Daisies

di olobersyko
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Broken wings (prologo) ***
Capitolo 2: *** 2. Makes me wonder ***
Capitolo 3: *** 3. Everybody's fool ***
Capitolo 4: *** 4. Stop and stare ***
Capitolo 5: *** 5. Amnesia ***
Capitolo 6: *** 6. Chandelier ***



Capitolo 1
*** 1. Broken wings (prologo) ***


Daisies.

Seduta comodamente su un tavolo della biblioteca, Hailie stava leggendo, immersa nella quiete e nella tranquillità, l'ultima pagina de Les belles images, di Beauvoir.
 
“Il réfléchit:
  - C'est vrai que tu t'occupes beaucoup plus que moi de Catherine. En dernier ressort, c'est à toi de décider. Je n'ai jamais prétendu le contraire.
  Il ajoute, avec mauvaise humeur: - Tout aurait été bien plus simple si tu t'étais expliquée tout de suite.
  Elle s'arrache un sourire:
  - J'ai eu tort. Moi non plus je n'aime pas te contrarier.
  Ils se taisent.
  - Alors c'est entendu? reprend-elle, Catherine passe ses vacances chez Brigitte?
  - Si c'est que tu veux.
  - Oui.
  Laurence brosse ses cheveux, elle remet un peu d'ordre dans son visage. Pour moi les jeux sont faits, pense-t-elle en regardant son image - un peu pâle, les traits tirés. Mais les enfants auront leur chance. Quelle chance? elle ne le sait même pas.”*
 
Sospirò, chiudendo il libro e poggiandolo sul legno lucido, su cui era appoggiata anche lei. Si scostò il ciuffo di capelli biondi che le ricadeva davanti agli occhi ogni volta che chinava la testa, in particolare per leggere. Nonostante, dall'ultimo mese a quella parte, l'ultima pagina di ogni libro la turbava, la lasciava incompleta, mancante, senza un finale preciso e ben definito, continuava a cercare la propria storia tra quella di mille altre persone.
Hailie, dopotutto, era così, come il finale di ogni libro: indefinita, confusa, spesso non delineato, in alcuni casi sembrava solo la fine di un altro capitolo come tutti gli altri, ma la pagina seguente è vuota, in alcuni casi con i ringraziamenti, quando non sono posti all'inizio.
Scivolò sul bordo del tavolo, scendendo da esso e mettendo a posto il libro, alzandosi sulle punte per cercare di recuperare Il ritratto di Dorian Gray, di Oscar Wilde, per rileggerlo per la... tredicesima volta? Forse la quattordicesima. Non se ne stancava mai, inutile dirlo, era assolutamente il suo libro preferito, forse perché l'aveva fatta diventare ciò che era, le aveva spalancato le porte della riflessione - e, ammettendolo, era incantata da quelle parole così ricercate e formali - e della bellezza individuale, portandola a schernire l'estetismo sfrenato perché, come successe a Dorian, può portare a risultati disastrosi, magari non così esagerati come la morte.**
Sembrava una cosa buffa pensata da lei, che era tutt'altro che una brutta ragazza, l'unico suo difetto era, anche se non propriamente un "difetto", la bassa statura; non era alta,  per carità, nemmeno un nano da giardino, ma c'erano molte ragazze più alte di lei, e non era difficile trovarne una.
Dunque, nonostante si alzò sulle punte, a prendere il libro tanto bramato non arrivava.
Fortunatamente, o sfortunatamente, una mano maschile di allungò verso di esso e riuscì ad afferrarlo dallo scaffale, dove Hailie l'aveva portato ancora più indietro.
Quest'ultima si voltò verso il ragazzo, incontrando un paio di occhi scuri, ed a primo impatto non riuscì a capire se fossero stati nocciola o neri. Strinse tra le mani il libro che le stava porgendo, senza distogliere lo sguardo dai suoi occhi. «Ehm... grazie» balbettò la ragazza, notevolmente imbarazzata.
«Di nulla» ribatté il ragazzo, per poi voltarsi e andarsene. Hailie non rimase troppo sorpresa da quel gesto, non era molto brava a farsi degli amici*** o a fare in modo che le persone non se ne vadano.
Si avviò verso l'uscita della biblioteca, mostrando alla bibliotecaria, che nel frattempo era diventata una sua amica, il libro che avrebbe portato a casa. Il trasloco non era ancora terminato, dovevano arrivare ancora molti scatoloni da New York, ne imbarcavano un paio ogni giorno, molto più impegnativo di ciò che il padre di Hailie, Robert Foster, aveva immaginato e per questo, ad ormai quattro giorni dall'effettivo spostamento della famiglia, che poi consisteva in Robert e sua figlia, non erano ancora arrivati tutti gli scatoloni.
"E' il modo più economico, lo sai, Hail, non possiamo permetterci di spendere troppi soldi, è per questo che ci siamo trasferiti qui a Sydney" si era giustificato l'uomo, come se dovesse dare un'effettiva spiegazione alla figlia sul motivo del trasferimento.
Tornando a casa con il libro in mano pensò a come stavano i suoi amici, che aveva lasciato a New York, la città che l'aveva da sempre affascinata, di cui voleva conoscere sempre di più. Non era sicura che Sydney le avrebbe fatto lo stesso effetto, per ora l'unica cosa che aveva conosciuto era la biblioteca, semplicemente perché non aveva ancora trovato un negozio di dischi, altrimenti avrebbe fatto costantemente avanti e indietro da uno all'altro.
Appena tornata a casa, ormai le 21 di sera, salutò il padre con un bacio sulla guancia e si rintanò in camera sua a leggere il suo libro preferito fino a quando le palpebre si fecero così pesanti e la voglia di dormire così insistente da costringerla a smettere di divorare quel libro e di rintanarsi sotto le coperte morbide ed accoglienti, tristemente consapevole che l'indomani sarebbe stato il primo giorno di scuola.
 
 
 
 
* Ho riportato esattamente l'ultima pagina del libro, che ho letto in lingua originale e ho finito circa quattro giorni fa, inutile dire che mi è piaciuto molto. Attualmente non ho né il tempo né la voglia di tradurlo o spiegare qualcosa dell'autore o del libro in sé, googlate. Alcuni errori, come l'assenza della maiuscola dopo alcuni segni di punteggiatura, sono voluti, dato che ho fedelmente copiato dal libro.
** Essenzialmente è ciò che penso anche io. Sto riflettendo molto di me stessa - come carattere, altezza, se così vogliamo chiamarla, interessi, pensieri, libri - nel personaggio, seppure la persona che lo interpreta non sia io. Il ritratto di Dorian Gray l'ho seriamente letto intorno alle tredici, quattordici volte, non mi stanco mai, ne ho parlato anche con la mia prof di lettere.
*** Riferimento palese a Catching fire di Suzanne Collins, una delle saghe che più mi ha appassionato, ovvero quella di Hunger Games.
 
Oddio, scusatemi per tutti i rimandi, ahah, servono solo a chiarire o puntualizzare delle cose.
Okay, allora, ho pensato a questa storia da una settimana come minimo, e sono solo due, tre giorni che ho iniziato a stendere seriamente il capitolo, che poi, non è davvero un capitolo, è solo il prologo, perché volevo fare la giornata scolastica (magari anche due, a seconda di come venga lungo) come vero e proprio primo capitolo, quindi questo è solo il prologo.
Scusatemi se ho commesso qualche errore di battitura o di coniugazione dei verbi, non conosco nessuna persona che azzecca tutti i tempi verbali e per questo non mi fido di nessuno per quanto riguarda la revisione del testo.
In ogni caso, sto ascoltando "Broken wings" dei Mr. Mister e so che a molti di voi non importa - né tantomeno la conosce, credo - e mi è sembrata davvero bella da accompagnare a questo capitolo, anche se non c'entra molto; come sottofondo rimane piacevole.
Non credo di avere altro da dire, spero di ricevere qualche vostro consiglio!
Bacini infiniti,
-Eom

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Capitolo 2
*** 2. Makes me wonder ***


Daisies.



Il cortile brulicava di persone, quasi tutti divisi in gruppi. Non era una buona giornata per Hailie, che si era svegliata in ritardo e aveva corso dietro l'autobus per due fermate per convincere l'autista a farla salire. I capelli chiari le scivolavano disordinatamente sul petto, accarezzando il seno e scivolando fino alla fine di esso - non esageratamente grande, per la cronaca-.
Si avviò sul lato del cortile cercando l'ingresso secondario, per poi raggiungere la segreteria e ritirare il foglio degli orari; il problema seguente sarebbe stato individuare tutte le classi. Diede un'occhiata al foglio, notando che le prime due ore di quel mercoledì mattina sarebbero state di educazione artistica.
«Hey! Nuova arrivata!» una voce la fermò, mentre era intenta a cercare di capire dove dovesse andare per seguire la lezione di arte. «Benvenuta al Norwest Christian College di Sydney!»
Hailie si girò, incontrando gli occhi verdi di un ragazzo dai folti ricci castani. Sorrise, come era sua abitudine fare, e rispose con un flebile «Grazie.»
«Devo farti fare il giro della scuola, inoltre abbiamo alcuni corsi in comune quindi, oggi starai con me per un bel po' di tempo.» A primo impatto sembrò simpatico alla ragazza, che nel frattempo ringraziava chiunque ci fosse stato lassù per quell'aiuto. Decise di seguire il ragazzo per un rapido giro della scuola, per poi essere lasciata sola davanti all'aula di arte, perché Jason, così si chiamava il ragazzo, doveva andare a lezione di fisica. «Ci rivediamo dopo, a mensa vieni pure al mio tavolo, se mi vedi» l'aveva rassicurata, congedandola con un bacio sulla guancia. Si addentrò nell'aula, notando che, rispetto a quella della sua vecchia scuola, era molto più luminosa e pulita. Quando un po' di gente entrò e alcuni cavalletti erano già stati occupati, occupò a sua volta quello vicino ad una ragazza dai capelli porpora, che aveva il viso dolce e a primo impatto le sembrò simpatica.
«Ciao! Sei la ragazza nuova, giusto? Io sono Ashley, ma chiamami pure Ash se preferisci.» le sorrise, porgendole la mano.
«Hailie, ma per tutti sono la ragazza nuova.» Ashley rise, trascinando anche la bionda (o forse bianca, quasi, dato che i capelli erano decolorati).
«Forza, ragazzi, silenzio!» La prof di arte entrò il aula, battendo le mani per catturare l'attenzione degli alunni, che le si rivolse subito. Era una donna sulla trentina, non bella, non particolarmente, ma affascinante, era ricca di fascino, e sembrava aver avuto un passato hippie*. Hailie si posizionò davanti alla tela, sentendo le indicazioni della prof, che fino ad ora non si era ricordata della nuova alunna. «Che sbadata! Hailie Foster, dove sei? Vieni qui accanto a me» la invitò la prof, ed Hailie non poté che obbedire, alzandosi ed andando di fianco alla prof, mostrandosi alla classe. Tra tutti, un viso conquistò la sua attenzione in modo particolare: occhi scuri che a primo impatto potevano ricordare quelli di un asiatico, capelli corvini leggermente spettinati, o forse era fatto apposta?, più alto di lei, tanto da poterle prendere un libro su uno scaffale dove non arrivava. Fu rimandata a posto, e sentiva lo sguardo del ragazzo interessato bruciarle sulla schiena, e nonostante ciò riuscì a dipingere qualcosa che c'entrasse con il tema "Libertà". La prima cosa a cui pensò fu Il buio oltre la siepe di Harper Lee, il cui titolo originale era To kill a mockingbird, Uccidere un usignolo, e per questo dipinse un usignolo posato sul filo spinato, che ricordava molto la copertina del libro in questione.
«Molto bene, Foster. Il buio oltre la siepe?» domandò la prof, alla quale Hailie annuì. Non si accorse neanche che erano passate due ore, ma riuscì a completare la tela e, appena uscita dalla classe, trovò Jason che la aspettava.
Dopo aver salutato Ashley lo raggiunse. «Ehilà, com'è andata?» domandò lui, cingendole le spalle con un braccio e accompagnandola all'armadietto.
«Tutto bene, credo.» Il ragazzo andò leggermente più avanti, intimando alla ragazza di raggiungerlo perché avrebbero avuto storia insieme, e così fece, ma era talmente distratta che andò a sbattere contro il petto di un altro ragazzo che non era Jason. Alzò lo sguardo, incontrando quello di un ragazzo dai capelli verdi, con cui si scusò immediatamente.
«Tranquilla» rispose lui, porgendole la mano per alzarsi. Gli rivolse un sorriso cordiale e si avviò verso dove era andato anche Jason, incontrandolo poco dopo mentre parlava con una ragazza, più alta di lei (ma che novità), davvero carina, con gli occhi nocciola, capelli mossi sulle punte e le sue gote erano punteggiate da lentiggini che le davano un'aria adorabile, ancora da bambina.
«Hailie, eccoti!» la richiamò Jason, cingendole nuovamente le spalle e avvicinandola a sé. «Lei è Katia**, una ragazza italiana che si è trasferita qui due anni fa.»
«Ciao» la salutò animatamente Katia, che le strinse la mano in una stretta amichevole. «Sei davvero carina, adoro i tuoi capelli»ammise, facendo sorridere la ragazza in questione.
«Ehm, grazie mille.» Hailie si sentiva a disagio, e questa sensazione venne accentuata quando vide passare il ragazzo della biblioteca e quello con i capelli verdi, oltre alla compagnia di altri due, uno con una bandana che gli fermava, anche se di poco, il ciuffo riccio, l'altro biondo con un piercing sul labbro; senza dubbio i ragazzi più belli che abbia mai visto. Il moro le rivolse uno sguardo, alzando un angolo della bocca in una specie di sorriso, che fece abbassare la testa, mentre sorrideva, ad Hailie.
«Conosci Calum Hood?» domandò Katia, che aveva captato quel piccolo gesto e ne era rimasta sconcertata. Si devono essere conosciuti per forza prima di quel giorno, erano passate solo due ore e, per quanto ne sapeva, Calum non dava tutta questa confidenza alle nuove alunne, anzi, a quasi nessuno oltre il suo gruppo.
«Il moro? No, ci siamo solo incontrati qualche volta, ha con me il corso di educazione artistica, niente di speciale» spiegò Hailie, nonostante le smorfie contrariate che padroneggiavano sul viso dei suoi due nuovi amici.
«Stai attenta a loro, non sono delle belle persone» la ammonì Jason, «girano delle brutte voci sul loro conto, non calcolarli.»
Hailie era sconcertata da ciò che aveva appena sentito: "girano delle brutte voci sul loro conto", che importa? Sono solo voci, nulla di confermato. Se avessero ucciso un cucciolo di koala allora sarebbero state delle brutte persone, ma non l'hanno fatto, nessuno lo farebbe mai, sono troppi carini per essere uccisi.
«Andiamo a lezione?» chiese la bionda, cambiando argomento e cercando di non pensare a ciò che potevano aver fatto quei quattro ragazzi, all'apparenza così carini, da meritarsi una così brutta reputazione.

L'esito della prima giornata di scuola non è stato negativo, le lezioni sono noiose ed è normale, è così in ogni scuola. Appena arrivata a casa, dopo aver mangiato le costine avanzate dalla sera prima e aver constatato che suo padre era a lavorare, per la prima volta, nell'azienda che aveva sede a Sydney, si sdraiò per pochi minuti sul divano. «A questo punto uscirei» si disse, dato che non c'era nessuno che potesse risponderle. Decise così di esplorare un po' la città, che a circa metà ottobre continuava ad essere calda, e il freddo e la piovosità di New York le mancavano parecchio. Sospirò, avviandosi verso un luogo dove non era mai stata, con il cellulare in silenzioso, in modo che nessuno potesse mai disturbarla. Trovò uno spazio limitato a meno di venti minuti di cammino, un tappeto di viole, margherite e trifogli, sul quale irrompeva una stradina sterrata dove sembrava nessuno passasse. Una panchina solitaria era posta sotto una betulla, più avanti c'erano altri alberi di cui Hailie non sapeva il nome. L'erba non era curata, c'erano parecchie erbacce, ma il fascino era comunque immenso, la tranquillità regnava sovrana e varie farfalle, di un colore azzurro mare, non si preoccupavano di nulla e ti si posavano tranquillamente sulle mani. Hailie allungò la mano verso una di esse, che non sembrò per niente spaventata, e si posò leggera sul bianco dito indice della ragazza, che si sentì completa con la natura come non mai.***
«Pensavo di essere l'unico a conoscere questo posto.» Hailie si voltò di scatto, sorpresa, e la farfalla si allontanò per un attimo dalla sua mano per poi riappoggiarsi sui suoi capelli; leggera come un soffio di vento, il piccolo spostamento d'aria però la rese consapevole del fatto che una creatura fragile le stava camminando sui capelli: nonostante ciò, non provò schifo o ribrezzo, semplicemente si sentì in armonia con essa. «Credo dovremo dividerlo, perché io non ho intenzione di lasciarlo. Non ci passa mai nessuno qui, tutto è tranquillo e posso dar voce ai miei pensieri senza paura di essere giudicato.» Hailie lo riconobbe, ma in quel momento gli sfuggiva il nome, nonostante l'avesse sentito giusto quel giorno.
«Non pensavo lo conoscesse qualcun altro, scusami» si giustificò la ragazza, avanzando verso il moro, che nel frattempo stava coccolando un gattone rosso che gli era sgusciato tra le gambe. «Sembra tutto così tranquillo, qui» continuò, sorridendo alla vista di quella scena. Come può una persona così avere una brutta reputazione? pensò, mentre il ragazzo si sedeva alla panchina e le fece cenno di seguirlo. Si sedette accanto a lui, mentre il gatto le fiutava affettuosamente la mano, per poi leccargliela piano, come se avesse paura di disturbarla. La ragazza sorrise, grattandolo gentilmente tra le orecchie, facendogli fare le fusa.
«Nemmeno io pensavo che qualcuno l'avrebbe mai scoperto» continuò il ragazzo, accarezzando il dorso del gatto. Rimasero così per un bel po', mentre lui coccolava il gatto e lei osservava le farfalle volare, immersi nel silenzio, in un posto così intimo e segreto, quasi non ci credeva che avrebbe dovuto condividerlo con lui, che nemmeno conosceva, di cui nemmeno ricordava il nome. «This is everything I didn't say, wait, don't tell me, Heaven is a place on Earth, I wish I could rewind all the times that I didn't show you what you're really worth…****» Hailie si girò verso di lui, sorpresa da ciò che stava facendo: davvero cantava? Ed aveva anche una gran bella voce. Appena si accorse che stava canticchiando si fermò, senza alzare lo sguardo dal gatto sulle sue cosce. «Scusami, di solito non lo faccio in pubblico» si giustificò, come se avesse appena fatto una brutta cosa.
«No, non è un- sei molto bravo.» Hailie cercò di formulare una frase completa, pur non riuscendoci pienamente. Notò che il sole si era notevolmente abbassato, e stava cominciando e proiettare luce arancione tra le fronde degli alberi. Si alzò, e la farfalla, che si era spostata sulla sua spalla, volò via. «Devo andare» disse, convinta che comunque quell'incontro non avrebbe cambiato nulla tra di loro. Senza dire nient'altro accarezzò per l'ultima volta il gatto, per poi allontanarsi a passo abbastanza incerto.
«Foster» la richiamò il ragazzo, mentre lei si girò, ondulando i capelli in modo involontario. «Il mio nome è Calum.» Hailie gli sorrise, notando anche sulle sue labbra un accenno di sorriso, non troppo accentuato, ma era già qualcosa in più; in seguito si girò, tornando a casa.
Il giorno seguente tornò a scuola, come del resto era normale fare.
Legò molto di più con Ashley rispetto che con Katia, ma era comunque simpatica e avrebbe voluto approfondire la sua amicizia, si trovava bene con lei. Con Jason aveva approfondito i rapporti, ormai erano buoni amici, e lo considerava una bella persona, cosa che era senza ombra di dubbio e si era dimostrato fin da quando si era offerto di far fare il giro della scuola ad Hailie, che altrimenti starebbe ancora cercando l'aula di arte.
Si trovava in camera sua, seduta sul letto con Ashley, i cui capelli erano diventati una specie di arcobaleno: un po' verdi, un po' blu, un po' viola e anche rossi, insomma, tutte le tinte che aveva fatto stavano tornando in superficie, ma su di lei stavano dannatamente bene, e soprattutto erano basse uguali, un motivo in più per stare insieme ed essere buone amiche. Nella stanza risuonavano le note di Sunday morning dei Maroon 5 e le due amiche stavano parlando tranquillamente, fino a quando ad Hailie non vibrò il telefono.
«Allora, come ti è sembrata questa prima settimana di scuola?» domandò Ashley ad Hailie ma, non ricevendo risposta, allungò il collo per cercare di vedere ciò che stava facendo sorridere l'amica. «Hey, chi è?» domandò, cercando di prenderle il telefono, ribaltando entrambe.
«Nessuno» rispose Hailie, ma il sorriso sulla sua faccia diceva il contrario. Il messaggio che le era appena arrivato recitava: "Se avrai ancora bisogno di qualcuno che ti prenda i libri dagli scaffali alti, sai come contattarmi."
Ricevere un messaggio da Calum, di cui tra l'altro nemmeno aveva il numero, come aveva fatto ad averlo?, era l'ultima cosa che si aspettava.
«Puoi fregare Jason, ma non me. Dimmi di che si tratta» la intimò Ashley, dandole una leggera gomitata sulle costole.
«Come sta tuo padre?» sviò il discorso, sapeva perfettamente che suo padre stava bene.
«Non provare a cambiare argomento, dimmi chi è dai» le suggerì, era forse più per curiosità per altro, dopotutto anche lei pensava che quei quattro ragazzi erano una brutta compagnia, anche lei si teneva alla larga. Dal canto suo, Hailie non era più tornata in quel posto, forse proprio per paura di trovarci di nuovo Calum, nonostante volesse tornare su quella panchina o sdraiarsi nell'erba alta a non pensare a nulla, osservando le farfalle volare e sentendo il gatto che ti tasta le interiora mentre dorme sul tuo ventre.
«Te lo dirò, giuro, prima o poi, sarai la prima a saperlo.» Ashley le rivolse un'occhiataccia, ma decise comunque di non insistere. Non le piaceva litigare e sarebbe scoppiata a piangere, e non voleva perdere una nuova amica come Hailie.





* Per chi non lo sapesse, gli hippie (o hippy) sono un movimento pacifista nato intorno agli anni Sessanta, nata negli Stati Uniti e poi diffusa in tutto il mondo, che predicava la non-violenza e la pace per un futuro migliore, vivendo uno stile di vita sano e salutare. Non so molto a riguardo, come al solito, se volete sapere di più, googlate.
** E' una mia amica, stravede per Michael, e la sua descrizione è fedele alla realtà. Non è scheletrica, ma nemmeno grassa. E' una via di mezzo ed è adorabile, ricorda tanto una bambina, è davvero bellina aw, tranne per una cicatrice sulla spalla che mi schifa ogni volta che la vedo, ma nonostante questo le voglio bene. Non si è davvero trasferita nel mio paesino due anni fa, ma mi sembrava carino inserirlo nella storia.
*** Questo posto esiste davvero, è a dieci minuti di cammino da casa mia, quando non provo niente o voglio semplicemente staccare la spina dalla realtà mi rintano lì, immedesimandomi nella natura e giocando con Puzzetto, un gatto rosso che mi ha preso particolarmente in simpatia. L'unico neo è che si trova abbastanza vicino alla stazione, e quando passa il treno fa un casino assurdo e rovina un po' la tranquillità di quel bel posto.
**** E' un pezzo della prima strofa di Everything I didn't say, ovviamente dei 5 Seconds of summer, una delle mie preferite di tutto l'album.


Salve a tutti!
Stavo ascoltando Makes me wonder dei Maroon 5, e per questo è anche il titolo del capitolo, aw il primo capitolo che bella cosa, in ogni caso la canzone che ascolto mentre scrivo sarà il titolo quindi se la cercate sarete più o meno come me mentre scrivo, non è una cosa brutta dopotutto. Non c'entrerà molto con il capitolo in sé, raramente succederà, ma comunque è la musica che mi fa scrivere ciò che scrivo.
Allora, questo è il primo capitolo e, che bella cosa che è oddio! Personalmente mi piace tanto la scena dove parla con Calum, il luogo, la tranquillità, Puzzetto poi è il migliore in assoluto. In ogni caso, non voglio dare dei volti ben precisi ai personaggi, ho già trovato chi potrebbe essere Hailie ma non mi va di limitare la vostra fantasia, immaginatela come volete, magari alla fine vi dirò come l'ho immaginata io, e se vedrete un fake su Ask.fm (perché è da lì che prendo le foto) per cui vi capiterà di pensare "Oh mio Dio, questa è uguale ad Hailie!" allora magari ci capiremo. Katia è una mia cara amica, e se un giorno conoscerete una Katia che sembrerà lei allora avete incontrato una mia amica, rallegratevi! No okay, Ashley è una persona che esiste davvero, purtroppo non la conosco ma è bellissima, si chiama Simona aka Ash Brum, se la cercate su google la troverete di sicuro, perché è bellissima. Ho già detto che è davvero bella? E' una meraviglia. Jason, invece, non so chi possa essere quindi immaginatelo un po' come volete; i ragazzi sapete sicuramente come sono se state leggendo qui.
Non ho banner né niente perché non sono capace di farne di decenti e dato che la storia è mia voglio farlo io, quindi niente, se avete altri dubbi o perplessità mi troverete su Ask come drolobersyko e su Twitter come ilcoloredeifior.
Se ho commesso degli errori scusatemi.
Bacini infiniti,
-Eom

ps. Ci tengo a ricordare che le recensioni e le critiche sono sempre ben accette.

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Capitolo 3
*** 3. Everybody's fool ***


Daisies.
 
 
 
La leggera brezza mattutina accarezzava il viso di Hailie, che era uscita per fare una passeggiata approfittando del weekend. La prima settimana a Sydney era volata via liscia, senza troppi problemi, preoccupazioni o altre cose spiacevoli.
«Hailie!» La ragazza si voltò, trovando Jason che si sbracciava per salutarla. Il buon proposito di andare in quel piccolo spiazzo ombroso si eliminò totalmente dalla sua mente, perché di certo non poteva condividerlo con Jason. Non ne sapeva il motivo, ma sapeva che Jason non era la persona con cui avrebbe passato volentieri pomeriggi interi in quel luogo, non era lui chi aspettava da una vita per condividere il silenzio di un luogo meraviglioso come quello. «Dove stavi andando?»
Ora dovrò mentirgli, pensò la ragazza, mentire alla prima persona che mi accolto. Dopotutto era l'unica cosa che poteva fare se non voleva portarlo lì. «In biblioteca, volevo passare lì un paio d'ore a leggere» cercò di improvvisare, nonostante non fosse totalmente sicura, voleva solo allontanarlo per un po', stare da sola per un po', nonostante fosse quasi certa che sarebbe comunque arrivato Calum. In ogni caso, lui lì è praticamente di casa, non sarebbe un problema condividere quello spazio con lui.
«Dopo ti va di venire a vedere un film con me e Katia? Passo a prenderti alle sei in biblioteca!» Senza darle tempo di rispondere si era già voltato ed era sparito dalla vista di Hailie, che era rimasta sbigottita e aveva deciso di camminare velocemente per arrivare il prima possibile in quel luogo e poterci stare a lungo. Appena arrivò, ad accoglierla c'era il solito gatto rosso, che la riconobbe dato che alzò le orecchie, attento, ma rimase comunque stravaccato mentre cercava di attaccare le farfalle che, però, erano troppo alte per lui. Sdraiato a pancia in su, sembrava solo aspettare che qualcuno gli facesse le coccole, così Hailie gli si avvicinò e iniziò a fargli i grattini sulla pancia, mentre le farfalle le volavano intorno, spesso posandosi sui suoi capelli o sulle spalle scoperte dalla canottiera bianca. Era bianca, pura, in tutto e per tutto, la sua carnagione lattea dava l'idea di qualcosa che si sarebbe potuto spezzare se solo fosse stato stretto troppo, qualcosa di delicato, da proteggere. Si alzò, allungando una mano verso le farfalle, che subito vi si posarono sopra.
«Si dice che il minimo battito d'ali di una farfalla sia in grado di provocare un uragano dall'altra parte del mondo.» Hailie si girò, ormai in grado di riconoscere quella voce, ed incontrò gli occhi scuri di Calum. «Sapevo che ti avrei ritrovata qui, Foster.» Le sorrise, o almeno curvò le labbra in qualcosa che va molto vicino ad un sorriso.
«Ero certa di rivederti in questo luogo, Hood, quindi direi che abbiamo entrambi ragione» rispose lei, avvicinandosi a lui, non troppo, dopotutto non erano così intimi da avere un contatto fisico, semplicemente parlavano. «Era carina quella frase sulle ali di una farfalla e sugli uragani» commentò infine, appoggiando il peso su una gamba sola.
«Sarebbe bello se accadesse, non trovi?» domandò retoricamente.
«Magari in questo momento saremmo travolti da un uragano» rispose lei, abbozzando un sorriso.
«Magari è così, ma non ce ne accorgiamo» disse infine, portando lo sguardo sul gatto e avvicinandosi ad esso, accarezzandolo tra le orecchie e quest'ultimo, appena lo riconobbe, tornò seduto e gli si accoccolò al ginocchio, quasi abbracciandolo. Calum sorrise - un sorriso vero, s'intende - e si sedette, portandoselo tra le gambe e continuando a coccolarlo. «O magari lo stai provocando tu, un uragano.» La ragazza tese le orecchie, donandogli tutta la sua attenzione. «Magari siamo noi che creiamo uragani senza accorgercene, anche solo parlando» concluse, alzando per un attimo lo sguardo verso di lei.
«Dici che potremmo distruggere città intere, semplicemente stando insieme?» domandò la bionda, avanzando verso di lui e fermandosi a pochi passi dalla sua schiena.
«Credo di sì» si interruppe un attimo, riflettendo. «Dico solo che potrebbero succedere grandi cose anche solo stando insieme» concluse la frase, dedicando poi tutte le sue attenzioni al gatto, come se la conversazione fosse finita lì.
«Solo perché siamo io e te?» insistette la ragazza, sempre più confusa.
«Solo perché siamo noi.»
Inutile dirlo, Hailie era parecchio confusa, non capiva cosa ciò potesse significare. Rimase immersa nel silenzio di quel momento, anche se dopotutto non era una situazione pesante o spiacevole, non sentiva nulla, non sentiva di essere troppo né sentiva il bisogno di avvicinarsi a Calum e chiedergli cosa significava ciò che aveva appena detto. Sentiva solo il bisogno di rimanere lì, e preferiva vivere quella situazione in quella posizione, mentre lo guardava e non se ne accorgeva. Decise di sdraiarsi sulla panchina, rivolgendo il viso al sole, beandosi del calore che esso emanava. Allungando un braccio verso terra riuscì a sfiorare, con le punte delle dita, i petali delle margherite sottostanti.
Quando qualcosa le oscurò il volto non ci fece caso, sarebbe potuta essere una nuvola passeggera, ma quando sentì delle labbra muoversi sulle sue allora capì che non era una nuvola, perché le nuvole non baciano, le nuvole non sono Calum. Portò una mano tra i suoi capelli, scoprendoli morbidi, e glieli accarezzò dolcemente, mentre lui portava una mano sul suo viso, accarezzandole dolcemente una guancia. Non era niente di spettacolare, il bacio non fu approfondito, era un semplice bacio, le labbra si univano ed entrambi erano intrappolati in un limbo così piacevole da non volerne uscire.
Tuttavia, quando Calum alzò il viso, nessuno dei due sentì la voglia di continuare, semplicemente se ne andò, lasciandola sdraiata sulla panchina con il suo odore che le inebriava ancora le narici ed era ancora posato sulle sue labbra.
Decise, dopo pochi minuti, di alzarsi ed andare verso la biblioteca, in tutta tranquillità. Non le importava se fosse arrivata in ritardo, non le importava se avessero saputo che non era davvero andata in biblioteca, semplicemente pensò che ciò che era appena successo era stato bellissimo.
Riuscì ad arrivare davanti alle scale dell'edificio pochi secondi prima che arrivasse l'auto di Jason, il quale le intimò di salire. Seduta sul sedile posteriore e guardando fuori dal finestrino riuscì a scorgere zone dove non era mai stata, ma non pensava ci sarebbe mai andata, lei, il suo posto, ce l'aveva già.
 
Usciti dal cinema a pancia piena, Hailie voleva solo andare a casa e rintanarsi del letto, senza uscirne fino a lunedì mattina, quando sarebbe poi andata a scuola. Nonostante ciò, domenica mattina si sveglio di buon'ora e, indossando una tuta comoda, decise di fare una breve corsa. Raggiunse tutti i luoghi che aveva visto dal giorno del trasloco, eccetto quel piccolo scorcio, lì non ci sarebbe passata, non in quel momento. Forse perché per un po' voleva tenersi lontana da quel luogo, forse perché voleva riflettere, forse perché voleva sfogarsi. Al che le venne in mente una sola persona: Ashley! Dopo essere stata una buona mezz'ora sotto la doccia chiamò Ashley, che arrivò subito a casa della bionda. Appena aperta la porta vide che si era ritinta, era tornata viola, e la abbracciò, felice di rivederla.
«Dimmi tutto» le disse Ashley, appena si sedette sul letto di casa Foster.
«Ieri, ho visto, Calum» iniziò Hailie, sedendosi di fronte a lei, e già capì tutto: era lui il motivo di quell'agitazione che si prolungava da un paio di giorni. Le raccontò di quello scorcio, di quel piccolo pezzo di prato, del fatto che non si sentiva pronta a condividerlo con nessuno se non con lui, e Ash capì, perché si conoscevano da poco e oltretutto aveva già capito - sarà stato il sesto senso femminile - che Hailie, per Calum, non si fermava a considerarlo un conoscente. Perché una persona non si innamora di qualcuno che conosce a malapena, si innamora di quella persona con cui si sente libera e con cui decide di avere un rapporto, che in quel caso si stavano ancora costruendo. Riuscì a dirle tutto ciò che si erano detti, ciò che avevano fatto, qualsiasi cosa fosse successa. «E mi ha baciata» confessò d'un fiato. Ash se l'aspettava che fosse successo qualcos'altro oltre al parlare, ma non immaginava un bacio, magari un contatto fisico, un abbraccio, ma un bacio, nemmeno lei sapeva cosa significava.
«Devi andare da lui e parlare» le impose. «Non puoi continuare a vivere con questo dubbio, secondo me. Certo, è solo un bacio, ma è ovvio che per te Calum significa qualcosa e non sai bene cosa, questa faccenda la dovete chiarire in ogni caso.»
Hailie si sdraiò a pancia in su, portandosi il cuscino sul viso, come se volesse soffocarsi da sola. Avrebbe voluto parlargli, chiedergli cosa significasse quello che stava succedendo tra di loro, ma non quel giorno. Quel giorno l'avrebbe passato con Ashley a guardare un film, dicendo stupidate sugli attori e tirandosi popcorn tra i capelli.
 
Lunedì: il giorno più odiato dagli alunni ed il più amato dai professori delle prime ore, che si divertivano a fissare verifiche a caso. Una verifica di matematica la seconda settimana di scuola la prima ora del lunedì è un incubo che, prima o poi, tutti dovremmo affrontare. Quella volta toccò proprio a Hailie che, nello stesso corso con Calum, non faceva che cercare di intravedere i suoi pensieri: non avrebbe mai pensato di comportarsi così nei confronti di una persona che ti parla solo in un determinato luogo. Per di più, era scoppiato un bel temporale con i fiocchi e, fortunata come al solito, la bionda non aveva né un ombrello né un passaggio, sperava solo di avere un'oretta di tregua per poter andare in quel solito spiazzo, per stare tranquilla e magari coccolare un po' il gatto. Nonostante ciò provò a concentrarsi, eseguendo gli esercizi come meglio poteva, cercando di avere almeno la sufficienza; oltre al fatto che non aveva studiato, non era mai stata una cima in matematica, non riusciva a capirla, e nonostante le sue speranze sapeva che non sarebbe mai stata sufficiente.
Fu la giornata scolastica più dura di tutti gli anni che Hailie passò a studiare, era continuamente distratta e non riusciva a pensare a qualcosa per più di sette minuti che non fosse Calum. Forse aveva ragione Ash, era innamorata di lui e non lo voleva ammettere.
Dopo qualche minuti di tregua, l'acqua tornò a battere violentemente sul cappuccio della felpa di Hailie che, nel frattempo, stava andando da Cal... dal gatto, a vedere come stava e se era in giro lo stesso con tutta quell'acqua. Il terreno era più fangoso del solito, gli alberi continuavano a muoversi a causa del vento e la panchina erano solo dei pezzi di legno bagnati. Tuttavia un ombrello non l'aveva, e non vedeva il gatto, in compenso una voce riuscì a sovrastare il rumore dell'acqua.
«Ci ritroviamo sempre, alla fine» disse Calum, perché, anche se non era girata, chi altro andava lì? Inoltre riusciva a percepire il timbro caldo sempre presente nella sua voce, nonostante la temperatura fosse fredda. «Alla fine ci attraiamo sempre, non trovi? Ci cerchiamo in ogni caso.»
Hailie lo guardò, i capelli bagnati gli coprivano parzialmente gli occhi e i vestiti erano ormai aderenti al suo corpo, ma era comunque dannatamente bello. «Come una calamita» provò la bionda.
«Quando una corrente d'aria calda e una d'aria fredda si scontrano si crea un temporale, quando ruotano insieme un uragano» continuò lui, avvicinandosi notevolmente alla bionda, che, con la coda dell'occhio, vede una matassa di peli arancioni avvicinarsi correndo, concentrata abbastanza da non vedere nemmeno l'auto che la travolgeva, trascinandola dietro di sé. Un urlo lasciò la bocca di Hailie, che cercò di raggiungere stremata la strada, ma che venne fermata da Calum, che l'attirò con violenza verso il suo corpo, per impedirle di ferirsi.
«No, no, no» continuava a mugugnare, stringendosi al petto del ragazzo, che le lasciò un bacio sulla tempia. Dopo alcuni attimi passati in oblio, si allontanò leggermente da lui, incastrando i due sguardi. «Cosa significano?» Calum la guardò, ma non rispose. Semplicemente la strinse a sé, sentendo i suoi singhiozzi, che in parte aveva causato.
«Dimmi dove abiti, ti riporto a casa.»
Il tragitto non fu mai più silenzioso. Hailie e Calum camminavano praticamente abbracciati, mentre quest'ultimo cercava di coprire entrambi con il giubbotto; nonostante gli sforzi non riuscì ad evitare che entrambi si bagnassero, e non declinò l'invito quando gli chiede di restare per un po', almeno per asciugarsi, magari farsi una doccia. Appena Hailie si chiuse in bagno recuperò il telefono, leggermente bagnato, e scrisse  a Luke, informandolo che era a casa della bionda. Lui capiva, gliene aveva parlato, aveva capito prima del diretto interessato cosa provava per lei, capiva che non era semplice attrazione, perché non si sarebbe mai comportato così.
"Dille ciò che provi, cazzo!" fu la sua risposta al messaggio, e Calum non era una persona cattiva, non l'avrebbe mai fatta soffrire, non poteva permetterselo. Rimase per un po' a smanettare con il cellulare, fino a quando Hailie riemerse dal bagno, con un asciugamano sulle spalle e una maglia dei Pink Floyd che le copriva le natiche. Il ragazzo, richiamato dai suoi "istinti maschili", si ritirò in bagno, chiudendo la porta dietro di sé e andando sotto il getto caldo della doccia, non pensando neanche che non aveva il cambio. Appena se ne rese conto aprì la porta giusto per farci uscire la testa, e notò che ai suoi piedi erano posti dei vestiti che, a occhio e croce, potevano andargli bene, mentre Hailie si asciugava i capelli. Sorrise, si vestì ed uscì, impossessandosi del phon e lasciandole un bacino sulla guancia, facendola arrossire. Era diversa, in modo positivo, vestita con le prime cose che capitano - anzi, la prima cosa che le è capitata - e struccata, continuava ad essere bellissima agli occhi di Calum, che nel frattempo stava asciugando i capelli in modo un po' troppo violento.
«Dammi qua, faccio io» suggerì teneramente la ragazza, prendendogli il phon dalle mani e alzandosi sulle punte per riuscire a fare un buon lavoro. Le sue mani, piccole e delicate, gli accarezzavano dolcemente i capelli, ed il ragazzo si abbandonò a quella piacevole cura, nonostante i vestiti che indossava erano leggermente più grandi della sua abituale misura e per questo gli davano un leggero senso di fastidio.
«Grazie» mormorò lui, constatando che i suoi capelli non erano mai stati così morbidi e poco spezzati.
«E' il minimo» rispose la bionda, continuando ad asciugarsi i capelli dal momento che era stata interrotta.
«Lascia, faccio io.» Calum le sorrise, prendendo in mano il phon e ridendo quando la ragazza gli intimò di essere delicato, dato che non era un giardiniere e lei si faceva male spesso e volentieri. Le accarezzò i capelli, memorizzando il loro odore, districando i nodi con le dita e fissando il suo volto soddisfatto allo specchio posto davanti a loro. Le accarezzò il collo, liberandolo dai capelli e lasciandoci un bacio sopra, per poi sorriderle e vederla cogliere il gesto nel riflesso. «Sei sempre bellissima.» Spense il phon, appoggiandolo a terra, per poi prenderle una mano e farle fare un giro su sé stessa, sentendo la sua risata viva riempire l'aria che li circondava. La attirò poi a sé, alzando le mani incrociate insieme e portandola contro il suo petto, abbassandosi per baciarla. Stringendola a sé sentì il suo cuore battere unisono al proprio, così forte da dare l'idea che stessero per scoppiare da un momento all'altro. Dal canto suo, Hailie non si era mai sentita così vicina ad una persona, non solo fisicamente. Strinse le braccia intorno al suo collo, cercando di ricordare quel momento perché, era sicura, non sarebbe successo di nuovo. Quando entrambi, per mancanza di aria, si staccarono dalle labbra dell'altro, indietreggiarono lentamente, soprattutto Hailie, che pareva confusa, più che altro, disorientata.
«Okay, va bene - iniziò a respirare profondamente - possiamo discutere a lungo riguardo a cosa sia stato questo bacio, come il precedente, oppure fare finta di niente» suggerì, portandosi una mano tra i capelli con fare disperato e nervoso.
Calum, però, aveva un'altra idea: «Oppure potremmo baciarci ancora.» Hailie, senza nemmeno pensarci, gli circondò i fianchi con le gambe e il collo con le braccia, posando di nuovo le sue labbra su quelle del ragazzo, che rimase sorpreso da quel gesto così improvviso e, sì, anche spontaneo. «Non c'è rischio che torni tuo padre?» domandò Calum, riuscendo a formulare una frase disconnessa tra un bacio e l'altro.
«E' in Sardegna, torna tra una decina di giorni.» Ricordò le parole di suo padre mentre rassicurava Calum, dandogli il permesso di stare a casa per due giorni da scuola e poter invitare qualche sua amica a dormire, ma senza organizzare feste. Calum le accarezzò le gambe nude, facendola rabbrividire e stringendosi ancora di più al corpo del ragazzo, che parve soddisfatto. Le posò una mano sul sedere per evitarle una rovinosa caduta, senza troppa malizia, mentre con l'altra le accarezzava il viso. Hailie cercava di ragionare di nuovo, chiedendosi cosa diamine stesse facendo, perché era contraria a ciò fino a pochi minuti prima, quando le tornarono in mente le parole di Ashley quando le spiegava che l'avrebbe fatta letteralmente impazzire se non fosse successo qualcosa al più presto.
Calum la fece sedere sul letto, sedendosi poi di fronte a lei ed incastrando lo sguardo con il suo. Prendendole la mano iniziò a giocarci, sfregando il pollice sul dorso di essa, per poi incrociarne le dita insieme. «Sai cosa mi piace in un bacio?» domandò con voce flebile ed insicura, come se fosse stato il suo primo bacio, come se fosse stato un tredicenne insicuro*. Hailie scosse la testa, lasciandolo parlare: «L'attimo appena prima, quando senti le mani tremare, quando non senti più le gambe - fu interrotto da un tuono - quando il mondo gira e tu sei fermo a guardare i suoi occhi, è questo ciò che mi piace in un bacio.» Hailie, colpita da quella sua affermazione spontanea e naturale, si avvicinò alle sue labbra, rimanendo lontana due millimetri da esse, per fargli assaporare quel momento, nonostante il primo a cercare quel contatto fu proprio Calum.
«Tu non hai idea» gli intimò la ragazza, accarezzandogli le guance, «Dell'effetto che puoi fare.**» Calum le sorrise, baciandola di nuovo. «Vado a bere un bicchiere d'acqua» gli disse, alzandosi e lasciandogli un ultimo bacio, facendolo sorridere. Tornando in camera, Calum era sdraiato supino sul letto, nella fase pre-R.E.M.*** Le lasciò un ultimo bacio prima di addormentarsi, come se non avesse fatto altro fino a quel momento, come se non avesse bisogno di altro per andare avanti.
 
 
 
* E' un rimando al fatto che il primo bacio di Calum è stato a tredici anni.
** Palesemente copiata da Hunger Games, sapete che lo adoro dai.
*** Il R.E.M., ovvero Rapid Eye Movement, (rapido movimento dell'occhio) è quel millisecondo che trascorre giusto l'attimo prima di addormentarsi, e ripercorri tutta la tua giornata, ma in modo così veloce ed impercettibile che non ce ne accorgiamo. Anyway, se volete sapere qualcosa di più, googlate as the same.
 
 
Buon giorno, buon pomeriggio o buona sera, a seconda dell'orario.
Inizio a scusarmi perché ho scritto questo capitolo di getto, ci saranno parecchi errori ma non ho né il tempo né la voglia di ricontrollare tutto. Più che altro, manca la voglia.
Questo capitolo è stato un parto, ci ho messo tre giorni per finirlo e farlo diventare ciò che ho pubblicato.
Sembra tutto carino visto così, personalmente lo trovo molto precipitoso, in parte è successa anche a me una cosa così, oddio, sto descrivendo la mia vita e a voi non importa okay, ma vi assicuro che le cose si complicheranno, non so ancora come, ma lo faranno, perché sono entrambi due cretini e si lasceranno andare. Ho spoilerato parecchio, ma è troppo precipitoso, davvero, e in questo modo non mi piace. Ho anche pensato di riscriverlo ma poi mi son detta "Ma perché? Va bene così, cazzo!", e sono troppo pigra per riscrivere ben quattro pagine di Word.
Per ora ho delineato ben pochi caratteri, capirete di più quando parlerò anche di Katia e Jason, che sono quelli di cui ho scritto meno, forse perché ho in mente qualcosa, come al solito, ma non so stenderlo e farlo diventare qualcosa di decente.
Mi dispiace per il gatto, fino a quel momento stavo ascoltando Everybody's fool degli Evanescence e si nota perché è decisamente più depresso, per questo ho dato questo titolo al capitolo, mentre nella seconda parte ascoltavo musica random e si nota.
In pratica, scrivo in base alla musica che ascolto.
Concludo dicendo che il gatto non è morto, è uno spoiler enorme lo so, mi dispiace, ma non voglio lasciarvi così(?), perché il mio amico Puzzetto (Eray, se stai leggendo, capirai everything) non è morto e non morirà travolto da una macchina, non come un altro, lo so, è una brutta cosa.
Non avrei altro da dire, condoglianze a chiunque di voi abbia avuto una verifica di matematica la prima ora del lunedì mattina.
Saluto Katia, che non capisce un cazzo di questo sito e di come farlo funzionare, e volevo ringraziarla perché mi sopporta quando inizio a sfasare, le spoilero tutta la storia e parlo di quanto è fottutamente bello il cantante degli Onerepublic - perché insomma, è uno delle mie boy crush ed è altamente scopabile.
So che state leggendo, lasciare pure un recensione, giuro che non mordo, non sono Suarez.
Un bacio,
-Eom

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Capitolo 4
*** 4. Stop and stare ***


Daisies.
 
 
Appena aperti gli occhi, Calum fu accolto dalla luce mattutina che filtrava attraverso le tende, facendogli provare una sensazione di fastidio. Girato il capo, vide la cosa più bella che avesse mai visto in vita sua: Hailie era sdraiata, o meglio stravaccata, in quella metà di letto che avevano condiviso per la prima volta in modo quasi inconsapevole, i capelli sciolti le accarezzavano il viso, la bocca leggermente aperta, sul viso era dipinta un'espressione rilassata e, insomma, era dannatamente adorabile. Si soffermò sulle guance rosee, accarezzandogliele con il palmo della mano, per poi cercare di alzarsi e notare che la mano della bionda che non era sotto il suo viso, era sul fianco del ragazzo, mentre cercava di trattenerlo, seppure nel sonno. Cercò di spostarsi senza svegliarla, ma appena avvertì la mano sul materasso, la ragazza mugugnò contrariata, facendo sorridere Calum che, per tranquillizzarla in qualche modo, le lasciò un bacio sulla fronte, vedendola sorridere nel sonno, e allontanarsi. Al piano di sotto cercò la cucina, per poi sedersi su una delle sedie e telefonare a Luke, nonostante fosse pieno orario scolastico."Luke ti prego, rispondi" pensò distratto, mentre sgranocchiava un biscotto.
«Calum muoviti a parlare, hai tre minuti di tempo, poi torno in classe.» La voce metallica di Luke risuonò attraverso la cornetta.
«Sono a casa di Hailie» sputò il moro, e fu sicuro che Luke fosse rimasto sorpreso.
«Siete andati a letto insieme?» domandò diretto, la frase pronunciata più velocemente del solito, la tensione era palpabile, non voleva tornare in classe tardi.
«Solo per dormire, non pensare male. E' una bella persona, credo che fra poco si sveglierà, è adorabile mentre dorme» commentò in modo sognante Calum, osservando distratto il suo biscotto.
«Amico, hai perso la testa per lei.» Luke riagganciò, senza dare tempo al moro di rielaborare la frase.
Calum scosse la testa, come per scacciare il ricordo di quella telefonata, ed in seguito risalì le scale, tornando in camera di Hailie che, appena lo vide, sorrise. Era ancora sdraiata, avvolta nelle coperte azzurro cielo, mezza intontita, come se fosse ancora partecipe del sogno che l'aveva accompagnata durante tutta la notte. Solo allora il ragazzo si accorse di indossare ancora i vestiti del signor Foster così, con la scusa più stupida che avesse mai detto, si allontanò da casa della ragazza. Quest'ultima sapeva che il giorno precedente era stato un incidente, loro non erano innamorati l'uno dell'altra, quei baci e quei gesti, quelle piccole attenzioni che si erano riservati, quegli sguardi che si erano scambiati, tutto ciò non significava assolutamente niente, e niente sarebbe significato.
Afferrato il telefono, scrisse ad Ashley che sarebbe andata da lei e, senza aspettare risposta, si alzò dal letto, indossando la prima cosa che trovò a portata di mano ed un paio di jeans, uscendo subito da casa, senza truccarsi e legando i capelli alla bell'e meglio in una coda di cavallo, camminando spedita verso casa di Ashley, nemmeno notando che le aveva risposto. Non importava cosa le avesse detto, perché di sicuro non era un no, lei c'è stata fin da subito, fin dalla lezione di arte di sei giorni prima. Nonostante il poco tempo passato insieme sembrava si conoscessero da una vita, ognuna sapeva come far star meglio l'altra, conoscevano reciprocamente i propri punti deboli e non avevano problemi a parlarne. Non ebbe nemmeno il tempo di suonare il campanello che le braccia di Ashley la accolsero, stringendola a sé e accarezzandole dolcemente la schiena.
«Grazie di esserci sempre» mugugnò Hailie, stringendo l'amica a sua volta e incastrando il viso sulla sua spalla, odorando l'odore di cannella che i suoi capelli emanavano.
«Raccontami tutto, vieni.» Le prese la mano, portandola in camera sua, dove Hailie si svuotò. Diede corda libera a tutte le sue preoccupazione, i momenti passati con Calum, le sue paure, i suoi sentimenti, ed anche una buona dose di lacrime. «Davvero non capisci?» le domandò Ashley, incredula. La sua amica era parecchio intelligente, aveva intuito parecchie cose durante parecchi corsi, ma quando ci si metteva, era peggio di un masso. Si stupiva di quanto avesse gli occhi - ed il cervello - velati, perché perfino un cieco ci sarebbe arrivato: quei due si amavano. Ashley non aveva assistito direttamente alla scena, ma di come ne parlava l'amica, di come si erano sfiorati, di come si erano baciati, di come si guardavano e parlavano, insomma, non erano cose da lasciare dimenticate, andavo considerate. Ashley diede un'occhiata veloce all'orologio, era quasi l'orario di chiusura della scuola, con una scusa liquidò l'amica e, appena si diede una sistemata per apparire meglio di ciò che era, corse fino alla scuola, in tempo per fermare Ashton Irwin, che nel frattempo era andato a prendere Luke e Michael*, l'unico di quel gruppo con cui aveva un minimo di rapporto.
«Ashley, non credo tu debba farti vedere qui dopo che non sei venuta a scuola» la rimproverò proprio il diretto interessato, sorridendo con- Oh Dio, che bel sorriso che ha.**
«Devo parlarti, in un posto tranquillo e lontano da orecchie indiscrete.» Gli prese la mano e lo trascinò ad un parchetto a poco distante dalla scuola. «Allora - iniziò, senza separare le due mani - sei al corrente di ciò che succede tra Calum ed Hailie?»
«E' peggio di Beautiful*** questo rapporto, ci ho capito poco, ma qualcosa ci ho capito» annunciò Ashton, spostando lo sguardo sulle due mani intrecciate, senza aver intenzione di dividerle. «Ho capito solo che si sono baciati, Calum non parla molto di ciò, non volentieri. Credo che Michael sia quello che ne sa di più.» Ashley non poté evitare di assumere un'espressione contrariata: Michael non le stava particolarmente simpatico, forse perché aveva fatto più tinte di lei, forse perché non amava il suo carattere, inizialmente parecchio scontroso. E lei, oltre quell'"inizialmente", non era mai andata.
«Cerca di scoprire qualcosa di più, ti prego» lo implorò la ragazza, mentre lui, per tranquillizzarla, le sfregava il dorso della mano con il pollice, in un gesto che sapeva la faceva impazzire e la tranquillizzava allo stesso tempo. Appoggiò, inconsapevolmente e sopraffatta dalla stanchezza, la testa sulla sua spalla, socchiudendo gli occhi e beandosi del leggero rumore che provocava il suo naso mentre respirava, respirando l'odore della sua pelle candida. Decise di non lasciarle la mano per cingerle un braccio intorno alle spalle, preferivano entrambi quel contatto.
«Ti va di uscire, un giorno?» domandò Ashton, guardandole i capelli porpora posarsi sulla sua spalla. Ashley lo guardò, un sorriso si dipinse immediatamente ed involontariamente sul suo viso, annuendo convinta.
Il cervelletto è posto nella parte posteriore del cranio, l'organo più delicato che sia presente nel corpo umano, comanda tutte le azioni involontarie, come il respiro o il battito cardiaco, ed in quel momento aveva preso il controllo delle espressioni facciali di Ashley; non aveva mai sorriso per così tanto tempo di seguito, le faceva male la mascella, ma non le importava, perché di fianco a lei c'era Ashton e niente era importante come sapere che era lì.
 
Calum si portò le mani tra i capelli, grugnendo e attirando l'attenzione di una signora che camminava poco distante da lì. La fulminò con lo sguardo, facendola camminare spedita verso la destinazione da lei agognata. Si alzò subito dopo, scagliando un pugno contro la panchina, sbucciandosi le nocche della mano e vedendo la pelle viva e più rosata entrare a contatto con l'aria, bruciando in modo sopportabile ma comunque fastidioso. Sei un idiota, Calum pensò, Un fottutissimo idiota. Camminò, anzi, corse, fino a casa, afferrò un post-it scrivendoci sopra qualcosa, per poi correre fino a casa della ragazza, facendolo passare sotto la porta, correndo via di nuovo.
E camminò tanto, quel giorno.
Contò i passi, per la prima volta, erano quattromilaseicentonovantadue.
Pensò che sarebbe stato carino fare lo stesso percorso tante volte e contare ogni volta i passi, per vedere se da un giorno all'altro sarebbe cambiato qualcosa. Cambierebbe per forza, nessuno compie esattamente lo stesso percorso ogni giorno.
Scosse la testa, liberandosi da quei pensieri, e pensando solo ad Hailie, anche se doveva cercare di distrarsi.
Non ce la faceva.
 
Hailie aprì la porta di casa, e la prima cosa che vide fu un post-it di colore giallo sul pavimento, appena davanti alla porta. Riconobbe la scrittura di Calum dalle poche volte che l'aveva visto scrivere sul quaderno di matematica, e quelle parole la ferirono come non mai.
È stato tutto uno sbaglio, mi dispiace.
Cadde a terra, le ginocchia non riuscivano a sostenere il suo peso. Dove aveva sbagliato? Cos'aveva che non andava? Perché lui se ne stava andando via? Perché, dopo quella notte?
Troppe erano le domande ma nessuno rispondeva, e Hailie, su quel pavimento freddo, aveva abbandonato tutte le sue lacrime.
 
 
 
* Ashton è stato l'unico dei 5SOS a non aver studiato al Norwest Christian College, infatti è andato al Richmond High School
** E' ciò che penso ogni volta che guardo una foto o una gif dove Ashton sorride. Sono tipo "Oh mio Dio, come fa", a volte lo dico pure, come in questo caso, interrompo qualsiasi frase e "Santissimi dèi". Spero di non essere l'unica che lo fa.
*** "Beautiful" è una telenovela nata parecchi decenni fa, inizialmente diffusa per radio ed in seguito, a causa del successo, fu spostata anche in tv. Gli attori spesso cambiano perché muoiono tutti e la storia è intricata, le scene sono brevi e ci vuole almeno un mese per vedere una scena completa. Spero di non aver risvegliato in voi la curiosità di provare a vedere questa serie, vi giuro che non ne vale la pena, a me personalmente non piace, poi Steffy è sempre in mezzo e non va bene, mi sta antipatica quella lì. A proposito, ora chiamo mia nonna per sapere se Liam e Hope si sono sposati. Sono almeno 36 episodi che si devono sposare E NON SI MUOVONO E MI PARTONO LE BESTEMMIE CAPITE ANCHE PERCHÈ C'È STO PICCIONE CHE SI METTE IN MEZZO E INSOMMA NO, LEVATI, OKAY? OKAY.


I remember the day you left. Tying a rock to your ankle, you said "I'm going to find a new world under the ocean". Guess you are enjoying yourself. I never seen you since.
Ricordo il giorno in cui partisti. Legandoti una roccia alla caviglia, dicesti "Sto andando a trovare un nuovo mondo sotto l'oceano". Suppongo tu ti stia divertendo. Non ti vedo da allora.
Paolo Raeli
 
Ho iniziato questo commentino con questa frase perché mi piace un casino, amo Paolo Raeli. Sono consapevole del fatto che è un capitolo corto, ma non sapevo come farlo continuare, e ora dovrei fare una ricerca sul mio paese ma sono qui a scrivere questo, con questo colo che è assolutamente adorabile. Sono successe tante cose, tra cui il mio compleanno e la morte di un mio parente lo stesso giorno, un po' di belle cose con il tipo che mi piace e, nulla, sono il solito casino.
Scusatemi, non è un bel capitolo, spero di riuscire a farmi perdonare, prima o poi.
Qualcuno mi aggiorna sulla posizione di Beautiful?
Ti mando un battito, saluto tutte le anime che stanno leggendo e abbraccio tutte quelle che hanno recensito, davvero, mi fate sorridere.
Utilizzo questo momento per farmi spam, allora:
se volete passate dalla mia OS gialla su Luke, che trovate sempre qui, sempre su questo profilo
o su Wattpad, sono xcalumsgiggle
Domani ho il test d'inglese e mi sto cagando sotto, quindi vado a ripassare.
Fai il liceo linguistico, dicevano. Sarà divertente, dicevano.

Poi volevo festeggiare le duecento visualizzazioni al primo capitolo, siete tanto carin*, davvero.
Ora evacuo, un bacino a tutte voi.

-Eom

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Capitolo 5
*** 5. Amnesia ***


Daisies.
 
 
 
Inizio questo capitolo avvisandovi che è basato interamente sulla canzone 'Amnesia' dei 5sos, per aggiungere un po' di atmosfera e di sottofondo a questa parte di storia aprite Youtube e mettetela, inserite il cd e andate alla traccia 12, mettete le cuffie al cellulare e schiacciate "play", spegnete la luce, prendete una coperta e non importa il caldo, non importano i 30 gradi, rintanatevi in camera e non uscite fino a fine capitolo. Basta solo che sia questa canzone di sottofondo, spero ne valga la pena.
Ci vediamo più giù, bacini~
 
 
 
 
I drove by all the places
we used to hang out getting wasted
 
 
Calum stava camminando, dove, non lo sapeva esattamente. Il panorama della periferia di Sydney gli passava sotto agli occhi, mentre si guardava intorno, notando particolari di cui non era mai venuto a conoscenza.
Non riusciva a fare a meno di camminare, in quel momento, sembrava l'unica cosa che potesse calmarlo, che potesse mantenerlo lucido, che potesse impedirgli di prendere a calci qualsiasi cosa gli capitasse a tiro, come il vecchio servizio da tè di tua madre, come la porta del bagno, come la sedia di plastica che di sedia, ormai, aveva ben poco, ridotta ad un ammasso di materiale bianco e tagliente. Aveva rovinato tutto, continuava a ripeterselo mentalmente, come se potesse attenuare il rimorso e la colpevolezza di ciò che aveva fatto, facendo soffrire sé stesso ma, soprattutto, Hailie.
Trovava odiose le persone con un sorriso bellissimo che, non sorridevano. In quel momento, si era sentito, una persona squallida, qualcuno da disprezzare, perché quel sorriso bellissimo, l'aveva rovinato lui, era colpa sua se non sorrideva ed era una brutta cosa, perché nessuno merita di non sorridere per merito di una persona. Passò davanti scuola, dove la incrociava ogni giorno in corridoio, mentre sorrideva felice con Ashley o Katia e Jason, mentre lui non l'aveva mai avvicinata, limitandosi ad osservarla da lontano o vedendola dipingere i suoi sentimenti colorati su una tela bianca, presto intrisa di lei. Passò davanti alla biblioteca, indugiando al suo ingresso, per poi decidere di continuare a camminare sulla strada, mentre pensava a quando l'aveva vista per la prima volta mentre cercava di raggiungere un libro su uno scaffale troppo in alto per lei. Non l'aveva mai ammesso, ma amava sentire la sua testa tra il suo petto ed il suo mento mentre l'abbracciava, sentirla così piccola e fragile, come qualcuno a cui si può far del male semplicemente sfiorandolo, avendo paura di romperla con un solo movimento brusco.
L'aveva rotta lo stesso, però, allontanandosi da lei, senza stringerla tra le sue braccia.
Girando lo sguardo a sinistra, la prima cosa che notò fu un'enorme porta blu, che aveva oltrepassato solo due volte, per andare e per scappare dalla stessa persona. Il motivo? Era sconosciuto anche a lui, l'aveva fatto perché era un vigliacco, perché aveva paura di perdere di nuovo qualcuno, perché aveva paura di farla soffrire, perché non era ciò che lei merita. Lei meritava qualcuno che fosse come una rosa, mentre lui era pieno di spine, di spigoli.
Camminò davanti al loro solito spiazzo, senza però fermarsi, perché gli avrebbe fatto solo più male.
 
I thought about our last kiss
How it felt, the way you tasted
 
Nonostante ciò tornò a quell'ultima sera insieme, ferendosi ancora di più rispetto a quanto sarebbe successo se si fosse fermato, o forse no?, mentre era in camera sua ad accarezzarla per farla addormentare, stretti nello stesso letto, parlando di ciò che non avevano ancora capito ma a cui già erano in grado di pensare, unendo frasi sconnesse, interrotte da una miriade di baci, sentendo il sapore delle sue labbra plasmare le proprie, intrecciati da occhiate e sguardi così sconosciuti ma accoglienti da farli sentire a casa, una cosa sola che stava aspettando di essere riunita, un solo cuore in due corpi, un solo respiro inalato da due persone diverse.
Ricordò particolarmente l'ultimo che si erano scambiati, mentre lei fremeva sul suo corpo caldo, tremando ma non di freddo, mentre bramava le sue labbra sulle proprie per l'ultima volta prima di dormire, una specie di antidoto per non avere la notte e le seguenti tempestate di incubi, cercando un contatto maggiore tra i copi, incastrandoli, nonostante cozzassero e gli spigoli si facevano sempre più vivi, non riuscivano a completarsi totalmente, ed era sicura che non ce ne sarebbero stati altri, ma non sapeva che entrambi si sarebbero rotti così.
Pensò a quando le lasciò l'ultimo sulla fronte, appena dopo che l'accolsero le braccia di Morfeo, mentre le accarezzava i capelli che odoravano di cocco, mentre respirava profondamente, e non si era mai sentito più in pace con sé stesso, con il mondo e con una persona. Si era sentito parte integrante di qualcosa, qualcosa di bello, senza limiti umani, si era sentito una cosa sola con quel corpicino raggomitolato contro il suo petto, così fragile, che sembrava non volerlo lasciare mai, e probabilmente lo desiderava ancora al suo fianco, era lui che l'aveva lasciata andare.
Come con la sabbia, che se la stringi forte ti scivola dalle dita, mentre se tieni la presa leggermente allentata, ti resta sulla mano.
 
And even though your friends tell me you're doing fine,
are you somewhere feeling lonely
even though he's right beside you.
When he says those words that hurt you
do you read the ones I wrote you
 
Notò Ashton, che camminava mano nella mano con Ashley, felici come avrebbero dovuto essere anche lui ed Hailie. Decise di fermarla, nonostante avrebbe rischiato un ceffone in piena regola sul viso. «Ashley - la richiamò, ottenendo l'attenzione di entrambi - come sta Hailie?» domandò abbassando lo sguardo, schifato dalle proprie parole, dai propri gesti, da sé stesso. Ashley divenne chiaramente scura in volto, fissandolo sprezzante, per poi borbottare un «Bene.»
Calum si sentì un vero e proprio schifo, salutando entrambi e avviandosi verso qualsiasi altro posto. Era raro che, un ragazzo così, generalmente etichettato dai veri conoscenti come dolce, docile, sentisse di odiarsi, perché non aveva mai odiato nessuno, l'odio era un sentimento che non aveva mai provato, ma in quel momento sentì di esserne pieno per sé stesso. Stava per esplodere, doveva fare qualcosa per sistemare quella situazione.
Ed essendo sincero, vedere Jason e Hailie insieme, non lo aiutava. Aveva sempre osservato il primo, soprattutto a scuola quando li vedeva insieme, era palese che avesse una cotta delle dimensioni dell'Empire State Building* per lei, e a Calum non piaceva, perché la sentiva come qualcuno da proteggere, qualcuno da separare dalla realtà per farle vivere una favola, per farla felice ad ogni costo. Sarebbe stato pronto a sparire dalla sua vita solo per vederla sorridere, perché per la sua felicità, avrebbe volentieri rinunciato alla propria. Riusciva a capire che si sentiva sola in quel momento, lo capiva da quello sguardo assente, dalle espressioni facciali poco accentuate, dal fatto che non sembrava aspettare altro che allontanarsi da lui.
 Riuscì ad avvicinarsi a loro, senza fare troppo rumore o dare nell'occhio, abbastanza per ascoltare ciò che si stavano dicendo e non rimase sorpreso quando percepì un invito ad uscire, ovviamente da parte di Jason. A quel punto si girò, non gli importava di essere visto, voleva solo assistere alla scena, l'espressione di Hailie, ciò che gli avrebbe detto. Inutile dirlo, la ragazza lo notò e, senza scomporsi più del dovuto - cosa che Calum adorava, perché riusciva a contenersi, ed era una bellissima qualità dal suo punto di vista -, gli disse gentilmente che no, non era davvero pronta ad impegnarsi con qualcuno. Jason, percependo il disagio ed il dolore represso della ragazza, le disse che, ad ogni bisogno di aiuto, ci sarebbe stato per lei.
Calum si alzò dalla panchina, lanciandole un'ultima occhiata e allontanandosi senza far notare che era davvero felice che avesse declinato il suo invito, soprattutto notandolo, perché significava che provava ancora qualcosa, o almeno così pensava, mentre la sua mente ricorreva a quando le aveva scritto che se aveva bisogno di aiuto per prendere dei libri dallo scaffale più alto sapeva come contattarlo. Forse avrebbe dovuto andare lì da lei e baciarla, forse avrebbe dovuto dimostrare a Jason che non avrebbe dovuto nemmeno avvicinarsi a lei, forse avrebbe dovuto fermarla per non lasciarla scivolare via un'altra volta. Forse, ma adesso stava camminando nella direzione opposta, maledicendosi mentalmente e pensando a quanto cazzo è stato stupido, e a quanto continuava ad esserlo.
 
Sometimes I start to wonder was it just a lie,
if what we had was real, how could you be fine?
'Cause I'm not fine at all.
 
Pensava a come poter sistemare tutto, avrebbe dovuto scriverle? Una lettera, magari. Ma quando l'avrebbe vista? E poi è qualcosa di cartaceo, troppo oggettivo, troppo... non lo sapeva, ma non andava bene. Aveva bisogno di parlarle a voce, senza oggetti in mezzo, senza barriere, faccia a faccia, cuore a cuore**.
Non pensava che fosse successo tutto per un banale errore del destino, per degli istinti poco controllati, per gli ormoni a palla caratteristici della fase adolescenziale, perché secondo lui Dio era ancora lì, con quel grande puzzle tra le mani, a chiedersi dove erano finiti quei due pezzi che stavano così bene insieme. Non era una bugia, non poteva pensarlo dopo aver provato ciò che aveva provato e aver visto ciò che aveva da poco visto e sentito, perché una bugia, anche se detta dall'attore migliore del mondo, non è così realistica, ha sempre qualcosa di falso, ma quello, quello era tutto vero, qualcosa che gli attori non riconoscono nei copioni. Era qualcosa di concreto, di reale, così reale che stava sopprimendo entrambi, rompendoli un poco alla volta.
Perché se c'era un'altra cosa di cui Calum era certo, era che non stava bene.
 
The pictures that you sent me
they're still living in my phone,
I'll admit I like to see them
I'll admit I feel alone
 
Calum si sedette sulla prima panchina che trovò, osservando la gente che andava e veniva, ormai al termine di una giornata lavorativa. Appoggiando la schiena si rese conto che, nonostante fosse in mezzo a quella quantità di gente, come descriveva perfettamente Kirchner*** nei suoi quadri, si sentiva solo. C'erano sempre molti soggetti, nelle vie di Berlino di giorno e di notte, prostitute in fila, persone che, nonostante fossero circondate da altre persone, non guardavano mai negli occhi nessuno, isolandosi da qualsiasi persona gli camminasse accanto, diventando soli, circondati da un mare di gente. Decise di prendere il cellulare, senza ascoltare musica dato che era sprovvisto di auricolari, bensì sfogliando le foto della galleria, capitando su quelle che aveva scattato ad Hailie, di nascosto, a scuola, mentre dormiva, mentre era aggrappata al suo braccio nella notte, come se avesse paura di allontanarsi da lui.
In ogni caso, era successo.
Erano lontani, o meglio, vicini, ma mai abbastanza per toccarsi davvero.****
Era così concentrato a studiare ogni particolare di quelle foto, che ogni tanto gli faceva piacere riguardare, che nemmeno si accorse che Michael gli si era parato davanti agli occhi, con i suoi capelli verdi che si notavano tra la folla, facendolo apparire diverso, speciale, cosa che - agli occhi di Calum, Ashton, Katia e Luke - era. Calum pensò subito che Hailie dovesse conoscerlo meglio, ma poi si corresse, rinfilando il cellulare in tasca, pensando che se non avesse fatto subito qualcosa l'avrebbe persa per sempre, e non voleva questo, voleva semplicemente lei.
«Calum» lo richiamò Michael, come per risvegliarlo da uno stato di trance o da un sogno, «Vieni.» Senza obiettare, il ragazzo lo seguì, raggiungendolo a casa sua, per poi sedersi ai piedi del suo letto, come al solito, mentre Michael era appoggiato alla scrivania in legno di mogano, davanti al muro di mattoni scoperto. «Raccontami quello che devo sapere» gli intimò il... verde, mentre il moro gli spiegava tutto, appunto, fin dal primo incontro in biblioteca fino alla stessa mattina dove l'aveva lasciata sola. «Sei un idiota» concluse Michael, alzandosi e iniziando a camminare per la stanza, segno evidente che stava pensando.
 
All my friends keep asking me why I'm not around,
it hurts to know you're happy
and it hurts that you moved no.
It's hard to hear your name
when I haven't seen you in so long.
It's like we never happened was it just a lie,
if what we had was real,
how could you be fine?
'Cause I'm not fine at all.
 
«Michael, tu sai che non ho un brutto carattere, vero?» Michael annuì, fermandosi per un attimo. «E sai che mi fa piacere che le persone sono felici.» Michael annuì di nuovo a quell'affermazione, chiedendosi dove stesse andando a parare. «Ecco, eppure, in questo momento, non riuscirei a vedere Hailie felice con qualcuno che non sia io, perché sono sicuro che nessuno, nemmeno Jason, sarebbe capace di amarla almeno la metà di quanto la amo io.»
Michael lo fissò, riflettendo su ciò che aveva appena detto: «Giusto, ma ti fa soffrire il fatto che lei non è qui, che lei se n'è andata, ti senti uno stupido, vero? Insomma, hai perso Hailie - un brivido attraversò la schiena di Calum, che ormai non era nemmeno più abituato a sentire il suo nome - che è una bella persona, nessuno vorrebbe perderla, tantomeno tu, giusto?»
Calum si stupì di come riuscì a capirlo senza nemmeno chiedergli troppe cose, ma forse è successo perché erano amici, perché riusciva a comprendere come si sentisse con un solo sguardo, forse era proprio questo che significava essere amici: senza bisogni di domande né di risposte, grazie ad uno sguardo si capisce ciò che il compagno vuole dire.
«Sai cosa fare» lo ammonì Michael, smettendo una volta per tutte di camminare e sedendosi sul letto, facendo in modo di non guardare negli occhi Calum; odiava la sua espressione quando era triste. Era qualcosa di bello, lui, era qualcosa da trattare bene e non permettere a nessuno di fargli del male, perché, dopotutto, non lo meritava. Anche se, inconsapevolmente, aveva fatto soffrire Hailie, stava soffrendo anche lui. Non sapeva quanto stesse soffrendo la ragazza, ma sapeva che anche lui non stava per niente bene, non fino in fondo, non ancora.
Aveva bisogno di lei, e questo l'avevano capito tutti.
 
I remember the day you told me you were leaving,
I remember the make-up running down your face.
And the dreams you left behind, you didn't need them,
like every single wish we ever made.
I wish that I could wake up with amnesia,
and forget about the stupid little things.
Like the way it felt to fall asleep next to you,
and the memories I never can escape.
 
Calum aveva capito cosa doveva fare.
Aveva ricominciato a camminare, la distanza da coprire non era molta ma non era comunque dietro l'angolo, decise di non prendere alcun autobus o mezzo di trasporto, voleva pensare ad un discorso di senso compiuto senza fermarsi dopo la prima frase. Per tutto il pomeriggio non aveva fatto altro che camminare, sentiva il bisogno di smaltire la tensione, mentre ora non faceva altro che accumularla, come si accumulavano i pensieri nella sua mente.
Ci sarà per tutti un giorno, ti alzerai, dirai "fanculo tutto" e farai tutto ciò che hai davvero sempre voluto, compreso dire alla persona che ami che la ami, e anche se magari non ricambierà tu sarai felice, perché hai fatto ciò che sentivi di dover fare e starai bene. Quel giorno, toccava a Calum.
Cercava di riordinare un discorso mentale, il tragitto verso di lei non gli era mai sembrato così lungo e, allo stesso tempo, così vicino. Come quando sei all'inizio di una corsa, e la fine non sembra poi così lontana, ma il percorso non è mai stato così lungo.
Ma nemmeno ci faceva caso, lui, al fatto che mancavano poco più di due isolati ad arrivare a quella grande porta blu, non aveva molto tempo per pensare a cosa dire, nonostante gli sforzi non riusciva a organizzare una tabella di marcia, qualcosa con cui iniziare a parlare, come parlarle, con che tono, cosa fare per non rischiare di perderla di nuovo. Non aveva idea di cosa sarebbe successo se fosse andato fino a casa sua, sapeva solo che, in quel momento, era la cosa giusta da fare.
Non sentiva alcuna pressione, nemmeno quella sensazione allo stomaco che prova prima di fare qualcosa di importante, come, non importava.
L'importante era farlo, non gli importava altro se non sapere che Hailie sapeva ciò che provava per lei.
La porta blu era posta davanti a lui, ancora davanti ad essa, diventato d'un tratto più insicuro. Dai, Calum, pensava, schiaccia il campanello, lei scenderà e andrà tutto bene. Quando premette il dito e sentì il leggero rumore del campanello, seguito da quello della maniglia, e capì che in quel gesto, di sbagliato, non c'era nulla. Non sapeva cosa dire né cosa fare, ma era la cosa giusta ed era giusto così.
 
If today I woke up with you right beside me,
like all of this was just some twisted dream,
I'd hold you closer than I ever did before,
and you'd never slip away
 
«Calum» disse lei. Non era un richiamo, nemmeno una domanda, forse era una specie di saluto.
«Hailie, so che vorresti prendermi a pugni e non ti biasimo, anche io lo farei, volevo solo parlarti, perché so di essere un idiota e so che non merito una ragazza come te, ne ho parlato anche con Michael, è convinto che tu sia una bellissima persona ed ha ragione perché lo sei, sei tutto ciò che un ragazzo può desiderare, ed io per primo ti desidero, una come te non va fatta scappare, ma sono stupido e ti ho allontanato io, perché appunto sono stupido e non ho saputo riconoscere subito quanto vali, o forse sì, ma mi sono accorto di tenere troppo a te quando poi ti ho persa.
Ti assicuro che vorrei svegliarmi in questo momento e vederti di nuovo attaccata al mio braccio, perché non ho mai dormito così bene come in quella notte passata con te, e non cambierà mai, perché sarai sempre tu. Vorrei tutto questo fosse stato solo un sogno e vorrei dimenticarmi di tutte quelle piccole cose, i tuoi sorrisi, le tue dita delicate che accarezzano le margherite e vorrei davvero destarmi, vederti al mio fianco e stringerti forte, non lasciarti mai più scivolare via come ho già permesso, perché io mi sono rotto e no, non sto bene, non ancora, non del tutto.»
Si fermò per qualche attimo, fissando Hailie, che non sapeva bene come prendere quella situazione. Lei? Come si sentiva? Cosa provava per lui? «Non mi aspetto che tu mi perdoni, né che tu torni da me.» Calum interruppe il suo flusso di pensieri, probabilmente facilitandole la decisione.
«Sei un fottuto idiota - sputò sorridendo, senza rabbia nella voce, non troppa - ma mi sei mancato da morire.»
Lo abbracciò, stringendolo come non aveva mai fatto, e sentì che sì, era davvero idiota, ma era lì il suo posto.
 
 
 
 
 
 
* Grattacielo di New York, probabilmente il più famoso (forse dopo le Torri Gemelle, le conosciamo tutti per la tragedia del 09/11, ma non ci sono più e non le considero dei grattacieli) e, dopo il crollo delle Twin Towers, anche il più alto. Vi assicuro che anche dal vivo è una meraviglia, stare lì con il vento che ti scompiglia i capelli, osservando gran parte di Manhattan e riuscendo ad intravedere anche Brooklyn ed il Bronx - mi pare-. E' meraviglioso essere anche all'ottantaduesimo piano, non solo perché hanno girato lì una parte di Percy Jackson e gli dèi dell'Olimpo - Il ladro di fulmini (e quindi ho camminato dove ha camminato anche Logan Lerman aw, che bello), semplicemente perché ti sembra di avere il controllo di tutto e tutti e ti senti... invincibile, e non c'è nulla di più bello che provare questa sensazione. Fidatevi, New York è una città da vivere.
** Rimando a Heart to heart di James Blunt, un amore, anche in concerto. La canzone dice Eye to eye, heart to heart (occhio ad occhio, cuore a cuore) ma il significato è quello nel testo.
*** Un pittore, mi pare dei Fauves ("bestie" in francese), che dipingeva persone sole, nonostante fossero circondate da molte altre persone, se volete sapere qualcosa di più googlate come al solito.
**** "Alice e Mattia si scoprono strettamente uniti eppure invincibilmente divisi, come quei numeri speciali, che i matematici chiamano primi gemelli, vicini, ma mai abbastanza per toccarsi davvero." (La solitudine dei numeri primi, di Paolo Giordano)



SNAP OUT OF IT!
Salve a todo el mundo, como estas?
Sono successe delle cose bellissime, allora.
Praticamente volevo postare più in là questo capitolo ma sono felice e volevo condividere la mia gioia con qualcuno.
In pratica ho preso otto e mezzo in inglese, sei e mezzo e sette in latino (in latino!), ho fatto un tema che nemmeno Umberto Eco e la verifica di spagnolo è sicuramente andata bene, ma insomma, la vera bomba è...
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otto e mezzo in matematica! Otto e mezzo! In matematica!
Poi in pratica scambiano me e quello che mi piace per fratelli, mi diverte un casino questa cosa, soprattutto perché un suo amico ogni volta che mi vede mi indica, lo chiama e fa "Hey, c'è tua sorella!", lo adoro, domani cercherò di capire come si chiama perché sto con lui prima di entrare a scuola ma non so il suo nome. Siamo una ventina e io sono la più bassa, mica posso ricordarmi tutti i loro nomi. Il mio metro e cinquantasei di altezza non me lo permettono.
Vorrei salutare Ruben perché sì e perché è simpy e non sa nemmeno come mi chiamo probabilmente ma fa niente, mi fa compagnia sull'autobus - stando zitto e continuando ad ascoltare la musica di merda che ascolta - tvb Robben - anche se di sicuro non legge questo e non legge qui.
Okay, passando alla storia.
Io continuo ad essere un casino quindi quello che leggete continuerà ad essere un casino.
Mi fareste molto felice se magari lasciaste una piccola recensione, perché non so nulla, se vi piace, se la devo eliminare, se devo salutarvi Rub... non so, ditemi voi, okay?
Io e gli Arctic Monkeys vi salutiamo.
Un bacio,
- Eom (e Alex Turner mlmlml)

 

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Capitolo 6
*** 6. Chandelier ***


Daisies.
 
 
Hailie rise, mentre il suo corpo ruotava tra le muscolose braccia del moro. Quando le sue scarpe poggiarono di nuovo contro il pavimento si accasciò tra le sue braccia, chiudendo gli occhi e cercando di non vedere il mondo che girava. «Davvero non te la sei presa?» gli domandò, con un tono bambinesco ed innocuo, che il ragazzo trovò assolutamente adorabile.
«Condivido la tua idea» rispose, abbracciandola e frenando l'impulso di baciarla. Non poteva, aveva promesso che non l'avrebbe fatto, non così presto.
«Grazie, Calum» sospirò, lasciandogli un bacio breve sul petto tonico e caldo, per poi stringerlo di nuovo. Una fastidiosa musichetta risuonò nell'aria, e la ragazza scattò, correndo nella stanza accanto per rispondere al telefono. «Ciao nonna!» esclamò, appena sollevata la cornetta.
«Hailie, tesoro.» La voce di sua nonna la raggiunse, apparendo ovattata e metallica. «Ho bisogno di aiuto, devo sbarazzarmi di alcune cose. Potresti venire da me oggi pomeriggio?» le chiese, sperando in un assenso, che non tardò ad arrivare.
«Ovviamente» esclamò poi, felice di poter rivedere sua nonna. «Posso portare un amico?» domandò poi, indugiando leggermente sulla parola amico. Fu sicura che sua nonna stesse annuendo mentre acconsentiva, prima di attaccare, ma non senza schioccare tre baci, come erano solite fare. Corse di nuovo in camera, gettandosi sul moro, sdraiato sul letto, facendolo gemere contrariato. Ridacchiò, sdraiandosi beatamente su di lui, ignorando le sue continue lamentele sul fatto che fosse fastidioso averla spalmata addosso. «Non lamentarti» gli impose, sedendosi sul suo addome senza alcun segno di malizia dipinto in viso.
«Non lo sto facendo» ribatté lui, alzando le mani in segno di resa.
«L'hai fatto fino ad un attimo fa» rispose lei a tono, puntandogli un dito al centro del petto.
«Mi piace questa situazione.» Le posò le mani sulle natiche, stringendole leggermente e ridendo quando gli tirò uno schiaffetto sulla guancia, togliendo immediatamente le mani da quel punto del suo corpo. «Comunque, chi era?» le chiese, avvertendo un'ondata di gelosia attraversargli le ossa.
«Mia nonna» rispose, prendendogli una mano ed iniziando a giocarci. «Andiamo ad aiutarla a mettere a posto alcune cose oggi pomeriggio» aggiunse, sdraiandosi ed incastrando la testa nell'incavo del suo collo, lasciando che le sue mani gli accarezzassero dolcemente la schiena. Si abbandonò a quel leggero tocco, meravigliandosi per l'ennesima volta, dopo le innumerevoli volte in cui l'aveva toccata, di come delle mani così grandi potessero essere tanto delicate.
«OK» assentì lui, stringendola, godendosi quel momento, intrappolato in quel bellissimo momento, come in uno di quei labirinti dove non trovi l'uscita, ma stai così dannatamente bene da non voler trovare l'uscita. Inspirò profondamente il suo leggero odore di cocco, dovuto al bagnoschiuma, che usava anche lui.
 
«Nonna!» esclamò Hailie, abbracciando la donna che le si era presentata davanti.
«Ciao patatina.» Ricambiò l'abbraccio, squadrando Calum, che si sentiva stranamente a disagio. «E tu, signorino?» domandò, staccandosi dalla nipote.
«Sono, ehm, Calum Hood, piacere di conoscerla» azzardò, porgendole la mano. Nessuno gli aveva spiegato come doveva comportarsi, e fu certo di sentire il calore irradiarsi sulle sue guance.
«Suvvia, dammi pure del tu, giovanotto!» esclamò, piena di vita, nonostante le sue ginocchia dessero l'idea di poter cedere da un momento all'altro. «Hailie, ho bisogno di te in camera, e tu, guarda se tra i libri c'è qualcosa che ti può interessare.» Afferrò il polso della ragazza, trascinandola in camera, mentre Calum si dirigeva verso uno scaffale pieno di libri. «Questo è il mio vestito da sposa» annunciò, tirando fuori dall'armadio un vestito color panna dagli orli sporchi, che una volta erano color bianco latte. «Mi ha portato fortuna, perché tuo nonno per me è stata una benedizione.» Hailie lo sollevò davanti a sé, notando la vita stretta. Era a maniche lunghe, il corpetto rigido e bianco, la gonna bianca e aperta, interamente coperto di pizzo a fantasia floreale.
«È bellissimo» commentò, osservandolo attentamente.
«Provalo, amore» le suggerì la nonna, liberandolo dal sacchetto di plastica che lo ricopriva.
La ragazza si spogliò, rimanendo in intimo davanti a sua nonna, che la aiutò ad infilare il vestito. «Potrei prendere in prestito questo...» iniziò Calum, che era comparso sulla soglia della porta con un libro in mano, che cadde appena vide la propria amica con un bellissimo abito da sposa che, seppur rovinato, conservava il suo fascino.
«Vado a preparare un tè» esordì la nonna, camminando velocemente fuori dalla camera, lasciandoli soli.
«Sei, insomma, wow.» Calum la osservò di nuovo, come se tutto ciò fosse solo un frutto della sua immaginazione, che aveva esaudito la sua fantasia più dolce. «Sei davvero bellissima» disse poi, sospirando pesantemente.
«Grazie.» Gli sorrise, grata, guardandosi allo specchio, notando che le stava alla perfezione.
«Sembra fatto per essere indossato da te» si lasciò scappare il moro, osservando il sorriso della ragazza farsi più radioso. Le si avvicinò, abbracciandola da dietro e tirando fuori il telefono, scattando una foto allo specchio. Con uno strattone delicato la fece girare, trovandosi a poco spazio dalle sue labbra, e fu impossibile per lui non pensare ad un bacio.
«Calum, avevamo detto di rimanere amici per un po'» gli ricordò lei, appoggiando le mani sulle sue spalle, ma senza allontanarlo.
«Non devi lasciarti coinvolgere emotivamente, Hailie. Tu non hai la minima idea di quanto io voglia baciarti» le sussurrò, piegando la testa e strofinando il naso contro il suo collo niveo. Giunse poi alle sue labbra, e non esitò ad unirle alle proprie. Altro che non lasciarsi coinvolgere emotivamente, le farfalle erano dall'altra parte del mondo, perché lui, in quel momento, aveva milioni di uragani nello stomaco.
«Calum, io non...» iniziò la ragazza, prima di venire bruscamente interrotta.
«No, Hailie, adesso parlo io. So che avevamo deciso di rimanere amici, ma non è così che ti vedo. Soprattutto ora, con questo abito da sposa. Tu davvero non hai idea di come mi senta in questo momento, voglio aspettare anche io ma allo stesso tempo sento di poterti perdere da un momento all'altro se aspettassi troppo. Tengo tantissimo a te, e so che è presto per chiamarlo amore ma è la cosa a cui si avvicina di più.» Sospirò, afferrandole le mani e appoggiando la propria fronte su quella della ragazza, facendole abbassare lo sguardo. «Guardami» le impose, e lei alzò gli occhi, come stregata da quella voce. Si perse per un attimo in quelle pozze scure, e nonostante la vicinanza non riusciva a capire se i suoi occhi fossero neri o marroni, forse entrambi, e forse si stava davvero innamorando. «...perché io, senza di te, non riesco a starci.» Si riprese, osservando desiderosa le sue labbra, mordendosi le proprie per non baciarlo. Sospirò pesantemente, continuando il suo discorso. «Sai che in questo momento non puoi darmi quello che mi serve, e anche se tu per me significhi così tanto, posso aspettare che passi ogni cosa.» Si allontanò per un attimo, lasciando una sua mano per passarsela tra i capelli. «Sta succedendo davvero?» domandò retoricamente con voce spezzata, come se fosse sull'orlo delle lacrime e potesse precipitare in quel baratro da un momento all'altro. «Giuro che non sarò più felice di nuovo» aggiunse, mentre i suoi occhi iniziarono ad inumidirsi. Cosa fai, Calum? si domandò, guardando in alto e stringendo i denti, sbattendo ripetutamente le ciglia per non far cadere le lacrime. Tu non piangi. Strinse ancora di più i denti, approfittando di quel silenzio per parlare di nuovo. «E non osare dire che possiamo soltanto essere amici, perché non sono quel ragazzo che puoi raggirare.» Hailie lo sapeva. Sapeva tutto ciò che stava dicendo, lo sapeva anche prima che uscisse dalle sue labbra così rosee e carnose, che avrebbe voluto baciare fino allo sfinimento. «Sapevamo che alla fine sarebbe successo» concluse poi, amaramente, lasciandole la mano che le stava ancora stringendo. La stava lasciando andare, di nuovo. Due volte in meno di una settimana.
Si voltò verso la porta, senza nemmeno salutarla, e sperando di non trovare sua nonna, perché i lineamenti così simili l'avrebbero solo portato ad una confusione più grande. «Se puoi aspettare...» iniziò la ragazza, fermandosi per soffocare un singhiozzo. «Se puoi aspettare finché arrivo a casa, allora ti giuro che possiamo far durare questa storia.*»
Calum si voltò, i capillari oculari rotti che rendevano gli occhi rossi, come se ci bruciassero mille diversi fuochi al loro interno. «Non posso aspettare per sempre, Hailie. Lo sai benissimo.»
«Anche tu lo sai, Calum» sbottò lei, muovendo un passo all'indietro, allontanandosi da lui con uno sguardo quasi allarmato. «Calum, cazzo! Lo sai, che secondo me è tutto troppo affrettato. Avevi detto che mi avresti aspettata e invece no, non lo stai facendo.» I buoni propositi di mantenere un tono di voce basso si rivelarono inutili, dato che stava praticamente urlando. Pensò a togliersi il vestito da sposa, senza nemmeno contare che il moro fosse nella stanza e la stesse guardando. Si infilò di nuovo i vestiti di prima, trovandosi immediatamente più comoda. «Lo so che è difficile» aggiunse poi, sedendosi sul letto e prendendosi la testa tra le mani. «Lo so perché anche io vorrei baciarti» confessò.
«Ma tu non lo fai!» sbottò, infilandosi le mani tra i capelli. «È questo il problema, Hailie. Tu non agisci, capisci cosa intendo? Se vuoi fare una cosa ti scervelli cercando di valutare su una bilancia i pro ed i contro. Io invece agisco, e tu non ne capisci il motivo.» Le si avvicinò, stringendole le mani e baciandone i palmi. «Prova a lasciarti andare» le consigliò, senza distogliere il contatto visivo. Un intreccio di sguardi destinato a durare, forse? Come gli steli delle rose, un fiore così delicato ma con le spine. «Sei una farfalla, Hailie» concluse, cogliendo il suo stupore nello sguardo. «Le farfalle non possono vedere le proprie ali, così che non sapranno mai quanto sono belle. Tu non riesci a vedere la tua bellezza, un po' come loro. E sei una rosa al tempo stesso» continuò, baciandole l'anulare sinistro, causandole un brivido che le percosse il cuore, come se avesse seguito quel nervo che dicevano collegasse il cuore a quel dito.
«Ho le spine, Calum. Sono piena di spine» disse lei, fissandosi le mani, aspettandosi che le crescessero le unghie in modo disumano, mentre altre spine sorgevano dalla pelle delle sue braccia. Le sembrò di vederle, per un attimo, e l'immagine era così disgustosa che si sentì mancare, muovendo un passo all'indietro. E anche Calum le vide, quelle spine, stringendole le braccia le sentì mentre gli perforavano la pelle, un dolore atroce preceduto da una sensazione paradisiaca che lo mandava in estasi. Un po' come quando stava con lei. Stavano bene insieme, e poi litigavano, ed era peggio che pensare ad un milione di spine aguzze che ti trapassano la pelle.
Guardò fuori dalla finestra, stringendole delicatamente i polsi, ricacciando indietro quelle spine ormai fradice di sangue, mentre tornava ad essere la persona delicata che era sempre stata. «Cieli bianchi come i tuoi polsi quasi trasparenti» disse, guardandola con una strana dolcezza che balenava nel suo sguardo, lampeggiando come una luce, un'idea lampeggia nel buio.** «Ma sappi comunque che per le rose si sopportano le spine» aggiunse, avvicinandosi al suo viso e lasciandole un bacio sullo zigomo arrossato.
Singhiozzò. «Perché non riusciamo a non litigare, Calum?» gli domandò, e probabilmente non era una domanda retorica, perché lei voleva davvero saperlo, lei ci soffriva e lui avrebbe voluto risponderle, per non farla soffrire. Ma non sapeva.
«Non lo so, Hailie.» La strinse a sé, mormorando «Non lo so.» Appoggiò il mento sulla sua testa, stringendola ancora di più, sentendo i suoi respiri pungergli la pelle come altri aghi.
«Mi sento uno schifo, Calum» mormorò a sua volta, baciandogli il petto. «Cerchi di sistemare le cose, cerchi di assecondarmi e farmi stare bene, e riesco comunque a farci litigare.»
«Non è colpa tua, Hailie» la ammonì, accarezzandole i capelli. «Siamo diversi. Due idee diverse non convivono pacificamente» aggiunse, facendola sentire in colpa come non lo era mai stata.
Non aveva ufficialmente ucciso nessuno, ma lì, in quel momento, giurò di aver spezzato un rapporto bellissimo, probabilmente mai esistito. «Le tue parole mi feriscono, Calum» ammise, stringendolo ancora di più. «Le tue parole sono le spine.»
«È così, Hailie.» Abbassò lo sguardo, osservando attentamente le punte delle scarpe. «E tu sei il vero fiore, tu sei i petali.»
Scosse la testa, contrariata. «Nessuna rosa nasce senza spine.» Posò una mano sulla sua guancia, avvicinandosi e baciandolo. Rimase visibilmente sorpreso da quel gesto, ma non esitò a stringerla, attraendola a sé dai fianchi, facendo scontrare i due bacini e gemendo piano sulle sue labbra, che smorzarono quel verso. «Cal» lo richiamò, forse per accertarsi che era ancora lì. Le dedicò la propria attenzione, mentre accarezzava con l'indice ed il pollice una ciocca dei suoi lunghi capelli chiari. «Ricordi gli insiemi, in matematica?» gli domandò, e quando annuì si sentì incredibilmente stupida ad averglielo chiesto. Era un esempio ridicolo. «Prendi, ad esempio, l'insieme A. L'insieme A è posto in U, l'Universo, lo sai, che è composto da tutti i numeri esistenti. A li contiene tutti. Qual è il suo complementare?»
Calum sembrò pensarci su per un momento. «L'insieme vuoto.» Non capiva. Non capiva le sue intenzioni, dove volesse andare a parare.
«È un esempio stupido, lo so.» Ridacchiò, abbassando lo sguardo mentre le sue guance si tingevano di un rosa più acceso. «Ma è per farti capire che anche un insieme che ha già tutto ha un insieme che lo completa.»
Calum capì. Capì che era vero, uno di loro due era vuoto e l'altro aveva tutto, ma si sarebbero sempre completati a vicenda. «Mi completi, Hailie.» Le afferrò la mano, stringendola come se da ciò derivasse la sua vita. «Sarai sempre il mio insieme complementare.»
 
 
* You know you can't give me what I need, and even thought you mean so much to me, I can wait through everything, is this really happening? I swear I'll never be happy again, and don't you dare say we can just be friend, I'm not some boy that you can sway, we knew it's happen eventually. […] If you can wait 'til I get home, then I swear we can make it last.
And so this is If it means a lot to you dei A Day to Remember, e insomma la adoro tanto tanto tanto, davvero troppo, forse. Non credo si possa esprimere a parole, perché è davvero una meraviglia.
** One light, one mind, flashing in the dark (Green Day - Minority), adoro.
 
Wow, cioè, insomma, WOW, ma proprio WOOOOOW.
Okay la smetto, pardon.
In ogni caso, personalmente questo capitolo non mi convince molto e allo stesso tempo lo adoro. Giuro che ho sentito anche i Paramore, non solo Sia con Chandelier. Non vi importa ed è okay.
Avete visto che brava? Solo due rimandi. Insomma, wow, è tipo un record.
Tipo che poi Calum in questo capitolo mi piace un casino, cioè fa un po' lo stronzo e un po' e dolce, e tipo non so mi piace tanto, quasi quanto mi piace la voce del cantante dei The Fray. Cioè, avete sentito che meraviglia?
La mia prof di italiano dice che esco un po' dall'argomento del tema, e che uso troppo le parole "cioè" e "tipo", e credo abbia tipo ragione.
Okay giuro che la smetto davvero.
Bene, non credo di avere altro da dire, quindi fatemi sapere la vostra opinione, ci tengo!
E so che è un casino, ma anche io sono un casino, e tutto ciò si riflette nella storia.
Vorrei aggiungere altro ma sta iniziando Adam Kadmon Rivelazioni e devo correre.
Ti mando un battito, chiunque tu sia, ovunque tu sia.
- Eom.
 
P.S.: se vi va di passare a leggere anche la storia che ho postato su wattpad, e giuro che non vi mangio se lo fate, mi trovate come sanphlavar e la storia sarebbe Since I lost you.
Quindi bo, se passate mi fate davvero felice

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