Boggs
si alza, il suo sguardo non tradisce alcuna
emozione.
-
Dovreste conoscere il piano, ma preferisco
rinfrescarvi la memoria. Non voglio nessun errore. È
un'operazione di massima
importanza. -
Lo
ascolto attentamente mentre ci spiega che
mentre raggiungeremo il Centro di Addestramento a bordo di un piccolo
hovercraft che non desterà sospetti, una squadra di ribelli
infiltrati farà
esplodere una bomba in un importante edificio, nel quale si sta tenendo
un
party, nel quale si trova Snow. I ribelli cercheranno di seminare il
panico
dopo la detonazione, con colpi di pistola. Il tutto dovrà
sembrare un attentato
alla vita di Snow. Immagino sia troppo sperare che il presidente
rimanga ucciso
nell'attacco. Comunque sia, il diversivo dovrebbe attirare guardie e
Pacificatori.
Mentre
parla cominciamo a muoverci, dobbiamo
trovare il nostro contatto per l'hovercraft. Siamo atterrati fuori
città, poco
lontano dalle prime case. È pomeriggio inoltrato, ma siamo
ormai vicini
all'inverno ed è quasi buio. Non dovrebbe averci notato
nessuno. Continuiamo a
camminare, la fila è guidata da Boggs, seguito dalla
Jackson, il suo secondo,
una tiratrice incredibile. Poi ci sono io, dietro di me gli altri
quattro
volontari.
Boggs
sta parlando con una
ricetrasmittente.
-
Forza, siamo quasi arrivati - Adesso si rivolge
a noi.
Dopo
neanche cinque minuti arriviamo a quella che
sembra una rimessa. Lì un uomo ci saluta e ci conduce fino a
un piccolo
hovercraft.
-
Immagino che non si starà comodi come
all'andata, vero? - Non so perché l'abbia detto, forse
perché è tutto troppo
serio e ancora non c'è traccia di pericoli.
-
Non preoccuparti, sarà un viaggio breve - Dice
ridendo la Jackson.
Senza
altre parole saliamo sul velivolo, sulla
cui fiancata spicca il simbolo di Capitol City. L'hovercraft decolla
silenzioso, dallo stretto sedile guardo fuori dal finestrino e riesco a
vedere
la città in tutta la sua grandezza e magnificenza; una rete
di luci si stende
sotto di noi. Comincio a pensare che verremo scoperti e abbattuti, ma
le mie
preoccupazioni sono infondate. Nonostante il motore sia silenzioso,
siamo
isolati dai rumori esterni ed è solo grazie alla
ricetrasmittente che Boggs può
informarci che la bomba è esplosa. Posso solo immaginare il
caos che si sta
creando, le guardie del corpo che si stringono attorno a Snow, i
ribelli che
minacciano vite, le chiamate frenetiche di soccorso. È a
questo punto che
cominciano a venirmi dei dubbi: che fine faranno gli attentatori? Non
credo che
riusciranno a scappare, rimarranno intrappolati. E in un istante
capisco che
dobbiamo lasciarli lì, non abbiamo scelta. Sento un stretta
al cuore al loro
pensiero, ma proprio in quel momento il pilota, un ragazzo di nome
Darryl, ci
avvisa che stiamo per atterrare.
Sento
un brivido da qualche parte della pancia.
Ascolto gli ultimi ordini di Boggs mentre l'intera squadra prende i
fucili e
l'equipaggiamento, che comprende anche maschera antigas, corde e
visori.
L'hovercraft si posa lievemente sul tetto del Centro e immediatamente
scendiamo. Un fruscio ci avverte che il nostro velivolo se ne sta
andando.
Restiamo qualche secondo in religioso silenzio a contemplare Capitol
City,
quando Chip, uno dei volontari, in tono concitato ci fa notare i camion
dei
Pacificatori che escono dall'edificio. Sembra che il diversivo abbia
funzionato.
-
Tutto come previsto - Commenta Boggs - ora non
dovrebbero esserci rimaste molte guardie. Sapete cosa fare -
Ray,
un soldato di mezza età proveniente dal 13,
tira fuori uno strano congegno e ci fa cenno di seguirlo. Raggiungiamo
un punto
ben preciso del tetto dove sappiamo esserci la centralina. Ray forza lo
sportello e si mette a lavorare usando l'ennesima creazione di Beetee.
La
tensione è palpabile, si potrebbe tagliare con un coltello.
Dopo qualche minuto
sentiamo un piccolo scatto, e Ray tira un sospiro di sollievo. -
È fatta -
Dopodiché
piazza al centro esatto del tetto uno
strano strumento a forma di fungo.
-
Serve a isolare completamente l'edificio, così
non potranno usare neanche le ricetrasmittenti -
A
quanto pare Beetee ha pensato proprio a tutto,
però mi viene un dubbio.
-
Scusa, ma se l'intero edificio è isolato... -
-
Già, anche le nostre comunicazioni sono
tagliate - Anticipa la mia domanda con un sorriso amaro.
Ma
Boggs ci incalza.
-
Forza, ora tocca a noi. Vieni, soldato
Hawthorne -
Ci
avviciniamo al lucernario e piano piano
riusciamo a smontare una delle grandi lastre di vetro. Fissiamo dei
ganci a
terra e ci leghiamo le nostre corde. La Jackson ci fa cenno di
indossare i
visori. Spingiamo giù le corde. Ognuno afferra la propria e
comincia a calarsi.
Siamo dentro.
Quasi
non ho il tempo di stupirmi della visone
nitida che abbiamo al buio completo che dopo pochi secondi tocchiamo
terra.
Ci
stringiamo guardandoci attorno, ma non
sembrano esserci movimento sospetti.
Siamo
nell'atrio, davanti a noi ci sono le grandi
porte interamente in vetro, dietro c'è un bancone. La grande
stanza sembra
deserta.
All'improvviso
un fruscio attira la nostra
attenzione, la Jackson ci fa notare che proviene proprio da dietro il
bancone.
Boggs mi fa cenno di muovermi con lui e insieme, silenziosamente, ci
avviciniamo alla fonte del rumore, che si rivela essere una
ricetrasmittente
che il sorvegliante tentava vanamente di usare. L'uomo viene steso da
Boggs.
È
in questo momento che ci accorgiamo di una
squadra di Pacificatori che irrompe da una porta laterale. Sono in
quattro, ma
non hanno i nostri visori e devono arrabattarsi con delle semplici
torce. È
troppo facile per noi abbatterli, con i nostri fucili silenziati. La
Jackson ne
centra addirittura tre, io mi occupo dell'ultimo.
Soddisfatti
per la buona riuscita dello scontro,
ci dirigiamo senza indugi verso l'angolo più lontano da noi,
lì c'è una porta,
dalla quale potremo raggiungere i sotterranei. Sarà quella
la parte più
difficile della missione.
Boggs
fa saltare la serratura e apre la porta.
Oltre la soglia è buio pesto. Esitiamo un po', poi entriamo.
Non so come faremo
a orientarci qui dentro, ma il mio comandante si inoltra nei corridoi,
deve
aver studiato a memoria il percorso al 13. Ci muoviamo quasi senza fare
rumore.
Siamo dominati dalla paura e dall'ansia. Ogni angolo potrebbe
nascondere un
fucile puntato, una bomba. Finalmente vediamo una botola, lì
sotto ci sono le
segrete. Prima di forzare la lo sportello metallico, Boggs ci ricorda
di infilare
le maschere antigas. È Ray che poggia per terra una tanica e
cala giù per
l'apertura un tubo. Gira un valvola sul contenitore e sentiamo gli
sbuffi del
gas stordente che si propaga nell'ambiente sottostante. Con i volti
protetti
dalle maschere scendiamo. C'è una strana atmosfera qui
sotto, tralasciando
l'effetto nebuloso che si è venuto a creare con il gas.
È un ambiente
squallido, le pareti grigie sono sudicie, non vorrei mai e poi mai
essere
tenuto prigioniero qui. Incontriamo le prime celle. Sono
vuote.
Un
terrore ci blocca, il terrore che magari
abbiano spostato i prigionieri aspettandosi l'attacco. No, non
può essere. Non
possiamo aver fatto tutto questo e scoprire che qui non c'è
nessuno da salvare.
Sappiamo di avere poco tempo prima che si accorgano del diversivo e
cerchiamo
di muoverci in fretta. Dev'esserci per forza qualche Pacificatore qui e
non
possiamo contare sul fatto che non abbiano le maschere. Ci dividiamo
per
esplorare i vari locali. Ne trovo uno particolarmente grande, non
sembra una cella.
C'è
un grande tavolo e addossata al muro si trova
quella che sembra una cabina, più o meno alta quanto un
uomo. Guardo meglio e
mi accorgo che è piena d'acqua. Inoltre è
collegata a un generatore. Non
capisco. Continuo a guardarmi attorno. Dallo stesso generatore si
stendono
altri cavi, poggiati sul tavolo al centro della stanza. Lo guardo
meglio e
all'istante rabbrividisco, sulla superficie scorgo quelle che
inequivocabilmente sono macchie di sangue. Per finire trovo coltelli
affilati
di tutte le misure, e pinze e forbici chiazzati di un rosso scuro.
L'orrore
si fa strada in me, mi tramortisce, mi
mozza il fiato, mi costringe ad appoggiarmi ansimante al muro. Ho
realizzato
finalmente di trovarmi nella stanza delle torture.
Cerco
di dare un senso alla cabina con l'acqua.
Acqua ed elettricità... Le torture a Capitol City arrivano a
questo livello?
L'elettroshock, eseguito in modo che non sia letale... Mi chiedo fino a
che
punto possa arrivare la mente di queste persone. È anche per
questo che
dobbiamo vincere questa guerra. Queste barbarie devono finire, come gli
Hunger
Games. Il mondo non deve più assistere a tutto questo.
È per questo che mi sono
votato completamente alla causa.
Delle
urla mi distolgono da questi pensieri.
Avevo dimenticato di essere in missione, non è proprio
quello che dovevo fare.
Estraggo il fucile proprio mentre sento i primi spari e con cautela
esco dalla
stanza.
La
mia squadra è qui, poco più avanti di me e sta
rispondendo all'attacco di guardie in uniforme completamente bianca.
Vedo Chip
cadere urlando, non ci penso due volte e apro il fuoco anch'io. Siamo
in
vantaggio, dopotutto i Pacificatori non possono resistere barricandosi
in fondo
al corridoio. Invece si ritirano dietro l'angolo. Non so cosa sperino
di
ottenere.
-
State indietro! - Urla Boggs prima di lanciare
una granata. Ci ripariamo, l'esplosione non si fa attendere. Ray presta
soccorso a Chip, Boggs ed io svoltiamo l'angolo e spariamo a qualunque
cosa si
muova.
-
Avete trovato qualcuno? - Chiedo al mio
comandante.
-
Ancora nessuno, ma dovrebbero trovarsi nelle
celle più interne - Proseguiamo, il cammino ormai
libero dai Pacificatori.
Eccole,
le celle più interne. Boggs apre con la
forza la prima, io con una fucilata faccio saltare la serratura di
quella
successiva e apro la porta con un calcio. La stanza è
piccola e angusta, sulla
panca che evidentemente funge da letto c'è una figura in
penombra. Mi avvicino
e riconosco in quella sagoma scheletrica, dal capo completamente privo
di
capelli, un'irriconoscibile Johanna Mason. Un po' di gas è
sicuramente
penetrato, perché lei non sembra del tutto lucida e geme
appena quando la
sollevo per prenderla in braccio.
-
Non preoccuparti - Cerco di tranquillizzarla -
Adesso è tutto finito -
Lei
sembra aver capito e si abbandona tra le mie
braccia.
Esco
correndo dalla cella e mi ritrovo Boggs
davanti che sorregge un Peeta semi-incosciente.
-
Forza! - Mi urla - Non c'è tempo! -
Poco
più indietro di me vedo due soldati del 13
che stanno aiutando la fidanzata di Finnick, Annie. Sembrano
in affanno,
e con un tuffo al cuore vedo che altri Pacificatori irrompono nel
corridoio.
Manca ancora Enobaria, non vedo nessuno che l'abbia presa. Boggs
sbraita che
non possiamo più farci niente. Ha ragione, ormai ogni
secondo perso può
significare perdere la vita.
-
Correte! - Cerco di incitarli.
Boggs
continua a urlare, io posso solo seguirlo,
sperando di non venire colpito. La Jackson e Chip ci stanno coprendo,
ma
proprio mentre sto girando l'angolo verso la salvezza, sento un dolore
tremendo
all'altezza della spalla.
Sono
stato colpito. È una sensazione orribile,
paragonabile alle frustate che ho ricevuto nel 12. Le gambe non mi
reggono,
comincio ad accasciarmi. È allora che arriva il secondo
proiettile. Se
possibile fa ancora più male del primo, il dolore
è perforante e
insopportabile, però non lascio Johanna. Ray mi tende la
mano, la afferro e mi
trascino al coperto. Mentre l'intera squadra risponde al fuoco, sento
che lo
stesso Ray mi esamina le ferite.
-
Sei stato fortunato Gale, le pallottole si sono
fermate sull'osso, poteva andare molto peggio -
Be',
poteva anche andare meglio. Aspetto che
fasci la ferita, poi mi alzo immediatamente. Cavolo, se fa male. Non
posso
mollare. Mi sporgo dall'angolo e comincio a sparare anch'io. La
situazione è
sfavorevole. I Pacificatori avanzano, e a noi non resta che un'opzione:
la
fuga. Guidati da Boggs e dalla Jackson, torniamo indietro.
Ormai
non distinguo più niente, ai miei occhi
annebbiati tutto comincia a perdere senso, posso solo seguire i passi
affrettati di chi mi sta davanti.
In
breve tempo ripercorriamo il labirinto di
corridoi per ritrovarci nell'atrio. È vuoto come prima e le
funi sono ancora
intatte. Chip e altri due soldati salgono per primi, poi sistemano le
corde in
modo da tirare su Johanna, Peeta e Annie, i quali non fanno alcuna
resistenza.
In un breve momento di lucidità capisco che se
arriverà qualcuno adesso non
avremo scampo, perché siamo completamente inermi e non
potremmo difenderci in
nessun modo.
Non
arriva nessuno. Forse hanno deciso di
risparmiarci.
Sento
delle voci dal tetto, i prigionieri sono
arrivati. Tocca a noi.
Boggs
mi aiuta, in queste condizioni da solo non
combinerei nulla. La salita è lunga e faticosa, e sembra
durare all'infinito,
ma quando arriviamo in cima è veramente piacevole sentire
l'aria fresca della
notte sul viso.
-
Cosa faremo adesso? - Chiedo alla Jackson.
-
Stiamo aspettando l'hovercraft. Dovrebbe
arrivare da un momento all'altro -
-
Va bene, va bene, spostatevi! - Questa è
la voce di Boggs, mi giro e vedo l'hovercraft che sta per atterrare,
silenzioso
come sempre. Si apre il portellone, saliamo sulla rampa.
Ce
l'abbiamo fatta.
Angolo
dell'autore
Ancora
ciao a tutti! Ecco il secondo capitolo della storia, finalmente
comincia
l'azione! Solo una cosa, non mi abbandonate, perché manca
ancora il terzo
capitolo, il gran finale! Be', non dimenticatevi di lasciare
recensioni, sia
positive che negative, mi farebbero molto piacere... Buona lettura!
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