Phone
(eventually -sex)
Il
martedì inizia alle cinque e zerosei con il glorioso squillo
del suo
cellulare.
C'è
Rufus in linea, e grida qualcosa che suona come un “Sono
in Ohio, vieni a prendermi”.
Dall'altro capo del telefono, nessuno si premura di dargli una
risposta, ovviamente. Certe cose sono troppo persino per uno con la
pazienza di un santo come Bobby Singer.
Bobby
che comunque fa appena in tempo a chiudere la comunicazione,
imprecando con la voce impastata di sonno, prima che squilli il
telefono, quello dell'FBI.
Stavolta
sono i ragazzi. Lavorano su di un caso, blablabla,
il poliziotto locale vuole una conferma che una morte per sospetto
soffocamento sia un caso da federali. È
faticoso stare dietro ai discorsi che Dean gli propina, cercando un
minimo di collaborazione, ma Bobby riesce a dare le credenziali
richieste ―
senza smettere di domandarsi se stavolta i Winchester non abbiano un
po' esagerato. Non gli pare di ricordare di nessun mostro o affine
che soffochi le sue vittime, ma ehi, c'è una prima volta per
tutto e
di certo lui alle cinque del mattino non è in grado di fare
i giusti
collegamenti logici.
Torna
a letto, borbottando tra sé e sé che il crimine e
i cattivoni (e
anche i bravi ragazzi che lottano contro i cattivoni) non dormono mai
ma che, se permettono, almeno lui vorrebbe riuscire a farsi un
pisolino.
Riesce
a riprendere sonno fino quasi alle sei.
Ormai
albeggia, e quando la suoneria del telefono di casa parte, Bobby sa
già che sarà una brutta giornata. Una di quelle
tipo call-center,
insomma, solo che lui non viene pagato, non ha diritto a giorni di
ferie o malattia e sembra non possedere neanche la libertà
di farsi
sei ore di sonno consecutive. I cacciatori alle volte sono dei
succhiasangue peggiori dei vampiri.
«Buongiorno,
Robert.» Una voce calda gli rimbomba ovunque quando porta la
cornetta alle orecchie e allora capisce che sì,
sarà una giornata
infernale ―
in tutti i sensi.
«Che
vuoi, Crowley?» ringhia, cercando di non dare a vedere quanto
sia
irritato.
Il
demone ha ormai preso l'abitudine di chiamarlo. Non solo piomba a
casa sua ad ogni ora del giorno e della notte, non solo sfrutta in
modo del tutto imbarazzante la sua doccia, non solo lo costringe ad
eliminare trappole del diavolo da tappeti e soffitti,
affinché non
debba correre a liberarlo ogni due passi. In quel suo modo
fottutamente da stalker, ormai ha appreso che il modo migliore per
deconcentrarlo e farlo imbufalire è chiamarlo al telefono,
distraendolo dai milioni di impegni della sua giornata. A detta sua,
sono almeno duecento anni che non si divertiva così.
Perché
lui lo asseconda, capite?
«Volevo
darti il buongiorno. Non è un buongiorno?» chiede
lui sornione.
Bobby sa che sta sorridendo il suo miglior sorriso soddisfatto. Lo ha
svegliato prima del solito. Un nuovo record da appendere alla parete
delle torture con dicitura “Singer”.
«...
Stronzo.»
«Anche
a t-»
Fino
alle sette e mezza c'è calma piatta.
Bobby
riesce a farsi un caffé ―
un litro, in effetti ―
e a dare un'occhiata ad una pila di documenti rimasti a giacere
abbandonati sul tavolo dalla sera prima mentre fa colazione, il che
gli fa ben sperare in un falso allarme. Magari persino Crowley lo
lascerà libero. Strano che non abbia già
richiamato, solo per il
gusto di farlo incazzare ancora un po'.
“Forse
sarà solo un giorno come un altro”, pensa,
“pesante, infinito e
a tratti insopportabile ma con possibilità di
schiarite”. È
quasi ottimista, così rilascia i muscoli già in
tensione delle
spalle mentre sciacqua la pila di piatti sporchi nel lavabo.
In
quel momento, il display del cellulare si illumina. Nuova chiamata.
«Ciao,
George, di cosa hai bisogno?»
Non
si ferma un attimo fino quasi le sei del pomeriggio.
Tra
una pila di libri ed un'altra, una visita dello sceriffo Mills,
chiacchiere varie ed eventuali con e per conto dei federali, della
guardia forestale, di un detective della polizia poco sveglio, un
altro litro di caffé e parecchi improperi verso la sua
proverbiale
sprecisione nel riporre manuali di vitale importanza, Crowley lo
chiama quattro volte.
La
prima volta Bobby buttà giù dopo la seconda
sillaba. Ormai
riconoscerebbe quella voce profonda in una stanza chiusa piena di
scozzesi, e non è una cosa di cui vorrebbe vantarsi in giro.
Se
pensa a Dean e a Sam, a quello che potrebbero dire se sapessero il
genere di rapporti che intercorrono tra lui e il re dell'Inferno...
La
seconda e la terza volta Crowley gli legge le barzette dal Times
di New York. Ride talmente forte da forargli un timpano e l'unica
cosa che Bobby si chiede è se questo dannato
martedì finirà mai.
Ha l'impressione di essere in piedi da almeno settantadue ore, non
dieci.
L'ultima
volta sta ormai per crollare dalla stanchezza, con la guancia posata
direttamente sulla cornetta del telefono dove, all'altro capo, Sam
Winchester aspetta ormai da quasi trenta minuti che Bobby scovi le
informazioni che gli servono. Si sta anche lamentando di qualcosa che
ha a che vedere con suo fratello, ma questa è prassi. Le
sviolinate
tra quei due si sprecano; ormai risponde in automatico, senza davvero
ascoltare ciò che gli dice.
Così
quando la voce di Crowley, all'altro capo del cellulare, chiede
«Cosa
stai indossando, darling?» all'inizio il cervello di Bobby
non
processa bene.
«Cosa
sto COSA?» abbaia al telefono ―
quello sbagliato. Sam, sbigottito, prova a controbattere con un tono
di voce decisamente sproporzionalo alla sua taglia che no,
non c'è davvero bisogno che si arrabbi per avergli proposto
di fare
una pausa, risentirsi più tardi,
ma Bobby ha già chiuso la comunicazione.
«Stai
davvero
cercando
di fare quel che penso?» chiede, schiaffandosi una mano sugli
occhi
mentre afferra il telefono giusto dal piano della cucina. Questa
è
una novità. Non avrebbe mai creduto che Mr
sono-il-re-degli-Inferi-tutti sarebbe arrivato ad un tale livello di
volgarità.
«Prego?»
chiede l'altro, pieno d'innocenza da far invidia ad un pargolo.
Bobby
trattiene uno sbadiglio, fissa la caraffa ormai vuota del
caffé e
scuote la testa, come se potesse vederlo. «Sesso. Al
telefono.»
specifica, sospirando pesantemente.
«Ah.
Quello. Vedi, è solo un punto di vista.
Io lo chiamerei con
un nome un po' più-»
Beep.
Il cordless,
con un tempismo
perfetto, si scarica definitivamente, troncando a metà
Crowley e
Bobby accarezza per un attimo l'idea di staccare le comunicazioni per
il resto della serata, riempire ogni spazio di atterraggio utile per
quel demone figlio di... strega di trappole e ogni angolo di casa di
sale e semplicemente fingere di non esistere agli occhi del mondo.
Farsi
una doccia infinita, comprarsi una confezione da sei di birra... la
partita in tv...
«...
Raffinato. Robert, tu ed io dobbiamo parlare di questa tua mania di
attaccarmi in faccia.»
Il
Re gli appare davanti. Stringe
ancora il cellulare in mano, palesemente scocciato. Ed è...
beh.
Diciamo, per usare un termine raffinato,
deshabillé.
Bobby
non batte ciglio. Non è la prima volta che il demone gli si
propone
davanti in modi poco consoni; l'unica cosa che non sa spiegarsi
è
perché continui a lasciarlo fare, frenando l'istinto
primordiale di
ficcarlo in una vasca d'acqua santa e intonare l'Exorcizamus
te
con il suo brio migliore.
Invece
dice: «Non è il momento, Crowley»,
voltandogli le spalle per
allungarsi verso il libro che deve ancora finire di spulciare.
«Allora
me andrò a farmi una doccia.»
Lo
sente cantare a squarciagola la versione estesa di Radio
Ga
Ga tre volte, prima che il telefono squilli di nuovo e lo
deconcentri dalla stima approssimativa dei litri d'acqua calda
consumati dal demone in quei diciotto minuti e spiccioli.
Un
giorno di questi gli girerà la bolletta all'Inferno. O forse
direttamente l'esattore delle tasse che verrà a riscuotere a
casa
sua, così, per avere un po' di carne fresca su cui
esercitarsi.
«FBI,
parla Willis.»
«Agente,
l'acqua è fantastica quassù, proprio certo di non
volersi unire?»
Crowley
ride, Bobby lancia il telefono fuori dalla finestra imprecando.
È
martedì, e sono solo le sei del pomeriggio.
A
questo ritmo, prevede un esaurimento nervoso entro le nove di sera.
Due parole
Ringrazio la Elisa per
promptarmi quintali e quintali di Crobby bellerrime, che pian piano
fillerò tutte perché sì, andiamo, non
si può proprio dirle di no.
In
realtà dovrebbero essere drabble, ma non credo lo saranno
tutte. Questa, per esempio, mi è proprio sfuggita di mano,
dall'iniziale prompt "Cosa
stai indossando, darling?" (aka Crowley cerca di fare sesso
telefonico con Bobby, ma Bobby non ne è contento) - non
è bellissimo, eh? Eh?
La citazione alla
doccia viene da un'altra mia Crobby, di cui è colpevole
anche stavolta la Eli. Se volete, la trovate sempre nella stessa serie
di questa raccolta qua.
La citazione ai
Queen, invece, era di dovere per il buon Crowley di Good Omens!
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