
« Ho paura di fargli male! »
La voce spezzata di Alex mi raggiunge. Lo rassicuro, lasciando una carezza leggera sul viso di mio figlio.
« Alexander. » commento, ancora persa a contemplare la meraviglia che ho messo al mondo qualche ora fa.
Così piccolo, troppo piccolo. So che tutto andrà per il meglio, il dottore me lo ha promesso! Non corre pericoli, deve solo avere tutto il tempo per crescere un po' di più, prima di poterlo portare a casa con noi.
« Car, sono qui! Non c'è bisogno di usare il mio nome intero! » commenta sarcastico, aprendosi in un mezzo sorriso che mi scioglie il cuore.
Inarco un sopracciglio, prima di scoppiare a ridere! Jack e Charlotte hanno capito e si stanno scambiando un'occhiata di intesa. Jack storce il naso per un po', tossicchiando, ma Alex è sempre più confuso.
« Alexander Jack Barakat. » soffio, notando il cambio d'espressione sul volto del chitarrista.
Da confusa, a scioccata, sempre più consapevole e imbarazzata.
Abbassa gli occhi su mio figlio, poi cerca lo sguardo di Jack e infine, il mio.
« Carrie, io- Sei sicura? » domanda cauto, deglutendo e stringendosi suo “nipote” al petto con fare protettivo.
Gli sorrido apertamente, spostandomi per prendere la mano di Jack.
« Bassam? »
« Secondo me è un nome da checca, ma c'è il secondo a dare virilità, perciò va bene! » risponde con una scrollata di spalle, facendo inarcare un sopracciglio incazzoso al suo migliore amico!
Charlotte scoppia a ridere, affiancando Alex per lasciare un bacio sulla fronte del piccolo Lex.
« Tuo padre è un idiota, ci farai l'abitudine! »
« HEY! »
La voce indignata di Jack mi regala un'altra risata. Poi sollevo il busto e sotto il suo sguardo confuso, lo trascino sul letto insieme a me, per baciarlo come avrei voluto fare da un mese. Da sempre.
Un bacio lento, passionale, uno di quelli che ti fanno venire la pelle d'oca al solo contatto. Poso il palmo della mano sinistra sulla sua guancia, staccandomi per guardarlo negli occhi.
« Wow » è il suo commento rotto dall'emozione, prima di riuscire a deglutire e a voltarsi, seguito da me.
In effetti, avevo la sensazione di essere fissata. A bocca aperta, Charlotte e Alex non si sono persi la scena, il secondo coprendo con fare teatrale gli occhi di mio figlio!
Ridacchio divertita, notando invece il piccolo combattere contro la mano di Alex, senza successo e con grande disappunto.
« Alex, non farlo piangere, ti prego! »
« Tra poco comunque verrà l'infermiera a portarlo via! »
Sembra sinceramente deluso alla prospettiva, ma poi, osservandolo di nuovo dall'alto del suo metro e 84, sorride ancora, addolcendo lo sguardo.
Sì, senza dubbio, non potevo scegliere nome migliore.
Un Alex ti salva la vita. L'altro, che hai messo al mondo tu stessa, diventa la tua vita. Non c'è nulla di più perfetto.


Jack


Sono padre!
La scelta del nome mi ha lasciato abbastanza confuso. Dovevo aspettarmelo, ma non provo gelosia, voglio bene ad Alex, amo Carrie e sono certo di poter crescere il piccolo Alexander al meglio. So di potercela fare! Jack, tu sei meglio di così.
Mia madre me lo ripeteva in continuazione, porterò mio figlio ad ogni cena in famiglia, gli insegnerò quello che è giusto, tentando di evitargli ogni errore che ho fatto io, ogni strada sbagliata, l'autodistruzione che mi porto dentro fin da adolescente. Ma adesso credo di potermene liberare, ora che ho qualcosa di più importante a cui badare.
E quindi sorrido con le lacrime agli occhi, prendendo in braccio mio figlio dal petto di Alex e accarezzandogli i fili neri sulla testa, sotto lo sguardo commosso della donna che ha permesso tutto questo.
Lei mi ha reso un uomo migliore. Lei non si è arresa, mi ha aspettato, ignorando ogni passo falso.
Qui cambia tutto, qui cambia il mondo! E io non mi muovo, resto in questa stanza, con la voglia di cambiare insieme a lui.


Alex


Le ha dato il mio nome.
Non posso ancora crederci. Dopo tutto quello che è successo, non ha pensato neppure un secondo di cambiare idea. Lo aveva già deciso, sapeva con esattezza come chiamare suo figlio. Il figlio di Jack, il bambino che guarderò crescere ogni giorno, diventare un uomo, grazie un po' anche a me.
Perché ci sarò sempre per lui, per suo padre, per la madre che lo ha amato fin dal primo momento che ha sentito il calcio premere sulla propria vescica.
Ad un bambino così speciale, voglio regalare la sua prima chitarra, aspettando che Jack gli insegni a suonarla. Nonostante tutto, questo è un privilegio che spetta a lui.
Ma io tirerò fuori i fogli insieme ad una penna, spiegandogli il valore dei sentimenti su carta.


Charlotte



Sono un po' invidiosa.
Amo Carrie, è una sorella per me. Eppure nonostante le mie bravate, ho sperato con tutto il cuore di riuscire a guadagnare tutto questo un giorno.
Ma ogni volta, inciampavo sull'uomo sbagliato. Mi stringo nelle spalle, sorridendo a lei, poi a Jack e, senza aver smesso neppure per un secondo di credere, soffermandomi sulla figura emozionata di Alex.
Dannatamente bello. In testa si accavalla il testo di “Walls”, che mi fa arrossire e distogliere in fretta lo sguardo, quando mi rendo conto dei suoi occhi confusi, pronti a cercare una risposta per il rossore sulle guance.
Dovrei dare una svolta alla mia vita, dovrei cominciare ad essere sincera. Mandare al diavolo questo orgoglio, trascinare Alex in un angolo appartato dell'ospedale e parlare come non ho mai fatto con nessuno. Il sesso nasconde bene i sentimenti, ma per quello, non c'è più spazio.
Adesso è arrivato il momento di mischiarlo a qualcosa di più forte.
Amore, Carrie?
È per questo che ti sei battuta, che hai sofferto e sei riuscita ad evitare gli sbagli di Jack, pronta ad assorbirli? Amore?
Fa un po' male, ma credo che sarò in grado di gestirlo.

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Capitolo 13
*** Chap. XIII - A modo tuo (Epilogo) ***


Chap. XIII - A modo tuo
(Epilogo)


Carrie




 

Sarà difficile diventar grande, prima che lo diventi anche tu
Tu che farai tutte quelle domande, io fingerò di saperne di più
Sarà difficile, ma sarà come deve essere
Metterò via i giochi, proverò a crescere

Sarà difficile chiederti scusa, per un mondo che è quel che è
Io nel mio piccolo tento qualcosa, ma cambiarlo è difficile
Sarà difficile, dire "Tanti auguri a te!"
A ogni compleanno, vai un po' più via da me

A modo tuo,
andrai a modo tuo
Camminerai e cadrai, ti alzerai, sempre a modo tuo
A modo tuo,
vedrai a modo tuo
Dondolerai, salterai, canterai, sempre a modo tuo

Sarà difficile vederti da dietro, sulla strada che imboccherai
Tutti i semafori, tutti i divieti
E le code che eviterai
Sarà difficile, mentre piano ti allontanerai
a cercar da solo quello che sarai.

Sarà difficile lasciarti al mondo e tenere un pezzetto per me
E nel bel mezzo de tuo girotondo, non poterti proteggere
Sarà difficile
Ma sarà fin troppo semplice
Mentre tu ti giri e continui a ridere.



La nostra nuova vita, riparte da qui.
Baltimora.
Città anonima, se non fosse per una band di qualche anno fa, che con tutto il coraggio del mondo, è partita per inseguire un sogno gigantesco.
Una marea di stagioni più tardi, sono ancora qui a godersi ogni attimo di quell'utopia. Tra tour in giro per il mondo, interviste, apparizioni TV, fans e risate.
Alexander cresce in fretta, ha tre anni adesso e riesce a trovare già quelle parole appena pronunciate, utili solo per fare domande.
« Da-da, mamma, dove? »
Sorrido, levandogli dalla bocca il manico di una chitarra nera, con i bordi arancioni e abbandonando momentaneamente la cena sul fuoco, sotto la supervisione maniacale di Charlotte.
New York è solo un ricordo.
Sopra alle scale che portano al piano superiore, l'enorme coniglio dei blink ci osserva dall'alto, con una smorfia ghignante che da sempre terrorizza il mio bambino!
Mi siedo, prendendo Alex tra le braccia e guardandolo ridere di gusto, per poi ficcarsi le piccole dita in bocca.
I pochi capelli neri come la pece, con il tempo, si sono trasformati in un ammasso ingestibile di fili informi, più chiari, ma fitti come la nebbia. Gli occhi, aperti al mondo, grandi e attenti. Vivaci, scuri di curiosità, insieme ad un misto di simpatia e una certa predisposizione a ficcarsi nei pasticci!
Assomiglia ogni giorno che passa di più al padre.
Scena adorabile, solitamente. Ammesso che il padre in questione, non sia Jack Barakat. Allora è un disastro!
« Tesoro, da-da dovrebbe tornare a momenti con lo zio Lex! » commento, posando il naso su quello un po' più piccolo – ma credo ancora per poco! - del mio bambino.
Mi appiccica i palmi delle mani sulle guance, sgambettando per raggiungere la chitarra.
« Sììì, zio A-ex zio A-ex! » batte le mani, liberandosi dalla presa e gattonando verso lo strumento. Roteando gli occhi al soffitto con un grande sorriso, lo lascio fare. Ci penserà Jack a fargli cambiare idea!
« A proposito » comincio, girando il busto per osservare la schiena ormai rigida di Charlotte, piegata per tagliare i pomodori.
« Come va con il grande Alexander? »
« Benissimo, perché? » rimbecca, mantenendosi sul vago.
Inarco un sopracciglio, alzandomi dal divano senza smettere di tenere mio figlio sotto stretto controllo. Come ho già detto, ne ha bisogno!
« È una settimana che non tocchi un goccio d'alcool, salvo il solito bicchiere di vino per cena. Nausee, giramenti di testa... asciugamani sporchi di vomito! Di un po', ti sembro stupida? » commento, incrociando le braccia al petto e poggiando il peso del corpo sullo stipite appena accentuato dell'open-space.
Si volta di scatto, minacciandomi con un mestolo sporco di sugo e di riflesso faccio un passo indietro, puntando le mani in avanti.
« Se provi a fare un fiato, ti sculaccio con questo! » ringhia di rimando, mordendosi un labbro.
Distrattamente, il pensiero di essere stata così spaventosa quando ero incinta mi sfiora, ma lo perdo appena la toppa della porta si gira con il classico rumore.
Alexander scatta in piedi, trotterellando verso l'entrata a braccia aperte.
« Da-da! »
Poi, la voce allegra di Jack riempie il salotto, facendomi sorridere.
« Esatto, campione! Da-da è Superman e ha appena avuto una nuova proposta discografica! Hey, amore, domani cena fuori, bisogna festeggiare! » quasi urla, sovrastando la risatina di nostro figlio e prendendolo in braccio subito dopo, per poi lanciare una veloce occhiata alla sua adorata chitarra, bloccandosi.
« Come mai la mia chitarra è sporca di gelatina? » domanda, storcendo il naso per poi entrare in cucina.
Lascia sedere Alex sul ripiano cottura, ignorando le occhiatacce di Charlotte e mantenendolo in equilibrio con le mani.
Sbuffo un sorriso.
« Perché il sogno di tuo figlio è diventare una rockstar! E a proposito di rockstar, dov'è Alex? »
« Zio A-ex! »
« Certo amore, zio Alex! E adesso papà ci dirà dove è andato, vero papà? » rincaro la dose, accarezzando i capelli del mio bambino e scoccando un'occhiata indagatrice a Jack, che di tutta risposta si massaggia il collo, sorridendo sghembo.
« Mi ha detto di avere delle cose da sbrigare, così l'ho accompagnato alla sua macchina, ma dovrebbe arrivare! » si giustifica, indicando la porta con un pollice.
Inarco un sopracciglio, spostando gli occhi su Charlotte.
Fa finta di niente, piegata per controllare il pollo nel forno. La conosco così bene, e conosco così bene Alex che c'è solo un nome ad affollarle la mente: Lisa.
Sospiro pesantemente, pronta al peggio, quando la porta si spalanca, rivelando un mazzo di rose meravigliosamente rosse, sopra a dei jeans stretti e degli stivaletti di cuoio marroncini.
Quei capelli non lasciano scampo. Tiro un calcio moderato a Charlotte per farla voltare.
« Okay! Okay, d'accordo! Va bene, avete vinto! Sono incinta! » proclama ironica – temo in preda ad una crisi ormonale – allargando le braccia per enfatizzare il concetto.
Io e Jack rimaniamo a bocca aperta, mentre il rumore di un mazzo di fiori che si infrange sul pavimento ci costringe a guardare in salotto. Alex se ne sta inerme, con gli occhi sgranati, incapace di muoversi.
« Complimenti, Charlotte, lo hai ucciso! » commento ironica, tentando di sdrammatizzare un po'. Almeno quel tanto che basta da ridare colorito ad Alex!
La mia migliore amica mi lancia un'occhiata di fuoco, poi prende coraggio e si avvicina al suo ragazzo.
« Amore? » comincia cauta, mordendosi il labbro inferiore.
Alex sembra acquisire un minimo di capacità cerebrale, perché si volta a guardarla boccheggiando, prima di deglutire con evidente fatica.
« S-Sei incinta? »
« Un po'! » minimizza sarcastica, indicandogli il quantitativo con due dita e aspettando la reazione che ne segue.
Il chitarrista si apre in un ghigno, prima di accovacciarsi per raccogliere una rosa da terra.
« Allora mi sa che queste non bastano, vero? » domanda retorico, posizionandone una sotto al naso di Charlotte.
In vita mia, non l'ho mai vista piangere, o peggio, emozionarsi! Vi assicuro che questo è un vero evento!
Lancio un'occhiata a Jack, prestando poi attenzione a mio figlio che incurante di ogni cosa, continua a sgambettare contro il ripiano, intento a mangiucchiare un biscotto.
« Alex io... non sapevo se dirtelo. Ho sempre una paura fottuta! Paura che ti possa richiamare Lisa, e tutto questo- » comincia, tirando su col naso.
Ma Alex la abbraccia di slancio, bloccando il resto della frase e continuando a stringere la rosa tra la mano che porta quello stesso colore rosso.
« È andata bene, no? »
Jack mi bisbiglia all'orecchio, spostandosi prima di venire richiamato dalle piccole dita di Alexander.
« Da-da? Ho fame! »
Ci scambiamo un'occhiata divertita, poi richiamiamo i due piccioncini ai fornelli con tutta l'intenzione di farci dare una mano!
« Zack e Rian? »
« In famiglia fino a domani, ma possiamo organizzare un barbecue per il fine settimana, che ve ne pare? »
Jack risponde così alla domanda di Charlotte, ficcandosi in bocca un pezzo di pane. Con la coda dell'occhio, osservo il piccolo Alex fare lo stesso e scuoto la testa sconsolata, prima di levargli dalla bocca quella fetta enorme!
Gliela spezzo in due bocconi più piccoli, porgendoglieli. Mi guarda ridendo per un po', poi si prende ciò che gli spetta, continuando ad imitare suo padre!
« Mi sembra una buona idea! Jack finiscila di appoggiarti al ripiano, o lo spacchi! » ringhio, cacciandolo malamente con un movimento a caso delle mani.
Sghignazza senza togliersi dalla bocca la fetta di pane.
« Ma Alex può! »
« Alex è un bambino di tre anni, Bassam! » è la risposta serafica del primo chitarrista.
Dall'altra parte dell'angolo cottura, se ne sta appoggiato al frigorifero, sgranocchiando patatine e lavando tutto il pavimento di briciole!
Ringhio in direzione del maggiore, che mi risponde inarcando un sopracciglio confuso.
« Che c'è? » bofonchia, la bocca ancora colma di cibo.
Non ho più la forza di dire altro! Mi lascio andare ad un lamento frustrato, posando la fronte sulla spalla di Charlotte e facendola ridere di gusto.
Per placare i nervi, mi avvicino a mio figlio, abbassandomi per osservarlo meglio.
Così piccolo, così sorridente e ignaro di ciò che gli aspetta in questa vita. Cadrai tante volte, Alexander, ma tuo papà e io saremo sempre lì, pronti ad acchiapparti al volo, per assicurarci che tu rimanga in piedi. Ancora una volta, sempre.
Potrai svegliarci nel cuore della notte, tornare da noi quando una ragazza ti spezzerà il cuore, farci arrabbiare scappando di casa compiuti i sedici anni, convinto di potercela fare da solo. Ma non sarà così e la porta rimarrà aperta ad ogni tuo ritorno. 
Non ci capiremo quasi mai, l'adolescenza è dura bambino mio. Ma ti prometto che farò del mio meglio, cercherò di rassicurare tuo papà quando perderà la pazienza, proverò a proteggerti a scuola da chi si proclamerà migliore di te, avvicinandoti solo per avere un po' di fama.
Arriverò a passo di marcia, quando qualcuno oserà farti del male. Ma dovrai imparare a combattere anche da solo, una volta cresciuto. Dai tutto quello che ti viene dato. Apprezza chi riesce a guardare oltre il tuo nome, e comincia a credere che un domani andrà meglio.
Perché andrà meglio, piccolo mio.
Il tuo cognome sarà difficile da portare e tu un giorno lo odierai. Poi mi odierai, per avertelo involontariamente donato. E tuo padre si arrabbierà, insultandoti. Lui è fatto così, lo capirai con gli anni. Ma lo amerai lo stesso. E sai perché?
Tutti amano Jack Barakat, amore! E tu sarai fiero di lui, lo userai per entrare gratis nei locali, per ubriacarti alle feste, persino per avere più ragazze di cui vantarti!
Non importerà qualsiasi colore deciderai di avere tra i capelli, quanti “Vaffanculo!” urlerai a pieni polmoni, ogni porta sbattuta con violenza, ogni grido di rabbia e frustrazione, e ancora i preservativi chiusi nel cassetto, le riviste porno... non importerà. Ai miei occhi, avrai sempre tre anni. Sarai il mio bambino per sempre e per questo, sarà mio compito proteggerti. Ti chiedo scusa adesso amore, per questo mondo orrendo. Però non smetterai mai di ridere, tuo padre ti avrà lasciato questo grande dono.
Nonostante tutti gli scivoloni che prenderai, ci sarà sempre un porto sicuro a cui attraccare. Sbaglierai, sbaglieremo, ma non smetteremo mai di provarci. Insieme.
E poi ti augurerò tutto l'amore del mondo, e lo troverai quando meno te lo aspetterai. Nello stesso posto che credevi ti fosse precluso. Dove io ho trovato il tuo papà. Sarà grande, ti farà paura, ma tu non mollare mai. Continua a camminare, io resterò qualche passo dietro di te in silenzio, ad assicurarmi di non vederti crollare per terra.
« A cosa stai pensando, piccola? »
La voce di Jack mi riporta in cucina. Scuoto piano la testa, tornando a guardare il viso sorridente di Alexander. Due occhi che promettono disastri, carichi di una voglia ancora sopita e pronti a spaccare il mondo.
Abbozzo un leggero sorriso, voltando la testa per perdermi in due pozze scure più grandi, ma dannatamente identiche.
« Solo... cose. » rispondo a bassa voce, issandomi in piedi e tornando al sugo per la cena.
Jack scrolla le spalle, prendendo in braccio il piccolo Alex e portandolo in salotto, con la promessa di fargli vedere quella chitarra da vicino e, con il tempo, di aiutarlo a conoscerla.
« Vedi, campione, è da qui che partono i sogni! »
Sorrido alla frase che si perde nell'aria, scambiandomi un'occhiata di intesa con Charlotte e una più profonda, legata ad un passato sofferto insieme poi riconquistato, con Alex.
Baltimora.
Tutto nasce da qui.



FIN.
*Josie's corner;
Siamo arrivati alla fine. Tredici capitoli più tardi, quasi mi commuovo per averla terminata! Quando mi affeziono ad una storia, finisce sempre così.
Beh, che dire?
La prima long di questo fandom. Spero vi sia piaciuta, io ringrazio tutti quelli che l'hanno recensita, messa tra le preferite, seguite, ricordate, bla bla bla... vi amo.
A presto,
Josie. 

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