Chuck vs. un nuovo inizio

di mask89
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap. 1 ***
Capitolo 2: *** Cap. 2 ***
Capitolo 3: *** Cap. 3 ***
Capitolo 4: *** Cap. 4 ***
Capitolo 5: *** Cap. 5 ***
Capitolo 6: *** Cap. 6 ***
Capitolo 7: *** Cap. 7 ***
Capitolo 8: *** Cap. 8 ***
Capitolo 9: *** Cap. 9 ***
Capitolo 10: *** Cap. 10 ***
Capitolo 11: *** Cap. 11 ***
Capitolo 12: *** Cap. 12 ***
Capitolo 13: *** Cap. 13 ***
Capitolo 14: *** Cap. 14 ***
Capitolo 15: *** Cap. 15 ***
Capitolo 16: *** Cap. 16 ***



Capitolo 1
*** Cap. 1 ***


Capitolo 1


I corridoi di quella base, situata in un luogo dimenticato da Dio, si susseguivano tutti uguali. Si fermò un attimo a riprendere fiato, fu un grave errore. I ricordi che fino a quel momento aveva cercato di reprimere, ritornarono con tutta la loro forza, con tutto il loro carico di emozioni a farsi risentire e rivedere nella sua mente; si impegnò con tutto sé stesso per reprimerli, doveva andare avanti, aveva una missione da compiere.
Si accertò che nessuno lo avesse seguito. Controllò sulla mappa che, la stanza per la quale si era infiltrato in quel luogo, fosse vicina. Deglutì rumorosamente, fin troppo pensò. Riprese a camminare. Continuò ad avanzare per quel corridoio poco illuminato, finché non arrivò alla porta che da diverse ore stava cercando. Come si aspettava era protetta elettronicamente ma questo, per lui, non era certo un problema; era fin troppo abituato a quelle situazioni. Tirò fuori il suo fidato smartphone e lo collegò al terminale. Si guardò intorno nervosamente mentre il programma cercava di decifrare il codice di accesso ma, fortunatamente, nessuno si face vivo. Finalmente, sentì il bip il quale confermava che il codice era stato trovato; velocemente lo digitò sul terminale ed entrò nulla stanza che gli era costata oltre un mese di ricerche.
Fece vagare lo sguardo per tutto l’ufficio; quella cassaforte conteneva un pezzo che poteva restituirgli la sua vecchia vita. Finalmente la trovò, era nascosta dietro un quadro che mal si abbinava a quella stanza; sorrise, a volte i suoi avversari volevano proprio rendergli la vita facile.
Rimosse il dipinto ed ebbe immediatamente un flash sul modello della cassaforte e sulla combinazione; la inserì e aprì freneticamente lo sportello. Sentì tutte le sue speranze andare in frantumi. L’unità che conteneva alcuni progetti, del dispositivo che doveva costruire, era stata rimossa. Batté furiosamente i pugni contro la parete, giorni e giorni di ricerca andati persi; vedeva la sua vecchia vita allontanarsi sempre più. Iniziò a per girarsi per uscire da quella maledetta stanza, quando un suono familiare lo fece raggelare sul posto.
«Buonasera signor Carmichael o dovrei chiamarla Chuck Bartowski?» Chiese ironicamente l’uomo, mentre armava il cane della pistola che gli puntava contro.
«Chuck va benissimo.» Rispose, mentre si voltava lentamente verso l’uomo che in quel momento lo teneva sotto scacco. «Gentilmente, potrebbe abbassare quell’arma? Deve sapere che non mi piace che mi sia puntata roba di quel genere addosso. Come fa a conoscere il mio nome?» Chiese sorpreso.
L’uomo sorrise ironicamente. «Potrei anche farlo, ma sono del tutto sicuro che al mio datore di lavoro andrebbe proprio a genio; inoltre, non trova che sarebbe troppo poco professionale? Riguardo al suo nome, beh, deve sapere che la stavamo aspettando da tempo, Chuck».
«Ascolta amico, non so tu chi sia o chi ti abbia passato informazioni su di me, ma fa finta di non avermi mai visto; lasciami andare e ti assicuro che non ti farò del male.” La sfumatura della sua voce era nervosa; ne aveva abbastanza di quel posto, era stanco di perdere tempo, ogni secondo che perdeva lì sentiva Sarah allontanarsi sempre di più e questo era un lusso che non poteva permettersi. Fece un respiro profondo e lasciò che l’intersect caricasse il programma di kung fu.
Chuck si scagliò contro il suo nemico facendogli volare via la pistola, che ebbe un attimo di smarrimento, da cui si riprese immediatamente. Superata la sorpresa dovuta all’attacco improvviso, prontamente rispose alle sue mosse parando tutti i suoi attacchi. Doveva ammetterlo, il suo avversario era abile, molto abile. L’uomo, nonostante la sua altezza e la poderosa muscolatura, si stava dimostrando molto agile. La guardia passò rapidamente al contrattacco e approfittando di un attimo di esitazione di Chuck, gli assestò un potente montante allo stomaco, che fece piegare in due il malcapitato; rapidamente lo colpì con una gomitata sulla schiena, che lo fece stramazzare al suolo.
«Devo ammetterlo Chuck, erano anni che non mi divertivo così, devo farti i miei complimenti, ottimo scontro, mai nessuno aveva resistito così tanto.» Disse l’uomo ansimando a causa dello sforzo «Però, devo mettere fine a tutto questo.» Dalla tasca interna della giacca tirò fuori un’altra pistola. “Addio signor Bartowski”.
Ci fu uno sparo. All’improvviso per Chuck il mondo si fece buio.

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Capitolo 2
*** Cap. 2 ***


Sarah stava finendo di leggere gli ultimi rapporti sulle missioni che negli ultimi cinque anni aveva affrontato con Chuck e Casey, ma il suo cervello continua a non ricordare. Chiuse gli occhi nella speranza che una maggiore concentrazione potesse aiutarla in qualche modo, niente. Quella full immersion nulla sua vita dimenticata non stava dando i sui frutti.Sospirò, si alzò dalla sedia e andò verso l’ampia vetrata che donava una splendida vista sulla strada principale di Washington, da li poteva godersi la splendida vista del Campidoglio illuminato, sperava che quella vista la distraesse un po’. Da più di due mesi aveva lasciato Burbank, pensava che lasciandosi dietro di sé le macerie della sua vecchia vita l’avrebbe aiutata, sparava di poter guardare avanti, ma ben presto si era accorta che le cose non stavano così, non stavano affatto andando così. Ogni giorno che passava sentiva sempre di più la pressante necessità di sapere ogni cosa di quei cinque anni passati in quella città, ma ciò che più le premeva era il voler sapere come un nerd di nome Chuck Bartowski l’avesse trasformata. Come avesse fatto a trasformare la gelida e imprevedibile spia Sarah Walker in una donna capace di provare sentimenti. Come avesse fatto a renderla capace di amare profondamente un uomo.Scosse la testa, a quanto pare neanche la vista della cupola illuminata riusciva a distrarla da quei pensieri. Decise di andare a correre, magari un po’ di attività fisica mista all’aria frizzantina di quella serata di fine primavera le avrebbero fatto quell’effetto.Correva da più di un’ora lungo la riva del fiume Pontiac e il suo corpo sentiva la necessità di riposarsi, decise di assecondare quella necessità. Si diresse verso un ponte riservato al traffico pedonale, era quasi deserto tranne per il fatto che una coppia sta amoreggiando proprio li sopra. Gli passo accanto erano davvero una bella coppia, giovani, innamorati, stranamente si ritrovò a sorridere e poi all’improvviso nel suo cervello si formarono delle immagini: due persone, un ponte, una torre ma sopratutto un cartello che indicava il luogo: Parigi.Ebbe una scarica di adrenalina mista a sensazioni che non pensava di non poter più provare. Quelle immagini che si erano formate nella sua testa non erano casuali o inventate ne era sicura. Si guardò intorno, vide un taxi che era fermo a poca distanza da lei, la fortuna le stava sorridendo, si precipitò verso l’auto, diede il suo indirizzo all’uomo che stava al volante e poi entrò dentro.Una volta arrivata all’appartamento si precipitò al PC, freneticamente controllò i vari voli che collegavano Washington a Burbank, prenotò il volo che sarebbe partito di li a tre ore, si fece una doccia preparò le valigie e partì per l’aeroporto. L’uomo di quel flash e il resto dei suoi ricordi e di quelle sensazioni erano a meno di sette ore di distanza.

Morgan Grimes stava vivendo il periodo migliore della sua vita, aveva un lavoro soddisfacente ma sopratutto aveva trovato in Alex la ragione della sua esistenza, ogni giorno da quando si chiedeva come avesse fatto a vivere prima di conoscerla. Nessuna storia che aveva avuto in precedenza la si poteva paragonare a quella che stava vivendo, per intensità, per emozioni o per tutte quelle cose che solo la donna giusta riesce a dare ad un uomo. Era felice, molto felice. L’unica pecca in quel quadro idilliaco era il suo migliore amico. Stava vivendo il periodo più duro nella sua vita e lui era incapace di tirargli su il morale o magari di distrarlo un po’. Aveva visto il suo amico chiedersi sempre più in se stesso e lui non era stato in grado di evitarlo, si sentiva in colpa, inoltre da qualche giorno non aveva sue notizie, cosa che lo stava facendo preoccupare enormemente.Stava pensando a tutto questo quando sentì bussare alla porta, si chiese chi potesse essere visto che non aspettava visite quel giorno, Aprì la porta e quando vide chi aveva bussato rimase sorpreso, molto sorpreso.

“Sarah” esclamò il piccolo uomo barbuto “Che ci fai qui?!?! Cioè…perdonami, sono solo molto sorpreso nel vederti qui, entra pure!”

“Grazie, Morgan” rispose con un sorriso la bionda.

Sarah entrò nell’appartamento, si sentiva strana in quell’ambiente viso che le doveva essere molto familiare eppure si sentiva una estranea, scacciò quella sensazione della sua testa poi invitata da Morgan si sedette sul divano.

“Morgan sono venuta qui per incontrare Chuck, ho bussato alla sua porta ma non mi ha risposto, poi ho provato a chiamarlo sul suo telefono ma anche li niente. Sai per caso dove sia?”

Il volto di Morgan si fece scuro, dopo un lungo silenzio finalmente si decise a parlare ”Sarah non ho notizie di Chuck da diversi giorni ormai, ho provato a contattarlo in tutti i modi possibili ma non ci sono riuscito. Sono molto preoccupato, lui non si è mai comportato così!”

“Cosa?!?!” urlò incredula la bionda. Guardava l’uomo d’avanti a se con occhi sgranati. Sentiva dentro di se nascere una strana agitazione. All’improvviso sentì la sua gola farsi secca. Chiuse gli occhi e respirò profondamente, si impose di tornare calma.

“Hai provato a chiamare Casey”

“Si, ma anche lui non riesce a contattarlo”

“La Beckman?”

“Ha detto che ha messo all’opera i suoi migliori uomini, ma ad oggi non ha fatto sapere ancora nulla”

“Ma prima di sparire almeno ti ha detto dove andava?”

“Sarah mi dispiace ma non so nulla, ultimamente era molto silenzioso, passava molte ore chiuso in casa.” Detto questo l’uomo tirò fuori un mazzo di chiavi e lo consegnò alla donna. 

“Sono le chiavi del suo, vostro, appartamento. Magari trovi qualcosa che possa ricondurci a lui.”

Sarah entrò in quello che doveva essere il suo appartamento ma che in realtà non sentiva affatto tale. Notò che era tutto in ordine, poi la sua attenzione venne catturata da delle foto che stavano sul camino, erano le foto del suo matrimonio, evento di cui non ricordava nulla. Si ritrovò a maledire Queen per tutto il male che gli aveva e ancora stava procurando alla sua vita.Represse qui cattivi pensieri e si impose di comportarsi da spia, la colpì lo strato di polvere che ricopriva il tavolo, dalla quantità depositata non doveva avere più di dieci giorni, per il resto quell’ambiente non aveva nulla che potesse aiutarla in qualche modo. Si spostò nel corridoio, notò una porta dischiusa, si avvicinò e l’aprì. Anche questa stanza era in ordine, si sentiva il ronzio delle apparecchiature elettroniche in funzione, si guardò intorno su una parete vi erano affisse delle fotografie con sotto dei nome che a primo impatto non le dicevano nulla. Accanto a queste foto vi erano delle foto satellitari di alcuni luoghi che non riusciva a identificare, poi la sua attenzione fu attratta dal PC che era ancora in funzione. Cominciò a frugare nelle varie cartelle che stavano sul desktop, quando gli capitò una con un nome che le ricordava qualcosa, aprì il file, e man mano che scorreva le pagine di quel file sentì quella vaga sensazione di ansia che aveva provato poco prima nella casa di Morgan tramutarsi in paura.

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Capitolo 3
*** Cap. 3 ***


 

Casey stava finendo di leggere gli ultimi rapporti sull’ultima posizione nota di Bartowski quando sentì una mano poggiare sulla sua spalla. Avrebbe riconosciuto quel tocco fra milioni, era Gertrude. Da quando l’aveva trovata a Dresda si era lasciato andare anche lui un po’ al “romanticismo”, se per romantico ovviamente si intende portare la propria ragazza in armeria, al poligono di tiro con tanto di pistola abbinata al proprio abbigliamento e in missioni dove prendersi un caricatore di colpi di fucile addosso è la prassi.
“John vuoi fare una pausa? Sono ore che stai controllando quelle informazioni su Bartowski!” disse la donne mentre lentamente faceva scivolare la sua mano sul vigoroso petto dell’uomo.
“Gertrude” esordì l’uomo “può essermi sfuggito qualche dettaglio importante”
“John…” disse la donna con un tono di voce di una che la sa lunga.
Casey sbuffò, a quanto pare per quella donna lui era come un libro aperto. Era spaventato e rincuorato allo stesso tempo. Era spaventato perché mai nessuno era riuscito a comprenderlo così bene in tutta la sua vita ma era allo stesso tempo rincuorata perché aveva finalmente qualcuno accanto con cui confidarsi.
“Bartowski…Chuck, è una persona molto importante per me. E’ stata una delle poche persone che mi abbia visto come amico e non soltanto come un collega di lavoro, ecco perché per me è importante trovare al più presto sue notizie”
La donna girò di centottanta gradi la sedia sue cui era seduto il colonnello. John la guardò e vide una strana luce nei suoi occhi oltre al bellissimo sorriso che le si era formato sul viso.
“Lo sapevo!” disse la mora “Sapevo di aver trovato finalmente l’uomo giusto.” e si chinò sulla bocca dell’uomo per baciarlo.
“Un uomo che non dimostra apertamente i propri sentimenti ma che non esiterebbe a rischiare la propria vita per i propri amici.” Lo baciò nuovamente.
“Ti faccio una proposta” disse maliziosamente la donna “Ora tu mi dai la razione giornaliera di Casey che mi spetta e in compenso io dopo ti aiuterò con le ricerche”
L’uomo cercò di protestare in qualche modo, ma doveva ammettere che quella donna, la sua donna, era una donna molto convincente. Lentamente lo trascinò verso il letto, poi con una spinta lo fece sdraiare sul letto. Rapidamente le fu sopra e si accomodò a cavalcioni sul suo bacino, poi si chinò a baciargli il collo. L’atmosfera si stava riscaldando sempre più quando all’improvviso un cellulare prese a squillare. L’uomo imprecò, quella suoneria non poteva che essere la sua, lo tirò fuori dalla sua tasca e senza vedere chi fosse l’interlocutore apri la chiamata.
“Casey!” disse una una voce femminile dall’altro capo del telefono.
“Walker!” esclamò sorpreso l’uomo.
“Morgan mi ha detto che Chuck è sparito da giorni e che tu ti sei attivato per cercarlo. Hai delle novità?”
“Tanti indizi che non portano da nessuna parte”
“Io ho trovato una possibile pista da seguire”
“Davvero?”
“Sono preoccupata”
“Walker qualunque cosa sia non osarti muovere senza di me” 
“Non lo farò Casey. Ti ho chiamato proprio perché ho bisogno del tuo aiuto”
“Bene. Ora tu dove sei?”
“Sono a Burbank. Ci vediamo nell’appartamento di Chuck, va bene?”
“Domai sarò li” detto questo l’uomo chiuse la chiamata.
“Gertrude” proferì l’uomo girandosi verso la sua fidanzata, ma prima che potesse aggiungere altre parole l’indice della donna si posò sulle sue labbra.
“Cosa stiamo aspettando?”
John sorrise, poi si alzo da letto e cominciò a sistemare la roba velocemente, dopotutto quel rigido inverno di Dresda aveva cominciato a stancarlo.

L’aereo che trasportava John e Gertrude atterrò alle 8:30 all’aeroporto Bob Hope di Burbank, ad attenderli vi era Morgan, caricate le valigie in macchina partirono alla volta di Echo Park, dove ad attenderli c’era Sarah.
Arrivati nell’appartamento i tre si salutarono senza molti convenevoli. Sarah senza perdere molto tempo mostrò delle fotografie aeree della città di Kantubek in Uzbekistan, mostravano veicoli militari in azione e gruppi di uomo armati che si aggiravano per quella città.
Gertrude assunse una espressione tirata cosa che non sfuggì a Casey. La sua donna aveva assunto poche volte quel tipo di mimica facciale e quando accadeva ciò voleva dire che in arrivo c’erano guai grossi, molto molto grossi.
“Gertrude, c’è qualcosa che non va?” chiese Casey.
“Si, ma per ora preferisco non parlarne” esordì la donna “Ci sono altre informazioni che devi condividere con noi, vero?” chiese poi rivolgendosi a Sarah.
Sarah mostrò delle fotografie, mostravano alcuni gruppi di uomini e dei volti poco rassicuranti.
A quel punto l’espressione della Verbanski si fece decisamente cupa. Poggiò la schiena sulla spalliera del divano, chiuse gli occhi e portò le mani alle tempie per massaggiarle.
“Conosco quegli uomini” disse con un tono che non piacque per nulla agli altri due “Bisogna muoversi il più presto possibile perché se Chuck è finito nelle loro mani…morirà”
L’aria nella stanza si fece all’improvviso più gelida e pesante. Sarah e Casey si guardavano increduli, poi entrambi si voltarono verso colei che aveva detto quelle parole. Volevano sapere di più, volevano più chiarimenti ma nessuno dei due riusciva a trovare il coraggio per parlare.
Gertrude vide che i suoi due interlocutori erano stati spiazzati da quelle sue affermazioni si fece forza e continuò a parlare.
“Quest’uomo” disse mentre indicava la fotografia “ è Youri Golubev, eravamo insieme nel KGB durante la guerra fredda. Abbiamo affrontato alcune missioni insieme. Esperto in tortura, riusciva a piegare qualsiasi persona che gli capitava sotto le mani, non ho mai visto qualcuno resistergli e chi ci provava…moriva nel tentativo. Non ho avuto più sue notizie da dopo la caduta del muro. ”
Poi passò ad un’altra foto “ Questo è Vladimir Sokolov, anche lui faceva parte del KGB. Era nella sezione intercettazioni, è sempre stato il migliore nel suo campo. Dopo la caduta del muro ho saputo che era diventato un venditore di informazioni. Nell’ambiente circolava voce che fosse stato ucciso in un attentato in Cecenia ma a quanto pare è più vivo che mai. Non sarei sorpresa se lui fosse al comando di tutti questi uomini”
“Ma la cosa che mi preoccupa di più” proseguì la donna “ è quel luogo. Dovrebbe essere un sito abbandonato a causa dello sversamento nell’ambiante di materiale bellico di tipo biologico. Nessuno potrebbe sopravvivere li! “
“Bartowski stupido idiota!” pronunciò Casey con rabbia “Cosa diavolo gli è passato per la testa? Giuro che se non lo ammazzano loro questa volta lo ammazzo io”
“John” intervenne Sarah “ Credo di sapere perché lui è andato li”
“Cioè?”
“Sta cercando di rintracciare gli schemi di costruzione dell’intersect. Tutte le informazioni che ha trovato lo hanno condotto li. Sta rischiando la sua vita a causa mia”
“Non è colpa tua Walker. Sta capitando tutto questo a causa di quel Queen. Quel maledetto bast,,,”
“Basta così John” lo interruppe Gertrude “Piangersi addosso o imprecare non servirà a nulla. Bisogna agire e subito!”
“Walker, hai controllato se il televisore è ancora collegato al server della CIA?”
“Si, perché?” chiese incuriosita la donna.
“Voglio contattare la Beckman, è l’unica che potrebbe darci una mano”
Casey prese ad armeggiare con il terminale che era installato vicino il televisore. Inserì i suoi codici personali e si collegò al server. Passarono pochi secondi e finalmente il collegamento si stabilì.
“Buongiorno Colonnello Casey” esordì la donna sullo schermo dopo che si fu ripresa dalla sorpresa di quella chiamata. 
“Generale, abbiamo un problema” disse gravemente l’uomo. 
Diane Beckman sentì un brivido salire lungo la schiena.

Ciao a tutti,  innanzitutto vi prego di perdonare i miei orrori grammaticali e sintattici, vi prometto che migliorerò. Se poi potete gentilmente asciare qualche recensione giusto per capire se la storia lo stile di scrittura sono di vostro gradimento oppure no. Grazie!!!!!! 

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Capitolo 4
*** Cap. 4 ***


 

Sarah era frustrata, infuriata, delusa, amareggiata, sconvolta, incredula. Era un groviglio di emozioni pronte ad esplodere da un momento all’altro. Ancora non si capacitava dell’ordine che la Beckman gli aveva dato: aspettare semplicemente aspettare! Aspettare cosa? Che quei terroristi torturassero Chuck? Che ottenute le informazioni lo uccidessero? O che magari una volta scoperto il suo segreto lo avrebbero fatto sparire per sfruttarlo fino all’ultimo giorno della sua vita? 
Tutto questo era troppo per lei. Finalmente, anche se in minima parte, riusciva a sentire quelle emozioni quei sentimenti di nuovo, e tutto ciò che le era stato detto era aspettare, senza che le fosse fornita nessuna giustificazione per quella decisione.
Si alzò di scatto inviperita, stava per dirigersi verso la porta quando la vigorosa mano di John Casey la bloccò.
“Casey lasciami stare” gli intimò la donna.
“Dove credi di andare Walker?” gli rispose con il solito tono burbero.
“Ad aspettare, no?” rispose sarcasticamente.
“Ascoltami bene, se intendi fare una seconda Thailandia…è bene che tu sappia che te lo impedirò, con qualsiasi mezzo”
Sarah sentì che quella minaccia non era per nulla infondata. Lo percepì dal tono di voce dell’uomo, dalla presa ferrea che continua a tenere sul suo braccio, ma sopratutto dallo sguardo penetrante che aveva. Nonostante la situazione si fosse fatta pesante una domanda le nacque  spontanea.
“Thailandia?” chiese incuriosita “Cosa diavolo vuoi dire?”
“Non hai letto i rapporti a riguardo?”
“No, non ho trovato niente che parlasse della Thailandia” rispose seccamente. 
“Bartowski non ti ha raccontato nulla?  
“No, avrebbe dovuto?”
“E’ una lunga storia. Che ne dici se te ne ritorni a sedere così che possa raccontartela?” e con un cenno della testa gli indicò il divano rosso che li aveva visti protagonisti di tante sere, specialmente quelle dopo le missioni quando si riunivano per festeggiare la riuscita delle missioni con latte e biscotti.
Sarah scrollò le spalle e ritornò su i suoi passi. Doveva aspettare dopotutto, a quel punto ammazzare il tempo con quella storia che non aveva mia sentito o letto su di lei male non poteva farle.
Quando Casey ebbe finito di raccontarle la storia non poteva credere alle sue orecchie, ma sapeva benissimo che quell’uomo le stava dicendo la verità. Era stupita eppure più ci pensava e più si convinceva che quelle cose le avesse fatte proprio lei. Tutte quelle peripezie per Chuck. No, ripensandoci non era affatto strano, anche perché quelle emozioni che ora stava provando, anche se erano misere rispetto a quelle che aveva provato in quella “missione” di qualche anno prima, le poteva considerare proprio simili. Stava continuando ancora a pensare a quei eventi quando il flusso della sua mente venne interrotto dalla voce di una una donna. Era il generale Beckman.
“Bentrovati Team. Ho parlato con i miei superiori e si sono ritrovati d’accordo nel concedervi tutto il supporto possibile. L’agente Bartowski anche se non fa più parte dell’agenzia è considerato ancora un elemento di spicco per la nazione, per questo vi daremo tutto il supporto possibile per trovarlo. Inoltre gli analisti ritengono che le informazioni che Chuck ha raccolto per conto suo possano essere collegate con la fuga di informazioni dall’agenzia di qualche mese fa. Un aereo sarà pronto entro due ore. Buona fortuna ragazzi.”
Sarah sentì rinascere dentro di sé la speranza, si precipitò a prendere la sua attrezzatura che era nella stanza dal letto. Notò un particolare che prima non aveva notato, il cassetto posto al lato destro del letto, dove Chuck era solito dormire, era dischiuso. Lo aprì e vide che dentro stava una basta gialla di formato A4. La girò e notò che era riportata la parola Prenup scritta con un carattere maiuscolo e quasi infantile. Incuriosita l’apri, tirò fuori il foglio. Ebbe di nuovo quella specie di flash. Vide lei e Chuck sul divano, dei fogli strappati e lei più felice che mai di firmare quel foglio. Quando si riprese da quella visione sentimenti nuovi e una determinazione ancora più forte bruciavano in lei.

 

Cole Barker era teso come mai lo era stato nella sua vita. Erano passati diversi mesi da quando aveva cominciato quella missione e ancora non riusciva a dipanare quella matassa fatta di intrighi, vendita di informazioni sensibili e di contrabbando di armi atomiche. Dopo settimane in cui aveva seguito varie piste che si erano concluse nel vuoto più totale, finalmente era riuscito a trovare qualcuno che conosceva quel gruppo e che era disposto a vendergli informazioni.
Si accese una sigaretta e cominciò a fumare, il contatto all’interno di quella organizzazione non si farebbe fatto vedere prima di dieci minuti. Si guardò intorno, controllò se ci fosse qualche cosa di anomalo; era tutto tranquillo era la tipica giornata estiva a Shakhaman, né troppo fredda e né troppo calda. Controllò i tetti degli edifici, erano puliti anche loro. Decise di andare a sedersi nel bar dove doveva incontrare il suo uomo. Si sedette in un angolo dove aveva una ottima visuale di chi entrava e usciva. Prese un giornale e cominciò a leggere con falso interesse la notizie che erano riportate. 
Da dove era seduto vide entrare un uomo, era alto circa un metro e novanta aveva una massa muscolare poderosa, scontrarsi con lui non sarebbe stato facile, una faccia con lineamenti marcati, due occhi piccoli di color azzurro intenso ma in quel quadro stonava quel naso grosso a patata che si ritrovava. Cole fece un piccolo cenno con la testa, l’uomo lo vide e si diresse verso di lui arrivato al tavolo si sedette.
“L’area è pulita” cominciò la spia inglese “Ti ha seguito qualcuno?”
“No” rispose con un tono neutro l’uomo.
“Che ne dici se saltiamo i convenevoli e mi dai subito le informazioni che mi servono?”
“Io direi di cominciare a parlare della cifra che mi devi” e un ghigno si formò sul volto dell’uomo.
“Quanto vuoi?”
“Un milione di sterline ora sul mio conto cifrato e l’affare va in porto”
Cole lo guardò furente, era una cifra astronomica per delle informazioni ma aveva le mani legate. Gli passò un tablet.
“Va bene” disse “ ma prova a vendermi informazioni false e non vedrai neanche l’alba di domani”
Il russo non fece neanche una piega, cominciò a mettere i suoi dati e quando si concluse la transazione restituì l’apparecchio elettronico all’inglese.
“La loro base è nella città di Kantubek”
“Mi stai prendendo per il culo? Quella città è abbandonata a se stessa dal 1991"
“Stupido arrogante occidentale che pensi di sapere tutto, quella città è la loro base. Il mio comandante, anzi ex-comandante, quando cadde il muro seppe “oliare” i giusti meccanismi ed ecco che quella città è diventata disabitata per tutti a causa di svernamenti nell’ambiente di armi batteriologiche”
“In pratica è tutta una montatura”
“Bravo, vedo che non sei del tutto stupido.” e gli fece un sorriso di scherno.
Cole fece finta di non sentire quell’insulto gratuito che il suo interlocutore gli aveva rivolto, aveva un milione di buone ragioni per ignorare i suoi insulti.
“Cosa mi puoi dire sul tuo capo e sulle sue attività?”
“Vladimir Sokolov vendeva al mercato nero le testate nucleari dell’ex URSS a terroristi mediorientali, ma nell’ultimo anno ha cambiato la sua strategia. Ora vende informazioni sensibili a chi offre di più. In questi giorni si parla di una grossa vendita di informazioni, Ai piani alti si vocifera che venderà informazioni importantissime a una che è chiamato “l’italiano””
Cole sentì il sangue ribollirgli nelle vene, quindi era stata quella serpe ad attaccare i vari server governativi, era lui che da diversi mesi aveva in scacco i maggiori governi mondiali. 
“Sai quando avverrà l’incontro?”
“Domani all’ora di pranzo”
“Come faccio ad entrare nella base?”
“Alle 9:00 e alle 22:00 ci sono i cambi di guardia, puoi approfittare in quei momenti per entrare, inoltre ti serviranno questi” e dalla tasca interna della giacca che indossava tirò fuori una tessera magnetica e una basta di piccolo formato e le consegnò a Cole."
“Cosa sono?”
“Sono la mia tessera magnetica che ti permetterà di entrare nella base senza far scattare l’allarme, mentre nella busta c’è la mappa della base.”
Detto questo l’uomo si alzo e cominciò a incamminarsi verso l’uscita quando all’improvviso ritornò su i suoi passi.
“Un’ultima informazione” Cole guardò l’uomo con fare interrogativo “Tranquillo, questa è gratis. Ieri ho catturato una spia, il suo nome è Chuck, credo. L’ho messo fuori gioco con una speciale neurotossina, non si sveglierà fino a domani mattina. Se riesci a liberarlo potresti avere un importante alleato, e credimi li giù una mano ti servirà. La sua cella è la numero 17”
“Solo lui, nessun altro?” chiese Cole cercando di mantenere sotto controllo il suo stupore.
“Solo lui” detto questo il russo si girò di spalle e uscì.
Cole era turbato, da quando Casey aveva allentato la sorveglianza su Chuck? Da quando Sarah Walker, la spia che lo aveva rifiutato per Chuck, aveva permesso che lui affrontasse quei pericoli da solo? Scosse la testa, non era il caso di perdere altro tempo e poi di li a poco avrebbe avuto le sue risposte. 
Si precipitò fuori dal bar, la vita di quel nerd incapace di maneggiare un’arma da fuoco ma con un intero database di segreti governativi dipendeva da lui. L’intera sopravvivenza di diversi governi dipendevano da lui.

 

Prima di tutto vorrei ringraziare chi ha recensito la storia, ricevere i vostri apprezzamenti mi ha reso molto felice; questo mi sprona a lavorare meglio.
Detto questo spero che la storia nel suo andare continui a essere di vostro gradimento.
Fatemi sapere le vostre opinioni su questo capitolo. A presto!!!!!

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Capitolo 5
*** Cap. 5 ***


Dire che l’umore di John Casey fosse nero era un eufemismo, neanche pulire le sue amate armi riusciva a farlo sentire meglio. Eppure quella missione di salvataggio era partita con i migliori presupposti: alto rischio di morte, terroristi di calibro internazionale e conflitto a fuoco scontato ma quell’idiota di Grimes aveva rovinato tutto.
Quell’idiota barbuto, quell’idiota che di li a poco sarebbe diventato suo genero, visto che aveva deciso di fare il grande passo con sua figlia, quell’idiota aveva deciso di partecipare a quella missione al limite del suicidio e a nulla erano servite le varie minacce per farlo desistere da quella decisione, ma la cosa che più lo lasciava sconvolto era che la sua adorata Alex lo aveva sostenuto in quella decisione. Da quando sua figlia metteva in pericolo la vita del suo ragazzo? Non era lei che lo aveva pregato in passato di tenerlo fuori dai pericoli? Al suo ritorno le avrebbe parlato, anzi l’avrebbe spedita al miglior strizza-cervelli dell’NSA, perché solo una improvvisa pazzia avrebbe potuto spiegare quel suo strenuo supporto alla causa del nanetto barbuto.
Doveva ammetterlo però, Grimes era stato molto abile e discreto. Li aveva spiati per tutto il tempo e nessuno di loro tre, che fra l’altro erano abili spie internazionali e non di certo gli ultimi arrivati nel mondo dello spionaggio mondiale, se ne era accorto, e al momento che loro erano usciti da casa di Chuck con la loro attrezzatura pronta, si era fatto trovare pronto a partire loro. A nulla erano valse le sue minacce di rompergli varie ossa del corpo, o di strappargli i peli della sua adorata barba ad uno a uno, il piccoletto si era dimostrato inamovibile! Alla fine avevano raggiunto un accordo, lui sarebbe andato in missione con loro a patto che avrebbe fornito supporto tattico, ovvero doveva rimanere chiuso nel furgone mentre lui Sarah e Gertrude avrebbero fatto il lavoro sporco.
John lo guardò con la coda dell’occhio, da quando era salito su quel volo che li stava conducendo in Uzbekistan la sua espressione era mutata, era stranamente concentrato, stranamente serio e cosa ancora più strana non aveva proferito alcuna parola, quando di solito invece non perdeva occasione per sproloquiare. In fondo però poteva capirlo. Il suo migliore amico era sparito nel nulla e giusto da qualche ora aveva saputo che si trovava nelle mani della peggior feccia della terra.
“Grimes, tutto ok?” disse mentre si sedeva accanto a lui in quell’aereo.
“No, John” rispose con tono cupo “Chuck è il mio migliore amico e io non sono stato capace di stargli vicino, e ora si ritrova in grossi guai.”
Per Casey quelle parole furono illuminanti, finalmente capì tutta quell’insistenza di Morgan per partire con loro in quella missione, si sentiva in colpa.
“Ascoltami attentamente, non è colpa tua. Sai com’è fatto il tuo amico, quando gli succede qualcosa di brutto si chiude in se stesso e non permette a nessuno di avvicinarsi.”
“Ma John io….”
“Casey ha ragione” lo interruppe Sarah “non hai colpe Morgan. Chuck ha voluto da fare tutto da solo”
“E poi salvare Bartowski è la nostra missione preferita” ironizzò Casey.
“E stai sicuro che una volta salvato gliela farò pagare” aggiunse Sarah e gli sorrise.
Morgan rimase meravigliato da quel sorriso, e poi intuì. Intuì che in quella donna qualcosa era cambiato, e anche lui si ritrovò a sorridere.
L’aereo atterrò in una cittadina sperduta del Kazakistan, questa era situata a pochi chilometri di distanza dal confine dal confine uzbeko. Ad attenderli vi era una squadra della CIA che era di stanza in quella zona. Senza perdere tempo partirono per la città di Kantubek.
Dopo circa tre ore di giuda arrivarono a pochi chilometri dalla base nemica, Gertrude diede ordine di fermarsi in quel luogo, i suoi tre compagni di missione la guardarono dubbiosi. 
“Fidatevi di me” disse laconicamente la donna.
Casey, Sarah e Gertrude scesero dal furgone mentre e si avviarono verso la radura che era di fronte a loro. 
Gertrude guidava quel piccolo gruppo attraverso quell’intrico di alberi, ogni tanto si fermava per dare un’occhiata in giro, controllava che nessuno li stesse spiano o seguendo. A un certo punto si fermò e cominciò a smuovere il leggero strato di foglie che ricopriva il terreno.
“Gertrude, cosa diavolo stai facendo?” le chiese il suo ragazzo.
“Quando ero nel KGB sono stata in quella base per due anni. Da queste parti c’è una entrata segreta. E’ sconosciuta a molti, soltanto i ranghi più alti dell’esercito e pochi altri uomini la conoscono, era una via di fuga riservata all’èlite in caso di attacco improvviso.”
“Tipico dei russi” commentò sarcasticamente Casey.
“Tipico di qualsiasi alta sfera dell’esercito di un qualsiasi paese” lo rimbeccò Gertrude.
John incassò il colpo e rimase in silenzio, aveva ragione lei, qualsiasi paese, anche il suo, utilizzava quelle vie di fuga per gli alti ranghi dell’esercito e della politica,
Finalmente Gertrude localizzò il portellone di entrata, piazzò la termite sulla serratura che si sciolse come neve al sole, poi aiutata da John aprì il pesante portone di metallo. Entrarono nel bunker, la parte più difficile della loro missione era appena iniziata.

 

Cole era appostato da quasi un’ora in quel boschetto vicino la base. In quell’arco di tempo aveva studiato i vari percorsi e i vari uomini che sorvegliavano il perimetro, fortunatamente gli uomini giravano in solitaria, evidentemente si sentivano sicuri. Il suo uomo sarebbe passato da lì a poco.
Lo aveva scelto perché era quello che più gli somigliava fisicamente, questo gli avrebbe procurato una certa “tranquillità” una volta nella base. Montò il silenziatore sulla sua pistola e attese. Finalmente spuntò dall’angolo sinistro del muro, aveva quindici minuti di tempo per concludere quel cambio di persona. Dalla sua tasca tirò fuori uno specchietto con il quale direzionò i raggi solari verso il volto dell’uomo; ebbe l’effetto sperato, l’uomo si stava avvicinando a lui insospettito. Si nascose nella cavità dell’albero. Udì i passi dell’uomo che si avvicinavano e che superavano la sua posizione, dopo pochi attimi riuscì a vedere la sua schiena, fece un respiro profondo, mirò alla testa dell’uomo e sparò. Il suo obiettivo cadde a terra con un tonfo sordo. 
Controllò che gli indumenti della sua vittima non si fossero sporcati di sangue, li indossò e nascose il corpo della sua vittima nella cavità naturale dell’albero che poco prima lo aveva accolto, prese il fucile e il badge e andò verso il muro della base. La campana che segnava il cambio del turno avrebbe suonato da lì a pochi minuti.
L’allarme di fine turno finalmente suonò, si incamminò con gli altri “suoi commilitoni” verso  la porta di accesso della base, si guardò intorno, nessuno faceva caso a lui, passò il badge che aveva sottratto alla sua vittima e il badge che gli aveva dato il suo contatto, così che il sistema segnasse entrambi gli uomini nella base, in questo modo nessuno si sarebbe allarmato per la scomparsa di qualcuno. Era dentro. 
Diede una sguardo alla mappa, la sala di sorveglianza non era molto distante da dove si trovava lui. Percorse il corridoio che lo separava dalla sua prima meta con calma, non voleva che qualcuno lo notasse. Finalmente arrivò di fronte alla porta, tirò fuori il badge che aveva “comprato” e lo passò sul sensore, il suo contatto gli aveva lasciato scritto che con quel badge aveva i permessi necessari per accedere a tutte le aree, questo a causa del suo ruolo in quell’organizzazione che gli consentiva di avere accesso ovunque. La porta si aprì, prese la pistola e freddò i due uomini che erano stati posti di guardia. Bloccò l’accesso della porta e si diresse verso i monitor, controllò sul monitor la cella di Chuck, era vuota. Cercò su gli altri monitor e lo vide, era stato trasferito in una stanza allestita per la tortura e un uomo stava entrando proprio in quel momento. Si stava precipitando a salvarlo quando una qualcosa sul monitor lo colpì, di lì a poco in quella base ci sarebbe stato molto trambusto.

 

La prima sensazione che riuscì a sentire fu dolore, dolore che si dipanava in tutto il corpo. Provò a dischiudere gli occhi ma un fascio di luce lo investì. Una svecchiata di acqua gelata lo svegliò da quella specie do torpore che lo avvolgeva. 
Chuck Bartowski si guardò intorno ala ricerca di chi lo avesse svegliato così bruscamente, vide soltanto la sagoma indistinta di un uomo dietro il faro che gli colpiva il viso. Provò a dimenarsi, ma con enorme dolore notò che era sospeso da terra; era attaccato tramite i polsi a delle catene che scendevano dal soffitto, erano state fissate in modo tale tale da impedire ai suoi piedi di toccare il pavimento.
“Mi dispiace averla svegliata così bruscamente signor Bartowski. Sono Youri Golubev, e noi due ora ci divertiremo un po’” gli disse l’uomo con un forte accento russo.
“Cosa vuole da me? 
“Questo dovrebbe dirmelo lei visto che si è infiltrato in questa base, e se non le dispiace….” assestò un potente pugno all’addome di Chuck “qui le domande le faccio io.”
Chuck sentì il sapore ferroso del sangue nella sua bocca, il suo aguzzino glie aveva assestato quel colpo con un guanto di ferro.
“Mi sono infiltrato in questa base perché era alla ricerca di alcuni progetti”
“Che progetti cercavi?”
“I progetti di un computer, mi servono per ricostruirlo”
L’uomo colpi con un altro colpo all’addome il suo prigioniero “Più preciso Chuck”
“L’intersect. Queen, vi ha dato lui quei piani. Ve li ha dati prima che rimuovesse ogni traccia di quel progetto da qualsiasi computer governativo”
“Come sei riuscito ad arrivare a noi?”
“Mi è bastato forzare il suo computer. Ho trovato il diario delle sue missioni…è stato lui a dirvi tutto su di me, giusto?”
“Hai indovinato Chuck” Golubev sorrise sarcasticamente “Peccato che quell’idiota si sia fatto uccidere. Per carità non che mi dispiaccia per lui, ma avere qualcuno da vendere con in testa tutti i segreti governativi ci avrebbe fatto comodo”
Chuck tirò un sospiro di sollievo mentale, i russi non sapevano fortunatamente del suo download dell’intersect 3.0 nel suo cervello, ma l’ultima affermazione di quell’uomo lo aveva insospettito.
“Che cosa intendi dire con vendere? Non eravate in combutta con lui?”
“Questo non ti interessa saperlo” e l’uomo gli puntò una pistola alla fronte.
La porta della cella si aprì, e prima che Golubev potesse vedere chi era entrato si ritrovò un proiettile in fronte.
“Cole” mormorò stupito Chuck.

 

Ciao ragazzi, spero che questo capitolo vi piaccia ( personalmente non sono molto soddisfatto ). Mi piacerebbe che lasciaste qualche vostra opinione a riguardo.  A presto!!!

P.S. Buone Natale e nel caso non riuscissi ad aggiornare prima di capodanno…Buon Anno!!!

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Capitolo 6
*** Cap. 6 ***


Cole perquisì il corpo di Golubev, trovò le chiavi delle manette di Chuck nel taschino della giubba. Le prese e liberò Chuck da quelle manette che lo stavano trattenendo da diverse ore.Chuck guardava ancora incredulo la spia inglese, pensava che sarebbe morto lì, cosa che in fondo non gli sarebbe dispiaciuta visto che la sua vita senza Sarah non aveva senso, ma a quanto pare la sorte voleva divertirsi ancora un po’ con lui. Aiutato da Cole si sedette a terra. Si guardò i polsi, presentavano delle escoriazioni che sarebbero guarite in pochi giorni, poi si massaggiò lentamente le sue membra, quello stretching forzato gli stava causando un dolore non indifferente. La voce di Cole lo riportò alla dimensione reale.“Chuck non abbiamo tempo da perdere, dobbiamo andarcene da qui”
“Cole cosa diavolo ci fai qui?”
“E’ una lunga storia. Ora non ho tempo di raccontartela. Dobbiamo uscire di qui, dobbiamo andare a salvare Sarah, Casey e un’altra donna che è con loro.”
“Già dobbiamo…Cosa? Sarah? Casey? Un’altra donna?”
Cole guardò incuriosito l’espressione sul volto di Chuck, a quanto pare neanche lui si aspettava che i suoi supervisori venissero a salvarlo. Era successo qualcosa di grosso, lo si poteva intuire chiaramente, ma quella circostanza non lasciava il tempo di porre domande. Doveva, anzi dovevano, darsi da fare e il più velocemente possibile.
“Ascoltami Chuck i tuoi amici sono in pericolo. Quando sono entrati hanno fatto scattare un allarme silenzioso e appena arriveranno su questo piano un gruppo di uomini gli tenderà una imboscata.”
Gli occhi di Chuck si sgranarono all’inverosimile, se fosse stata un situazione di non pericolo Cole si sarebbe messo a ridere a vedere la ridicola espressione che il suo “collega” aveva assunto.
“Come fai a sapere tutto questo?”
“Prima di venirti a salvare sono passato dalla sala di sorveglianza e ho potuto osservare tutta la situazione. Allora sei con me?”
Chuck a sentire quelle parole si sentì come rinvigorito, sentire che il suo vecchio team era li,  sapere che Sarah era li, gli aveva restituito forze e determinazione. Scattò in piedi, non c’era il tempo per pensare ai suoi dolori muscolari. Sarah era in pericolo!
“Spero che in questi tre anni che non ci siamo visti tu abbia imparato a maneggiare una pistola.”
Chuck sorrise a quella battuta, gli vennero in mente i ricordi di quelle “missioni” insieme, come era cambiata la sua vita da allora.
“Resterai stupito da cosa sono capace di fare Cole, ma prima dobbiamo passare a prendere la mia attrezzatura.”
“Non ce ne sarà bisogno. Tieni” e gli lanciò una pistola a tranquillanti.
“Ehy questa è la mia, quando…?”
“Sono passato dall’armeria, l’ho presa insieme al tuo equipaggiamento tattico. E’ qui fuori.”

 

Gertrude guidava con sicurezza Casey e Sarah per quei corridoi poco illuminati, nonostante non mettesse piede da quasi vent’anni in quella base il suo cervello ricordava ancora ogni piccolo tratto. Abbozzò una specie di sorriso, forse non era così vecchia come pensava.Lungo tutto il percorso che avevano fatto in quella parte della base inferiore non avevano incontrato nessuno, la sua supposizione che Sokolov non avesse abbastanza uomini per perlustrare tutta la base si era rivelata giusta. La porta che portava al piano superiore della base doveva essere ormai vicina, riuscì a distinguerla in quel buio solo quando fu a pochi metri. Diede ordine a Casey di aprirla. Lentamente varcarono l’entrata, avevano tutti i sensi allertati, una piccola distrazione avrebbe fatto la differenza fra la buona e cattiva riuscita di quella missione, fra la vita e la morte.
Avanzarono di qualche metro in quel nuovo piano della base, c’era qualcosa che non li convinceva, c’era troppo silenzio, nessun movimento, la cosa non era affatto normale. E poi Casey vide. Vide un laser rosso sul petto di Sarah, istintivamente si buttò sulla donna per scaraventarla a terra, fece appena in tempo, perché un secondo dopo sulla sua testa ci fu una scarica di proiettili. I tre si rifugiarono nel corridoio che stava alla loro destra e provarono a rispondere al fuoco, ma constatarono con amarezza che non potevano colpire i loro nemici, le loro sagome erano ben celata dalla scarsa luce di quel corridoio.
“Ci stavano aspettando a quanto pare.” urlò Gertrude, visto i colpi dei fucili sovrastavano la sua voce. 
“Sarà scattato qualche allarme silenzioso a quanto pare.” aggiunse Sarah “ Per quanto potremmo resistere?”
“Non per molto. Fregati da dei russi. A quanto pare si sono evoluti un po.’” ironizzò Casey
Gertrude lo guardò storto, ma non era il momento giusto per litigare. Stavano per rispondere al fuoco nemico, quando all’improvviso ci fu silenzio.

 

Chuck e Cole correvano per i corridoi di quella base, dovevano raggiungere al più presto i loro amici in difficoltà. La luce si abbassò di intensità all’improvviso, i russi stavano per sferrare l’attacco, si misero i visori notturni. Sentirono degli spari, i loro nemici non erano distanti, aumentarono il ritmo della loro corsa. Si fermarono a poco pi di dieci metri dal loro obiettivo, erano un gruppo di circa dieci persone. Gli spari avevano coperto il rumore dei loro passi, l’effetto sorpresa era ancora dalla loro parte. Cole si preparò a sparare quando Chuck lo fermò.
“Ci penso io a loro.”
“Chuck cosa credi di fare?” sussurrò l’inglese.
“Fidati di me.”
Cole guardò Chuck con aria interrogativa, ma decise di lasciarlo fare. Vide l’uomo correre verso i suoi nemici. Imprecò, cosa diavolo credeva di fare? Voleva farsi ammazzare? Stava per intervenire quando vide Chuck stendere due dei suoni nemici con delle mosse di kung-fu. Da quando quel nerd, goffo e impacciato, aveva imparato a combattere con l’abilità di un maestro di arti marziali? Lo vedeva muoversi con una agilità e una sicurezza incredibile, era uno spettacolo affascinante, terribilmente affascinante, i suoi colpi erano potenti, precisi e veloci, in un batter d’occhio i russi erano stati sconfitti. Vide Chuck prendere una specie di telecomando da un soldato che aveva appena tramortito, la luce cominciò a diventare più intensa, doveva essere un telecomando per il controllo remoto delle luci. Poi sentì un urlo di Chuck che squarciava quel silenzio che si era venuto a creare, stava invocando il nome dell’agente Walker.

Sarah rimase sbalordita quando sentì il suo nome urlato da quella voce, dalla sua voce. Lentamente uscì dal suo riparo, voleva assicurarsi che quella non fosse una crudele e perversa trappola del nemico. E poi lo vide, era li davanti a lei, a pochi metri da lei, che le sorrideva, uno dei suoi soliti sorrisi caldi e rassicuranti. In quel momento provò emozioni stridenti fra di loro. Aveva voglia di abbracciarlo, di picchiarlo, di baciarlo e schiaffeggiarlo contemporaneamente, ma l’unica cosa che riuscì a elaborare fu il suo nome pronunciato con una voce molto flebile. Vide Chuck, che si avvicinava , voleva andargli incontro ma il suo corpo si rifiutava di collaborare, le sua gambe si erano fatte all’improvviso pesanti, era in balia di tutte le sue emozioni, mai un vita sua si era sentita così, vulnerabile ma felice allo stesso tempo. Chuck fu finalmente vicino alla sua donna, le accarezzò lentamente la guancia con il palmo della mano, Dio quanto gli era mancata la sensazione del calore della sua pelle, la sua morbidezza. All’improvviso la ritirò, come se si fosse scottato e abbassò lo sguardo sul pavimento. Si ricordò con dolore che purtroppo lui per lei era uno perfetto sconosciuto. Chiuse gli occhi e deglutì, si fece coraggio e si costrinse, per quanto gli facesse male, ad alzare lo sguardo verso il suo volto, dopotutto il desiderio di vedere il suo colore degli occhi, il suo viso era più forte di qualsiasi dolore che potesse trovare e vide. Vide, non nel suo volto abituato dagli anni di allenamento a non mostrare nessuna emozione, ma nei suoi occhi. Quelle iridi azzurre erano un turbinio di delusione e frustrazione. Sensazioni causate dal suo gesto. Chuck rimase senza fiato nel vedere quei sentimenti in Sarah, ma prima che potesse chiederle qualcosa, qualsiasi cosa, John Casey lo interruppe.
“Bartowski come hai fatto ad arrivare qui?”
“Ehy John è un piacere rivederti” disse con un sorriso Chuck “Cole mi ha liberato” e lo indicò.
“John, Sarah, signora” pronunciò con il suo solito accento elegante  mentre si avvicinava a loro.
“Mi chiamo Gertrude e lei è…”
“Cole Barker sono un agente dell’ MI6. Le mie ricerche sugli attacchi informatici ai danni del mio paese mi hanno condotto qui. Il mio contatto mi ha informato che Chuck era stato catturato…ed eccomi qui.”
“Attacchi informatici hai detto? Anche il nostro paese li ha subiti. Fortunatamente non abbiamo subito perdite di informazioni, ma la cosa ha insospettito i vertici. A quanto pare la cosa è più complessa di quanto sembri. ” intervenne Casey.
“Fortunatamente anche la Gran Bretagna non ha subito perdite ma come hai detto tu l’attacco non è passato inosservato. ” 
“Allora lascia che ti aiutiamo nella tua missione Cole” e Chuck  indicò il suo team. 
Cole guardò le persone che stavano davanti a lui. Fece un cenno affermativo con la testa, in fondo avere qualche mano in più li male non gli avrebbe fatto.Il gruppo si cominciò ad avviare verso il proprio obiettivo, quando Sarah si avvicinò a Chuck “noi due non abbiamo ancora finito” mormorò al suo orecchio e scattò in avanti in modo da non concedergli nessuna possibilità di replica. Chuck sentì dei brividi lungo la schiena, il tono che lei aveva usato glieli aveva fatti venire ma si ritrovò anche a sorridere, perché in quel tono di minaccia aveva potuto risentire un po’ della sua vecchia Sarah, della sua Sarah.
Cole guardò l’orologio, indicava le 12.15. Il meeting fra i russi e l’italiano doveva essere già cominciato. Fece cenno al gruppo che lo seguiva di aumentare l’andatura della loro camminata. Ormai erano vicini alla cella che aveva visto la tortura di Chuck quando l’allarme risuonò per tutta la base. Erano nei guai.


Ciao ragazzi, spero che abbiate passato un buon Natale. Spero che la storia continui a essere di vostro gradimento. Nel caso cominci a essere noiosa non esitate a dirmelo. Ci tengo molto a creare una storia che sia gradevole alla lettura. Aspetto vostre opinioni. Grazie a tutti.
P.S. Buon Anno!!!

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Capitolo 7
*** Cap. 7 ***


 



“Dobbiamo nasconderci immediatamente” tuonò Casey. 
Gertrude guardò rapidamente intorno a se, cercava di fare mente locale di quella parte della base. Chiuse gli occhi per concentrarsi meglio. Li riaprì di scatto, sapeva dove condurli. Cominciarono a correre lungo il corridoio in cui si trovavano, all’incrociò si fermarono, volevano assicurarsi che nessuno gli venisse incontro o che qualcuno li seguisse. Gertrude svoltò a sinistra gli altri la seguirono a ruota, percorse all’incirca altri dieci metri prima di fermarsi davanti a una porta.
“Questa era una stanza che usavamo come ripostiglio. Possiamo nasconderci qui per ora.”
Gli altri annuirono con la testa. Chuck stava per entrare quando il braccio di Sarah lo bloccò.
“Aspetta, potrebbe esserci qualcuno qui dentro.”
“Giusta osservazione Walker” rispose Casey “Vado io per primo allora”.
Il resto del gruppo si dispose lungo il muro. Sarah e Chuck al lato del destro dello stipite mentre Cole e Gertrude si misero dalla parte opposta. Erano tutti pronti a intervenire in caso di necessità.Casey fece un respiro profondo, poi con un potente calcio sfondò la porta. Lentamente avanzò nella stanza con il fucile spianato, guardò a destra e a sinistra non c’era nessuno, la stanza era pulita, fece cenno agli altri che potevano entrare dentro.La stanza non presentava nessuna decorazione, non c’era nessuno oggetto al suo interno solo una fila di scaffali vuoti lungo il lato destro del muro, dalla quantità di polvere depositata sui piani di quelle scaffalature si poteva dedurre che quella stanza non veniva usata da anni. Casey cercò di richiedere la porta, non fu una imprese facile, visto che il suo vigoroso colpo aveva rotto un cardine arrugginito ma alla fine ci riuscì. Erano al sicuro, per ora. Nessuno osava fiatare in quella stanza, erano tutti con i sensi concentrati a captare qualsiasi minimo rumore che potesse venire dall’esterno. Il suono che temevano non si fece attendere molto, era un gruppo di uomini che stava correndo verso la loro posizione, passarono oltre, tirarono un sospiro di sollievo, lo scontro per il momento era rimando. Non passò molto tempo che un altro gruppo di uomini passò di li, si fermo a meno di un metro dalla porta, lo si poteva intuire dalle loro voci, si udivano chiaramente.Dal loro accento Gertrude capì che erano ceceni, si mise ad ascoltare i loro discorsi, rimase stupita a sentire quello che si dicevano. Quando gli uomini ebbero finito di parlare ripartirono per la loro destinazione. Tutti gli occhi della squadra erano puntati su Gertrude. Si schiarì la voce. 
“Non stanno cercando noi” esordì “ l’allarme è scattato a causa di un conflitto a fuoco. Il capo dell’organizzazione è stato coinvolto, probabilmente è morto. I mercenari sono allo sbando, stanno abbandonando la base.”
“Dobbiamo andare a vedere cosa è successo” disse impaziente Cole.
Casey fu il primo a uscire da quella stanza, si guardò intorno, l’area era sicura, non si vedeva  e udiva nessuno, gli altri lo seguirono a ruota. Gertrude si mise in testa al gruppo e cominciò a guidarli per quel dedalo di corridoi. 
Entrarono nella stanza. L’odore metallico del sangue si mischiava a quello della polvere da sparo. A terra giacevano diversi di corpi. Chuck lottò duramente contro i primi conati di vomito, riuscì a stento a reprimerli. Sarah avvertì il malessere del suo compagno e si avvicinò a lui.
“Chuck, stai bene?” chiese preoccupata.
“Si” lei lo guardò con una espressione a metà strada fra la dubbiosa e la scettica “ no…Sarah, la verità è che non mi riuscirò mai ad abituarmi a queste cose.”
“Chuck tu sei speciale perché non sei come le altre spie, perché nonostante tu faccia questo lavoro a certe cose non ti ci abituerai mai. Non hai paura di mostrare le tue emozioni. Non cambiare mai” prese le sue mani fra le sue e gli sorrise. Chuck si sentì rasserenato a quel contatto e a quella visione, gli avevano donato nuove forse per andare avanti.
Cominciò a ispezionare l’ambiente, ebbe un flash su un uomo che giaceva in una pozza di sangue, un proiettile gli aveva tranciato la carotide, era Sokolov. Si avvicinò al suo corpo per ispezionarlo, cominciò a frugare nelle sue tasche; in una di queste trovò una chiavetta usb a cui era attaccata una targhetta con su scritto un nome: Sophia. Se la mise in tasca. Si avvicinò ad un altro cadavere, non indossava nessuna tuta mimetica ma un elegante vestito, gli diede una rapida occhiata, sembrava di fattura italiana. Scatto una foto al cadavere visto che non aveva avuto nessun flash magari la CIA avrebbe potuto sapere qualcosa in più. Continuò il suo giro per la stanza, sperava di avere qualche altro flash che l’aiutasse a capire ciò che era successo li, quando la sua attenzione fu catturata dalla una telecamera di sorveglianza. Si diede dello stupido mentalmente, come non aveva fatto a pensarci prima?
“Cole tu hai detto che c’è una stanza per la sorveglianza giusto?”
“Si, perché?”
“Li possiamo scoprire cosa è successo qui” e indicò le telecamera.
“Ottima intuizione Chuck.”
Giunsero davanti la porta della stanza di sorveglianza. Gertrude guardò Casey, vide che aveva un’espressione strana sul suo volto.
“John c’è qualcosa che non va?”
“Non lo sentite anche voi? E’ come un crepitio. Sembra provenire da qui dentro” e indicò la porta con il fucile.
Cole passò il badge sul terminale che stava accanto la porta. Del fumo nero e denso uscì da quell’ambiente, tutto era in fiamme.
“Maledizione” urlò Cole “quei bastardi mi hanno fregato per bene. Mesi di indagine buttati via” e sbatté un pugno contro la parete di cemento.
Imprecò anche Chuck. Vide le sue speranze di ritrovare i piani dell’intersect e di costruirne uno nuovo per Sarah andare in fumo. Si accasciò contro la parete e si sforzò di ricacciare indietro quelle lacrime che già stavano pizzicando i suoi occhi. Sarah notò la sua espressione avvilita.
“Che succede Chuck?”
“E’ finita Sarah. Il mio sogno è andato in fumo.”
“Cosa stai dicendo?”
“Dopo che te ne sei andata mi sono sentito sconfitto e ridimensionato ma non mi sono dato per vinto. Mi sono messo all’opera e ho trovato, hackerando il Pc di Quinn, delle tracce che mi conducevano qui. Quando ho letto quelle informazioni ho sentito la speranza rinascere dentro di me. Ho accarezzato il sogno di riavere la mia vita con te, lo vedevo diventare sempre più reale ma ora tutto…è andato.”
Sarah stava per rispondergli ma prima che potesse dire qualsiasi cosa Cole parlò.
“E’ finita. Usciamo al più presto di qui.”
Gertrude si mise in testa al gruppo per condurlo fuori dalla base, scelse un altro percorso, più rapido, che li avrebbe portati verso l’entrata del tunnel che li avevano usato per entrare li dentro. Erano quasi arrivati alle scale che li avrebbe condotti al piano in ferire quando Chuck si fermò all’improvviso.
“Ragazzi non notate qualcosa di strano?”
“Cosa?” rispose Casey,
“Questa” e indicò la porta alla sua destra “ è diversa dalle altre, sembra più protetta. Il terminale è differente rispetto alle altre porte…è più sofisticato”
“Quindi?” 
“All’interno ci potrebbe essere qualcosa di importante.”
“Va bene Bartowski. Se i cinque anni trascorsi insieme mi hanno insegnato qualcosa è che le tue supposizioni si rivelano sempre giuste.”
Chuck collegò il suo smartphone al terminale della porta, bypassare quel sistema di sicurezza richiese un profondo uso delle sue abilità informatiche, riuscì a spuntarla dopo una bella lotta. Inserì il codice, la porta si aprì. Entrarono dentro. 
“Hai fatto centro Bartowski” disse indicando una gigantografia “a quanto pare questo è l’ufficio di Sokolov.”
Cominciarono a ispezionarlo, sembrava essere in un altro posto rispetto all’austera base. L’ufficio era elegantemente arredato, con mobili in legno molto raffinati mentre sulle pareti vi erano grandi quadri ad olio.Chuck si mise a frugare sulla scrivania, aprì un cassetto che stava alla sua destra, conteneva dei documenti, cominciò a esaminarli nella speranza di avere qualche flash ma si rese conto che quella operazione gli stava soltanto facendo perdere tempo. Stava per mettere la documentazione al posto quando si accorse che nel cassetto c’era qualcosa che non andava, era troppo poco profondo rispetto alla dimensioni esterne. C’era un doppio fondo. Rimosse il falso fondo, trovò una specie di telecomando, spinse il pulsante rosso che stava al centro. Alle sue spalle avvertì un ronzio e poi qualcosa che si muoveva, si girò a vedere, la parete che era alle sue spalle si stava abbassando. Tutta la squadra si riunì a vedere cosa stava succedendo in quel punto della stanza, a quanto pare quel finto muro nascondeva un altro ambiente. Al suo interno c’erano degli armadi e una postazione multischermo, Chuck ebbe un flash.
“Ragazzi so cosa è questo. E’ un sistema di sorveglianza Teletech 4971 era in uso alla CIA cinque anni fa, prima di essere sostituito da uno più moderno. Un pezzo fu rubato da una base, nessuno fu capace di capire chi organizzò quel furto…fino ad oggi. Questo sistema di sorveglianza usa telecamere che si mimetizzano con l’ambiente. Queste sono sensibili al suono e al movimento. Tutto ciò che registrano viene poi digitalizzato su degli hard drive che una volta riempiti vengono criptati e automaticamente riposti in questi armadi. Ogni hard drive conserva fino a mille ore di registrazione. Ragazzi qui sopra potrebbero esserci le risposte alle nostra domande su quanto è successo a Sokolov”
“Perché mai Sokolov aveva un altro tipo di sorveglianza, segreta per giunta?” chiese Sarah.
“Probabilmente non si fidava dei suoi uomini. Non lo sapremo mai…ma qui potrebbero esserci informazioni interessanti su ciò che è successo prima” rispose Cole “ Chuck, ti devo un favore!”
Chuck non badò molto a ciò che Cole gli disse ma si girò a guardare Sarah. La guardò intensamente. Nella sua testa balenarono di nuovo i sogni di una vita felice con lei. La speranza di quel futuro era rinata in lui.
Aprirono e gli armadi e presero tutti gli hard drive disponibili. Uscirono da quella maledetta base, finalmente potevano tornare a casa.

Un telefono squillò in un lussuoso appartamento la cui vetrata donava una splendida vista sul Colosseo, rispose un uomo elegantemente vestito.
“Chi parla?”
“Sono io. La missione è perfettamente riuscita” disse un uomo dall’accento americano dall’altra parte del capo.
“Qualcuno potrebbe averti visto, qualche testimone?”
“No, non ho lasciato nessuna traccia.”
“Ottimo lavoro…Il milione di sterline è tuo, te lo sei guadagnato” e chiuse la chiamata.
L’uomo si avvicinò alla vetrata per ammirare il panorama e sorrise, la seconda parte del suo piano poteva cominciare, l’ora della sua vendetta era finalmente giunta.

 

Ciao ragazzi, passato un buon Capodanno? 
Spero che la storia continui a interessarvi. A proposito avrei una piccola domanda da farvi come vedreste un eventuale capitolo “hot” bene o male? 
Cercherò di aggiornare il più presto possibile anche se non garantisco nulla, esami e tesi mi stanno uccidendo T_T.

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Capitolo 8
*** Cap. 8 ***


 

Morgan Grimes si sentiva come un leone in gabbia. Non faceva che pensare a quei tre che erano andati a salvare Chuck. Capiva benissimo il motivo per cui gli avevano detto di restare nel furgone, lui non era una spia addestrata e in quella situazione al limite del pericolo poteva rivelarsi una zavorra per loro, ma addirittura negargli il contatto radio era troppo! E con quale motivazione? Per impedirgli di commettere, se mai fossero stati nei guai fino al collo, quella che loro chiamavano una sciocchezza, ovvero andarli ad aiutare.Aprì la portiera e scese dal furgone. Sperava che sgranchirsi le gambe e respirare un po’ di quell’aria fresca l’avrebbero aiutato a rilassarsi un po’. Con suo enorme rammarico si rese conto che non funzionava, per niente. Aprì il portellone laterale cominciò a frugare nella sua roba in cerca di qualche cosa da leggere, quando il suo occhio cadde sullo zaino di Casey. Da una tasca spuntava una scatola a lui nota. La prese e l’aprì, come previsto, conteneva gli amati sigari del colonnello, i famosi sigari del Costa Gravas. Lui non era un fumatore ma da qualche parte aveva sentito che fumare aiutava in qualche modo a scaricare lo stress. Ne prese uno, lo portò alla bocca e lo accese con l’accendino che stava sempre in quella scatola. Aspirò la prima boccata di fumo, grave e brutto errore, si ritrovò a rantolare e a tossire come non gli era mai successo in vita sua. Getto il sigaro per terra e prese una bottiglia di acqua dalla sua borsa, la finì tutta in un sorso. Come diavolo faceva John a fumare quella robaccia? Era disgustosa!Si ritrovò a guardare il sigaro che stava a terra, bruciava ancora. Lo pesto e con un calcio lo nascose sotto il furgone. Prima o poi doveva morire, poco ma sicuro, ma non gli andava proprio di perire per mano di John Casey a causa di sigaro sprecato.Appoggiò la sua schiena contro la fiancata del furgone e chiuse gli occhi, fece qualche respiro profondo per rilassarsi quando sentì dei rumori provenire dal bosco che era a pochi metri da lui. Si precipitò a prendere la pistola caricata a tranquillanti che aveva lasciato sul cruscotto della macchina. Magari quei rumori non potevano significare nulla ma in quella occasione preferì non lasciare nulla al caso. Vide qualcosa muoversi fra i tronchi del bosco, deglutì a fatica, era teso come non mai, non si era mai ritrovato in una situazione simile nella vita. Una sagoma fece capolino da quella boscaglia, sentì i battiti del suo core accelerare. Era lui. Lasciò cadere la sua pistola e corse verse verso il suo amico. Gli saltò addosso come era solito fare.
“Chuck, sono così felice di vederti amico. Stai bene?”
“Anche io Morgan” e abbracciò l’amico di lunga data.
“Non provare a fare mai più una cosa del genere, Chuck. Mi…ci hai fatto preoccupare!” e indicò gli altri presenti.
“Te lo prometto, mai più cose del genere. Che ne dici se ce ne andiamo il più presto possibile di qui?”
“Agli ordini, Chuck!”

Morgan fu ben felice di essere su quell’aereo che li stava portando a casa. Il viaggio in nel furgone era stato pieno di tensione. Lui era stato tutto il tempo alla guida, quindi non aveva potuto capire bene tutti i discorsi ma una cosa era sicura: li sotto era successo qualcosa di importante. L’aereo si stabilizzò in quota, finalmente poteva muoversi per l’abitacolo di quel mezzo. Si avvicinò a Chuck.
“Hey amico ti ho già detto quanto sono felice di rivederti?”
“Almeno un milione di volte da quando ci siamo incontrati” e gli sorrise.
“Raccontami tutto. Come ti hanno trovato Sarah, Casey e Gertrude? Che è successo li sotto? Ho sentito di diversi morti.”
“Ad essere sincero amico sono stato io a trovare loro.”
“Cosa?”
“Cole” e lo indicò “ mi ha liberato, se non fosse stato per il suo intervento…ora sarei morto.”Chuck guardò il suo migliore amico e si mise a ridere. L’espressione che aveva in volto era troppo buffa per non avere una reazione tale. Gli diede una pacca sulla spalla.
“Hey sono qui ora e sono vivo”
“Ti odio Chuck” e scoppiarono a ridere insieme.
“A proposito vado a ringraziare Cole, visto che non ho avuto ancora modo di farlo.”
“E il resto della storia?”
“Fidati amico meno sai e più sei al sicuro.”

“Hey Cole, grazie per avermi salvato oggi…credevo che fosse giunta la mia ora li giù”
“Lo avresti fatto anche tu per me. Chuck ti devo chiedere una cosa…”
“Dimmi pure.”
“Cosa ci facevi li già tutto da solo? Insomma da ciò che ricordo Casey e sopratutto Sarah non ti avrebbero mai permesso di entrare in un posto così pericoloso da solo.”
“E’ una lunga storia Cole”
“Per arrivare a destinazione manca ancora un po’, mentre il resto del team e impegnato a fare rapporto ai propri superiori e a quanto pare ne avranno per molto. Direi che il tempo c’è tutto.” Chuck si girò a guardare Casey e Sarah che parlavano tramite connessione satellitare alla Beckman, a quanto pare l’inglese aveva ragione quella specie di conferenza sarebbe andata avanti per le lunghe. Cominciò a raccontare di tutti gli eventi che lo avevano portato in quel luogo. Cole lo ascoltò attentamente per tutta la durata del racconto. Rimase sbalordito nel sapere tutto ciò che era successo dopo la sua partenza.
“Ora capisco perché sei stato capace di mettere al tappeto tutti quegli uomini” disse sorridendo.
“Già l’intersect è fantastico…ma allo stesso tempo una maledizione” e si girò a guardare Sarah con una espressione triste, che nel frattempo aveva finito di fare rapporto alla Beckman e stava approfittando si quella strana quiete per riposarsi un po’.
“Cosa farai con lei?”
“Non lo so Cole. E’ tutto così complicato. Per lei io sono un perfetto sconosciuto, Gli ho raccontato di noi e della nostra storia ma niente.”
“Perfetto sconosciuto? Non direi proprio Chuck. Ho visto come ti ha guardato oggi li giù e come ti ha parlato e credimi, non sono parole o atteggiamenti che una spia addestrata a non mostrare i propri sentimenti avrebbe. Conosco questo mestiere da troppo tempo Chuck, lei prova qualcosa per te. Ne sono sicuro.”
“Tu dici Cole? Io non credo”
“Ne sono sicurissimo Chuck. Ho rivisto le stesse espressioni di qualche anno fa. Ho rivisto la donna che ha rifiutato Cole Barker per Chuck Bartowski.”
“Cosa? Quando è successo?”
“Che importanza ha questo ora? Vai a parlare con lei!”

Finalmente quell’estenuante colloquio con la Beckman era finito. Sentiva ogni fibra del suo corpo chiedere riposo dopo quella lunga sfibrante giornata. Vide Chuck un po’ più in la parlare con Cole, non riusciva a capire ciò che stavano dicendo, il rumore dei motori dell’aereo coadiuvato con il tono basso che i due tenevano rendeva l’ascolto impossibile. Gli voleva parlare, stava per avvicinarsi a lui, quando nella sua mente balenò l’immagine di qualche ora prima: la sua mano che si ritirava repentinamente dal suo viso. Fece dietrofront e si andò a sedere vicino alla porta che deva l’accesso alla cabina dei piloti. Chiuse gli occhi. Le passarono tutte le immagini della giornata. Si ritrovò a capire che quella che provava non era stanchezza fisica, ma era una stanchezza dovuta al marasma di emozioni che aveva vissuto, provato, sentito in quel giorno. Lei era una spia addestrata a gestire in modo razionale i propri sentimenti ma era anche un essere umano! Il turbinio di emozioni a cui era stata esposta ultimamente non era per niente facile da gestire. Cercò di sgombrare la sua mente da quelle immagini quando sentì la sua voce. Aprì gli occhi. Si ritrovò il suo volto a pochi centimetri dal suo, provò una strana sensazione a livello dello stomaco. Si diede della stupida mentalmente, non era da lei sentirsi come una quindicenne alla prima cotta!
“Sarah credo…credo che dobbiamo parlare” e si sedette accanto a lei. “ Dobbiamo parlare di come ti sei comportata nella base…mi è sembrato di rivedere un pezzo della vecchia Sarah. La Sarah che ho amato…che amo.”
Rimase sorpresa a sentire quelle parole. Amore? Lei era veramente capace di amare? Le venero in mente quei pochi ricordi che aveva di loro due. La verità non era mai stata banale come in quel momento. Era giunto il momento di dirgli quella cosa.
“Chuck ricordo qualcosa…qualcosa di noi due, non sono molte cose ma hanno scatenato in me sentimenti. Sentimenti profondi verso di te.”
Chuck la guardò incredulo, non poteva credere alle sue orecchie, lei ricordava qualcosa. Lei provava di nuovo qualcosa per lui!
“Quando è successo?”
“Il primo flash l’ho avuto a Washington qualche giorno fa, il secondo quando ho trovato la busta gialle del nostro “accordo prematrimoniale.””
“E’ incredibile Sarah. E’ la più bella notizia che potessi mai ricevere. Questo vuol dire che la mia ipotesi è giusta! Che funzionerà!”
“Funzionerà cosa Chuck?”
“E’ come quando cancelli un file da un PC Sarah. In realtà non lo elimini del tutto, ma questo diventa illeggibile al sistema e se non passa troppo tempo si può recuperare del tutto”
“Non capisco…”
“Sarah se ricostruisco l’intersect posso farti ritornare i tuoi ricordi. Quinn ha usato delle flash card per toglierti la memoria, in realtà i tuoi ricordi non sono stati tolti dal tuo cervello ma resi solo illeggibili. L’intersect li renderà di nuovo accessibili.”
“Funzionerà? Sei sicuro di ciò che dici Chuck?”
“Fidati di me Sarah”
Si guardarono intensamente non ci furono più parole o altri gesti, passarono il resto del viaggio seduti li, l’uno accanto all’altro. Sarah appoggio la testa sulla spalla di Chuck e si addormentò, in quel momento si sentiva l’uomo più felice del mondo.

 

Ciao ragazzi, vi chiedo di perdonare gli eventuali errori che ci possono essere in questo cap. ma purtroppo non ho avuto molto tempo a disposizione per correggerlo. Questo cap. è un po’ diverso da quelli che ho pubblicato fino ad ora e sono stato indeciso fino all’ultimo se pubblicarlo o meno, spero che possiate apprezzarlo.
Aspetto vostre opinioni. A presto!

 

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Capitolo 9
*** Cap. 9 ***


Il sole sorgeva su Burbank, in cielo non c’era neanche una nuvola, c’erano tutti i presupposti per una tipica giornata estiva californiana. L’aereo atterrò all’aeroporto Bob Hope. Una volta scesi salutarono Cole, un altro aereo lo aspettava per riportarlo nella vecchia Inghilterra. Si lasciarono con la promessa di aggiornarsi il più presto su quanto era avvenuto in quella base.Il restante del team fece rotta verso Echo Park. Chuck entrò nel cortile, si fermò un attimo vicino alla fontana ad ammirare quelle mura, quanto gli erano mancate! Vide che c’era Alex ad attenderli. Morgan l’aveva avvisata appena erano scesi dall’aereo. Vide la donna saltare letteralmente al collo del suo migliore amico, si poteva notare chiaramente la sua felicità e il suo sollievo dovuti al fatto che il suo futuro marito era ritornato a casa senza nessun graffio. Si salutarono tutti li fuori, dopodiché si misero d'accordo sul fatto di cenare tutti insieme quella sera, per festeggiare il ritorno di Chuck.
Chuck aprì finalmente la porta di casa, era felice di essere di nuovo li. Entrò dentro, Sarah lo seguì a ruota. Vide che vicino al divano c’erano delle valigie a lui note, mentre sul tavolo della cucina stavano dei plichi che non aveva mai visto prima.
“Scusami per il disordine che ho lasciato. La missione per il tuo salvataggio non mi ha lasciato molto tempo per trovare un posto in cui stare e riordinare le mie cose. Entro stasera toglierò il disturbo.”
Chuck sentì una fitta al livello del petto. Il solo sentire che lei voleva togliere il disturbo lo faceva sentire male. Sentiva che non poteva, anzi che non doveva lasciarla andare, non ora che sapeva quel che sapeva. Ogni momento passato accanto a lei poteva essere fondamentale. Lasciarla andare non era decisamente nei suoi piani.
“No” disse con voce stridula, lei lo guardò con aria interrogativa “ Cioè questa è casa tua Sarah, puoi restare qui quanto vuoi per me non c’è nessun problema.”
“Sei sicuro Chuck?”
“Certo...magari stare qui può aiutare a stimolare in qualche modo i tuoi ricordi.”
“Dici?”
“Non ci resta che provare, no?” e le sorrise “Che ne dici di sistemare le valigie?”
Sarah cominciò a disfare le sue valigie. Quel gesto le sembrava strano, in tutta la sua vita non era mai stata abituata a mettere radici in un luogo. Si chiese come Chuck fosse riuscito a compiere quel miracola di farla fermare in un luogo, in una casa. Chiuse gli occhi e provò a ricordare. Per quanto ci provava non riusciva a far riaffiorare nessun ricordo. Sospirò e tornò a concentrarsi su quanto stava facendo.
Stava finendo di riporre le sue cose nell’armadio quando con la coda dell’occhio vide Chuck che tirava qualcosa dalla sua valigia, era una foto di loro due.
“L’hai conservata?!?!” chiese sorpreso.
“Ho pensato a lunga se tenerla li o meno…poi mi sono decisa a tenerla, sentivo che era importante”
“E’ una delle nostre prime foto insieme. Qui eravamo ancora una coppia di facciata, però mi dicevi che nonostante la nostra fosse solo una falsa relazione...non ti dispiaceva conservare qualcosa reale di noi due. Quando siamo diventati una coppia vera hai deciso di metterla nella tua valigia perché in qualsiasi parte del mondo tu ti trovassi ti faceva sentire a casa.”
Sarah rimase incantata nel sentire con quale tono quell’uomo raccontava quelle cose. Era un tono pieno di amore, passione ma si potevano anche notare sfumature di nostalgia e malinconia. Prese la foto dalle sue mani e la ripose nella valigia. Le sembrava giusto rimetterla li, era il posto a cui apparteneva. Rialzò lo sguardo, vide Chuck uscire lentamente dalla stanza. Sentì l’esigenza di sentirlo ancora accanto a lei, di esternare quei sentimenti che le sue parole le avevano procurato.
“Chuck” l’uomo si girò “ ti chiedo perdono” e vide nel suo volto stupore.
Chuck rimase senza parole, non si aspettava che Sarah dicesse una cosa del genere.
“Ti chiedo scusa se dopo la spiaggia sono sparita all’improvviso. Sono stata una egoista. Ho pensato solo a me stessa infischiandomene di ciò che tu stavi provando. Per colpa mia sei finito in quel posto dimenticato da Dio e se non fosse stato per Cole…” delle lacrime cominciarono a rigare il suo viso.
L’uomo la prese per le spalle e gli diede una energica scrollata. “Sarah cosa stai dicendo? Non è colpa tua tutto quello che è successo e il fatto che tu sia sparita dopo la spiaggia non ha influito so ciò che provo per te. Andare li è stata una mia decisione e il fatto che tu sia venuta con gli altri a salvarmi per me è stata una fonte di felicità immensa. Vuol dire che ciò che proviamo l'un per l'altro è qualcosa che va oltre tutto, oltre ogni difficoltà. Ti prometto” e la guardò dritto negli occhi “ che riusciremo ad avere la nostra vecchia vita, riavrai la tua memoria Sarah.”
La donna si asciugò le lacrime con il dorso della mano. Non aveva mai concesso a nessuno di farsi vedere così fragile ma sentiva che con lui poteva permetterselo.
“Mi fido di te, Chuck.”
Si abbracciarono, poi si distesero sul letto ed esausti si addormentarono. Le valigie e le altre cose da fare in quella casa in quella mattina potevano aspettare un altro po’.

Chuck aprì gli occhi e guardò l’orologio sul comodino segnava le 11:50, aveva quasi dormito due ore. Delicatamente spostò la testa di Sarah dal suo petto e si alzò. Rimase un attimo a guardarla, Dio quanto era bella. Le accarezzò la bionda chioma, a quel contatto la vide sorridere nel sonno, si ritrovò a sorridere di rimando. Senza fare alcun rumore uscì dalla stanza, prese il telefono e fece partire una chiamata.
“Chuck” rispose una donna dall’altro capo.
“Ellie”
“Ora ti decidi a chiamare? Non ci sentiamo da più una settimana, mi stavo preoccupando. Pensavo che ti fosse successo qualcosa!”
Chuck deglutì, odiava mentirgli ma sapeva che se le avesse detto la verità sarebbe stato peggio.
“Ellie, Sarah è tornata a casa!”
“Davvero? E’ una bellissima notizia! Quando è successo?”
“Qualche giorno fa, dice di ricordare qualcosa di noi. La cosa più bella e che questo le sta facendo riprovare qualcosa per me.”
“Chuck sono così felice per te. Come è successo?”
“Dice che ha avuto una specie di flash mentre passeggiava a Washington, quando ha visto un a coppia su un ponticello di legno in atteggiamento intimo.”
“Che ti dicevo Chuck, i sentimenti sono cose potenti!”
“Ma non capisco Ellie perché quando le ho parlato non è successo niente e poi a distanza di tempo questo flash?”
“Chuck il cervello è qualcosa di molto complicato, noi medici ancora non abbiamo ben capito il suo funzionamento e...” Ellie rimase in silenzio.
“Ellie?”
“Come non ho fatto a non pensarci prima...Le immagini!”
“Non ti seguo”
“Charles Irving Bartowski sei tu quello che si è laureato in ingegneria elettronica alla Stanford, sei tu quello che ha un intersect nel proprio cervello e non arrivi alla soluzione? Le immagini, Chuck! Sono migliaia di informazioni compresse in poco spazio. Probabilmente ciò che ha visto deve in qualche modo avergli stimolato i suoi ricordi e di conseguenza fatto riaffiorare sentimenti verso di te!”
“E' possibile che possa riacquistare la sua memoria naturalmente?”
“Non lo so Chuck, è possibile, dipende dai danni che ha subito il suo cervello.”
“E se invece costruissi un dispositivo come quello di papà?”
“Un intersect per i suoi ricordi? Credo di si, dopotutto si baserebbe sullo stesso principio che ha usato papà. Si Chuck, funzionerebbe.”
“Mi hai dato una notizia fantastica.”
“Chuck” disse la donna con tono apprensivo “promettimi che non i caccerai nei guai”
Chuck sorrise ironicamente. Decise di essere sincero con la sorella, a piccole dosi ovviamente.
“Ellie è una cosa che non ti posso promettere. Sarah è troppo importante per me. Doveresti saperlo, siamo dei Bartowski.” sentì la sorella sospirare rassegnata dall'alto lato del telefono.
“Ora devo andare Chuck, la piccola Clara mi reclama.”
“Va bene Ellie, da un bacio da parte mia alla piccola principessa. E grazie”
Rientrò in casa e andò in stanza da letto, Sarah dormiva ancora, ritornò su i suoi passi e andò in cucina, vide il display del suo cellulare, che aveva lasciato sul tavolo, illuminato.
Era un messaggio della Beckman. Uscì di casa di corsa e andò ad avvisare Casey, poi un volta rientrato anche se a malincuore svegliò Sarah.
Appena furono pronti Chuck partire il collegamento.
“Buongiorno ragazzi”
“Generale “ risposero all’unisono.
“I nostri tecnici hanno analizzato le informazioni che ci avete dato. I responsabili degli attacchi informatici ai vari governi erano proprio i russi. Il software che era contenuto nella chiavetta che ha trovato Chuck ne è la prova.”
“Generale che tipo di software hanno usato?” chiese Chuck.
“Il software si chiama Sophia, è software molto particolare. I tecnici ritengono che sia una specie di trojan horse, una volta che riesce a entrare nel sistema trasferisce tutti i dati a cui riesce ad accedere in un server offshore.”
“Sophia eh?” disse sarcasticamente Chuck “Ci sono dati importanti che sono andati trafugati?”
“Fortunatamente no. Secondo i nostri tecnici nel codice vi erano troppi errori. Probabilmente questi attacchi erano solo una provo ma il vostro intervento ha sventato qualsiasi altra minaccia.”
“Siete riusciti a localizzare dove i dati sono stati trasferiti, generale?” chiese Casey.
“Si una squadra è stata mandata li per recuperare le informazioni e smantellare il sito. Il governo degli Stati Uniti vi ringrazia. Per il servizio reso, quando vorrete, una posizione per voi nella agenzia ci sarà sempre.”
“Grazie, generale” risposero.
“Generale Beckman” disse Chuck “un’ultima domanda. Ci sono novità per i video?”
“I tecnici ci stanno lavorando su. Sono riusciti a decriptare i primi dischi e ne stanno analizzando il contenuto. Se ci dovesse essere qualcosa di importante che riguarda le tue ricerche ti farò sapere. Buona giornata.”

Alcuni giorni dopo…

Quei giorni per Chuck erano stati densi e fantastici. Aveva passato tutto il tempo a disposizione con Sarah., parlandole di loro due. Lei era avida di informazioni sulla sua vita passata e sulla loro relazione, e il modo in cui il ragazzo le parlava l'appassionava sempre più. Erano talmente presi dai loro discorsi che gli era capitato di saltare i pasti. Più tempo passavano insieme e più sentivano che fra loro due si andava ricreando quella confidenza, quella alchimia, quella sintonia degli anni passati.
Chuck le stava parlando della loro prima missione da fidanzati “veri” quando il telefono cominciò a squillare . Era la Beckman.
Chuck, Sarah e John si riunirono e fecero partire il collegamento video con il generale.
“Buongiorno team, ci sono importanti novità. Le riprese ci hanno mostrato qualcosa di interessante” e fece partire un video.
Nella stanza stavano Sokolov e un uomo elegantemente vestito, intorno a loro stavano vari uomini armati, le loro guardie.
Allora Vladimir” disse l'uomo con un marcato accento italiano “ dove sono le informazioni che mi devi?”
Dove sono i soldi?” rispose il russo.
Soldi? I termini del patto non erano questi!”
Non dire stronzate, chi ci ha messo in contatto ha parlato chiaramente di soldi”
Sei tu quello che dici stronzate. Io fornivo il software mentre tu mi davi informazioni”
Sai che ti dico? Il software ora è mio e io non ti do proprio un bel nulla”. Il russo estrasse la pistola da dietro alla schiena e sparò alla testa l'italiano. Nella stanza ci fu il caos i vari uomini si attaccarono fra di loro, Sokolov ne approfittò per nascondersi dietro la scrivania. Quando la sparatoria ebbe fine il russo uscì fuori dal suo nascondiglio. Si guardò intorno, erano tutti morti. All'improvviso la porta si aprì, entrò l'uomo che aveva mandato al tappeto Chuck.
Finalmente sei arrivato. Cos'è avevi troppa paura a sporcati le mani?”
Per niente.”disse l'uomo con un perfetto accento americano. Prese la pistola e gli sparò alla gola. Dopo che Sokolov esalò il suo ultimo respiro gli si avvicinò e gli mise un chiavetta nella sua giubba.
Chuck ebbe un flash sulla voce dell'uomo misterioso. Impallidì.
“Ragazzi, so chi è quell’uomo!” balbettò.

Ciao ragazzi, tutto bene? Spero che gradiate questo capitolo. Ne approfitto per ringraziare tutti quelli che hanno letto e recensito la mia storia, mi fa sentire molto apprezzato. Ovviamente vi invito sempre a lasciare qualche recensione, giusto per capire sempre se ciò che scrivo è di vostro gradimento o meno. Se avete qualche critica non esitate a farla, sono utili per crescere.
A presto!!!!

 

 

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Capitolo 10
*** Cap. 10 ***


Chuck camminava su e giù per la stanza nervosamente torcendosi le mani. Stava impazzendo, era l'unica spiegazione plausibile. L'intersect gli stava fondendo il cervello nuovamente. Si guardò il polso sinistro. No, a quanto pare il governatore funzionava perfettamente. Continuò a passeggiare per la stanza, si portò le mani alle tempie per massaggiarle, ci doveva essere una spiegazione logica per ciò che aveva visto. Ma certo, come non aveva fatto a pensarci prima, quell'informazione era sicuramente errata, non poteva esserci altra spiegazione. Durò solo un attimo quel sollievo, poi la verità lo colpì duramente, come se qualcuno gli avesse dato un pugno allo stomaco. L'intersect non si sbagliava, mai. Come era possibile? Convenne che l'unica spiegazione possibile, per quanto assurda fosse, era che ciò che aveva visto fosse vero. Si sentiva nauseato. Pensava che con l'ultimo scontro lo avesse messo definitivamente fuori dai giochi e invece no, era li che si sbeffeggiava ancora una volta di lui. Non solo aveva finto la sua morte ma addirittura aveva cambiato i suoi connotati! Guardò Sarah che lo fissava visibilmente preoccupata e una ondata di consapevolezza, intuizione o qualsiasi modo la si voglia chiamare lo colpì prepotentemente. Lui, Shaw, era coinvolto in ciò che le era successo, anzi aveva la netta sensazione che fosse stato l'autore di tutto quello. Si sedette sul divano e fissò lo schermo nero del televisore. La Beckman, saputo cosa aveva visto nel flash e cosa era succeso nella base uzbeka aveva chiuso la comunicazione sconvolta, dicendo che li avrebbe contattati appena avrebbe avuto più informazioni. Chuck continuava a rimuginare su quella faccenda quando la voce di Casey lo riportò alla realtà.
“Chuck? Chuck?”
“John...” disse stancamente l'uomo.
“Stai bene?”
“No. E' un incubo John. Non sapevo che Shaw fosse stato dichiarato morto ma pensavo che dopo il nostro ultimo scontro non avrebbe più creato problemi.”
“Chuck ridicci cosa hai visto nel flash.” intervene Sarah.
“Ho avuto un flash sulla sua voce. Le informazioni dicevano che Shaw sia morto in carcere. Si è avvelenato.”
“In pratica ha finto la propria morte” disse Casey.
“Si, qualcuno deve averlo aiutato dall'interno. Il referto dell'autpsia è stato sicuramento falsato.”
“E se qualcuno abbia usato la sua voce nel video per depistarci? Tu non lo hai avuto nessun flash quando lo hai visto, no?” chiese Sarah.
Chuck guardò la donna stupito. Aveva ragione! Come non aveva a fatto a pensarci prima? “Hai ragione Sarah, è una possibilità. Sarà sicuramente andata così. Ottima intuizione Sarah.”
“Non essere stupido Bartowski. Nel video si vede chiaramente che il russo non nota nessun cambiamento nella voce di Shaw, altrimenti sarebbe rimasto sorpreso, no?”
"John non mi importa che cosa ho sentito, io credo che l'intuizione di Sarah sia giusta!”
“Da quando il tuo cervello ha smesso di funzionare Bartowski?” disse con tono duro il colonello.
“Ho bisogno di credere che sia andata così John, ok?” urlò disperatamete Chuck. “Io...”
“A cosa stai pensando Chuck?” domandò Sarah.
“Credo che sia una cosa folle Sarah ma credo che...”
“Credi che Shaw sia coinvolto in ciò che Quinn le ha fatto vero?” lo anticipò Casey.
“Si” disse amaramente “ Non so come ma credo che sia andata così”
“Cosa faremo ora Chuck?” chiese la donna.
“Mi metterò a cercarlo e quando lo avrò trovato chiuderò una volta per tutte questa storia”
“Tu non farai proprio un bel niente Bartowski. Ora tu te ne starai buono ad aspettare notizie della Beckman. Chiaro?”
“Ma John come...?” rispose Chuck alzando la voce.
“Chiaro?” sottolineo minacciosamente. “Walker puoi lasciarci soli un momento?”
“Si, certo” disse titubante e guardò Chuck in cerca di spiegazioni ma in riposta ricevette solo uno sguardo confuso.
“Ascoltami bene idiota, non so quale sia il piano di Shaw e non so se lui sa che lo abbiano scoperto ma so solo una cosa: comportarti così non ti porterà da nessuna parte. Sei arrabbiato, amareggiato e lo capisco ma se lasci che le emozioni ti soprafacciano...finirai per comettere qualche errore di cui te ne pentirai, amaramente.”
“Cosa dovrei fare John? Aspettare che quell'uomo distrugga tutta la mia vita? Questa storia deve finire, ora!”
“Ma ti stai ascoltanto Bartowski? Dimmi, prechè Sarah si è innamorata di te?”
“Cosa centra questo ora?”
“Rispondimi!”
“Lei...lei mi diceva che si era innamorata di me perchè non ero come le altre spie. Ero, sono incapace di...” e si blocco. Lo sguardo che Casey gli rivolse fu molto eloquente.
“Vedo che ci sei arrivato Chuck. In qualsiasi modo si evolva la situazione non perdere mai di vista il tuo obiettivo: lei. Quando sarà il momento lascia che se ne occupino gli adulti, ok? Ora va a riposarti, appena la Beckman ci darà altre notizie decideremo il da farsi” e si avviò verso la porta.
“John?” l'uomo si voltò “Grazie!” Ricevette in risposta il tipico grugnito. Sorrise, certe cose fortunatamente non sarebbero cambiate mai.
Andò nella stanza da letto vide che Sarah lo attendeve impazientemente. Si notava chiaramente che voleva sapere cosa era successo in soggiorno.
“Allora mi dici di cosa avete parlato tu e Casey?”
“Oh, mi dispiace ma è una cosa confidenziale” disse scherzosamente.
“Ehy, fino a prova contraria sono ancora tua moglie!” La sua bocca assunse un ovale perfetto. Lei stessa era stupita per le parole che aveva apena detto. Chuck la guardò per un attimo come se fosse un alieno, poi si sciolse in un sorriso felice, caldo, rassicurante, gioioso.
“E' la più bella cosa che potessi dirmi” gli rispose con voce rotta dall'emozione. “Abbiamo parlato di te. Del motivo per cui ti sei innamorata di me.”
“E perchè Casey mi ha chiesto di andarmene?”
“Bhe, perchè lui è Casey. Non ama manifestare i suoi sentimenti dinanzi a tutti. Dietro quel suo attegiamento da orso si nasconde uan persona che tiene ai suoi amici.”
Chuck la invitò a sedersi sul letto. Gli sembrava giusto in quel momento parlare di John, glielo doveva, aveva svolto un ruolo fondamentale nelle loro vite, inoltre con Morgan ero stato il primo a sostenere la loro relazione.

Casey rientrò in casa come una furia, le notizie che aveva appena ricevuto non gli erano piaciute per niente. Sentiva la necessità di sfogarsi. Prese il suo zaino, che stava ancora vicino alla porta e la mise sul tavolo del soggiorno. Cercò la scatola dei sigari. Sperava che un buon Costa Gravas lo aiutasse a stemperare il malumore. Quella sera Alex avrebbe cenato con lui e non gli andava proprio di mostrarle il suo lato peggiore. Aprì la scatola, notò che qualcosa non andava, mancava qualcosa. Contò i sigari, ne mancava uno all'appello. Si mise a rimuginare su chi avesse potuto toccare i suoi “tesori”, gli venne in mente solo una persona, Grimes. Sentì qualcuno scendere dalle scale, si voltò, era lui.
“Tu!” Morgan rimase paralizzato sull'ultimo gradino della scala, il tono usato da Casey non gli era piaciuto per niente. “Sei stato tu a prendere uno dei miei sigari?”
“S-si”
“Quando e perchè?” disse a denti stretti.
“Quando eravamo in Uzbekistan. Non vi vedevo arrivare ed ero molto preoccupato e così ne ho fumato uno per scaricare la tensione.” rispose tutto di un fiato.
“Ti è piaciuto?”
“Si signore” e deglutì “i sigari del Costa Gavas sono i migliori, no?”
Casey lo squadrò dalla testa ai piedi, poi fece una leggera scrollata di spalle. “Bene. Ne vuoi uno?”
“Ehm, no grazie. Sai, Alex non approverebbe” John annui leggermente con la testa mentre se ne accendeva uno. “John cosa vi ha mostrato la Beckman? Sei stato via parecchio tempo...”
“Credimi Morgan, preferisci non saperlo”
“Suvvia John. Non sono più un bambino!”
“Non è per quello idiota...è pericoloso”
“E pensi che se non me lo dici questa pericolosità diminuirà?”
“Va bene” sospirò “Shaw è coinvolto in tutto questo. Non sappiamo come ma è coinvolto. Lo abbiamo visto da dei video.”
“Cosa?” urlò il piccolo uomo barburo.
“Abbassa la voce. A quanto pare ha finto la sua morte e ha cambiato i suoi connotati. Per ora sappiamo solo questo ma Chuck sospetta che abbia a che fare con ciò che è successo a Sarah.”
“Dannazione” e cominciò a vagare per la stanza. Si fermò. Guadò Casey con una espressione risoluta. “ Sarà rimandato!”
“Cosa stai farneticando?”
“Il matrimonio John. Stasera io e Alex avevamo intenzione di dire la data del nostro matrimonio ma questo cambia tutto.”
“Perchè?”
“Sai...voglio che il giorno del mio matrimonio le persone che vi ci parteciparanno siano veramente felici. Lo so, è una cosa stupida ma è un mio desiderio.”
Casey rimase in silenzio a guardare l'uomo, poi tirò una boccata al sigaro.
“Grimes, sono contento che mia figlia si sposi con te” e gli strinse la mano.
“Grazie, signore” disse Morgan comosso e sorpreso allo stesso tempo.
Vide il piccolo uomo barbuto uscire dalla stanza, si ritrovò a pensare che avrebbe fatto di tutto per esaudire quel suo desiderio.

Nonostante le brutte notizie di quella mattinata la cena si svolse in un clima sereno e giosioso. Avevano deciso di cenare nella casa di Morgan e Alex. Avevano appena finito di mangiare il dolce che Alex aveva preparato quando videro Gertrude alzarsi dalla tavola.
“Dove vai?” chiese Casey.
“Ora vedrai.” Prese una busta da un armadio della cucina e poi glielo diede.
“E' un regalo per il nostro mesiversario.”
John la guardò perplesso “ Il nostro che?”
“Lascia perdere. Aprilo e basta.”
Scartò il regalo vide il contenuto della scatola. “Una cinta con il logo dei marines sulla fibia? Grazie, Gertrude. La indosserò nelle occasioni speciali”
“Potresti cominciare stasera...in camera da letto...sai...si può usare in tanti modi”
Alex strabuzzo gli occhi, Morgan sputò il sorso d'acqua che stava bevendo mentre Chuck e Sarah scoppiarono in una risata fragorosa. Casey stava per dire qualcosa quando il suo telefono cominciò a suonare. Era la Beckman.

“Buonasera ragazzi, ho importanti novità. I miei analisti hanno confermato il flash di Chuck. Shaw è vivo. Ho mandato degli uomini alla sua tomba e mi hanno riferito che il suo corpo non c'è.”
“Cosa intende fare generale?” chiese Chuck.
“Ho avviato delle indagini interne. Ho messo al lavoro i miei uomini migliori.”
“Faccia partecipare anche noi alle indagini. Il castello sotto al Buymore funziona ancora. Ci servono soltanto dei suoi tecnici che ci reimmettano nei server della CIA e dell'NSA.”
La Beckman ci pensò su un attimo poi si decise a ripondere. “Va bene Chuck. Domani mattina dei miei uomini saranno li.”

Ormai erano diversi giorni che era rinchiuso nel castello. Aveva messo sotto e sopra i diversi database delle varie agenzie ma non era riuscito a trovare nulla e la Beckaman non si faceva sentire da lla sera della cena. Si guardò intorno, nel castello regnava la pace. Sarah era andata a casa a riposarsi mentre John e Morgan erano fuori per della commisioni personali. Cominciò a pesnare a tutte le avventure che erano cominciate in quel posto quando il suo telefono comicnio a suonare. Sul display non compariva nessun numero. Apri la chiamata incuriosito.
“Ciao Chuck.”


Ciao ragazzi! Decimo capitolo, wow. Non avrei mai pensato di scrivere coì tanto. Per questo devo ringraziare voi, perchè con le vostre letture e le vostre recensioni mi avete spronato a continuare con questo progetto. Quindi grazie!!!! Come al solito vi invito a recensire, perchè una recensione per quanto piccola fa sempre bene all'autostima di uno scrittore ( lo so, è un parolone ) XD.
A presto!!!!

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 11
*** Cap. 11 ***


Sarah si svegliò. Non dormiva così bene da parecchio tempo. Si sentiva completamente rilassata e rigenerata a dispetto delle ultime notizie che aveva ricevuto. Si alzò da letto e cominciò a vagare per la casa. Si mise a guardare le foto del suo matrimonio che stavano in salotto. Era strano, molto strano. Non ricordava nulla eppure sentiva qualcosa. Non sapeva se era felicità o altro ma si sentiva come protetta, al sicuro, a casa. Guardò l'orologio, sussultò. Doveva dare il cambio a Chuck nelle ricerche ed era in ritardo di un'ora circa! Si precipitò fuori di casa.Scese giù nel castello, diede una rapida occhiata in giro in cerca del ragazzo ma non udiva nessun rumore.
“Chuck?” urlò ma non ricevette nessuna risposta. Lo richiamò ma ricevette in risposta solo il suo eco.
Pensò che probabilmente era uscito a prendere una boccata d'aria e a sgranchirsi un po' le gambe. Decise di mettersi al lavoro. Era al PC da un bel po' quando sentì la porta del castello aprirsi.
“Chuck” chiamò, ma a risponderle furono altre due voci a lei note, erano Casey e Morgan. “Avete sentito o visto Chuck?”
“No” le rispose il piccoletto “lo abbiamo lasciato qui un paio d'ore fa. Perché?”
“Sono rientrata da mezz'ora e non l'ho trovato.”
“Hai provato a chiamarlo sul telefono?”
“No. Ho pensato che fosse uscito per fare una passeggiata.”
“Mm, non è da lui. Di solito quando si butta a capofitto in qualche ricerca si ricorda a malapena di mangiare.”
“Ok, ora provo a chiamarlo.” Compose il suo numero. Sentì la suoneria del suo cellulare a pochi metri da lei. Cominciò a camminare verso il luogo da cui proveniva il suono. Trovò il telefono sotto un armadio dell'armeria. Sentì un vago senso d'ansia. Se aveva imparato qualcosa in quei giorni di convivenza con Chuck è che lui non abbandonava mai il suo telefono. Lo mostrò agli altri due. Casey cominciò ad armeggiare con lo smartphone, andò nello storico delle chiamate, vide una chiamata sconosciuta che risaliva a un'ora prima. Senza perdere tempo attaccò il dispositivo al computer per provare a rintracciare la fonte della chiamata ma ogni tentativo si dimostrò vano. Provarono a rintracciare la sua posizione tramite il GPS che stava nel governatore ma anche in questo caso ogni tentativo risultò inutile. Cominciarono a fare varie congetture su cosa potesse essere successo quando all'improvviso tutti e tre si guardarono come folgorati. Il sistema di sorveglianza! Le risposte alle loro domande dovevano essere contenute in quelle registrazioni. Fecero partire il video. Si vedeva Chuck che parlava al telefono, che urlava il nome di Shaw e poi che annuiva al telefono. Finita la telefonata si vedeva che lanciava il suo telefono sotto l'armadio dell'armeria e poi che usciva come una furia dal castello.
Si precipitarono ai computer. Caricarono una foto di Chuck e dopodiché fecero partire una ricerca su tutti i dispositivi di sorveglianza della città. Speravano che qualcuno di loro potesse aver catturato i suoi movimenti così da fornirgli indizi su dove fosse diretto. La ricerca non produsse nessun risultato. Era diventato un fantasma, il lungo addestramento, aiutato dall'intersect, l'avevano fatto sparire a quei occhi elettronici. Nella sala regnava una atmosfera tetra, ormai non avevano più idee quando Morgan cominciò a parlare.
“Ragazzi credo che abbiamo sbagliato nel fare la ricerca.”
“Cosa intendi dire Morgan” chiese Sarah.
“Chuck aiutato dall'intersect sarà riuscito a eludere tutti i sistemi di sorveglianza ma Shaw no.”
“Spiegati meglio” disse Casey.
“Credo che se mettiamo il nuovo volto Shaw nel filtro di ricerca forse potremmo avere qualche risultato. Non credo che anche lui sia capace di eludere tutti i sistemi di sorveglianza, no?”
“Buona idea Morgan.” Sarah fece partire una ricerca che questa volte produsse diversi risultati, mostravano Shaw in vari luoghi e l'ultimo di questo era l'hotel Maison 23. Il fotogramma lo metteva in quel luogo due ore prima circa. Era sicuramente li.
“Incredibile” mormorò Sarah. Il collegamento fu lampante. Chuck le aveva raccontato tutto quello che era successo con Shaw senza tralasciare ogni minimo particolare, le fu facile capire cosa voleva fare li. Voleva chiudere definitivamente, in quella stanza, i conti fra lui e Chuck. Senza perdere tempo cominciò a correre verso le scale.
“Walker dove stai andando?” urlò Casey.
“Vado a salvare Chuck. Vado a salvare mio marito.”
“Bisogna contattare la Beckman e riferirle...”
“Me ne frego della Beckman” e uscì come una furia dal castello.
“Grimes, ascoltami bene. Seguila. Quando arriva all'hotel avvisami, voglio il numero della stanza. Dopo che mi hai avvisato vattene di li, intesi?”
“Chiaro John. Ma tu cosa vuoi fare ora?”
“Contatto la Beckman devo parlare con lei di alcune cose.”
“Va bene John vado.” Uscì dalla stanza nel frattempo Casey avviò il collegamento con la Beckman.

Dolore, ecco la prima cosa che avvertì. Un forte dolore al livello della nuca. Provò a riaprire gli occhi ma un senso di nausea lo investì, li richiuse immediatamente. Provò a fare mente locale sulle ultime immagini che ricordava. Lui che entrava nell'hotel, lui che apriva la porta della stanza 832, poi il buio. Cercò di muoversi ma qualcosa glielo impediva, si accorse che aveva gambe, busto e polsi bloccati.
“Ben svegliato Chuck.”
“Shaw..” mormorò.
“Spero che tu stia comodo seduto su quella sedia perché dobbiamo fare una bella chiacchierata.”
“Sono stato...uh, la mia testa.”
“Tieni” e gli porto alla bocca un bicchiere.
“Cosa è?”
“E' un analgesico” Chuck lo guardò con una espressione guardinga “Tranquillo non voglio ucciderti. Non ora, non ancora” decise di fidarsi. Bevve tutto in un sorso.
“Hai richiamato i tuoi uomini?”
“Non ancora. Qualcuno sa dove sei? Ti ha seguito qualcuno?”
“No. Ho fatto come da istruzioni. Ora richiama i tuoi uomini. Ellie non ha nulla a che fare con tutto questo. Sarei venuto qui da solo anche se tu non avessi minacciato mia sorella e la sua famiglia. Per favore, fai quella chiamata” e lo guardò con arie supplichevole.
Shaw tirò fuori il suo cellulare, compose un messaggio e lo inviò “I miei uomini non hanno più sotto tiro tua sorella e la sua famiglia” poi prese una sedia e la trascinò fino a potarla di fronte a Chuck poi si sedette.
“Allora Chuck ti piace dove ti ho portato?” disse ironicamente l'uomo guardandosi intorno.
“Basta con i giochetti Shaw. Cosa vuoi da me? Perché mi hai portato qui?”
“Beh dovresti saperlo. I video che hai trovato, il flash che hai avuto sulla mia voce...”
“Come fai a saperlo?”
“Oh Chuck ogni mossa che ho fatto da dopo la morte di Quinn è stata finalizzata per arrivare a questo momento.”
“Non capisco”
“Vediamo. Cominciamo dall'inizio. Pochi giorni dopo il nostro ultimo scontro, Quinn è venuto in carcere a fammi visita. Non avevo molto voglia di ascoltarlo ma seppe usare un argomento molto convincente per farmi collaborare con lui e il suo socio: la tua morte. Avrei dovuto aspettare che lui portasse a termine la sua missione, ma mi andava bene, dopotutto aspettare avrebbe soltanto reso più dolce il momento.”
“Continuo a non capire...”
“Con calma Chuck, oppure hai fretta di morire? Gli serviva un uomo con una esperienza come la mia per l'organizzazione che stava costruendo. Accettai la sua proposta. Mi avrebbe dato una nuova identità e mi avrebbe cambiato la fisionomia del mio volto, così da potermi farmi muovere liberamente senza correre il rischio di essere riconosciuto. Simulata la mia morte per avvelenamento, sono partito con un volo privato per la Colombia, li mi hanno fatto questo bel lavoretto” e si indicò la faccia “ una volta tornato ho saputo che Quinn era morto e il suo piano era ben più che naufragato. Stavo venendo ad ucciderti quando il socio italiano di quell'idiota mi contattò. Mi offriva la possibilità di collaborare direttamente con lui. Ascoltai ciò che aveva da dirmi, accettai la sua proposta.”
“Cosa aveva da dirti? Chi è sto socio?”
“Calma Chuck. Sto per arrivare alla conclusione. Tre settimane fa mi sono infiltrato nella base centrale della CIA e all'interno del potente super-computer di cui si servono per elaborare i dati ho installato Sophia.”
“Sophia? Quella specie di trojan horse che ho trovato nella chiavetta addosso a Sokolov? È un software pieno di errori!”
“Quello che ho dato hai russi si, ma quello che ho installato alla CIA è la versione originale senza nessun errore di codice. Sophia non è solo un programma capace di far vedere in tempo reale le informazioni che vengono elaborate e inviate fra i vari computer connessi alla rete CIA ma permette a chi lo usa di mettere a sua volta informazioni nel sistema.”
“In pratica, oltre a vedere tutte le informazioni puoi elaborare delle tue e inserirle come se fossero vere?”
“Esatto Chuck. Ma vedi questo software ha un piccolissimo difetto, la prima volta che si attiva usa in modo intensivo la rete per la quantità di dati che elabora, per questo ci serviva un diversivo, un attacco...”
“I russi”
“Già. Convincerli non è stato difficile, i soldi più la prospettiva di avere un super-computer di ultima generazione di rivendere era una offerta allettante. Qui entri in gioco tu Chuck. Sapevo che avresti fatto di tutto per Sarah. Ti ho spiato per alcuni giorni e quando finalmente sei uscito di casa ne ho approfittato per installarti Sophia sul tuo computer.”
“Quindi sei stato tu a condurmi li...Cole, Casey e Sarah sono venuti li a causa tua?”
“No. La spia inglese era stata mandata dal suo governo e ne ho approfittato per racimolare un po' di soldi, mentre Casey e Sarah...è stata una sorpresa che non ha impedito lo svolgersi del mio piano.”
“La tua voce...era diversa”
“Mi è bastato applicare esternamente un piccolo chip sulle mie corde vocali.”
“E Gobulev? Diceva di conoscere Quinn. Mi stava per uccidere!”
“Era tutta una messa in scena Chuck. Quei due non si sono mai visti. Gobulev non ti avrebbe mai ucciso, aveva ordine di non farlo. Lui era un mio sottoposto.”
“Quindi ci sarai rimasto male quando Cole lo ha ucciso” ironizzò Chuck.
Shaw si mise a ridere, una risata sguaiata, crudele. “Quanto sei ingenuo Chuck. Io ho mandato Gobulev in quella stanza, io ho indirizzato quell'agente inglese in modo che ti venisse a salvare. Era tutto un mio piano.”
“E quell'italiano morto? Era lui il tuo socio?”
“No Chuck, era qualcuno che ci stava creando problemi. Il mio compagno di affari voleva una falsa sparatoria per depistare le indagini. Solo che io ho leggermente modificato il suo piano.”
“Quindi tu sapevi dell'esistenza dell'altro sistema di sorveglianza...”
“Quello spaccone di Sokolov si vantava sempre di come riusciva a tenere in riga i suoi uomini, mi è bastato assecondarlo un po' per scoprire tutti i suoi segreti. Per i video era mia intenzione farveli trovare ma tu hai fatto il lavoro per me.”
“Perché tradire il tuo socio? Solo per uccidermi qui? In questa stanza?”
“Oh no Chuck c'è molto di più. Volevo farti assistere alla mia apoteosi. Dopo che ti avrò ucciso andrò in Italia a uccidere il mio socio. Non è stato facile rintracciarlo, visto che non l'ho mai incontrato e dopo che avrò ucciso anche lui...metterò tutti quei segreti all'interno del mio cervello con l'intersect. Avrò tutti i governi occidentali ai miei piedi.”
“Cosa?”
“Oh si, Sophia è all'interno di tutti i governi occidentali. Questo è tutto, è ora di morire Chuck” e gli puntò la pistola alla tempia. Stava per premere il grilletto quando il suo telefono cominciò a vibrare. Lo prese. “A quanto pare abbiamo compagnia.” Vide uscire Shaw dalla stanza.
Chuck cominciò a chiedersi cosa avesse voluto dire con quella frase. Non dovette aspettare molto. La porta si aprì, vide Shaw portare sulle spalle una figura a lui nota. Rimase impietrito. Era Sarah. La posizionò su una sedia e dopo averle legato mani e polsi la svegliò.
“Ciao Sarah. Sono felice che tu sia qui per assistere alla morte di Chuck.”
“Ti prego Shaw non farlo. Lui è molto importante per me. Anche dopo aver perso la memoria lui....”
“So bene cosa è per te. Lo so benissimo. Mi dispiace che tu non abbia del tutto la tua memoria Sarah, perché vorrei che tu soffristi molto di più. Tu mi hai portato via mia moglie, io ti porto via tuo marito.”
“Shaw” lo interruppe Chuck “Se tu ora mi uccidi...la tua vendetta si conclude qui? Non ci saranno altre altre morti?”
“No.”
“Mi va bene.” rispose e si girò verso Sarah “ Sarah, ti amo. Spero che tu un giorno possa ricordare tutto di noi due. Ti auguro di trovare una persona che ti sappia amare quanto ti ho amato io. Non mi vendicare. Abbi una vita felice” poi si girò verso Shaw “ sono pronto.”
“No, Chuck...ti prego Shaw” disse la donna in lacrime.
Shaw montò il silenziatore alla pistola, poi la puntò contro la testa di Chuck.
“Addio Chuck.”
Sarah urlò disperatamente, poi il silenzio della morte invase la stanza.


Ciao ragazzi, ecco il nuovo capitolo, spero che sia di vostro gradimento. Come al solito aspetto le vostre opinioni. A presto!!!

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Capitolo 12
*** Cap. 12 ***


Casey correva follemente per le strade di Burbank. La Beckman gli aveva dato il via libera per la sua missione. Spinse ancora di più il piede sull'acceleratore, il tachimetro cominciò a sfiorare pericolosamente i novanta chilometri orari. Gli importava ben poco. Chuck era in balia di quel folle mentre Sarah era andata a salvarlo senza il suo supporto, senza pianificare una adeguata strategia. Sentiva che i suoi amici erano in pericolo, era suo dovere andarli a salvare. Vide che in lontananza il semaforo era verde, diede ancora più gas alla macchina. Il motore della Crown Victoria ruggì potentemente aumentando il numero di giri, riuscì a superare l'incrocio poco prima che il rosso scattasse. Sentì il suo telefono squillare, vide il nome sul display, era Morgan.
“John, Sarah è arrivata all'hotel cinque minuti fa. Il numero della stanza è 832.”
“Ma è il numero della stanza di Sarah quando alloggiava li”
“Davvero John? Comunque è successa una cosa strana dopo.”
“Cosa?”
“Il portiere, dopo che le ha dato il numero, ha estratto dalla sua tasca un cellulare e mandato un messaggio. Mi è sembrata una cosa strana.”
“Lo è. Qualcuno si è accorto di te?”
“No. Sono entrato con delle altre persone nella hall dell'hotel e dopo aver sentito la conversazione sono uscito e ti ho chiamato.”
“Ben fatto Morgan. Ora torna a casa, quel posto è pericoloso.”
“Capisco...John?” disse preoccupato Morgan
“Che succede Grimes?”
“Salva i miei amici.”
“Lo farò” e chiuse la chiamata.
Spinse ancora di più il piede sul pedale, sentiva più che mai l'esigenza di guadagnare tempo. La situazione stava inesorabilmente precipitando e lui era ancora per strada. Guardò il percorso sul navigatore gli mancava più di un chilometro per arrivare all'hotel. Inchiodò al semaforo, purtroppo per lui era scattato il rosso, sarebbe tranquillamente passato se non fosse stato per il fatto che dietro di lui stava una volante della polizia, non gli andava di certo di mettersi a discutere con quei due mangia-ciambelle che lo seguivano. Si guardò intorno, gli balenò in mente un'idea. Prese il telefono e controllò se la sua intuizione era fattibile, lo era. La luce del semaforo scattò finalmente sul verde. Attraversò l'incrocio e percorso qualche metro parcheggiò sulla destra. Sceso dalla macchina aprì il cofano e prese ciò che si serviva.
Si diresse verso l'edificio in costruzione che aveva visto qualche metro prima, né saggiò l'altezza ad occhio, doveva essere alto all'incirca sessanta metri, era perfetto per il suo piano.Quando arrivò sulla terrazza dell'edificio John Casey aveva il fiatone, purtroppo anche per lui gli effetti dell'avanzare dell'età cominciavano a farsi sentire, si chiese se non era il caso di mollare tutto e di dedicarsi ad attività più tranquille. Scosse energicamente la testa, non era il momento di pensare a certe cose. Si guardò intorno, era abbastanza in alto per dominare tutta la zona circostante. Individuò l'hotel che gli interessava, gli stava proprio di fronte . Si diresse verso il parapetto e dalla custodia tirò fuori il suo fido fucile da cecchino, lo montò e si mise in posizione. La stanza, che una volta era stata di Sarah, doveva essere al penultimo piano sull'estrema destra della facciata principale. Guardò attraverso il mirino e cominciò a scorrere le varie stanze. La individuò dopo alcuni secondi. La figura di Shaw attraverso il mirino appariva sfuocata a causa della grande distanza. Inspirò, svuotò la mente dalla preoccupazione di sbagliare il suo unico colpo a disposizione e mirò. Premette il grilletto. Vide il corpo del suo bersaglio cadere a terra, un colpo perfetto alla testa. Era ancora fra i migliori cecchini degli Stati Uniti. La pensione poteva aspettare.

Chuck sentì il rumore di un vetro andare in frantumi e poi un tonfo sordo. Aprì gli occhi. Vide ai suoi piedi il corpo di Shaw privo di vita, si girò di scatto a guardare Sarah. Si sentiva felice e in colpa allo stesso tempo. Era felice perché aveva ancora la possibilità di rivedere i suoi amici e di riabbracciare la sua donna e la sua famiglia, si sentiva in colpa perché non era riuscito a salvare Shaw da se stesso e dalla sua folle vendetta. Provò a parlare alla donna ma le parole si rifiutavano di uscire dalla sua bocca. Cosa poteva dirle? Scusarsi di essere ancora vivo? O che avrebbe sempre preferito sacrificare la sua vita in cambio della sua? O che magari mettendo fine alla sua vita finalmente la maledizione dei Bartowski sarebbe scomparsa? Nulla di tutto quello. Lo sguardo che Sarah gli stava rivolgendo non valeva nessuna di quelle patetiche scuse, di quelle insulse parole. Poteva leggere nel suo volto segnato dalle lacrime, paura, rabbia, dolore, disperazione e amore. In qualsiasi altro momento avrebbe fatto i salti di gioia nel vedere quell'ultimo sentimento espresso così chiaramente dalla donna ma quella volta non era così. Provava impotenza e frustrazione verso se stesso, non riusciva mai a proteggere le persone che più amava al mondo da tutta quella malvagità, da tutta quella follia. Distolse lo sguardo dal suo volto, non aveva il coraggio di continuarla a guardarla. La sentì mentre si divincolava su quella sedia, la guardò con la coda dell'occhio, cercava di sciogliere i nodi che Shaw le aveva fatto intorno ai polsi e intorno ai piedi ma senza alcun successo. Il fatto che lei si stava dando da fare per liberarsi nonostante tutto lo ridestò dal quella specie di torpore che lo aveva pervaso. Doveva darsi da fare anche lui. I conti con la sua coscienza e con Sarah li avrebbe fatti più tardi. Cominciò a divincolarsi anche lui, nella speranza che le corde cedessero un po' ma l'unica cosa che sentiva erano le escoriazioni che si stava provocando al livello dei polsi. Si fermò qualche secondo sperando di attenuare il bruciore che sentiva dove le corde premevano maggiormente. Fece vagare lo sguardo per la stanza nella speranza di trovare qualche oggetto a lui utile per liberarsi da quella prigionia. Individuo sul tavolino vicino al letto una specie di coltello che si usava per aprire le lettere. Provò a fare leva sulle sue gambe per provare a raggiungerlo ma ogni tentativo risultò vano, Shaw lo aveva inchiodato per bene su quella maledetta sedia. Controllò se Sarah aveva fatto qualche progresso nel frattempo ma anche lei non riusciva a venire a capo di quella situazione. Stava per fare un altro tentativo per raggiungere il coltello quando sentì un colpo di arma da fuoco provenire da vicino la porta. Solo una persona poteva aprire una porta in quel modo: John Casey.
“Qualcuno ha chiamato il fabbro?” disse scherzosamente l'uomo.
Chuck e Sarah lo guardarono sbigottiti. Come poteva scherzare in quel momento? Poi gli venne in mente che l'umorismo di Casey a volte non era dei migliori.
“John come...” chiese Chuck.
“Rimandiamo i baci e gli abbracci a dopo Bartowski, dobbiamo andarcene da qui e subito.” Prese un coltello dalla sua tasca e tagliò le corde che tenevano legati i due. Poi si diresse verso la porta, controllò che il corridoio fosse sgombro, il rumore della detonazione sicuramente era stato avvertito da qualcuno, fortunatamente non si faceva vedere ancora nessuno, fece cenno agli altri due che la via era libera.
“Aspetta un attimo John, non possiamo andarcene di qui a mani vuote” disse Chuck.
“Cosa intendi dire?”
“Potrebbero esserci informazioni utili sul suo corpo o in questa stanza.”
“Va bene. Io resto qui di guardia ma voi due sbrigatevi, non resteremo qui da soli a lungo. Shaw aveva alcuni complici qui dentro.”
Chuck cominciò a ispezionare il corpo di Shaw, trovò soltanto il suo portafogli che conteneva pochi dollari, un mazzo di chiavi e il suo cellulare. Decise di prendere tutto con se, poi si mise ad aiutare Sarah nell'ispezionare la stanza. I minuti passavano inesorabili ma da quella ricerca non usciva nulla di interessante. Casey si faceva sempre più nervoso. Le visite che tanto temeva non tardarono ad arrivare. Sparò un colpo che centrò in pieno petto un uomo che stava avanzando verso di lui.
“Vi volete sbrigare? Non potrò resistere per molto” urlò.
“Abbiamo quasi finito di controllare John. Cerca di resistere un altro po'” rispose Sarah.
Sarah controllò sotto il letto, le sembrava una cosa stupida ma preferiva non lasciare nulla di intentato. La sua “intuizione” si rivelò giusta, sotto il letto c'era una valigia la prese e la passo a Chuck..
“Possiamo andare John” disse la donna.
“Finalmente” rispose l'uomo e le passò una pistola “Tu e Chuck andate verso l'uscita di emergenza. È l'ultima porta sulla destra in fondo al corridoio. Vi coprirò io”
“Non se ne parla minimamente John, tu vieni via con noi”
“E come? Sono in troppi.”
“Io ho un'idea”disse Chuck “passami la pistola.”
“Cosa?” rispose sorpreso l'uomo.
“Fidati di me.” Chuck presa la pistola da John, sganciò l'estintore che stava vicino alla porta dal suo supporto, poi lo fece rotolare lungo il corridoio in direzione degli uomini che giungevano. Fece un respiro profondo, l'intersect caricò il programma che gli serviva, prese la mira e sparò alla valvola. Il corridoio fu invaso da una nuvola biancastra. Sarah approfittò di quella confusione per uccidere alcuni uomini. I tre fuggirono verso la via d'uscita. Cominciarono a scendere velocemente le scale, dovevano sfruttare quel vantaggio che Chuck aveva creato il più possibile. Erano quasi a metà del percorso, quando sentirono degli spari sopra le loro teste, Casey cercò di rispondere al fuoco al fuoco ma inutilmente, aumentarono la velocità della loro discesa. Arrivarono finalmente all'uscita.
“Ho parcheggiato la Crown Victoria poco più avanti” disse ansimante Casey. Fecero un ultimo sforzo per coprire quei pochi metri che li separavano dalla loro via di fuga il più velocemente possibile. Come John vide la sua auto aprì le portiere con il comando a distanza, stava per richiudere la portiera quando un proiettile sfiorò il suo orecchio sinistro e mando in frantumi il vetro del finestrino. Quello era troppo, nessuno poteva permettersi di trattare così il suo gioiello. Uscì dalla macchina e freddò ciò che restava di quei inseguitori. Rimase in attesa qualche minuto, non arrivò più nessuno. Mise in moto la macchina e partì. Si sentiva meglio, molto meglio.

Finalmente erano a casa, al sicuro. Casey si adoperò subito per mettersi in contatto con la Beckman, doveva informarla che ormai la grana Shaw era sistemata, definitivamente. Avviò la videoconferenza.
“Ben trovati ragazzi, vedo che siete tutti interi...ancora” disse sarcasticamente la donna.
“Generale, volevo informarla che...” ripose Casey.
“Che domani facciamo una festa per il mio ritorno e ci farebbe piacere che lei presenziasse. La vengo a prendere dall'aeroporto alle 11?” intervenne Chuck.
“Bartowski, cosa diavolo stai blaterando?” disse con tono basso e rabbioso il colonnello.
Chuck fece finta di non ascoltarlo “allora che ne dice generale? Sarà una festa bellissima, la sua presenza non potrà che impreziosirla!”
Diane Beckman guardò perplessa Chuck, era per caso uscito di senno? No. C'era qualcosa che in quella richiesta non quadrava. Il suo tono, il modo di muovere il corpo era strano! Istintivamente sentì che sotto quelle affermazioni senza senso stava qualcosa di più grosso e pericoloso. Qualcosa che non poteva essere detto tramite una video chiamata. Decise di seguire il suo istinto.
“Sarò felice di esserci Chuck. Sono sicura che sarà una festa bellissima. Arriverò domani con il primo volo disponibile, ogni tanto è giusto staccarsi dal lavoro. Altro da dirmi?”
“Nient'altro generale. A domani.” Chuck chiuse la connessione.
“Ora mi spieghi cosa ti è preso Bartowski!”
“Siamo sotto controllo John.”
“Cosa?”
“L'attacco dei russi era tutta una farsa. I server della CIA e del' NSA sono sotto controllo da settimane e ogni informazioni che noi ci scambiamo vengono viste in tempo reale da altre persone.”
“Non capisco, Shaw è morto, la questione è risolta.”
“Ti sbagli John, Shaw è solo una parte del problema. Lui aveva un socio in Italia e probabilmente le informazioni stanno finendo tutto dove questo fantomatico personaggio si trovi. Ecco perché ho fatto quella pantomima con la Beckman.”
“E quindi? Qualcuno avrà trovato il suo cadavere. Il suo socio potrebbe sapere già tutto.”
“Certo, ma non sa che noi sappiamo. Dobbiamo mantenere questo vantaggio!”
“Come vuoi procedere?”
“Ho un piano. Domani vi dirò tutto”
“Mi fido di te Chuck. Vado a casa.”
“John...grazie per avermi salvato la vita per l'ennesima volta.”
Casey fece un sorriso divertito. “Ormai è diventato il mio hobby preferito Bartowski, ma sta attento, la prossima volta che accadrà dovrai pagarmi...profumatamente.” e uscì.
Tutte le emozioni, tutti i sentimenti che Sarah aveva represso fino a quel momento stavano venendo a galla con una potenza inaudita. Lo sguardo che che rivolse a Chuck lo fece raggelare sul posto. Sapeva che era crudele da parte sua ma se lo meritava tutto.
“Tu” sibilò con rabbia “cosa diavolo ti è saltato in testa per andare li da solo?”
“Sarah calmati” ma in cambio ricevette una sguardo ancora più duro “dovevo andare, i suoi uomini avevano sotto tiro la famiglia di mia sorella.”
“E non ti è passato in mente di avvisarci?” e allargò le braccia in modo plateale.
“Non potevo. Se lo avessi fatto avrebbe dato ordine di ucciderli.”
“Ma sei serio quando parli? Sei un uomo intelligente, saresti riuscito sicuramente a trovare un modo.” In quel momento si sentiva una egoista ma confinò quel senso di colpa in un angolo del suo cervello. Lei non poteva permettersi il lusso di perderlo e voleva che questo gli fosse bene chiaro.
“Sarah io...”
“Non capisci, Chuck? Se Shaw stasera avesse premuto quel grilletto io, io...” Fu come se una bomba fosse esplosa nel cervello, si piegò sulle ginocchia e si portò le mani al capo. Sentì il suo nome urlato da Chuck ma la sua voce le giungeva lontana. Per lei il mondo si fece buio.

Ciao ragazzi, ecco il nuovo capitolo. Come al solito spero che sia di vostro gradimento. Aspetto le vostre opinioni. Non so se la settimana prossima riuscirò a pubblicare il nuovo capitolo, farò il possibile affinché ci riesca. A presto!!!!

 

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Capitolo 13
*** Cap. 13 ***


Il viaggio in ambulanza sembrava non finire mai. Chuck sentiva i due medici che stavano con lui nell'abitacolo parlarsi e muoversi febbrilmente, ma non li vedeva. Davanti ai suoi occhi scorreva ininterrotta l'immagine di Sarah che si piegava sulle sue ginocchia, che si portava le mani alla testa. Avverti il mezzo fare una brusca frenata. Finalmente erano arrivati all'ospedale. Non riusciva a pensare lucidamene, quell'evento lo aveva talmente sconvolto, ogni briciolo di razionalità, ogni tentativo di fare qualcosa di sensato era andato a farsi benedire. Si muoveva per inerzia. Non si accorgeva dove stava andando, l'unica cosa che gli importava era stare vicino a Sarah. Sentì un braccio sbarrargli la strada. Cercò di forzare quella specie di blocco ma chi lo bloccava non recedeva di millimetro. Chuck lo guardò con aria di sfida.
“Signore, mi dispiace, ma lei qui non può entrare” disse impassibile l'uomo.
“Lasciami passare” rispose con un tono pieno di rabbia.
“Signore, qui può entrare solo lo staff autorizzato.”
“Fammi entrare, c'è mia moglie li dentro” urlò.
“Signore, abbassi la voce e si calmi.”
Quelle parole ebbero l'effetto contrario su Chuck. Possibile che quell'uomo non capisse? Sua moglie era li dentro priva di sensi e lui cosa gli diceva? Di aspettare. Sarebbe entrato li dentro che lo volesse o meno. Fece un respirò profondo e lasciò che l'intersect caricasse il programma per la lotta corpo a corpo. Stava per scagliare un pugno diretto allo stomaco dell'uomo quando sentì le sue forze venire meno. Vide il suo bersaglio diventare sempre più sfuocato, poi più nulla.
“A quanto pare abbiamo fatto appena in tempo. Bartowski stava per fare una stronzata” disse Casey con la pistola a tranquillanti ancora puntata verso il corpo di Chuck.
“Ma era proprio il caso di stordirlo con dei tranquillanti John” disse Morgan ”quella roba potrebbe provocargli dei danni.”
“Danni li avrebbe subiti quel poveraccio che cerca di svolgere soltanto il suo lavoro. Ora aiutami a portarlo in una stanza.”

Stordito, ecco come si sentiva. Dischiuse gli occhi, intorno a se vide due teste indistinte. Sbatte le palpebre più volte, cercò di mettere a fuoco quelle immagini.
“Morgan, Casey? Dov'è Sarah? Devo stare vicino a lei!” e provò ad alzarsi. Casey bloccò quel movimento mettendogli una mano sul petto, poi lo spinse sulla letto nuovamente.
“Sta buono Bartowski oppure vuoi che ti narcotizzi di nuovo?”
“Perché? Non capisci? Sarah sta male io devo...”
“Chiudi la bocca. Stavi per mandare al tappeto un civile che stava svolgendo il suo lavoro. Te ne rendi conto?”
“Io devo stare accanto e lei.”
“Chuck capisco quello che provi ma al momento non puoi fare niente, ok? Lascia lavorare in pace i medici, solo così potrai aiutarla. Che ne dici se ora usciamo fuori da questa stanza e andiamo nella sala di attesa? ” disse Morgan.
“Va bene amico. John...”
“È sempre un piacere farti da balia Bartowski. Ora andiamo.”
Chuck perse il conto di quanto tempo dovette aspettare in quella sala. Vedeva medici e infermieri passare di lì ma nessuno di loro lo degnava di uno sguardo. Si sedette. Guardò l'orologio, segnava quasi le tre, Sarah era li dentro da quasi tre ore. Si alzò di nuovo e cominciò a vagare per la stanza. Probabilmente avrebbe fatto innervosire le altre persone, ma gli importava ben poco, camminare era l'unico mezzo che aveva per scaricare la tensione. Si fermò un attimo a guardare il suo amico Morgan, si era appisolato sulla sedia. Si trovò a ringraziarlo mentalmente, nei momenti più duri della sua vita lui era stato sempre presente per confortarlo. Casey invece era andato a casa, o per meglio dire lui aveva insistito perché tornasse a casa. Il giorno dopo avrebbe dovuto incontrare la Beckman per fare rapporto su tutte le novità che avevano. Passare la serata in un ospedale non era molto indicato, visto gli impegni che doveva affrontare. Stava pensando a quelle cose quando senti qualcuno che gli toccava la spalla.
“Il signor Bartowski?” disse il medico.
“Si, sono io. Come sta mia moglie?”
“La sua è una situazione molto particolare. Mi creda non ho mai visto una cose del genere in tutta la mia carriera. Sua moglie ha una attività cerebrale pazzesca ma non risponde a nessun stimolo esterno. Sembra una specie di coma.”
“Si riprenderà?”
“Non le voglio mentire, non lo so. Dipende tutto da lei. Le prossime ventiquattro saranno cruciali.”
“Capisco, la ringrazio dottore. Posso andare nella sua stanza?”
“Certo. Arrivederci.”
Chuck entrò nella stanza. Vedere Sarah distesa su quel letto, priva di sensi, lo fece sentire male. L'ultima volta che l'aveva vista in quello stato fu quando Vivian Volkof l'avvelenò. Gli vennero in mente tutte le sue peripezie per salvarla. Ma questa volta era diverso. Si sentiva inutile. Non c'era nulla che lui potesse fare per aiutarla, per salvarla. Un senso di disperazione si impossessò di lui. Cominciò a piangere.

L'aereo atterrò puntualmente alle otto all'aeroporto Bob Hope di Burbank, gli scossoni dovuti all'atterraggio svegliarono di soprassalto Diane Beckman, uno strano senso di inquietudine si fece largo in lei. Il suo non era stato un sonno facile, le parole di Chuck, il suo strano modo di comportarsi l'avevano messo in agitazione. Erano anni che non si sentiva così. Sentiva le stessa precarietà di quando era una spia durante la guerra fredda in Germania. Si girò a guardare l'uomo che l'accompagnava in quel viaggio, si trovò a invidiarlo con tutte le sue forze. Roan Montgomery dormiva beatamente. Quell'uomo riusciva a mantenere la calma a dispetto di qualsiasi situazione. Si chiese come mai loro due, che erano completamente agli antipodi come caratteri, si fossero messi insieme. La spia che segnava la possibilità di slacciarsi la cinta di sicurezza si illuminò. Senza perdere nessun tempo Diane la slacciò e si alzo poi si chinò verso l'uomo per svegliarlo.
“Roan, svegliati. Dobbiamo andare.”Roan aprì gli occhi e controvoglia decise di seguire quell'ordine. Conosceva fin troppo bene le conseguenze di una sua eventuale disubbidienza. Scesero dall'aereo ad aspettarli c'era John Casey.
“Casey non doveva a venirci a prendere Chuck?” disse la donna.
“È successo un imprevisto. Purtroppo Sarah si è sentita male, Chuck è rimasto da lei in ospedale.”
“Cosa le è successo?”
“Sembra che sia in una specie di coma. I medici non sanno se e quando si riprenderà...”
“Dannazione. E per quanto riguarda la missione?”
“Chuck mi ha detto tutto. Possiamo occuparcene tranquillamente noi, generale. Saliamo in macchina vi dirò cosa Chuck ha scoperto.”

Chuck si risvegliò accanto a Sarah in quella stanza di ospedale. Per un attimo aveva sperato che lei si fosse finalmente risvegliata ma purtroppo durante quelle ore di sonno la situazione non era cambiata. Decise di uscire fuori dalla stanza a prendere una boccata d'aria. Aveva la necessità i parlare, di sfogarsi con qualcuno. Prese il telefono e fece partire una chiamata.
“Ellie.”
“Chuck, è successo qualcosa? Il tuo tono di voce non mi piace.”
“Sarah...stavamo parlando...è in ospedale...non risponde a nessuno stimolo esterno...ho paura...”
“Chuck ti prego calmati. Non riesco a capire. Mi stai facendo preoccupare.”
“Sarah e io stavamo discutendo ieri sera e ad un certo punto è svenuta. La sua attività cerebrale è molto alta ma non risponde a nessun stimolo esterno. Non sanno sé e quando si risveglierà.”
“Oh mio dio Chuck è terribile, proprio ora che lei era ritornata da te...di cose stavate parlando?” chiese insospettita.
“Ieri sera ho vissuto una situazione di pericolo e Sarah mi stava rinfacciando il fatto che non l'avessi avvisata, poi è svenuta.”
“La situazione che stavate vivendo era molto stressante? Lei ti sembrava particolarmente emotiva?”
“Si è andata proprio così. Ellie a cosa stai pensando?”
“Chuck il cervello è una macchina complessa. Però credo che le emozioni che Sarah stava provando in quel momento abbiano indotto il cervello a ridurla in quello stato di incoscienza. Una specie di autodifesa per evitare danni maggiori.”
“Dici che si può risvegliare?”
“Non lo so Chuck, ma tu devi starle vicino. Anche se lei non può risponderti sono sicura che riesce a sentire la tua presenza. Prova a parlarle o a farle ascoltarle qualcosa.”
“Mi fido di te Ellie. Ora torno da lei. Grazie per avermi confortato” e chiuse la chiamata. Chuck entrò nella stanza non si sarebbe staccato da Sarah nemmeno per un attimo.

Diane Beckman stava ripassando gli ultimi dettagli di quella missione con Roan in quella stanza di albergo a Roma. Doveva andare tutto perfettamente, un piccolissimo errore e la possibilità di giungere all'italiano sarebbero sfumate del tutto. Ripensò a alla scoperta che lei, Roan e Casey avevano fatto quarantotto ore prima nel castello. Nella valigia di Shaw avevano trovato vari dossier, glieli aveva forniti un agente doppiogiochista. Era la loro occasione. L'avevano immediatamente contattato, usando il telefono di Shaw, inventando una scusa sul perché lui non si potesse presentare a quell'incontro. Aveva deciso di lasciare Casey al castello, gli serviva un uomo che registrasse tutte le loro azioni e inoltre quella missione era talmente importante che un suo coinvolgimento diretto era più che giustificato. La voce di Roan la fece tornare alla dimensione reale.
“Diane, sei pronta?” chiese premurosamente l'uomo. Sentì che la donna ebbe un soprassalto al suo tocco. “Stai bene?”
“Certo Roan, ero solo sovrappensiero. Andiamo.”
Man mano che si avvicinavo al punto di incontro sentiva sempre più la tensione salire, si sarebbe fatta molto volentieri un goccetto di whisky, ma la situazione lo sconsigliava pesantemente. Le servivano tutti i suoi sensi al massimo e l'alcool, anche se in piccola quantità, non l'avrebbe aiutata di certo. Finalmente arrivarono al luogo prestabilito. Erano in anticipo di un bel po' sul loro contatto, ne approfittarono per fare un sopralluogo, in modo da identificare una rapida via di fuga in caso le cose si fossero messe male. Si guardarono intorno, era un vecchio capannone industriale ormai in disuso alla periferia di Roma. Visionarono i vari macchinari che ancora giacevano li, a una prima analisi quell'edificio doveva essere adibito alla produzione di materiale edilizio. Fecero vagare lo sguardo per tutta l'area, c'era una visibilità ottima, se qualcuno avesse tentato di fargli una imboscata loro se ne sarebbero accorti immediatamente, quel luogo non offriva posti in cui nascondersi, di contro non sarebbe stato l'ideale per un conflitto a fuoco visto che offriva poche zone in cui ripararsi. Guardarono gli orologi il loro contatto sarebbe arrivato entro pochi minuti. Si misero gli auricolari.
“John ci senti” disse Roan.
“Perfettamente” rispose l'uomo dal castello “Signore, credo che non portarmi li con voi sia stato un grave errore.”
“John quante volte te lo devo ripetere? Ci serve un uomo di cuoi ci possiamo fidare, che controlli tutto dalla distanza. Ricorda che non siamo due sprovveduti” rispose la donna “Chiudiamola qui il nostro uomo si sta avvicinando.”
Dall'auto uscì un uomo che poteva avere una cinquantina d'anni, ma nonostante questo sembrava avere un fisico abbastanza atletico, il suo modo di muoversi era molto elegante e disinvolto. Ad accompagnarlo c'era un uomo più giovane, molto atletico, dal modo di muoversi sembrava che avesse ricevuto una educazione di tipo militare.
“Signori” disse l'uomo con un perfetto accento americano.
“Lei è il signor Ettore, giusto?” rispose la Beckman.
“Sono io. Come mai il signor Shaw non è qui?”
“Come le ho già detto, il signor Shaw ha avuto un imprevisto e ha mandato noi al suo posto.”
“Bene, che ne dite di saltare tutti i convenevoli e di passare direttamente allo scambio? Avete portato i documenti e i soldi?”
“Si, i documenti che ha richiesto e i soldi sono in questa valigia. E i suoi?”
“Sono in quella valigia” e indicò l'oggetto che era in mano al suo accompagnatore.
Effettuarono lo scambio. Ettore stava per rientrare nella sua auto con il suo assistente, quando Diane e Roan sentirono una di sibilo, si voltarono videro un razzo colpire la macchina del loro contatto. Il corpo dell'uomo e del suo assistente furono sbalzati via dall'esplosione. I due si precipitarono nella loro auto. Roan mise in moto l'auto.
“Roan, cosa succede?” chiese Casey.
“Siamo sotto attacco. Un missile ha colpito la macchina del nostro contatto e ora ci stanno piovendo proiettili addosso.”
“Vi guido io fuori di li, ho le vostre coordinate”
“Ok, John all...”
Casey non sentì più nulla. Un missile aveva colpito l'auto, per i due non c'era stato scampo. In tutta la sua vita John Casey non si era mai sentito così impotente.

 

Ciao ragazzi, non so come ma sono riuscito a postare questo capitolo. Scusate per gli eventuali errori non ho avuto moltissimo tempo per correggerlo. Come al solito spero che sia di vostro gradimento. Aspetto le vostre opinioni. A presto!!!

 

 

 

 

 

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Capitolo 14
*** Cap. 14 ***


Si svegliò in una spiaggia. Il cielo cominciava a sfumare di quelle tonalità tipiche dell'aurora. Si mise in posizione seduta ad ammirare quello spettacolo della natura. Si sentiva in pace con se stessa, era da molto tempo che non si sentiva così. Il sole fece capolino fra quelle piccole onde dell'oceano. L'alba. Le sembrò che tutto il mondo si fosse fermato in quell'istante. Notò qualcosa di strano. Tutto effettivamente si era fermato. Quello spicchio arancione era fermo ancora lì, inamovibile all'orizzonte. Si alzò in piedi allarmata. Stava per caso impazzendo? Poi nella sua mente cominciarono a farsi spazio alcuni ricordi: lei che litigava con Chuck, lei che si portava le mani al capo, lei che si piegava sulle sue ginocchia e poi il buio.
“Buongiorno Sarah.” Quella voce la ridestò dei suoi pensieri. Le suonava familiare, molto familiare. Si girò a guardare verso la direzione da cui proveniva.
“Papà?” disse stupita.
“Oh no, no. Quella che vedi, come dire, è difficile da spiegare. Sono, diciamo, il tuo sub-conscio.”
“Il mio sub-conscio? Come mai hai le spoglie di mio padre?”
“Per il semplice fatto che tuo padre è una delle persone più importanti della tua vita.”
“Cosa vuoi da me?”
“Aiutarti.”
“Aiutarmi? Come?”
“Le emozioni hanno stressato enormemente il cervello. Me. I loro continui tentativi di accedere ai ricordi hanno reso il tuo equilibrio psichico instabile. E per questo per evitare ulteriori danni alla tua psiche il tuo cervello ha deciso di mandarti in uno stato, chiamiamolo, di coma. Ora, puoi sfruttare il mio aiuto per uscire di qui oppure rimanere un vegetale per sempre.”
“Cosa devo fare?”
“Ripercorrere le tappe più importanti della tua vita. Guardati bene intorno...questa spiaggia ti ricorda nulla?”
Sarah si guardò intorno nuovamente. Sembrò come ricordare qualcosa. Quella spiaggia, l'alba, si voltò verso quello che sembrava essere sua padre.
“Qui chiesi a Chuck di fidarsi di me, io già...”
“Andiamo avanti.”
Davanti a Sarah si aprì uno scenario totalmente diverso. Era in un magazzino e di fronte a suoi occhi stava una specie di bomba. Si ricordò che in quel posto per la prima volta aveva ceduto ai suoi sentimenti, lì aveva baciato Chuck. Gli scenari cambiarono più volte, man mano che scorrevano i suoi vecchi ricordi tornavano in lei, alla fine si ritrovò di nuovo sulla spiaggia dove quella specie di viaggio era cominciato. C'era qualcosa di diverso, il sole si era mosso, il tempo aveva ripreso il suo corso.
“Il tuo viaggio finisce qui Sarah. Ora ricordi tutto. Il tuo tempo interiore ha ripreso a scorrere. Puoi andare avanti, riprendere la tua vita. Addio.”
La prima sensazione che avvertì fu calore, poi il bip di un macchinario. Aprì gli occhi. Sbatté più volte le palpebre per inumidirli. Girò il capo verso quella fonte di calore, proveniva dalla mano di Chuck. Suo marito era addormentato su uno poltrona accanto a lei, ma le teneva saldamente la mano. Lo provò a chiamare ma la gola era secca. Deglutì più volte prima di poter compiere quell'atto. Riuscì finalmente a chiamarlo con tutta, anche se poca, voce che aveva. Lo vide aprire di scatto gli occhi. Gli si riempirono di gioia. Lui provò a parlarle ma prima che potesse dire qualsiasi cosa lei lo anticipò.
“Chuck, ricordo tutto.”

La squadra di soccorsi mandata da Casey arrivò sul luogo dell'incidente in poco tempo. Quegli uomini constatarono, con amarezza, che purtroppo per il generale Beckman e Roan Montgomery non c'era più nulla da fare, poterono identificarli solo grazie a dei documenti che non si erano bruciati del tutto. Il missile aveva centrato in pieno l'auto uccidendoli sul colpo, il fuoco poi aveva carbonizzato i loro corpi. Si diressero verso gli altri corpi che stavano in quell'area, con loro grande stupore si resero conto che l'agente italiano e il suo assistente respiravano ancora. Chiamarono l'ambulanza, nel frattempo prestarono a loro i primi soccorsi, dovevano far di tutto per tenerli in vita, erano la loro unica speranza. Ripresero le ricerche per trovare altri indizi quando i sanitari ebbero portato via i due feriti. Cominciarono a ispezionare meticolosamente l'area. Raccolsero i vari bossoli che erano sparsi per l'area e cercarono di capire la traiettoria che quelle pallottole avevano seguito, i colpi erano stato esplosi dall'interno del capannone. Continuarono le loro ricerca su tutta l'area, notarono che c'era qualcosa di strano, le impronte delle scarpe erano tutte rivolte verso le vie di fuga del capannone ma non c'era nessuna in entrata. Guardarono meglio il terreno, notarono una leggera discrepanza nei suoi colori, era un telo. Lo tolsero, si mimetizzava quasi perfettamente con il terreno. Nascondeva una buca dove poteva stare comodamente un corpo disteso. Ne scoprirono una decina. Capirono che quello non era stato un attacco improvviso, ma una trappola ben congegnata. I loro sospetti si concentrarono tutti sull'agente italiano, al suo risveglio doveva rispondere a molte domande.

Gertrude non aveva mai visto così avvilito John in tutta la sua vita. Di solito gli eventi lo lasciavano imperturbabile, ma la morte del suo superiore e di quello che l'accompagnava lo avevano scosso profondamente. Neanche la chiamata da parte di Chuck, che lo aveva informato del risveglio di Sarah e del recupero della memoria erano riusciti a sollevargli il morale. D'altro canto lui non aveva avuto il cuore di dare quella notizia a loro due, non se la sentiva proprio di rovinare quel momento di felicità. Lo vedeva vagare per la casa arrabbiato, irritato, frustrato, pronto ad attaccare chiunque gli si parasse davanti. Il rapporto che che aveva ricevuto dalla squadra che era andato sul luogo dell'attacco aveva peggiorato ancora di più il già suo pessimo umore. Si decise ad affrontarlo, non le piaceva così, quello non era il suo John Casey.
“John, ti prego calmati.”
“Sono calmo, Gertrude.”
“Dici? Hai minacciato di morte Morgan solo perché era nella tua stessa stanza!”
“Ho commesso un errore.”
“Non dire cavolate John. Mi vuoi dire perché sei così frustrato?”
“Non ci sono notizie utile non rapporto che la squadra ha fatto”
“Non mentirmi. Ho letto quel rapporto e ci sono parecchie cose che non tornano.”
“Cosa hai fatto? Tu non dovevi!”
“E tu devi finirla di dire stronzate. Rispondi alla mia domanda!”
“Vuoi proprio saperlo? Bene. Sono frustrato perché non sono riuscito a salvare il generale Beckman e Roan Montgomery.”
“Ma se non eri neanche lì!”
“Avrei dovuto esserci. Avrei dovuto insistere per andare con loro. Avrei potuto salvarli.”
“Tu non hai nessuna colpa John. Quello era un attacco premeditato. Tu non avresti sortito nessun effetto. Per quanto straordinario tu sia non avresti potuto salvarli.”
“Io...”
“Pensaci bene John e dammi una riposta.”
Casey sembrò rifletterci su qualche attimo. Con amarezza si rese conto che Gertrude aveva ragione. Si sedette, sconfortato, sulla poltrona. “Cosa mi suggerisci di fare?”
“Va a parlare con Bartowski e Walker, loro hanno il diritto di sapere. Vedrai che con loro troverai una soluzione.”
L'uomo si alzò dalla poltrona e si avviò verso la porta. L'apri. Prima di uscire si fermo sulla soglia.
“Gertrude.”
“Dimmi.”
“Grazie” e uscì dalla casa. Sulla bocca della donna si fece largo un sorriso.

Tutta l'ansia, tutta la preoccupazione che Chuck aveva provato in quei giorni erano sparite come per incanto al risveglio di Sarah. Certo aveva dovuto affrontare la furia di sua moglie ma preferiva affrontare mille Sarah infuriate piuttosto che vederla distesa inerme in un letto di ospedale. Infatti per tutta la durata di quella sfuriata non era riuscito a togliersi quel sorriso di felicità dalle labbra. Era talmente pieno di gioia, di felicità che avrebbe potuto sottostare a qualsiasi improperio che le sua dolce metà gli rivolgeva. Fortunatamente per lui non durò molto, alla fine anche lei si era fatta travolgere da quella felicità che lui provava. Stavano conversando da diverso tempo quando videro entrare John Casey nella stanza.
“John” trillò allegramente la donna.
“Sarah, sono felice che ti sia ripresa del tutto.”
“Grazie, John.”
“John, ne hai impiegato di tempo per venirci a trovare” disse Chuck. Vide il volto dell'uomo farsi scuro “ è successo qualcosa?”
“Mi spiace darvi questa notizia in questo momento.”
“Che notizia, John?” rispose Chuck visibilmente preoccupato.
“Il generale Beckman e l'agente Roan Montgomery sono morti. Sono state vittime di un agguato, si pensa premeditato.”
Sarah e Chuck guardarono sbalorditi l'uomo, non poteva credere a ciò che avevano sentito. Erano senza parole.
“Shaw si doveva incontrare con un agente che lavorava all'interno dell'organizzazione di questo italiano. Doveva consegnargli alcuni documenti che stavano nella sua valigia. La Beckman ha insistito per fare lo scambio personalmente e si è portata con se Roan, dopo che la transazione è avvenuta sono stati attaccati. Un missile ha colpito la loro auto mentre cercavano di fuggire, sono morti sul colpo. Un missile ha colpito anche l'auto dell'agente italiano e del suo accompagnatore ma sono miracolosamente sopravvissuti. Sono in ospedale a Roma guardati a vista da nostri uomini di fiducia.Domani parto, appena si sveglia voglio interrogarlo.”
“Veniamo anche noi” disse Sarah.
“Non ci pensare neanche. Ti sei appena ripresa.”
“Sto benissimo, non mi sono mai sentita meglio. Non possiamo lasciarti andare da solo.”
“Sarah ha ragione” intervenne Chuck “ Se lei dice che sta bene, io mi fido. Siamo una squadra, non ti lasceremo correre un pericolo tutto da solo. Quindi che tu lo voglia o no, noi verremo con te.”
Casey passò lo sguardo da uno all'altra più volte perplesso, poi lo abbassò come sconfitto. “Come volete. Vado a preparare tutto il necessario allora, ci vediamo domani.”
Chuck e Sarah rimasero in silenzio a lungo in quella stanza. Il prolungarsi di quella situazione le stava mettendo uno strano senso di inquietudine addosso, non aveva mai visto Chuck così silenzioso.
“Chuck a cosa stai pensando?”
“A questo” e indicò con l'indice la testa “l'intersect è tutta colpa sua. Mio padre voleva creare qualcosa per aiutare l'umanità e invece non fa altro che mettere in pericolo le vite degli uomini. Io ho il dovere di sistemare tutto questo” e la guardò con una determinazione che le fecero venire i brividi “l'intersect deve morire.”

 

Il viaggio in aereo per Roma non era stato dei migliori, il maltempo li aveva perseguitati per tutto la durata del volo. Fortunatamente al loro arrivo gli uomini della CIA li stanziati gli avevano dato una buona notizia: l'agente che avevano sotto custodia era sveglio e in grado di sostenere un interrogatorio. Non persero tempo si recarono subito all'ospedale. Entrarono nella stanza, la spia doppiogiochista italiana era sveglia, li stava attendendo.
“Signori” disse in un perfetto americano.
“Come si chiama?” disse Casey.
“Ettore Conti.”
“Bene signor Ettore, non è un problema se saltiamo i convenevoli e ci dice cosa è successo. Come mai solo lei e il suo assistente vi siete salvati mentre i nostri agenti sono stati uccisi.”
“Dovevo incontrare Shaw per uno scambio di informazioni. Le informazioni che gli dovevo passare in realtà erano false. In realtà sono un agente dell'AISI. Sono sotto copertura da diversi mesi ormai. Poi è successo quello che voi già sapete.”
“Lei è una spia che lavora per il governo italiano quindi. Come possiamo verificare che quello che dice è vero?”
“Posso avere il mio portafogli?” Casey prese il portafoglio da dentro la busta di plastica che stava su un comodino poco lontano dal letto e glielo porse “Ha un coltello?
“Certo.” Ettore prese il coltello e taglio la parte superiore della fodera interna del suo portafogli, tirò fuori un CD di piccole dimensioni. “Contiene tutti i miei dati. Troverete anche il il numero del mio superiore potete chiedere a lui tutti i dettagli della mia missione.”
I tre uscirono dalla stanza e fecero ciò che la spia gli aveva detto. Ciò che aveva detto era la verità. Rientrarono.
“Abbiamo verificato la sua posizione, ci fidiamo di lei.”
“Come ho detto quelli che stavo consegnando erano documenti falsi, volevo capire fino a quanto si estendesse l'organizzazione di Volpe. Volpe è un trafficante di informazioni, lo ha sempre fatto ma da qualche tempo ha attirato l'attenzione della mia agenzia, ritengo che ci sia lui dietro agli attacchi hacker che i governi hanno subito, credo che traffichi per conto di chi abbia lanciato l'attacco. Non sono riuscito a catturarlo perché non ho trovato mai prove che potessero incastrarlo.”
“Ci ha visto bene” disse Chuck “ma la situazione è più complessa di ciò che sembra.” Gli raccontò in realtà cosa si nascondeva dietro quei attacchi.
“Oh mio dio, è terribile, devo informare la mia agenzia”
“No, non lo faccia. Lui ci tiene sotto controllo. Ci dica come possiamo trovarlo, come possiamo catturarlo.”
“La sua base è fuori Roma. Cercarlo di prenderlo li sarebbe un suicidio i suoi uomini vi sarebbero addosso in poco tempo. Casa sua è ben sorvegliata.”
“Come allora?”
“Dopodomani sera parteciperà a una festa, si terrà in un attico vicino al Colosseo, potreste infiltrarvi li e catturarlo.”
“Grazie per le informazioni, ora andiamo” disse Casey.
“Aspettate! Lasciatemi venire con voi. Io conosco bene la zona, potrei esservi d'aiuto una volta li dentro.”
“Signore, senza offesa, ma lei non è al massimo, in caso di pericolo potrebbe esserci solo di intralcio. Inoltre si insospettirebbe se la vedesse.” rispose Casey.
“Vi prego, seguirò le vostre mosse da un furgone di sorveglianza.”
“Perché insiste tanto?”
“Quell'uomo...ha ucciso mio figlio.”

 

Ciao ragazzi, tutto bene? Ecco a voi il capitolo. Vi posso già dire che ormai manca poco alla conclusione della storia. Come sempre spero sia di vostro gradimento. Aspetto le vostre opinioni. A presto!!!

 

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Capitolo 15
*** Cap. 15 ***


I preparativi per la missione fervevano nella stanza d'albergo in cui soggiornavano Sarah e Chuck. Loro due, aiutati da Casey stavano analizzando le planimetria della casa di Volpe, che gli era stata fornita dall'agente italiano. Cercavano di trovare il percorso più veloce e sicuro da utilizzare dopo la cattura. Convennero che la migliore soluzione era sfruttare il terrazzo che era collegato all'ufficio, poi di lì avrebbero dovuto usare la scala interna del palazzo per scendere in strada, dove ad attenderli con il furgone ci sarebbe stato Ettore, la loro destinazione finale sarebbe stata la base italiana della CIA, dove l'italiano sarebbe stato sottoposto a interrogatorio sia da autorità statunitensi che italiane.Chuck guardò l'orologio che stava sul muro segnava le 19.30, la festa non sarebbe cominciata prima di due ore, avevano ancora un po' di tempo per ripassare le varie fasi del piano prima di cominciarsi a preparare.
Il furgone si fermò all'incrocio fra Via del Colosseo e Via delle Carine, prima di scendere Casey diede le ultime informazioni ad Ettore. Di lì avrebbero proseguito a piedi, non volevano far insospettire in alcun modo Volpe o chi lavorava per lui. Arrivati a circa venti metri dall'entrata del palazzo i tre si fermarono.
“Chuck, Sarah, dividiamoci qui. Come da piano io vi aspetterò nella terrazza che si collega all'ufficio, quando sarò in posizione vi contatterò.”
I due annuirono, poi proseguirono verso il luogo della festa. Ettore fece il giro dell'isolato, si fermò in via Vittorio da Feltro, guardò fuori dal finestrino, aveva un'ottima visuale del palazzo in cui si sarebbe tenuta la festa, spense il motore. Una macchina parcheggiò a pochi metri dietro di lui.Erano quasi giunti all'entrata del palazzo quando Chuck si fermo di scatto.
“Che succede Chuck?”
“Guarda” e indicò il tempio di Venere e Roma e successivamente il Colosseo “Siamo vicini a dei luoghi fantastici e non possiamo fermarci a godere della loro bellezza. Odio questo aspetto del nostro lavoro.”
Sarah gli sorrise “ Hai ragione. Ti prometto che quando questa storia sarà finita l'unica missione che ci vedrà coinvolti sarà quella di organizzare un viaggio per l'Europa. Ora però portiamo a termine questo incarico.”
Arrivarono davanti al portone, una guardia gli sbarrò l'entrata “ Gli inviti, grazie.” Chuck tirò fuori dalla tasca interna della sua giacca due inviti, glieli aveva procurati la squadra che era d'istanza a Roma. La guardia li visionò, dopodiché si fece a lato per farli passare.
“Ettore siamo dentro, riesci a sentirci?” disse Chuck.
“Forte e chiaro.”
“La telecamera è piazzata bene oppure la devo sistemare?”
“Va bene così, riesco a vedere tutti i volti, appena vedo quello di Volpe vi avviso. Non ci deve sfuggire.”
Vagarono per l'attico alla ricerca dell'italiano, era pieno di gente. Mentre camminavano Ettore spiegava chi erano i vari invitati a quella festa, fra di loro vi erano anche elementi di spicco della politica italiana, gli fece presente che quello non era un caso isolato, purtroppo parte dei politici italiani erano invischiati con persone della stessa pasta della Volpe. All'improvviso calò il silenzio.

John Casey saliva cautamente le scale di quel palazzo antico, non voleva far nessun rumore, non voleva che gli inquilini si allarmassero. Un piccolo errore poteva pregiudicare il buon esito di quella missione. Finalmente arrivò all'ultimo piano, quello della terrazza interna del palazzo che si raccordava con l'ufficio dell'italiano. Forzò la la serratura e aprì lentamente la porta. Fece un passo in quella terrazza con la pistola puntata. Si guardò intorno, sembrava sgombra, avanzò fino a raggiungere il muro alto circa due metri che separava le due zone. Le luci dell'ufficio erano accese, illuminavano anche se fiocamente la zona di confine. Individuò un parte dove la luce non giungeva, era perfetta, se qualcuno si fosse affacciato non l'avrebbe individuato. Si posizionò in quel cono d'ombra. Stava per riporre la sua arma quando sentì qualcosa che lui conosceva molto bene puntata contro la sua nuca.
“Buonasera signor Casey, la stavo aspettando.”

Quel silenzio era dovuto all'entrata in scena del padrone di casa, era lì, in cima ai gradini che collegavano il suo appartamento all'attico. Ci fu un applauso scrosciante da parte di tutti, non senza qualche difficoltà si unirono anche Chuck e Sarah, gli riusciva molto difficile applaudire l'uomo che aveva posto fine alla vite del generale Beckman e Roan Montgomery, ma dovevano inghiottire quel boccone amaro se volevano arrivare a lui, qualcuno si sarebbe potuto insospettire se fossero rimasi li immobili. Fortunatamente per loro, quello squallido spettacolo durò poco, la festa riprese a scorrere come qualche secondo prima. Ettore confermò che quello era Volpe. Senza farsi notare cominciarono a seguire tutte le sue mosse, stavano aspettando il momento propizio per poterlo prendere in disparte e portarlo nel suo ufficio. Dovettero aspettate un bel po'. Lo videro allontanarsi, una sua guardia gli aveva detto qualcosa all'orecchio, qualcosa che lo aveva turbato, lo si poteva chiaramente intuire dell'espressione che il suo volto assunse. Lo videro rientrare, cominciarono a seguirlo. Lo videro entrare in quello che doveva essere il suo ufficio. Davanti alla porta si posizionò una guardia.
“Sarah tieniti pronta, io lo distraggo tu lo narcotizzi.”
“Va bene.”
L'intersect di Chuck caricò il programma della lingua italiana. Lentamente l'uomo cominciò ad avvicinarsi al gorilla.“Signore lei non dovrebbe essere qui.”
“Oh mi scusi, sa è che ho bevuto molto e quindi stavo cercando il bagno, ma sa questa casa è veramente grande e...ora lei si dovrebbe sentire le forze mancare perché quella deliziosa donna laggiù” e indicò Sarah “che fra l'altro è mia moglie, l'ha appena narcotizzata.”
L'uomo cascò fra le braccia di Chuck. Sarah lo raggiunse velocemente poi aprì la porta alla sua sinistra e aiutò Chuck a sistemare la guardia li dentro. Aprirono la porta dello studio. Una luce illuminava la persona che era seduta dietro la scrivania , rimasero sconcertati a vedere di chi si trattava.
“Chuck, Sarah finalmente siete arrivati.”
“Ettore?” dissero all'unisono. Sarah tirò fuori velocemente la pistola e gliela puntò contro.
“Fossi in te abbasserei quell'arma, a meno che tu non voglia che il tuo amico muoia...”
Videro Casey entrare nell'ufficio con le mani legate dietro la schiena, era seguito da un uomo che puntava contro la sua nuca una pistola.
“Ora che ci siete tutti che ne dite di accomodarvi? Abbiamo molto di cui parlare” e indicò la poltrona che stava al latro destro della lussuosa scrivania. Prima che si accomodassero l'uomo che aveva accompagnato Casey gli legò i polsi e li disarmò.
“Tutto questo era una trappola. Sei tu in realtà che sei dietro a tutto questo...” disse Casey.
“Lo ammetto, mi avete scoperto” replicò ironicamente l'italiano.
“Qual è il tuo vero nome Ettore o Carlo Volpe?”
“Come vi ho detto mi chiamo Ettore, ex militare ed ex agente dell'AISI”
“Ma il disco...l'uomo con cui abbiamo parlato..il database dell'AISI.” intervenne Chuck.
“Le informazioni sono ovviamente false, grazie a Sophia ho potuto inserirle nel database dell'AISI, mentre l'uomo che avete chiamato era un mio agente .”
“Ci hai mentito fin dall'inizio...i nostri amici sono morti a causa tua...perché?”
“Perché chiunque si frapponga fra me e il mio piano merita di morire.”
“Quindi era tua intenzione uccidere anche Shaw.”
“Bravo, sei un uomo intelligente Chuck. Vedi non mi sono mai fidato di Shaw, l'ho fatto mettere sotto controllo dal momento in cui Quinn lo ha preso come suo collaboratore. Il suo profilo psicologico non mi ha mai convinto. Sospettavo fin dall'inizio che mi avrebbe tradito ma al tempo stesso era anche una buona pedina da sfruttare per reperire le informazioni che mi servivano dagli Stati Uniti. Il tuo amico poi” e indicò John “ha svolto il lavoro per me.”
“Ma la Beckman e Roan non centravano nulla in tutto questo” urlò Sarah.
“Hai ragione, il mio obiettivo infatti era tuo marito.”
“Cosa?!?” esclamò Chuck sbalordito.
“Ho sentito ogni singola parola che ti ha detto Shaw in quella stanza di albergo. Gli uomini che lo avevano aiutato erano in realtà agenti sul mio libro paga. Ho chiesto loro di piazzare delle cimici e delle telecamere in modo da poter vedere e sentire cosa sarebbe successo. Quando ho visto cosa è successo ho capito che la tua mossa successiva sarebbe stata contattare l'uomo che aveva passato le informazioni a Shaw, ovvero me. Quindi ho deciso di metterti sotto controllo. Avevo elaborato un piano, ma il fato ha deciso diversamente.”
“Il malore di Sarah...”
“Già, quindi ho pensato che solo un evento grave ti avrebbe allontanato da lei, da qui la decisione di uccidere i due che si sono presentati al posto tuo. Sapevo che una cosa del genere ti avrebbe attirato qui, il tuo profilo psicologico che Shaw mi aveva fornito parlava chiaro. Poi mi sarei occupato di loro due” e indicò Casey e Sarah “ ma a quanto pare ho avuto fortuna.”
“Perché? Perché tutto questo? Perché rubare tutti i dati sensibili dei governi filo-statunitensi?”
“Dimmi Chuck, tu hai mai conosciuto il tradimento? Io si. E lo sai chi mi ha tradito? Lo Stato che ho servito fedelmente, ma che appena ha potuto a voltato le spalle a me e ai miei amici, lo Stato che si è preso il mio stesso figlio.”
“Non capisco.”
“Sai cosa è l'uranio impoverito?”
“Sì, l'uranio impoverito è ottenuto come scarto del procedimento di arricchimento dell'uranio.”
“Bravo, vedo che hai studiato a scuola. Io e i miei amici vent'anni fa circa siamo stati mandati in missione di pace in medio oriente, in un paese che il tuo governo aveva devastato con la guerra per motivi di terrorismo, quando in realtà l'unico motivo che lo aveva spinto ad attaccare era quello economico. Eravamo li, in mezzo a quel disastro, in mezzo a quella miseria, per portare la pace. Abbiamo passato oltre un anno, ma i problemi sono sorti quando siamo tornati a casa. I miei amici si sono ammalati, leucemia. Li ho visti morire tutti lentamente, erano giovani, pieni di vita, amavano le loro famiglie profondamente, ma la malattia si è portata via tutto. Ho cominciato a indagare e sai cosa ho scoperto? Che quella malattia era causata all'uso di armi all'uranio impoverito che erano state usate durante quella guerra, armi di cui lo Stato sapeva e ci aveva tenuto all'oscuro. Mi sono battuto affinché quella malattia fosse riconosciuta dallo Stato, affinché le famiglie dei miei amici avessero ciò che gli aspettava. Sai cosa è successo? Lo Stato che avevo, che avevamo servito fedelmente, mi ha girato le spalle, mi ha detto che era tutto frutto della mia fantasia. Sai mi sono sempre chiesto perché la malattia mi abbia risparmiato, fino a mio figlio.”
I tre lo fissavano basiti incapaci di trovare delle parole adatte per rispondere a quell'uomo, gli sembrava che ogni cosa avessero detto sarebbe sembrata fuori luogo. Chuck si fece coraggio.
“Cosa gli è successo?”
“Mio figlio purtroppo ha voluto seguire le mie stesse orme. Sei anni fa raggiunta la maggiore età è entrato nell'esercito. Ha fatto carriera...fino a un anno fa. L'anno scorso è partito in missione di pace in Iraq, altro paese attaccato da voi solo per una falsa guerra al terrorismo. Durante una ricognizione è stato catturato, i suoi commilitoni sono stati uccisi durante l'agguato. Ufficialmente lo Stato italiano si è dato da fare per liberarlo, in realtà ha fatto ben poco, mi è stato riferito che non voleva scendere a patti per la vita di un solo uomo. Lo Stato che mio figlio aveva servito, lo aveva ucciso. Quel giorno ho deciso di vendicarmi verso coloro che erano stati responsabili della morte dei miei amici e di mio figlio. Finalmente avevo capito perché la malattia mi aveva risparmiato: la vendetta. Tutti quei anni passati nei servizi segreti e nell'esercito mi hanno fatto fare molte conoscenze, tra le quali Quinn. Sapevo che anche lui aveva buoni motivi per vendicarsi del governo statunitense. Lo contattai, gli dissi cosa avevo in mente a sua volta lui mi disse di un nuovo super-computer, l'intersect, era l'ideale per vendere informazioni. Elaborammo il piano, il resto della storia la conoscete già.”
“Milioni di persone saranno in pericolo a causa di quelle informazioni, persone innocenti.”
“Innocenti dici? Oh no, per niente. Non ci sono innocenti a questo mondo, tutti hanno la loro parte di colpa. E sai quando lo sono diventate? Nel momento in cui hanno deciso che coloro che mi avevano tradito le governassero, nonostante io abbia messo innanzi ai loro occhi la verità.”
“Scatenerai il caos.”
“E caos sia. Ora è giunto il momento di morire.” Ettore prese la pistola da sopra la scrivania e la puntò contro la testa di Chuck. Ci fu una esplosione, la vetrata di dell'ufficio si frantumò in una miriade di schegge. Una figura avanzò in mezzo quell'inferno di vetro.
“Qui l'unico a morire ora sarai tu.”


Siamo giunti al penultimo capitolo. Come sempre spero che ciò che ho scritto sia di vostro gradimento. Aspetto le vostre opinioni!!

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Capitolo 16
*** Cap. 16 ***


Gertrude avanzò velocemente nella stanza calpestando i frammenti della vetrata, che poco prima aveva mandato in frantumi sparandogli contro con la sua pistola silenziata. Sparò alla testa alla guardia che si trovava in quella stanza, dopodiché si avventò sull'italiano. Il combattimento fu breve ma intenso. Gertrude ebbe la meglio sull'italiano mandandolo al tappeto e disarmandolo. Con un calcio allontanò l'arma da lui. Poi lo costrinse a mettersi sulle ginocchia.
“Non fare un passo o ti ammazzo.” e gli puntò l'arma alla testa.
“Chi sei?”
“Gertrude” l'anticiparono stupiti i tre.
“Cosa ci fai qui?” chiese irritato Casey.
“Ma tu pensa, ti prodighi tanto per salvare il tuo il ragazzo e questo neanche ti ringrazia.”
“Le persone che amiamo sanno essere proprie ingrate a volte.” ironizzò l'italiano.
“Un'altra battuta del genere e il prossimo proiettile che sparerò sarà nella tua testa.”
“Come sei arrivata fin qui?”
“Ho dato una sbirciatina al rapporto che la CIA ha fatto sull'incidente, c'era qualcosa che non ritornava. Ho contattato alcuni miei ex-collaboratori qui a Roma che ora collaborano per l'agenzia, ho chiesto loro di controllare meglio l'auto. Sorpresa, non era stato il missile a far esplodere l'auto ma bensì un esplosivo piazzato sotto la parte del passeggero. Però devo ammetterlo, era un lavoro ben fatto, solo una attenta analisi poteva rivelare la sua presenza.”
“Sei una donna molto perspicace ma non hai risposto alla mia domanda: come sei arrivata qui? Ho provveduto io stesso a rendere irrintracciabili le loro posizioni. Tutti i loro dispositivi li localizzano in un'altra posizione.”
“Tutti i dispositivi tranne uno.”
“Cioè?”
“Vedi all'interno della fibbia della cinta di John ho fatto installare un localizzatore e un microfono ambientale, peccato che quest'ultimo registri solo se mi trovo in un raggio di un centinaio di metri.”
“Donna gelosa, eh?”
“Io mi definirei premurosa.”
“Quindi fammi capire, oltre a localizzarli” Ettore indicò i tre “hai anche registrato tutta la conversazione.”
“Esatto. Per te e per la tua organizzazione è finita. Liberali.”
L'italiano senza protestare si alzò lentamente e con calma slegò i tre. Casey come fu libero prese la pistola che stava per terra e la puntò contro Ettore. Aveva una voglia pazzesca di premere il grilletto, l'unica cosa che lo tratteneva era il fatto che l'ex spia italiana era ancora una miniera di informazioni utili.
“Dove sono tutti i dati relativi alla tua organizzazione?” domandò con rabbia.
“Sono registrate su dei dischi”
“Dove si trovano?”
“Sono in una cassaforte. È li, dietro quel quadro” e indicò il quadro che stava sopra il divano dove John era stato seduto fino a qualche attimo prima. Chuck e Sarah si adoperarono per rimuoverlo. Videro che oltre a richiedere una combinazione alfanumerica, la cassaforte richiedeva una il rilevamento delle impronte digitali.
Ettore si avvicinò alla cassaforte, tenuto costantemente sotto tiro da Casey e Gertrude. Immise la combinazione e poi appoggiò la mano sullo scanner ottico. Un bip segnalò l'avvenuta apertura. Aprì lo sportello. Prima di prendere i dischi dall'interno guardo i due che stavano ai suoi fianchi. Notò che Chuck gli era molto vicino. Era la sua occasione. Infilò la mano sinistra all'interno della cassaforte, prese i dischi, i tirò fuori e li lanciò verso John e Gertrude, poi con altrettanta velocità infilò dentro la cassaforte la mano destra e tirò fuori una pistola, rapidamente si portò dietro Chuck e gli punto la pistola alla tempia.
“Fermi o il ragazzo muore.”
“Hey, hey, hey, diamoci tutti una calmata ok? Qui nessuno spara a nessuno, specialmente al sottoscritto.”
“Avete sentito il vostro amico? Abbassate le armi e nessuno si farà del male e tu non provare a fare nessuna movimento, so cosa sei capace di fare, ho studiato a fondo l'intersect.”
John e Gertrude abbassarono le armi contemporaneamente, non gli andava di rischiare in quell'occasione. Anche Sarah rimase ferma nella sua posizione. Non voleva azzardarsi a fare nessuna mossa, l'uomo che aveva fatto quella minaccia non avrebbe esitato a fare ciò che diceva, glielo si leggeva chiaramente nei suoi occhi i quali non tradivano nessun sentimento. Lo sguardo era quello di un uomo che non aveva più nulla da perdere. Ettore si portò con cautela dietro la scrivania, aprì il cassetto e prese le chiavi del furgone, sempre usando Chuck come scudo poi si cominciò ad avvicinare alla porta. L'aprì.
“Non provatemi a seguire o giuro che l'ammazzo” richiuse la porta.
“Avanza lentamente, fai qualche mossa avventata e sei un uomo morto. Quando saremo nella festa cammina come se non fosse successo niente e non provare a scappare, chiaro?”
“Chiarissimo.”
Chuck scese i gradini che portavano nell'attico. Sfoderò uno dei suoi sorrisi più rassicuranti. Cominciò ad avanzare fra le persone. Raggiunse con qualche fatica l'uscita. Voltò la testa indietro, l'italiano era a pochi passi di distanza. Scesero in strada e dopo aver percorso un breve tratto di strada salirono sul furgone. Il mezzo schizzò fuori dal parcheggio. Ettore imboccò a tutto velocità Via Dei Fori Imperiali. Chuck guardò il tachimetro, la lancetta stava sfiorando pericolosamente i cento chilometri orari, istintivamente chiuse gli occhi e si ritrovò a pregare ogni divinità nota e sconosciuta. Sentì che la velocità del furgone aumentava sempre più, l'accelerazione che il mezzo aveva subito lo aveva spinto ancora di più contro il sedile.
“Rallenta oppure vuoi farci ammazzare?”
“Neanche per idea. Voglio mettere più metri possibili fra noi e i tuoi amici, sicuramente si saranno messi all'opera per inseguirci.”
“Stai andando troppo veloce” urlò Chuck. Istintivamente cercò di portare le mani sul volante ma prima che potesse raggiungere il suo obiettivo Ettore stroncò ogni suo tentativo puntandogli la pistola al fianco.
“Sta fermo o accidentalmente potrebbe partirmi un colpo” sottolineo la parola accidentalmente con un modo tale che fece rabbrividire Chuck.
“Va bene, vuol dire che me ne starò qui buono, molto buono.”
Ettore continuava a guidare a velocità folle per le strade di Roma, nel giro di pochi secondi avrebbero raggiunto il ponte che stava dinanzi all'ospedale Santo Spirito, quando Chuck vide dei vecchi che stavano attraversando la strada sulle strisce pedonali. Senza pensarci due volte e a costo della sua stessa vita portò le mani sul volante, il che diede il via a una furiosa colluttazione all'interno dell'abitacolo. Il furgone cominciò a sbandare furiosamente, seminando il panico fra persone che erano presenti in strada. Intanto i due continuavano a lottare nel mezzo. Chuck dopo aver disarmato Ettore, finalmente riuscì a mettere le mani sul volante, con una manovra disperata riuscì a evitare la coppia ma non riuscì ad evitare che il furgone si andasse schiantasse contro il basamento destro che sosteneva una statua raffigurante un angelo. Ettore tentò una frenata disperata ma l'impatto fu comunque terribile. Chuck si risvegliò, gli doleva ogni membra del suo ma era miracolosamente vivo, si ritrovò a ringraziare la CIA per la qualità dei mezzi. Girò la testa verso il lato del guidatore, Ettore non c'era. Aprì a fatica la portiera e lentamente uscì dall'abitacolo. Chiamò Sarah e le disse dove stava, nel giro di pochi minuti tutto il team lo avrebbe raggiunto. Vide l'italiano a pochi metri da lui, era seduto a terra con le gambe allungate e con la schiena contro la balaustra del ponte. Cominciò ad avvicinarsi , ogni passo che faceva gli provocava una forte scossa di dolore. Gli fu finalmente vicino. Vide la mano sinistra, che era appoggiata sopra il suo addome sporca di sangue, la mano destra reggeva una pistola.
“Cosa è successo?”
“Quando ci siamo schiantati è partito un colpo di pistola che mi ha colpito” disse a fatica l'italiano.
“Lascia che ti aiuti.”
“Non ti azzardare” e a fatica si alzò, poi lentamente si mise a sedere sulla balaustra.
“Ettore lascia che ti aiuti, hai una brutta ferita e hai perso molto sangue.”
“Chuck per me è finita. Mi avete sconfitto.”
“Non stiamo parlando di questo ora. Resisti, i soccorsi arriveranno a breve.”
“Tu non capisci. Non era solo vendetta Chuck, era il mio estremo tentativo, per quanto discutibile, di scuotere le menti, le coscienze della gente.”
“Tu...tu sapevi.”
“Nessuno nasce cattivo Chuck, lo si diventa. Voglio raggiungere i miei amici, mio figlio, la mia famiglia. Lasciami morire con dignità e non in una prigione.”
Chuck annui con la testa. “ Un'ultima domanda i piani dell'intersect dove sono?”
“Sono contenuti in quei dischi che ho lanciato. A che ti servono?”
“Voglio togliermi questo affare dalla mia testa” e si indicò il capo.
“Capisco. Chuck, sei una brava persona che ama aiutare la gente, sai, una volta anche io ero come te... allontanati da questo mondo o farai la mia stessa fine. Addio.” e si mise l'arma in bocca. Chuck chiuse gli occhi, sentì il rumore di uno sparo e qualche secondo dopo il tonfo di un corpo che cadeva in acqua, delle lacrime solcarono il suo viso.

Alcune settimane dopo...

La cerimonia per il matrimonio di Morgan era stato un momento di emozionante per tutti, persino due duri come John e Gertrude si erano fatti scappare qualche lacrima. Dopo che il rito fu terminato si trasferirono tutti quanti sulla spiaggia per festeggiare. Al quel matrimonio c'erano tutti capitan Fenomeno e consorte con la piccola Clara, Mary Bartowski, i Jeffster in qualità di musicisti, tutta la pazza banda del Buy More e diversi altri amici che erano accorsi a festeggiare gli sposi. Tutto sembrava perfetto e pieno di gioia, ma non per tutti. Da quando erano tornati da Roma, Sarah aveva notato che qualcosa era cambiato in Chuck, non nei suoi atteggiamenti o nel suo carattere, ma nei suoi occhi, avevano come un velo di tristezza. Aveva ipotizzato che quello stato d'animo fosse dovuto al fatto che non avesse più l'intersect e che avesse distrutto definitivamente i piani di costruzione, ma il suo intuito le diceva che vi erano ragioni più profonde. Più volte lo aveva spronato a parlare a confidarsi con lei, ma ogni volta che ci aveva provato l'unico risultato che aveva avuto era il suo rifiuto implicito dato da scuse poco convincenti e il conseguente chiudersi a riccio in sé stesso. Stava parlando con Ellie quando vide Chuck che si allontanava dalla festa, stava andando verso la riva della spiaggia, decise di raggiungerlo. Si tolse i fastidiosissimi tacchi e si mise a correre, raggiunto si sedette accanto a lui. Rimase in silenzio, non voleva forzarlo, voleva che fosse lui a decidere i tempi e i modi di aprirsi. Passarono diverso tempo in silenzio ad osservare le onde che si infrangevano sulla riva.
“Da quando siamo tornati da Roma non faccio che pensare a Ettore.” Sarah rimase in silenzio, sapeva che quello era solo l'inizio dello sfogo di Chuck “Lui era come me, gli piaceva aiutare la gente, me lo ha detto lui stesso prima di morire.” Sarah rimase stupita da quella rivelazione, da quando lo avevano trovato sul ponte non aveva mai detto cosa si erano detti lui ed Ettore “ma la vita che ha condotto, gli eventi che gli sono capitati, lo hanno fato diventare l'uomo che abbiamo conosciuto. E se dovesse succedere anche a me? Ho paura Sarah, paura di trasformarmi come è successo a lui.“
“Chuck io non so cosa il futuro abbia in serbo di noi, ma sono certa di una cosa: tu non metterai mai in pericolo la vita delle persone per una tua vendetta personale. Sei incapace di cercare vendetta e Shaw né è un esempio, lui ti ha fatto molto male e tu hai cercato di aiutarlo fino alla fine. No Chuck, tu non diventerai mai ciò che Ettore è diventato.”
“Lo credi davvero?”
“Si, ho fiducia in quel ragazzo che ho conosciuto più di cinque anni fa e di cui mi sono perdutamente innamorata. Sei una persona incredibile Chuck Bartowski e nulla potrà cambiare questo.”
“Sai, vorrei...vorrei fare qualcosa per evitare che accadano cose del genere.”
“A cosa stavi pensando?”
“Non lo so magari fondare una associazione per ex agenti oppure darmi alla politica o magari operando all'interno delle agenzie.”
“Chuck qualsiasi cosa tu decida di fare sono sicura, anzi siamo sicuri” e si toccò il ventre “ che lo farai alla grande.”
Chuck guardò Sarah allibito non poteva credere a ciò che appena visto e sentito “Sarah tu...quando?”
“Solo qualche giorno fa, attendevo il momento migliore per dirtelo.”
“Tutto questo...è meraviglioso” disse con la voce rotto dall'emozione e la baciò.
Una leggera brezza si levò dall'oceano. Chuck abbracciò Sarah, che ricambiò quella stretta. Rimasero così avvinghiati a godersi il tramonto, per loro quel momento rappresentava un nuovo inizio.

 

Una fine non è mai facile. J.D. ( Scrubs ) aveva proprio ragione! Spero che questo finale sia di vostro gradimento. Detto questo vorrei ringraziare in modo speciale tutte le persone che hanno commentato, messo nei preferiti, da ricordare e nelle seguite questa storia. Grazie, perché mi avete spronato a continuare. Vorrei ringraziare anche chi ha solo letto, mi piacerebbe sapere da voi cosa ne pensate. Spero di ritornare a scrivere in futuro ( in mente mi frulla qualcosina ) sempre se gli impegni me lo permetteranno. Arrivederci e ancora grazie!!!

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