Restart

di xingchan
(/viewuser.php?uid=219348)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo uno ***
Capitolo 2: *** Capitolo due ***
Capitolo 3: *** Capitolo tre ***
Capitolo 4: *** Capitolo quattro ***
Capitolo 5: *** Capitolo cinque ***
Capitolo 6: *** Capitolo sei ***
Capitolo 7: *** Capitolo sette ***
Capitolo 8: *** Capitolo otto ***
Capitolo 9: *** Capitolo nove ***
Capitolo 10: *** Capitolo dieci ***
Capitolo 11: *** Capitolo undici ***
Capitolo 12: *** Capitolo dodici ***
Capitolo 13: *** Capitolo tredici ***
Capitolo 14: *** Capitolo quattordici ***
Capitolo 15: *** Capitolo quindici ***
Capitolo 16: *** Capitolo sedici ***
Capitolo 17: *** Capitolo diciassette ***
Capitolo 18: *** Capitolo diciotto ***
Capitolo 19: *** Capitolo diciannove ***



Capitolo 1
*** Capitolo uno ***


Capitolo uno



Era ormai sera quando Edward e Ling terminarono i loro allenamenti settimanali in compagnia del loro vecchio maestro di arti marziali Fu in una sorta di scantinato che fungeva da palestra.
 
Quest’ultimo era sempre soddisfatto degli unici allievi ai quali aveva concesso le sue conoscenze dopo anni dedicati a riparare sempre ed esclusivamente automobili.
 
Inizialmente aveva riservato l’allenamento solo a sua nipote, ma ben presto decise di prendere quei due ragazzi così pieni di grinta. Lo avevano pregato praticamente giorno e notte per farsi addestrare da lui. Aveva declinato un sacco di volte, volendo dedicarsi al lavoro, ma poi si disse che non sarebbe stato un male prenderli come allievi.
 
Avrebbe voluto che si attardassero ad allenarsi almeno mezz’ora in più quel pomeriggio ma adesso era davvero ora di tornare a casa per i due giovani, nonostante fossero appena le sette.
 
Il giorno successivo sarebbe stato il loro primo giorno di terzo anno di liceo, e loro non potevano assolutamente far tardi. E neanche sua nipote Lan Fan, alla quale doveva ancora preparare la cena. Da lì a breve sarebbe tornata dalla passeggiata con le sue amiche conosciute durante gli anni delle scuole medie. Una delle poche passeggiate che si concedeva, e le concedeva, di fare.
 
“Va bene, per oggi può bastare!” disse il vecchio Fu con una punta di orgoglio.
 
I due ragazzi ripresero la loro posizione eretta, per poi salutarlo con un accentuato inchino. Senza fiatare, si diressero in una camera adiacente adibita a spogliatoio, dove si cambiarono di abiti e riposero il loro ji nei rispettivi borsoni.
 
“Da domani riprenderà il liceo! Non vedo l'ora!” esclamò Ling, esprimendo tutta la sua gioia anche nei movimenti, tanto da fischiettare persino qualsiasi colonna sonora di qualunque film gli venisse in mente al momento.
 
“E da quando sei così entusiasta di andare a scuola, me lo spieghi?” rimbeccò Ed, infastidito da tutta quella grinta.
 
Da dove caspita la tirava fuori? Pensare alla scuola era così opprimente... Personalmente, preferiva di gran lunga barricarsi in camera sua e concentrarsi sui suoi adorati libri di chimica su cui avrebbe basato tutta la sua vita, un giorno.
 
“Non sei eccitato all'idea?” chiese Ling sconcertato.
 
“No, neanche un po’… Che vuoi che ti dica?! È seccante studiare roba che non t’interessa.”
 
“Beh, io lo sono!” rincarò emozionato Ling sorridendo. “Sento che succederanno tante cose belle!”
 
“Dì la verità: hai soltanto voglia di vedere facce nuove...” sbottò Ed sornione. “Hai bisogno di staccare la spina dai tuoi fratelli e fartela con qualcuno della tua specie.”
 
“Forse…” replicò il suo interlocutore con naturalezza. “Peccato che la tua di faccia l’avrò davanti ancora per molto!” disse poi con bonaria ironia prima di scansare un calcio diretto ai suoi stinchi.
 
Stuzzicarsi a vicenda era sempre stato il loro passatempo preferito, perché li accompagnava la consapevolezza che l’altro non si sarebbe mai offeso irrimediabilmente.
 
“A proposito: come sta quella carogna combinaguai?” chiese poi ironizzando il ragazzo biondo, sapendo bene che Ling avrebbe capito al volo di chi stava parlando.
 
“Come sempre...” sospirò Ling, memore della reazione esagerata del suo consanguineo la mattina precedente. “Anche a lui non va giù l'idea di dover ritornare a scuola. Ma credo che questo tu già lo sappia...”
 
Quell’idiota si era lamentato per tutto il giorno con lui per averglielo ricordato, finendo con il calciargli il sedere in modo tutt’altro che elegante ed urlandogli in faccia di non cercarlo per nessun motivo al mondo, nonostante Ling sapesse dove andava a rifugiarsi ogni volta che usciva con quel pessimo umore.
 
Ma pensando a lui, Ling non poté fare a meno di allargare le labbra in un sorriso pieno di affetto. Certo, era il classico ragazzo burbero, poco amichevole ed un maestro nel cacciarsi nei guai, ma solo lui e Ed sapevano quanto egli fosse una persona buona ed onesta.
 
“Forse simulerà un mal di pancia, o roba simile…”
 
“Facciamo così:” propose il giovane Elric, tentando di trovare una qualsiasi maniera di sviare anche il suo rientro a scuola “io rimarrò a casa per una terribile influenza pestilenziale, mentre tu mi coprirai a dovere,” disse enfatizzando l’ipotetica gravità della sua fantomatica condizione “come solo un caro amico sa fare!” concluse infine, giungendo le mani a guisa di preghiera facendo tanto d’occhi.
 
Ling Yao lo osservò per qualche secondo, evidentemente inorridito da quella proposta di complotto, poi chiuse gli occhi con sufficienza tornando ad occuparsi della sua borsa. “Non se ne parla, Ed… Chiedi a qualcun altro, se vuoi…”
 
“E dai, Ling! Al non sa mentire, e Winry mi ucciderebbe!” brontolò. “Non ti costa niente fare una favore al tuo amicooo!!”
 
La voce implorante di Edward non fece altro che infastidire Ling che, a dir la verità, non ci mise molto ad esplodere.
 
“ED!” s’infuriò. “Ti faccio presente soltanto un solo, singolo dettaglio: ti ho già coperto un sacco di volte nei due anni passati; così tante che ora nemmeno il professor Armstrong, quello più abbordabile in queste cose, ci crede più! E adesso chiudiamola qui, ne ho abbastanza!”
 
Pronunciò le suddette parole con tale intransigenza da farlo letteralmente tacere, ma il silenzio di Ed non durò a lungo perché riprese a piagnucolare il suo dissenso tenendogli il broncio.
 
“Stupido Ling, sempre a fare il responsabile!”
 
Per quanto fosse divertente trascorrere del tempo con Ling, Edward non poteva fare a meno di sottolineare una certa rigorosità nei suoi modi di fare. Certo, aveva un carattere molto gioviale, e quando c’era da ridere, scherzare, divertirsi e mangiare era il primo a farsi avanti, ma egli era un ragazzo come pochi, che alla sua età già dimostrava di avere la testa sulle spalle.
 
Di questo, il giovane biondo ne era segretamente invidioso. Odiava ammetterlo, ma lui era sempre così impulsivo, e bastava poco per fargli perdere la ragione. Invece Ling Yao aveva un temperamento molto calibrato e riflessivo, pronto a caricarsi volentieri di fardelli anche più grandi di lui.
 
Responsabile, anche troppo.
 
“Domani vieni con noi a scuola?” chiese poi, ripresosi dalla sua crisi di pianto.
 
“No, prendo la bici. Sempre che qualcuno non me l’abbia già sfasciata.”
 
L’amico ridacchiò per qualche breve istante prima di chiudere il borsone sportivo ed issarselo sulla spalla destra. La stanchezza gli tormentava gli arti, ma era piacevole tornare a casa con quei dolori muscolari. Lo facevano sentire forte e vigoroso.
 
Si avviarono verso le scale che portavano su, verso l’ingresso dell’appartamento dietro l’officina.
 
L’odore di olio e di carburante era così intenso che quasi sembrava fuoriuscire dalla stanza accanto. Ma, abituati com’erano, non ci fecero caso. Salirono i gradini frettolosamente in un tentativo di rito competitivo che ormai si ripeteva da anni, ridendo ciascuno della ridicolezza dell’altro nel compiere simili imprese. Non appena l’ultimo gradino fu superato, Ling si bloccò all’improvviso. La porticina sulla destra, quella che dava direttamente all’abitazione di Fu, era stranamente socchiusa. Da quel minuscolo spiffero lasciato incustodito provenne una flebile voce di ragazza che molto probabilmente stava parlando proprio con il suo maestro. Stavano entrambi sussurrando.
 
Ignorando del tutto Edward che incedeva tranquillamente sicuro di avere il suo amico affianco, il giovane Yao si accinse a spiarvi all’interno, spinto dalla curiosità.
 
Fu stava discorrendo con una ragazzina con i capelli scurissimi come i suoi, anch’essa dai tratti orientali. Appariva così piccola e carina ai suoi occhi che quasi cedette all’istinto di sottrarla dallo sguardo accigliato del suo maestro, che increspava le folte sopracciglia bianche sempre di più mentre, ad ogni secondo che passava, la giovane assumeva un’espressione sempre più contrita e triste.
 
A Ling si strinse il cuore vedendola così.
 
“Ling? Che stai facendo?”
 
Sentendosi chiamare, sussultò violentemente. Era così assorto da ciò cui stava assistendo da dimenticarsi di Edward.
“Dobbiamo andare, forza!” esclamò il maggiore degli Elric, prima di afferrarlo per la giacca e trascinarlo fuori dall’edificio. “Si può sapere che stavi guardando?”
 
“Niente…”
 
Edward non parve convinto da quella risposta sfuggente. Anzi, si era alquanto insospettito da tutto quell’interesse. Ma al momento non gli interessava estorcere informazioni sul comportamento di Ling. Da tutti quei messaggi di suo fratello Alphonse che affollavano il suo smartphone poteva dedurre soltanto una cosa: che Winry avrebbe cenato da loro con sua nonna Pinako, la compagna di bevute di suo padre, ovvero l’unico genitore rimasto loro.
 
Arrivò un ennesimo sms proprio mentre svoltavano l’angolo di casa Yao.
 
“Proprio non vogliono capire che sono già in cammino!” sbuffò Ed. “Sarà il terzo messaggio che manda, scemo d’un fratello!”
 
“Ritieniti fortunato!” rise Ling. “Mia sorella mi chiama soltanto per prepararle la cena!”
 
“Quella schizofrenica ti darà filo da torcere in eterno!” ironizzò l’altro. “E anche a me…” concluse poi, diventando di un pericoloso colore verde.
 
“Probabile!”
 
Londra era così fredda quella sera che Ling stentava a credere che fosse ancora settembre. Il grigiore del cielo aveva accompagnato i cittadini per tutta l’estate, concedendo loro solo sporadici giorni lievemente assolati. Però, per quanto le condizioni atmosferiche fosse deprimenti, Ling amava quella città tanto quanto la sua famiglia. Dopo la morte della sua mamma, la prima signora Yao, suo padre aveva deciso di uscire dalla Cina ed andare in Inghilterra, dove aveva ricevuto una proposta di lavoro molto succulenta, per modificare il tenore di vita suo e dei suoi figli.
 
Ma anche lì ebbe un decesso che gli segnò l’esistenza, quello della sua seconda moglie. Abitare in quella città caotica non aveva giovato per nulla al suo stato sentimentale.
 
E aveva cominciato a cambiare notevolmente. Aveva praticamente una storia all’anno, fatte di lunghi weekend al confine fra l’Inghilterra e la Scozia. Ling poteva ben comprendere che la solitudine lo spingesse ad avere più di una avventura, ma era sempre lui a risentirne maggiormente. I suoi fratelli apparivano indifferenti alle sue assenza prolungate, ma solo perché occupati dagli amici e dalla scuola. Sembrava soffrirne solo lui.
 
E poi, gli sarebbe tanto piaciuto visitare quei luoghi. Erano così pittoreschi in fotografia!
 
Arrivarono al punto in cui dovettero salutarsi, davanti al cancello della villetta di Ling. Questi osservò perplesso le finestre dell’edificio, debitamente chiuse ed al buio. Forse non c’era nessuno.
 
“A domani!”
 
Munito del suo mazzo di chiavi, si inoltrò nel giardino che precedeva la porta principale.
 
Mentre incedeva per entrare, notò con puro orrore dipinto in volto che la sua bicicletta gialla era stata gettata ad un angolo del giardino di casa, con la ruota anteriore rovinosamente deformata, appena dietro l’alberello di mele.
 
Affranto, si batté una mano sulla fronte. Quello scemo gli aveva rotto ancora una volta la sua bici, senza curarsi di rimediare al danno. Quella doveva essere almeno la quinta che comprava.
 
Ora non gliel’avrebbe fatta passare liscia. Stavolta, lo avrebbe costretto a riacquistargliela.
 
Aprì la porta e la richiuse sbattendola, producendo un rumore tale da fracassare i timpani. Non contento, urlò “Sono a casa!” con quanto fiato avesse in gola pur di farsi sentire. Era visibilmente arrabbiato, ma adesso che sapeva che il responsabile dello scempio della bicicletta era in camera sua, poteva vederlo dalla luce elettrica accesa, l’avrebbe pagata cara.
 
Non ricevette la minima risposta e così fu costretto a dirigersi a passo di marcia verso la sua camera, su per le scale. Suo fratello era solito appisolarsi nella sua stanza con gli auricolari del suo iPod a tutto volume nelle orecchie, perciò non si stupì affatto della mancanza di una replica da parte sua.
 
Non ci pensò due volte ad aprire la porta senza bussare, incollerito com’era dall’atteggiamento poco rispettoso del congiunto.
 
“Insomma, mi vuoi risp…?!”
 
Del congiunto nessuna traccia, sebbene il suo zaino fosse a pochi centimetri di distanza dal letto. Forse l’aveva abbandonato per recarsi in bagno o in soffitta.
 
Verificò per primo il bagno. Anche se c’erano le luci spente, quel deficiente doveva essere per forza lì dentro, siccome Ling sapeva che soleva fare il bagno al buio, perché considerato più rilassante.
 
Così come aveva fatto per la sua camera, spalancò le porte facendo svegliare l’altro di soprassalto. Vedendo Ling si rasserenò un attimo, per poi prendere ad osservarlo torvo per qualche secondo buono prima di sbraitare a sua volta.
 
“CHE DIAVOLO VUOI, IDIOTA?!”
 
 
 
 
 
 
 
 
NDA
Alcuni di voi sapevano che avevo questa AU in mente già da millenni. La prima, per me! *-*
Sebbene abbia la storia già in mente (grossomodo, anche se non so quando riuscirò ad aggiornare) avviso fin da subito che non so che macello uscirà fuori, ma spero che sia di vostro gradimento e che vi faccia divertire.
Come avrete sicuramente capito, è dedicata al pairing LingXLan Fan (che novità, eh?… ^-^’), ma ci sarà anche dell’altro. Non so ancora se darò spazio anche agli altri pairing, ma di sicuro tenterò di dedicare almeno una particina a più personaggi possibili, oltre che ai diretti protagonisti della vicenda.
Un abbraccio a chiunque leggerà! :D
 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo due ***



Capitolo due
 


Greed stava ancora osservando con sdegno il suo gemello quando questi gli aveva urlato contro il motivo di tutta la sua veemenza. Non credeva possibile che Ling raggiungesse picchi così elevati d’ira per una bicicletta quando fino a quel momento ci aveva sempre passato sopra.
 
Un paio di sbuffi indispettiti, qualche scrollata di spalle e tutto ritornava come prima.
 
E poi, solitamente era sempre lui ad averla ragione in questioni del genere, ai tempi in cui Ling si faceva piccolo piccolo in sua presenza. Ma con il passare del tempo le cose erano cambiate: il ragazzo si era dimostrato forte caratterialmente, e difficilmente Greed riusciva a tenergli testa come una volta. Spesso lo faceva solo per divertimento. Poi ci rinunciava, preferendo lanciargli un’occhiataccia carica di sufficienza e ritirarsi.
 
“Hai rotto ancora la mia bici, deficiente! Va’ a ritirare il tuo scooter e lascia in pace le mie cose!”
 
“Ma sei stato tu a dirmi che potevo usarla!” si difese l’altro perfettamente padrone di se stesso. Non valeva nemmeno più la pena di arrabbiarsi, con un fratello praticamente tuo pari che in parte aveva ragione.
 
“Ti ho permesso di usarla, non di scassarla!”
 
“Beh, in sostanza è la stessa cosa, no?!” rimbeccò l’altro con la voce ora leggermente alterata dal nervosismo. Si avvicinò al bordo della vasca uscendone poi fuori, del tutto indifferente che ci fosse un’altra persona con lui.
 
Ling rimase interdetto da quella replica, ma decise di non perdere tempo ulteriormente. Le lancette dell’orologio quel pomeriggio sembravano correre a perdifiato, e presto la loro sorellina sarebbe rincasata dal corso di teatro che frequentava, sperando di essere ingaggiata dalla compagnia che tanto idolatrava.
 
Doveva essere divertente fare su e giù per il Regno Unito pensando soltanto a come mettere in scena al meglio l’“Otello” o il “Re Lear”, ripeteva spesso.
 
Mentre rimuginava su queste cose, Ling scese in cucina e rimediò la cena con qualcosa di normale e nutriente che trovò in frigorifero e in dispensa, ovvero spaghetti, soia ed affini. Le uniche cose che ritenesse idonee al momento, siccome Greed non faceva altro che comprare patatine, ketchup, roba surgelata e così via. Un atteggiamento largamente appoggiato da quell’altra, amante anch’ella di cibo spazzatura.
 
Borbottando fra sé, Ling richiuse la portiera del refrigeratore sbattendola, e fu proprio in quell’istante che una chiave schiuse la porta d’ingresso.
 
“Ciao Ling!”
 
May si fece avanti evidentemente spossata, ma felice. Il giovane rispose al saluto, chiedendosi come mai la sorella fosse così euforica.
 
“Indovina?” chiese tutta eccitata la piccola aprendo la borsa e cominciando a frugarvi dentro. Ne estrasse una serie di blocchi di fogli, uniti da enormi punti di spillatrice. “Ho avuto la parte di Lady Macbeth!” proseguì allegramente, saltellando come una molla da una parte all’altra e rischiando diverse volte di inciampare.
 
“Sono felice per te!” disse Ling, accovacciandosi alla sua altezza ed accarezzandole la testa e le sue lunghe trecce corvine. “Però ora vai a scioglierti i capelli e chiama quel pigrone; sicuramente starà già dormendo.”
 
“Vado a dirglielo subito! E anche a Xiao Mei!” sentenziò May prima di salire al piano di sopra.
 
Fin dal momento in cui lesse per la prima volta “Romeo e Giulietta” May perse letteralmente la testa per Shakespeare, finendo addirittura con l’intraprendere la frequentazione di un’officina teatrale gestita da un vecchio attore ormai ritiratosi al semplice insegnamento.
 
Per meritarsi una parte così difficile, la piccola May aveva sicuramente dato il meglio di sé in quei due anni, concentrandosi sulle sue doti naturali di attrice ed avvicinandosi sempre di più al mondo della letteratura.
 
Mentre pensava a questo, Ling era intento a tagliare le verdure con una maestria da far invidia alle casalinghe più esperte.
 
***
 
Di tutti i libri che Ling custodiva gelosamente nella sua stanza, non ce n’era nemmeno uno che facesse al caso suo. Molti erano romanzi attuali, piuttosto lunghi, e quelli meno consistenti erano tutti opuscoletti di saggistica. Greed preferiva quelli un po’ più datati, pregni di significati, scorrevoli e che non dessero per forza il classico lieto fine. Ma purtroppo, mentre faceva scorrere lo sguardo sui dorsi per diversi minuti, con i nervi a fior di pelle che man mano crescevano sempre di più, non riusciva a trovare qualcosa adatta a lui.
 
Era sul punto di mollare la ricerca, quando trovò finalmente due titoli che lui considerasse degni della sua attenzione: “Lo strano caso del Dr. Jekyll e Mr. Hyde” e “Frankenstein”. Sorridendo, sfilò entrambi dalla piccola libreria e si buttò sul letto del fratello, cominciando una lettura assidua del secondo.
 
Nel momento in cui arrivò nella scena del dissotterramento dei cadaveri, una delle più entusiasmanti per lui, ecco che spuntarono da sopra le pagine un paio d’occhietti cerchiati di nero che lo osservarono con curiosità.
 
Era la bestiolina che May aveva raccolto un anno prima dalla strada che aveva chiamato Xiao Mei, in onore della sua mamma scomparsa quando lei aveva soltanto qualche mese. Sua madre, perché May non era una vera e propria sorella, essendolo solo da parte di padre, ma lui e Ling l’avevano considerata tale da sempre.
 
Una sorellastra in teoria, ma non per questo meno amata dai suoi due fratelloni.
 
Ormai disturbato dalla creaturina, la guardò negli occhi a lungo visibilmente scocciato per poi prenderla con due dita per il dorso e portarsela davanti al naso.
 
“Stavo leggendo.” interloquì con rimprovero. La piccola panda prese a sudare freddo, incapace di concepire cosa quell’omaccione potesse mai farle di male.
 
Di certo, il suo aspetto non aiutava a captare completa serenità dalla sua persona. Non fosse stato per la sua straordinaria somiglianza a Ling, Greed sarebbe apparso molto più temibile.
 
Se il primo dimostrava molti di più dei suoi diciassette anni, Greed sicuramente lo precedeva. Appariva praticamente un adulto con quei lineamenti molto più pronunciati, la forma degli occhi molto più dura e le iridi violacee che avevano una pesante sfumatura rossa.
 
I capelli, che soleva portare legati in una lunga e morbida coda, identica a quella del fratello, gli donavano un’aria decisamente più irriverente rispetto a Ling. Non ci si sarebbe stupiti più di tanto se caratterialmente si fosse rivelato l’esatto opposto del suo consanguineo.
 
“Greed! Sai che ho avuto la parte che volevo? Ho vinto la scommessa!” disse May con un sorriso furbo entrando nella stanza sorprendendolo con il suo animaletto fra le dita, che non appena vide la sua padroncina cominciò a dimenarsi finché non cadde sulla coperta con un piccolo tonfo. Abbandonando la felicità iniziale, May per poco non svenne vedendo la sua amichetta nelle grinfie del fratello. Xiao Mei trotterellò verso di lei tutta spaventata per potersi schermare dallo sguardo rovente di Greed.
 
“Ah, sì?” bofonchiò il ragazzo. “Sicuramente stai bluffando, principessina!” replicò poi mettendosi a sedere ed incrociando le braccia.
 
“È tutto vero, uomo di poca fede! Perché non leggi, simpaticone!”
 
Gli si avvicinò, spiaccicandogli il copione in faccia con violenza, cosa che lo fece arrabbiare. Lo prese in modo brusco, leggendolo e riconoscendo le battute segnate con l’evidenziatore rosa, mentre la bambina gli puntava il dito contro, inveendo circa la sua vincita.
 
“Su, forza! Hai voluto scommettere cinque sterline, ricordi? Adesso tira fuori i soldi!”
 
Emettendo dei brontolii incomprensibili, Greed si tastò le tasche ed infilò le mani dentro e tutto ciò che ne trovò non poteva di certo bastare per soddisfarla: May aveva già sia e chiavi di casa che le cartacce di caramelle alla menta comprate qualche giorno prima.
 
Per fortuna, Ling li avvertì della cena.
 
“Te li darò domani. Promesso.” rispose infine, mentre May continuò a guardarlo in cagnesco.
 
***
 
Se si potesse descrivere il carattere di Lan Fan, sicuramente si opterebbe con un termine che sembra esser stato coniato apposta per lei: timida.
 
La sua vita trascorreva in compagnia dell’unico parente rimastole, suo nonno Fu. Un uomo spesso severo fino all’inflessibilità, ma che dimostrava verso sua nipote un amore incondizionato alquanto raro nella sua semplice trasparenza. Era disposto a morire per la sua bambina, ma nel suo smisurato affetto, rischiava seriamente di non darle sufficiente spazio, essenziale per un’adolescente alle prese con le prime esperienze con il mondo al di fuori di quello parentale.
 
Ma tutto questo non le impediva affatto di creare legami di amicizia con i suoi coetanei a scuola, sebben fossero abbastanza pochi a causa della sua estrema riservatezza, e di assumere atteggiamenti combattivi quando serviva. Perché sebbene suo nonno avesse tentato in tutte le maniere di preservarla da tutto ciò che non riguardasse le arti marziali e l’assoluta disciplina, Lan Fan aveva sviluppato un lato di sé più disteso e spensierato, pur non distruggendo la corazza che Fu le aveva cucito addosso.
 
Una corazza resistente e inscalfibile, ma che non poteva eguagliare la solidità interiore della ragazza. La sua caparbietà e testardaggine in certe situazioni si rivelava molto potente, ma solo quando serviva davvero.
 
La sua vita oscillava come un’altalena continua fra la scuola e casa, trascorrendo lenta e monotona, anche se ella riusciva a ritagliare del momenti alternativi, sia grazie alle sue poche conoscenze che alle attività che la scuola metteva a disposizione per permettere ai giovani di coltivare le proprie passioni.
 
Oltre a leggere libri fantasy e storici, a Lan Fan piaceva molto cantare. La sua timidezza però a volte le tirava dei brutti tiri, finendo con l’ostacolarla. A causa di questo, la ragazza aveva trovato mille stratagemmi per aggirare la sua acerrima nemica: uno di questi era di non guardare negli occhi nessuno mentre si esibiva con il coro scolastico delle medie. Per quanto risultasse assurdo questo suo comportamento, almeno funzionava a dovere.
 
Quel giorno, in cui dovette metter piede in una scuola piena di completi estranei, si era imposta la stessa tecnica per non soccombere ai rossori e ai balbettii un’ennesima volta. Se mai le fosse capitato di stringere amicizia con qualcuno, non sarebbe stato per sua iniziativa. Questo era certo.
 
Fece un bel respiro profondo prima di varcare il cancello che portava al cortile, per poi incedere a passo di marcia verso l’atrio ed il corridoio, dipinto di vernice bianca fresca e stracolmo di ragazzi di tutte le età, dove vi erano allineati gli armadietti di ciascun studente. Si diresse subito verso il suo, il numero 52, tentando di ignorare il frastuono insopportabile del vociare e tormentando con le mani la cinghia della borsa che conteneva i libri di testo. I passi che faceva erano così meccanici che rischiò di incespicare due volte di seguito su se stessa, ed era così agitata che continuava ad osservarsi intorno, a destra e a sinistra, non preoccupandosi di guardare davanti.
 
Improvvisamente, urtò contro una spalla molto, molto più alta di lei. Emise un gemito che si premurò di soffocare in tempo.
 
“Fa' più attenzione, ragazzina!” sbottò un po' irritato il giovane con cui si era scontrata. La osservò di sbieco per diversi secondi, durante i quali la giovane strabuzzò gli occhi, ancora frastornata per ciò che era successo, vedendo delle strane iridi rosse che troneggiavano dentro i suoi occhi, al di là del ciuffo sfilato che ricadeva sul suo volto.
 
Ne ebbe paura. Ma per sua fortuna, la vera e propria analisi a cui l’aveva sottoposta si concluse presto. Il ragazzo dagli occhi scarlatti si voltò e riprese il suo cammino.
 
Quel tipo aveva qualcosa che lo rendeva indubbiamente particolare, ma non poté fare a meno di definirlo antipatico, non tanto per i modi bruschi che il ragazzo aveva utilizzato, ma per il semplice fatto di averla chiamata ragazzina chiedendosi come mai glielo avesse permesso senza regalargli un bel pugno in faccia o almeno una ramanzina.
 
Trovò la risposta al suo quesito all’istante. L’aveva raggelata, tanto le fece timore.
 
“Greed, non fare l'idiota!”
 
Un'altra voce molto più tenue e gentile nonostante la nota di irritazione fece capolino dietro di lei. Lan Fan si girò e rimase esterrefatta nel vedere che il giovane proprietario di quella voce fosse letteralmente una copia di quell'altro.
 
Era identico in ogni minimo dettaglio, se non fosse stato per la smorfia di affanno che gli deturpava il viso, gli occhi di un intenso blu notte ed i modi garbati con cui si esprimeva, del tutto differenti da quelli del suo clone.
 
Dal suo volto si percepiva gentilezza, al contrario di quell'altro che sembrava emettere ostilità da tutti i pori, come se volesse tenere chiunque alla larga da sé. Pensando a questo, non poté fare a meno di riflettere su quanto fosse simile a lui, ammesso che avesse indovinato la sua natura.
 
La giovane si voltò in direzione di quello che doveva essere Greed, come lo aveva chiamato l’altro poco prima, chiedendosi se per caso quelle due figure non fossero la stessa persona e lei non avesse le allucinazioni. Ma rivolgendole la parola, il giovane alle sue spalle si scusò con un tono ironico e rammaricato allo stesso tempo.
 
No. Non erano la stessa persona, di certo.
 
“Mi dispiace, davvero!” esordì. “Mio fratello è sempre così scontroso...” esordì grattandosi la nuca.
Le si era avvicinato per riparare al danno del fratello, ma rimase esterrefatto nel rendersi conto che la ragazza era la stessa che spiò il giorno prima a casa di Fu. Ma non le disse nulla riguardo a quell’occhiatina furtiva.
 
“Oh, ehm…”. La voce di Lan Fan procedeva a tratti, quasi avesse perso la parola all’improvviso.
 
Molto probabilmente aveva bisogno di una spinta, pensò Ling. Perciò, senza aggiungere altro, le tese la mano. Così, semplicemente.
 
“Io mi chiamo Ling!” si presentò sfoggiando un sorriso sincero, cosa che le fece ghiacciare un qualsivoglia movimento. Le uniche parti del corpo che si muovevano erano le sue pupille nere, che si spostavano dal viso del ragazzo alla mano tesa freneticamente, incapace di replicare. Cominciò ad alzare la mano per provare a stringergliela.
 
Vendendola in quello stato, Ling allungò la mano per prendere quella tremante di lei, agguantandola con un garbo straordinariamente estremo mentre questa iniziò a mormorare a fatica il proprio nome.
 
“L-Lan Fan.”
 
 
 
 
 
 
 
NDA
Scusate il ritardo. Vi avevo detto che gli aggiornamenti sarebbero stati piuttosto lenti. So che non è un granché ma contavo di aggiornare oggi! xD
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo tre ***


 
Capitolo tre
 
 
Si era aspettato di tutto, ma non il fatto che Winry fosse eccitata all'idea di ricominciare il liceo.
 
Insomma, iniziare un nuovo ciclo di studi con professori intransigenti e una massa di ragazzi con l'intenzione di fare i fighi con le ragazze ad ogni costo era estremamente snervante.
 
“Ma mi dici che cavolo ci trovi di così divertente?!” chiese Ed irritato, tanto che anche quel suo ciuffetto ribelle, a cui lui ci tiene molto e che ama definire antenna, tremava dal nervosismo. “Il solo pensiero di essere sommerso da pagine e pagine di libri di letteratura e da mocciosi idioti che cercano di fare i grandi per farsi piacere alle ragazze mi fa venire la pelle d'oca!”
 
“Ma come? Non eri tu il secchione ed il figo della situazione?” lo schernì lei, provocando una risatina isterica ad Alphonse alle sue spalle.
 
“Falla finita, cretina! E anche tu!” disse poi voltandosi al fratello minore Al che ridacchiava nervosamente. Si mise ancora faccia a faccia con la ragazza bionda e continuò: “Non sono un secchione, io! Guardati tu, piuttosto, che stai ore ed ore con il naso ficcato in libri di anatomia umana senza aver prima preso il diploma!”
 
“Fatti gli affaracci tuoi, idiota! Io sono interessata alla biologia come tu alla chimica ed Al alla storia! Che c'è di male? E poi, anche tu ti sommergi di volumi scientifici anzitempo! Secchione!”
 
Dopo aver cercato di far arrabbiare Edward, ora era lei a sentirsi ferita. I suoi genitori, che persero la vita in un tragico incidente stradale, avrebbero tanto voluto che lei intraprendesse la strada per diventare un affermato medico, come loro. E concorde alle loro aspettative, la ragazza si era sempre interessata allo studio del corpo umano. Lo definiva a ragione una macchina perfetta, un frutto della natura molto più evoluto rispetto alle creazioni umane.
 
“Uff,” si arrese Ed “lascia perdere, o finiremo per attirare l’attenzione di tutti gli studenti!” l’ammonì poi, aggiustandosi la camicia bianca dell’uniforme scolastica. Quei pantaloni neri erano troppo rigidi ed eleganti per lui, ma d’altro canto aveva da ridire su qualsiasi cosa circa quell’istituto: ch’era troppo conservatore, con i docenti troppo severi, e così via. Ma nonostante molti insegnanti dimostravano una certa intransigenza, ce n’erano altri che erano dei veri e propri amici per i ragazzi.
 
Primo fra tutti, il professore Alex Louis Armstrong. Un omaccione calvo, salvo per una ciocca riccioluta e sporgente che gli conferiva un aspetto più sempliciotto a dispetto della sua incredibile massa muscolare, cosa che confermava puntualmente dalle sue lacrime facili. Insegnava anatomia.
 
Tutto l’opposto invece, era sua sorella maggiore Olivier Milla Armstrong, professoressa di storia. Perfetto contrario del fratello dal punto di vista esteriore, non si poteva di certo dire che fosse una facile da persuadere, al contrario di Alex. Il suo carattere era estremamente autoritario, tanto da metter soggezione persino al professore nerboruto.
 
Ling aveva affermato più volte di averla in simpatia, ma Edward proprio non riusciva a sopportarla. Ogni interrogazione era una vera e propria sfida in campo aperto, colma di botte e risposte l’una più aspra dell’altra.
 
Una donna intrattabile, specialmente se l’oggetto in questione era l’andamento scolastico dei suoi ragazzi e suo fratello.
 
“Buongiorno, Elric.”
 
La portentosa donna si piazzò proprio davanti a Edward, incurante delle espressioni spaventate di chi stava assistendo alla scena. Ovviamente, il più terrorizzato di tutti era il biondino con la treccia che, non appena la vide a braccia incrociate davanti a sé, si bloccò all’istante. Iniziò a sudare freddo, mentre alle sue spalle Winry e Alphonse osservavano con interesse l’insegnante.
 
“Quest’anno non accetterò nessuna deroga da un nanetto come te.” asserì imperturbabile, puntando il suo sguardo di ghiaccio dritto sull’oro degli occhi del giovane Elric.
 
Le labbra del ragazzo tremarono per un brevissimo istante, prima di tentare di abbozzare una replica adatta per l’occasione che però non rasentasse l’ironia.
 
“Di quale eccezioni sta parlando, signorina?”
 
“Sto parlando” e qui Armstrong si piegò per avvicinare il suo viso a quello dell’altro “dei tuoi innumerevoli stratagemmi per evitare le interrogazioni di storia e di letteratura inglese. È inutile che fai finta di niente: quest’anno con te non sarò clemente come l’anno scorso, sia chiaro.”
 
Ed corrugò le sopracciglia, chiedendosi fra sé quando ed in quale circostanza lei sia stata gentile con lui. Peccato che il nervosismo lo privò del tutto del suo controllo, dando voce ai propri pensieri.
 
“E quando mai è stata clemente?!” borbottò. Ciò non fece altro che provocare la preoccupazione di Al e Winry e la rabbia di Olivier.
 
“CHE HAI DETTO, ELRIC?”
 
“N-Niente, niente…”
 
“Signorina Armstrong! Che piacere vederla!”
 
Il biondo si riscosse nell’udire quella voce alle spalle dell’insegnante, e così fece quest’ultima, lasciandosi sfuggire un’esclamazione interrogativa. Non appena riconobbe il ragazzo che l’aveva salutata, le si indurirono i lineamenti al massimo. Al solo scrutare i suoi capelli corti e corvini, si sentì montare una furia di poco paragonabile a quella che arrivava in presenza del giovane Elric.
 
Roy Mustang, il ragazzo più avvenente di quinta, o almeno così si diceva, era l’essere umano più spocchioso che Olivier avesse mai conosciuto. Un tipo fuori dal comune, capace di ammaliare molte ragazze, ed anche docenti donne a dir la verità, il cui sarcasmo a volte raggiungeva l’apice della sfacciataggine. Alex spesso lo idolatrava per la sua abilità di apprendimento, al contrario di lei che non vedeva l’ora di schiacciarlo come un piccolo ed insignificante verme.
 
Edward non era di avviso diverso dal suo. Sempre circondato dalla sua cerchia di amici fidati, era quello che più di tutti lo offendeva per la sua altezza. Spesso gli si affiancava soltanto per tirargli la treccia o per dargli ripetute pacche sulla testa per sottolineare quanto lo considerasse tappo. Ma nonostante fosse un tipo strano e molto poco serio, era una persona di cui al momento del bisogno ci si poteva fidare, ciecamente. Ed anche dei suoi compagni stretti, ovvero Heymans, Jean, che erano di quarta e Vato di quinta come Mustang. Tutti con un’indole propria e con uno spiccato senso della fratellanza, specie fra di loro.
 
“Guarda chi c’è! Il nostro rubacuori da strapazzo!” sibilò Olivier più velenosa che mai. “Vedi di mettere quella testaccia dura a posto quest’anno, o sarò costretta a prendere seri provvedimenti!”
 
Si poteva tranquillamente introdurre anche Riza Hawkeye in quel cerchio di amicizie, se non fosse per il debole che Roy aveva per lei. Il ragazzo faceva di tutto pur di apparire indifferente alla sua bellezza, rinomata in tutto l’istituto, ma con la stragrande maggioranza degli studenti di sesso maschile che le ronzavano attorno come tante api affamate alla vista di uno stesso fiore, molti dubitavano del fatto che riuscisse a non degnarla di un singolo sguardo carico di interesse.
 
Se non fosse stato per quel suo atteggiamento così apparentemente freddo, si sarebbe detto che fossero segretamente fidanzati. Peccato che scoppiasse come una furia glaciale quando qualcuno le si avvicinava, mandando all’aria la sua facciata di sufficienza.
 
Alle affermazioni poco confortanti della donna bionda, Roy strabuzzò lo sguardo un po’ interdetto, per poi riprendere la sua solita espressione beffarda. Il cambiamento è stato così repentino che nessuno lo vide, neanche Edward.
 
Mustang non fece in tempo a ribattere che si sentì la voce di Winry salutare allegramente un’altra insegnante, quella che Ed temeva più della Armstrong.
 
“Signora Curtis!”
 
Un brivido percorse la spina dorsale del giovane Elric, facendogli sudare le mani in modo innaturale. Quella donna era di gran lunga più temibile di tutte le creature terrene presenti.
 
“Buongiorno, Edward Elric!” sentenziò Izumi sfidandolo con gli occhi. “Ti consiglio di allacciarti le cinture, quest’anno.”
 

 
Ormai completamente circondato, al ragazzo non restò altro da fare che sorbirsi le loro minacce, mentre Alphonse e Winry si godevano la scena ridendo sotto i baffi.
 
***
 
Sapeva già che ritornare a scuola significava avere meno ore libere da trascorrere in totale ozio. Per questo Greed aveva fatto così tante storie al fratello non appena questi gliel’aveva rammentato. Inoltre, dover andare a piedi non era molto allettante come prospettiva. Quella mattina lui e Ling avevano perso la metropolitana e trovato il bus a due piani pieno come un uovo; e non disponendo né del suo scooter, né delle innumerevoli biciclette di Ling, siccome erano tutte rotte, si erano ritrovati costretti a percorrere ben tre quartieri affinché raggiungessero l’edificio scolastico.
 
Poi, a pochi metri dall’ingresso, aveva abbandonato il fratello accelerando il passo con una fretta inaudita, dettata dalla voglia di levarselo di mezzo. Ling non faceva che parlare del film che aveva visto la sera prima, accertandosi di offrirgli dettagli molto minuziosi circa la vita del protagonista.
 
Era entrato nei corridoi speditamente, ed avrebbe continuato senza disturbo alcuno se quella bimba avesse guardato avanti invece di attardarsi ad osservarsi intorno come un animaletto indifeso; e se suo fratello non avesse fatto il principino gentile come suo solito.
 
Le otto e venti erano passate già da un pezzo, ma i ragazzi proprio non volevano saperne di farsi trovare ai loro posti nelle classi. Il frastuono nell’atrio e fuori dalle aule perdurò ancora per dieci minuti buoni prima che qualcuno si decidesse a dare inizio alla prima ora di lezione.
 
La folla si stava lentamente diradando, quando il ragazzo si rese conto che il banco di Ling era vuoto. Sbuffando, Greed uscì dalla stanza per andare a cercarlo; e fra i pochi ragazzi che ormai popolavano il piano terra intravide il suo gemello intento a chiacchierare ancora con la ragazzina che lui aveva accidentalmente urtato. Avvicinandosi ed aguzzando la vista, si accorse che Ling stava aiutando la ragazza ad aprire l’armadietto.
 
Si mise le mani in tasca, avanzando con noncuranza fra il resto degli studenti.
 
“Che succede?” chiese poi, fermandosi dietro di loro.
 
Riconoscendo la voce del fratello Ling non si voltò neppure, continuando a forzare la serratura. Lan Fan, invece, arretrò di un passo.
 
“Si è bloccato, accidenti!” disse. Impiegò ancora più forza, sforzandosi di aprire la porticina di acciaio facendo leva anche con i piedi. Gemette nel tentativo di tirarla a sé, quando sentì le dita bruciare.
 
E Greed pensò che ne avrebbe avuto ancora per molto. Spintonò via il ragazzo con uno strattone, e diede due pugni proprio accanto alla manopola di combinazione. Continuò con il calciarlo di fianco, per poi finire con uno sul davanti.
 
Con un lievissimo cigolio, l’armadietto si aprì lentamente sotto gli sguardi sbigottiti di Lan Fan e Ling.
 
“Non era difficile. Sei proprio una schiappa, Ling.”
 
Ma l’interpellato era troppo sconvolto per rispondergli.
 
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo quattro ***



Capitolo quattro
 

Da quella mattina, Ling aveva tenuto il broncio per tutta la settimana. Non era arrabbiato con Greed per averlo aiutato ad aprire l’armadietto di Lan Fan, quanto per la facilità con cui l’aveva fatto. Era stato minuti interi a tirare quella maledetta portiera ed invece Greed ci aveva messo qualche secondo appena. Certo, aveva calciato come una furia l’armadio, cosa a cui Ling non avrebbe mai pensato. Però almeno poteva spiegargli il motivo per cui la serratura facesse tanto la difficile, così da potergli dare l’occasione di far bella figura alla sua nuova amicizia. E poi, l’insulto che gli aveva appioppato proprio non riusciva a digerirlo. L’aveva insultato davanti a Lan Fan in modo del tutto gratuito, facendo pensare chissà cosa alla ragazza.
Schiappa a lui? Lui che praticava le arti marziali, lui che mandava avanti quel che rimaneva della famiglia?! Effettivamente non sapeva di chi stava parlando!
Sbuffando, spense il cellulare per non essere disturbato durante lo studio. Ora era meglio concentrarsi se non voleva cominciare male quell’anno dal punto di vista scolastico. Aprì svogliatamente il libro di filosofia, cercando di fissare bene i concetti di quella disciplina completamente nuova per lui. Però, una cosa positiva l’aveva trovata: finalmente avrebbe appreso qualcosa sul conto di Socrate, Platone ed Aristotele, nomi che aveva sempre idolatrato per la loro musicalità nonostante non sapesse nulla di loro, eccetto che fossero sapienti dei tempi antichi.
L’interesse nei loro confronti lo fece distrarre da quelle incresciose figuracce procurategli dal fratello, molto probabilmente semi ignaro di tutto quei ragionamenti che affollavano la mente di Ling.
 
***
 
May trafficava in cucina ormai da tre ore. Il ripiano ed il tavolo adiacente erano completamente ricoperti di ogni tipo di macchia, di varia forma, colore e dimensione, come se fosse appena passata una tempesta. La ragazzina si era messa in testa di fare una torta alle mele per Edward e Alphonse. Sapeva che era il loro dolce preferito; e sapeva anche che quella smorfiosa di Winry, loro amica fin dall’infanzia, gliela preparava ogni maledetto sabato.
Così, May aveva deciso di provarci anche lei, per cercare di far colpo sui due fratelli Elric. Aveva sempre avuto una cotta per Ed e Al, fin da quando Ling li conobbe entrambi alle scuole medie. Non poteva negare di essere perdutamente innamorata di entrambi, ma considerava il minore molto più gentile e molto più “cavalleresco” rispetto a quel burbero di Edward, perciò più conforme ai suoi gusti. Forse sarebbe stata molto più tranquilla se fosse solo Ed quello interessato alla cucina della giovane Rockbell, ma anche Al sembrava gradire le sue capacità culinarie, anche troppo.
Dopo essersi accorta di aver messo troppo burro nell’impasto tanto da non riuscire più a dargli una giusta densità, si asciugò il sudore della fronte con una manica e, sospirando, prese un’altra ciotola pulita, se pulita poteva esser considerata, e ricominciò da capo.
L’ennesimo tentativo si dimostrò all’altezza delle sue aspettative, e già s’immaginava Alphonse che, addentandola, le avrebbe confessato quanto la considerasse una maga ai fornelli; e Edward che, nonostante l’orgoglio, annuiva chiedendone ancora. Il suo sogno ad occhi aperti venne oscurato da una nube nera che s’innalzava dallo spiffero del forno surriscaldato. Strillando, May si affrettò a spegnerlo, ma ciò che trovò all’interno altro non era che una massa nera formatasi sopra, sgonfia e mezza liquida. Diametralmente opposto rispetto a quella magnifica foto che troneggiava sulla prima pagina del libro di cucina della sua mamma.
Ma si disse che in fondo non era uscita così male. Sorrise inorgoglita del proprio lavoro, mentre la confezionava con gesti trionfanti e magistralmente teatrali. Se non Edward, almeno Al avrebbe apprezzato il pensiero gentile, ne era sicura.
 
***
 
“Maledizione, quanto sei antipatico!”
“E tu sei una scocciatrice patentata, per non dire altro…”
Il faccino della bimba si gonfiò in segno di sdegno, mentre le sue sopracciglia si corrugarono che più non poteva. Quell’Edward era un mostro, uno stupido rude insensibile che non si degnava neanche a ringraziarla per tutto il lavoro e la buona volontà che ci aveva messo quel giorno.
Per la contentezza quasi non finiva vittima di un incidente con una moto nei pressi del Ponte di Londra per arrivare a casa Elric e mostragli il suo piccolo capolavoro. Poggiò con delicatezza la torta sul tavolo della cucina davanti ad una storditissima Winry, la quale fu presa come una ragazza equivoca da May stessa, e cominciò ad avventarsi contro Edward, che cercava di tenerla ferma nel tentativo di difendersi.
Alphonse cercò di spingerla via, prima che cominciasse a prendere le gambe del fratello a calci. Percepì quanto l’orgoglio della bambina fosse messo in discussione, perciò provò a calmarla con tutta la galanteria possibile.
“Avanti, May. Calmati. Se vuoi, la assaggio io la tua torta, ti va bene?”
Non fece neanche in tempo a finire la proposta che gli occhi scuri di May brillarono di una luce nuova ed estremamente speranzosa. Quasi le veniva di piangere dalla gioia. Fece accomodare Alphonse e gli offrì una fetta con modi estremamente garbati, proprio come Ling e il mondo del teatro le aveva insegnato.
Con un pizzico di riluttanza, il ragazzo si portò il dolce alle labbra, odorandone il profumo alquanto equivoco e nauseabondo. Vedendo esitante, May ne fu terribilmente dispiaciuta, ma poi assunse una facciata di fiducia in se stessa e lo incitò a mangiarla.
“Forza, Al! Ce l’ho messa tutta!”
L’interpellato deglutì sonoramente prima di decidersi di addentare la fetta di torta. Istintivamente avrebbe voluto strizzare le palpebre in modo da prepararsi al peggio, ma non lo fece. Un gesto simile sarebbe stato interpretato come un’offesa, ed Alphonse era l’ultimo ragazzo sulla Terra capace di farlo.
Ingoiando con un solo boccone, la sua espressione si fece dapprima impassibile, con un preoccupante color verdastro sul volto che però fu visto dalla bambina quasi di sfuggita. Si sentì come una scarica elettrica invadergli il corpo, come se fosse stato fulminato, e procurargli una perdita subitanea dei sensi, eccetto quello del gusto.
Sorrise a May come se avesse assaggiato il piatto più buono del mondo, sussurrando dei ringraziamenti cominciando a sudare freddo.
Edward, sapendo cosa il fratello stesse passando, si portò entrambe le mani alla bocca cominciando ad emettere dei gemiti di chi è prossimo al rigurgito. Corse in camera sua con la faccia sofferente e disgustata allo stesso tempo, e fortunatamente fu abbastanza per farsi passare quella brutta sensazione. Ma Al non si sentiva affatto bene.
“G-Grazie, May. Se…Sei stata gentile.” disse tremando come una foglia e sentendosi gli arti freddi come ghiaccio. “Si è fatto tardi ora, però. Ling sarà in pensiero.”
“Hai ragione!” commentò la bambina. “Sono contenta che ti sia piaciuta! Ecco, te la lascio tutta!” esclamò, e l’altro si sentì quasi svenire. L’accompagnò barcollante alla porta, congedandola con il suo solito modo garbato. Ma non appena la porta di casa si richiuse, si precipitò in bagno, dove vomitò per lunghi minuti che a lui sembrarono anni.
“Ora hai capito perché non voglio mangiare le sue schifezze?” chiese Ed, appoggiandosi allo stipite del bagno con le braccia incrociate.
 
***
 
“Hai studiato?”
“Sì, nonno. La prima settimana non danno molto da fare a casa.”
“Bene. Va' ad allenarti. Io preparo la cena.”
Lan Fan era una ragazza molto attenta alle lezioni in classe.
Da piccola sembrava non volerne sapere di frequentare la scuola, ma con il tempo aveva compreso quanto fosse importante conseguire titoli di studio ed imparare quanto c'era da apprendere. Lo faceva non solo per esplicita volontà di Fu, ma anche per se stessa e per la speranza di un futuro come lei lo desiderava.
Il suo sogno era quello di viaggiare in lungo e in largo, visitare i luoghi che aveva sempre osservato con interesse nei film e nei manga.
Aveva sempre spaziato con la sua mente, fin da bambina, immaginandosi nei posti più disparati della Terra, a volte anche con Fu.
Ma con il tempo, viaggiare con la fantasia era diventato ben più difficile, sia per la sua stessa considerazione infantile di quei pensieri, sia per le spossanti lezioni di Kung Fu che suo nonno le imponeva.
Non che non le piacessero le arti marziali: aveva vissuto, e stava ancora vivendo, una vita intera dedicata alla lotta. Ma quella piccola mancanza di tutto ciò che concerne la vita di una normale adolescente le pesava. Fu le aveva imposto orari molto rigidi, specie se si trattava di allenarsi; un piccolo, singolo minuto di ritardo per lui era come una mancanza di amore verso il combattimento verso cui era stata disciplinata o, peggio ancora, di rispetto nei suoi confronti.
Ma finché la giovane gli obbediva, tutto scorreva liscio.
Si asciugò la fronte grondante dalla fronte con il dorso della mano, sentendo i muscoli leggermente indolenziti e chiedendosi come gli allievi del nonno riuscissero a sopportare gli estenuanti esercizi a cui lei non era ancora arrivata a praticare nonostante la sua abilità.
Dopo aver mangiato, verso sera, Lan Fan seguiva un rito che non tradiva mai: si sedeva sul letto della sua stanza appoggiata sullo schienale con un libro o il portatile in grembo.
Non era molto comune che accedesse nel suo profilo Facebook, ma di tanto in tanto se lo concedeva come se fosse un lusso, concessole da Fu. Questi non aveva preso bene l'idea che sua nipote fosse iscritta, però poi ci aveva messo una pietra sopra, sicuro della responsabilità che Lan Fan aveva nei confronti della tecnologia.
 
***
 
“Il tuo caffè è come la maggior parte delle Sinfonie di Beethoven: sveglia all’istante.”
“Se è un complimento, grazie mille. In caso contrario, va al diavolo.”
“No, sul serio. È un pugno allo stomaco, questa roba. Non dovresti farlo a quest’ora della sera. Ora chi mi atterra più?”
Ling non rispose più a quello che sembrava un sincero apprezzamento, se così suonava; semplicemente non aveva voglia di farlo. Non sapeva se dovesse essere arrabbiato o no, e a dirla tutta non voleva provare rancore nei confronti di suo fratello. Ma era troppo infastidito dalla figura che aveva fatto davanti a Lan Fan per scacciare dalla sua mente quella scena così vergognosa.
Era lui che aveva ricevuto un pugno allo stomaco, non Greed con il caffè preparato da lui. Quasi si era pentito di averlo fatto entrare nella sua stanza e permesso di sdraiarsi sul suo letto a fianco a lui, come facevano sempre da piccoli.
“Sei ancora incazzato per l’armadietto della ragazzina?” chiese con noncuranza, con gli occhi fissi sulla superficie della tazza che aveva fra le mani. Non si rese conto però che Ling aveva trasalito, stupito da come la cosa apparisse evidente.
Greed sapeva quando Ling era sereno o meno. Non solo perché quando era in bestia gli si leggeva in faccia, ma anche per le risposte evasive borbottate mentre teneva il broncio come un bambino capriccioso a cui è stato negato un giocattolo.
“Guarda che non ne hai motivo.” precisò prendendo un libro dal comodino e aprendolo alla pagina con un segnalibro. “Non sto tramando niente contro di te e la tua fidanzatina, se è a questo che stai pensando. Però,” disse poi, con voce maliziosa “potresti chiederle se ha sorelle che le somiglino. Te ne sarei molto grato.”
“Piantala, non è divertente.”
“Va beh, fa un po’ come vuoi…”
Stettero per molto tempo in religioso silenzio, senza che si udisse neanche volare una mosca. Non c’era molto da dire, e l’ostinata lettura di Greed faceva intuire che non c’era nemmeno voglia di parlare. Ma Ling nel pomeriggio ricevette un messaggio del loro padre che l’informava del suo imminente ritorno.
Non c’era un rapporto intimo fra Ling e Wu Yao, anzi, doveva dire che fosse molto teso, specie se si tirava in ballo Greed nei loro sporadici discorsi. Ma sicuramente era di gran lunga migliore fra quello che intercorreva fra suo padre e suo fratello.
Ling era sempre stato quello pacifico della famiglia, May e Geed quelli più burrascosi, anche se la prima era facilmente domabile. E per un uomo come Wu, che non tollerava che qualcuno di età inferiore alla sua gli tenesse testa, l’atteggiamento ribelle del ragazzo non faceva altro che tendere ancora di più la corda. Dispiaceva enormemente, sia a May che a Ling, che fra i due non scorresse buon sangue, ma di certo non si poteva cambiare il carattere di Greed; ed in fondo a Ling piaceva così perché era come se si bilanciassero.
Perciò, si limitava a mantenere la pace sotto controllo in casa, sospirando di rassegnazione di tanto in tanto.
“Lo sai che papà rincasa domani?”
“E allora?” L’indifferenza completa che ostentava Greed sbalordì il suo gemello con facilità.
“Come, “allora”? Cerca di non bisticciare con lui, te ne prego. Se non vuoi farlo per me, almeno fallo per May.”
Greed si limitò a scrollare le spalle, sentendosi poi irresistibilmente attratto dal piccolo schermo della sveglia posta ad un angolo sporgente della mensola del caminetto finto che fungeva da arredamento. Successivamente scambiò con il fratello una fugace occhiata interrogativa, prima di prenderlo come oggetto di scherno. Per rimuginare su di lui non si era accorto che May stava facendo un ritardo pazzesco.
“E allora?”
“Che vuoi?” rimbeccò Ling aspramente, non capendo bene di cosa l’altro stesse parlando.
“Hai visto che ore sono?”
Il ragazzo gettò gli occhi al cellulare vicino al cuscino. “Le nove e trenta. Perché?”
“Ti sei accorto che May doveva tornare un’ora fa?” gli rammentò con un sorrisetto sornione.
La faccia di Ling diventò una maschera di terrore. A furia di pensare a Greed e al padre aveva del tutto dimenticato la sorellina, uscita per andare da Ed e Al.
“Cretino…” mormorò Greed osservandolo di sottecchi con così tanta ansia.
“Merda…” disse nel medesimo istante Ling, e furibondo più con se stesso che con il fratello, prese il telefono, balzò giù dal letto e uscì appena fuori dal giardino, sperando che May si degnasse di rispondere.
 
 
 
 
 
 
NDA
Salve!
Oltre a ringraziare coloro che commentano e seguono con entusiasmo la ff anche se a me non piace granché (grazie di cuore :D), voglio dire che questo capitolo è stato scritto di getto e non ne sono convinta. Non sono riuscita neanche a rileggerlo. ^-^’
Ma spero comunque che vi piaccia. A presto!
 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo cinque ***



Capitolo cinque
 

Le ore successive non furono molto semplici per Ling. Ritrovare la calma dei giorni precedenti all’inizio della scuola sembrava impossibile, e oltretutto ci si metteva anche May con le sue pretese da ragazzina. Ling si sarebbe aspettato da lei molta più maturità per quanto concerneva la puntualità, ma la bambina aveva illustrato le sue sciocche ragioni per cui aveva ritardato così tanto.
Si era giustificata dicendo di aver gettato sangue e sudore, parole che solo un’attrice come lei userebbe in un normale contesto familiare, per portare ai due fratelli Elric le sue pietanze. Aveva un faccino contrito per il fatto che Edward non avesse voluto assaggiare la sua torta davanti a lei, ignorando del tutto l’espressione perplessa e indiavolata di Ling che la osservava torvo. Ma poi, ricordando la gentilezza fuori dal comune di Alphonse, si era subito ripresa facendo un largo sorriso e canticchiando per la vittoria conseguita. Il giovane le aveva fatto dei complimenti così dolci che per poco May sentì di sciogliersi come neve al sole. Arrossì nel raccontare tutto questo a Ling. Questi aveva brontolato qualcosa come non farlo mai più e, ritornando nella sua stanza, aveva cacciato di malo modo Greed con la scusa di dover andare a dormire presto.
“Stai scherzando, vero?!” sbottò Greed con meraviglia. “Sono solo le dieci, nonnetto!”
“Esci lo stesso!” replicò perentorio Ling puntando l’indice in direzione della porta. Era chiaro che l’accumulo di rabbia ed esasperazione lo aveva ridotto a cacciare chiunque lo infastidisse ulteriormente, così Greed non aggiunse altro. Lentamente e con accuratezza, richiuse il libro e portò via la sua tazza mezza vuota per portarla in cucina e risciacquarla.
Forse, la sua collera era anche da attribuire all’arrivo del papà. Il fratello si ritrovò a pensare questo, mentre anche la sua mente stava pian piano andando in subbuglio per lo stesso motivo.
Greed non aveva mai avuto con il padre un rapporto amichevole: erano troppo uguali per poter trovare un equilibrio decente fra di loro. Entrambi orgogliosi, rissosi ed inquieti, sempre con una piccola fiamma accesa dentro di loro capace di attivare la dinamite della loro personalità indomita.
Man mano che Greed e Ling crescevano, Wu aveva notato quanto il primo fosse ribelle e saldo sulle sue convinzioni, tanto da rifiutarsi di frequentare le scuole che il padre aveva appositamente scelto per lui affinché mandasse avanti l’azienda di famiglia, una piccola ma conosciutissima catena di negozi di articoli sportivi.
Essendo stato il primo a nascere, su Greed fu posta la speranza di una valida e forte prosecuzione degli affari paterni, ma l’interessato era di tutt’altra opinione. Magari in un’altra vita gli sarebbe anche piaciuto sottomettersi alla volontà genitoriale, ma non era quella la sua prospettiva del futuro.
Greed voleva girare il mondo, da solo, e trovare un lavoro che gli consentisse di spostarsi continuamente da una nazione all’altra e, perché no, da un continente all’altro. Vedeva così lontano con i suoi terribili occhi vermigli, più di quanto Wu non sapesse e non volesse sapere, da far venire le vertigini al più incallito degli ammiragli.
Già prevedeva lo scontro che si sarebbe svolto; le uniche cose che voleva era che Ling non si fosse messo a fare il predicatore di pace e che May non assistesse ancora ad un’altra accesa discussione.
 
***
 
Riza aveva sempre avuto un sesto senso e al tempo stesso una sorta di empatia verso i ragazzi di primo superiore. Molti di essi si ritrovavano in corsi dentro ai quali tutto era loro sconosciuto, dove non avrebbero trovato né i loro compagni, né gli insegnanti a cui erano affezionati, e tanto meno l’atmosfera relativamente serena delle scuole medie. La ragazza ricordava i suoi primi giorni all’interno di quell’edificio: le era parso peggiore dell’inferno, con tutte quelle aule pregne di quella austerità che fino ad allora credeva appartenesse soltanto alla sua casa e a suo padre. Ne era uscita spaventata; e se non fosse stato per Jean Havoc e Heymans Breda che avevano cominciato a simpatizzare con lei per fortuite circostanze. Non riuscivano a trovare i propri armadi personali, maledicendo chiunque abbia ideato una combinazione a numeri e non una semplice chiave, manco fossero casseforti.
Poi aveva conosciuto Roy, scontrandosi con lui nel giardino retrostante il muretto di cinta. Per la sua sbadataggine aveva fatto cadere sia i suoi libri che quelli del ragazzo, scusandosi arrossendo costernata per quanto successo.
Ma il giovane Mustang non si era arrabbiato affatto. Anzi, le aveva sorriso come un bambino innocente sul cui viso fiorisse già una certa esperienza nel saper prendere ogni singola persona nel modo giusto, complimentandosi con lei per quel suo portamento così individuale e completamente diverso dalle altre ragazze.
L’aveva poi invitata quel pomeriggio stesso a prendere il thè in un bar poco distante, e Riza successivamente era venuta a conoscenza dell’amicizia che legava Roy con Jean ed Heymans. In loro compagnia vi era anche un altro ragazzo, che poi si presentò cordialmente come Vato Falman, avente una mente di cui Riza stessa si stupì.
Comunque, tutti con lei erano stati gentili, e continuavano ad esserlo, nonostante avessero preso molta più confidenza di quanta le inizialmente avrebbe loro permesso.
Così Riza si convinse a fare lo stesso con Lan Fan. L’avrebbe invitata per un thè subito dopo la scuola, ammesso che fosse riuscita a scorgerla in mezzo alla marea di studenti che si riversava nel cortile scalpitando come impazziti per la gioia della fine delle lezioni.
Dopo essersi fatta largo fra decine di gruppetti formatisi come ogni giorno, infine la vide allontanarsi dalla folla, con un cappotto color ruggine difficile da non notare.
Arrivò dietro di lei, posandole una mano sulla spalla.
“Tu sei Lan Fan Wong* di primo, giusto?”
La ragazza annuì, domandandosi chi fosse quella bellissima ragazza con i capelli biondi che, sciolti, le ricadevano sinuosamente sulla schiena. Sorrideva, e a Lan Fan sembrò di avere davanti una dolce donna materna, più che una sua quasi coetanea.
“Io sono Riza Hawkeye e…”
“Lan Fan!”
Non appena la vide allontanarsi oltre il cancello del cortile, Ling aveva cominciato a correre per raggiungerla. Aveva voglia di riprovare a relazionarsi con lei, soprattutto ora che sembravano essere finalmente lontani da terzi inopportuni. Ma sfortunatamente, aguzzando la vista oltre la marmaglia di ragazzi, si accorse che non era sola. Sbuffò lievemente indignato, costretto a frenare tutti i suoi bei propositi e arrendendosi al corso di eventi contrari.
Ma non si diede per vinto. Si avvicinò anch’egli, riprendendo contentezza nel notare che con la ragazza c’era niente di meno che Riza, la studentessa della classe accanto alla sua. Poco male, si disse. Avrebbe fatto conoscenza anche con lei.
“Ciao!” le salutò con un sorriso a trentadue denti, ricevendo in risposta altrettanto.
 
***
 
“Non me ne va bene neanche una…”
Ling sperava di non essere sentito da nessuno mentre borbottava, seduto al tavolo del bar, con le braccia incrociate. Riza, Lan Fan e lui si erano messi d’accordo con l’andare a prendere il thè tutti insieme, ma nessuno, neanche Riza, sospettava che Roy Mustang e tutti i suoi amici più stretti partecipassero a quell’appuntamento improvvisato.
Con disinvoltura, Jean Havoc aveva proposto a tutti di sedersi al tavolo di Riza raccattando le sedie di altri tavolini liberi per potersi accomodare, lui ed i suoi amici. Intanto, lo sgomento di Ling aumentava, così come salivano di numero le sue espressioni sconvolte e le insistenti domande e carinerie degli altri ragazzi nei confronti di Lan Fan.
Dal canto suo, Lan Fan si sentiva in imbarazzo. Non le era mai capitato di essere in compagnia di così tanta gente, ma sebbene fosse stata per tutto il tempo con le guance arrossate e stava lì lì per morire di vergogna, con tutti quei ragazzi cordiali e disponibili, si sentiva al settimo cielo.
“Non ti ho mai vista da queste parti. Sei di primo, non è vero?” disse Vato il quale, avendo captato l’indole della giovane, e come fosse timida ed insicura, cercava di essere il più delicato possibile.
“Sì.”
“Oh, dai Vato. Lasciala stare, non vedi che è a disagio?”
“Ma Roy, volevo solo essere gentile mentre le parlavo…”
“Facendole un terzo grado? Non è mica ad un processo!”
“Ragazzi, finitela! La fate innervosire ancora di più se bisticciate a causa sua!”
“Heymans ha ragione. Calmatevi!”
Dopo aver placato gli animi, Jean si accese una sigaretta e sbuffò via la prima nuvoletta di fumo della giornata. Ma il suo sfizio preferito fu presto troncato sul nascere da Greed, che nel momento in cui il biondo la stava per infilare la sigaretta nuovamente fra le labbra gliela sfilò via dalle dita e se la portò alla bocca, incurante delle sonore proteste di Havoc.
Fissò in direzione di Ling, mentre inspirava il fumo del tabacco, troppo dolce per lui.
“Ti stavo cercando, nonnetto.” E sbuffò nell’aria, restituendo la sigaretta a Jean, che si rasserenò e lo ringraziò sorridendo.
“Che c’è?” chiese seccato il fratello sbattendo leggermente un pugno sul tavolo, infastidito dal nomignolo che gli aveva affibbiato la sera prima.
“Sono venuto a prenderti. Sta arrivando.”
Il suo tono era grave, come se la tensione fosse sorta tutta d’un colpo.
Subito fra loro calò un’ombra silenziosa di incertezza e turbamento, accentuata dall’improvviso mutismo di Ling. Gli altri, che nel frattempo avevano ripreso a chiacchierare spensieratamente fra loro dopo aver appurato che fra loro ci fosse Greed, si arrestarono osservandoli preoccupati. Lan Fan sembrò sconvolta dal cambiamento di umore di Ling, ed ancora di più lo diventò quando lo vide afferrare nervosamente lo zaino ed affiancarsi al fratello, scusandosi per doversi congedare da tutti loro. Salutò lei e Riza con un sorriso forzato, e con un’espressione carica di scusa si allontanò mormorando con Greed.
“Dov’è May?” domandò questi.
“È all’officina teatrale per le prove. Tornerà stasera tardi.” Ling si rese conto di avere l’affanno fra una parola e l’altra, sapendo bene che non era dovuto alla frettolosità con cui incedevano.
“Molto probabilmente non lo incrocerà neppure. Che ore sono?”
“Le quattro. Come sai che sta entrando in città?”
“Mi ha telefonato, dopo aver trovato il tuo cellulare spento. Dopo ti ho chiamato anch’io per provare a rintracciarti, ma a quanto pare a te piace non essere cercato.” Prese ad osservarlo con sufficienza.
“Ma che dici?! Mi ero solo dimenticato di accenderlo, tutto qui. May mi aveva già detto che non sarebbe tornata presto, perciò sono andato con i nostri amici.”
Greed scrollò le spalle lasciando che il fratello facesse cadere l’argomento. Non era quello che lo faceva sentire fuori testo.
Ling non si sentì più preso in causa e, contrito, si lasciò guidare dalle sue gambe che avanzavano quasi da sole. Di sottecchi, sbirciò il volto tirato del fratello, provando pietà per ciò che stava passando.
Era raro che riuscisse a vedere Greed così inquieto. Ed anche strano. La sera prima sembrava fregarsene che il giorno successivo il padre sarebbe tornato a casa, ed ora appariva così indaffarato con le proprie ansie interiori che a Ling quasi venne da ridere. Faceva tanto l’indifferente e il distante, tentando addirittura di far capire che al ritorno del padre non avrebbe emesso una sola sillaba, quando si sapeva entro il raggio di un intero chilometro che non avrebbe fatto altro che puntare le corna come un toro e caricargli contro per difendere la sua posizione.
Non lo dava a vedere mai, ma Greed, anche se combattivo, aveva un carattere che poteva crollare molto, troppo facilmente, a dispetto di quella facciata di freddezza che ostentava, e che naturalmente possedeva, come una corazza di ferro. Non era il tipo da tenersi per sé le proprie frustrazioni, soffrendo da solo come un cane e tenendosi sempre tutto dentro.
Ling non lo aveva mai visto piangere, ma lo si sentiva sfogarsi parecchie volte, confrontandosi con lui o con Edward dopo gli innumerevoli litigi con Wu, e questo non era certo indice di indifferenza nei confronti del padre, anzi.
Ling si sentiva l’ultimo che avrebbe dovuto intromettersi fra loro anche per poco e anche se strettamente imparentato, ma di una cosa era certo: avrebbe supportato Greed almeno moralmente, se suo fratello avesse avuto bisogno di lui e del suo appoggio. Ling non era di certo uno psichiatra o cose simili, ma credeva che Greed desiderasse un padre che non pretendesse da lui chissà cosa, proprio il genere di persona che era Ling. Che gli lasciasse fare liberamente le proprie esperienze e le proprie scelte di vita. Forse serviva di più a lui un bel viaggetto a Lochness.
Ovviamente, un fratello non si sostituisce al padre, ma dentro di sé Ling covava la mezza certezza che Greed aveva puntato su di lui la scelta della propria figura di riferimento, e non Wu. Ne era lusingato, non poteva negarlo e nemmeno voleva farlo, ma si sentiva inadatto a ricoprire tale ruolo; prima ragione fra tutte, la sua giovane età.
C’era un altro particolare che a Ling non sfuggiva: Greed non voleva che May fosse la triste spettatrice dei loro vivaci e spesso ridicoli spettacolini. Ella era a conoscenza dell’avversione dell’uno nei confronti dell’altro, ma grazie a Greed non aveva mai sentito volare una nota. Il ragazzo non voleva che il rapporto fra lei e il papà, sebbene fosse più roseo rispetto al suo, cosa per cui provava un pizzico di gelosia e che lo spingeva sempre di più verso le cure di Ling, fosse messo a repentaglio a causa delle loro dispute e degenerasse come era successo a lui. May amava entrambi i suoi fratelli, in modo di gran lunga maggiore ai suoi genitori, ma con Greed c’era una sorta di feeling da attribuire sicuramente al loro identico modo di porsi davanti alle sfide, specie per quelle che riguardavano direttamente loro ed i loro sogni: testardi e vivaci, anche se Greed si poneva molti più paletti in confronto alla sua sorellina che sembrava non conoscere limiti.
Camminarono per l’ultimo tratto che conduceva alla loro dimora, e d’improvviso Greed per smorzare l’atmosfera ed aggirare per quanto possibile la situazione di dura tensione che da lì a breve si sarebbe creata prese a discutere di frivolezze. Con lui era così: una continua ed altalenante catena di porsi davanti ai problemi della vita, molto destabilizzante per Ling.
“Siamo quasi arrivati…” sospirò Ling sentendo le gambe pesanti.
“Hai visto il cielo oggi?”
“Non c’è una nuvola.”
“Alquanto strano da queste parti, eh?”
“Per favore, Greed, non cambiare discorso. Cerca di non creare confusione.” Sembrava più una supplica che una semplice richiesta, e Greed ne vide una palpabile giustificazione in alto, alla luce della finestra della camera di Wu.
“Ah, sarei io il guerrafondaio?” disse il ragazzo mettendosi sull’attenti, ma Ling troncò la sua sfuriata solo scuotendo la testa. Un gesto meccanico di Ling davanti al quale Greed taceva e s’imponeva una buona dose di autocontrollo.
Batté le scarpe sulla soglia di casa, lanciando a Ling il suo sguardo rosso mostrandogli così di essere al momento padrone di se stesso, e poi entrò seguito a ruota dal suo gemello.
 
 
 
 
 
 
 
 
NDA
*Wong è inventato. Non era il caso di usare il nome Chang solo perché lo conosciamo dal contesto di FMA. ^-^’
Un grazie grande grande a chi recensisce e a chi legge soltanto. ^o^
Se trovate degli errori, vi prego di segnalarmeli.
 
 
 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo sei ***



Capitolo sei
 


Oltrepassando la soglia di casa, i due giovani fratelli Yao sentirono che il loro ripromesso sangue freddo stava via via diventando sempre meno. Le mani di Ling sudarono un poco, mentre Greed si limitò ad indurire i lineamenti del volto e ad aggrottare le sopracciglia. Si disegnò una maschera che non aveva intenzione di togliere, tanto meno davanti a suo padre.
Voleva scontrarsi con lui, ed aveva anche voglia di ripetergli che non sarebbe mai riuscito a farlo cadere ai suoi piedi come un cagnolino obbediente, ma le parole di Ling di poco prima lo fecero desistere e, con una rapidità sovrumana, si precipitò davanti alla rampa di scale che portavano alle camere da letto ed in bagno.
Ma sfortunatamente, andò a sbattere contro qualcuno non appena si accinse a superare il primo gradino. Cadde all’indietro, facendo scappare un gemito di rabbiosa sorpresa. Ling accorse in suo aiuto, protendendosi verso di lui per dargli una mano ad alzarsi, ma levando gli occhi vide che suo padre troneggiava su di loro, con lo sguardo severo che scintillava nero e profondo davanti ai baffi sottili e smunti che circondavano le sue labbra. I capelli, lunghi e raccolti in una coda molto più alta di quella dei suoi figli, sembravano ruvidi e spessi come quelli di un vecchio cavallo.
Solo dopo Ling si rese conto che Greed e Wu si stavano silenziosamente scontrando fissandosi a vicenda, entrambi con espressioni crude e piene di rancore. Sembrava una gara, fra il fuoco degli occhi di Greed con quelli di tenebra del padre. Farsi scrutare in quel modo, dall'alto in basso, gli provocava una vergogna bruciante. Si chiese come le cose sarebbero andate se le situazioni si fossero capovolte anche solo per un istante. Per tutto quel tempo, non dimostrò segni di cedimento. Se mai ve ne fossero, solo lui ne restò a conoscenza.
“Ciao, papà.” disse Ling, affrettandosi a rialzare il fratello ancora seduto a terra, con le mani a far da leva vicino ai fianchi. “Mi dispiace per averti fatto trovare il cellulare spento. Ero a scuola, e quando sono uscito mi sono dimenticato di accenderlo” si giustificò, continuando a tenerlo d’occhio per osservare una sua qualsiasi reazione, che non arrivò. Wu sembrò accorgersi appena di ciò che Ling gli disse, troppo intento ad osservare Greed che si rimetteva in piedi e si avviava lentamente in camera sua, avanzando oltre e dandogli le spalle. Poggiò le dita sul corrimano della rampa di scale e, poco prima di raggiungere la cima, disse soltanto: “Sono stanco.”
E realmente era stanco. Stanco della giornata psicologicamente spossante, stanco del continuo e perseguitante volere paterno. Sentiva che molto probabilmente non se ne sarebbe mai liberato, ma una piccola scintilla nel cuore gli diede modo di non pensare negativamente. Presto o tardi suo padre avrebbe dovuto arrendersi, che lo volesse oppure no.
Una volta che Greed uscì dal suo campo visivo, Wu sembrò permanere nella suo stato di moderata collera. Per un piccolo tanto quanto insignificante secondo a Ling parve di vederlo anche leggermente rilassato. Forse era lui stesso che, agognando una definitiva tranquillità nella sua casa, aveva scorto nel padre qualcosa che cercava soltanto lui. E Greed, anche se questi era ben disposto a combattere, sempre e comunque.
Il cipiglio di Wu gli trapassò il cranio quando la sua voce fredda e marcata rimbombò nello spazio circostante, rivolgendosi proprio a lui ora.
“Ti avevo detto di convincerlo, non di provarci soltanto.”
Ling distolse gli occhi guardando nel vuoto, la fronte corrugata in un’espressione amara. Gli ripeteva spesso di spronare Greed ad obbedirgli senza remore, ma non aveva intenzione di forzare nessuno solo per far piacere a qualcun altro.
Strizzò gli occhi. Poi li ripuntò dritti su di lui.
“A dire il vero, non ci ho nemmeno provato, papà. Non convincerò Greed a fare cose che non vuole. Non me la sento, mi dispiace.” Disse tutto di getto, così come veniva, come il cuore gli dettava, senza velature di falsa accondiscendenza. Non voleva rendere la situazione un po’ più leggera, magari facendo pendere il piatto della bilancia dalla sua parte, solo perché l’uomo davanti a sé era suo padre. A Ling non interessava questo. Greed aveva diritto di scegliere per sé, così come lui e May. Punto. Non c’erano obiezioni da sollevare per Ling in questo genere di cose, non quando in ballo c’era l’infelicità dei suoi fratelli.
“Sai che facendo così non gli farai altro che male? Sono preoccupato per il suo futuro.”
“No, invece. Sei preoccupato del tuo futuro, e della sorte dei tuoi negozi. Abbiamo dei cugini a Monaco, perché non li cedi a loro?”
Non ricevette risposta. Anzi, una riuscì ad estrapolarla. Una silenziosa e carica di sdegno. Quello forte e imperioso che riservava solo a Greed nelle loro dispute senza fine. Ma Ling non riusciva a sostenerlo, tanto meno ad accettarlo. Raccolse il coraggio a due mani, pregando che le sue stesse parole non lo tradissero. “È inutile che mi guardi così. Te lo ripeto: lascialo in pace.”
“Sono suo padre!”
“Anche se sei suo padre!”
“Allora, se la pensi così, non metterti più in mezzo. Ho fatto male a chiedere il tuo aiuto.”
Il ragazzo tacque all’istante, mentre Wu indossò il cappotto e il cappello ed uscì nuovamente. Lo oltrepassò non degnandolo più di una pur minima considerazione. Non aveva neanche chiesto di May, quella che, personalmente, gli procurava meno “problemi” di tutti i suoi figli. In quanto figlia minore, non aveva gli stessi “obblighi” da cui Greed stava cercando disperatamente di districarsi; perciò non era lei quella da persuadere. Inoltre, ella aveva un rapporto con lui molto meno burrascoso. A volte apparivano così affiatati e ben disposti ai ruoli di padre e figlia che Ling si domandava se tutta quella severità paterna fosse mai esistita sul serio. Ma poi si ricredeva e ritornava alla realtà non appena cominciavano gli altri round per la rivendicazione della supremazia, il tutto bloccato in un vortice di routine a cui oramai erano abituati, chi più chi meno. Greed aveva già iniziato a progettare il modo per uscirne fuori, ma per andarsene da Londra avrebbe dovuto aspettare ancora qualche anno, e trovarsi un lavoro affinché riuscisse a provvedere al suo sostentamento.
Il pensiero di vederlo andar via, Ling non lo aveva mai digerito. Teneva troppo a lui ed al loro legame per osservarlo prendere un treno o un aereo con contentezza, senza che affiorasse un minimo di pentimento per non averlo trattenuto a Londra. Per Ling, in fondo, sarebbe stato meglio se lo avesse convinto affinché fosse rimasto invischiato negli affari del padre, ma Ling non voleva neanche immaginarsi in veste di traditore della figura per cui avrebbe fatto qualsiasi cosa. Inoltre, per Greed la libertà di fare ciò che si vuole era sempre in primo piano, e anche se il fratello avesse provato a farlo ragionare, facendogli imboccare la direzione tracciata dal padre, Greed sicuramente non gli avebbe dato ascolto.
“Meglio così…” sussurrò il giovane Yao con convinzione, ricordandosi di aver dimenticato di chiedere a Wu una bici nuova. Con i nervi tesi come corde di violino, e dopo aver contraddetto il padre, con che faccia gli avrebbe domandato una cosa simile?
Pensando a ciò, Ling salì le scale per raggiungere suo fratello. Lo trovò al buio nella sua propria stanza, prono, con il PC portatile davanti, la cui luce ne illuminava soltanto il viso e il ciuffo identico a quello di Ling che gli ricadeva sulla guancia. Fissava lo schermo con scarso interesse, come se fosse preso da altri pensieri che non concernevano affatto quelli virtuali. Ling se ne rattristò: per un attimo credette di comprenderlo, ma sapeva che ci si doveva trovare nei suoi panni per capire davvero il peso di quelle forzature e la mancanza di libertà di fare ciò che si vuole.
“Se n’è andato.”
Il suo interlocutore rimase in silenzio, continuando a scorrere quella che era la sua pagina Facebook con apatia e, guardando il vuoto, piuttosto che lo schermo, con espressione indecifrabile.
“Non sono neanche riuscito a dirgli che l’ennesima bici è andata…” ridacchiò Ling, grattandosi la nuca. Ma a Greed non interessava. Non lo fece finire che subito lo bloccò con la sua voce profonda e lievemente amareggiata.
“Ho sentito tutto. E non c’è bisogno che ti giustifichi.”
L’altro strabuzzò gli occhi, un po’ per stupore, un po’ per non aver afferrato bene cosa Greed volesse intendere.
Si stava ancora chiedendo perché fosse andato a prendere Ling per portarlo con sé a casa per affrontare il padre, sapendo perfettamente di avere già la risposta davanti a sé. Credeva che con il fratello sarebbe stato tutto più facile, ma quando fu davanti a Wu, letteralmente con il sedere a terra, non riuscì a formulare neanche una sillaba. “Sono troppo stupido, Ling… Non avrei dovuto fare scena muta davanti a lui.”
“Se non ti andava di incontrarlo, perché non sei rimasto fuori?”
“È da vigliacchi.” rispose con un cipiglio infastidito. “Ma la figuraccia che ho fatto è ancora più vergognosa.” Non parlò per diversi minuti, durante i quali Ling poté scorgere i suoi occhi rubino inumidirsi leggermente. Lo pregò mentalmente di non mettersi a piangere. Non lo aveva mai visto piangere, e non aveva l’intenzione di vedere le sue lacrime proprio ora.
Mancò un attimo per vedere una piccolissima stilla salata che cascava giù per la guancia che Greed si mise la testa fra le mani per non far vedere nulla. Imprecò mormorando qualcosa di crudo e pesante, prima di dire con tono un po’ più alto: “Maledetto io e le mie convinzioni!”
Il fratello si avvicinò, sedendosi di fronte a lui sul letto. “Non è una cosa brutta avere dei principi saldi su cui basarsi. Quanti ragazzi ce li hanno, al giorno d’oggi? Non è da tutti. Io mi sono rifiutato di farti schierare dalla parte che tu non vuoi perché so che potrei farti del male. Ed io non voglio rovinarti la vita.”
Con Ling ogni cosa assumeva una colorazione vivace e tenera come pastelli e tutto diventava più bello. Persino il grigiore delle nuvole che, al di là della finestra sprangata, si stavano pian piano addensando sembrava più che altro lucido argento. Greed si ritrovò a benedirlo e maledirlo allo stesso tempo. Ling era così amorevole con lui, che al contrario spesso si dimostrava impulsivo e rissoso. Per certi versi la gentilezza lo turbava, perché sapeva di non essere capace di esternarla, e sentire che parte di essa veniva indirizzata a lui lo faceva sentire fuori tema. Ma odiava negare che ne aveva un’assoluta necessità, specie se derivava dal suo fratellino, come un nettare che ingoiava a forza, ma che mai rigurgitava.
 
***
 
“Forza, May! Un po’ più di grinta e sentimento!”
“E un po’ meno enfasi, per favore… Stai rendendo Lady Macbeth una pazza isterica, in questo atto. Dev’essere un po’ più serena, diamine! E tu, Messo, un po’ più d’umiltà! Sei al cospetto di Lady Macbeth!”
I due insegnanti di recitazione, la signorina Paninya ed il signor Dominic, attore di cinema e teatro all’apice del successo negli anni settanta e il suo papà adottivo, stavano pericolosamente infervorandosi. Soprattutto la ragazza, normalmente molto più pacata di Dominic nonostante i suoi modi evidentemente mascolini, Era la quinta volta che provavano il primo atto, ed ogni volta dovettero ricominciare daccapo, per svariati motivi: gli abiti di Duncano non si trovavano, né dietro le quinte né nei servizi; Macbeth si era inceppato parecchie volte nel pronunciare i nomi di Glamis e Cawdor; Malcolm e Lennox erano sul punto di inciampare fra gli scalini cadendo rovinosamente ben due volte; Macduff e Ross non riuscivano a sincronizzarsi con gli altri attori, finendo per perdere la testa e piantando tutti per diversi secondi, litigando anche fra di loro…
Insomma, si vedeva che proprio non era giornata. Un disastro si accodava ad un altro, e tutti gli altri ragazzi sembravano far di tutto per assecondare sviste, errori e malumore generale.
La piccola May si lasciò cadere nello sconforto guardandosi intorno e vedendo che pochi erano disposti a collaborare, ma ad un nuovo cenno di Dominic che sospirò asserendo atono: “Per ora va bene così, andate avanti.”, riprese la voglia di riprovare. Se proprio lui li stava incitando a proseguire, voleva dire che davvero credeva in loro ed in quel progetto.  “Passiamo direttamente alla scena VI. La precedente la riproveremo domani. Le Streghe possono andare a casa, se vogliono.”
Le tre ragazze restarono, incuriosite da quell’atmosfera nera che aleggiava all’interno dell’officina teatrale. Furono le uniche che quel giorno ebbero il buon senso di non farsi influenzare da tutto quel pigro brusio che ogni tanto proveniva dagli altri attori e che recitarono magistralmente le loro parti.
E così, May si concentrò, tentando di imitare lo spirito delle tre streghe ed immaginando di essere davvero la maestosa Lady Macbeth, nel suo sfarzoso abito, attorniata da numerosi nobili che, quasi stentava a crederlo, stavano collaborando un po’ di più.
In breve, la scena si rivelò discreta, ma innegabilmente credibile. Alcuni copioni furono arrotolati su se stessi e branditi come clave preistoriche, mentre i due maestri parlottavano fra loro ed il palco lentamente si svuotava e ciascuno si ripromise che il giorno seguente sarebbe stato migliore per tutti.
 
 
 
 
 
 
NDA
I nomi in corsivo si riferiscono ad alcuni personaggi dell’opera Macbeth. :)

 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo sette ***



Capitolo sette
 

Mentre tornava a casa, a pochi metri da casa, May in lontananza vide suo padre.
Non gli corse incontro come faceva solitamente, quando Wu ritornava dalle lunghe settimane che trascorreva in Scozia con quella che ormai reputava la sua fidanzata, Lust, una delle tante in cui Wu sperava di rivedere il volto di una delle sue due mogli, la prima in particolare. Piuttosto, avanzò lentamente, sfoggiando un sorriso di circostanza per non farlo impensierire. Le prove a teatro del pomeriggio l’aveva sfinita, non soddisfacendola del tutto, soprattutto a causa dei suoi compagni poco collaborativi.
“Come mai quella faccia triste?”
La bambina sussultò, dispiaciuta per esser stata colta sul fatto. Solo poche persone si rendono conto quando un sorriso è falso, e Wu era una di quelle. Abbandonò la solita espressione compiaciuta per lasciar spazio ad una terribilmente abbattuta.
“Oggi le prove sono andate male…”
“Prove? Hai una nuova parte?”
“Sì!”. May si riscosse, ritornando a far splendere sul visino paffuto tutta la gioia provata la sera in cui le avevano assegnato la parte di Lady Macbeth. Gli spiegò brevemente di aver avuto quel ruolo meritandoselo, e man mano che emetteva ciascuna parola, le parve che perfino il morale continuava a salire. Wu nel frattempo la guardava, con le mani in tasca e le orecchie tese in ascolto. La voce di May le ricordava in modo impressionante quella della sua mamma, e confidava che crescendo avrebbe assunto anche lo stesso timbro.
Era come se gli uscisse più facile fare il padre con lei. Forse perché da May non si aspettava l’adempimento di certi compiti che invece voleva che Greed facesse, o forse perché somigliava troppo a sua madre, la magra consolazione al suo primo matrimonio da cui uscì completamente distrutto. Avrebbe voluto tanto avere il medesimo rapporto con gli altri suoi figli, specie con Greed, ma l’autorità paterna era sempre stato un principio che veniva prima di tutto per lui, anche prima del legame fra padre e figlio. Se Greed non voleva obbedire, voleva dire che non lo amava e non lo accettava come padre, e di conseguenza neanche lui si sarebbe separato dalla sua maschera fatta di severità e obblighi. C’era sicuramente l’orgoglio d mezzo a tutta questa cocciutaggine, ma Wu non avrebbe mai rinunciato ad esso, neppure per suo figlio, oltretutto irriverente e poco raccomandabile.
“Papà, mi stai ascoltando?”
Wu si risvegliò dal suo stato di trance in cui era caduto, scuotendo la testa per scacciare quei pensieri e dare importanza a quel che May qualunque cosa stesse dicendo. “Sì, va’ avanti.” Però non era affatto vero. La sua testa venne nuovamente sommersa di pensieri ostili e malinconici al tempo stesso, ritornando con la mente ai momenti in cui lui e Greed non ancora erano così nemici come adesso, quando ancora aveva la stessa confidenza che ora riservava solo a May e a poca gente eletta.
“Senti, sai come sta Xiao Mei? È da stamane che non la vedo…”
“Non l’ho vista neanche io. Sarà rimasta chiusa nella tua stanza.”
 
***
 
La situazione si mantenne piuttosto tesa per molte ore, però finché ognuno sta per i fatti propri tutto andava a gonfie vele.
Qualche mattina dopo, Wu uscì all’alba. Di tanto in tanto faceva un giro per tutti i suoi negozi di Londra e provincia e controllava che tutto funzionasse a dovere. I suoi dipendenti spesso lo reputavano severo fino all’inverosimile, prendendo anche l’abitudine di farsi beffe di lui quando non era presente. Quel giorno invece, ogni cosa era al proprio posto, come Wu si aspettava. Si sentiva spesso con Lust al telefono, e lei, con la sua voce calda e sensuale, ogni volta lo convinceva ad accompagnarla nelle sue lunghe gite senza limite di numero. Potevano essere considerati inseparabili , con tutte la carte in regola per fidanzarsi ufficialmente. Ma sinceramente, preferiva spassarsela con lei finché ‘non sarebbe sopraggiunta la vecchiaia più nera’, stando a quanto lei affermava. La vecchiaia per lei però sembrava non arrivare mai. Aveva cinquant’anni, esattamente sei in più rispetto a Wu, e odiava i bambini perché le apparivano una minaccia per la salute della sua bellezza che, a quanto stava dalle foto della sua giovinezza, era perdurata negli anni senza mai subire una scalfittura.
Era bella, come poteva essere bella la più splendida delle gemme aggrovigliata fra le zampe pelose di una vedova nera fusasi insieme. Ling non aveva trovato parole più poetiche e adatte per descriverla, provocando una smorfia di ribrezzo sul volto del fratello e guadagnandosi un’occhiata di ammirazione da parte della sorellina.
May la mirava come si potrebbe adulare un’attrice hollywoodiana senza però provare per lei un affetto particolare, anzi, detestando i suoi modi troppo espliciti e sconvenienti; Greed la considerava una megera ritoccata pressappoco un centinaio di volte al giorno e Ling si asteneva sempre dal dire cosa ne pensava, arrossendo un pochino pensando a quanto fosse disinibita anche in presenza di ragazzi come loro.
Xiao Mei? Beh, lei aveva intuito da secoli che Lust odiava anche gli animali, così si era venuta a creare un’avversione naturale, e testarda com’era, la piccola panda si ostinava a farle il musetto storto ogni malcapitata volta che la vedeva.
Anche quando soltanto si parlava di lei, come ora, radunati tutti intorno al tavolo per la colazione, tranne Wu.
“Stasera viene la smorfiosetta a fare le fusa; l’ho visto sul calendario. Quel cretino di papà ha anche cerchiato di rosso il giorno di oggi come un ragazzino nel giorno di San Valentino alla sua prima cotta… Credo che uscirò, anche se non è venerdì.” disse Greed ancora assonnato, mentre Ling gli posava una tazza di tè e latte sotto il naso. “Di questo passo diventerai una brava donna di casa, Ling!”
May ridacchiò, simulando un semplicissimo sorriso in modo che Ling non si offendesse eccessivamente. Sulle sue ginocchia, Xiao Mei stava compostamente seduta, e stava allegramente rosicchiando il suo biscotto al cioccolato.
“Sei crudele con Lust, Greed...” osservò il giovane, capendo che la risatina precedente era per lui.
“Dico solo la verità, anche se fa male. E in ogni caso, perché te la prendi? Tu non c'entri mica con la gatta morta...” ribatté l’altro con atteggiamenti innocenti e disarmanti. Fu soprattutto la semplice logica utilizzata dal fratello a frenarlo. Era anche vero che aveva insultato quella donna. Non che non se lo meritasse però…
Ling si diede mentalmente dello stupido. Si era costruito tutto quel ginepraio basandosi sugli insulti che Greed puntualmente affibbiava alla fidanzata del padre, finendo con l’incolparlo quando invece tutte le dicerie che giravano intorno a Lust con tutta probabilità erano veritiere… Si complicava un po’ troppo la vita, su questo Greed non aveva assolutamente torto.
Prima di andare a scuola, salutando May la cui scuola era praticamente dalla parte opposta rispetto alla loro, Greed portò Ling con sé dal meccanico cui aveva lasciato la sua moto per far controllare i freni. Era completamente nera, eccezion fatta per il sellino grigio-verde che contrastava notevolmente con il colore dominante. Dopo aver pagato l’uomo, che gli raccomandò, anzi lo pregò, di tenerla con più cura, Greed porse ad un Ling sempre più riluttante il proprio casco, siccome questi non ne aveva uno suo, e spronò il fratello a salire su.
“No!” rispose. “Io su quel coso non ci salgo!” e allungò il braccio tremante per ridare il casco al fratello, che lo guardò di sbieco per un istante, indispettito per l’appellativo che il fratello diede alla sua moto, poi chiuse gli occhi e con finta rassegnazione fece per infilarselo sulla propria testa. “Ok, vorrà dire che ti lascerò indietro…” Sperava fermamente che Ling cambiasse idea, giusto per non arrivare tardi alle lezioni, ma la sua espressione diceva chiaramente che la sua decisione era irremovibile.
Ling aveva una paura del diavolo di quella moto. Era così grande, e nera, e sembrava addirittura arrabbiata quando il fratello accendeva il motore per farla partire. Si ripeteva a mente che non sarebbe mai salito su quel mostro, neanche se stesse crollando il mondo e non avesse avuto altra scelta, anche se ne valeva della sua stessa vita.
Approfittando dei viaggetti mentali del fratello, Greed con abilità gli infilò il casco lasciando che le cinghie penzolassero ai lati del suo viso, e lo trascinò di peso a prendere posto dietro di lui. Solo pochi istanti più tardi Ling appurò di avere il naso premuto contro la schiena del fratello, e in preda all’orrore totale e non avendo altra scelta che soccombere alla volontà di Greed, allacciò le sue braccia alla sua vita senza curarsi di quanto potesse fargli male e strizzò forte gli occhi. Non lo fece per prepararsi alla velocità che quella moto poteva raggiungere, piuttosto per il puro istinto di cercare la protezione fraterna così come soleva fare da piccolo. Non ci volle molto tempo che percepì il continuo e piacevole getto d’aria che andava a scontrarsi con la sua faccia, schermata solo da poco dal corpo del ragazzo davanti. “Non stringere così forte, scemo!” Ricordò di aver ricevuto questa esclamazione di disapprovazione mentre il veicolo rombava lungo il tragitto che stava immaginariamente tracciando.
 
***
 
“Grazie.” mormorò Ling scendendo dal sellino e togliendosi il casco.
Greed aveva ragione. Sebbene casa loro distava pochissimi metri da scuola, quella capatina dal meccanico gli sarebbe costata un’intera giornata di punizione per mancanza di puntualità, e se non fosse stato per lui a quell’ora sarebbe stato in compagnia dell’enigmatico professor Bradley, il quale aveva uno strano modo per torturare mentalmente la gente: prima li faceva stare sotto pressione per diversi minuti, poi scoppiava a ridere prendendosi gioco della soggezione che la sua imponenza suscitava negli studenti, o comunque in tutti quelli che non lo conoscevano bene.
Mentre si dirigevano all’entrata, Ling gli ritornò alla mente quel comportamento di Greed che personalmente definiva strano, non da lui.
“Posso farti una domanda?”
“Mmh?”
“Perché non ti sei rintanato in camera mia come fai di solito?”
Il giovane non aveva la minima idea del motivo per cui, quella sera, non aveva occupato la camera del fratello come soleva fare. Spesso agiva istintivamente, quindi era normale che non sapesse dare un perché ai suoi gesti, anche a quelli che risultavano palesi agli occhi degli altri: forse era ingenuità, oppure, ipotesi più attendibile, dava poco peso alle sue azioni quando la sua mente era offuscata da ben altri pensieri. Ling ci aveva però fatto caso, e ci aveva anche pensato tutta la notte, finché le palpebre divennero così pesanti da non poter sopportare ancora la sua insonnia.
“Non dirmi che sei stato a pensarci finora!” rispose Greed inorridito e disturbato da tanta apprensione. “E poi non sono affari tuoi! Mi hai detto tu che non potevo. Dedicati a qualcos’altro e lascia perdere perché non sono andato in camera tua! Anzi, già che ci sei datti da fare!” esclamò malizioso dandogli una spallata per invitarlo a prestare attenzione a chi aveva davanti. Lan Fan era ad un paio di passo da loro, intenta a chiacchierare con Riza e Winry. Ling si rese conto di quanto fosse propensa a fare amicizia, nonostante la sua timidezza la faceva spesso da padrone.
Vedendolo fermo, il fratello lo spintonò facendolo quasi cadere di faccia a terra. Ma la ragazza non li vide, neanche quando Greed cercava di attirare l’attenzione.
“Ho fatto amicizia con lei qualche giorno fa su Facebook.” disse a Ling. “È carina, l’unico problema è la sua riservatezza, troppo radicata. Parla solo con chi le pare. Ma con te ho visto che ci sta volentieri.” insinuò poi, avvicinandosi al suo orecchio per far sembrare la sua voce ancora più smaliziata.
Il preoccupante rosso che colorava le guance di Ling lo fece scoppiare a ridere.
“Beh, a dire il vero sono stato io a rompere il ghiaccio.” ammise Ling.
“Davvero?” disse Greed non credendo alle sue orecchie. “Ah già ricordo! L’avevi difesa dal bruto con cui si è scontrata!” e si indicò portandosi la mano sul petto. “Comunque, adesso ti fai avanti e le parli ancora, come i tuoi desideri ti suggeriscono! Ehi, Lan Fan!”
La giovane si voltò, così come le altre due ragazze bionde che le stavano facendo compagnia.
“Forza,” disse prendendolo per le spalle e guidandolo fino al gruppetto femminile “fra un minuto suona la campana d’inizio lezioni: datti da fare!”
Dopo i saluti, fu Greed ad introdurre direttamente Ling nella conversazione che aveva pianificato per loro. Ling lo ammazzerebbe ancora oggi da un momento all’altro per avergli fatto fare ancora la figura dell’idiota.  
“Ciao, ti ricordi di me?” chiese Greed rivolto a Lan Fan, che annuì, adesso meno impaurita da quel ragazzo dagli occhi rossi. “Mio fratello gli piace tanto parlare con te!”
“Zitto, Greed!” lo sgridò il fratello. “E a lui piace scherzare!” affermò ad alta voce.
“Io devo vedermi con Ed.” Chiese a Winry dove fosse il suo amico d’infanzia, e gli fu risposto che lo avrebbe trovato in fondo al corridoio, vicino ai bagni.
“Ok, io vado. Ciao ciao, principino!” canzonò il fratello, sparendo alla sua vista.
 
 

 
NDA
So bene che sarebbe impossibile tenere in casa un panda, anche se si tratta di Xiao Mei. Ma ho voluto concedermi una piccola licenza poetica, perché non vorrei mai trasformare la piccola panda in qualche altro animale. ^-^’
Comunque, spero sia stato di vostro gradimento! Ringrazio i recensori e tutti coloro che stanno seguendo questa ff! Grazie mille!! *^*

 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo otto ***


 

Capitolo otto
 
 
 
“Non c’è molta scelta: dovresti chiedere alla Armstrong di rimandare, ma non credo lo farà. Ce l’ha troppo con te per farti un favore del genere!”
Edward osservò pensoso il volto ghignante Greed per qualche secondo prima di incrociare le braccia e reclinare la testa a sinistra. A causa degli allenamenti con Alphonse aveva completamente dimenticato l’interrogazione di storia, nonostante il fratello, fra un affondo ed una parata, glielo abbia ricordato almeno dieci volte, ricevendo delle seccate e scarne esclamazioni di stizza del tipo “Più tardi, ora combatti!”.
La campanella suonò, e mancò poco che Edward crollasse a terra dalla paura. “Ahh, sono rovinato!” disse poi, prendendosi la testa fra le mani, sulle quali si spanse un leggero tremore.
“Ma non ti ricordi proprio niente? Eppure quello della regina Elisabeth I non è un argomento del tutto nuovo, no? Attieniti a ciò che hai studiato prima delle scuole superiori… e spera che la Armstrong sia misericordiosa.”
“Sai bene che con me non lo sarà.”
“Beh, consolati: per Roy prova un odio ancora più intenso di quello che nutre per te.”
Greed non aveva affatto torto. Se l’aspetto quasi infantile di Edward contribuiva a risvegliare almeno in parte nella Armstrong il suo lato materno, se mai ve ne fosse, Roy Mustang davvero costituiva il suo bersaglio preferito contro cui lanciare le sue freccette avvelenate. Questa differenza, seppur minima, lo rincuorava.
Si salutarono e si diressero nelle rispettive aule.
 
***
 
Per un momento, Ling ebbe la sensazione di aver sbagliato fin dall’inizio con Lan Fan. La ragazza, anche se esteriormente ora era più disponibile e socievole con tutti, portava sempre con sé quella reticenza che tanto la caratterizzava ogni volta che lo vedeva. Il ragazzo non sapeva dare un nome specifico a ciò se non il semplice e banale parola “timidezza”, e proprio a causa di questa sorse il sospetto che forse aveva commesso un grosso errore quando le aveva preso la mano il primo giorno che si conobbero di persona. Era chiaro che Lan Fan non sapeva cosa fare in quel frangente, ed egli l’aveva stretta in maniera forzata. Voleva instaurare un legame un po’ più saldo con lei, senza cadere nei classici fraintendimenti smaliziati degli altri, ma francamente non sapeva da dove ricominciare.
Sicuramente, Riza e Winry erano in grado più di lui come ci si relaziona con gente come lei. L’avevano portata con loro a far compere già due volte, e altrettante volte si erano recate in biblioteca, abituandosi a confidarsi reciprocamente come se si conoscessero da sempre.
“Che titoli hai preso, Riza?”
Oliver Twist e Il Castello. Non li ho ancora letti prima!”
Winry annuì estasiata, affermando di preferire letture più romantiche e Ling prese ad osservare Lan Fan con maggiore attenzione. Ora toccava a lei esporre i titoli da lei scelti, e la scelta di un libro la diceva lunga su una persona. Almeno questo era ciò che gli aveva detto Greed.
Frankenstein e Amleto!”
“Anche a me e Greed piacciono!” Esultò esageratamente, tanto che Riza gli lanciò un’occhiata interrogativa e Winry cominciò ad assottigliare gli occhi, scrutando il volto dell’amico tentando di scorgere la più piccola sfumatura di rossore sulle gote, particolare che non arrivò se non causato dall’eccessiva eccitazione per la lettura.
“Sei proprio come Vato!” sorrise Riza con rassegnazione. “Ama i libri sopra ogni cosa, e lo si vede facilmente entusiasta quando se ne parla!”
“Oh, no. Egli è molto più appassionato di me, credimi.” ribatté Ling. “Un giorno sono andato a casa sua e non credetti ai miei occhi quando vidi tutti quei volumi su quell’immensa libreria.” Spostò lo sguardo verso Lan Fan, che ora lo guardava rapita.
Ovviamente, a Winry non sfuggì quell’incrociarsi fugace di sguardi fra i due. Al contrario, Riza sembrava non essersi accorta di quel dettaglio. Vedeva il mondo in una prospettiva diversa, semplice e pacata, da quella della giovane Rockbell, molto più intraprendente e decisamente più sagace. Prese la palla al balzo, afferrando Riza per le spalle ed allontanandola allegramente dalla coppietta cercando di non lasciar trapelare l’intenzione di farli rimanere soli. “Forza, amica mia. Andiamo ai nostri armadietti, prima che suoni la campana!”
Ma il suo sorriso morì sul nascere. Il suo piccolo stratagemma romantico dovette far spazio al fastidiosissimo allarme d’inizio lezioni. La sua bocca si contorse per la disapprovazione, e fu in quell’istante che Riza comprese cosa volesse fare Winry. Peccato che non aveva fatto in tempo.
“Beh, spero ci vedremo a mensa.” disse Riza rivolta a tutti trattenendo le risate.
 
***
 
“Allora, vediamo. Qualcuno vorrebbe conferire?”
Il vocione tuonante della signorina Armstrong rimbombò per tutta la stanza come se fosse dotata di una eco propria. Ciascun ragazzo voltò il capo in direzione dei propri vicini, cercando disperatamente un volontario con cui salvare la propria media scolastica, ma gli altri a loro volta ruotavano la testa verso il compagno successivo, e così via, fino a quando la donna seduta alla cattedra si spazientì al punto da far pulsare violentemente una vena sulla fronte.
Dal canto suo, Edward tentava di nascondere la sua faccia dietro all’ignara ragazza accomodata davanti a lui, assumendo un’espressione dapprima speranzosa, poi via via sempre più inquieta e tormentata. Greed era proprio un fesso se credeva che se la sarebbe cavata con poco. Quando interrogava, la Armstrong era dura quanto un sasso. Chiedeva qualsiasi cosa le passasse per la mente, anche quei piccoli dettagli storici che di tanto in tanto si acquattano nel cassetto più remoto del cervello umano.
“Elric!”
“Sì?” Edward scattò sull’attenti come un pezzo di legno conficcato nel terreno, suscitando fragorose risate che subito Olivier sedò con un semplice gesto della mano.
“Forza, comincia pure.”
 
***
 
“Mi ha stracciato come un vecchio documento inutile, quella strega! Capisci? Ha praticamente buttato nel cesso la mia reputazione!”
Tutti riuniti ad un tavolo della mensa, i ragazzi ascoltavano le lamentele del giovane Elric, evidentemente spossato dalle snervanti domande della Armstrong. La peculiarità di quella donna era che una volta che aveva in pugno qualcuno, non lo mollava prima di averlo prosciugato di tutte le forze e di tutte le conoscenze storiche del mondo. Molti la odiavano per questo; gli studenti più diligenti, invece, ammiravano questo suo modo di “mietere vittime”, secondo una considerazione dello stesso Edward, proprio perché in quel modo era quasi impossibile che qualcuno tralasciasse di ripetere anche le altre epoche oltre a quella che si affrontava in quelle settimane.
“Povero piccolo! Chissà che frustrazione, ragazzi!” lo schernì Roy ridacchiando. Il pugno di Edward diretto alla sua mascella però gli fece perdere il suo sorrisetto di strafottenza. Senza indugio lo evitò di un soffio, parandone poi un altro. Vedendo che le sue offese non sortivano alcun effetto, il biondo si infuriò ancora di più. Ci volle l’intervento di Alphonse e Winry per calmarlo e farlo rimettere composto al tavolo, e Riza si premurò di acquietare Roy.
“Vi comportate come bambini, almeno tu smettila!”
“Perché? È così divertente…”
“Roy! Per favore…”
I suoi occhioni ambrati fermarono le proteste del giovane Mustang senza dire altro. Ed egli si dovette proclamare sconfitto. Proprio non riusciva a resistere ad una Riza che lo supplicava in quel modo così dolce e composto.
“Ed è uno che va dritto al sodo, su questo non ci piove.” sentenziò Jean tracannando il suo succo di frutta, indifferente ai ringhi che Edward continuava a lanciare a Roy.
Mentre gli schiamazzi della compagnia erano sul punto di superare l’intero brusio della sala mensa, Lan Fan rimase silenziosa ascoltando e ridendo di tanto in tanto. Alla sua sinistra, Ling era alquanto pensoso. Molto probabilmente quella sera Greed non l’avrebbe trascorsa a casa per colpa della presenza di Lust, perciò aveva deciso che anche lui sarebbe stato fuori. May aveva ancora le prove, quindi non avrebbe rincasato se non verso le undici inoltrate.
Prese coraggio, oltre che un bel respiro, e tentò di attirare l’attenzione della ragazza senza dare troppo nell’occhio. Dopotutto, non voleva fare scena o mettere troppo in mostra il fatto che le piaceva.
“Mi chiedevo se stasera ti andrebbe di prendere una fetta di torta.” La faccia sconcertata ed interrogativa di Lan Fan gli fece intuire che forse non era il caso di spingerla ulteriormente a fare cose che non voleva, perciò si affrettò a proseguire. “Guarda che non sei costretta, sia chiaro, è che…”
“Sì, certo.” Finalmente, le labbra di Lan Fan si distesero in un enorme e caldo sorriso, che sembrava sole spuntato fuori dopo tanto tempo di buio. Ling si sentì più emozionato che mai, tanto che balbettò qualcosa di incomprensibile prima di accertarsi dell’orario in cui si sarebbero incontrati.
 
***
 
Quel pomeriggio sembrava non passare mai, quasi a prendersi gioco di coloro che, quella sera, avevano qualcosa di importante da fare. Il professor Armstrong come al solito si scusò dell’orribile comportamento che sua sorella assumeva con i suoi allievi prima di cominciare la sua lezione. Gli occhi di Ling si soffermavano spesso sull’orologio posto appena sopra la testa pelata dell’uomo, siccome la sua altezza sfiorava quella in cui era appeso il quadrante. Era sicuro che la sua apparente curiosità verso la circolazione sanguigna eludesse quella per l’ansia di voler uscire da scuola. Ma purtroppo per lui, non funzionò. Alex Louis Armstrong si rese immediatamente conto che Ling Yao era più interessato al ritmico ticchettio dell’orologio che alle sue spiegazioni. Non era soltanto l’aria mezza annoiata che parlava per lui, ma anche il tic compulsivo delle sue dita intorno alla penna a scatto, che produceva un rumore che dava davvero sui nervi.
“Signor Yao! Mi rincresce, ma debbo riprendere la vostra negligente condotta nonché il disturbo che sta arrecando alla classe!”
I suoi compagni lo fissarono come se fosse un alieno, biascicando delle risatine poco solidali; le stesse che subito il professore placò spalancando i suoi grandi occhi azzurro cielo in uno stranissimo cipiglio imperioso. Era un uomo dal cuore grande quanto una casa, ma tollerava poco che gli studenti non seguissero gli argomenti trattati in classe. Tuttavia, non era il tipo che godeva nel vedere gente che aveva paura solo nel guardarlo, come sua sorella.
“Chiedo scusa.” interloquì il giovane sinceramente dispiaciuto, ed anche un po’ imbarazzato. Non aveva previsto che la sua ansia potesse essere notata con così tanta facilità. Ciò fu sufficiente a rabbonire Armstrong e a troncare lì il discorso che stava concludendo. Chiuse il libro che aveva fra le mani e posò il gessetto accanto al cancellino. Se i ragazzi avevano perso la concentrazione a causa della tarda ora, era inutile continuare ad imbottirli di nozioni per poi assegnare pagine che magari non avrebbero compreso con le loro sole forze. Permise loro di uscire dall’aula cinque minuti prima a patto che tenessero chiusa la bocca, e quando vide che Ling si avviò alla porta lo bloccò soltanto con la solidità dei suoi pettorali, che fortunatamente non aveva scoperto.
Si protese sul giovane Yao, chiedendo se ci fosse qualcosa che non andava e se aveva voglia di parlarne. Sotto questo punto di vista era molto gentile e comprensivo, e gli studenti spesso non si facevano problemi ad aprirsi a lui. Ma ora come ora non c’era niente a tormentare Ling, anzi. Semmai non faceva altro che pensare all’incombente appuntamento che aveva preso con Lan Fan; non era il caso di confidarsi in quel genere di cose, specie con Armstrong. Avrebbe cominciato a dare consigli smielati e ad accertarsi che Ling comprasse per lei dei fiori e quant’altro, senza contare che avrebbe cominciato a brillare di entusiasmo e ad abbracciarlo complimentandosi per delle ipotetiche nozze. No, decisamente era meglio lasciar perdere.
“No, sto benissimo. Grazie comunque per esservi preoccupato per me! Buona giornata!” Sorrise come per rassicurare l’uomo, poi andò di volata a casa. Non aspettò neanche suo fratello, certo che Greed si sarebbe attardato con Edward o con qualcun altro davanti all’edificio scolastico. Lo avrebbe avvisato con un messaggio.
Raggiunta la soglia della sua villetta, la oltrepassò di fretta e furia. Non sapeva il perché avesse intrapreso quella corsa frenetica che lo fece inciampare numerose volte; sarebbe stato in grado invece di spiegare quell’adrenalina che circolava per tutta la lunghezza delle sue gambe e delle sue braccia, e che non gli consentiva di rallentare.
La presenza di May e Xiao Mei in salotto però lo ricondusse al buon senso di ricomporsi e fra finta di nulla. Sapeva di che pasta era fatta sua sorella: amante delle romanticherie com’era, avrebbe sicuramente preso la faccenda dell’appuntamento come una cosa estremamente seria, finendo con il pedinarlo per ogni dove e, peggio ancora, ficcando il naso dove non avrebbe dovuto. Greed era molto più discreto in queste cose, anche se non avrebbe mancato di burlarsi di lui. Si ripromise che a tempo debito avrebbero saputo, ma ora era meglio tenerli all’oscuro, giusto per vedere come sarebbe andata con Lan Fan.
“Che ci fai qui?”
La bambina sollevò la testa portandosi indietro i capelli completamente sciolti che gli erano caduti davanti. Era buttata sul divano, con la piccola panda che sonnecchiava accanto alle sue caviglie. Con una mano teneva un biscotto, mentre con l’altra batteva la tastiera del portatile di Greed. Qualche volta gettava uno sguardo alla televisione accesa, su un canale musicale.
“Come scusa? Credevo fosse anche casa mia…” sghignazzò May. “Non stai bene?”
Il suo interlocutore scosse violentemente la testa. “No, tutto a posto…” le fu risposto in tono neutro. Ma era chiaro come la luce del giorno che c’era qualcosa che bolliva in pentola. Ling era sempre stato preciso, e sapeva che il venerdì pomeriggio, come tutti i sabati e le domeniche, era libera dagli impegni teatrali. Per questo genere di cose aveva una memoria eccezionale, non aveva neanche bisogno di segnarsele sul calendario o in agenda. May aveva il sentore che gli stava capitando qualcosa di molto bello, o molto brutto. A giudicare dalla mezza faccia da ebete con cui era entrato si sarebbe detto che qualcosa o qualcuno lo aveva reso felice.
Non appena Ling salì le scale, la ragazzina sussurrò alla sua amica con un sorrisetto obliquo: “Qui c’è puzza di bruciato!”
Così, approfittando del monitor acceso, si inoltrò nel profilo Facebook di suo fratello, cercando un qualche indizio per cominciare le sue personalissime indagini. Il mouse fu cliccato sui suoi amici, ma non trovò nulla di soddisfacente.
Non si diede per vinta. Cambiò rotta, deviando verso il profilo di Greed: qui trovò, fra le nuove amicizie dell’altro suo fratello, una ragazza di nome Lan Fan. Appariva timida ed insicura, una tipologia di ragazza che a Greed piaceva molto poco, e facendo due più due, arrivò da sola alla conclusione, seppur fosse ancora velata da un sottile strato di dubbio.
Prima o poi avrebbe avuto la conferma…

 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Capitolo nove ***


 
Capitolo nove
 
 
“LING!”
Entrando in casa, Greed sbatté con furia la porta. Xiao Mei balzò in piedi per lo spavento, al contrario May non si scomodò di un millimetro. Lo vide avvicinarsi di un paio di passi verso di lei, con gli occhi infuocati dall’ira e con il volto contratto.
“Dov’è quel degenerato pezzo di merda?” sibilò in direzione della bambina.
“È di sopra.”
Si precipitò sulla prima rampa, talmente imbufalito da stendere a terra un lottatore di sumo con le sue sole forze. Aveva cercato quel bastardo per due ore intere, chiedendo a destra e a manca se l’avevano visto, fino al momento in cui Riza, quella santa ragazza, gli disse di averlo visto andare verso casa propria. Ling non si era degnato neanche di avvisarlo. Aveva un grande desiderio di prenderlo a calci nel culo, di strapparlo come una pergamena vecchia, di schiacciarlo, di ridurlo ad un ammasso informe, di stritolarlo, di…
“Greed, sei tu? Ah, come sono felice di vederti, fratello!”
Il cinguettio che uscì dalla bocca di Ling non piacque per niente a Greed, tanto meno apprezzò la stretta da boa constrictor che quasi lo stava per soffocare. Si dimenò come una preda in cerca di salvezza urlandogli di lasciarlo andare con tanto di parolacce correlate. Ma il fratello era talmente entusiasta, di qualcosa di cui Greed ovviamente ignorava l’esistenza, da non discernere neanche che tipo di battutacce fossero. Sapeva solo che erano belle pesanti.
“Mi hai fatto dannare, oggi! Credevo che mi stessi aspettando davanti scuola, invece vengo a sapere che te ne vai così senza dire niente! Ti dovrei strozzare io per questo, idiota!”
“Ma come? Non hai ricevuto il mio messaggio?” chiese innocentemente Ling, con la faccia tutta rossa per l’emozione.
“Non c’è nessun fottutissimo messaggio nel mio cellulare!”
“Ah,” rispose Ling tranquillamente “forse mi sono dimenticato di inviartelo…” Fece spallucce, e ritornò al suo armadio come se niente fosse, fischiettando il primo motivetto che gli passò per la mente. “Dimenticavo, stasera non ci sono…”
“Dove vai? E smettila di ridacchiare come una femminuccia, mi metti soggezione! Sei repellente!”
A quelle parole, che normalmente avrebbero dovuto indispettirlo oltre ogni limite possibile, Ling sorrise ancora di più, trotterellando qua e là. “Non ti riguarda, volevo soltanto avvertirti.”
Rinunciando ad indagare oltre, Greed scese di corsa le scale. Vedere Ling in quelle condizioni gli dava sui nervi; sicuramente aveva qualcosa a che fare con Lan Fan.
D’un tratto si arrestò. Udiva un rumore di tacchi ovattato dalla moquette, di quelli vertiginosi che le donne s’intestardiscono a portare, anche se successivamente avrebbero sentito dolori atroci alla schiena.
Appunto, donne. Era improbabile che May avesse un paio di scarpe simili, ed in ogni caso era a piedi nudi. Scendendo gli ultimi gradini, si insinuò nella sua testa un disgustoso dubbio, che sapeva di lussuria insaziabile e di profumi dolci e nauseabondi.
Non ci volle molto che davanti a sé vide la figura di Lust, la donna, o meglio la serpe, l’arpia, la megera che lui odiava di più al mondo. Detestava tutto di lei: dalla linea provocante del suo corpo alla cascata di capelli mossi che le arrivavano a sfiorare crudelmente il fondoschiena quasi come una carezza fatta da una mano artigliata. Odiava la sua voce fluente e la linea provocatoria delle sue labbra, il suo seno perfetto e la sua audace quanto volgare eleganza.
Ma più di tutto, odiava l’influenza irreversibile che esercitava su suo padre. Wu era letteralmente soggiogato dalla sua ammaliante sensualità da dimenticare i motivi per cui si era innamorato per una come lei, e quelle uniche dimostrazioni d’amore che Wu esternava, May a parte, sembrava riservato solo e soltanto a lei.
Ma non era del tutto colpa di Wu. Qualunque uomo avrebbe perso la ragione di fronte ad una donna così affascinante e dalle rotondità mozzafiato come le sue. Il problema era lei, che con la sua comparsa non aveva fatto altro che inasprire la presa di Wu nei suoi confronti sulla questione della successione, tralasciando il vero significato di essere un padre.
Era lei che aveva rubato a Greed l’amore di suo padre, prosciugando anche quel poco di tranquillità che regnava in quella casa.
Forse, se Lust non avesse irrotto nelle loro vite, quel poco di amore che Wu provava verso Greed non sarebbe stato del tutto soppiantato dalle pressioni a cui lo sottoponeva.
“Ma guarda chi c’è,” esordì la donna “il monello di casa.”
Greed aggrottò le sopracciglia, ma oltre ciò non diede alcun segno di rabbia rilevante. “Come hai fatto ad entrare?”
“Wu mi ha dato una copia delle chiavi di casa.” replicò lei, mostrando il mazzo che tintinnava fra le sue dita. Se prima Greed era soltanto infastidito, ora era diventato furibondo. Strinse le mani a pugno per la collera, maledicendo Wu in tutte le lingue che conosceva. Il padre avrebbe dovuto almeno avvisarli di questa novità, ma a quanto pareva non lo aveva detto a nessuno, facendo di testa sua come al solito. Il giovane Yao era certo che neanche i suoi fratelli lo sapessero, altrimenti sarebbe stata la prima cosa di cui l’avessero messo al corrente. Non erano i tipi da nascondergli tali cambiamenti.
“Ora faccio ufficialmente parte della famiglia, non credi?”. Soffocò una risata mentre sistemava il cappotto sull’attaccapanni, e fece scintillare gli occhi, consapevole di cosa, con la sua sola presenza, poteva suscitare in un uomo, seppur giovane come Greed.
“Si dice: ‘Non dire gatto se non l’hai nel sacco’. Dovresti considerare nel modo giusto la tua posizione…” la stuzzicò il ragazzo, tentando disperatamente di non apparire sconvolto da quella notizia. Anzi, a dispetto dell’ira che gli bruciava dentro, aveva un ghigno piuttosto insolito, calmo.
“No, infatti.” sospirò Lust distogliendo un attimo lo sguardo da Greed. Doveva averlo fatto per acquistare vantaggio, in modo che il suo interlocutore abbassasse la guardia. “Dovrò fare appello ad altro…” Lust sogghignò con fare sempre più ammaliante, nel frattempo si avvicinò a lui ancheggiando lentamente, prendendo poi il mento del giovane Yao ed accarezzandolo provocatoriamente con le dita.
“Greed, diventi sempre più bello ogni giorno che passa…” sussurrò Lust ad un centimetro di distanza dalla bocca di Greed. Aveva un atteggiamento così sensuale ed un corpo così perfetto che qualsiasi uomo, anche quello più indisponente, sarebbe subito crollato ai suoi piedi. Ma il ragazzo sapeva che quella donna dai capelli scuri assumeva quelle movenze soltanto per perseguire il suo scopo principale; non era un caso che si chiamasse proprio Lust.
Per un attimo il sangue freddo di Greed sembrò vacillare pericolosamente. Gli si mozzò il fiato quando sentì quello umido della donna inoltrarsi nella sua bocca semiaperta, e gli ci volle un immane sforzo di volontà per prendere tempo al suo lussurioso fascino.
Ma non fu affatto facile resistere come si era prefisso. Cominciò ad arrossire, a sudare freddo ed allo stesso tempo a sentire un caldo rovente che partiva dal cuore che batteva furioso farsi strada lungo le parti più periferiche del suo corpo, ma nella frazione di secondo in cui Lust si accinse a chiudere gli occhi con il preciso intento di unire le sue labbra a quelle del ragazzo, gli si accese un piccolo barlume di ragione che non aveva ancora del tutto perduto. Le sue pupille balenarono rapidamente a destra e a sinistra in cerca di una via di fuga, ma l’unica cosa che poté fare, e l’unica cosa che gli venne spontanea, fu scostare con abilità la mano di Lust spingendola via con la sua, esclamando un atterrito “No!” con voce rotta e visibilmente scossa.
Sorpresa da quel gesto inaspettato, la donna si ritrasse offesa e confusa come non lo era mai stata.
Nessun uomo l’aveva respinta, mai. E non si sarebbe mai aspettata che un ragazzo così virile e sicuro di sé si azzardasse e rifiutarla. Questo le fece montare dentro una rabbia che non sapeva neanche di possedere. Le fece desiderare di lasciarlo tramortito a terra, in una pozza di sangue. Sì, in quel momento le venne l’ardente desiderio di fargli del male. Ma dovette subito abbandonare questi pensieri malsani, perché lo sguardo notevolmente indurito di Greed, così simile al suo, cancellava ogni altra cosa dalla testa di chi l’osservava. Era inquietante, che avrebbe innescato brividi di terrore al più possente degli uomini, ma calamitante, da cui era impossibile sottrarsi.
Come un’orrenda scena di un film del terrore che, sebbene ripugnante, incolla il malcapitato spettatore allo schermo sino alla fine: così erano quel tipo d’occhi. Affascinanti e colmi della capacità di incutere paura.
Solo quando il ragazzo s’incamminò verso l’ingresso lanciandole un’ultima occhiata piena di disprezzo, Lust si riprese dallo stato di trance cui era caduta. Appena in tempo per accogliere Wu che rientrava dalle sue ultime commissioni e che per poco non si scontrava con il figlio.
“Scegli con più cura le tue compagnie” disse questi, senza aspettare una replica. Si dileguò apparentemente senza fretta, sfuggendo allo sguardo incantato del padre intento ad osservare la sua fidanzata. Se Wu li avesse visti insieme in quella posizione così ambigua, anzi, ovvia, avrebbe sicuramente accusato Greed di averla avvicinata, difendendo la vera colpevole.
“Tesoro,” lo chiamò la donna, “mi stavo preoccupando…” disse, falsamente contrita. Wu non capì che era un modo come un altro di deviare ogni spiegazione possibile, ed in ogni caso diede scarso peso alle parole del ragazzo, estasiato com’era dall’eleganza con cui Lust quella sera si era abbigliata, con un corpetto nero con una scollatura a cuore, il suo abito preferito. E anche quello di Wu.
“Che idiota…” mormorò Greed al sicuro in soggiorno, sedendosi accanto a May e Xiao Mei con la testa fra le mani. “Neanche si accorge della mela marcia che ha fra i piedi…”
“Hai detto qualcosa, Greed?”
Con i nervi a fior di pelle, si concesse qualche secondo prima di rispondere alla domanda di May. “C’è quella stronza di Lust di là.”
D’istinto, la bambina lanciò un’occhiata alla sua panda. “Ecco perché Xiao Mei era inquieta…” Quando sentirono aprire la porta, May credette fosse Wu, siccome i due gemelli erano già di sopra. Ma Xiao Mei aveva cominciato ad allertarsi, rizzando le zampette e mostrando i dentini.
Greed avrebbe tanto voluto uscire ed andarsene, magari dai suoi amici, ma se c’era Lust, che con tutta probabilità si sarebbe messa a bisticciare pesantemente con sua sorella, non aveva intenzione di lasciarla sola, anche se c’era Wu. “Devi uscire stasera?” chiese atono, mentre afferrava il telecomando per fare zapping fra i canali televisivi.
“Credo di no.” gli fu risposto. “Nina è da una sua cugina, perciò…”
 
***
 
Nella sua tuta grigio scura da lavoro ed immerso nella luce della sua piccola officina, Fu stava armeggiando con i freni guasti di una piccola bicicletta azzurra. Il proprietario era un vivace e dolce bambino occhialuto che spesso veniva anche solo per scambiare due chiacchiere con sua nipote. Molto probabilmente non si sarebbe presentato a causa del freddo pungente di novembre che in quei giorni sembrava volesse tormentare l’intero Sud.
Fortunatamente, il clima rigido di quelle ore riusciva a malapena a trapassare i muri dell’edificio grazie al tepore persistente, ma l’odore del carburante che ormai da anni impregnava inesorabilmente quel vano unico del primo piano* però lo costrinse ad interrompere il suo lavoro e a aprire la porta d’ingresso della sua attività per ventilare l’ampia camera il cui interno era occupato da due auto, qualche moto, numerose biciclette colorate e rottami vari. C’era un disperato bisogno di aria, soprattutto adesso che si concesse una pausa dopo cinque ore passate fra gomme sgonfie, motori da sostituire e freni da riparare. Per un momento rammentò di Lan Fan che scherzosamente aveva paragonato la necessità di aria pulita con quella degli astronauti a corto di ossigeno, così le sue labbra s’incresparono in un sorriso, che contribuì a rilassarsi ulteriormente. Si tolse le scarpe per non imbrattare la moquette e salì le scale che conducevano alla dimora che divideva con Lan Fan.
Ella non sarebbe tornata prima delle dieci, quella sera. Aveva detto di aver avuto la prima proposta di un appuntamento con un ragazzo conosciuto a scuola. L’anziano uomo era convinto che si trattasse di un giovane della sua età, senza dubbio inglese, o comunque occidentale.
Non sospettava minimamente che fosse Ling Yao, uno dei suoi allievi.
“Buonasera, signor Fu!”
A dispetto delle sue previsioni, Kain Fury si presentò per ritirare la sua bicicletta. Il suo faccino fece distrarre parzialmente Fu dai suoi pensieri, incitandolo a recuperare il veicolo a due ruote che aveva riparato quella mattina. Il bambino poi aveva chiesto di Lan Fan, ma Fu dovette suo malgrado metterlo al corrente della sua assenza.
“Oggi è uscita, ma se vuoi puoi passare domani.”
 
***
 
“Io vado, eh?!”
Ling passò davanti alla porta come un fulmine, lasciandoli poco sorpresi i suoi due fratelli.
Le sue gambe non avevano smesso di fremere un secondo. Il cuore non aveva accennato un attimo a rallentare. Era la prima volta che andava a prendere una ragazza al Piccadilly Circus per trascorrere un paio d’ore soli per conoscersi meglio, e Ling si chiedeva se anche lei era elettrizzata come lo era lui. Forse sì, dato il suo naturale impaccio. Finché, non gli balenò in mente una domanda. Chissà perché non gli aveva permesso di cominciare la passeggiata da casa sua…
Pensando, non si rese conto neanche di essere arrivato. A pochi metri da dove si trovava, Lan Fan era seduta ad una panchina, e si guardava intorno circospetta. Indossava una gonna a pieghe, simile a quelle delle uniformi femminili scolastiche, e sopra una giacca sportiva color ruggine. Presentarsi davanti a lei, ansimante, con la sua solita faccia tosta ed al tempo stesso naturale ora diventò un’impresa estremamente ardua. Fece qualche passo, contando mentalmente a rovescio partendo da dieci, giusto per darsi un trampolino di lancio.
Non si aspettava minimamente che da lì tutto sarebbe degenerato.
 
 
 
 
 
*In Inghilterra il primo piano corrisponde al nostro piano terra.
 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Capitolo dieci ***




Capitolo dieci



Durante quelle ore, Ling poté appurare che trascorrere del tempo con Lan Fan era incredibilmente piacevole. Poteva capire però perché molti la evitavano, giudicandola poco propensa al dialogo: la ragazza aveva un modo tutto suo di catalogare le amicizie, basandosi per lo più sulle passioni che potevano accomunarla con gli altri e sull’espansività cui poteva attingere per aprirsi un po’ di più al mondo. Ad esempio, Riza e Winry erano delle ottime amiche, gente che racchiudeva in sé quella carica mista fra interessi e vivacità che a Lan Fan piacevano tanto. Ecco perché non aveva avuto molte difficoltà a relazionarsi con loro.
Tutt’altro discorso valeva invece per il sesso opposto: era timida con qualunque ragazzo, soprattutto con coloro che le dimostravano simpatia, come i ragazzi amici di Riza. Quando la vedevano ognuno reagiva in maniera diversa, ma comunque mantenevano quell’aria socievole e scherzosa, comportandosi con lei in modo esemplare, anche se per loro Riza incarnava più un ruolo di sorella che di amica.
Con Ling però è stato diverso: inizialmente riluttante, l’aveva accettato nella sua personalissima cerchia di conoscenti di buon grado, finendo alla tacita conclusione che avesse preso una sorta di infatuazione controllata. Ling non era soltanto una delle persone più spontanee che conobbe, ma dava l’idea di una strana miscela di forza e debolezza insieme. Con lui si sentiva al sicuro, al tempo stesso percepiva che potesse crollare sotto il peso delle sue emozioni da un momento all’altro. Sorrideva facilmente, scherzava facilmente, si meravigliava facilmente; e Lan Fan ipotizzò che potesse anche arrabbiarsi facilmente. Congettura parzialmente vera, la sua, se non fosse per Greed e per la situazione perennemente in stallo, quasi pericolosa, all’interno delle sue mura domestiche.
All’inizio dell’appuntamento avevano faticato molto ad intraprendere e mandare avanti un discorso che valesse la pena di ragionare, però man mano che l’agio si fece discretamente spazio fra di loro, non ebbero più così tanta titubanza. Cominciarono a sorridere finché le risate divennero così violente da avere la necessità di piegarsi in due, suscitando la curiosità delle persone e i loro conseguenti sorrisi; e quando si sedettero ad un tavolo con una fetta di torta sacher ciascuno la conversazione assunse toni molto più ponderati. Fra una cucchiaiata e l’altra, e fra i complimenti senza fine di Ling al pasticciere che ovviamente non poteva sentirlo, le loro parole si inoltrarono nella rete di privacy vicendevolmente, sebbene le maglie di Lan Fan fossero molto strette e bisognava allentarle.
“Hai altri fratelli oltre Greed?”
“Sì, una sorellina. E tu ne hai?”
“No,” disse lei incupendosi “avrei dovuto averne, ma… così non è stato…”
Aveva difficoltà a parlare di quel fratello o quella sorella che sarebbe nato o nata se i suoi genitori, in particolare sua madre, non fossero morti.
“Che vuoi dire?” Incurante di quello che avrebbe comportato alla ragazza, Ling aveva quasi smania di voler sapere di più. Ma quell’espressione tesa e leggermente addolorata dipinta sul suo volto, che quasi sembrava parlare da sé esprimendo amarezza, attenuava il motivo d’imbarazzo ed aumentava la sicurezza che da lui Lan Fan avrebbe ricevuto solo comprensione.
“Non ho più genitori,” sussurrò, come se fosse un dettaglio di cui vergognarsi “sono…morti entrambi mentre mia madre aspettava il suo secondo figlio, mio fratello. O mia sorella, chi lo sa?!” Rabbrividì a causa della sua stessa amara ironia, come se avesse freddo o paura di qualcosa.
Il ragazzo, trattenendosi dal domandarle cosa le stesse succedendo, successivamente si rese conto di aver toccato un tasto dolente, e troppo riservato per poterlo esporre. Infatti, Lan Fan non parlava mai a nessuno di queste cose a cuor leggero. “Scusami, non lo sapevo.” Lan Fan scosse il capo. “Ma se ti può consolare, anche Greed e io non abbiamo più una madre. E abbiamo perso anche una matrigna, la mamma di May.” Sfoggiò un sorriso rassicurante e solidale al tempo stesso, gettando gli occhi sul suo piatto ormai vuoto per specchiarvisi. A lui non pesava tanto non avere una madre che si prendesse cura di lui, che gioisse per un voto alto o che gli sistemasse i vestiti pronti per essere indossati, quanto per la tensione che abitava in casa Yao per via della catena di negozi. Non fosse per le scariche elettriche che suo padre e Greed puntualmente s’inviavano la sua sarebbe stata una vita quasi perfetta. Numerose volte si era fermato a chiedersi come sarebbe stata la loro vita se ci fosse stata una figura materna ad affiancare le loro vite, ma inevitabilmente finiva per accantonare quella che per loro era soltanto immaginazione per far spazio alla realtà che era costretto a vivere, anche perché con circostanze simili c’era poco su cui fantasticare e molto da mettere in pratica.
Discorsero ancora per qualche minuto, quando l’orologio batté le dieci e mezza ed il cellulare di Lan Fan squillò. Era suo nonno, e le chiedeva quando sarebbe tornata a casa. Lei gli disse che sarebbe rincasata entro una mezz’ora, e opportunamente Ling le propose di passeggiare ancora un po’ prima di separarsi.
 
***
 
Il sole stava calando troppo lentamente.
Era questo che pensava Riza mentre guardava la finestra seduta a gambe incrociate con Black Hayate accucciato nell’incavo fra le ginocchia. Aveva passato una bella giornata a scuola; aveva perfino preso due voti eccellenti in materie convenzionalmente difficoltose. Però, una volta fuori da scuola, si immerse nuovamente nella solitudine di quella villetta vuota e spettrale che troppo spesso lei chiamava casa, quando paradossalmente si sentiva più protetta con i suoi amici intorno che con il padre Berthold.
Il cane uggiolò per pochi secondi, intuendo che la sua padrona era di umore decisamente rabbuiato. Strusciò piano il musetto contro il suo petto, finché non scese dal letto sfuggendo al suo abbraccio dirigendosi scodinzolante verso la scrivania.
“Cosa c’è, piccolo?”
Non ebbe modo di finire la domanda posta ad Hayate che il telefono cellulare squillò; a Riza sembrò essere insistente, e voleva fiondarsi verso di esso, ma l’intorpidimento delle gambe la rallentò. Lesse il nome della persona che la stava chiamando, sentendo un leggero sollievo.
Roy.
Forse a conti fatti il sole si sarebbe affrettato. Sorrise.
“Pronto?”
“Congratulazioni, signorina Hawkeye!” esultò il ragazzo dall’altra parte. “Ha vinto uno splendido soggiorno a Manhattan per una settimana!”
“Magari!” fece lei ridendo.
“Hai ragione, è una balla” ammise Roy riprendendo un registro più confidenziale. “Però ho un biglietto in più per il cinema. Ti piace Bruce Willis?”
“Mi stai chiedendo di venire con te?”
“Sì, a vedere un film d’azione, pieno di inseguimenti ed esplosioni.” disse. Hayate abbaiò in segno di approvazione, sebbene sapesse che la sua padrona non avrebbe potuto portato con sé in un luogo chiuso come un cinema.
Riza stava beatamente sorridendo mentre ascoltava il giovane Mustang, con un lieve rossore spruzzato sulle guance. L’aveva invitata altre volte, era vero, ma aveva la vaga impressione che ultimamente il tempo trascorso con Roy sembrava deliberatamente dilatato. Anche se quegli atteggiamenti parlavano chiaro, la ragazza si era imposta di rimanere con i piedi ben piantati in terra. Che fosse per sua natura o per timore di rimanere delusa dal suo stesso amico più caro non riusciva a capirlo.
“Beh, hai deciso? Il film inizia fra un’ora e mezza.”
Il tono impaziente la destò di colpo dalle sue mezze dilucidazioni mentali per dargli la sua risposta affermativa.
“Molto bene. Verrò a prenderti!”
Dopo aver salutato la ragazza terminò la conversazione. Vide il cane farle feste saltellando qua e là ed il tramonto imminente che si stagliava in un cielo terso di nuvole innocue.
Quelle ore sarebbero volate, come solitamente succede quando si è in compagnia. Ma Riza non diede tanto peso al tempo che sarebbe scivolato più velocemente. Era troppo indaffarata nel prepararsi. Non tanto per sembrare più carina agli occhi di Roy, ma per tentare di trascorrere la sua adolescenza come giusto che fosse. Lui l’aveva compreso più di chiunque altro, probabilmente fin dal loro primo incontro, ecco perché faceva di tutto per farla uscire da quella gabbia.
Grazie, Roy.
 
***
 
“Ripetimi il motivo per cui non dovrei stare a casa, stasera.”
Perché lo sai. Smettila, May…”
La bambina ridacchiò maliziosamente osservando le gote di Greed arrossarsi un poco. Il fratello l’aveva trascinata in giro per le vie illuminate di Londra: lo faceva un po’ per se stesso per non sentire troppo l’istigante presenza di Lust, un po’ per May per non farle sentire certe oscenità anzitempo, anche se vedeva con i suoi occhi che i ragazzini oggigiorno sono più svegli rispetto a quelli di venti o trent’anni fa. May sapeva benissimo il motivo per cui Greed aveva deciso di portarla con sé, come ormai succedeva da un po’ di tempo, ma si divertiva a vederlo a disagio nel spiegarle che di sopra suo padre e la megera stavano facendo quello che quando c’era May Greed nominava “tu-sai-cosa”.
“Dai, che ti costa?” lo stuzzicò la sorellina divertendosi un mondo, spingendolo con entrambe le mani mentre camminavano. Xiao Mei sbadigliò pesantemente, uno di una lunga serie, e ascoltava senza alcuna attenzione le scaramucce dei due.
“Ti ho detto di no!” urlò Greed ormai paonazzo. “Ti ho portata via per non farti udire niente, siccome non si curano che c’era una bambina in casa, e tu cerchi di mettermi in imbarazzo!”
May tacque per un po’, stando ben accorta a non ridere troppo forte. Non pensava che Greed si sentisse a disagio trattando di questi discorsi. Spesso lo sentiva discorrere di queste cose con Ling in modo del tutto disinibito. Forse era con lei che non voleva parlarne, e non fu affatto reticente a fargli una tale domanda.
“È perché sono ancora piccola che non vuoi parlare di amore con me?”
Il maggiore si fermò di colpo, ma riprese il cammino come se niente fosse. “Anche” ribatté soltanto.
Non era solo quella la ragione. Avrebbe dovuto specificare che quello fra Lust e Wu non era propriamente amore. Forse l'amore vero neanche esisteva per Greed. Per un tipo sognatore come May però, sarebbe stato come un affronto alla sua inguaribile speranza di vivere sul serio un amore come quelli portati sul palcoscenico. Segretamente gli faceva pena pensare che i continui film sentimentali trasmessi nella fervida immaginazione di sua sorella nelle peggiori delle ipotesi sarebbero rimasti nella sua testa senza mai concretizzarsi. Da buon fratello maggiore comunque non si sarebbe fatto da parte se qualche ragazzino si fosse messo a ronzarle attorno. Certo, non avrebbe mostrato apertamente quel pizzico di gelosia tipico dei fratelloni nei confronti delle proprie sorelline, ma avrebbe tenuto sotto assedio chiunque si mettesse a farle spudoratamente la corte. Chiunque che non fosse affidabile almeno per il novantasette per cento.
Ma poteva stare tranquillo. May non aveva occhi che per i fratelli Elric, anche se prediligeva Alphonse; inoltre sapeva difendersi magnificamente a dispetto della sua età e della sua conseguente statura. Se avesse dovuto affrontare un malintenzionato, che fosse malintenzionato in tutti i sensi, non c’era nulla di cui preoccuparsi.
La piccola di casa Yao era un’ottima combattente. Dovette frequentare un veloce corso di autodifesa per una particina in cui doveva vestire i panni di una ninja, ma quelle poche ore avevano fatto di lei una vera e propria guerriera. Anche se lei amava definirsi una principessa, come tutte le bambine, una buona attrice e una splendida sorella.
“Greed?”
“Che vuoi?”
“Possiamo mangiare qualcosa?”
Il giovane la osservò di sbieco per un po’, entrando nel primo locale che trovò nei paraggi. Faceva sempre così quando era profondamente annoiato, e ad alcuni sarebbe parso piuttosto irritante non scegliere il posto in cui passare la serata. Ma a May e Xiao Mei questo tipo di avventure piacevano, soprattutto perché non sapevano mai dove Greed capitava, se in un semplice fast food, in un ristorante thailandese o in una pasticceria.
Fu proprio in quest’ultima che entrarono, e per May e la sua piccola amica non ci fu nulla di più eccezionale di un dolce per allargare a dismisura la loro contentezza. Anche a Greed non dispiacque ordinare una tazza di cioccolato al peperoncino per proseguire al meglio la serata.
Il locale era affollato; non c’era sedia o tavolo che fossero vacanti, e nell’aria si sentiva un odore di zucchero e caffè sprigionatosi già da parecchie ore. Alla confusione moderata di voci dei clienti si aggiungeva il rumore di macchine da tè e spray di panna che venivano servite quasi senza interruzione alcuna; il fragore di qualche tazza accidentalmente precipitata a terra e il battere di tastiere di qualche PC portatile di altrettanti ragazzi.
Greed osservò impassibile tutto questo; nel frattempo le sue due accompagnatrici divoravano con entusiasmo le loro fette di torta alle more.
“Come vanno le prove di Macbeth?”
“In questo periodo meglio. Il signor Dominic ci ha incitati a proseguire, siccome erano giorni che eravamo sempre al primo atto.”
“Beh, non ci vuole molto tempo a fare un paio di scene per bene se sapete le parti a memoria, no?”
“Non era quello il problema” l’avvisò May. “Molti di noi avevano la luna storta, chi per un motivo, chi per un altro. Però fortunatamente il maestro ha fatto capire che è arrivata l’ora di muoverci!” disse con un sorriso, ricordando come Dominic li aveva spronati in maniera molto poco ortodossa.
“Scommetto che Dominic vi ha trattati con il pugno di ferro, già lo so…” sostenne convinto Greed.
“Questo discorso non vale per me” replicò la bambina gonfiando le guance, offesa.
“Ok, ok.”
L’espressione quasi comica di May si tramutò in tristezza. Non era dovuta al fatto che il fratello l’avesse appena data per scansafatiche con tutti gli altri attori, né per quell’arrendevolezza che aveva manifestato per darle ragione e non farla imbufalire.
Piuttosto, era causata dall’inutilità di tutti quegli sforzi. Con la messa in scena dell’opera, avrebbe divertito un mucchio di persone, certo, ma nessuno a lei caro si sarebbe preso la briga di annullare i propri impegni per andare alla sua rappresentazione. Ling avrebbe avuto il suo corso di dao e di svariate tecniche marziali, senza contare che quando non aveva scuola sbrigava una marea di faccende domestiche, perciò non da biasimare, mentre suo padre continuava a giurarle di essere presente senza mai adempiere alla promessa.
Si vergognava da morire a chiederlo a Greed. Non che non fosse riuscita a domandarglielo, quanto per la considerazione dura che il fratello più grande aveva su certe questioni. Forse avrebbe giudicato la cosa come troppo sentimentale e avrebbe rifiutato malamente come quando era inesorabilmente irritato, finendo per schivare qualsivoglia anima vivente che gli passasse accanto per almeno due o tre giorni. E questo May non lo voleva. Sebbene Wu le volesse un mare di bene, per varie ragioni, di cui molte interessavano Lust in prima persona, non passava mai del tempo con lei. Greed e Ling erano gli unici che avevano per lei un affetto privilegiato, i soli a reputarla come vera componente della loro famiglia.
Ora era del tutto sereno. Avrebbe potuto. Perché no?
“Senti, Greed…”
“Sì?”
“Ecco… È probabile che non verrà nessuno a vedermi, e…”
“Ci vengo io... Forse.” la prevenne il ragazzo. Il suo istinto gli aveva suggerito chiaramente di non darle false speranze, di lasciare aperta la probabilità di una risposta negativa. “Ma solo la prima recita. Dimmi solo quando sarà.”
“Oh, Greed!” Felicissima, May si protese per saltargli al collo, noncurante della freddezza che il fratello ostentava. Greed aveva un caratteraccio quando ci si metteva, ma quando si dimostrava così altruista May lo reputava adorabile e non aveva paura di rivolgersi a lui con parole simili. Certo, lo faceva infuriare quando gli sottolineava quanto fosse buono in realtà, ma per una come May, che non si faceva alcuno scrupolo nell’esternare ad alta voce quello che pensava importava poco.
Nel frattempo, Greed si ritrovò avvinghiato dalle sue spire con Xiao Mei attaccata alla sua faccia che gli impediva di respirare.
“Oggi vuole stritolarmi un sacco di gente; ma che hanno tutti?bofonchiò dopo essersi staccato la panda dal volto e cercando di divincolarsi dalla tenace stretta della sorella.
Nonostante Wu avesse con May un atteggiamento diverso da quello che adottava con lui, non si era mai degnato di rimandare neanche un impegno per le recite di sua figlia. Addirittura, Greed ricordò che una volta il padre le confessò di avere problemi con la distribuzione dei turni del personale dei suoi negozi. Ma poi le difficoltà furono superate in soli due giorni prima della rappresentazione della figlia, passando quella sera in compagnia di Lust del tutto dimentico della parola data.
La bambina ovviamente rimase all’oscuro di tutto. Greed aveva tenuto la bocca cucita con lei per non deturpare quell’indispensabile affiatamento, quel che ne restava, che aveva con il suo unico genitore. Il giovane si confidò soltanto con Ling, il quale, sconcertato per quell’episodio, aveva cominciato a riempire May di attenzioni triple per compensare le delusioni ricevute. Il fatto fu poi seppellito, ma solo per essere soppiantato da altri aneddoti di genere analogo.
E dal canto suo, May aveva pian piano imparato a non aspettarsi chissà cosa da Wu. Preferiva stare con i suoi fratelli, finché si era attaccata in modo considerevole ai suoi amici, finendo talvolta per cacciarsi in qualche guaio, comunque di entità poco preoccupanti, e per dar filo da torcere ad alcuni malcapitati, come Ed e Al. Le sue turbolenze persistenti nei confronti dei fratelli Elric erano proprio dovute alle mancanze del padre, alle sue bugie, al suo comportamento disingannante. Forse la colpa non era da attribuire a lui medesimo; forse anche lui si affannava a riempire il vuoto che le sue mogli hanno lasciato. Ma invece di dedicarsi almeno un po’ a May, il che lo avrebbe fatto prendere due piccioni con una fava, aveva ricercato la compagnia di una donna equivoca che non perdeva occasione di infastidire i suoi ragazzi, in particolar modo Greed.
Lei, intanto, si era seduta, e scambiava lucide occhiate con Xiao Mei che sorseggiava la spremuta d’arancia sospirando di piacere.
Prima che May potesse rendersi conto del suo sguardo fisso su di lei, il ragazzo prese a guardarsi intorno con la sua solita aria menefreghista.
 
 
 
 
NDA
Per compensare il ritardo ho pensato di postare un capitolo un po’ più lungo dei miei standard.
Scusate gli errori. :)
 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Capitolo undici ***


Capitolo undici
 


D’improvviso, dopo aver bevuto un altro sorso dalla sua tazza, Greed fissò un punto preciso del bar. Non molto lontano, all’incirca sei o sette metri di distanza, scorse una figura familiare seduta davanti ad un’altra, altrettanto conosciuta. Erano Ling e Lan Fan, completamente immersi in un’atmosfera seriosa che loro stessi avevano tagliato per loro. Parevano addirittura un’immagine in rilievo che non si addiceva all’ambiente circostante.
Mentre li osservava, Greed ebbe un flash. Gli ritornò in mente il tentativo di seduzione di Lust, storcendo il naso per la sensazione sgradevole ed eccitante allo stesso tempo che si reimpossessò dei suoi sensi. Tentò di scacciare il tutto, ma quella sera sembrava proprio non esserci scelta. Ogni cosa gli ricordava quel pericolo scampato, perfino la zuccheriera di ceramica posta sul tavolo accanto al sale: lo rinviò a quel millisecondo in cui pensò a quanto potessero esser dolci le sue labbra.
Che stupido che era! Era uscito con May proprio per stare alla larga da lei, per distrarsi da quell’episodio che avrebbe potuto degenerare in fraintendimento e solo il cielo sa cosa, ma la sua mente a quanto pareva aveva deciso di prendersi gioco di lui, con quei piccoli ma fastidiosi sprazzi di memoria.
Gli faceva piacere che almeno qualcuno non fosse stato preso di mira da una bellissima quanto crudele approfittatrice che, per di più, aveva anche le chiavi di casa loro. Sperava solo che Wu non la sposasse, ufficializzando così i diritti che poteva esercitare su di lui e sui suoi fratelli.
Non credeva possibile che ci fosse tutta quella differenza fra una donna e l’altra. Lan Fan era così timida e fragile che Greed stentava a realizzare che fosse proprio lì, in compagnia di un ragazzo espansivo come Ling. Lust invece, non aveva esitato un attimo a prendergli il volto fra le mani, ancor meno a provare ad assoggettarlo con le sue avances.
Cercò di assaporare il clima distensivo e vivace contenuto nel locale, ancor di più tentò di captare quale fosse l’oggetto di discussione della coppia, ma com’è ovvio fallì nell’intento.
“Perché sei così triste e serio?” gli domandò la sorellina, lanciandogli uno sguardo inquieto.
“Ehi, May!” ribatté Greed ignorando la battuta di poco prima. “Vuoi vedere qualcosa di romantico?”
Gli occhioni neri della ragazzina si sgranarono cominciando a brillare. “Assolutamente sì!” rispose la sua interlocutrice con aria sognante. “Hai visto qualcosa di interessante?”
Per un momento, Greed roteò gli occhi, sempre tenendo la tazza davanti alla bocca, poi, con fare decisamente più divertito, indicò con il dito la coppia accomodata più in là.
Seguendo la direzione indicatale, May si voltò e in un batter di ciglia prese a mormorare gridolini di contentezza, facendo pentire all’altro di averle fatto notare i due giovani.
“Ecco svelato il mistero…” pensò May ad alta voce. Greed la guardò con aria interrogativa, così la bambina si affrettò a rispondergli. “Questo pomeriggio sembrava che Ling avesse vinto un milione di sterline. L’hai visto anche tu?” e qui Greed annuì con il capo. “Era eccessivamente felice, andava di fretta, e quando correva era come se volasse tanto andava veloce…” riprese May, passando in rassegna i comportamenti insoliti di Ling. Certo, li assumeva in molte circostanze, specie quando scroccava decine di gelati da Edward, ma per quanto ne sapevano loro quella sera Ed e Ling non si sarebbero visti.
Rimase in silenzio ad osservarli per qualche secondo. “Non sono carini?”
Videro Lan Fan sorridere debolmente ed arrossire, per poi annuire dopo aver ascoltato qualcosa da Ling.
“Io vedo soltanto una coppietta svenevole…”
“Svenevole?” chiese la piccola non sapendo bene a cosa si riferisse in realtà. “A me non sembra. Piuttosto, cerca di essere meno cinico: non ti farebbe male…!”
Il ragazzo mugugnò di disapprovazione, studiando meglio il loro nuovo status morale. Adesso sembrava stessero parlando di cose serie, a giudicare dalle loro facce. Però poco dopo tirarono fuori dei sorrisetti svenevoli, appunto, da brava coppietta al primo appuntamento. Per Greed tutto ciò era disgustoso.
May diede tempestivamente voce ai pensieri del fratello subito dopo. “Chissà di cosa stanno parlando… Sicuramente non è una cosa di cui gioire, non trovi?”
“Mah,” sbuffò Greed, soppesando se fosse vero o meno “io propongo di disturbarli!” asserì poi ghignando. Spinse indietro la sedia per alzarsi, preparandosi ben bene ad importunare Ling e la sua conquista.
“Chissà che faccia farà il principino quando mi vedrà qui…”
Quest’affermazione doveva suonare come una curiosità da soddisfare, ma il ragazzo già se l’immaginava l’espressione dipinta sul volto di Ling non appena l’avrebbe veduto: esterrefatta ed imbarazzata. Il fratello avrebbe persino faticato a realizzare di non essere solo con la sua fidanzata, chiedendosi da quanto tempo Greed e May lo stessero osservando.
“No, fermo! Aspetta!”
Imperterrita, May cercò di dissuaderlo dalla sua avventata decisione, mentre Xiao Mei, concorde con lo stato d’animo della sua padroncina, assunse una smorfia minacciosa, mostrando i dentini.
“E perché?”
“Commettere una simile sciocchezza è anti romantico, te ne rendi conto?!”
“Sei proprio una guastafeste, lo sai?!”
“Grazie mille,” rispose sarcastica la bambina “non vedevo l’ora di sentirtelo dire!”
 
***
 
“Grazie per avermi invitata…”
Istintivamente, Roy si mise la mani in tasca, assaporando quel ringraziamento con un enfatico sorrisetto trionfante. Si sentiva quasi un eroe, ma sebbene avesse goduto della riconoscenza della giovane, rispose che non era necessario esprimersi in quel modo. Il suo istinto gli aveva sussurrato nella mente che la sua piccola Riza aveva bisogno di dare uno strappo alla sua atona esistenza all’interno di una casa fatiscente in compagnia di un uomo che a stento riusciva a vedere un paio di minuti al giorno. A quel pensiero, Roy si sentì pervadere da una rabbia tale da irrigidirlo di colpo, ma che ben presto dissolse per non far capire nulla alla ragazza e di conseguenza rovinarle la serata.
Stavano percorrendo il tragitto a ritroso, verso la villetta degli Hawkeye. C’era un chilometro abbondante che separava il cinema dove erano stati dalla casa di Riza; e man mano che camminavano si allontanavano sempre di più dalla vivacità del centro di Londra per inoltrarsi in zone più silenziose. Attraversarono parecchi isolati prima che fossero in vista della villetta e mentre procedevano lenti, Roy colse nel viso della ragazza una sfumatura malinconica, anche se era ben evidente l’effetto rigenerativo dell’appuntamento. Forse non voleva tornare in quella casa, ma Roy non poteva portarla con sé. In primis perché erano minorenni entrambi, e se mai Berthold fosse venuto a sapere dell’assenza di Riza, semmai sarebbe riuscito a capirlo, potevano passare guai seri. Inoltre, il locale di Mme Christmas doveva viveva non era il luogo adatto per una ragazza come lei. L’aveva portata un paio di volte, certo, ma solo di pomeriggio per fare i compiti insieme. Non si sarebbe mai sognato di farla assistere a scene equivoche, così come la sua madre adottiva aveva fatto con lui.
No, era del tutto da escludere. Preferiva continuare a strapparla di tanto in tanto dalla sua gabbia, e farla vivere momenti di spensieratezza fra amici, cinema e chiacchierate a quattr’occhi.
Nel frattempo, la ragazza taceva. L’unico rumore che si udiva rimbombare nella sera inoltrata era il ticchettio delle scarpette di Riza. Cercava di ripercorrere tutte le singole tappe di quella serata per imprimerla nella mente meglio che poteva.
Era stato bello andare al cinema con Roy. E così naturale ed innocente. Ma ciò che più gli fece piacere era che il ragazzo non aveva approfittato del buio della sala cinematografica per tentare di avvicinarla e di osare chissà quali gesti spudorati, anzi.
Le uniche cose che aveva fatto erano state comprarle i popcorn ed offrirle i propri quando i suoi erano finiti.
Il suo flusso di pensieri subì un’interruzione brusca. Ad un incrocio, si sentì afferrare per il braccio e trascinare in direzione di Roy, mentre questi si lasciò scappare una lieve ma terrorizzata esclamazione di sorpresa. Sentì un rumore metallico, ed un'altra emissione di voce, più leggera e con la stessa cadenza di un lamento soffocato. D’istinto chiuse forte gli occhi tanto da avvertire un fastidioso dolore alle palpebre; però, quando li riaprì, vide un bambino dai capelli scurissimi come quelli di Roy. Era a terra, scivolato in parte dalla bicicletta che sicuramente prima stava pedalando, con gli occhiali neri che gli ricoprivano quasi tutto il faccino scomposti sul naso, di fianco al quale faceva capolino una macchia scura che somigliava moltissimo ad un livido.
Riza si accorse inoltre che il piccolo aveva un ginocchio sbucciato. Liberandosi da un Roy teso ma nel complesso rilassato all’idea che non fosse accaduto nulla di irreparabile, la giovane si affrettò a protendersi verso il bambino. Dopo attimi di titubanza, anche Roy Mustang si avvicinò.
“Tutto bene, piccolo?”
Arrossendo, il bambino si rizzò in piedi ancora un po’ tramortito dalla caduta.
“Dovresti guardare dove vai, nano.” Con una leggera nota di rimprovero, Roy socchiuse gli occhi, e completamente indifferente alle parole indispettite che gli stava lanciando Riza, pensava dicesse di non rivolgersi in quel modo ad un bambino o roba simile, prese la bicicletta azzurra e la rimise in posizione diritta, quando Riza prese la manina del bimbo aiutandolo ad alzarsi. Gli chiese il suo nome, mentre gli spazzolava via con la mano libera la terra che era rimasta sui pantaloni.
“Kain, signorina… Kain Fury…” rispose, balbettando e confuso.
“Io Riza Hawkeye. Sei ferito, Kain. Vieni, vediamo di disinfettare il tuo ginocchio.”
Quella ragazza era così dolce e premurosa, si disse Kain. Non voleva accettare una proposta simile da una sconosciuta, ma non voleva neanche essere scortese con Riza. Non sapendo cosa replicare, volse la testa verso lo sguardo di Roy per cercare suggerimenti, ma incontrò degli occhi un po’ freddi, ma allo stesso tempo incuriositi. Si arrese, annuendo alla ragazza e facendosi scortare verso la fontanella vicina caricato sulle spalle di Roy, con Riza che trasportava la sua bicicletta, fortunatamente non ammaccata.
“Per fortuna non si è rotta un’altra volta. L’ho appena ritirata.” sospirò. Roy si rese conto che il bambino non era affatto rilassato come la sua voce. Era troppo rigido, troppo inquieto, non stava mai fermo come avrebbe dovuto. Sembrava si stesse agitando per trovare una posizione più comoda, ma Roy aveva percepito che il bambino si stava ancora chiedendo come diamine aveva fatto ad acconsentire e a farsi persino portare quando riusciva comunque a camminare. Di questo passo sarebbe ruzzolato a terra ancora, però.
“Sta’ fermo!” obiettò Roy spazientito.
Riza stavolta non lo riprese. Aveva visto anche lei che era nervoso.
“Scendi, Kain. Ho trovato un po’ d’acqua!”
Prese un fazzoletto, gli pulì la sbucciatura provocandogli qualche gemito e lo congedarono sommersi da un’infinita ripetizione di ringraziamenti ed inchini, sotto i sorrisi divertiti di Roy.
“Spero ci rivedremo!” lo salutò Riza, mentre Kain agguantò la bici saltandoci sopra e sparendo nell’avvallamento della strada asfaltata.
“Un tipetto strano il marmocchio, non trovi?”
“È solo timido, come pochi ormai…” sorrise.
 
***
 
Stavolta la pagava.
Greed questa volta la pagava sul serio.
Con le mani in tasca e la faccia rossa di rabbia e vergogna, Ling procedeva spedito come se stesse intonando a mente una marcia militare. Al suo fianco, una silenziosissima Lan Fan camminava con lo sguardo buttato sulla punta delle sue scarpe come se avesse compiuto il più grave errore del mondo. Davanti, Greed si stava crogiolando nella riuscita della sua intromissione fuori luogo, alla sua sinistra May che avrebbe voluto essere in qualsiasi parte del globo terrestre tranne che lì, a respirare quell’aria rosea fatta di fiori e cuoricini, tutti rigorosamente prodotti dalla sua testolina perversa, come il suo fratello più malizioso definiva, profanata da quello zotico che evitava l’amore e qualsiasi sua affinità come la peste. Si dava ripetutamente pacche alla fronte, maledicendo Greed e la pazza idea di uscire per entrare nella stessa sala da tè in cui si erano rintanati Ling e Lan Fan. Ma in fondo, che ne poteva sapere?
Percepì che sulla sua spalla Xiao Mei si stava appisolando, e le venne voglia di sbadigliare.
Arrivando al parco in cui i due giovani si diedero appuntamento, Lan Fan li avvisò che avrebbe proseguito da sola da lì in poi, nonostante le insistenze di Ling e la tacita disapprovazione di Greed.
“Non puoi andare a casa tutta sola a quest’ora!” Ma le proteste di May non sortirono alcun effetto. La giovane, imperterrita, continuava a declinare l’offerta ottenendone poi il consenso, seppure forzato.
E Greed seppe che era arrivato il momento di lasciarli soli per qualche minuto. Aveva tatto, e l’averli scovati quasi per dispetto di certo non toglieva loro la possibilità di congedarsi come si deve. Diede una leggera spallata alla sorella, per poi cominciare a precedere Ling.
Questi gli fu grato di quella concessione di intimità con Lan Fan. La serata procedeva più che bene, salvo l’intrusione di Greed, e gli sarebbe dispiaciuto se il fratello avesse continuato il suo tormento fino alla fine.
“Mi sono divertita con te.” asserì la ragazza. E Ling comprese che qualsiasi cosa fosse uscita dalla sua bocca sarebbe stata completamente vana. Ma non mancò di dirle quanto sia stato meraviglioso per lui essere con lei quella sera. Purtroppo, l’imbarazzo la fece da padrone, impedendo a Lan Fan di esprimersi ulteriormente. Nessuno dei due sapeva cosa si faceva in determinate situazioni; le gote di Ling però s’infuocarono mentre un pensiero slittò nella sua mente semplice.
Avrebbe voluto darle un bacio. Ma non di quelli spinti, neanche sulla bocca, a dire il vero. Sulla guancia, nulla di più.
Meglio non affrettare le cose, si disse.
Lan Fan aveva fatto uno sforzo immane nel confessargli il suo triste passato, e mai e poi mai Ling si sarebbe concesso il lusso di fare ciò che voleva con lei. L’avrebbe soltanto fatta fuggire a gambe levate, shockata dalla sua evidente, e a volte sfrontata, spontaneità.
Così, poco prima di lasciarla andare, le stampò un bacio soffice e candido accanto alle labbra.
Ma non ottenne il risultato sperato. Ling si aspettava di vederla sorridere, arrossire o anche scappare come aveva ipotizzato. Ma Lan Fan era crollata come una statua di argilla, perdendo i sensi.
 
***
 
“Ma che hai fatto, si può sapere?”
Un trafelatissimo Greed accucciato stava sventolando un giornale sul viso di Lan Fan ancora priva di sensi per farle prendere più aria possibile. Non sapendo dove portarla, Greed l’aveva trasportata sulle proprie spalle seguito a ruota da Ling, in ansia e sotto shock per la reazione della giovane, mentre May si premurò di aprire casa Yao per far entrare tutti.
L’avevano portata in cucina, dove l’avevano fatta sedere sorreggendola per le spalle e aperto le imposte per farla respirare nonostante il vento inesistente.
“Le ho solo dato un bacio sulla guancia, tutto qui!” si giustificò Ling, in uno spasmodico tentativo di autocontrollo.
“Eh?”
Greed non credeva alle proprie orecchie.
Greed guardò con faccia stranita prima suo fratello, poi la ragazza.
Era svenuta per aver ricevuto un… bacio sulla guancia?
Non poteva crederci. Si rifiutava di crederlo.
Non poteva essere che qualcuno svenisse ad un castissimo bacio dato sulla guancia. Questo poteva succedere se Ling fosse stato una stella di Hollywood, ma siccome non lo era, e mai avrebbe potuto esserlo, era da escludere che fosse per un eccesso di emozioni derivanti da un simile evento.
“Io sverrei sì per un bacio sulla guancia, ma ricevuto da Antonio Banderas…”. Riflettendoci bene, May diede tempestivamente voce alle stesse considerazioni del fratello sull’accaduto, come sovente succedeva. A conferma di ciò, Greed annuì ridacchiando. “Hai sentito, Ling? Ascolta e impara!”
“Le pulsazioni sono più frequenti.” avvertì May.
“Portami del gin.” le intimò Greed, che nel frattempo le controllava il polso sinistro, e Ling mancò di un battito.
“NO! Niente alcool, non ne beve!” disse sconvolto.
“SERVE A FARLA RIPRENDERE, PISCIASOTTO! Se non si riprende non sapremo mai dove abita, stupido! Non possiamo tenerla qui. E finiscila di fare quella faccia, sembri l’Urlo di Munch!”
Nella confusione, non si erano nemmeno resi conto che dal piano di sopra non proveniva alcun rumore.
Greed le fece bere l’alcolico lentamente, a piccole sorsate, mentre suggeriva al gemello di prenderle la testa e di darle delle pacche sulla mascella. Tutti gesti che il soccorritore dovette fare da sé, dopo che Ling aveva dato prova delle sue pessime capacità di far rinvenire la gente.
Finalmente, Lan Fan aprì piano gli occhi, trovandosi circondata dai tre ragazzi. Si sentiva girare la testa, e ricordava poco o niente di cosa le era successo. Si osservò intorno, non trovando altro che delle espressioni sollevate dopo aver sopportato diversi minuti di panico.
Senza attendere che la giovane si reggesse in piedi, Greed la mise al corrente di esser stata priva di sensi per più di mezz’ora, suscitando soltanto terrore nella ragazza. Lan Fan si precipitò verso la sua borsa, estraendone il cellulare. Doveva avvertire suo nonno immediatamente.
“Dicci dove abiti. Nel tuo stato non puoi nel modo più assoluto uscire da qui senza essere accompagnata.” Il tono di Greed era così imperioso che le ricordò quello di Fu.
“N-No,” balbettò lei “devo andare da sola…!”
“Allora rimarrai qui. È pericoloso avventurarsi ora: è mezzanotte passata. Anche se sei in grado di difenderti, non potrai fare granché. Hai perso un sacco di ossigeno che devi ancora recuperare.”
Greed aveva ragione. Anche se fosse arrivata a casa senza avere problemi, c’era comunque il rischio di avere un’altra crisi. A malincuore, accettò che i due fratelli le facessero da scorta d’eccezione. May sarebbe rimasta in casa approfittando per mettersi a letto.
La serenità con cui passeggiarono guidati dalla ragazza verso casa sua rispecchiava perfettamente quella condivisa con Ling qualche ora prima.
Senza dubbio, quella che avevano passato dopo l’incontro con Greed era un’autentica odissea, ma adesso tutto era tornato alla normalità, e Ling in una frazione di secondo era sicuro che nulla sarebbe andato più storto.
Proprio mentre pensava che quella zona era la stessa in cui abitava il suo maestro di arti marziali, vide con somma sorpresa che la giovane si era fermata proprio davanti l’officina di Fu. Rammentò che fu quello il posto in cui la vide la prima volta, ma non credeva affatto che fosse qualcuno che Fu conosceva così intimamente da dimorarvi insieme. Che fosse suo zio? O suo nonno? Era trepidante di saperne di più, ma non chiese nulla. Lan Fan era provata, e doveva rimandare la sua curiosità ad un’occasione più propizia. E poi, era soltanto sorpreso: il suo cervello non aveva registrato nessun effetto collaterale particolare.
La salutarono, accettando un po’ vergognosi i suoi più sinceri ringraziamenti per essersi presa cura di lei non tralasciando di porgerne anche a May, vedendola scomparire oltre la porta; poi ritornarono indietro mentre la stanchezza piombò su di loro tutta d’un colpo.
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Capitolo dodici ***


Capitolo dodici

 

 

Passarono molti giorni, e Ling e Lan Fan continuarono a vedersi e a conoscersi meglio.

Il ragazzo continuava inoltre a frequentare le lezioni di arti marziali di Fu, senza però ricavare nessuna informazione in merito alla probabile parentela che legava il vecchio maestro alla giovane. Rimandava costantemente il momento in cui le avrebbe chiesto il motivo per cui quella sera era rincasata proprio nell’officina, nella paura di essere troppo invadente nei suoi confronti. Dall’uscire con lei a voler sapere di più sulla sua vita privata c’era un divario troppo grande per coprirlo prendendo certi argomenti alla leggera.

Forse, pensava, quell’ingresso conduceva verso altri appartamenti, ma ne dubitava fortemente.

E poi, non voleva privarsi di quella fiducia che gli aveva riservato. Era troppo preziosa per giocherellare con la sua indiscrezione; Lan Fan era arrivata non come una ragazza provocante e esplicita, ma come una bambola di porcellana fragile, che reclamava inconsapevolmente protezione, che poteva assumere ruoli diversi a seconda della circostanza in cui si trovava.

Era questo che, più di tutto, aveva colpito Ling. La sua timidezza, la sua dolce ma fiera presenza, i suoi silenzi, rotti solo opportunamente. La sua trasparenza. La sua devozione per qualcosa a cui teneva. Il suo impaccio con i ragazzi. La sua goffaggine appena accennata. Il suo naturale modo di mangiare. Lo strabuzzamento dei suoi occhi grandi e scuri al ricevere di un complimento. Il suo vizio di toccarsi il viso nel tentativo di nasconderlo ogni volta che qualcuno la osservava con insistenza. La sua voce infantile con una cadenza matura, che scoprì poi appartenere al coro scolastico. La sua abitudine a tormentarsi le mani od un lembo di un qualsiasi cosa le capitasse a tiro quando era nervosa, praticamente sempre. Il nero corvino dei suoi capelli, lucidi, lisci e morbidi come la seta. Il suo corpo esile, mai vestito in modo disinibito, quasi senza curve.

Era una ragazza che senza volerlo focalizzava l’attenzione sulla sua effettiva personalità, e non sulle quasi ordinarie fantasie erotiche che dilagavano nella testa di molti ragazzi.

Forse anche di Greed, chi poteva saperlo? Anche se era troppo introversa come ragazza, non poteva escludere che una così diversa dal comune lo attirasse. In ogni caso, non poteva dar nulla per scontato. Era risaputo anche da May che Greed non era il tipo da fidanzarsi, men che meno con gente remissiva e quasi incapace di stringere la mano ad un uomo. Rise un po’ pensando al primo giorno di scuola. Con la sua insicurezza lo aveva intenerito, facendolo sentire sempre più socievole nel tentativo di stanarla dal guscio di pudore in cui si era chiusa automaticamente. Ma riacquistò lo sgomento non appena rammentò lo svenimento al parco. Era pronto per quella piccola quanto innocente dimostrazione di affetto, ma si trovò del tutto impreparato quando la vide cedere e venir meno. Aveva sentito il suo corpo pietrificarsi dalla paura, con tutta la convinzione di non aver fatto niente di riprovevole svanire come se mai ci fosse stata. E da lì arrivarono una miriade di sensi di colpa che sembravano non finire mai, e che sembravano sgretolarlo. Non aveva mai avuto una sensazione simile.

Per fortuna, nelle vicinanze c’era il fratello che, con il suo sangue freddo, l’aveva subito caricata e portata a casa. L’aveva ripresa, anche se con metodi poco ortodossi, e impedito di uscirsene da sola, come lei esigeva.

Dalla quella sera, la loro prima sera, Greed non aveva disturbato più di tanto. Aveva preso l’abitudine di stare alla larga da casa e di vagabondare con Edward fino a sera inoltrata, a causa dell’ingombrante presenza della fidanzata di suo padre, perciò sapeva poco o nulla di come procedeva il rapporto fra loro. Sicuramente anche Edward era stato messo al corrente degli ultimi fatti, ma Ling ne faceva parola molto raramente, accennando al riguardo solo se avvenivano delle svolte importanti o se si ritrovava la sera a chiacchierare con il fratello, cosa che ora succedeva di rado per i motivi di sopra.

Tuttavia, qualche volta scriveva su Facebook subdoli stati sulla bacheca del fratello quasi per ricordargli che non avrebbe mai smesso di tormentarlo. Ovviamente May non faceva altro che dargli corda, fingendo di ammonirlo. Fu proprio per chiarire una di quelle frasette a doppio senso postate sui social network che Ling seppe che Fu era suo nonno.

Insomma, le cose erano cambiate: alcune in meglio, altre in peggio. Ma così andava la vita, si consolava il ragazzo.

Ma un giorno Ling ebbe l’impressione che le cose stessero precipitando. Era a lezione dal maestro Fu con Edward, e Lan Fan era proprio lì, sulla rampa di scale che portava al primo piano. Ling la salutò, come da consueto, così come Lan Fan.

Quel semplice "ciao" però sortì un brutto effetto sul vecchio insegnante. Guardò in cagnesco entrambi, con una velata espressione meravigliata, ordinando a Lan Fan di chiudersi in camera sua e di non uscirne finché non glielo avesse detto lui. Poi, senza dare il tempo a Ling e a Ed di chiedere il perché, li aveva cacciati in malo modo dalla voluminosa stanza adibita a dojo, intimando di cambiarsi in fretta e di non tornare per un mese intero.

Il giovane Yao si spremette le meningi per tutta la sera seguente per comprendere cosa fosse successo per far sorgere così tanto astio da parte di Fu. Aveva anche provato a chiamare Lan Fan sul cellulare ma non rispondeva nessuno, e poco dopo lo aveva trovato spento. Neanche sui social network c’era traccia della sua presenza. Passò in rassegna più e più volte quella scena in cerca di un qualsiasi gesto od atteggiamento rude od offensivo nei confronti di Lan Fan o del maestro Fu ma non ne trovò alcuno.

Arrivò a pensare che ci fosse qualcosa di sbagliato in se stesso, qualcosa che poteva compromettere la fiducia del suo maestro. Era la prima volta che vedeva Lan Fan nel dojo, ma si chiedeva cosa potesse c’entrare con la cacciata perentoria di Fu. Non era successo niente di così strano in quel frangente da far ritirare la ragazza in quel modo così tumultuoso. Ovviamente, più si lambiccava il cervello e più entrava in confusione; e più entrava in confusione, più non riusciva a cavare un ragno dal buco.

Per distrarsi, aveva provato a vedere un film per ragazzi alla tv, di quelli che vedeva da bambino, ma con scarso successo. Era troppo abbattuto e il suo cervello troppo disorientato per concentrarsi.

Da attento osservatore, Greed aveva capito che qualcosa non andava, e gli aveva chiesto che cosa avesse, e così il fratello gli raccontò per filo e per segno cosa era avvenuto dal maestro Fu, incurante del fatto che il fratello fosse ubriaco. Finché non arrivò il momento in cui Ling rivelò la parte più forte di tutte, quella che non aveva mai detto a nessuno, neanche a Lan Fan. Forse non era saggio dire una cosa così privata, ma sentì il bisogno di confidarsi con il fratello.

"Posso confessarti un segreto senza che tu mi prenda in giro?" chiese Ling titubante.

"Sì, fa’ pure…"

"Credo di essermene innamorato…"

Ne seguì un silenzio abbastanza calmo da parte di Greed, anche se veniva percepito da Ling diversamente. Fissarono lo schermo del televisore oramai spento senza osservarlo realmente, calibrando come si potesse proseguire un discorso così delicato.

"Me ne ero accorto…" Greed ne aveva avuto le prove innumerevoli volte. "E poi," aggiunse "arrossisci sempre di più ogni giorno che passa. Secondo te un comportamento del genere sarebbe passato inosservato?"

Ling scosse debolmente la testa, la scenata del Maestro quasi del tutto scomparsa.

"Anch’io devo dirti una cosa che nessuno sa."

"Davvero?" chiese incuriosito Ling.

"Lust ha tentato di sedurmi…"

Ling sentì rivoltarsi lo stomaco per quella confessione. I suoi occhi si spalancarono, percependo uno strano senso di freddo percorrergli le spalle. Osservò Greed quasi impassibile giocare distrattamente con il telecomando, togliendo le batterie, soppesandole, e rimettendole all’interno. Gli parve che il rossore sule sue guance dovute all'alcool avessero assunto una tonalità più marcata, ma forse si sbagliava.

"Quando?"

"Il pomeriggio prima del tuo primo appuntamento."

"Te lo sei tenuto per tutto questo tempo? E tu cos’hai fatto?"

Il fratello temeva che Greed avesse accettato le confidenze della donna, spingendosi laddove non era permesso. Non per pudore, in fondo Greed poteva fare ciò che voleva, ma per evitare che si creasse scompiglio ed ulteriore motivo di astio fra lui e Wu. Nei movimenti scattanti e tirati di lui c’era tensione, ma nulla che potesse far presagire un’eventuale conferma alla domanda di Ling.

"L’ho respinta."

Il suo interlocutore tirò un sospiro di liberazione. L’intraprendenza di Greed aveva avuto un risvolto positivo.

"Sembri quasi pentito di averlo fatto." osservò Ling, ora così tranquillo da permettersi un sorriso sornione.

"No, per niente."

Era vero. Non avrebbe mai voluto fare una cosa del genere, sebbene la debolezza della carne spronasse chiunque, anche il meno disinvolto, a tentare un approccio con una donna simile. Ma sapeva che Lust aveva lasciato impresso su di lui un suggello terribile, cancellabile solo con la sua lontananza, come un continuo presagio che si manifestava e si dissolveva a seconda dei metri o dei chilometri che li separavano. Però, con Lust che frequentava casa loro come e quando voleva, toccava a Greed allontanarsi dalla sua stessa dimora per scongiurare un qualsiasi incontro con lei. E funzionava, a dovere. Ma spesso quella persona rimaneva in casa anche per ore, costringendolo, seppur di poco, ad entrare in contatto con lei: anche solo la consapevolezza di essere nello stesso luogo gli causava una spiacevole premonizione.

"Non dirlo a nessuno." si assicurò Greed. "Papà mi riterrebbe responsabile."

"N-No, tranquillo."

"Neanche a May, ovviamente..."

Calò un silenzio più disteso rispetto all’atmosfera di qualche minuto prima. Greed continuò a giocherellare con il telecomando. Tutto ciò che aveva da proferire e che costituiva un peso l’aveva ormai liberato. Guardò il fratello preda di un tumulto interiore, perciò decise di cambiare argomento.

"Ti consiglio di tenerti stretta Lan Fan. Ormai le ragazze come lei sono pressoché inesistenti già da un po’ di anni. Ma che dico? Forse da sempre..."

Doveva esser stata una frase provvidenziale, perché Ling la prese come un chiaro invito donatogli dal cielo per sondare la mente del fratello a proposito della ragazza. Annuì quasi con fare sbrigativo, chiedendogli dettagli sull’idea che si era fatto e, opportunamente, svelare come realmente la considerasse.

"Cosa pensi di lei, di preciso?" Suonava più come una curiosità, ma Greed aveva captato che vi era una sfumatura inquisitoria nella voce di Ling.

"Se credi che te la voglia soffiare via, sei fuori strada."

Arrossire. Tutto ciò che riuscì a fare il minore fu imporporarsi e azzerare la salivazione. A stento emise un dissenso sussurrato. Ma era contento che si parlasse di loro come se non fosse accaduto nulla. Questo significava qualcosa, e sperò che fosse così.

"Comunque, è la ragazza più a posto che abbia mai visto… forse dovrei dire troppo a posto, siccome non sa neanche dire "Buongiorno" ad uno sconosciuto e sviene per un bacino innocente sulla guancia!" si corresse, ridendo beffardo.

"Dai, seriamente!" lo riprese Ling, contrariato per esser stato oggetto del suo scherno, con Lan Fan per giunta.

"Quel che mi piace di lei è che non ha nessun secondo fine. Sì," asserì con convinzione crescente "hai proprio pescato bene, ragazzo mio, non come quel fesso di nostro padre..."

"Chi sarebbe il fesso?!"

La voce di Wu tuonò nella stanza con evidente rimprovero. La mancanza di rispetto nei suoi confronti la tollerava poco, così come non voleva che i suoi figli parlassero di lui come un incapace di scegliere chi frequentare. Soprattutto Greed, che si recava spesso in quel locale malfamato in periferia dove si nascondevano nient’altro che rifiuti della società.

"Tu, paparino, con quella donna che sembra non aver fatto altro nella sua vita."

Aspettava da una vita il momento in cui gli avrebbe rinfacciato l’eccessiva fiducia che aveva riposto in Lust a dispetto loro, ed ora si sentiva sempre più sicuro di riuscire a ripeterglielo ogni maledetta volta che se lo trovava davanti. La soddisfazione maggiore però, era quella di poterlo guardare negli occhi senza distoglierli o vacillare. "Voglio darti un consiglio, papà, o un ammonimento, fa’ un po’ come vuoi:" disse, alzandosi dal divano e parandosi di fronte a lui "tieni d’occhio la tua prostituta, e tienila fuori tiro da me e dai miei fratelli. Se non mi vuoi lasciare in pace riguardo alla catena di negozi, almeno mantieni quella Lust alla larga da noi. È un pericolo per tutti. Prima di avventurarti con donnacce equivoche, pensa ai tuoi figli."

Il discorso atono, sottilmente ironico, non sembrò sortire alcun effetto ascendente. Wu era ora furente, gli occhi spiritati, vibrante di collera; e se non fosse stato per Ling che aveva trascinato via il fratello dalla sua portata, probabilmente Wu gli avrebbe dato un ennesimo schiaffo. Però, Greed non si lasciò portare via inerme. Si scrollò le mani di Ling di dosso, aggiustandosi la giacca nera che non si era mai tolto ed uscendo di casa ancora una volta.

 

***

 

"Perché?"

Distesa prona sul suo letto della sua stanza, Lan Fan cercava invano di dare una risposta alla domanda che la stava assillando fino a farla impazzire.

Aveva pensato alle cose più assurde. Ling scapestrato di strada, Ling capo di un’organizzazione criminale, Ling alieno… Qualsiasi cosa che la fantasia le suggeriva. Ma niente. La sua testa non accettava niente di queste cose, specie se Ling era allievo di suo nonno.

Non poteva neanche contattarlo in nessun modo. Fu le aveva scollegato Internet, le aveva preso il telefono, e l’aveva persino privata della cena. Era inutile aggiungere che le aveva proibito di uscire; Lan Fan temeva che Fu le avrebbe anche vietato di andare a scuola per un po’. Lo faceva spesso quando si metteva in testa di farle affrontare un allenamento speciale, e niente poteva negare che fosse capace di farlo anche per questo.

Ciò che riusciva a fare però, era piangere, intervallando i momenti di tristezza ad alcuni ricordi divertenti con Ling. Non era il tipo da ribellarsi al potere di Fu. Ci aveva pensato tante, tante volte, ma il senso di colpa che ne sarebbe derivato quanto forte poteva essere? Fu l’aveva cresciuta, anche se con metodi che non si addicevano molto alla normale educazione di una bambina. Dopotutto, era un uomo, che desiderava far diventare la sua nipotina forte tanto quanto lui.

Si impose di darsi un contegno, cercando a tastoni il libro di storia che aveva abbandonato qualche ora prima sul letto affianco ai suoi piedi. Non serviva a niente tormentarsi la mente con ragionamenti che non avrebbero portato a nessuna soluzione.

***

Aveva fatto in modo che le parole di suo figlio apparissero estremamente irritanti. In effetti per un certo tempo lo erano state, ma quando Greed aveva marciato verso la porta di casa, e Ling gli aveva rivolto una mezza occhiata amareggiata prima di salire in camera sua, Wu aveva cominciato a riflettere.

La sera in cui aveva donato le chiavi di casa a Lust, la donna iniziò ad essere sfuggente.

Avevano fatto l’amore, nel modo che piaceva a lei, ma non era rimasta per rifarlo. Subito dopo il loro momento di estasi sembrò essersi improvvisamente ricordata di qualcosa, e lo aveva congedato elargendogli qualche bacio appassionato e lascive spiegazioni. La cosa più strana però, è che aveva continuato di questo passo fino a protrarsi a quel giorno.

Aveva comunque accantonato la cosa come poco importante, dandole la completa fiducia che realmente ci fossero degli impegni a cui non poteva mancare. Anche se non aveva specificato, Wu era convinto che non ci fosse nessun altro fra di loro. Lust non avrebbe avuto la faccia tosta di avere due uomini contemporaneamente, nonostante fosse disinibita.

Greed aveva bevuto molto, Wu lo capiva dagli occhi lucidi e dall’odore di gin che lo circondava come un alone, ed aveva riversato la sua frustrazione su di lei e sul suo stesso padre, cosa che avrebbe evitato, anche se non proprio accuratamente, se fosse stato in sé.

Ma Ling, allora? Cos’era quell’espressione di sofferenza, e di tendenza verso il fratello piuttosto che verso suo padre? Non metteva in dubbio che essere gemelli comportava essere più in simbiosi che con nessun altro, ma...

Sentì la serratura girata da una chiave, ed ecco che apparve Lust, sorridente. Le labbra cosparse di un nuovo rossetto più scuro di quello usuale, gli riscaldò il cuore e gli fece dimenticare i turbamenti di poco prima, ancor di più le parole di accusa di Greed.

"Sei la persona più importante per me, Lust."

"Proprio la più importante?"

"La più importante, in assoluto..."

E May lo ascoltò, di rientro dalle prove.

***

"Allora, tutto ciò che sospettavo è vero…" ridacchiò Edward. Greed grugnì leggermente come se già sapesse che l’altro lo avrebbe facilmente intuito. Da un tipo abbastanza perspicace come Ed non ci si poteva aspettare di meno. E poi, era così smaliziato che avrebbe sospettato che anche Greed si fosse fidanzato con Lan Fan. "Ling e Lan Fan...! Anche Roy sembra avere un atteggiamento diverso con Riza, ora che ci penso… Vedendo quella scenata, però, mi sono chiesto più volte il perché. Certo, Fu non l’ha mai fatta vedere durante i nostri allenamenti, ma arrivare a questo ce ne corre, non trovi?"

Seduti davanti al grande bancone del Devil’s Nest, con davanti un energumeno di nome Roa che stava tranquillamente pulendo alcuni bicchieri, i due ragazzi avevano liberamente dato sfogo alla conversazione che precedentemente aveva avuto luogo con Ling.

"Beh, sono contento per lui." proferì il giovane Yao atono. Con gli occhi rossi rivolti al fondo del bicchiere che aveva appena svuotato tutto d’un fiato, Greed appariva sovrappensiero. Edward conosceva bene quell’atteggiamento che assunse l’amico: significava che era triste e che cercava in tutti i modi di annegare la sua depressione nell’alcool. Come se non fosse per nulla convinto di quello che aveva appena ammesso.

"Stai mentendo, idiota."

"Io non mento mai, dovresti saperlo."

"Non lo stai dimostrando."

Greed ignorò completamente l’ultima battuta seria di Edward. No, non stava di certo festeggiando ballando sul bancone, ma ne era felice comunque. "Ling…" cominciò d’un tratto "ha fatto così tanto per me e per May che non me la sento proprio di sentirmi offeso o invidioso della sua relazione con Lan Fan. Io non mi sono mai preso cura dei miei fratelli, Ed, perciò non merito niente come lo merita lui. Mi capisci?"

"Mpf," bofonchiò Ed "vogliamo parlare di me e Al? Lo trascino in tutto quello che faccio e… lui mi segue, per qualsiasi cosa stupida che mi frulla in testa, nonostante sia contrario. Siamo proprio due pessimi fratelli, eh?"

"Ok, ora sei ubriaco..."

"Tu sei ubriaco."

"Da cosa l’hai capito?"

"Dal modo in cui ti sei aperto. E dall’alito… Troppo pesante per un bicchiere solo."

"Non posso farne a meno, ora più che mai. Te l’ho detto che Lust è libera di muoversi a casa nostra ora?"

"Sì, un mucchio di volte..."

"Lei" iniziò con voce più sommessa "non è solo una figlia di buona donna che non la finisce di rompere le scatole... Vuole fare qualcosa di molto più grosso che prendermi e possedermi, Ed. Me lo sento." E continuò, senza lasciare a Edward il tempo per ribattere.

"La cosa peggiore è che non vorrebbe solo danneggiare me, ma forse anche i miei fratelli. Voglio capire che ha in mente, lo desidero più di ogni altra cosa al mondo, MA DANNAZIONE, NON RIESCO AD ARRIVARCI!"

In un impeto di collera, scaraventò il bicchiere che aveva fra le mani a terra con violenza mandandolo in frantumi. I ragazzi amici del proprietario volsero di colpo le loro teste, smettendo il loro confabulare. Neanche la musica era riuscita a coprire una tale veemenza.

Non era raro che qualcuno esagerasse le dosi, ma ogni volta era sempre motivo di attenzione, soprattutto per sedare sul nascere eventuali risse.

Il giovane Elric si guardò intorno imbarazzato per il riprovevole comportamento dell’amico, sebbene avessero già messo piede in quel locale tanto da conoscere quasi tutti. Ma presto l’istinto gli suggerì di localizzare il rumore di passi che si avvicinavano al di là del bancone.

"Datti una calmata, Greed." disse l’uomo con fare serio. Capelli scurissimi come i suoi, ma corti, le spalle possenti e un vestiario decisamente adeguato per un simile luogo, il ragazzo sapeva che si chiamasse Greed, proprio come lui. E come lui, aveva gli stessi occhi fiammeggianti. "Non ti permetto di distruggere il locale. Se cerchi rogna ti consiglio di uscire, altrimenti puoi restare."

Il ragazzo suo omonimo lo guardò impassibile. Poi, rendendosi conto di quel che aveva detto si indispettì abbastanza da increspare un po’ le sopracciglia.

"Sì, Greed" intervenne Ed assumendo un sorrisetto accattivante "stavamo parlando e lui è andato un po’ in bestia, tutto qui."

"Ok, Ed. Roa, basta alcool per questo qui." disse, dando una pacca sulla testa di Greed, abbassata per un improvviso indebolimento. "E anche per il piccoletto!"

 

 

 

 

NDA

Mi dispiace per il ritardo di quasi un mese. Spero di essere più celere negli aggiornamenti! :D

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Capitolo tredici ***


Capitolo tredici
 

 
Quando Fu il mattino seguente andò a svegliare sua nipote in camera, tutti i dubbi della ragazza furono dissipati. Nonostante le occhiatacce torve che il nonno le indirizzava, a quanto pareva non aveva intenzione di segregarla in casa impedendole persino di frequentare la scuola.
Sarà stato perché da lì a pochi giorni ci sarebbero state le vacanze di Natale, e non voleva rovinarle l'aria di festa di Londra che cominciava a prender piede senza freno, oppure per un altro motivo che non riusciva a comprendere. Per gli studi, forse. Fu non voleva che rimanesse indietro con le lezioni.
Le riconsegnò il telefono, ma dai suoi occhi traspariva un’aspettativa che sicuramente lei avrebbe faticato ad accontentare. Non parlarono di nulla, neanche per salutarsi. Solo quando Lan Fan aveva già oltrepassato la porta d’ingresso Fu cominciò a raccomandarsi circa la sua puntualità nel rincasare. Le diede solo un’ora di libertà, prima di tornare.
Mentre camminava, la giovane si chiedeva cosa sarebbe successo con Ling se lo avesse rincontrato. Senza dubbio avrebbe preteso delle spiegazioni, ma lei stessa non conosceva la natura della furia di suo nonno, figurarsi illuminare altri.
In ogni caso, non voleva far capire che molto probabilmente non avrebbero più avuto occasioni di frequentarsi; anche se Fu era in grado perfino di controllarle la sua vita privata, non voleva che dubitasse di un ragazzo buono e semplice come Ling. Oltretutto, era suo allievo, perciò lo conosceva anche più di lei, e da più tempo. Che senso aveva fare in modo che non si incontrassero?
Non si rese conto di essere arrivata al cancello, e questo le provocò un’agitazione ben più intensa. Fu tentata di ritornare indietro, o di marinare la scuola bighellonando per Londra finché non fossero arrivate le tre, ma non l’aveva mai fatto, e la ragione le suggeriva che non era il caso che iniziasse proprio adesso.
In lontananza, lo vide. Era intento a leggere qualcosa da un libro che con tutta probabilità doveva essere quello di storia, a giudicare dalle sue dimensioni. La sua faccia era seria, ed ogni muscolo del suo corpo sembrava in tensione. Sembrava stesse osservando l’interno del libro soltanto per mascherare il suo stato d’animo e per non essere infastidito da nessuno in alcun modo.
Lan Fan sperò che fosse così abbattuto per quello che successe nel dojo di suo nonno, perché voleva dire che di lei gl’importava sul serio. Oppure che fosse sovrappensiero per la situazione delicata della propria famiglia.
Le dispiaceva così tanto non potergli parlare, ancora di più non avere nulla in mano per dimostrargli la ragione per cui Fu lo aveva sbattuto fuori dalla palestra. Doveva dirle la verità, ovvero che non ne sapeva il motivo, ma che gli sarebbe stato vicino se lui avesse voluto.
Non si accorse che Ling la stava squadrando già da qualche secondo; purtroppo però, le era difficile sondargli le emozioni. Non poté appurarlo a causa della marcata impassibilità della sua espressione, ma doveva essere indeciso se avvicinarsi o meno. Sconsolato, però, sembrò ripensarci. Chiuse il libro mettendoselo sotto il braccio e, issandosi lo zaino mezzo scivolato dalle proprie spalle, si diresse a passo spedito nella propria aula.
Lan Fan si rivelò amareggiata da quell’atteggiamento. Dovette attendere la fine delle lezioni per poterlo rivedere.
 
***
 
Aveva atteso tutta la sera e la notte precedenti per poter discutere, senza contare le ore mattutine scolastiche, ed ora che ce l'aveva davanti le venne voglia di piangere e scappare via.
Dal canto suo, Ling non sapeva che dire, o anche solo come comportarsi. Ovviamente, nascondere la sua aria abbattuta dopo quella scena era fuori discussione. Non poteva neanche attribuire la colpa a qualcuno. Di certo, non era di Lan Fan, ma nemmeno Fu avrebbe dovuto esser biasimato per quello che ha fatto.  Sicuramente avrà avuto i suoi motivi per essere così scontroso.
Lui non era il tipo da perdere la pazienza per un gesto così innocente: avrà avuto le sue ragioni. Solo, non era in grado di stabilire quali, e la ragazza era sulla sua stessa barca.
“Mio nonno non mi ha più parlato. Mi ha solo detto di non fare tardi ai miei allenamenti.”
“Nient’altro?”
Lan Fan scosse la testa, stringendosi nelle braccia per il freddo.
“Non può lasciarci così, senza dare spiegazioni. Gli parlerò io.”
“No! Lascia perdere. Non voglio che ti rinneghi come allievo per questo… malinteso, o qualunque cosa sia.” disse lei, con tono supplichevole. Dalla sua guancia scivolò giù una lacrima, che Ling vide appena perché lei si affrettò ad abbassare il capo per non fargliela notare.
Il giovane Yao sospirò. Non voleva che piangesse, tanto meno per una situazione assurda come quella.
“Ascolta. Io non so il motivo per cui tuo nonno ti impedisce di vedermi, ma io voglio continuare a vederti. Sempre che tu voglia, ovviamente. Tu… lo vuoi, non è vero?” chiese poi con titubanza. Ma era così serio e irremovibile che la giovane si sentì ispirata a fare altrettanto.
“Certo che lo voglio!” disse Lan Fan con enfasi, per poi vergognarsene. Si celò il viso con entrambe le mani, facendo ridere Ling che con un abbraccio sancì un nuovo riavvio di quella affinità che si stava pian piano trasformando in fidanzamento.
Era tutto così facile fra loro.
“Questo mi basta...”
 
***
 
Le pareva così ingiusto.
Per la prima volta in vita sua non si sentiva voluta dalla propria famiglia, dal proprio padre in particolare.
L’indifferenza di Wu l'aveva trascinata verso una immunità forzata a qualsiasi cosa si rivelasse dannosa per la sua autostima. Le negatività verso la sua persona erano diventate di poco conto, le noncuranze tramutate in gocce d’acqua che rotolavano via come se fossero inezie. Le uniche cose per cui viveva May erano i suoi fratelli e la recitazione.
Era ricaduta nell’autocommiserazione, chiedendosi cosa ci fosse di giusto in una ragazzina costretta a trasformarsi in una lastra di ghiaccio per non essere in balìa dei “capricci” paterni.
Per tutta la notte la piccola May si era girata e rigirata nel letto della sua stanza, dormendo poco e male. Nello stato pietoso che si ritrovò al mattino seguente, era inutile andare a scuola. Non se l’era sentita; oltretutto non sarebbe stata attenta a lezione. A quanto pareva poi, non sarebbe stata sgridata per questo. Non da Wu.
Non riusciva a comportarsi come se niente fosse dopo aver origliato quel po' che bastava per comprendere che suo padre non era interessato a lei. Voleva essere forte, ma si era rivelata più debole di quanto non immaginasse. La testa le girava, e a stento riusciva a tenere gli occhi aperti.
Invidiava Xiao Mei. Almeno lei non si sarebbe sentita così male, una volta svegliata. La lasciò dormiente, mentre cominciò a girare per casa, come una bambola inespressiva, senza una meta precisa. La esplorò come un ragazzino amante delle avventure, in cerca di un tesoro misterioso e maledetto, o qualsiasi cosa che distogliesse la sua attenzione dalle parole del papà. Ma più barcollava per le stanze del secondo piano, trovandole libere ed un po’ in disordine, più sentiva il vuoto allargarsi, come l’unica superstite di un massacro appena compiuto. Sapeva che del padre non c’era molto da fidarsi, ma sentire che lei non era importante quanto lo era la sua fidanzata la faceva davvero star male. Non credeva di aver mai sofferto in quel modo in tutta la sua vita.
Si affacciò senza curiosità alla porta di Greed, e vide che il giovane era ancora scompostamente a letto. Anche lui aveva deciso che non era in vena di uscire di casa, ma al contrario di lei, dormiva profondamente, circondato da un accentuato odore di alcool. Greed non era il tipo che si ubriacava fino a scoppiare senza motivo. Sicuramente anche lui la sera precedente aveva avuto una qualche delusione.
Infischiandosi di tutto ciò che avrebbe comportato il suo gesto, May si precipitò di fianco al fratello maggiore, sdraiandosi accanto a lui ed affondando il viso nel suo petto. Ricordò la mezza promessa di essere presente alla prima recita di Macbeth, e tutte le volte che la portava via con sé per sottrarla dal padre lascivo.
E non seppe per quale definito motivo, la bambina pianse.
Sarà stato per la consapevolezza di avere per genitori due fratellastri che, nonostante il più debole legame di sangue, le volevano bene molto più del suo stesso padre.
Il calore che emanava il corpo del fratello maggiore la spinse a lasciarsi andare, sfogando tutta la sua solitudine su chi davvero, oltre a Ling, poteva offrirle il suo amore. Lo strinse finché non fu certa di essere al sicuro, distante da chi le procurava nient’altro che dolore.
I singhiozzi di May fecero sussultare Greed nel sonno, svegliandolo. Percepiva qualcosa che lo tirava per la camicia del pigiama, e si sforzò di mettere a fuoco l'immagine davanti a sé per vedere cosa ci fosse a letto con lui.
Il corpo minuto e l'ingente massa di capelli neri raccolti in due trecce arruffate che riconobbe subito lo fecero scattare come una molla, ma a causa delle manine che saldamente lo agguantavano ci riuscì con scarso successo, rimanendo alzato soltanto con la testa a mezz'aria.
La bambina alzò gli occhi pregni di lacrime verso di lui, cercando nei suoi una vaga consolazione, mentre Greed sgranò i suoi vedendola in quelle condizioni.
“Ma che stai facendo?”
Era furioso. Non perché May si fosse rintanata nel suo letto, ma perché si era abbandonata troppo alle lacrime. Voleva sul serio calpestare il suo orgoglio in quel modo?
“Ti prego, non arrabbiarti...”
Quell’implorazione fece scemare un po’ la sua alterazione.
“Mi vuoi bene, Greed?”
Lo sapeva. Era chiaro come il sole, ma voleva sentirlo. Forse questo l’avrebbe aiutata ad esorcizzare le parole di Wu.
Sinceramente, Greed era un po’ restio a dare quel genere di affermazioni, ma la situazione gl’imponeva di non dar peso alla sua personalità e di annuire, confuso.
“S-Sì, perché? Ma che ti è successo?”
“P-Papà…”
Doveva aspettarsi quel crollo emotivo da parte di May. Fra tutti loro, non era lei quella più forte, anche se voleva darlo a vedere a tutti i costi. Ma odiava vederla piangere, tanto più se la causa era loro padre. Era sempre stato un po’ geloso del legame che univa padre e figlia, ma sembrava che avesse commesso uno stupido sbaglio. Il rapporto fra loro non era migliore del suo, ed ora ne aveva la prova inconfutabile.
Udì il pianto della ragazzina farsi sempre più intenso, e in un moto di collera la riprese.
“No, May! Maledizione, non devi piangere!” sentenziò, scuotendola per le spalle. Ebbe la conclusione sperata. May sembrò calmarsi, asciugandosi il viso con il lembo del pigiama del ragazzo. Incurante delle proteste di quest’ultimo, lo abbracciò, sussurrando con estrema serenità: “Hai ragione.”
“Non te la sei sentita di andare a scuola, vero?”
“Già...”
“Prometti che però pomeriggio andrai alle prove!”
“Va bene.”
 
 
***
 
“Allora, hai organizzato tutto?”
“Sì” rispose Lust al suo interlocutore telefonico “devo solo attuare il piano. Non è facile tenere i mocciosetti gli un lontani dagli altri, lo sai. E poi, fammi giocare un po’!” rise, mostrando una chiostra di denti lucenti “Il maggiore, Greed, non durerà a lungo...”
L’altro rise di rimando, ben disposto a concederle quella fetta di divertimento che le spettava. Dopotutto, non c’era alcuna fretta.
La donna riagganciò, riponendo poi qualcosa di metallico nella borsa. Non c’era insicurezza nei suoi movimenti, solo una incontrollabile voglia di saziare i suoi appetiti.
Ma era ancora mattina. Wu a quell’ora era per Londra a fare chissà che commissione per i negozi.
E Greed... Lui sicuramente a fare il bravo scolaretto, in una persistente contraddizione con se stesso.
 
 
 
NDA
Penso sia uno dei capitoli peggiori. Non ne sono sicura abbastanza, ma spero che voi non siate della stessa opinione.
A presto! ;)

 

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Capitolo quattordici ***



Capitolo quattordici
 


“Com'è che tu e Riza state insieme?”
“Noi non stiamo insieme!”
“E dai, a noi puoi dirlo!”
“Gli affari vostri mai, eh?!”
Roy sapeva che prima o poi qualcuno se ne sarebbe accorto. Lui e Riza ormai avevano raggiunto un livello di confidenza superiore rispetto a quello stimato per dei normalissimi amici: arrivavano a scuola insieme, s’intrattenevano per molti minuti dopo le lezioni e ritornavano indietro, dove Roy la lasciava sempre al cancello della vecchia villa degli Hawkeye.
Inoltre, quando si vedevano la sera, frequentavano sempre le stesse zone del centro di Londra: era naturale che prima o poi sarebbero stati avvistati da qualcuno di loro conoscenza.
Ed era altrettanto ovvio come i due suoi amici più rumorosi, Heymans e Jean, si dessero da fare per estrapolargli più informazioni possibili: quella mattina lo avevano bloccato tenendolo a braccetto come se fossero militari in procinto di arrestarlo, indifferenti alle proteste che esternava con il suo continuo dimenarsi.
“No, mio caro Roy Mustang: perché un tipo come te che si fidanza non è roba di tutti i giorni!” sogghignò Jean.
“Non siamo fidanzati, Havoc!”
“Dicono tutti così!” rise Heymans.
Fortunatamente, il giovane aveva la straordinaria facoltà di mantenere un’espressione decentemente impassibile, per qualsiasi cosa gli venisse rivolto. Non era arrossito neanche di una sfumatura; semmai, era livido di rabbia per tutta quell’intromissione. Se ci fosse stato Vato molto probabilmente lo avrebbe sottratto dall’accanimento di quelle due belve, anche se poi ne sarebbe stato travolto. Il giovane Mustang ridacchiò silenziosamente, immaginandosi l’amico che tentava disperatamente di liberarsi dalla loro stretta.
“Perché ridi? Abbiamo ragione?” continuò il giovane Breda, rendendosi conto dell’ilarità contenuta dell’amico.
“No, io...” Si fermò, non appena davanti a loro si materializzò la figura snella di Riza che scherzava allegramente con Kain. Il bambino aveva preso l’abitudine di aspettare l’amica fuori dal liceo il venerdì, e stavano diversi minuti a raccontarsi a vicenda, dalle preferenze sulle materie scolastiche agli hobby. Si sedevano sulla stessa panchina posta di fronte ai cancelli, senza curarsi di nessuno.
Questo irritava Roy come poco altro, e non era raro che li interrompesse per portare Riza a casa come suo solito.
Però, ora che aveva quei due ficcanaso alle calcagna, come avrebbe fatto a ripetere quell’intromissione abitudinaria? Se lo avesse fatto ancora davanti a loro, tutte le loro insinuazioni ovviamente avrebbero trovato la merita conferma. Si districò dalle loro braccia robuste, non senza averci impiegato fatica, e si avvicinò alla coppia con sfacciata e finta indifferenza, proprio quando i due, chissà per quale arcano motivo, scoppiarono in una fragorosa risata.
Non disse nulla, aspettando pazientemente che Riza lo degnasse di uno sguardo. Perché no, anche per dirgli che era di troppo. A quel pensiero s’indispettì.
“Ah, ciao Roy!”
La ragazza però lo aveva accolto con calore, offrendo a tutti di sedersi con loro. Kain era un po’ intimorito nel vedere due ragazzoni quali erano Heymans e Jean, ma con la sua amica bionda si sentiva più che mai al sicuro.
“È lui il nanetto di cui ci hai parlato?” chiese Heymans rivolto al giovane Mustang.
“Sì,” rispose atono “lo abbiamo incontrato una sera.”
“Ah, allora è vero che stai con Riza! Congratulazioni, ragazzi!” Havoc era esploso in un giubilo un po’ troppo enfatizzato, tanto quanto bastava per confondere ed imbarazzare la giovane.
“Che?”
“Finitela con questa storia!”
Nel frattempo, Kain non aveva detto una parola. Era rimasto ad osservare quel simpatico teatrino con interesse, non interferendo in alcun modo la conversazione che a quanto pareva stava per prendere una brutta piega.
Emise soltanto una debole risata, a cui si unì anche Riza.
 
***
 
Dopo la scuola, quello stesso giorno, Lan Fan decise di trascorrere quell’ora libera con Ling. La presenza del giovane Yao era diventata fondamentale, soprattutto ora che Fu le aveva confuso le idee con quello che aveva fatto nel dojo. Non che non si fidasse di lui, ma la ragazza in quel momento aveva bisogno di qualcuno che le desse l’idea di stabilità, e non di incertezza.
Scosse la testa, sforzandosi di concentrarsi su quel momento privo di ansia, e della paura di aver commesso una disobbedienza nei suoi confronti. Cercò di convincersi che era nel giusto, che non stava facendo nulla di riprovevole. Stava soltanto passando un’ora con il suo... amico.
“Ehi, Lan Fan, mi stai ascoltando? Stai bene?”
Nel troppo rimuginare, non si era resa conto che il ragazzo le aveva parlato senza ricevere alcun tipo di replica. Arrossì, cominciando a preoccuparsi dell’idea che Ling si era fatto di lei, questa volta. Quando però scrutò il volto rilassato di Ling, si sentì un’inguaribile paranoica.
“Scusami, cosa hai detto?”
“Se ti va di venire a prendere un tè da me...”
“Intendi, a casa tua?”
“Sì, penso che a quest’ora non ci sia nessuno.”
A Lan Fan sembrò che il cielo si fosse oscurato di colpo. Non era mai stata in una casa estranea, e l’idea la mandava in subbuglio. Per di più, Fu le aveva sempre proibito di frequentare le case degli altri. Riteneva non fosse un comportamento ossequioso, e troppo confidenziale.
No, era fuori discussione; ma a Ling rispose un po’ più docilmente rispetto al furioso campanello d’allarme che si era scatenato nella sua testa.
“Non so se posso...”
Lan Fan cominciò a declinare l’offerta, quando una pioggerellina leggera cadde dal cielo, forzandoli a ripararsi sotto al tendone di un negozio, proprio a due isolati da casa Yao.
“Non puoi, o non ti va?”
A Lan Fan non rimase che una scelta, anche se presa con riluttanza. Si arrese all’evidenza del suo stesso desiderio, finendo con l’accettare.
“Mi va, tanto. Io...” si interruppe ancora, incerta se rompere il tacito accordo preso con suo nonno o rispettare quell’ingiusta separazione forzata. Già, ingiusta. Avrebbe dato retta a se stessa, per una volta. In fondo, bisogna anche ragionare con la propria testa.
“Sì!” disse infine, e sorrise. E non si sentì mai così leggera come in quell’istante.
Poi, improvvisamente, si sentì chiamare da una vocina familiare.
“Lan Fan!”
Si voltò, e vide Kain leggermente bagnato che agitava la mano per salutarla. Correva con il gruppo di amici di Riza che aveva conosciuto mesi prima. Mentre Riza riconosceva l’amica sorridendole, i ragazzi erano indaffarati a cercare un riparo temporaneo, anche perché l’iniziale pioviggine finì per trasformarsi in una pioggia fitta. Adocchiarono il tendone dove si era riparata la coppia, per poi precipitarsi sotto di esso spintonandosi a vicenda.
Il più piccolo abbracciò la sua amica con impeto, rischiando quasi di farla cadere.
“Allora vi conoscete!” rise la giovane Hawkeye, osservando come Lan Fan stentasse a rimanere in piedi.
“Sì!” rispose prontamente Kain. “Suo nonno mi ripara la bici spesso, sapete?”
“Quella con cui hai tentato di investire Riza?”
“Roy!”
Riza lo squadrò trucemente, ricordandogli così la dovuta gentilezza nei confronti dei più piccoli. Sfortunatamente, Kain si sentì colpevole per quanto successo quella sera: non era nelle sue intenzioni mettere a repentaglio la vita di nessuno.
“Non... non l’ho fatto apposta...” disse tristemente risentito.
“Ma no,” intervenne Lan Fan, mentre Riza dolcemente scuoteva la testa, intenerita da quella visione “tu sei così dolce che non faresti male neanche ad una mosca! Sei anche diventato vegetariano, non è vero?”
Kain annuì, ormai rincuorato per tutta quella comprensione. Non che non se l’aspettasse, ma temeva che con quell’incidente involontario, oltretutto scampato, avrebbe perso la fiducia delle sue amiche, nonché di quei pochi ragazzi che aveva conosciuto proprio ora.
Nel frattempo, Ling si ricordò della sua, di bici. Dopo quella gialla, ed anche a causa dei rapporti tesi con il padre, non ne aveva più chiesta una. Sebbene costituisse il suo unico mezzo, in nome dell’appoggio incondizionato che offriva a Greed aveva deciso di non chiedere a Wu più nulla che non fosse strettamente necessario. Certo, anche lui come tutti in casa avevano accesso al suo denaro, ma Ling era giunto alla conclusione che sarebbe stato meglio se non avesse fatto spese pazze, soprattutto per non dare al padre motivo di aggredire il fratello, siccome Wu pensava che la causa di tutti i suoi guai fosse sempre e solo Greed.
Questi pensieri lo addolorarono; mentre la pioggia divenne acqua neve.
Rabbrividì, ricordando a Lan Fan della proposta.
Alla ragazza non restò che accettare. Casa sua era molto più distante da quella degli Yao: si sarebbe bagnata ed avrebbe preso una polmonite.
Salutò con affetto Kain, il quale fu coperto con la giacca di Riza, e corse con Ling fino alla sua villetta.
Non sapeva se avrebbe dovuto farne parola con Fu; per ora si sarebbe goduta la visita.
 
***
 
“Ciao, principino!”
“Non chiamarmi così, Greed...”
La scena che si parò davanti agli occhi della giovane era tanto tranquilla quanto strana.
Greed e May erano seduti l’uno accanto all’altra al tavolo della cucina con i rispettivi capelli ancora arruffati, intenti a mangiare corn flakes, con ancora indosso i pigiami.
Ling non aveva dato peso alla scena: a Greed spesso venivano certe idee come il non recarsi a scuola. Non ne faceva una malattia. Quello che invece non ingoiò fu la presenza di May, nelle sue medesime condizioni.
“E tu? Neanche tu sei andata a scuola, vero? Perché?” disse con rassegnazione rivolto alla sorella.
La bambina scoccò un’occhiata carica di ansia a Greed, che subito si affrettò a ribattere. “Hai portato un’ospite e non la fai accomodare? Certo, principino, sei proprio maleducato!” lo stuzzicò, fra un boccone e l’altro.
Nel frattempo, May neanche li ascoltava, anche se era solita farlo. Si affrettò a spostare una sedia così da concedere a Lan Fan di sedersi. “Vuoi del tè? Lo abbiamo appena fatto!” disse, e senza aspettare la sua risposta, si precipitò a prenderle una tazza e versarne un po’ della bevanda. Lo stesso fece con Ling.
“Almeno May sa cos’è la cavalleria!” rise Greed commentando la scena, mentre il fratello si buttò su una sedia libera.
“Smettila, sono stanco... E poi neanche tu ti sei scomodato!”
Ancora una volta Greed gli stava facendo fare brutta figura davanti a Lan Fan.
“Ma io non sono il suo fidanzato!”
Era diventato paonazzo. Proprio Ling, che si intimidiva poco o niente davanti a quasi nessun genere di argomento, era diventato rosso. La stessa cosa Lan Fan.
Erano proprio fatti l’uno per l’altra, pensò Greed.
 
 
***
 
“Forza ragazzi!” tuonò Dominic autoritario mentre osservava i suoi allievi sul palco, vestiti di tutto punto. “Questa è l’ultima prova prima di Natale, e vi voglio sicuri di quello che dovete fare! Dovete sentirvi i personaggi che interpretate. Fate quello che volete, anche chiamarvi con i nomi di scena fra di voi, se necessario. Mi sono spiegato?”
“Sì!” dissero in coro i giovani. Si sentivano elettrizzati; per alcuni quella era la loro prima recita dopo il diploma di recitazione. I veterani, però, erano rimasti piuttosto perplessi: come mai il loro insegnante fermava le prove il sedici Dicembre? Era troppo presto per Natale; neanche quando erano ancora in corso aveva interrotto con un simile anticipo.
Nonostante il dubbio martellasse le loro testa con insistenza, erano davvero riluttanti nel domandarglielo. Così facendo, avrebbero rotto la sua privacy, cosa a cui, fra l’altro, teneva molto. Durante il suo periodo di ascesa non aveva mai lasciato trapelare nulla dalla sua vita privata, figurarsi ora che aveva deciso di ritirarsi dalle scene per insegnare. Si sapeva soltanto che aveva preso in adozione Paninya, e che aveva una moglie, tempo prima.
Ma May non si arrese. La curiosità la stava rodendo, perciò, mentre incedeva di qualche passo avanti stando attenta a non inciampare nel vestito di Lady Macbeth, alzò la mano esigendo così una domanda da porre.
“Perché ci fermiamo così presto?”
Dominic si accigliò per un istante, tanto che May se ne rese conto a stento, per poi ritornare impassibile.
“Vuoi proprio saperlo?”
La bambina annuì caparbiamente, senza considerare che il vecchio attore avrebbe potuto accusarla di essere indiscreta.
Gli occhi penetranti dell’uomo si fecero via via sempre più dolci, finché trovò il suo culmine in un larghissimo sorriso, che tirò le sue rughe dure verso l’alto. Ai suoi allievi parve quasi che si trasformasse in un’altra persona.
“Perché mia nuora è entrata in travaglio! Proprio stamattina!”
Esultò come un bambino alla sua prima cotta, completamente incurante delle facce sconcertate dei suoi allievi. E questi non poterono far altro che osservarlo, completamente stralunati.
 
 
 
 
 
NDA
Scusate il ritardo, ma alcune parti di questo capitolo proprio non volevano saperne di uscire! ^-^’
E scusate gli eventuali errori! :)

 

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Capitolo quindici ***



Capitolo quindici
 
 
Lust entrò in una grande sala, illuminata fiocamente da delle luci bianche che convergevano indisturbate in un unico punto centrale, dove si ergeva imponente la sagoma di un uomo seduto dai lunghissimi capelli biondi, immobile come una scultura.
Da lui si dipanavano una serie di macabre tubature che sembravano collegate dal suo corpo alle zone periferiche della stanza. Ma a Lust non faceva assolutamente paura. Era così abituata a vedere quella scena rasentante il raccapriccio che non ci faceva più caso, scavalcandole con totale noncuranza.
“Perché mi hai chiamata così all’improvviso? Eravamo in patti che sarei riuscita a divertirmi ancora un po’...” disse la donna alquanto stizzita. Il dubbio che il Padre non le avrebbe concesso di giocare con Greed si fece largo nella sua mente, e più ci pensava più si sentiva punta sul vivo. Era nel bel mezzo di una missione, certo, ma già da molto tempo Wu non le bastava, e Greed si era rivelato un ragazzo molto intrigante da ammaliare. La sua reticenza che la costringeva ad insistere per appagare la sua lussuria; la somiglianza che lambiva i loro occhi, così rossi, così identici; la certezza di essere simili anche internamente: tutti quegli elementi la spingevano a sollecitare la sua sete implacabile di uomini. Lo avrebbe fatto prostrare ai suoi piedi finché non le sarebbe più servito ai suoi scopi personali.
“Dovrai agire ora. Del ragazzino ti occuperai quando tutto sarà finito. Sempre che rimanga vivo, è chiaro...”
La donna si accigliò, ma non osò controbattere. Per lei avrebbe significato solo l’eliminazione immediata. Doveva sottostare agli ordini, che lo volesse oppure no.
Con una punta di delusione nella voce, assentì all’uomo, per poi allontanarsene.
 
***
 
“Dove sei stata?”
Alle sue spalle, la voce del nonno gli arrivò come una saetta e pensò che, se fosse stata davvero tale, l'avrebbe sicuramente fulminata seduta stante. Lan Fan sussultò dallo spavento, cominciando a sentire i nervi tesi sotto la sua pelle.
Ed anche ad avere paura. Non ne aveva mai provata nei confronti del nonno, ma adesso che aveva infranto il suo tacito ordine non sapeva come comportarsi, senza contare che in fondo non si sentiva la coscienza sporca come credeva in un primo momento.
Sospirò pesantemente prima di rispondergli. Era a conoscenza del fatto che Fu detestasse l'idea che si vedesse con Ling Yao, ma sapeva anche che il suo disappunto non era indirizzato propriamente al ragazzo. Lo vedeva da come si dimostrava affabile con lui quando ancora gli concedeva le sue conoscenze sulle arti marziali. Se non fosse stato così, non lo avrebbe neanche preso come suo allievo. O almeno, lei era arrivata a quella conclusione. Che doveva esserci dell’altro sotto.
Sebbene fosse un insegnante alquanto severo, non aveva mai parlato male di lui, e tantomeno si infastidiva con la sua presenza. Tranne quella volta.
“A casa di Ling...” replicò lei, chiudendo delicatamente l'ingresso.
“Non devi andarci, Lan Fan, lo sai bene...” disse lui con un cipiglio duro tanto quanto bastava per ammonirla.
“Non capisco perché non dovrei.” esclamò la ragazza senza alzare la voce, divenuta mortalmente atona. Non voleva arrivare ad una discussione animata con lui. Non voleva essere ribelle.
“Ed io non capisco perché disobbedisci!” si alterò Fu, parandosi davanti a lei. La giovane cominciò a turbarsi, e fece di tutto per apparire più contrita possibile.
“Non è disobbedienza, nonno. Lo frequento perché so valutare con i miei occhi chi ho di fronte.”
“Non è della tua capacità di giudizio che diffido...”
“Ling non è una cattiva persona... E lo sai. Altrimenti, come avresti potuto prenderlo come tuo allievo?”
Era la prima volta che si dimostrava così caparbia. Non aveva mai avuto una discussione con suo nonno. Spesso ci si scambiava qualche battuta, ed era sempre stata concorde con le sue decisioni. Non aveva ribattuto mai, neanche la prima volta che gli chiese in regalo un gatto ricevendo un riscontro negativo. Anzi, quella fu l’ultima volta che era arrivata a pretendere tanto.
Aveva paura che le avrebbe dato uno schiaffo, proprio come quella volta, ma con sua sorpresa il suo anziano tutore si astenne.
“Ling è una persona seria. Ma il padre frequenta una donna abbastanza equivoca da riconoscerla anche ad occhi bendati, e suo fratello Greed non mi piace. Si reca spesso ad un locale malfamato chiamato Devil’s Nest, bevendo non so quanti litri di alcool, e ne conosce addirittura il proprietario. Non mi stupirebbe venire a sapere che si droghi...”
“Ma io esco con Ling, non con suo fratello...” disse lei confusa. “E poi, Greed è una brava persona.” Proseguì risoluta. E non era uno stupido tentativo di farlo piacere a Fu: ebbe modo di constatarlo lei stessa durante quel giorno trascorso con la famiglia Yao. Avevano scherzato un po’, e persino sbrigato qualche faccenda, loro quattro insieme. Con la piccola May, poi, aveva un rapporto magnifico, e per quell’oretta e mezza si era sentita circondata lei stessa da fratelli. Era stata un’esperienza unica, seppure semplice e quasi sciocca.
Doveva ammettere che sulle prime Greed le fece quasi paura, ma dopo averlo conosciuto era una persona come poche. Che bevesse o meno, non lo rendeva di certo un mostro; e Ling era il genere di ragazzo che avrebbe frenato chiunque tentasse di drogarsi, conscio della pericolosità di quelle sostanze pur non avendone mai assunte.
Fu parve riflettere, ma le sue considerazioni mentali si interruppero non appena ebbe elaborato la parola che credeva non provenisse proprio da Lan Fan.
Esci?” tuonò, in preda ad una rabbia controllata.
“S-Sì” ammise la ragazza chinando il capo, “so bene che non avrei dovuto...”
“Ti dovrei rispedire in Cina per questo!”
Il tono perentorio fece tremare Lan Fan, che cominciò a piangere sommessamente. Lo schiaffo ora sarebbe arrivato sul serio, pensò.
Ma passarono i secondi, e non ci fu nulla.
Alzò lo sguardo timorosa, scorgendo il nonno che ancora la fissava severamente. Suo nonno era un individuo estremamente prevenuto nei confronti degli altri, e non aveva neanche il pudore di nasconderlo. Rigettava qualsiasi cosa non fosse alla sua altezza, e denigrava molta gente prima di conoscerla. Sotto questo punto di vista, Fu si era rivelato una delusione per lei. Chissà cosa l’aveva spinto ad essere così... Forse una mera educazione, la stessa che ora stava ereditando lei. Nient’altro.
“Chiama Ling, adesso, e digli di venire qui.”
 
***
 
Era mezz’ora che May faceva ritardo.
Erano quasi le nove di sera, e sebbene quella zona di Londra fosse illuminata da fiochi lampioni in tipico stile vittoriano, per Greed era arrivato il momento di andare alla scuola per capire se l’avessero trattenuta per qualche perfezionamento.
Si mise il casco nero, imbracciando quello piccolo e rosa di May, e montò sulla sua moto che in pochi secondi sfrecciò in direzione della scuola. Accelerò non appena si rese conto di essere troppo lento per i suoi gusti, maledicendo la distanza esagerata che si frapponeva fra lui e l’edificio.
Non era mai stato ansioso, ma qualcosa gli diceva chiaramente di fare il più presto possibile. Quel giorno c’era qualcosa di insolito fra le mura della sua casa, qualcosa che mancava sospettosamente. Solo, che lui se ne rese conto solo adesso, anche se non capiva la fonte di quel presentimento. Non era la presenza di Lan Fan, tanto meno il fatto che May si fosse sentita abbattuta per la negligenza paterna. Wu come al solito non c’era quasi mai, perciò nulla di strano da parte sua. Greed si infastidì anche al solo pensarlo.
Chi altri? Il ragazzo si arrovellò il cervello, mentre stava per imboccare la strada che stava cercando. La risposta era proprio lì, in fondo alla testa, come capita quando si ha una parola sulla punta della lingua.
Arrivò a pochi metri dal portoncino della scuola, osservando che accanto all’insegnante Dominic, intento a chiudere a chiave la scuola, c’era una ragazza di cui May aveva parlato, Paninya, sua figlia.
Ragazza, donna…
D’improvviso, Greed riuscì a collegare tutto. Lust quel giorno non si era fatta viva, come solitamente faceva da quando aveva le chiavi di casa loro. Ed era una cosa strana, considerando che non perdeva occasione di ostentare con la sua irritante presenza il fatto che molto probabilmente sarebbe diventata la nuova donna di casa.
Frenò febbrilmente, per poi correre verso di loro togliendosi il casco per farsi riconoscere.
“Scusate, devo prendere May Yao!”
Si guardò intorno, trafelato. Non c’era nessun allievo oltre i due maestri.
“Tu dovresti essere suo fratello Ling...”
“No, sono Greed. Sapete cosa ha fatto May dopo essere uscita?”
“Oh, Greed! Il maggiore!” asserì Dominic squadrandolo da capo a piedi.
“May ha detto che sarebbe andata via da sola, se non mi sbaglio...” rispose Paninya pensierosa. “Le avevo detto che era tardi, e che poteva telefonare ai suoi fratelli siccome non aveva il telefono con sé, ma non ha voluto sentire ragioni. È andata a casa vostra; magari la incontrerai per strada.”
Mentre ascoltava le ultime frasi della ragazza, Greed aveva preso a guardarsi intorno, come se May gli fosse apparsa da un momento all’altro. Sapendo poi quanto stupida fosse anche solo l’idea, lasciò perdere, inveendo fra sé.
“Stupida!”.
“May è una bambina precisa: non dimentica mai niente. Perché ha lasciato il suo telefono a casa?” chiese l’attore brizzolato.
“Stamattina... non si è sentita bene. Non aveva la mente lucida per pensare al suo telefono.”
Deviò il discorso con qualche convenevole. Non voleva raccontare i fatti della sorella a nessuno, ma neanche essere scortese, non con i maestri di May.
Doveva trovarla, doveva trovare quella stupida di May e riportarla a casa. Sperò con tutta la mente che fosse già lì, o almeno, che fosse in compagnia di qualche amica più grande.
Il cuore inizio a battergli forte, come non aveva mai fatto, e l’ansia cresceva, non accennando a diminuire. Non sapeva neanche di cosa avere paura, se dei sospetti su quella donnaccia che divideva la casa con loro o della pericolosità di una metropoli di sera.
A quanto pareva comunque, i due artisti non ne sapevano niente oltre quello già detto.
Era inutile continuare a discutere. Corse verso la moto e vi salì nuovamente, dirigendosi verso casa, mentre Dominic e Paninya lo guardavano preoccupati.
“Sai Paninya?” disse l’uomo attirando l’attenzione della figlia su di lui. “Per una volta, la mia famiglia può aspettare...”
 
***
 
Si sentiva eccitato, nonostante il timore riverenziale che doveva a Fu.
Lan Fan lo aveva chiamato domandandogli di andare a casa sua perché suo nonno lo esigeva, e lui si era improvvisamente trovato diviso in due: era arrivata l’occasione di mettere le cose in chiaro riguardo ai suoi allenamenti, sospesi già moltissimo tempo insieme a quelli di Ed, ma aveva anche cominciato a temere per la relazione che aveva con sua nipote. Non che si fossero spinti a chissà quale punto, non si erano nemmeno mai baciati sul serio, ma sapeva quanto rigido fosse il suo vecchio maestro al riguardo ed aveva paura che il loro rapporto sarebbe finito di lì a poco.
Che fosse arrivato il momento di troncare tutti i contatti con loro?
Il dubbio sorto lo aveva costretto a rallentare, come se così riuscisse a posticipare la brutta notizia il più possibile. Ma l’attesa era forte, e lui era sempre stato un tipo estremamente curioso. E la situazione presentatagli non faceva eccezione.
La suoneria del suo telefono trillò della melodia che Greed gli aveva impostato per scherzo, e che lui aveva lasciato per riderci su ogni volta che riceveva una chiamata. La lievissima ilarità che ne seguì lo fece distogliere dalle turbe che stava avendo. Ne fu grato. All’altro capo del ricevitore era proprio suo fratello.
“Pronto, Greed?”
“Ling, dove sei?”
La voce del fratello era piuttosto trafelata. Pochissime volte lo aveva sentito così.
“Sto andando dal maestro Fu. Perché?”
“May non è a casa! E neanche all’officina teatrale! Doveva tornare quasi mezz’ora fa!”
Ling si sentì sull’orlo di un baratro. Non era la prima volta che May non rincasava in orario, ma lei stessa spesso si premurava di telefonare ad uno dei due per accertarli che stesse bene e che sarebbe tornata presto, anche se non aveva il cellulare con sé, cosa a dir poco impossibile. Gli salirono le lacrime agli occhi.
“Ascoltami. Vediamoci a casa. Sto tornando indietro.”
“Va bene.”
Riattaccò, avvisando Lan Fan dell’accaduto.
 
***
 
Davanti al cancello di casa Yao, era affisso un biglietto.
A causa della confusione che aveva in testa, per poco Greed non la vide.
In un primo istante ebbe il pensiero di ignorarlo completamente, ma l’eccessiva eleganza della calligrafia lo spinse a leggere cosa c’era scritto.
“Se volete riavere indietro vostra sorella, presentatevi al piccolo cancello che porta ai sotterranei.”
Non riusciva a ricordare se Lust scrivesse con lettere così sinuosamente tondeggianti, ma non aveva più molti tentennamenti riguardo al suo coinvolgimento.
Salì in casa e, prima che Ling arrivasse, prese la pistola che Wu custodiva carica in un cassetto della scrivania della camera che aveva adibito a studio, e se la infilò nella tasca interna della sua lunga giacca nera.
Non credeva che un giorno o l’altro ne avrebbe avuto bisogno.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Capitolo sedici ***




Capitolo sedici
 
 
Messo al corrente di tutto ciò, Ling sentì la rabbia montare dentro le vene. Sapevano tutti che quella donna era sfacciatamente arguta, ma mai avrebbe immaginato che arrivasse a tanto, ammesso che fosse lei.
I due insegnanti di arti drammatiche li avevano raggiunti a casa loro, proponendosi di accompagnarli dovunque May fosse tenuta prigioniera.
Dominic si era giustificato affermando che lo faceva soltanto perché altrimenti non avrebbe avuto la sua attrice migliore per lo spettacolo, ma il sorriso di Paninya diceva chiaramente che il suo papà aveva trovato quella blanda scusa per mascherare una semplice quanto autentica ansia per la piccola Yao.
Entrarono nella galleria nei sotterranei con circospezione, senza mai abbandonare la concentrazione. Se fosse apparso qualche strano personaggio, sarebbero stati pronti a difendersi.
Ma non incontrarono nessuno durante il tragitto; almeno, non finché uscirono in un’ampia sala circolare, illuminata nel mezzo, con due persone presenti all’interno: una di loro era senza alcun dubbio Lust, malignamente sorridente.
“Sai, credevo che il mio fosse solo sciocco pregiudizio...” asserì Greed rivolto alla donna e scrocchiando le mani “Ma dovevo immaginarmi che c’eri tu dietro questa storia...”
“Sei perspicace quando vuoi, Greed...”
“Dove diavolo è May?”
“... ed anche impaziente.”
“Lust, finiscila con i giochetti!” s’intromise Ling furibondo. “È ignobile ciò che hai fatto!”
“Serve ai miei scopi: mi basta questo, ragazzino. ”
L’invidiabile autocontrollo della donna fece infuriare ancora di più i due giovani, che spostarono lo sguardo verso l’uomo in bianco. Aveva una strana aura, su questo non c’era dubbio: ma non trovarono spiegazione possibile con cui potessero motivare quell’intensa energia.
Forse era il prodotto di decenni di meditazione, ma quella blanda risposta non li soddisfece. Ma non era quella la loro attuale preoccupazione.
Ciò che premeva loro in quel momento era prendere May, tornare indietro ed avvisare la polizia. I loro pensieri vennero bruscamente interrotti da grida femminili strappate da un tonfo secco, che loro associarono subito a quelle della sorellina. Si voltarono in direzione della sua voce, scorgendo nel buio un’inquietante figura sinuosa che teneva saldamente qualcosa in pugno, trascinandola verso Lust.
La donna allargò ancora di più il suo sorriso rosso, afferrando per la collottola di quella che doveva essere una bambina; che doveva essere May.
“Grazie, Envy!”
Una sensazione di freddo misto a calore inondò le membra dei due fratelli. Sgranarono gli occhi non appena si resero conto che la ragazzina era proprio lei.
May sembrava svenuta: la testa ciondoloni e le guance ed occhi arrossati facevano presupporre che l’avessero zittita con la forza, nel bel mezzo di un pianto. Sicuramente May si era opposta, per quanto non ne fosse in grado. Per fortuna Xiao Mei era a casa a dormire, altrimenti avrebbero dovuto pensare anche a lei.
“Convincete vostro padre a concedermi tutte le vostre proprietà e lascerò in pace tutti quanti. Compreso vostro padre.”
Al suono di quelle parole, Greed si destò dallo sbigottimento, chiamando a raccolta tutta l’aggressività di cui era capace.
“Non se ne parla, Lust!” disse furibondo.
“Ah!” esclamò Lust sorpresa. “Proprio tu che rifiuti la sua eredità! Pensaci: non avrai più le sue fastidiose pretese, Greed.”
“Tutto quello che ha comunque è suo, ed è inutile ottenerlo con le minacce!”
“Una bambina è un compromesso molto sfruttabile con le minacce.”
La voce dell’uomo in bianco era quasi cavernosa, ed inondò la sala come un’onda violenta. Greed lo guardò torvo, calcolando quante probabilità di riuscita avrebbe avuto se lo avesse attaccato. Da solo sicuramente avrebbe fallito, ma forse con Ling...
No, era una pura follia. Oltre lui e Lust, c’era quel tipo di nome Envy, e forse qualcun altro ancora. Non avrebbe mai avuto ragione, neanche con Ling.
“Lasciate perdere le vostre smanie di grandezza e riconsegnateci May!” tuonò Ling mentre gli tremavano le mani chiuse a pugno. Anche lui stava calibrando le possibilità di un attacco.
D’improvviso, però, tutto si fece buio.
La già debole illuminazione fu ridotta ad un’oscurità che inghiottì i presenti dal primo all’ultimo. Il cuore di Greed perse un battito, ma degli inequivocabili rumori di colluttazione lo fecero scattare sull’attenti. Era più o meno sicuro che qualcuno stava mettendo in difficoltà Lust ed i suoi compagni.
“Ma... che succede?” esclamò Dominic in preda al panico.
“Non lo so!” rispose Ling accanto a lui. “Ma... sento un chi che penso di conoscere, anzi due...”
Avanzò con cautela, girando a destra e a sinistra la testa come a voler seguire quei pochi movimenti che riusciva a captare. Con la sensibilità di un felino acuì l’udito più che poté, percependo, senza sbagliarsi, l’aura del suo maestro. Si meravigliò della sua presenza, ma al contempo già stava ponderando l’idea di poter dare una mano.
Era un po’ fuori allenamento, certo, ma in fondo non aveva quasi mai interrotto gli esercizi di base.
Tonfi molto simili a calci e pugni permeavano l'ambiente, e ciò che erano degli ovvi gemiti di dolore si trasformarono poi in grida soffocate in risposta ai colpi subiti.
D'improvviso, un lampo di luce accecante investì la sala, permettendo a tutti di vedere chiaramente, per qualche esiguo secondo, cosa stesse accadendo.
Due figure scure stavano selvaggiamente combattendo contro Lust e il losco individuo che prima aveva in consegna May. Sicuramente una di loro era Fu, pensò Ling.
Il petardo lanciato dai uno dei due combattenti si affievolì per poi spegnersi del tutto, ma Ling già si era lanciato per dare man forte al suo maestro ed al suo compagno.
Greed e gli altri, non vedendoci nulla, si astennero dal fare mosse azzardate. Non era in loro potere provare a contrastare quella ormai indiscussa banda con il buio pesto ricrollato sulla loro visuale.
Poi Paninya si ricordò di avere una torcia del teatro con sé. Frugò con impazienza nelle sue tasche, tirandola fuori.
“Papà!”
La ragazza aveva fra le mani la torcia che utilizzavano ogni sera a fine spettacolo per controllare che il teatro si fosse completamente svuotato.
I lineamenti duri dell’uomo si colmarono di gratitudine mentre la prendeva armeggiando per accenderla. L’interruttore emise un debole click, e ciò che colpì il fascio di luce fu agghiacciante.
Uno dei due combattenti si era unito a Ling ed insieme tentavano di spingere indietro un altro della banda, un uomo evidentemente obeso ma dotato di una forza incredibile.
Videro quello che doveva essere l'allievo di Fu parare un colpo diretto alla sua testa, che respinse con non poca difficoltà; mentre Ling già si preparava a colpire con un ennesimo pugno.
I due attori si diressero verso delle scale che portavano in basso, sapendo bene che i contatori elettrici erano sempre ai piedi della struttura.
“Il teatro mi ha insegnato anche questo!” asserì Paninya, armeggiando con alcuni interruttori.
La luce ritornò, e Greed non perse altro tempo.
Si buttò nella mischia, mentre l'uomo vestito di bianco si godeva il frastuono della battaglia con disgustoso sadismo. Era lui il comandante di quei pazzi, non c’erano dubbi.
"Ehi, vecchio! Arriverà il tuo turno di pagare!” esclamò Greed. Ma non rivolse a lui la sua attenzione.
Avanzò con quanta più velocità avesse in direzione della sorellina per portarla via da lì.
L’altro non batté ciglio, né per l’intimidazione ricevuta, né per sottrarre la bambina per tenerla ancora come ostaggio: sapeva che qualcuno dei suoi sottoposti sarebbe intervenuto.
Ed infatti così avvenne.
Lust tagliò la strada alla corsa del giovane, piazzandosi fra lui e May con uno sguardo fin troppo sicuro di sé.
“Non puoi comportarti in questo modo quando tu stesso ce l’hai con tuo padre!”
“Non sono cazzi tuoi, Lust. Fammi passare o ti farò davvero male!”
“Tu non ti accaniresti mai contro una donna, Greed, e terrai fede alla tua qualità senza senso solo per fare l’innocentino davanti a tuo padre. Ma la realtà non è questa. Sei scaltro, malvagio, come me, e ti piace esserlo. Noi siamo uguali, Greed. Tu sei come me. Perché non ci aiuti, invece di metterci i bastoni fra le ruote?”
“Io non sono come te! Ed ora,” ricordandosi della pistola, Greed la estrasse e la puntò contro di lei “lasciami passare, altrimenti vedrai quanto tenga ben poco alla mia fasulla innocenza!”
Non avrebbe voluto sparare a nessuno, neanche agli arti, ma ad impaurirla non ci avrebbe rimesso nulla. E se avesse davvero dovuto sparare, l’avrebbe fatto. Premette il grilletto, accentuando quel cipiglio severo ed irritato che esternava il suo disprezzo per quella donna. Ma Lust non si lasciò sopraffare dal timore che il ragazzo voleva incuterle: Greed non avrebbe mai sparato contro nessuno, men che meno ad una donna.
Forse poteva sfruttare la cosa a suo vantaggio, pensò Lust. Poteva avere in pugno il ragazzo con la stessa metodica che stava utilizzando lui.
Ma Lust non si rese conto di un particolare. La mano di Greed non tremava affatto.
“Allora, spostati!” urlò il ragazzo, in un moto d’impazienza.
E fu in quell’istante che Lust sfoderò la sua arma puntandola contro di lui.
“Ora siamo pari, tesoro!” bofonchiò lei. “Te lo ripeto:” proseguì la donna “aiutaci, e se non vuoi farlo, lasciati uccidere.” Avanzò con spavalderia verso di lui, facendolo retrocedere di conseguenza.
“Hai paura?”
“No!”
“Hai ragione: non ti fai scrupoli, tu!”
“Me ne farei se tu fossi una persona normale! Ma so che, se sei arrivata fino a questo punto, non avrai pietà, e se sarà necessario, io non ne avrò per te!”
“Ecco il Greed che volevo!”
Il giovane emise un ghigno di disgusto. Sempre tenendo la sua pistola puntata contro Lust, e quella della donna mirata alla sua persona, provò a muoversi verso destra per arrivare a May.
Ma il piano era troppo prevedibile e Lust cominciò a gridare di fermarsi. Greed non le diede ascolto, e quando partirono due proiettili dalla pistola di Lust, lui cominciò a correre per raggiungere la sorella, evitando per un soffio di essere colpito.
Partì un colpo vagante dalla sua arma e si parò dietro quella che sembrava una colonna di marmo scuro. A pochi metri da lui c’era May.
“Svegliati, stupida!”
Ma la bambina non diede segni di vita.
“Allora, May!”
“Niente da fare, Greed. La bambinetta dormirà ancora un po’.”
Infuriatosi, Greed si scostò dal riparo che aveva trovato per sé, puntando ancora la pistola verso Lust. Fece un cenno silenzioso a Dominic, mentre intratteneva Lust.
Ma d’un tratto, uno dei due combattenti in tenuta prese Lust per il collo, alzandole forzatamente il braccio armato verso l’alto. Per la sorpresa, Lust sparò in aria, ma subito prese il lottatore per il cappuccio e lo scaraventò per terra davanti a lei.
Nel frattempo, Greed aveva colto l’occasione di distrazione della donna.
Si precipitò nel punto in cui la sua sorellina giaceva svenuta, e la prese fra le braccia, ritornando poi trafelato dai due insegnanti.
"Devi essere tu ad andartene con lei!" protestò Dominic, non appena si rese conto che il ragazzo voleva lasciarla a loro.
“Per favore, devo risolvere la questione con lei! Non posso...”
Un altro sparo fendé l’aria, andando proprio a sfiorare le orecchie del ragazzo.
“Lascia la bambina, Greed! Se non riesco a minacciare te, lo farò direttamente con Wu.”
“Vattene, Greed!” incitò Paninya.
Non avendo altra scelta, Greed fece quanto chiesto. Gettò un’occhiata al fratello che insieme a all’altro ninja si stava dando da fare per mettere fuori combattimento gli altri due ceffi, e andò di volata verso l’uscita. Lì avrebbe trovato la sua moto e sarebbe andato dalla polizia.
Ma Lust si lanciò all’inseguimento, eludendo i tentativi di Dominic di tenerla ferma.
Uscirono per strada, e Greed scosse May ancora una volta per svegliarla. E ci riuscì.
La bambina aprì gli occhi a fatica. Dapprima ottenebrata, la sua vista fu completamente nel pieno delle sue facoltà solo diversi minuti dopo, come la capacità di comprendere cosa stesse succedendo intorno a lei. La testa le pulsava in modo lancinante, soprattutto all’altezza della nuca. Molto probabilmente l’avevano drogata.
“Sono ore che ti chiamo!” enfatizzò il giovane. “Forza, sali!”
May era ancora piuttosto confusa, ma non perse comunque tempo nell’eseguire gli ordini del fratello.
“Fermo!”
Lust li aveva raggiunti e, prima che Greed potesse accorgersene, scoppiò in una fragorosa risata. “Credi di potertene andare così, senza aver prima chiuso i conti?”
“Sì, Lust! Oggi chiudiamo questa storia!”
Saltò a bordo, accendendo il motore il più celere possibile e stringendosi May al petto. Aveva appena percorso una decina di metri quando Lust sparò quasi senza pensare di prendere bene la mira. Il proiettile colpì la spalla del ragazzo, che rovinò a terra per l’impatto, con un grido di dolore.
“Greed!”
May gridò atterrita scendendo dal veicolo, mentre al contrario Lust sorrise maleficamente, avvicinandosi ai due.
Un dolore lancinante esplose dalla ferita per poi spargersi, facendolo urlare forti imprecazioni.
In quel momento uscirono Ling, quasi illeso nonostante il combattimento, Dominic, Paninya e i due ninja: il maestro Fu, con il volto ormai scoperto, che teneva sulle spalle l’allievo privo di sensi.
Ling si avvicinò preoccupato al fratello, vedendo che fortunatamente il colpo non era stato fatale. Ma dovevano comunque portarli in ospedale. Perdeva copiosamente sangue, e a breve anche i sensi.
Ma Greed doveva assolutamente ricambiare quella spregevole donna. Avvicinò faticosamente la mano alla pistola caduta sull’asfalto, e mirò a sua volta alla spalla di Lust. Fece il tutto così velocemente che non fu certo di averla colpita.
Dopodiché, cadde svenuto.
 
 
 
 
 
NDA
Sì, lo so. Sono in un ritardo pazzesco. La mancanza di ispirazione fa brutti tiri.
Ma spero di andare abbastanza spedita in queste settimane, anche perché siamo quasi giunti alla fine. Non so quanti capitoli se ne andranno ancora, ma di sicuro non molti.
Nel frattempo ringrazio chi mi sta seguendo. Vi prego di segnalarmi eventuali errori, perché non l’ho controllato! ^-^’
Un abbraccio! :*
 
 
 
 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Capitolo diciassette ***




Capitolo diciassette
 
 
Non credeva di soffrire così tanto, ancora.
Dopo aver fatto ricoverare Greed d’urgenza, aveva scoperto che il misterioso allievo che aveva accompagnato il maestro Fu era niente meno che Lan Fan. La ragazza era stata colpita violentemente da uno dei malviventi contro cui avevano combattuto; ed i medici le avevano diagnosticato numerose fratture alle costole. Di conseguenza, all’angoscia già devastante per il fratello si era aggiunta altra ansia per quella che ormai reputava la sua fidanzata.
Ma se clinicamente parlando lei era fuori pericolo, lo stesso non si poteva dire di Greed. I medici che si erano occupati di lui lo stavano operando già da quattro ore, e sia lui che la piccola May al suo fianco erano ormai sopraffatti dal timore che il loro fratello non avrebbe superato l’intervento.
Estrarre una pallottola da una clavicola non comportava necessariamente la morte, così gli aveva riferito un infermiere che in quel momento assisteva all’operazione. Ma un’attesa così prolungata per una pratica reputata abbastanza sicura comportava solo una cosa: che Greed aveva avuto delle complicazioni.
Era una parola difficile da inghiottire, e di certo non avrebbe smesso di pulsargli in testa: non finché qualcuno si fosse degnato di uscire dalla sala operatoria per informarlo di qualsiasi cosa stesse accadendo lì dentro.
Per fortuna quei malviventi erano stati presi in custodia dalle autorità; anche Lust, anche lei ferita gravemente, non era scampata dal braccio della legge. Poteva andare tutto per il meglio se non fosse stato che Greed stava lottando per la vita a pochi metri da lui e che una volta dimesso lo avrebbero incarcerato per tentato omicidio.
Sospirò, e voltò lo sguardo verso un’affranta May, vedendo riflessa in lei l’immagine del suo dolore.
La bambina, per quanto si sforzasse di non piangere, non riusciva comunque a trattenere qualche lacrima che si ostinava a rotolare via dalle sue guance arrossate.
Almeno lei non doveva assumere sul suo viso una parvenza di tranquillità, pensò il ragazzo.
“Su, dai. Non piangere, May. Lo hai sentito il medico, no? Sicuramente l’operazione andrà bene, e Greed si rimetterà magnificamente. Sai che è una pellaccia!”
Strinse la sorellina a sé, ma quel che ottenne fu solo un peggioramento. La ragazzina pianse ancora più forte, e Ling era certo che da un momento all’altro le avrebbe fatto compagnia.
Per quanto ancora Greed non sarebbe uscito da quella dannata sala operatoria?
Un Fu dall’espressione affranta comparve in fondo al corridoio, e subito la mente di Ling lo ricondusse automaticamente a Lan Fan. Ma se da una parte avrebbe voluto correre da lei per verificare di persona le sue condizioni, dall’altra era condizionato dalla presenza del nonno della ragazza.
Nonostante la chiamata della sera prima avesse fatto nascere la speranza di una riconciliazione fra maestro ed allievo, ancora non osava proferire la prima parola. Il rischio di un’ulteriore rottura era altissimo, ed ora che c’era in ballo anche il suo rapporto con Lan Fan il suo solo desiderio era di andare il più cauto possibile.
Da quel che aveva imparato dalla sua esperienza di allievo, sarebbe stato il maestro stesso a fissarlo se avesse voluto interloquire con lui.
Come a dar sostanza ai suoi pensieri, l’anziano puntò i suoi occhi indecifrabili proprio in quelli del ragazzo. Ma quest’ultimo non si lasciò intimorire. Concludere quelle faccende in sospeso gli premeva quanto l’attesa per suo fratello.
“May, perché non vai a prenderti qualcosa da bere?” spronò il giovane prima di alzarsi in piedi come ad accogliere tacitamente un confronto con lui.
“Cosa... Cosa voleva dirmi ieri sera?” chiese poi Ling con timore, stropicciandosi le mani nervosamente. Aveva tentato di emettere un suono freddo e distaccato, ma come previsto non ci riuscì.
“Avrei voluto scendere a patti con te, ragazzo.” asserì Fu. “Ma dopo quello che è successo a Lan Fan non credo ritratterò quanto deciso; non dopo che ho avuto la conferma che Greed si invischia con gente poco raccomandabile.”
Sebbene fosse stralunato da quell’affermazione, Ling non lasciò il maestro senza repliche.
“Cosa? Greed non c’entra niente con quelli, non direttamente. La colpa è... di nostro padre.” sussurrò con vergogna, immaginando ogni possibile reazione del suo vecchio insegnante.
Fu aveva paura dell’influenza che Greed poteva esercitare su Lan Fan, e Ling reputava la cosa orribilmente assurda. Tanto più che con quell’episodio accaduto la sera prima Greed aveva poco a che fare personalmente.
“Nostro padre cercava qualcuno con cui consolarsi per la perdita delle sue mogli ed è caduto nella trappola di Lust, lasciandosi soggiogare. Ma Greed non è il tipo che si abbandona in questo genere di cose, tanto meno è malvagio...” disse, tentando di ammorbidire la presa di posizione di Fu. “Che è un po’ strano e asociale non lo metto in dubbio, ma ti assicuro che è una persona leale e onesta.”
“Parli in questo modo perché sei suo fratello...”
“Parlo in questo modo perché lo conosco bene.”
Era la prima volta che ribatteva contrariato a qualcosa che il suo maestro di arti marziali gli diceva, e doveva dire che la cosa lo mandava in subbuglio. Ma non poteva fingere di essere d’accordo quando non lo era, soprattutto quando c’era in ballo la reputazione di Greed.
“Non ti ho mai visto così convinto di te stesso, ragazzo.”
Era l’unica affermazione ad averlo lasciato esterrefatto. Non credeva di apparire così determinato ad un occhio esterno al punto di farsi confessare ciò. Si sentì disorientato, ma la cosa peggiore che lo attanagliava era la convinzione che molto probabilmente Fu non gli avrebbe fatto passare liscia quel contrasto riguardo all’ipotesi che aveva del fratello.
“Io... voglio sapere se potrò ancora frequentare il suo dojo...” chiese poi arrossendo.
Voglio? Non ti è bastato fare l’altezzoso in mia presenza ora, pretendi anche che ti riaccetti come allievo?!”
“Beh...”
Confuso, il giovane Yao non seppe più come replicare. Un’altra parola di troppo e il vecchio insegnante non avrebbe mai più accettato di trasmettergli i segreti del combattimento, e perciò preferì tacere. Abbassò il capo, non sapendo neanche se era più opportuno rimanere nello stesso luogo oppure no.
“Va bene.” asserì Fu, ed il ragazzo scattò ad osservarlo, stupefatto. “Ho potuto notare che hai una volontà di ferro, e non mi dispiacerebbe continuare a farti da maestro, ma devo chiederti un compromesso.”
“Quale?” chiese Ling speranzoso.
“Non dovrai più frequentare mia nipote.”
Il sorriso del giovane Yao morì sul nascere.
“Perché?” domandò esasperato il giovane. “Le ho già detto che Greed...”
“Non importa!” tuonò l’anziano.
“Perché non mi ha detto che il combattente con voi era Lan Fan?”
“Perché molto probabilmente non ti saresti concentrato nella lotta.”
Ling trasalì, ma non proseguì oltre. Ne stava cominciando una vera e propria lite, e in un momento tanto delicato era l’ultima cosa che voleva.
“Il signor Yao?”
Il chirurgo era uscito dalla sala operatoria con aria stanca, provvedendo subito a sfilarsi la mascherina ed i guanti sporchi.
Sporchi del sangue di Greed.
“Sì, sono io!” rispose Ling correndo verso di lui. Nell’ansia i suoi battiti erano diventati più frequenti, ma neanche se ne rese conto.
“Suo fratello è fuori pericolo!” sentenziò felice il medico. Ling lo ringraziò mentalmente per averlo detto senza inutili giri di parole. “Abbiamo estratto la pallottola con poca difficoltà, ma ha perso molto sangue ed abbiamo dovuto fargli una trasfusione.”
“Posso vederlo?”
“Per il momento meglio di no. È ancora sotto sedativi, e non vogliamo che durante il risveglio si affatichi troppo. Ma può stare tranquillo, ragazzo! Può tornare fra qualche giorno.”
Gli diede una calorosa pacca sulla spalla e si volse, ritornando verso la sala operatoria.
“Sta meglio?” chiese Fu dietro di lui.
“Sì. Non vedo l’ora di rivederlo!”
“Io ritornerei da mia nipote, ora.” riprese il vecchio insegnante. Ma Ling lo fermò. Anche se era suo nonno, non aveva il potere di cancellarla dalla sua mente. Ma volle andare incontro a Fu con il capo chino, in modo che almeno quella proposta sarebbe stata accettata.
“Posso avere il permesso di vederla una volta soltanto? Vorrei… dirle addio...”
Quella parola gli fece male quanto una stilettata in pieno petto. Ma non aveva intenzione di mettere a repentaglio ancora una volta la fiducia che il maestro Fu riponeva in lui. Lui aveva fatto lo stesso con lui, quando decise di insegnargli le arti marziali, e per non incorrere nelle sue ire avrebbe rinunciato a Lan Fan, suo malgrado.
A dirla tutta, gli sembrava di non capire più niente. Perché lo stava facendo?
“Va bene, un solo pomeriggio però. Puoi decidere tu quando.”
In tutto quel marasma di sentimenti contrastanti, Ling riuscì a allargare appena le labbra, per poi cadere un’altra volta nel suo incubo ad occhi aperti. Aveva rimandato non sapeva quante volte quell’incontro, perché avrebbe voluto che quel pomeriggio non fosse mai arrivato, cosicché non ci sarebbe mai stato un addio.
Ma per quanto potesse bramare che il tempo si fermasse, non ne aveva purtroppo il potere.
 
***
 
Nei giorni che seguirono, Wu venne a conoscenza di tutti i dettagli. Lust si riprese nel giro di poche settimane ma l’uomo non fece nulla per provare a ricontattarla. Era confuso, non sapeva se sentirla ancora avrebbe comportato ulteriore scompiglio nella sua vita. Senza contare che ora era accusata di tentato omicidio, proprio come poco tempo prima lo era Greed. Grazie alle testimonianze di Dominic e Paninya, il giovane fu sollevato dall’accusa. Ma contrariamente a quanto avrebbe voluto Ling, non si seppe più nulla della banda di malviventi che rapirono May quella sera. Le sue proteste al fine di saperne di più non furono ascoltate, tanto meno poté scoprire come faceva l’uomo in bianco ad emettere tutta quell’energia.
Ma non era di quello che Ling voleva preoccuparsi in quel momento.
Era la prima volta che andava a trovare suo fratello in ospedale, e francamente si sentiva nervoso. Greed era il tipo di ragazzo che odiava farsi vedere indisposto, e spesso preferiva stare chiuso nella sua camera per giorni; sperava solo che non avesse fatto storie anche con gli infermieri.
Ling si era prevenuto portandogli, invece di fiori, solo il libro che sapeva, Greed stava per terminare.
“Come stai?”
“Come dovrei stare? Mi sento... indolenzito... ed imbottito di farmaci.”
Ling lo squadrò con aria triste: cosa non avrebbe dato per vederlo esplodere di energia.
“Comunque spero di poter uscire entro un paio di giorni.”
“Non puoi!”
Greed ridacchiò divertito, sebbene quel movimento gli procurava dolore.
“Voglio farti una domanda! Com'è... dall'altra parte?”
Greed lo osservò fra lo stranito e l’incuriosito. Non che non si aspettasse domande del genere al fratello, ma chiederglielo così, con quella punta pesantemente malinconica nella voce, lo fece rabbrividire.
“Tutto rosso come il fuoco, e nero come la pece. E ci sono tante belle ragazze...” lo disse giusto per tirarlo su di morale, ma Ling non sembrò gradire.
“Con te non si può fare un discorso serio, eh?”
“Ma con me hai fatto un sacco di discorsi seri...” puntualizzò Greed. “Per esempio, quello su Lan Fan appena l’hai conosciuta, o quella volta...”
“Va bene, piantala!” lo interruppe Ling. Nonostante il suo tono giocoso, non voleva toccare quel tasto dolente per lui. Non per il resto di quella giornata, almeno.
“Fra tre giorni ci sarà la recita di May...”
“Lo so...” rispose Greed atono. Dalla sua espressione traspariva chiaramente che ne era dispiaciuto. Ma ancora non riusciva a muoversi senza ricevere delle forti fitte provenienti dalla spalla. “Ci teneva molto che io assistessi, dovrò deluderla come ha fatto papà...”
“No,” rispose il minore “tu glielo hai promesso ed avevi intenzione di andarci sul serio. È stato il corso degli eventi che ti ha impedito di assistere. May lo sa: fidati.”
“A proposito: papà ha chiamato?”
“No, è ancora via.”
 
***
 
Nel frattempo, il Natale si stava avvicinando. I preparativi diventavano via via sempre più intensi: ad ogni giorno che passava le strade si riempivano di gente sempre più carica di pacchetti regalo da mettere sotto l'albero, in attesa della notte della Vigilia.
Tuttavia, l'umore di Ling non era in sintonia con l'atmosfera che lo circondava. Si era organizzato per avere quel pomeriggio libero, così da chiudere per sempre i rapporti con Lan Fan. In quel lasso di tempo si era dato mille volte dello stupido.
Perché lo aveva fatto? Per non perdere entrambi, si giustificò, per poter frequentare ancora il suo maestro che oramai era una sorta di nonno anche per lui. Se avesse continuato a pretendere di frequentare Lan Fan, senza ombra di dubbio Fu gli avrebbe negato anche i suoi insegnamenti.
E così, si era ritrovato senza un perché a cercare un regalo per lei affinché lo custodisse in ricordo, come un qualsiasi ragazzo che doveva farsi perdonare per qualche pecca commessa.
Il problema era che non c'era nulla per cui farsi perdonare. Magari sarebbe stato così semplice.
Se solo tutta quella situazione non si fosse creata, se solo non avesse voluto fare amicizia con Lan Fan nessuno dei due ne avrebbe sofferto. Perché sapeva che Lan Fan era addolorata quanto lui della decisione presa da Fu. Era molto probabile che non avrebbe accettato nulla da lui.
Quel pensiero lo fece fermare nel bel mezzo di un fiume di folla, e lo fece retrocedere.
 
***
 
Oramai, non sapeva più per quanto tempo era relegata in ospedale. Aveva perso la conta dei giorni, purtroppo, ed il telefono non era con lei.
Per la prima volta, Lan Fan non fu pienamente cosciente del tempo che passava. Vedeva solo il giorno e la notte che si alternavano, il sole levarsi e calarsi come se fossero al rallentatore. La mente completamente occupata da poche parole del nonno.
“Vedrai Ling Yao solo una volta ancora.”
Ed il cuore si frantumò. Aveva chiuso gli occhi, desiderando di morire in quel preciso istante.
Dopo alcuni giorni seppe che anche Greed era ricoverato. E decise di andare a vederlo. Non sapeva cosa la spingesse a fargli visita: dopotutto, avrebbe potuto ignorarla, e lei avrebbe fatto una pessima figura.
Il fatto era che aveva bisogno di vedere qualcuno che fosse esente da pregiudizi, e che non gli ricordasse direttamente suo nonno.
Si vestì con semplici jeans e maglietta, faticando a causa dell’ulna incrinata.
Quando bussò lievemente alla sua porta, sentì un pungente timore che le attraversò veloce la testa, ma scemò subito, non appena sentì la voce atona di Greed che invitava ad entrare.
“Ciao.” disse lei. “Scusami, Greed, ma avevo bisogno di compagnia... Se non ti va posso anche andarmene...”
“No, puoi... restare...”
Il giovane rimase molto colpito nel vederla lì. Soprattutto, non sapeva per quale motivo era lì solo per un braccio fratturato. Tuttavia, le indicò gentilmente una sedia su cui accomodarsi, scambiando con lei alcuni piccoli convenevoli prima di proporle di giocare.
“Ho giusto delle carte francesi che mi ha portato Ed l’altro giorno!” sentenziò per metterla a suo agio.
“Purtroppo non so giocare...”
“Te lo insegno io, se vuoi.”
E così passarono gran parte della giornata in questo modo, liberandosi dal mondo e dai brutti pensieri.
Fecero finta che gli ultimi eventi non fossero mai esistiti, che al mondo ci fosse solo una cosa importante, almeno per quel giorno: pura e semplice amicizia.
 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Capitolo diciotto ***



Capitolo diciotto
 


“Riza, non so come spiegartelo: io non ti vedo più come un’amica...”
Lo sguardo imbarazzato della giovane Hawkeye si spostava nervosamente dagli occhi corvini del giovane Mustang alle sue mani che si stavano strofinando l’una contro l’altra in un modo tutt’altro che tranquillo, ripetendosi a mente che quello doveva essere un qualche giochetto idiota che Roy aveva deciso di farle quell’ennesima sera passata insieme.
Poteva sforzarsi quanto voleva di negare l'evidenza, ma aveva letto tanto quanto bastava per capire che quella di Roy non era una beffa.
Anzi, lui sembrava molto nervoso, e di certo questo non permise a Riza di allentare la tensione.
D’un tratto la cinsé a sé e, senza darle il tempo materiale per realizzare quanto stava accadendo, posò delicatamente le sue labbra su quelle di Riza. La ragazza, impreparata a svolgimenti simili, si pietrificò.  Ma non fece nulla per interrompere il contatto, né diede segni di dissenso quando lentamente Roy si staccò da lei, osservandola con occhi nuovi. Soltanto, tremava impercettibilmente.
“Heymans e Jean avevano ragione:” disse il giovane Mustang “sono sempre stato fidanzato, ma non lo sapevo. Non lo sapevamo...”
“Roy, non...”
“Se hai paura, ti dico che non ne hai motivo.”
La giovane esitò, soppesando quanto ci fosse di rischioso nell’intraprendere una relazione vera: c’era la certezza di doversi esporre più di quanto non facesse, esternando tutte le sue gioie, paure e dubbi ad un’altra persona; e per lei, che non aveva mai neanche parlato a nessuno della sua vita domestica, risultava alquanto difficoltoso.
Ma non poteva negare che, quando lui arrivava per tirarla fuori dal suo guscio fatto di solitudine, si sentiva decisamente diversa, come se Roy compensasse ciò che suo padre per anni le aveva negato, volente o nolente: una serata passata a guardare un film, a prendersi un gelato, o semplicemente parlarsi.
Lei, oltre che con le sue amiche talvolta, tutte queste cose le aveva sempre fatte con Roy e con i suoi amici. Loro erano gli unici che la facevano sentire importante, gli unici a preoccuparsi se qualcosa la turbava o se avesse un semplice raffreddore.
Una volta, era stato Roy insieme a Jean a recarsi a casa sua, dopo che seppero che era a letto con la febbre. Berthold non si era dato pena neanche in quella circostanza.
Pensò a tutto questo con enorme tristezza, che subito svanì non appena il giovane Mustang la cinse nuovamente nel suo caldo abbraccio. Roy l’amava, anche più di suo padre. Per quanto fosse destabilizzante pensarlo, i fatti raccontavano da sé.
Con il cuore che scoppiava di felicità, si rese conto di aver meccanicamente ricambiato, porgendogli un delicato bacio sulla guancia, gesto che imporporò le gote di Roy molto più di quanto già non fossero.
Ma mentre due anime si ritrovavano, altre erano in procinto di separarsi.
Ling dopo molte ore prese per pensare a quali tristi conseguenze avrebbe comportato quella separazione, aveva trovato il coraggio di fissare un giorno in cui avrebbe rivisto Lan Fan per l’ultima volta. Quelle parole gli avevano rimbombato nella testa per un tempo che pareva infinito, ed ora che aveva posto giorno ed ora del troncamento del loro rapporto, si sentiva ancora peggio.
Sarebbe stato il giorno seguente, davanti al dojo di suo nonno.
Non aveva in programma di portarla fuori o altro. Sarebbe stato scorretto e soprattutto dilaniante. La ferita non avrebbe fatto altro che allargarsi.
Quanti ricordi riaffiorarono, quando Ling arrivò al luogo stabilito.
Lì l’aveva spiata per la prima volta, chiedendosi per quale recondita ragione non l’avesse mia vista prima nonostante le assidue frequentazioni in quella palestra, e da lì l’aveva poi riconosciuta, sola e spaesata in mezzo ad una scalmanata folla di studenti il primo giorno di scuola.
Sospirò affranto: di certo, quello sarebbe stato uno dei Natali peggiori che avesse mai trascorso.
Ma mentre pensava a questo, si rese conto che nessuno si era presentato all’appuntamento. Il giovane provò a bussare ma sembrava non ci fosse anima viva.
Sperò che Fu non avesse deciso d’improvviso di lasciare l’Inghilterra, ma scosse la testa quando pensò che fosse la cosa più stupida che gli fosse capitata di pensare.
“Maestro! Fu!”
Nulla.
Ci fu un secondo in cui Ling credette di aver udito qualcosa, che scartò subito come frutto della sua immaginazione.
Lan Fan non si sarebbe fatta vedere, e neanche Fu.
Avrebbe dovuto prevederlo.
 
***
 
May prese un lungo tremante respiro.
Aveva fatto salti mortali per prepararsi degnamente a quella rappresentazione teatrale, e per lei bastava che sbagliasse anche una sola parola od una sola intonazione di voce non avrebbe più creduto in se stessa.
Anche se Greed non avrebbe potuto esserci fra gli spettatori a sostenerla, May ce l’avrebbe messa tutta. Era passata in ospedale con l’abito di scena nascosto sotto il cappottino, due ore prima, e Greed le aveva fatto promettere che avrebbe spiazzato tutti i presenti.
Ling ci sarebbe stato, ma May dubitava avesse la testa libera dai pensieri per potersi dedicare esclusivamente alla sua performance. Ma contrariamente a quanto credeva la piccola, Ling, nonostante si sentisse una pezza, quella sera avrebbe accantonato i suoi crucci per non farla sentire abbandonata anche da lui. Perché mai Ling Yao avrebbe fatto soffrire la sua esuberante sorellina come aveva fatto loro padre.
Ling non aveva accennato a niente dopo la notizia della rottura forzata del fratello con la ragazza, alcuni giorni prima, e la bambina non aveva intenzione di interferire, come avrebbe fatto in caso contrario. Una parte di sé avrebbe voluto intervenire, ma l’altra le stava consigliando di non immischiarsi e lasciar fare ad entrambi. Dopotutto, come poteva lei, senza alcuna esperienza pregressa, a far sì che un rapporto si riallacciasse senza permettere al dolore di sopravvivere?
Magari avrebbero trovato loro stessi un punto di incontro con il vecchio insegnante di arti marziali.  
Oppure...
 
***
 
Wu, nel frattempo, aveva cominciato a chiudersi in se stesso.
Invece di aggrapparsi all’amore ancora recuperabile dei suoi figli, si era costruito pareti d’acciaio intorno a sé. Aveva deciso di non legarsi più ad alcuna donna che fosse risultata equivoca, e questo era un bene, ma non sembrava intenzionato a prendersi un po’ più cura di May e di essere comprensivo con Greed e Ling.
In particolare, non aveva pensato a nessuna eventuale evoluzione del rapporto burrascoso che aveva con il maggiore. E non avrebbe sorpreso nessuno, se fosse rimato fermo sulle sue volontà.
 
***
 
“Posso entrare?”
Era una voce troppo anziana e roca perché Greed potesse dargli un volto. Ma scavando nei suoi ricordi la identificò con il maestro di Ling. Ed il dubbio si tramutò in certezza non appena il vecchio insegnante entrò nella sua camera d’ospedale, chiudendosi la porta alle spalle.
L’espressione stranita di Greed non cambiò finché Fu non si sedette e cominciò a parlare da sé.
“Mettiamo in chiaro una cosa, Greed” pronunciò il suo nome con una nota amara e piena di risentimento, come se il ragazzo che aveva davanti gli avesse fatto l’affronto più grave che potesse mai ricevere “non so se ti piaccio io, ma sta certo che tu non piaci a me!”
“Beh,” rispose Greed con tono ironico “di solito preferisco ragazze, e giovani! Non mi interessano i vecchiacci burberi come...”
“Va bene, a quanto pare è inutile parlare con te!”
Fece per andarsene ma il ragazzo lo fermò. “Insomma, stavo scherzando! Torna qui, vecchio!”
La richiesta fu esaudita. Nonostante il giovane non si fosse comportato propriamente in modo rispettoso, Fu si convinse ad offrirgli un’altra possibilità.
“Se mi lasci parlare, magari posso dirti la ragione per cui sono qui.”
Greed rimase in silenzio, assentendo solo con un cenno del capo.
“Lan Fan non ha più intenzione di parlare con me, e non ho faticato molto a comprenderne il motivo. Vuole molto bene a tuo fratello. Non starei qui a parlare d’amore fra loro, ma è evidente che qualcosa c’è, ed è abbastanza forte.”
“Allora, perché hai deciso di separarli?”
“Per te.” disse, e Greed s’indispettì. “Non mi fido di te, e tanto meno mi fido di ciò che potresti inculcare nella mente di mia nipote. È ancora molto piccola per comprendere certe questioni, per capire con chi deve frequentare e chi no...”
“Ti sbagli,” asserì il giovane “Lan Fan è una ragazza molto giudiziosa, molto più di quanto tu possa pensare. Non ho niente contro di te, vecchio, ma la sua insicurezza è soltanto parte del suo carattere. Non scambiatela per stupidità. L’ho vista pochissime volte, ma mi sono bastate.”
“Non sto dicendo che Lan Fan è stupida, Greed.”
“Si è stupidi o non lo si è, e lei non lo è. Punto. Non ci vogliono chissà quali altre prove per capirlo. Dubito che una intelligente come lei si metta a frequentare chiunque gli capiti a tiro. Sai che mio fratello è una brava persona, ma dubiti di me. Te lo concedo, non sono un santo. Ma dovresti preoccuparti di quei due, invece di tribolarti per me.”
“Ling mi ha detto che sei una brava persona, e anche Lan Fan. Non fare quella faccia: mia nipote mi ha parlato di te, e devo dire che non ha detto una singola cosa riprovevole. Ma so che vai spesso al Devil’s Nest.”
“Sono vecchi amici. Un tempo frequentavamo lo stesso corso di chitarra elettrica, e così qualche volta vado a chiacchierare con loro.”
Fu non parve rassicurato. Anzi, il fatto che si conoscessero da molti anni secondo il suo punto di vista aggravava la situazione di Greed. Ma volle andare avanti. Dopotutto, quel Greed non era affatto male.
“Ho sentito che non hai un buon rapporto con tuo padre. Lui com’è?”
Gli occhi di fuoco del giovane si sgranarono. Non era solito parlare quasi con nessuno di loro, e di sicuro non lo avrebbe fatto con il primo tizio che gli passava davanti.
Quel vecchio stava diventando davvero irritante.
“Ma cos’è questo, un interrogatorio investigativo? Lasciami in pace!”
Il tono confidenziale con cui avevano esordito in spezzò in una mera e risentita conclusione. Fu stava toccando un tasto che non avrebbe dovuto, e Greed era andato fuori di testa.
“Forse ti ho infastidito...”
Anche troppo, pensò Greed. Ma non disse nulla, rimanendo in un silenzio furioso ed imbarazzato. Sentì la porta aprirsi e chiudersi, mentre due piccole lacrime gli solcarono le guance.
 
***
 
I posti a sedere erano foderati di un bel velluto rosso. Il teatro era gremito di persone elegantemente vestite, cosa che mise in soggezione Ling. Non era preparato a gente abbigliate in quel modo, e tanto meno era abituato a vestirsi con giacca e cravatta.
Si sistemò su una poltrona riservata, Dominic le aveva messe a disposizione dei parenti degli attori, e attese l’inizio della recita.
“Posso sedermi qui?”
“Sì, è...”
Il cuore gli si fermò in gola. Davanti a lei c’era Lan Fan, meravigliosa nel suo abito verde scuro semplice, con dei piccoli balzi all’altezza delle maniche e delle ginocchia, e al contrario di quanto ci si poteva aspettare da quella serata, era evidentemente impacciata.
Ling la fissò a lungo, e scattò in piedi per abbracciarla, senza darle il tempo di spiegare cosa ci facesse lì, proprio quando Ling pensava fosse tutto perduto.
 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Capitolo diciannove ***



Capitolo diciannove
 


“No, aspetta! Che avresti fatto tu?”
“Niente, mi sono solo accordata con Dominic e dato una spintarella a Lan Fan!”
Una May felice sorrideva trionfante davanti all’incredulità del fratello maggiore. Quella diavoletta con l’aureola ne aveva combinate una delle sue, nascondendo ben bene la sua coda.  Aveva poi incitato Lan Fan a chiamare suo nonno affinché raggiungesse tutti gli altri al teatro oramai vuoto, così da poter ripristinare ciò che aveva distrutto.
E così anche lui era lì, ad assistere a ciò che era stato fatto alle sue spalle.
Se avesse opposto resistenza, il vecchio insegnante di arti marziali se l’avrebbe vista brutta con May.
Ma nessuno sapeva che Fu si era recato in ospedale di sua spontanea volontà. Non lo aveva fatto per semplice presa di consapevolezza che ciò che stava facendo fosse assurdamente sbagliato, ma perché Lan Fan in quei giorni era come se si fosse spenta: una volta a casa dalla degenza in ospedale, la giovane mangiava poco; ma più di tutto era indifferente al suo allenamento avanzato. Fu non poteva permettersi di lasciar correre una simile condotta, ed era certo che mettendo in atto atteggiamenti tirannici nei suoi confronti non avrebbe portato a nulla, se non la nascita di profonda avversione verso di lui, che inevitabilmente sarebbe degenerata.
In ogni caso, Ling era imbarazzatissimo: un piano del genere non sarebbe riuscito ad escogitarlo per via della sua anima fin troppo candida; ma non avrebbe neppure fatto nulla per cambiare ciò che si era deciso. Scuotere le acque non era da lui. Ma era da May.
“Piccola sbruffoncella viziata!” tuonò Fu in preda alla rabbia, una pericolosissima vena che gli pulsava sulla fronte gli divenne ancora più gonfia. “Come ti sei permessa di interferire nelle faccende degli altri?!”
“Signore, non deve arrabbiarsi così, non fa bene!” disse la bambina innocentemente.
“Eccola la mia attrice!” La voce allegra di Dominic squarciò il silenzio creatosi. Avanzò verso la bambina che poi prese in braccio, schioccandole un amorevole bacio sulla guancia. “Sei la migliore del mio corso, ragazza!”.
Dietro di loro, Paninya assisteva felice a quella scena così euforica. Lo spettacolo era stato un successo, ed aveva avuto su May delle ripercussioni incredibili.
“Devo rubarvi un attimo questa signorinella!” asserì ancora l’anziano attore, e subito pose la piccola a terra, portandola in disparte con la figlia adottiva.
“Sei stata grande, May!” si congratulò la ragazza, sfoggiando un sorriso a trentadue denti.
“Grazie, Paninya! Ma è stato merito vostro: mi avete insegnato così tanto!”
“Piccola,” l’espressione di Dominic si fece d’un tratto tremendamente seria, e May si mise sull’attenti “andrò dritto al sodo perché non sono solito girare intorno alle faccende, specie quelle importanti. Fra gli spettatori c’era il direttore di un casting.”
A May sembrò si fosse svegliata da un bellissimo sogno ad un mondo di incubo. Non era che Dominic e Paninya volessero liberarsi di lei?
“Non chiedetemi di andare a cercarlo, perché sapete che non lo farò.”
“Ma non siamo noi quelli che ti hanno proposta. È stato quel tizio stesso che ti vorrebbe per un film.”
Da una parte questa notizia la lusingò tanto quanto quello scroscio di applausi ricevuti appena un’oretta prima; ma dall’altra, seguire quell’impresa a cui era stata appellata voleva dire solo una cosa: lasciare il teatro, e con lui i suoi meravigliosi insegnanti, e molto probabilmente per sempre.
Le vennero le lacrime agli occhi, ma Dominic era abbastanza perspicace da comprendere che le sue non erano lacrime di felicità ed eccitazione; ma di tristezza.
“Non sono cose che avvengono tutti i giorni, queste! Non lasciarti scappare un’occasione simile! E non badare a noi. Questo è stato il tuo nido, piccola May” disse Dominic “prima o poi sarebbe venuto il giorno in cui avresti spiccato il volo. Me lo sentivo, fin dalle nostre prime lezioni con te come allieva.”
Ma le sue parole erano a stento percepite, perché la bambina era scoppiata in un pianto a dirotto.
“E... e dove dovrebbero girare?”
“In Scozia. Dev’essere qualcosa sul mostro di Lochness!” ironizzò l’attore ridendo. Si fece consegnare un biglietto da visita da Paninya. “Ecco tieni!” disse allungando il braccio verso May. “Appena ti sarai ripresa contattalo. Non ho mai sentito il suo nome; è probabile che sia ai suoi primi lavori.”
May tirò su con il naso, prendendolo con riluttanza.
Non riconobbe neanche lei quel nome, ma in qualche modo le trasmise maggiore serenità rispetto a quando le si aprì quel baratro sotto i piedi.
Tentò di regolarizzare il respiro, mentre silenziosamente ritornava da suo fratello.
“Che è successo, May? Perché stavi piangendo?”
E May raccontò a tutti ciò che le era capitato, ma omise le proprie paure, specialmente quando vide l’espressione estasiata di Ling quando gli riferì che giravano in Scozia.
Il giovane esultò, e sebbene fosse presente Fu non riuscì a contenersi. Saltellò come un matto intorno alla sorellina, chiedendo ripetutamente “Mi ci porti? Mi ci porti?” ignorando completamente lo sguardo stranito del suo maestro.
“Anzi, perché non ci andiamo tutti insieme? Le spese le copriremo noi!” disse Ling, al che il viso di Lan Fan si illuminò di aspettativa.
“No Ling, grazie. Non è mia abitudine accettare e francamente non farò un’eccezione, neanche per te!”
“Perché no? Il tuo negozio può chiudere per ferie, e te le meriteresti, siccome lavori di continuo!” insisté Ling.
“Sarebbe un vero onore per me se il maestro di mio fratello venisse con noi!” rincarò la piccola May. E quella fu un’ottima occasione per sfoderare le sue doti di attrice.
Il vecchio Fu osservò gli occhietti della bambina diventati stranamente sbrilluccicosi; e vedendo la situazione volse lo sguardo. Se l’avesse osservata ancora, era probabile che si sarebbe arreso quasi subito.
“Forza, signor Fu! So che siete una persona tanto gentile!” proseguì imperterrita, mentre Lan Fan e Ling assistevano trepidanti. Scoprirono a vicenda di avere lo stesso desiderio, e puntarono l’uno gli occhi dell’altro come se ciò riuscisse ad attenuare il battito accelerato del cuore e come se al tempo stesso quell’ancora acerbo affetto fra di loro avesse compiuto quel miracolo.
“E va bene, stupida ragazzina!” sbottò il maestro. “Hai vinto, contenta? Ora non mi seccate!”
Ma invece di lasciarlo in pace, assecondando la sua richiesta, i tre ragazzi si lanciarono su di lui avvolgendolo in un grande abbraccio.
Ling rideva facendosi scappare un bacio sulla tempia del suo mentore, mentre Lan Fan, ottenuto il privilegio di buttarsi al collo del nonno gli sussurrava dolci ringraziamenti.
“Chiamo Greed!” esclamò May, prima di scappare dietro le quinte per recuperare il suo telefono cellulare.
Fu assottigliò gli occhi, dandosi del rimbambito per non aver previsto anche la presenza del maggiore dei fratelli Yao in quel viaggio. Il ragazzo non gli aveva messo un minimo di soggezione, neanche quando lo guardò nei suoi profondi occhi rossi; e dopo il fattaccio era più o meno sicuro di che tipo di persona fosse, essendo stato presente.
Ma lo avrebbe tenuto d’occhio, che facesse o meno qualcosa di sbagliato o di compromettente.
Quanto a Ling, Fu lo conosceva bene, e perciò non considerò nemmeno di porre dubbi in merito.
Forse, nonostante la sua età ancora doveva riconsiderare molte cose. Greed gli aveva fatto una discreta impressione in ospedale, e siccome Fu era arrivato ad acconsentire a quello che era uno slancio molto lungo per le sue prerogative, questa volta sarebbe andato fino in fondo.
“Pronto Greed?”
“May, com’è andata?”
“Come vuoi che sia andata?” sbuffò la bambina fintamente offesa. “Una meraviglia, come ti aspettavi! Ma c’è anche dell’altro...” disse poi atona.
“Cosa?”
“Mi hanno presa per un film...”
“Eh? Davvero?”
“A quanto pare...”
Per qualche istante il silenzio calò fra loro, come se entrambi dovessero assimilare bene la novità.
“Ehi, May! Posso farti da manager?”                      
 
***
 
La Scozia era proprio come Ling aveva sempre visto nei documentari; ma ora si stava davvero rendendo conto che respirare la sua aria era tutt’altra cosa. Sembrava di trovarsi in un luogo sì popolato dall’uomo, ma si percepiva qualcosa di più verde e selvaggio rispetto all’Inghilterra.
Forse era lui che, aspettando da anni quel momento desiderandola con tutta la mente, la sentiva diversa; ma osservando le espressioni di ogni singolo suo compagno di viaggio ne appurò che non era il solo a sentirsi così bene e così vivo.
Appena arrivati, invece di restare in albergo dove lasciarono i propri bagagli, decisero di fare un giro per i negozi caratteristici: oltre a fare incetta di qualsiasi cosa fosse lavorato in tartan, si fermarono in tutti i ristoranti che Ling Lan Fan e May fossero in grado di svuotare. Persino Fu si era lasciato trasportare dall’entusiasmo.
L’anziano maestro non vedeva sua nipote così raggiante dal tempo in cui i suoi genitori erano ancora in vita, e subito si rammaricò con se stesso per non averle concesso fin dall’inizio un’esistenza spensierata, almeno in parte.
Guardò come i tre fratelli si divertissero in assenza dei loro genitori, di come fossero in grado di cavarsela nonostante fossero maggiorenni solo da qualche giorno, e di come guidassero May con giudizio, proteggendola tanto quanto bastava, senza reprimerla.
Wu non si sarebbe mai curato di loro come avrebbe dovuto, ma loro sembravano quasi non dare importanza alla cosa. Fu pensava che fosse solo questione di abitudine, ed in parte non sbagliava affatto: per loro ci sarebbe sempre stato il peso di due madri morte anzitempo e di un padre che curava soltanto i suoi crucci personali, ma non per questo avevano la tendenza di dividersi, anzi.
“Non mi trascinerai nei tuoi giochetti, Greed. Ti conosco, ed io non sono più il bambino che puoi facilmente manipolare.”
“Su, ci sarà da divertirsi!”
Destatosi dai suoi pensieri, il maestro di arti marziali fu pronto a ritrattare tutto su di lui, ma uno squittio spaventato di May li fece voltare tutti nella sua direzione.
“Siamo in ritardo! Il direttore non mi darà la sua fiducia se non mi presento in orario!”
Gli altri membri del gruppetto lasciarono tutto ciò che avevano intenzione di comprare alla cassa, e uscirono di corsa dal negozio in cui erano entrati, attirati dalle specialità del posto.
E corsero a perdifiato verso l’edificio stabilito, lasciandosi tutto alle spalle.
 





 
 
NDA
Saaaalve! ^o^
Eccoci arrivati alla fine di questa ff che vi ha tenuti compagnia quasi per un anno!
Ho avuto, durante questi mesi, molti tentennamenti, che da qui a poco mi avrebbero portato addirittura alla cancellazione. Ma questa storia era nella mia testa già da molto prima che cominciassi a scrivere il primo capitolo, ed ovviamente l’idea di eliminarla dalla faccia della Terra è andata sempre più scemando (anche perché me ne stavo affezionando, paradossalmente).
Mettere la spunta alla casella “Completa” fa sempre uno strano effetto!
So che il finale lascia un po’ a desiderare, ma è ciò che mi è uscito. ^-^’
Ringrazio tutti i silenziosi che hanno letto capitolo dopo capitolo, e i recensori Laylath, TichKey, Crona_ e Kaida!
Chi l’ha messa fra le preferite: ombra_notturna, Smery_Tigrotta, TichKey e Tully_, e chi l’ha seguita, ovvero Green Star 90, Pei93, SalamandraSlayer, Stella_Skys e Zefiria BlackIce, oltre alle altre sopra citate! :)
Se ho sbagliato a scrivere qualche nickname, perdonatemi! xD
Siete tanto carini! *^*
Baci! :*
 

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2398608