La mia rivincita di Shayla_the_angel (/viewuser.php?uid=53006)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 01. ***
Capitolo 2: *** 02. ***
Capitolo 3: *** 03. ***
Capitolo 4: *** 04. ***
Capitolo 5: *** 05. ***
Capitolo 6: *** 06. ***
Capitolo 7: *** 07. ***
Capitolo 8: *** 08. ***
Capitolo 9: *** 09. ***
Capitolo 10: *** 10. ***
Capitolo 1 *** 01. ***
Primo
capitolo di una nuova fic.
Sinceramente non so come mi sia venuta in mente ^^
In
ogni caso voglio tanti
commentini perché almeno so cosa ne pensate. Come al solito
i Tokio Hotel non
mi appartengono (purtroppo) e questo scritto non è stato
prodotto a scopo di
lucro (???). Ok, a voi la storia.
La
mia rivincita
01.
BERLINO_PER
STRADA
Stavo
camminando tranquillamente. Nessun pensiero, nessun
problema. La mia vita proseguiva tranquilla. Non chiedevo niente di
più di
quanto avevo. Eppure quella mattina accadde.
Oh, avete
ragione. Mi sono messa a parlare e nemmeno mi presento!Che
sbadata. In ogni caso, mi chiamo Alena e ho diciannove anni. Al mattino
lavoro
in una piccola cartoleria, mentre di sera lavoro come tecnica del suono
per un
gruppetto poco famoso. Ok, aggiusto i microfoni e gli impianti al
gruppo di mio
fratello. A dirlo così però sembra patetico.
Vabbè, sorvoliamo.
Quella
mattina dovevo andare a prendere un paio di corde per
il bassista e chiedere disperatamente al commesso se gli erano arrivati
gli
spartiti per tastiera degli U2. Entrai nel negozio tranquillamente e mi
misi a
guardare qua e là, come al solito. Ad un tratto udii delle
voci. Il commesso,
Daniel, stava parlando con qualcuno, di cui non conoscevo la voce.
Sembrava una
voce da film, di quelle che senti solo nei doppiaggi dei divi di
Hollywood.
Incuriosita,
mi avvicinai all’ingresso. Presi a caso una
rivista dallo scaffale ed osservai la scena. Un uomo sulla quarantina
si era
praticamente comprato tutte le corde di chitarra e basso del negozio.
Mi avvicinai
alle scatole e notai sconfortata che erano state
razziate tutte. Il mio sguardo fece sorridere Daniel.
“A
quanto pare oggi ti va male, tesoro” mi disse.
L’altro
cliente mi guardò.
“Signorina
sta cercando qualcosa?” mi domandò. Il suo sguardo
mi irritò profondamente. Sembrava volesse dirmi “Mi
dispiace ciccina, ma
sono arrivato prima io. Ora ti attacchi!”.
“Beh,
sinceramente mi servirebbero due corde…” dissi,
osservando il corposo mucchio che l’uomo aveva poggiato sul
bancone.
“Oh,
mi dispiace, ma la prossima volta ti converrà prenderle
prima di gironzolare per il negozio” disse, con un sorrisino.
Ribollii di
rabbia.
“Senta,
i suoi figli non si arrabbieranno di certo se mi cede
due corde, o sbaglio? Ne ha lì almeno trenta per
tipo” dissi, cercando di
sembrare minimamente calma.
L’uomo
rise.
“Ma
queste non sono per i miei figli” disse, poi pagò
e si
allontanò, sempre ridendo.
Sospirai.
“Senti,
dammi almeno una buona notizia…” dissi, rivolta a
Daniel.
“Mi
dispiace, ma niente U2, almeno fino al prossimo mese”.
Ero
demoralizzatissima.
“Senti,
ma che cazzo aveva da ridere quello lì?” domandai,
ai
limiti dello sconforto.
“Come?
Ma davvero non l’hai riconosciuto?”
“No”
“Eppure
era sulla rivista che stavi leggendo”.
Guardai la
copertina del giornale.
“David
Jost, il manager dei Tokio Hotel si racconta per
noi”.
“David
Jost…ecco dove avevo già visto quella faccia da
schiaffi!” esclamai.
“Senti,
te lo prendi quel giornale?” mi domandò Daniel.
“Ma
sì. Fammi leggere qualche stronzata. Senti, appena arriva
qualcosa di utile, chiama pure Eric”
“Sì,
stanne certa. Buona giornata”.
Mi
allontanai a passo svelto, leggendo il giornale.
“Stiamo
cercando una giovane band ancora sconosciuta per
aprire i concerti dei Tokio Hotel per il prossimo tour”.
La faccenda era
abbastanza interessante. Avevo già sentito parlare dei Tokio
Hotel, anzi a dire
la verità avevo anche proposto a mio fratello e al suo
gruppo di provare
qualche cover loro, perché le canzoni mi piacevano
abbastanza. Strano che non
avessi mai sentito parlare di quel rompi palle del loro manager.
Sospirai,
poi entrai in casa. Era il mio giorno libero dalla
cartoleria, quindi mi rimboccai le maniche e risistemai quel buco di
appartamento dove vivevo con mio fratello e con i suoi amici.
Sì,
non prendetemi per una sfigata, ma da quando io e il mio
ragazzo avevamo rotto, mi ero ritrovata praticamente in mezzo alla
strada e se
non fosse stato per Eric, a quest’ora probabilmente non sarei
nemmeno qui a
raccontarvi la mia storia.
In ogni
caso, i ragazzi erano tutti al lavoro. Mio fratello e
Matt, il batterista lavoravano per un industria di pittura fuori
città, mentre Jo,
il bassista faceva il barman in un bar in centro. Erano tutti e tre
sempre mega
impegnati, ma la musica li rilassava e provavano sempre di sera. La
fortuna era
che abitavamo in una piccola palazzina fuori città e gli
altri inquilini non si
erano mai lamentati. Accesi lo stereo, sicura che i vicini fossero
tutti fuori
casa, quindi mi misi a rassettare cantando ad alta voce.
Non sentii
nemmeno la porta aprirsi.
“Sorellinaaaaaaaa!”
una voce deliziosa per le mie orecchie.
“Eric!”
esclamai, spegnendo lo stereo e correndo tra le
braccia di mio fratello.
Era
più grande di me di due anni, ma era come se fosse il mio
gemello.
Dietro di
lui vidi arrivare anche Matt. Alto, biondo dagli
occhi grigi ed un sorriso irresistibile.
“Cosa?
Stai sistemando?” mi chiese il giovane,
scompigliandomi i capelli. Anche lui era coetaneo di mio fratello.
“Ovvio,
se non ci fossi io vivreste in un porcile!” esclamai
ridendo. Era quasi l’una.
“Ragazzi,
che ne dite se andiamo a mangiare da Lu?” chiesi.
Lu era la
mia migliore amica. Si chiamava Ludovica, ma
siccome il suo nome le faceva schifo si faceva chiamare Lu. Era
proprietaria di
un ristorantino niente male dove si mangiava da Dio spendendo
pochissimo.
Salimmo in
macchina, poi mio fratello si mise al volante.
“Oggi
che giorno è?” chiese.
“Mercoledì”
risposi.
“Oddio!
Allora domani sera abbiamo il concerto dentro al bar
di Andrea”.
Altra
presentazione, scusate sto nominando parecchie persone
che voi non conoscete.
Andrea era
la ragazza di mio fratello. Stavano insieme dai
tempi della seconda media. Una roba pazzesca. Quasi dodici anni di
fidanzamento
e ancora si amavano all’inverosimile.
“Beh,
i pezzi che avete preparato sono bellissimi” dissi, dal
sedile posteriore.
“Sì
e vorremo che tu cantassi con noi” mi disse Matt.
“Cosa?!?”
domandai.
“Sì,
dai Ale!”. Solo lui e mio fratello mi chiamavano
così.
“Ma
come vi è venuta in mente questa cosa?” chiesi.
“Beh,
tuo fratello canta bene, ma ci manca la ragazza
immagine per il gruppo!” disse, sorridendomi.
“Io?
Ragazza immagine? Ma mi hai vista?”.
Ero
cicciottella, con i capelli perennemente in disordine e
spessi occhiali a nascondermi il viso.
Non mi
piacevo e non erano molti i ragazzi ad apprezzare il
mio aspetto fisico.
“Dai,
non dire così. Adesso ne parleremo a Lu. Scommetto che
anche lei sarà dalla nostra parte” disse Eric,
parcheggiando.
Scendemmo
dalla macchina ed entrammo dentro il ristorante,
dove la mia amica ci accolse.
“Ecco,
lei potrebbe benissimo fare la ragazza immagine” pensai.
Alta, con le gambe chilometriche e il fisico da Miss America. Lunghi
capelli
corvini ereditati dal padre spagnolo e occhi azzurri della madre
norvegese.
“Ragazzi!
Che piacere vedervi da queste parti!” esclamò,
abbracciandoci.
“Senti
Lu, oggi che ci proponi?” chiese Matt.
La mia amica
si sfiorò il mento con una mano dalle unghie
smaltate.
“Dunque,
come primo un piatto di lasagne caserecce, di
secondo una bella bistecca ai ferri con contorno di insalata e mais.
Frutta
fresca di stagione e dessert a scelta tra quelli della casa”
Il giovane
bassista annuì. “Apprezzo pienamente la tua
scelta!” esclamò, sorridendo.
“Senti,
che ne pensi di Ale come nostra ragazza immagine?”
chiese mio fratello.
“Strepitoso!”
disse Lu.
“Dai,
ragazzi. Non prendetemi in giro. Se vi facessi da
ragazza immagine probabilmente perdereste tutti i vostri fan”
dissi, avvilita.
“Eric,
lascia fare a me. Ora mangiate, poi la sequestro io!
Non preoccupatevi” disse la mia amica.
Dopo pranzo,
infatti, lasciò la gestione del locale ad un
ragazzo e mi portò a casa sua.
“Senti,
perché devi buttarti giù di morale in questo
modo?”
mi chiese, mentre guidava.
“Perché?
Dai Lu, ti sembra il caso di farmi questa domanda?
Guardami…non sono per niente quella che si definirebbe una
bella ragazza”
“Oh,
che palle! Secondo te tutte quelle che stanno in
televisione o che sono famose sono tutte delle strafighe a livello
universale?
No! La maggior parte sono cesse. Se solo le belle donne potessero fare
spettacolo, allora saremmo messe molto male. Ci sono doti migliori
della
bellezza. Tu hai un cervello che farebbe invidia a molte ragazze belle,
fidati.
E poi, per la cronaca, se quelle veramente brutte fossero fatte come
te, allora
sarebbero contente”.
Lu, la mia
migliore amica. Sapeva tirarmi su di morale in
ogni momento.
“Senti,
il trucco o make up, come preferisci chiamarlo, lo
hanno inventato proprio per perfezionare i piccoli errori”
Arrivate a
casa sua, mi tolsi la giacca. Ormai conoscevo a
memoria quell’appartamento. Più volte ero stata
invitata a vivere lì, ma mi ero
sempre opposta. Preferivo stare con mio fratello.
“Dunque,
siccome il concerto sarà domani…vediamo un
po’ cosa
si può fare. Primo, cambiare taglio di capelli. Con i
capelli lunghi sembri
Maria Addolorata!” esclamò. Mi fece sedere in
bagno, poi cominciò a tagliare.
Aveva aperto
un ristorante, ma era anche un’ottima
parrucchiera ed estetista.
Quando
terminò il suo lavoro mi guardai.
“Mio
Dio! Ma che hai fatto?” chiesi.
Mi aveva
tagliato i capelli di almeno trenta centimetri.
Erano corti dietro e più lunghi davanti.
“Beh,
per ora è così, ma magari più avanti
puoi tingerli di
biondo o di un altro colore” disse, soddisfatta.
“Ok,
ora diciamo pure che sembro una povera scema”
“Non
è vero. Stai benissimo”
Avevo un
dannato ciuffo che continuava a finirmi davanti agli
occhi.
Look molto
simile a quello di una ragazzina di sedici anni.
“Non
sembro un po’ troppo piccola?” chiesi.
“Guarda,
fidati di me se ti dico che è sempre un bene che le
ragazze sembrino più giovani”.
Sospirai.
Quello era un look troppo appariscente. Troppo
diverso da me. Mi sentivo a disagio.
Lu mi
sorrise dal riflesso dello specchio.
“Senti,
non fare quel muso lungo. Scommetto che a Matt
piacerai da morire”
Arrossii.
Solo lei sapeva che per Matt era più di un semplice
amico.
“Senti,
domani pomeriggio, prima del concerto vieni qui da
me, così ti trucco e ti do dei vestiti adatti”
“Senti,
niente mini gonne o top, ti scongiuro!”esclamai.
Lu rise.
“Non
ti preoccupare. So quello che faccio”.
La salutai,
poi presi un taxi e tornai a casa.
Eric e Matt
stavano preparando gli strumenti per la prova
generale di quella sera.
“Ale
arrivi al momento giusto! Ce la fai a sistemare
l’amplificatore?”
mi chiese Matt.
“Certo”
dissi, chinandomi.
“Hey,
ma hai tagliato i capelli!” mi disse.
Io annuii.
“Stai
molto meglio” aggiunse, sorridendo.
Io arrossii,
poi mi alzai di scatto.
“Bene,
qui è tutto pronto. Io vado a preparare la cena,
almeno per quando arriva Jo è tutto pronto” dissi,
allontanandomi.
Avevamo
fatto insonorizzare la stanza per le prove, in modo
che il baccano fosse attutito almeno in parte.
In compenso
però, almeno una persona doveva entrare in sala
prove con il cellulare acceso al massimo volume.
Più
volte mi era capitato di chiamarli per minuti interi
senza ottenere risposte perché non mi sentivano.
Mi misi ai
fornelli e meno di dieci minuti dopo sentii la
porta aprirsi.
“Sono
a casa!” era Jo. Lui aveva ventitré anni ed era
figlio
di due immigrati argentini.
Si chiamava
Joachim ed era l’uomo più buono del mondo.
Mi
salutò, come suo solito, con un bacio sulla guancia.
“Buona
sera tesoro” mi disse.
“Ciao
maritino”.
Ci
divertivamo a fare gli sposini. Ormai era un giochetto che
andava avanti dai tempi delle superiori.
“Gli
altri due sono in prova” dissi.
“Ah
già. Domani è il grande giorno”
“Jo,
ascoltami. Lo dico solo a te, perché non voglio mettere
in ansia i ragazzi…” dissi a bassa voce, con aria
da cospiratrice.
“Che
succede?”
“Beh,
credo che domani sera ci sarà una sorta di talent
scout” dissi.
“Dici
sul serio?” mi chiese.
“Sì,
ho letto su questa rivista che il manager dei Tokio
Hotel sta cercando una band che apra i loro concerti e sta girando
praticamente
tutta Europa alla ricerca del gruppo giusto. Lui si occupa prettamente
di
questa città e si da il caso che domani sera
l’unico concerto live sia proprio
il vostro”
“Nostro
vorrai dire. I ragazzi ti avranno certo informata che
canterai con noi domani…lo noto dal tuo nuovo look”
Arrossii.
“Beh,
sì. Però il gruppo siete voi tre, io mi aggrego
solo
questa volta”.
Jo rise e mi
diede una leggera pacca sulla schiena.
“Ne
dubito chica!”
disse ridendo.
Andò
in sala prove e richiamò gli altri due. Era pronto da
mangiare.
A tavola
Eric mi illustrò la scaletta di brani che avremmo
dovuto fare l’indomani.
“Sono
tutti pezzi che conosci, li abbiamo provati migliaia di
volte, quindi non ci saranno problemi” mi disse, sorridendomi.
“Ah,
se farai carriera perderemo una cuoca favolosa” disse
Matt, addentando un pezzetto di stufato.
Ebbene
sì, me la cavavo molto bene in cucina e mi piaceva
mettermi ai fornelli.
La tensione
cominciava a salire. Mancavano più di
ventiquattr’ore all’esibizione e già
stavo male. Mi alzai per sparecchiare, ma
i ragazzi mi fermarono.
“No,
ora bisogna provare…a dopo i piatti” disse Jo.
Contro
voglia, in quanto maniacalmente contraria al
disordine, mi feci trascinare in sala prove.
Presi tra le
mani il microfono e sospirai.
Mio fratello
prese la chitarra, Jo il basso e Matt si sedette
alla batteria.
Provammo per
quasi un’ora e mezza.
“Perfetto!
Se domani suoniamo così diventeremo la migliore
band sconosciuta di tutta la Germania!” disse Eric,
soddisfatto della prova.
“Non
è detto…potremmo diventare famosi” pensai,
sorridendo.
La mattina
seguente, quando mi svegliai, i tre pigroni erano
ancora a letto. Si erano presi tutti e tre un giorno di ferie, per
prepararsi
meglio alla serata.
Mi mossi
lentamente dalla mia camera, andai in bagno dove mi
lavai e mi vestii, lasciando il pigiama nel cesto della biancheria
sporca, poi
scesi al piano di sotto per preparare il caffè per tutti.
Dopo una
rapida colazione mi lavai i denti, presi le chiavi
di casa e della macchina, lasciando un messaggio appeso al frigorifero.
“Dopo
il lavoro vado da Lu, ci troviamo direttamente da
Andrea per le 21.00. Baci e non distruggete la casa! Ale”
Chiusi a
chiave la porta, poi andai in garage, dove la mia piccola
smart mi stava aspettando.
Arrivata in
cartoleria mi misi dietro il bancone. Non avrei
incontrato la mia collega almeno fino alle undici, quindi avevo ben tre
ore
tutte per me.
Mi sedetti e
cominciai a leggere un libro che avevo iniziato
qualche giorno prima.
Sentii il
campanello tintinnare, quindi alzai lo sguardo.
Era una
ragazzina di circa sedici anni. Stava rumorosamente
masticando una cicca, sbatacchiando la bocca in maniera poco fine.
“Senti,
che ce li hai gli indelebili colorati?” mi chiese,
sbiascicando.
Odiavo le
ragazzine che si atteggiavano.
Vestiva
firmata dalla testa ai piedi.
Portava un
paio di ballerine con la tela stampata di Gucci.
Al braccio una borsa della Pinko. Jeans della Lee e una maglia di Dolce
e
Gabbana.
“Sì,
sono su quello scaffale” risposi, tornando alla mia
lettura.
Mancavano
cinque minuti alle otto, sicuramente quella ragazza
stava cercando un modo per arrivare in ritardo.
Rimase
davanti a quei dannati pennarelli per quasi dieci
minuti, poi si avvicinò di nuovo a me.
“Scusa,
non è che ce li hai di un rosa più scuro di
questo?”
mi chiese, porgendomi un pennarello fucsia.
“Beh,
più scuro di così c’è solo
viola”
“Allora
lo prendo così” disse, estraendo un borsellino
della
Guess.
“Un
euro e trenta” dissi, preparando lo scontrino e mettendo
l’indelebile in un sacchettino.
“Grazie.
Ciao” disse, uscendo.
La vidi
uscire dal negozio, poi fermarsi a scrivere proprio
sulla colonna davanti all’entrata.
Mi chiesi
come potesse essere tanto stupida. In quel momento
passò una pattuglia di vigili urbani che notò la
ragazzina e la multò.
Sorrisi mio
malgrado. Non era nel mio stile comportarmi da
stronza, eppure era necessario quel sorriso.
Ripresi a
leggere, quando uno dei vigili entrò in cartoleria.
“Buon
giorno signorina” mi disse.
Alzai lo
sguardo. Aveva una faccia conosciuta, eppure non
seppi dire dove lo avessi già visto.
“Buon
giorno. Mi dica” dissi, chiudendo il libro.
“Ha
venduto lei questo pennarello alla ragazzina che
c’è di
fuori?”
Io mi sporsi
fingendo di non sapere cosa stesse accadendo.
“Ah,
sì. Gliel’ho appena venduto, come mai?”
“La
ragazza in questione è stata appena multata per aver
scritto sul muro qui di fronte”
“Ebbene?”
“Lei
è responsabile di aver venduto
l’oggetto”.
“Aspetti
un secondo. Io cosa c’entro?”
“Le
verrà fatta una sanzione”
“Come
scusi?” chiesi, sempre più allibita.
“Sì”
“No,
aspetti. Se una persona vende un taglierino ad un’altra
e quella commette un omicidio, è colpa del
venditore?”
“In
parte sì”
“Per
cortesia, io la rispetto moltissimo, ma non dica cose
che non stanno ne in cielo né in terra”.
Il vigile
scoppiò in una sonora risata.
“Davvero
non mi hai riconosciuto?” chiese levandosi il
cappello.
Io lo
guardai meglio.
“David?”
chiesi.
Lui
annuì.
Sorrisi e
superai il bancone, poi lo abbracciai.
Eravamo in
classe assieme alle medie.
“Come
stai?” gli chiesi.
“Bene,
te?”
“Bene!
Allora, sei riuscito a fare quello che volevi, a
quanto pare”
“Sì,
te invece?”
“Io
adesso lavoro qui e per il gruppo di Eric”
“Ah,
beh almeno hai a che fare con la musica, come volevi,
no?”
“Sì”
“Senti,
ma quella ragazza quanto è stupida…ci ha visti
arrivare da in fondo alla via, ma mica si è
spostata…”
“Che
ci vuoi fare? La gioventù furba e brillante se
n’è
andata con noi” dissi, ridendo.
Lui mi
sorrise.
“Dai,
un giorno organizziamo una rimpatriata, va bene?”
“Ok,
avvisami appena sai qualcosa”.
Mi diede un
leggero bacio su una guancia, poi se ne andò.
“E
dire che alle medie mi rivolgeva appena la parola”
pensai, sospirando.
La mattinata
proseguì placidamente.
Entrò
la solita vecchietta a chiedere delle cartucce per il
nipote, la solita mamma ritardataria che cercava disperatamente le
copertine
per qualche quaderno. Il solito, come sempre.
Alle undici,
a libro finito, arrivò la mia collega. Dafne.
Bella ed
irritante come poche.
“Ciao
Alena” mi disse con aria stizzita
“Ciao
Dafne”.
Poteva
permettersi di arrivare tardi solo perché era la
fidanzata del figlio del proprietario e io credevo che fosse anche per
quel
motivo che aveva ottenuto il lavoro.
Era
completamente dipendente dalle altre ragazze, me
compresa. Non sapeva fare gli scontrini, non sapeva dov’erano
le cose e guai a
chiederle di fare l’inventario all’inizio e alla
fine di ogni mese.
“Io
ho una vita sociale, non posso sprecare il mio tempo
in questo buco!” rispondeva regolarmente, al che
io e le altre ragazze ci
eravamo rassegnate al fatto che stesse in mezzo ai piedi a blaterare
dei fatti
suoi, mentre noi lavoravamo.
Era proprio
grazie a Dafne che il direttore aveva dovuto
assumere altre tre ragazze. Io e Marie non riuscivamo a fare tutto il
lavoro.
In ogni
caso, aspettai fino a mezzogiorno, quando arrivò
Marie che mi diede il cambio.
“Buona
fortuna. Oggi è di luna storta” le dissi,
sorridendo.
“Oh,
che meraviglia” rispose lei, sarcastica.
Me ne andai,
salutando entrambe, poi corsi da Lu. Non vedevo
l’ora di sapere cosa aveva in serbo per me.
|
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Capitolo 2 *** 02. ***
Bene! Rieccomi tra
voi...dunque...tre commenti x il primo capitolo non è male
^^ ma si può fare di meglio...comunque, questa volta mi
impegnerò a ringraziare tutti di volta in volta, altrimenti
finisce come nell'altra fic che mi tocca fare un capitolo a parte per i
ringraziamente...vabbè...
Grazie a:
Jaji: grazie, mi fa piacere che
ti piaccia l'inizio ^^
GaaRa92: beh, pure io aggiorno
molto lentamente (basta vedere quanto ci ho messo per postare la
vecchia fic ^^) comunque mi impegnerò a fare la brava!!!
Billa483: Hi hi...sono contenta
di averti incuriosito...ancora non so cosa succederà,
però questo capitolo è un po' più
tranquillo. Baci
E grazie anche a quelle tre
persone che hanno messo la fic tra le preferite ^^ (Billa483, Leleo91 e
Pazzerella_92).
Ok, ora ho finito. Kussen a tutti
^^
02.
BERLINO_CASA
DI LU
Suonai il
campanello e la mia amica mi venne ad aprire.
“Vieni
pure. Immagino tu abbia fame, quindi prima si pranza e
poi ti faccio vedere cos’ho preso per te” disse,
sorridendo.
Dopo pranzo,
che fu ottimo come sempre, Lu mi fece sedere sul
suo letto e mi disse di chiudere gli occhi.
Sentii
muovere dei sacchetti e quando riaprii gli occhi, vidi
almeno una decina di jeans e quasi quindici magliette.
“Ma
sei impazzita? Avrai speso una fortuna!” esclamai,
notando le marche stampate a caratteri cubitali su ogni capo.
“Non
ti preoccupare. Quelli che non ti piacciono posso
riportarli indietro” mi disse, sempre sorridendomi.
Provai
un’infinità di vestiti, poi, finalmente trovai il
look
giusto.
Jeans neri,
a sigaretta, con una maglia lunga nera e degli
stivaletti in camoscio neri che andavano molto di moda in quel periodo.
Insomma, stavo veramente bene.
Lu mi
saltellò intorno, soddisfatta.
“Che
bello, sei bellissima” disse. Restammo insieme per tutto
il pomeriggio, durante il quale la mia amica mi truccò, mi
pettinò e mi diede
anche un paio di lenti a contatto. Sembravo proprio un’altra
persona.
“Lu,
non so proprio come ringraziarti”
“Beh,
basta che questa sera canti e ti diverti, per me sarà
la ricompensa migliore” disse, abbracciandomi.
Alle otto e
mezza partimmo verso il locale di Andrea. Si
trovava proprio in centro ed era il live pub più in voga di
quel periodo.
Non appena
entrai, vidi mio fratello che stava letteralmente
litigando con l’amplificatore.
“Hai
bisogno di una mano?” chiesi, sorridendo.
“No,
grazie. Adesso arriva mia sorella…” si
fermò a metà
frase, esterrefatto.
Mi
guardò più volte.
“Mio
Dio…Ale sei fantastica. Altro che ragazza
immagine!”
esclamò.
Io arrossii,
poi sistemai tutti i cavi dell’amplificatore.
“Non
sei mai stato bravo con queste cose…” dissi,
sorridendogli.
Dopo aver
sistemato le sue cose, mi occupai dei microfoni.
Ero in
piedi, sul palco. Mi faceva uno strano effetto. Non
avevo mai cantato davanti ad un pubblico. Mi tremarono le gambe, poi
sentii una
stretta alla spalla. Mi voltai e vidi Matt.
“Non
ti preoccupare. Andrà tutto bene” disse,
sorridendomi.
Annuii,
arrossendo, poi mi preparai.
Ci sarebbe
stata proprio Andrea a presentarci.
Alle 21 in
punto, la biondissima fidanzata di mio fratello
saltò sul palco.
“Buona
sera!” esclamò attirando l’attenzione di
tutti. Il
gruppo di Eric era abbastanza conosciuto, quindi c’era
parecchia gente.
“Questa
sera, per voi si esibirà il mitico gruppo dei Damned.
Con la speciale
partecipazione di una voce femminile. A voi Eric, Jo e Matt,
accompagnati dalla
bellissima Alena!” esclamò.
Subito la
luce dell’occhio di bue mi illuminò. Ero
letteralmente appesa al microfono. Le gambe mi tremavano da morire.
La musica
partì e con essa se ne andò anche un
po’ di paura.
Cominciai a
cantare, chiudendo gli occhi, per non vedere
tutta quella gente.
La prima
parte terminò dopo quasi un’ora. Dovevamo suonare
ancora cinque o sei pezzi, a seconda di quanta gente d’era
ancora.
“Bravissima”
mi sentii dire, da una voce dannatamente
familiare.
Mi voltai e
vidi proprio David Jost. Il simpaticone che mi
aveva privato di tutte le corde per i ragazzi.
“Grazie”
risposi, fingendo di non conoscerlo.
“Mi
scusi, ma lei ha un viso familiare”
“Davvero?”
“Sì,
per caso ci siamo già visti?”
“Sinceramente
la mia memoria visiva è piuttosto scarsa, mi
dispiace” risposi.
“Oh,
ora ricordo. Ci siamo visti proprio ieri mattina. Al
negozio di musica”
“Ha
ragione. Che sbadata, mi scusi, ma ho mille impegni per
la testa, quindi…”
“Non
si scusi. In ogni caso è lei il leader del gruppo?”
“No,
è mio fratello, venga pure che glielo presento”
dissi,
sorridendo.
Sembrava
più simpatico del giorno precedente.
Eric gli
strinse la mano vigorosamente.
“Sono
David Jost e sono il manager dei Tokio Hotel. La vostra
band mi piace. Siete bravi e vorrei che apriste i concerti del prossimo
tour
del mio gruppo” disse, senza tanti giri di parole.
Mio fratello
e Matt si guardarono, mentre Jo mi sorrise. Ce
l’avevamo fatta.
“Per
noi sarebbe un piacere…” disse Eric.
“Allora
domattina vi presenterò ai ragazzi. Facciamo che ci
troviamo qui per le otto e mezza?”
“Benissimo
signore” disse Matt.
Sorrisi,
sapendo che lui era il più pigro dei tre.
La serata
proseguì normalmente. Alla fine avevamo ottenuto
quello che volevamo. Andrea era entusiasta quando le comunicammo la
notizia. Lu
continuava a ridere e a scherzare.
Tornammo a
casa più o meno alle tre. Tempo di sistemare tutte
le cose ed eravamo a letto, ma io non riuscii ad addormentarmi.
Saremmo
diventati famosi. Io, quella sfigata e cicciottella
che tutti prendevano in giro, avrei aperto tutti i concerti dei Tokio
Hotel,
avrei girato l’Europa.
Mi sorpresi
a piangere dalla gioia. Finalmente avevo ottenuto
quello che volevo.
Alle cinque
mi alzai. Non riuscivo proprio a starmene a
letto. Andai in bagno, mi lavai la faccia, poi scesi di sotto ed accesi
la tv.
Feci un
po’ di zapping, cercando di trovare qualcosa che non
fosse un film porno, quando finalmente mi fermai sul canale della
musica.
Ad un tratto
vidi una figura familiare.
Ero io!
Dannazione, ero in televisione.
Corsi al
piano superiore e svegliai tutti quanti.
“Ragazzi!
Siamo in tv!” gridai, quasi in preda ad una crisi
isterica.
Eric
saltò fuori dal letto ad una velocità
straordinaria,
seguito da Jo.
“Matt!
Sbrigati, siamo in tv!” dissi, scuotendolo.
Il mio amico
si mosse lentamente.
“Io
scendo. Muoviti” dissi, tornando di sotto.
Mio fratello
e Jo erano davanti al televisore.
In quel
momento stava parlando proprio David.
“Sono
molto contento di poter finalmente affermare di aver
trovato la band adatta per aprire il tour dei Tokio Hotel. Anche i
ragazzi mi
sono sembrati entusiasti quando ho mostrato loro il video di questi
quattro
giovani. Sono quasi coetanei e sono certo che lavoreranno bene insieme.
Bill
era al settimo cielo quando gli ho dato la notizia. Era in ansia
perché temeva
non ci fossero band in giro che mi piacessero abbastanza. In effetti ho
faticato molto per trovare questi quattro ragazzi”
“Ci
dica, cosa ha pensato non appena ha visto i ragazzi?”
“Beh,
prima di giudicare a priori, ho ascoltato la loro
musica. Abituato alla voce di Bill, mi ha fatto enormemente piacere che
ci
fosse una ragazza a cantare e questo è stato un punto a loro
vantaggio. Stavo
cercando un gruppo dove almeno ci fosse una presenza femminile, per
attirare
anche il pubblico maschile”
“Capisco.
In ogni caso ci ha parlato solo di Bill, gli
altri tre ragazzi cosa le hanno detto, riguardo ai Damned?”
“Beh,
Tom per prima cosa si è lamentato che l’avessi
svegliato, poi una volta ripreso ha osservato silenziosamente il video.
È
rimasto molto impressionato dalla bravura dei musicisti. I giudizi
sulla
cantante ve li lascio solo immaginare” disse
ridendo.
Io arrossii
vistosamente. Non volevo nemmeno sapere cosa
aveva detto quel ragazzo su di me.
“Ma
io lo ammazzo di botte!” esclamò Eric, stringendo
i
pugni.
“Georg
ha parlato a lungo del bassista e del suo
strumento. Ha detto che gli piace molto e che vorrebbe suonare con lui,
un
giorno. Invece Gustav, che è sempre il più
tranquillo e giudizioso ha detto
semplicemente che era soddisfatto della mia scelta e che sapeva che
avrei
trovato un gruppo all’altezza del compito”.
La giovane
intervistatrice lo ringraziò, poi terminò lo
speciale su di noi.
“Cazzo!
Certo che potevano avvisarci che ci avrebbero fatti
vedere in tv” disse Matt.
“Beh,
io ora vado a preparare la colazione. Voi che fate?”
“Io
vengo con te…” disse Eric.
“Io
vado a farmi una doccia” disse Jo.
“Scusatemi
se non mi aggrego, ma sono le cinque, quindi credo
che andrò a dormire ancora per
mezz’oretta” disse Matt, salendo nuovamente al
piano superiore.
Preparai il
caffè, poi misi in forno delle brioches.
“Senti,
Eric non devi prendertela per quello che potrebbe aver
detto Tom” dissi, sciacquando il lavandino e prendendo le
tazze.
“Invece
sì. Quello manco ti conosce e
si permette di fare commenti. Già lo so che
è uno sessualmente depresso. Scommetto che mi
toccherà litigarci”
Mi voltai e
gli diedi un bacio su una guancia.
“Che
cavaliere il mio fratellone”
“Ovvio!”
esclamò lui, arrossendo.
Jo si
unì a noi poco dopo.
“Allora,
pronti psicologicamente per conoscere la band
tedesca più famosa al mondo?” chiese, imburrando
una brioche.
“Guardami.
Ti sembro una pronta ad una cosa de genere?” gli
domandai, obbligandolo a fissarmi.
Rise.
“No,
ma nemmeno noi siamo preparati. Nessuno avrebbe mai
scommesso un centesimo su tre ragazzacci come noi”
“Hey,
ragazzaccio a chi? Parla per te” disse Matt.
“Senti,
mica dovevi dormire te?” gli domandai.
“Con
voi che blaterate mica si riesce a dormire e poi sto
troppo in ansia per questa cosa. Ma ci pensate che gireremo tutta
l’Europa,
senza lavoro, donne e altre varie rotture di palle?” chiese.
Sì,
lui è un po’ grezzo nel parlare.
Sorrisi.
“Sarà
la vostra chance! Diventerete famosi ragazzi!”
esclamai.
“Ammò
con sto diventerete? Diventeremo famosi Ale. Se non
fosse stato per te non ci avrebbero manco presi in considerazione. Hai
sentito
quello che ha detto David. Gli ha fatto enormemente piacere che ci
fosse una
ragazza a cantare e questo è stato un punto a nostro
vantaggio. Stava cercando
un gruppo dove almeno ci fosse una presenza femminile, per attirare
anche il
pubblico maschile…devo ricordartelo io?” mi chiese
Jo.
Abbassai il
capo.
“No,
hai ragione. Ora siamo un gruppo!” esclamai, sorridendo.
Salii in
bagno e mi feci una doccia, almeno per rilassarmi un
po’.
Sorrisi,
pensando a quanto sarebbe successo di lì a poco.
Andai in
camera mia e presi dei vestiti che mi aveva lasciato
Lu.
“Tienili,
ti saranno utili…” mi aveva detto.
Aveva
dannatamente ragione.
Mi vestii e
mi truccai, poi scesi.
“Con
che macchina ci spostiamo?” chiesi.
“Con
la tua!” mi risposero tutti e tre in coro.
“Certo.
Perché mi hanno detto che ci stanno quattro persone
in una smart!” esclamai.
“Allora
prendiamo su la Peugeot di Jo” disse Matt.
“Ovvio.
Anche perché è molto meno scassata delle
vostre”
disse il mio amico, ridendo.
Non appena
furono pronti, uscimmo di casa.
Jo mi porse
le chiavi.
“Perché?”
domandai.
“Fa
scena che sia la donna a guidare” mi rispose.
Scrollai le
spalle e partii.
Alle otto e
mezza precise eravamo davanti al pub ancora
chiuso di Andrea, ma di David e dei Tokio Hotel non c’era
nemmeno l’ombra.
“Star.
Si fanno sempre aspettare” commentò Matt,
accendendosi
una sigaretta.
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Capitolo 3 *** 03. ***
Ciauuu!
Sono molto contenta che
la fic vi piaccia fino a questo punto, ma ora cosa accadrà?
I Tokio Hotel e i
Damned riusciranno a lavorare insieme? Bah, non lo so…o
almeno io lo so ma non
ve lo dico ^^
In
ogni caso, angolino
ringraziamenti…dunque:
Jaji
danke ^^ sono contentissima
che ti piaccia, spero che anche questo capitolo soddisfi le tue
aspettative!!
Grazie
anche a miki 483 e ad Arumi_chan
che hanno messo la fic tra le preferite ^^ Kuss!
03.
ALBERGO_CAMERA
DEI GEMELLI KAULITZ, ORE 7.49
“Bill!
Mio Dio, ma ti vuoi muovere?
David ci scuoia vivi se lo facciamo arrivare in ritardo!”
sibilò Tom,
trascinando il gemello fuori dal letto.
“Ma
Tomi ho ancora sonno”
“Non
me ne frega se hai sonno! Ci
metterai almeno mille ore a prepararti e sai quanto David ci tenga a
farci
conoscere l’altra band!”
“E
va bene!” esclamò il moro
uscendo dal letto.
Tom
ringraziò tutte le divinità che
ricordava, poi scese nella hall per fare colazione. Gustav e Georg
erano già
pronti.
“Ma
tuo fratello?” chiese il
bassista.
“Lasciamo
perdere!”
“Perché?”
“Ho
dovuto trascinarlo fuori dal
letto…letteralmente”
Georg
rise.
“Ci
penso io a farlo sbrigare. Tu
muoviti a fare colazione” disse, alzandosi da tavola e
prendendo l’ascensore.
Bill
stava canticchiando davanti
allo specchio, mentre molto lentamente si truccava. I capelli erano
ancora una
massa informe.
Non
sentì nemmeno aprirsi la porta.
“Kaulitz!
È tardi!” esclamò Georg.
Bill
saltò dallo spavento,
tracciandosi una linea nera sul viso, come un pagliaccio in stile IT.
Il
bassista non riuscì a
trattenersi dal ridere.
“Georg!
Mi hai quasi fatto venire
un infarto!” strillò il ragazzo.
“Dai,
siamo in ritardissimo. Per
arrivare in quel posto ci vogliono almeno trentacinque
minuti”.
“Uffa.
Mi sbrigo, ok? Però non
lamentatevi se la nostra immagine ne risentirà!”
“Guarda
che quei quattro staranno
con noi per tutto il tour. Non sarà certo la prima volta che
ti vedranno
spettinato!” esclamò.
Bill
sbuffò, poi si pettinò
rapidamente ed uscì dalla camera.
Alle
otto, finalmente, uscirono
dall’hotel accompagnati dalle lamentele di David.
BERLINO_DAVANTI
AL PUB DI ANDREA. ORE 8.40
La
macchina dei Tokio Hotel arrivò
con dieci minuti di ritardo.
David
scese per primo, seguito da
un biondino con un cappellino e da un ragazzo con i capelli lunghi,
liscissimi.
Gustav e Georg.
“Buon
giorno” disse il manager,
sorridendoci. I ragazzi erano visibilmente impacciati, al che fui
proprio io a
fare il primo passo.
Strinsi
la mano ai due ragazzi.
“Piacere,
io sono Alena. Ale per
gli amici” dissi, sorridendo.
“Io
sono Georg”
“E
io sono Gustav”
“Muoviti!”
esclamò una voce
all’interno della macchina.
“Ma
sono spettinato!”.
Georg
si mise a ridere.
“Scusateli.
Fanno sempre così”
disse, andando a recuperare i due gemelli.
Bill
era magrissimo, ancor più che
in televisione. I capelli erano stranamente appiattiti e il trucco meno
pesante
del solito.
Tom
invece era identico a come
appariva in tv. Solo il suo profumo mi lasciò disorientata.
Dannatamente buono.
Sorrisi
e mi presentai anche a
loro.
In
quel momento mi ricordai che
David aveva accennato a dei commenti che Tom aveva fatto sul mio conto,
quindi
arrossii.
“Bene,
a questo punto, che ne dite
di andare in albergo per chiacchierare come si deve?” ci
chiese David.
Annuimmo
tutti quanti.
“Sentite,
uno di voi può venire con
noi, tanto abbiamo spazio in macchina” disse Tom, sorridendo.
Eravamo
indecisi. Mio fratello mi
guardò come per dirmi “non salire su
quella macchina, altrimenti mi tocca
uccidere per davvero quel rasta da strapazzo”.
David
mi sorrise e mi prese per un
braccio.
“Perché
non vieni tu, in fondo sei
l’unica ragazza, almeno inizi a raccontarci
qualcosa” disse.
Non
potei rifiutare, quindi lanciai
le chiavi a Jo.
“A
dopo” dissi semplicemente,
salendo in macchina.
Fu
così che mi ritrovai seduta tra
Tom e Bill.
“Dunque,
Alena, che ci racconti?”
mi chiese Georg, dal posto davanti.
“Beh,
non saprei”
“Iniziamo
da quanti anni hai?”
disse Tom.
“Diciannove”
risposi.
“Ok,
altre cose su di te?” chiese
nuovamente.
“No,
aspetta. Prima mi dici quello
che hai detto quando mi hai vista in video” dissi, lacerata
dalla curiosità.
In
macchina scese il silenzio.
Tom
mi guardò, poi guardò David.
“Scusa,
ma questa dove l’hai sentita?”
“Stamattina,
alle cinque più o
meno. Quando una tipa ha chiesto a David cosa pensaste di noi, lui ha
espressamente detto che quando mi hai vista hai detto
qualcosa…solo che non ha
precisamente detto cosa”
“Beh…”
era in imbarazzo, si vedeva
lontano un miglio.
“Senti,
non mi offendo se si tratta
di commenti tipicamente maschili, oppure antipatici. Voglio solo sapere
cosa
hai pensato. Non possiamo lavorare insieme altrimenti”
Il
ragazzo sospirò.
“Ho
detto che…”
Lo
guardai.
“No,
dai…te lo dico in privato, ma
non davanti a tutti…” disse, arrossendo.
“Ma
chi è questa ragazza? Ha
messo in imbarazzo Tom!” pensò Georg.
Nella
macchina scese il silenzio
più totale.
Nessuno
osava parlare.
Abbassai
lo sguardo e mi osservai a
lungo le mani. Ero imbarazzatissima. Non volevo creare
quell’atmosfera. Perfino
David aveva smesso di chiacchierare.
Scesi
quasi di corsa dalla
macchina.
“Dannazione,
ma perché non tengo
mai a freno la mia linguaccia?” mi domandai.
Bill
si avvicinò.
“Non
ti preoccupare. Fa solo finta
di essere imbarazzato. Lo conosco troppo bene” mi disse,
sorridendo.
Mi
rilassai per qualche secondo.
“Dunque,
vuoi veramente sapere cosa
ho detto appena ti ho vista?” mi chiese Tom a bassa voce,
cingendomi la vita.
Rabbrividii,
annuendo.
“Che
hai due tette fantastiche”.
Arrossii
talmente tanto che forse
in quel momento mi meritai il record.
Probabilmente
brillavo,
addirittura.
Tom
rise, e proprio in quel momento
arrivò la macchina con gli altri ragazzi. Eric scese di
corsa e agguantò Tom
per la manica della felpa.
“Senti
un po’, ragazzino. Smettila
di fare il galletto con mia sorella, altrimenti…”
“Altrimenti
cosa?” chiese il rasta,
alzando un sopracciglio.
Mio
fratello lo afferrò per il
colletto della felpa e lo sbatté contro il muro.
A
dispetto del suo fisico, era dannatamente
forte.
“Altrimenti
sarò costretto ad
ucciderti” sibilò.
Georg
e Bill stavano per
intervenire, quando David li bloccò.
“Ragazzi!
Per favore, state calmi.
Cos’è successo?” chiese con nonchalance.
“Questo
simpaticone stava dando
fastidio a mia sorella” disse Eric, prendendomi per mano.
“Tom,
non fare l’idiota come tuo
solito. Eric, non è successo nulla. Ora riacquistate la
calma ed entriamo”
disse.
“Eric,
perché te la sei presa
tanto?” chiesi.
“Perché?
Me lo chiedi anche? Ho
visto come si è comportato quell’imbecille. Ma
credo che abbia imparato la
lezione”.
“Sei
il solito esagerato! Dobbiamo
lavorare insieme. E poi so difendermi da sola!” esclamai,
entrando in albergo.
Eric
sospirò.
“Ma
cos’ho fatto?”
“Niño,
Alena ha ragione. Ormai è
grande e credo che sappia perfettamente rispondere a tono a tipetti del
genere.
Quelli come lui se li mangia a colazione” disse Jo, dandogli
una pacca sulle
spalle.
Nella
hall non potemmo fare a meno
di guardarci intorno, estasiati. Nessuno di noi era mai entrato in un
luogo
tanto lussuoso.
David
ci fece salire su un
ascensore talmente grande da poterci tenere tutti.
Nonostante
la tensione, il manager
continuò a parlare di eventi straordinari e di future
interviste.
Eric
e Tom nemmeno si guardavano in
faccia. Ognuno dei due concentrato sulle proprie scarpe. Io e Bill ci
osservavamo, scrollando le spalle.
Avevamo
dei fratelli immaturi e non
potevamo farci assolutamente niente.
Scesi
dall’ascensore, entrammo
nella camera dei gemelli.
Era
tutto in ordine, quindi ci
accomodammo su dei grossi divani candidi.
“Dunque,
come vi stavo dicendo poco
fa, questo pomeriggio, precisamente tra tre ore, avremo la prima
intervista
assieme. I giornali la stavano aspettando da tempo e anche le fans,
quindi ci
sarà davvero molta gente. Voi non dovrete fare altro che
rispondere alle
domande, ma per carità non una parola rispetto a quello che
è accaduto poco fa”
disse, osservando mio fratello e Tom.
“Va
bene…l’importante è che non
faccia il cretino” disse Eric.
Io
lo fulminai con lo sguardo.
“Ok,
parlando di cose più serie.
Ancora non sappiamo nulla di voi” disse Gustav.
“Beh,
che cosa vorreste sapere?”
chiese Matt.
“Dove
vivete? Cosa fate per vivere?
Da quanto vi conoscete? Robe del genere, insomma”
“Dunque,
io sono Jo lavoro in un
bar in centro e conosco questi ragazzi dai tempi del liceo”
“Io
sono Matt, lavoro in
un’industria di pittura e vivo con Eric e Ale dalla seconda
media”
“Io
sono Eric, lavoro con Matt”
“Io
sono Ale, lavoro in una piccola
cartoleria vicino al Gymnasium. Ovviamente conosco mio fratello da
sempre, Matt
dalle elementari e Jo dalle superiori” dissi, sorridendo.
“Perfetto.
Ora organizziamoci. Il
tour si svolgerà in quasi
tappe. Parliamo
di tre concerti in Italia, quattro in Germania, due in Francia, uno in
Spagna e
uno in Olanda. Ho nominato esclusivamente l’Europa
occidentale, in quanto per
ora sono stati stabiliti solo questi. Entro fine dicembre sapremo anche
le date
per l’Europa orientale”
Feci
un breve calcolo. Undici
concerti solo per quanto riguardava l’Europa
dell’ovest.
Rabbrividii.
Avrei dovuto cantare a
undici concerti, con migliaia e migliaia di fans.
Mio
fratello mi cinse le spalle con
un braccio.
“Andrà
tutto bene” mi disse,
sorridendo.
Restammo
insieme ai Tokio Hotel per
tutto il giorno. Pranzammo insieme, poi al pomeriggio dovetti
lasciarli. Non potevo
permettermi di saltare il lavoro in quei giorni.
Sfortunatamente
ero senza macchina.
Non potevo prendere quella di Jo, altrimenti i ragazzi sarebbero
rimasti a
piedi.
Presi
il cellulare e composi il
numero per chiamare un taxi.
“Che
fai?” mi sentii chiedere.
Mi
voltai e vidi Georg, con una
sigaretta tra le labbra.
“Sto
aspettando il taxi”
“Perché?”
“Devo
andare al lavoro, ma a Jo
serve la macchina…”
“Ti
accompagno io, tanto ormai
siamo colleghi” mi disse, sorridendo.
Annuii.
“Grazie”
“Non
preoccuparti. Te l’ho detto,
adesso siamo colleghi, quindi è normale aiutarsi a vicenda,
no?”
“Sì,
hai ragione” dissi,
allacciandomi la cintura.
In
quel momento cominciò a piovere
a dirotto.
“Uffa,
gran bella giornata…” dissi.
“La
pioggia è bellissima”
“Come
scusa? È umida, fa freddo, ti
bagni…preferisco il sole”
“Però
quando piove puoi startene a
casa, oppure puoi uscire e pretendere di stare da solo, a tutti i
costi, senza
che nessuno ti rompa le scatole”.
Lo
disse con una voce talmente
triste, che dovetti fare una grande pressione alla mia forza di
volontà per non
abbracciarlo all’istante. Lo guardai, poi notai che era tardi.
“Grazie
del passaggio” dissi
aprendo la portiera e scendendo.
Georg
mi sorrise, poi inserì la
retromarcia e se ne andò.
Capitolo
non lunghissimo, ma che
spero abbia punzecchiato un pochetto la vostra curiosità. Vi
lascio così, con
Georg depresso per non si sa quale motivo…
Uff
continuerei a scrivere, ma
devo fare obbligatoriamente i compiti.
Tanti
baci a tutti e grazie
ancora per le recensioni ^^
|
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Capitolo 4 *** 04. ***
Bene…e
dopo aver fatto i compiti
eccomi di nuovo tra voi, con un nuovo capitolo ^^.
Ringrazio:
Pandina_kaulitz:
eh beh, Tom non
si smentisce mai (^^)
Jaji
Billa483:
Ah, chissà cosa
succederà adesso (^^). In ogni caso ora corro ad aggiungerti
su msn, anche se
non funziona quasi mai.
Baciiii^^
04.
BERLINO_CARTOLERIA
Ripensai a
lungo su quanto mi aveva detto Georg. Ci
conoscevamo da pochissimo tempo, anzi da pochissime ore, eppure ero
sbalordita.
Si capiva
chiaramente che aveva bisogno di qualcuno con cui
parlare.
Composi il
numero di mio fratello.
“Pronto,
Ale che c’è?”
“Ciao
Eric, senti Georg è lì con voi?”
“Sì…”
“Potresti
passarmelo mezzo secondo?”
“Perché?”
“Affari
miei. Smettila di fare il geloso…” risposi.
Attesi
qualche secondo.
“Pronto?”
“Ciao
Georg. Senti, scusami se prima ti ho un po’ignorato, ma
ero in ritardo, in ogni caso…beh, se ti va di parlare un
po’, puoi passare di
qui, tanto sono in negozio senza colleghe rompi
palle…”
“Ok…arrivo”
disse.
Sorrisi, poi
attaccai.
Dopo una
decina di minuti lo vidi entrare dalla porta. Le
punte dei capelli si stavano leggermente arricciando.
“Ciao”
dissi, sempre sorridendogli.
Si
guardò intorno.
“Quindi
è qui che lavori…caspita, ci sarò
passato davanti
almeno un milione di volte, eppure non ricordo di averti
vista” disse.
Arrossii.
“Sinceramente,
anche se mi avessi vista l’altro ieri,
probabilmente non mi avresti riconosciuta” dissi.
“Perché?”
“Avevo
i capelli lunghi, sempre in disordine e gli occhiali”
“Oh,
capisco. E la metamorfosi a cos’è
dovuta?”
“Al
concerto di ieri”
“Solamente?”
“Sì.
Non avevo altri validi motivi per voler cambiare. Mi
piacevo così com’ero” risposi,
sinceramente.
Rimase in
silenzio per qualche minuto, sfiorando alcuni pelouches.
“Immagino
perché tu mi abbia chiesto di venire
qui…È per
quello che ho detto in macchina, vero?”
“Sì…mi
è sembrata una richiesta abbastanza chiara, la tua”
Sorrise, ma
non di felicità. Il suo era un sorriso triste e
malinconico.
“Beh,
non so nemmeno perché ho detto quella cosa. Mi hai
ispirato subito fiducia”.
Arrossimmo
insieme.
Rimasi in
silenzio, aspettando il suo passo.
“Sai,
è un periodo un po’ così. Alla fine,
non è che io sia
geloso…siamo amici, non potrei mai essere geloso o
invidioso, eppure…eppure ci
rimango male, quando sento parlare sempre e solo di Bill e Tom. Capisco
che
Bill sia il frontman e che Tom, essendo il suo gemello, brilli un
po’ di luce
riflessa, ma certe volte mi chiedo se io e Gustav non siamo altro che
spalle…nessuno
si interessa molto a noi. Vorrei poteri gridare al mondo che anche noi
abbiamo
una nostra personalità. Molti ci vedono solo come due
idioti, che vivono
nell’ombra dei gemelli…non capiscono che abbiamo
una nostra dignità,
maledizione!”
Lo guardai.
Il suo sguardo era cambiato. Gli aveva fatto bene
sfogarsi.
“Sai,
sinceramente non sono una vostra grande ammiratrice. Ho
ascoltato alcune canzoni, ma la mia conoscenza del tuo gruppo si ferma
qui. Non
posso dirti cosa penso riguardo a questa situazione, ma sono sicura che
né
Bill, né Tom credono quello che pensi tu. Loro non vi vedono
semplicemente come
idioti. Si capisce perfettamente da come vi parlano e da come vi
guardano. Sono
veri amici e forse dovresti parlarne prima con loro che con
me…”
“Tu
credi?” mi chiese, voltandosi.
“Sì,
credo proprio di sì. Sapranno ascoltarti e insieme
risolverete anche questo problema”.
Mi
guardò negli occhi.
“Grazie…”
disse.
Rimase in
negozio a farmi compagnia per tutto il pomeriggio.
“In
fondo non ho nient’altro da fare” mi rispose,
quando gli
chiesi come mai restasse tanto tempo con me.
Alle sei,
quando chiusi la cartoleria, si offrì di
accompagnarmi a casa.
“Una
signorina non deve andare in giro a quest’ora”
disse.
Effettivamente
era già buio.
Arrivati a
casa mia, scesi dalla macchina.
“Vuoi
salire a bere qualcosa, mio fratello e gli altri non
sono ancora arrivati e mi spiace farti andare via subito”
dissi.
“Dove
parcheggio?” mi domandò.
BERLINO_APPARTAMENTO
DEI DAMNED
“Accomodati
pure. Cosa ti preparo?” chiesi, togliendomi la
giacca e appendendola all’ingresso.
“Ah,
non saprei. Cosa propone la casa?” mi domandò,
sorridendo.
“Uh,
con tre uomini, chiedi qualsiasi cosa…” dissi,
dalla
cucina.
“Per
ora mi accontento di una birra, grazie”.
Tornai in
salotto con due bottiglie in mano. Georg era seduto
sul divano.
“Sai,
è proprio una fortuna che David sia rimasto in
città
ancora un paio di giorni”
“Perché?”
“Sarebbe
dovuto partire due giorni fa, invece ha posticipato
il viaggio in Italia fino al week-end. Ed è stato un vero
colpo di fortuna,
altrimenti non vi avrebbe mai sentiti”.
“Già.
Siamo stati fortunatissimi”
“Anche
se credo che non avrebbe trovato un’altra ragazza con
la tua voce” mi disse.
Arrossii
violentemente.
“Chissà
cosa c’è in tv!” esclamai, per cambiare
discorso. Non
mi piacevano particolarmente i complimenti. Mi mettevano sempre in
imbarazzo.
Georg rise.
“Posso
chiederti una cortesia?” mi domandò.
“Certo”
“Potrei
usare il bagno?”
“Oh,
certo. Sali le scale. La prima porta a sinistra”
“Grazie”.
In quel
momento suonò il telefono. Risposi.
“Ciao
amorina!!!”. Era Lu.
“Ciao”
“Non
pensavo di trovarti a casa!”
“Sinceramente
non pensavo nemmeno che mi chiamassi…”
“Sì,
sì. Bando alle ciance…allora? Ci sono
già schiere
urlanti di fans fuori dalla vostra porta?”.
“Aspetta
che ti faccio sentire”. Spostai la cornetta verso
l’alto, verso il silenzio più totale.
“No,
a quanto senti…”
“Hai
già conosciuto i quattro maschioni?”
“Non
chiamarli così…mi metti in imbarazzo!”
“Eddai!
Sono fighi, no?”
“Primo,
non l’ho notato, secondo per me è più
importante la
musica”
“Non
dire cazzate! Scommetto che li hai squadrati
tutti…”.
In quel
momento Georg uscì dal bagno.
“Alena,
io devo andare” mi disse.
“Ah!
Di chi è quella voce?”.
Anche il
ragazzo la sentì. Urlò talmente tanto che mi
fischiò
l’orecchio per qualche minuto.
“Lu,
stai in attesa un secondo” dissi, con calma.
“Mi
dispiace…” disse Georg.
“Oh,
non ti preoccupare. È la mia amica,
capirà”
“Ci
vediamo domani mattina?”
Lo guardai
con aria interrogativa.
“Sì,
David vuole conoscere il vostro repertorio a memoria,
quindi credo che vi farà provare un po’, con la
nostra presenza ingombrante”
disse.
“Ah,
ok. Allora a domattina”.
“Grazie
per avermi ascoltato…”
“Di
nulla. In fondo l’hai detto pure tu, siamo
colleghi”
risposi, sorridendo. Lo vidi andare via, poi rientrai nel mio
appartamento,
dove la voce di Lu sbraitava all’altro capo del telefono.
“Allora?
Non fare la santarellina con me! Chi era?
Riconosco perfettamente la voce di Jo e sono certa che non era lui,
anche
perché in casa è l’unico a chiamarti
Alena!”
“Vuoi
rilassarti?”
“Solo
se mi dici chi era”
“Georg…”
“Il
bassista capellone? Oddio, ora svengo!”
“Lu?
Ci sei?”
“Sì,
anche se le mie coronarie ne hanno risentito
parecchio…tu eri a casa da sola con il bassista dei Tokio
Hotel?”
“Sì
e da quando tu sai tutte queste cose sui Tokio Hotel?”
“Da
quando ho scoperto che sono tutti e quattro…”
“No,
ti prego non finire la frase, perché non voglio sentire
il resto! Mi accontento di quanto mi hai detto fin ora. Ci sentiamo
domani”.
“No,
non puoi mollarmi così. Cos’è
successo?”
“Immagina…”
dissi, prima di attaccare.
In quel
momento entrarono i ragazzi.
“Ah,
sei già a casa!” esclamò Jo.
“Sì,
per la vostra gioia!” risposi.
“Come
mai ci sono fuori due bottiglie?” chiese mio fratello.
“C’è
stato qui Georg fino a poco fa. Pensavo l’aveste visto andare
via” risposi, preparandomi ad una scenata.
Al contrario
di quanto mi aspettassi, Eric non disse nulla,
ma andò al piano di sopra e si chiuse in camera.
Matt mi
guardò, sospirando.
“Sentite,
ma che avete tutti quanti?” domandai.
“Nulla…solo
che non p da te, invitare un ragazzo in casa…dopo
quello che è successo” mi disse, uscendo in
balcone a fumare.
Guardai Jo,
in cerca di aiuto.
Anche lui
aveva uno sguardo che rispecchiava le parole di
Matt. Possibile che la pensassero tutti e tre in quel modo?
Non era
accaduto nulla. Ero semplicemente rimasta in
compagnia di un amico.
Rimasi senza
parole. Recuperai la giacca, poi uscii di casa.
“Alena!
Dove vai?” mi chiese Jo, uscendo sul pianerottolo.
“Da
Lu! Ci vediamo domani” sbottai, rabbiosa.
Mi credevano
una scema? Pensavano che sarei stata nuovamente
così cieca? Non mi sembrava di essermi comportata in maniera
scorretta, eppure
sembrava fosse accaduta una catastrofe. Non sopportavo quando Eric
diventava
iperprotettivo e con lui anche Matt e Jo. Mi sembrava di tornare
piccola,
quando dovevo fare i conti con mio padre, se per caso succedeva
qualcosa a
scuola.
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Capitolo 5 *** 05. ***
Me
molto contenta per come sta
procedendo la fic, ma soprattutto per le vostre recensioni.
Per
la gioia di pandina_kaulitz
rieccomi con un altro capitolo!!! Eh
sì…è
un’ingiustizia…pensa che ho comprato
il calendario x l’anno prossimo e c’è 1
sola foto di Georg e neanke una di
Gustav (>.<). Vabbè…questo cappy
è un po’ triste, però non
preoccupatevi!!! Kussen
05.
BERLINO_CASA
DI LU
“Beh,
non puoi biasimarlo. Tutti
ricordiamo cos’è successo…”
disse Lu, dopo che le ebbi raccontato quello che
era successo.
“Ok,
ma mi credete tutti così
cretina da ricascarci di nuovo? Mio Dio, come faccio a stare con voi,
se non vi
fidate di me?” chiesi, sull’orlo di una crisi
isterica.
“Non
è che non ci fidiamo di te…è
solo che non vorremmo che tu soffrissi di nuovo”.
“Lu,
dopo tutto quello che ho
passato, mi so perfettamente difendere da sola…è
questo che ancora non avete
capito!” esclamai, uscendo anche dalla casa della mia amica.
Salii
in macchina e mi misi a
guidare, senza una meta.
Possibile
che mi credessero tutti
una sprovveduta?
Ah
già, ma voi non sapete nulla.
Comincerò a raccontarvi tutta la storia, allora.
Era
natale. Era il mio ultimo
anno alle superiori, poi me ne sarei definitivamente andata da quella
scuola, che
mi aveva insegnato ben poco, per prepararmi ad un futuro brillante come
medico.
Avevo parecchi sogni e speranze, in quel periodo.
Mi
piaceva moltissimo un
ragazzo, Alex. Per me era praticamente irraggiungibile. Era il tipo
più carino
della scuola e aveva sempre attorno una decina di ragazze che
continuavano ad
adularlo, insomma era un VIP.
Frequentavamo
lo stesso corso di
fisica e, come nelle migliori storie, io ero la secchiona e lui
l’impedito.
Era
così disperato di non
riuscire a passare l’anno, che mi chiese di dargli
ripetizioni. Fu così che
cominciammo a frequentarci.
Lui
capì che oltre all’aspetto
fisico conta pure il cervello e, un pomeriggio, mi chiese un
appuntamento. Non
ci volevo e non ci potevo credere.
Uscimmo
quella sera. Ero
talmente su di giri, così contenta che tutto potesse
esaurirsi in quel modo,
che alla fine cedetti e andai a letto con lui.
Raccontai
tutto a mio fratello,
era più grande e mi fidavo ciecamente.
Fatto
sta che non la prese poi
così bene quanto sperassi. Io e Alex uscimmo insieme per
qualche tempo, poi i
miei genitori morirono. Mio fratello ed io eravamo maggiorenni, quindi
decidemmo dove vivere. Lui rimase nell’appartamento dei miei,
mentre io
accettai l’invito di Alex di trasferirmi da lui.
Insomma,
i suoi erano
perennemente fuori casa e noi facevamo l’amore tutte le sere.
Fatto sta che,
nonostante fossi un’alunna brillante, ero anche terribilmente
stupida da quel
punto di vista, quindi rimasi incinta.
Alex,
non appena lo seppe, mi
cacciò di casa. In fondo non eravamo legati da nulla. Ero
solo una semplice
ospite.
Mi
ritrovai in mezzo alla
strada.
Non
sapevo dove andare. Mi
vergognavo a chiedere aiuto a mio fratello, ma non potevo portare
avanti quella
gravidanza. Così andai in ospedale ed abortii. Ancora oggi
mi pento di quello
che ho fatto.
Rimasi
in mezzo alla strada per
giorni interi. Ero distrutta sia fisicamente sia psicologicamente.
Non
so perché, ma il mio istinto
di sopravvivenza mi fece tornare da Eric. Abbandonai la scuola,
ovviamente e
andai a vivere con lui.
Alcuni
mesi dopo trovai lavoro in
cartoleria, poi come andò in seguito già lo
sapete.
Rimasi
ferma in macchina a
ripensare al mio passato.
Alex
mi aveva spezzato il cuore, mi
aveva distrutto psicologicamente, eppure ero riuscita a sopravvivere.
Ero
cambiata. Mi ero chiusa in me stessa, senza permettere a nessuno di
avvicinarsi. Ero ingrassata, avevo smesso di curare minimamente il mio
aspetto,
eppure la musica, quel concerto mi aveva fatto riemergere dalle tenebre
in cui
ero sprofondata.
In
parte Eric aveva ragione a
preoccuparsi, ma la cosa che più mi faceva stare male era
che non si fidava di
me, nonostante sapesse benissimo che ero cambiata.
Con
la mia smart arrivai fino in
centro e decisi di andare a bere qualcosa da Andrea.
Mi
sedetti al tavolo ed ordinai una
birra scura.
Nel
liquido potei affogare i miei
pensieri, tanto che non sentii il ragazzo avvicinarsi a me. Quando mi
poggiò
una mano su una spalla, trasalii.
BERLINO_BAR
DI ANDREA
“Ciao”
mi sentii dire. Mi voltai e
vidi un viso familiare. Sorrisi.
“Ciao,
che ci fai qui?”
“Avevo
bisogno di riflettere”
“Anche
io” risposi, sinceramente.
“Come
mai?”
“Sai,
mio fratello è terribilmente
geloso”
“Oh,
non me n’ero accorto!”
“Quindi
si è arrabbiato…”
“Perché sono salito in casa?” mi chiese
Georg.
“No…perché
ti ho fatto salire”
“Scusa,
non afferro la differenza…”
“Oh,
la differenza c’è. Solo che
non voglio annoiarti. Piuttosto, sei stato in giro fino ad
ora?” chiesi.
“Sì.
Te l’ho detto, ho riflettuto a
lungo su quello che mi hai detto…”
Gli
sorrisi e mi chiesi come Eric
avesse potuto minimamente pensare che il ragazzo con cui stavo
parlando,
potesse comportarsi come quel viscido verme di Alex.
Restammo
insieme per tutta la sera
e mangiammo lì.
Georg
prese il cellulare e rispose.
“Pronto?
Sì, ciao. No, sono in
compagnia. Ma sì, non ti preoccupare. Ok, arrivo.
Ciao”
Lo
guardai.
“Era
Bill, pensava che mi fosse
successo qualcosa”.
Sorrisi
e guardai il mio telefono,
sconsolata.
Georg
mi fece alzare lo sguardo.
“Hanno
capito che vuoi stare da
sola per un po’. Non è che ti ignorano”
mi disse, come se mi avesse letto nel
pensiero.
Gli
sorrisi, grata.
“Grazie…”
dissi semplicemente.
“Dai,
ti riaccompagno a casa” mi
disse.
“Ma
no, ho la macchina, non c’è
problema” dissi.
“Insisto”
“Davvero
non ce n’è bisogno”
risposi.
Annuì,
quindi mi accompagnò alla macchina.
“A
domani” mi disse.
“A
domani. Buona notte”
Non
appena mi allontanai dal
parcheggio mi resi conto che una macchina mi stava seguendo.
Ero
tranquilla, probabilmente
avrebbe svoltato una volta in periferia.
Nulla
da fare, quell’auto continuò
a starmi attaccata.
Il
semaforo divenne rosso. C’era
parecchio traffico e mi fermai.
Un
uomo scese dalla macchina e
cercò di forzare la mia portiera. Presa dal panico non
riuscii a reagire
minimamente.
Ero
terrorizzata. L’uomo, con tanto
di guanti e passamontagna, mi sfondò il finestrino. Urlai.
Vidi
Georg prendere quel tipo per
le spalle e colpirlo in faccia con un pugno.
Aprì
la portiera e mi fece
scendere.
“Va
tutto bene?” mi chiese.
Cominciai a piangere convulsamente. Ero terrorizzata e mi lasciai
accarezzare
dalle sue mani forti.
“Ora
va tutto bene. Ho già chiamato
la polizia. Sei al sicuro adesso”.
Annuii,
sempre stretta tra le sue
braccia.
Dopo
circa mezz’ora di pratiche,
tra interrogatorio e deposizioni, mi feci riaccompagnare a casa.
“Sei
sicura di stare bene?” mi
chiese, prendendomi per mano.
“Sì,
adesso sì. Ti devo la vita…”
dissi.
Sorrise,
poi mi diede un bacio su
una guancia.
“Ora
vai. Tuo fratello e gli altri
saranno preoccupati” disse.
Arrossii,
poi andai a casa.
BERLINO_CASA
DEI DAMNED
Quando
entrai dalla porta, Eric mi
corse incontro.
Gli
raccontai tutto, della serata e
dell’incidente.
Mi
strinse a sé.
“Mi
dispiace. Mi sono comportato da
completo imbecille. Mi dispiace”. Lo sentii piangere, ma non
alzai lo sguardo.
Rimasi al sicuro tra le braccia di mio fratello, contenta che quella
lunga
giornata fosse giunta al termine.
Andai
a letto. Ero stesa sotto le
lenzuola, quando sentii bussare.
Entrò
Jo, che si sedette sul bordo
del letto e mi accarezzò la testa.
“Spero
tu abbia capito quello che
volevamo dirti noi tre…anzi quattro, visto che Lu ci ha
chiamati, dopo che sei
andata via anche da casa sua”.
Sospirai.
“Non
devi pensare sempre in
negativo. Alena ai miei occhi sei ancora una bambina e non
perché ci siano
tanti anni di differenza, ma perché in te conservi ancora
quell’ingenuità
genuina che è propria dei bambini. Si tratta di un dono
prezioso che la tua
vita crudele non è riuscita a strapparti. Se ti accadesse
qualcosa, saremmo
persi…parlo anche a nome di Eric e di Matt. Ormai la tua
presenza è
indispensabile qui. Non riusciamo a fare nulla senza di te. Siamo tre
ragazzacci e ci sentiamo in dovere di proteggerti”.
“Jo,
quello che non riesco a farvi
capire, è che non sono più una bambina che ha
bisogno di essere protetta…”
“Ah,
amor qui ti sbagli. Se
non ci fosse stato Georg, non voglio nemmeno pensare cosa ti sarebbe
successo…so che questa affermazione ti sembrerà
sessista, ma non lo è. Nutro
profondo rispetto per voi donne, ma avete bisogno di essere protette.
Non
perché siate più deboli od indifese, ma
perché alcuni uomini sono geneticamente
cattivi, e come al solito i cattivi se la prendono con quelle creature
che
suppongono siano più vulnerabili”.
Abbassai
lo sguardo.
“Non
ho forse ragione?” mi chiese,
dopo qualche istante di silenzio.
Annuii.
“Ora
dormi. Domattina dobbiamo
provare con i ragazzi” disse, baciandomi la fronte.
“Buona
notte” aggiunse, chiudendo
la porta.
Rimasi
sveglia per tutta la notte,
tormentandomi sul fatto che, forse avevo sbagliato ad arrabbiarmi con
tutti.
Forse dovevo prendermela esclusivamente con me stessa,
perché non era vero che
sapevo difendermi da sola. Ero totalmente vulnerabile.
Non
volevo perdere tutti, di nuovo.
Non volevo essere lasciata sola.
Piansi
per ore, nel silenzio della
mia camera.
Quando
finalmente mi addormentai,
sentii Matt alzarsi e scendere per fumare la sua solita sigaretta
mattutina.
Mi
svegliai una decina di minuti
dopo, con un mal di testa terribile e una sensazione di nausea.
Andai
in bagno, mi feci una doccia,
tanto per riprendermi dalla nottata insonne e mi vestii, poi andai in
cucina a
preparare il caffè, come ogni mattina.
Vidi
la figura di Matt attraverso
le tende. Eric gli aveva proibito di fumare in casa.
Dopo
qualche istante lo sentii
rientrare.
“Oh,
buongiorno” mi disse, con
freddezza.
Era
la prima volta che mi parlava
così.
Finii
di preparare il caffè. Bevvi la
mia colazione, poi andai a sistemare il salotto.
Accesi
la tv, visto che erano quasi
le otto e gli altri dovevano svegliarsi in qualsiasi caso.
Passai
l’aspirapolvere, poi mi misi
a pulire i mobili, mentre in casa tornava ad esserci la vita.
Matt
era di cattivo umore e
rispondeva a monosillabi a qualsiasi domanda gli venisse posta, al che
dopo il
terzo mugugno Eric gli chiese cos’avesse.
“Niente.
Cazzi miei” rispose,
andando nuovamente in balcone. Era la terza sigaretta in meno di
mezz’ora.
Guardai
i ragazzi che scrollarono
le spalle.
Uscimmo
di casa alle nove. Il punto
d’incontro era ancora il bar di Andrea, in quanto non saremmo
andati in
albergo, come il giorno precedente.
Ero
tesa. Sapevo che avrei dovuto
cantare nuovamente ed ero esausta, ma soprattutto mi agitava la
presenza di
Georg, e ancora non riuscivo a spiegarmi perché.
Bene,
e per oggi mi fermo qui,
anche perché sono stanca morta (ieri sera era l’1
quando sono andata a letto…^^)
e domani c’è scuola. Vi prometto che
penserò intensamente alla fic, in modo da
avere tante idee per il week-end!!! Grazie mille per le recensioni, che
mi
spingono a dare il meglio di me ^^. Baci e buona notte a tutti!!!
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Capitolo 6 *** 06. ***
Innanzitutto
chiedo scusa a
billa483. Hai ragione, ma quando mi sposto su Word per scrivere mi
dimentico
per strada la metà dei nomi che leggo e siccome era tardi
quando ho scritto la
zona ringraziamenti, mi è sfuggito il tuo
nome…Sorry me!!!
Cooomunque,
angolino ringraziamenti…
Pandina_kaulitz:
grazie mille
^^, comunque non posso certo dirti che ha Matt…ma
chissà se in questo capitolo
racconto qualcosa in più sul passato dei tre disperati che
vivono con Ale…non
lo so neppure io^^
Billa483:
Ancora scusa, davvero
non l’ho fatto intenzionalmente ^^. Comunque,
all’inizio non avevo pensato ad
una storia tanto triste, ma visto la mia indole depressa, ecco che
ricomincio a
raccontare cose deprimenti…Ah, per msn, non si connette
quasi mai (x motivi
ignoti, oltretutto), quindi non so di preciso quando
riuscirò a
contattarti…odio il mio pc!!!
-inguaribile
sognatrice_:tranqui
anche se recensisci solo adesso. Mica mi offendo, anzi sono contenta
delle new
entry! Comunque chissà perché Matt è
così inca??? Bah, chi lo sa???
Passiamo
a chi ha messo la fic
tra i preferiti…siccome mi sono beatamente dimenticata (come
al solito) di chi
ho già nominato e chi no, li metto tutti!!!
Arumi_chan
billa483
cris94
Leleo 91
miky 483
pazzerella_92
tokiohotellina95
_inguaribile sognatrice_
In
ogni caso, ora vi lascio per
farmi venire idee sul capitolo, visto che i miei compagni oggi non mi
hanno
fatto pensare (U.U)
06.
BERLINO_DAVANTI
AL BAR DI ANDREA
Stavamo
aspettando i ragazzi.
Guardai Matt. Il suo sguardo era perso nel vuoto. Possibile che fosse
arrabbiato
con me?
Lo
presi per una manica e lo
trascinai lontano dagli altri.
“Che
vuoi?” mi chiese, in modo
sgarbato.
“Che
voglio? Me lo chiedi anche? Cos’hai?”
“Saranno
anche cazzi miei, no?”.
Senza
pensarci su, gli tirai uno
schiaffo. Odiavo quando si comportava così e lo sapeva
benissimo.
Rimase
a guardarmi, con la
sigaretta a penzoloni tra le labbra e quegli occhi grigi che sembravano
ancora
più freddi di prima.
“Senti,
ascoltami una volta per
tutte. È da stamattina, anzi da ieri che ti comporti in modo
strano. Non voglio
comportarmi da mamma, né tantomeno da coscienza
perché hai già entrambe, ma non
voglio assolutamente vederti così!”
“Perché?”
“Perché
sei mio amico e ti voglio
bene…perché sei una persona importante e
perché senza di te, probabilmente non
sarei come sono adesso…ti basta come risposta?”.
Lo
guardai negli occhi.
Mi
abbracciò.
“Grazie
Ale, ma vedi…probabilmente
sto rifacendo dei grossi errori, solo che né tu
né nessun altro mi potete
aiutare…” disse, poi mi lasciò da sola.
Mi
fermai a pensare a quali errori
avesse potuto fare in passato. A cosa si stava riferendo?
Sospirai.
L’unico ricordo
spiacevole che avevo di Matt era che, quando era appena un ragazzino
era
entrato nell’oscuro mondo della droga, ma dubitavo che
potesse esserci tornato
dentro.
Il
suo migliore amico era morto per
overdose e lui aveva deciso di smettere…eppure ripensai al
suo sguardo. Triste,
spento…malinconico e al tempo stesso spaventoso.
Ripensai
a poco prima e
rabbrividii. Dovevo assolutamente parlarne con Jo. Lui era
l’unico che poteva
farlo ragionare.
Non
volevo che Matt
s’insospettisse, però. Lasciai arrivare i Tokio
Hotel ed andammo insieme alla
sala di registrazione.
Una
volta là, David c’informò che
avremmo registrato un disco e che sarebbe stato venduto in tutta la
Germania.
Non potevamo crederci. Stavamo diventando famosi per davvero.
Attesi
qualche istante, poi mi
appartai in un angolino con Jo.
“Te
che ne pensi?” gli domandai,
dopo avergli spiegato tutta la situazione.
“Beh,
a dire la verità è già da
qualche giorno che mi preoccupo”.
“In
che senso?”
“Te
al mattino sei già fuori casa,
ma io lo vedo com’è conciato appena sveglio.
Cioè, non so che effetto possa
fargli il fare la pipì, ma mi pare un po’ troppo
allegro quando esce dal
bagno…”
Rimasi
in silenzio e sospirai.
“Non
so come fare…ho provato a
parlargli, ma te l’ho detto come mi ha risposto”
“Appunto…è
una situazione
drammatica” mi rispose.
Tornammo
dagli altri, senza sapere
bene cosa dire.
Altro
che situazione drammatica,
era una storia ingestibile.
Provammo
alcuni pezzi davanti ai
ragazzi. Io ero abbastanza tesa e la notte insonne si fece sentire
parecchio.
Mi sembrava di avere la voce in cantina.
Georg
non mi levava gli occhi di
dosso, sembrava quasi terrorizzato all’idea di vedermi
sparire da un momento
all’altro.
“Bravi
ragazzi! Mi fa piacere
vedervi carichi anche in questo momento. Io direi che potremmo provare
a
registrare un pezzo solo, tanto per vedere come va” disse
David, applaudendoci.
Annuimmo
tutti. Mio fratello faceva
guizzare lo sguardo da me a Georg in continuazione. Ero un po’ preoccupata. Non volevo
che si agitasse
com’era successo con Tom.
Lo
vidi avvicinarsi al bassista.
“Senti,
hai salvato mia sorella”
disse, porgendogli la mano.
Georg
era visibilmente in
imbarazzo, non si aspettava certo una reazione del genere.
“Oh,
ma non devi ringraziarmi”
“Invece
sì. Ti devo ben più che un
semplice favore” aggiunse, poi si allontanò.
Georg
mi guardò, ma io mi limitai
solamente a scrollare le spalle. Era una novità pure per me.
Vidi
anche Jo prendere Matt per una
spalla e parlargli.
Stava
succedendo tutto nello stesso
momento, tanto che mi dovetti sedere. Mi girava la testa, sicuramente
per colpa
della stanchezza.
“Tutto
bene?” mi sentii domandare.
Alzai
lo sguardo e vidi Gustav, con
un sorriso enorme.
“Certo,
grazie mille. È che sono un
po’ stanca”.
“Immagino,
beh dai, David ci
lascerà qualche minuto libero, per dare tempo ai tecnici di
preparare la sala”.
Come
previsto dal batterista, il
manager ci lasciò mezz’ora libera, al che uscirono
praticamente tutti per
fumare. Io mi aggregai al gruppo, ma solo per la compagnia.
Matt
e Jo non erano ancora tornati
e io ero combattuta dall’idea di andare a cercarli.
Rimasi
in balcone per qualche
minuto, ma la testa mi girava da morire, quindi rientrai e mi misi a
riguardare
un po’il testo della canzone che avrei dovuto cantare.
“And if you go, I
wanna go with you
And if you die, I wanna die
with you”
“Testo
perfetto…” pensai.
Certo che era strano come una canzone potesse adattarsi perfettamente
ad una
situazione. Sorrisi, pensando che era proprio per quel motivo che il
mio sogno
segreto era sempre stato entrare nel complesso mondo della musica.
“Jo
mi hai rotto i coglioni! Non
sei mio padre!”
Vidi
Matt uscire di corsa da una
stanza, con Jo praticamente attaccato alle costole.
Probabilmente
non mi avevano vista,
quindi mi nascosi dietro un pannello di compensato e rimasi in ascolto.
Dal
riflesso della finestra vidi Jo afferrare Matt per le spalle e
sbatterlo contro
il muro.
“Senti
ragazzino…non ti permetterò
di rovinarti la vita una seconda volta! Voglio che sbatti questa roba
nel
cesso!” esclamò, sventolandogli sotto il naso una
busta di quella che sembrava
essere cocaina.
Rabbrividii.
C’era ricaduto.
Maledizione!
“Ti
ho detto che non sei mio padre!
Non puoi starmi addosso così!”
Jo
lo guardò e gli disse qualcosa
in italiano.
“Ti
stai comportando da completo imbecille! Non pensi a Gian?”
“Cosa
c’entra Gian?”
“Lui
è morto per colpa di questa cazzo di droga! Ha perso la vita
a sedici anni!”
“Tu
non devi impicciarti di questa storia!”
“Invece
sì, perché Gian è stato il tuo monito
fino ad ora. Non vedo perché tu debba
dimenticartelo proprio in questo momento!”
Io
non ci capivo nulla. In quelle
parole avevo riconosciuto solo il nome di Gianluca. L’amico
di Matt, quel
ragazzo che aveva conosciuto quando era rimasto in Italia con i suoi
genitori.
Erano
molto amici, anzi erano quasi
come fratelli, solo che Gian era entrato nel giro della cocaina e con
lui anche
Matt. Quando il ragazzino, allora sedicenne, fu trovato morto in un
parchetto
per colpa di un’overdose, i genitori di Matt decisero di
trasferirsi nuovamente
in Germania.
Da
quel giorno il mio amico aveva
smesso di usare la droga, nonostante fosse finito in clinica, per
disintossicarsi.
La morte di Gian era stata d’aiuto per farlo uscire da quel
tunnel infinito.
Sospirai,
pensando che Jo era stato
forse troppo cattivo nel ricordargli quella storia, eppure ero dalla
sua parte.
Non potevamo permettere che Matt sprofondasse, senza tentare di
aiutarlo.
Se
ne andarono in quel momento e io
rimasi sola.
Perché
ci stava accadendo tutto in
quel momento?
Rimasi
in silenzio, nascosta dietro
il compensato per qualche minuto. Matt era un drogato e noi non ce
n’eravamo
mai accorti.
Dovevamo
fare qualcosa, altrimenti
lo avremmo perso.
Tornai
in balcone, dove mio
fratello stava tranquillamente conversando con Tom.
Lo
guardai, esterrefatta.
“Fino
a ieri lo avrebbe
volentieri ucciso…ora sta qui a chiacchieraci
assieme” pensai, allibita.
Scrollai
le spalle. Un pensiero in
meno di cui preoccuparmi.
Se
Eric e Tom andavano d’accordo, c’era
solo da guadagnarci.
Jo
mi raggiunse in quel momento.
“Alena
io ci ho parlato, ma non
vuole sentir ragioni…non so più come
comportarmi” mi disse, abbracciandomi le
spalle.
“Hai
fatto quello che potevi. Ora spetta
a lui la decisione” dissi, sospirando.
David
venne a chiamarci, così
entrammo in sala e registrammo il pezzo.
“Such a lonely day
And it’s mine
The most loneliest day of my life
Such a lonely day
Should be banned
It’s a day that I can’t stand
The most loneliest day of my life
The most loneliest day of my life
Such a lonely day
Shouldn’t exist
It’s a day that ill never miss
Such a lonely day
And it’s mine
The most loneliest day of my life
And if you go
I wanna go with you
And if you die
I wanna die with you
Take your hand and walk away
The most loneliest day of my life
The most loneliest day of my life
The most loneliest day of my life
Such a lonely day
And it’s mine
It’s a day I’m glad I survived”
I
Tokio Hotel ci osservarono
attentamente. Erano concentratissimi.
“Bene,
ora venite qui che vi faccio
sentire com’è venuto” disse David.
Ero
terrorizzata. L’idea di
sentirmi cantare mi metteva un’ansia che nemmeno potete
immaginare.
La
registrazione partì.
La
chitarra di Eric emise le prime
note, quindi sospirai.
Sapevo
che di lì a poco si sarebbe
sentita la mia voce.
Trattenni
il fiato a lungo. Ero agitatissima.
La cosa che mi preoccupava di più era indubbiamente il
duetto con mio fratello
nel finale.
Quando
anche l’ultima nota della
chitarra smise di risuonare, mi azzardai ad alzare lo sguardo verso gli
altri.
Bill
aveva uno sguardo sognante e
Tom osservava di continuo le mani di mio fratello.
“Ma
siete strabilianti!”
esclamarono in contemporanea.
Arrossii
visibilmente.
“Ehm…grazie”
dissi, sorridendo.
“Ragazzi,
mi pare proprio che con
un singolo del genere conquisterete le vette delle
classifiche!” esclamò David,
sorridendoci.
Ave
popolo! Capitolo tristemente
corto, ma era giusto che fosse così, almeno potete leggerlo
in fretta ^^.
In
ogni caso non credo abbiate pensato
che quel testo sia uscito dalla mia testolina. Ebbene, avete ragione.
Il testo,
nonché la canzone che ho ascoltato durante la stesura del
capitolo è “Lonely
Day” dei System of a Down.
Aggiungo una piccola nota per chi non l’avesse
mai ascoltata.
Tom
osserva le mani di Eric perché
la parte di chitarra di questo brano è MOLTO
difficile, anzi quasi
impossibile, quindi è per questo che è
profondamente ammirato.
Ok,
ora vi ho spiegato. Aspetto
tanti commentini!!! Baciiiii!
Ah,
un’altra cosa…scusatemi per
tutte le parolacce nel cappy ^^.
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Capitolo 7 *** 07. ***
Rieccomi.
Dunque, che dire? I
Damned hanno registrato un pezzo, David è entusiasta e i
gemelli sono al
settimo cielo. C’è un gigantesco problema da
risolvere però. Matt fa uso di
cocaina. Come aiutarlo, ma soprattutto come fare per non far scoprire
questa
amara verità anche ai Tokio Hotel e al loro manager? Bene,
ora vi lascio con
l’angolino ringraziamenti e al capitolo numero 7!
Küssen!
Grazie
a:
billa483:
Eh, ancora non so come
far evolvere la storia di Matt…in ogni caso spero tu abbia
ascoltato la canzone, perché è veramente
bellissima!!! (anche se è cantata da un uomo...)
pandina_kaulitz:
mah,
sinceramente credo poco in una possibile relazione tra Ale e
Tom…(più avanti capirai perché)
jaji:
non preoccuparti se non
hai recensito, l’importante è che ogni tanto mi
fai sapere come la pensi sulla
storia (anche se è piacevolissimo vedere sempre le stesse
persone che
recensiscono ogni capitolo ^^). Sono contenta che ti piaccia e x il
tempo…beh,
neppure io ho tanto tempo per scrivere, solo che quando sono ispirata
vado
anche piuttosto in fretta!! ^^
Grazie
anche a:
evol
che
ha aggiunto la fic alle
preferite e ovviamente a tutti coloro che leggono la fic, anche senza
scrivermi
niente (=^^=)
07.
BERLINO_SALA
DI REGISTRAZIONE
Eric
e Tom parlarono a lungo e il
giovane rasta provò e riprovò il nostro pezzo,
fino a memorizzare il breve
inciso da suonare.
Rimasero
insieme per tutta la
mattina, continuando ininterrottamente a suonare le loro chitarre.
Ero
troppo giù di morale per
godermi quel momento di pace, tanto che mi isolai in balcone. Aveva
cominciato
a diluviare, ma non m’importava.
Alzai
lo sguardo al cielo e
sospirai, sentendo mille gocce gelide sfiorarmi le guance e mischiarsi
alle mie
lacrime tiepide.
Stavo
piangendo senza nemmeno
rendermene conto. Stavo piangendo perché ero certa che avrei
perso Matt. Lo
sapevo…sapevo già cosa sarebbe accaduto.
Me
lo sentivo…era come una sorta di
presentimento.
Sospirai,
restando appoggiata alla
ringhiera. Ormai i capelli li avevo incollati. I vestiti da buttare via
e il
trucco in una situazione penosa, ma non m’importava. Stavo
malissimo.
Ad
un tratto sentii la
porta-finestra aprirsi. L’acqua ticchettare sulla stoffa di
un ombrello.
“Ale,
vieni dentro o ti ammalerai”.
La voce di Georg.
Scossi
la testa, un po’ per dirgli
di no, un po’ per scacciare il freddo che mi stava penetrando
fino alle ossa.
“No…Georg.
Lasciami sola” dissi in
un sussurro, tanto che dubitai che mi avesse sentita.
La
pioggia smise di picchiarmi in
testa, al che intuii di trovarmi al riparo di un ombrellino.
“Non
ti fa bene tutta quest’acqua”
mi disse, sorridendomi.
Piansi
ancora di più.
“Che
hai?” mi domandò preoccupato,
lasciando cadere l’ombrello ed abbracciandomi.
“Si
tratta di Matt…”
“Cos’è
successo?” era visibilmente
preoccupato.
“Sta
male…” dissi.
Non
mi rispose.
“Sniffa
cocaina…solo che lo faceva
già da ragazzo…” dissi tra i singhiozzi.
Georg
sospirò.
“Ne
hai già parlato con gli altri?”
mi chiese.
“Solo
con Jo”
“Non
con tuo fratello?”
“No…Eric
potrebbe morire dal
dispiacere. Matt è come un fratello per
lui…” dissi.
“Senti,
questa situazione
migliorerà. Te lo prometto” mi disse, poi
rientrammo.
Ero
fradicia e tremavo di freddo.
“Cos’è
successo?” chiese Bill,
correndomi incontro.
“Nulla.
Stavo pensando e non mi
sono accorta che avesse cominciato a piovere” dissi,
sorridendo.
In
quel momento un fulmine fece
saltare la corrente e, dopo pochissimo si udì un tuono
terrificante.
Da
creatura pavida quale sono, mi
gettai addosso alla prima persona che trovai, in quanto terrorizzata
dal
temporale.
Caso
volle che fosse proprio Georg
la persona più vicina a me.
“Ragazzi!”
esclamò Bill.
“Siamo
qui” rispose Georg,
tenendomi tra le braccia. Ringraziai il buio per poter arrossire a
dismisura,
senza che qualcuno se ne accorgesse.
“Bill!
Georg! Siete qui?” la voce
di Gustav.
“Sì…segui
la mia voce” disse Bill.
Eravamo
al buio, ma almeno eravamo
assieme.
“Ragazzi!
Ce la fate ad arrivare
fin qui?”. Era la voce di David.
“Aspetta!
Forse ci riusciamo.
Continua a parlare!” disse Gustav.
La
voce di David ci guidò. Chiusi
gli occhi, per affinare gli altri sensi.
In
breve tempo il mio udito e il
mio olfatto migliorarono nettamente, non più distratti dalla
vista.
Il
profumo di Georg mi invase la
mente. Era buono, fresco.
Mi
tenne per mano, finché non
raggiungemmo David.
“Chi
manca all’appello?” chiesi.
“Io
ci sono, e anche Tom” disse mio
fratello.
“Jo?
Matt?” domandai.
“Qui”
risposero insieme.
“Ok,
allora ci siamo tutti. Un
tecnico è andato a controllare il generatore, dato che non
si sono accese
nemmeno le luci di emergenza” disse David.
Anche
di fuori era buio. I nuvoloni
neri del temporale avevano oscurato il sole, tanto che non si vedeva ad
un
palmo dal naso.
“Beh,
almeno siamo sicuri che la
luce non è andata via solo qui” dissi, osservando
il mondo esterno, attraverso
quella fitta cortina di nebbia e pioggia.
“Oh,
la cosa è confortante!” disse
Bill, rabbrividendo.
Sorrisi,
poi fu il mio turno ad
essere percorsa da lunghi ed incessanti brividi. I vestiti bagnati mi
pesavano
addosso e, senza rendermene conto cominciai a battere i denti.
“Cos’è
questo rumore?” chiese Bill,
terrorizzato.
“S-sono
io!” esclamai, rabbrividendo.
Georg
mi strinse di più.
“Tieni
questa” mi disse Tom,
porgendo alla cieca la sua felpa extralarge.
“Non
puoi tenere su quei vestiti
fradici” mi disse Georg.
Io
lo guardai, o almeno, mi voltai
nella sua direzione.
“Come
scusa?” chiesi, esterrefatta.
“Tirati
via quei vestiti fradici e
mettiti la felpa di Tom. È abbastanza grande per coprirti
tutta” disse.
“Un
attimo…” disse Eric.
“Stai
tranquillo…non mi vede
nessuno” dissi, slacciandomi i jeans che pesavano una
tonnellata.
Una
volta libera dai miei vestiti,
mi infilai nella felpa di Tom, calda, enorme e soprattutto asciutta.
Sospirai,
soddisfatta.
In
quel momento tornò la luce.
Mi
guardai. Sembravo una
trovatella.
“Ti
sta bene la mia felpa” esclamò
Tom, sorridendo.
Georg
mi strinse le spalle,
sorridendomi.
“Bene,
per oggi direi che possiamo
anche andare a casa. Ragazzi, domattina vi telefono per dirvi bene le
date del
tour, poi parto per organizzare le cose in Italia. Mi raccomando,
mentre sarete
qui da soli, niente disastri” disse, rivolgendosi soprattutto
a Tom e a Georg.
“Certo
David, non devi
preoccuparti!” esclamarono.
“Ehm…ragazzi
io mica posso uscire
conciata così, sennò chissà cosa
pensano le persone…” dissi, arrossendo.
“Beh,
ma qui di vestiti non ce ne
sono…” disse Tom.
“Aspettate!
Qui ci sono alcuni
vestiti, o almeno c’erano fino a qualche giorno
fa!” esclamò Bill prendendomi
per una manica e trascinandomi con sé. Gli altri ci
seguirono, visibilmente
preoccupati.
Ogni
volta che Bill aveva un’idea,
quasi sempre si trattava di un disastro cosmico.
Mi
portò in una sala più piccola
della precedente.
“Aspettami
qui…dovrebbe esserci
qualcosa che ti va bene” disse guardandomi e sparendo dietro
ad una porta.
“Ehm,
qualcuno ha la minima idea di
cosa stia accadendo qui?” chiesi.
“Oh,
ora ho capito! Vi ricordate
quando Bill ci ha parlato di quei vestiti?” chiese Gustav.
“Sì,
i meravigliosi abiti che aveva
trovato nascosti vicino alla sala prove?” domandò
Tom, imitando la vocetta del
gemello.
“Tom
guarda che ti ho sentito!”
esclamò il frontman raggiungendoci. Tra le braccia portava
un vestito rosso
porpora in velluto scuro.
“Quello
cos’è?” chiesi, additando
il prezioso abito.
“Si
tratta di un prezioso vestito.
Lo hanno usato alcuni giorni fa per un servizio fotografico. Credo che
possa
andarti bene!” esclamò.
Io
arrossii.
“Beh,
allora vado a provarlo”
dissi, rassegnandomi all’idea che, in qualunque caso mi sarei
vergognata a
morte, una volta fuori dallo studio di registrazione.
Chiusa
nello stanzino con quel
vestito tra le mani pensai a quella giornata.
Sospirai,
poi mi vestii. Purtroppo
non c’erano specchi, quindi non riuscii a farmi
un’idea di come potessi
apparire agli occhi degli altri.
Uscii,
sperando di essere
invisibile. Gli occhi di tutti erano puntati su di me.
“Caspiterina!
Sicura di provenire
da questo secolo?” mi chiese Bill, sorridendomi.
Abbassai
lo sguardo ed arrossii.
Eric
mi prese sotto braccio.
“Sembri
una dama del medioevo” mi
disse.
“Stai
benissimo” mi disse Jo.
Erano
tutti così carini. Facevano
il possibile per non farmi sentire a disagio. Sorrisi e ci incamminammo
di
fuori.
Jo
salì in macchina, seguito da
Matt e da Eric.
“Ci
vediamo a casa?” mi chiese mio
fratello.
“Perché?”
“Immagino
tu voglia stare con loro”
mi disse, indicando i Tokio Hotel.
“Beh…sinceramente
prima di tutto
vorrei cambiarmi” dissi, sorridendo.
“Ragazzi!
Ci state per una pizza da
noi?” chiese mio fratello sporgendosi dal finestrino.
I
quattro lo guardarono.
“Abbiamo
pure la playstation” disse
Jo.
“Ok!
Ci siamo!” esclamarono Georg e
Tom.
Sorrisi.
“Maschi…basta
giocare e sono contenti”
pensai ridendo. Salii in macchina e mi preparai
psicologicamente a
rientrare in un comodissimo paio di pantaloni.
BERLINO_CASA
DEI DAMNED ORE 18.45
Io
ero in tuta, seduta in salotto a
guardare mio fratello e Jo che sfidavano Tom e Georg ad una partita
virtuale di
calcio.
Scossi
la testa, esasperata. Gustav
era sul divano insieme a Matt e tutti e due si stavano facendo una
sorta di
interrogatorio reciproco riguardo la batteria.
Bill
invece stava passando in
rassegna tutti i miei profumi. Sembrava un tossico.
“Ma
questo è buonissimo!” esclamò,
mostrandomi la boccetta di Alien di Therry Mugler.
“Grazie.
È quello che uso sempre”
risposi, sorridendogli.
Non
appena eravamo entrati in casa,
Bill mi aveva chiesto di usare il bagno e, dopo ne era uscito
estasiato. Mi aveva
chiesto di poter esaminare minuziosamente tutte le boccette colorate
che avevo
al piano superiore e io, ingenuamente, avevo acconsentito.
Certo
non avrei pensato che avrebbe
portato tutti i miei profumi in salotto, che si sarebbe seduto a terra
e che li
avrebbe annusati tutti, uno per uno.
Sorrisi.
Sembrava un bambino.
Stavo
male a guardarlo. Pensavo al
mio bambino, a quello che non avevo mai avuto. A quel bambino che avrei
chiamato Sebastian, come il personaggio di un cartone animato,
perché mi era
simpatico. A quel bambino che, se fosse nato avrebbe avuto quasi un
anno.
Mi
alzai di scatto dalla poltrona e
mi allontanai. Sarebbe stato sciocco mettermi a piangere davanti a
tutti e non
volevo dare delle spiegazioni inutili.
Salii
in camera, fingendo di dover
recuperare il cellulare, che avevo chiaramente in tasca.
Mi
sedetti sul letto e rimasi in
silenzio, finché i singhiozzi non uscirono spontaneamente
dalle mie labbra.
Il
passato tornò ad assalirmi
violentemente. Mi sembrava di stare ancora in quel maledettissimo
incubo.
Ero
persa nei miei pensieri, quando
mi sentii abbracciare.
“Ale,
ora va tutto bene. Ci sono
qui io”. La voce di mio fratello mi rassicurò un
po’. Il mio corpo fu percorso
da un lungo brivido.
“Eric…”
“Sssst.
Non parlare” mi disse in un
sussurro.
Rimasi
stretta a lui per minuti
interminabili.
Sentii
suonare il campanello. Jo
andò ad aprire e la vocetta di Bill ci chiamò.
Non
ottenendo risposte, udii i suoi
passi frettolosi avvicinarsi alla porta.
“Ragazzi!
È pronto…”. Le parole gli
morirono sulle labbra.
“Scusate…non
volevo disturbare”
disse a bassa voce, allontanandosi dalla porta.
Eric
lo guardò.
“Beh,
le pizze sono giù” disse il
ragazzo, prima di scendere di sotto.
“Ale,
stai bene?” mi chiese mio
fratello.
Io
annuì, anche se non ero
pienamente convinta di quella risposta.
“Sicura?”
“No…cosa
ho fatto? Chi mi ha dato
il diritto di ucciderlo?” chiesi.
“Ale…ormai
è passato un anno. Non puoi
continuare a pensarci. La tua vita va avanti…” mi
disse.
“Lo
so…solo che oggi Bill…era
seduto sul pavimento…con i miei
profumi…” dissi, piangendo ancora più
forte.
“Alena,
capisco. Lo so che fa male,
ma devi farti forza. Hai solo diciannove anni. Hai tutta la vita
davanti…”
Sospirai.
“Hai
ragione. Ora scendiamo”.
Eric
annuì, poi mi aiutò ad
alzarmi.
“Vado
a sciacquarmi la faccia”
dissi, entrando in bagno.
Sospirai
e mi guardai allo
specchio.
Non
so cosa mi passò per la mente,
aprii l’armadietto dei ragazzi e presi una lametta per la
barba, poi la
strisciai sul polso destro.
Una
sottile linea di sangue
cominciò a colare sulla ceramica bianca del lavandino.
Subito
mi chiesi per quale motivo
avessi compiuto quel gesto. Nella mia mente si affacciò un
nuovo pensiero.
“Pagherò
con il sangue tutto il
male che ho fatto…” pensai in
quell’attimo di follia.
Aspettai
che l’emorragia si
fermasse, poi pulii tutto e mi riguardai allo specchio. Nei miei occhi
brillava
una luce diversa. Nella mia testa era cambiato qualcosa…
Ancora
non immaginavo quanto grave
fosse quel qualcosa.
Ecco,
finito questo capitolo.
Sempre più all’insegna del
tragico…però intanto che David è in
Italia deve pur
succedere qualcosa, o sbaglio?
In
ogni caso non prendetevela
troppo ^^.
Sarò
brava (prima o poi). Un
bacio ragazze (e ragazzi, nel caso qualche maschio legga). Buon rientro
domattina.
|
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Capitolo 8 *** 08. ***
Dunque…siamo
già all’ottavo
capitolo…il tempo corre in fretta quando ci si diverte ^^.
Ma
bando alle ciance che il
tempo è prezioso!
Angolino
ringraziamenti:
Billa483:
visto ho aggiornato
presto (sono stupita di me stessa!!!). Kmq chissà cosa
succederà senza il buon
manager…beh posso anticiparti che non ci saranno terremoti,
o meteoriti ^^
_inguaribile
sognatrice_: da
buona Laura quale sei, pure te vai matta x le cose tragiche ^^. Beh
sinceramente pure io spero che la mia mente malata faccia riprendere
sia Ale
che Matt (visto che è lei che idea tutto…io sono
solo uno strumento per i suoi
loschi piani °_° ) Pure io tvtttttttttb^^
Miss
hiphop: Che gioia immensa
leggere una recensione nuova!!!! (Non che le altre mi stanchino, per
carità non
direi mai una cosa simile…). Sono contenta che ti piaccia la
mia fic, e hai
ragione…per fortuna che David si era raccomandato, ma come
vedi per una volta
non è Tom a combinare disastri!!!
Grazie
anche a:
Alexgirl
che ha messo la fic tra
le preferite
Tanti
baci ragazze, e grazie
mille ^^
08.
BERLINO_APPARTAMENTO
DEI DAMNED ORE 23.04
Ero
esausta. Il pianto di qualche
ora prima mi aveva debilitata e in quel momento mi trovavo sul divano,
con la
testa appoggiata ad una spalla di Georg. Eravamo tutti quanti
stanchissimi.
“Ragazzi,
restate qui a dormire?”
chiese Jo, osservando le facce stanche dei quattro amici.
“Eh?”
chiese Tom emergendo da uno
stato di semi torpore.
“Non
mi sembra il caso che vi
mettiate in macchina adesso. Siete tutti e quattro stanchi”
disse Eric,
sopprimendo uno sbadiglio.
“Vi
preparo i letti” dissi,
alzandomi ed andando al piano superiore.
Presi
cuscini, federe e lenzuola,
poi tornai di sotto.
“Ragazzi
devo farvi sposare, però”
dissi.
Tom
trascinò suo fratello verso la
poltrona.
Aprii
il divano in modo da farlo
diventare un letto e cominciai a prepararlo.
“Eric
dà loro delle tute. Mica
possono dormire in jeans” dissi, mettendo i cuscini nelle
federe.
“Ok…”
mi rispose mio fratello
andando di sopra. Jo e Matt erano in terrazzo a fumare, insieme a Tom.
Bill
stava sonnecchiando sulla
poltrona, mentre Georg e Gustav mi stavano aiutando.
Nel
sistemare il primo letto, mi si
alzò lievemente la manica della felpa. Quel poco
bastò per far notare la mia
ferita.
Georg
lasciò andare immediatamente
il cuscino per terra e mi prese il polso.
“Alena
che ti sei fatta?” mi
chiese, preoccupato.
“Lasciamo
stare. Mi sono tagliata
in cartoleria con dei fogli che ho dovuto pure buttare via! Un
giramento di
scatole che neanche immagini! Sono troppo maldestra” dissi,
inventandomi al
volo la scusa.
Sospirai.
Grazie a Dio avevo una
fervida immaginazione ed ero sempre stata brava a raccontare palle su
palle.
“Sicura
che non sia nulla? Mi
sembra profondo” disse lui.
“Certo,
stai tranquillo. Sono
ancora viva, quindi non è grave” risposi,
recuperando il cuscino.
Una
volta sistemato il letto,
guardai Bill.
Si
era addormentato, accoccolato
sulla poltrona come un gattino.
Sorrisi.
“Beh,
io non lo alzo di peso, anche
se immagino quanto possa pesare un affarino come lui” dissi,
preparando l’altra
poltrona.
Tom,
che nel frattempo era
rientrato, scosse il fratello per svegliarlo.
“Che
c’è?” chiese Bill, intontito.
“Mettiti
questa, poi puoi dormire”
gli rispose il gemello.
Il
moro si trascinò fino al bagno e
ci rimase per una decina di minuti.
Io
ero riuscita a sistemare tutte e
due le poltrone-letto.
“Bene
ragazzi, qui è tutto pronto.
Potete dormire sonni tranquilli adesso” dissi, sorridendo.
Bill
riemerse dal bagno e si buttò
sul letto, addormentandosi all’istante.
“Quando
si scaricano le batterie si
riduce sempre così” disse Tom, guardandolo con un
sorriso.
“Sentite,
mi dispiace che dobbiate
dormire nello stesso letto, ma altro non posso
fare…” aggiunsi.
“Tranquilla.
Sono abituato ad
avercelo sempre addosso…” mi rispose.
Attesi
che fossero tutti pronti,
poi mi ritirai.
“Rimarrei
qui a farvi compagnia, ma
ho un sonno assurdo. Ci vediamo domattina” dissi, salendo le
scale.
“Buona
notte” dissero tutti
insieme.
Sorrisi
ed entrai in camera.
I
ragazzi erano tutti svegli, ma
pochi minuti dopo sentii salire anche Matt, Jo ed Eric.
In
casa scese il silenzio più
totale. Chiusi gli occhi e ripensai al momento in cui mi ero tagliata.
Mi
ero sentita felice. Avevo
sentito il dolore andarsene insieme al sangue giù per lo
scarico del lavandino.
Mi
alzai, aprii la porta ed andai
in bagno. Conoscevo bene la casa e non dovetti accendere nessuna luce.
Chiusi
a chiave la porta ed accesi
la luce dello specchio, poi presi la lametta di qualche ora prima e,
nuovamente
la strisciai sul polso, quella volta un po’ più
verso il gomito.
Sciacquai
il lavandino e la
lametta, poi uscii in corridoio.
Udii
dei passi e mi nascosi dietro
un angolo.
Riconobbi
la sagoma di Matt
scendere di sotto.
Lo
seguii silenziosamente ed entrai
con lui in cucina.
Prima
che chiudesse la porta, mi
intrufolai e mi nascosi.
Era
troppo rincoglionito per non
accorgersi della mia presenza, oppure faceva apposta?
Accese
la luce, poi lo vidi
prendere una bustina dalla tasca. Si mise sul marmo scuro
dell’isola, poi con
una carta di credito fece tante strisce. Ne contai cinque. Rabbrividii.
Prima
che si mettesse a sniffarle uscii dal mio nascondiglio.
“Che
cazzo ci fai qui?” mi domandò
a bassa voce, trasalendo per lo spavento.
“Potrei
farti la stessa domanda”
dissi.
“Ale…vai
via!” esclamò.
“No!
Sei un drogato! Ti rendi conto
che ti stai uccidendo? Vuoi morire?” gli chiesi.
Lui
chinò il capo.
“Ormai
non posso più smettere”.
“Da
quanto tempo vai avanti?”
“Da
quasi due mesi. Prima sniffavo
solo una striscia al mattino, prima del lavoro e mi bastava per tutta
la
giornata. Ora devo per forza farmene almeno una decina al
giorno”
“Matt,
non arrivi a fine mese se
vai avanti così!” gli dissi allontanandolo dalla
cocaina.
“Ale,
lasciami stare!” disse.
Io
feci per tirargli uno schiaffo,
ma lui mi fermò, afferrandomi il polso.
Subito
la manica del pigiama si
intrise di sangue e una striscia rossa lo segnò in modo
indelebile, macchiando
anche le dita di Matt.
“E
questo che cazzo è?” mi chiese,
guardandosi la mano.
Io
chinai il capo.
“Ale
che cazzo sta succedendo?”
domandò, prendendomi per le spalle e costringendomi a
guardarlo.
“Non
lo so…Matt non lo so…” risposi
in un sussurro.
“Ale,
guardami negli occhi e dimmi
solo che è la prima volta che succede, che ti sei tagliata
con una scheggia di
vetro…”
I
miei occhi si riempirono di
lacrime.
“Se
è questo quello che vuoi
sentirti dire…allora sì. Mi sono tagliata con del
vetro…”
“Alena,
hai solo diciannove anni…”
“Tu
ne hai ventuno! Che razza di
ragionamento è?”
“Hai
diciannove anni. La tua vita è
fantastica! Non puoi farti questo!”
“Parli
tu? Mi fai la predica tu?
Avevi giurato che non avresti più toccato mezzo milligrammo
di droga ed ora sei
qui! Quando ti guardi allo specchio non ti vergogni nemmeno un
po’? Non ti
accorgi che io e Jo stiamo soffrendo per questa cosa? Non ti rendi
conto che se
Eric venisse a saperlo probabilmente morirebbe dal dolore di vederti in
questo
stato? Quanto credi di poter andare avanti con questa farsa? Un giorno?
Un
mese? Un anno?”
Ero
stata cattiva, odiosa. Una vera
stronza e non mi sentivo affatto bene ad avergli detto quelle cose,
anzi mi
sentivo peggio di prima.
“Hai
ragione…ma adesso fa parte di
me. Non riesco a rinunciarci. Impazzisco se non assumo droga”
Sospirai
e lo lasciai da solo.
“Fai
quello che vuoi…” dissi, prima
di richiudere la porta.
Tornai
in bagno.
Avevo
provocato altro dolore. Avevo
fatto soffrire Matt e dovevo pagare per quello che avevo compiuto.
La
lametta era ancora lì. La
strisciai con maggiore forza sul mio polso. Uscì molto
più sangue, ma non
m’importò. Sciacquai tutto, poi cercai di
tamponare l’emorragia.
Nulla,
il sangue continuava a
scorrere. Lentamente la vista cominciò ad offuscarsi.
“Sto
morendo” pensai in quel
momento.
Caddi
a terra e picchiai la testa,
perdendo i sensi. Era la fine…
OSPEDALE_ORE
5.00
Mi
svegliai nel letto. Pensai fosse
stato tutto un sogno.
“Adesso
mi alzo e scopro che non
abbiamo nemmeno cantato” pensai.
Provai
a muovermi, ma avevo le
braccia legate. Mi guardai intorno. La testa di mio fratello appoggiata
al
bordo del letto.
“Eric…”
lo chiamai. Ero in preda al
panico.
“Ale!
Sei sveglia!” esclamò
abbracciandomi.
Mi
tenne stretta al suo petto,
accarezzandomi i capelli.
“Ale…ti
prego, dimmi che non lo
farai mai più” mi disse, guardandomi negli occhi.
Io
chinai il capo. Non avevo il
coraggio per guardarlo in faccia.
“Eric…mi
dispiace” dissi,
piangendo.
“Perché
lo hai fatto?”.
“Perché…perché
mi sento in colpa…”
“Nei
confronti di chi?”
“Del
mio bambino, di te, di Jo, di
Matt…”
Eric
mi strinse ancora.
“Tu
non hai nulla da rimproverarti.
Io e i ragazzi siamo contenti di averti accanto. Sei una persona
speciale,
sorellina”.
Rimasi
con lui per tutto il giorno.
Mi spiegò che mi avevano legata al letto perché i
tentativi di suicidio
venivano trattati in quel modo.
I
polsi feriti erano coperti da
delle garze candide, ma la posizione in cui mi trovato era abbastanza
scomoda.
Ad
un tratto sentii bussare alla
porta e vidi Tom e Bill fare capolino.
“Ciao!”
esclamarono insieme.
Eric
uscì, lasciandoci soli.
“Beh,
per fortuna che David si era
raccomandato tanto con noi!” disse Tom, sorridendo.
“Già…senti
Ale…se hai bisogno di
parlare con qualcuno…” disse Bill, prendendomi per
mano.
Lo
guardai, poi osservai il suo
gemello. Avevano lo stesso sguardo, gli stessi identici occhi.
“Bill,
ieri sera quando ti ho visto
seduto a terra con tutti i miei profumi, mi hai fatto venire in
mente…”
“Alena
non puoi raccontarglielo!
Non sai nemmeno chi siano questi due!” pensai,
eppure mi fidavo ciecamente.
Era una sensazione nuova per me.
Raccontai
loro tutta la storia,
tutta la mia vita precedente. Tutto il mio dolore e tutte le mie
sofferenze.
Bill
pianse con me, mi tenne
saldamente la mano e non mi interruppe mai.
Avevo
commesso un grosso errore, ma
con loro al mio fianco, capii che avrei seguito la strada giusta. Ora
mancava
solo Matt, poi sarebbe tornato tutto alla normalità.
Altro
cappy finito! Lo so, è
orrendo e se non recensirete più vi capisco… solo
che ogni tanto mi vengono
queste crisi “dello scrittore” quindi abbiate
almeno la pietà di sopportarmi…
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Capitolo 9 *** 09. ***
Good
nono capitolo…non so quanti
ce ne saranno ancora, ma non credo molti…^^
Dunque…
Danke
a:
billa483:
beh, oltre che a
sentirci su msn, che posso dire??? Grazie davvero, perché mi
fanno sempre
piacere i tuoi commenti ^^
_inguaribile
sognatrice_: addirittura
capolavoro??? Me arrossisce molto ^///^. Davvero, non credo proprio sia
degno
di essere chiamato così, ma sono felice che ti piaccia. Wow
le tue recensioni
sono sempre lunghissime!!! Che soddisfazione leggerle!!!
Alexgirl:
Altra new entry nelle
recensioni. Danke, sono contenta che ti piaccia la mia storiella.
Jaji:
^^ mi stavo preoccupando
non vedendo il tuo commento! Danke cara.
Baci
a tutti!!!
09.
BERLINO_OSPEDALE
ORE 11.50
I
gemelli rimasero con me ed Eric
per tutta la mattina. Ero contenta che il rapporto tra mio fratello e
Tom si
fosse risanato.
Verso
metà pomeriggio, i ragazzi mi
lasciarono da sola perché dovevano andare a fare delle
commissioni.
Scusa
poco plausibile, visto che
meno di mezzo secondo dopo entrò Georg.
“Strano
che mio fratello mi
abbia lasciata sola…che stia cambiando
radicalmente?” pensai, sorridendo.
Georg
mi guardò negli occhi, prima
di lasciar cadere il suo sguardo sulle bende che mi fasciavano i polsi.
“Non
ti chiederò perché lo hai
fatto. Hai tutte le ragioni di questo mondo. Piuttosto ti
chiederò se non ti
sei resa conto delle conseguenze che il tuo gesto avrebbe portato? Hai
pensato
a quello che sarebbe successo a tuo fratello e agli altri? Non hai
pensato a
me?”.
Rimasi
spiazzata da quella domanda.
“Te?”
chiesi.
“Sì,
a me…”.
Si
sedette e mi prese una mano.
“Non
so…probabilmente sono stato
poco incisivo…quindi mi vedo costretto a dirtelo
esplicitamente. Mi piaci…mi
piaci un sacco”
Rimasi
senza parole. La notizia mi
lasciò talmente scossa che cominciai a piangere, senza un
vero ed apparente
motivo.
Piansi
senza potermi asciugare le
lacrime. Quei dannati legacci mi tenevano imbrigliata al letto.
Georg
mi prese il viso e mi baciò a
lungo. Assaporai il gusto salato delle mie lacrime che, dalle mie
guance era
passato sulle sue labbra.
Rimasi
in silenzio a singhiozzare per
un tempo che mi parve eterno, poi lo guardai.
L’idea
di cominciare una nuova
storia mi terrorizzava.
Tremavo
dalla paura.
Dovevo
raccontare anche a lui
quello che mi era successo, affinché capisse.
Parlai
interrompendomi pochissime
volte e lui mi guardò sempre. Non distolse mai il suo
sguardo dai miei occhi.
Quando
finii il mio racconto presi
un profondo respiro ed abbassai lo sguardo.
“Adesso
si alzerà e mi lascerò
da sola…di nuovo” pensai in quel
momento.
Mi
prese la mano e mi guardò
intensamente.
“D’ora
in poi non sarai più sola.
Ci sarò sempre io al tuo fianco” mi disse, poi mi
baciò.
Rimasi
con lui per tutto il
pomeriggio, poi l’infermiera di turno lo fece uscire.
“Ci
vediamo domattina” mi disse,
baciandomi un’ultima volta.
Distesa
al buio pensai che
finalmente mi ero presa una piccola rivincita sulla mia vita.
BERLINO_CAMERA DEI TOKIO HOTEL. ORE 23.00
Bill
stava finendo di scrivere un
testo, siccome si sentiva particolarmente ispirato. Tom era in balcone
a fumare
e Gustav stava distrattamente sfogliando una rivista.
Da
quando Alena era in ospedale,
regnava una sorta di calma apparente, anche se eravamo tutti tesi e
pronti a
scattare come molle. Avevo lasciato il numero di cellulare ad Eric, in
modo che
mi avvisasse per ogni novità.
“Speriamo
vada tutto bene
stanotte” pensai.
Il
telefono squillò qualche secondo
dopo il mio breve pensiero.
Scattai
in avanti per prenderlo dal
tavolo, al che i miei tre amici si voltarono verso di me.
“Pronto?”
dissi
“Ciao
Georg…sono Eric”
“Dimmi
tutto…è successo qualcosa?”
“No,
tranquillo. Mi ha appena
telefonato l’ospedale per dirmi che Ale la dimettono
domattina verso le
undici…quindi pensavo di organizzare qualcosa di carino qui
da noi…”
“Oh,
sì. Sarebbe un’ottima
idea…come ci mettiamo d’accordo?”
domandai.
“Beh
credo che potresti andare a
prenderla te, no?”
“Uh?
Sì, va bene…”
“Intanto
noi prepariamo la casa”
“Ok,
allora ci vediamo per
mezzogiorno a casa vostra” dissi.
“Ok,
a dopo”.
Attaccai
il telefono sorridendo, al
che i ragazzi tirarono un sospiro di sollievo.
“Che
succede?” mi chiese Bill.
“Ale
uscirà domani mattina, e
siccome suo fratello vuole organizzarle una festicciola, andrete tutti
a casa
loro e a mezzogiorno mangeremo lì tutti assieme”.
I
ragazzi annuirono, poi andammo a
dormire, sarebbe stata una giornata lunga.
BERLINO_OSPEDALE
ORE 10.55
Fu
Georg a venirmi a prendere e la
cosa mi riempì di gioia, nonostante fossi preoccupata per
l’assenza di Eric.
“Purtroppo
doveva fare una cosa e
non è potuto venire” mi disse il ragazzo.
Uscimmo
dall’ospedale alle undici
in punto. In macchina ascoltammo parecchia musica, senza parlare. Per
arrivare
a casa mia fece un giro stranissimo, tanto che impiegammo
un’ora per arrivare.
“Come
mai questa strada?” domandai,
scendendo dall’auto.
“Così,
avevo voglia di stare un po’
in macchina con te” rispose semplicemente aprendomi la porta
di casa.
Era
tutto buio, con anche le
tapparelle abbassate.
“Dimmi
te…gliel’avrò detto mille
volte di lasciare le tende aperte, sennò mi muoiono le
piante!” esclamai.
In
quel momento si accesero le luci
e vidi uno striscione immenso con scritto “BENTORNATA
ALE!”. Riconobbi
la calligrafia di Lu.
Poi
c’erano tutte le firme. Eric,
Bill, Jo, Matt, Georg, Gustav,
Tom e Lu.
Sorrisi,
commovendomi. Erano stati
gentilissimi e non mi sarei mai aspettata una sorpresa del genere.
Ringraziai
tutti e, con mio sommo
stupore vidi anche una splendida torta. Restammo insieme per tutto il
giorno,
fino a sera e non ricordo di essere mai stata tanto felice in vita mia.
Alla
fine se ne andarono tutti e io
continuai a sorridere, nonostante tutto.
Capitolo
indegno d’essere
chiamato tale, ma finalmente l’ho finito ^^. In ogni caso
chiedo umilmente
perdono se ci ho messo così tanto, ma tra open day
dell’università, scuola e
tutto il resto ho ben poco tempo per star dietro alla fic. Un bacio a
tutti…
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Capitolo 10 *** 10. ***
Ciao
a tutti! Rieccomi.
Scusatemi immensamente per il ritardo, ma ste settimane ho avuto un
concerto di
giovedì (20) e i giorni prima ho fatto solo prove (dire che
ero stanca morta
non rende bene l’idea ^^). Poi una mia compagna mi ha passato
Twilight, New
Moon ed Eclipse, quindi il computer non l’ho degnato molto
^^…Comunque, sono
molto contenta delle vostre recensioni, mi fa piacere leggere che siete
soddisfatte della storia.
Grazie
a:
Kessy993:
new entry! Wow che
emozione… non preoccuparti, a volte recensisco fic che sono
state completate
mesi fa, quindi non ti agitare ^^
Billa483:
oh ma mica mi sono
offesa x la matta, lo so benissimo!!! Comunque sono contenta che il
famigerato
bacio ti sia piaciuto ^^
_inguaribile
sognatrice_: macché
logorroica, a me piacciono le recensioni lunghe!!! Comunque non ho
capito che
parte non ti è piaciuta (???)
Bene
e ora proseguiamo con
il…decimo capitolo!!! (Di già??? Oddio come vola
il tempo ^^)
10.
BERLINO_CASA
DEI DAMNED ORE 11.00
Mi
svegliai con il sorriso sulle
labbra. Ero felicissima. Mi stiracchiai, poi mi schermai gli occhi con
una
mano. Il sole stava inondando la mia camera. Mi mossi leggermente ed
andai in
bagno.
Sentii
delle voci provenire dal
piano inferiore. Riconobbi la voce un po’ roca di Tom e
quella squillante di
Bill, nonostante il cantante si sforzasse in ogni modo di parlare piano.
Sorrisi
nuovamente, pensando che
ormai facevano parte della famiglia a tutti gli effetti.
Entrai
in bagno e vidi Matt. Ci
guardammo per qualche istante e notai che aveva almeno una decina di
bustine
sul pianale del bagno. Inorridii. Tra le mani ne stringeva due, vuote.
Feci
per uscire, sconvolta, quando
mi sentii afferrare per il polso.
“Aspetta.
Non è come credi tu” mi
disse, sorridendomi.
“Come
dovrebbe essere?” domandai.
“Ho
deciso di smettere. La mia
forza di volontà è superiore…le sto
buttando via”.
Solo
in quel momento vidi alcuni
grammi di cocaina rimasti nel gabinetto. Stava dicendo la
verità.
Commossa
lo abbracciai. “Grazie
Matt…” dissi.
“Grazie
a te. Mi hai salvato la
vita” rispose, gettando via il resto.
Scesi
con lui al piano di sotto,
dove erano tutti svegli.
In
quel momento suonò il cellulare
di Bill.
Lo
vidi incupirsi, poi sorridere e
cominciare a saltellare, prima di concludere la chiamata con un “Ciao
David!!!”.
“Buone
notizie?” chiesi, mentre
Georg mi dava un bacio su una guancia.
“Ottime!
David torna domani…e poi,
come già sapete lunedì avremo il primo
concerto!” esclamò, sorridendo.
Il
gruppo cominciò a bisbigliare,
esultante.
Eravamo
tutti su di giri quando, il
giorno dopo, arrivò David.
Ormai
i Tokio Hotel erano di casa
lì da noi, quindi il manager ci raggiunse in appartamento.
“Ragazzi,
spero che questi giorni
senza di me siano andati bene” disse, sorridendo.
“Perfettamente”
risposero i gemelli
in coro, sorridendo.
Lu
non potè essere con noi quella
sera, ma al concerto era in prima fila, pronta ad acclamarci.
BERLINO_ORE
21.00
Ero
tesissima, ma avevamo provato
tanto ed andò tutto bene. Anche le numerosissime fans ci
applaudirono, il che
mi rese felicissima. Temevo non apprezzassero la nostra musica, invece
furono
entusiaste. Non appena terminammo il nostro piccolo concerto, mi
ritirai dietro
la quinte, al riparo dal boato terrificante che ci fu non appena i
ragazzi
misero piede sul palco.
Il
concerto durò quasi due ore e
mezza, ma non mi stancai affatto. Dalla mia posizione potevo vedere
benissimo
Georg. Non mi guardò mai, fortunatamente. Temevo che avrei
potuto distrarlo.
A
concerto terminato Bill e gli
altri furono assaliti da una schiera di ragazze. Alcune spupazzarono un
po’
Georg e, non so perché, ma ribollii di rabbia e gelosia.
“Non
preoccuparti, lui ha occhi
solo per te” mi disse mio fratello.
“Lo
so” risposi, secca.
“Ho
saputo che aprirete tutti i
concerti di questo tour…” ci disse una ragazza,
avvicinandosi a noi.
“Sì”
risposi.
“Beh,
mi chiedevo…se potevate farmi
un autografo pure voi…la vostra musica è molto
bella e credo che andrete
avanti, anche senza i Tokio Hotel” disse, arrossendo.
Io
le sorrisi e presi il foglio e
il pennarello che aveva tra le mani.
“Grazie.
È molto gentile da parte
tua” le dissi, firmando.
Passai
il foglio a mio fratello,
poi a Matt e infine a Jo.
La
ragazza si allontanò,
felicissima.
Quella
serata era andata a
meraviglia, nonostante i giorni prima mi apparisse tanto lontana,
quanto
impossibile.
Una
volta seduta sul divano dell’hotel
tirai un sospiro di sollievo. Era accaduto tutto al doppio della
velocità.
Faticavo
a ricordare cos’era
accaduto dopo il ritorno di David…anzi dopo la chiamata di
David.
Provai
a ripensarci. Mi stesi e
chiusi gli occhi, mentre Eric e Tom stappavano bottiglie di spumante,
di birra
e di altre sostanze alcoliche.
David
aveva chiamato Bill e alla
notizia che il lunedì successivo ci sarebbe stato il
concerto, avevamo
cominciato a provare, saltando addirittura il pranzo. Io e Bill avevamo
sperimentato addirittura dei duetti, mentre Gustav osservava
meticolosamente il
lavoro di Matt.
Dopo
ore ed ore di estenuanti prove
eravamo usciti a mangiare al ristorante. Alla fine i ragazzi avevano
lievemente
discusso su chi dovesse pagare. Io non me ne preoccupai. Solo il fatto
che ero
l’unica ragazza implicava che non dovessi nemmeno uscire di
casa con il
portafoglio.
Come
al solito dormirono tutti da
noi e David, come già raccontato, ci raggiunse in
appartamento. Dopo il suo
arrivo andammo allo stadio a provare tutto quanto. Dalle luci ai
vestiti.
Ora
di sera eravamo esausti ed
utilizzammo il week-end
per riposare.
Lunedì
arrivò immediatamente, tanto
che non mi resi nemmeno conto che la domenica era trascorsa.
Il
concerto andò bene.
Riaprii
gli occhi, in tempo per
vedere i gemelli cominciare a schizzarsi con lo spumante.
Sorrisi
e presi a giocare con loro.
In fondo mi meritavo anche io un po’ di divertimento.
2
ANNI DOPO
Non
ve lo aspettavate questo salto
temporale, vero? Beh non c’è molto altro da dire,
riguardo quel periodo. I
concerti andarono a meraviglia. Ogni volta c’era
l’ansia creata dal
palcoscenico, ma la combattemmo bene. Terminato il tour Georg mi
propose di
prendermi una vacanza. Io e lui da soli, per tutta l’estate.
Ovviamente
accettai e andammo a
farci una vacanza relax in un’isoletta della Grecia.
Matt
aveva definitivamente chiuso
con la droga e aveva collaborato con la polizia per arrestare un tizio
che
aveva cominciato a spacciare fuori dalle scuole medie della
città.
Durante
la vacanza tagliai i ponti
con la Germania, salvo mandare parecchie cartoline a Lu e ai ragazzi.
In
quei tre mesi ritrovai me
stessa, la mia pace interiore e dimenticai definitivamente gli orrori
del mio
passato.
Tornata
dalla Grecia scoprii che Lu
e Gustav si erano messi insieme, mentre Eric aveva definitivamente
chiuso con Andrea,
cominciando a frequentare una ragazza che aveva conosciuto durante il
tour.
Insomma,
la nostra vita era
cambiata in maniera radicale, ma in positivo.
Nei
due anni successivi cominciammo
a fare nostri concerti e David ci trovò una band
d’apertura.
I
rapporti con i Tokio Hotel
rimasero saldissimi, tanto che Bill mi aiutò parecchio con
la scelta dei testi
e insieme cantammo un duetto che scalò le classifiche
mondiali in pochissimo
tempo.
Alcuni
mesi dopo, però mi ritirai
dalle scene. Avevamo ottenuto successo e io non volevo montarmi la
testa.
In
ogni caso avrei dovuto rinunciare
di lì a poco perché scoprii, con grande gioia, di
aspettare un bambino.
Nessuno
volle crederci, finché non
portai a casa la prima ecografia. Erano tutti su di giri.
Nove
mesi dopo, ovvero due mesi fa,
nacque Celine.
Tom
mi chiese spesso perché scelsi
un nome francese. Gli rivelai che la nonna di mia madre era francese e
poi era
una sorta di pegno nei confronti di una grande cantante che mi aveva
spinta
ancora di più verso la musica.
Georg
non ha mollato i Tokio Hotel,
anche perché gliel’ho impedito. Nonostante sia
passato del tempo, sono pur
sempre sulla cresta dell’onda. Con il passare degli anni ci
sono state numerose
band emergenti che hanno tentato di sostituirli, ma le loro fans sono
rimaste
fedeli al loro primo amore.
Bill
ha lasciato un po’ da parte il
look trasgressivo, senza abbandonare il total black. Grazie al cielo
è
leggermente ingrassato. Anche lui si sta per sposare con una ragazza
davvero
carina, di nome Sarah. Tom invece ha messo la testa a posto da quasi un
anno. No,
non è ancora convolato a nozze, ma almeno ha la ragazza
fissa e ha smesso con
le sue sveltine.
Gustav
e Lu, invece sono in attesa
di un bambino. Ancora non si sa se sarà maschio o femmina,
ma sinceramente
saremo tutti contenti, in qualsiasi caso.
Il
periodo dei Damned è terminato,
ma in modo fantastico.
Ah,
Jo è andato per qualche tempo
in Argentina, a trovare dei parenti, mentre Matt è entrato
nella polizia.
Beh,
credo di non aver più nulla da
dirvi. Grazie per avermi prestato attenzione.
Bene,
e anche questa fic è
finita. Se mi metto d’impegno riesco anche a fare un lavoro
decente in poco
tempo!!! Comunque vi chiedo scusa se ci ho messo tanto, ma come al
solito ho
sempre troppo da fare e pochissimo tempo per farlo…vi chiedo
scusa se il finale
non è come ve lo aspettavate e se vi ha deluse, ma io ho
preferito farlo così…forse
è un po’ scontato, ma almeno finisce tutto
bene…nella mia mente c’era un’altra
possibilità, più drammatica. In ogni caso,
alleggerisco la situazione, dicendo
un grazie gigante a:
Alexgirl;
Arumi_chan; billa483; cris94;
evol; Leleo 91; miky 483; pazzerella_92; tokiohotellina95; _inguaribile
sognatrice_
Che
hanno messo la fic tra le
preferite e a
Alexgirl;
Billa483; GaaRa92; Jaji; Kessy993;
Miss hiphop; Pandina_kaulitz; _inguaribile sognatrice_
Che
hanno recensito esprimendomi
i loro pareri e i loro dubbi riguardo la storia. Grazie mille ragazze.
Vi devo
molto ^^.
Grazie
anche a tutti quelli che
hanno letto e che recensiranno anche dopo che avrò terminato
la fic. Un bacio
|
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