Per la mente che vede con chiarezza non c’è necessità di scelta, c’è azione

di musa07
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Le scelte si fanno in pochi secondi ma si scontano per il tempo restante ***
Capitolo 2: *** Quando si perdona non si cambia il passato. Si cambia il futuro ***
Capitolo 3: *** Le persone possono dubitare di ciò che dici ma crederanno a ciò che fai ***
Capitolo 4: *** “Che tu creda di farcela o di non farcela avrai comunque ragione” ***



Capitolo 1
*** Le scelte si fanno in pochi secondi ma si scontano per il tempo restante ***



 
Ciaossu^^ Ogni promessa è un debito, ma in questo caso sarebbe più giusto dire che il tutto risulta più come una minaccia.
Quando mi prende una fissa per un anime/manga, è la fine. Sì, per i personaggi! Perché la mia mente malata e irrimediabilmente compromessa, continuerà a deliziarmi con vaneggiamenti vari.
Questa mini-long, infatti, inizialmente avrebbe dovuto essere una os volta solo ed esclusivamente ad esaltare tutta la magnificenza di Oikawa (Santa Madre*ç*), e invece alla fine si stanno producendo filmini su filmini nella suddetta mente bacata, quindi vi sorbirete almeno un altro capitolo. Sempre se sarete così carini e coccolosi da aver voglia di continuare a seguirla.
Piccola nota tecnica (Ahahah! Sembro anche una persona seria): la storia si svolge qualche anno più avanti rispetto al manga/anime, e più precisamente troviamo Kageyama e Hinata al primo anno di Università e di conseguenza Oikawa (*ç*) è al terzo.
Bene, direi che vi ho tediato abbastanza. Ci sentiamo nelle note finali. E spero di non venir lapidata per quanto narrato^^’ Sia chiaro: adoro la KageHina - è una delle mie OTP, insieme alla DaiSuga - ma Oikawa è in grado di non farmi più connettere le sinapsi. E comunque, non disperate^^

 
 
 
“ Le scelte si fanno in pochi secondi ma si scontano per il tempo restante”
 
 


PROLOGO
 

 
La prima cosa che sente, ancora prima di aprire gli occhi, è il battito del suo cuore.
La seconda cosa che gli arriva ai sensi, prega ogni Dio conosciuto per non fargliela ricordare. Perché non è l’odore della sua pelle, ma quella di qualcun altro. E di un qualcun altro di sbagliato.
Apre gli occhi, Tobio, alla fine…
Fissa per un attimo il soffitto, poi – con un grosso inspiro – sposta l’attenzione degli occhi blu a fianco a sé, e come si fa a non ammirare quella cosa così dannatamente sensuale che gli sta dormendo accanto?
Oikawa dorme pancia sotto, le braccia pigramente adagiate sotto al cuscino, l’espressione del volto dolcemente rilassata ma che mantiene comunque, grazie alle labbra leggermente piegate all’insù anche nel dolce torpore del sonno, quell’aria dolcemente insolente e pungente di sempre.
Fissa i muscoli affusolati e torniti della schiena. Quella schiena alla quale lui si è aggrappato più e più volte quella notte.
Cos’è in grado di fare alla gente Oikawa Tooru?, si chiede. Quali sortilegi ammalianti è in grado di compiere in chi gli sta a fianco?
Perché lui ha ancora voglia di quel corpo. Di quelle mani su di sé, di quel respiro che gli ansima tutto il suo piacere all'orecchio.
È un amante straordinario, Oikawa, ma questo non c’è neanche bisogno di dirlo.
Se l’aspettava. Se lo immaginava...
Racchiude in sé, anche nei momenti d’intimità, tutte quelle che sono le sue caratteristiche, sia di quando si trova in campo che nella vita. Attento, accorto ma allo stesso tempo terribilmente scanzonato, diabolicamente imprevedibile. Perfidamente inarrivabile.
Anche in quei frangenti è in grado di tirar fuori in chi gli sta accanto doti e capacità che uno neanche sospetta di avere. Sempre pronto ad anticipare ogni bisogno, ogni desiderio. Ogni necessità.
Sa perfettamente come e dove colpire, affondare…
È inarrestabile. Non ti dà tregua Oikawa Tooru, né ti permettere di prendere respiro. Ti toglie il fiato. È coma la marea che avanza, e quando la marea avanza non ti puoi opporre. Non ti resta altro che farti trascinare nel suo vortice.
Ed è allora che riesci a vedere il suo sorriso più vero. È allora che ti attende pazientemente. Sa perfino essere dolce in quei momenti. E terribilmente generoso. Perché non c’è stata una sola volta in quella notte, che Tooru non l’abbia pazientemente atteso, continuando a modulare le sue spinte dentro di lui, trattenendosi per lui, stritolando con una mano le lenzuola sotto di loro, per non venire prima del tempo. Prima di lui.
Oikawa è fantastico perfino, e soprattutto, mentre gode. Con quella voce alla quale riesce a dare mille e più modulazioni che ti manda in visibilio.
 
Si sente soffocare adesso Tobio. Non pensa altro che ad andarsene.
Lui non dovrebbe essere in quel letto. È un altro il letto che gli appartiene. Non è quella la persona alla quale appartiene...
Non è da biasimare Oikawa, si è preso quello che avrebbe sempre voluto nel momento in cui lui gliel’ha permesso. 
Vorrebbe andarsene alla chetichella. Raccogliere i vestiti e andarsene. Ma Tooru non glielo permette. 
- Tobio-chan – lo chiama, con quel suo solito tono dolcemente insolente, al limite della strafottenza  – Te ne volevi andare senza salutarmi? –
Si diverte a prenderlo bonariamente in giro, sfiorandogli con la punta delle dita la schiena, mentre lui si trova seduto sul bordo del letto. Mentre gli dà le spalle.
E lo conosce sufficientemente bene per sapere che sta facendo di tutto per distrarlo dai suoi funesti pensieri. Lo sa benissimo che, a dispetto di quello che crede la maggior parte della gente e nonostante le apparenze, Oikawa non è cattivo o superficiale, nè tantomeno egoista o preso unicamente da se stesso. Che è davvero in grado di preoccuparsi per gli altri.
Forse si sente anche in colpa adesso.
“ Ma lui non ha motivo di sentirsi in colpa…” pensa terribilmente addolorato Tobio.
Con l’avanzare della luce si vanno via-via definendo i contorni della realtà. Che quello che è accaduto è dannatamente reale. Vorrebbe sbattere la testa contro il muro!
E dire che si è sempre ritenuto una persona estremamente razionale. E allora, allora perché?
Con l’ennesimo sospiro si volta a guardarlo. A posare lo sguardo sugli occhi ambrati dell’altro.
- Pentito? - gli chiede Tooru grave, studiandolo attentamente. 
No, non lo è neanche un po’ da una parte. È questo il dramma! Ogni parte di lui dovrebbe urlare. Dire che è stato un errore. Dirsi che fa schifo, che è una persona di merda...
È una persona di merda perché ha tradito il suo piccolo corvetto rosso. Perché si sente semplicemente morire all’idea di perdere la persona che ama al di sopra di ogni altra cosa. Però non è pentito. Perché Oikawa... beh, Oikawa è Oikawa. È la sua ossessione. Ha resistito oltre l’umanamente sopportabile e comprensibile. Sapeva che sarebbe successo, presto o tardi. Almeno una volta, sarebbe dovuto succedere. Una volta per liberarsi di quella ossessione.
- Tobio? – e quando lo chiama solo con il suo nome, senza aggiungere quel fastidioso “chan”, sa che Oikawa sta parlando seriamente.
- Tobio, non è stato solo sesso per me. – gli sussurra, con quella voce da brivido, maledettamente serio, mentre si mette a sedere e il lenzuolo copre solo in parte tutta quella perfezione.
Vorrebbe dirgli che per lui sì, che per lui è stato solo sesso, ma non può. Perché mentirebbe. A se stesso.
Com’è possibile essere innamorati alla follia di una persona e nonostante questo averne un’altra che, quando ti capita di rivedere, dispettosamente non se ne vuole andare dalla tua testa?, non fa altro che chiedersi dentro di sé, come un mantra che tuttavia non è in grado di dargli conforto.
- Lo so, l’ho percepito chiaramente. – si limita a rispondere in un sussurro, che si perde nel silenzio della notte. E quel silenzio irreale gli fa ricordare i loro ansiti che si sono mescolati fino a poche ore prima.
Si fissano negli occhi. Quante volte l’hanno fatto con una sola rete a dividerli? Tante.
Si guardano, si studiano. Sapendo che non succederà mai più. Che quella è stata la prima e l’ultima volta.
Lo sa Tooru, lo sa perfettamente che ora Tobio ritornerà da Lui. Dal Chibi-chan, come si ostina a chiamarlo anche dopo tutti quegli anni. Sa che è solo e unicamente di Hinata che Kageyama è innamorato.
Lo sa che Tobio non potrà mai essere suo.
“ E allora, ne è valsa davvero la pena?” si chiede, assottigliando lo sguardo. Rabbuiando quei lineamenti così perfetti, come raramente capita.
Sì… Si risponde.
La risposta che si dà Tobio è differente. È contraddittoria. È un concentrato di paradossi.
Perché sa che ogni scelta che noi compiamo, porta sempre delle conseguenze. Ma non solo nella propria vita, ma anche – e soprattutto – in quella degli altri.
A volte basterebbe questo pensiero per far frenare una persona, per farle prendere la solita strada di fronte ad un bivio.
Perché niente, poi, sarà com’era prima…
 
 
Continua …
 


Clau: Ciao bella gente. Finalmente posso scrivere queste note finali con Oikawa. Un sogno che si avvera.
Tooru: Yahoo^^
Clau: Oh Santa Madre *ç* Tooru spalmami.
Hinata: Ohhhh! Posso dire due parole anch’io?
Clau: *ç*
Tooru: Hum, credo di sì Chibi-chan. Anzi, sarà proprio meglio prendere il controllo della situazione qui.
Clau: No, no, non vi preoccupate. Ci sono, ci sono … più o meno eh-eh
Tooru: Bene, dicevamo …
Clau: Tooru *ç*
Kageyama: Non si può mica continuare così eh!
Clau: Tobio, perdono e pietà per averti fatto fare la parte del merda in questo prologo e averti fatto tradire Shoyo. D’altra parte, io ti capisco benissimo: come si fa a resistere ad uno come Oikawa Tooru?
Kageyama: -_______-
Clau: Ma il tutto, come ho detto, era nato solo ed esclusivamente per omaggiare la magnificenza di Oikawa. E non è che potevo scrivere a random di Tooru che fa maialate, così, senza nessuno. Oltretutto, dov'è finito il mio solito fluff diabetoso? Urge introdurre la DaiSuga nei prossimi chappy per ripristinarlo^__^
Kageyama: Ma chi ce l’ha mandata questa?
Tooru: Mah!
Hinata: Boh …
Kageyama: Utili come sempre voi due.
Tooru: Ahahah^///^ Rilassati Tobio-chan.
Kageyama: Hn!
Hinata: Ma siamo in televisione?
Clau: Tooru *o*
Kageyama: Speriamo finisca presto ‘sto strazio …

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Capitolo 2
*** Quando si perdona non si cambia il passato. Si cambia il futuro ***


Grazie a Maki e a Isa.
A tutti Voi che avete letto, messo tra le preferite, seguite e le ricordate.
Visto che sto facendo capitoli molto più corti rispetto ai miei soliti papiri (Giusto Maki^//^?) e visto che questa storia si sta ampliando sempre più nella mia testa, non so fare una stima di quanti capitoli consterà ancora.
Eh, come dire? Mi dispiace per voi che dovrete sorbirmi ancora per mooooolto tempo ahahah^O^
 

 
“ Quando si perdona non si cambia il passato. Si cambia il futuro”
 


 
CAPITOLO 1
 
 
Lo guarda incamminarsi lungo il ballatoio all’uscita del suo miniappartamento, quello nel quale abita da quando ha iniziato a frequentare l’Università lì a Kyoto tre anni prima.
Non si è voltato neanche una volta Tobio, a salutarlo. E d’altra parte se l’ha accompagnato alla porta, non è stato di certo perché si aspettava, o voleva, un saluto di quelli memorabili.
Se lo ha accompagnato, è stato per cercar di ripristinare le cose il più possibile alla normalità. Al loro essere nemici/amici. Rivali.
E lui è così bravo a far da paciere. Da mediatore. È una sua dote naturale. Il rendersi sfuggevole, il cercar di metter le cose in uno stato di quiete apparente, in maniera tale da poter studiare al meglio la situazione.
Tooru non vuole che Tobio possa portargli in alcuna maniera rancore. Ok, non l’ha né violentato, né costretto. Erano tutti e due più che consenzienti, ma si sente in qualche maniera in difetto. Avrebbe dovuto fermarsi …
Ma d’altra parte, è fatto di carne e ossa anche lui. Di spirito. Di emozioni.
Sospira Tooru e continua a fissare la figura dell’altro di spalle, fino a quando non è completamente sparito dalla sua vista. Ed è solo allora che si decide a rientrare. È solo allora che sposta lo sguardo alla sua sinistra. Che lancia un’occhiata di sottecchi giù in strada. E rimane pietrificato sul posto.
Sawamura Daichi e Sugawara Koushi lo stanno fissando, in un misto di sorpresa e perplessità.
Già, è vero! Quei due abitano in un appartamento non lontano dal suo e per andare nel loro Ateneo devono passare lì per forza. Non è la prima volta, in quei tre anni, che sia capitato di incrociarsi e fare un pezzo di strada insieme, fino a dove le loro strade poi non si dividevano. Ognuno verso la propria Università. Lui l’Università K, loro due Università Y. La stessa di Kageyama. La stessa di Hinata. Di nuovo compagni di squadra loro quattro. Di nuovo rivali loro cinque.
Sgrana gli occhi, sentendosi mozzare il fiato.
Si rende conto che sono le otto della mattina. Che non ha molto senso che Tobio sia appena uscito dal suo appartamento. Che lui si è buttato su giusto un paio di pantaloni della tuta e la felpa è aperta sul petto, che i capelli squisitamente disordinati sono proprio di uno che si è appena catapultato giù dal letto. Inequivocabile. Eppure Tooru, com’è innato in lui, agisce prontamente. Sfodera uno dei suoi migliori sorrisi, alzando una mano in segno di saluto. Se avesse agito diversamente, avrebbe sicuramente peggiorato la situazione d’ambiguità.
Gli altri due, lentamente, come in trance, alzano la mano a loro volta, ricambiano il saluto. Il sorriso incerto. Sono troppo confusi.
Ma quando si richiude la porta alle spalle, pensa a che terribile casino.
Ok, il Captain-kun e il Mr. Gradevole – come continua a chiamarli. Dare i soprannomi alle persone, è per lui quasi una missione di vita - sono due persone a modo, da quello che ha potuto conoscerli, e non si metteranno di certo a spifferare quanto visto non appena varcheranno il cancello della Facoltà, ma non è di certo il massimo come situazione.
Velocemente pensa a come agire. Se chiamasse Tobio, è più che sicuro che non gli risponderebbe neanche se la sua telefonata potesse essere l’unica cosa che lo salverebbe sulla faccia della terra. Decide quindi di mandargli un messaggio, giusto per avvisarlo. È quasi certo che Kageyama lo dirà al Chibi-chan. Che gli confesserà tutto, ma vuole almeno evitargli che sia qualcun altro a farlo al posto suo.
Peccato che il cellulare di Tobio giaccia abbandonato sul fondo della sua sacca del Club di Pallavolo.
 
 
- Kusokawa, pensavo che finalmente ti avvessero eliminato dalla faccia della terra. È da ieri sera che cerco di chiamarti. –
È questo, al solito - da sempre e per sempre - il saluto con il quale Iwaizumi gli dà il buongiorno, una volta che rientra a casa, dopo esser stato a correre in uno dei parchi cittadini.
Alza appena la visiera del cappellino che ha indossato, giusto per ripararsi un minimo da quella pioggerellina ghiacciata che ha fastidiosamente iniziato a cadere fin dalle prime luci dell’alba.
- Buongiorno anche a te, Iwa-chan. – gli sorride, piegando appena la testa di lato, mentre gli tende la mano per aiutarlo ad alzarsi, dato che l’ha aspettato seduto per terra, davanti alla porta del suo appartamento. Mano che l’altro rifiuta, scacciandola via malamente, come sempre.
Ecco, pensa Tooru, questo è sicuramente uno scenario che non si toglie dalla routine. Questa è la normalità e la quotidianità che è comunque in grado di dar conforto.
Iwaizumi lo segue grugnendo e sbuffando.
- Gomen, gomen Iwa-chan, ho visto solo prima le tue chiamate e … -
- … e quindi, Schifosawa, hai ben pensato di ignorarle? – si infastidisce ancora di più. E lo sa Tooru, lo sa che lo sta chiaramente studiando. È l’unico in grado di scorgere in lui ogni minimo segno di turbamento.
- No, assolutamente. – replica sempre con uno di quei sorrisi che sa benissimo che irritano l’amico fuori dalle maniere, mentre lo precede nel suo appartamento, spostandosi di lato per farlo entrare, resistendo magnificamente all’occhiata inquisitrice dell’altro.
- E quindi? – e la domanda lapidaria e diretta di Hajime, che ha fiutato immediatamente che c’è qualcosa che non gli torna.
- Caffè? – glissa lui, rispondendo al solito con una domanda ad un’altra domanda. Avrebbe dovuto iscriversi a Giurisprudenza, Oikawa Tooru, non a Fisioterapia, tanto è bravo a sgusciare con eleganza in mezzo alle domande più infime. Cosa che funziona con tutti, ma non con il suo miglior amico ovviamente.
- Kusokawa! – replica l’altro, seccato, piantandosi davanti a lui, pretendendo una spiegazione. E pretendendola adesso. È un segno inequivocabile quell’incrociare le braccia al petto e inarcare leggermente il sopraciglio sinistro.
- E quindi … - cerca di tergiversare ancora. – E quindi, non potevo risponderti. Ero leggermente impegnato … –
- Ahh … - replica Iwaizumi, in uno sfottio a metà tra il sardonico e l’infastidito  – … capisco. –
- No! – si affretta a metter le mani avanti lui. Letteralmente. – Non è come credi. -
Cerca  di capire, Tooru, quanto gli convenga dire. Non vuole rendere la situazione per Tobio più difficile di quello che già è andando a spifferare della loro notte insieme. Visto soprattutto che, dal punto di vista di loro due, non avrà nessun seguito.
Che sia l’altro a capire!, decide alla fine. È che ha dannatamente bisogno anche lui di togliersi quel peso dal cuore.
- Cioè, sì: è come credi … ma non è così semplice … - biascica alla fine, massagggiandosi la nuca.
E quel gesto, quell’unico gesto, è in grado di far scattare un click nella testa di Hajime. Perché Tooru lo fa solo quando si tratta di Kageyama.
E allora, nella sua mente, si fa chiarezza in un attimo. Scioglie le braccia, sgranando gli occhi. Non può crederci! Non riesce a crederci!
- Ka-geyama? – biascica, senza parole come raramente gli capita.
- Hum … sì … - ammette alla fine lui, aspettandosi la lavata del secolo da parte dell’amico.
Lavata di capo che tuttavia non arriva, perché Hajime è ancora troppo scosso. Troppo incredulo.
Si lascia cadere nella sedia lì a fianco, scostando per un attimo lo sguardo al quadro impressionista alla parete di fronte, per poi riportarlo a lui.
- Non riesco a credere che Kageyama abbia tradito Hinata … – Iwaizumi è uno dei pochi che sa che quei due stanno insieme, oltre ai vecchi compagni di squadra del Karasuno ovviamente - Con uno come te, poi! –
Eccola! La punzecchiata è arrivata. Letale. Compassata. Puntale.
- Iwa-chan, sempre una buona parola per tutti eh? – finge di lametarsi.
- Per te mai, Schifosawa! – è la replica burbera, e scontata.
- Non mi chiedi neanche come sto? – ci riprova, titubante in realtà.
- Crepa Kusokawa! –
- Iwa-chan, smettila di abbreviare gli insulti! –
È la solita scena che si ripete. E Tooru è profondamente grato all’amico. Perché, al solito, non lo sta giudicando o biasimando.
 
 
Lo ha atteso tutto il giorno, Tobio.
Hinata sarebbe rientrato solo nel tardo pomeriggio dalla loro città natale. È ritornato a casa qualche giorno e oggi, oggi sarà di ritorno. Nel loro appartamento. Nella casa che hanno deciso di condividere da quando hanno iniziato l’Università insieme mesi prima. Era la scelta più logica e più ovvia. Andare a vivere insieme.
Ovviamente, anche se era una cosa che Tobio desiderava dal profondo del suo cuore, non aveva mai avuto il coraggio di manifestarla. Era stato Shoyo a proporglielo alla fine. Anzi: l’aveva dato un po’ per scontato, a dirla tutta. Era normale per il piccoletto che una volta che sarebbero usciti dalle loro case, dalla loro città, sarebbero andati a vivere insieme. Dopo tre anni che stavano insieme poi!
All’inizio la loro convivenza è stata proprio come le loro giocate appena conosciuti. Con la sola differenza che è Hinata ad aver l’acceleratore e lui invece è un diesel che carbura a mano a mano. Shoyo è un fermento fin dal momento in cui mette piede giù dal letto. Lui, invece, fatica a carburare. Si trascina a fatica verso la cucina, dopo che l’altro gli ha spalancato le finestre della camera, incurante del freddo, della pioggia, del sole accecante, e parla, parla …
Quante volte Tobio si è chiesto come faccia ad avere già tutti i neuroni in set-up alle sette della mattina, mentre lui riesce a malapena a non far penzolare la testa giù dalla mano dov’è stata preventivamente appoggiata.
Tobio si aggira per casa con passo felpato, quasi fosse un felino, mentre Shoyo è un vero e proprio tornado, che semina le sue cose in giro per ogni stanza.
All’inizio per l’alzatore è stata dura. Lui, che è un ordinato di natura, andava via di testa a vedere quel casino. Gli correva letteralmente dietro a tirar su ogni vestito prima ancora che cadesse al suolo. Alla fine aveva addotto un’altra strategia, convinto che altrimenti l’altro non avrebbe mai imparato. I vestiti che trovava seminati per il loro piccolo appartamentino, glieli metteva in terrazzo. Fintanto che era stata primavera ed estate, Shoyo si era limitato a farsi delle belle risate, ma da quando l’autunno si era fatto più pressante, alla chetichella, aveva imparato a sistemare le cose in armadio.
Tante cose in quei mesi di convivenza hanno imparato l’uno dell’altro. Piccole manie e riti che potevano solo sospettare. Come per esempio Tobio, pur non essendo mancino, usi la sinistra per lavarsi i denti, giusto per bilanciare ed equilibrare l’uso di entrambe le mani. O di come Shoyo, con l’arrivo dei primi freddi, quando si fa la doccia la mattina, metta i calzini a scaldarsi sopra il termosifone. E se è Tobio il primo tra i due ad alzarsi, glieli fa trovare già caldi.
Ovviamente, tra i due, è lui quello bravo a cucinare, ma Hinata – manco a dirlo – ha imparato presto, ed ora si dividono i compiti ai fornelli.
E' una cosa che piace un sacco ad entrambi, la sera – finite le lezioni e gli allenamenti – fermarsi a fare la spesa nel piccolo supermercato vicino casa, girare tra le corsie. Tante volte è capito che lui si fermasse a fissare il suo compagno intento a farsi consigliare da alcune nonnine su quale verdura o pesce prendere, e lui neanche si accorge che le labbra si curvano dolcemente verso l’alto. Il suo Shoyo è così: la gente non può far a meno di adorarlo. Viene istintivo, viene naturale. Si prova simpatia nei suoi confronti. Sarà la zazzera pel di carota. O forse il tono di voce squillante. O molto probabilmente il fatto che gli brillano gli occhi quando si entusiasma anche per piccole cose.
Quanto lo ama …
Tobio pensa veramente che potrebbe morire senza di lui. Neanche per un istante non gli è balenato per la testa di non dirgli quanto successo quella notte. Shoyo ha il diritto di sapere. Lui deve dirglielo. Non potrebbe mai mentirgli. E anche se è disposto ad accettare le conseguenze delle sue azioni, prega che avvenga un miracolo.
 
 
Daichi e Suga, durante gli allenamenti pomeridiani, erano stati due modelli di virtù. Non avevano proferito parola alcuna. Si erano semplicemente limitati a vegliare su di lui. Ad osservarlo più attentamente del solito.
Durante il tragitto che li aveva portati alla propria facoltà quella mattina, i due avevano camminato fianco a fianco, mano nella mano fin dove era stato possibile, silenziosi.
Era stata una doccia fredda realizzare che quello sì, era proprio Kageyama. Kageyama che usciva non da un appartamento qualsiasi, ma da quello di Oikawa Tooru. Com’era nella loro natura, non erano saltati a conclusioni affrettate. Troppo calmi e riflessivi entrambi per non valutare che c’erano un’infinità di ipotesi da prendere al vaglio, anche se …
Oikawa era stato bravo a dissimulare lo sbigottimento di esserseli trovati praticamente di fronte, tanto di cappello, avevano pensato. La calma e la faccia di bronzo erano il suo forte, lo sapevano bene entrambi.
Tacitamente, come solo loro due sapevano parlarsi semplicemente guardandosi negli occhi, si erano accordati di non farsi sfuggire parola alcuna, né con Kageyama, né tantomeno con Hinata, fino a quando non avessero avuto un’idea chiara di quanto successo.
Fino ad allora si sarebbero semplicemente limitati a vegliare sul loro kohai.
E questo era quello che avevano fatto infatti. Anche se Kageyama era un mostro a tenere chiusi a forza i suoi sentimenti, le sue emozioni, dentro di sé, per loro che lo conoscevano benissimo e per loro che, di natura, avevano la grande dote di essere in grado di carpire l’animo umano – in particolar modo Suga – era apparso lampante che qualcosa lo turbava.
L’avevano studiato attentamente, evitandogli il più possibile il solito chiasso molesto di Tanaka e Nishinoya. Anche se, ne erano consapevoli, la chiassosa allegria di quei due e le loro punzecchiature bonarie a suo danno, potevano essere un toccasana per il suo umore a dir poco nero.
 
E alla fine, Hinata arriva. Impossibile non sentirlo, tra l’altro. Si precipita in palestra quando gli allenamenti stanno quasi per volgere al termine ed ora è lì che prega Tobio di fargli almeno un paio di alzate. E in quelle richieste c’è tutta la gioia di vederlo finalmente, dopo giorni. Perché gli è mancato da morire!
Non ci vuole un genio per capire che Tobio ha qualcosa che non va. Che non è il solito.
Si sente scisso dentro di sé, è come se in lui convivessero due entità completamente separate. Una che è a sua volta felice di vedere che l’altro è tornato, che è lì davanti a lui, che pensa che adesso torneranno a casa insieme. L’altra parte si sente così male, si sente così un verme, che ringrazia la presenza degli altri che frena quel bacio che Shoyo vorrebbe stampargli sulle labbra. Non che non lo voglia, ma si sentirebbe un’emerita persona di merda a farsi baciare da lui dopo quello che ha fatto. Sente non di meritarsi l’amore dell’altro, anche se ne ha un immenso bisogno.
Piega leggermente la testa di lato, Shoyo, nel momento in cui gli poggia fintamente per caso una mano sul fianco e lo sente irrigidirsi. E nella mente di entrambi torna alla memoria il ricordo di anni prima, durante una partita proprio contro l’Aoba di Oikawa, quando il piccoletto gli aveva detto:  “se tu non parli, io come posso capire cosa c’è che non va?”
 
Ed è quello che fa Tobio. Parla.
Aspetta che tutti siano usciti, che il chiassoso e festoso momento dello spogliatoio dopo le docce sia scemato. Che tutto sia in silenzio.
Sono uno di fronte all’altro. Shoyo ha percepito qualcosa. Ha inteso la gravità del suo sguardo, il peso della sua anima, del suo tormento.
- Ieri ho incontrato Oikawa-san … - mormora appena, ma deciso. Vuole liberarsi di quel peso opprimente il prima possibile. Ovviamente quella notte non si è rivolto all’altro chiamandolo con il suo cognome e l’onorifico, gli ricorda maligna la sua coscienza.
- Daio–sama* … - bisbiglia Hinata, sgranando appena gli occhi e facendo, istintivamente, un passo indietro. Non è mai una buona cosa quando il Grande Re si mette in mezzo a loro. Anche lui continua ad usare per l’altro il sopranome che gli ha affibbiato quando si sono conosciuti. Una sorta di forma di affetto, oltre che di ammirazione.
È appoggiato alla parete, Tobio, quasi a volersi dare sostegno.
- E … e abbiamo passato la notte insieme. – dice alla fine, sempre tenendolo sotto controllo. Non mollandogli lo sguardo di dosso neanche per mezzo secondo.
Alza gli occhi color nocciola lentamente Shoyo. Li punta nelle sue due gemme blu. Deglutisce a fatica e a Tobio sembra che il mondo si sia fermato in quel preciso istante. E cosa darebbe perché il tempo si fermasse davvero in quel preciso istante. Ha paura, come mai gli è successo prima di allora. Paura di perderlo.
- Cioè, quello che stai cercando di dirmi è che … - incespica sulle sue stesse parole - … che ci sei stato a letto? –
Tobio vorrebbe strapparsi il cuore dal petto a vedere il dolore nello sguardo dell’altro. Lo sbigottimento. A vedergli negli occhi comunque una muta speranza. La speranza di aver capito male.
- Sì … - ammette alla fine lui, infrangendo quella speranza, posando per un attimo lo sguardo a terra, affranto, per riportarlo subito sull’altro.
È pietrificato Shoyo, fissa oltre la sua spalla. Non l’ha mai visto così.
- Shoyo, dì qualcosa ti prego. – lo supplica, muovendo un passo verso di lui. E allora il piccoletto si ridesta. Fa un passo indietro e posa lo sguardo su di lui, come lo vedesse per la prima volta.
- E che cosa dovrei dire Tobio? – dice allargando le braccia. (Dato che i due pucciosi stanno insieme da un bel po’, direi che è più che naturale che si rivolgano l’uno all’altro chiamandosi con il loro nome proprio. ndC)
- Cosa dovrei dire? Chiederti com’è andata? Chiederti se ti è piaciuto? – è un fiume in piena ora Shoyo, ancora troppo scosso – Chiederti se il Grande Re è fantasmagorico anche tra le lenzuola come lo è sul campo da gioco? Domandarti se andandoci a letto insieme, finalmente ti sei liberato dall’ossessione che hai nei suoi confronti? – domanda ancora, ma non c’è nessuna accusa nel suo tono, ma solo un’incredulità. Un voler sapere perché.
- Dimmi Tobio, dimmi … che cosa dovrei dire … - le sue ultime parole si spengono in un mormorio, mentre le braccia vengono abbandonate lungo i fianchi e lo sguardo si perde nel vuoto.
E Tobio, anche se sa che potrebbe venir malamente scacciato, si precipita verso di lui, per abbracciarlo. Per stringerlo a sé, pregando che la sua pelle non abbia conservato in nessuna maniera il sapore di quella di Oikawa.
- Perdonami! Perdonami Shoyo, perdonami … - non riesce a far altro che ripetere – Io ti amo – e lo stringe ancora di più a sé, mentre l’altro – ancora frastornato – ha ancora le braccia abbandonate lungo i fianchi.
- Lo so … lo so … Anch’io ti amo … - mormora Hinata, che si sente scaraventato a forza in una centrifuga e, d’istinto, finalmente gli circonda anche lui la schiena, sollevandosi appena sulle punte dei piedi.
C’è solo un lungo, lunghissimo momento di silenzio, poi il piccoletto si stacca e solleva il volto verso il suo. Gli prende il viso tra le mani e guarda le sue lacrime che sgorgano implacabili, senza ancora capire.
- Tobio, io … io … - scuote la testa, come a voler scacciare chissà che demoni – Io non so … Ho bisogno di tempo, per capire cosa fare … per … per metabolizzare questa cosa … perdonami … -
- No! Tu non ti devi scusare. Tu non ti devi scusare … - sussurra, prendendogli le mani che ha ancora appoggiate sul volto per stringerle tra le sue e portarsele sul cuore – Io non ho scusanti. Quello che ho fatto è spregevole e non si può cancellare. Posso solo dirti che ti amo, anche se forse d’ora in avanti non riuscirai più a credermi … - mormora affranto, mordicchiandosi il labbro inferiore.
Shoyo non risponde. Si limita ad un mezzo sorriso sofferto, perché nelle sue labbra il sorriso non manca mai. È la sua maniera di affrontare le cose. Di difendersi.
Trattiene le lacrime, Hinata, mentre le sue mani scivolano via da quelle di Tobio.
Gli volta le spalle. Se ne va e quello che vede lui sono le sue spalle ricurve. Ora il piccolo gigante non sta spiccando il volo e lui si sente morire.
 
Daichi e Suga, angeli custodi, vedono Hinata andarsene a testa china, immerso nei suoi pensieri e capiscono. Lanciandosi un’occhiata, sospirano spostando lo sguardo oltre la porta socchiusa dello spogliatoio.
Kageyama è là. Le mani appoggiate ai fianchi, lo sguardo a terra prima di sfoderare un destro micidiale alla parete imprecando. Non possono di certo lasciarlo lì da solo.
Entrano giusto nel momento in cui l’attenzione di Tobio va al cellulare abbandonato dentro la sacca, lampeggiante. Come un automa l’ha recuperato. Ha letto il messaggio. Fa appena in tempo a capire cosa voglia dire quello che gli ha scritto Tooru, che ecco i soggetti di quella missiva appaiono sulla porta. Preoccupati.
- Kageyama? – lo chiamano appena, entrando. E solo allora si rende conto di come quei due quel pomeriggio abbiano vegliato su di lui, più del solito. E si sente male. Si sente morire al pensiero di averli delusi.
- Io … - bisbiglia, sentendosi svuotato da ogni forza. Vorrebbe solo buttarsi a dormire e svegliarsi possibilmente tra cent’anni. Ed è il sorriso rassicurante che quei due angeli gli donano, quello di cui ha bisogno in quel momento.
- Stai bene? –
Neanche ha capito chi tra i due gli abbia fatto quella domanda. Per lui sono un’unità inscindibile. Li son sempre piaciuti un sacco. Sia come singoli, che come coppia. Come coppia poi, incarnano semplicemente la perfezione.
Si limita ad assentire leggermente con la testa, sapendo di non esser in grado di convincere nessuno. Nemmeno se stesso. Nel momento in cui ha confessato a Shoyo di essere stato con Oikawa, è caduto a sua volta in una sorta di trance.
- Questa mattina … - inizia a biascicare, sgomento e la presa che Daichi ha sulla sua spalla si fa ancora più decisa mentre Suga gli sorride, con quel sorriso che lui non è mai riuscito a dedicare ai suoi compagni di squadra come avrebbe voluto.
- Ti abbiamo visto, sì. – e non serve dir altro. Tobio li fissa sofferente.
- Io … lasciate che vi spieghi … - come se ci fosse qualcosa da spiegare poi. Ma, per sua fortuna, Suga lo frena.
- Non ti devi giustificare con noi. Non siamo qui per questo. – lo rassicura, sorridendogli prima di portare lo sguardo verso il suo innamorato.
- Kageyama, siamo qui per darti il nostro aiuto, se ne hai bisogno. Anche solo per parlare, se e quando ne avrai voglia. – conclude quello che è stato, e che è tuttora il suo Capitano.
E i due si conquistano per l’ennesima volta la sua stima e il suo affetto.
- Grazie, ma non credo di meritarmelo. – bisbiglia contrito, abbassando lo sguardo a terra.
- Kageyama? – di nuovo Daichi lo chiama, usando quel suo tono, obbligandolo a riportare gli occhi su di lui – Non abbassare lo sguardo, mai. –
- Ha ragione Daichi, tutto si risalda. Dagli tempo. – lo rassicura Suga.
- Ci sono cose che neanche il tempo è in grado di risaldare. – bisbiglia.
A quell’ennesima replica, i due non possono far altro che scambiarsi una rapida occhiata, sospirando impercettibilmente. Sanno che devono mostrarsi saldi di fronte a lui, per non farlo cadere in quel momento di sconforto.
E Tobio sa, sa che ora è tutto nelle mani di Shoyo.
 
 
Continua …
 
 


Clau: Sera bella gente. Lunedì ho il primo concerto, sono in sclero. Aiuto. Quando scrivevo questo capitolo invece che provare i brani, andavo in paranoia. Quando provavo i brani invece che scrivere questo new chappy … eh, confesso che pensavo solo all’esecuzione dei brani hi hi hi
Kageyama: E un “chi se ne frega”, non ce lo metti?
Clau: Tobio, cattivo. Tra l’altro sto attendendo – da circa un mese, taci che son un’ottimista di natura altrimenti la darei per dispersa – la tua sacca che ho ordinato direttamente dal Japan^__^
Kageyama: Oh … davvero?
Clau: Certo.
Kageyama: Allora sei un po’ mia amica …
Clau: Anche se ti ho fatto far le maialate con Tooru (*ç*)?
Oikawa: Ya-hoo^^
Clau: Tobio-chan, perché hai la vena della tempia sinistra che pulsa^^’?
Oikawa: Forse perché non hai scritto per filo e per segno, con dovizia di particolari, le suddette maialate^__^
Clau: Ah, può essere …
Kageyama: >___<
Clau&Oikawa: Pft … AHAHAH ^/////^ Gomen, gomen Tobio-chan, ti stavamo prendendo in giro.
Oikawa: Comunque Clau, se vuoi qualcuno di divertentissimo da prendere in giro, posso presentartelo.
Iwa: Kusokawa, stai parlando di me per caso?
Oikawa: ^__^’
Clau: Iwa-chan, avrai mica la coda di paglia vero ^//^?
Iwa: Vi hanno separato alla nascita voi due deficienti?!
Clau&Oikawa: AHAHAH!!! 
Iwa: -____- Evidentemente sì ...  
 
 

 
 
*Daio–sama: Grande Re

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Capitolo 3
*** Le persone possono dubitare di ciò che dici ma crederanno a ciò che fai ***


Io non … Mi sto autodistruggendo di feels, non è da me T_T Piango e mi dispero.
Non potevo non introdurre la DaiSuga, che significa fluffosità al massimo per me.
Vabbè, scleri a parte (capirai che novità^//^): buona lettura e a risentirci nelle note finali.
 
 
 
 
“Le persone possono dubitare di ciò che dici ma crederanno a ciò che fai”
 


 
CAPITOLO 2
 

È bellissimo Suga. Daichi non riesce a smettere di guardarlo mentre dorme.
Ascolta la pioggia picchiettare persistentemente sui vetri, e lo guarda nella penombra della stanza.
Sono distesi uno di fronte all’altro, abbracciati – come ogni notte -, con le mani del suo adorato che gli circondano la schiena, come fa lui. E sente e segue il ritmo del suo respiro. È il suo calmante naturale. Suga è il suo calmante naturale. Sorride perfino nel sonno. E lui sorride di rimando, sentendosi inondare il cuore di felicità.
Non riesce a non spostare l’attenzione su quel neo sotto l’occhio sinistro così dannatamente sexy, che legato allo sguardo sempre dolcemente soave ed etereo di Suga è un mix micidiale che dovrebbe avere il porto d’armi per aver il permesso di circolare.
È la prima cosa di Sugawara che ha notato quando si sono conosciuti.
Ricorda perfettamente come la sua attenzione si fosse calamitata più di quanto educazione avrebbe consentito. E Suga aveva notato quell’occhiata attenta, curiosa e, d’istinto si era toccato il neo, come a volerlo nascondere, fissandolo negli occhi con aria interrogativa. Solo allora Daichi si era reso conto della sua indelicatezza e si era affrettato a spostare lo sguardo sugli occhi di Suga. Errore! Perché la combinazione letale degli occhi color ardesia di Koushi con quel neo a far da cornice, gli era stata fatale. Più e più volte nei giorni a venire, seduto in classe nella fila dietro alla sua in maniera diametralmente opposta, si era scoperto intento a osservare come l’alzatore si accarezzasse lievemente, sovrappensiero, quell’incantevole delizia.
Era a dir poco sensazionale. E quando si era reso conto che avrebbe desiderato che fossero le sue dita a poterlo sfiorare delicatamente, beh: era già troppo tardi. Si era già irrimediabilmente e perdutamente innamorato di lui.
Sorride Daichi a quei ricordi, perché ora non ha memoria di quante volte abbia sfiorato, baciato quel neo. Di come Suga gli abbia permesso di farlo.
Se lo ricorda come se fosse quel preciso istante il loro primo bacio, anche se ormai son passati anni.
Di ritorno da un allenamento ovviamente. Distesi su un tappeto d’erba, uno di fianco all’altro, ad ammirare il tramonto. Il cielo che si ricopriva di rosso. I loro sospiri al sincrono, mentre si chiedevano dentro di loro chi tra i due sarebbe riuscito a fare la prima mossa, con Sugawara che aveva fatto scivolare la mano fino a raggiungere la sua e poi erano scattati a sedere all’unisono, rischiando una clamorosa testata che li aveva fatti scoppiare a ridere. Era stato allora che lui gli aveva accarezzato il neo, dopo che le sue dita avevano seguito il profilo della sua guancia e Suga aveva socchiuso leggermente gli occhi, tirandolo delicatamente a sé per il lembo della maglia.
Sorride Daichi. Deve trattenere a stento una risata e gli viene un’idea. Sa che se Suga se ne accorge son guai, ma non riesce a resistere. Delicatamente si sfila dalla sua stretta e lo sente miagolare qualcosa nel sonno. Recupera il cellulare dal comodino a fianco.
Suga si sveglia di soprassalto a causa del flash del cellulare di Daichi.
- Daichi? – mugugna, spostandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio e lui sorride impercettibilmente, sentendosi in colpa per esser stato colto miseramente in fallo, con ancora il cellulare puntato su di lui. Era così delizioso che non ha saputo resistere! Doveva fargli una foto.
- Daichi! – ripete Suga, appoggiandosi sull’avambraccio, avendo capito quanto successo.
Ha un tono che si potrebbe dire di accusa, ma l’alzatore ha un animo così gentile che è praticamente impossibile che i suoi toni risultino sgarbati neanche se si mettesse d’impegno.
- Gomen, gomen amore … - tenta di difendersi lui ridendo piano – ma eri così bello … - sospira, mettendosi prono e fissando la foto, beccandosi una cuscinata da parte dell’altro, terribilmente in imbarazzo.
- Piantala! – lo ammonisce infatti.
Non si è mai considerato bello, sottovalutandosi - e non per finta modestia - come al solito, completamente inconsapevole delle occhiate di ammirazione da parte delle ragazze sia al Liceo, sia all’Università e le loro richieste, neanche tanto velate, di uscire insieme che stavano chiaramente ad indicare come anche loro gradissero. Di come tali richieste si fossero fatte ancora più pressanti nel momento in cui le suddette ragazze avevano imparato a conoscerlo e appurato che oltre all’aspetto piacevole, c’era dietro anche una persona caratterialmente incantevole. E gongolava Daichi, felice del fatto di come tutti si accorgessero di che razza di persona straordinaria fosse Sugawara Koushi.
E gli vien da ridere adesso, mentre lo osserva con il palmo della mano teso verso l’alto per farsi consegnare l’oggetto incriminato e poter così cancellare la foto, con ancora quell’aria dolcemente assonnata. Cosa che ovviamente non fa, Daichi. Non ha proprio nessuna intenzione che quella foto venga cancellata.
- Non ci pensare neanche – si diverte a prenderlo in giro - La terrò per i momenti in cui non siamo insieme e sentirti comunque vicino a me. –
- Daichi! – lo rimprovera, sempre più in imbarazzo, mettendosi a sedere, muovendosi verso di lui per finirgli rovinosamente sopra.
Ora sono schiacciati l’uno contro l’altro, con il fiato che solletica l’uno il collo dell’altro e scoppiano a ridere entrambi dopo essersi fissati negli occhi, abbracciandosi stretti stretti.
- La cancello solo se ne facciamo una insieme. – gli propone e Suga sospira rumorosamente, gonfiando appena le guance in segno di diniego, ma poi alla fine si arrende. Si distendono uno al fianco dell’altro fissando verso l’obiettivo e nel momento in cui sta per scattare, Daichi lo prende in contropiede. Volta appena il viso e gli stampa un sonoro bacio sulla guancia che, colto alla sprovvista, lo fa ridere di cuore.
E il sorriso di Suga che si riflette nella foto scattata, è la cosa più bella e più preziosa che Daichi possa desiderare e ringrazia ogni giorno la Vita per averglielo donato.
È il sorriso che l’ha fatto innamorare.
È il sorriso che la gente non può far a meno di adorare.
 
 
 
Tobio non è rientrato subito a casa, la loro casa. È stato un po’ in giro. A riflettere. A pensare, e nel momento in cui la notte ha continuato ad avanzare, si è finalmente deciso a rientrare. Se ha tardato a farlo non è stato per codardia, ma perché dà per scontato che Shoyo non lo voglia vedere e quindi ha atteso il più possibile di rientrare in casa per recuperar le sue cose e trasferirsi non sa bene neanche lui dove.
E invece Shoyo è ancora sveglio, ancora alzato. Lo trova seduto sul divano, il cuscino abbracciato in grembo, immerso nell’oscurità a fissar fuori dalla finestra come le gocce di pioggia scivolino sui vetri.
Gira appena la testa di lato quando vede la porta d’ingresso aprirsi e Tobio non si aspetta di certo di trovarselo lì. Sgrana gli occhi per la sorpresa e, come sempre accadde, si perdono l’uno negli occhi dell’altro.
- Tadaima* - mormora d’istinto.
- Okaeri* - bisbiglia Hinata, sorridendo tristemente, poggiando i piedi nudi per terra e alzandosi dal divano.
- Sono venuto a recuperare qualche vestito. Me ne vado subito. – si affretta a precisare, ancora sulla soglia, con i vestiti che gocciolano e Shoyo piega la testa interrogativo nel momento in cui gli è di fronte.
- Non te ne devi andare. Questa è comunque anche casa tua. – lo rassicura il piccoletto, porgendogli l’asciugamano che ha recuperato dal bagno lì a fianco.
E Tobio si sente sempre più male, sempre più in colpa. Preferirebbe che urlasse, che lo prendesse a pugni, ma il suo Shoyo non è così. È uno che guarda sempre avanti, che non si abbatte mai.
Sospira mentre prende l’asciugamano che gli sta porgendo.
- Dormo in divano. – specifica, decidendosi finalmente ad entrare.
- Sì, credo sia meglio. – asserisce l’altro tristemente, scostandosi di lato e quel silenzio tra loro, pesa come un macigno sul cuore di entrambi.
Sono tante le domande che Shoyo vorrebbe fargli, ma è ancora su quella benedetta centrifuga lanciata a mille all’ora e non riesce a capire da che parte girarsi e allora l’unica cosa che fa – come un animale ferito – è quella di rannicchiarsi, tirandosi le gambe al petto nel momento in cui si siede nuovamente. Sa che l’unica cosa che potrebbe farlo stare bene è, per assurdo, rifugiarsi tra le braccia di Tobio.
- Tobio, tu mi ami? – è l’unica cosa che gli chiede, sussurrando con un tono di voce che non è propriamente il suo.
E lui si gira di scatto, mentre si sta infilando una maglia calda e asciutta. Lo fissa ad occhi sgranati, sentendosi morire. Vorrebbe scaraventarsi ai suoi piedi, strapparsi il cuore dal petto e darglielo.
- Sì. Sì che ti amo. – gli risponde, portandosi davanti a lui e accovacciandosi fino ad incontrare i suoi occhi color caramello.
- E vuoi ancora stare con me? Stai bene con me? –
È più che legittima questa domanda. Se Tobio ha avvertito il desiderio di andare a letto con Oikawa molto probabile che abbia sentito una mancanza nel loro rapporto.
- Certo. Certo Shoyo che sto bene con te e voglio continuare a stare con te. –
- Ti … ti manca qualcosa? – chiede titubante.
- No! No … - sospira, decidendosi finalmente ad abbracciarlo. Abbraccio che viene immediatamente ricambiato, come due naufraghi in mezzo alla peggiore delle tempeste, quando non si vede via di fuga alcuna – Non ti dare colpe che non hai, ti prego. Tu non mi fa mancare niente, mai. Sono io ad aver sbagliato. –
Nel momento in cui sciolgono l’abbraccio, si fissano nuovamente negli occhi.
- Sai Tobio, da quando ci siamo messi insieme, ho sempre atteso che questa cosa capitasse … - confessa con un mezzo sorriso e lui sgrana gli occhi, aprendo la bocca per parlare ma un dito dell’altro posato sulle labbra lo fa zittire – Non lo so … quando vi vedevo insieme e percepivo tutta la carica adrenalinica che sprigionavate, era come se percepissi che tra voi due solo così si sarebbe chiuso un cerchio. – fa fatica a spiegarsi. C’è un attimo di silenzio e poi riprende a parlare.
- Non è facile da accettare sai … - gli confessa con un mezzo sorriso – è come se mi sentissi tradito da tutti e due … -
E Tobio si sente morire sempre di più.
- Perdonami … - riesce solo a bisbigliare afflitto, portando lo sguardo a terra, lontano dagli occhi del suo adorato amore.
- … e non perché temo che possa succedere di nuovo … - le ultime parole di Shoyo si perdono in un mormorio, mentre sposta anche lui lo sguardo. Nuovamente verso la pioggia che continua a scrosciare.
- Lo ami? – riesce a chiedergli alla fine e lui porta di nuovo l’attenzione degli occhi blu sui suoi.
Se l’è posta anche lui quella domanda.
- No.  – risponde semplicemente. Sinceramente. – Provo una grande ammirazione, un grande rispetto e, sì, hai ragione: una grande ossessione nei suoi confronti. Oikawa-san è sempre stato un passo in avanti rispetto a me, ed io … ed io quello che ho sempre desiderato più di tutto, è che lui mi accettasse, che mi riconoscesse come avversario, come alleato …  Non mi son mai reso conto che inconsciamente avrei fatto qualsiasi cosa perché questo avvenisse. Qualsiasi cosa … per soddisfare e mettere a tacere questa mia ossessione … –
Ed è di nuovo silenzio.
- Beh, facciamoci una bella dormita và. – cerca di scherzare Hinata. Buttare le cose in ridere, anche le cose più tragiche, è una delle sue specialità.
Ma quanta tristezza in quel sorriso.
Quanta tristezza nell’essere nel loro letto da solo. Sente che qualcosa dentro di lui è stato strappato via a forza.
 
 
Nei giorni successivi lo stato di apparente normalità con la quale Shoyo si sforza di continuare la vita di tutti i giorni appare a Daichi e Suga – e allo stesso Tobio – come uno sforzo di impresa titanica per quelle esili spalle.
Lui, invece, è dell’umore più nero, tanto che perfino Tsukishima – mosso a chissà quale pietà – evita di tormentarlo più del dovuto.
La pallavolo è la sua salvezza, perché quando gioca non riesce a pensare ad altro. Non riesce a concentrarsi se non sulla palla. E quando capita, durante gli allenamenti, che d’istinto fa le sue alzate veloci a Shoyo e questi poi, altrettanto d’istinto, si gira a guardarlo e gli sorride con il suo solito sorriso vero, non quello con il quale si sforza di dirsi che va tutto bene, per un attimo sembra che tutto sia tornato alla normalità. Ma è solo questione di un attimo appunto. Nel momento in cui si fissano più del dovuto, ecco che la pesante realtà cala su di loro.
Anche a casa, cercano di restarci il meno possibile e lui continua a dormire sul divano. Non si sente ancora in dovere o in diritto di varcare la soglia della loro camera. E quella situazione lo sta lentamente uccidendo.
 
 
Sta di nuovo piovendo. La breve tregua dei giorni precedenti con un gelido vento che aveva spazzato via le nubi, è cessata.
Koushi sta rientrando a casa da solo, dato che Daichi si è dovuto fermare nell’ufficio del professore preposto all’orientamento degli studenti dell’ultimo anno di corso per decidere come proseguire. Se con un Master, una borsa di studio o un’ulteriore specializzazione.
Sta tornando indietro a piedi perché semplicemente adora il rumore della pioggia che si infrange sull’ombrello.
Lo vede. Vede Hinata fermo davanti ad un negozio di elettronica. Lo sguardo fisso verso un televisore acceso al di là della vetrina, incurante della pioggia che lo lava.
Impensierito, si avvicina lentamente per vedere cosa abbia rapito così tanto la sua attenzione. Tanto da avergli tolto il sorriso sulle labbra.
Ma sa già, Koushi, cosa vedrà in quello schermo …
Infatti, come si aspetta, la televisione sta trasmettendo una delle prime partite del Torneo al quale anche loro partecipano. E il primo piano che la televisione rimanda è quello di Oikawa Tooru sulla linea di bordo campo, pronto alla sua micidiale battuta.
Si sente impotente di fronte al Grande Re, Shoyo. Teme che, se Oikawa volesse Tobio per sé, potrebbe portarglielo via. Quello che ignora in quel momento è che se Tooru non ci ha mai provato, primo è perché Tobio non l’avrebbe mai permesso. Secondo perché prova sincero affetto nei suoi confronti e rispetto per il loro amore.
Sospira Suga. Butta fuori l’aria.
Shoyo si accorge giusto quell’attimo in ritardo che la pioggia non gli sta più martellando la testa. Qualcuno l’ha coperto con un ombrello. Sposta lo sguardo verso l’alto e incrocia lo sguardo sorridente del loro alzatore.
- Sugawara-san … - bisbiglia. Poi si risveglia dal suo torpore e scoppia a ridere, perché miseramente colto in fallo.
- Sai, Sugawara-san, mi chiedevo se potrei mai anch’io tentare una battuta al salto come quelle del Grande Re. – ride, e a Suga fa una tenerezza incredibile. Gli scompiglia teneramente i capelli.
- Hinata, non serve che ti sforzi di sorridere quando sei con me. – gli sussurra teneramente.
Lui, che più di tutti sa quanto sia essenziale sforzarsi di sorridere per non esser di peso agli altri. Per non dar loro pensiero o affanni.
- Anche se per una volta non sorridi e piangi, va tutto bene. Questo non vuol dire che tu non stia affrontando le cose. Non è che ignorando il dolore, questo se ne va. Devi permettergli di esplodere dentro di te. -
Gli sta offrendo un varco. Gli sta aprendo un argine.
E Shoyo non stava aspettando altro. Non aspettava altro che qualcuno gli dicesse che può piangere. Che può sfogarsi. Che va comunque tutto bene.
- Sugawar … - riesce a malapena a mormorare, prima di sentire quelle lacrime che ha cacciato e ricacciato indietro sgorgare liberatorie.
E Suga è lì, pronto per lui. Lo attira a sé, abbracciandolo e sente, sente quanto quel piccolo corvetto si stia aggrappando a lui a forza, sfogando quelle lacrime trattenute troppo a lungo.
- Va tutto bene … - continua a ripetergli, come un mantra, per tranquillizzarlo.
- E dire che devo compiere solo una scelta … sola una … decidere se andare avanti o meno … -
- Hinata – lo richiama con tono fermo, sempre sentendolo singhiozzare – sei davvero disposto a buttare via tutto, a rinunciare alla vostra vita insieme, per qualcosa che appartiene al passato? Subire un tradimento è un grave peso per l’anima, e perdonarlo è una grande prova di coraggio e di grandezza di spirito. Ma se sei sicuro del vostro amore, se credi in Kageyama, allora guarda avanti. E poi, dentro di te, hai già preso la tua decisione. –
Sospirano entrambi. Pensano.
Suga sa che se capitasse a lui, non sarebbe disposto a rinunciare a Daichi, al loro amore, così in fretta, per quanto male il tradimento possa fare. Sa che se avesse la certezza che Daichi fosse ancora sinceramente innamorato di lui, allora nel loro amore continuerebbe a crederci.
Ci mette un bel po’ di minuti, Shoyo, ma finalmente si sta sfogando. Di tutta la rabbia, di tutta l’incredulità, di tutto il dolore che ha trattenuto, per dirsi a se stesso che andava comunque tutto bene, sperando che le cose si rimettessero in carreggiata da sole.
Adesso, solo adesso, dopo che ha pianto ogni lacrima sulla spalla del suo angelo custode, è davvero in grado di ripartire. Di riguardare avanti.
E Suga adesso riconosce il vero sorriso di Hinata. Ora il suo sorriso è vero.
Sorride di rimando, sentendosi sollevato a sua volta. E quando arrivano alla volta di casa sua, nel momento in cui gli cede l’ombrello per il tragitto che a Shoyo manca per arrivare al suo appartamento, questi si volta e scoppia a ridere di cuore, dicendogli che non c’è problema, che farà una corsa fino a casa.
Lo guarda, Koushi, prendere la cacciata. Ora è ritornato il loro solito tornado.
 
Si è appena asciugato alla bene e meglio, ed ora mette l’acqua a scaldare per trovar ulteriore conforto di calore in una bella tazza di the bollente.
Suonano il campanello e lui, al solito, sente un tuffo al cuore, mentre si precipita ad aprire.
- Amore, hai fatto prest … - esclama ridente mentre apre, per poi bloccarsi di colpo - Kageyama? –
L’altro alzatore lo fissa, con una muta richiesta di aiuto e lui si scosta appena di lato per permettergli di entrare.
 
Lo sa benissimo Suga, che Tobio non è proprio per niente bravo con le parole. Figurarsi ad esprimere ciò che gli si agita dentro. Fa una vera e propria impresa maieutica quindi Koushi. E quando offre un varco anche a lui, Kageyama è un fiume in piena. Non si ferma più, tanto che quando Daichi rientra, neanche sentono la porta che si apre.
- Micetto, sono a casa! – esordisce felice il Capitano e i due alzatori si fissano di colpo negli occhi.
“ Micetto!?” si chiede interdetto Tobio. Ok che anche Shoyo gli affibbia nomi e nomignoli vari, ma … ma Micetto …
“ L’ha sicuramente sentito!” pensa invece Suga, sforzandosi di sorridere mentre il suo unico pensiero è quello di scavarsi una fossa e sotterarvisi dentro per l’imbarazzo. E prima che il suo adorato amore, che ancora non si è reso conto di aver ospiti in casa nonostante le scarpe di Tobio all’ingresso, se ne esca con qualcos’altro di altrettanto imbarazzante, Koushi lo allerta.
- Ciao Daichi, Kageyama è passato a trovarci. – esclama ridente.
- Kageyam … - si interroga basito, seduto in entrata intento a levarsi le scarpe fischiettando, e si riprende in un attimo. – Ah, benvenuto. –
Non fa nemmeno in tempo, Daichi, a varcare la soglia del piccolo salottino che si trova subito dopo l’entrata, che Tobio è già in piedi, pronto ad andarsene, sentendo di aver approfittato anche troppo della gentilezza e del tempo dei suoi due senpai.
- Resta Kageyama, resta. – lo blocca però Daichi, posandogli una mano sulla spalla e rimettendolo seduto, con quella leggera presa che non ammette repliche.
Lancia un’occhiata di chiarificazione veloce con il suo adorato amore, che gli comunica con lo sguardo che è tutto a posto.
- Kageyama, potresti fermati qui a cena da noi. – gli propone Suga – Anzi: potresti anche darci una mano a preparare da mangiare. – propone, sapendo come il cucinare calmi i nervi.
- Ottima idea. – gli dà manforte Daichi, sollevandosi le maniche, già pronto a passare ai fornelli.
- Ma … - cerca di obiettare lui, osservando come i due si siano mossi al sincrono, quasi accerchiandolo.
- Anzi, Daichi: io direi che potremmo invitare anche Hinata a cucinare insieme a noi e a cena. – propone, come se fosse la cosa più normale del mondo.
Koushi pensa che ci voglia una spintarella per quei due testoni, per farli riavvicinare concretamente.
Si volta a fissarlo scioccato, Tobio. Sgrana gli occhi, ma l’occhiata che l’altro alzatore gli rimanda, sta chiaramente ad indicare che va tutto bene, che sa quel che fa.
Anche Daichi ha sollevato lo sguardo verso di lui, interdetto, ma è solo questione di un attimo. Si fida di Suga. Ciecamente.
E Shoyo, manco a dirlo, arriva di corsa e si mette alacremente al lavoro, con uno spirito nuovo. Una forza ritrovata. Una tranquillità quasi nuovamente raggiunta.
 
- Daichi, smettila di terrorizzarli. – sussurra Suga al suo compagno, ammonendolo, mentre loro due sono intenti a lavar le verdure dopo che il Capitano ha intimato – proprio come ai vecchi tempi del Liceo – agli altri due di far meno casino.
- Non li sto terrorizzando, semplicemente sono terribilmente a disagio. Non so come comportarmi per non metterli in imbarazzo. – confessa, bisbigliando appena anche lui, in maniera tale che gli altri due non lo sentano. Ma tanto, Tobio e Shoyo, sono così intenti ad urlarsi contro come fanno di solito quando eseguono le cose in maniera differente l’uno dall’altro, che non lo sentirebbero neanche se stesse facendo un comunicato stampa.
- Ma non devi. Va tutto bene, e poi ci sono io con te. Fidati di me. -
- Come sempre, Suga. – è la dolce replica, mentre mette ad asciugare le verdure e gli ruba un bacio a fior di labbra.
E tutti e tre sembrano aggrapparsi a Koushi durante quelle ore, perché è lui – con la sua calma e la sua seraficità – che porta la situazione alla normalità. E l’atmosfera si scioglie. Si stende. Daichi gli dà manforte, seguendolo nel cammino che ha tracciato quella sera. Shoyo – agli occhi increduli di Daichi e Tobio – è nuovamente il solito furetto frizzante. E Tobio, beh: Tobio smette di torturarsi a cercar di capire cosa possa esser successo e, dopo giorni, si rilassa finalmente.
L’ombra di quanto fatto e di Oikawa Tooru sembra sul punto di dissiparsi. Se solo sapesse, in quel momento, che sarà proprio il Grande Re a farla dissolvere del tutto …
 
 
- Hai notato che il Capitano si rivolgeva a Sugawara-san chiamandolo “Micetto”? – gli chiede Shoyo, mentre stanno rientrando verso il loro appartamento, deliziato da quel piccolo momento di dolce intimità rubato agli altri due.
- Sì. – deve ammettere lui, abbassando leggermente il capo per nascondere il sorriso, per poi alzare gli occhi al cielo e vederlo finalmente sgombro di nubi. Le stelle brillano glaciali.
- Hum … - prosegue dubbioso Hinata - … ero sul punto di chiedere a Sugawara-san come si rivolga lui invece al Capitano. – confessa e Tobio esplode in una piccola risata.
- Conoscendoti, mi sorprendo che tu non l’abbia fatto. –
E Shoyo, colto in castagna, scoppia a ridere, sinceramente divertito.
- Già! –
Ride ancora mentre, inconsciamente, allunga una mano verso la sua ed è solo nel momento in cui le dita si intrecciano le une con le altre, che si rendono conto di quel gesto.
Deglutiscono entrambi a vuoto.
- Scusami … - mormora il piccoletto, sciogliendo la presa – Io non me la sento ancora … - si scusa.
- No, va tutto bene. – lo rassicura Tobio.
Lo capisce. Al suo posto avrebbe fatto la stessa cosa. Ristabilire un contatto fisico, intimo, non è semplice. Perché non è semplice dimenticare che quel corpo, anche se solo per un’unica volta, è appartenuto ad un altro.
C’è ancora un’ultima cosa da sistemare e siccome si sa, il Fato ha più fantasia di noi, è proprio il Destino che si mette in mezzo.
 
Il giorno dopo, Shoyo si trova nel negozio di musica più grande della città. Lontano dal loro appartamento. Lontano da tutto e da tutti. Eppure lo trova proprio lì …
Sta cercando il regalo di compleanno per Tobio, ed è andato diretto verso lo scaffale dove fanno bella mostra di sé i cd ancora freschi di imballaggio del suo gruppo preferito.
In sette piani di negozio, è proprio un tiro maligno del Fato fargli trovare proprio lì il Grande Re.
Tooru, con le cuffie sulle orecchie, intento ad ascoltare proprio quel cd, è immerso nella musica, completamente ignaro delle occhiate fameliche delle ragazze che gli stanno gironzolando attorno.
- Daio-sama … - bisbiglia in trance, osservando quel profilo praticamente perfetto, quel naso dritto e regolare, le labbra che canticchiano sottovoce il testo della melodia, gli occhi ambrati leggermente socchiusi.
Si gira, Tooru, giusto nel momento in cui lui ha mosso un passo indietro.
- Chibi-chan … - esclama sorpreso, sgranando gli occhi, per poi sorridergli.
 
 
Continua …
 


Clau: Ciaossu^^ Voi penserete che non abbia una cippa lippa di niente da fare, visto che son già qui con il terzo chappy …
Iwa: Sì, infatti.
Clau: Bleeeehhhhh :P E invece: ne ho di cose da fare miseriaccia! Tipo per esempio anche il 5° capitolo della mia long su ragazzuoli di Reborn ^^ Ma quando mi prende una fissa per una fic, son spacciata, non riesco più a liberarmene.
Gokudera: Ma no Clau, tu resta pure qui eh.
Tobio: Ohi, bello: riprenditela invece e riportatela nel vostro fandom.
Clau: Goku, sei venuto veramente a prendermi? Piango dalla felicità.
Gokudera: No, ovviamente. Son venuto ad assicurarmi che tu resti di qua per sempre.
Yama: Yo^^
Clau: Takeshino lovelove, anche tu qui*ç*?
Yama: Che si dice?
Tooru: Yahoo^_^
Clau: Oh mamma, voi due insieme *ç*. Portatemi qua anche Dino e posso morire in pace.
Dino: Buondì^_^
Clau: *ç* Io … io muoro …
Goku&Iwa: Finalmente.
Tooru: Iwa-chan, e poi saremmo io e la Clau ad esser stati separati dalla nascita.
Iwa: Crepa Kusokawa.
Yama: Ahahah^///^
Goku: Cosa ridi idiota fissato del baseball?!
Tooru: Come volevasi dimostrare ….
Yama: Già.
Clau: *ç*
 

 

*Tadaima: sono a casa
*Okaeri: bentornato

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Capitolo 4
*** “Che tu creda di farcela o di non farcela avrai comunque ragione” ***


Ok, io vi avviso che in quest’ultimo chappy sto per fare un crack-paring che credo verrò bandita da Efp, hum … diciamo per sempre ^///^ (Comunque non penso di essere l’unica che li shippi! Ma dai, son così dannatamente so hot tutti e due, che non è possibile non immaginarseli insieme, anche se penso che non si incontrino mai in realtà) Tonikaku, in primis: non incolpate Toorulove. Non è colpa sua se è così schifosamente sexy.
In secondo luogo: non lapidatemi^^’
Ultimo capitolo, quindi, come dicevo poc’anzi. Grazie a tutti voi che avete seguito. Anche Voi lettori silenti <3
Grazie ancora una volta a Maki <3 e, mi dispiace per voi, ma ci rivedremo sicuramente presto. Hi hi
 
 
 
“Che tu creda di farcela o di non farcela avrai comunque ragione”
 

 
CAPITOLO 3
 
Sorride di riflesso Shoyo. Impossibile non restar coinvolti dal sorriso di Tooru.
È un sorriso impacciato, tuttavia, e fa per andarsene, ma l’altro lo ferma.
- Chibi-chan, prendiamoci un the insieme. – lo prega Oikawa, vedendo chiaramente nello sguardo dell’altro che vorrebbe esser mille miglia da lì.
In quei giorni ha pensato molto a loro due. A domandarsi come se la stessero cavando. Come stesse andando.
- Io devo andare. – bisbiglia il corvetto. Non saprebbe veramente cosa dire. Cosa fare. Oltretutto lui non è uno portato alla rissa o alle maniere forti. Se fosse stato come Tanaka, adesso di certo il bel faccino del Grande Re si troverebbe con un bell’occhio nero. Se fosse uno pungente come Tsukishima, starebbe ironizzando malignamente. Ma Shoyo non è né l’uno né l’altro, e l’unica cosa che sta pensando in quegli instanti è che non permetterà mai a Oikawa Tooru di portargli via il suo Tobio.
- Devo andare … - bisbiglia nuovamente, ma Tooru è veloce e gli appoggia delicatamente una mano sulla spalla.
- Per favore. – lo invita in un mormorio fermo, incatenandolo ai suoi occhi e al suo sguardo enigmatico.
Deglutisce a fatica, Shoyo, e nel giro di due minuti si ritrovano nella caffetteria posta al secondo piano.
- Come stai? – gli chiede Tooru, sinceramente interessato.
“Male” vorrebbe rispondergli “grazie a te” ma non lo fa. Primo perché il Grande Re gli sembra veramente preoccupato. Secondo perché lo sta affrontando a viso aperto. Cosa così da lui tra l’altro. Non è uno che si nasconde dietro sotterfugi, è un grande condottiero Oikawa Tooru, non glielo si può negare.
Non risponde quindi, muovendosi a disagio sulla sedia, grato alla ragazza che porta al tavolo le loro consumazioni - e se ne va solo dopo aver letteralmente divorato con gli occhi l’alzatore - perché è riuscita a spezzare la tensione. Ma Tooru riparte all’attacco. Lo fissa da sopra la tazza che ha portato alle labbra e Shoyo si fa una violenza incredibile per non immaginarsi, o chiedersi, se è stato con quello stesso sguardo che ha guardato Tobio – il SUO Tobio – per tutto il tempo mentre si trovavano a letto insieme.
Non è in grado di affrontare una sorta di partita a scacchi con uno come lui, perché l’altro può rigirarselo come vuole, con la sua scaltrezza, la sua furbizia ... L’unica cosa, l’unica domanda che continua a girargli dentro la testa è una sola: “Perché?” Non sa che Tooru, invece, si è posto in quella chiacchierata in modo del tutto sincero e limpido.
- Quanto mi odi Chibi-chan, in una scala da uno a dieci? – domanda Tooru con tono scherzoso ma serio, sorridendogli.
- Non ti odio. – gli risponde sincero e il Grande Re sgrana gli occhi sorpreso, poggiando la tazza al tavolo.
- Dovresti. – bisbiglia, perdendo lo sguardo nel vuoto per poi sporgersi verso di lui – Io al tuo posto, mi odierei. -
E si vagliano con gli occhi e la solennità che Tooru vede nello sguardo dell’altro è qualcosa che lo lascia senza parole, come al solito.
- Lui ti ama, questo lo sai, vero? – gli ricorda il micidiale alzatore. Tenta di capire com’è la situazione tra loro due, giusto per vedere quanto può essere in qualche modo d’aiuto.
- Lo so. – replica Shoyo – E tu? – lo becca.
Tooru sgrana gli occhi, stupendosi dell’audacia della domanda.
- Perché me lo chiedi? – tenta di guadagnar tempo.
- Non rispondere con una domanda a un’altra domanda. – lo picca, divertito in verità e Tooru scoppia a ridere per esser stato colto in flagranza di reato.
- Che differenza può fare Chibi-chan? Lui è te che ama, in ogni caso. – gli ricorda.
- Io per Tobio son disposto ad affrontare qualsiasi battaglia. – replica il piccolo corvetto rosso, che si fa improvvisamente serio, facendogli capire che non è disposto a cederglielo in nessuna maniera.
E, di nuovo, Tooru resta senza fiato di fronte a tanta solennità.
- E allora sappi che questa battaglia tu l’hai già vinta, Chibi-chan – si fa serio a sua volta. Ora gioca a carte scoperte – Hai pensato di lasciarlo? – lo incalza, sporgendosi di nuovo verso di lui. E non gli dà tregua, nemmeno nel momento in cui lo vede abbassare mestamente gli occhi a terra.
- Allora: hai pensato di lasciarlo? Di buttare tutto all’aria? –
- No … - ammette sinceramente, riportando gli occhi sui suoi e lo vede sorridere soddisfatto.
- Lo spero bene! – replica divertito – Temevi che me lo sarei venuto a prendere? – lo prende in giro bonariamente, beccandosi un’occhiataccia di biasimo che lo fa scoppiare a ridere.
- E quindi Chibi-chan, spiegami un po’: cosa ci stai facendo qui invece che essere a far la pace con lui? –
- C-chi ti dice che non abbiamo già fatto pace? – tenta di tenergli testa e il sorriso sghembo che gli dedica Tooru gli fa voltare lo sguardo di lato, indispettito.
- Perché io ho la pessima caratteristica di scrutare negli occhi della gente, e i tuoi sono quelli di una persona scissa dentro. Ti stai chiedendo quanto tempo devi far passare, vero? Ti stai chiedendo dentro di te come sia possibile che anche di fronte ad una cosa del genere, tu non abbia avuto nessun dubbio sull’amore che vi lega. Sull’amore che lui ha verso di te. Che tu hai verso di lui, no? Sul fatto che comunque non ti importa che lui sia stato con me, perché è solo Tobio che vuoi al tuo fianco nella vita e per la vita; che non hai nessun dubbio su di voi. Che stai semplicemente impazzendo a non poterlo toccare e avere, e se non ti sei permesso ancora di farlo è perché temi che ora potrebbe essere tutto diverso. –
E Shoyo sospira.
- Sei un demonio! – lo picca Hinata, deliziosamente imbronciato. E Tooru, di nuovo, scoppia nella sua risata cristallina. Deve ammettere però, Shoyo, che quella chiacchierata inaspettata lo sta aiutando molto. Perché lo sta mettendo davanti a se stesso, senza veli.
- Tu lo ami. Lui ti ama. Punto, fine. Cos’altro conta? Se ti può far star meglio, addossa pure tutte le colpe su di me. – dice serenamente, e si becca l’ennesima occhiata di rimprovero.
- Son qui per prendergli il regalo di compleanno. – sussurra Shoyo e il sorriso di Tooru si addolcisce. È l’ammissione che, senza l’altro, il Chibi-chan non può neanche immaginarsi di vivere. Il duo-micidiale, come li ha sempre soprannominati. Nel campo e nella vita.
- Però … - bisbiglia l’alzatore sibillino nel momento in cui si stanno alzando dal tavolo - … sarei un bugiardo se non ammettessi che se tornassi indietro, io lo rifarei di nuovo. – si diverte a punzecchiarlo e nel momento in cui lo vede deglutire a fatica, scoppia a ridere.
- Ma Tobio-chan non lo permetterebbe mai più. – lo rassicura, addolcendo il sorriso.
- Daio-sama, non ti addossare tutta la colpa, eravate comunque in due. – replica Shoyo, ma con tono sereno e tranquillo. Tobio ha sempre ammesso la sua colpa, non ha mai tentato di addossarla tutta ad Oikawa.
E Tooru fa qualcosa che Shoyo mai avrebbe pensato che il Grande Re fosse in grado di fare.
Gli passa una mano tra i capelli arruffati, scompigliandoglieli ulteriormente. E Oikawa, in quel momento, in quel gesto, si conquista tutto il suo affetto.
- State bene insieme Chibi-chan. – si accomiata Tooru nel momento in cui le porte dell’ascensore si chiudono davanti al piccoletto, dopo che si sono salutati. E una volta che si ritrova da solo all’interno dell’abitacolo, abbandona il sorriso e appoggia la testa alla parete, ritrovando il suo sguardo nello specchio sopra di sé.
- Chissà … - finalmente risponde alla domanda che Shoyo gli ha posto e alla quale lui è sfuggito mellifluamente.
Si chiede, Tooru, vedendo l’amore viscerale che lega Tobio al Chibi-chan, se lui abbia mai davvero assaporato le gioie e i dolori dell’innamoramento, o se la sua era semplicemente un’idea dell’essere innamorati.
 
 

 
QUALCHE ORA PIU’ TARDI
 
 
Tooru sta chiudendo a chiave la porta dello spogliatoio del Club di Pallavolo. Solite seccature da Capitano. Di solito riesce sempre a trovare qualcuno che lo fa al posto suo, ma essendo Venerdì sera si son dati tutti alla fuga. Perfino Iwaizumi si è dato alla macchia, dopo avergli sciorinato la solita sequela di insulti con lanci di bottigliette a suo danno.
Sospira appena, sostituendo immediatamente al sospiro un leggero canticchiare a bocca chiusa, non accorgendosi minimamente di quanto questo suo cambiamento veloce di umore – dallo sconsolato all’allegro – stia divertendo colui il quale lo sta attendendo, appoggiato – braccia conserte – al tronco di un albero.
Non è uno che si abbatte, Oikawa Tooru, ha il grande dono di farsi scivolare le cose addosso, guardando subito un passo in avanti, certo è che quella situazione assurda, al limite del surreale, gli lascia un po’ di amaro in bocca. Se pensa poi che sarà sicuramente “grazie” alla sua chiacchierata col Chibi-chan che quei due si saranno riconciliati, ed ora si staranno magari felicemente rotolando tra le lenzuola, beh: solo a uno come Oikawa Tooru può venir da ridere e autocanzonarsi.
- Bel lavoro Tooru. – si prende in giro, ridacchiando mentre si infila il cappello in testa visto che la temperatura è scesa sotto allo zero.
Ed è solo allora che chi lo stava attendendo pazientemente, come un gatto attende pazientemente la sua preda dopo averla osservata, richiama la sua attenzione.
- Oikawa? –
 Tooru si gira verso quel richiamo, sorpreso.
- Kuroo-chan – sorride poi, riprendensosi immediatamente. Non è facile da cogliere di sorpresa.
– Hai dimenticato qualcosa dentro? – gli chiede, indicandogli le chiavi.
- No. – risponde placido e sornione l’ex capitano Nekoma, con il quale gioca nella stessa squadra da quando hanno iniziato l’Università, sfoderando il suo sorriso sghembo sfrontato e adorabilmente insolente – Ti stavo semplicemente aspettando. – spiega, avvicinandosi a lui con calma, sistemandosi la sacca in spalla.
Non è facile da sorprendere Oikawa Tooru, ma quella confessione da parte del suo compagno di squadra lo lascia spiazzato per un attimo. Ma è solo questione di un attimo appunto. Si riprende immediatamente, Tooru, e si volta a guardarlo, non lasciandogli intuire la sua sorpresa, ricambiando il sorrisetto e attendendo. Non sarà di certo lui ad aggiungere alcunché. Vuol vedere dove sarà l’altro a spingersi.
Fin da quando si sono conosciuti, tre anni prima, sono sempre andati estremamente d’accordo. Caratteri per alcuni versi troppo simili per non trovarsi. Kuroo è sempre stato affascinato dal fatto che in vita sua, l’unico in grado di tenergli testa in merito alle sue freddure e ai suoi modi sardonici sia Tooru.
- Ci andiamo a fare una birretta insieme? – gli sciolina alla fine Kuroo, diretto e risoluto.
E Tooru è bravo a nascondersi dietro al suo essere ironico. Non sa quali siano le sue intenzioni, ma vuole evitare il più possibile di andarsi ad infilare in altri casini sentimentali. Può affermare di conoscere sufficientemente bene Kuroo dal punto di vista caratteriale, ma non sa poi così tanto della sua vita privata. Entrambi, pur essendo due sempre al centro dell’attenzione, tengono un riserbo sconvolgente su quella che è la loro vita privata.
- Oh, conosco come vanno a finire le tue bevute Kuroo-chan. – ironizza. È la sua maniera di difendersi.  – Poi, chi sarà abbastanza sano da riuscir ad accompagnare a casa chi? –
Ma l’altro non demorde e sfodera a sua volta l’ironia.
- Hum, non sottovalutare la tua resistenza Oikawa. E nemmeno la mia. – gli intima ridacchiando, ma il suo sguardo è maledettamente serio, per poi scoppiare a ridere e proseguire a parlare.
- Dai, andiamo. Il primo giro lo offro io. – conclude, facendogli un amichevole cenno con il capo, atto ad invitarlo a seguirlo e Tooru scuote la testa divertito, per poi recuperare la sua sacca da terra e incamminarsi a sua volta.
 
 
NEGLI STESSI ISTANTI …
 
 
Lo sente arrivare furtivamente dalla camera. Apre gli occhi che erano socchiusi fino ad un istante prima. Disteso di lato, un braccio sotto la testa. Neanche conta più quante sono le notti che passa insonne su quel divano, dato che restar svegli è sicuramente meglio di quegli incubi che arrivano a tormentarlo nel dormiveglia.
È la prima volta, in quei lunghissimi giorni – e quelle lunghissime notti -, che Shoyo varca la soglia di quella che è comunque la loro camera e si spinge fino al salotto attiguo. Ha sempre evitato di farlo in quelle sere, anche se è uno che la notte si alza un’infinità di volte tra una cosa e un’altra.
- Shoyo … - bisbiglia appena Tobio. E come gli sembra irreale sentir la sua voce sussurrare quel nome tanto amato nel cuore dell’oscurità.
- Tobio … – è la replica.
Si è alzato dal letto proprio per lui. Proprio per andare da lui. La chiacchierata fatta nel pomeriggio con Oikawa è stata catartica.
Si avvicina verso quella che era comunque la sua meta. Non riesce più a stare senza aver Tobio accanto. Senza aver la sua aria che gli permette di vivere. Gli basta anche solo vederlo.
Tobio si solleva appena, sentendo come le coperte di fortuna scivolino giù dal suo corpo.
- Non riesci a dormire? – gli chiede inginocchiandosi davanti a lui e Kageyama scuote appena la testa.
- Neanche tu? – chiede a sua volta, ed ora è la volta di Hinata di scuotere la testa sorridendo appena. E Tobio semplicemente adora quel sorriso appena accennato, quando socchiude gli occhi e anche questi sorridono. Quanto darebbe per poterlo toccare nuovamente. Gli sta mancando più dell’aria.
- No, non riesco a dormire. – risponde il piccoletto – Non ci riesco ogni notte ultimamente, ad essere sincero –
E già sa che lo stesso vale anche per il suo compagno. E il sospiro che fa Tobio è la conferma. E Shoyo continua a parlare.
- Non riesco a dormire molto semplicemente perché sono abituato a prender sonno addormentandomi tra le tue braccia. – mormora, innocentemente.
Anche nel loro essere coppia, hanno sempre funzionato in tandem. Le idee romantiche e coccolose che passano a random per la testa di Tobio, sempre e comunque troppo schivo e timido, è Shoyo a materializzare in realtà. Proprio come questa cosa del dormire. La prima volta che avevano passato una notte insieme, quando erano ancora ai primi approcci e agli inizi della loro storia, Tobio aveva passato una buona decina di minuti a macchiavellare dentro la sua testa su come chiedergli di poter dormire abbracciati, poi – al momento di infilarsi sotto le coperte – Hinata, come se fosse stata la cosa più naturale del mondo, si era accoccolato sul suo petto, sospirando beato, evitandogli la terrificante figuraccia di vederlo passare ogni tonalità di rosso in viso.
Ripensa a quel momento Tobio adesso, e quasi non si accorge di una mano dell’altro che si poggia leggera sulla sua guancia, avvicinandosi ulteriormente a lui.
- Torna di là Tobio. Torna nella nostra stanza, nel nostro letto … per favore … - sospira, in una muta richiesta.
- Mi vuoi veramente? – è la domanda, sofferta, mentre lo fissa intensamente negli occhi. Gli scruta dentro come solo lui sa fare.
- Sì … - sussurra risoluto, mentre Tobio poggia delicato le labbra su quel palmo che lo sta ancora accarezzando e poi le due mani si intrecciano. E loro non possono non guardare le loro dita che si uniscono. È la loro riconciliazione, quando le loro anime non si erano mai comunque separate.
Si alza, Shoyo, con ancora la mano di Tobio intrecciata alla sua, piegando appena la testa di lato, invitandolo a fare altrettanto e aiutandolo ad alzarsi dal divano. E quando deve sollevare gli occhi per arrivare a quelli blu di Tobio, capisce – ancora una volta – che non può vivere senza di lui e non si nega al suo abbraccio. Lo stringe forte, Tobio, e lui fa altrettanto.
- Ci metterò un po’ a smaltire questa cosa … - gli confessa, ma senza nessun tono di accusa, anzi: si potrebbe affermare che stia ridacchiando. Soprattutto se pensa che è stato proprio grazie alla chiacchierata fatta con Oikawa quel pomeriggio ad avergli fatto gettare al vento le ultime remore.
- Perdonami … perdonami … - gli bisbiglia ad un orecchio, piegandosi verso di lui e Shoyo, come sempre, si solleva appena sulle punte.
- Basta Tobio, basta. – lo prega, consapevole di quanta sofferenza deve aver subito anche l’altro in quei terribili giorni. - È qualcosa che appartiente al passato. Adesso guardiamo avanti … insieme … -
Gli prende il volto tra le mani, Tobio, sollevandolo verso il suo.
- Io ti amo e voglio passare il resto della mia vita insieme a te. Qualsiasi cosa accada, comunque vada. Sia nelle cose belle, che in quelle brutte. Shoyo? – lo chiama e il piccoletto pensa che non è giusto. Non è giusto che lo sguardo del suo compagno sia così dannatamente intenso, tanto da fargli sentire le membra sciogliersi.
- Ti voglio sempre al mio fianco, perché se mai dovessi scendere in battaglia, è te che voglio al mio fianco. Con te so ti poter affrontare qualsiasi cosa la vita mi riservi. – precisa l’alzatore e quel particolare sorriso che Shoyo gli dedica, è qualcosa che solo lui sa di aver avuto la fortuna di aver visto.
Ogni riconciliazione è finalmente fatta. E nessuno dei due riesce a restare più distante dall’altro.
Sono le dita lunghe e affusolate di Tobio quelle che agiscono per prime, tirando giù la cerniera della felpa dell’altro, mentre questi lo aiuta a sfilarsi la maglia percorrendo con la punta delle dita la perfezione della schiena tornita dell’alzatore, mentre lo spinge verso la loro camera, staccandosi dalle labbra l’uno dell’altro solo lo stretto necessario. Come fossero l’aria ritrovata dopo un’agonia di apnea.
È un sogno per Tobio potere guizzare dolcemente sopra di lui dopo che l’altro, stendendendosi sul letto, l’ha attirato sopra di sé. È un sogno sentire il piccolo sospiro che Shoyo fa quando gli scivola dentro dolcemente, di come il piccoletto lo accolga, stringendogli le gambe sui fianchi per rendere più salda la presa, la loro unione, mentre si inarca verso di lui, andandogli incontro nelle leggere spinte.
Fanno l’amore teneramente, senza fretta alcuna, ma assaporandosi come neanche la prima volta è successo, perché troppo impazienti e impacciati.
Si fermano più e più volte. Tobio si ferma più e più volte, per recuperare il contatto visivo e non staccarvisi. Quasi ad accertarsi che quella è davvero la realtà reale. Gli prende il volto tra le mani, per rubargli un bacio a fior di labbra e un altro ancora.
E sentire come i loro corpi si incastrino alla perfezione, come si cerchino e si agevolino al sincrono, per donarsi il massimo del piacere, ricercandosi nuovamente con gli occhi nel momento in cui sentono che stanno per perdersi nell’oblio. Sentire le mani raminghe di Shoyo pellegrinare tra i suoi capelli neri, la voce del suo adorato che implora il suo nome in un mormorio che si spegne solo quando deve lasciare spazio ai gemiti, è qualcosa che lo ripaga e lo risana di ogni cosa.
- Ti amo … - gli ripete. Non gliel’ha mai detto così tanto come in quei momenti, lui sempre così restio – suo malgrado – a manifestare a parole i suoi sentimenti, a differenza del suo ciarliero compagno.
Shoyo sente perfettamente come i muscoli delle spalle e delle braccia di Tobio sono tesi allo spasmo per lo sforzo e socchiude gli occhi per ammirare lo spettacolo che il suo adorato amore gli offre: gli occhi blu chiusi, le labbra schiuse a cercare quell’aria che l’orgasmo gli sta togliendo. Semplicemente adora vederlo venire.
E l’ultima cosa che Tobio sente prima di venir risucchiato in un oblio, è Shoyo che gli mormora all’orecchio: - E’ meraviglioso averti dentro di me … -
Alla fine, stremato, Tobio schiude leggermente gli occhi, per poi accasciarsi su di lui, sfinito. Ancora tremanti entrambi. Gli appoggia la testa sul petto e sente il cuore dell’altro galoppare selvaggiamente quanto il suo.
Si sta per abbandonare al sonno, quando la voce del suo adorato lo riporta prepotentemente allo stato di veglia.
- Oggi mentre cercavo il regalo per il tuo compleanno, ho incontrato il Grande Re. –
E Tobio sgrana gli occhi, deglutendo a vuoto. Sta per sollevarsi dal confortante petto dell’altro, per dire qualcosa, ma Shoyo – parlando di nuovo – lo blocca.
- È una brava persona. – mormora, mentre inizia a giocherellare con le sue ciocche corvine. E allora Tobio si rilassa.
- Lo so. Mai affermato il contrario. – bisbiglia in replica, depositando un bacio a fior di labbra all’altezza del cuore del suo compagno, prima di scivolargli di fianco e attirarlo a sè.
Finalmente, il suo piccolo corvetto rosso è di nuovo tra le sue braccia.
 
 
 
 
EPILOGO
DUE SETTIMANE DOPO
 
Come al solito Tooru, che ha la mania di dormire a stella, occupa più della metà del letto.
Allungando un braccio, mentre si stiracchia nella dolce incoscienza del dormiveglia, la mano va a sfiorare la schiena della persona che giace profondamente e felicemente addormentata al suo fianco.
Oikawa spalanca gli occhi, per poi addolcire l’espressione, sorridendo teneramente alla visione dell’altro. Lentamente, senza nessuna fretta, si avvicina a lui, sentendo il fruscio delle lenzuola al suo passaggio. Appoggiandosi sull’avambraccio, si solleva di poco. Gli scosta una ciocca di capelli neri da davanti agli occhi, per poi abbassarsi verso il suo volto.
Soffiandogli delicatamente sugli occhi chiusi, l’attenzione delle sue labbra si porta poi verso l’orecchio.
- Dormiglione, io vado a correre … -
Un miagolio di frustrazione da parte dell’altro gli fa capire che la missiva è arrivata.
Kuroo, da bravo neko, semplicemente adora dormire e la mattina non lo alzerebbero neppure l’arrivo dei Cavalieri dell’Apocalisse.
Mentre evita di considerare che l’aria gelida gli arriva alla gola ghiaccinadogliela, Tooru pensa che in quei pochi giorni in cui hanno approfondito la loro conoscenza, Kuroo l’ha sopreso, deliziandolo con aspetti di lui che mai avrebbe sospettato. Come la prima mattina che si son svegliati insieme, quando il padrone di casa gli aveva portato la colazione a letto. Lui aveva sgranato gli occhi sorpreso dapprima, per poi divertirsi a prenderlo in giro.
- Non ti facevo così dolce, Kuroo-chan. – aveva ridacchiato mentre sollevava le coperte per invitarlo a raggiungerlo sotto.
- Hum – aveva biascicato pigramente l’altro, divertito a sua volta – solo all’inizio. Non ti ci abituare quindi. – ed erano scoppiati a ridere mentre addentavano un’invitante brioche bollente.
Per la prima volta in vita sua, Oikawa Tooru si sta innamorando.
Gli scappa ancora da ridere anche in questo preciso istante, mentre percorre il perimetro del laghetto ghiacciato. È una mattinata incredibile. Di una bellezza da mozzare il fiato. Il cielo è terso, l’aria è cristallina, il sole brilla alto. Si concede un sospiro di pura e divina soddisfazione, mentre deve socchiudere gli occhi nel momento in cui, curvando, i raggi del sole puntano dritti sul suo volto perfetto. È proprio per questo che lo vede solo all’ultimo secondo.
Dicasi lo stesso di Tobio, che sta correndo a sua volta. Si accorgono l’uno dell’altro nel medesimo istante, e nel medesimo istante sgranano gli occhi fissandosi.
È la prima volta che si vedono dopo quanto successo. Sono a poche falcate l’uno dall’altro e quando si sfiorano, Tobio gli si affianca e Tooru non fa una piega. Attende.
Corrono l’uno al fianco dell’altro per un po’, in silenzio.
- Che ne dici di deporre l’ascia di guerra e tentare di andar d’accordo? – spezza il silenzio Kageyama e Tooru piega leggermente le labbra. Gli evita una freddura pungente, in merito al fatto che quella notte andavano perfettamente d’accordo ed erano in perfetta sintonia, proprio perché gli effetti benefici della sua relazione con Kuroo si fanno indubbiamente sentire sul suo umore.
Sogghigna e si volta a guardarlo di sottecchi.
- Marmocchio insolente. – lo punzecchia divertito, senza cattiveria alcuna, dandogli una spallata amichevole. E Tobio, piegando appena la testa per tentar di nascondere quel piccolo sorriso che gli sta spuntando sulle labbra, ricambia la spallata.
 
 
- Tooru, hai dimenticato di nuovo le chiavi? – esclama incredulo Kuroo, mentre si trascina verso la porta dopo aver abbandonato malvolentieri il rassicurante tepore del letto, finendo di infilarsi una delle felpe dell’altro. Tanto la corporatura è la stessa!
- Giuro che la prossima volta ti lascio fuori! – è l’ammonizione divertita mentre apre la porta.
Ma non c’è Tooru dall’altra parte della soglia.
- I-iwaizumi … - biascica interdetto, tirandosi su la zip velocemente – Toor … Oikawa non c’è. – si riprende.
- Sì, lo so che lo scemo del villaggio è andato a correre. Son venuto qui apposta perché speravo di trovare te. –
Kuroo sgrana gli occhi basito. Non sa se Hajime sappia di lui e Tooru. Non ha mai discusso con l’altro di questo, ma da quello che sa in quei tre anni che si conoscono, è che l’unica persona in grado di leggere nell’animo di quello che è il suo Capitano, è proprio il ragazzo che gli sta di fronte in quell’istante. Tante volte, al di là degli insulti, ha visto come una parola di Iwaizumi fosse in grado di far riprendere la concentrazione a Tooru nelle rare volte in cui la perdeva.
- Entra. – lo invita, scostandosi di lato, ma l’altro scuote la testa.
- Starò solo un minuto. – spiega sibillino, fissandolo negli occhi  – Prenditi cura di lui. –
E Kuroo resta senza parole. Al di là del suo modo di insultarlo, ha sempre capito che Hajime vuole bene a Tooru. Si limita a socchiudere gli occhi come un gatto e a sorridere lievemente.
- Anche se son più le volte che mi fa andare il sangue alla testa e sarei tentato in più e più maniere di eliminarlo attraverso atroci sofferenze, per me quell’idiota è come un fratello. Ci conosciamo da una vita e … e a modo mio, molto a modo mio, gli voglio bene. È uno scemo, irritante, molesto, spocchioso (e qui Kuroo deve trattenersi dallo scoppiare a ridere) ma è anche una persona dal cuore d’oro, quindi ti prego: prenditi cura di lui. – conclude con un lieve inchino, prima di salutarlo e andarsene.
Kuroo rimane lì, a fissarlo, interdetto per poi sorridere e rientrare in casa.
 
 
QUEL POMERIGGIO …
 
Tra un po’ sarà anche il compleanno di Daichi, ma sarà quest’ultimo a fare una sorpresa incredibile a Suga.
In palestra letteralmente si gela e i pochi ragazzi già arrivati non hanno il coraggio di abbandonare il confortante calore delle tute per restare già solo in divisa, e iniziano chi a correre, chi a far passaggi, giusto per cercare di scaldarsi almeno le estremità.
Suga arriva diretto dalla fine dell’ultima lezione per quel giorno.
Daichi è da giorni che rimugina quella frase, quella domanda dentro la testa, attendendo il momento migliore per farla, l’atmosfera giusta, che con Koushi è sempre perfetta, ma quando lo vede entrare in palestra - con la punta del naso palesemente ghiacciata e vede come tutti si raccolgano intorno a lui, al suo caloroso sorriso in grado di scaldare ogni cuore, per salutarlo - allora Daichi capisce che con Suga ogni momento è quello giusto.
- Suga? – lo chiama, posizionandosi davanti a lui, mentre questi si stava giusto piegando per cambiarsi le scarpe prima di entrare.
Si rialza, Koushi, sgranando gli occhi. Il tono di Daichi è un misto di sentimenti che non è stato in grado di decifrare immediatamente. Ma il suo sorriso, il suo sguardo sì. È emozionato Daichi, e Sugawara attende, ansioso in verità. Lo fissa negli occhi, con ancora giacca, sciarpa e cappello addosso.
- Suga, sposami! -
Il servizio che arriva diretto in faccia a Shoyo, da parte di Tobio, è inevitabile. Son rimasti talmente sorpresi tutti e due, che entrambi non hanno avuto modo di mantenere il controllo della palla. Si son voltati verso l’ingresso a occhi sgranati.
E dire che Koushi ha gli occhi sgranati a sua volta, è dire poco. Socchiude la bocca per parlare, senza trovare parola alcuna. Più e più volte è sul punto di dir qualcosa, ma nulla gli esce.
Fissa il suo adorato amore, sbigottito, mentre Daichi lo guarda, attendendo, imbarazzato a modo suo. Si era immaginato di chiederglielo in mille scenari, ma mai in palestra, davanti a quelli che son comunque i loro amici più cari.
Suga è ancora interdetto. È certo di non aver capito bene. Per un attimo volge lo sguardo intorno  a sé, deglutendo a fatica, e dalle facce che vede, che li fissano stupiti, attendendo con il fiato sospeso, intuisce che ha capito giusto. Daichi gli ha appena chiesto di sposarlo.
Riporta lo sguardo su di lui. Vedere il suo adorato amore imbarazzato, lo stoico Captain-kun, è una cosa che gli fa una tenerezza incredibile. Come quella volta in cui gli ha confessato di esser innamorato di lui, ed era lì – proprio come adesso - ad attendere una sua risposta.
Lo sta fissando, Daichi, invitandolo con lo sguardo a parlare. A rispondere. Vede lo sguardo attonito del suo innamorato e va in apnea.
- Cioè non subito, dopo che ci saremo laureati ovvio … - caracolla sulle sue stesse parole, temendo di averlo terrorizzato con la sua proposta – Sì, ecco … io ti sposerei anche subito, qui … perché, ecco, come dire … -
- Sì … - sussurra appena Koushi, interrompendo quel fiume di parole e si apre in uno dei suoi sorrisi più belli.
- Sì? – ripete titubante Daichi e lui scoppia a ridere.
- Sì! – replica al settimo cielo, gettandogli le braccia al collo – Sì. Sì. Sì! Sì Daichi, sì! –
Si abbracciano stretti e nel momento in cui si staccano quel tanto che basta per guardarsi, incurante del fatto di aver un pubblico che ha gioito con loro, gli stampa un bacio sulle labbra. Al quale ne seguono altri tra le loro risate e gli applausi degli altri.
Inutile dire che tutti hanno sempre tifato per loro due, augurandoli ogni bene e ogni felicità.
Non visti, stavolta è Tobio che fa scivolare la sua mano fino a quella di Shoyo per intrecciarle dietro le loro schiene. Non si stanno guardando negli occhi. Non c’è bisogno. Non ce n’è mai stato.
Si son sempre perfettamente capiti e compresi anche a occhi chiusi. E sempre sarà. Sanno che ogni tempesta che si parerà loro davanti, ne usciranno fuori, vincitori e non.
Perché l’affronteranno insieme.
 
 
 
FINE^^
 
 


Scrivo queste note finali di ritorno dal secondo concerto fatto. Ho tanta di quella adrenalina in corpo, che chi è che va a dormire adesso?
Finiti i concerti, finita la mini-long, non mi resta altro che disperarmi ahahah^//^
No, scherzi a parte (ma quando mai?!^O^), alla fine l’ho conclusa al solito modo mio: tanto diabete per tutti! Ohh, occhi a cuore!
Quando ho deciso di continuarla e non lasciarla una os – giusto per non venir lapidata dalle KageHina-girls (di cui comunque faccio parte anch’io, eh, sia chiaro. Così come ci tengo a sottolineare, ora che avete scoperto il crack pg, che mi piace un sacco anche la KurooKen, giurin-giurello) – ad un certo punto mi son detta: “Ma porc*! Che casino! Come faccio a gestirmi ‘sto cappericchio di tradimento? Ma Clau, anche te: cosa ti sei inventata mai!?” Vabbè, scleri notturni (ma anche giornalieri).
E niente, speriamo di risentirci per il Tobio’s birthday, altrimenti Buon Natale<3
Ah, ma son l’unica che tipo ha già letto il primo numero del manga all’incirca un milione di volte, e rivisto, per l’occasione, ottocento volte l’anime?
Vabbè, notizia fresca-fresca: farò Tsuna – KHR – al Cartoomics. Non ve ne frega una cippa lippa, giustamente, ma era giusto per condividere^O^
Bc bc <3

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