Per sempre

di Cocol_Sasso_97
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***
Capitolo 5: *** Capitolo V ***
Capitolo 6: *** Capitolo VI ***
Capitolo 7: *** Capitolo VII ***
Capitolo 8: *** Capitolo VIII ***
Capitolo 9: *** Capitolo IX ***
Capitolo 10: *** Capitolo X ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


Capitolo I
Roma, II^ metà del IV secolo


 

"Sin dall'antichità vi sono testi che raccontano della vita sentimentale degli dei dell'Antica Grecia e dell'Impero Romano. Le storie passionali e carnali degli dei sono innumerevoli e tanti sono anche i figli nati da loro ma, col tempo, si diede sempre meno importanza agli dei. Con l'imperatore romano Teodosio I, gli dei scomparvero, sostituiti dalla cultura cristiana."

Poseidone guardava la costa italiana dal suo regno quale era il mare. I suoi fratelli avevano abbandonato da tempo ogni speranza di farlo divertire con loro.
Da qualche mese, il dio del mare passava le sue giornate immobile, davanti a quelle spiagge dove le onde si infrangevano diventando schiuma. Ogni giorno, le onde sembravano concentrarsi su quella spiaggia, così come l'attenzione di Poseidone. Si ritiravano solo una volta calato il buio, quando anche il dio tornava nel suo regno.
Zeus e Ade non capirono mai per quale ragione l'attenzione del dio fosse rivolta a quelle spiagge, fino a quando non posarono anche loro lo sguardo su di esse.
Videro l'oggetto delle attenzioni di Poseidone e capirono cosa interessava tanto il loro divino fratello.
La giovane donna che tutte le giornate sedeva sulla spiaggia a passare i suoi pomeriggi a cucire attentamente, senza sbagliare un solo passo, senza pungersi una sola volta. Era brava nel suo lavoro, quando lo faceva.
Zeus e Ade notarono sin da subito la scarsa voglia di lavorare di quella ragazza ma Poseidone sembrava non notarlo.
Poseidone si limitava ad osservarla e quando ella si ritirava, la sua immagine rimaneva impressa nella mente del dio.
I lunghi capelli scuri raccolti in una corona di trecce, mentre alcuni boccoli le ricadevano sulla pelle candida del seno e delle braccia. Gli occhi ambrati, pieni di luce, avevano rapito il dio, così come quello strano ciuffo arricciato verso l'alto che la donna non riusciva a domare.
La ragazza amava il mare, lo aveva detto più volte a Poseidone.
« Se solo potessi vivere col mare » sospirava mentre passava i denti del pettine tra i capelli.
« Se solo fossi libera come le onde del mare » sussurrava mentre cuciva « libere, ma pur sempre incatenate alla bellezza del mare e sempre richiamate da esso quando finalmente giungono alla costa… »
« Se il mare fosse umano, non dubito del fatto che vorrei stare con lui per sempre… »
A Poseidone bastò.

"Sono stati ritrovati tuttavia testi più recenti, risalenti al periodo dopo Teodosio, che ancora narrano degli dei. In particolare, un documento narra di Poseidone, il quale sembrerebbe aver improvvisamente smesso di divertirsi coi mortali…"

L'ago bronzeo solcava i due lembi di stoffa, legandoli gli uni agli altri con un filo sottile, bianco. La giovane donna si fermò con l'ago sopra la stoffa e lo abbassò lentamente, studiando la tunica che stava cucendo per la sorella. Sfiorò il tessuto con le mani e lo strinse poi al petto. Presto sarebbe toccato anche a lei.
Chiuse gli occhi, lasciandosi cullare dal rumore delle onde che si infrangevano sulla sabbia e sorrise appena, chiedendosi se avrebbe mai avuto il coraggio di scappare in mare, pur di sfuggire alla sua sorte. Sposarsi non era ciò che più ambiva. Di sicuro non con qualcuno che non voleva sposare lei ma non era una sua decisione quella.
« Cosa cuci? »
La castana alzò lo sguardo e dovette coprirlo con una mano per osservare il giovane che le si era avvicinato. Non vi riuscì comunque, la luce le dava fastidio agli occhi. Abbassò lo sguardo « Chi sei? » chiese a sua volta, tornando a cucire la tunica.
Il giovane le si sedette accanto « Un qualcuno che la gente ha dimenticato » sorrise osservandola « E tu? »
« Nessuno che ti possa interessare » rispose lei scocciata, senza alzare lo sguardo.
« Questo non puoi dirlo »
La giovane donna non rispose, continuando a cucire con punti fini la veste, concentrandosi sul suo lavoro.
« Questa che stai cucendo è una tunica recta, non è così? » continuò lo sconosciuto, osservandola mentre cuciva.
La ragazza continuò a non rispondergli.
« Sono diversi giorni che la stai preparando »
A quel punto si fermò nuovamente ma evitò ancora di guardare lo sconosciuto « Come fai a saperlo? »
« Ti stai per sposare? »
« Non sono affari tuoi »
« Rispondi alla mia domanda »
Ma chi si credeva quell'uomo?
« Tu non rispondi alla mia » sbuffò scostandosi una ciocca di capelli dal viso e alzando lo sguardo sul mare « Anzi, alle mie. Non mi hai ancora detto chi sei. »
Lo sconosciuto sorrise, abbassando lo sguardo « D'accordo… Ti osservo da molto tempo, sono stato rapito dalla tua bellezza »
La giovane arrossì di colpo, vistosamente « Mi hai osservato? » chiese infastidita, senza alzare lo sguardo per l'imbarazzo ed evitando il commento dello sconosciuto « Da dove? » non aveva mai notato nessuno osservarla.
« Dal mare » disse lui, godendosi quella leggera brezza marina che soffiava e chiudendo gli occhi. La giovane si voltò ad osservarlo, per chiedere altre spiegazioni, ma la vista di quel ragazzo la fece pietrificare.
I capelli lunghi e scuri venivano mossi dal vento, ricordando il movimento delle onde quando soffia un leggero vento, mentre la pelle abbronzata gli donava una bellezza che poche volte aveva visto tra la gente di Roma.
« Chi sei tu…? » mormorò rapita dalla sua bellezza. Il ragazzo voltò il capo verso di lei e aprì gli occhi, mostrando due meravigliosi occhi verdi e le sorrise « Tocca a te rispondere alla mia domanda… Stai per sposarti? »
Lei sbatté appena le palpebre, mettendoci qualche secondo a recepire la domanda e a trovare una risposta. Spostò lo sguardo sulla tunica, scrollando il capo « Mia sorella si sposa… Io, probabilmente, sarò data in sposa ad un qualche sconosciuto tra qualche mese… »
« Non volevi stare per sempre con il mare? »
Lei sussultò e si voltò nuovamente a guardarlo « Tu come…Come fai a saperlo? »
Il ragazzo la ignorò e si voltò a guardare il mare « Io mi chiamo Antonio. Il tuo nome è…? »
« Elena… » rispose come ipnotizzata nel guardarlo.
« Beh, Elena, sono sicuro di una cosa »
« Cosa? »
Antonio si voltò a guardarla « Il mare è innamorato di te. Ama il tuo viso, ama il modo in cui ti rivolgi a lui, ama il tuo carattere… »
« Cosa stai… »
« Elena, se il mare ti chiedesse di passare del tempo con lui, cosa risponderesti? »
« Tu… Sei tutto pazzo, devi aver bevuto litri e litri di acqua e sale! »
Le mani di Antonio si posarono sulle spalle nude di Elena e lei sentì lo stesso bruciore che provava nel camminare a piedi scalzi sulla spiaggia « Cosa faresti Elena? Passeresti la vita con lui? Lo faresti anche se si presentasse alla tua porta dicendo di essere il mare? Gli crederesti? Lo ameresti come dici di amarlo e come lui già ti ama? »
Una delle tante ragazze che vivevano a Roma, probabilmente lo avrebbe guardato terrorizzata, ma non Elena.
Elena era confusa, ma una parte di lei era rapita dai suoi occhi verdi e da quella voce così calda, che sembrava volerla cullare con le parole.
Non gli rispose ma gli fece per l'ennesima volta la stessa domanda « Chi sei tu? »
« Io sono il mare » mormorò lui, lasciando un po' la presa sulle sue spalle e guardandola intensamente « Io sono Poseidone »


 




Salve!
Sono di nuovo qui a proporvi una nuova storia a cui pensavo da un po' ^^
O meglio, a più storie che pensavo da un po' che hanno formato questa!
Sapete, l'eterna indecisione tra het!Spamano, 2pSpamano, NyoSpamano, 2pNyoSpamano e... Boh alla fine ho unito tutto muahahah
Questo è solo il primo capitolo e spero di avervi incuriosito un minimo! 
Nel prossimo capitolo comparirà Lovinito *love*
Un bacione e spero alla prossima

§Cocol

P.s. La tunica recta è la tunica con le quali le antiche romane si sposavano ^w^

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


Capitolo II
Italia, I^ metà del XXI secolo


 

"Oggi ci incontreremo mi vida"
Lovino aprì gli occhi lentamente, osservando il candido soffitto dove le ombre della mattina creavano figure astratte. La sveglia non era ancora suonata ma mancando pochi minuti all'ora impostata, Lovino allungò un braccio a spegnerla, mettendosi seduto e provando un brivido lungo la schiena che abbandonava il tepore che vi era sotto le coperte.
Si passò le mani sul viso, strofinandole per svegliarsi, fermandosi poi a riflettere su quella voce che aveva nuovamente sentito.
« Ci incontreremo… » mormorò guardando lo zaino « Sei forse il giorno del giudizio? » sbuffò grattandosi il capo. Il primo giorno di scuola era sempre traumatico per Lovino.
Rinunciare al dolce far nulla, al sole caldo per doversi riabituare al freddo inverno che portava solo piogge e gelo, dover rinunciare per ben nove mesi al mare… Chiuse gli occhi concentrandosi sul suono delle onde che si infrangevano sul bagnasciuga e sorrise appena. Il tempo ancora lo permetteva, benché fossero già a settembre e sicuramente già verso aprile, al primo raggio di sole si sarebbe spostato in spiaggia, subito dopo le ore di lezioni.
Amava il mare.
Se si concentrava riusciva a sentire persino le onde cullarlo, avvolgerlo in un dolce abbraccio. Sin da quando era bambino quelle sensazioni lo facevano stare bene, motivo per cui stava sempre in acqua, dalla mattina quando arrivavano fino a che non dovevano andarsene.
Finché era piccolo passava le giornate a giocare col fratello, crescendo poi faceva lunghe nuotate, anche da solo, perché aveva sempre la sensazione di essere accompagnato. Perfino quando tornava a riva, stanco ma soddisfatto, rinunciava al telo per sedersi sotto il sole coi piedi nell'acqua.
« Lovino, Lovino, si inizia la scuola! » la porta spalancata dal fratello fece spalancare anche i suoi occhi.
Feliciano saltò sul letto al suo fianco, sporgendosi sopra il suo viso « Si inizia, si inizia! »
Il ragazzo lo spinse via, facendolo ridere mentre cadeva sul letto « Come puoi essere così felice? Guarda che le medie non sono come le elementari! »
Feliciano si sistemo qualche ciocca più lunga dietro l'orecchio, sorridendo euforico « Sono eccitato! Tu non lo sei di iniziare le superiori? »
Il sopracciglio sinistro di Lovino si inarcò « Iniziare una nuova scuola, entrare in un nuovo ambiente scolastico, senza conoscere nessuno e soprattutto tornare a studiare. Sprizzo gioia, Feli »
La risata allegra del fratello, però, lo fece sorridere « Vai a fare colazione Feli, io mi vesto e ti raggiungo »
Il castano annuì euforico e balzò giù dal letto, non dopo aver baciato sulla guancia il fratello e corse fuori dalla stanza, chiamando a gran voce il nonno.
Lovino sospirò, passandosi una mano sulla guancia come per pulirsi di quel bacio, un gesto che gli era rimasto da quando erano più piccoli.
Capitava spesso che Feliciano gli lasciasse un bacio sulla guancia e allora Lovino si passava la mano sulla guancia, dicendogli che dopo quel gesto, il bacio non c'era più. Feliciano si imbronciava e si sporgeva a lasciargliene un altro e finché Lovino non smetteva di pulirsi, il gioco andava avanti. Vinceva sempre Feliciano alla fine e, forse, Lovino lo faceva apposta per farsi dare altri baci, anche se non lo avrebbe mai ammesso.
Si guardò allo specchio una volta finito di prepararsi e sbuffò guardando il ciuffo ribelle che si arricciava verso l'alto, sfidando ogni legge fisica.
Provò come tutte le volte che si preparava per uscire a pettinarlo all'indietro, a bagnarlo per farlo abbassare ma nulla. Il ciuffo vinceva sempre.
"Un giorno vincerò" pensava ogni volta. Quel giorno doveva ancora arrivare da quando era nato.
Appena entrò in cucina, Feliciano scattò in piedi sulle ginocchia, indicando la tazzina accanto a sé « Il caffè! Zuccherato come lo vuoi tu! »
Il nonno non poté fare a meno di sorridere sotto i baffi da dietro il giornale che stava leggendo e Lovino sorrise appena « Grazie… » mormorò prendendo la tazzina e girando il cucchiaino.
« L'ho già girato io! »
« Vero, e forse con troppa enfasi » rise il nonno accennando alle gocce di caffè sul tavolo.
« Vee » mugolò Feliciano, imbarazzato e guardando curioso il fratello.
Lovino dovette trattenersi per non fare una smorfia. Era troppo dolce rispetto a come lo prendeva di solito ma sapeva che il fratello ci sarebbe rimasto male nel caso avesse assunto un'espressione infastidita, motivo per cui si sforzò di non farlo.
« Buono ma la prossima volta lascialo zuccherare a me » disse finendo la tazza di caffè e osservando lo zucchero rimasto sul fondo « Mi godo appieno il caffè così! »
Feliciano annuì euforico « Va bene! » poi gli occhi nocciola del ragazzino si alzarono sull'orologio « Lovi sbrigati però, o farai tardi! »
Lovino sospirò guardando l'ora « Ho tempo Feli… »
« Devi andare un po' prima, è il tuo primo giorno! » esclamò allegro alzandosi e avvicinandosi al fratello « E poi devi andare a salutare il mare » sussurrò per non farsi sentire dal nonno.
Lovino sussultò appena e lo guardò mentre il sorriso sul volto del fratello non vacillava minimamente « Tu come…? »
« Ehehe segreto! In bocca al lupo per oggi fratellone! » il suo sorriso sembrava ampliarsi una volta, benché impossibile.
Lovino uscì velocemente di casa, non prima di aver salutato il nonno e il fratellino eccitato per il primo giorno di medie. Le strade viste la mattina erano diverse da quelle del primo pomeriggio, orario in cui solitamente si svegliava Lovino durante le vacanze.
La strada che prese quella mattina non era la più veloce per raggiungere la sua scuola, ma non gli importava, quella mattina, come tutte le mattine del primo giorno di scuola da quando ci andava da solo, aveva un appuntamento.
Quando sentì in lontananza lo scrosciare delle onde non poté fare a meno di sorridere e camminare più veloce, finché non si ritrovò a correre fino alla spiaggia. Nemmeno lo decideva, era più forte di lui la voglia di vedere il mare.
Ansimando per la corsa si fermò davanti vicino alla riva, piegandosi in avanti stanco. Osservò l'orologio al polso e gettò la cartella a terra, sedendosi sui sassolini della spiaggia.
« Ciao » disse divertito rivolto alla schiuma del mare che sembrava volersi spingere verso di lui ad ogni onda, ma si ritirava spaventata forse dalla troppa distanza da percorrere « Inizia la scuola » continuò poi, sfiorando la superficie su cui sedeva, quasi come una carezza « Vuol dire che potrò stare qui meno tempo… Non scappare eh, torno l'estate prossima » sorrise godendosi la leggera brezza marina che si alzava dal mare e si spingeva leggera tra i suoi capelli, scostandoglieli dal viso.
Il mare quella mattina sembrava agitato. Non mosso da tempesta o da vento, agitato. Nel vero senso della parola. Sembrava fremere per qualcosa, spingeva dolci onde verso la spiaggia, pochi secondi tra un'onda e un'altra ma non incuteva timore.
« Ti piace il mare? »
Lovino sussultò voltandosi verso la voce, rimanendo stupito nel trovarsi accanto un ragazzo alto, dai capelli castani disordinati come il mare in quel momento e due grandi occhi verdi che lo osservavano, mentre le labbra piene erano piegate in un sorriso.
Da quanto tempo era lì?
Non si era nemmeno accorto del suo arrivo!
Lo aveva forse sentito parlare da solo?! Cioè, lui non stava parlando da solo, parlava col mare, ma era sicuro nessuno lo avrebbe mai capito e lo avrebbero preso per pazzo se solo avessero saputo.
« Come scusa? » mormorò percorrendolo con lo sguardo, la fronte corrugata, pensieroso.
Lo sconosciuto sorrise dolcemente, voltandosi ad osservare il mare « Chiedevo se ti piace il mare, ho visto che vieni qui spesso… »
La confusione sul viso di Lovino si trasformò per qualche secondo in sorpresa. Lui non aveva mai visto quel ragazzo, come poteva sapere che andava spesso lì?
« Tra poco dovremmo andare a scuola però » sbuffò stiracchiandosi « Una noia… Il tuo primo anno giusto? »
Lovino assottigliò lo sguardo, quel ragazzo si stava prendendo troppa confidenza « Scusa tanto ma chi cazzo ti conosce? »
La risata del moro risuonò nell'aria e un brivido percorse la schiena di Lovino. Non perché come suono ci assomigliasse ma la sua risata gli fece pensare immediatamente alle onde che increspavano il mare. Scrollò il capo, probabilmente era solo perché erano vicini all'acqua.
« Vuoi forse dirmi che non parli mai con gli sconosciuti? Però possiamo rimediare » si chinò verso di lui e gli porse la mano « Piacere, mi chiamo Antonio »
Lovino lo osservò diffidente, poi sbuffando tornò ad osservare il mare « Il piacere è tutto tuo »
Antonio sorrise divertito, scrollando il capo « Un giorno sarai tu a presentarti a me » mormorò, più a sé stesso che a lui.
« Come scusa? »
« Niente! Allora Lovino, vogliamo andare a scuola? Faremo tardi al tuo primo giorno! » sorrise dandogli le spalle e incamminandosi, sistemandosi la borsa a tracolla.
Lovino sussultò e si voltò a guardarlo, sorpreso « Come diamine sai il mio nome?? »
Il moro si voltò, continuando a camminare all'indietro per guardarlo « Conosco più cose su di te io che te Lovino! Ci vediamo in classe! » e corse via, diretto probabilmente alla sua scuola.

Lovino sbatté le palpebre un paio di volte, poi guardò il mare che sembrava voler esprimere gioia, con tutta quella schiuma sulla cresta delle onde.
Chi diavolo era? 



 





Buonsalve! ^^
E come preannunciato ecco Lovino! ^^
E Antonio. Ma Antonio già c'era, concentriamoci su Lovino e sul suo primo giorno di scuola! (a nessuno interessa del suo primo giorno di scuola, nemmeno a Lovino.)
Vi sta confondendo le ideee? :D 
Spero di sì, dato che lo scopo è proprio quello di confondere le idee a chi legge ehehe!
Grazie mille a chi ha recensito o messo la storia nelle seguite, mi fa tanto piacere <3
Spero che la storia non deluda le vostre aspettative!
Un bacione
§Cocol

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


Capitolo III
Italia, II^ metà del XIV secolo


 

Chiara chiuse stancamente gli occhi ambrati, concentrandosi sul suo respiro affannato per via dello sforzo di rimanere sveglia.
Lo sapeva che molto probabilmente non avrebbe superato la notte, il Signore la stava chiamando a sé.
Non le importava tuttavia. La sua vita l'aveva vissuta felicemente e non rimpiangeva nulla.
Aveva sempre aiutato suo marito nei lavori benché non mancasse mai di lamentarsi e tali lavori avevano sempre permesso loro di non farsi mai mancare il pane. Sorrise appena nel ricordare quanto aveva odiato Raul quando i suoi genitori le avevano detto che sarebbe stata data in sposa al figlio di quei mercanti provenienti dalla Spagna.
Sapeva che presto o tardi quel momento sarebbe arrivato ma sperava sarebbe arrivato il più tardi possibile. Invece Raul la volle presto in sposa.
La prima volta che lo dovette incontrare non ne era entusiasta.
I suoi genitori l'avevano mandata alla bottega dove Raul aiutava i suoi genitori, ma quella mattina il ragazzo non c'era. Così, infastidita dalla maleducazione del ragazzo, Chiara se ne era andata. Insomma, mica aveva proposto lei di incontrarsi, era stato lui a volerlo!
Poi un ragazzo dai capelli castani e gli occhi verdi le era corso dietro, chiedendole di fermarsi e Chiara, incuriosita, lo assecondò.

« Chi-ara? » domandò, la voce spezzata per la corsa che aveva fatto per raggiungerla. Era piegato in avanti, il capo chino e Chiara non lo riuscì a vedere in volto.
« Sì, sono io » disse posando le mani sui fianchi. I suoi genitori l'avevano sempre sgridata per quella posa che mostrava ostilità. Dicevano che in quel modo non avrebbe mai trovato un marito.
Il ragazzo sorrise e si mise dritto, mostrando il suo volto e Chiara perse un battito. Non seppe bene se per la lunga cicatrice che percorreva il suo occhio destro o per bellezza di quel viso, nonostante la appena citata cicatrice. Il ragazzo sorrideva, una mano dietro la schiena e l'altra a levarsi le ciocche di capelli dal volto, tirandoli indietro. Aveva lunghi capelli mori, legati da un nastro in una coda e la pelle abbronzata si intonava benissimo col colore dell'occhio sinistro. Il destro rimaneva chiuso ma non era la cicatrice ad attirare l'attenzione della ragazza. Quel volto… Era bellissimo. Era come se fosse un angelo mandato sulla Terra dal Signore.
« Per fortuna sono riuscito a raggiungerti » sorrise, portando anche l'altra mano dietro la schiena « Sono Raul, il… »
« Il mio futuro marito » terminò Chiara, senza nascondere una nota acida nella voce.
« Il ragazzo innamorato di te penso che renda meglio l'idea »
Chiara lo guardò con diffidenza, alzando un sopracciglio « Il risultato è lo stesso, sempre tua sposa sarò »
« Solo se lo vorrai » ribatté Raul, facendosi serio « Ho chiesto la tua mano ai tuoi genitori ma voglio che sia tu a decidere di sposarmi Chiara » la ragazza lo ascoltava confusa « Ho intenzione di farti innamorare di me e se non ci riuscirò entro un anno, sparirò da questo villaggio. »
Chiara era sempre più confusa « …Sparirai? »
« Sì, inscenerò la mia morte, così non dovrai sposarmi senza venire ricoperta di vergogna perché io avrei rinunciato alla tua mano »
La castana sembrava colpita « …Questo è interessante »
Effettivamente, era interessante davvero. Avrebbe solo dovuto superare le sue avance per un anno e poi sarebbe stata libera per ancora un po' dal vincolo del matrimonio. Non che non volesse sposarsi, anzi, ma l'idea di sposare un uomo che non amava la spaventava.
Raul le sorrise ma lei cercò di ignorare il rossore sulle sue gote per via di quel gesto. Era un sorriso dolce, diverso da quello che dovrebbero scambiarsi due sconosciuti.
« Co… - si schiarì la voce - Comunque se il tuo scopo è quello di farmi innamorare di te, hai iniziato male »
Il sorriso sul volto di Raul vacillò per qualche secondo, poi chiese il perché e Chiara incrociò le braccia « Avevi chiesto di incontrarci e io sono andata alla bottega ma tu non c'eri. »
Il sorriso di Raul si fece se possibile ancora più ampio « Lo so ma prenderti una stella mi ha preso più tempo del previsto »
« Prendermi una… stella? »
Raul portò davanti le mani, mostrando una grossa stella marina, di colore rosso, che fece sussultare Chiara per la sorpresa « Una… Stella? » mormorò.
« Una stella marina » la corresse lui « Ti piace il mare, no? Questa è per te » sorrise prendendole le mani e mettendole la stella tra di esse.
Chiara guardò la stella meravigliata. Non ne aveva mai vista una. Un particolare però la fece tornare sospettosa « Come fai a sapere che mi piace il mare? »
Chiara non viveva in un villaggio sul mare, tuttavia vi era passata un paio di volte durante degli spostamenti che la sua famiglia aveva dovuto compiere e si era innamorata di quella distesa d'acqua azzurra, scossa da onde.
« So molte più cose di quanto pensi Chiara » allungò una mano e si permise di sistemarle una ciocca di capelli dietro l'orecchio, cosa che la fece diventare paonazza « Come so che sei bellissima e hai un cuore d'oro… »
Chiara lo guardò indecisa se insultarlo o rimanere lusingata dalle parole di quel ragazzo che aveva visto qualche volta in giro per il villaggio senza conoscerne nemmeno il nome.
« Tu devi essere un idiota, non è così? »
« Un idiota innamorato da secoli » sorrise lui.

Concentrò la propria mente sulla mano che teneva la sua e la strinse piano, venendo ricambiata. Raul non l'avrebbe lasciata sola fino alla fine.
L'uomo passò lentamente il pollice sul dorso della mano pallida rispetto al colorito naturale della donna.
« Ehi… » mormorò piano, mentre Chiara apriva lentamente gli occhi.
La donna voltò il capo verso di lui « Ehi… » mormorò a sua volta, richiudendo gli occhi per pochi secondi. Poi li riaprì, osservando il volto di Raul.
« Come ti senti? » chiese l'uomo stringendole la mano fredda tra le mani e portandola alle labbra, dove lasciò un bacio con le labbra morbide. L'età su Raul sembrava scorrere più lentamente. Era sicuramente uomo ma aveva le labbra e la pelle ancora morbide come un bambino.
Chiara sorrise appena, ritirando la mano « Non approfittartene solo perché non ho la forza di tirarti una testata… » la mano si spostò sul suo volto, che sfiorò piano con dolci carezze. Percorse la guancia, risalendo poi fino alle tempia che sfiorò con la punta delle dita.
« Devi spiegarmi come hai fatto a rimanere così… Bello, anche dopo tutti questi anni… » mormorò, la voce roca per la stanchezza di rimanere sveglia. Le dita si spostarono tra i capelli brizzolati, tastandone la morbidezza. Avere capelli simili era raro. Raul sorrise dolcemente, seguendo il suo esempio e sfiorandole la guancia col dorso della mano « Anche tu sei ancora bellissima, mi vida… »
« Ti ho già detto di non usare quella strana lingua… »
La mano di Chiara si spostò lungo la cicatrice che sfiorò piano, scendendo poi sulle labbra che toccava appena, quasi come se avesse paura di spezzarle.
Raul lasciò un bacio sulle sue dita, poi le riprese la mano stringendogliela e si chinò su di lei, baciandole la fronte « Potresti lasciarti baciare ora, non credi? »
Chiara chiuse gli occhi, godendosi quel contatto caldo sulla sua fronte « Odori di mare Raul… »
« Lo so… Me lo dici sempre »
« Perché sei un idiota e se non te lo ripeto te lo dimentichi »
La risata calda di Raul le fece aprire gli occhi e sorrise, contagiata « Vedi? Idiota, cos'hai da ridere… »
« Ti amo, lo sai? » mormorò l'uomo sfiorandole quel ciuffo ribelle che non era mai riuscita a domare.
« Resterai con me fino alla fine? » la sua domanda era quasi una preghiera mentre gli occhi ambrati si posavano su di lui.
« Resterò con te per sempre »
« Allora ti aspetto dove il Signore mi porterà… »
Raul sorrise ma non rispose e Chiara riprese « Mi porti la mia stella? »
L'uomo la guardò qualche secondo, poi riluttante le lasciò la mano, alzandosi e sparendo dal campo visivo della donna. Quando tornò, le porse la sua stella marina, che Raul le regalò al loro primo incontro.
« Sai, quando mi hai detto una stella pensavo ti riferissi a quelle nel cielo e ho pensato fossi pazzo »
« Il cielo non è il mio regno, mi amor »
Chiara chiuse gli occhi, stringendo con quella poca forza che aveva la stella al petto « Lo so, lo so, il tuo regno è il mare… »
« Un giorno mi crederai » ridacchiò Raul.
« Non credo ci saranno altri giorni, Raul… »
« Abbiamo tutti i giorni del mondo Chiara. Non dimenticare che starò al tuo fianco per sempre »
Quelle parole, benché dettate forse dall'enorme dolcezza che quell'uomo le aveva donato sin dal primo incontro, ebbero il potere di farla sorridere. Le piaceva crederlo.
« Voglio che mi dai la mano Raul… » gli occhi ambrati di Chiara si chiusero e Raul ebbe il presentimento che quella sarebbe stata l'ultima volta che li avrebbe visti.
Le strinse la mano, con dolcezza ma non debolmente. Lui era lì, con lei, e ci sarebbe stato fino all'ultimo. Chiara doveva sentirlo fino all'ultimo.
« Sai una cosa Raul? »
« Cosa? »
« Nonostante abbia ammesso di essermi innamorata di te, diventando tua sposa, ti ho detto davvero poche volte che cosa provo… »
« Non serve che tu me lo dica, amor, lo so… »
« Non è la stessa cosa Raul… - prese un respiro profondo e sussurrò, facendo ricorso a tutta la sua buona volontà - Ti amo Raul… Mi hai fatto passare una vita meravigliosa e sono grata che tu ti sia innamorato di una ragazza… difficile come me… »
Le sue labbra vennero zittite da quelle del marito « Shh… Sei una persona fantastica Chiara… »
Dato il suo pallore, il rossore sulle gote si fece ancora più evidente « Scemo… Sono stanca… »
Raul tornò a sfiorarle la mano col pollice mentre la vedeva respirare sempre più piano « Ti aspetto mi amor… Torna presto da me »
Furono le ultime parole che Chiara sentì.



 






Ed ecco anche il terzo capitolo! ^^
Allora? Che ve ne pare?
Dunque dunque, la storia vi sta confondendo?
Spero di sì, lo scopo è quello!
Fatemi sapere che ne pensate e se per caso capite cosa collega un capitolo all'altro, fatemelo sapere, è divertente leggere le opinioni altrui!
Un bacione
§Cocol

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Capitolo 4
*** Capitolo IV ***


Capitolo IV
Italia, I^ metà del XXI secolo


 

Si sedette sulla spiaggia, posando lo zaino pieno di libri al suo fianco e aprendo la lattina di Coca che aveva comprato al bar incontrato prima lungo la strada.
Osservò le onde riflettendo sul ragazzo che aveva incontrato in quel punto proprio un anno prima.
Fece oscillare la lattina e il suo contenuto, concentrandosi sul volo dei gabbiani che planavano verso il mare, risalendo poi con la preda tra le grinfie senza nemmeno scalfire la superfice dell'acqua.
Antonio Fernández Carriedo era uno dei suoi compagni di classe, ma il come facesse a conoscere già da prima delle presentazioni ufficiali il suo nome non glielo aveva mai rivelato.
Quando la mattina dell'anno precedente era entrato in classe, tutti i banchi erano occupati tranne quello di fianco a quel ragazzo dagli occhi verdi.
Antonio si era rivelato essere un ragazzo espansivo, cosa che innervosiva molto Lovino che, al contrario, era molto chiuso in sé stesso, ma col passare dei mesi Antonio riuscì a superare la difesa che Lovino si era creato intorno.
Gli stava sempre vicino, forse troppo per i suoi gusti, ma il ragazzo imparò presto a trovare piacevole la sua compagnia.
Finirono persino a studiare insieme e poi a uscire. La cosa che più sorprese Lovino era che Antonio era d'accordo a passare i pomeriggi anche invernali seduti sulla spiaggia a parlare e osservare il mare.
Antonio sembrava essere unito alla distesa d'acqua che aveva davanti, come Lovino.
« Il mare è felice di vederti qui »
Il ragazzo sussultò e voltò lo sguardo sul moro che, sorridendogli, si era seduto al suo fianco.
« Come fai a dirlo? » fece Lovino alzando un sopracciglio.
Antonio posò la borsa al suo fianco e si ravvivò i capelli passandoci una mano « Ah, io capisco il mare più di quanto possa fare ogni comune mortale! » sorrise « Aspetti da molto? »
« Certo che aspetto da molto, mai una volta che tu arrivi puntuale! »
« Ahaha, lo siento Lovinito! » incrociò le gambe, posando le mani sulle caviglie e sporgendosi un po' verso di lui « Ultimo giorno di vacanze eh? »
« Grazie al cielo sì, così ti vedrò meno! »
Antonio era stato rimandato a settembre, tuttavia aveva passato tutta l'estate in compagnia di Lovino, sempre in prossimità del mare.
Lovino era stato bene durante quelle giornate col moro ma non aveva la minima intenzione di ammetterlo. Per lui era strano trovare piacevole la compagnia di qualcuno, meno che mai di uno come Antonio!
« Ah, non te l'ho detto, sono stato promosso! Siamo ancora insieme! » rise Antonio dondolandosi un po' avanti e indietro, guardando il mare « Non sei felice? »
« Felicissimo »
Antonio sorrise e si fermò, guardandolo « Non mentirmi, so che lo sei »
Gli occhi ambrati di Lovino si posarono sul volto di Antonio e sbuffò « Almeno ho qualcuno che si prende la colpa se vengo beccato a parlare »
Antonio rise e Lovino si fermò ad ascoltarlo, estasiato. Non lo faceva apposta ma ogni volta che Antonio rideva collegava quel suono al rumore delle onde e la cosa lo rapiva.
In un anno passato insieme, Lovino era uscito spesso con Antonio e si era reso conto di quanto lo collegasse al mare. Per qualunque cosa trovava un paragone o un qualcosa che lo collegasse ad esso.
Diede la colpa a quello se continuava a pensarci.
Antonio parlava senza sosta del più e del meno, cercando di mantenere viva l'attenzione di Lovino su di lui, riuscendoci.
« Ed è già passato un anno da quando ci siamo incontrati qui! »
Lovino sussultò a quella frase, ricordandosi improvvisamente di quella domanda che lo tormentava da ben un anno e a cui ancora non era riuscito a darsi una risposta.
« Già e ora me lo vuoi dire come cazzo facevi a sapere già il mio nome? »
« Se te lo dicessi non mi crederesti »sorrise enigmatico Antonio e Lovino perse qualche secondo prima di concentrarsi sulla frase e non sul suo sorriso.
« Cazzo se ne frega, dimmi come facevi »
Antonio si grattò il mento e sorrise « Va bene, io te lo dico, tanto non mi crederai »
Lovino raccolse le gambe, osservandolo « Aspetto »
« La verità è che ti tengo d'occhio da quando sei al mondo »
L'espressione vagamente confusa di Lovino fece scoppiare a ridere Antonio, che spostò le mani a tenersi il ventre per le troppe risa « Ahahah, te l'avevo detto che non mi avresti creduto! »
« Da quando sono al mondo?! Ma che cazzo dici?! »
« Ahahah visto? Non mi crederai mai Lovi, sei troppo chiuso mentalmente! »
« TU sei chiuso mentalmente brutto bastardo! » sbottò Lovino, offeso che un idiota come Antonio gli avesse detto una cosa del genere « E come cazzo avresti fatto, sentiamo! Non sei molto più grande di me, un fottuto mese! »
« Lovinito, io ti guardavo da là » sorrise indicando il mare.
Dopo alcuni secondi di silenzio dove Lovino alternò lo sguardo tra il mare e Antonio, l'italiano ripeté « Dal mare »
Inutile far notare che non ci credesse. Il moro sorrise e si alzò « Sì, dal mare, ma non mi crederai nemmeno se ti spiego come »
« Provaci »
Lovino era abbastanza scettico al riguardo ma la curiosità era maggiore. Antonio era bravo a inventarsi storie e Lovino si divertiva ad ascoltarlo sproloquiare. Era già capitato che Antonio si inventasse storie ambientate in tempi passati, come se lui le avesse vissute. Rubava l'attenzione dei loro compagni, dei professori e anche la sua.
« Okay » fece divertito, facendolo tornare a concentrarsi sul presente « Io te lo dico »
« Vai »
Lovino teneva lo sguardo alzato su di lui, le gambe raccolte al petto, pronto ad ascoltarlo. Entrambi rimasero in silenzio per qualche minuto e Lovino era sicuro Antonio si stesse inventando una storia da raccontargli sul come facesse a tenerlo d'occhio da quando era nato e dal mare.
« Penso ti farò un riassunto del riassunto Lovi » ridacchiò.
« Fa quello che vuoi, sono curioso di vedere che balle ti inventi! »
Antonio tornò a sedersi velocemente, sporgendosi su di lui « Io non ti mentirei mai Lovi, te l'ho già detto troppe volte! »
Gli occhi verdi di Antonio puntati nei suoi lo fecero rabbrividire e cercò di non abbassare lo sguardo « Non… Non me l'hai mai detto… » mormorò, cercando di non sembrare troppo rapito.
Il sorriso di Antonio non lo aiutò di certo e il sentire il suo respiro caldo così vicino lo fece sentire strano per qualche secondo.
« Non sai quante volte invece te l'ho già detto »
Gli sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio e si risedette, ignorando lo sguardo confuso di Lovino.
« Beh, per spiegarti tutto ci vorrebbe del tempo, ma se devo farti un riassunto di come io abbia fatto a tenerti d'occhio da quando sei al mondo… Direi che basta dirti il mio vero nome »
Lovino aggrottò la fronte « Ah, adesso non ti chiami Antonio? »
Il suo compagno sorrise e scrollò il capo « Antonio è il nome che uso ora »
« …Sei un agente segreto russo? »
Lovino lo guardava divertito e Antonio scrollò nuovamente il capo, ridendo « No, non sono un agente segreto russo » rispose con accento russo nel pronunciare le ultime tre parole.
« E allora? »
« Sono un dio greco »
A quel punto Lovino si voltò nuovamente a osservarlo, sicuro che Antonio avrebbe iniziato a ridere per la scemenza detta, ma così non fece. Sorrideva ma non perché divertito. Era serio.
« Un dio greco » ripeté Lovino, incrociando le braccia al petto.
Antonio annuì « Un dio greco »
« E io sono Romolo, fondatore di Roma »
« Sei più carino di Romolo, fidati! »
« …Certo. E sentiamo, che dio saresti? »
« Poseidone » e indicò il mare « Dio degli oceani! »
« So chi è Poseidone »
« Oh, mi conosci! » scoppiò a ridere Antonio, fingendosi lusingato « Che bello, allora non devo neanche spiegarti qualche mito su di me che già li conosci! »
Lovino lo ignorò e rimase un po' in silenzio. Poi, seccato, disse « Quindi sei Poseidone »
« Sì »
« E quindi saresti tipo immortale? »
« Sì »
« Ma ora sei qui con me, come se fossi un ragazzo normale »
« Sì »
« E sei qui perché mi guardavi da quando sono nato? »
« Sì, esatto! »
« Quindi sei uno stalker »
« S-NO! Non sono uno stalker! Cioè, sì, ti guardavo ma… Il motivo è… Ancora più difficile da credere ecco » ridacchiò « Non credo questo lo saprai mai »
« Perché tu pensi che io possa credere a questa storia? »
« Sì! » Antonio si sporse verso di lui « Non hai mai pensato al mare stando in mia compagnia? »
Il sorriso sicuro sulle labbra di Antonio, Poseidone, come-cazzo-si-chiamava fece innervosire Lovino. Specie perché sì, lo aveva fatto, ma lui come lo sapeva?!
« Ascoltandomi ridere, guardando i miei capelli, il mio viso, i miei occhi… »
« Il mare non è verde. »
« Touché! Ma non hai smentito il resto »
« Perché ammesso e non concesso che l'avessi fatto - cosa che NON ho fatto! - la tua storiella è troppo assurda per poterci credere! »
« Ma è così… » Antonio si voltò a guardare il mare « Credi che te lo possa provare? »
« E come, con uno tsunami improvviso? No grazie, grande Poseidone » fece Lovino scettico, volgendo anche lui lo sguardo al mare.
« Mh… » il ragazzo sembrava riflettere « Ti dirò qualcosa che i comuni mortali non sanno su noi dei! » disse alla fine, convinto della sua grande idea
« Fa come credi »
« Posso dirti tutto! Come… » Antonio sentiva lo sguardo di Lovino su di lui mentre rifletteva « Ah! Io, Zeus e Ade non siamo fratelli! »
« OH ANDIAMO » sbottò Lovino « Ora per secoli i greci non hanno capito un cazzo?! »
« Beh… Hanno capito male… » pigolò Antonio « Eravamo uniti come fratelli, non come se davvero fossimo fratelli… »
« Zeus e Poseidone avevano litigato con Ade » disse Lovino, ignorando l' "io" detto da Antonio a sentire il nome Poseidone.
« Nah, abbiamo fatto pace secoli e secoli fa! Praticamente quando ha iniziato a girare la voce della nostra lite noi avevamo già fatto pace! »
« Ma ti prego »
« E… Zeus ha una voglia a forma di rosa proprio qui! » esclamò alzando un po' la maglia e abbassando i jeans quanto bastasse per far vedere il bassoventre.
Lovino cercò di capire se ad Antonio mancasse seriamente qualche rotella, se si fosse fatto di qualcosa o se semplicemente lo stava prendendo per i fondelli. Doveva ammettere però che aveva fantasia.
« Sì, certo »
« Non mi credi? »
« Sono un comune mortale, non le so certe cose »
Antonio sorrise e si sporse verso di lui « No, non sei un comune mortale Lovi… Sei molto di più… » sussurrò prima di posare le labbra sulle sue.
Lovino spalancò gli occhi sorpreso ma non volle allontanarsi. Quel contatto aveva un che di nostalgico, come se lo avesse già provato in passato e lo avesse atteso per anni. Socchiuse gli occhi, osservando il ragazzo davanti a lui che lo baciava lentamente, con estrema dolcezza e in quel momento, che fosse Antonio o Poseidone, non gli importava…
Voleva solo ricambiare quel bacio…



 






Quarto capitolo online! ^^
E qui Antonio dice di essere Poseidone :3
I casi sono tre: o dice la verità, o prende in giro Lovino, o si è bevuto troppa acqua di mare <3
Voi che pensate? ^^
E Tonio non perde tempo con Lovi *-*
Non shono dolcioshi? <3
'Mori. Li voglio.
Fatemi sapere che ne pensate, 
Un bacione
§Cocol

P.s. Se volete fare domande a questi pg della mia ff fatele pure qui --> e con qui intendevo QUI

 

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Capitolo 5
*** Capitolo V ***


Capitolo V
America, II^ metà del XIX secolo

 


Lo sguardo ambrato del ragazzo controllava curioso i vari anelli nella vetrina, mordicchiandosi il labbro, indeciso.
«Deve tenerci molto se è così indeciso, solitamente gli uomini che vengono qui per comprare un anello alla propria donna lo scelgono velocemente o chiedono aiuto a noi» ridacchiò la commessa della gioielleria, seguendo lo sguardo del ragazzo tra i vari anelli.
«Voglio chiederle di sposarmi» mormorò concentrandosi su un anello con una grande pietra verde «Sto cercando l'anello perfetto per lei»
La donna sorrise «La sua fidanzata allora deve essere molto fortunata, sembra molto innamorato»
Il ragazzo biondo sussultò e nascose il viso nella sciarpa, per impedire al rossore di essere in bella vista «Se voglio chiederle di sposarmi non è certo per gioco…» borbottò, stringendo le mani nella tasca a disagio.
«Assolutamente, non era quello che intendevo! Sa, molti che vengono qui scelgono in base al prezzo o alla pietra più grossa, se può esserle utile. Molte donne amano vantarsi! »
«Non Isa…» borbottò osservando intensamente un anello davanti a lui «Lei non bada a certe cose… Le basterebbe che le chiedessi di sposarmi anche senza anello, ne sono sicuro. Sono io che ci tengo, sono molto legato alle tradizioni e voglio che sia tutto perfetto»
La giovane commessa gli sorrise, sporgendosi un po’ verso di lui, interessata da quel giovane ragazzo biondo «Immagino quindi che la porterà a cena fuori, magari in un bel localino, con un mazzo di rose rosse e il suo miglior vestito!»
«Sbaglia, glielo chiederò sì stasera a cena, ma a casa sua, senza vestiti troppo eleganti o mazzi di rose, non voglio che se lo aspetti»
«Sono sicura che accetterà la vostra proposta» gli sorrise tornando al suo posto «Sembrate un ottimo amante signore» aggiunse facendo arrossire nuovamente il ragazzo. Poi indicò sue anelli diversi «Preferisce un anello semplice o con pietra? »
«Non lo so… Cercavo qualcosa che mi ricordasse lei…»
«Magari una pietra col suo colore di occhi!» propose la donna.
Il biondo sorrise appena, scrollando il capo «Non esiste pietra che riprenda quel colore…»
«Questa Isa è molto fortunata ad aver trovato un uomo romantico come lei, signore…»
Il ragazzo si fermò di colpo davanti ad una fila di anelli, sbattendo gli occhi incredulo, senza nemmeno sentire la voce della commessa. Il terzo anello dal basso era quello perfetto.
Un semplice anellino argentato, sottile, con una piccola pietra azzurra e due brillantini bianchi agli angoli superiori.
"Mare!" pensò subito sorridendo, osservando il colore della pietra e i due brillantini bianchi che sembravano schiuma ai suoi occhi.
E il prezzo non era per nulla eccessivo, non avrebbe dovuto far fondo a tutti i suoi miseri risparmi!
«Sembra che abbia trovato qualcosa, sbaglio?» sorrise la commessa dolcemente.
«Sì, è lui!» fece euforico, indicandolo «Senza ombra di dubbio! »
La commessa non riuscì a non ridacchiare alla sua faccia felice e prese l'anello «Senza ripensamenti? »
«Nessuno! »
Dovette trattenersi per non ridacchiare di nuovo «Un’incisione? »
Il ragazzo si bloccò. Non aveva pensato ad una cosa del genere «Un’incisione…» mormorò tra sé e sé.
La commessa sorrise annuendo «Ci pensi e la scriva qui, io mi occupo un attimo della cliente appena entrata! »
Lui annuì e osservò il foglio bianco, prendendo la penna in mano, concentrato.
Doveva essere qualcosa di semplice ma sentito… Oppure qualcosa di elaborato?
Si morse il labbro più forte, picchiettando la penna sull'asse di legno che era sopra la vetrina e alzò lo sguardo sull'anello.
Sorrise appena. Per una cosa del genere, Isabella gli sarebbe saltato addosso e l'avrebbe ricoperto di baci.
E doveva ammetterlo, non gli dava così fastidio quando lo faceva.
Strinse la penna tra le dita e scrisse, ordinato, la frase da incidere sull'anello.

"Ti amo ~ Fabiano"



Strinse la scatolina tra le dita, facendo un respiro profondo. Si era dato appuntamento con Isabella nella piazza vicino al negozio dove lavorava, per accompagnarla a casa e aiutarla a cucinare, ma era arrivato in anticipo per l'agitazione ed era così costretto ad attenderla, impaziente.
Il viso nascosto nella sciarpa, le ciocche bionde che ricadevano verso il basso tranne l'odioso ciuffo che non era mai riuscito a dominare, la mente immersa nei ricordi della prima volta che aveva incontrato la sua donna.
Fabiano era emigrato dall'Italia verso l'America circa sei anni prima, quando aveva 17 anni. Era terribilmente arrabbiato con tutti di dover lasciare la sua amata terra natale. C'erano solo due lati positivi di quel viaggio.
Il primo era la vicinanza col mare, nonostante il viaggio pessimo. Passava le giornate sul ponte, godendosi la brezza marina e cercando di non rimettere, per via del mare troppo agitato, il disgustoso e povero pasto che aveva avuto.
Più volte la gente gli aveva chiesto cosa guardasse nell'orizzonte vuoto ma solo perché non capivano che non era vuoto! C'era il mare, l'immensa distesa d'acqua che amava.
Il secondo motivo per cui era valsa la pena di fare un viaggio così lungo e scomodo era una ragazza dai lunghi capelli castani e il sorriso sempre sulle labbra.
Isabella viaggiava verso l'America coi suoi genitori e anche lei passava le giornate sul ponte a godersi il mare. Era lei che si era avvicinata a lui, Fabiano era troppo nervoso per fare come suo solito e provarci con lei. Troppo bella per riservarle lo stesso trattamento che riservava alle altre donne con cui era stato.
Una volta sbarcati e accettati in America, si ritrovarono a vivere vicini e iniziarono a frequentarsi.
Fabiano era sempre stato un Don Giovanni ma con Isabella non aveva mai avuto bisogno di farlo. Anzi, quella ragazza riusciva pure a metterlo in imbarazzo col suo carattere espansivo.
I continui baci, le continue carezze a cui non era abituato, le labbra di Isabella che pronunciavano sempre parole dolci per lui…
Era sicuro di volerla in moglie.
Niente glielo avrebbe impedito.







Tranne quel proiettile.





Un ragazzo corse davanti a lui.
Uno sparo. Una donna che urlava mentre il ragazzo continuava a correre terrorizzato.
La gente che si gettava a terra per nascondersi.
Fabiano non ne ebbe il tempo.
Sentì un dolore lancinante al petto e abbassò lo sguardo in tempo per vedere un fiore cremisi sbocciare sulla camicia candida.
In pochi secondi era per terra.
«Gli hanno sparato! »
«Un dottore! »
Fabiano non vedeva né sentiva nulla, c'era solo la scatolina davanti al suo viso posato sulla strada.
Aveva sempre sentito che chi moriva vedeva scorrere la sua vita davanti agli occhi. Quando li chiuse si aspettava quello ma non accadde.
Senti qualcosa che gli sollevava il capo e veniva poi posato su una superfice più morbida. Qualcuno gli stava passando le dita tra i capelli, carezzandolo.
Aprì lentamente gli occhi e osservò la ragazza che gli stava sorridendo «I-Isabella…» mormorò ma sentì muoversi solo le labbra.
Lei sorrise tristemente e si chinò a baciargli la fronte «Non mi abituerò mai a questa cosa…» mormorò, la voce scossa da un fremito.
Fabiano la guardò «Che… Che succede? Non stavo… morendo? »
«Sì…»
Isabella continuò a carezzargli il capo, dolcemente, tenendogli la testa sulle sue gambe.
«Sono… stato salvato? »
Scrollò il capo «No mi amor… Stai morendo…»
Fabiano piegò la testa di lato, per vedere se la scatolina era ancora vicino a lui ma si trovavano entrambi nel nulla, il nero più assoluto.
«Cerchi l'anello? »
«Tu… Come fai a sapere dell'anello? »
Isabella sorrise appena, mostrando la mano «Mi sono permessa di prenderlo»
«Era per te…»
«Lo so, non era il tuo genere…» ridacchiò mentre si chinava a lasciargli un secondo bacio «Mi piace molto, mi amor…»
«Volevo… Chiederti di sposarmi…»
Isabella sussultò appena mordendosi poi il labbro, gli occhi un po' lucidi «Da… Davvero? »
«Sì… Ma ormai… Non serve più, giusto? »
«Hai dei secoli per chiedermelo Fabiano…»
«Hai detto che sto morendo»
«Fidati di me»
Fabiano alzò lo sguardo su di lei e sollevò una mano ad asciugarle una lacrima «Non piangere…»
«Non voglio aspettare ancora… Non voglio aspettare altri anni… Chiedimelo mi amor… Por favor, chiedimelo…» sussurrò tenendogli la mano sulla sua guancia.
Fabiano le carezzò il viso «Isabella… Sai bene che non sono bravo in queste cose e non mi riesco ad esprimere facilmente come te… Tuttavia volevo chiederti… Se potessi continuare a vivere, diventeresti mia moglie? »
Isabella sorrise e si chinò a baciarlo, lentamente «Sì… Ogni volta che me lo chiederai mi amor… Passato, presente e futuro…»
Fabiano abbassò la mano e chiuse gli occhi mentre Isabella si allontanava dalle sue labbra «Ti prego… Non farmi aspettare troppo…»


 






Nuovo capitolo! ^^
Vi è per caso mancata questa fiction? :3
Bene bene, cosa succede qui? Succede che Fabiano non è proprio fortunato a quanto pare :/
Povera Isabella, stava per ricevere una richiesta di matrimonio invece ha avuto il suo amore a morirgli tra le braccia ç.ç
Picciola.
Questo capitolo vi ha fatto nascere nuovi dubbi? ^^
Nuove teorie? ^^
Ha rafforzato quelle che già avevate? ^^
Fino ad ora abbiamo incontrato Lovino e Antonio, Elena e Antonio, Chiara e Raul, Fabiano e Isabella uwu Sono collegati in qualche modo? ^^
Fatemi sapere le vostre ipotesi <3
Un bacione
§Cocol



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Capitolo 6
*** Capitolo VI ***


Capitolo VI
Italia, I^ metà del XXI secolo

 

«Sono stufo di essere preso in giro Lovino, vuoi dirmi dove diamine vai tutte le sere?! Hai cominciato a comportarti stranamente da quando eri in seconda superiore! Quest'anno hai la maturità Lovino, non credi di dover dimostrare di averne?!”
Lovino cercò di nascondersi nelle spalle, le chiavi di casa ancora in mano, la porta ancora aperta.
Suo fratello guardava la scena preoccupato, dal corridoio, in pigiama.
Suo nonno lo aveva nuovamente aspettato in piedi, quella notte, una delle tante in cui rientrava tardi.
Suo nonno non aveva tutti i torti ad essere arrabbiato, erano anni che Lovino usciva la sera e tornava verso l'una o le due. Notti che passava in compagnia del suo fidanzato, Antonio.
C'era solo un problema in quelle serate.
Romolo Vargas non sapeva dell'esistenza di questo fantomatico fidanzato.
Lovino aveva sempre evitato di rivelargli il suo stare con un ragazzo per paura della sua reazione e per questo motivo Antonio e Lovino potevano vivere il loro amore come voleva Antonio solo la sera, lontano da occhi indiscreti.
Romolo però era infastidito da un tale comportamento da parte del nipote.
«Credi che questa casa sia un albergo? Di poter rientrare quando più ti aggrada senza neanche una spiegazione? Rispondi Lovino, dove vai tutte le sere? Credo sia un mio diritto saper-»
«No» lo interruppe Lovino, spostando lo sguardo «Non te ne deve fregare niente, sono cose mie»
Feliciano sussultò. Suo nonno era bravo e buono, ma esigeva rispetto e il fatto di rispondergli in tale modo o interromperlo non gli andava a genio.
«No? Ti ho lasciato fare quello che volevi per tre anni, donandoti il beneficio del "è un adolescente in età di ribellione". Non sei più un adolescente, hai 19 anni. Pretendo un po' di maturità da parte tua Lovino»
Il ragazzo non gli rispose, né alzò lo sguardo.
«Guardami quando ti parlo.”
Lovino sbuffò e alzò il capo, gli occhi un po' più sottili, con uno sguardo di sfida «Ti sto guardando»
Feliciano si mordicchiò il labbro, avvicinandosi un po' alla scena, preoccupato.
«Che esempio credi di dare a tuo fratello in questo modo?!”
Lovino lo guardò male, spostando poi lo sguardo su Feliciano «Gli faccio vedere quali comportamenti non seguire, non va bene?”
«Smettila di fare del sarcasmo Lovino. Sappi che finché starai sotto il mio tetto dovrai seguire delle regole E NO, non mi interessa che sei maggiorenne. Sei sotto la mia responsabilità e se vai a drogarti tutte le sere o a uccidere barboni io DEVO saperlo»
«Cosa?! Non faccio niente del genere!”
«Per quanto ne posso sapere io sì. Quindi da domani mi darai le chiavi e avrai il coprifuoco alle dieci o non ti aprirò e dormirai fuori. Forse più avanti te lo allungherò, ma dovrai comunque sempre dirmi dove vai. Tutto chiaro?”
Lovino raggelò sul posto. Coprifuoco alle dieci?! E avrebbe… dovuto dirgli di Antonio? Boccheggiò un paio di volte, poi assottigliò lo sguardo e uscì velocemente di casa «Vai al diavolo, se questo vuol dire stare sotto il tuo stesso tetto preferisco dormire su una panchina!”
«Lovino!» Feliciano fece qualche passo avanti ma Romolo lo fermò per un braccio. Sembrava stanco e non per aver aspettato il nipote in piedi fino alle due.
«Feliciano… Tra qualche minuto lo andiamo a cercare, ora lasciamolo sbollire…» mormorò sedendosi sul divano. Guardò il nipote «Tu sai dove va?”
«…Sì…» ammise Feliciano, sedendosi vicino al nonno e sfiorandogli il braccio preoccupato.
«E perché non me lo vuole dire? Mi devo preoccupare?”
«No nonno… Lovi ha solo paura di cosa tu gli possa dire…»
 
 
Lovino smise di correre solo una volta raggiunta la spiaggia, ansimando. Era freddo essendo inverno, e non si vedeva ad un palmo dal naso se non per la flebile luce della luna alta nel cielo, spesso coperta dalle nuvole del maltempo.
Il vento che soffiava forte gli graffiava il viso, lanciandogli fitte alle guance per il freddo.
Il mare invernale sembrava agitato, nervoso, proprio come lui.
Si avvicinò alla distesa d'acqua, osservando le onde furiose che si frantumavano tra di loro.
Che serata di merda.
Prima la lite con Antonio, poi con suo nonno…
Si morse il labbro. E pensare che il problema per entrambi le lite era lo stesso…
Antonio aveva nuovamente insistito sul suo voler fare coming out come coppia. Aveva iniziato a parlargliene dolcemente, ma dopo le forse per una volta troppe rispostacce di Lovino, si era innervosito e gli aveva chiesto perché non volesse, se si vergognasse così tanto di lui.
Non era Antonio il problema, bensì la sua paura.
Paura che non aveva il coraggio né di affrontarla, né di confidarla a nessuno se non a suo fratello.
Gli aveva detto che sì, si vergognava di lui e aveva visto il corpo di Antonio sussultare a quell'affermazione.
 
«Siamo due uomini, è ovvio che me ne vergogni, bastardo! Non capisci lo sforzo che già faccio?!”
 
Erano bugie. Non faceva nessuno sforzo a stare con Antonio. Lo amava.
Il problema era il pensiero degli altri, i loro giudizi su di lui e su Antonio…
Dopo aver ferito Antonio si era alzato dal suo letto e se ne era andato, senza nemmeno salutarlo. Era corso a casa e si era ritrovato suo nonno pronto a fargli la predica.
Ed era scappato di nuovo.
Sospirò, nascondendo il viso nella sciarpa, il corpo scosso dai brividi mentre si avvicinava ancora al mare, incurante delle grosse onde.
Era stanco di scappare, voleva affrontare la sua paura, ma al tempo stesso non voleva deludere né Antonio, né suo nonno…
Non poteva avere la certezza di come avrebbe reagito suo nonno.
Magari lo avrebbe diseredato, scacciato di casa e usato come discorso per far vedere quanto la vita fosse ingiusta nei suoi confronti. Un nipote omosessuale, che scandalo.
La pioggia iniziava a bagnare la spiaggia e Lovino, aveva preso subito forza. Grosse gocce d'acqua cadevano dal cielo, spinte dal vento.
Sentì gli occhi pizzicare. Non… Non gli importava. L'avrebbe detto.
Suo nonno non avrebbe più potuto rinfacciargli di non prendersi le sue responsabilità.
Suo fratello non avrebbe più dovuto aiutarlo a rientrare di nascosto.
Antonio non avrebbe più dovuto sforzarsi di trattenersi… Troppo ecco.
Troppo preso dai suoi pensiero, Lovino non si accorse della grande onda che si abbatté su di lui, facendolo cadere in acqua e trascinandolo poi in mare.
La forza della corrente era troppo forte per sconfiggerla e tornare a riva, che si allontanava sempre di più e i vestiti bagnati gli impedivano ogni movimento, anzi, lo tiravano verso il basso.
Lovino annaspò chiamando aiuto, ma la sua voce veniva sovrastata dai rumori della tempesta e l'unica cosa che ne ricavò fu l'acqua salata nei suoi polmoni.
Non sapeva dire quanto era durato prima di arrendersi al mare ed essere trascinato verso il fondo.
I polmoni gli bruciavano, il naso gli bruciava, gli occhi gli bruciavano. Il corpo gli doleva per lo sforzo di rimanere a galla fatto fino a poco prima e la testa diventava via via più pesante.
Possibile che il mare che tanto amava sarebbe diventata la sua tomba?
Proprio quando aveva deciso di uscire allo scoperto con Antonio?
Forse… Non era destino…
Una voce calda gli avvolse la mente, donandogli una leggera sensazione di calore. Aprì gli occhi e vide una… una persona?
Era così…bella… Non riuscì a capire se fosse un uomo o una donna.
Non capì nemmeno come fece a capire che era bellissima, non ne vedeva le fattezze…
Però era… così familiare…
"Non ti lascerò morire nel mio regno…"
 
Lovino scattò seduto, spalancando gli occhi e prendendo grosse boccate d'aria. Dove… Dove si trovava?
Era…In casa sua?
Due braccia calde si avventarono su di lui, stringendolo in un dolce quanto preoccupato abbraccio «Lovinito, ti sei svegliato! Credevo di essere arrivato troppo tardi…» mormorò tenendolo a sé, mentre Lovino lo guardava ancora confuso «Mi spiace averti detto quelle cose, se io non mi fossi innervosito il mare non…»
«Antonio?» mormorò Lovino, provato «Mi… Mi hai salvato tu?”
Antonio sorrise dolcemente, allontanandosi e carezzandogli il viso «Il mio regno non sarà mai la causa della tua morte…»
«LOVINO»
Gli occhi ambrati del ragazzo si scontrarono con quelli stanchi del nonno che si era precipitato vicino a lui «Il Signore ha ascoltato le mie preghiere, stai bene!”
Doveva aver pianto.
«Lovino scusami, ho esagerato io probabilmente, non fare mai più una cosa del genere, io… Tu…»
«Nonno…»
Feliciano, spuntato dalla porta con una tazza di thè caldo, gliela porse, gli occhi lucidi «Ti ha portato a casa Antonio» spiegò, tirando su col naso «Ha detto che sei caduto in mare e che… Stavi annegando e…»
«Sto bene…» mormorò Lovino guardando Antonio, riflettendo di conseguenza sulla figura che aveva visto in mare. Possibile che fosse lui?
Antonio gli sorrise e lo invitò a bere il thè per scaldarsi.
«Una… Una cosa più importante prima…» mormorò, benché stesse congelando «Nonno? Non ti ho… ancora presentato Antonio…»
«C’è tempo Lovino, sta tranquillo, ora…»
Strinse la tazza calda tra le mani, beandosi del calore rilasciato dal liquido al suo interno «Tutte le sere che esco vado a casa sua, nonno…» spiegò guardando il moro che gli sorrideva dolcemente, conscio di ciò che stava per dirgli «Lui… Lui è il mio fidanzato, nonno»

 


 






Salve ^3^
Ecco anche il sesto capitolo, con Lovinito e Tontotonio <3
Che ve ne pare? ^^
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e un grazie speciale a fox face e lyu che mi recensisce *-*
Al prossimo capitolo *3*
Un bacione
§Cocol



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Capitolo 7
*** Capitolo VII ***


Capitolo VII
Italia, I^ metà del XX secolo

 


«Vuoi giocare con me?»
«I tuoi amici non vogliono far giocare una bambina»
«Il pallone è mio e decido io. Vuoi giocare?»
Era con questo scambio di battute che Vittoria conobbe Carlos, figlio del calzolaio in fondo alla strada.
Vittoria si fermava tutte le volte che tornava da scuola a osservare il gruppo di bambini giocare a calcio, scrutandoli con occhi curiosi e pieni di invidia.
Non aveva mai avuto il coraggio di chiedere se potesse giocare con loro, fino a quel giorno.
Era tornata a casa senza fermarsi, aveva posato la cartella ed era corsa in strada, raggiungendoli. Aveva chiesto, raccogliendo tutto il coraggio che aveva, se poteva giocare con loro. Avevano riso e le avevano detto che il calcio non era per una bambina, tutti tranne un ragazzino che la guardava incantato.
Poi il figlio del calzolaio le si era avvicinato e le aveva chiesto se voleva giocare con lui.
«Se gioco gli altri se ne vanno»
«Allora vieni a giocare con me in spiaggia!» sorrise indicandole il mare che si vedeva tra i palazzi.
Vittoria ci pensò qualche secondo, poi annuì e lo seguì fino alla spiaggia dove, benché gli costasse ammetterlo, si era divertita moltissimo con Carlos.
A fine giornata gli aveva regalato una conchiglia come lei non ne aveva mai trovate. Quella conchiglia era nascosta sotto il suo letto, al sicuro.
Da quel giorno, lei e Carlos erano stati spesso insieme e qualche volta erano pure riusciti a farla giocare a calcio con gli altri bambini, ma principalmente passavano le loro giornate in spiaggia, a cercare le conchiglie più belle. Chi trovava la migliore vinceva la migliore dell'altro. Carlos però rinunciava spesso alle conchiglie, per lasciarle a lei.

«Vittoria, sai che mi piaci?»
La bambina bionda alzò lo sguardo dalle sue conchiglie, confusa «Ti… Piaccio?»
«Sì» sorrise Carlos, raccogliendo l'ennesima conchiglia e tornando a guardarla.
«In che senso?»
«Nel senso che voglio sposarti. Mi vuoi sposare Vittoria?»
Lei arrossì violentemente, il ciuffo che non riusciva mai a tenere giù che mostrava il suo disagio «Non sono discorsi da bambini questi!»
«E se te lo chiedo quando siamo grandi?»
«Non lo so… Non siamo grandi»
«Un giorno lo saremo! E tu sarai mia moglie!»
«E se non volessi?!»
«Allora mi dirai di no!» ridacchiò, guardandola nei suoi occhi ambrati «Ma non credo che lo farai!»
Vittoria gli diede un pungo sulla spalla «Smettila di dire cazzate!»
Carlos sbatté le ciglia e sorrise dolcemente «Querida, non è un linguaggio consono ad una bimba come te!»
«Morissi!»

Vittoria e Carlos stavano sempre insieme. Non che lei volesse la sua compagnia, ma Carlos non la lasciava sola un momento.
Neanche quella notte.
Quella notte quando le bombe degli alleati caddero dal cielo.
Vittoria dormiva e la sirena non avvisò nessuno, quella notte.
Fu un attimo.
Pochi secondi prima dormiva beata e tranquilla nel suo letto, sognando un bambino abbronzato dai capelli castani che le chiedeva di sposarlo, un attimo dopo si trovava sotto tonnellate di materie.
Ma non era morta.
Era rimasta bloccata con una gamba, ma al riparo sotto delle macerie accavallate una sull'altra.
Piangeva, per il dolore, per la paura, per la morte che stava al suo fianco, pronta a portarla via nei suoi anni migliori.
Vittoria si ritrovò a pensare all'ironia che la colpiva. Lei, che era stata chiamata così per avere qualche riconoscimento dallo stato, per essere di buon auspicio all'Italia, stava morendo. Chissà quante Vittoria erano già morte in quella stupida guerra.
Non seppe quanto tempo era passato dal suo brusco risveglio. Sapeva solo che sentiva la gamba torturata dalle fitte di dolore, il sangue colarle sulla tempia, le lacrime sul viso e le orecchie che ancora fischiavano, le bombe che continuavano a cadere in lontanza.
Chiuse gli occhi e subito sentì qualcosa di caldo carezzargli il volto. Non ebbe la forza di aprire gli occhi ma, per quanto la mente le dicesse che era impossibile, in cuor suo era convinta che fosse Carlos.
Sorrise appena e sentì le calde labbra del bambino posarsi sulla sua guancia, sulla fronte e sulla mano che veniva poi tenuta stretta.
Vittoria ricambiò la stretta, smettendo momentaneamente di piangere.
«Vederti sparire così giovane, mi amor,» mormorò Carlos alla bambina che lo sentì normalmente, come se il fischio fosse sparito «è una tortura come poche…» sospirò.
Carlos osservò Vittoria sorridendole dolcemente, finché non sentì il suo battito fermarsi. Lasciò la presa sulla sua mano e le diede un ultimo bacio sulla fronte «Che la prossima volta, il Fato ci doni più tempo…»


 


 






Altro giro, altra coppietta!
Questa, putroppo, sparisce dalla circolazione decisamente presto, stroncata sul nascere per colpa della Seconda Guerra Mondiale :(
Povera Vittoria, il suo nome non le ha portato fortuna come si sperava u.u"
Non sono cattiva, vee, non guardatemi male perché ho ucciso una bimba! *corre a nascondersi* sono state le bombe, non io.
Manca davvero poco alla fine di questa fanfiction :D
Tre capitoli e tra poco si avranno tutte le spiegazioni del caso <3
Spero la fiction continui ad interessarvi ^^
Un bacione <3
Cocol



P.s. Se volete fare domande a questi pg della mia ff fatele pure qui --> e con qui intendevo
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Capitolo 8
*** Capitolo VIII ***


Capitolo VIII
Italia, I^ metà del XXI secolo

 

Lovino aveva compiuto ventiquattro anni da poche ore quando il suo compagno, Antonio, lo chiamò al telefono per avvertirlo che quella giornata l'avrebbero passata insieme e che stava andando a prenderlo.
«Quindi vedi di essere pronto tra mezz’ora, che sono da te»
Lovino sbatté appena gli occhi, alzandosi a sedere sul suo letto e guardando l’orologio «Ma sono solo le otto e mezza bastardo, è l’alba!»
«Sbagliato, sono già le otto e mezza!» lo riprese lo spagnolo mentre probabilmente stava armeggiando con le chiavi per chiudere la porta di casa e al tempo stesso tenere il cellulare vicino all’orecchio «Il mattino ha l’oro in bocca e chi ben comincia è a metà dell’opera!»
«Stai delirando» sbottò Lovino passandosi una mano sul viso, stancamente.
«Spero questo possa essere il compleanno più bello di tutta la tua vita, mi amor, aspettami»
Lovino osservò il cellulare, come se lo sguardo confuso potesse arrivare così ad Antonio, che gli aveva appena riattaccato in faccia. Rimase fermo qualche minuto, poi non poté evitarsi di sorridere mentre scrollava il capo divertito per quanto fosse strano il ragazzo col quale stava da anni. Si alzò stancamente, benché avesse valutato l’idea di rimettersi a dormire e farsi poi svegliare nuovamente da Antonio, ma si vestì e uscì dalla sua stanza, pronto a farsi un buon caffè per svegliarsi per bene. Dandosi una prima quanto scarsa sistemata ai capelli, non si accorse dell’uomo che gli si avvicinò velocemente e lo cinse per le spalle, scrollandolo con energia che un settantenne come era Romolo non doveva avere.
«Lovino!» sorrise «Che ci fa il nostro neo ventiquattrenne già sveglio a quest’ora? Tanti auguri!»
Il ragazzo cercò di liberarsi dalla presa «Sì, grazie nonno» disse allontanandosi e sistemandosi i vestiti «Non sono già sveglio per scelta, mi ha svegliato Antonio»
Il viso di Romolo si illuminò «Oh, quindi passerai la giornata con lui? Ottimo!» disse spingendolo verso la cucina per fargli il caffè. Lovino alzò un sopracciglio «Ottimo?» chiese, sedendosi e osservando il nonno armeggiare con la caffettiera.
«Pensi che Feli si sveglierà di qui a poco? Faccio caffè anche a lui?»
«Ma figurati se si alza»
«Deve uscire a pranzo con Ludwig»
«Allora tra cinque minuti scarsi è in piedi» annuì Lovino, alzando gli occhi al cielo «Comunque non cambiare discorso»
«Non lo sto cambiando Lovino. Zucchero?» chiese dopo aver messo sul fuoco l’oggetto e mostrando la zuccheriera.
«Nonno, sai che lo prendo amaro, tu mi stai nascondendo qualcosa!» esclamò sorpreso e inquietato Lovino, alzandosi. Romolo si avvicinò velocemente e lo fece risiedere «Stai calmo! Goditi il caffè e aspetta che arrivi Antonio!» sorrise l’uomo.
Lovino fece per ribattere ma qualcuno gli saltò addosso da dietro, stringendolo forte «Vee, auguri Lovi!» esclamò Feliciano allegro, prendendogli poi il lobo e iniziando a tirarglielo, mentre contava gli anni.
«Feli mi stai facendo male!»
«E ventiquattro!» rise felice sedendosi al suo fianco e osservando la tazzina davanti a lui che si riempiva di caffè «Antonio sta venendo a prenderti?»
«Anche tu c'è l'hai con Antonio? Ma che diavolo c’ha in mente quel bastardo che sapete tutti qualcosa?!»
Feliciano sorrise innocentemente e si mise a girare il suo caffè con zucchero, ignorando il fratello, e Romolo riuscì a salvarsi per via del citofono che suonava.
Antonio era arrivato.
«Credo sarà davvero un buon compleanno Lovi» disse poi Feliciano mentre Lovino finiva il suo caffè e si alzava per andare a finire di prepararsi.


«Si può sapere il perché di questa pagliacciata?» sbottò Lovino, tenendo con una mano quella di Antonio per farsi guidare e con l’altra tenuta in avanti per evitare di sbattere contro ostacoli «Che penserà la gente che mi vede fare sta cosa da idioti?!» sbottò poi, innervosito dalla risatina di Antonio.
«Che ti sto facendo una sorpresa magari, visto che ti ho bendato»
«Che genio»
Antonio sorrise e approfittò della momentanea cecità di Lovino per baciarlo sulla guancia senza farlo scappare. Il ragazzo arrossì dopo essere sussultato e biascicò qualche insulto, riprendendo poi a camminare.
«Siamo arrivati!» annunciò Antonio, senza però lasciargli la mano «Sai dove siamo?»
«Anto, c’è rumore di mare, odore di mare e sento la spiaggia sotto le scarpe. Secondo me siamo in montagna, davvero» sbottò Lovino, voltandosi verso la voce del compagno per guardarlo male da sotto la fascia sugli occhi.
Antonio scrollò il capo divertito e gli lasciò la mano. Dopo qualche secondo di silenzio interrotto solo da un profondo respiro di Antonio, quest’ultimo gli disse che poteva levarsi la benda. Lovino obbedì e guardò il ragazzo davanti a sé, che gli sorrideva un po’ agitato, cosa più unica che rara, notando in un secondo momento la tovaglia stesa sulla spiaggia.
«Lovino...» iniziò lui, interrompendosi per prendere di nuovo fiato «Stiamo insieme da anni… E io ti amo da secoli, davvero, non hai idea di quanto tempo abbia passato ad amarti. So di essere piombato all’improvviso nella tua vita, ma voglio ringraziarti per avermi nuovamente permesso di farne parte. E non voglio smettere di farlo. Per questo ti ho portato qui dove ci siamo incontrati, per chiederti se posso far parte per sempre della tua vita»
Lovino sbatté gli occhi confuso, finché Antonio non gli prese la mano, facendo scivolare sull’anulare una fascetta di metallo «Ti sto chiedendo se vuoi sposarmi Lovino»
L’italiano spalancò gli occhi, incredulo «C-come, scusa?»
Antonio continuava a tenergli le mani tra le sue, guardandolo dolcemente negli occhi e col sorriso sulle labbra «Posso ripetertelo tutte le volte che ti serve Lovi… Vuoi sposarmi?»
Lovino schiuse le labbra confuso, boccheggiando poi un paio di volte mentre faceva saettare il suo sguardo dagli occhi di Antonio alle loro mani. Stava davvero succedendo? Davvero glielo stava chiedendo? Davvero quel bastardo che era Antonio aveva intenzione di passare la sua vita con lui?
Sentì dentro di sé nascere due emozioni contrastanti. La paura di non essere all’altezza di quello che Antonio gli stava chiedendo e la felicità per aver trovato qualcuno disposto a fare sul serio.
Lo guardò in silenzio, osservando come il suo sorriso non si intaccava minimamente e come non gli metteva fretta nel farsi dare una risposta. Sentiva le mani di Antonio carezzare lentamente le sue, con dolcezza e si mordicchiò il labbro.
«Certo che potevi chiedermelo in modo meno spettacolare. Mi hai portato a fare un pic-nic sulla spiaggia a marzo per farmi una proposta del genere?! Potevi benissimo dirmelo al caldo di casa tua, magari mentre parlavamo del più e del meno invece di rendere tutto così… così… Imbarazzante!» sbuffò, rosso in viso.
Antonio si sporse a baciargli la fronte «Inizialmente volevo mettermi in ginocchio, ma ti ho risparmiato» ridacchiò, tornando a guardarlo.
«E grazie al cazzo, se l’avessi fatto ti avrei detto di no!»
Lo spagnolo sorrise e lasciò le sue mani per abbracciarlo «Quindi è un sì?»
Sussultando appena, Lovino nascose il viso contro il suo collo, annuendo piano «Non posso farti fare una figura del genere, no? Che mi chiedi di sposarti e ti dico di no…»
Le mani di Antonio percorrevano con dolci carezze il corpo di Lovino, cercando di farlo rilassare col suo tocco, cosa che in parte gli riuscì «Ti amo così tanto Lovi… Da sempre e lo farò per sempre…»
Lovino non rispose, limitandosi a stringerlo a sua volta e Antonio sapeva che quel gesto equivaleva ad “Ti amo anche io”.


 


 






Chiedo perdono per il ritardo, ma l'ultimo mese di scuola è sempre il più pieno ahaha
Spero di riuscire a portarvi gli ultimi due capitoli al più presto e che continuiate a seguirmi fino alla fine della ff <3

Un bacione <3
Cocol



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Capitolo 9
*** Capitolo IX ***


Capitolo IX
Italia, I^ metà del XXI secolo

 
Lovino Vargas non aveva mai chiesto molto dalla vita, né tanto meno si sarebbe mai aspettato di ricevere tutto quello che, all’età di 29 anni da compiere, aveva avuto.
Aveva sempre invidiato il buon umore del fratello e la capacità di viversi ogni momento quando lui, invece, non riusciva a non preoccuparsi per ogni cosa.
Sapeva di non avere un carattere facile e si rendeva conto che quel suo comportamento allontanava spesso le persone, sin dalle elementari. Era quello il motivo per cui si era iniziato a chiedere presto se avrebbe mai avuto qualcuno che gli volesse davvero bene, oltre i suoi cari, ma non aveva mai sperato che quel qualcuno arrivasse così presto.
All’età di 15 anni Lovino Vargas aveva conosciuto, sulla spiaggia, la persona che lo avrebbe amato per tutto il resto dei suoi anni e gli ci erano voluti solo dodici mesi perché iniziasse a dipendere da lui.
L’italiano aveva passato gli ultimi tredici anni ad amare Antonio Fernandez Carriedo e di questi, gli ultimi cinque come suo marito.
Sfiorò delicatamente il capo al suo compagno che ancora dormiva stretto a lui, il volto nascosto contro il suo petto e lo vide sorridere appena per quel contatto. Lovino non poté evitarsi di sorridere, addolcendosi al pensiero di come, dopo tredici anni di relazione, Antonio apprezzasse ancora anche una semplice carezza da parte sua. Si chinò verso di lui, scendendo con la mano sulla schiena «Bastardo, io devo andare a lavorare» mormorò mordicchiandogli l’orecchio. In fondo, per un paio di occasioni l’anno, poteva essere lui a fare qualche carineria nei suoi confronti, no? Beh, il compleanno di Antonio era sicuramente una di quelle occasioni.
Il moro mugolò, stringendolo più forte e, una volta accusato di non stare effettivamente dormendo, sorrise e puntò gli occhi verdi contro quelli del marito «Buon giorno, mi vida»
Lovino non ebbe il tempo di rispondere che Antonio si era allungato verso di lui e aveva posato le labbra sulle sue, in un dolce bacio che Lovino capì avere qualcosa di diverso, benché non sapesse spiegarsi cosa. Era più caldo, più dolce, più bisognoso dei soliti baci. Antonio non lo aveva mai baciato così, e sì che l’uomo ci metteva passione in ogni bacio. Stava cercando di trasmettergli tutto l’amore che provava per lui con quel bacio così leggero, delicato, quel lento movimento di labbra e quegli schiocchi ogni volta che le loro bocche si allontanavano un poco. Lovino rimase estasiato da quel bacio, facendo fatica a ricambiarlo. Era come se si stesse estraniando dal mondo, voleva solo che quel momento non finisse mai, quel momento che era stato in grado di non farlo protestare nemmeno una volta.
Quando Antonio si allontanò, Lovino lo osservò, sbattendo le palpebre colpito «Wow» mormorò, senza nemmeno rendersene conto. Il moro gli sorrise e lo strinse nuovamente, nascondendo il viso contro il suo collo «Non andartene» mormorò, solleticando l’italiano con quell’accenno di barba che aveva «Rimani con me oggi, non andartene… Rimani con me per sempre, Lovino…»
«Anto, t’ho già detto che non posso saltare il lavoro perché mi vuoi con te» sbuffò, lasciandosi stringere e posando la mano sul suo capo «Accontentati di avermi per te da stasera e di un buon compleanno»
Antonio strinse più forte il ragazzo, nascondendo il volto più che poteva nell’incavo del suo collo «Non posso impedirti di andartene…»
«Già, non puoi» annuì Lovino, osservandolo un po’ confuso per il comportamento che il moro aveva quella mattina «Tutto okay? C’hai già ‘na crisi di mezz’età? E sì che è presto, hai appena trent’anni»
Antonio rise piano, allontanandosi da lui e guardandolo intensamente «Ti amo più della mia stessa vita, lo sai, sì?»
Lovino lo osservò, arrossendo un poco come ogni volta che Antonio esprimeva i suoi sentimenti «Bastardo cosa hai questa mattina?»
«E lo farò per sempre. Ricordalo»

 
Monte Olimpo, II^ metà del IV secolo

Zeus osservò preoccupato il suo amico che osservava la Terra, senza emettere un fiato. Da quel maledetto giorno, Poseidone era tornato sull’Olimpo ma non aveva ancora rivolto la parola a nessuno. Nemmeno Zeus, suo grande amico, era riuscito a farlo parlare, benché sapesse cosa rendesse così malinconico il dio.
La morte di Elena.
Poseidone o, come negli ultimi anni era stato chiamato, Antonio, non riusciva a superarla benché fossero già passati mesi. Il re degli dei sospirò, seduto sul suo trono, mentre massaggiava le tempie, riflettendo su come potesse consolare l’amico ma senza trovare una vera risposta. Chiuse gli occhi per concentrarsi, il volto chino verso il basso quando un brivido gli percorse la schiena e alzò lo sguardo. Il dio dei morti era comparso al suo fianco, una mano posata sulla sua spalla «Poseidone?» chiese, osservando il dio appena citato, con un’espressione preoccupata sul volto pallido.
Zeus scostò i capelli biondi dal volto «Non parla ancora. Credo che se ne avesse l’opportunità arriverebbe ad uccidersi…»
Ade spostò gli occhi color cremisi sull’amico ma il suo sguardo non lasciava trasparire nulla, contrariamente al solito carattere del dio. A differenza di come gli uomini erano abituati a vederlo, il dio dei morti amava ridere e scherzare coi suoi amici e da tempo li aveva ormai perdonati per avergli lasciato il peggiore dei regni.
Sospirò e il suo soffio fece rabbrividire Zeus al suo fianco, ma non parve darci peso «Vorrà dire che bisognerò fargli un regalo per tornare a farlo sorridere» disse, avviandosi verso il dio dei mari.

 
Italia, I^ metà del XXI secolo


Antonio, lo sapevi?
 
È incredibile come la vita sia imprevedibile. Un attimo prima stai tranquillamente guidando per andare al lavoro e l’attimo dopo tutto diventa buio.
 
Per questo non volevi andassi via, stamattina?
 
Basta un attimo, una frazione di secondo.
Un qualcosa.
Un qualcosa che fa scoppiare una gomma ad una macchina. L’autista che perde il controllo. E Lovino ebbe solo il tempo per spalancare gli occhi e sentire il rumore delle due auto che si davano dentro.
 
Antonio, credo che non festeggeremo insieme il tuo compleanno.
 
Era come se si trovasse dentro una bolla. Ogni suono risultava ovattato, come se fosse distante da lui. Come se lui si stesse allontanando.
Dall’auto distrutta, dai soccorritori, dalla folla che si stava raccogliendo per vedere cosa fosse successo, dalla strada bloccata, dalla vita.
 

Ne festeggeremo altri Lovino. Te lo prometto. Molti altri, io ti aspetterò.

 
Lovino aprì gli occhi, ma non si trovava più nella sua macchina distrutta. Non sapeva dove si trovava. Attorno a lui era tutto nero, ma in cuor suo si sentiva in spiaggia, la stessa dove aveva conosciuto Antonio la prima volta.
E c’era anche Antonio! Lo vide sorridergli e gli si avvicinò, poi Antonio gli baciò la fronte.

Ti amo, lo sai, vero?

Certo che lo so bastardo, me lo ripeti ogni volta.

Non ti dispiace certo, lo so. Sono secoli che ami sentirtelo dire!

Non dire cazzate bastardo… Hai sempre parlato strano, come se ci conoscessimo da sempre

Ma è così, Lovino…

Antonio, io sto morendo?

Sì, mi amor

Quindi devo dirti addio?

No, questo no, mi corazòn

Ci rivedremo?

Nella tua prossima vita…

 
E mentre la vita scivolava via dall’uomo dai bei occhi ambrati che non si sarebbero più affacciati sulla vita, una sola lacrima scendeva sul volto di un dio che, da lì a poco, sarebbe dovuto tornare a casa da solo…

 



 


 






E dopo le vacanze ecco che si torna con il penultimo capitolo della storia ^^
Un capitolo un po' triste ma, ehi, che vi aspettavate dalla storia tra un mortale e un dio?
Prima o poi era scritto che si dovessero salutare!
Spero che il capitolo sia stato comunque piacevole e al prossimo, nonché ultimo, capitolo della ff! ^^
Un bacione <3
Cocol

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Capitolo 10
*** Capitolo X ***


Capitolo X

Monte Olimpo, fine del XIII secolo

 
Per gli dei quella era una mattina come tutte le altre. Zeus si diresse stancamente verso il suo trono, nonostante da anni quel trono avesse lo stesso significato di una sedia qualunque. Gli esseri umani avevano da tempo smesso di credere nella loro esistenza ma questo non li aveva certo fatti sparire, no. La perdita del loro ruolo nella vita di tutti i giorni del genere umano aveva reso gli dei greci più liberi come lo erano diventati ai tempi gli dei che vivevano nei mari del nord o nelle isole britanniche. Anni prima, Zeus e i suoi sottoposti avevano deciso, spaventati da cosa sarebbe potuto accadere loro, di cambiare nome e presentarsi ad un altro popolo, un popolo che sarà sempre ricordato come una delle più grandi potenze militari, i grandi Romani. Ma anche loro, con la venuta di un nuovo dio, li abbandonarono. Zeus non capì mai il motivo. Forse si erano annoiati di loro oppure onorare un solo dio era meno impegnativo che adorarne decide, tuttavia a loro non fece altro che bene. Erano liberi di fare quello che volevano, senza aver “paura” di ciò che le loro azioni avrebbero potuto portare (un dio non aveva mai paura).
In quel periodo gli dei si divertivano molto a vedere ciò che accadeva tra gli uomini. Molti degli avvenimenti riguardavano il nuovo dio che li aveva sostituiti: guerre che gli uomini chiamavano Crociate per conquistare non grandi territori ma una sola, misera città. Gerusalemme la chiamavano. Ares ogni volta si chiedeva per quale motivo muovere un intero esercito per un bottino così misero. Una città! Ringraziava di non essere più considerato il dio della guerra dagli uomini o una simile disputa sarebbe stata quasi noiosa per lui. Certo, si combatteva, ma non ambiva a conquistare ma a liberare. “Noioso” lo aveva più volte riferito.
Poi vi erano anche le corruzioni tra i sacerdoti del dio, cosa assai scandalosa. E il dio non faceva nulla per punire chi mancava lui di rispetto facendosi corrompere! Gli dei greci erano alquanto confusi riguardo il comportamento del nuovo dio ma non era un loro problema. In fondo, grazie alla venuta di questo nuovo dio, loro avevano potuto liberarsi da ogni responsabilità e potevano vivere tra gli uomini senza essere riconosciuti!
Zeus era tornato da una vita vissuta a sperperare un’eredità di un parente ricco che aveva appositamente scelto. Morì giovane, certo, ucciso dai debitori, ma che gli importava? Per qualche anno aveva vissuto nel lusso, circondato dalle più belle donne! E anche uomini, certo, però in quel periodo era più difficile vivere l’amore con persone dello stesso sesso, sembrava che il nuovo dio non ne fosse contento. Zeus scrollò il capo.
“Vai a capirli, questi uomini, alcune regole del loro dio le rispettano e altre le ignorano, anzi, utilizzano il suo nome per non rispettarle! Uccidere in nome di Dio, è abbastanza ipocrita visto che lui non vuole si uccida…”
A interrompere i suoi pensieri sulla vita che gli esseri umani stavano svolgendo fu Poseidone che, con un sorriso enorme, gli venne incontro. Si fermo davanti al trovo e aprì le braccia per farsi ammirare «Che ne pensi?» chiese facendo un giro su sé stesso.
Zeus lo guardò in quella nuova forma umana che aveva scelto dove i capelli mori erano legati da un sottile ma lungo codino dietro la schiena. Indossava una lunga giacca rossa e una camicia bianca, infilata nei pantaloni di tela nera. Una fascia gli cingeva i fianchi, impedendo ai pantaloni di scivolare e alla camicia di sfuggire dal suo posto. Ai piedi degli orribili, a detta di Zeus, stivali scuri, piegati verso l’esterno in cima. Sotto braccio un capello.
«Saresti?»
«Ho scelto un pirata aragonese, che te ne pare? – ripeté – vengo dal regno che è nato dalle colonne d’Ercole, Francis»
«Zeus, prego. Francis è morto ieri, mi hanno pugnalato un po’ di volte al ventre perché non pagavo i debiti» annuì battendo la mano aperta sul proprio ventre piatto.
«Ahi, fatto male?»
«Ho finto di soffrire» sorrise «Comunque nel complesso sei accettabile»
«Gli piacerò?»
Una voce stridula, graffiante, fastidiosa si intromise «Gli sei piaciuto la prima volta, gli piacerai anche questa, specie se mantieni in forma il tuo bel fondoschiena!»
Poseidone sorrise all’amico che un tempo si occupava dell’Oltretomba. Aveva fatto così tanto per lui. Gli aveva regalato l’anima di Elena ai tempi che ora poteva reincarnarsi ogni volta e come se non bastasse aveva anche convinto il nuovo signore degli Inferi a lasciare libera quell’anima!
«Questa vita scendo con te» annunciò Ade, cingendo le spalle all’amico «Ci siamo quasi no?»
«La madre è appena entrata in travaglio»
«Ah, questa volta vuoi viverti la vita sin dalla nascita?»
Poseidone annuì «Vivrò però in un paese differente, per tenermi occupato mentre aspetto che cresca. Quanto tempo vivrà?»
«Arriverà a 27 anni, 8 mesi e 25 giorni. Morirà nelle navi della Marina mentre sarà trasportato verso le prigioni con altri compagni di ciurma. Un tuo uomo avrà il vaiolo ma non se ne accorgerà nessuno. La nave attraccherà con solo due uomini della Marina sopravvissuti e te, se vorrai» le spiegazioni di Ade erano sempre dettagliatissime, forse perché quella era l’unica anima di cui ancora poteva decidere il destino e si divertiva a trovare le morti più fantasiose.
«Sarò imprigionato anche io eh?»
«So che ti farai imprigionare per non lasciarlo da solo» sorrise maliziosamente, come a sfidarlo a smentire. Poseidone sorrise colpevole, guardando Zeus «Allora ci rivedremo tra qualche anno?»
Zeus sembrò meditare qualche momento «Un pirata eh? Se posso vestirmi meglio di te credo che potrebbe essere una vita decisamente divertente!»
Poseidone rise, avvicinandosi ad una piccola fonte che zampillava al centro della sala del trono «Ci siamo quasi mi amor…» sorrise, osservando nella             l’immagine di una donna il cui volto era straziato dal dolore delle contrazioni…

 

Giappone, II^ metà del XXI secolo
 

«Signora, deve spingere, sta uscendo!»
Le urla della donna si levarono nell’aria, facendo alzare nuovamente il marito fuori in attesa. L’uomo si sentiva completamente inutile e preoccupato, mentre faceva avanti e indietro. Sperava che andasse tutto bene, che il loro trasferimento dalla loro calda penisola italiano al Giappone non avesse procurato problemi al suo primogenito tanto atteso.
Un secondo urlo lo fece sussultare e il silenzio che venne poco dopo fu seguito dal pianto di un bambino.
«Non voleva più uscire!» rise il medico, mostrandolo alla neo mamma, stanca come poche volte in vita sua. Lei sorrise dolcemente «È un maschietto come ci avevano detto?»
«Un maschietto in ottima salute da come urla!»
 

Monte Olimpo, stesso anno, stesso giorno, stesso momento

 
Poseidone sorrise osservò rapito gli occhi ambrati del bambino che veniva lavato dalle infermiere.
Allungò la mano e sfiorò il riflesso del bambino nella sorgente e sussurrò, dolcemente «Ancora qualche anno mi amor, e saremo di nuovo insieme…»
 
 

Fine…?



 


 






Sono passati ben 15 mesi dall'ultimo capitolo che postai su questa fanfiction, lasciando la storia senza il suo finale.
Così oggi, presa dai sensi di colpa mi sono sforzata di riuscire a scrivere il capitolo finalre che era deciso da ormai molto tempo come dovesse essere impostato ma non avevo mai trovato la forza di metterlo per iscritto, anzi, la forza scarseggiava per scrivere qualunque cosa.
Forse è la magia dell'anno nuovo ma ho voluto sfruttare al massimo questa opportunità che il mio cervello mi ha regalato e scrivere il capitolo finale di una storia nata molto tempo fa e che sarebbe dovuta finire 15 mesi fa.
Spero che il capitolo sia di gradimento a chiunque lo stia leggendo.
Se qualcuno ha appena iniziato questa fanfiction per merito di questo ultimo capiolo, grazie per aver dato alla mia sotira una possibilità.
Se qualche vecchio lettore aveva la storia tra le ricordate, seguite o preferie grazie per aver avuto fiducia e non aver eliminato la storia dalla categoria.
Se qualche persona ch mi aveva tra gli autori preferiti ha letto questa storia per la notifica arrivata grazie per non avermi ancora cancellata dal loro profilo.
E se qualche vecchio fan di questa storia stava aspettando il finale e non se lo aspettava grazie per aver aperto quest'ultimo capitolo.
Spero la storia vi abbia fatto sorridere e vi sia piaciuta come ai tempi era piaciuta a me immaginarla.

Un enorme bacio a chiunque sia arrivato a leggere fino a questo punto
Cocol_Sasso_97

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