The Harry Potter’s Forbidden Story

di Bumbix
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


prologo

The Harry Potter’s Forbidden Story

Disclaimer: Non posseggo ne il mondo di Harry Potter, ne quello di High School DxD, che appartengono invece ai rispettivi autori. Questa storia è  stata scritta senza fini di lucro.

Prologo

Area Boschiva nei pressi di Privet Drive, Surrey
Inghilterra, Regno Unito
15 Dicembre, 1988

Arrancava nel buio, con il corpo scosso dai tremiti e lo sguardo perso ed addolorato. Non aveva una meta, un posto dove andare, stava solo vagando nel bosco vicino casa alla ricerca di un cantuccio caldo dove passare quella fredda notte. Ed era colpa sua se si trovava lì. Colpa del suo piccolo corpo da mostro che l’aveva tradito ancora, colpa di tutto il male che risiedeva in lui e delle cose strambe che faceva capitare.

E di nuovo  inciampò mentre, per l’ennesima volta, il piccolo Harry Potter, di soli otto anni, cedeva alla stanchezza ed alla fame. Erano due giorni che non mangiava, due giorni senza cibo passati a fare le pulizie e sbrigare le faccende di casa. Era stanco, tremendamente stanco, ma sapeva per esperienza che non poteva fermarsi. Il suo corpo era debole, instabile, e se si fosse fermato, se si fosse arreso, allora avrebbe fatto la fine dei suoi orrendi genitori.

Sarebbe morto e nessuno lo avrebbe pianto, nessuno sarebbe stato in pena per lui. Forse sarebbe stata la cosa giusta da fare visti i presupposti, visti i tormenti e la fatica, ma nonostante tutto quell’istinto primordiale che non riusciva a mettere a tacere lo spingeva a vivere. E di nuovo tornò ad alzarsi, con le gambe che tremavano sotto il gracile corpo, che somigliava più a quello di un bambino di sei anni piuttosto che a quello di uno di otto.

I suoi capelli, che da sempre erano ribelli ed indomabili, ora giacevano flosci e privi di vita sulla sua testa. I suoi occhi, in genere di un vivace verde smeraldo, erano vitrei mentre riprendeva la marcia in quell’oscuro bosco. E come se questo non fosse sufficiente a dare un’idea della sua situazione, in dosso portava un lurido pigiama che appariva vecchio e sporco, come se fosse stato lavato troppe volte, ed usato come straccio in più di un’occasione. Era due volte più piccolo della sua taglia, e lasciava scoperte le bracca le gambe, esponendolo così all’ira degli elementi.

Erano queste le condizioni del piccolino che tornò a stringersi il petto, frizionandolo con le braccia per riscaldarsi, senza però riuscirci. Era già arrivato al punto da non sentirsi le punta delle dita, ma quella era la punizione che meritava. Lo sapeva, perché era stato suo Zio Vernon a dirglielo, nel momento in cui lo aveva sbattuto fuori di casa. I piccoli mostri, ma soprattutto gli ingrati, non meritavano un tetto sulla testa, ne un piatto caldo a tavola.

E lui era davvero un ingrato, questo lo sapeva, ne era certo, perché nella lettera a Babbo Natale  aveva avuto l’ardore di chiedere se non ci fosse stato qualcun altro, chiunque altro, pronto a prendersi cura di lui, a  trattarlo bene, come i Dursley trattavano bene il loro vero figlio Dudley, senza costringerlo a pulire, lavare e stirare, picchiandolo con la cinta se sbagliava qualcosa, anche solo di poco.

Il suo cuore perse un battito al ricordo, mentre si ostinava a non versare una lacrima. Voleva piangere, lo voleva davvero, ma tra le tante cose che aveva imparato durante la sua breve vita c’era la certezza assoluta che quel gesto non portava mai a nulla di buono. Era inutile piangere, dimenarsi e gridare, perché il più delle volte si finiva a sputare sangue, o a supplicare perché quel tormento finisse.  Il tormento di un braccio rotto, di una mano sul fuoco, della testa nella bacinella dell’acqua. Tutte cose che una volta gli capitavano spesso, anche troppo spesso, ma che da quando aveva imparato a comportarsi  bene avvenivano molto meno.

E in quel momento non andava poi troppo male, il freddo stava iniziando a passare, non sentiva più nemmeno il suo corpo,  il mondo stava diventando un amalgama di nero e buio. Non si rese nemmeno conto di essere caduto ancora e di stare guardando il fitto intrico di rami che coprivano il cielo. La sua mente era persa, stava per cedere al sonno nonostante fino ad ora lo avesse combattuto.  Spontanei sorsero i ricordi di un’altra vita, i ricordi di quando era ancora un infante, e non abitava con quella famiglia, ma con un’altra. Un sorriso su un volto contornato da capelli rossi, degli occhi castani dietro occhiali tondi trasparenti, ed una figura in ombra con un volto da serpente e spaventosi occhi vermigli.

L’immagine esplose nella sua mente e per un attimo ebbe paura, sapeva che stava per farlo ancora, stava per comportarsi da mostro e suo Zio lo avrebbe picchiato per questo, ma davanti a quegli occhi così spietati, ed a quella paura così intensa, non poté che lasciarsi andare.

Le gambe vennero tirate al petto e strette tra le braccia, il capo si seppellì sulle ginocchia e le palpebre si strinsero. Voleva solo che smettesse, voleva solo che la cosa che gli pulsava dentro, e che tanto lo aveva fatto soffrire si fermasse, e non fosse mai più. Voleva un’altra vita, un altro mondo, un’altra strada da seguire.

Voleva tutto ed il contrario di tutto, e come rispondendo a questo suo insensato desiderio, un fremito di magia attraversò l’aria, causando uno strappo nello spazio. Dall’altro lato di quello strappo venne un’oscura presenza, un potere senza fine che gli fece rizzare i capelli in testa. Due mani sbucarono dalla fessura, si aggrapparono ad essa, mentre qualcosa  veniva fuori.

Si aspettava un mostro, forse lo stesso mostro con gli occhi vermigli che aveva visto poco prima nei suoi ricordi, ma ciò che comparve di fronte a lui era qualcosa di molto più strano e senza logica. Si trattava di un uomo, anzi un ragazzo, che non poteva avere più di trent’anni. I suoi capelli erano cremisi, la sua aria nobile, e trasmetteva un immenso senso di potere. Eppure era tranquillo, svagato, con un sorriso sulle labbra.

Un sorriso che subito venne meno quando i suoi occhi videro il bambino raggomitolato in posizione fetale proprio davanti alla spaccatura. Per qualche istante i due si guardarono, il bambino spaventato e l’uomo sbigottito.

L’essere supremo, uno dei quattro Maou che reggevano l’inferno, era stato convocato da un bambino di non più di sei anni. La cosa era impossibile, perfino un mago adulto, ed in pieno possesso dei suoi poteri, avrebbe impiegato anni, se non decenni ad imparare le formule necessarie, senza contare che la sua anima sarebbe stata strappata e gettata nel Cocito come pagamento anche solo per aver tentato.

Invece il bambino era lì, in evidente stato di ipotermia, e non vi era nemmeno l’ombra di un sigillo o di un cerchio magico di convocazione. Questo fatto senza precedenti lo fece avanzare. Mosse il suo primo passo nel mondo umano da secoli, solo per vedere il piccolo esserino rifuggire da lui. Lo vide tentare di alzarsi, cadere, e poi iniziare a strisciare. Nonostante l’evidente paura però non piangeva.

Si sarebbe aspettato lacrime come minimo, invece il piccolo si limitò ad allontanarsi, mostrando una forza di volontà di cui non gli avrebbe dato atto. Questa cosa colpì l’essere supremo, che allora parlò al bambino.

“Sei tu che mi hai convocato, ed ora scappi da me?”.

La voce, che i più si aspetterebbero essere tetra e senza vita, era in realtà divertita e piena di compassione. I suoi passi si erano fermati, ed ora si limitava a guardare il piccolo Harry negli occhi, senza mostrare nulla di più del suo sorriso.

“Dimmi perché sono qui, forse posso aiutarti. Sai, sono un tipo potente io”.

Un occhiolino da parte dell’uomo, che si era chinato sulle ginocchia, per trovarsi alla sua stessa altezza, bastarono per interrompere la sua fuga. E fu quando i loro occhi si incrociarono di nuovo, che il Satanasso si mise ad esplorare le memorie del bambino. Non servirono parole tra loro, ne nessuno dei due disse altro per i minuti successivi. L’uno guardava e l’altro mostrava.

E così Sirzechs Lucifer del clan Gremory, conobbe la storia del bambino. Attraverso i suoi occhi vide gli abusi che aveva subito, e come mai nessuno fosse venuto in suo soccorso. Vide come questo lo aveva cambiato, costringendolo a crescere prima del tempo, a maturare, a chiudersi in se stesso, a dire basta alle lacrime ed alla vita. E nel cuore del demone nacque il desiderio di salvare quel bambino, di salvarlo da una vita fatta solo di dolore e paura, per portarlo in un futuro pieno di gioia e ricchezza.

Ma quando prese questa decisione, e si preparò a fare quanto necessario, scoprì che ben oltre quello che il bambino sapeva, c’erano altre forze in gioco. Quando sollevò la mano sul ragazzo, per aiutarlo a rimettersi in piedi, vide una fitta rete di incantesimi e maledizioni che scorrevano nel suo sangue e nel suo corpo. Incantesimi di protezioni, rituali di sangue, rimasugli di oscure presenze, e più di tutto un contratto vincolante che lo legava ad un dato posto.

Inarcò un sopracciglio, continuando a spolverargli il pigiama, trasmettendogli  allo stesso tempo parte del suo potere per farlo smettere di tremare e fermare l’ipotermia. Alla fine estrasse da una tasca un oggetto, che pose tra le sue mani.

“Harry…” ora che aveva visto la sua vita tramite i suoi occhi, conosceva tutto del bambino, compreso il suo nome. “… io posso salvarti. Posso portarti via di qui, ora, e prometterti che non dovrai più rimetterci piede, ma quello che ti offro non è senza prezzo. Dentro di te sento un enorme potere, un potere che un bambino non dovrebbe avere, e che rivaleggia con quello dei più grandi della tua stirpe. Io posso amplificare quel potere, e rompere quasi tutti i legami con la tua vita, ma per farlo… per farlo tu dovrai morire…”

Le parole del demone erano tristi, mentre il bambino schiudeva la mano, rivelando l’oggetto che Lucifer vi aveva riposto. Un pezzo degli scacchi, per la precisione un alfiere scarlatto, era quello che il bambino stringeva in pugno. Il suo sguardo dubbioso, eroso da anni di soprusi e finte gentilezze. Aveva visto quando i suoi finti-genitori gli avevano offerto dei doni, solo per poi romperli davanti a lui, quando lo avevano curato, solo per poi picchiarlo ancora. Sapeva che era una scelta difficile, se non impossibile per lui, ma voleva credere che avrebbe accettato. Che avrebbe accettato, diventando parte della sua famiglia, come suo servo.

“Dopo che sarò morto… diventerò come te?”

Queste erano le prime parole che gli sentiva pronunciare, e rivelarono ancora quanto grande fosse il suo potere. Per quanto avesse nascosto la sua natura, e sopito i suoi poteri, lui li aveva avvertiti comunque, ma non ne sembrava spaventato. Al contrario, una strana luce aveva preso ad animargli gli occhi.

“Diventerai come me, si, ma passeranno anni prima che tu possa controllarti e diventare davvero forte. Fino ad allora vivrai insieme alla mia famiglia, nel castello che noi abbiamo negli Inferi. Io ti farò crescere, e ti istruirò, preparandoti al tuo destino, in modo che nessuno, mai più, possa farti quanto ti hanno già fatto.”

Ora la voce del demone aveva assunto un tono duro. La presa sulle spalle di Harry si era fatta più forte, più protettiva, quasi volesse difenderlo anche a costo della vita. E questo, più di ogni altra cosa, spinse il ragazzo ad accettare. Facendo un passo indietro, e spostando gli occhi di lato, distolse il suo sguardo da quello della creatura che aveva evocato, annuendo un’unica volta.

“Nulla di quello c-che mi aspetta, può essere peggio di questo…”

Nascondeva la sua paura dietro frasi coraggiose, ma nonostante questo il suo corpo tremava.

“Quindi accetti? Farò in modo che sia una cosa rapida, promesso.”

“Sì, accetto.”

Il patto fu siglato, e nel momento in cui il bambino parlò, una sfera di un’ardente di colore cremisi, gli attraverso il cuore. Il potere della distruzione, che aveva reso grande  Sirzechs Lucifer tra i demoni, facendolo diventare uno dei quattro signori dell’Inferno, aveva lasciato un buco nel petto di Harry, che barcollò stupito per un attimo, prima di crollare al suolo. Esanime.

“Ora risorgi come mio Alfiere Harry Potter, risorgi e ritorna al mondo come mio servo e mio Demone Custode.” Il pezzo degli scacchi ancora tra le mani del bambino, risplendette per un attimo di un’intensa luce bianca, levitando lentamente verso il suo cuore, ormai assente. Li prese dimora, ricostruendo e reintegrando quanto era andato distrutto, fino a che il cambiamento non fu definitivo. Della sua umanità  non era rimasto nulla.

All’altro capo del Regno Unito, in un’antica scuola di magia, un vecchio sobbalzò nel sonno, conscio che il destino del mondo era cambiato.

Il giorno seguente, per quanto cercassero, non fu trovata alcuna traccia di Harry Potter, ne in Inghilterra, ne altrove nel resto del mondo. Tutto ciò che rimaneva della casa che lo ospitava, era un cratere fumante, ed i racconti deliranti di alcuni passanti che parlano di un’intesa luce. Una luce cremisi.

*******************

Palazzo Gremory, Mondo Sotterraneo
Sei mesi più tardi

Lo sguardo di Harry vagò irrequieto, alternandosi dal basso delle sue nuove scarpe lucide al finestrino della carrozza che lo stava trasportando. Aldilà del vetro, a poche centinaia di metri di distanza, si erigeva un enorme castello medievale, circondato da cinta murarie ed enormi fossati. L’ansia prese a crescere nel piccolo corpo del bambino, mentre questo cercava di regolare la respirazione per mettere a tacere quelle emozioni.

Erano passati sei mesi, sei mesi da quando aveva abbandonato la casa dei suoi zii, sei mesi da quando era morto e risorto come demone, sei mesi da quando era stato preso sotto l’ala protettiva di Lucifer e condotto nel mondo sotterraneo. Durante questo lasso di tempo, la sua vita era cambiata radicalmente, infatti, sebbene si aspettasse di passare dall’asservimento alla sua famiglia all’asservimento nei confronti del suo ‘Re’, quello che si era ritrovato a vivere era qualcosa di totalmente diverso. Non una volta gli era stato dato un ordine, non una volta era stato punito, e non una volta era stato emarginato. Al contrario, era circondato da servitori che gli sorridevano e soddisfacevano  ogni suoi bisogno, quasi fosse un principe o qualcosa del genere.

Davanti ai suoi dubbi ed alle sue domande, il Maou gli spiegò che lui era sì, un suo servitore, ma faceva parte di una cerchia ristretta che prendeva ordini solo e soltanto da lui e che quindi non si sarebbe mai dovuto preoccupare di nulla perché sarebbe venuto il tempo in cui gli avrebbe trovato qualcosa da fare. Fino ad allora poteva svagarsi e divertirsi, a patto che non mettesse la sua vita in pericolo.

Gli ci vollero quasi tre mesi perché si abituasse ai cambiamenti della sua nuova vita, ma alla fine vi riuscì. La prima cosa che fece fu quella di farsi portare una televisione in camera, in modo da poterla guardare quanto voleva, senza dover badare a nessuno. Guardò tutti i programmi televisivi che sapeva piacevano a suo cugino Dudley, più altri film che avevano catturato il suo interesse. Da lì, Harry iniziò ad interessarsi ai videogiochi, ottenendo presto una sua console ed una montagna di giochi. Pur non essendovi ossessionato come alcuni, sfruttò molto l’apparecchio, quasi cercasse di recuperare il tempo perduto.

Tuttavia, dopo sei mesi, anche questo aveva perso il suo fascino, Harry si ritrovò nuovamente solo. Il Castello di Lucifer, pur essendo molto grande, non aveva al suo interno molte persone. Non vi era quasi nessuno della sua età, e la maggioranza del totale faceva parte dell’esercito personale del Maou. Alla fine prese a girovagare senza meta, senza nulla da fare e senza voler davvero fare nulla. Da qui l’idea di fargli visitare il castello di famiglia, lì dove il clan Gremory risiedeva, e dove avrebbe potuto incontrare persone nuove e fare amicizia.

Certo, l’idea non era sua, anzi non sapeva nemmeno chi avesse concepito un piano simile, l’unica cosa che gli era stata detta era di salire in carrozza per andare a far visita ai parenti del suo ‘Re’, e che al castello di famiglia avrebbe avuto modo di conoscere una bambina che aveva la sua stessa età, con la quale avrebbe certamente legato.

Il suo nervosismo era dovuto a questo. All’incontro con i parenti del suo padrone, all’incontro con la bambina ed ai giudizi che loro avrebbe avuto di lui. Gli era stato spiegato più volte che le sue capacità erano dovuto alla magia, e non all’essere un mostro, ma nonostante questo ancora cercava di reprimere il suo potere per evitare di trasformare accidentalmente i capelli di qualcuno o dar fuoco a qualcosa. Era certo che non sarebbe piaciuto a nessuno se avesse iniziato a fare cose del genere.

Infine Harry, quasi senza accorgersene, si ritrovò a seguire i suoi servi/guardie, salendo a piedi verso il castello vero e proprio. La carrozza era stata parcheggiata a poche decine di metri dall’ingresso, ed un’enorme scalinata in marmo bianco portava ad un portone in ossidiana. Di fronte al portone, in piedi quasi lo stessero aspettando, si trovavano tutti i membri di casa Gremory, più i loro servitori.

Nel mucchio risaltava enormemente il padrone di casa, che condivideva con il figlio il colore cremisi di capelli, e la donna al suo fianco, una bellissima ragazza dai capelli biondi che poteva essere sua figlia. Un passo dietro di loro, quasi fosse in attesa di ordini, si trovava una cameriera con lunghi capelli argentei, ordinatamente legati in una stretta crocchia, che le dava un’aria severa, ma regale. La sua compostezza era però rovinata dall’enorme ventre gonfio, al quale rivolgeva regolarmente uno sguardo, poggiandovi di tanto in tanto una mano sopra.

Inchinandosi goffamente, come gli era stato insegnato dieci minuti prima di lasciare la residenza di Lucifer, Harry parlò. “Lord e Lady Gremory, grazie per avermi accolto nella vostra casa. Il mio nome è Harry Potter, e sono l’alfiere di Sirzechs Lucifer, vostro figlio. P-Per favore prendetevi cura di me.”

Al sentire il suo nome, i demoni sgranarono gli occhi per lo stupore, venendo a patti con l’evidenza che l’eroe del mondo magico, conosciuto per fama pure nel mondo demoniaco, era rinato come uno di loro sotto il vassallaggio di loro figlio.

Harry era famoso per essere sopravvissuto alla maledizione che uccide, evento mai avvenuto prima e che aveva scosso nel profondo pure il mondo Sotterraneo. La maledizione che uccide era uno dei trucchi peggiori che il Dio della Bibbia aveva creato, in quanto era utilizzabile da qualsiasi mago, e nessuno poteva sopravvivere una volta colpito.

Lo stupore dei presenti  fu però interrotto da una voce carina proveniente da dietro di loro.

“Lo sei davvero?!” Un vortice di capelli rossi uscì allo scoperto da dietro la gonna tutti fronzoli della madre, posizionandosi proprio di fronte ad Harry, che batte le palpebre in stato di shock. “Sei davvero Harry Potter?!”

Harry fece un passo indietro mentre studiava la bambina di fronte a lui. Lei era una ragazza carina che aveva all’incirca la sua età, come tutti i membri della famiglia aveva i capelli cremisi, e gli occhi azzurro-verdi. Indossava un abito casual, che nonostante tutto sembrava essere più costoso di qualsiasi cosa Harry avesse mai visto, ciò dimostrava l’agio della famiglia alla quale apparteneva. Nonostante avesse ancora otto anni, era facile intuire che crescendo sarebbe divenuta una donna alla quale sarebbe stato difficile resistere, soprattutto visto e considerata la somiglianza con la madre, la quale differiva solo per il colore dei capelli.

Harry si accorse di tutto questo con un solo sguardo, mentre leggermente intimidito si preparava a rispondere. “Uhm… si. Almeno questo è il mio nome. Sirzechs Lucifer mi ha parlato della mia storia, e di come sono davvero morti i miei genitori, ma non mi ricordo molto di quello che successe allora. Mi dispiace.”

Harry era stato sconvolto per non dire peggio, quando gli era stata detta la verità sull’omicidio dei suoi genitori, e sulle circostanze che lo coinvolgevano. Era ancora troppo piccolo per capire tutto ciò che riguardava la guerra e l’uomo che li ha uccisi, Voldemort, tuttavia lui sapeva che se non fosse già morto, sarebbe stata la missione della sua vita porre fine alla sua esistenza, nel modo più brutale possibile. Era colpa sua se lui era vissuto senza l’affetto di una famiglia, se aveva subito soprusi e angherie da parte degli zii e se era infine morto, solo per risorgere come demone. Non era dispiaciuto della sua nuova condizione, ma sapeva di non poter essere mai più un bambino normale.

Gli occhi di Rias brillarono mentre lo guardava insistentemente. Lei aveva letto tutte le storie su Harry Potter, al punto da conoscere meglio il ragazzo di molti membri della sua famiglia. Era sbigottita nel sapere che il bambino era diventato un demone, che era stato asservito da suo fratello, e che ora, proprio ora, si trovava davanti a lei, in carne ed ossa. Nelle sue fantasie loro andavano in giro per il mondo cercando città perdute e combattendo i draghi, lui era un nobile come lei, e le professava amore eterno ogni tre per due.

I diavoli adulti sorrisero all’eccitazione della piccola, prima di scambiarsi degli sguardi d’intesa, annuendo rapidamente. “Rias? Perché non porti Harry a fare un giro per il castello? Sono sicuro che è molto ansioso di vedere il posto.”

A parlare fu il Lord Gremory, il padre del suo padrone, che differiva da questo solo dall’aspetto più maturo, quasi fosse un uomo di mezz’età.

Rias sorrise luminosa, mentre iniziava a trascinare via Harry, che sconcertato la ascoltava parlare a razzo di cose che non poteva nemmeno capire. Gli adulti li guardarono allontanarsi con un sorriso in volto, prima di tornare dentro iniziando a discutere dei nuovi avvenimenti.

Nemmeno Grayfia Lucifuge, la donna vestita da cameriera con i capelli argentei, che era anche la moglie e ‘Regina’ di Lucifer, sapeva nulla dell’asservimento di Harry Potter. Il Maou aveva tenuto la notizia riservata, facendo in modo che nessuno all’infuori della sua cerchia più ristretta ne sapesse nulla.

“Sai…” disse Grayfia con un sorriso inquietante. “Potresti anche smettere di fare l’asociale, e parlare con noi, invece di nasconderti.”

L’aria dietro l’angolo della stanza iniziò a rifulgere d’oro, rivelando il Maou in persona, leggermente sorpreso per essere stato beccato. Il suo sguardo era stupito, l’espressione penitente, mentre osservava la moglie avvicinarsi con quel suo enorme pancione, e l’aria terribilmente assassina.

“Nemmeno un messaggio! Non ti fai sentire per mesi, mi abbandoni alla porta dei tuoi genitori, lasciandomi credere che stai svolgendo il tuo lavoro come pilastro che regge l’inferno, e poi scopro che vai in giro a rendere tuoi schiavi i pezzi grossi dell’umanità?!”

L’aria iniziò a tremare, un’enorme aura prese a scuotersi dalle spalle della donna, mentre questa puntava un dito verso suo marito, il suo ‘Re’. “Muori un milione di volte!”

Ne segui un lampo ed il tuono di un’esplosione, che fece saltare in aria parte delle mura esterne della sala. A dispetto degli avvenimenti, nessuno sembrava allarmato o sorpreso, nemmeno il Maou che giaceva steso al suolo, completamente annerito, ma senza un graffio.

“L-L’ho fatto per te amore mio. Harry non si è ancora ambientato nel mondo dei demoni, e penso che spiegargli tutto ed iniziarlo ad addestrarlo avrebbe solo peggiorato le cose. Volevo dargli tempo per mettersi a suo agio.. e tu.. ehm… tu non sei proprio l’ideale… per mettere a proprio agio qualcuno..”

La voce venne fuori esitante dal Signore dei Demoni, che nonostante la sua carica, temeva più di qualsiasi cosa il giudizio della moglie, e le sue orrende punizioni. Un secondo scoppiò accompagnò il primo, facendo crollare un’altra frazione di muro.

La regina in vesti di cameriera, voltò le spalle al marito ed al resto dei presenti, allontanandosi dall’ingresso del palazzo.

Dall’altra parte del castello, dove i boati e le esplosioni erano solo tenui botti, un povero Harry  veniva trascinato in giro come una bambola di pezza da un’esaltata Rias, che senza mai fermarsi per respirare, aveva iniziato a spiegargli come sapesse tutto di lui, come avesse sognato che avrebbero combattuto insieme, che loro si sarebbero sposati, che lui sarebbe stato felice, e che nulla poteva cambiare tutto ciò.

“Allora, cosa ne pensi?! Era destino che io ti incontrarsi, tu da ora in poi sei solo mio, nessuno può averti se non me!”

Il sorriso della bambina era contagioso, e se ci fosse stato chiunque altro al posto di Harry, sarebbe stato solo contento di ricevere tutte quelle attenzioni. Lui tuttavia si sentiva a disagio, non abituato a nulla di tutto questo, e soprattutto non abituato a lei. Sorridendo timidamente, provò un’altra volta a tirare via la sua mano dalla stretta mortale della ragazza, ma questa poteva essere incastrata in una trappola per orsi, per quanti risultati ottenne.

“Ehm… Io.. non lo so.”

In un lampo, il sorriso di Rias scomparve, mentre la bambina si portava le mani al petto, rilasciando finalmente la sua preda. La sua espressione ora era triste, sebbene cercasse ancora di sorridere.

“Tu… devi pensare che io sia strana. Non ho molti amici, tutti mi trattano come… una principessa. E nessuno vuole giocare con me, non sul serio.”

Gli occhi di lei iniziarono a bordarsi di lacrime, e la tensione di lui iniziò a crescere. Non voleva farla piangere! Non sapeva nemmeno come aveva fatto, ma evidentemente aveva sbagliato ancora una volta!

“Nemmeno io… ho amici. Cioè, non ne ho nessuno. Nella mia casa… quella di prima, non avevo nessuno con cui giocare nemmeno io. Non è… non è una cosa strana.”

Gli occhi della bambina si riaccesero mentre questa  li strofinava cercando di ricacciare indietro le lacrime. “B-Bè, allora posso essere io la tua prima amica no?”

Le sue parole erano lente, senza la giovialità che le aveva caratterizzate fino a quel momento, quasi come se ora si sentisse più in imbarazzo di quando gli aveva detto che si sarebbero sposati. Ma Harry non fece caso a nulla di tutto questo, la sua mente era ancora bloccata, paralizzata dall’incredulità delle sue parole. Lei voleva essere sua amica.

Lei gli aveva chiesto di essere suo amico.

Una sensazione di calore riempì il petto di Harry, mentre anche lui iniziava a reprimere il forte impulso di piangere. Non aveva pianto quando era stato picchiato, quando era morto, e non avrebbe pianto ora. Ma sebbene la sua volontà fosse forte, il suo corpo era debole, e non poté sostenere lo sguardo della bambina per un minuto di più.

“S-Stai bene?”

L’aveva fatta di nuovo preoccupare, la sua voce era un tremito di emozioni trattenute e non le aveva nemmeno risposto quando gli aveva proposto di diventare la sua prima amica. Strofinandosi con forza gli occhi, sarebbe tornato a guardarla, con le guance rosse, come possono essere rosse solo le guance di un bambino alla sua prima cotta.

"S-Sto bene, Rias," assicurò Harry felicemente. "Sono solo felice ... davvero felice di averti conosciuto."

Rias arrossì come lui, ed il suo sorriso smagliante si ripristinò, come se non fosse mai stato cancellato. Un sorriso che Harry avrebbe ricordato per sempre, come il sorriso più bello del mondo.

Da quel momento, Harry giurò a se stesso, che avrebbe fatto qualsiasi cosa per assicurarsi che lei continuasse a sorridere in quel modo.

 

*******************

Nel frattempo ad Hogwarts, Regno Unito

Erano passati sei mesi dalla presunta morte del Salvatore. Sei mesi da quando la sua Traccia era svanita ed il suo nome cancellato dagli elenchi del Ministero, sei mesi da quando agli occhi del mondo il venerando Albus Silente, era diventato niente di più di un rimbambito che aveva lasciato le sorti del Bambino Sopravvissuto in mano a degli sporchi babbani, ed ancora, nonostante i sei mesi, nulla era cambiato.

Albus Silente, Preside di Hogwarts, era ancora convinto fino al midollo, che il suo pupillo, la sua arma finale contro Voldemort, fosse ancora viva. La realtà dei fatti, come Minerva sapeva fin troppo bene, era che Harry era morto, ed a nulla servivano le frasi fiduciose di Silente, il suo pensiero positivo, o la sua testardaggine. Era impossibile che la traccia venisse rimossa da un minorenne se questo era ancora in vita, e cosa altrettanto impossibile era far scattare gli allarmi di Hogwarts per errore come era successo la notte dell’attacco alla casa dei suoi zii.

Tamponandosi gli occhi con un fazzoletto ricamato, l’anziana strega sarebbe rimasta immobile, osservando la senilità del preside avanzare. I suoi vaneggiamenti si facevano più irrealistici ogni volta che l’uomo si confidava con lei, e man mano che il tempo passava anche i suoi atteggiamenti peggioravano. Secondo Severus, che era rimasto addolorato e scioccato dalla morte del figlio di Lily, il vecchio stregone stava attraversando una cosa che i babbani chiamavano ‘Fase del Cordoglio’, che sarebbe dovuta molto peggiorare prima di poter migliorare.

La cosa più triste però, era dovuta al fatto che il vecchio fosse sconvolto, non perché fosse affezionato al bambino, che aveva visto solo un paio di volte in vita sua, ma perché tutti i suoi piani, che erano retti dalla sola presenza di Harry, erano infine crollati come un castello di carte, lasciandolo con niente di più che le sue forze in declino.

Alla fine, la donna, facendosi forza, interruppe il discorso del preside, reprimendo a forza un singhiozzo che minacciava di uscire. “Albus… ti prego, basta.” La sua voce era addolorata, in parte per la perdita dell’ultimo dei Potter, in parte per l’evidente declino del suo vecchio amico, ormai ridotto all’ombra di quello che era un tempo.

“Tu non capisci Minerva! Lui è vivo, so che è vivo! Chiunque lo abbia rapito, ha fatto in modo di rompere ogni incantesimo o maledizione che avevo gettato su di lui, ma non ha potuto rompere questo! Questo è il contratto vincolante che i suoi genitori hanno firmato alla sua nascita! È la sua iscrizione Minerva, l’iscrizione di Harry ad Hogwarts!”

Gli occhi del vecchio erano stralunati, i suoi occhiali a mezzaluna gli pendevano storti sul viso, mentre continuava a sventolare davanti agli occhi della strega un foglio consunto e malandato, che sembrava averne attraversata di ogni, ma su cui era ancora visibile il nome di Harry scritto con inchiostro sempiterno.

“Albus, non c’è alcuna documentazione sul fatto che il nome degli iscritti venga cancellato dal castello se questi muoiono, queste sono solo congetture! Come quello che mi hai detto due giorni fa, e cioè che Harry era stato rapito da un demone con i capelli scarlatti e portato negli inferi. Sono secoli che nessuno usa più quel tipo di magia Albus! Nessuno fa più contratti con demoni od angeli ad eccezione delle guardie di Azkaban!”

La voce di Minerva divenne più acuta, mentre il vecchio mago riprendeva a camminare avanti ed indietro nel suo studio, verificando ed attivando diversi dei suoi gingilli, che iniziarono ad emettere fumo e cigolare.

“Questo è l’ultimo tassello Minerva,  non capisci? Se riuscirò ad imporre altri incantesimi su questo contratto, se riuscirò a rafforzare questo legame con Harry, lui sarà costretto a tornare per sconfiggere Voldemort! Devo farlo Minerva, io devo… devo…”

I suoi occhi divennero lentamente opachi, mentre la forza lo abbandonava. Per un attimo barcollò sul posto, arrivando quasi sul punto di cadere, ma con un gesto della bacchetta la donna riuscì a sorreggerlo, evitando il peggio.

“Albus… guarda come ti sei ridotto… sono settimane che non dormi, ti nutri solo di quelle orrende pozioni che cucini nel tuo laboratorio, e che Merlino solo sa che effetto avranno su di te a lungo termine. Devi smetterla, devi riposare…”

La sua voce era lacrimevole, mentre faceva levitare il Supremo Pezzo Grosso fin dentro la sua camera. “Non opporti Albus… riposa…” Lentamente lo mise al letto, lo coprì con un lenzuolo, lasciando solo il viso pallido e sporco di fuliggine scoperto.

“Lui tornerà… io lo farò tornare… io… lo farò…”

I suoi vaneggiamenti ripresero anche nel sonno, mentre la donna si allontanava ora, singhiozzando silenziosamente.

Una catastrofe era piombata su Hogwarts il giorno della morte di Harry Potter. Una catastrofe che pareva essere solo all’inizio.

**************

NdA: Per chi già mi conosce non ho bisogno di presentazioni, per gli altri io sono Bumbix, 23 anni, autore di questa storia. L’idea per scriverla mi è venuta rileggendo le light novel su High School DxD, ed immaginando come questo universo si sarebbe fuso con quello ideato dalla Rowling. Alle mie spalle ho avuto un grande supporto, fatto da amici e conoscenti che hanno letto e betato, rendendo tutto questo possibile. Indi per cui un sentito ringraziamento per l’aiuto va ad IpseDixit, Pamaras, Minus e LadyRiddle, senza il cui supporto non sarei arrivato fin dove sono arrivato. Come notizia generale, sappiate che la storia è già a buon punto, ho scritto già 6 capitoli, di 10/15 pagine l’uno, che coprono quasi l’intero primo anno ad Hogwarts e prevedo di sfornare ogni settimana almeno un altro paio di capitoli, in modo da avere sempre da pubblicare. Per ovvi motivi, non pubblicherò tutto insieme, ma ogni domenica, alle 20:00, avrete un capitolo nuovo. Per i primi anni di scuola i capitoli saranno pochi ed accorpati in modo tale da poter correre velocemente tra le tappe dell’adolescenza, più in là invece il loro numero aumenterà in modo da chiarire le sempre maggiori differenze rispetto al testo originale. Sperando che questo prologo sia stato di vostro gradimento, vi lascio alla vostra recensione… Che mi lascerete sicuramente… vero?! xD
Scherzi a parte, alla prossima domenica!

Vostro Bumbix

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


2

The Harry Potter’s Forbidden Story

Disclaimer: Non posseggo ne il mondo di Harry Potter, ne quello di High School DxD, che appartengono invece ai rispettivi autori. Questa storia è stata scritta senza fini di lucro.

Capitolo 1

Area d'Allenamento – Palazzo Gremory
Mondo Sotterraneo
06 Dicembre, 1989

Le mani di Harry si mossero, un cerchio magico apparve sotto i piedi del Maou, che immediatamente fu circondato da fiamme turbolente di un rosso acceso. Il sudore colava incessante dalla fronte del bambino, mentre questo concentrava la propria forza nell’esecuzione dell’incantesimo, senza pensare ad altro se non alla sua riuscita.

Era ormai passato un anno, un intero anno da quando la sua vita era cambiata, ed insieme alla sua vita anche lui era cambiato. Non era più il gracile nanerottolo, che tutti gli abitanti di Little Whinging ricordavano, ma era cresciuto e si era irrobustito, aveva recuperato tutto il peso perso, e sotto lo stretto allenamento del suo ‘Re’ aveva iniziato a controllare la sua magia.

Il suo corpo ormai era quello di un normalissimo bambino della sua età, con folti capelli neri indomabili, ed uno sguardo di uno smeraldo così intenso da abbagliare. Nulla nel suo aspetto lasciava intendere degli abusi che avesse subito, ed anzi era diventato arzillo ed inarrestabile come la bambina che ormai lo accompagnava dappertutto, compresa la sala d’allenamento posta tre livelli sotto il castello del Maou Lucifer.

Forza Harry!”

Rias gridò un incoraggiamento, cosa che anziché aiutare Harry, fece vacillare per un secondo la sua concentrazione. Aveva letto di quella gabbia incatenante di fuoco solo qualche minuto prima dell’allenamento, e senza mai averla provata prima, aveva tentato di eseguirla contro il suo Master con l'unico scopo di impressionare l’amica.

Con il venir meno della sua concentrazione però, le fiamme che circondavano il Demone Supremo si affievolirono, dando modo a quest’ultimo di scappare dalla trappola. L’incantesimo aveva richiesto una quantità enorme di potere, e non riuscendo ancora a controllarsi pienamente, Harry si ritrovava ora in una situazione difficile. Il suo ‘Re’ era libero di agire, senza un solo graffio in corpo, e neanche l’ombra di una scottatura, lui invece era sfinito. Il guaio era che avevano appena incominciato.

Lucifer fece un passò in avanti, disegnando una parabola con la punta delle dita. Immediatamente un’onda d’urto gigantesca prese a sfregiare il terreno dell’arena, dirigendosi verso Harry a velocità folle.

Schivala Harry.” Il suo Master gli diede quel suggerimento dall’altro lato del campo, mentre ancora la sua forza distruttrice si avvicinava. “Ti conviene schivarla, non riuscirai mai a bloccare un attacco del genere.” La sua espressione era severa, indecifrabile, mentre osservava il piccolo mago erigere velocemente un set di barriere difensive. A distanza di sei mesi da quando aveva iniziato ad allenarlo, non era ancora riuscito ad insegnargli il rispetto e l’umiltà.

Il piccolo mago era forte, molto forte, aveva capacità eccezionali ed una memoria quasi eidetica, ma combatteva ogni volta come una bestia impazzita. Riusciva a ragionare solo per i primi due o tre scambi di incantesimi, lasciandosi poi trasportare dall’impeto e dall’ira. I suoi attacchi diventavano incredibili, le sue schivate prodigiose, ma nonostante tutto la cosa non lo faceva diventare più forte, al contrario lo indeboliva.

Contro un avversario di basso livello, questo stile dissennato avrebbe probabilmente portato alla vittoria, ma contro qualcuno d forte, molto forte, le cose sarebbero andate diversamente. Infatti la maggiore debolezza di un Harry in questo stato, era che disperdeva il suo potere in quantità industriali, finendo spompato e senza forze nel giro di un minuto. Sarebbe quindi bastato chiudersi in difesa fino a che il piccolino non fosse stato esausto, e poi farlo fuori non appena si fosse accasciato al suolo.

Sospirando vide l’onda d’urto, uno dei suoi attacchi più banali, colpire il set di barriere difensive del suo Alfiere, spazzandole via come se queste non ci fossero, arrivando a colpire infine Harry stesso, che vide il suo braccio portato via dall’attacco. Muscoli, ossa e sangue si mischiarono in un amalgama che ora imbrattava il muro, lasciando solo un Harry agonizzante steso a terra.

Eppure ancora non piangeva. Vomitava bile ed urlava, ma non una lacrima aveva mai lasciato i suoi occhi nel corso di un anno. Questa era la cosa forse più spaventosa del ragazzo, che oltre tutte le apparenze, mostrava ancora quanto l’influenza dei suoi vecchi tutori pesasse su di lui.

Dopo aver spostato lo sguardo verso la piccola sorellina, che sembrava orripilata e scioccata da quanto accaduto, il Maou si mosse rapidamente arrivando di fianco all’Alfiere. Con un semplice incantesimo ricompose il braccio strappato via, versando poi alcune lacrime di fenice sulla ferita, che subito incominciò a rinsaldarsi al corpo del ragazzino.

Harry… mi sai spiegare perché non ti sei spostato? Ci saranno volte in cui ti sarà impossibile bloccare un attacco, ed in quei casi non devi per forza restare in piedi. Usa la testa, schiva l’attacco, scappa e nasconditi se devi. Tu sei un Alfiere, non una Torre e neanche un Cavaliere, non è compito tuo essere in prima linea e subire gli attacchi.”

Le parole del Maou erano vere, ed Harry lo sapeva bene. Era da quando aveva iniziato a studiare l’Inferno e le sue caratteristiche che aveva capito che in uno scontro tra squadre il suo compito era supportare ed aiutare i suoi compagni, senza però entrare nello scontro diretto.

Nell’attuale Inferno, infatti, per placare le dispute e mettere un freno al fervore che attanagliava i demoni, erano stati creati scontri amichevoli chiamati Raiting Games. In vista di questi giochi, ogni demone di Alta Classe o Demone Supremo, otteneva da parte del concilio dei demoni, un set di scacchi composto da sedici pezzi. Pezzi che potevano essere usati per reincarnare essere umani o mostri in demoni (come era successo ad Harry), oppure che potevano essere usati su normali demoni per ampliare le loro capacità.

In tutto si avevano otto pedoni, due alfieri, due torri, due cavalieri, una regina ed un re.

  • Il Re veniva incarnato dal demone che entrava in possesso dei pezzi demoniaci, e non aveva alcuna caratteristica particolare rispetto agli altri pezzi, che invece si caratterizzavano e distinguevano a seconda di cosa essi rappresentavano;

  • Il Cavaliere era dotato di forza e velocità straordinarie, però peccava di difesa, cosa che lo rendeva estremamente vulnerabile agli attacchi avversari;

  • La Torre combinava una forza ed una difesa mostruose, peccando però in velocità, cosa che gli rendeva difficile o quasi impossibile, schivare un attacco;

  • L’Alfiere era il supporto, usava i suoi attacchi a distanza contro gli avversari, o aiutava gli alleati ristabilendo la loro salute: questo era il compito di Harry;

  • La Regina era il pezzo più forte della scacchiera, e combinava i poteri di torre, alfiere e cavaliere. Questo pezzo era incarnato dalla moglie del Maou, che aveva di recente dato alla luce un erede dai capelli cremisi;

  • Ed infine vi era il pedone, il pezzo con la minore importanza, che però nascondeva un’abilità speciale, la promozione, che gli permetteva di poter raggiungere ed eguagliare le caratteristiche di un altro pezzo a sua scelta.

Poi ovviamente c’erano interi libri di strategie, che distinguevano i vari tipi di gioco, suddividendo ancora ogni pezzo a seconda delle qualità del possessore. Harry aveva letto anche quelli, ma senza attenzione, arrivando a capire che il suo ruolo era quella di supporto a distanza, tramite attacchi a ripetizione. Per questo stava cercando di specializzarsi sempre di più in quell’area, non riuscendo tuttavia a reprimere il suo istinto che lo portava sempre in prima linea.

Una volta che il suo braccio fu rimesso a posto, Harry torno a sentire il mondo, uscendo da quella cappa opaca di dolore che rendeva tutto strano e confuso. Per qualche istante ebbe ancora il fiatone, poi lentamente iniziò a riprendersi, riuscendo a regolare il battito del suo cuore. Su di lui, con le lacrime agli occhi, giaceva una piccola Rias sconvolta.

Le aveva promesso una spettacolo indimenticabile, in cui avrebbe dato fondo a tutte le tue abilità, e a parte il fatto che ha perso in meno di dieci secondi, l’aveva accontentata. Era sicuro infatti, che la scena di lui che veniva colpito, e del suo braccio fatto a pezzi, l'avrebbero tormentata per molto tempo. Il senso di colpa iniziò a dilagare, mentre facendosi forza il bambino si rimetteva in piedi.

Le sue gambe tremavano, e solo lo sforzo per quella semplice azione rischiava di farlo svenire, ma nonostante tutto si fece forza, esibendosi in un caldo sorriso. “Rias, sei sempre una piagnucolona. Guardami, sto bene… tuo fratello ci è andato piano con me.”

La giovane Gremory ancora singhiozzava, arrivando a stringerlo in un umido abbraccio. Il ragazzo tornò ad arrossire, ma più lei lo stringeva, più sembrava calmarsi, dunque la lasciò fare, lanciando uno sguardo supplichevole al suo master, che ora sembrava ridersela per la commedia romantica in atto tra i due bambini.

Harry, sai che se vorrai sposare Rias dovrai prima battere me?” Il suo tono di voce era allegro, molto scherzoso, ma a quanto pare l’ironia non era stata colta dalle bella Rias, che al contrario seppellì il suo sguardo nel petto di Harry, dichiarando a gran voce.

Allora lui ti batterà!”

La frase lasciò stupefatto il demone supremo, e fece barcollare una volta di più Harry, che quasi cadde al suolo per l’emozione.

Ah, non voglio vedere la mia sorellina piangere. Per oggi finiamola qui Harry, ci vediamo domani alla stessa ora, e cerca di usare di più la testa, altrimenti te la stacco, ok?”

Harry sorrise, annuendo alle parole del Maou, che di rimando gli fece un occhiolino lasciandoli da soli.

Si, la sua vita era ancora piena di dolore, il più delle volte causato dalla stessa persona che lo aveva salvato, ma ogni giorno che viveva nel mondo dei demoni, era un giorno che non avrebbe mai voluto dimenticare.

*************

Laboratorio di Mephisto Pheles

I passi del Maou erano leggeri ed eleganti, mentre superava una dopo l’altra le varie porte e corridoi dell’enorme castello. Il suo sguardo però, a differenza della sua andatura, era teso, pregno di preoccupazione. Lo aveva avvertito di nuovo, quel contratto vincolante che non era riuscito a spezzare quando Harry era risorto. Quel contratto a cui non aveva dato inizialmente importanza, che aveva pensato di lasciar perdere perché ridicolamente debole, e che ora stava diventando sempre più forte.

Così forte da poter essere avvertito al tatto sulla pelle del bambino, che ignaro di tutto continuava a vivere la sua nuova vita da demone. Per un attimo Lucifer si fermò, trasse un sospiro, estraendo dalla casacca la foto di un neonato. Quello era suo figlio, il suo piccolo figlio nato da solo qualche mese, che lui stesso amava più della sua stessa vita.

Solo vedendo quell’immagine, il cuore del Maou iniziò a placarsi, mentre l'uomo iniziava ad organizzare le sue prossime mosse. Per quanto forte fosse, e per quanto si fosse guadagnato il titolo di Pilastro dell’Inferno, le sue conoscenze riguardo la magia erano estremamente limitate. Non poteva fare più di quanto avesse già fatto per Harry, e rivolgersi a qualche altro era forse la cosa migliore.

Ora sorgeva spontanea la domanda, a chi si sarebbe dovuto rivolgere? Ad Ajuka Beelzebub, suo amico e rivale da una vita, che aveva inventato il sistema dei Raiting Games ed i pezzi degli scacchi demoniaci? Oppure a qualcuno di ancora più ferrato, che invece di tecnologia e poteri demoniaci usasse la stessa magia di cui Harry era fornito?

Alla fine si decise, muovendo i suoi passi verso la sala principale della residenza, entrò nel cerchio di teletrasporto per la casa di Mephisto Phelles, il vecchio demone che era in circolazione da millenni e che da quando aveva fatto un patto con Georg Faust, viveva nel mondo umano. Anche dopo la morte di Faust, il demone aveva deciso di rimanere lì, specializzandosi nella magia umana, arrivando al punto da ricoprire la carica di Stregone Capo del Concilio dei Maghi.

La sua casa tuttavia, o meglio il suo laboratorio, era tutt’altro che regale, come ci si aspetterebbe da qualcuno con la sua carica. Era un rimasuglio di calderoni e libri strappati, con librerei stracolme di tomi di magia, e creature strane e deformi poste in ogni dove. La maggior parte di queste erano morte o già putrefatte, ma alcune ancora si muovevano rantolando aiuto.

Non era il massimo della bontà e della compassione Mephisto, per questo pure tra i demoni era guardato con scetticismo e repulsione. La situazione, per averlo portato fino a questo punto, doveva essergli davvero sfuggita di mano.

Coprendosi il naso con un fazzoletto ricamato, per non respirare l’odore di putrefazione e morte che aleggiava nella sala, Lucifer si mise alla ricerca del vecchio stregone, arrancando in quella discarica di magia che era grande quasi quanto due stadi da calcio messi insieme. Ovviamente Mephisto sapeva del suo arrivo, non avrebbe mai potuto teletrasportarsi così vicino a lui senza il suo consenso, ma era risaputo che chiunque cercasse il suo aiuto, non doveva certo aspettarsi la sua ospitalità.

Dopo quasi un’ora di ricerca all’interno della sala, finalmente in lontananza comparve la luce di un fuoco azzurro, e vicino ad essa una forma all’apparenza umana. Si trattava proprio dell’antico demone, che come suo solito stava passando il tempo a cucinare e cuocere pozioni per i suoi esperimenti sulla magia.

Non appena fu a portata d’orecchio, il Maou si preparò a parlare, ma l’altro demone lo interruppe senza dargli nemmeno modo di cominciare.

E così sei finalmente venuto Sirzechs Lucifer, del clan Gremory, primo pilastro che regge l’inferno e signore della distruzione.”

Il vecchio si rivelò alzando il suo corpo antico dalla pila di fumo che si levava del calderone, mostrando il suo aspetto, eccentrico perfino per un demone che poteva decidere come mostrarsi in qualunque occasione. Aveva capelli blu, con profonde striature rosse, ed occhi eterocromatici, il destro rosso ed il sinistro blu. Tolto questo somigliava in tutto e per tutto ad un uomo di mezz’età, che indossava una banale e logora tunica grigia da mago.

Ti stavo aspettando fin da quando hai fatto reincarnare il giovane Harry Potter in un demone. Sapevo che presto o tardi saresti venuto da me, soprattutto visto e considerato quello che sta avvenendo nell’Inghilterra Magica.”

L’interesse del Maou si risvegliò, non appena comprese che Mephisto era già al corrente di quanto lo crucciava. Non si preoccupò di scoprire come il demone avesse avuto notizie che teneva segrete perfino a sua moglie, sarebbe solo stata un’inutile perdita di tempo.

Cosa succede in Inghilterra? Non ho tenuto d’occhio il mondo umano da quando Harry è venuto in questo mondo…” la voce di Lucifer era mortificata, quasi si scusasse con l’altro per la sua disattenzione a qualcosa che in effetti avrebbe dovuto fare. Ma Mephisto non colse l’aria di scuse intorno al Maou, e continuò semplicemente a mescolare la sua pozione, dando di tanto in tanto un’annusata o un assaggio.

Sei sempre stato un tipo sciatto, poco attento ai dettagli, sebbene tu sia un esperto di tipo Tecnica, a volte hai la soglia di attenzione di un pesce rosso…” un sorriso, ed un attimo di silenzio, seguirono le parole del demone, uno dei pochi che si potesse permettere di parlare a Lucifer così. “… ma del resto è solo grazie a te se posso godermi i miei esperimenti senza dover rendere conto alla Gilda dei Maghi di quello che faccio, quindi per questa volta ti aiuterò, mettendo ordine nei tuoi pensieri. Per prima cosa, sappi che Harry Potter dovrà tornare nel mondo umano tra meno di due anni.”

L’espressione del Maou divenne stupita, mentre questo cercava di razionalizzare quanto gli era stato detto. “Ho promesso al bambino che non avrei più permesso che gli facessero del male. Non è ancora pronto per tornare tra quelli della sua razza, e non lo sarà nemmeno tra due anni. Non posso permettere che accada.”

L’anziano stregone, che era sia un demone che un mago, sollevò il suo sguardo dalla sostanza bluastra nel suo calderone. “Sono meno di due anni Lucifer, e purtroppo è qualcosa che non puoi impedire. Ci sono forze che si sono mobilitate perché ciò accada, e nemmeno tutta la potenza dell’inferno potrà impedire alla magia ancora attiva sul ragazzo di ucciderlo se non sarà ad Hogwarts il primo settembre 1991. Albus Silente ha fatto in modo che ciò accada, ed è tuo compito solo prepararlo al suo destino. “

Albus Silente…” gli occhi del ‘Re’ si oscurarono mentre riportava alla mente le notizie frammentarie che aveva sul mago più potente dell’ultimo secolo. “… è stato lui a legare Harry a quel contratto? È colpa sua se dovrà tornare ancora una volta in quel mondo?!” Il tono di voce iniziò ad alzarsi, così come l’aria intorno a lui iniziò a fremere di potere demoniaco.

Calmati bambino, rischierai di mandare a male la mia pozione con i tuoi influssi demoniaci.” L’espressione di Mephisto si era indurita, ma le sue parole erano tranquille come quelle di qualche istante prima. “Per fartela breve si, è tutta colpa sua. L’incantesimo che lega Harry ad Hogwarts è un rimasuglio di magia vecchia di un millennio, è attiva su qualsiasi mago sia iscritto alla scuola fin dalla nascita, ma in genere ha l’unico compito di ricordare al mago il suo impegno nel caso qualcosa fosse cambiato dal momento della sua nascita, e lui non fosse più a conoscenza della sua natura. Tuttavia per Harry le cose sono diverse, Silente ha recentemente sviluppato un nuovo sistema di barriere intorno alla scuola, delle barriere che servono a tener lontani noi demoni troppo potenti, e che al contempo rinforzano il legame di Harry con la scuola. Con questo tasso di crescita, e supponendo che la scuola non sarà distrutta da qui a due anni, Harry sarà così legato alla scuola che il solo non frequentarla gli causerà morte istantanea.”

Il furore prese possesso di Sirzechs Lucifer. Quel mago, quel dannato vecchio mago, aveva scoperto il suo gioco ed ora lo costringeva ad accettare le sue regole, non lasciandogli altra scelta che mandare Harry ad Hogwarts. Il palmo del Mou si sollevò, una sfera di potere cremisi, grande quanto un pallone da spiaggia prese vita, dirigendosi e colpendo il lato opposto della sala.

L’esplosione fu pazzesca, metà delle cose di Mephisto furono disintegrate, senza lasciare più traccia, facendo volare e carbonizzando il resto. Eppure, nonostante questo, il demone-mago era tranquillo. Sul suo volto c’era solo un’espressione di rassegnazione.

Sapevo sarebbe finita così. Ho fatto bene a spostarci in una dimensione alternativa per quest’incontro, almeno ti ho evitato di mandare in fumo il mio vero laboratorio e di dovermi ripagare per questo…” Presto i contorni della stanza iniziarono a sfumare, riducendo il paesaggio ad una massa grigia ed informe.

Dimensione Alternativa. Come ci si aspettava da uno dei candidati alla carica di Beelzebub.” Il Satanasso sorrise, con un sorriso allegro, mentre tornava a reprimere le sue emozioni. Se gli rimanevano solo due anni, doveva dare il massimo per allenare il bambino, anche a costo di doverlo riattaccare pezzo a pezzo dopo ogni allenamento. “Grazie grande Mephisto, prima di andare ho un’ultima richiesta. Puoi creare un piano d’allenamento per il bambino che lo porti a sviluppare e controllare la sua magia interna? Purtroppo credo sarà necessario se voglio mandarlo da solo nella base del nemico…”

Mephisto per la prima volta sorrise alle parole di Lucifer. “Oh, ma non sarà solo. Le carte non mentono, la tua sorellina ed altre due ragazze, accompagneranno Harry ad Hogwarts. Una è la figlia di un angelo caduto, l’altra la sorella di Youkai Nekomata traditrice, che ucciderà il suo padrone a breve. Lascia che il destino faccia il suo corso Lucifer, queste compagne saranno più importanti per Harry di qualsiasi allenamento.”

Con queste parole anche il vecchio iniziò a sfumare. L’eco di ciò che aveva detto, riecheggiava ancora nelle orecchie del Maou, mentre questo rimaneva impassibile difronte al collasso di quella realtà.

Un cerchio di teletrasporto si attivo all’ultimo istante, portandolo al sicuro.

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Ufficio di Minerva McGrannit – Hogwarts
Regno Unito
10 Dicembre, 1989

Albus Silente, pazzo scalmanato o uomo distrutto? La verità oltre le finzioni e le bugie.
Di Rita Skitter

Miei accaniti lettori, è ormai un anno che la notizia della morte del giovane eroe, Harry Potter, ha attraversato come un fulmine a ciel sereno il mondo magico, e ad un anno ancora non si sa nulla riguardo quegli scabrosi eventi, che sembrano essere accaduti la notte del 15 Dicembre1988 al n. 4 di Privet Drive, Little Whinging.

Abbiamo già riportato in diversi articoli precedenti alcune delle teorie più deliranti e dei fatti più comprovati, e siamo qui oggi per raccontare un’altra storia. La storia di un uomo a cui era stata affidata la vita del bambino-sopravvissuto e che è quindi responsabile della morte di quest’ultimo. Ovviamente stiamo parlando dell’Ex-Supremo Pezzo Grosso, ed ex-Direttore della Confederazione Internazionale dei Maghi, Albus Percival Wulfric Brian Silente.

Di notizie su Silente ormai ne girano a bizzeffe, ovunque e chiunque sa della sua demenza, che sta lentamente prendendo il sopravvento, e delle dubbie arti che sta praticando in quella che una volta era una rispettosa Scuola di Magia, ma dove finisce la verità ed iniziano le frottole?

La vostra Report d’Assalto, grazie ai suoi agganci ed i suoi informatori, è oggi qui per rispondere a questa domanda, portandovi a fare un giro nelle profondità della tana del Bianconiglio, svelando così quali sono gli scheletri nell’armadio del vecchio babbione, che la maggior parte dei suoi ammiratori hanno tentato di tenere nascosti. Prima di tutto partiamo con le basi certe, le notizie che sono di pubblico dominio e che nessuno potrà mai negare in nessun modo.

Albus Silente, ha arbitrariamente sottratto Harry Potter dai resti della sua casa a Godric's Hollow, la notte del 31 Ottobre 1981, senza il consenso dell’allora Ministro della Magia, commettendo quindi reato di rapimento di minore.

La notizia è stata resa pubblica all’inizio dell’anno, a causa della sempre maggiore pressione che l’opinione pubblica imprimeva nei confronti del vecchio citrullo, che da dentro al suo castello non si è preso la briga ne di confermare, ne di negare la notizia, mentre l’ex ministro dell’epoca, ha portato avanti prove concrete e veritiere a supporto delle sue parole, dando quindi atto ad un primo smacco all’armatura scintillante del vecchio eroe.

Sono passati ormai troppi anni perché l’accusa abbia un qualche valore legale, ma la notizia è costata al vegliardo la sua carica come Supremo Pezzo Grosso ed ha fatto pendere l’opinione pubblica verso quella parte dell’alta società purosangue, che da sempre cerca di far cadere Silente dal suo piedistallo, riportando il suo ego tronfio ad un livello umanamente accettabile.

Ma questa è stata solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso, sono tante le notizie succose che ne sono seguite. Dalla segregazione della sua giovane sorellina, misteriosamente deceduta sotto la tutela del suo vanesio fratello, alla stretta amicizia che lo legava a Gellert Grindelwald, successivamente sconfitto dallo stesso Albus in uno scontro che ormai i più ritengono solo un montaggio.

Tutto il potere e l’influenza di Silente sono lentamente scivolati via dalla sua stretta ferrea, lasciando l’anziano mago con niente di più del controllo della scuola di magia e stregoneria di Hogwarts, che ora i più vorrebbero togliergli.

Ed è qui che interviene la brillante Me, che ha per voi uno scoop relativo proprio alla suddetta scuola, infatti questo bel pezzo di strega è stata in grado di confermare una delle notizie più discusse del momento, e cioè l’uso di magia nera da parte del preside durante l’anno accademico, a discapito degli stessi studenti.

Fonti interne alla scuola hanno infatti rivelato che durante le vacanze estive, numerosi Spezza Incantesimi, sono stati visti aggirarsi nei dintorni del castello, e grazie alle sue grandi capacità investigative, la vostra reporter è riuscita a trovare prove schiaccianti che il preside, e questi mercenari, stessero radicalmente cambiando il sistema di barriere intorno all’antico edificio, che di per se rappresenta un enorme pezzo di storia per l’intera Gran Bretagna Magica.

Le prove consistevano in diverse pagine di appunti scritte in una lingua arcaica, ed una mappa del nuovo sistema di barriere, che è purtroppo già attivo e si è rivelato impossibile da spezzare. La cosa più inquietante è che questo enorme sistema è concentrato all’unico scopo di alimentare un incantesimo che solo il preside conosce, e richiede come fonte d’energia la forza degli studenti stessi, che durante le lezioni più soporifere e meno impegnative, vedono la loro energia vitale drenata, dal complesso sistema di rune ed intagli, diffusi per tutta la scuola.

Ridicolmente, dal consiglio dei Governatori, che ha il compito di monitorare ogni accadimento all’interno della fortezza, sono state accampate scuse come la non conoscenza dei fatti in corso, e la possibilità che queste nuove barriere siano incentrate per la difesa stessa degli studenti, contro pericolo sconosciuti.

Ma naturalmente non finisce qui. Sentendo odore di scoop e non vedendo l’ora di mostrare a voi lettori tutta la verità, l’incantevole me, non poteva certo fermarsi solo a questo. Armata solo del mio coraggio, e della mia astuzia, sono riuscita ad intrufolarmi all’interno della scuola, venendo a conoscenza di fatti ancora più inquietanti.

Nascosta all’interno dell’infermeria, ho ascoltato personalmente un discorso tra l’infermiera della scuola, Madama Pomfrey e l’insegnante di trasfigurazione, nonché Vicepreside, Minerva McGranitt. Al centro del discorso c’erano le sempre peggiori condizioni di salute sia fisica che mentale del preside, e la preoccupazione per le sue azioni sempre più sconsiderate. Leggendo tra le righe, ho intuito senza ombra di dubbio, che dietro questi comportamenti insoliti della cariatide, via sia un enorme senso di colpa per la morte del giovane Harry Potter, cosa che ha spinto il Preside ha negare con forza l’evidenza dei fatti, e l’ha portato molto oltre quella che è la soglia della magia moralmente accettata.

Sonnambulismo, deliri, psicosi e vaneggi, sono all’ordine del giorno per Albus Silente, che è ormai giunto al limite di quanto possa umanamente sopportare.

Resta solo da chiedersi quanto ancora la focena avrà il controllo della scuola, e quanto ancora dovranno sopportare i genitori degli studenti iscritti prima di dover ritirare i propri figli con la forza, servendosi di fonti di istruzione alternative per poterli crescere.

Si spera che il Ministero, ed il consiglio dei Governatori, faccia qualcosa in merito agli eventi da me dimostrati, portando di nuovo lustro alla comunità magica ed alla scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.

Sono invece smentite le voci secondo cui Silente vada a dormire con il cappello parlante, abusando di lui in modi che nemmeno i fondatori avrebbe mai immaginato.

[-Gli Appunti riguardo gli incantesimi intorno alla scuola a Pagina 8.
-L’intervista ad uno dei Governatori da Pagina 9 a Pagina 11
-Il nuovo sistema di Barriere, che è stato stampato solo in parte per motivi di sicurezza, a pagina 12]

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Ad Hogwarts il mondo era in declino. Lettere su lettere continuavano ad arrivare da genitori in protesta, ed ogni giorno di più si avvicinava il momento in cui Albus sarebbe stato cacciato. Ormai nessuno era più in grado di proteggerlo, nemmeno i suoi più potenti sostenitori, che davanti all’articolo di quell’arpia della Skeeter, avevano dovuto abbassare le armi ed ammettere gli errori del loro paladino.

Le mani di Minerva si contrassero, il suo viso mostrava segni precoci di invecchiamento, mentre la donna appallottolava l’articolo di giornale incenerendolo con un colpo della bacchetta. Nemmeno lei capiva le azioni del suo mentore, nemmeno lei sapeva più come giustificarlo o rimetterlo al posto. Albus era impazzito, completamente e totalmente, e lo dimostravano le sue ultime e pericolose azioni.

Cambiare gli schemi di barriere, ricorrere a magia nera ed a set di rune in disuso da secoli. Nemmeno il più folle dei maghi avrebbe mai fatto qualcosa del genere, ed il tutto per motivi apparentemente sconosciuti. Alla fine la donna mise da parte questi pensieri, iniziando a correggere i compiti dei suoi studenti del terzo anno.

A discapito di quanto stesse accadendo, quella era ancora una scuola di Magia, e lei aveva ancora dei doveri come docente. Si aggrappò a questa convinzione, a quest’ultimo barlume di certezza nella sua vita, ignorando l’ora tarda ed il sonno pesante che minacciava di sopraffarla. Lentamente, quasi non volesse nemmeno giungere alla fine di quell’incombenza, iniziò a spuntare in rosso le varie risposte sbagliate.

Una alla volta, con metodica precisione.

È in quel momento che accadde. Le fiamme del suo camino si accesero, ma anziché colorarsi del solito verde scoppiettante, divennero nere. L’oscurità si allargo spegnendo la fiaccola sul muro e la lampada sulla scrivania della professoressa, lasciando la stanza nel buio più totale.

Si sentiva solo il suono del suo respiro ed il crepitio delle braci, fino a che qualcosa non si materializzò fuori dalle fiamme. Dei passi misurati, impercettibili. Minerva, che era un gran bel pezzo di strega con una bacchetta in mano, era già in piedi tenendo sotto il tiro il nuovo arrivato.

Data l’oscurità non riusciva ancora a vederlo, ma se l’uomo era riuscito a passare attraverso le protezioni del castello, arrivando al punto da rinchiuderla nel suo stesso studio senza alcuna possibilità di chiamare aiuto, allora doveva essere qualcuno di straordinariamente potente.

Ad un battito di mani le luci tornarono ad accendersi, l’aria si riempi di calore, ed un uomo con i capelli cremisi fece la sua comparsa. “La prego di abbassare la bacchetta, sono qui per negoziare e non voglio dover ricorrere alla violenza se possibile.” Le parole dell’uomo erano tranquille, mentre ispezionava l’ufficio della professoressa con vago interesse. Le sue mani sfogliarono qualche libro, raccolsero alcuni dei compiti caduti in terra, dando modo all’uomo di leggerne qualche riga. Alla fine ci fu solo un sospiro, mentre questo riponeva le carte sul ripiano in legno della scrivania, prendendo poi posto ad una delle poltrone dall’altro lato.

Minerva era ancora lì, tesa e sbigottita, con la bacchetta alzata e puntata contro il capo dell’uomo. “Chi è lei?! Come ha fatto ad arrivare qui?!” I suoi occhi erano fessure, la sua voce ferma, la postura decisa. Aveva affrontato guerre e combattuto decine di maghi insieme ad i suoi alleati. In più di un’occasione aveva perfino incrociato la bacchetta con Voldemort, anche se c’era sempre Albus con lei quando ciò accadeva. Non aveva certo paura del primo pallone gonfiato che faceva irruzione nella sua scuola. No di certo. Non lei.

La farò breve, sono qui per vedere Albus Silente. Il suo ufficio è inaccessibile perfino per me, dunque dovrà condurmi da lui con mezzi più… ordinari.” Con un gesto indicò la porta, che senza alcuna esitazione si spalancò. Eppure non aveva usato alcuna bacchetta, ne aveva avvertito alcuno impulso magico provenire da lui. “Sono qui per parlare delle sue sconsiderate azioni, e del pericolo in cui sta mettendo il mio servo. Non accetterò un no come risposta Minerva, dunque la prego di avviarsi”

L’aura intorno allo straniero era nobile, forse apparteneva a qualche antica casata purosangue, eppure in lui vi era un carisma simile a quello che Silente possedeva nel massimo del suo potere. Cercò di ricordare se lo aveva già visto, se mai avesse sentito parlare di qualcuno come lui, capace di fare irruzione ad Hogwarts senza troppi problemi, ed usare la magia in Merlino solo sa che modo, ma non le venne nulla.

Alla fine l’anziana strega capitolò, ed abbassò la sua bacchetta. “Può almeno dirmi il suo nome, e chi è lo studente in pericolo? È contro lo statuto di protezione dei minorenni magici avere un servitore in età scolastica…” La sua voce era tornata stanca, spossata, come se ormai fosse rassegnata al susseguirsi di azioni bizzarre grazie al comportamento del suo preside.

Come vuole, mi chiamo Sirzechs Lucifer e sono qui per proteggere non uno studente della scuola, ma un ragazzino che raccolsi dalla strada un anno fa, ed al quale diedi nuova vita. Ovviamente sto parlando di lui, di Harry James Potter.”

La donna sbiancò, le sue mani si contrassero, mentre avvertiva il suo cuore perdere un battito.

Harry Potter… è vivo?”

Si lo è, ma è meglio che il suo preside fermi le sue azioni scellerate o non lo sarà ancora per molto.”

Il mondo divenne bianco mentre perdeva i sensi. Anche l'ultima delle sue certezze era crollata.

******************

NdA: Rieccoci, puntuali come un orologio svizzero, e pronti per un altro capitolo. Come avrete sicuramente notato questo è un capitolo di raccordo, in cui cerco di far luce su alcune conseguenze della partenza di Harry. Da una parte abbiamo il piccolo demone che cerca di adattarsi alla sua nuova vita, con tutti i pregi ed i difetti della stessa, dall'altra la volontà dissennata di Albus Silente di riavere indietro il suo eroe. Qualcuno noterà, con ragione, che tendo ad oscurare il mio Albus Silente nelle storie in cui questo compare, ed a loro non posso rispondere con un: Si, lo odio, è uno sporco manipolatore bastardo. Tolto questo ho cercato di rendere la dinamica degli scacchi demoniaci chiara anche a chi non conosce Highschool DxD, questo perchè a parte le caratteristiche specifiche dei vari pezzi, più in là vedremo degli scontri fra diverse squadre demoniache, e senza una premessa sarebbe difficile spiegare tutto. Come ultima nota a margine, ringrazio tutti per le recensioni del primo capitolo e spero che questo capitolo vi piaccia come il precedente! Alla prossima domenica, sempre 20:00!!!
Vostro
Bumbix

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


capitolo 2

The Harry Potter’s Forbidden Story

Disclaimer: Non posseggo ne il mondo di Harry Potter, ne quello di High School DxD, che appartengono invece ai rispettivi autori. Questa storia è stata scritta senza fini di lucro.

Capitolo 2

Diagon Alley – Londra
Inghilterra
31 Luglio 1991

Il cuore di Harry batté rapidamente mentre attendeva. Attendeva con trepidazione, mista ad eccitazione e paura, che un'anziana strega venisse a prenderlo  all'ingresso del Paiolo Magico per portarlo con lei a fare spese in quello che gli era stato spiegato essere un viale di negozi. Durante gli anni passati all'Inferno, gli era capitato raramente di poter tornare nel mondo umano, ed il più delle volte le sue mete erano posti esotici come il Giappone o la Corea, questa era la prima volta che tornava in Inghilterra, nel mondo che lo amava e che lo aveva portato alla morte.

Come se questo non bastasse a motivare la sua agitazione, da qualche parte, nella periferia della città, c'era la sua vecchia casa. La casa che aveva abbandonato, ma per la quale provava sentimenti contrastanti. Non avrebbe mai dimenticato le botte e le violenze subite, ma da qualche parte dentro di lui, c'era qualcosa di simile alla nostalgia. Forse per una vita che sarebbe potuta essere diversa, forse per una vita che non avrebbe  mai conosciuto, forse per una vendetta che non potrà mai ottenere... questo non lo sapeva, poteva solo provare queste emozioni mentre il corpo si abbandonava ad un lento sospiro.

I suoi occhi si guardarono intorno per quella che era la decima volta, mentre Harry controllava che il suo camuffamento ancora reggesse. Le mani corsero sulla fronte, percorrendo il bordo della famosa cicatrice, costatando che questa era ancora invisibile sotto lo strato di magia che vi aveva intessuto sopra. Non era ancora pronto per un'uscita pubblica, ne era pronto a tornare, ma gli era stato spiegato che purtroppo questo era qualcosa sul quale non avrebbe potuto negoziare. Albus Silente, il mago che dirigeva Hogwarts, aveva accettato di distogliere la sua attenzione dalla cattura del bambino-sopravvissuto, a patto che questo andasse a scuola quando fosse giunto il momento. In cambio il Maou aveva ottenuto di far iscrivere anche sua sorella e le sue due nuove amiche a scuola con lui.

Tuttavia ora era solo. Infatti un'altra richiesta del preside era stata che Harry fosse affidato alle sue cure per l'acquisto del materiale necessario alla scuola e che il 1° Settembre prendesse il treno insieme a tutti gli altri bambini. Per il primo dei due compiti doveva essere completamente solo, per l'altro poteva portarsi tranquillamente dietro le altre bambine iscritte alla scuola di magia. Rias non era stata contenta quando aveva scoperto di questo, aveva fatto salti mortali per convincere i genitori ad iscriverla ad Hogwarts nonostante questa fosse una scuola per maghi nel mondo umano, ed alla fine aveva perso l'occasione di andare a fare shopping con il suo Harry.

Di nuovo il bambino-sopravvissuto sospirò, passandosi una mano tra gli indomabili capelli quasi per riflesso. In quel momento una voce calda lo raggiunse dalle sue spalle.

“Anche tuo padre si scompigliava i capelli in quel modo.”

Harry si voltò, il suo sguardo incontrò quello di Minerva McGrannit e, per un attimo, i due si fissarono. L'anziana strega era l'incaricata per quel giro di compere, e non appena i suoi occhi incontrarono quelli del bambino, una potente emozione nacque nel suo cuore. “Sei identico ai tuoi genitori sai? Hai gli occhi di tua madre, ed i capelli di tuo padre.” Con un fazzoletto ricamato la donna si tamponò lentamente  le lacrime che avevano incominciato a colarle lungo il viso, avvicinandosi ancora ad Harry.

“Io sono Minerva McGranitt, insegno Trasfigurazione alla scuola e sono qui per portarti a comprare le tue cose. Puoi chiamarmi Professoressa o Signora quando ci sono altri, ma in privato sono Minny per te.” La donna fece un sorriso luminoso, riponendo via il fazzoletto. Per un attimo chiuse gli occhi, come a prendere coraggio, e poi tornò a guardarlo.

Il suo viso ora era una maschera severa, le labbra erano una linea sottile, e perfino la postura era più rigida rispetto a qualche istante prima. “Non saremo soli in questo giro di compere Signor Potter, con noi ci sarà anche un'altra bambina, che come lei non ha mai messo piede nel mondo magico. Ora non so a che punto siano le sue capacità, visto che a quanto ho capito lei è già stato addestrato da persone influenti nell'altro... mondo. Ma ci tengo a chiarire sin da ora, che finché saremo in pubblico, lei terrà il comportamento di un normale bambino della sua età, non si mostrerà scortese verso la Signorina Granger e non le darà modo di sentirsi inferiore. Tutto chiaro?”

Harry era stupito da quel cambio repentino di atteggiamento. Un attimo prima la donna era affabile e gentile, quello dopo si era trasformata in un generale dell'esercito pronto a guidare le sue truppe oltre le linee nemiche. In tutto quel caos mentale che gli si era creato, quasi non notò la piccola bambina dai capelli crespi che ora usciva dall'ombra della donna, sorridendogli timidamente.

Era una bambina graziosa secondo i suoi standard, con occhi castani e una dentatura forse un po' sporgente, ma tolto questo non era male. Certo, in confronto a Koneko, Akeno e Rias impallidiva, ma per un bambino che non è ancora interessato all'amore, tutte queste cose sono superflue.

Rispondendo con un rispettoso “Sì, professoressa”, Harry si ritrovò a sorridere ad Hermione, facendole un timido saluto con la mano. I due si guardarono per qualche istante, tornando poi alla professoressa che sembrava soddisfatta dalla situazione “Bene Harry, vedo che nonostante tutto non sei stato rovinato dallo snobismo d'alta classe dei... purosangue della tua parte. Penso che ora possiamo andare.”

Annuendo alle sue stesse parole, la donna fece dietro front nella bettola, seguita a pochi passi dai due bambini, che ora si limitavano a camminare dietro di lei. “Che cos'è un Purosangue?” Hermione lo chiese timidamente, guardando Harry di sottecchi quasi si aspettasse che lui non le rispondesse.

Dal canto suo Harry non aveva mai sentito quel termine prima d'ora, per quanto sapesse che il suo padrone e Rias, fossero entrambi demoni purosangue. “Mhm... non ne sono sicuro, ma credo si riferisca ai maghi che sono figli di maghi... credo? Tu invece sei figlia di persone normali, vero?”

Harry le sorrise incoraggiante, mentre la strega li portava nel retro del locale, battendo poi la bacchetta su un dato numero di mattoni dietro un secchio dell'immondizia. Il muro davanti a loro si aprì su se stesso, rivelando l'immenso viale ricco di luci e vetrine. Questo impressionò Hermione che rimase a bocca aperta perdendo il filo discorso, e fece invece sorridere Harry che di fronte a quella dimostrazione di magia, era solo divertito. Era abituato a ben altro, soprattutto dopo il durissimo allenamento del suo signore, che ha voluto comprimere un decennio di conoscenze in pochi mesi ed anni.

Anche per il punto di vista dei demoni, che avevano una durata vitale di circa diecimila anni, Harry era piuttosto avanti in quanto a preparazione. Certo, non aveva mai usato una bacchetta, ma in tutta sincerità non ne vedeva la necessità. Era capace di disegnare sigilli in aria ad una velocità impressionante, arrivando a lanciare decine di incantesimi contemporaneamente, cosa che più volte avevano messo in difficoltà i suoi avversari. Ora doveva sorbirsi questa scuola, solo per il capriccio di un vecchio bisbetico che sembrava interessato morbosamente a lui. Tuttavia, volendo prendere il buono dal cattivo, finalmente Harry avrebbe avuto modo di passare del tempo lontano dal castello del suo 'Re', ed avrebbe finalmente fatto amicizia con decine di nuovi bambini. Certo, per loro non avrebbe mai provato l'affetto che lo legava a Rias e alle altre, ma quanto meno sarebbero stati un piacevole cambiamento nella sua vita.

Sorridendo a quel pensiero, il piccolo demone riprese a camminare qualche passo dietro la donna, rivolgendo occhiate divertite ad Hermione, che sembrava affascinata da qualsiasi cosa intorno a lei. Anche lui provava interesse per diversi oggetti, che nel mondo demoniaco non esistevano, ma per la maggior parte del tempo era tranquillo e rilassato. Aveva eretto una piccola barriera difensiva intorno al suo corpo, che si sarebbe attivata in caso di attacco magico, quindi non aveva davvero nulla da temere.

Intorno a loro c'erano negozi di gufi, di calderoni, di scope ed addirittura striscioni pubblicitari in movimento, che raccomandavo l'inchiostro di un dato calamaro per le proprie piume. Incantesimi e magie erano incollati a manifesti che promettevano ricchezza e giovinezza eterna, dimostrando quanto la follia fosse onnipresente in quelle strade.

Ma nonostante il caos e la bolgia che regnavano ovunque, Minerva li condusse rigidamente verso un enorme edificio in fondo alla strada. Non permise ne rallentamenti ne deviazioni, puntò semplicemente all'obbiettivo, senza permettere distrazioni ne per se, ne per i suoi due pupilli.  Alla fine il dinamico trio si fermò di fronte ad un'enorme agglomerato in marmo bianco, che sembrava avere come unico ingresso delle enormi porte dorate.

La donna li guidò all'interno, dando modo ad Harry di rimanere stupito per la prima volta. L'edificio altro non era se non una banca, e non una banca qualunque, ma la più grande banca che lui avesse mai visto. Anche nel mondo dei demoni c'erano strutture simili, ma solo i demoni di media e bassa classe le utilizzavano, in quanto i possedimenti degli altri erano semplicemente troppo cospicui per essere conservati. Per ogni castello, di ogni demone nobile, vi erano interi piani interrati creati appositamente per contenere tutte le ricchezze della famiglia.

I Gremory avevano cinque piani interrati, il suo padrone, il Maou, ne aveva dodici.  Di quei dodici uno era dedicato solo ad Harry, che in quanto servitore, aveva ricevuto parte dei possedimenti del suo padrone, come pagamento per la sua fedeltà.

“Cos'è questo posto professoressa?” la voce di Hermione era estasiata, mentre si guardava intorno, spaziando dai bianchi muri in marmo, alla perfetta pavimentazione in legno placcato.

“Questa signorina Granger, è la Gringott, la banca dei maghi, e quelle creature dietro gli sportelli li in fondo sono folletti, colore che la gestiscono.” la McGranitt rispose così. La donna sorrise al volto stupefatto della bambina, avviandosi oltre il primo set di porte. Ad accogliergli c'era uno dei famosi folletti appena indicati dalla donna.

Il folletto posto all'ingresso era poco più alto di Harry, aveva una carnagione scura ed un volto intelligente, con la barba a punta ed enormi dita di mani e piedi. L'essere si inchinò mentre loro gli passavano davanti, facendogli superare un'altra serie di porte, questa volta d'argento, con delle parole incise sopra.

Straniero, entra, ma tieni in gran conto
Quel che ti aspetta se sarai ingordo
Perché chi prende ma non guadagna
Pagherà cara la magagna
Quindi se cerchi nel sotterraneo
Un tesoro che ti è estraneo
Ladro avvisato mezzo salvato:
Più del tesoro non va cercato.

Il messaggio era estremamente chiaro, non pensate nemmeno lontanamente di rapinare questa banca, o la pagherete a caro prezzo. Un'altra coppia di folletti si inchinò al loro passaggio nelle porte d'argento, arrivando infine nella sala di marmo, prima solo visibile dall'esterno. Circa un centinaio di altri folletti erano seduti su sgabelli alti dietro un lungo bancone, scarabocchiando in grandi libri, pesando monete in bilance d'ottone ed esaminando pietre preziose attraverso antichi monocoli. Nella parete a sinistra della sala   c'era un enorme foro nel muro, che portava a quella che sembrava una galleria. Diversi folletti continuavano a scortare dentro e fuori dei Maghi che avevano tutti l'aria nauseata. La professoressa, Harry ed Hermione, si diressero verso uno dei folletti liberi ed in attesa di clienti.

“Buongiorno” disse la McGrannit al folletto. “Siamo venuti a prelevare dal conto del signor Potter, ed a cambiare dei soldi babbani per la signorina Granger.”

Intorno a lei ogni altro suono si spense, mentre l'attenzione di tutti, folletti e maghi, si focalizzava sulla professoressa. Quella screanzata non era stata abbastanza attenta, ed ora tutti sapevano che lui era lì. La pressione di Harry cominciò a salire, e l'agitazione a farsi sentire. Sarebbe voluto tornare indietro nel tempo per raccomandarsi con la professoressa di non fare quella stupidaggine, ma ormai era troppo tardi, non poteva cambiare il corso della storia. Passandosi una mano sul volto, Harry sospirò pesantemente, estraendo dalla sua borsa due pesanti lingotti in oro che prima non c'erano. Aveva usato le sue capacità per creare un gap dimensionale che dalla sua borsa, portava direttamente al suo piano sotterraneo all'interno della residenza del Maou.

La professoressa lo guardò con tanto d'occhi, ma Harry si limito a ricambiare il suo sguardo con aria truce. “Non ci sarà bisogno di accedere a nessuna camera blindata. Anzi non la voglio nemmeno una camera blindata, ho tutti i soldi che voglio lei-sa-dove. La svuoti, e doni tutto in beneficenza. Se voi maghi avete un ospedale, allora li dia a loro, a me non servono.” Il suo tono di voce era duro e freddo, mentre intorno a lui iniziava a diffondersi un cicaleccio insistente.

Lo avevano ormai riconosciuto, anche senza cicatrice sapeva di essere l'immagine sputata dei genitori, cosa che rendeva facile distinguerlo per chi li aveva conosciuti. Il folletto che vide i due lingotti posati sul suo fragile banchetto, guardo Harry con insistenza, quasi volesse minacciarlo in qualche modo, ma alla fine prese i materiali, e dopo una breve analisi iniziò a sostituirli con moneta sonante.

“Signor Potter, la pregherei di riflettere sulle sue azioni! Quelli nella sua camera blindata sono i soldi che i suoi genitori hanno lasciato per lei, sarebbe un grave affronto alla loro memoria se lei...” Harry alzò una mano interrompendo la donna. L'aria intorno a lui aveva inizio a fremere, ma tenne a freno la sua magia ed i suoi poteri demoniaci. Del resto gli era stato detto di comportarsi come un bambino normale no?

“Se io cosa? Se facessi opera di carità, donando quei soldi a chi ne ha più bisogno di me? Questo sarebbe sbagliato? Mi stia sentire professoressa....” La donna immerse la mano nella veste, estrasse la bacchetta, erigendo un cubo del silenzio intorno a loro. Ora non sentiva più le voci di tutti i presenti, e loro non sentivano la sua. Solo lui, la professoressa ed Hermione si trovavano all'interno dell'incantesimo.  Harry annuì alle azioni della donna, consapevole, anche senza conoscerla, dell'effetto della magia. Del resto aveva usato due movimenti della bacchetta, che insieme formavano il sigillo cinese del silenzio. Non sarebbe stato troppo difficile per lui capire gli effetti della magia. “... dicevo, lei mi deve stare a sentire. Io non volevo questa situazione, stavo bene dove stavo, e se frequenterò la sua scuola non è per qualche misteriosa sete di conoscenza o per qualche straordinario obbligo morale, lo farò perché la mia vita è stata messa in pericolo. Non provo nessun sentimento di fiducia nel mondo magico, non voglio avere legami con esso, ne desidero avere qualsiasi legame con la scuola. Tuttavia mi comporterò bene, cercherò di trarre il massimo da questa situazione, e farò in modo che nessuno possa lamentarsi di me. A patto che non si cerchi di cambiarmi o manipolarmi in qualsiasi modo. Sono stato chiaro?”

“Signor Potter lei sta...!” La voce della donna si era alzata di un’ottava, ed il suo viso era chiazzato di rosso per quanto cercasse di controllarsi. “Si, lo so, sto esagerando, questo comportamento non sarà ammesso ad Hogwarts e via dicendo. Le prometto che d'ora in poi starò tranquillo, ma la prego di non tornare sull'argomento, e di stare più attenta a non pronunciare a voce alta il mio nome. Consideriamo questa come una missione in incognito.”

Harry vide le narici della donna allargarsi, ed era quasi sicuro che stesse per lanciargli un incantesimo, tuttavia la donna alla fine chinò il capo in maniera arrendevole, facendo svanire il cubo di silenzio. “Molto bene signor Potter, faremo come dice lei. Ma si ricordi che ad Hogwarts pretenderò il rispetto che merito in quanto sua insegnante, sono stata chiara?” Il cipiglio della donna era ancora molto serrato, ma sul suo viso c'era l'ombra di un sorriso.

“Lo prometto.”

“Bene, allora direi che possiamo continuare le nostre compere.” La donna si voltò, torno allo sportello, dove il folletto aveva ammonticchiato circa seimila galeoni d'oro in due enormi pile. “Credo che tutti questi soldi non entrino nella sua borsa, e sarebbe sbagliato portare così tanto contante dietro. Questa cifra, Signor Potter, le basterà almeno per dieci anni di scuola, quindi le consiglio di depositarla, o rimandarla da dove è venuta.”

Al sentire le sue parole Harry annuì, e riaprendo la sua borsa iniziò a trasferire le monete nel suo sotterraneo all'inferno. Tenne per se circa mille galeoni, che erano dieci volte la cifra che gli serviva per i suoi acquisti. Durante questa operazione la professoressa aveva nel frattempo cambiato i soldi babbani di Hermione, passandole un piccolo borsellino con una cifra più ragionevole di quella che possedeva lui. Solo in quel momento Harry si ricordò di lei.

La guardò con ancora la sua maschera seria sul viso, rendendosi conto dal suo sguardo di averla spaventata. Gli capitava spesso di dimenticare che i bambini normali non erano come lui. Non avevano la sua forza, il suo carattere o il suo passato. Anche tra loro si sarebbe trovato male e sarebbe stato escluso, riducendosi ancora una volta ad essere il mostro che tutti disprezzano. La sua espressione mutò, divenendo triste, ed insieme ai suoi compagni uscì dalla banca, lasciandosi alle spalle chiacchiere e vociare inutile.

Non guardò più Hermione quel pomeriggio, si costrinse con forza ad evitare il suo sguardo, ed anche se spesso si trovavano in negozi in cui dovevano comprare le stesse cose, lui stava in disparte guardando fuori dalla vetrina, fino a che non toccava a lui ordinare. In tardo pomeriggio però, le loro commissioni non erano ancora finite a causa del crescente pubblico e vociare che li accompagnava.

La notizia che Harry Potter era vivo, che sarebbe andato ad Hogwarts e che al momento stava girando per negozi con la McGranitt, aveva rallentato di molto il processo d'acquisto dei prodotti, costringendo la strega ad allontanare più volte gli ammiratori del bambino-sopravvissuto-ancora-una-volta, fino a che la cosa non divenne insostenibile.

“Signor Potter, Signorina Granger, i negozi stanno per chiudere e non ho assolutamente voglia di affrontare tutto questo un'altra volta in un altro giorno, quindi ecco cosa faremo. Voi due vi chiuderete nel negozio di Olivander, scegliere una bacchetta, e poi mi aspetterete all'interno del Paiolo Magico. Io nel frattempo andrò in farmacia e nel negozio di calderoni e comprerò quel che manca. In questo modo dovremmo farcela a finire per oggi. Tutto chiaro?” La voce della donna era severa ed autorevole, e già se la immaginava a spiegare ed interrogare in classe. Sarebbe stato uno spasso vedere le reazioni agitate o sotto pressione degli altri bambini, mentre cercavano di ricordare che procedimento gli era stato chiesto per fare chissà cosa.

““Sissignora”” Harry ed Hermione parlarono in contemporanea, forse avendo avuto la stessa fantasia di una McGranitt con pantaloni mimetici ed elmetto, cosa che causò ad entrambi un sorriso. Hermione cercò lo sguardo di Harry, ma lui ancora rifug da lei. Sarebbe stato giudicato ed escluso, ne era certo.

Alla fine il gruppo si separò, ed Harry accompagnato da Hermione entrò nel negozio di bacchette. Quello era il posto che riteneva più inutile in tutto il suo itinerario. Ancora una volta penso di non aver bisogno di nessuna bacchetta, ma purtroppo era all'interno del materiale richiesto dalla scuola, quindi non poté farne a meno.

“Oh, ma salve...” Una voce stanca li raggiunse dai lontani scaffali che ingombravano il negozio. Insieme alla voce, comparve un uomo anziano, con lunghi capelli grigi, e profondi occhi azzurri, quasi bianchi. Dire che fosse un tipo bizzarro era poco, ma non appena si avvicinò, Harry poté capire che non aveva cattive intenzioni.

“Salve.” Harry rispose per entrambi, visto che Hermione sembrava troppo intimorita per farlo. “Siamo studenti della scuola, ed avremmo bisogno di una bacchetta ciascuno. Può consegnarcene una così possiamo andare?” La voce di Harry era calma e sicura, sperava di poter concludere quella transazione il più in fretta possibile, in modo da concludere quel giro nel mondo magico e poter finalmente tornare nel mondo degli inferi.

Tuttavia di fronte alle sue parole, l'uomo sorrise scuotendo il capo. I suoi occhi erano aperti e fissi su di loro mentre negava quella possibilità. “Oh, signor Potter, non è così che funziona nel mondo magico, lo sa? Qui certe cose richiedono tempo. È un'arte precisa quella della bacchetta, un'arte antica e precisa...” L'espressione eterea del vecchietto gli diede un brivido, mentre questo prendeva dei nastri incantati da sopra il bancone.

“Sa signor Potter, ricordo ogni bacchetta che io abbia mai venduto, comprese quelle dei suoi genitori, ed ovviamente quella che le ha lasciato la sua famosa cicatrice.” Una nota divertita accompagnò le parole del vecchio, ed Hermione si strinse un po' più vicino a lui. I nastri iniziarono a muoversi, ed alcune cifre e misure a venire scritte su un foglio, anch'esso incantato. “La bacchetta di suo padre era in mogano, 11 pollici di lunghezza, bella flessibile, un po' più potente della norma, ma ottima per le trasfigurazioni, quella di sua madre invece era di Salice, 10 pollice ed ¼, sibilante, ed ottima per gli incantesimi. Ma per lei... cosa posso trovare per lei?”

L'uomo lo guardò fisso negli occhi, quasi sentì immergere la sua coscienza nella propria, e per precauzione eresse le sue barriere d'Occlumanzia. “Oh, così giovane eppure così capace. Lei è molto oscuro Signor Potter, molto, molto oscuro. Lasci che le faccia provare una bacchetta che sarà degna di lei. L'uomo si voltò, si allontanò verso il suo studio, e tornò con una bacchetta finemente lavorata, costruita con un legno nero pregiato, ed incisa con decina di centinaia di minuscole rune. Rune che se la conoscenza non lo ingannava, erano di contenimento. “Questa signor Potter, è una bacchetta senza alcun nucleo, nulla di più che un pezzo di legno, ma sono sicuro... si, sono sicuro che con lei andrà bene. La agiti, forza...”

Harry prese la bacchetta tra le mani, alzò scettico un sopracciglio, e sferzò l'aria con la bacchetta. Non accadde nulla, assolutamente nulla. Harry guardò l'articolo, poi il venditore, ma quello ora sembrava esaltato oltre ogni possibile dubbio. “Si signor Potter, questa è di certo la bacchetta per lei. Si ricordi solo di non perderla mai, e di non romperla mai. Cose orribili accadrebbero in quel caso, cose davvero orribili.”

L'espressione di Harry si fece più confusa ed il bambino ebbe l'impulso di restituire il pezzetto di legno per farsi dare un'altra bacchetta, una qualsiasi, una che non gli desse quella pessima prima impressione… eppure non parlò. Il disagio iniziale, e quel senso di oppressione derivate dal tenere in mano la bacchetta, si trasformarono lentamente in una sensazione familiare che connetteva la sua mano con il manico dell’oggetto incantato, come se quello fosse stato fatto apposta per lui. Senza commentare il demone mise l’artefatto in tasca promettendosi di indagare a fondo sulla questione.

Con Hermione ci volle più tempo. Il vecchio si comportò più normalmente con lei, senza professare future minacce, ne ricordare che bacchette avesse venduto a chissà chi. Alla fine anche la ragazza trovò un articolo che andasse bene per lei, ed i due poterono congedarsi dall'inquietante luogo senza mai voltarsi indietro.

Fu quando si avviarono verso il punto di incontro che avevano deciso con la McGrannit, che Harry si senti afferrare una manica. La stretta era gentile, ma decisa, ed il ragazzo non fu sorpreso di vedere Hermione ferma con gli occhi bassi, che lo tratteneva.

“Ti ho offeso in qualche modo?”

La sua voce era normale e tranquilla ma il suo sguardo era basso, ed anche attraverso quel piccolo contatto tra di loro, Harry poteva sentirla tremare. “Non mi hai fatto nulla. Ora andiamo, la professoressa ci starà aspettando.” La sua voce era impacciata, non sapendo bene come comportarsi con la ragazza, che a dispetto del suo invito, rimase ferma, sebbene lo avesse lasciato andare.

“Tu... mi odi?”

La domanda arrivò a sorpresa, lasciando Harry confuso e leggermente disarmato. Non la odiava di certo, ma non voleva che lei lo allontanasse come facevano tutti quelli della sua vecchia vita, quindi la distanza era scelta più razionale. Eppure di fronte a lei, che ora piangeva in silenzio... no, non avrebbe potuto portare avanti il suo proposito.

Harry sospirò per l'ennesima volta, alzando gli occhi al cielo. “Ti piacciono i libri vero?” Il sorriso germogliò sul suo volto. “Ti ho visto prima al Ghirigoro, eri come un bambino davanti l'albero di natale. Eri davvero molto carina quando sorridevi in quel modo...” Harry parlò con tranquillità, ma le sue parole ebbero l'effetto di una valanga che cade dal fianco di una collina. Hermione smise di piangere, si strofinò gli occhi con forza, tornando a guardare Harry con il viso arrossato.

“N-Non è vero!” Ecco, questo era un comportamento che capiva di più. Rias faceva sempre così quando era contenta di Harry. Lo cercava di nascondere ed arrossiva, ma poi gli sorrideva quando era convinta che lui non stesse guardando. “Bhe, se non è vero, allora non ti dispiacerà se andiamo a fare un altro giro in libreria? Potrebbe essere ancora aperta, e penso che qualche libro in più farebbe bene ad entrambi no? Cioè, nessuno dei due conosce Hogwarts, o la magia che insegnano, pensò che dovremmo arrivare un po' più preparati degli altri se vogliamo trovarci bene.”

Harry sorrise, porse una mano ad Hermione, aspettando una sua reazione. Lei esitò per qualche istante, ma poi la strinse.

“T-Tu non lo fai per prendermi in giro vero? Da dove vengo io mi prendono sempre in giro perché studio tanto e cose così...” sentiva il suo piccolo palmo caldo stretto nella sua mano, ed incrociando le dita con quelle della ragazza si ritrovo a sorriderle. “Perché dovrei prendere in giro qualcuno che è come me? Tranquilla, se avrai bisogno sarò sempre tuo amico, ti basterà chiamarmi ed io arriverò sempre per difenderti.”

Prese esempio dal suo Maou, e fece un occhiolino alla ragazza così come lui faceva con sua moglie. Come risultato Hermione avvampò. Le sue piccole guance avevano il colore delle fragole mature. Lei si limitò ad annuire, ed insieme cambiarono strada. Che la McGrannit li aspettasse, loro avevano cose più importanti da fare.

E poi lo vide. Quando lei era convinta che lui non stesse guardando, il più piccolo dei sorrisi era nato sul volto della ragazza.

Contento, ma imbarazzato, Harry aggiunse un'altra persona alla sua lista di amici, che per ora comprendeva solo ragazze.

Bhe, alla fine non è che gli cambi poi tanto no?

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N.D.A. Salve e rieccoci puntuali come sempre (o anche in anticipo xD) con un altro capitolo! Questa volta, tra le note dell’autore, non posso fare a meno di ringraziare voi lettori e recensori, che seguite con così tanta passione questa mia piccola storia, ed è proprio a voi che oltre a dei ringraziamenti devo porgere delle scuse (forse). Infatti, come sono sicuro avrete notato, questo capitolo è leggermente più corto di quelli che lo hanno preceduto e tutta l’attenzione è rivolta unicamente ad Harry ed al suo giro di compere. Ammetto di averlo fatto di proposito, ho dato molto spazio a questo primo incontra tra Harry ed Hermione cercando di mostrare sia come Harry si relaziona con i suoi coetanei, sia come si rivolge agli adulti. Mi è stato detto che il mio Harry sembra fin troppo maturo per la sua età, ma sperò di aver reso chiaro che purtroppo queste non sono cose che dipendono da lui.
Harry ha sofferto tanto, è stato costretto a crescere prima del tempo e nonostante tutto il bene che Lucifer ha fatto per lui, le cicatrici lasciate dai suoi zii non sono sparite, soprattutto quelle emotive che lo portano a credersi diverso, a reputarsi un mostro destinato a restare solo.
Detto questo mi scuso anche per il salto temporale di due anni, forse qualcuno di voi avrebbe voluto vedere nel dettaglio come Harry ha incontrato Akeno e Koneko, ma prometto che più avanti ci saranno delle side-story dedicate solo a questo.
Ora non mi rimane che ringraziarvi ancora per l’ascolto, sperando che nonostante tutto il capitolo sia di vostro gradimento. Io sarò di nuovo qui domenica prossima con un altro capitolo e questa volta si arriva ad Hogwarts! Non mancate ^_*
Ps. Nota a margine. Finito di scrivere il capitolo 6, con il quale si conclude ufficialmente il primo anno di scuola. Ora inizierò a distaccarmi maggiormente dalla storia originale =)

                                                                                                                                                   Bumbix

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


The Harry Potter’s Forbidden Story

Disclaimer: Non posseggo ne il mondo di Harry Potter, ne quello di High School DxD, che appartengono invece ai rispettivi autori. Questa storia è  stata scritta senza fini di lucro.

Capitolo 4

Hogwarts
Regno Unito
1o Ottobre, 1991

Era passato un mese dall’inizio della scuola, ed in un mese le cose non erano per nulla cambiate per Harry. Ovunque andasse il bambino-sopravvissuto era inseguito dai sussurri, e da occhiate alla sua vistosa cicatrice, c’erano addirittura momenti durante il pranzo, durante i quali varie persone si sporgevano dai loro banchi, per dargli una migliore occhiata, cosa che lentamente stava erodendo la pazienza del demone.

“Dimmi Blaise, davvero queste persone non hanno niente di meglio da fare che guardare la mia cicatrice?” La voce di Harry era irritata, a stento trattenuta, ma l’amico gli sorrise mitemente, prendendo un altro pasticcino dal vassoio sul tavolo. “Bhe, sei il fantastico bambino-sopravvissuto, che ha distrutto il più potente signore oscure di questo secolo senza nemmeno saperlo, ed inoltre sei stato smistato a Serpeverde. Non mi sorprenderei se iniziassero a chiederti degli autografi.”

Il viso di Harry si contrasse in una smorfia di fastidio, mentre il demone spostava di lato la sedia per far sedere Rias, perennemente in ritardo. La ragazza aveva preso la brutta abitudine di sgattaiolare via dal suo letto in piena notte, per andarsi a coricare con Harry, e non era passato molto tempo prima che Koneko ed Akeno lo scoprissero e decidessero di imitarla, portando caos e confusione nel sotterraneo della scuola. Alla fine, la loro tresca, che in realtà era solo un placido sonno in compagnia era stata scoperta dai professori, che avevano posto un veto alla cosa.

Rias e le altre non avevano preso bene la cosa, ma soprattutto la rossa era risentita, ed aveva iniziato ad avere incubi notturni, che la tormentavano impedendole di riposare. Per questo era sempre in ritardo, ed Harry teneva un occhio di riguardo per lei, facendola sedere vicino a lui, e trattandola con gentilezza.

“Rias, ti ho messo da parte un po’  di toast e qualche dolcetto, tra cinque minuti dobbiamo essere a Trasfigurazione, ti va di mangiarli per strada?” La ragazza sorrise mestamente, reprimendo uno sbadiglio. “Grazie Harry, sei sempre gentilissimo.” Disse queste parole prendendo il pacchettino preparato dal ragazzo, iniziando a mangiucchiare.

Dopodiché la comitiva si avviò lungo i corridoi, incrociando lungo la strada la fiumana di Corvonero che avrebbe fatto loro compagnia durante la lezione. Cinque minuti più tardi erano tutti in aula, ognuno con un proprio banco ed una scatola con un fiammifero davanti. “Oggi, inizieremo finalmente a praticare la magia. Abbiamo passato l’ultimo mese a studiare la teoria riguardo alla trasfigurazione, ed i pericoli che si corrono quando non la si usa propriamente, quindi penso sia giunta l’ora di mettervi alla prova. Davanti a voi c’è un fiammifero, entro la fine dell’ora dovrete trasformarlo in un ago d’argento. Il migliore vincerà dieci punti per la sua casa. Sono stata chiara?”

Le parole del generale McGranitt riecheggiarono per l’aula, mentre tutti gli studenti prendevano in mano la loro bacchetta per la prima volta, iniziando ad esercitarsi con l’incantesimo. La trasfigurazione era una delle branche più complesse della magia, aveva radici che risalivano fino al tempo di cristo, quando il presunto figlio di Dio la adoperava per trasformare l’acqua in vino, ed effettuare molti altri miracoli, tuttavia con il passare dei secoli, quell’arte si era evoluta ed era ormai alla portata perfino di bambini come loro, che tuttavia dovevano impiegare molte energie per brandirla.

Harry li osservò al lavoro, sorrise del loro impegno e della concentrazione che questi ci mettevano, rigirandosi pigramente la bacchetta tra le mani. Da quando l’aveva ottenuta, aveva provato più volte ad utilizzarla, azionarla, o farne un suo tramite in qualche modo, ma alla fine l’oggetto si era rivelato niente di più di un bastoncino senza alcun potere. Per ovviare a questo problema, che l’avrebbe altrimenti condotto ad un secondo incontro con il fabbricante di bacchette, Harry aveva imposto un incantesimo che gli permetteva di aggirare la bacchetta, compiendo magie come se la stesse utilizzando, senza però farlo realmente.

E così mosse pigramente la mano, effettuò a mente tutti i calcoli necessari per innescare la reazione che si sarebbe aspettato, osservando poi il mutare del fiammifero in un ago d’argento. Aveva impiegato quasi sei minuti dall’inizio della lezione per portare a termine il compito a loro assegnato, ed ora si ritrovava senza nulla da fare. Le sue capacità erano così aldilà di quel semplice esercizio, che non sentiva più nessuno stimolo dalla lezione. Sospirando, sposto la sua attenzione su Rias e le altre, che a differenza di lui stavano trovando difficoltà nell’esercizio. A differenza dei maghi infatti, le ragazze dovevano incanalare non la magia nella bacchetta, ma i loro poteri demoniaci, e questo allungava di molto il processo di apprendimento.

Spostando la sua sedia vicina a Koneko, che tra le tre sembrava quella più in difficoltà, Harry iniziò a darle qualche suggerimento, cercando di facilitarle il compito. “Koneko, devi stare tranquilla va bene? Tra tutti i noi tu sei quella che ha il pezzo demoniaco meno affine alla magia, quindi è normale che trovi difficoltà, ma l’importante è che ti ricordi quello che ti ho spiegato mentre eravamo a casa. Qual è la differenza fondamentale tra magia e poteri demoniaci?” Harry parlò con un sorriso, mentre la piccola bambina, che oltre l’handicap dovuto al suo pezzo di Torre, aveva anche quello dovuto alla sua età, guardava intensamente il suo fiammifero ancora completamente invariato.

“La magia sfrutta la forza interiore per creare e cambiare fenomeni naturali. Si adopera attraverso una serie infiniti di calcoli, che grazie ad una bacchetta vengono riassunti in un semplice movimento, ed ad una frase chiave che richiama il processo da eseguire, i poteri demoniaci invece sono più semplici, si basano solamente sulla volontà del loro utilizzatore, e seguono la sua immaginazione ed il suo desiderio di cambiare il mondo. Sono più potenti del potere dei maghi, ma hanno meno flessibilità.” Koneko ripeté le parole che lui stesso le aveva detto tempo prima, come se le stesse leggendo da un libro, lasciando Harry sorpreso dalla sua memoria e dalla sua serietà. “Bene, visto che ricordi tutto, ricorda anche che tu non devi concentrarti e pensare intensamente al cambiamento. Tu devi volerlo. Guarda il fiammifero e desidera che cambi, desideralo con il cuore, non con la testa, ok?”

Koneko spostò la sua attenzione su Harry, annuì alle sue parole, per tornare infine sul piccolo oggetto. I suoi occhi erano chiusi, ed il corpo era più rilassato, ma nonostante questo ancora non c’era nessun cambiamento evidente nel fiammifero, che si ostinava a rimanere un pezzetto di legno. “Io non ci riesco Harry! Forse… forse sono davvero troppo piccola ed incapace per essere qui. Forse dovrei solo tornare a casa… ma io non voglio abbandonare Harry, lui mi dimenticherà se lo abbandono!”

Gli occhi di Koneko erano tristi, mentre questa provava ancora ed ancora a far mutare il legno in argento. Harry capì la situazione, le prese la mano libera, facendola sobbalzare. I suoi occhi incontrarono di nuovo quelli di lei, e per un istante i due si limitarono a guardarsi. Poi Harry parlò, ma non aveva la solita voce tranquilla e rassicurante, piuttosto il suo era un tono duro e freddo, tagliente come la lama di un coltello. “Koneko, se davvero pensi di non farcela, allora vattene. Se al primo ostacolo ti arrendi e getti la spugna, allora scappa e non tornare. Ma se davvero pensi, anche solo lontanamente che io mi dimenticherò di te, che ti abbandonerò, allora vuol dire che non hai capito nulla. Tu sei forte, più forte di chiunque qui dentro, e se ci metterai d’impegno, allora vedrai che riuscirai in qualsiasi cosa.”

Harry le strinse un po’ di più la mano, lei arrossì, e nello stesso istante dalla bacchetta che ancora puntava il fiammifero, eruppe uno scintillo di magia, che colpì il suo obbiettivo, allungandolo, appuntendolo, arrivando perfino a fargli assumere un colorito argenteo. Non era un lavoro perfetto, ed anzi aveva ancora molte pecche da mettere a posto, ma Koneko fu estasiata da quello che riuscì a fare e rivolse ad Harry un bellissimo sorriso. “Hai ragione Harry… come sempre. Io non mi arrenderò, ci metterò il massimo impegno e diventerò una compagna di cui andrai fiero.”

Harry tornò sereno, le sorrise di nuovo, inconsapevole dell’effetto delle sue parole nella classe. Il suo discorso da duro era stato fatto a voce fin troppo alta, cosa che aveva attirato l’attenzione di qualche persona, distraendo alla fine in blocco tutti gli studenti. La professoressa stessa ora li guardava con labbra strette ed espressione severa, avvicinandosi velocemente a loro. “Signor Potter! La signorina Toujou la ringrazia per il suo aiuto, che è stato di certo molto utile ed apprezzato, ma noi tutti la invitiamo a tornare al suo lavoro, tenendo le storie romantiche lontano da queste aule.”

La voce della donna era insolitamente alta, ma probabilmente ciò era dovuto più che alla scena in sé, a ciò che ne era conseguito. Infatti una Akeno furiosa ed una Rias stanca, ma combattiva, pretendevano da lui lo stesso aiuto.  “Mi scusi professoressa, ho pensato soltanto che visto che avevo già completato il compito, sarebbe stato più utile aiutare qualcuno che ne aveva bisogno…”

“G-Già completato?” la vecchia strega era leggermente stupita dalle sue parole, ed avvicinandosi al suo banco vide un ago d’argento perfettamente formato, al posto del suo fiammifero. “Ma questo è impossibile! Mai in quarant’anni di carriera mi era capitato di vedere qualcuno riuscire a trasfigurare il suo ago il primo giorno! Non completamente, non in questo modo! Signor Potter, devo chiederle di rifare l’esercizio, per lei questo è un problema?”

Harry inarcò un sopracciglio, tornò a sedersi al suo banco, osservando la vecchia strega sostituire il suo ago con un altro fiammifero, diverso dal primo. Di nuovo Harry vi passò sopra la bacchetta, e con le dita attinse al flusso di magia dentro di se. Diversamente da quelli che avevano una bacchetta funzionante, Harry doveva eseguire per ogni incantesimo, centinaia di migliaia di calcoli a mente, prendendo in considerazione ogni possibile variabile di temperatura e pressione, arrivando a suddividere a livello atomico i componenti dell’oggetto da trasfigurare. Certo, per lui che seguiva questo metodo da tutta la vita non era poi così difficile, alla fine si trattava di tenere a mente delle costanti fondamentali e lavorarci sopra, ma per chiunque altro quell’impresa sarebbe stata a dir poco titanica.

Per questo la magia senza bacchetta era limitata agli incantesimi più semplici, e non c’era mago o strega al mondo che non usasse una bacchetta. Eccetto lui ovviamente. La mano si mosse, la mente di Harry accelerò quel tanto da visualizzare il risultato di tutte le equazioni risolte, ed infine la magia fece il suo corpo seguendo le specifiche che arrivi vi aveva imposto. Il fiammifero cambiò, divenne un ago d’argento estremamente appuntito, che non aveva assolutamente nessun difetto.

“Oh, ho mio… Ma questo è impossibile! Parlerò con il preside per sottoporla ad un esame approfondito signor Potter, potrebbe pure darsi che le faremo saltare delle classi! Mai.. in tutta la mia vita!” La donna iniziò ad iper-ventilare, mentre altri studenti si alzavano dai loro posti per osservare al miracolo del fiammifero cambiato al primo istante.

Harry sorpreso più per la piega degli eventi, che per l’atto in se, tornò ad alzarsi, avvicinandosi alla donna, che prese un braccio e tirò verso l’angolo della classe. La professoressa, piuttosto stupita dall’audacia delle sue azioni, non oppose resistenza. “Professoressa, per favore, non faccia nulla. Non voglio cambiare classe, ho degli amici preziosi qui, che non voglio lasciare indietro. Potrebbe ripensarci e lasciare invece che aiuti i miei amici per farli progredire più in fretta? Tutto il potere del mondo non mi servirebbe a nulla se non potessi condividerlo con chi mi sta vicino…” Harry sorrise, cercando di drenare dalla sua dose di fortuna, un assenso dalla professoressa.

Per qualche istante tra loro regnò il silenzio, mentre gli altri bambini in classe si spostavano ora verso Koneko, l’unica altra ad aver quasi completato l’impresa. Si può dire che se non ci fosse stato lui, lei avrebbe conseguito il risultato migliore della giornata. “Beh signor Potter… devo dire che i suoi propositi sono nobili… quindi credo che non ci siano problemi se rinviamo questa cosa dell’avanzamento ancora per un po’. Ma lei deve promettermi che aiuterà chiunque abbia bisogno di lei, non solo chi le sta vicino.”

La donna aveva colto il suo gioco di parole, causandogli uno spasmo involontario delle labbra. Non aveva voglia di aiutare chi gli stava antipatico, anzi si sarebbe divertito nel vederli in difficoltà mentre lui ed i suoi progredivano spediti nel loro percorso accademico, tuttavia la donna aveva moralmente ragione. Harry abbassò la testa, annuì, incominciando ad avviarsi. “Va bene professoressa, ha vinto, ma mi faccia un favore… d’ora in poi, mi chiami Harry, non signor Potter. Io e lei siamo amici dopotutto.” Il bambino sorrise, tornò a sedersi, iniziando a spiegare, nella maniera più elementare possibile, come avere una trasfigurazione efficiente al minor prezzo di magia e concentrazione possibile.

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Hogwarts
Regno Unito
11 Ottobre, 1991

Dopo la lezione pratica di Trasfigurazione il giorno prima, la fama di Harry Potter era cresciuta a dismisura. Ovunque nel castello si raccontava del suo metodo d’insegnamento e delle sue grandi capacità come mago. Molti dei compagni a cui Harry aveva dato un aiuto pratico durante la lezione, infatti, ora erano in grado di trasfigurare almeno in parte il loro fiammifero, facendo guadagnare al Serpeverde cinque punti per ognuno di loro, più i dieci messi in paio per la migliore trasfigurazione della giornata.

“Hai fatto guadagnare 45 punti a Serpeverde in una sola lezione?! 45 punti?!” Hermione, che camminava al suo fianco verso il sotterraneo di Piton, era scioccata ed allibita allo stesso tempo. Il suo sguardo era sgranato e la sua bocca spalancata, dandole un’espressione buffa che male le si addiceva. “Beh, alla fine sono stato più o meno costretto dalla professoressa ad aiutare chiunque ne avesse bisogno. È che ho finito di trasfigurare il mio fiammifero in due minuti, e non avevo altro da fare, quindi non prenderla troppo sul serio.”

Harry cercò di minimizzare, ma alla fine non fece altro che peggiorare la situazione. “Hai finito di trasfigurare il tuo ago in soli due minuti? Io ho fatto la stessa lezione con i Tassorosso, ed il mio fiammifero si è solo un po’ appuntito, ed è diventato d’argento. Ho vinto comunque i dieci punti messi in palio, ma sono ancora lontana da un risultato come il tuo…” la voce della ragazza si era abbassata, mentre questa spostava la sua attenzione sul pavimento in pietra ai suoi piedi. Ovunque intorno al loro, c’erano ragazzini che li spiavano e parlavano alle loro spalle mentre scendevano nel sotterraneo, e questo solo perché erano amici appartenenti a due case eternamente rivali.

“Ho provato a spiegarlo anche agli altri ieri, l’approccio che ha questa scuola con la magia è sbagliato. Qui non vi insegnano cosa è davvero la magia, ma solo come eseguirla. Se voi sapeste come nasce la magia, come è stata domata nei tempi antichi, allora tutto sarebbe più facile. Per ora posso darti solo un suggerimento. Non pensare troppo. La magia è una forza che va solo indirizzata, ma se ti sforzi troppo finirai con il porle dei limiti. Pensa al cambiamento, sii il cambiamento. Questo è il trucco.” Harry parlò con voce tranquilla, avvicinando poi le sue labbra all’orecchio di lei “E visto che sei tu, ti presterò gli stessi libri su cui ho studiato io. Questo di sicuro ti aiuterà”

La ragazza avvampò, ed i suoi occhi si accesero di interesse. “D-Davvero? Me li presterai? Oh sei fantastico Harry!” i due si sorrisero, senza però accorgersi del silenzio che era calato davanti l’aula. Intorno a loro nessuno parlava, e l’aria era tesa. “Signor Potter... La pregherei di tenere le sue questione di cuore fuori dai miei sotterranei, sono stato chiaro?” Harry avverti un brivido percorrergli lungo la schiena, mentre si voltava per incrociare lo sguardo dell’unico professore per il quale provava sia rispetto che timore. Si diceva che Piton favorisse sempre gli studenti della sua casa, ma sembrava che quella particolare condizione non valesse per Harry, che più volte si era trovato ad affrontare l’irritabilità del docente.

“Sissignore.” Harry parlò mitemente, contento di essere almeno l’unico bersaglio di Piton, che ora aveva aperto la porta della sua aula facendoli entrare. Per loro sorpresa, all’interno del laboratorio, i banchi su cui erano soliti studiare e prendere appunti erano stati sostituiti da piani di lavoro che non avrebbero dovuto vedere prima di un mese. “Mi è giunta voce, che ci sia un genio tra le fila dei nostri studenti del primo anno… quindi, anche se in anticipo sul programma, passeremo alle parte pratica di pozioni subito, senza ulteriori indugi.” L’uomo aveva iniziato ad aggirarsi tra i banchi, parlando così piano da rendere quasi difficile sentirlo.  “La pozione che andrete a cuocere oggi, è una semplice crema antibolle, così elementare da essere quasi patetica da fare. Certo, non mi aspetto la perfezione visto che quasi tutti voi siete delle teste di legno senza speranze, ma…” qui la sua voce si fece più lenta, mentre un sorriso perfido gli storceva il viso “… sarò estremamente deluso da chiunque non riuscirà nemmeno a portare a termine le istruzioni. Avete due ore di tempo, le istruzioni sono alla lavagna. Iniziate.”

La sorpresa per la fine improvvisa del discorso, si sommò a quella per la lezione pratica, lasciando gli studenti imbambolati all’ingresso dell’aula senza sapere cosa fare. Visto che erano ancora fermi alle norme di sicurezza, ed alla manutenzione de calderoni, nessuno aveva nemmeno la più pallida idea di come cuore una pozione. Beh, nessuno a parte Harry, che sebbene non desse il massimo di se nella sua materia, aveva già avuto modo di preparare sia veleni che antidoti durante le sue missioni negli Inferi.

Dando uno scorcio alle istruzioni alla lavagna, e comprendendo quanto questa sia seriamente ridicola, il bambino-sopravvissuto prese per il secondo giorno di fila le redini della situazione, facendo un passo avanti, per poi voltarsi verso i suoi compagni. “Serpeverde, con me. Mettetevi in cinque per ogni piano di lavoro, iniziate con il riempire i vostri paioli d’acqua corrente, accendendo poi il fuoco per farla bollire.” Tutti erano immobilizzati per la sua presa di posizione, ed ancora nessuno osò muoversi. “Cosa fate ancora lì? Noi facciamo parte dell’antichissima casa di Salazar, dobbiamo dimostrare alla scuola intera che siamo migliori di quanto loro potranno mai essere! Ora al lavoro!” Questo scosse i suoi compagni grigio-argento, che subito si mossero verso il lato destro dell’aula, iniziando a diversi come gli era stato indicato.

Al tavolo con lui c’erano ovviamente i suoi amici più stretti, che comprendevano Blaise, Rias, Koneko ed Akeno. Per quanto avrebbe voluto invitare anche Hermione ad unirsi a loro, questo avrebbe causato conflitti interni al gruppo della sua casa per via dei tradizionalisti purosangue come Malfoy e la Parkinson, che avrebbero iniziato a mettere in discussione la sua leadership ad ogni occasione.

Mentre i Serpeverde iniziarono a muoversi, prima titubati, poi sempre più sicuri di sé, i Grifondoro ancora bazzicavano nell’oblio dei loro dubbi, consapevoli che a prescindere dal risultato della lezione, sarebbero stati loro a subire le ire del temibile professore. Harry sorrise ad Hermione mentre schiacciava i suoi scarafaggi dell’Amazzonia fino a ridurli ad una fine polverina, facendole segno con il capo verso un calderone. Conosceva la preparazione della ragazza, ed anche senza aver mai fatto una prova pratica sarebbe stata in grado di tirar fuori qualcosa di decente.

Eppure negli occhi della Grifondoro non c’era la solita condiscendenza, o la tranquillità che Harry era abituato a vedere, bensì un fuoco che la portò a sorridere più ampiamente, mentre seguendo l’esempio del bambino-sopravvissuto, la ragazza si faceva carico della sua casa. “Grifondoro!” nessuno rispose al suo richiamo sebbene tutti avessero concentrato la propria attenzione su di lei. “Non vorremo mica farci battere da questi viscidi Serpeverde!? Noi siamo i discendenti di Godric in persona, il coraggio è il nostro vessillo!” Hermione parò con voce tonante, scuotendo dal loro torpore i propri compagni di casa.

Come lui, aveva giocato sul loro orgoglio, riuscendo  a smuovere quella massa esitante di bambini inesperti. “Ora fate come vi dico, e vi prometto che noi non perderemo!” Il suo sorriso era dei più ampi, mentre organizzava e divideva le sue truppe, iniziando anche lei a far bollire l’acqua del suo calderone. In breve le segrete furono piene di fumi argentei, mentre tutti, chi più chi meno portavano avanti il compito a sorpresa.

Hermione ed Harry gestivano tutti, correggendo i vari errori dei propri compagni, cercando al contempo di portare avanti la loro pozione, senza mai lamentarsi o far caso a quel pipistrello formato gigante, che girava loro intorno perpetrando insulti per la scarsa qualità di una pozione, o il modo penoso in cui erano state tagliate delle erbe. “E questa Signor Potter la chiama una crema contro le bolle? Per quando è liquida potrebbe benissimo essere un ristagno d’acqua piovana!” Il pipistrello disse questo quando controllò la sua pozione, che aveva lasciato troppo sul fuoco mentre aiutava Akeno, ed aveva quindi perso consistenza. “Mi scusi professore, cercherò di fare meglio la prossima volta.” Harry rispose mitemente, senza mai incrociare gli occhi dell’uomo.

Alla fine della lezione, grazie ai propri generali, tutti in aula erano riusciti a fare una pozione semi-quasi decente, e sembrava che nessuno sarebbe stato punito. Ma a quanto pareva il meglio era stato tenuto per la fine. “Signor Potter, signorina Granger, prego fate un passo avanti ed affrontate i vostri compagni.” La voce di Piton era palesemente divertita, mentre sorrideva malignamente nella loro direzione. I due bambini fecero un passo avanti, e da come Hermione si mosse, Harry intuì che non aveva davvero capito a cosa andava incontro. Lui si era preparato a quell’eventualità fin da quando aveva deciso di prendere il comando dei Serpeverde, ma lei sembrava essere sicura che avrebbero ricevuto solo onori per il loro contributo alla lezione.

Mai sua idea poteva essere più sbagliata. “Per aver alzato la voce in classe, ed aver aiutato i vostri compagni, impedendo loro di fare gli errori necessari che li avrebbero fatti maturare, tolgo ad entrambi venti punti dalle vostre rispettive case.” Il chiocciare festante, che era scaturito quando la lezione era volta al termine senza incidenti gravi, si era ora trasformato in un silenzio attonito. I più scioccati erano i Serpeverde, che avevano appena assistito ad un evento narrato solo nelle leggende, e mai realmente documentato. Piton aveva tolto punti alla sua casa. Piton. Aveva. Tolto. Punti. Alla. Sua. Casa!

Harry annui alla decisione del Professore, mentre Hermione stava cercando di reprimere il bollore sulle sua guance. Non era imbarazzata questa volta, ma furiosa per via della scelta insensata del pipistrello. Loro avevano solo aiutato i propri compagni di fronte all’inaspettato, e questo avrebbe dovuto rendere il professore orgoglioso di loro, non farlo inviperire.

Schiumante di rabbia la ragazza abbandonò il sotterraneo non appena finita la lezione, seguita da qualche insulto molesto, lanciato dai più idioti della sua casa. “Hermione, sei solo una stupida secchiona!” Uno sguardo inceneritore fu mandato a Ron Weasley, che di recente era divenuto il capo di una piccola fazione di studenti che lo vedeva come la reincarnazione del signore oscuro. “Weasley, smettila ora se non vuoi finire il infermeria.” La voce di Harry scosse il rosso, che si voltò guardandolo  con cattiveria. “Ah sì, perché lei è una delle tue tante ragazze, vero Potter? Secchiona e pure amica di un Serpeverde, non so davvero cosa ci abbia visto il cappello parlan…”

Harry scattò, il pugno chiuso, un’aura rosso intorno alla mano, stavo già saltando addosso a Ron quando diverse paia di mani lo trassero indietro. Koneko, Rias ed Akeno riuscirono a fermarlo, mentre Blaise si metteva in mezzo, frapponendosi tra i due. Tutti avevano visto l’aura rossa intorno alla mano di Harry, soprattutto Ron, che era sbiancato, convinto di essere morto. “Harry, i Serpeverde non combattono come babbani, piuttosto fanno dei duelli. Di un po’ Weasley, ti va di fare un duello contro Harry? Io sarò il suo secondo, ma sinceramente credo che non resterà nulla di un Grifonidiota come te dopo che lui ti avrà sistemato…” Zabini parlò subdolamente, con un sorriso denigratorio in viso, facendo passare il colorito di Ron, da terreo a color mattone. “Ci sto! Dove lo facciamo?”

Ron parlò con foga, senza accorgersi di essere finito nella trappola del Serpeverde. “Beh, visto che è vietato dal regolamento fare magie nei corridoi, direi di vederci stanotte sul tardi nella sala dei trofei. Direi intorno a mezzanotte. Se non ci sarai, faremo in modo che tutti sappiamo che non è solo il nome della tua famiglia ed i tuoi vestiti ad essere patetici, ma anche tu.” Ora erano i grifondoro a trattenere Ron, che aveva iniziato ad insultare manco fosse un bambini di cinque anni. Poco dopo, i due gruppi si divisero dirigendosi alla lezione successiva. Tra le fila dei Serpeverde l’umore era nero, ma una persona sembrava particolarmente divertita, Draco Malfoy. “Ah Blaise, questa si che mi è piaciuta! Quindi cosa farete, direte a Gazza di andare a prenderlo, oppure vi presenterete davvero?”

Blaise ritornò alla sua espressione calma e pacata, facendo un piccolo sorriso al biondo. “Quando mai uno Zabini si è presentato ad un duello? Ovvio che avvertiremo Gazza, e si spera che domani quel Weasley sia sul treno verso casa.” Draco rise, molti dei serpeverde lo imitarono, solo Harry si ritrovò a sbuffare come un toro inferocito. “Dovevate lasciare che lo colpissi.” Si rivolse alle ragazze che prima lo avevano afferrato, impedendogli di arrivare al bersaglio. Loro sorrisero, afferrandogli le braccia, ed abbracciandolo da dietro. “Se lo avessimo fatto quel pugno gli avrebbe fatto scoppiare la testa. Dubito che saresti potuto rimanere a scuola dopo quello.”

Harry sbuffo, sciolse la loro stretta su di lui, cominciando a camminare a passo svelto. Di nuovo aveva lasciato che il suo temperamento venisse fuori. Per quanto cercasse di reprimersi e di comportarsi bene, ancora c’era un lato di se che sfuggiva al suo controllo.

Gli occhi si alzarono al soffitto, mentre il demone camminava leggermente più tranquillo.

Un’altra giornata era finita, e con essa un’altra lezione era passata.

Non poteva andargli sempre bene, no?

****************

Sala Comune Grifondoro, un’ora prima di mezzanotte.

Hermione aveva saputo del duello grazie alle voci che giravano per tutto il castello. La notizia si era diffusa in lungo ed in largo grazie al canale di gossip della scuola, che aveva gonfiato la notizia al punto che sembrava che Harry avesse sfidato Ron solamente per dimostrare il suo amore nei confronti della Grifondoro. La bambina era stata confusa, felice ed eccitata, ma al tempo stesso aveva paura che potessero essere  tutti espulsi.

Era contro il regolamento uscire di notte, era contro il regolamento duellare nei corridoi, ed ancora più importante era contro il regolamento farsi beccare! Per questo ora si trovava a braccia conserte, davanti l’uscita della Sala Comune, affrontando Ron e  Dean, che si sarebbero presentati alla sfida.

“Ron, ti ho detto no! Non puoi andare, è contro il regolamento, farai perdere dei punti a Grifondoro!” Aveva provato ad essere gentile, ma il rosso provavo solo disprezzo per lei, come molti altri compagni di casa. Purtroppo gli atteggiamenti delle persone nei suoi confronti non erano cambiati con l’iscrizione alla scuola di magia. “Come se a te ti importasse qualcosa se la nostra casa perdesse dei punti! Sei solo una traditrice che se la fa con i Serpeverde! E poi quel Potter! Cosa ci trovi in lui, ti ha messo sotto incantesimo?” La voce di Ron era tagliente e cattiva, come lo erano sempre i suoi commenti verso di lei. “Lascia in pace Harry, e poi oggi ho aiutato anche te a Pozioni! Non è colpa mia se Piton ci ha tolto dei punti, io ho solo fatto la cosa giusta!”

“Sì, la cosa giusta, come no. Volevi solo fare la secchiona come fai sempre, sempre a dare ordini, a dire agli altri dove sbagliano e come si fanno davvero le cose! Fatti da parte, per me tu non sei altro che una stupida, ed io ho un duello da vincere” Ron afferrò la sua bacchetta, la puntò contro Hermione, ma lei ancora non si mosse. Non avevano imparato alcun incantesimo offensivo, ed il rosso aveva dato prova in più di un’occasione della sua inutilità con una bacchetta in mano. “No, Ron! Puoi anche odiarmi, non mi importa, ma non posso lasciare che veniate espulsi! Se voi veniste espulsi, io…”

Ron le si avvicinò, quasi schiacciò il suo viso contro quello di lei mentre premeva la sua fronte contro la sua. “Noi? Tu vuoi solo che Harry non sia espulso! Non ti importa nulla di noi, altrimenti non faresti la corte a quello sporco Serpeverde!” Hermione arretrò, il cuore che pulsava dolorosamente, la testa confusa, gli occhi bagnati di lacrime. Non sapeva cosa dire, ne come dirlo, poteva solo trattenere le lacrime per non mostrarsi debole. “Andiamo Dean, facciamola finita.”  Dean guardò un attimo Hermione, prima di porgerle un fazzoletto, seguendo il rosso oltre il rifugio sicuro della sala comune.

“No! Verrò anch’io, non posso permettere che vi facciate male, io vi fermerò!” Hermione seguì i due bambini da dietro, continuando a rimproverarli facendo previsioni di possibili disastri. Alla fine i tre arrivano nella Sala dei Trofei, e si misero in attesa. Il tempo passò, ma nessun Serpeverde si fece vivo. Alla fine sentirono un miagolio, ed i passi affrettati del custode. “Sbrigati Mrs. Purr, dobbiamo prenderli, sono nella sala, nella sala dei trofei!”

La voce strascicata di Gazza li fece sobbalzare. Erano caduti nel tranello dei Serpeverde. Nel tranello di Harry. Hermione capì questo mentre li portava via, guidandoli per una porta secondaria, e da lì lungo un corridoio. Fu solo quando si trovarono davanti ad una porta sbarrata che il panico iniziò a dilagare. “Miseriaccia, se ci prende saremo espulsi!” La Grifondoro lo guardò male, represse l’istinto di picchiarlo, per poi spingerlo via. “Spostati, idiota!” La punta della sua bacchetta colpì due volte la serratura, mentre la ragazza sussurrava l’incantesimo “Alohomara!” La serratura scatto e la porta si aprì. I tre entrarono nella stanza proprio mentre Gazza stava per voltare l’angolo dove si trovavano. Si salvarono per miracolo, ma per ogni evenienze Hermione tenne la porta socchiusa, osservando il custode guardarsi in giro.

“Hermione…” Ron cercò di richiamare la sua attenzione, ma lei lo ignorò. Dava ancora le spalle alla stanza, si preoccupava solo di guardare nel corridoio, dove un inviperito Gazza stava ora prendendo una diramazione che lo avrebbe portato lontano da loro. “Hermione, dobbiamo uscire…” Stavolta fu Dean a parlare, e la sua voce era percorsa da paura pura. “Non ancora, potrebbe tornare indietro. Aspettiamo qui ancora un po’.”

Poi un ringhiò sommesso percosse l’aria, facendo tremare le ossa nel corpo dei bambini. Hermione si voltò lentamente, il cuore quasi fermo per la paura. E poi lo vide. Un cerbero, un enorme, orribile cerbero, che faceva la guardia a qualcosa. “Andiamo via!” I tre si catapultarono fuori dalla stanza giusto in tempo per evitare la sfilza di denti affilati della bestia, che aveva iniziato ad abbaiare frustrato.

E poi i tre ricordarono solo la lunga corsa lungo il castello, durante la quale furono fortunati a non incontrare nessuno. Una volta di nuovo al sicuro, Dean fu il primo a riprendersi. “Ma cosa cavolo era quella cosa?!” Hermione, e la sua mania da sotutto, risposero alle perplessità degli altri. “Era un cerbero, un mastino dell’inferno. Sapevo fossero estinti da secoli, ma non è questo l’importante. Non avete visto su cosa poggiava le zampe?” I due la fissarono, quasi fosse impazzita. “Le zampe? Hai fatto caso le zampe? Scusa Hermione, ma io ero troppo impegnato a contare le teste, che erano tre se non te ne sei accorta!” Ron sbottò, alzandosi in piedi, irritato  e paranoico. “Era tutto un piano di Harry, lui ha cercato di uccidermi! Deve essere così, ha capito che l’avrei battuto ed ha deciso di farmi fuori! Te l’ho detto Dean, lui è un mago Oscuro!”

I due iniziarono a discutere, mentre Hermione scartava a priori la possibilità che Ron avesse ragione. Harry non avrebbe mai tentato di ucciderlo, anche se era un Serpeverde. Lui era buono, le ne era convinta…

Con la mente in subbuglio la ragazza andò a dormire, sentendo nelle sue orecchie ancora le ultime parole di Dean e Ron.

Non poteva crederci, non lui, non il suo Harry.

****************

Hogwarts
Regno Unito
12 Ottobre, 1991

Le mano di Harry si tese sul manico di scopa. Istintivamente il bambino richiamò la sua magia, infondendola nella voce, mentre esclamava 'Su', seguendo le istruzioni di Madama Bumb. Come lui, tutti gli altri Serpeverde e Grifondoro del primo anno fecero altrettanto, ma a differenza sua solo in pochi riuscirono a richiamarlo al primo colpo.

Una delle persone in maggiore difficoltà sembrava essere Hermione, il cui manico di scopa si rifiutava assolutamente di levarsi in volo, ed anzi si ostinava a rotolare a terra come privo di forze. Dopo qualche minuto, molti altri erano riusciti nell'impresa, ed anche chi non era riuscito a far sollevare il suo manico, fu autorizzato a raccoglierlo da terra per passare alla fase successiva.

“Bene bambini, ora salite sulla scopa, portandovi in questa posizione.” La donna si pose al centro dello spiazzo tra i due gruppi, e mostrò loro come cavalcare una scopa, dove mettere le mani, e come controllare altitudine e velocità. “Ricordate, date solo una spinta con i piedi verso l'alto, alzatevi di qualche metro, e poi inclinate il manico verso il basso per tornare a terra.” La donna, con capelli argentei ed occhi acuti, diede loro una dimostrazione man mano che spiegava, atterrando infine per vedere come se la cavavano presi singolarmente. “Al mio tre. Uno, due...”

Molto prima del tre, Neville Paciock di Grifondoro, si diede una forte spinta con i piedi, cominciando a sollevarsi in aria. In pochi istanti tutti capirono che aveva già perso il controllo della scopa. “Signor Paciock, cosa sta facendo?! Scenda subito, le sto ordinando di scendere!” A dispetto delle sue parole però, Nevile continuò a salire, in alto sempre più in alto, urlando a squarciagola. E poi cadde. I riflessi di Harry gli permisero di erigere un incantesimo imbottito appena prima che il ragazzo toccasse il suolo, ma non avendo usato una bacchetta, nessuno se ne accorse.

“Lasciatemelo vedere!” La professoressa si avvicinò a Neville, lo scosse, facendo la conta dei danni. “Sembra non si sia fatto nulla, sebbene questo sembri impossibile. Adesso lei verrà con me in infermeria, e voi altri. Se qualcuno osa prendere la scopa mentre non ci sono sarà espulso prima di avere il tempo di dire Quidditch!”

La donna si allontanò, sorreggendo un illeso, ma spaventato Neville, il tutto mentre gli altri studenti incominciavano a  dividersi in gruppi per parlare dell'accaduto. “Guardate, quel deficiente ha perso qualcosa!” Draco richiamò i Serpeverde, raccogliendo dal punto di impatto al suolo una piccola sfera trasparente che sembrava contenere del fumo grigio. “Una ricordella! Forse se quel cretino l'avesse tenuta in mano si sarebbe ricordato di cadere sulle chiappe!”

Molti risero alla sua battuta, ma dalle file Rosso-oro si fece avanti un insolitamente tranquilla Hermione “Dai qua Malfoy, quella non è roba tua.” La ragazza era stata distante e distratta per tutta la mattina. Profonde occhiaie nere le bordavano gli occhi, mentre questa passava di fianco ad Harry senza rivolgergli uno sguardo. La cosa iniziò ad insospettire il ragazzo, che però non volle indagare ulteriormente per evitare di causare altri dissidi tra lei ed i suoi compagni di casa. Aveva già capito che era colpa sua se le cose per lei andavano male, ma nonostante questo non poteva evitare di preoccuparsi, ne poteva non tentare di farla stare meglio, anche solo un per un po'.

Malfoy, quando la vide, si limito a ghignare, passandosi la palla da una mano all'altra come farebbe un giocoliere. “Perché mai dovrei dare ascolto ad una SangueMarcio come te? Hai forse intenzione di correre in giro agitando quella tua bacchetta rubata, solo per far perdere altri punti alla....” Draco non riuscì a terminare la frase, che un pugnò lo colpì in pieno viso.

Incredibilmente, per quanto Harry lo stesse desiderando, non fu lui a colpire il biondo, che invece fu atterrato da Hermione stesse. “SangueMarcio chiamerai quella cagna di tua madre, stupido biondo platinato!” La voce di Hermione era insolitamente alta mentre Draco, steso al suolo, alzava lo sguardo su di lei, pulendosi il sangue dalla bocca “Mio padre lo verrà a sapere!”

“Verrà a sapere cosa Signor Malfoy?” Madama Bumb sembrava aver fatto di corsa, forse temendo che qualche studente avrebbe trasgredito ai suoi ordini, facendo un volo non supervisionato. “Lei mi ha colpito!” Draco accusò Hermione, sul cui viso era tornata un'espressione angelica mentre si rivolgeva alla donna. “Questo è vero signora, ma solo perché Draco ha provato a picchiarmi con il suo manico di scopa.” La sua voce era tranquilla, l'espressione serena, eppure intorno a lei tutti erano sbigottiti. Come poteva mentire con così tanta naturalezza? “Questo è vero Signor Malfoy?” La voce della Bumb si era fatta più dura mentre la donna tornava a rivolgersi al biondo, la cui famiglia conosceva di fama.

“Io non ho fatto nulla, si sta inventando tutto! Mi ha solo colpito, senza alcun motivo!” Draco si difese, cercando di scaricare l'intera colpa sull'altra, che si preparò a ribattere, tuttavia questo fu impedito. “Bene, basta così! Signor Potter, è vero quello che la signorina Granger sta dicendo, è stato davvero Malfoy ad incominciare?” Harry non dovette nemmeno pensarci, annui stoicamente incrociando le braccia al petto. “Si signora, è vero. Sembrava che trovasse divertente picchiare una nata babbana, ma Hermione qui non è tanto stupida da rimanere inerme e farsi bullizzare. Per quanto mi riguarda le sue azioni sono state semplice auto-difesa.”

Draco spalancò la bocca, rivolgendo un'occhiataccia ad Harry “Signor Malfoy, lei dovrà scontare una punizione, e parlerò con il suo capocasa dell'accaduto. Simili atteggiamenti non sono ammessi all'interno della scuola. Ora tutti in fila, riprendiamo con le esercitazioni.” I ranghi si ricomposero, Harry cercò nuovamente gli occhi di Hermione, ma lei gli sfuggì ancora, nascondendosi dietro ai suoi compagni. “Perché lo hai fatto?! Sapevi che era stata lei!”

Le braccia di Harry si sciolsero, il bambino-sopravvissuto avvicino il suo viso a quello di Malfoy, avvicinandosi tanto da poter sentire il lento fiato caldo di Draco sul suo viso. “Sei stato anche fortunato... ti ho già detto che non sopporto sentir chiamare qualcuno SangueMarcio. La prossima volta non sarà solo la tua bocca a sanguinare...”

Il demone si allontanò, tornando a mettersi di fianco alla sua scopa. “Harry, non avrai preso di mira pure gli uomini vero?” Akeno, che era alla sua destra, gli sorrise maliziosa, ridacchiando per la scena di poco prima. “In che senso scusa?” Lui la guardò confusa, lei si coprì la bocca scuotendo il capo. “A volte si così innocente, un vero e proprio bambino.” La ragazza continuò a ridere, mentre Harry incominciava a la regolarizzare la respirazione. Ce l'aveva ancora con Draco, ce l'aveva a morte. Voleva picchiarlo, saltargli addosso, strappargli i vestiti, e fargli capire una volta di più, che il suo status di Purosangue non contava nulla. Anche lui alla fine si sarebbe piegato di fronte ad Harry, ed avrebbe acconsentito a qualsiasi sua richiesta, come tutti.

Il cuore iniziò a calmarsi, la mente a tornare lucida, mentre di nuovo tendeva la mano sulla scopa, che una volta tra le sue gambe, avrebbe stretto forte, facendo aderire i palmi delle mani al duro legno laccato. Si preparò al decollo, e quando Madama Bumb fischiò, spinse forte con i piedi prendendo velocità. L'aria iniziò a scompigliargli i capelli, mentre saliva sempre più in alto, sempre più lontano, sempre più veloce. Per un attimo si sentì libero, il sangue nelle sue vene non era più veleno e la sua mente era di nuovo libera.

Urlò al mondo la sua gioia, mentre dal basso venivano urli amplificati, e richiami. Il suo di un fischietto lo raggiunse mentre volteggiava libero nei cielo, ed a quel richiamo subito punto il manico di scopa verso il suolo. La sua picchiata fu incredibile, fino all’ultimo momento rimase con il corpo piegato sul manico di scopa acquisendo velocità, strattonando solo alla fine verso l’alto per fermarsi ad un palmo da terra.

Non era mai stato così euforica da che avesse memoria, e lo dimostrò esibendosi in un giro delle morte, conclusosi con l’atterraggio. “Professoressa, è stato semplicemente…. Wow, mai volato così. Era tutta un’altra cosa rispetto al volo normale.” Harry continuò a parlare, la sua voce era una macchinetta incontrollabile, mentre spiegava ad un’esasperata Madama Bumb ogni singolo scarto della sua scopa mentre la guidava nei cieli sopra il castello. “Fermo Potter! Mi stai dicendo che questa era la tua prima volta su una scopa?”

La professoressa era allibita, Harry esaltato. “Si, la mia prima volta, ma può scommetterci che non sarà l’ultima! Devo assolutamente comprarne una, e poi esercitarmi, so di poter diventare molto, molto più bravo! Per esempio alla fine, mentre risalivo dalla picchiata, per un istante ho urtato il suolo con la punta del manico! Quello ovviamente mi ha fatto perdere….” E di nuovo il bambino riprese la sua narrazione, completamente dimentico di tutti gli altri suoi coetanei che potevano solo sognare un talento del genere.

“Lei ha così tanto potenziale Signor Potter… scriverò uno nota al suo Capocasa, lei deve assolutamente entrare in squadra come cercatore!” L’appassionata di Quidditch si lanciò in un’intensa narrazione sportiva, mentre con un gesto vago della mano faceva riprendere gli altri ad esercitarsi.

Per il resto della giornata non ci furono ulteriori problemi, tutto si svolse regolarmente, ma le voci secondo cui Harry Potter fosse un genio in qualsiasi cosa tentasse, prese sempre più piede nel castello.

Al ritorno dalla lezione tuttavia, un incontro inaspettato, riscosse il piccolo eroe dall’emozione del volo, facendolo tornare per la prima volta con i piedi per terra. “Hermione!” La ragazza era ferma davanti agli enormi portoni che davano alla Sala d’Ingresso, e sembrava stesse aspettando proprio lui. “Harry, ti posso parlare?” La sua voce era titubante, il volto rosso. Completamente diverso dal viso sicuro di se che aveva mostrato prima a lezione. “Si certo. Voi andate avanti senza di me.” Harry congedo i suoi amici con un cenno del capo, mentre questi li superavano lasciandoli soli sulle scale che davano sull’immenso prato.

“Volevo… ecco, volevo parlarti di ieri sera. Perché non sei venuto nella sala dei trofei?” La ragazza non lo guardava, avevo gli occhi fissi in avanti, sul sole calante all’orizzonte. “Ieri sera… dovevo andare nella sala dei trofei?” Harry era confuso, aveva dimenticato la sfida visto che non era stato lui a proporla e non aveva intenzione di presentarsi, quindi impiegò qualche istante per ricordare. “Ah, si. Perché me lo chiedi? Non mi dirai che Ron è davvero uscito per il castello di notte!” Harry sorrise, Hermione abbassò per un attimo gli occhi, ma si volse verso di lui con un sorriso. “Sapevo che non lo avevi programmato tu.” La confusione di Harry crebbe ancora una volta. “Programmato… cosa?”

Hermione rise della sua espressione ingenua, ed iniziò a raccontare. Del cerbero, della botola, del corridoio del terzo piano, iniziando poi una filippica su come Harry dovesse chiedere scusa a Ron prima che l’astio tra i due degenerasse.

I due risero e parlarono a lungo, saltando addirittura la cena, ma la cosa non fu un problema, perché erano insieme e non avevano bisogno d’altro.

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Hogwarts
Regno Unito
31 Ottobre, 1991

Erano passati quasi due mesi da quando Harry si era iscritto ad Hogwarts, ed ormai la sua vita aveva assunto una piacevole routine. Ogni mattina si alzava, faceva colazione con i suoi compagni di casa, seguiva le lezioni, aiutando e supportando chiunque avesse bisogno del suo aiuto, ed infine si allenava nella realtà alternativa grazie al pugnale che gli era stato regalato il giorno della sua partenza dagli inferi.

Certo, non sempre quando aiutata qualcuno lo faceva volentieri, ed in più di un’occasione ha dato solo un finto aiuto a chi gli stava realmente antipatico, ma nonostante questo nessuno nel corpo insegnanti aveva di che lamentarsi. Perfino Piton, che non nascondeva il suo disgusto per l’ultimo dei Potter, aveva avuto più modo di riprenderlo in alcun modo. Harry aveva assunto il ruolo di leader del primo anno, quasi all’unanimità e tutti seguivano le sue istruzioni senza discutere.

Quando condivideva la classe con i Grifondoro sedeva sempre accanto ad Hermione, ridendo e scherzando con lei come se fossero amici da sempre. Si divertita in compagnia della bambina, che grazie al suo aiuto ed ai libri che le aveva prestato, aveva iniziato presto a spiccare in capacità ed incantesimi. Certo non era al suo livello, ma in pochi anni sarebbe diventata una strega con un potenziale magico esorbitante.

Harry sorrise, vide i suoi amici avviarsi verso la Sala Grande per il veglione di Halloween, ma lui rimase indietro. Rias e le altre, che sapevano la ragione dietro questa sua scelta non commentarono, Blaise invece, che ormai ricopriva ufficialmente il ruolo di migliore amico maschio, si fermò vicino a lui guardandolo dubbioso. “Tu non vieni.” Non era una domanda la sua, ma solo una costatazione. Una delle cose che più gli piacevano di Zabini era questo suo modo di porsi. Tranquillo, senza insistenza e senza curiosità. Parlare con lui era una delle cose che più rilassavano l’Alfiere. “No, stasera no. Andate avanti senza di me, io farò un giro per il castello e ci vedremo a fine serata.” Harry sorrise, Zabini annuì increspando le labbra nell’ombra di un sorriso, allontanandosi infine insieme agli altri Serpeverde.

Quando finalmente fu da solo, il bambino prese uno dei suoi libri di incantesimi, sfogliandolo fino ad una pagina in particolare, dove aveva accumulato diversi ritagli della Gazzetta del Profeta. Quello era il suo bottino, un qualcosa che era riuscito a ricavare dalla biblioteca, spulciando le edizioni dei vecchi giornali. Nelle pagine strappate, più degli articoli,  risaltavano alcune vecchie foto stropicciate in movimento, che mostravano due persone.

“Mamma… papà… mi mancate” la voce di Harry era un sussurro inudibile mentre sfogliava ciò che restava dei suoi genitori. Solo foto ed articoli presi dai giornali vecchi di una decade. “Vorrei tanto che voi foste qui.” I suoi occhi si inumidirono, e per quindici minuti non fece altro che guardare le foto, cercando di cogliere le somiglianze che lui aveva con i genitori, ricostruendo dagli articoli frammenti della loro vita.

Alla fine non ce la fece più. Ripose di nuovo i ritagli al loro posto nel libro di incantesimi, e si avviò fuori dalla sala comune. La sua mente era stanca e vuota, ora che non doveva indossare la sua maschera di perbenismo, si sentiva logorato e sfinito. Però stava funzionando. Reprimere le sue emozioni, nascondere la sua cattiveria, il suo dolore, mostrando solo quello che tutti vorrebbero vedere, lo sta facendo amare.

Ha molti amici, nessuno lo ha ancora chiamato mostro, sebbene corrano voci sul fatto che lui sia un mago oscuro. Purtroppo non può piacere proprio a tutti, ma questo è solo un piccolo prezzo da pagare se paragonato a come la sua vita era un tempo, quando a scuola lo evitavano tutti per paura di suo cugino.

Camminò così tanto, e con la mente così persa nei suoi pensieri, che alla fine voltò un angolo senza prestare attenzione, e finì con l’andare a sbattere contro qualcuno. Entrambi caddero a terra, ed Harry era già pronto a scattare contro chiunque fosse responsabile di ciò, quando capì di avere davanti un’Hermione in lacrime.

Per un momento l’eroe del mondo magico fu spiazzato. Non sapeva bene come comportarsi con una ragazza in evidente crisi di pianto “Ti ho fatto male?” chiese la cosa più stupida che gli passava per la mente, preoccupato che fosse lui la causa di quanto stava capitando. Hermione cercò di tirarsi su, ma riuscì solo a piangere più forte. Alla fine scosse il capo, sedendosi appoggiata alla parete di pietra del corridoio. I due si trovavano vicino ad un bagno, dal quale la ragazza sembrava essere appena uscita. “Cos’hai Hermione, se non me lo dici non posso aiutarti.” Harry tornò ad indossare la sua maschera, ma questa volta non fu difficile come quando si rivolge ad estranei o persone di cui non gli importava. Era davvero preoccupato per la ragazza.

“È stato Ron?” Hermione nascose il viso tra le mani, senza negare ne confermare la sua supposizione. Erano settimane ormai che Ron portava avanti la sua campagna diffamatoria contro Harry, cosa che al bambino-sopravvissuto poteva anche andar bene se non fosse stato per i danni collaterali che questa comportava. Infatti, indifferentemente da chi fossero, i suoi amici venivano spesso presi di mira con scherzi ed insulti dalla banda del Weasley, la cui vittima preferita sembrava essere Hermione, colpevole di aver fatto amicizia con i Serpeverde.

Harry passò un braccio intorno alle spalle della bambina, cercando di confortarla, mentre nella sua mente ideava nuovi modi di farla pagare al rosso “Non ti preoccupare Hermione, avevo promesso che non avrei permesso a nessuno di prenderti in giro, ed io mantengo la parola data. Mi occuperò di Ron quanto prima.” Harry parlò con voce risoluta, cercando di infondere coraggio alla ragazza, che invece scosse il capo timidamente. “N-No. Non farlo, altrimenti parleranno ancora male di te. I-Io posso cavarmela da sola…”

La ragazza cercò di farsi forza, ma da come tremava e singhiozzava era evidente che non era in grado di farcela. Harry l’avrebbe protetta, anche a costo di farlo a sua insaputa. Cercando di mettere da parte quel discorso, il demone provò a tirare su di morale la ragazza cambiando argomento. “Sai, tu dovresti essere in Sala Grande ora, dicono che il banchetto di Halloween sia addirittura meglio di quello fatto il primo giorno di scuola. Non dovresti perdertelo sai?” Harry sorrise, strinse un po’ più forte la ragazza, che fece una risata umida e stentata. “Q-Quindi anche  tu dovresti essere li, no?” Hermione disse questo strofinandosi gli occhi. Stava cercando di mettere da parte il cattivo umore.

“Nah, mi conosci, la festa è ovunque io sia, perfino qui con te mi diverto di più che se fossi in Sala Grande”  Hermione rise ancora, e questa volta ci mise un po’ più di cuore. “No davvero, perché sei qui? Non sarai venuto apposta per cercare me?” Negli occhi della bambina c’erano desideri contrastanti. Le sarebbe piaciuto se lui fosse andato a cercarla dopo aver visto che mancava a cena, ma non voleva iniziare a dipendere da lui. Di fronte all’insistenza della ragazza, il sorriso di Harry scemò un po’, mentre lui alzava lo sguardo al soffitto, distogliendolo da lei. “Non mi sembrava giusto festeggiare qualcosa nell’anniversario della morte dei miei genitori.”

Le sue parole uscirono fuori naturali e tranquille, ma la Grifondoro avvertì al loro interno tutto il dolore del bambino. “Harry  mi spiace, io…” Hermione provò in qualche modo a scusarsi, ma Harry le pose l’indice sulle labbra, mettendo a tacere ogni suo tentativo. “Non ti preoccupare, non devi essere dispiaciuta per me, alla fine non è colpa tua se i miei genitori sono morti. Sono solo contento di essere sopravvissuto abbastanza da incontrare persona come te e Rias, che posso considerare vere amiche…” Harry parlò piano, socchiudendo gli occhi e poggiando il capo contro il muro.

“Harry…” Hermione provò ancora una volta a parlare, ma lui la zittì di nuovo. “No Hermione, davvero, non c’è bisogno che ti scusi. Voldemort ha ucciso i miei genitori ed io ho ucciso lui. Sono famoso per questo, più di quanto io stesso voglia, ma a volte la fama non è un’amica fidata, ti obbliga a crescere ed a guardarti le spalle... Stasera volevo essere solo un bambino normale che ricorda i suoi genitori, volevo solo..” Harry continuò a parlare, ma non riuscì a concludere il discorso. La voce acuta di Hermione richiamò la sua attenzione. “Harry!” Il bambino si voltò, la fisso, seguendo poi la direzione indicata dal suo dito tremante. A poco più di dieci metri di distanza, si trovava un enorme Troll, alto più di tre metri, con un’enorme mazza in mano.

Quando loro si resero conto del Troll, lui notò loro. “Cibo!” La bestia umanoide inizio a muoversi nella loro direzione ad una velocità sorprendente per uno della sua taglia, brandendo la mazza alla rinfusa, finendo con lo scheggiare dipinti e muri in pietra. “Hermione, scappa.”

Harry parlò deciso, tornando in piedi per frapporsi tra il mostro e la sua amica. “Harry devi venire con me! Quel mostro ti mangerà!” Hermione era giustamente spaventata, ma Harry la guardò fissa per un istante, alzando in contemporanea la mano destra verso la bestia; Da diversi punti del corridoio partirono immediatamente raggi di luce che la colpirono, arrestandone la corsa. Aria, acqua, elettricità, fuoco e terra fuoriuscivano da sigilli mistici comparsi in aria, colpendo l’essere con una potenza immane. “Ho promesso di difenderti qualunque cosa accada, quindi vai. Io posso cavarmela, se scappassimo entrambi ci inseguirebbe ed infine prenderebbe. Se sei preoccupata per me, allora vai a cercare un professore.”

Harry le sorrise, lei guardò scioccata i lampi di luce che ancora colpivano il Troll, facendo poi retromarcia nel corridoio per andare a cercare aiuto. Adesso veniva il difficile. Harry aveva usato un attacco a piena potenza sul mostro, solo per convincere la sua amica ad andarsene, ma come già sapeva nessuna delle sue magie ebbe effetto sulla creatura.

I Troll infatti erano noti per essere la seconda creatura più mortale al mondo, superati di poco solo dai maghi oscuri. I loro punti di forza erano le grandi capacità rigenerative, la pelle estremamente coriacea e la forza immane. In genere, in una battaglia contro un mostro del genere, si sarebbero mandate avanti le Torri, che grazie alle proprie difese ed alla loro forza, avrebbero potuto facilmente stendere la bestia facendole perdere i sensi, ma in caso come il suo, dove c’era un solo Alfiere a disposizione, bisognava giocare d’astuzia.

Non appena Hermione fu abbastanza lontana, Harry interruppe la pioggia di fuoco sull’essere, iniziando la composizione di nuovo sigillo. Le mani si chiusero tra loro, si allargarono, disegnarono in aria una figura umanoide, che seguendo le sue direttive iniziò a prendere vita. Parte della pavimentazione del corridoio si sollevò su se stessa, mentre una copia del Troll in pietra prendeva vita. Questa era una delle trasfigurazioni più grande che avesse mai fatto, ma nonostante ciò il suo potere sembrava reggere. Certo, una grossa fetta delle sue energie era stata prosciugata, ma vedendo come i due colossi se le davano di santa ragione, forse ne era valsa la pena.

Mentre lo scontro andava avanti, Harry passò al punto successivo del suo piano. Piegò attentamente la mano in un lungo gesto complicato, iniziando a riscrivere la realtà perché si adattasse alle sue esigenze. Questa parte della sua strategia richiedeva molto tempo, in quanto i calcoli da fare e le variabili da considerare erano molteplici, per questo aveva creato un diversivo. Lentamente nel suo palmo comparve un’elsa, poi una lama, ed infine il contorno color rubino di una lacrima di sangue, che si sciolse all’interno dell’arma facendola risplendere con una luce maligna.

L’arma che aveva creato, era una replica a basso potenziale di una spada demoniaca in genere usata dai Cavalieri, il suo potere di penetrazione era elevato, così come era elevato il suo tasso di mortalità. Un ultimo pugno del Troll originale, ridusse la sua copia in polvere, ma era ormai già troppo tardi, i preparativi erano finiti. Harry si mise in posizione, un braccio dietro la schiena, l’altro che stringeva l’arma coprendo ogni possibile apertura nella sua guardia.

Più della sua mente, il suo corpo ricordò gli anni di duri allenamenti, che non furono incentrati  solo sulla magia, ma si ampliarono concedendo ad Harry conoscenze basilare di ogni tipo di lotta. Un enorme pugno trollesco si mosse nella sua direzione, ma con un movimento minimo Harry si spostò dalla traiettoria del colpo, vedendo la sua frangia alzarsi per lo spostamento d’aria. La spada calò in quell’istante sul braccio del troll ed Harry caricò il colpo con la magia, aumentando per un istante la lucentezza della lama. Carne, muscoli e tendini vennero recisi ed il braccio cadde al suolo, ma c’era qualcosa che non andava.

La magia con cui aveva impregnato la spada avrebbe dovuto ridurre al minimo la rigenerazione della bestia, dando modo ad Harry di prevalere facilmente, ma da come il sangue smise subito di uscire e l’arto riprese a crescere sul moncone, evidentemente aveva sbagliato qualcosa. L’assenza di ricettori del dolore era un altro punto di forza del troll, che senza badare al braccio amputato ed in ricostruzione alzò la mazza con la mano sana spazzando l’aria nella sua direzione.

Harry sudò freddo, si chinò all’indietro e vide l’enorme arma in legno, grossa quanto lui, passargli proprio di fronte agli occhi, colpendo il muro. Un’entrata di servizio era stata fatta per il bagno delle signore, sfortuna ha voluto che non ci fosse nessuna delizia da vedere al suo interno. Harry prese un respiro, rotolò indietro per guadagnare spazio, guardandosi intorno confuso. Hermione era sparita già da un po’, ed a meno che non ci fosse stata qualche altra creatura appostata nell’ombra, dovrebbe aver già trovato aiuto ed essere tornata per lui.

Mise da parte la questione quando il troll strappò la mazza dalla parete con ora entrambe le braccia completamente guarite. “Huuuuaaa!” La creatura ululò la sua insoddisfazione per quel boccone così difficile da acchiappare lanciandosi di nuovo contro di lui. Harry incrementò il potere della spada, rischiò quasi di rompere la lama mentre la saturava di energia demoniaca, ma se voleva almeno una possibilità di vittoria doveva tentare l’impossibile. L’enorme bestia gli corse contro, Harry non scappò, non si voltò ne fuggì, anzi come se questa fosse la cosa più naturale da fare piegò le ginocchia spiccando un salto verso in avanti.

Il pugno del troll colpì Harry alla spalla spezzandogli la clavicola, il braccio e probabilmente anche qualche costola, ma anche se ora un braccio gli pendeva inerte lungo il corpo, la spada era penetrata fino all’elsa nel corpo del Troll trapassandogli il cuore. La creatura si fermò per un istante, ed Harry, nonostante il dolore folle che quasi gli fece perdere i sensi, si costrinse in un piccolo sorriso. Lentamente estrasse la lama dal petto della creatura, usandola poi per sorreggersi, ma non appena fece questo qualcosa cambiò.

Contro ogni previsione, gli occhi del Troll tornarono lucidi mentre la bestia si voltava verso di lui. Era sicuro di averla uccisa, di averle perforato il petto fino al cuore ed averla quindi uccisa. Invece la creatura, sebbene stesse perdendo copiosamente sangue, non esitò ad avanzare. Un pugno gigantesco si abbatte su Harry, che fece appena in tempo ad evocare qualche scudo difensivo evitando il peggio.

Il suo intero colpo fu sbalzato e mandato a sbattere contro il muro del corridoio, mentre la creatura tornava ad avvicinarsi. Sputando sangue, il bambino provò ancora ad allungare una mano verso la creatura, che ora torreggiava su di lui, ma l’unica cosa che percepì con le dita, era l’inutile bacchetta che era scivolata fuori dalla sua tasca. La spada era purtroppo andata persa dopo la botta.

Usami…” Una voce roca e profonda raggiunse Harry, che vide la bestia alzare un pugno pronto a finirlo. “Usami ora…” La voce lo assalì di nuovo, Harry strinse il bastoncino, su cui  brillavano le rune di contenimento. Una incantesimo comparve nella sua mente, la bacchetta si mosse da sola contro il troll, che stava per finirlo, ed Harry urlò la sua speranza al cielo. “Shadow Prison!

Una scintilla di magia nera fuoriuscì dalla bacchetta, colpì la creatura al ventre per poi allargarsi nelle quattro direzioni fino ad inglobarla. L'energia di Harry venne drenata, la magia stava richiedendo il suo prezzo, ma man mano che lui perdeva le forze la stessa cosa avveniva al Troll, reso incapace di muoversi e reagire. Le ombre continuarono ad allargarsi, si diffusero nel corridoio spegnendo le fiaccole, mentre il freddo iniziava a diffondersi nelle ossa del bambino. Le sue mani tremarono, il volto divenne cinereo e gli occhi si offuscarono, ma alla fine anche l'ultimo barlume di vita del mostro si spense. Per un momento la creatura barcollò sul posto, la vita prosciugata da quell'incantesimo scaturito chissà come dalla bacchetta di Harry, crollando infine al suolo proprio sopra un esausto bambino-sopravvissuto.

Quando i professori finalmente arrivarono, trovarono il corridoio distrutto, il troll morto, ed Harry Potter privo di sensi sotto la sua carcassa.

Le sue condizioni erano pessime, aveva costole rotte, un braccio fratturato in più punti, una commozione cerebrale e come se questo non fosse sufficiente, schiacciandolo con il suo peso il troll gli aveva anche causato un principio di soffocamento.

Silente sorrise nel vederlo in quello stato, e senza esitazione lo fece ricoverare in Infermeria. Quando il vecchio mago rimase da solo con il cadavere del mostro, si chinò su di lui sussurrando dolcemente. “Oh fatto bene a lasciare che Raptor ti facesse entrare eh? E neanche darti la protezione del castello è stato male. Hai fatto il tuo dovere vecchio amico, ora puoi riposare…” Con un gesto della bacchetta fece svanire la creatura, cancellando così le tracce del suo intervento sulla creatura.

“Ah si, sarà proprio una magnifica giornata domani!”

Fischiettando l’anziano stregone riprese a camminare, senza alcun dubbio morale sulla sua condotta.

**********************

Nda: Rieccomi, questa volta puntuale, con il capitolo pronto solo per voi. Questo capitolo, come già quello che l’ha preceduto, è più lungo di quanto sono solito fare, quindi se siete arrivati fino in fondo, senza annoiarvi o maledirmi direi che avete vinto un premio. Il premio consiste nella possibilità di
A: Leggere in anteprima il prossimo capitolo, che ho intenzione di cambiare radicalmente rispetto a come l’ho già strutturato o
B: Prendermi a randellate nelle gengive con la mazza del troll.
Mi raccomando, se recensite fatemi sapere cosa scegliete ed ancora più importante cosa ne pensate del primo scontro serio di Harry. ^_*

Oltre a questo mi piacerebbe un parere sulle lezioni, che differiscono di molto da quelle del libro e sono ambientate ad un mese di distanza in modo da saltare tutta la parte teorica ed arrivare direttamente all’esecuzione degli incantesimi.

Come conclusione posso solo invitarvi a passare delle buone feste, dandovi appuntamento a domenica prossima con una delle due versioni del capitolo 5!

See you soon,
Bumbix

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Capitolo 5
*** Capitolo 3 ***


The Harry Potter’s Forbidden Story

Disclaimer: Non posseggo ne il mondo di Harry Potter, ne quello di High School DxD, che appartengono invece ai rispettivi autori. Questa storia è  stata scritta senza fini di lucro.

Capitolo 3

Ufficio di Albus Silente – Hogwarts
Regno Unito
1 Agosto, 1991

Albus Silente sedeva pigramente nel suo ufficio. Negli ultimi anni il destino aveva preso una piega imprevista, ma alla fine tutto era tornato come sarebbe dovuto essere. In giornata l'anziano stregone avevo ricevuto decine di lettere di scuse da oppositori ed alleati, e ad ognuno di loro aveva risposto con allegria e giovialità. Harry Potter era tornato. Era davvero tornato, e finalmente il suo destino si sarebbe compiuto. Al diavolo i sacrifici fatti e le parole dette, il suo impegno alla fine era stato ripagato, e nessuno avrebbe potuto più dire nulla contro di lui.

Lentamente il Preside prese una caramella al limone, la avvicinò alle labbra, e ne assaporò il gusto meravigliosamente agro, che da anni non si era più concesso il lusso di provare. Vicino a lui, il suo famiglio, una bellissima fenice, trillò contenta in sintonia con i sentimenti del suo padrone. Proprio in quell'istante, dalla finestra ancora aperta, entrò un gufo in picchiata. L'animale si fermò un attimo sulla testa di Albus, lasciando cadere una lettera, per poi volare via, senza aspettare di vedere se il vegliardo volesse rispondere alla missiva oppure no.

Silente ridacchiò, prendendo la busta e nell’aprirla notò che il mittente era Olivander. Non appena fece quella scoperta, il preside si mise un po’ più dritto sulla sedia, mostrando estremo interesse. Gli occhi si mossero sulla breve lettera, divorandola in pochi istanti.

Albus,

    ho venduto al giovane Harry la bacchetta del Re Drago, così come mi avevi chiesto. Il fatto stesso che non sia morto appena la ha toccata lo rende un mago straordinario, spero mi terrai informato su ogni avvenimento strano o interessante, riguardo quella bacchetta.

Buona Giornata

Ollivander: fabbrica di bacchette di qualità superiore dal 382 a.C.


L’anziano mago era seduto dritto sulla sedia, mentre ancora rifletteva sulla missiva appena spulciata. Aveva consigliato al vecchio venditore di far provare la bacchetta maledetta ad Harry, ma non si sarebbe mai aspettato che questo facesse realmente una prova, ne che Harry risultasse compatibile. Lo sguardo si spostò in direzione della fenice, che ancora riposava appollaiata sul suo trespolo, ed il sorriso del preside si rinsaldò sul suo viso.

“Strano Fanny, immaginavo che alla fine sarebbe stata la tua bacchetta a finire nelle mani di Harry. Evidentemente il gioco si è spostato ad un livello più alto di quello che immaginavo.” La voce del preside era tranquilla, e la fenice si limitò a ricambiare il suo sguardo piegando il capo.  Silente prese un’altra caramella, succhiandola per un po’, convocando infine il suo elfo personale. “Hatta.” Un pop seguì la chiamata del preside, rivelando un piccolo elfo in tenuta da ginnastica. In genere gli elfi indossavano solo uno straccio con il blasone della scuola, ma a questo elfo in particolare, Albus aveva ordinato di indossare una bella tuta da ginnastica. Rendeva tutto più divertente.

“Mi ha chiamato padrone?” La voce dell’elfo era uno squittio al limite dell’udibile e Silente sorrise nel costatare che ad anni di distanza la cosa non era cambiata. “Si Hatta, devi andarmi a chiamare la professoressa McGrannit, ed il Professor Piton, e dire loro di raggiungermi nel mio ufficio appena possibile.”

L’elfo si inchinò e scomparve, lasciando il preside a mangiare le sue caramelle al limone. Esattamente nove caramelle al limone dopo, e quindici minuti più avanti, qualcuno bussò alla sua porta, e dopo aver concesso loro l’ingresso, i due professori si fecero avanti.

La McGrannit indossava una vestaglia antica, e non sembrava per nulla contenta di essere stata svegliata a quell’ora tarda, Piton invece portava il suo solito completo nero, quasi non fosse ancora andato a dormire.

“Ci ha chiamato Preside?”  Ad aprire bocca era stato proprio il maestro di pozioni, che stava rigido come uno stoccafisso, mentre Minerva incrociava le braccia in attesa. Entrambi i docenti nutrivano del risentimento verso di lui per via dei guai che aveva fatto loro passare durante gli ultimi anni, infatti sebbene grazie alla visita di Lucifer, il preside avesse smesso di praticare le arti oscure, ancora molte voci e congetture avevano come argomento principale il castello di Hogwarts, un tempo prestigioso, ed ora in vistoso declino. La loro generazione sarebbe stata ricordata come quella che permise ad Hogwarts di decadere dopo quasi un millennio di nobiltà.

“Si, vi ho convocati qui perché ho delle cose di cui discutere con voi. Ma prima di tutto voglio sapere da te, Minerva, cosa ne pensi del giovane Potter. Mi sono arrivate lettere da ogni dove per informarmi che la vostra visita non è passata inosservata.” Lo sguardo del preside era divertito, ma il suo sorriso scomparve quando incrociò l’aria litigiosa della sua Vice.

“Bhe, doveva immaginarlo che sarebbe accaduto, visto che ho fatto scivolare il nome di Harry in mezzo ad una folla di folletti e maghi, su suo preciso ordine!” Il preside si mosse a disagio sulla sua poltrona, spostando lo sguardo su Piton, che ora aveva le labbra socchiuse e digrignava i denti.  “Potter! Lei mi ha chiamato qui per parlare di Harry Potter!?” All’arrabbiatura della professoressa di trasfigurazione si era unita quella del professore di Pozione. Forse stava davvero invecchiando visto che non aveva previsto le reazioni dei membri del suo staff.

“Su su, calmati Severus, questa è solo curiosità, una volta appagata torneremo alla questione principale, non ti scaldare.” Le sue parole conciliatrici fecero sbuffare l’uomo, che distolse lo sguardo dal preside, avvicinandosi al camino acceso. “Minerva, ti prego, dimmi cosa ne pensi del ragazzo.”

“Benissimo preside, ai suoi ordini, come sempre!” La donna, ancora indignata, fece qualche passo avanti prendendo posto su una sedia davanti alla scrivania. “Il Signor Potter si è dimostrato di gran lunga più maturo e garbato di quanto avrei mai creduto. Mi sarei aspettato di trovarmi a combattere contro un piccolo bamboccione tronfio..!”

“Proprio come quel maiale di suo padre!” La voce di Severus interruppe le parole della Vicepreside, ma ad un gesto di Silente tornò il silenzio. “Per favore Minerva, continua.”

La donna annuì, scambiando uno sguardo incollerito con Severus. “Come dicevo, Harry si è dimostrato di gran lunga superiore a quello che era suo padre quando frequentava la scuola, anzi per il modo di porsi e di affrontare le situazioni, mi ricorda più una versione giovanile di sua madre. Ha dato retta alle mie istruzioni per quanto ha potuto, anche quando ha perso la calma ha fatto in modo di limitare i suoi atteggiamenti infantili, ed ha subito legato e fatto amicizia con Hermione Granger, la nata babbana che era con noi durante il giro d’acquisti.”

Un piccolo sorriso increspò le labbra della strega, quando nominò di proposito la vecchia amica del professore di pozioni. Un’occhiata al suo bersaglio le diede modo di capire che sì, aveva colpito ed affondato la sua vittima. L’aria scorbutica del professore si era infranta, ed ora c’era una maschera gelida al suo posto. Eppure sembrava più triste che arrabbiato.

“Tutto qui Minerva, non ha fatto o detto nulla di strano? Niente di rilevante a nessun livello?” Le sopracciglia del preside erano inarcate mentre cercava di nascondere la delusione. Una persona di questo tipo prometteva di essere una gran noia all’interno della scuola. Avrebbe quasi preferito che Harry assomigliasse a quell’esagitato di suo padre, che si buttava nella mischia ed era sempre il primo ad intervenire in caso di bisogno. Ora gli toccava trovare qualche leva con cui sollecitare il ragazzino, e la cosa avrebbe richiesto tempo. Congiungendo le mani al petto, avrebbe osservato la professoressa ricordare, ed infine riprendere a parlare.

“Bhe, l’unica cosa fuori dalla norma che abbia fatto, è chiudere il suo conto alla Gringott e dare tutto il suo patrimonio in beneficenza…” La notizia colse di sorpresa tutti i presenti, e perfino alcuni quadri si ritrovarono a trattenere il respiro. Il quantitativo di galeoni nel conto dei Potter, era vicino al centinaio di migliaia. “… ma non devi preoccuparti di questo Albus, il ragazzo ha scaricato dal suo zaino due lingotti d’oro, come se ne avesse a centinaia, ed a conti fatti penso abbia più soldi nell’altro mondo di quanto potrà mai spenderne in questo.”

Il silenzio si dilatò nello spazio chiuso dell'ufficio, mentre tutti facevano i conti con questa ammissione della donna. Piton aveva uno sguardo illeggibile, mentre Silente era spaesato, ma contento. “V-Va bene Minerva, grazie per il resoconto. Di certo questo è qualcosa che non ci saremmo mai aspettati, ma visto che li ha devoluti in beneficenza penso vada tutto bene.” L'anziano stregone prese un'altra caramella al limone, fece per metterla in bocca, ma il professore di Pozioni si schiarì la voce rumorosamente.

“Preside, penso sia il caso di tornare al motivo per cui ci ha convocati nel suo ufficio in piena notte.” La mano del preside si fermò a metà del tragitto verso la bocca, mentre l'uomo rivolgeva un'occhiata a Severus. “Ehm... si, forse hai ragione.” Annuendo pacatamente il preside ripose la caramella nel sacchetto, bramandola immensamente, tornando poi ai due docenti. “Vi ho convocati per parlare della Pietra Filosofale. Come sapete, il mio buon amico Nicolas Flamel mi ha chiesto di custodirla nel castello per via di alcuni tentativi di furto quasi riusciti, ed io ho deciso di accettare. Oggi la pietra è stata ritirata da Hagrid alla Gringott, ed è per ora sotto la mia custodia, tuttavia vorrei che nel mese che resta prima dell'inizio della scuola, il corridoio abbandonato del terzo piano venga allestito e preparato per proteggerla. Ogni professore metterà il suo contributo senza però far sapere agli altri cosa hanno preparato, questo penso che garantirà un livello adeguato di sicurezza.”

I due professori, capendo la gravità della situazione annuirono seriamente, non senza però avere qualche remora. “Preside, non sarebbe più sicuro se la pietra rimanesse nel suo ufficio, sotto la sua vigilanza ed i suoi incantesimi? Lei è un incantatore migliore di quanto noi saremo mai. Spostare la pietra in  un corridoio, con diversi livelli di difese sembra più un test, che un sistema di protezione...” Piton parlò lentamente, con voce calma, ma perfino Minerva che era seduta a qualche passo da lui, poteva capire dove voleva andare a parare. “Penso che il professor Piton abbia ragione Albus. Se stai architettando qualche stupido piano per addestrare e mettere alla prova Harry Potter, ti voglio consigliare di lasciar perdere fin da subito. Ti avverto che sto tenendo una fitta corrispondenza con  Sirzechs Lucifer, e sono pronta a scrivergli subito di qualsiasi anomalia dovesse accadere a scuola. Non hai dimenticato la sua ultima visita, vero Albus? Ha minacciato di distruggere Hogwarts e l'intera Gran Bretagna magica se dovesse accadere qualcosa ad Harry, e sappiamo entrambi che ne ha sia la forza, che la volontà. Dobbiamo solo ringraziare la nostra buona stella che lui non sia come il suo predecessore, altrimenti non saremmo nemmeno qui a fare questa conversazione.”

Le parole della McGrannit colpirono in profondità, facendo svanire ogni ombra di allegria che il vecchio mago avesse avuto durante la giornata. “Minerva, ti prego di tenere i tuoi commenti per te, e di fare quanto ti è stato ordinato. Per quanto possa disturbarti, sono ancora io il Preside della scuola, ed ora che il mio nome è riabilitato lo rimarrò ancora a lungo. Domani la pietra verrà spostata, voi imporrete delle protezioni, e tanto basterà, d'accordo?” L'aura di potere sprigionata dal preside fece gonfiare e scuotere il mantello di Severus e la vestaglia di Minerva, che una volta di più ebbero una dimostrazione del livello di demenza raggiunta dal loro superiore. Silente era diventato come un enorme bambino viziato, con un potenziale magico sufficiente ad incenerirli tutti. L'unica cosa che potevano fare era assecondarlo fino a che aveva tutte le vite degli studenti in ostaggio, e sperare che la sua esistenza finisse presto, o che quanto meno rinsavisse prima della fine.

““Sissignore”” Professore di Pozioni e professoressa di Trasfigurazione parlarono insieme, come solo poche ore prima avevano fatto Harry ed Hermione, ma nell'aria non c'era lo stesso senso di sollievo e giovialità. I due professori si congedarono, Silente tornò alle sue caramelle, ma invece di riprendere a mangiarle le buttò nel fuoco.

“Nessuno riesce a capire che tutto quello che sto facendo è per il bene superiore...”

Quest'ultima frase la sentì solo la fenice, che trillò inviperita prima di volare fuori dalla finestra. A volte gli atteggiamenti di Silente infastidivano pure il suo famiglio.

*************

 

Castello del Maou Lucifer – Mondo Sotterraneo
1 Settembre, 1991

Il primo Settembre, Harry si svegliò alle 6:30 del mattino, in preda all'agitazione. Nel letto con lui c'erano Rias, Akeno e Koneko, che avevano preso tutte l'abitudine di intrufolarsi in camera sua a notte fonda, per poterlo usare come cuscino, abbracciandolo ne sonno. Harry sorrise nel vedere la rossa Rias stringergli il braccio destro, la mora Akeno stringergli il sinistro, e la piccolo Koneko che giaceva raggomitolata sul suo petto come un gattino.

Ormai era più di un anno che quest'episodio si ripeteva ogni mattina, ed Harry aveva imparato come sgattaiolare via dalle lenzuola senza svegliare le ragazze, tuttavia quello era un giorno speciale, infatti quel giorno sarebbe inizia la loro avventura nel mondo umano, e tutti avevano bisogno di prepararsi. Avvicinando una mano alla coda bianca di Koneko, Harry iniziò ad accarezzarla  e stringerla, fino a che la piccola bambina dai capelli bianchi non iniziò a muoversi nel sonno. Alla fine apri gli occhi, guardando confusamente Harry. Quando lo riconobbe gli sorrise, stringendo il suo petto un po' più forte.

“Koneko, io devo andare a prepararmi, puoi svegliare tu le altre e dire loro di sbrigarsi? Sono sicuro che anche se siamo ore in anticipo, Rias ed Akeno ci impiegheranno un sacco di tempo a mettere le loro cose in valigia, e non voglio proprio arrivare in ritardo.” La voce di Harry era bassa e gentile, e di fronte a quel tono di voce, la piccola Nekomata, in parte donna ed in parte gatto, non poté che annuire. Con uno sforzo di volontà ritrasse le sue orecchie e la sua coda, prendendo in tutto e per tutto le sembianze di una bambina normale, scivolando poi dal petto di Harry per farlo scendere. “Grazie Koneko, sei sempre la più gentile.”

La bambina arrossì, distolse lo sguardo, gonfiando le guance indignata. “Harry è sempre così diretto, non deve illudere le ragazze così, le ragazze non devono essere illuse, Harry è  cattivo, molto cattivo.” La sua voce era solo un borbottio, ma nonostante le sue parole, il suo viso era sorridente.

“Ah, in questa storia non sono io il cattivo, ma vedrai che prima o poi un cattivo comparirà.” Con quest'ultima battuta Harry si alzò, andando in bagno per farsi una doccia. Nel contempo un vociare femminile arrivò dalla sua camera, segno che sia Rias che Akeno si erano svegliate, ed avevano iniziato a litigare per il diritto di preparargli la colazione.

La mattinata procedette in un fremito di preparativi, ovunque nel castello del Maou c'erano servitori che si muovevano, raccogliendo calzini spaiati o preparando razioni di cibo e provviste di sopravvivenza per settimane. Questo nel caso estremamente improbabile in cui il treno deragliasse finendo in un buco nero che li avrebbe fatti viaggiare indietro nel tempo fino all'età della pietra. Si, era un'ipotesi assurda e ridicola, ma con l'avvicinarsi della partenza, il loro 'Re' era diventato sempre più paranoico, alternando momenti di totale depressione, a momenti di paura e pianto disperato.

“No Harry, non andare!” Inconfondibile con i suoi capelli cremisi, le lacrime che rigavano il viso, ed il piccolo bambino in braccio, il Maou fece la sua comparsa nella Sala d'Ingresso dove giacevano ammucchiate l'equivalente di un camion di valige. “Parlerò con Silente, distruggerò Hogwarts, mangerò tutta la minestra anche se a prepararla è Grayfia, ma ti prego non andare!” Era tornato nella fase di pianto disperato. Al suo fianco sua moglie aveva le braccia incrociate, ed emetteva un'aura negativa. Non gli piaceva quando suo marito, uno dei signori dell'Inferno si comportava in quel modo così misero, e soprattutto odiava essere tirata in ballo per le sue doti culinarie. Certo, lei indossava sempre un abito da cameriera, ma questo non voleva dire che fosse una brava cuoca, al contrario ogni suo pasto andava servito con un Bezoar vicino in caso di necessita.

“Sirzechs...” nell'ultimo periodo, su richiesta del Maou in persona, Harry avevano iniziato a chiamarlo con il suo nome di battesimo, rendendo il loro rapporto ancora più vicino rispetto a quello che dovrebbe esserci tra un 'Re' ed il suo servitore. Per lui, Lucifer era come un padre, ed allo stesso modo veniva considerato come un figlio dal demone. “... sai bene che dobbiamo andare. Prometto che torneremo per le vacanze di natale, e che ti scriveremo ogni volta che potremo. E poi non devi mica preoccuparti no? Siamo stati addestrati nel combattimento da uno dei Demoni Supremi, cosa potrebbe mai accaderci di male?”

Le sue parole fecero piangere ancora più forte il Maou, che ora aveva iniziato a singhiozzare incontrollabilmente. Insieme a lui, anche tutto il resto della servitù si commesse, ed ovunque si potevano sentire commenti sula maturità di Harry. “Ah! Quando il piccolo bambino che ho raccolto per strada è diventato un uomo così saggio? Un giorno sarai un grande demone Harry, ed l'intero inferno risuonerà per le tue gesta!” Il Maou continuò a singhiozzare, mentre suo moglie lo portava via.

Dal lato della stanza, al limitare del campo visivo di Harry, comparve Tomak, uno dei demoni che gli aveva fatto da mentore durante quegli anni. Il vecchio mago, che come lui era un demone reincarnato, stringeva tra le dita una fondina con dentro un pregiato pugnale, e le istruzioni sul cerchio di teletrasporto da fare per arrivare alla stazione di King's Cross. Per evitare problemi, Harry avrebbe fatto l'incantesimo, portando con se le sue compagne di viaggio, mentre tutto il resto dello staff demoniaco, compreso il Maou, sarebbe rimasto indietro in modo da non destare sospetti.

Tomak si avvinò, porgendo il pugnale ad Harry, che lo prese con mani incerte. Lui non era un combattente di prima linea, aveva impiegato anni ad imparare come combattere a distanza senza che questo lo portasse ad uno scontro diretto, eppure ora si vedeva dare un pugnale, che probabilmente non avrebbe mai potuto usare. “Tomak, perché questo regalo? Non sarebbe meglio darlo a Koneko, lei riuscirebbe di sicuro a sfruttarlo in maniera migliore di me...” Le parole di Harry fecero fare un passo alla Nekomata, che subito osservò il pugnale, scuotendo il capo. Lei incarnava il pezzo della torre, e sebbene la sua aria piccola e fragile, era forse la più forte del loro gruppo per quanto riguardava il combattimento corpo a corpo. “Questo non è un normale pugnale Harry, riesco a leggere un intricato flusso di incantesimi al suo interno. Probabilmente il suo scopo non è quello di essere usato in combattimento.”

Koneko parlò così, mantenendo sul viso un'espressione tranquilla, che subito fu sostituita da una di dolore quando Rias iniziò a pizzicarle una guancia. “Non fare la sapientona solo perché puoi leggere il flusso degli oggetti e delle persone! Tu non dovresti neanche essere qui, hai solo dieci anni, non puoi venire a scuola con noi!” Koneko gonfiò le guance, riassumendo la stessa aria da bambina che aveva quella mattina appena sveglia “Harry ed il Maou hanno detto che io posso andare! C'è un'eccezione speciale per me, perché io sono importante per Harry!”

“Hey, anche io sono importante per Harry!” Anche Akeno si intromise nella discussione, portando le tre ragazze a litigare. Di nuovo. Per l'ennesima volta.

Il bambino-sopravvissuto sorrise, scuotendo il capo, riportando la sua attenzione a Tomak, che osservava il bisticcio tra le ragazze, con un sorriso “La Nekomata ha ragione Harry, ho incantato personalmente questo pugnale, perché possa essere usato anche dentro Hogwarts. Se lo pianterai al suolo, infondendogli il tuo potere, ti porterà in una realtà parallela per un'ora al giorno, in modo da permetterti di continuare il tuo addestramento. Sarebbe un peccato se durante il tuo soggiorno umano tu ti impigrissi, non pensi?”

Il demone sorrise, ed altrettanto fece Harry, che legò l'arma alla cintura. “Grazie Tomak, sei il miglior insegnante che potessi avere in questi anni.” la voce di Harry era rotta dall'emozione, ma nonostante questo i suoi occhi erano chiari e belli come sempre. Non si sarebbe abbandonato alle lacrime neanche in quest'occasione. “Andiamo ragazze, non vorremo mica perdere il treno.”  Le sue parole misero subito fine alla lite, e le ragazze si portarono alle sue spalle tranquillamente. Rias lo amava come un fratello visto che erano cresciute insieme, Akeno e Koneko invece lo stimavano perché Harry le aveva salvate ed aveva dato loro una casa, quando nessun altro lo avrebbe fatto.

Un sigillo comparve in aria di fronte ad Harry, che tendeva una mano seguendo le istruzioni che gli erano state date per trovare la stazione, prima che una luce bianca, fortissima li avvolgesse.

Loro, e tutti i loro bagagli erano scomparsi, lasciando un vuoto non solo nel castello, ma anche nei cuori delle persone che vi abitavano.

*************

 

Binario 9 e ¾ – Londra
Regno Unito
1 Settembre, 1991, ore 10:50 A.M.

La luce li avvolse, per qualche istante nessuno fu in grado di vedere nulla, e poi lentamente il mondo tornò a fuoco, rivelando un vasto binario ferroviario, su cui alloggiava una lussureggiante locomotiva scarlatta. Il logo Hogwarts Express compariva sul fronte della sala Macchine, ed ai lati dei vari scompartimenti, mentre ovunque maghi e streghe salutavano i propri figli pronti a partire.

Fortunatamente, nonostante il loro ingresso plateale, Harry e la sua compagnia, riuscirono a passare inosservati grazie ad un astuto incantesimo non-notarmi, che era stato applicato intorno al sigillo di teletrasporto. Le persone camminavo loro di fianco, o addirittura rischiavano di finire loro addosso, solo per spostarsi all’ultimo istante senza neppure sapere il perché.

Il primo a riprendersi dopo la magia, fu Harry, che voltatosi verso le sue amiche, le abbracciò tutte tenendole strette. “Grazie per essere qui… per aver scelto di venire con me. Non so come sarebbe la mia vita senza di voi.” Lui sorrise, loro arrossirono, distogliendo lo sguardo quel tanto che basta per non farsi notare. “Come se avessimo mai potuto lasciarti d-da solo. Tu attiri guai e noi d-dobbiamo tirartene fuori.” Rias disse queste parole, mentre le altre due balbettavano qualche commento simile. Sembrava che nonostante tutto, non avessero nessuna fiducia in Harry, o nel modo in cui trattasse le situazioni di pericolo.

Sorridendo e lasciandole andare, il giovane demone avrebbe rivolto la sua attenzione al problema successivo, i bagagli. A quanto vedeva, tutti gli altri bambini, compresi quelli più grandi e ricchi, avevano al massimo un baule l’uno, non una dozzina l’uno come invece era per loro. “Sembra che al castello si siano sbizzarriti. Qui abbiamo abbastanza roba per occupare un intero vagone, e non credo che la cosa sia permesse. Oh beh, vorrà dire solo che si dovrà rimediare no?”

Un occhiolino dell’incantatore, ed un gesto complesso delle sue dita, fece comparire ai loro piedi quattro bauli delle stesse dimensioni di quelli degli altri ragazzi. Ogni baule differiva dall’altro, per via del colore che Harry aveva scelto per loro. Alla fine aveva impostato un semplice sistema che prevedeva che il colore dei capelli del proprietario, corrispondesse a quello del baule, quindi Rias lo aveva cremisi, Akeno lo aveva nero, e Koneko lo aveva bianco. Il suo differiva da questa specifica, avendo assunto il colore verde dei suoi occhi, anziché quello dei suoi capelli. Voleva evitare di confonderlo con l’angelo caduto.

Ad un gesto della sua mano, l’enorme pila di bagagli venne suddiviso equamente tra i vari bauli, scomparendo al loro interno, quasi questi non avessero fondo. Ad uno sguardo interrogativo delle ragazze, che avevano osservato ogni suo gesto ed azione, lui rispose alzando le spalle casualmente. “Incantesimo di creazione primordiale, specifica collaterale legata alla volontà dell’attuatore, incantesimo di pozzo senza fondo, ed incantesimo peso piuma. Fondamentalmente, io non so neanche perché sto venendo a questa scuola, so probabilmente fare più incantesimi dei professori, e li so fare anche meglio. Ma mi raccomando, tutto questo deve rimanere segreto, le nostre identità, i nostri poteri e le nostre capacità sono off-limits. Se gli umani scoprissero che si possono ottenere capacità come queste, l’inferno sarebbe preso d’assalto nel giro di un mese.”

Ripeté le stesse raccomandazioni che ormai faceva loro da un mese, sovrastando il suono delle loro lamentele. “Smettila di ripetercelo, pensi che siamo stupide?!” “Harry è sempre così cattivo, non deve dirci le stesse cose, noi sappiamo mantenere i segreti” “Oh, Harry è così virile quando ci da ordini, ti prego daccene ancora...” Il ragazzo sospirò, incominciando a sciogliere i legacci dell'incantesimo che li teneva nascosti. Lo fece ancora lui perché a differenza sua, loro non avevano alcuna capacità magica. Certo, potevano incanalare i loro poteri demoniaci tramite una bacchetta e fare le stesse cose che facevano i maghi, ma erano allo stesso livello degli altri bambini del primo anno in quanto a capacità e conoscenze. In loro difesa c'è però da dire, che se avessero combattuto senza limitazioni, ognuna di loro avrebbe potuto dargli filo da torcere in uno scontro reale.

“Ragazze, sono le undici meno dieci, conviene che saliamo sul treno prima che questo vada via senza di noi. Parleremo meglio dopo, quando saremo da soli, ok?” Harry sorrise con il suo solito sorriso tranquillo e pacifico, e le ragazze non poterono che annuire mitemente. Per quanto odiassero ammetterlo, c’era qualcosa di unico in quel ragazzo, così simile a loro eppure così diverso. Così maturo, padrone di se, tranquillo e gentile.

Una volta sul treno la ricerca di uno scompartimento non fu facile. Ogni scompartimento, che fosse piccolo o grande, era sempre occupato da tre o più persone. Certo, loro avrebbero comunque potuto prendere posto, finendo per dividersi in più scompartimenti, ma le ragazze si opposero categoricamente all’idea di allontanarsi da Harry ora che avevano più bisogno di lui. Del resto questo era il loro primo viaggio lontano da casa, era il loro primo incontro con il mondo della magia, e per quanto gli fossero stati insegnati gli usi ed i costumi che vigevano in quel mondo, erano ancora tremendamente impaurite da tutto.

Alla fine arrivarono in coda al treno, nell’ultima carrozza, all’ultimo scompartimento. Al suo interno, per puro miracolo, trovarono solo una persona. Un ragazzo di colore, che sembrava avere la loro stessa età, e che stava guardando tranquillamente fuori dal finestrino.

“Scusa, sono occupati” Harry richiamò l’attenzione del ragazzo ed indicò con un cenno della mano i posti vacanti intorno a lui “ No, sono liberi, sedetevi pure.”  Il ragazzo fece loro segno di entrare, tornando poi a guardare fuori dal finestrino. I demoni, seguendo l'esempio di Harry, si accomodarono, sistemando i bagagli magicamente ridotti, sulle retine sopra i sedili.

“Io sono Blaise Zabini, voi invece come vi chiamate?” Lo sguardo di Blaise era curioso, attento, quasi fosse incerto su come comportarsi davanti a persone così diverse rispetto alla norma. In effetti, per una persona nata e cresciuta in Inghilterra, doveva sembrare strano vedere persone così diverse le une dalle altre, infatti sebbene lui e Rias avessero tratti occidentali, Akeno e Koneko condividevano tra loro dei tratti orientali. La prima era giapponese, mentre la seconda coreana.

“Io sono Harry, mentre loro sono Rias, Akeno e Koneko. Siamo felici di fare la tua conoscenza.” Harry si presentò per tutti, indicando ogni ragazza man mano che ne pronunciava il nome. “Harry, sappiamo parlare da sole!” A riprenderlo era stata Rias, forse leggermente stufa del suo atteggiamento così paterno. Lei voleva essere considerata una ragazza da lui, non una amica/sorella, come invece veniva trattata. “Ah, scusami, non volevo darti fastidio.” La ragazza si inalberò, reprimendo quel sentimento che sentiva crescere dentro di lei ogni volta che lui le sorrideva.

Ma nonostante tutte le parole dette, Blaise sembrava aver colto solo una cosa. “Tu sei Harry? Harry Potter?” La sua voce prima incolore, aveva ora assunto una nota di curiosità che non riusciva a reprimere. “Si, sono io.” Harry si alzò la frangia che opportunamente copriva la cicatrice a forma di saetta, e gli occhi del ragazzo scattarono verso quella. “Non avevo creduto realmente alle voci sul fatto che saresti venuto ad Hogwarts. Sono girate così tante voci su di te negli ultimi anni. Si può sapere dove sei stato, nessuno è riuscito a trovarti”

Harry sorrise, fece accomodare Koneko sulle sue gambe come la bambina era solita fare, tornando poi a guardare il coetaneo. “Oh, in nessun posto in particolare a dire il vero. Sono stato un po' qui, un po' lì, davvero nulla di eccezionale.” In sottofondo, si diffuse la risata trattenuta di Akeno, che stava ora ridendo per la casualità con cui Harry aveva risposto a quella domanda che di sicuro in molti gli avrebbero fatto d'ora in poi.

“Oh, capisco. Scusami, non volevo sembrare sfacciato, non avevo alcun diritto di chiederti quelle cose, mi dispiace.” Il rammarico era evidente nella voce del ragazzo, che sorrise imbarazzato ad Harry, ed alla sua amica seduta sulle sua ginocchia. Di certo quello non era un comportamento normali per quella parte del mondo. “Non devi preoccuparti, è stata una domanda normale, ed anzi sarebbe stato più strano se tu non me l'avessi fatta. Spero che nonostante la mia storia passata potremo essere amici, purtroppo oltre queste qui non conosco nessuno io.” Harry sorride, indico le ragazze alzando gli occhi al cielo esasperato, e come pagamento ricevette un pugno in testa da Rias.

“Ehi, se ti diamo così fastidio possiamo pure tornare indietro sai?” La Gremory disse questo, mentre nello scompartimento si diffondeva ora la risata di Blaise. Dopo qualche istante il momento di ilarità era passato, ed il ragazzo allungò una mano verso Harry che la strinse di buon grado. “Certo che possiamo essere amici, spero solo che finiremo nella stessa casa, le cose sarebbero difficili altrimenti.”

“La stessa casa?” A parlare, leggermente intimorita, era stata Koneko, che dalla sua posizione sulle ginocchia di Harry, ora voltava il viso rosso verso Blaise “Cosa vuol dire la stessa casa?” Il ragazzo di colore la guardò confuso dopo questa affermazione, ma colse l'espressione di scuse di Harry che era dietro di lei. “Ehm... le case, quelle di Hogwarts. La prima cosa che fanno con i bambini del primo anno, è quella di dividerli in una casa a seconda delle proprie potenzialità. Corvonero per le persone argute, Tassorosso per quelle leali, Serpeverde per quelle astute, e Grifondoro per i coraggiosi.”

Blaise parlò mitemente, illustrando alla piccola Nekomata il sistema di smistamento della scuola. Le ragazze subito si fecero prendere dal panico alla notizia, nessuna di loro si era presa la briga di leggere Storia di Hogwarts. “““Quindi potremmo finire in una casa diversa da quella di Harry?!””” La loro domanda fu però eclissata dall'aprirsi dello scompartimento, nel quale si affacciarono altre due persone. Harry riconobbe Hermione, accompagnata da un ragazzo con i capelli rossi.

“Harry, ti ho trovato! Pensavo quasi non fossi sul treno” Hermione sorrise radiosa al bambino-sopravvissuto, che in risposta la invitò ad entrare. “Hermione! Scusami, sarei dovuto a venire a cercarti dopo aver trovato uno scompartimento, ma ho fatto amicizia con questo ragazzo e la cosa mi è proprio passata di mente. Ti va di sederti con noi?” Harry indico gentilmente l'ultimo dei posti liberi, mentre la voce del rosso scoppiò indelicata dallo sportello.

“Quindi è vero, sei Harry Potter!” Harry inarcò un sopracciglio, e fece cenno di si con la testa, alzandosi la frangia come già aveva fatto qualche attimo prima. “Miseriaccia, quindi è tutto vero, quella storia su te che uccidi tu-sai-chi. E dimmi, come  sono andate le cose, ricordi tutto vero?”

L'espressione di Harry divenne indecifrabile per qualche istante, per poi tornare tranquilla. Intorno a lui, le ragazze iniziarono a muoversi a disagio. “Oh si, ricordo tutto. È successo che Voldemort è arrivato a casa mia in piena notte, ed ha attaccato i miei genitori. Loro hanno cercato di difendermi, ma sono morti, e quando Voldemort mi ha lanciato l'anatema che uccide, io l'ho preso a mani nude e lo rilanciato indietro. Per buona misura ho pure aggiunta una fattura esplosiva in modo che non restassero tracce, non volevo mica farlo sapere al mondo no?”

Harry continuò a sorridere, ma perfino il più tonto avrebbe capito che quello era un sorriso finto, di circostanza, che nascondeva in realtà una profonda irritazione. “Fico, quindi è così che andata?” Gli occhi del rosso erano sgranati, mentre guardava Harry rapito. Alla fine la maschera del bambino-sopravvissuto cadde, lasciando solo una faccia stanca e sconcertata. “Certo che no! Avevo solo un anno quand'è successo, come pretendi che ricordi quello che accadde quella notte? Sei forse cerebroleso?” Harry sputò quelle parole con cattiveria, ed una parte di lui godette nel vedere il ragazzo arrossire fino alle orecchie, facendo un passo indietro.

“Ah... si, certo. Immagino tu abbia ragione. Beh, è meglio che vada, i miei fratelli saranno in pensiero per me. Tu puoi restare pure qui Hermione, cercherò io il rospo di Neville.” Il rosso disse quelle parole, allontanandosi velocemente dallo scompartimento. La porta si chiuse alle sue spalle, ed il gruppo neo-formato, comprendeva un'Hermione seduta proprio di fronte ad Harry. Lo sguardo della ragazza era duro mentre tornava a rivolgersi all'amico. “Harry, saresti potuto essere più gentile. Capisco che lui sia stato scortese, ma questo non ti autorizza ad esserlo a tua volta.”

“Mi sa che hai ragione Hermione, devo ancora abituarmi a tutta questa storia della popolarità.” Harry chiuse gli occhi, chinando il capo, e per qualche secondo regnò il silenzio. “Harry...” era di nuovo la voce di Rias “... chi è questa ragazza?” Le sue parole erano lente e misurate, mentre lanciava occhiate incenerirtici proprio lì dove c'era la sua testa. “ Ah si, hai ragione. Ragazzi, lei è Hermione, abbiamo fatto il giro delle compere insieme alla McGrannit a fine Luglio. Come me, lei non era mai stata nel mondo magico, e quindi abbiamo fatto amicizia facilmente.”

Harry era tornato a sorridere, ma era l'unico a farlo. Le ragazze che con lui si erano trasferite dall'inferno, guardavano Hermione con sguardo truce, alla quale la ragazza rispondeva solo con un senso di estremo disagio. Blaise invece, era incuriosito da lei, e fu il primo a riprendere la parola. “Non eri mai stata nel mondo magico? Sei forse una nata babbana?”

Le sue parole attirarono l'attenzione della ragazza, che voltò il capo verso di lui, contenta di avere una scusa per togliersi quelle occhiatacce di dosso. “Oh si, ho scoperto di essere una strega solo da qualche mese. Prima non avevo mai dato troppa importanza a tutte le cose strane che mi accadevano, ora invece so che c'è un motivo dietro.” Il sorriso di Hermione era radioso, ma per qualche motivo Blaise non riuscì a ricambiarlo. Quello che riuscì a fare fu solo inclinare debolmente le labbra verso l'alto.

“Se posso darti un consiglio, cerca di nascondere le tue origini. Ci sono molte persone, soprattutto in Serpeverde, che odiano quelli come te. Li chiamano ‘Sanguemarcio’, che è il peggior insulto che potrebbero dirti, e da quando Harry è sparito...” un cenno al redivivo bambino-sopravvissuto, che ascoltava con attenzione le parole del non-più-tanto-simpatico Blaise. “... le persone che la pensano così non hanno fatto che aumentare... potrebbe tornarti più utile dire di essere una mezzosangue, figlia di un babbano e di una strega.”

Alle sue parole seguì un silenzio teso. Nessuno osò romperlo, ma tutti stavano pensando la stessa cosa. “E tu Blaise, la pensi in quel modo?” Ancora una volta era Harry quello che si esponeva per tutti. Di certo il fatto di essere un demone onnipotente aiutava la sua autostima. Il ragazzo di colore alzò le spalle quando sentì quella domanda, tornando a guardare fuori dal finestrino. “Probabilmente io finirò a Serpeverde, ma la mia famiglia ha sempre preferito non esporsi. Vivere in una zona neutra, non partecipare al conflitto, arrivando poi per prendere quello che resta del potere che le persone perdono. È in questo modo che agiamo noi Zabini.”

Harry annui, non avendo altro da dire, ma il suo sguardo si sposto su Hermione, che era scioccata dalle parole del ragazzo. Lei gli aveva confidato che sperava tanto di trovare un luogo sicuro ad Hogwarts, un luogo dove non sarebbe stata presa in giro perché studiava, e dove finalmente avrebbe avuto tanti amici, ed ora le avevano detto che fin dall'inizio sarebbe stata presa di mira dai bulli della situazione per via delle sue origini. Delle lacrime avevano iniziato ad accumularsi al bordo dei suoi occhi, ma facendo affidamento alla forza di volontà che era nata in anni di solitudine, le spinse indietro, strofinandosi gli occhi. Harry provò compassione per lei, per la sua situazione, e per quei sentimenti che lui condivideva e conosceva fin troppo bene. Lentamente sposto Koneko dalle sue ginocchia, sollevandosi per avvicinarsi alla strega dai capelli crespi.

“Ehi. Non permetterò a nessuno di prenderti in giro, capito? Io sarò sempre tuo amico, non mi importa di cosa siano i tuoi genitori, a me interessa quello che sei tu. Ed io vedo solo una strega bellissima e brillante di fronte a me.” Harry sorrise, Hermione lo guardò con il viso rosso, ed in quel momento le altre ragazze nello scompartimento capirono che si era unita un'altra pretendente alla lista di persone che amavano Harry.

“Io posso farcela da sola!” Nonostante i suoi sentimenti fossero palesi, la ragazza rispose così, ed Harry le accarezzo gentilmente i capelli. “Certo che puoi, ma non c'è motivo perché io non possa aiutarti se ce ne sarà bisogno, no?” Un occhiolino, un sorriso, e poi il bambino-sopravvissuto tornò al suo posto.

L'aria si alleggerì ed il viaggio riprese in pace, mentre il treno si avvicinava sempre di più alla scuola.

*************

Sala Grande – Hogwarts
Regno Unito
1 Settembre, 1991, ore 07:50 P.M.

I passi degli studenti risuonarono sul pavimento in pietra, mentre l’enorme guardiacaccia, presentatosi con il nome di Hagrid, li guidava su per il castello fino ad incrociare la Vicepreside McGrannit. “Grazie Hagrid, puoi andare ad unirti agli altri professori in Sala Grande, io sarò lì  a breve con i bambini” La professoressa sorrise al mezzogigante, spostando poi la sua attenzione sul vociare concitato dei primini.

Da quando Hogwarts era apparsa all’orizzonte, molte delle paure e dei timori degli studenti erano stati sostituiti da meraviglia, ma non per tutti la scuola era un immenso e magnifico castello impregnato di magia, infatti per Harry e le sue compagne che venivano dal mondo demoniaco, l’enorme patrimonio culturale inglese, era forse la metà della grandezza del castello del proprio ‘Re’, senza contare che era ancora meno opulento ed incuteva un minor senso di potere.

Il bambino-sopravvissuto sospirò, mentre dall’altro lato della fila, Ron Weasley, il tipo dai capelli rossi che aveva trattato male nel treno, raccontava di come lo smistamento avvenisse attraverso una gara di lotta libera. Rias si strinse un po’ di più a lui, mentre la professoressa, sempre con quel suo cipiglio severo, richiamava l’attenzione di tutti. “Bambini silenzio! Questo è un momento molto importante per voi, tra poco entrerete nella Sala Grande, ed una volta lì compirete il primo passo della vostra carriera scolastica. Il cappello parlante vi smisterà nella casa a cui siete più propensi, e da quel momento la vostra casa sarà un po’ come la vostra famiglia. I vostri successi accademici le faranno guadagnare punti, mentre le vostre infrazioni alle regole gli faranno perdere punti. Alla fine dell’anno, la casa con più punti vincerà l’ambita coppa delle case, un grande onore per ogni studente.”

Le parole le vennero fuori con quel suo solito tono da generale, che fece sorridere Harry. Istintivo il bambino cercò con lo sguardo Hermione, che poco più in là gli sorrideva. Entrambi stavano pensando la stessa cosa. “Adesso mettetevi in fila per due e preparatevi, quando vi darò il segnale  entrerete e sfilerete tra i tavoli delle case, fermandovi di fronte al tavolo d’onore. Mi sono spiegata bene?” Il silenzio accompagnò le parole della donna, anche se Harry dové combattere la voglia di rispondere con un saluto militare alle istruzioni che erano state impartite loro. “Perfetto, allora preparatevi, ed attendete il segnale. Fatemi vergognare del vostro comportamento, ed avrete segnato il vostro primo errore da quando avete messo piede nel castello.”

La donna in vesti scozzesi annuì alle sue stesse parole, voltandosi impettita per rientrare in Sala. In quel momento i bambini iniziarono a dividersi. Lui si pose vicino a Rias, mentre dietro di loro c’erano Akeno e Koneko. Proprio di fronte, Blaise divideva il posto con Hermione, che si trovava leggermente a disagio per il compagno che le era capitato.

“Dunque è vero, Harry Potter è tra noi.” Una voce più forte delle altre interruppe i preparativi dei bambini, mentre un piccoletto biondo, con un viso affilato e capelli laccati all’indietro, si fece avanti portandosi proprio davanti ad Harry. “Io sono Draco, Draco Malfoy. Sei nuovo qui, e lo capisco, ma presto imparerai che alcune famiglie sono migliore di altre. Lascia che sia io ad insegnartelo.” Draco allungò una mano verso Harry, che alzò un sopracciglio dubbioso su come comportarsi. Era sicuro che quel piccolo damerino, che dietro di se aveva due bambini stranamente simili a gorilla, fosse uno dei tanti decantati Purosangue, i trascinatori di folle che portavano avanti l’ideologia superata che Blaise gli aveva raccontato sul treno.

Per un attimo il piccolo demone incrociò lo sguardo dell’amico di colore, che gli sorrideva come a voler dire ‘Visto? Che ti avevo detto?’. Harry sorrise di rimando quando colse il messaggio che gli era stato lanciato, e senza pensarci più di tanto, strinse la mano di Draco. “Sono felice di conoscerti Draco, ma penso di essere più che capace di capire chi sono le persone giuste da solo. Grazie.” Harry strinse un po’ più forte la mano di Draco, causandogli un piccolo fremito di dolore, tornando poi nella fila vicino a Rias. “Stai facendo la scelta sbagliata Potter. Vedi di non fare amicizia con SangueMarcio o NemiciDelProprioSangue, altrimenti la tua vita a scuola diventerà difficile.” Harry voltò di nuovo la testa, il sorriso completamente svanito dal proprio corpo, l’aria in fermento intorno a lui. “E tu capirai molto presto Draco, che ora che sono qui le cose cambieranno. Non voglio più sentire la parola SangueMarcio riferita a nessuno. Parola del bambino che ha ucciso Voldemort.”

A sentire quel nome la folla di primini trattenne il fiato, e tutti iniziarono a parlare agitati, senza accorgersi che il segnale della professoressa era appena apparso in aria di fronte  a loro. “Ora se vuoi scusarmi, sembra proprio che sia arrivato il momento del nostro momento.” Harry prese le mano di Rias, a si avviò verso la Sala Grande. Dietro di lui c’erano solo Akeno, Koneko, Blaise ed Hermione. Quest’ultima sorprendentemente, sorrideva in maniera radiosa. Tutti gli altri bambini rimasero fuori dalle porte d’ingresso senza sapere bene cosa fare.

Quando i sei raggiunsero i posti davanti al tavolo d’onore, il generale McGrannit si alzò, andando a recuperare l’altra ventina di bambini rimasti indietro. Il suo sguardo era di pura indignazione, e per un momento era quasi convinto che questa fosse stata diretta verso di lui. Il bambino sorrise, tornò a guardare il tavolo dei professori, sempre tenendo stretta la mano di Rias, che sorrideva a disagio di fronte allo sguardo di tutti gli altri studenti presenti in sala.

Poco dopo il contingente marciò dentro come un plotone perfettamente addestrato, fermandosi dietro ai bambini già presenti. Minerva, soffiando come un gatto irritato si pose davanti alla fila, lanciando occhiatacce ad Harry ed i suoi amici. “Portate il Cappello Parlante!” La voce della donna riverberò nell’aria, mentre un tipo strano, che aveva tutta l’aria del custode, portava dentro, da una stanzetta laterale, uno sgabello con un logoro cappello sopra.

Harry fissò l’artefatto, individuando quantità industriali di incantesimi e magia al suo interno, fino a che questo non spalanco lo strappo poco sopra la falda iniziando a cantare.

Forse pensate che non son bello,
ma non giudicate da quel che vedete
io ve lo giuro che mi scappello
se uno più bello ne troverete.
Potete tenervi le vostre bombette
i vostri cilindri lucidi e alteri,
son io quello che al posto vi mette
e al mio confronto gli altri son zeri.
Non c'è pensiero che nascondiate
che il mio potere non sappia vedere,
quindi indossatemi ed ascoltate
qual è la casa in cui rimanere.
È forse Grifondoro la vostra via,
culla dei coraggiosi di cuore:
audacia, fegato, cavalleria
fan di quel luogo uno splendore.
O forse è a Tassorosso la vostra vita,
dove chi alberga è giusto e leale:
qui la pazienza regna infinita
e il duro lavoro non è innaturale.
Oppure Corvonero, il vecchio e il saggio,
se siete svegli e pronti di mente,
ragione e sapienza qui trovan linguaggio
che si confà a simile gente.
O forse a Serpeverde, ragazzi miei,
voi troverete gli amici migliori
quei tipi astuti e affatto babbei
che qui raggiungono fini ed onori!
Venite dunque senza paure
E mettetemi in capo all'istante
Con me sarete in mani sicure
Perché io sono un Cappello Parlante!

Quando la canzone finì, nella sala scoppiarono ovazioni da ogni tavolo, quasi volessero vedere quale poteva urlare più forte e fare più rumore. I bambini del primo anno al contrario, rimasero in silenzio, mentre i loro muscoli si rilassavano, contenti nello scoprire che non c’era nessun combattimento a mani nude da affrontare, ma solo uno stupido cappello da indossare.

Harry applaudì insieme agli altri, spostando la sua attenzione dal cappello al tavolo dei professori. Fu in quel momento che vice il vecchio mago, che sapeva essere Silente, guardarlo con aria famelica, con un sorriso fin troppo finto in viso. Harry fissò di rimando l’anziano stregone, parando la sua stoccata di Legilimanzia, con uno scudo di Occlumanzia. L’espressione di Silente divenne sorpresa, mentre il sorriso di Harry si allargò. E questo era solo l’inizio, non si sarebbe fatto mettere i piedi in testa dal vecchio mollusco.

A quel punto, la professoressa McGranitt si fece avanti tenendo in mano un lungo rotolo di pergamena.
“Quando chiamerò il vostro nome, voi metterete il cappello in testa e vi siederete sullo sgabello per essere smistati” disse. “Abbott Hannah!” Una ragazzina dalla faccia rosea e con due codini biondi venne fuori dalla fila inciampando, indossò il cappello che le ricadde sopra gli occhi e si sedette. Un attimo di pausa... “TASSOROSSO!” gridò il cappello, dando modo al tavolo rosso/bronzo di festeggiare.

Da quel momento le cose andarono liscie, molte persone vennero smistate, mentre Harry e le sue amiche attendevano il loro turno. Per un tacito accordo che il suo signore Lucifer aveva preso con la professoressa, Rias, Akeno e Koneko, sarebbero state chiamate subito dopo di lui, in modo tale che potessero convincere il vecchio cappello a metterle nella sua stessa casa. Harry era venuto a conoscenza di questo da poco, e non era stato troppo contento, ma a conti fatti era la cosa migliore pure per lui averle vicino, così avrebbe potuto tenerle d’occhio e proteggerle in caso di necessità.

Quando la professoressa chiamò il nome di Hermione, la bambina dai capelli crespi si mosse rapidamente verso lo sgabello, e si sbatté il cappello in testa senza tante cerimonie. Passò quasi un minuto prima che il vecchio pezzo di magia si decidesse, ed urlasse a tutta la sala la sua scelta. “GRIFONDORO!”

Il tavolo rosso ed oro esplose in cori di ovazione, così come succedeva ogni volta che guadagnavano un nuovo compagno di casa, mentre la fila riprendeva a scorrere. Hermione prese posto vicino ai suoi nuovi compagni, ed Harry riuscì ad incrociare il suo sguardo per un attimo. Lui le sorrise, e lei ricambiò con un’espressione felice che non le aveva mai visto fino a quel momento.

Alla fine tocco ad Harry. Quando il suo nome fu chiamato, il silenzio nella sale parve comparire per magia. Tutti erano interessati a lui, alla sua storia, e soprattutto alla casa nella quale sarebbe stato smistato. Senza dubbio ogni tavolo lo bramava, quasi fosse il jolly nel mucchio di primini che si erano presentati quell’anno. Muovendosi sicuro di se verso lo sgabello, Harry sorrise a Minerva, che aveva assunto di nuovo il suo lato umano, e si poggiò il cappello sulla testa. Poco prima che questo gli calasse fino a coprirgli gli occhi, riuscì a vedere Rias, Akeno e Koneko sorridergli dal loro posto tra i tavoli delle case.

Il cuore di Harry si placò, e subito dopo una voce si intromise nella sua mente, sussurrandogli all’orecchio. “Mmm… Difficile. Molto difficile. Vedo coraggio da vendere. E neanche un cervello da buttar via. C'è talento, oh, accipicchia, si... e un bel desiderio di mettersi alla prova. E poi... cos’è questo potere enormemente sviluppato? Non sei più nemmeno umano, vero?” La voce del cappello era divertita, mentre andava sempre più in profondità dentro di lui. L’oggetto magico stava volontariamente evitando i ricordi, concentrandosi solamente sulle sue potenzialità, lasciando ad Harry il compito di seguirlo in quel viaggio introspettivo. “Oh accipicchia, sei un demone! Un demone che frequenta la scuola di magia, questa si che è una storia che vorrei poter raccontare ai fondatori! Bhe, ormai sei qui, e di certo non posso rimandarti indietro, no?”

“Non puoi mettermi in una casa qualsiasi? Mi è indifferente dove finirò, a patto che le mie compagne vengano con me.” Harry pensò quelle parole, proiettandole poi verso il cappello. “Compagne? Quali compagne?” Harry visualizzo un’immagine di Koneko, Rias ed Akeno, mostrandola al cappello. “Oh capisco, in effetti avevo origliato qualche conversazione nell’ufficio del preside. Bhe, vedrò cosa posso fare, nel frattempo sei sicuro di voler lasciare a me?”

“Fai quello che vuoi, non mi importa dove finirò.” Harry pensò questo risolutamente, mentre il cappello annuiva alle sue parole. “Bene, allora direi…” il silenzio riecheggiò sia nella mente del bambino, che in sala grande, dove nel frattempo erano passati quasi cinque minuti “…SERPEVERDE!”

Harry si sarebbe aspettato che il silenzio si infrangesse non appena il cappello avesse dichiarato la sua casa di destinazione, ma incredibilmente, l’aria si fece solo più tesa e scioccato. Il bambino si tolse il cappello, lo porse ad un’allibita Minerva McGrannit, incominciando a camminare verso il tavolo verde-argento. Tutti lo fissavano, lo scrutavano, cercando capire come l’eroe del mondo Magico fosse finito nella casa che aveva forgiato il suo attentatore. Più degli altri, le persone stupite erano il preside Silente ed il professor Piton. Il primo guardava scioccato l’artefatto magico come se gli avesse fatto un tiro mancino, il secondo invece stringeva così forte il calice d’argento al punto che il metallo aveva iniziato a piegarsi, ed il vino a traboccare.

Passarono secondi, e poi minuti, ed Harry iniziò a sentirsi a disagio per tutta quella attenzione. Poi lentamente i suoi compagni di casa iniziarono ad applaudire, ed infine Harry si ritrovo a stringere mani a persone d’ogni dove. Quando la sala si rianimò, allora riprese anche lo smistamento, che procedette senza intoppi fino alla fine. Fortunatamente il cappello aveva mandato le sue tre amiche a Serpeverde, ed anche Zabini, l’ultimo della lista, si era aggiunto alla tavolata.

“Non mi sarei mai aspettato di saperti a Serpeverde. Cioè con tutta quella storia del salvatore del mondo magico, tutti si aspettavano che fossi un Grifondoro. Capisco perché la cosa abbia scioccato tutti in questo modo.” A parlare fu proprio Blaise, che prese posto di fronte a lui, sorridendogli. “Bhe, non sono stato io a creare il mito che li ha indotti a pensare che sarei stato un Grifondoro, e per quanto mi riguarda una casa vale l’altra, basta avere buona compagnia” Harry sorrise, mentre il cappello veniva portata via ed il preside si alzava per il suo discorso di benvenuto.

“C’è un tempo per i discorsi, ma non è questo. Abbuffatevi!” Tutti applaudirono per quel discorso molto conciso, mentre sui tavoli appariva ogni sorta di leccornia. “Però Hermione non è con noi, è finita a Grifondoro, pensi che riuscirai a mantenere i rapporti con lei? Le nostre case si odiano.” La voce di Blaise si era abbassata di un’ottava, mentre tornava a parlare riempiendosi il piatto di patate arrosto. Harry lo guardò scioccamente per qualche istante, allungando poi il collo verso il tavolo dei Leoni. Hermione rideva e scherzava con i suoi nuovi compagni, ma quando Harry incrociò il suo sguardo, lei gli sorrise arrossendo amabilmente. “Oh si, non credo sarà un problema.”

Harry sorrise di rimando alla piccola bambina dai capelli crespi, ignorando l’aria omicida proveniente dalle altre ragazze vicino a lui. “Sarà un anno ricco di sorprese.”

*************

Torre di Grifondoro – Dormitorio dei Ragazzi
Poche ore dopo

Ron Weasley, Neville Paciock, Dean Thomas e Seamus Finnegan si sedettero meglio sul pavimento in pietra del loro nuovo dormitorio, continuando a parlare di Harry Potter, il bambino-sopravvissuto. “È incredibile, è finito in Serpeverde!” Le parole di Seamus riecheggiarono nella stanza, mentre gli altri vociavano sopra di lui. “Tutti si sarebbero aspettati che finisse in Grifondoro, cioè per tutta quella storia di aver sconfitto Voi-Sapete-chi! Ed invece ci ha colti di sorpresa!” erano tutti contenti, tutti felici, meno Ron, che invece aveva un’espressione buia in viso.

“Non mi sorprende che sia finito in Serpeverde.” Le sue parole erano dure e fredde. Neville fu il primo a prestargli ascolto, scuotendo il capo divertito “Come non ti sorprende? Stiamo parlando di Harry Potter, il paladino della luce!” Ron represse un ringhio, mentre il suo viso si storceva leggermente. “L’ho incontrato sul treno, volevo solo salutarlo, e mi ha trattato come se facessi schifo. Era in compagnia di quelle sue strane amiche, e di quell’altro tipo in Serpeverde. Ora che ci penso anche quella Hermione ero con lui, e sicuramente sarà stata un qualche incantesimo… dovevate vedere come lo guardava.”

Ora l’attenzione dell’intero gruppo era su Ron, che sembrava in qualche modo godersi quel momento. “E poi mi è venuto addosso e mi ha detto di andarmene dal suo scompartimento, altrimenti mi avrebbe spiaccicato la testa contro il muro, e mi avrebbe cavato gli occhi.” Tutti trattennero il respiro, e Ron sorrise intimamente. Non gli era mai capitato che qualcuno pendesse dalle sua labbra, lui era sempre il fratellino più piccolo, quello che non merita attenzione, che veniva snobbato pure dai suoi stessi genitori, sempre impegnati a risolvere qualche pasticcio dei gemelli.

“Ma perché avrebbe dovuto farlo? A me è sembrato un tipo molto tranquillo, ha pure risposto male a Malfoy! Non tutti lo farebbero no?” Ron sospirò teatralmente prolungando il più possibile quella pausa. “Neville, mio padre lavora al Ministero, e quando Harry è scomparso, ci ha raccontato che della sua casa era rimasto solo un cratere fumante. Alcuni babbani dissero di aver visto una luce nel cielo, e poi un’esplosione, e quasi la stessa cosa è successa a Grodic’s Hollow quando Harry era un bambino. Una luce, e poi la cameretta di Harry che esplodeva uccidendo Voi-Sapete-Chi! Harry è un mago oscuro, che ha ucciso Voi-Sapete-Chi e poi la sua stessa famiglia, e chissà cos’altro ha combinato in tutti gli anni che è scomparso! Ora torna, e finisce casualmente in Serpeverde, la casa dei maghi oscuri! È tutto così chiaro, non ditemi che non ci arrivata!”

Ora tutti sembravano sul punto di farsela addosso. Il piccolo Weasley non sapeva bene dove gli fosse arrivata l’ispirazione per quella storia, che in parte era vera ed in parte gonfiata, però era certo che Harry Potter fosse un mago oscuro, se lo sentiva nel sangue.

“C-Credo sia meglio andare a dormire. Domani iniziamo le lezioni e non voglio essere sgridato di nuovo dalla McGrannit…” Dean disse questo, mentre gli altri annuivano solidali. “Come volete, ma sentite a me, dovete stare attenti ad Harry Potter….” Ron disse queste parole mentre si spostava sul suo letto, coprendosi con le leggere coperte estive. Dal suo pigiama spuntava un po’ troppo caviglia, ed era più povero che mai, ma per una volta si sentiva felice.

Un tiepido sorriso lo accompagnò nel mondo dei sogni, mentre all’altezza del corridoio del terzo piano, un uomo avanzava a passi furtivi. Nel riflesso dei suoi occhi, si poté cogliere il baluginare di due occhi vermigli.

Occhi vermigli e spietati.

**************

N.d.A. : Capitolo caricato con un giorno di ritardo, spero vi possa piacere =) Domani aggiornerò le NdA in maniera più appropriata, per ora vi lascerò al capitolo ^_*

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


The Harry Potter’s Forbidden Story

Disclaimer: Non posseggo ne il mondo di Harry Potter, ne quello di High School DxD, che appartengono invece ai rispettivi autori. Questa storia è  stata scritta senza fini di lucro.

Capitolo 5 

Ed era il silenzio, che seguiva  il rumore, a cui seguiva altro silenzio. E poi le grida disperate, il tuono di un’esplosione e quegli occhi vermigli su di lui. Il silenzio ritornò ma era carico di terrore. Il suo corpo tremava, il suo cuore fremeva, ma una presenza vegliava su di lui come un oscuro guardiano. Ad un suo gesto, i ricordi del passato di Harry vennero spazzati via, lasciando che il sollievo tornasse a diffondersi nel suo corpo.

“Svegliati…”

La voce lo stava chiamando, la stessa voce che lo aveva soccorso contro il Troll e che ora lo aveva difeso dalle sue stesse paure. Ma nonostante questo non riusciva ad aprire gli occhi, quasi non li avesse. Poteva sentire, anche vedere, ma non era lui a sentire e vedere, era l’altro che gli mostrava ciò che voleva mostrargli e gli faceva sentire ciò che voleva sentisse. Harry provò a parlare, ma non aveva bocca, ne viso, ne corpo.

“Mantieni il controllo, raccogli la tua concentrazione e con l’occhio della mente modella un’immagine di te…”

La voce era cupa e mesta, ma non sembrava pericolosa. Non per lui almeno. Harry fece come gli era stato detto mettendo da parte ogni remora, attingendo alla sua memoria in modo da ricavare un’immagine di se. Man mano che l’immagine diveniva più vivida, Harry avvertiva i suoi sensi tornare, il suo corpo plasmarsi fino a riemergere nell’oscurità.

Quando poté aprire gli occhi vide una landa desolata al tramonto, crepacci nelle terra si allargavano tutto intorno a lui, eruttando di tanto in tanto fiamme nere come lo notte più buia. Il cielo era cosparso di nubi scure, cariche di pioggia, che scaricavano fulmini viola in lontananza.

“E così non sei senza speranze come pensavo…”

L’aria riverbero e si scosse per la potenza di quella voce ed Harry rimase spaventato quando persino le sue ossa tremarono sotto il suo influsso. Alzando lo sguardo nella direzione da cui essa proveniva Harry vide l’ombra di una montagna spostarsi, ergersi, allungarsi e poi voltarsi nella sua direzione.

Era un Drago, un enorme drago orientale, che in principio aveva scambiato per uno sfondo della vasta radura, ma che ora si muoveva agilmente sul terreno screziato di nero diretto verso di lui. Con tre agili balzi, il possente drago arrivò ad una decina di metri da Harry, accucciandosi in modo da osservare l’esserucolo che lo fronteggiava.

I due si guardavano, Harry era intimorito, spaventato, ma nonostante tutto cercava di richiamare la sua magia per prepararsi ad un eventuale scontro, il drago invece era imperscrutabile, era impossibile dedurre cosa stesse pensando dal suo viso così diverso rispetto a quello degli umani. “Ci ho messo un po’ a richiamare la tua coscienza all’interno della tua Sacred Gears, ma pare che lo scontro con quel Troll abbia velocizzato il processo.”

Il suo corpo era nero come la pece, i suoi occhi di un viola intenso, fissi su di lui. “Io sono Vritra il Re Drago che si trova sia nella tua bacchetta che all’interno del tuo corpo. Sono un essere leggendario, così forte e Malvagio che la mia anima è stata divisa in quattro parti dal Dio della Bibbia per poi essere sparpagliate sulla terra. Tu mi aiuterai a rimettere insieme tutti i pezzi della mia anima ed a riguadagnare la mia forza, in cambio quella stessa forza che richiamerai sarà tua.”

Harry aspettò, metabolizzò, cercò ancora di evocare la sua magia per creare una spada che potesse fronteggiare un drago, ma era inerme come un bambino davanti a lui. “Io… non ho capito.” Le parole vennero fuori lente, circospette, quasi si aspettasse che il drago lo attaccasse per quella sua ignoranza, invece la creatura si limitò ad arrotolarsi su se stesso come un serpente, scrutandolo con attenzione.

“Non mi aspettavo tanta ignoranza da parte tua, ma non posso farci nulla, purtroppo ho bisogno di te. Inizierò con lo spiegarti delle Sacred Gears, che non sono altro che armi che Dio ha donato agli uomini perché potessero combattere alla pari con angeli e demoni. Questi doni sono regolati da un sistema, che permette il trasferimento della Sacred Gear da un ospite all’altro quando il primo muore. Esistono centinaia di Sacred Gear nel mondo, ognuna delle quali contiene al suo interno una sostanza che permette al suo utilizzatore di usare poteri che vanno oltre l’umana comprensione. Le Sacred Gears più potenti, sono quelle al cui interno è stata sigillata una creatura leggendaria e tra tutte le creature io sono stata l’unica la cui coscienza è stata annientata dividendo la mia anima in quattro parti nel momento in cui mi hanno sigillato. Tutto chiaro?”

La voce del drago era tranquilla, si era abbassata al punto che Harry poteva sentirla senza che le sue ossa riverberassero. Il demone annuì, ma sebbene avesse capito, ora aveva delle domande da porre. “Io non sono umano, non più, com’è possibile  che abbia una di queste cose… una Sacred Gear?” La domanda, più che legittima, venne accolta dal drago con uno sbuffo a cui seguì un risolino, che fece tremare la terra sotto i suoi piedi.

“Tu possiedi più di una Sacred Gear, bambino, ne hai due. La prima ti è stata data alla nascita, quando ancora eri umano, dal Sistema creato da Dio, ed ha riposato all’interno del tuo corpo fino a che non ne ha incontrato un’altra undici anni dopo. La bacchetta che si diceva essere maledetta, era in realtà una parte della mia anima che nel tentativo di ricongiungersi alle altre tre, sterminava chiunque la toccasse. È stata per pura fortuna, o forse per un insolito destino che tu sia risultato compatibile, ed è forse solo per questo che tu sei ancora vivo. Da quando hai preso quella bacchetta in mano e le due parti di me si sono ricongiunte, ho iniziato a ritornare cosciente riuscendo infine a recuperare parte di ciò che ero. Ma sono ancora debole, follemente debole rispetto a come ero prima. Non mi è più permesso avere un corpo mio e perfino se tornassi integro sarei condannato a vivere all’interno di te in eterno, ma meglio integro e dentro di te, che diviso all’interno di chiunque altro. Come hai detto tu ora sei un demone, hai una durata vitale di diecimila anni, tempo più che sufficiente per trovare un modo di liberarmi, dunque ecco l’accordo: Tu cerca le altre mie Sacred Gears, impossessatene ed in cambio avrai il mio potere. Il potere di imprigionare i nemici tra le ombre, il potere di nutrirti della loro vita, di annullare qualsiasi loro capacità e di farli bruciare tra le mie fiamme nere.”

I suoi occhi viola risplendettero malvagi e l’intero paesaggio intorno a lui cominciò a sfumare. “Da oggi sarò sempre con te, ti sussurrerò all’orecchio, ti ascolterò, ti darò i miei poteri. Saremo partner contro chiunque ci si pari davanti, ma prima di andare devi sapere due cose… la prima è che il tuo peggior nemico non è morto la notte in cui i tuoi genitori furono uccisi, lui è ancora vivo e si trova in questo stesso castello che tu ora frequenti. La seconda cosa è che nell’oscurità si celano le ombre del futuro e tra quelle ombre le ho viste morire. Loro, tutte loro moriranno perché saranno con te… ed accadrà presto. Se tieni a loro, allontanale.”

La lingua biforcuta saggiò l’aria mentre una fiammella nera, spuntata da una minuscola frattura sul terreno, incalzava Harry iniziando a bruciarlo. Le fiamme partirono dal basso, propagandosi su tutta la sua figura, eppure Harry non sentiva dolore, anzi al contrario era un calore piacevole quello che gli lambiva la carne. Quando fu totalmente ricoperto sentì qualcosa cambiare nel suo braccio destro ed il suo corpo divenne pesante e dolorante. Per un momento riuscì perfino ad aprire gli occhi, poi tutto affondò nel buio.

Hogwarts
02 Novembre 1991

Le mura del castello tremarono, un'immensa aura demoniaca scosse l'intero complesso fin nelle fondamenta, quando il Maou Lucifer fu informato della situazione in cui verteva Harry. Dopo il suo incontro con il Troll, a nulla erano servito gli interventi dei medimaghi e dei guaritori, Harry era ufficialmente morto per due minuti, prima che il suo cuore riprendesse a battere. A due giorni di distanza, non avendo il bambino ancora ripreso i sensi, Minerva si decise a scrivere al Signore dei Demoni, arrivando dunque alla situazione attuale.

“Un Troll...!?” La voce del Maou era incollerita, mentre ondate di potere cremisi gli vorticavano intorno. La professoressa era impietrita mentre arretrava lentamente con gli occhi fissi sullo sfacelo del suo ufficio, il primo che aveva subito l'ira del demone.

“M-Ma Harry è vivo! S-Solo non riapre gli occhi!” Un'ondata più potente delle precedenti sbalzò la donna, inchiodandola alla sedia dietro la sua scrivania. La sola aura del demone era sufficiente a tenerla paralizzata senza poter reagire in alcun modo. E fu in quel momento che la donna capì con chi davvero avesse a che fare e da chi Harry avesse preso. Lo capì mentre l'aura si ritirava e le veniva di nuovo permesso di respirare. Lo capì mentre gli occhi del Maou brillavano di paura per la sorte del bambino.

“Me lo faccia vedere. Ora.” L'uomo incrociò le braccia al petto, aspettò che l'anziana strega si rimettesse in piedi barcollando, seguendola nel corridoio. Subito fuori dalla porta del suo ufficio, trovarono un comitato di benvenuto costituito dall'intero corpo insegnanti, probabilmente richiamati dal sistema di difesa del castello, tutti con la bacchetta in mano e l'aria spaventata. Gli unici che non mostravano paura erano Albus Silente e Severus Piton. Il primo ostentava la sua solita aria di giovialità mentre il secondo nascondeva le sue emozioni dietro un muro di Occlumanzia.

“Maou Lucifer, che piacere vederla qui. Considerate le condizioni del castello, e l'aria spaventata della mia cara Vice-Preside, immagino lei sia stato informato delle condizioni di Harry. Avevo suggerito a Minerva di non prendere tale corso d'azioni proprio per evitare una situazione come questa, ma direi che ormai è tardi per dare colpe a chicchessia.” L'anziano stregone incrociò le mani a petto, sorrise, voltando poi le spalle avviandosi nel corridoio. Dopo un paio di passi si fermò, tornando con lo sguardo sui presenti “Beh, non andiamo? Immagino che lei voglia vedere il suo Alfiere.”

L'espressione di Lucifer si incupì, mentre seguiva lo stregone lungo i corridoi stretti e bui. Il suo sguardo ogni tanto spaziava dalle finestre inondate di luce lunare, mentre la mente rifletteva sugli accadimenti. Da che erano partiti, il Maou aveva tenuto una stretta corrispondenza sia con la scuola tramite la professoressa di trasfigurazione, sia con i suoi pupilli tramite cerchio magico, eppure non aveva intuito nulla di quanto fosse successo appena due giorni prima.

Certo, era vero che ultimamente si era rilassato, aveva considerato Hogwarts un luogo sicuro ed aveva smesso di farsi problemi, ma il fatto che non gli stessero scrivendo avrebbe dovuto insospettirlo, il fatto che per lui fossero irraggiungibili avrebbe dovuto farlo preoccupare, ed invece aveva poltrito occupandosi di quisquilie quali le rivolte dei demoni all’inferno o le dispute con gli angeli caduti!

Man mano che il suo flusso di coscienza prendeva questa direzione, la densità dell’aura demoniaco intorno al suo corpo aumentava, divenendo uno strato tenue ma pressante, capace di far tremare chiunque lo stesse guardando. Arrivati all’angolo che dava all’infermeria, la loro strada fu interrotta dalla voce delle bambine che avevano vissuto con lui negli ultimi anni; Rias, Akeno e Koneko.

“““Lucifer!””” Le tre parlarono insieme, saltandogli addosso non appena fu abbastanza vicino da permetterglielo. “Non ce lo fanno vedere, non ce lo fanno vedere! Abbiamo provato a chiamarti, ma non rispondevi mai! Dicono che Harry sta bene, ma non vogliono farcelo vedere!” La voce di Rias era rotta dalle lacrime, e le altre due bambine piangeva sui suoi vestiti. Lucifer sorrise alla sorellina, cercando di imprimere in quel gesto una tranquillità che neppure lui sentiva. “Tranquille, Harry starà bene e se così non fosse lo porterò via con me. Vi porterò tutte via,  ed andremo in un ospedale degli inferi, lì certamente sapranno cosa fare.”

Il demone le strinse forte tutte e tre, lasciando loro qualche istante per sfogarsi. Quando i singhiozzi divennero solo lacrime, e le lacrime iniziarono ad asciugarsi, allora le allontanò gentilmente da sé. “Ora io entro, vedo come sta Harry, e poi ve lo faccio vedere, va bene?” L’uomo parlò con un sorriso, ma qualcuno vicino a lui sembrava contrariato. Silente storse il viso per un attimo, cercando di non mostrare il suo disappunto. “Non per essere sgarbato Maou, ma in questa scuola sono ancora io il preside, e credo che non sia saggio per loro vedere Harry fino a che lui non si sarà completamente ristabilito. Inoltre è notte fonda, voi tre dovreste essere a letto. Non vi toglierò punti casa visto il vostro nobile intento, ma voi dovete…”

L’aura cremisi si ingrossò, facendo tremare l’intero corridoio. “Loro restano.” L’espressione di Lucifer non ammetteva repliche mentre guardava Silente con occhi assassini. Sapeva da tempo che il vecchio mago era completamente pazzo, ed era solo per quel maleficio che aveva lanciato su Harry se aveva accettato di mandare il suo Alfiere nel mondo umano.

Stregone e Demone si guardarono per qualche secondo, finché il primo non annuì serio. “Ragionevole. Ma aspetteranno fuori fino a che non saranno chiamate.” Il sorriso del preside era sparito, mentre apriva le doppie porte che davano all’infermeria. Ad aspettarlo c’era un’agitata Poppy, che corse dal preside non appena l’uomo le si avvicinò. “Preside! Cos’è stato quel terremoto di poco fa? Hogwarts è sotto attacco? Devo spostare immediatamente i miei pazienti ad San Mungo?!”

Il preside spostò lo sguardo sull'infermiera della scuola, sospirando per calmare i nervi. “Non preoccuparti Poppy, abbiamo solo un visitatore piuttosto agitato. Una volta che avrà visto la persona che cerca andrà tutto per il meglio. Ora, puoi gentilmente farci strada verso il letto di Harry?” Il vegliardo tornò ad assumere il suo solito tono gentile, dando prova di un'encomiabile capacità di recitare di cui nessuno gli avrebbe reso gloria dopo la sua morte. Una morte che molti speravano avvenisse presto.

La donna apparve dubbiosa, ma alla fine cedette davanti alle parole del preside, e condusse il folto gruppo di visitatore fin all'ultimo lettino della sala. Dietro delle tende tirate, giaceva un piccolo Harry Potter dagli occhi chiusi e dal respiro calmo. Si sarebbe detto dormisse se non fosse stato per la flebo che continuava a somministrargli pozioni che gli era impossibile bere.

Per un attimo lo il Maou lo fissò e la compostezza del suo viso andò sgretolandosi mentre apprendeva con certezza che quanto gli avevano riferito era vero. Harry era davvero stato attaccato e davvero ora era in fin di vita. Prendendo un profondo sospiro, l'uomo si sarebbe ora chinato sul suo servitore. Con gentilezza gli avrebbe scompigliato i capelli, cercando di rivedere quei suoi occhi verdi, divenuti così vivaci ed attenti negli ultimi anni.

Sospirando, per ricacciare indietro l'emozione, l'uomo si decise ad agire. Per un'ultima volta guardò il viso del bambino, sperando che quello fosse tutto uno scherzo, ma ancora Harry si ostinava a dormire. Così evoco un cerchio magico, lo pose sul petto del suo alfiere, che subito iniziò a brillare di una luce argentata. Il punto in cui il cerchio magico aveva sfiorato il Serpeverde si sta coprendo di un denso liquido nero, un liquido che colava dalla mano del Maou e che si rivelerò essere il suo sangue, una delle sostanze più potenti al mondo.

Quando il sigillo fu completamente oscurato, dal suo centro iniziò ad emergere qualcosa. Qualcosa di piccolo, che sembrava assumere un aspetto più definito man mano che il sangue colava via dalla sua superficie. Tutti fissarono sbalorditi quella magia che andava molto oltre quello che chiunque di loro sapesse fare, e rimasero di stucco quando alla fine l'oggetto assunse la forma di un alfiere. Il maou tese la mano libera, afferrò il pezzo degli scacchi tra le dita, avvicinandolo agli occhi.

Per un paio di minuti l'espressione del demone si fece attenta, quasi come se stesse leggendo qualcosa che solo lui poteva vedere, ma alla fine sospirò di sollievo, sorridendo. “Tutto a posto, Harry si riprenderà. Chiamate le bambine dentro, avrò bisogno dell'aiuto di tutte e tre per farlo svegliare.” I professori esitarono davanti a quelle parole, non sapendo bene se prendere ordini dallo sconosciuto o meno, ma alla fine la McGrannit si fece forza, andando a chiamare le ragazze.

Quando loro arrivarono, il pezzo degli scacchi era di nuovo sparito all'interno del petto di Harry, e sia il sangue che il sigillo erano scomparsi nel nulla. L'uomo aveva accuratamente pulito il tutto, per non allarmarle.  “Harry!”  Rias corse al fianco del bambino ricoverato, stringendogli forte la mano. “Harry! Harry! Sono io, svegliati!” La voce di Rias era ancora addolorata, mentre provava a scuotere il suo più caro e vecchio amico, che non dava segni di volersi riprendere.

“Rias...” La mano di Lucifer sulla sua spalla la fece allontanare, mentre l'uomo si inginocchiava per fronteggiare le tre bambine. “Harry sta bene...” Alle sue parole la sorellina del Maou smise per un attimo di piangere “Lui è stato colpito da un potente maleficio, ha usato più potenza di quanta ne avesse, e parte della sua anima è stata danneggiata, ma è vivo. Ora dobbiamo solo svegliarlo, noi quattro insieme. Io metterò tutta la forza che sarà necessaria, ma saranno i vostri sentimenti a richiamarlo indietro. Quello che dovrete fare e stringergli la mano, stringerla e trasmettergli il vostro amore. L'amore lo farà tornare da voi.”

Il demone supremo sorrise, posizionando poi le bambine in modo che ognuna potesse stare a contatto Harry. Per via della sua particolare natura, per metà demoniaca e per metà mostruosa, Koneko, la Nekomata, fu sdraiata sul petto di Harry, in modo che i suoi poteri curativi potessero fungere da catalizzatore per gli altri. “Non preoccupatevi, andrà tutto bene.” La voce di Lucifer era tranquilla, cosa che calmò il trio, dando loro la possibilità di concentrarsi sul compito che gli era stato affidato.

“Il processo di riabilitazione non durerà molto, voi concentratevi, pensate a lui, ed a quanto state bene quando siete insieme.” Il demone disse queste parole, mentre l’aria intorno a loro iniziava a crepitare di energia. I presenti che non facevano parte del rituale videro i corpi dei bambini incendiarsi, il fuoco divampare ed il calore per loro fu così insopportabile che dovettero arretrare. Minerva, Severus e Filius pensarono erroneamente che qualcosa fosse andato storto, e mandarono getti d’acqua contro i demoni, ma questa semplicemente evaporò prima di arrivare al bersaglio. Poco dopo del letto non restava che cenere, così come non rimanere che cenere della vestaglia di Harry, eppure nonostante tutto continuasse a bruciare, loro stavano bene.

Rias, Akeno e Koneko, così come Lucifer avevano i vestiti intatti, il fuoco si limitava a lambirli senza bruciarli. Alla fine accadde il miracolo, lentamente Harry aprì gli occhi. Il suo corpo era poggiato su un mucchio di cenere, intorno a lui danzava la luce rossa del fuoco, ma l’unica cosa che il bambino fece fu voltarsi verso il suo Master. Lo sguardo perso, gli occhi annebbiati, il dolore nel cuore. E poi la sua mente tornò alla bacchetta, al limbo che aveva vissuto, alle parole che gli erano state dette. Il suo respiro si fece mozzo mentre combatteva una lotta intestina. Sapeva che ciò che gli era stato detto era vero, che se fossero rimaste con lui sarebbero morte, morte di una morte orrenda e dolorosa, una morte che solo i mostri come lui possono infliggere.

Il suo corpo si portò in posizione fetale, i ricordi del tempo passato con i suoi zii lo avvolsero come una cappa di sofferenza, rendendogli impossibile anche solo pensare. Fu in quel momento che Rias gli fu accanto. Lo sollevò gentilmente dalla cenere, gli tolse le mani dal viso sorridendo. Delle lacrime colavano dai suoi occhi bagnando il viso di Harry, e parole tremule provennero dalla sue labbra piccole e rosse come il rubino “Harry, oh Harry... pensavo di averti perso, pensavo mi avessi abbandonata. Non lasciarmi, non lasciarmi, non farlo più. Tu sei stato il mio primo amico. Non voglio stare senza di te...” Altre lacrime si sommarono alle prime e profonde cicatrici segnarono il cuore del ragazzo, che vide la nebbia di ricordi dolorosi diradarsi ad ogni parola della rossa. L'amava, sapeva di amarla con l'innocenza dettata dell'età che condividevano, ma proprio per quest'amore così puro doveva allontanarsi da lei.

L'espressione si fece triste ed il cuore agonizzò un'ultima volta, prima che lo sguardo si indurisse e lui tirasse via le mani dalle stretta delle ragazze. Rudemente si trasse in piedi, facendo cadere scompostamente Koneko a terra, evocando in un secondo un pigiama per coprire le sue nudità ben esposte.

“Questo non era necessario.” Harry parlò con voce dura, guardò Lucifer con rabbia, afferrando la bacchetta dal comodino per sbattersela in tasca. “Non era assolutamente necessario! Cosa ci fai qui?  Non dovevate chiamarlo!” La sua espressione rabbiosa si spostò verso la McGrannit e gli altri docenti. “Fateli andare via. TUTTI! Non voglio più vedere nessuno di loro!” Ad ogni parola il cuore di Harry si infrangeva un po’ di più, ma nonostante questo continuò a dire ciò che sapeva andare detto. Evitò accuratamente lo sguardo delle bambine che gli avevano appena salvato la vita, e quando Rias si avvicinò a lui, la scansò rivolgendole poi un’occhiata terrificante. “Non ti avvicinare mai più a me. MAI”.

Non potevano morire. “E voi due…” Non poteva permettere che morissero per lui. “Fate così schifo, siete così patetiche, non meritate nemmeno di starmi vicino...” Avrebbe fatto qualsiasi cosa per evitarlo. “Andate VIA!” Le sue mani si impennarono, il discorso del drago sigillato nella sua bacchetta era impresso a fuoco nella sua mente, ma mentre il potere iniziava a raccogliersi, uno schiaffo lo colpì in pieno viso. Non erano Akeno, Koneko o Rias, che sembravano così scioccate da non riuscire a proferir parola, e nemmeno Lucifer che si limitava a guardare il suo sfogo accigliato, come se sapesse che stava mentendo.

Fu la McGrannit, dall’alto del suo scranno di docente, ad alzare la mano verso un suo studente schiaffeggiandolo. E la furia si placò, il ghiaccio prese a scorrere nel corpo del bambino sopravvissuto, che ora tornava a portare le mani ai lati del corpo. Non guardò la donna, ne nessun altro, si fece semplicemente strada fra loro come se fossero ostacoli da superare. I piedi scalzi, l’aria tetra, si voltò solo un’ultima volta prima di  abbandonare la sala. “Non avvicinatevi più a me. Nessuno di voi…” Si rivolse solo alle bambine, alle sue più care e vecchie amiche che si era ripromesso di far sempre sorridere, e che ora piangevano per lui.

Appena superate le doppie porte dell’infermeria barcollò. Una mano si poggiò stretta sul cuore, mentre il respiro diveniva affannoso e gli occhi si coprivano di lacrime. Lo faceva per loro, non poteva non farlo per loro, avrebbe fatto qualsiasi cosa necessaria per tenerle al sicuro. Sempre.

E mentre lui andava via, tornando nei sotterranei, nell’infermeria il tempo sembrava essersi fermato.

“Preside. Io e lei parleremo. Da soli. Ora!”

Il demone supremo avanzò verso il vecchio l’uomo, l’afferrò per una spalla, ed entrambi svanirono nel nulla. Alle loro spalle solo il silenzio ed il pianto disperato di Rias.

*************

Hogwarts
25 Dicembre 1991

Harry sorrise consapevole di essere finalmente solo. Per un istante sospirò nel rigirare lo sguardo tra i letti vuoti del suo dormitorio, solo per accertarsi che nessun altro fosse li con lui, abbracciando poi le proprie gambe al petto, per gettare finalmente la maschera che aveva iniziato ad indossare da mesi. Una maschera di crudeltà, di bugie e bisogno disperato, che aveva  messo in piedi ed allestito solo per allontanarle. Per allontanare Rias e le altre in modo che lo odiassero e cominciassero ad aver paura di lui.

Il viso affondo tra le ginocchia, mentre una lacrima solitaria colava dagli occhi solcandogli il naso, al quale si aggrappò per alcuni istanti prima di cadere. Era arrivato il Natale, una festa che negli Inferi non esisteva, ma che aveva concesso loro l'occasione di tornare a casa e stare con le persone che ritenevano una famiglia. Tuttavia Harry si era rifiutato di tornare, rimanendo uno dei pochi studenti ancora ad Hogwarts.

Tutto era calcolato, preparato fin nel dettaglio, ed ogni cosa stava andando come desiderato. Eppure non era felice. Non era felice da quando aveva solo Blaise ed Hermione con cui parlare, non era felice da quando Rias, Akeno e Koneko avevano iniziato ad evitarlo, guardandolo con tristezza e dolore. Certo, le cose erano migliorate rispetto a quando lo placcavano ovunque andasse, piangendo ed urlando, ma ogni giorno senza di loro, per lui era pura agonia.

Lentamente alzò la bacchetta con le rune ormai sbiadite, rigirandosela tra le dita. Aveva tentato di parlargli ancora, di entrare in contatto con il drago che viveva nella sua bacchetta, di usare addirittura la sua magia attraverso di essa, ma qualsiasi cosa tentasse era inutile. La sua bacchetta si era dimostrata inutile così com'era  stata prima dell'attacco del troll.

Spostando poi la sua attenzione ai piedi del letto, Harry notò una pila ben fornita di regali. Regali da parte di elfi domestici, professori, compagni di casa ed... amici. Vide l'indubbia carta scarlatta di un regalo di Rias, avverti l'aura di Koneko su un pacco bianco come la neve, ed una piuma nera era allegata al regalo di Akeno. Non avevano ancora rinunciato a lui, nonostante tutto non era riuscito ad estirpare quel sentimento che li legava dal loro cuore, ed ora non poteva che continuare a fingere.

Con un gesto della mano creò un sigillo sotto il cumulo di regali, che dopo pochi istanti presero fuoco. Le fiamme lambirono ogni cosa riducendola in polvere, e poco prima che anche il regalo di Rias fosse consumato, Harry riuscì a vedere sotto la carta colorata, una foto di loro due insieme, scattata tanto tempo prima. Le fiamme divennero più intense, più spietate, mentre il cuore di Harry sanguinava.

Come poteva dirsi ancora umano se non poteva che allontanare le sue amiche con cattiveria e dolore? Come poteva soffrire così tanto nel presente, solo per evitarsi il dolore di un possibile futuro? Ancora i suoi occhi era immersi in quelle fiamme che avanzavano e distruggevano qualsiasi cosa sulla loro strada, venendo contenute solo dal sigillo impresso sul terreno. Ed alle fine non rimase che polvere e cenere, nient altro che questo, lasciando una terribile sensazione di morte nel bambino.

Ma fu proprio quando era pronto ad andare, facendosi forza per rimettersi in piedi, che qualcosa planò verso di lui. Era un mantello, fluido come acqua, leggero come seta, che si era innalzato senza bruciare a causa del calore delle fiamme. Ed ora volteggiava verso di lui fino a coprigli la mano pronta ad afferrarlo. Mano che sparì non appena il tessuto vi si poggiò sopra, riflettendo solo quello che c'era oltre di essa.

Da un angolo del mantello, pendeva un biglietto nero e bruciacchiato, dal quale erano però visibile delle parole scritte in una calligrafia stretta ed elegante.

 ‘Questo me l'ha affidato tuo padre prima di morire. È giunto il momento che torni a te.
  Fanne buon uso.
  Buon Natale’.

Harry guardò lo strano tessuto, leggendo attraverso la trama di filamenti accuratamente cuciti insieme, una miriade di incantesimi a lui sconosciuti. Incantesimi di invisibilità, anti individuazione, d'invulnerabilità, più un centinaio di altri che non era capace di tradurre ne capire. D'istinto si pose il mantello sulle spalle, evocando poi uno specchio per osservare la sua testa galleggiare a mezz'aria. Tutto il resto del corpo era diventato invisibile.

Sorrise, tornando a fissare il biglietto non firmato, e per un momento fu dimentico del suo dolore. Riponendo  il mantello nel suo bagaglio, si sistemò infine per prepararsi alla colazione.

Dietro di se lasciava solo puzza di bruciato ed un senso di colpa schiacciante.

Era il momento di tornare alla finzione che era divenuta la sua vita.

*************

Hogwarts
27 Dicembre 1991

Esiste una teoria che i più non conoscono e che spesso è difficile dimostrare, chiamata Normalizzazione, o anche Livellamento. Con questa si spiega come la felicità individuale, o anche la tristezza e la malinconia, si armonizzi con il tempo divenendo di nuovo uno stato normale. Questo spiega come un ricco possa essere triste pur avendo tutto e come un povero possa essere felice anche non avendo niente.

I loro stati d'animo si livellano, tornano ad un punto che diventa il loro nuovo punto di partenza e da lì in poi ricominciano la scalata verso la felicità. Per un Harry emotivamente distrutto, senza appigli ne possibili vie d'uscita, questa è una sensazione ancora lontana da raggiungere, eppure la sua mente non può non sentirsi più serena mentre girovaga per il castello, in piena notte, con il suo nuovo mantello dell'invisibilità ultra potenziato.

In teoria il bambino avrebbe potuto diventare invisibile in altre maniere, per esempio riflettendo la luce che lo circondava o cambiando le sue cellule epiteliali in modo che assumessero il colore di quanto si trovava dietro di lui, ma entrambi questi metodi avevano falle a cui era difficile porre rimedio, viceversa il suo mantello era perfetto, lo rendeva completamente e totalmente invisibile concedendogli la possibilità di non essere visto in nessun caso. Mai.

Certo, per lui tutto era iniziato come un modo per aiutare Hermione nello scoprire a che gioco stesse giocando il preside e cosa desiderasse tanto Voldemort da spingersi così a fondo nella roccaforte del suo nemico per averla, ma dopo le informazioni che la ragazza aveva avuto dall'ingenuo Hagrid, era stato facile per i due scoprire che la Pietra Filosofale, uno degli oggetti alchemici definitivi, riposava nelle profondità del castello e che era questo l'oggetto bramato. Ora che la parte del 'cosa' era risolta, ad Harry non restava che scoprire 'Dove' il malvagio stregone si nascondesse e non c'era modo migliore di scoprirlo che esplorare l'antico castello di notte, quando lui come demone era più forte e ci sarebbero state maggiori possibilità di incontrarlo.

Camminando con passo svelto lungo un corridoio al primo piano, Harry si scoprì a pensare all'alchimista Nicolas Flamel, che era famoso nel mondo dei demoni per essere uno dei maggiori maghi ad aver acquisito potere grazie alle conoscenze dei suoi simili. L'essere umano infatti, aveva stipulato un patto con un demone di basso livello, ed attraverso un incrocio degli studi tra le ricerche demoniache e quelle umane, era finalmente giunto ad acquisire quello che tutti i suoi simili bramavano ad un prezzo che però nessuno sospettava. L'immortale e ricchissimo Nicolas Flamel era stato condannato dal Dio della Bibbia, e la sua punizione per essere evaso dal sistema che lui aveva creato per gli esseri umani era l'esatto contrario al potere che aveva ottenuto. Come essere immortale era condannato ad arrivare in fin di vita ogni giorno, soffrendo ed agonizzando senza poter mai morire, ed in quanto uomo ricchissimo ora doveva scontare il pegno di non poter vivere che di quello che produceva la terra che lui stesso coltivava.

Nel mondo sovrannaturale era chiamata Legge del Contrappasso, ed era una delle giostre preferite che Dio aveva ideato per sollazzarsi. Nulla lo divertiva di più che creare regole impossibili a cui era difficile attenersi, solo per poi punire e castigare chi finiva per diventare un peccatore. In genere questo era un sistema automatico, integrato nel grande codice divino che il Dio della Bibbia aveva ideato, ma per Flamel c'era stato un intervento diretto del Signore, che era rimasto profondamente oltraggiato dalla scoperta della pietra filosofale.

La Legge del Contrappasso, insieme alla volontà di liberare le anime di miliardi di umani condannate al castigo di Dio, era uno dei motivi che avevano spinto i demoni a combattere eoni prima. Solo nell'ultimo secolo le tre fazioni composte di Angeli, Demoni ed Angeli Caduti erano giunte ad una tregua all'unico scopo di rinfoltire i propri ranghi, ed era durante questo periodo di 'pace' che i precedenti signori degli Inferi erano stati sostituiti dagli attuali reggenti, dei quali Lucifer era il capo supremo.

Dopo l'ennesima svolta, che venne aggiunta alla mappa che Harry reggeva sotto il mantello, il ragazzo si imbatte in un giro di ispezione dei professori. Solitamente non sarebbe stato preoccupato dalla cosa, in quanto era letteralmente impossibile individuarlo anche con gli incantesimi più potenti, ma in questa specifica occasione il pericolo sorgeva nel fatto che ad arrivare dalla parte opposta del piano erano la McGrannit e Piton insieme. I due camminavano fianco a fianco, tenendosi il più lontano possibile l'uno dall'altro come se rischiassero di contagiarsi a vicenda se non l'avessero fatto, tuttavia anche in questo modo non c'era abbastanza spazio tra i due perchè lui potesse sgattaiolare via.

Non poteva correre indietro altrimenti l'avrebbero sentito, non poteva passargli vicino perchè occupavano la larghezza di tutto il corridoio, rimasto senza alternative Harry sorrise e lasciò fare al mantello, infatti l'artefatto magico era così intriso di magia, da poter cambiare alcuni fattori del destino per evitare che il suo possessore venisse scoperto.

Tuttavia, man mano che i due professori si avvicinavano, il sorriso di Harry iniziava ad affievolirsi, incresparsi, fino a che non si trasformò in una linea sottile. Ormai erano a pochi metri da lui, ed il bambino poteva già sentire i loro discorsi e battibecchi.

“Ti dico che Potter è diverso. Da quando si è risvegliato dal suo stato comatoso è diventato freddo ed irascibile, non parla quasi con nessuno ed ha smesso di aiutare pure i suoi compagni di casa. Ormai gli unici che riescono a scucirgli qualche parola sono Zabini e la Granger, ed anche con loro non è più come un tempo. Quel ragazzino mi sta dando più grattacapi di quanto ne meriti, sembra la copia sputata di suo padre!”

Il viso di Harry si rabbuiò maggiormente quando comprese di essere lui l'argomento di conversazione tra i due docenti, ma ancora non si mosse per evitare di essere notato. Eppure mentre il professore di pozioni si lamentava, Minerva non sembrava indispettita, quanto esasperata.

“Te l'ho già detto Severus, quel ragazzino non è assolutamente come suo padre e sebbene non possa che condividere le tue preoccupazioni non so davvero cosa fare. Noi insegnanti non abbiamo potere su di lui, certo possiamo togliergli punti e metterlo in punizione, ma hai sentito Albus, dobbiamo considerarlo diversamente dopo gli eventi dell'infermeria. È di certo molto potente, ed anche molto facile all'ira, meglio non trovarsi sulla sua strada, o su quella demone suo padrone.”

Il cuore di Harry si strinse. Iniziava ad essere temuto pure dai professori, Silente aveva detto di trattarlo con cautela, come se fosse una bomba pronta ad esplodere, cosa che non poteva che rafforzare il suo pensiero sull'essere un mostro. Per un momento fu sul punto di scappare via, usando in exstremis il pugnale regalatogli prima della sua partenza per il mondo umano, come modo di scappare in una realtà alternativa, ma le sue intenzioni furono interrotte dalle parole secche ed irritate del suo Capo Casa.

“E tu dai ancora retta a quello che dice il Preside? Dopo tutto quello che ci ha fatto passare in questi ultimi anni? Dopo tutte le pozioni e gli antidoti che abbiamo dovuto cucinare ed incantare per lui in modo che non ci rimanesse secco mentre praticava le arti oscure? Il ragazzino sarà forse un discolo indisciplinato che vuole solo mettersi in mostra, ma è anche solo un bambino, ed io non permetterò che si senta solo nella MIA casa! Ho deciso che gli concederò un permesso speciale in modo da poter partecipare ai provini straordinari per entrare nella squadra di Serpeverde. Forse è un po' tardi visto che la prima partita della stagione è già stata disputata, ma avere una squadra intorno a lui che conta sulle sue capacità lo aiuterà a legare ed a farsi degli amici. Ricorda Minerva, Serpeverde Uniti Contro il Mondo!”

I due professori si erano ora fermati, ad appena un passo da lui, e si fronteggiavano seriamente, con le braccia incrociate al petto e l'aria di chi sta per lanciarsi un incantesimo. Tuttavia fu solo per qualche istante che lo scontro durò prima che la McGrannit scoppiasse a ridere, battendo amichevolmente il braccio del collega schifato.

“Oh Severus, non capisco bene se stai cercando di dare una mano  Potter in modo che non viva l'isolamento che hai vissuto tu, o se più semplicemente hai paura dell'incontro del prossimo mese tra Grifondoro e Serpeverde! Del resto la prima partita contro Corvonero l'avete persa, ed anche di una bel centinaio di punti. Direi che trovare un nuovo cercatore sarebbe la mossa giusta per un'astuta serpe, soprattutto se nascondi questo sotto un atto di finto altruismo!”

La donna continuò a ridacchiare, voltando le spalle ad Harry per iniziare a tornare indietro, mentre Severus la seguiva borbottando. “Io, aiutare un Potter? È solo perchè è nella mia casa, ed è mio protetto, niente di più Minerva. Non cercare significati nascosti in quella tua piccola testolina da Grifondoro” i due iniziarono ad allontanarsi, mentre in Harry sorgevano e si contrastavo emozioni differenti.

Le parole di Piton l'avevano toccato nel profondo, e checché ne dicesse la McGrannit era sicuro che l'intento del suo Capo Casa fosse sincero. Socchiudendo gli occhi per respirare profondamente, Harry avrebbe preso la prima direzione che gli fosse capitata, insinuandosi in un'aula aperta che non aveva mai visitato. Per un paio di minuti non fece che respirare  nell'intento di calmarsi e solo dopo iniziò ad interrogarsi su quanto accaduto. Fuori dubbio era stato salvato dal suo mantello che aveva certamente istruito i professori sul cambiare strada giusto poco prima di andare a sbattere contro di lui e certamente quelli che aveva davanti non potevano essere... i suoi genitori?

Le palpebre sbatterono più volte mentre Harry metteva a fuoco quanto aveva davanti. Un uomo ed una donna, alti e sottili, che si ergevano dietro di lui sorridendogli, erano riflessi in uno specchio proprio di fronte a lui. Harry si voltò, il panico che rischiava di tornare ad assediarlo, ma non vide nessuno. Solo il vuoto ed una serie di banchi accatastati. Tornò allo specchio, dove ancora i suoi genitori gli sorridevano ed iniziò ad avvicinarsi. Ad ogni passo che faceva qualcun altro si aggiungeva ai due ed Harry penso di riconoscere parenti mai incontrati ma con i quali aveva in comune le gambe ossute o la forma del viso.

Quando fu proprio davanti allo specchio tutti i suoi familiari gli sorrisero e si fecero da parte facendo strada a Lucifer. L'uomo che l'aveva accolto, salvato, gli aveva dato una casa e trattato come un figlio. Gli occhi di Harry si annebbiarono di lacrime trattenute quando il sorriso del Demone Supremo si allargò e l'uomo bussava lentamente contro lo specchio. Stranamente, nel silenzio della stanza, quel breve Knock Knock rimbombò come se davvero ci fosse qualcuno allo specchio, ma Harry aveva già capito che non era così.

'Emarb eutel amosi vout linon ortsom '

L'iscrizione situata in cima alla specchio era l'unica indicazione di cui aveva bisogno per capire davanti a cosa effettivamente si trovasse. Quello era il famoso Specchio delle Brame, oggetto antico e potente che al suo interno racchiudeva un incantesimo che leggeva e mostrava i desideri della persona che aveva di fronte. Si diceva fosse scomparso secoli prima dalla Germania, suo luogo di origine ed ora Harry se lo ritrovava davanti. Indubbiamente Hogwarts era una scuola mediocre, con insegnanti carenti in fatto di magia e strutture non a norma, ma al suo interno nascondeva più segreti di quanti se ne immaginassero.

Sfiorando la superficie dello specchio, Harry fece coincidere la sua mano con quella del Lucifer dall'altra parte e per un momento immagino che nulla fosse cambiato tra loro, che si volessero ancora bene e fossero ancora una famiglia, nonostante tutto quello che Harry aveva fatto e detto. Lo specchio era freddo e liscio al tatto, ma gli sembrava quasi di sentire la solita aura tranquilla e benevola venire dal demone dai capelli cremisi.

*****************

Per molti giorni Harry tornò a visitare lo specchio, assicurandosi di non essere mai visto ne sentito. Lo visitava ogni notte, senza dormire e non avendo nessun altro con cui stare, faceva visita all'aula dismessa pure in pieno giorno. La sua dipendenza per quella pura illusione era diventata seria, al punto che aveva iniziato a pranzare lì, insieme all'immagine dei suoi familiari e quando si trovava altrove pensava solo a tornare nella stanza.

Alla fine le vacanze di Natale terminarono, il suo tempo iniziò a diminuire, ma Harry continuò a far visita alla stanza ogni volta che poteva, fino a che un giorno, senza preavviso, lo specchio non fu più lì. Al suo posto, una semplice iscrizione era stata fatta su un foglio di carta lasciato al centro della stanza.

'Non serve a niente rifugiarsi nei sogni e dimenticarsi di vivere.
Lo specchio sarà spostato in un luogo più sicuro,
spero non lo cercherai.

                                                                                         Silente'

Il mondo tornò ad essere una nera cappa di sofferenza, questo almeno fino a Giugno, quando Harry incontrò finalmente l'assassino dei suoi genitori.

 

 *******************

N.D.A. Ho un gran mal di testa ed una miriade di cose da fare. Carico il capitolo ora perchè non so se staserà potrò. Annuncio che il prossimo capitolo concluderà il primo arco narrativo, quello dedicato al primo anno di scuola e sarà seguito da un break necessario per adempiere ai miei doveri di studente universitario.  Alla prossima: Bumbix

 

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


The Harry Potter’s Forbidden Story

Disclaimer: Non posseggo ne il mondo di Harry Potter, ne quello di High School DxD, che appartengono invece ai rispettivi autori. Questa storia è  stata scritta senza fini di lucro.

NB: Capitolo molto lungo (circa 20 pagine di Word), assumetelo a piccole dosi. Ci saranno più punti, mentre leggerete, che potrete usare come Break, non perdeteli. 

Capitolo 6

Hogwarts
10 Giugno 1992

Il pesante turbante venne rimosso, una zaffata penetrante di morte e decomposizione si diffuse nell'aria, mentre il volto butterato di Lord Voldermort prendeva forma sulla nuca del professor Raptor. “M-Maestro, non dovremmo aspettare che il castello sia vuoto, p-prima di rubare la pietra?” La voce debole e sottile dell'insegnante di difesa tremò mentre avvertiva il suo corpo cambiare e deformarsi sotto l'influsso del suo padrone. Se non fosse stato per il sangue di unicorno bevuto alacremente nelle ultime settimane, probabilmente sarebbe già morto.

“Silenzio, idiota! Non mettere in discussione i miei piani!” Una voce penetrante e profonda provenne dal volto che aveva finito di prender forma. “Stasera prenderemo la pietra, ed io rinascerò! Il mondo intero agonizzerà per il ritorno di Lord Voldemort e la prima cosa che farò una volta riottenuto il mio corpo, sarà uccidere quello sporco filo-babbano di Albus Silente e prendere il suo posto come Preside di Hogwarts!” Il sorriso sulla carne putrida e gli occhi incandescenti di Voldemort, fecero gemere di dolore il suo servo.

“E-e riguardo Potter? È estremamente potente, l'ha visto anche lei mio signore!” Il sorriso serpentino si adombrò mentre una scarica di dolore veniva inviata nel corpo di Raptor. “Il ragazzo ha più potere di quanto avessi immaginato, ma ha perso i suoi alleati in questa scuola. Avrà l'occasione di unirsi a me, altrimenti morirà...”  Raptor  singhiozzò, cercando di nascondere la paura. Aveva visto in prima persona in che modo il suo Troll fosse stato ucciso da un bambino così piccolo e non aveva assolutamente voglia di trovarsi sulla sua strada quella notte.

“So a cosa stai pensando patetico mago di mezza tacca. L’attuale te non ha possibilità contro di lui, e pure se ti possedessi pienamente sarebbe difficile affrontarlo viste le tue condizioni, ma ricorda quando ti dico che Lord Voldemort ha sempre un piano. Sempre!”  La voce di Voldemort divenne un sussurro ipnotico, mentre ristabiliva la sua presa sulla coscienza del suo servitore.

“Stanotte una nuova era ha inizio….”

*****************

Hogwarts
10 Giugno 1992
Ore 10:45 a.m.

Era l'ultima settimana di scuola, il caldo sole estivo aveva iniziato ad affacciarsi nelle giornate tipicamente uggiose della Gran Bretagna, ed Harry si trovava seduto sulle sponde del lago insieme a Blaise. Il suo capo era chino, l'aria rilassata, la mente sgombra dalle preoccupazioni. Avevano appena affrontato l'ultimo esame del loro primo anno, Trasfigurazione, ed ora stava prendendo in considerazione la proposta dell'amico riguardo l'estate.

“Dai, so che non vuoi tornare a casa per l'estate, perché non vieni da me? Sono sicuro che in due ci annoieremmo meno!”

La voce di Blaise era insistente, ma più di quello era il pensiero di passare l'estate lontano dagli Inferi ad allettarlo. Non voleva dover rivedere Lucifer, Grayfia e tutto gli altri servitori del castello del Maou, voleva star lontano da loro per affermare ancora di più la sua decisione di tenere le persone care lontane da lui. Il ragazzo sospirò, tese la bacchetta tra le mani, osservandola per qualche istante. Non aveva più avuto notizie dall'entità della bacchetta, nonostante tutti i suoi incantesimi e tentativi.

Voleva risposte, conferme, voleva sapere che non aveva intrapreso la strada sbagliata. Perché ogni giorno che passava lontano da Rias era un giorno in cui si sentiva solo ed abbandonato. Nonostante lei fosse sempre lì, a guardarlo tristemente da lontano senza osare avvicinarsi. Nonostante lei ci fosse, continuasse ad esserci e non fosse mai andata via.

L'umore di Harry iniziò a peggiorare man mano che la sua mente andava alla deriva nel mare di problemi che ora sembravano solo frutto della sua immaginazione. Del resto dopo l'attacco del Troll non c'era stato un altro evidente tentativo di arrivare alla pietra... certo, gli unicorni morivano a pioggia nella foresta proibita, ma questo non implicava che fosse Voldemort ad ucciderli. Sinceramente Harry iniziava a dubitare di sé, del suo raziocinio e delle motivazioni che l'avevano spinto a prendere la scelta di allontanarsi da tutti.

Come sempre voleva tutto, ed il contrario di tutto, dimostrando ancora una volta quanto il suo animo fosse tormentato ed afflitto per un bambino della sua età. Le mani strinsero l'impugnatura della bacchetta, le nocche sbiancarono, ed il legno iniziò ad incrinarsi sotto la sua forza, magicamente amplificata, ma nonostante tutti i suoi tentativi, la bacchetta continuava ad auto-ripararsi dimostrando l'effettiva presenza di qualcosa al suo interno.

“Blaise... non vorrei altro che venire da te per l'estate, ma... non lo so, penso che forse dovrei tornare. Tutta questa storia della pietra e di Voldermort...” Il compagno Serpeverde tremò visibilmente al sentir pronunciare quel nome. “... sembrano cose così insignificanti ora. Non so nemmeno perché continuo a restare a scuola, mi hai visto agli esami, non c'è stato nemmeno bisogno che mi impegnassi.”

La mano tornò nella tasca dell'uniforme, riponendo la bacchetta al sicuro, mentre il suo sguardo si spostava ora al parco, dove molti studenti li imitavano, godendosi quei raggi di sole. Tra i più giovani, in molti sembravano fissare lui ed il suo compagno di casa con fare insistente, quasi cercassero di attirare la loro attenzione. Blaise sorrise nel notare ciò, dando poi una gomitata ad Harry per renderlo partecipe.

“Amico, so che tutto questo è uno schifo, ma guardati intorno. Da quando sei nella squadra di Quidditch sei diventato una star. O meglio, lo sei diventato più di quanto già non lo fossi. Sei seguito e riverito dai Tassorosso, invidiato dai Grifondoro, acclamato tra i Serpeverde e studiato dai Corvonero, che ancora stanno cercando di capire come diamine hai fatto a non schiantarti nella partita contro i Tassi. Quella picchiata è stata davvero assurda, più figa di quella che hai fatto nella nostra prima lezione di volo! Pensi davvero che a casa tua potresti trovarti meglio che qui? Hai il mondo ai tuoi piedi ed un Serpeverde non potrebbe chiedere di meglio...”

Harry sorrise mentre le sue preoccupazioni scivolavano via a contatto con le rivitalizzati parole di Blaise. In effetti era comodo avere schiere di ammiratori da poter comandare a bacchetta per qualcosa che si era davvero guadagnato, imbrogliando con perizia. Certo, avrebbe potuto vincere anche senza imbrogli, ma perché scegliere la strada giusta quando c’è quella facile solo due passi più in là? Con questa mentalità aveva usato le sue conoscenze demoniache per alterare il risultato della partita, incantando la sua scopa perché fosse più veloce, cambiando la consistenza dell’aria intorno ai suoi avversari perché fossero più lenti, ed aggiungendo un piccolo incantesimo di intangibilità al suo manico in modo che fosse possibile risollevarsi da una picchiata alcuni istanti più tardi del normale. In questo modo era riuscito a risalire da un tuffo a spirale senza un graffio, con il boccino stretto in mano e l’aria vittoriosa, ed il bello è che nessuno si è accorto di nulla, perché gli incantesimi contro i Tassi non colpivano direttamente loro, ma l’aria che li circondava, rendendo di fatto l’incantesimo impossibile da individuare.

“Te lo concedo Blaise, sai esporre sempre motivazioni convincenti. Non sarebbe male vivere per un po’ nel mondo magico godendosi la fama che ho giustamente meritato…” Sorrise al suo compagno di casa, che era l’unico a sapere che lui avesse truccato la partita. “… ma ancora non lo so, lasciami del tempo per riflettere e fammi parlare con Hermione. Il suo punto di vista mi aiuta sempre  a capire qual è la cosa giusta da fare.”

Blaise sbuffo risentito, cominciando a fissare le nuvole in cielo. “Sai, ancora non credo ad una parola del fatto che tu sia un demone e che esistano altri mondi o dimensioni oltre questa? Cioè, mi hai dato delle prove e mi hai spiegato tante cose, ma mi sembra tutto così assurdo… davvero un giorno farai diventare un demone anche me, prendendomi come tuo servitore?” La voce del ragazzo era strana, esitante, quasi come se quel discorso fosse un percorso impervio per lui. E non poteva certo dargli torto, diventare un demone voleva dire rinunciare alla propria umanità, vedersi confinato in un modo fatto di rigide regole e poteri sconosciuti, senza contare il fatto che sarebbe stato come sbandierare che lui fosse dalla stessa parte di Harry, cosa che in tutta onestà non poteva proprio fare.

Come già il ragazzo gli aveva spiegato la famiglia Zabini era ricca all’inverosimile soprattutto grazie alla neutralità che dimostrava in ogni occasione. Andare contro quei principi che da sempre gli sono stati insegnati… beh, non era cosa da poco per lui. Harry sorrise, continuò a guardare i territori della scuola, soffermando lo sguardo su una massa di capelli castani cespugliosi che si muovevano rapidamente verso il castello. Hermione ritornava ad Hogwarts dopo una probabile visita ad Hagrid, con il quale aveva stretto amicizia. Per un momento continuò a fissarla domandandosi il motivo della sua fretta, ricominciando poi a parlare.

“Blaise, te l’ho già spiegato. Potresti essere già morto quando diverrò un demone di rango abbastanza alto da avere dei servitori tutti miei. Ora come ora sono ancora di basso classe e solo i demoni di classe Superiore o classe Ultima hanno diritto ad avere dei servitori…” Omise di proposito di parlare di Rias, che come demone purosangue avrebbe avuto il suo primo set di scacchi a tredici anni, indipendentemente dalle sue abilità. La cosa era ingiusta, ma impossibile da contestare viste gli attuali rapporti tra Harry ed il mondo degli Inferi.

“Va bene, va bene, però… beh se dovessi finire per avere dei servitori prima della mia morte, ripassa a trovarmi. Probabilmente sarò un vecchio decrepito, ma magari potrei offrirti qualcuno dei miei nipotini al mio posto. Sarei uno sciocco a rifiutare un potere così grande…” I due ragazzi si guardarono negli occhi per un breve istante, continuando poi a parlare del più e del meno.

Certo, c’era ancora una certa cautela in Harry, che non voleva assolutamente affezionarsi al punto da star male, ma senza dubbio Blaise era una delle poche cose per cui Harry sopportasse di rimanere ad Hogwarts.

Lui ed ovviamente Hermione…

*****************

Hogwarts
10 Giugno 1992
Ore 11:30 a.m.

Hermione corse a perdifiato, gli ultimi tasselli del puzzle andarono al loro posto nella sua mente mentre correva. Piton voleva rubare la pietra per consegnarla a Voldemort, lo stesso Voldemort che Harry le aveva assicurato nascondersi nel castello e che certamente avrebbe agito presto, visto e considerato che ora aveva scoperto come superare l’ultimo ostacolo ancora sulla sua strada.  Il sangue puramente Grifondoro che scorreva nelle sue vene, le fece accelerare il passo, fino a che voltando l'angolo non rischiò di andare a sbattere ad una nervosa Minerva McGrannit, che camminava lentamente con le braccia cariche di pergamene.

“Professoressa, io.. io...” Hermione ansimò, poggiò le mani sulle ginocchia, cercando di riprendere fiato, mentre la donna la guardava irritata dall’interruzione del suo compito. Probabilmente quelli tra le sue braccia erano prove d’esame di un qualche anno scolastico, ed era per questo che non poteva trasportarle in modo magico, ogni pergamena era stata abilmente stregata perché fosse immune ai tipi di magia ordinaria.  “Devo vedere il preside!” La bambina si fece coraggio, mise da parte le remore, sperando di poter contare sul suo Capo Casa almeno per questo. “Piton vuole rubare la pietra, penso che agirà oggi stesso! Ha scoperto come superare la sorveglianza di Fuffy, Hagrid gli ha detto come fare!”

Si sarebbe aspettata un complimento o una qualche sorta di ammirazione da parte dalla donna, che invece si limitò a sobbalzare davanti alle sue parole, facendo crollare i rotoli in cima al mucchio proprio sul pavimenti di fronte a lei. Esibendosi in coloriti insulti nei confronti di un qualche Dio, la donna guardò fissa Hermione che ora si sentì in soggezione di fronte a lei. “Tu sai della pietra?!” L'anziana strega si guardò intorno, ripose il mucchio di rotoli a terra, imponendo su di loro un incantesimo per evitare che qualcuno origliasse. Nonostante le precauzioni però, abbassò comunque la voce prima di continuare. “Non so come tu abbia scoperto della pietra, ma stai certa del fatto che è completamente al sicuro. Molte difese sono state imposte per proteggerla e nessuno conosce lo schema completa per evitare fughe di notizie! Dunque smettila di farti problemi che non sono tuoi e non pensare più a questa storia, ci siamo capiti?!”

Hermione indietreggiò spaventata davanti ad una McGrannit più severa e dispotica del solito, ma non abbandonò quella battaglia. “Lei non capisce professoressa è tutto l'anno che Piton ci lavora! Sono sicura che Fuffy fosse l'ultimo tassello che gli mancava, ora potrà rubare la pietra! Dobbiamo avvertire il preside!” La bambina guardò la docente con convinzione, ma lei si limito ad incrociare le braccia al petto trasformando le sue labbra in una linea sottile. Quando parlò fu con voce lenta e misurata, ma da ogni parola si poteva avvertire la rabbia repressa a stento. “Senta signorina Granger, il Preside non c'è, ha ricevuto una chiamata urgente da Londra, ma come sua Vice le posso assicurare che non accadrà un bel nulla alla pietra, ne ora, ne mai! Ora torni nei suoi dormitori, hai il divieto di uscire dalla sala comune fino a domani sera e se parlerà ancora di tutte queste sciocchezze, allora la metterò in punizione per il resto dell’anno scolastico, ha capito?”

Hermione ingoiò a vuoto diverse volte, abbassando gli occhi lucidi ed appannati. Annuì silenziosamente tirando su con il naso, mentre la donna si chinava rimettendo a posto la pila di esami poggiati sul freddo pavimento in pietra. “Non se la prenda in questo modo signorina Granger, anche se succedesse qualcosa alla pietra, non sarebbe compito suo proteggerla. Nessuno studente potrebbe affrontare e vincere contro un professore, tanto meno qualcuno al primo anno che non ha ancora avuto modo di approfondire i suoi studi… Sarebbe impensabile anche solo supporlo, dunque lasci perdere a torni a giocare con gli altri bambini della sua casa.” Le parole volontariamente provocatorie la colpirono nell’orgoglio. Le era stato che era debole, impreparata, che le questioni serie non erano per lei, ma per gli adulti molto più forti di lei.

Mentre la docente si allontanava, con la pila barcollante di carte, Hermione alzò lo sguardo ancora puntata a terra, rivelando uno sguardo caparbio ed ostinato. Sebbene la professoressa fosse ormai lontana per sentirla, lei parlò come se fosse ancora lì. “Ed invece c’è uno studente al primo anno che potrebbe… uno c’è…”

Decisa, tornò sui suoi passi andando a cercarlo.

*****************

Hogwarts
10 Giugno 1992
Ore 06:12 p.m.

“Hermione, voi non potete venire.” Harry aveva ascoltato le parole della Grifondoro, su come qualcuno avesse scoperto come superare Fuffy e su come lei sospettasse che questo qualcuno fosse Piton. Al bambino-sopravvissuto l'idea sembrava ridicola, il suo capo-casa per quanto fosse di parte quando si parlava di assegnazione punti e valutazione dei compiti, non era malvagio. Lo sapeva bene lui, che era stato ammesso nella squadra di Quidditch di Serpeverde ed aveva iniziato ad apprezzare le doti in pozioni dell'uomo, senza parlare dell'ammirazione che provava nei confronti della sua Leadership.

Harry ammirava e stimava Piton quasi quanto lui veniva odiato e discriminato dallo stesso, il tutto senza una solida ragione. Semplicemente apprezzava il mondo in cui quello gli rivolge la parola, commentava in maniera pungente il suo lavoro, spronandolo ed istigandolo a migliorare sempre di più. Sotto la sua guida Harry era migliorato nell’unica materia in cui forse era allo stesso livello degli altri bambini e per quanto alcuni lo compatissero per il comportamento che subiva… beh, non era certo peggio del venire picchiato da suo Zio per non aver spolverato i ripiani più alti della libreria, cosa che nella sua vecchia vita capitava un giorni sì e l’altro pure.

Hermione scosse vistosamente il capo puntando i piedi “Non puoi andare da solo! Non ti lascerò andare da solo, o finirà come con il Troll! Noi lo fermeremo insieme!” Due ardenti occhi castani sfidarono gli occhi smeraldini di Harry, che risultò essere vagamente colpito dalle sue parole. Un sopracciglio si inarcò mentre le braccia si incrociarono al petto. “So di non essere al tuo livello, ma ti coprirò le spalle! Prometto che non dovrai preoccuparti per me, non voglio essere un peso! Ti dimostrerò che non sono solo una bambina che gioca a fare l’eroe!” Ora nella voce caparbia c’era una nota di apprensione che il bambino-sopravvissuto non manco di cogliere. Hermione era una delle ultime persone a cui tenesse a cui ancora poteva rivolgere la parola, non voleva rovinare il rapporto che c’era tra loro, ma non l’avrebbe nemmeno messa in pericolo.

Harry sospirò, le sue spalle si rilassarono ed un sorriso conciliante andò formandosi sul suo viso. “Va bene Hermione, sia tu che Blaise potrete venire, ma dovremo farlo stasera, poco prima di mezzanotte. Non penso che il ladro rischierebbe di rubare la pietra in pieno giorno, quando la sicurezza è al massimo, quindi dovremmo essere relativamente al sicuro. Incontriamoci davanti la sala dei trofei, poi andremo insieme a salvare la pietra.” Gli occhi di Hermione si spalancarono mentre il cuore di Harry si strinse. Lei gli sorrise felice, gettandogli le braccia al collo ed Harry arrossì senza volere. “Però devo avvertirti di una cosa Hermione. Tu non sarai mai un peso per me, e ti ricordo quello che ti ho detto il giorno che ci siamo incontrati e che ti ho ripetuto pure durante l’attacco del Troll… Io sarò sempre tuo amico, ti basterà chiamarmi ed io arriverò per difenderti e starti vicino. Non permetterò mai che tu ti faccia male. I Serpeverde non si rimangiano le promesse.”

Come quel lontano giorno a Diagon Alley Harry le fece un occhiolino ed ora fu Hermione ad arrossire. “V-Va bene. Allora ci vediamo stasera....” Hermione sciolse l’abbraccio, scostandosi dal tocco di Harry che aveva iniziato ad accarezzarle i capelli ricci ed indomabili, quasi come i suoi. “Sai… dovresti fare pace con Rias. Lei piange spesso quando tu non puoi vederla e sono sicuro che anche tu stai soffrendo… perché l’hai allontanata? Alla fine non me l’hai mai detto…” Un’altra fitta al cuore prima che la Grifondoro si giri iniziando a correre verso la sua Sala Comune.

Per qualche istante Harry la guardò andar via, estraendo poi dalla tasca il mantello dell’invisibilità, ripiegato su se stesso fino ad assumere le dimensioni di un fazzoletto. Con un rapido e fluido  movimento fece tornare l’artefatto alle dimensioni originali, poggiandoselo poi sulle spalle per scomparire alla vista. “Non permetterò mai che tu ti faccia male, anche a costo di agire alle tue spalle… e forse, dopo questo, anche tu mi odierai come già mi odia Rias…”

Dei passi riecheggiarono nel freddo pavimento in pietra mentre Harry si avviava verso il corridoio proibito del terzo piano. Non avrebbe atteso fino a notte fonda, se il ladro avesse voluto colpire lo avrebbe già trovato lì.

*****************

Hogwarts
10 Giugno 1992
Ore 07:35 p.m.

Lo sguardo d Harry vagò, mentre il cuore batteva calmo nel suo petto e la mente studiava ed elaborava quando aveva davanti. Una scacchiera, un’enorme scacchiera, grande all’incirca venti metri quadri, si estendeva ai suoi piedi. Poco oltre questa c’era una porta che lo avrebbe condotto alla stanza successiva.

Harry sospirò, chiuse gli occhi, ed attirò a se l’aria e la miriade di incantesimi in essa contenuta. Alla sua mente si mostrò un intricato lavoro di bacchetta, ed una sequela di complicate istruzioni, che grazie alla magia infusa nelle pareti ed alla potenza millenaria di Hogwarts, aveva dato vita ad un’intelligenza artificiale.

Non un’intelligenza al livello umano, ma solo un’intelligenza meccanica, che poteva ragionare e rispondere a determinate circostanze con raziocinio e logica. In breve tutto questo era l’esaltazione della magia umana e la negazione della magia demoniaca, che invece della logica usava l’immaginazione. Per un momento Harry fu quasi tentato di rivelarsi a quell’intelligenza, giocare una partita a scacchi con lei, superandola in abilità, ma fu solo un istante il suo prima che la fretta tornasse ad assalirlo.

Non aveva tempo per giocare, nemmeno a scacchi che era il gioco che meglio conosceva per via del suo ruolo di Alfiere nella squadra del suo Re. Sospirando percorse la stanza, passò tra le file ignare di pedoni, arrivando alla porta. Il suo mantello lo aveva celato alla presenza di quegli occhi senza volto, permettendogli di bypassare le difese erette dalla McGrannit, l’unica con le competenze per creare un gioco simile.

La porta si schiuse subito al suo tocco, ed Harry si voltò un’ultima volta prima di entrare nella stanza successiva, che si rivelò essere ugualmente grande, ma stavolta ingombra di un enorme Troll, decisamente più grosso e forte dell’ultimo da lui affrontato. Fortunatamente la creatura era già morta e non c’era di che preoccuparsi, così Harry continuò ad avanzare, arrivando alla camera successiva.

Stavolta si trovò in un bugigattolo, grande a malapena come un ripostiglio delle scope, ed al suo interno vi trovò una scrivania con sopra sette fiale di diversa forma  e dimensione. Subito dopo aver varcato la soglia, alle sue spalle a precludergli l’unica via di fuga, si accese un fuoco. E non un normale fuoco, bensì un fuoco viola, dello stesso colore degli occhi di Vritra, il Re Drago che abitava all’interno della sua Sacred Gear.

Harry studiò le fiamme, provo a spegnerle, ma quel tipo di magia non era legata agli incantesimi, bensì alle pozioni. Questa era sicuramente una prova architettata dal suo Capo Casa, Piton. Maledicendosi per non aver fatto attenzione alle presenza di eventuali trappole, Harry passò il minuto successivo studiando la stanza, dalla quale era possibile uscire solo attraversando le fiamme viola alle sue spalle, oppure le fiamme nere di fronte a lui, apparse quando si era avvicinato all’unica altra porta presente nel ripostiglio.

Come già le prime, anche queste fiamme gli ricordarono  Vritra, che usava un fuoco maledetto, del medesimo colore per bruciare le sue vittime… Il sospetto che il suo professore sapesse qualcosa di lui iniziò a rodergli il petto, ma mise da parte quella preoccupazione superflua per concentrarsi su un foglio di carta sistemato sul tavolo insieme alle fiale.

Un indovinello vi era stato scritto sopra.


Davanti a voi è il pericolo, dietro la sicurezza
Due tra di noi vi aiutano, usate la destrezza
Una sola, di sette, vi lascerà avanzare
Se un'altra ne berrete, vi farebbe arretrare
Due son piene soltanto di nettare d'ortica
Tre, assassine, s'apprestano alla loro fatica.
Scegliete o resterete per sempre tra i supplizi.
Per aiutarvi a scegliere, vi diamo quattro indizi:
Primo, seppur subdolamente il velen non si svela,
Il vino delle ortiche alla sinistra cela;
Secondo, differenti sono quelle agli estremi
Ma per andare avanti rimangono problemi;
Terzo, come vedete, non ve n'è una uguale
Sol di nana e gigante il vin non è letale;
Quarto, la seconda a dritta e la seconda a sinistra
Sono gemelle al gusto, ma diverse alla vista.

 

Harry studiò i versi, li rimise al suo posto, osando addirittura azzardare qualche ipotesi per trovare una soluzione, ma alla fine adottò la risposta che risulta essere esatta in ogni situazione. Il palmo destro si alzò verso l’alto, diretto contro il muro che costeggiava la porta coperta da fiamme nere, sul quale prese forma e si illuminò un arcaico pentacolo. Il pentacolo trasse energia dal bambino, si intensificò, allargò fino a che non iniziò a brillare di una luce accecante come il sole.

Alla fine avvenne l’esplosione, che percosse la parente fece volare indietro la scrivania con il suo contenuto, riversando polvere e calcinacci ovunque. L’unica cosa incolume era Harry, che si era sistemato nell’angolo più lontano della stanza, ed ora guardava il foro circolare nella parete che dava alla camera successiva.

Evocando un pennino, sistemò il foglio stropicciato sui resti della scrivania, scrivendovi sopra la sua risposta.

E se la porta ancor non si sposta
Dopo un boato non sarà più tosta.

Sorrise a quella triste ironia, che vede la forza bruta vincere sul fine ragionamento del suo professore, varcando poi il foro nella parete, diretto al suo destino.

*************

Hogwarts
10 Giugno 1992
Ore 11:45 p.m.

Quando Hermione arrivò di fronte alla sala dei trofei, capì subito che c’era qualcosa che non andava. Lo intuì dal viso teso di Blaise, dalla sua postura scomoda, quasi pronta a scattare, con la testa che si girava velocemente da una parte all’altra del corridoio in attesa. Se fosse stato chiunque altro a trovarsi lì a quell’ora, Hermione avrebbe detto che tutti quegli indizi erano un sintomo di paura, probabilmente paura di essere beccati in piedi oltre il coprifuoco, ma nei tanti mesi in cui era stata costretta a frequentare il Serpeverde, aveva capito che lui non si scomponeva. Mai.

Nascondeva la paura, la rabbia, il risentimento e perfino il disgusto, dietro una maschera di cordiale, ma perfida ironia. Con il tempo aveva imparato ad apprezzare quel lato di lui, a decifrarlo ed usarlo a suo vantaggio, leggendo tra le righe di quanto lui ed Harry non si dicevano davanti a lei, ma proprio per questo, vederlo ora agitato la mise in profonda e pesante soggezione.

Aumentando il passo, si avvicinò a lui dandogli modo di vederla e fu in quel momento che lui quasi le si avventò addosso afferrandola per le spalle. “Harry è con te? Dimmi che è con te, non si è presentato ne a cena ne nel dormitorio! Ho paura che abbia fatto qualche cazzata!” Hermione aprì bocca, si preparò a rispondere, ma la sua mente reattiva giunse alla soluzione dell’enigma prima che lei potesse proferir parola. “È andato da solo… lui… è andato da solo.”

Dentro di se si sentì morire, sapeva che era tutta colpa sua, ma che ormai non poteva fare nulla per lui, se non raggiungerlo. Harry aveva quattro ore di vantaggio, ma forse… forse sarebbero stati in tempo. Gli occhi le divennero lucidi mentre pensava alle ragioni più disparate che potevano giustificare un ritardo così ampio del suo amico, ma facendosi forza ricacciò le lacrime indietro, fissando Zabini, ora terreo e sterile.

“Dobbiamo avvisare i professori… si, dobbiamo avvisarli, loro sapranno cosa fare.”

Il tono di voce di Zabini era neutro, quasi incolore, ma Hermione lo scosse parandoglisi davanti, così vicino che i loro nasi quasi si sfioravano. “Andremo noi. I professori non ci ascolterebbero, non lo fanno mai! Saremo noi a salvare Harry!”

Prendendo per mano il Blaise, la ragazza si mosse velocemente tra i corridoi, ignara di chi si trovasse dietro l’angolo a poca distanza da loro, preparandosi a seguirli.

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Hogwarts
10 Giugno 1992
Ore 08:00 p.m.

Come Harry varcò il foro nella parete creato con la magia, subito si accorse di essere arrivato alla fine della corsa. Di fronte a lui uno specchio, di fronte allo specchio un uomo, un uomo che di certo non era Severus Piton. “Professor Raptor, dunque è lei che lavora per Zio Voldy, devo ammettere che la sua recita da perfetto imbranato è stata impressionante. Ora però si sposti da quello specchio e venga con me, non vorrei essere costretto a far esplodere anche lei come ho già fatto con questo bel muro.”

Harry sorrise fiducioso, conscio di aver sprecato oltre il venticinque percento della sua forza magica per forzare l’ingresso alla stanza. Aveva ancora molte energie da spendere, ma forse non abbastanza da sopraffare un servo di Voldemort, ciononostante non provò paura. “Stupido, impudente ragazzo!” Il mago si voltò verso di lui, il viso contratto in un’espressione di disprezzo. “Come hai osato chiamare il mio signore? Te la farò pagare per questo!”

Senza nemmeno rispondere alle sue parole, il professore di difesa levò la bacchetta contro di lui, esibendosi in un complicato movimento in diagonale. Un raggiò color cenere proruppe dalla bacchetta dell’uomo, volando verso di lui, ma Harry era allenato a ben altro. Inarcò un sopracciglio mosse un passo laterale, iniziando ad avanzare. L’incantesimo gli sfiorò la spalla carbonizzando parte della sua divisa, ma non sfiorò nemmeno la sua pelle. Aver passato tre anni ad allenarsi costantemente con il Re dei demoni lo aveva reso molto più che capace di affrontare la situazione.

Questa volta non si trattava di un Troll immune alla magia, o di una qualche creatura dalla forza mostruosa, era solo un mago mediocre con una mediocre capacità magica. Altri incantesimi volarono verso di lui, in una catena di lancio collaudato, in cui la fine del movimento di un incantesimo si collegava perfettamente al successivo. Ancora Harry non si trovò in difficoltà, anzi era quasi annoiato. Schivò quasi tutti i colpi, erigendo un piccolo scudo azzurro di puro potere per bloccare quello che non era in grado di schivare.

Una fattura eviscerante, un incantesimo strozzante ed un non ben identificato incantesimo mongolo, vennero assorbiti dal suo scudo, mentre il bambino si fermava davanti al docente. Enormi gocce di sudore colavano la fronte all’uomo, mentre Harry era lindo e pinto come il culetto di un bambino asiatico. “Beh, tutto qui? Forse sul fatto di essere imbranato non ha mentito, è davvero un’incapace come mago. La prego di mettere giù la bacchetta e seguirmi, altrimenti sarò costretto a… si, direi che sarò costretto ad amputarle entrambe le braccia, giusto come precauzione.”

Non scherzava, era davvero fermamente… annoiato. Si sarebbe aspettato qualcosa di più dal servo dell’uomo che aveva ucciso i suoi genitori, condannandolo ad una via di miseria e soprusi, invece niente. Nemmeno qualcosa di vagamente impegnativo, solo un mago in punto di morte, che ora lasciava cadere la bacchetta ai suoi piedi. “Mio signore… Mio signore… ho fatto il possibile, ma non è bastato… Mi dispiace” La voce strozzata, lo sguardo lucido, il volto terreo.

Harry arrivò quasi a domandarsi con chi parlava, ma una voce che sembrava provenire da Raptor stesso lo fermò. “Inutile, docile Quirinus. Hai fatto tutto quello che ti ho detto, direi che ormai Potter è spacciato.” L’uomo chiuse gli occhi, chinò il capo, e sembrò quasi volersi arrendere, ma poi un fruscio attrasse l’attenzione di Harry.

“Satrda safun saeufnn sodoasun somicua”

Ora la voce che proveniva da Raptor aveva iniziato a parlare una lingua a lui sconosciuta, ma non appena quelle parole vennero pronunciate il suo braccio destro si infiammò e scaglie nere sostituirono la pelle umana. “Compagno! L’uomo-Serpente ha evocato il Re Dei Serpenti!  Chiudi gli occhi, ora!”

Vitra, il Re Drago che fino a quel momento si era rifiutato di apparire, era tornato improvvisamente alla vita, prendendo pieno possesso del suo braccio destro, che ora somigliava più al braccio di un drago che al suo. Eppure Harry non fece in tempo a metabolizzare le informazioni che gli erano state date, quando sentì qualcosa avvicinarsi si voltò d’istinto, incontrando due enormi e profondi occhi gialli.

Qualcosa in lui si spezzò ed il suo corpo crollò.

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Hogwarts
11 Giugno 1992
Ore 00:12 a.m.

Blaise ed Hermione esitarono, le scarpe a loro piedi parevano rimbombare nel silenzio della stanza di Fuffy, dove l’ingombrante cane dormiva con le tre teste poggiate sulle zampe anteriori. Hermione mosse ancora la bacchetta e l’incantesimo Carrilon si rinnovò, facendo riprendere la musica che fino a quel momento aveva salvato loro la vita.

“Dobbiamo calarci nella botola.” Hermione parlò decisa, ma più fissava l’oscurità che si allargava si suoi piedi, più sentiva il suo cuore vacillare.

“Tu sei pazza, non sappiamo nemmeno quanto è profondo. Dobbiamo andare ad avvertire i professori e tornare in sala comune, loro di certo sapranno cosa fare.” La voce di Blaise era lenta ed atona come al solito, ma tra le righe la Grifondoro poteva avvertire una nota di paura. Il ragazzo non doveva essere avvezzo ad essere in prima linea, infrangendo le regole, per il bene di un amico.

“Noi due ora ci caleremo. Se ti preoccupa la distanza ti ho già dimostrato che non è profondo con quell’incantesimo d’eco, dunque basta inventare scuse ed ora vai. Io sarò subito dietro di te.” La ragazza incrociò le braccia al petto, cercando di assumere un cipiglio simile a quello della McGrannit. Probabilmente non le stava riuscendo bene, ma il ragazzo sembrò esitare di fronte a lei. “Perché devo andare io per primo? Vai tu per prima, ed io ti verrò dietro.”

Hermione sbuffò, facendo caso a quanto più vicino a lei fosse il ragazzo rispetto alla porta. “Io sto trattenendo l’incantesimo, se andassi per prima questo si scioglierebbe, Fuffy si sveglierebbe e non sappiamo quanto le sue tre teste impiegherebbero a fare di te uno spezzatino di Serpeverde. Adesso calati! Dobbiamo andare a salvare Harry!”

Borbottando tra se, Blaise si sedette, facendo dondolare i piedi all’interno della botola. “Quando tutto questo sarà finito, dobbiamo chiarire questo tuo atteggiamento da stronza.” Il Serpeverde la guardò con un accennò di rabbia sul viso stoico, lasciandosi poi andare oltre il bordo. Non emise un fiato mentre cadeva, ma Hermione avrebbe pagato per vedere la sua faccia. Dubitava che il ragazzo sarebbe riuscito a mantenere la sua aria indifferente anche mentre andava incontro all’oblio.

Dopo pochi secondi, un tonfo attutito avvisò Hermione che era arrivato sul fondo. “Puoi venire giù! Una qualche specie di pianta attutisce la caduta!” Hermione sospirò di sollievo, felice di non aver dato il ragazzo in pasto alla morte, quando una mano si poggiò sulla sua spalla. La ragazza sobbalzò e per poco non cadde nella botola di schiena, ma delle mani la afferrarono tirandolo via da lì.

Rias, Akeno e Koneko la fissavano. I loro sguardi erano animati da una fiamma che non si sarebbe aspettata di vedere, ma non le ci volle molto per capire a cosa fosse dovuta. “Noi veniamo con te.” Le parole di Rias confermarono ciò che aveva supposto, mentre le altre ragazze si avvicinavano alla botola guardando di sotto. Koneko, sulla cui testa erano spuntate due orecchie bianche, fu la prima ad andare. Subito dietro di lei si calò Akeno, sulla cui schiena si trovavano due ali nere, una piumata l’altra da pipistrello.

Infine non rimasero che lei e Rias nella stanza, e solo vedendola ora, così da vicino, Hermione poté capire quanto la ragazza avesse sofferto per la mancanza di Harry. Il suo volto era scarno, la carnagione era terrea, i capelli sfibrati. Eppure si avvicinò alla botola con deciso, un’aura cremisi le circondava il corpo.

“Voi… che cosa siete voi?”

Rias si voltò, le sorrise ed in quel sorriso Hermione riuscì a vedere l’ombra della ragazza spensierata che aveva conosciuto all’inizio dell’anno.

“Noi siamo le donne della sua vita.”

Senza aggiungere altro la ragazza saltò giù, lasciando per ultima Hermione.

Dal basso venivano i lamenti di Blaise, il vociare concitato di Akeno ed il brillare cremisi di Rias. Hermione trasse il coraggio Grifondoro a sé e si calò anche lei.

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Hogwarts
10 Giugno 1992
Ore 09:45 p.m.

Harry si sentì fluttuare, come privo di peso  e sostanza. Una sensazione simile l’aveva già sentita quando aveva affrontato il Troll e la sua anima era stata richiamata all’interno della sua Sacred Gear, ma questa volta era diverso. Sotto di se poteva vedere il suo corpo esanime e di fronte a lui Raptor studiare e tastare lo specchio alla ricerca della pietra.

Per un momento pensò di essere divenuto un fantasma, nient’altro che l’ombra del suo Io terreno condannato a calpestare le strade che già aveva percorso in vita, ma poi giunse la voce. La voce del Re Drago Vritra. [Tutto questo è colpa tua ragazzo. Eppure ti avevo avvisato di chiudere gli occhi.]

Si voltò e nella stanza, tra il suo corpo e l’ingresso da lui distrutto, si trovava una versione ridotta dell’insolito abitate del suo corpo. Come sempre era grosso, nero, coperto di scaglie e con due penetranti occhi viola. Attraverso di lui, quasi fosse nient’altro che un’illusione, strisciava un enorme serpente, lungo più d dieci metri, che si portò dietro lo specchio rimanendo in attesa di altri ordini dal suo padrone. [Quello che vedi è quello che realmente sta accadendo di fronte a te, ma grazie alla tua idiozia non puoi che limitarti ad osservare. La tua Ghiandola Pineale, l’ancora che legava la tua anima al tuo corpo, è stata distrutta dal Basilisco, il Re dei serpenti richiamato dal tuo nemico.]

Harry sentì la rabbia e l’impotenza montare dentro di lui e formulò un pensiero nella speranza che Vritra potesse sentirlo. “Sono diventato un fantasma? Voldemort ha vinto?” La sua voce era strana, decisamente più roca di quanto ricordasse, ma sembrò raggiungere il drago che ridacchiò. [Bravo ragazzo, hai capito. Non puoi parlare, ne muoverti, ma non sei totalmente senza speranza. Io posso ancora sentirti e sì, sei ancora in questo mondo, ma ciò non è dovuto alle tue capacità quanto alla tua fortuna. Infatti il tuo corpo non è mantenuto in vita solo dalla tua Ghiandola Pineale, a vincolarti alla vita hai anche il tuo lato demoniaco più la mia Maledizione. Da questo ne consegue che anche se la ghiandola che hai ereditato dal lato umano è distrutta, il secondo tuo ancoraggio demoniaco e cioè il pezzo degli scacchi nel tuo petto, ed il terzo, cioè me possiamo mantenerti in vita fino ad un certo punto. Finché non distruggeranno almeno uno di noi, possiamo sempre riportarti indietro.]

La rabbia di Harry vacillò mentre osservava Raptor incantare lo specchio e parlare con Voldemort, che ancora non si era rivelato. Forse era nascosto sotto strati di incantesimi di disillusione, oppure magari era solo proiezione astrale. Harry riflette, cercò una soluzione, tornando infine al drago. “Tu puoi farmi tornare? Devo sconfiggere Raptor prima che qualcun altro si faccia male.”

Il drago si rigirò su se stesso, sistemandosi più comodamente sul pavimento. [Si, posso farlo. Posso rimettere insieme i pezzi della tua ghiandola dall’interno e permetterti di combattere ancora, ma anche così non saresti in grado di sconfiggere un Basilisco. Sei forte, molto forte, ma non abbastanza da sconfiggerlo. Le sue zanne sono ricoperte da un veleno che non posso eliminare ed il suo sguardo ti ha già incenerito una volta. Se dovesse succedere ancora non sarebbe solo la tua parte umana a rimetterci, ma anche io morirei con te.]

Il drago iniziò a leccarsi gli artigli, ostentando disinteresse, ma oltre Harry intuì che doveva esserci qualcosa. Altrimenti non gli avrebbe parlato, non gli avrebbe detto tutto questo dandogli nuovamente speranza.

“Cosa vuoi da me…”

Gli occhi del drago divennero più intensi e penetranti mentre continuava a leccare i lucidi artigli. [Ti ho già detto cosa voglio, ora sto semplicemente aspettando ad agire. Prima o poi Raptor entrerà in possesso della pietra, andrà via convinto che tu sia morto, ed in quel momento ti rimetterò in sesto. Non posso rischiare la mia vita per la tua, non adesso. Non per niente…]

Per come disse quelle parole, ad Harry sembrò quasi che il drago stesse ghignando mentre attendeva che lui arrivasse alla soluzione dell’enigma. “Mi hai condotto fino a qui per questo vero? Tu volevi che arrivassi a questo… mi hai allontanato dai miei amici, hai fatto in modo che fossi solo… tu volevi che io morissi…”

Il drago non respinse le accuse, non fece nemmeno finta di averle sentite, continuò semplicemente a curare gli artigli ricurvi. Tuttavia, sebbene non avesse proferito parola, sotto di lui le ombre iniziarono a cambiare trasformandosi in un’immagine offuscata. Hermione, Blaise, Rias e le altre combattevano Raptor mentre lui, Harry, rimaneva steso a terra nella stessa posizione di adesso. La battaglia andava bene, il numero soverchiava il professore, ma da dietro di loro, nascosto in qualche tubatura nel muro, si levò il Basilisco che li attaccò.

La prima a morire fu Hermione, che vide il suo petto trafitto dalle zanne del serpente. Poi fu il turno di Blaise, che fisso gli occhi della bestia e cadde come una bambola a cui erano stati spezzati i fili. Quando il serpente si volto verso le ultime tre rimaste, la lotta divenne più cruenta ed Harry a quel punto capì cosa guardava… quello era il futuro che aspettava i suoi amici se lui non si fosse svegliato.

Rias creò una sfera della distruzione, la prima che mai le avesse visto usare da che erano bambini, e l’attacco colse in fallo il Re dei Serpenti che vide la sua coda mozzata. Ma fu solo un attimo di trionfo prima che la bestia scattasse in avanti avventandosi su di lei, che era così stanca per l’attacco appena usato, da essere incapace di muoversi. Sembrava finita, ma Akeno si sacrificò per salvarla. La spinse via subendo l’ira della bestia, ed il suo corpo fu strappato in due ed ingoiato. Koneko provò ad attaccare Raptor, sperando che una volta morto lui l’ira del Basilisco si placasse, ma la coda ferita dell’animale si avvolse intorno al suo piccolo corpo da bambina schiacciandola e triturandola. Per minuti interi lei rimase in vita agonizzante, solo per morire alla fine tra atroci sofferenze.

Ed infine rimase solo Rias, ferita, sofferente, sola. Intorno a lei c’era solo morte e morte era quello che l’aspettava. Lei lo sapeva, ne era conscia, ma sebbene i suoi occhi fossero lucidi ed il suo corpo tremasse, non si tirò indietro ne tentò di scappare. Non poteva abbandonare le persone che amava, che aveva sempre amato e per le quali aveva rischiato la vita. Non poteva abbandonare lui, Harry, che doveva assolutamente salvare. Così sarebbero stati di nuovo felici, avrebbero vissuto di nuovo insieme e tutto sarebbe stato dimenticato.

Voldemort in persona si complimento con lei per il suo coraggio, prima che dal sorriso storpio di Raptor venissero pronunciate quelle parole ed un raggio verde partisse dalla sua bacchetta. Alla fine pure Rias cadde, vittima solo della follia di Harry. Così presuntuoso, vigliacco e stupido da rischiare la sua vita senza pensare a quanto gli altri avrebbero sofferto per lui, a cosa avrebbero fatto per salvarlo, a che pericolo si sarebbero sottoposti pur di riaverlo indietro.

[Non ti ho mentito, loro moriranno, questo non si può cambiare. Per questo è inutile che combatti. Hai provato a cambiare il futuro, ma il futuro non cambia… non cambia mai.]

La voce di Vritra era malinconica, come se quel suo dono di vedere tra le ombre del futuro fosse la maledizione a cui lui era sottoposto. “Fai di me ciò che vuoi, non mi importa, ma io lo cambierò. Prendi il mio cuore, le mie ali, tutte e due le me braccia, ma fammi combattere con loro… io…. Io devo combattere con loro.”

Gli occhi di Vritra, così intensi e pieni di malvagità lo scrutarono. [Non permetterò che tu muoia, dunque mi toccherà farti vincere. Il prezzo sarà alto e tu non sarai più lo stesso, lo sai questo?]

“Fallo!”

Ed il drago lo fece. Le sue zanne si scoprirono mentre attaccava Harry… lo attaccava prendendosi il pagamento per i suoi servigi.

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Hogwarts
11 Giugno 1992
Ore 00:40 a.m.

Rias avanzò spedita, dietro di lei una comitiva di scolari e demoni la seguiva senza fiatare. I suoi passi si inoltrarono nella camera del Troll, che giaceva morto stecchito e continuarono fino alla distruzione dello stanzino delle pozioni. Li vide il foro nel muro, riconobbe in quella distruzione il segno distintivo del passaggio di Harry, e si fermò.

Sul tavolo un foglio di carta stropicciato, con un indovinello e la sua inconfondibile grafia che dava una pungente risposta. Rias sorrise, carezzando quelle poche parole scritte dal suo Harry come se questo semplice gesto potesse farlo sentire più vicino.

“Harry è stato qui, questa è la sua grafia e solo lui potrebbe far saltare in aria una parete piuttosto che risolvere un indovinello. Sono abbastanza sicura che questa sia la penultima stanza posta a difesa della pietra, quindi una volta fuori di qui ci troveremo faccia a faccia con lui o con chi lo ha… lo ha…” Rias prese fiato, non potendo nemmeno contemplare lo scenario di Harry morto.

Avevano passato tante avventure insieme, trascorso tanti bei momenti, erano stati felici. Felici fino a che qualcosa era cambiato di punto in bianco senza nessuna ragione. Dal giorno alla notte Harry gli era sfuggito tra le dita, ed aveva iniziato ad odiarla. Lo stesso Harry che aveva promesso di renderla felice per vederla sorridere e che ora non riusciva nemmeno a sopportare la sua presenza nella stessa stanza.

La ragazza ingoiò a vuoto un paio di volte, represse quelle emozioni nel profondo del suo cuore, voltandosi verso Akeno e Koneko. Le due amiche avevano sofferto quasi quanto lei e non si vergognava ad esternare le sue emozioni davanti a loro. Se ancora si tratteneva era solo per la presenza di Hermione e Blaise, i nuovi amici di Harry, che avevano sostituito loro, i suoi vecchi amici.

“Fate ancora in tempo ad andare via, noi tre siamo abbastanza forti da affrontare qualsiasi cosa qui dentro, voi invece siete solo maghi bambini. Morirete e noi non potremo evitarlo.” Più volte avrebbe voluto attaccarli lei stessa, sterminare quegli insulsi umani che avevano rubato il suo compagno di una vita e lo avevano allontanato da lei, ma sempre era stata fermata dal suo cuore, il suo stupido, stupido cuore, così perdutamente innamorato di Harry da non poter sopportare l’idea di farlo soffrire nemmeno così.

“Noi verremo! Se non fosse stato per noi voi stareste ancora affrontando la prova della McGrannit, siamo stati noi maghi bambini a risolvere quella prova!” Hermione si erse, fronteggiò Rias, che la guardò con disprezzo. Dalle loro spalle la voce pacata di Blaise interruppe il confronto. “Veramente Hermione, sono stato Io a superare la prova della McGrannit. Devo ricordarti che finché hai giocato tu non abbiamo fatto altro che perdere pezzi? Ho dovuto dare il meglio di me per vincere una partita con solo quattro pedoni e due torri…”

Hermione arrossì, Rias sorrise, voltandosi verso il compagno di casa. In effetti non detestava Blaise, lui era un po’ la controparte di Harry, sempre in pieno controllo di se e della situazione. Facendogli un cenno di riconoscimento, l’ultima erede di casa Gremory si avvicinò al varco nel muro, voltandosi un’ultima volta prima di attraversare. “Ricordate, testa bassa, non proteggetevi, ma schivate ed il primo che trova Harry gli dia un pugno da parte mia.”

Rias sorrise un’ultima volta, varcando la soglia nel muro. Dietro di lei, in fila indiana, si trovavano Hermione, Akeno, Blaise e Koneko. Quando si lasciarono alle spalle la stanza devastata ed arrivarono nella camera nello specchio, successero molte cose contemporaneamente.

Gli occhi di Rias vagarono per pochi istanti nella stanza alla ricerca di Harry, notando il suo corpo disteso ed immobile vicino lo specchio. “Harry!” Nello stesso momento il professor Raptor, che stava esaminando il retro dell’antico artefatto, si sporse lanciando uno schiantesimo nella sua direzione. Schiantesimo che la mancò grazie ad Hermione che la spostò dal pericolo.

“Harry è lì!” Rias indicò il corpo dell’amico vicino allo specchio, mentre anche gli altri li raggiungevano, iniziando a lanciare incantesimi contro il professore di difesa. “N-Non capisco, perché sta dormendo? L-Lui è sempre mattiniero, l-lui non dorme mai durante gli scontri.” La mente bloccata nell’impossibilità di concepire quel pensiero. Semplicemente non poteva, in nessun modo, immaginare Harry morto. Era una cosa contro natura, che semplicemente non poteva accadere.

“Rias!” Rias si sentì scuotere per le spalle di Hermione, ma la ignorò, si sentì chiamare, ed avvertì la pressione di un incantesimo colpirla, ma ancora non se ne curò, tutto quello che voleva era sporgersi oltre i combattenti per guardare Harry, chiamare il suo nome, svegliarlo da quel suo sonno. Poco più in là Akeno e Koneko piangevano, ma avevano già messo via le loro bacchette, ed ora stavano lottando alla maniera dei demoni, la prima con esplosioni e tuoni, la seconda avvicinandosi e preparando qualche incantesimo da Nekomata. “Rias! Potrebbe essere solo svenuto, non sta dormendo! Ora devi aiutarci, aiutaci a battere Raptor  e poi recupereremo Harry!”

La principessa dei Gremory spostò il suo sguardo su Hermione, lo fece ritornare su Harry e poi di nuovo su Hermione. Lentamente riprese il controllo di sé, reprimendo tutte quelle emozioni, che rimaste imbottigliate per mesi nel suo cuore erano fermante fino ad esplodere alla vista di Harry incosciente. Il suo primo amico era sicuramente solo svenuto, non c’era modo che l’avesse lasciata, abbandonata, lui non lo farebbe mai.

“V-Va bene.” Rias si rimise in piedi, scostò Hermione con un braccio volgendo la sua attenzione al nemico. Normalmente un mago adulto ha vita facile contro cinque studenti del primo anno, soprattutto quando solo tre dei cinque studenti stanno combattendo e gli altri due sono nel mezzo di una crisi emotiva, ma in questo caso la situazione era diversa.

Akeno con le sue splendenti ali dal piumaggio nero, non era un semplice studente. Koneko, con la sua coda e le sue orecchie bianche come la neve, non era un semplice studente. Rias, con l’aura di potere cremisi che l’avvolgeva e smorzava ogni incantesimo lanciato contro di lei, Non era un semplice studente. Ed ora che Rias guardava con furia l’uomo che era certa avesse fatto del male al suo amico, le cose per il docente non poterono che peggiorare.

Prima lo raggiunsero con attacchi superficiali, Hermione mandò a segno un incantesimo Gambemolli, Blaise una fattura balbettante, Koneko colpì l’uomo con un uomo carico di Toki, che gli paralizzò il braccio ed Akeno lo stordì con un tuono così fragoroso da far vibrare lo specchio al centro della sala quasi infrangendolo.

Rias dal canto suo si limitò ad avanzare, schermandosi dall’offensiva del nemico, sperando che non fosse il fuoco amico a colpirla. Dopo un minuto arrivò all’altezza del professore, trenta secondi dopo fu oltre di lui e poté chinarsi su Harry. Fu in quel momento che un urletto di Raptor la fece voltare erigendo uno scudo solo per vedere il professore cadere in avanti lasciando andare la bacchetta. Era sicura che avessero vinto, battendo insieme quel nemico che Harry non poté affrontare da solo, ma fu quando si stavano cullando nell’ebrezza della vittoria, che il Basilisco colpì.

Come nella visione che il Re Drago aveva mostrato ad Harry, la prima a morire fu Hermione trafitta dalle sue zanne, poi toccò a Blaise, incenerito dal suo sguardo, e subito dopo tocco alle altre. Una ad una crollarono, sotto la forza della creatura millenaria, nata con il solo scopo di uccidere chiunque le capitasse a tiro e quando giunse il suo momento Rias tremò, barcollo.

La sua mano stretta intorno a quella fredda e senza vita di Harry. Anche lui era morto. Ora non poteva negarlo, non poteva sperare che fosse svenuto o stesse dormendo, Harry era morto come tutti gli altri, ed ora toccherà anche a lei. Ricacciando indietro le lacrime la bambina avrebbe osservato a palpebre socchiuse il serpente arretrare ed il Professore di Difesa avanzare.

Camminava all’indietro, in un modo che in una diversa circostanza avrebbe potuto ricordare Michael Jackson e far sorridere, ma ora non c’era nulla da ridere, nulla da sperare. L’uomo gli dava la schiena con il turbante che veniva sciolto dal capo, rivelando l’orrore di chi non è mai morto. Voldemort, l’oscuro Signore si mostrò a lei, che era l’unica che ancora poteva fronteggiarlo.

“Hai dei capelli molto belli bambina, lo sai? Mi ricordano quelli di una certa donna, una certa donna che causò quello che tu ora vedi. Fu per sua colpa che persi il mio corpo ed ora sono ridotto ad essere meno di uno spirito. Ed in sua memoria, ma soprattutto per premiare il tuo coraggio, che non ti ha fatto scappare via, sarò io stesso ad ucciderti.”

Il braccio di Raptor si sollevò con un’angolazione strana, le articolazioni stridettero e si ruppero mentre Voldemort le forzava indietro in modo che potesse puntare correttamente la bacchetta. E Raptor pianse per il dolore, il suo signore rise per il piacere e la luce verde, da sempre associata all’anatema che uccide, volò verso di lei, che non si scansò ne si difese. Accolse quel verde brillante che gli ricordava gli occhi di Harry, ora chiusi ed inviolabili.

E quando l’incantesimo la colpì, avvertì la sua vita venir meno ed il suo spirito andare oltre. Per un istante, poco dopo che il suo corpo cadde, ebbe la visione di tutte le altre vittime dello scontro appese come insoliti palloncini con i loro corpi come zavorra, poi avverti il dolore, un dolore straziante, di ferro che trafigge la carne, ed una catena si avvolse intorno a lei. E non riuscì a proseguire, rimase li a fluttuare fuori dal suo corpo, invisibile ai vivi, mentre Harry riprendeva a muoversi.

Il colore tornò a diffondersi sul viso del Bambino Sopravvissuto, le sue dita si strinsero così a fondo nella carne da sanguinare ed i suoi occhi si aprirono. Il verde smeraldo era scomparso, ora i suoi occhi erano enormi, viola, con profonde pupille verticali. La mano destra era stretta, coperta di scaglie nere con solo tre dita artigliate. Lui non era più Harry, lo sapeva, lo avvertiva, vedeva l’oscurità vorticargli intorno quasi abbracciando un fratello da tempo scomparso.

Harry era vivo, e quindi non avrebbe potuto vederli, ma nonostante questo, nonostante Rias non fosse più nemmeno sicura che fosse lui, il bambino si voltò verso tutti gli spiriti, che la maledizione di Vritra aveva condannato alla vita e con un sorriso parlò, la voce roca, grottesca, sovrapposta a quella di un’altra creatura che sembrava trarre gusto dalla situazione.

“[Ci metterò poco. Poi tornerò da voi…]”

Ed in quel momento ogni luce si spense e la stanza piombò nell’oscurità.

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Hogwarts
11 Giugno 1992
Ore 01:00 a.m.

Quando la stanza piombò nell’oscurità, per lui non fu un problema. Era stato Harry stesso a sfruttare le ombre per creare quell’effetto, per trarre vantaggio da quella situazione, per sopravvivere a quello scontro.

Voldemort aveva già iniziato a lanciare incantesimi i luce, ma come soffocati dalla sua maledizione, ogni magia brillava solo per pochi istanti prima di spegnersi. Harry approfittò di quei momenti per guardare il suo corpo, studiare il suo braccio da drago, avvertendo attraverso questo il pulsare possente di Vritra. Poi il suo sguardo si spostò allo specchio, lo specchio delle brame che al suo interno nascondeva la pietra Filosofale e che ora gli mostrava la sua immagine distorta.

Più del braccio si preoccupò degli occhi. Occhi non più verdi, occhi non più umani, ma occhi da drago. Aveva dovuto accettare quel sacrificio per affrontare il serpente, lo stesso serpente che Voldemort stava ora aizzando contro di lui. Le sue pupille si allargarono enormemente nell’oscurità, concedendogli la capacità di vedere oltre il buio da lui creata e fu così che schivò il primo attacco del Basilisco.

Si mosse di lato, vide il muso del serpente chiudersi dove pochi istanti prima c’era la sua testa, ma non ne fu spaventato, ora lui non stava combattendo da solo. [Partner, grazie ai miei occhi non devi temere ne lo sguardo del serpente, ne l’oscurità, ma devi sbrigarti, non posso mantenere la maledizione sui tuoi amici se affronto anche un mago oscuro. Ti concedo dieci secondi, dopodiché dovrò lasciare andare le loro anime una alla volta, partendo dall’ultima che ho incatenato.]

Le parole di Vritra era intrise di triste crudeltà. Il drago aveva già superato i suoi limiti quando aveva rimesso insieme la ghiandola Pineale del suo ospite, ma nonostante questo era andato oltre i suoi obblighi, piegando e fondendo le sue maledizioni con la magia di Harry, in modo da creare delle ancore provvisorie che legavano i suoi amici alla vita. Certo, erano banali e semplici imitazioni del loro legame, ma finché gli permetteva di salvarli, Harry avrebbe accettato qualsiasi cosa.

Nella sua mente il drago fece comparire un conto alla rovescia per tener fede alla parola data.

X

Dopo aver schivato il morso del serpente, Harry si sollevò, afferrò una zanna della bestia, ed usandola come appiglio improvvisato gli saltò sopra. Una maledizione che uccide volò contro di lui nel momento in cui raggiunse la cima del cranio del serpente, ma non appena Harry guardò l’incantesimo verde brillante, i suoi occhi emisero un flash viola intenso, e questo perse rapidamente energia venendo inghiottito tra le ombre.

[Delete Field!]

Grazie al sacrificio del braccio destro Harry poteva manovrare e modellare le ombre, usandole per attaccare, difendersi o per creare archetipi magici che negavano addirittura la morte. Attraverso il sacrificio degli occhi invece aveva ottenuto la seconda capacità di Vritra, quella di poter annullare qualsiasi potere o magia del suo avversario semplicemente guardandolo.

Certo, entrambe queste capacità avevano pesanti restrizioni, ed Harry non era in grado di usarle senza il supporto e l’aiuto del Drago, ma grazie a loro ora poteva affrontare e battere Voldemort.

IX

Il serpente si rigirò, cercò di scrollarsi Harry di dosso, ma più ci provava più Harry conficcava il braccio in profondità nel suo cranio. Il suo corpo colpì le pareti, il pavimento, i muri e fece perfino cadere lo specchio delle Brame durante una curva piuttosto stretta dell’anima, ma Harry non mollò la presa. Gli artigli del drago sgretolarono e corruppero le ossa del serpente come se fossero carta velina, e quando alla fine Harry giunse a toccare la materia grigia con le dita evocò un semplice incantesimo, che trasfigurò il sangue in acido. Il Basilisco si contrasse un’ultima volta, emise rauchi sibili agonizzanti e poi morì, lasciando al mondo solo le sue spoglie.

Forse avrebbe potuto regalarle a Piton per farci delle pozioni, il Capocasa avrebbe apprezzato il gesto…

VIII

Dopo l’uccisione Harry cadde dal serpente completamente stordito. La testa gli girava, non c’era parte del corpo che non gli facesse male, ma in alto, appesi sui propri resti mortali, i suoi amici facevano il tifo per lui. Harry li vide muoversi, agitarsi, strattonare le catene nere che gli ancoravano le caviglie, ma nonostante muovessero le labbra non poteva sentirli, poteva solo vederli grazie agli occhi di Vritra.

La cosa che però sentì fu l’urlò di Voldemort quando saltò oltre il corpo del serpente avventandosi su di lui.

VII

Voldemort stringeva in una mano una bacchetta, nell’altro uno stocco che rifulgeva di magia nera. Harry non sapeva da dove l’arma provenisse, ma se Voldemort aveva capito che le sue migliori magie non avevano effetto contro di lui, allora doveva essere passato a qualcosa che non fosse magia e che probabilmente non avrebbe potuto annullare. Il bambino sopravvissuto costrinse il suo corpo a muoversi, si portò fuori dalla portata dello stocco, estraendo un certo coltello dalla cintura.

[Partner, devi sbrigarti il tempo sta per finire, non so quanto potrò trattenerli ancora!]

VI

Le catene legate intorno alle anime cominciarono ad incrinarsi e l’oscurità a diradarsi, mentre Harry avvertiva il potere del Re Drago affievolirsi. Probabilmente Vritra aveva sovra-stimato le sue possibilità, i suoi poteri stavano venendo meno prima del previsto. Mentre Harry lottava con Voldemort scambiando con lui una serie infinita di attacchi, il Re Drago lottava per mantenere il controllo sulla [Shadow Prison], l’unico motivo per cui le anime dei suoi amici non erano ancora passate oltre.

V

Harry era in vantaggio, il corpo di Raptor era logorato dalle lunghe lotte con Harry ed i suoi amici, ma soprattutto dalla continua possessione del suo signore. Harry lo capiva dai suoi movimenti sempre più lenti, dagli occhi sempre più appannati, dal rivolo di bava che aveva iniziato a colargli dalla bocca. Per quanto Voldemort lo spingesse e tirasse, un corpo così mal ridotto non sarebbe arrivato lontano.

Lo stoccò lo colpì allo stomaco, mentre Harry era distratto da Rias, la cui catena aveva iniziato a spezzarsi. Le crepe si erano diffuse ed ora non mancavano che una manciata di secondi prima che lei passasse oltre. L’arma di Voldemort penetrò in profondità approfittando di quella distrazione, la lama intrisa probabilmente di qualche veleno iniziò ad emettere fumo grigio, ma quando Voldemort fece per ritrarsi Harry lo fermò.

IV

La mano di drago era saldamente ancorata allo stocco, lo teneva ben piantato nel suo stomaco nonostante il dolore. Vritra urlò con lui mentre la mano che condividevano iniziò a fumare con lo stesso fumo grigio che saliva dall’altra ferita, ma per quanto la sua vista fosse annebbiata Harry non vi badò. Scatto in avanti, trasse a se Raptor afferrandolo per il collo, conficcando il pugnale tra gli occhi di Voldemort.

Lo stesso pugnale che usava ogni giorno per allenarsi, lo stesso pugnale che gli era stato regalato dal suo maestro il giorno prima di partire per Hogwarts, lo stesso pugnale che probabilmente non riavrà più indietro.

III

Non appena conficcato nel cranio di Raptor, la lama, pregna di magia e potere, si attivò dando il via al trasferimento. Harry aspetto fino all’ultimo istante, combatté la voglia di vomitare, lasciando andare il suo ostaggio l’attimo prima che venisse trasportato via con lui. Subito dopo le ombre, che ancora impregnavano la stanza, si ritirarono venendo assorbite dal corpo di Harry, che forse per la decima volta in quella giornata, si ritrovò agonizzante al suolo. Vritra aveva ripreso il controllo della sua magia, aveva annullato il potere dei suoi occhi ed ora si stava concentrando unicamente sul mantenere salde le catene.

[Hai fatto un buon lavoro Partner, ma dove l’hai mandato?]

Harry tossì, sorrise, mentre il suo corpo tornava a respirare regolarmente. La mano umana tamponava il secondo ombelico che Voldemort gli aveva fatto. “U-Una realtà parallela. Il pugnale ha copiato questa stanza e l’ha trasferita in un’altra dimensione insieme a Voldemort. Non potrà scappare di lì, non da solo, nemmeno con tutto il suo potere. Per un’ora lo avremo in trappola.

Harry alzò lo sguardo, la vista di Vritra gli era stata sottratta, ma non faticava ad immaginare Rias sorridergli dall’alto del suo cadavere. “Vritra, ti devo… ringraziare. Solo tu potevi trovare questa soluzione… ora dobbiamo solo… dobbiamo solo rimetterli in sesto come tu hai fatto con me… dobbiamo solo farli sopravvivere…. Si, solo questo…”

[Sei tu che l’hai reso possibile. Hai capito che non potevi cambiare il futuro, allora hai trovato il modo di plasmarlo. I tuoi amici sono realmente morti come abbiamo visto, ma grazie ai nostri poteri combinati sono ancora qui, dobbiamo solo… com’è che hai detto? Farli tornare indietro…]

Gli occhi di Harry si appannarono, mentre nella stanza rifulgeva limpida la fiamma di una fenice. “Lascio il resto a te… partner…”

Il suo canto alleggerì il cuore del bambino sopravvissuto, che sopravvisse una volta di più.

*********

Epilogo

Un Mese più tardi – Mondo Demoniaco

Harry si stava rialzando, la mano umana che sfiorava il segno rosso sul suo viso dove Lucifer lo aveva schiaffeggiato.

“Hai fatto uccidere i tuoi amici…”

La voce del Maou era secca, rigida, come Harry non l’aveva mai sentita.

“È vero, ma sono… sono ancora vivi.”

Gli occhi di Harry erano bassi, fissi al suolo. La tensione gli impediva di rialzarli mentre riviveva l’ultimo mese nella mente. Solo ad un mese di distanza aveva avuto il coraggio di tornare, di rientrare al castello per scontare la sua punizione.

Vivi?” La voce del suo signore assunse una nota pericolosa. “Tu credi davvero che il sistema creato da Dio, si faccia beffare così facilmente da te? Loro non sono vivi, loro sono Maledetti! Hai negato loro un degno trapasso e perfino la possibilità di resuscitare come servitori di qualche demone di alta classe, condannandoli alle più atroci sofferenze. Sai perché si dice che Vritra sia stato diviso in quattro Sacred Gears da Dio? La sua è un’esistenza pericolosa, che manipola e manovra nell’ombra, e tu invece di venire a raccontarmi subito di lui hai preferito aspettare, facendoti carico dell’impresa come un qualche eroe tragico. Beh, fatti dire una cosa nanerottolo, tu sei solo spazzatura!  Io ti ho accolto nella mia casa, ti ho dato una famiglia, ti ho dato amore e tu mi ripaghi uccidendo il sangue del mio sangue!”

Harry iniziò a sentirsi male, la zampa di drago che ormai aveva sostituito permanentemente la sua mano destra si apriva e chiudeva convulsamente sotto gli strati di incantesimi d’occultamento che vi aveva imposto. [Non dargli retta partner, io e te abbiamo fatto quello che dovevamo. Abbiamo salvato tutti e fermato il cattivo. Il resto non conta.]

La voce di Vritra risuonò nella sua mente, inudibile a chiunque altro, mentre Harry ingoiava a vuoto. “L-Lui mi ha salvato. Ha salvato tutti… ed ha detto che se troveremo gli altri pezzi della sua anima, potrà rafforzare la maledizione, così… così gli altri potranno tornare come prima…”

Harry si aspettò un altro schiaffo, chiuse gli occhi vedendo la mano di Lucifer alzarsi, ma alla fine non venne colpito, semplicemente i sui suoi capelli vennero scompigliati docilmente. “Ti sei fatto abbindolare Harry Potter, tutto quello che Vritra vuole è il tuo corpo, ed ha già ottenuto i tuoi occhi e la tua mano destra. Più aumenterà il suo potere, maggiore sarà la presa che avrà su di te. Ciò non toglie che quest’ultima cosa sia vera, se vogliamo avere una possibilità di far tornare Rias, Akeno e Koneko com’erano, dobbiamo trovare gli altri pezzi del drago e rafforzare la maledizione, una volta che questa sarà al suo massimo, allora potremo eliminarla e curarle con metodi più convenzionali…”

Il Maou si voltò, allontanandosi da Harry per prendere posto sul suo scrigno d’oro. Harry  non era mai stato ricevuto nella sala principale, i suoi incontri con il Re erano sempre stati informali e felici. Questo era un’ulteriore segno che le cose tra loro erano cambiate. “Ieri c’è stato una riunione dei vertici dell’inferno per parlare della tua situazione. La maggior parte dei demoni premeva per una tua esecuzione essendo tu il responsabile della morte di un demone di alta classe, io ho suggerito che ti venissero tolti i titoli e diventassi un demone rinnegato. Alla fine nessuna delle due mozioni ha ottenuto la maggioranza, non possiamo ucciderti altrimenti infrangeremmo la maledizione di Vritra troppo presto e non possiamo rinnegarti altrimenti altri ti ucciderebbero per avere il tuo potere, dunque è stata presa una decisione. Ti sarà affidata una pericolosa missione nei territori della chiesa, li dicono che si trovi un frammento d’anima del Re Drago Vritra. Dovrai andare a recuperarla e tornare entro sei mesi a partire da oggi, pena la morte.”

La voce del Maou era perentoria ed Harry si sentì svuotato. Il sapere che lui avrebbe voluto rinnegarlo, cacciarlo dalla casa che gli aveva dato… ma sapeva che era solo colpa sua. Doveva essere lui a riguadagnare ciò che aveva perso e per farlo doveva prima riportare Rias e le altre alla loro forma originaria. Infatti le sue amiche, per quanto fossero vive, erano ridotte ad essere deboli come esseri umani, avevano a malapena accesso alla loro magia e non potevano nemmeno respirare l’aria sulfurea dell’Inferno. La situazione era più o meno la stessa per Blaise ed Hermione, che essendo però umani fin dall’iniziò, non videro peggiorare la loro situazione più di tanto.

Chinando il capo, Harry accolse la missione affidatagli. Le lacrime che minacciavano di colare lungo il suo viso vennero contenute. “Si, mio signore… e per quanto riguarda Hogwarts?” Harry osò chiedere, consapevole che se doveva partire per una missione all’estero difficilmente sarebbe tornato prima dell’inizio della scuola. Lucifer lo guardò qualche istante sciogliendo poi la sua maschera in un tiepido sorriso. “So che la colpa di tutto non è tua Harry, ma quello che hai fatto è grave e non posso trattarti diversamente da chiunque altro solo perché sei tu. Per quanto riguarda la scuola, ho distrutto metà del castello, ed ora sto provvedendo a rimetterlo in piedi con i soldi degli Inferi. Albus Silente è ancora preside, ma non ha più diritto di parola su nulla, a quanto pare il suo intero staff si è ritorto contro di lui quando l’ho costretto a rivelare il suo coinvolgimento negli eventi del 11 Giugno. Certo, pensare che avesse saputo di Raptor fin dall’iniziò e non abbia detto nulla… non ha proprio pesato in suo favore.”

L’incontro durò un’altra ora, durante la quale Harry ebbe le specifiche per la missione, tra le più importanti vi era la notizia che per la sua stessa sopravvivenza, non sarebbe stato mandato da solo, ma qualcuno lo avrebbe accompagnato in modo da sopprimere i suoi poteri se il drago avesse preso il sopravvento del suo corpo.

Harry rimase scioccato quando gli venne detto chi era il suo compagno in quest’avventura, ma fu costretto a rimanere in silenzio non avendo diritto di parola in merito.

“Il nemico del mio nemico è mio alleato, giusto?”

Una voce fermò Harry sulla via del ritorno alle sue stanze, voltandosi vide chi era al centro del suoi pensieri.

“Vali Lucifer della fazione degli Angeli Caduti….”

Il silenziò si tese nel corridoio mentre osservava il coetaneo dai capelli bianchi. Un sorriso smagliante gli illuminava il viso mentre i suoi occhi crudeli lo scrutavano attentamente.

“Già, proprio così moccioso… ne è passato di tempo dall’ultima volta che ti ho rotto il culo.”

E questo fu l’iniziò di un’altra avventura.

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N.D.A. Eccomi con le ultime note d'autore per un bel pò. Partiamo con le cose importanti, ringrazio vivamente IpseDixit per il betaggo ed Ansem per l'aiuto a strutturare il testo, per quanto riguarda quando riprenderò a pubblicare, penso per fine febbraio, dopo la sessione d'esami, ma potrebbe volerci pure più tempo. Voi scrivetemi, mandatemi mp e spronatemi, così mi sentirò motivato XD
Ad ogni modo, complimenti per chi è arrivato fino alle fine del capitolo incolume, non è cosa da poco aver letto un capitolo così lungo, ed ora voi che siete sopravvissuti ditemi, cosa ne pensate?
Questo capitolo l'ho suddiviso in molte parti, ognuna con il PoV di un personaggio diverso. Siamo passati da Raptor, ad Harry, ad Hermione a Rias. Tutto questo vi ha confuso in qualche modo?
Per caso la lettura è risultata pesante? Ed a livello generale, tra tutti i capitoli caricati qual'è la parte che vi è piaciuta di meno?
A me come autore, non è piaciuta molto il capitolo 5, con il litigio tra Rias e le altre e l'allontanamento di Harry. Probabilmente avrei potuto scriverlo e stutturarlo meglio, ma Aihme così non è stato.
E per voi?
Detto questo, avviso che il secondo anno scolastico ad Hogwarts sarà, per ovvi motivi, completamente diverso da quello di Zia Row, in primis perchè Harry non tornerà subito a scuola, ma avrà la sua missione da compiere, in secondo luogo perchè il Basilisco è già morto, quindi non è che possa giocarci più di tanto no? Inoltre il professore di difesa non sarà il tanto amato Allock, ma qualcuno che i lettori di DxD riconosceranno subito.
Silly vi sembra sconfitto? Tranquille, il vecchiaccio ha più di un asso nei suoi mutandoni ammuffiti. xD
Ora vi lascio, basta convenevoli, e se vi va recensite =)
Io sarò sempre qui per leggere i vostri pareri, buoni o cattivi che siano.
Bye, Bumbix

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