You're the best thing I never had

di n0tenough
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I aspetta, io ancora non so come ti chiami! ***
Capitolo 3: *** II music shop ***



Capitolo 1
*** I aspetta, io ancora non so come ti chiami! ***


Un altro rumore di bicchieri che si frantumano ‘giuro che il prossimo lo faccio a fettine e me lo mangio per cena’ pensai, mentre mi dirigevo a prendere una scopa, per spazzare i cocci di vetro. Circa venti minuti dopo, il locale cominciò ad affollarsi ed io uscii, poiché (per fortuna, aggiungerei) il mio turno era finito. Rientrai nel mio appartamento, buttando la borsa a terra e correndo a spaparanzarmi sul divano. Chiusi gli occhi ed emisi un profondo sospiro ‘che giornata di merda’. Quando li riaprii, vidi il mio coinquilino Paul venirmi incontro sorridente
«com’è andata oggi, Reneè?» osservai bene il suo sorriso felice. Qualcosa non quadrava, per niente
«Bene, ma…. Che hai combinato per essere così felice?» vidi il suo sguardo illuminarsi ed il suo sorriso aprirsi fino all’ impossibile
«Ho finito di comporre la canzone!»
Non ci credevo. Finalmente non ci sarebbero stati più fogli accartocciati ovunque, singhiozzi e pianti isterici, musichette elettroniche di tutti i generi ventiquattr’ore su ventiquattro, sarei stata libera! Di slancio lo abbracciai e lui ricambiò, felice.
Paul era un ragazzo pieno di qualità e sempre gentile; aveva origini belga e si era trasferito a Los Angeles quattro anni prima, quando ci eravamo conosciuti per caso. Sapete come si dice: “chi trova un amico, trova un tesoro”
«Okay, basta smancerie, mi sale il diabete» sciolsi l’ abbraccio. Ogni tanto dimenticavo della facciata da stronza che dovevo avere e mi concedevo qualche cosa dolce.
«Dai, Reneè, ti conosco. Con me non devi avere paura!» mi sorrise dolce, con gli occhioni color nocciola che brillavano. Poi ritornò in piedi e si mosse verso la cucina, urlandomi «Hai fame?» chiesi al mio stomaco se avesse voglia di qualcosa, ma la risposta fu negativa. Così mi limitai ad urlargli un semplice «No».
Accesi la TV e feci zapping tra i canali «Possibile che con trecento canali non ce ne sia uno che trasmette qualcosa di decente?!» dissi buttando il telecomando contro la parete e mi alzai dal divano dirigendomi verso la mia camera per mettermi il pigiama.
Guardai il letto con occhi sognanti, già immaginavo il calore che emanavano le coperte, la morbidezza del cuscino, il fatto di non dover fare una beata minchia almeno quando dormivo. Eh, sì il rapporto tra me ed il mio letto non aveva paragoni. Presi una bella rincorsa e mi ci tuffai, affogando quasi nel piumone caldo e soffice ed infilandomi sotto le coperte. Chiusi gli occhi e lasciai che il cervello si spegnesse, una volta tanto.
Io e Johnny Depp eravamo sdraiati su due lettini, sotto il sole cocente delle Maldive, con quella sabbia chiara ed il mare che era indescrivibile. Ci guardavamo tutto il tempo, chiacchieravamo, ridevamo, insomma era tutto perfetto. Finalmente avevo trovato qualcuno che mi accettasse per come ero, per la mia personalità, poi... beh successe quello che successe: i nostri visi si avvicinarono e mi sfiorò la guancia con il pollice, poi mi baciò e potevo benissimo sentire il suo sapore, era…. Umido?!
Mi svegliai di soprassalto, trovando la nostra cagnolina Dafne leccarmi tutta la faccia.
Altro che Johnny Depp e la spiaggia delle Maldive!
Mi alzai dal letto e guardai l’ora: le 7,49. Perfetto, ero in ritardo per il lavoro e come al solito avrei dovuto…..
COSA?! ERO IN RITARDO PER IL LAVORO! Corsi giù per le scale, mi infilai quattro biscotti in bocca e bevvi del latte direttamente dal cartone, mentre le risalivo. Appoggiai il latte sul comodino e mi vestii. Mentre saltellavo per infilarmi i jeans riuscii, non so come, ad entrare in bagno; mi lavai i denti e legai i capelli in una cosa indescrivibile che chiamerò “coda” giusto perché ci assomigliava. Corsi di nuovo per le scale, ma mi accorsi di non aver infilato le scarpe, così le risalii in fretta e furia e le infilai, mentre stavo per rischiare la morte correndo giù. Ero quasi fuori, quando mi accorsi, a malincuore, di aver lasciato la borsa in camera e dovetti risalirle e ruzzolare fino alla porta. Mi rialzai e corsi fuori urlando un «Paul, ci vediamo stasera!» salii sulla moto e subito partii verso il bar.
Entrai e salutai Carl, che era dietro al bancone a pulire i bicchieri
«Vedo che oggi sei puntuale eh, Green?» lo fulminai con lo sguardo
«Puntuale come le tue battutine da quattro soldi» affermai, camminando verso lo spogliatoio. Mi infilai la divisa e mi diressi verso l’ unico tavolo che era stato occupato.
«Cosa desideri?» chiesi, preparando il block notes per appuntarmi l’ ordinazione. Il ragazzo si girò verso di me e solo dopo notai il suo sorriso perfetto e degli occhi marroni leggermente all’insù
«Un cornetto ed un cappuccino, grazie» scarabocchiai sul blocchetto ciò che aveva chiesto e corsi dietro al bancone. Presi un cornetto caldo e chiesi a Carl di fare un cappuccino, mentre osservavo quel ragazzo incantarsi a guardare il cielo luminoso fuori dalla finestra. Era un bel ragazzo, con un ciuffo di capelli castani tirato su, gli occhi che ridevano, un sorriso a dir poco perfetto e la mascella ben delineata, il viso con qualche tratto orientale.
Quando il cappuccino fu pronto glielo servii e mi ringraziò con un altro dei suoi sorrisi straordinari. Rimasi a fissarlo finchè non mi chiamò per chiedermi il conto, gli porsi lo scontrino e lui uscì, lasciando il soldi sul tavolo.
Era ormai ora della pausa pranzo e tutti avevamo diritto ad un’ oretta di riposo durante la quale il bar sarebbe stato chiuso. Vagai un po’ per le strade di Los Angeles, godendomi il bel sole che risplendeva alto nel cielo quella mattina. C’era un bel clima e la gente camminava spensierata per strada, sembrava sempre che nessuno avesse il minimo fottutissimo problema lì, erano tutti sorridenti e sempre allegri, come dei robot. Neanche se ti fossi impegnato avresti visto un minimo di preoccupazione sui loro volti, prendevano la vita così come gli veniva data e avrei voluto tanto farlo anch’io.
Rientrata a lavoro la giornata proseguì lenta ed impegnata, con la moltitudine di clienti che affollava sempre il locale. Non mi era mai capitato di vedere le sedie rosso fuoco vuote oppure di non sentire il vociare continuo e le risate che riempivano quel posto. Si respirava un’ aria così felice da farti venire la voglia di correre fuori e goderti la giornata, come mai fatto prima.
Stavo tornando a casa, quando dal nulla spuntarono dei nuvoloni e cominciò uno dei temporali peggiori che avessi mai visto da quando abitavo a Los Angeles. Cominciai a correre sotto la pioggia, proteggendomi il capo con la borsa e cercando di fare il prima possibile.
Un improvviso fascio di luce mi avvolse e ci misi qualche secondo ad elaborare che ero stata affiancata da una bellissima Range Rover Evoque grigia. Il finestrino del guidatore si abbassò e subito riconobbi il volto del ragazzo che stamattina aveva fatto il suo ingresso al bar
«vuoi salire?» mi chiese aprendosi in un sorriso smagliante.
«non saprei…» dissi mordendomi il labbro inferiore. In fin dei conti era uno sconosciuto, che poteva benissimo avere cattive intenzioni.
«Dai, sali. Preferisci stare sotto la pioggia e rischiare di ammalarti?»
Così aprii la portiera del passeggero e mi sedetti al suo fianco. I vetri erano appannati dall’ umidità e, quando emisi un sospiro, una piccola nuvoletta bianca uscì dalle mie labbra, per il troppo freddo.
«Cavolo, non mi era mai capitato di vedere un temporale così a Los Angeles.» forse lo disse per rompere il ghiaccio ed iniziare una conversazione.
«Già, nemmeno io. Sembra strano vedere una città così piena di vita spegnersi.»
Lo osservai attentamente, aveva un profilo a dir poco perfetto, i capelli tenuti su da un bel po’ di gel in una cresta. La mascella era ben delineata e le labbra carnose e leggermente dischiuse, cosa forse dovuta alla concentrazione nel guidare.
Gli dissi il mio indirizzo e mi condusse a casa. Ormai aveva anche smesso di piovere.
Il ragazzo, che avevo poi scoperto chiamarsi Zayn, si dimostrò più amichevole e simpatico di quanto mi aspettassi, anche se io rimasi fredda come sempre. Aveva un sorriso così bello da illuminare tutto e faceva venire voglia di ridere anche a me, ma non riuscii a rompere le mie barriere con lui.
«Allora… grazie Zayn.» affermai in un sorriso di cortesia, che venne ricambiato da uno di quelli bellissimi che mi incantavano
«Nessun problema… aspetta, io ancora non so come ti chiami!» disse sgranando un po’ gli occhi
«Non è importante, grazie di tutto» gli sorrisi di nuovo ed entrai nel portone del mio condominio, lasciandomi alle spalle le sue lamentele per non aver scoperto il mio nome. Entrata in casa, notai che Paul non era ancora rientrato dal lavoro, ma ero troppo stanca di aspettarlo, per cui mi cambiai e corsi sotto le coperte. Mi rilassai del tutto, pensando che l’indomani avrei avuto il giorno libero ed avrei potuto fare tutto con calma e serenità. Poco prima di addormentarmi, un’ immagine di Zayn apparve nella mia mente e fu la stessa immagine con cui mi addormentai sorridendo.
 
SALVE A TUTTI!
Questa è la mia prima fanfiction seria, quindi vi capirò se vi farà venire da vomitare o starete male leggendola. Il capitolo è praticamente inesistente, ma i prossimi saranno più lunghi! Spero che il primo capitolo vi abbia incuriosito almeno un po' e spero che recensirete, anche per darmi consigli e segnalarmi eventuali errori! Questo è tutto! Vi lascio e vi auguro una buona lettura
xxHarryakamylife

 
 

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Capitolo 3
*** II music shop ***


«Non puoi fare sul serio, Paul!» esclamai, alzando un sopracciglio per accentuare la sorpresa «Sì che posso! Cavolo, Reneè, era la mia tazza dei Teletubbies!» esclamò, guardando malinconicamente i cocci colorati sparsi sul pavimento. In quel momento mi sentii un po’ dispiaciuta per averla rotta, ma non l’ avevo sicuramente fatto apposta. «Scusami davvero Paul, ma non l’ ho fatto apposta. Dai un giorno di questi andiamo a ricomprarla insieme.» proposi sorridendogli. Lui mi guardò con dolcezza, ma scosse la testa. «No, Reneè, hai ragione tu. Capisci che sto facendo questioni per una tazza dei Teletubbies? E’ solo che ultimamente sono un po’ nervoso. Scusami, ora torno a letto. Magari dopo se ne ho voglia mangio qualcosa.» lo guardai tornare in camera da letto e mi chiesi seriamente cosa ci fosse in quel periodo a turbarlo tanto. Forse la mamma non stava bene, forse i fratelli avevano combinato qualcosa. Decisi comunque di risvegliarmi da tutti quei pensieri e mangiare prima di svenire. Mi diressi verso il mobiletto della cucina e ne estrassi una barretta energetica, per poi tornare in camera a rilassarmi un po’. Il getto d’acqua fresca corse lungo tutto il mio corpo, lasciandomi una sensazione piacevole. Avrei tanto voluto che l’ acqua avesse lavato via tutti i cattivi pensieri che avevo, insieme allo sporco. Mi dispiaceva così tanto per Paul, ma la cosa che più mi infastidiva era il fatto di non poter fare nulla per aiutarlo, cosa avrei potuto dirgli oltre a delle semplici parole di incoraggiamento? Potevo dirgli che mi dispiaceva, ma poi cos’ altro avrei potuto fare? Era quella sensazione di impotenza ad infastidirmi più di tutto. Vedere un amico soffrire ed essere costretta a restare inerme. Decisi, sarei andata nel mio posto preferito in assoluto, il mio rifugio perfetto, da cui non sarei mai voluta scappare. Uscita dalla doccia mi piazzai davanti all’ armadio per scegliere cosa mettere e dopo una mezz’ora, alla fine optai per dei semplici jeans ed un maglioncino beige di filo. Scesi le scale e salutai Paul, afferrando la giacca e le chiavi di casa. Fu una lunga camminata, passata a ripensare a quanto successo il giorno prima e la mia mente non poté non ritornare al viso ambrato di Zayn. Era strano che non ci avessi pensato prima, ma poi mi risposi che avevo troppo a cui pensare e che quella era una delle ultime cose. La mia espressione pensierosa, si trasformò in un sorriso quando mi ritrovai davanti ad un’ insegna fluorescente che conoscevo benissimo. Entrai, facendo suonare il campanellino posto sulla porta, inebriandomi del profumo che aveva quel posto. Scorsi Bob dietro il bancone e lo salutai con un cenno di capo che ricambiò, ormai conoscevo tutti in quel negozio di musica. Passai tra gli scaffali pieni di CD e mi sentii subito come a casa, non c’era posto migliore di quello in cui rintanarsi quando avevi una giornata storta o il tempo non era dei migliori. Subito ricordai di esserci entrata esattamente cinque anni prima per la prima volta, che varcai la soglia di quel posto e decisi che ci sarei tornata anche il giorno dopo. Mi avvicinai di nuovo al bancone per scambiare due chiacchiere con Bob. «Hey B.» lo salutai aprendomi in un sorriso «Guarda chi si rivede, ciao Reneè! Come vanno le cose?» chiese cordiale, passandosi una mano tra i capelli biondi «Hai una domanda di riserva? Ultimamente non va particolarmente bene, ma tiriamo avanti! E tu? Come va con Jas?» chiesi «Oh, benissimo. Lei è perfetta per me, stiamo davvero bene insieme. Non avrei mai creduto di poter trovare una ragazza come lei. È così dolce, simpatica, solare e poi…» cominciò a blaterare, ma io prontamente gli puntai un dito contro ammonendolo «Ho capito, B. ti prego non cominciare a parlarmi di come sia perfetta, bellissima e bla bla bla. Ormai so come si chiamano i genitori, la nonna, i nipoti e anche la gallina che ha nella sua fattoria in Texas. Non credi che basti così?» gli chiesi in un risolino divertito che coinvolse anche lui «Sì, hai ragione scusa. È che ultimamente stiamo legando e..» questa volta non fui io ad interromperlo, ma una voce che mi sembrava di conoscere. «Scusami Bob, dove vanno questi?» chiese, mentre io girai il capo per vedere chi fosse l’ idiota patentato che ci aveva interrotti. Inutile dire che avevo un’ espressione da ebete, quando mi accorsi che l’ idiota era il ragazzo della sera prima, solo che sotto quelle luci era molto diverso. Passai lo sguardo su tutta la sua figura, osservando con attenzione un cartellino grigio con su scritto “Zayn” spiccare sulla maglietta nera dell’ uniforme. Lui era sorpreso quanto me di vedermi ed il suo volto era aperto in un’ espressione a dir poco esilarante. «Mettili in magazzino, Zay. A proposito, vorrei presentarti una mia carissima amica, Reneè, lui è Zayn. Zayn, Reneè.» disse indicando prima me e poi il moro e viceversa. «Tanto piacere, Reneè.» disse marcando il mio nome in una smorfia di vittoria e tendendomi la mano, che prontamente afferai. «Piacere mio, Zayn.» dissi. Poi mi girai verso Bob, che era piegato in un sorrisetto divertito che conoscevo molto bene. «Comunque B., volevo sapere se posso andare nella sala strumenti di sopra» chiesi in un sorriso sincero che ricambiò. «Certo, ti ho anche cambiato le corde alla chitarra che erano vecchiotte» disse e gli sorrisi grata. «Rimandiamo a dopo il conto per la manutenzione, la tengo mezz’oretta. Va bene per te?» «Certo, va pure.» gli rivolsi un ultimo sorriso e mi diressi verso la sala al piano di sopra, senza degnare di uno sguardo l’ idiota, rimasto in fondo alle scale come un ebete. Lanciai un’ ultima occhiata malinconica alla chitarra e poi mi decisi a chiudere la porta della sala e scendere le scale lentamente. Arrivata al pian terreno, mi diressi al bancone e lanciai le chiavi a Bob «Eccoti i soldi per le corde, sei stato gentilissimo. Comunque credo che presto verrò a riprendere la mia piccolina e la porterò a casa definitivamente. Davvero, grazie mille B.» dissi posando delle banconote sul piano e sorridendogli grata «Di nulla, lo sai che è un piacere. Però se porti via la chitarra devi promettermi che tornerai comunque in negozio a farmi compagnia» disse sorridendomi di rimando. Annuii con vigore, prima di sorridergli un’ altra volta e salutarlo per dirigermi verso casa. Appena entrata salutai Paul, che poi vidi correre giù per le scale ed abbracciarmi fortissimo «Oddio, Paul. Che succede?! Va tutto bene?» chiesi apprensiva e lo vidi annuire sorridente, così tirai un bel sospiro sollevata. «Volevo solo.. Insomma… Volevo ringraziarti per avermi lasciato la casa libera ed avermi permesso di pensare, sei una grande amica.» disse con gli occhi luccicanti e tornò a stringermi forte. Davvero non so cosa avrei fatto se non ci fosse stato lui a rallegrare tutte le giornate, con il suo sorriso luminoso e le sue battutine. Ero davvero fortunata ad aver trovato un amico del genere. «Sei incredibile Paul, come cavolo fai a barare ogni santa volta?!» urlai infuriata mentre tentavo di superarlo con la mia auto. Forse ero un tantino immatura, ma riusciva sempre a battermi, dannazione! «Io non sto assolutamente… Ho vinto io! Avanti, plebea, inchinati al mio cospetto!» disse facendo una smorfia altezzosa che mi fece scappare un risolino «Oh, mio padrone. Grande re… Degli imbroglioni!» esclamai con finta adulazione «Avanti, ripetilo se ne hai il coraggio!» mi sfidò ridendo, quando mai ho detto di no ad una sfida?! «Vediamo se ora capisci. Tu -dissi indicandolo- sei un bruttissimo imbroglione!» e cominciai ad indietreggiare, sapendo che di lì a poco mi avrebbe rincorso, come poi fece. Facemmo il giro completo della casa almeno due volte e stavo perdendo le forze, le nostre risate risuonavano per l’ appartamento e non mi ero mai divertita tanto. Inutile dire che alla fine Paul mi prese e scoppiammo a ridere sempre più forte, gli volevo davvero troppo bene e mai avrei permesso a nessuno di portarmelo via. Dopo la leggera corsetta decidemmo di mangiare un hamburger enorme davanti alla tv, di certo l’ attività fisica e la dieta non facevano per noi. Passammo una serata davvero bella, con Paul era tutto diverso, tutto più divertente ed entusiasmante. Mentre ero nella mia camera a pianificare una strategia complessissima per… no, okay, stavo solamente mettendo in ordine, sentii le note di Give me love risuonare nella stanza e corsi a rispondere alla chiamata. Inutile dire che era quella rompicoglioni senza cui potrei vivere, la mia migliore amica Mirea. «Hey bro’!» le diedi quell’ appellativo che sapevo darle un fastidio indescrivibile «Quando la smetterai di chiamarmi così, brutta stronza?» rispose infatti, e potevo percepire una risatina soffocata dall’ altro capo del telefono «Mh.. fammi pensare, insomma, diciamo… MAI.» dissi sorridendo sghemba e sentendola ridere «Immagino ti chiederai che volevo» disse con ovvietà «in effetti cominciavo a chiedermelo. Su, spara» «Volevo solo dirti che domani tornano in città dei miei amici di vecchia data e vorrei farteli conoscere» «Mh, penso che sia okay» le risposi mordendomi il labbro «Okay, ti mando tutto via messaggio, buonanotte tesoro» disse con tono smielato, una cosa che la caratterizzava da sempre «A domani bro’, buonanotte» attaccai prima che potesse rispondere irritata. Quella chiamata mi fece riflettere sulla nostra amicizia e su come ci fossimo conosciute. Ci conoscemmo circa all’età di tredici anni, quando lei si trasferì dall’ Italia per venire in America. Ricordai perfettamente quanto mi facesse ridere il suo livello scarsissimo di inglese e così decisi di aiutarla a farsi capire dagli altri. Di certo ora parla benissimo l’ inglese, altrimenti non ci capiremmo. Avevo tanti bei ricordi con lei, facemmo tanti viaggi, tra India, Turchia e posti esotici. Chiusi le palpebre e mi addormentai con il sorriso pensando a tutte le cose belle che avevamo fatto insieme.


SPAZIO AUTRICE
hey hey heyyyyyyy, dopo un periodo infinito di assenza ecco il secondo capitolo, molto mediocre e schifoso. Per favore lasciate delle recensioni e ditemi che ne pensate! Ora devo andare
xxn0tenough

 

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