Una vita al bivio

di lady lina 77
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Una scelta dolorosa ***
Capitolo 2: *** Dieci anni dopo a Parigi... ***
Capitolo 3: *** Il rapimento ***
Capitolo 4: *** Tre bambini e una donna moschettiere ***
Capitolo 5: *** Faccia a faccia, dieci anni dopo ***
Capitolo 6: *** Una missione per Athos ***
Capitolo 7: *** L'arrivo di d'Artagnan ***
Capitolo 8: *** Raccontami di te... ***
Capitolo 9: *** Moschettiere contro moschettiere ***
Capitolo 10: *** Sentimenti alla luce del sole ***
Capitolo 11: *** Ricominciare, a Parigi ***



Capitolo 1
*** Prologo - Una scelta dolorosa ***


Dovevo scrivere questa fics dopo aver finito l'altra ma l'ispirazione era tale, che non ho resistito e l'ho cominciata subito. La scriverò intervallandola all'altra. Come promesso a Citosol a cui la dedico, sarà per la prima volta per me, incentrata su Athos e Aramis, anche se il mio d'Artagnan avrà un ruolo ampio ;)

Spero vi piaccia, spero di non deludervi. E' la prima volta che scrivo una A/A.

Come sempre, commenti e critiche sono i benvenuti.






Prologo – Una scelta dolorosa



Cosa sono io? Donna, uomo, entrambi o nessuno dei due?

Queste domande le frullavano nella testa da giorni e non riusciva mai a darsi risposte certe. Non sapeva più chi era, qual'era il suo posto nel mondo e il suo scopo nella vita.

Era stata prima una ragazza di buona famiglia, felice e spensierata...

Poi era stata una giovane donna innamorata che aveva pianto la perdita del suo uomo troppo presto...

Infine era diventata una persona in cerca di vendetta...

Aveva rinnegato se stessa, ciò che era stata fino a quel momento, la sua stessa identità... Si era finta uomo, era diventata un uomo, un moschettiere pronto a tutto pur di vendicare chi aveva amato. Si era ricostruita una vita, un'identità, una sua storia tanto diversa da quella che era stata in realtà, aveva cambiato città e si era trovata nuovi amici, nuove abitudini, un nuovo modo di vivere.

E infine la vendetta era arrivata. Quell'attesa di incontrare i suoi nemici, di affrontarli, di sconfiggerli, l'aveva tenuta su, l'aveva spronata ad inventarsi e a vivere quella vita tanto diversa da quella che doveva essere in origine.

Aveva finito col crederci davvero in un certo senso... Di non essere Renèe, di essere Aramis il moschettiere, di essere uomo, di appartenere a quel mondo fatto di duelli, di lotte di potere, di bevute con gli amici nelle osterie di Parigi.

Ma poi, tutto era cambiato...

Chi aveva ucciso Francois era morto, vendetta era stata fatta!

E tutto ciò su cui si era fondata la sua vita a Parigi era naufragato. Era tornata ad essere Renèe... O forse no, non più Renèe ma nemmeno più Aramis. Piuttosto, una strana via di mezzo fra le due identità che aveva vissuto...

Che senso aveva restare a Parigi?

Che senso aveva continuare a essere moschettiere? Il capitano De Treville l'aveva aiutasta, le aveva retto il gioco finché lei aveva avuto uno scopo per stare nei moschettieri, ma ora...? Gli anni sarebbero passati e presto si sarebbe vista la diversità fisica fra lei e i compagni maschi che la circondavano. Il capitano De Treville avrebbe rischiato guai se si fosse scoperto il suo segreto e ora non aveva più scusanti per stare in un corpo di combattenti dove non aveva diritto di rimanere, in quanto donna.

Certo, a Parigi c'erano i suoi amici ma... Che amicizia era in fondo? Profonda, certo, ma basata su una menzogna. Solo d'Artagnan sapeva la verità e l'aveva appresa in maniera fortuita non certo per sua volontà. Athos e Porthos invece non sapevano niente, ne era certa, si fidavano di un'amico che in realtà non esisteva. Già... Aramis non esisteva e se era esistito, ora non c'era più, non aveva più motivo di essere...

Che fare? Dire tutto e sorbirsi le conseguenze? Avrebbero capito? Oppure l'avrebbero odiata? Non sapeva e non voleva saperlo, non ne aveva il coraggio. Le sue amicizie erano piccole e preziose certezze in quella sua vita che di certezze ne aveva poche...

Non poteva più restare a Parigi, non poteva più essere moschettiere, ne era certa. Non aveva più senso... Ma non poteva nemmeno tornare ad essere Renèe... E quindi doveva reinventarsi una nuova vita, una vita al bivio fra la ragazza che era stata e il moschettiere che aveva combattuto per il re.

Meglio andare, meglio comunicare solo a De Treville le sue motivazioni...

Odiava gli addii e non ce l'avrebbe fatta a salutare per sempre i suoi tre amici...

Meglio sparire e lasciare un dolce ricordo di Aramis il moschettire, piuttosto che partire dicendo la verità, con la paura di venire ricordata solo come una grande menzogna.

Era stato duro, aveva temuto di prendere quella decisione ma alla fine, le era apparsa come la più logica...

Sarebbe partita, avrebbe iniziato una nuova, strana vita lontana da tutti... Un pò donna, un pò uomo, senza legami e senza passato.

Ricominciare da zero, non aveva altra scelta.

Mansonne era morto, non aveva più senso essere moschettiere e non poteva più stare a Parigi, fingendosi l'uomo che non era. Non poteva, col passare del tempo e senza più uno scopo davanti a lei, quel segreto l'avrebbe distrutta e allontanata dai suoi amici.

Di loro avrebbe serbato il ricordo più prezioso.

Erano stati anni felici, nonostante tutto. Grazie a loro...

Mai avrebbe dimenticato Porthos, grande e buon'amico, sempre allegro e senza pensieri per la testa.

Mai avrebbe dimenticato il giovane e coraggioso d'Artagnan che aveva intrapreso una carriere che, ne era certa, l'avrebbe portato in alto...

Mai avrebbe dimenticato... il bel tenebroso Athos. La mente, l'intelligenza fatta persona... Se fosse stata una persona diversa, se avesse avuto una vita diversa e scopi diversi, per Athos avrebbe potuto provare ben altro che una profonda amicizia... In cuor suo, l'aveva sempre saputo. Ma sapeva che OGNI cosa le era preclusa con lui e che, oltre all'ammirazione, nient'altro avrebbe potuto unirla al moschettire. E poi, Francois non se ne sarebbe mai andato dal suo cuore... e non era ancora pronta a lasciarlo andare per sempre...

I suoi amici avrebbero sofferto per la sua improvvisa partenza, forse l'avrebbero odiata ma poi se ne sarebbero fatti una ragione... Erano persone vincenti e sapeva che nella vita avrebbero sempre primeggiato su tutti, dimostrando il loro valore immenso presso il re, la corte, i moschettieri.

Quel mondo non le apparteneva più però, ormai... Per lei non ci sarebbe stato un futuro roseo, lei non sarebbe mai potuta andare da nessuna parte... E se fosse rimasta, sarebbe solo diventata un peso probabilmente...

Già... iniziare di nuovo da zero...

Scelse il posto, un piccolo villaggio rurale nella Francia centrale.

Un posto tranquillo, in campagna...

Trovò una piccola casa isolata, nei campi, a qualche centinaio di metri dal paese. Un posto tutto suo, conosciuto da nessuno. Gente semplice che lavorava nei campi da mattina a sera, che forse si sarebbe chiesta chi era quella strana donna che viveva sola, come un'eremita e che si vestiva da uomo... Ma poi si sarebbero fatti gli affari loro, presi dalla durezza della vita di campagna. E l'avrebbero accettata con la bonarietà e la cordialità che solo la gente semplice sa avere verso il prossimo...

Era questa la nuova vita che aveva deciso per se. Non avrebbe nascosto a nessuno di essere una donna ma avrebbe continuato a vivere come quando era un moschettiere, con abiti maschili, galoppando quando ne aveva voglia, senza costrizioni in bustini e abiti pieni di trine e merletti.

Senza legami, in un posto dove nessuno la conosceva e dove nessuno l'avrebbe giudicata.

Lasciò Parigi di notte, in incognito, dopo aver parlato con De Treville...

La sua avventura parigina era finita, così come i legami forti che l'avevano tenuta legata a quella città per tanto tempo...

Le piangeva il cuore, non avrebbe più rivisto i suoi tre migliori amici...

Ma era giusto così, ne era certa...

E per dieci anni di Aramis il moschettiere non si seppe più nulla...

Molta acqua scorse sotto i ponti della Senna, prima che i moschettieri e il loro mondo tornassero a bussare alla porta di quella casa di campagna che si era scelta come eremo... Sotto forma di tre bambini pestiferi che si erano messi in guai più grandi di loro...


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Capitolo 2
*** Dieci anni dopo a Parigi... ***


Grazie, grazie a tutti per il sostegno al primo capitolo :)

Spero la storia continui a piacervi. Per qualche capitolo Aramis non ci sarà, ma tranquilli, quando arriverà, conquisterà la scena.

Alla prossima. Come sempre le recensioni mi fanno piacere!





Dieci anni dopo a Parigi...



"Chi ha messo Sophie nella mangiatoia dei cavalli???" - chiese d'Artagnan salendo le scale di casa sua, con la figlia minore di appena poche settimane di vita fra le braccia. Pensava dormisse nella sua culla tranquilla e invece se l'era ritrovata fra il fieno nella stalla, mentre si apprestava ad andare al lavoro alla base dei moschettieri. Oh, certo, era una domanda stupida, sapeva benissimo chi era stato...

Salendo le scale e arrivando al piano superiore di casa incrociò sua moglie che l'aveva sentito borbottare e aveva intuito che qualcosa fosse sucesso. "D'artagnan, che c'è?"- chiese.

Il guascone sbuffò. "Sophie era comodamente adagiata nella mangiatoia dei cavalli Constance..." - disse il giovane, mostrando la figlia alla bionda moglie.

Constance sbuffò. Cavolo, si era allontanata solo due secondi per sistemare la loro camera da letto e già QUALCUNO aveva fatto danno. "Ci faranno impazzire..." - disse in tono piatto.

"Andiamo a parlar loro!" - rispose d'Artagnan risoluto, strizzandole l'occhio.

Constance annuì e insieme al marito e alla figlia minore percorse il corridoio che portava all'ultima stanzetta in fondo alla casa.

D'artagnan spalancò la porta e ovviamente LORO erano lì... Eccoli, i suoi due amati gemellini di cinque anni... Un maschietto e una femminuccia... Ricordava bene i loro visini che sembravano angelici appena nati, ricordava bene come all'epoca gli fossero apparsi dolci e indifesi... Beh, già da neonati avevano cercato di fregarlo con quella messinscena di bimbi teneri e delicati. Sapeva che i figli non rispecchiano mai, crescendo, i sogni che i genitori riflettono in loro quando vengono al mondo, ma quei due andavano ben oltre... Altro che un bel maschietto che avrebbe inseguito le sue orme, sognando di diventare moschettiere! Altro che una dolce bambina che gli ricordasse nei modi di fare Constance! Demian, il maschietto dai capelli biondi come la madre e dagli occhi blu come lui, era una peste irrefrenabile che si cacciava nei guai con una rapidità disarmante. Nemmeno lui, da piccolo, era stato tanto vivace quanto suo figlio! E d'Artagnan era stato uno che da piccolo non stava mai fermo... Poi... DELUSIONE!!! Demian voleva fare l'avventuriero da grande, non il moschettire!!! Ma la peggiore era lei... La sua femminuccia dal visino furbo e rotondo, dai capelli castani come lui, dalla frangetta ribelle e dagli occhioni azzurri e pieni di vita. La mente, l'ideatrice di tutti i guai, quella che pensava, quella che spingeva il fratello a fare tutto quello che lei voleva. E immancabilmente il fratellino finiva in castigo, mentre lei APPARENTEMENTE, ne usciva bene e pulita. Ma d'Artagnan aveva ben capito il carattere di sua figlia Julie e ormai le punizioni ai due, da un pò di tempo camminavano sempre in versione doppia.

"Ciao papà!" - disse Demian con aria innocente.

"Ciao un corno! Che ci faceva vostra sorella nella mangiatoia dei cavalli?" - sbottò il moschettiere.

Julie alzò le spalle, perfettamente tranquilla, come se si aspettasse quella domanda e fosse già preparata a dare una risposta. "Boh! Secondo me è tornata a riprendersela la cicogna che ce l'ha portata due settimane fa! Ma poi frignava troppo e ce l'ha rimollata nella mangiatoia!".

Un enorme gocciolone di sudore scese dalle tempie dei due sposi, davanti alla faccia tosta di quella bimba cinquenne.

"D'artagnan, temo siano gelosi e che quindi sarebbe controproducente sgridarli..." - sussurrò Constance al marito.

Il guascone sbuffò, poi si inginocchiò davanti ai due figli. "Bambini, vostra sorella fa parte della famiglia..." - disse, tentando di mantenere un tono calmo – "Ormai c'è, io e la mamma l'abbiamo voluta come abbiamo voluto voi! Le vogliamo bene come vogliamo bene a voi... E VORREMMO che lei sia sana, salva e tranquilla nella sua culla, ok?".

Julie si alzò dal pavimento dov'era seduta e si avvicinò a lui. "Ok!" - disse a cantilena. Poi lo osservò meglio. Suo padre era vestito con la divisa blu dei moschettieri! E quando la indossava, voleva dire che andava a palazzo. "Papà, vai dal re??? Voglio venire anche io!!!" - esclamò.

"NO!!! Devo andare prima dal capitano De Treville e poi dal re per conferire di cose noiose che a voi bambini non interessano! E siete in castigo per quello che avete fatto a Sophie, resterete quà con la mamma e con vostra sorella!".

"No dai, voglio venire con te!!!" - lo incalzò Demian, saltandogli al collo. "Per favore, è tanto tempo che non vedo Luis! Portaci a palazzo! In punizione ci potremo stare da domani!!!".

D'artagnan si voltò verso la moglie, in cerca di aiuto. I suoi figli e il piccolo principe Luis, figlio di re Luigi XIII e della regina Anna (1) erano coetanei, solo pochi mesi di differenza li dividevano per età e ricordava il periodo della gravidanza, quando lui e il re parlavano del loro futuro ruolo di genitori. E dopo lo loro nascita, spesso i bambini avevano giocato insieme, nelle occasioni in cui Constance si era recata a palazzo con loro a trovare la sovrana. E per il piccolo principe, i suoi figli erano fra i pochi bambini con cui gli fosse permesso giocare. Il problema era però che i suoi gemelli erano vivacissimi, come lo era il piccolo principe. E insieme erano mine vaganti. "Ho detto di no..." - disse, esausto e ormai in ritardissimo.

Constance lo fissò. Aveva partorito da poco, ancora non si era ripresa e in effetti un pomeriggio tranquilla, senza le due pesti per casa, la allettava... "Riposare però, non mi farebbe male! Se sei via tutto il pomeriggio, dubito di riuscirci con loro quì, così sovraeccitati e propensi a fare guai!".

D'artagnan sbuffò, sconfitto. Non sarebbe mai riuscito a dire di no a sua moglie e sapeva che Constance davvero aveva bisogno di tranquillità. Come la piccola Sophie del resto. Si voltò verso i gemelli. "Va bene, la punizione parte da domani! Verrete con me ma voglio che mi promettiate che sarete bravissimi, che ascolterete quello che vi dico e che non combiniate guai col principe! Va bene???".

"Saremo bravissimi papà!" - disse Julie sorridendo.

D'artagnan sbuffò. Chissà perchè, ma non riusciva a credere alle promesse dei due! "Dai, andiamo allora, sono in ritardo!" - li spronò.

"Siiii!!!" - urlarono, felici ed entusiasti, i due bambini.


...


Mezz'ora dopo padre e figli erano al quartier generale dei moschettieri. Ne era passata tanta di acqua sotto i ponti e tante cose erano cambiate da quando d'Artagnan era giunto dalla Guascogna tanti anni prima... De Treville era ancora al comando dei moschettieri ma era invecchiato molto e spesso relegava a d'Artagnan, Porthos o ad Athos le sue faccende di comandante e capitano. Aveva indentificato in loro tre uno dei potenziali suoi successori e sperava, lavorando strettamente fianco a fianco, di studiarli, di capire quale fosse il più adatto a prendere il suo posto, quando se ne sarebbe andato... Per questo quel giorno toccava al guascone, in sua vece, andare a conferire col re.

Porthos invece era ancora il simpatico e mastodontico moschettire col sorriso perenne disegnato sul viso. Amante di cibo e bei vestiti, da un pò aveva instaurato una relazione con una contessa di quarantacinque anni che lo viziava in tutti i modi. E il moschettiere non disprezzava...

Athos invece no, difficilmente rideva... Si era incupito da anni e spesso d'Artagnan avrebbe voluto chiedergli il perchè dei suoi tormenti. Athos rimanveva la mente del gruppo, la gentilezza fatta persona, la classe, però i suoi occhi da tanto non esprimevano gioia... Da quando Aramis era inspiegabilmente sparita... Il guascone sospettava che l'amico sapesse molto più di quello che dava a vedere, circa la donna moschettiere che era stata loro compagna, ma non aveva mai parlato, chiesto... Lui conosceva il segreto di Aramis e, fedele alla promessa fatta, non aveva mai detto nulla ai compagni... Ne aveva chiesto a De Treville notizie su di lei che, ne era certo, di sicuro aveva... Ma sospettava che anche Athos sapesse, che avesse intuito... E che, a parte amicizia, provasse altro per la loro compagna, scomparsa dalle loro vite ormai dieci anni prima senza lasciare traccia. Era stato tanto repentino il suo cambiamento d'umore dopo la partenza improvvisa e misteriosa di lei che difficilmente il guascone sarebbe riuscito a collegare ad altro motivo quella tristezza di fondo...

D'artagnan entrò nella saletta dove Athos stava seduto, facendo un solitario a carte. "Ciao!" - disse semplicemente.

Athos alzò gli occhi. "Buongiorno!" - rispose educatamente, squadrandolo e vedendo i due figli con lui – "che ci fanno loro quì?".

D'artagnan sbuffò. "Vogliono giocare un pò col principe e Constance impazziva a stare a casa con loro da sola. Non ti dico che guai han combinato oggi!".

Athos non riuscì a trattenere un sorriso. Solo quei due bambini pestiferi riuscivano a divertirlo, erano troppo simili al padre da ragazzino, anche se il guascone si ostinava a dire che loro erano peggio di lui. "Avete combinato guai anche oggi?" - chiese ai due gemelli.

Julie gli corse in contro. "Ciao zio Athos!!!" - disse allegra.

Athos la prese in braccio. "Ciao Julie! Allora, che hai combinato?".

"Niente!" - disse la bambina.

Athos scoppiò a ridere. "Ti crescerà il naso come Pinocchio (2) Julie, se continui a dire bugie!".

La bambina scoppiò a ridere, seguita dal fratellino. I due gemelli si divertivano con Athos, lo adoravano. Era sempre gentile e paziente con loro, sapeva ascoltarli e li riempiva di regali al loro compleanno.

Athos da parte sua li amava come fossero figli suoi. Erano gli unici bambini con cui avesse a che fare e a loro lo univa un profondo affetto. D'artagnan e Consance lo avevano scelto come padrino dei bambini e per lui era stato un onore accettare tale incarico. Si voltò verso il guascone. "A loro ci penso io, vai dal capitano che sei in ritardo!!!" - lo rimproverò gentilmente.

D'artagnan ridacchiò. Già si aspettava la ramanzina di De Treville... "Vad...".

E in quel momento arrivò Porthos a sbarrargli la strada verso l'ufficio del capitano, trionfante, con in mano un foglio. "Buongiorno!" - esclamò allegro.

"Buongiorno!" - risposero i due amici.

"Oh, per me lo è di certo!" - disse Porthos sventolando loro davanti il foglio. "Ecco quà, una licenza, una vacanza di venti giorni appena firmata dal capitano. Me ne vado alle terme con la mia contessa!".

D'artagnan scoppiò a ridere. "Attento mio caro, le terme son deleterie... Io e Constance siam partiti in due l'anno scorso, e siam tornati con Sophie nella pancia di mia moglie...".

Porthos scoppiò a ridere. "Ahah, ma io non corro rischi! La mia contessa ha quarantacinque anni, è fuori età per sfornare marmocchi!".

"Cosa vuol dire?" - chiese Demian.

"Oh, ci sono anche i nani?" - esclamò Porthos, notando solo in quel momento i due bambini.

D'artagnan sbuffò. "Si! E ora vado da De Treville e li porto a palazzo. Due secondi e da quì spariranno, tranquillo!".

Porthos sorrise. "Meno male, l'ultima volta han tentato di farci scappare tutti i cavalli!".

D'artagnan ridacchiò, fulminando i figli con lo sguardo. Poi corse da De Treville a prendere la missiva per il re...


...


Un'ora dopo, padre e figli giunsero in prossimità del Louvre. D'artagnan si voltò verso i bimbi. "Ricordate che...".

"Lo so, lo so, dobbiamo fare i bravi con Luis!" - ripetè Julie annoiata.

"Non devi solo ricordartelo, devi anche farlo!!!" - la rimbeccò il padre.

"Dai papà, ti sbrighi???" - lo chiamò Demian, correndo verso la via che portava all'ingresso del Louvre.

D'artagnan prese per mano la figlia, pregando silenziosamente che per quel giorno, i figli avessero combinato abbastanza guai da non doverne fare altri...

Non sapeva però, non si era accorto, che qualcuno li spiava nell'ombra...




1: Per rendere i figli di D'artagnan coetanei del principe e futuro re Luigi XIV, ho dovuto spostare la data di nascita del principino, anticipandola di qualche anno, due o tre. Non fateci caso.

2: Pinocchio nel 1600 non era ancora stato scritto, ma non sapevo che battuta far dire ad Athos, fate finta di niente anche quì XD






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Capitolo 3
*** Il rapimento ***


Non aggiorno... da prima di Natale XDDD Fra le vacanze, il Censimento da finire, la vacanza in Austria, un calo di voglia di scrivere, mi son presa un pò di vacanza!

Questa è una A/A, come specificato e questi capitoli iniziali mi servono appunto per preparare il terreno ai due moschettieri. Questo è l'ultimo capitolo in cui non ci sono, nel prossimo... una certa donna moschettiere entrerà in scena...

Ringrazio da subito chi vorrà leggere e commentare. I vostri giudizi mi fan sempre molto piacere!





Il rapimento



Montignac, Purasin e Champignon erano tra i più scalcinati furfantelli di Parigi. Di mezza età, senza ne arte ne parte, smunti e vestiti di abiti mal combinati nei colori e consunti, tentavano da sempre di sbarcare il lunario in maniera disonesta. Non facevano però in tempo a progettare un furto, un rapimento, un qualcosa di un tantinello illegale che le guardie di Richelieu li avevano già belli che arrestati! E c'è anche da dire che le guardie di Richielieu non brillavano per intelligenza, quindi... Ci avevano tentato con tutti... Furti alle vecchiette, borseggi, rapine... Tutto era sempre finito male, con conseguente ospitata nelle reali prigioni parigine per qualche notte...

Però, a furia di sbagliare, si erano un pò perfezionati, avevano imparato qualcosina dai loro errori! Soprattutto, che bisognava osservare, prima di agire! Oh certo, niente di trascendentale, rimanevano i soliti tre idioti ladruncoli che tutta la feccia di Parigi prendeva in giro, anche a causa dei nomi ridicoli che si portavano attaccati addosso...

E siccome l'orgoglio è uomo e la voglia di rivalsa anche, avevano deciso per il colpaccio che facesse azzittire tutti e desse loro gloria, oltre che un mucchio di denaro: rapire il piccolo principe, futuro re di Francia: Luis...

Si erano appostati, vestiti e attrezzati come burattinai, fuori dal Louvre, osservando, aspettando, sperando di cogliere l'attimo giusto per rapire il bambino e chiedere un cospiquo riscatto. Insomma, prima o poi non sarebbe capitato che il bambino uscisse per una passeggiata con le bambinaie reali? E non sarebbe capitato che tali bambinaie avessero un momento di disattenzione di cui approfittare? E non sarebbe capitato che il bimbo, lasciato incustodito, si sarebbe avvicinato ai burattini? I bimbi amano i burattini e per questo si erano scelti quel travestimento idiota...

No ovviamente! Non poteva succedere, era folle solo pensarlo!

Ma loro, stoicamente, stavano davanti al Louvre ad aspettare...

E quel giorno, quando d'Artagnan giunse al palazzo reale coi figli, un campanello si accese nel cervello raggrinzito dei tre...


...


"Bambini, vado a farmi annunciare dalle guardie all'ingresso, aspettatemi quì buoni, capito?" - ordinò il guascone ai figli.

"Capito!" - risposero insieme Julie e Demian.

D'artagnan li guardò poco convinto, lanciò un'ultima occhiataccia ai due e si allontanò di una decina di metri, dirigendosi all'ingresso del palazzo.

Julie e Demian si misero tranquilli appoggiati al muro di cinta del Louvre, aspettando che il padre li richiamasse...

Finchè la bimba fu attratta da una bancarella di marionette, semi nascosta dalle piante dei giardini davanti al palazzo reale...

"Shhh bei bambini, venite a vedere le marionette!" - sussurrò Montignac ai due gemelli – "Vi piacciono, vero?".

Julie fece per avvicinarsi, un pò titubante. "Mh... mi piacciono, sì! Ma papà non vuole che parli con gli sconosciuti!".

"Oh, ma noi non siamo sconosciuti, noi amiamo i bambini e ci piace farli divertire!" - intervenne Purasin.

Demian lanciò un'occhiata per accertarsi che il padre fosse ancora lontano, poi si decise e corse verso i tre, seguito dalla sorella. "Ma davvero ci fate vedere lo spettacolo? Quanto dura? Noi non possiamo stare quì, fra poco arriva papà e non ci lascia quà fuori. Stiamo andando a trovare il nostro amico Luis, il principe! Però peccato, piacerebbe anche a lui vedere lo spettacolo...".

Julie sospirò. "E non ci faranno uscire, Luis non può andare da nessuna parte da solo. E nemmeno noi a dire il vero... Peccato...".

Purasin, con sguardo furbo, si inginocchiò davanti ai due. Nella sua mente, aveva già in mente un piano, ai suoi occhi perfetto. Insomma, era un colpo di fortuna che non potevano perdere. Non solo il piccolo principe, anche i due figli di uno dei più facoltosi moschettieri! Quando li aveva visti arrivare non gli era parsa vera tanta fortuna, quando aveva visto il guascone lasciarli incustoditi gli era parso come un segno del cielo di sicuro successo... Il riscatto da richiedere triplicava, se riuscivano a rapire tutti e tre i bambini! Osservando per settimane i movimenti fuori dal Louvre, i tre avevano imparato a conoscere chi si muoveva in quegli ambienti, chi contava davvero, chi poteva valere una montagna di soldi. I tre ladri avevano ben presto imparato chi era il moschettiere d'Artagnan, quanto fosse famoso alla corte, che era l'erede designato di De Treville... Era un'occasione da non perdere quella! I bambini del moschettiere valevano tanto oro quasi quanto il principino Luis! "Bimbi belli, facciamo un patto segreto fra noi! Vi aspetteremo quì e se sarete tanto bravi da riuscire a sgattaiolare fuori col vostro amichetto in segreto, senza far sapere niente a nessuno, vi faremo vedere lo spettacolo. Ma deve restare un segreto, capito?" - concluse, in tono gentile.

"Perchè?" - chiese Julie, sospettosa.

Montignac sorrise, fingendo dolcezza. "Ma bimba bella, perchè non vi farebbero venire, l'hai detto anche tu! E voi mi state simpatici, mi piacerebbe farvi divertire! Siete capaci a tentare un piano e uscire di nascosto?".

Demian sorrise da furbetto. "Ovvio, io e mia sorella alla fine facciamo sempre quello che vogliamo noi! Siamo bravi a fregare i grandi, aspettateci quì, con Luis arriveremo prestissimo!".

"Julie, Demian, dove siete???" - urlò d'Artagnan che aveva finito di conferire con le guardie, avvicinandosi a dove aveva lasciato i figli.

Julie spinse i tre dietro gli alberi. "Shhh, è il mio papà, nascondetevi o capirà tutto! Ci vediamo dopo!".

"Certo bimbi, a dopo..." - sussurrarono i tre all'unisono, con un sorriso malvagio sul viso, mentre i gemelli correvano via, sulla strada.

I gemelli corsero incontro al padre, fingendo tranquillità.

"Dove eravate, vi avevo detto di non spostarvi?" - li rimproverò il guascone quando li ebbe davanti.

"Giocavamo nell'erba, fra gli alberi!" - mentì Demian.

D'artagnan si guardò in giro, non notando niente di strano. Poi li prese per mano, apparentemente nervoso. "Voi dovete imparare a fare ESATTAMENTE quello che vi dico e non di testa vostra. E se nel parco ci fossero state persone con cattive intenzioni?".

Julie scoppiò a ridere. "Papà, ma perchè vedi sempre nemici dappertutto?".

D'artagnan sospirò. Non aveva voglia di lunge discussioni con due cinquenni e doveva portare delle notifiche al re, quindi non c'era nemmeno tempo.

Entrarono al Louvre, percorsero i lunghi corridoi e, una volta giunti nella sala del trono, consegnò i gemelli alla cameriera personale del re, perchè li conducesse dal principe loro amico.

"E allora d'Artagnan, è sempre un piacere conferire con voi! E son lieto che abbiate portato i bambini, mio figlio non ha mai modo di rapportarsi ai suoi coetanei e coi vostri gemelli va davvero d'accordo. E la cosa mi fa piacere!" - esclamò gentilmente il re.

D'artagnan fece un profondo inchino. "Fa piacere anche a me e mi dispiace di averli portati senza annunciarli ma oggi han davvero insistito molto!".

"Portateli quando volete. E ora, per il resto, che nuove ci sono da De Treville?" - chiese il re.

E l'udienza ebbe inizio.


...


Il principino Luis era un bimbo dai morbidi e biondissimi capelli boccoluti, sempre tenuti in ordine. Di corporatura esile, sembrava la grazia fatta in persona, coi fini vestitini da principe e i luminosi e chiari occhi azzurri.

Pareva un angioletto, a prima vista...

Peccato fosse invece una delle peggiori pesti di Parigi. Vivace, allegro, intelligentissimo, si trovava perfettamente a suo agio coi gemelli monelli, figli di d'Artagnan. Erano amici... da sempre... E amavano stare insieme, giocare insieme! Erano un trio che ne combinava di tutti i colori, facendo impazzire le bambinaie reali quando erano insieme...

E uniti, erano un'associazione a delinquere...

Ovviamente il piccolo principe aveva ascoltato rapito la spiegazione che i due gemelli gli avevano fatto di nascosto ed era più che deciso a sgattaiolare fuori dal palazzo con gli amichetti per vedere lo spettacolo di marionette... Si erano messi a confabulare dietro a una siepe, fingendo di giocare con i sassi.

C'era solo un piccolo ostacolo da superare... Le bambinaie reali!

Di certo loro non avrebbero dato il permesso a nessuno di uscire!

E così i tre monelli avevano ideato un piano geniale...

"Non vi preoccupate, so come togliercele di torno e so come uscire da quì senza essere visti!" - aveva esclamato, entusiasta, il piccolo Luis.

"Come?" - chiese Julie, curiosa.

Il principino le strizzò l'occhio. "Oh, è semplice! Conoscete il gioco del nascondino vero?".

"Certo!" - esclamò Demian, capendo al volo come l'amico volesse fregare le tate e sfuggire al loro sguardo attento – "E per uscire?".

Luis indicò ai due fratelli una statua, posta in mezzo ai giardini del Louvre. "La vedete quella? Sembra una statua, ma in realtà è un passaggio segreto fatto per uscire dal Louvre senza essere visti. Serve in caso di urgenze o di pericolo per la mia famiglia! Praticamente, è una galleria sotterranea che porta fuori dal palazzo ed è stata mia madre a parlarmene...".

Julie ridacchiò. "Perfetto! Allora Luis, pensa alle tate, poi faremo il resto! Sei un genio!".

Luis annuì, poi corse con gli amici da Madame De Juississe, la bambinaia addetta alla sua cura in quel momento.

"Madame, voglio che per un pò lei non mi segua e non mi guardi, ne me ne i miei amici!" - ordinò il piccolo principe.

La donna, una bambinaia sui cinquant'anni dall'aspetto antipatico e severo, lo squadrò incuriosita e sorpresa. "Principino, mi spiace ma non posso fare quello che voi mi chiedete!".

Luis si imbronciò. "Io e i miei amici vogliamo giocare a nascondino, se voi mi seguite, io perderò in continuazione e Julie e Demian mi troverebbero subito! Per cortesia, siamo in giardini chiusi, lasciateci giocare un pò in pace! E congedatevi per una mezz'oretta, ve la concedo come pausa. E' un mio volere e ordine, sarò re di Francia un giorno, ricordatevelo!".

"Principino Luis, no!" - ribatté l'anziana donna, dubbiosa ma per nulla turbata dalle rimostranze del bambino.

Luis si rabbuiò ancora di più, cominciando a battere i piedi in terra e iniziando una tiritera di capricci degni di un re. "Per favore, per favore, per favore! Voglio giocare a nascondino come tutti gli altri bambini!".

La donna fissò i tre, indecisa... Si guardò in giro pensierosa e quindi, realizzato che davvero non poteva succedere niente, che erano al sicuro nei giardini del Louvre, che il sole era alto in cielo, il clima mite, che un pò di indipendenza e di fiducia non avrebbero fatto male al principino, alla fine cedette... "E va bene... Mi allontanerò per dieci, quindici minuti al massimo... Mi raccomando principe Luis, non fatemi pentire di questa concessione e non fate giochi pericolosi!".

"Il nascondino mica è pericoloso!" - replicò Julie, trionfante.

"Fate i bravi..." - replicò la donna poco convinta, allontanandosi da loro ma lanciando ai tre occhiate furtive...

I bimbi la guardarono allontanarsi e poi, quando furono certi che era entrata a palazzo, finsero di giocare a nascondino alcuni minuti, giusto per essere sicuri che Madame De Juississe non li stesse spiando e li cogliesse quindi in fallo, mandando a monte l'intero piano...

Poi, pian piano, fingendo di giocare, si avvicinarono sempre più alla statua... Con gesto veloce, quando furono davanti ad essa, aprirono la porta e sgattaiolarono al suo interno, chiudendo l'uscio dietro di loro.

Si guardarono per un attimo trionfanti, poi corsero come matti in quel corridoio buio che faceva, a dire il vero, un pò di paura ma che avrebbe permesso loro di vivere un'avventura da soli, nel mondo esterno, senza adulti intorno...

Quando furono finalmente in strada, chiusero l'uscio dietro di loro e poi Luis seguì i due amichetti nel parco davanti al Louvre, dove li aspettavano i tre finti burattinai.

Appena li videro, Julie e Demian corsero loro incontro, smaniosi di vedere lo spettacolo.

"Sono loro Luis, vieni!" - gridarono all'amichetto che li seguiva, curioso.

Appena videro i bimbi avvicinarsi, Montignac e Champignon fecero loro segno di avvicinarsi, mentre Purasin si nascondeva dietro a una grossa pianta.

"E allora, i burattini?" - chiese Demian giunto davanti a loro con la sorella e l'amico.

"Oh, li vedrete più tardi..." - sussurrò alle loro spalle Purasin, sbucando come un fantasma dalla pianta dietro la quale si era nascosto. L'uomo afferrò il piccolo Luis di scatto, prendendolo fra le braccia e mettendogli una mano sulla bocca per non farlo urlare, immobilizzandolo e impedendogli di fare alcunché.

Montignac e Champignon fecero lo stesso coi gemelli, bloccandoli e rendendo vano ogni loro tentativo di divincolarsi.

Poi, di corsa e coi bambini saldamente fra le braccia, percorsero il parco, sbucando in una via laterale dove li attendeva una carrozza.

I bimbi, spaventati e presi alla sprovvista, furono buttati senza grazia all'interno di essa, Montingac e Champignon entrarono con loro, mentre Purasin si mise alla guida, spronando i cavalli a partire a tutta velocita.

"C... Che cosa significa?" - chiese Luis, lasciato libero da quel crudele abbraccio, dopo che la carrozza fu partita.

"Già? Perchè?" - continuò Julie spaventata, col fiatone.

Montignac scoppiò a ridere. "Oh, significa che dovevate ascoltare i vostri genitori. Non vi hanno spiegato che non si da retta agli sconosciuti?".

Demian digrignò i denti, rendendosi conto solo in quel momento di quanto erano stati stupidi.

"Volevate un'avventura? Oh, l'avrete..." - sibilò Champignon.

"Dove ci portate? Cosa volete da noi?" - chiese Luis, spaventato.

Montignac scoppiò a ridere a quella domanda. "Oh, andremo lontano da Parigi, in un posto nascosto dove nessuno potrà trovarvi... Finché i vostri ricchi genitori non pagheranno il riscatto per riavervi indietro... Tradotto... Siete nei guai!".

E i due rapitori, scoppiarono di nuovo in una risata malvagia...


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Capitolo 4
*** Tre bambini e una donna moschettiere ***


Innanzitutto, grazie per le recensioni carinissime dello scorso capitolo :)

Per ringraziare, mi son data una mossa per la scrittura del nuovo capitolo, in cui finalmente si entra nel vivo della storia!

E ora, sarà meglio che mi metta a scrivere il seguito anche dell'altra 'Con la nebbia nell'anima' che è ferma da un bel pò!

Ari-grazie a tutti e alla prossima! Ovviamente, commenti e critiche son sempre graditissimi!





Tre bambini e una donna moschettiere



Julie, Demian e Luis se ne stavano vicini, rannicchiati nell'angolo del sedile della carrozza. Dopo lo smarrimento e la paura iniziale, i tre bambini avevano riacquistato un pò del loro coraggio e della loro vivacità, scansando ben presto il terrore e lo sbandamento per quanto era successo. E ora, zitti e attenti, fissavano i loro tre rapitori...

Demian soprattutto, sembrava il più risoluto dei tre. Il bimbo aveva osservato i loschi ceffi che li avevano rapiti, rendendosi conto abbastanza in fretta che erano una banda mal assortita e probabilmente male organizzata. Pericolosa, certo, ma non imbattibile. Demian aveva lo spirito d'osservazione di suo padre d'Artagnan, da lui aveva imparato ad osservare i dettagli, a non farsi condizionare dalle apparenze, a cercare in ogni situazione la via d'uscita giusta. E così anche in quel frangente, pur rendendosi conto di essere in guai grossi, era riuscito a ideare una specie di piano che, sperava, sarebbe stato chiaro anche alla sorellina e all'amico, senza una spiegazione ma solo con un cenno d'intesa. Poi, dopo aver fatto l'occhiolino ai due compagni di sventura senza essere visto, si voltò verso Montignac e Champignon. "Mi scappa la pipì!" - esclamò, senza girarci troppo intorno.

Champignon lo guardò di sfuggita. Erano molte ore che viaggiavano, Parigi era lontana, si trovavano quasi al centro della Francia e in effetti una pausa non sarebbe dispiaciuta nemmeno a lui. Però... pioveva a dirotto e si trovavano in aperta campagna. E l'idea di bagnarsi e di rischiare che qualcosa andasse storto facendo scendere dalla carrozza i tre bambini, non gli sorrideva per niente. "Tienitela la tua pipì! Sei grande abbastanza per resistere, no?" - digrignò fra i denti.

"Scappa anche a me!" - esclamò Luis, capendo al volo il piano di Demian.

"E anche a me!" - aggiunse Julie.

Montignac diede un forte pugno alla parete della carrozza. "Zitti mocciosi! Se non la smettete di lagnarvi, saremo costretti ad imbavagliarvi!".

Demian si fece scuro in volto. Poi si alzò in piedi, si slacciò la cintura dei pantaloni e fece per abbassarseli.

"Che fai???" - urlò Champignon.

Il bimbo lo fissò, torvo. "Se non mi fate scendere per fare pipì, io la faccio quì! Mi scappa troppo e no, non son capace a tenerla!".

Julie scoppiò a ridere, poi saltò giù dal sedile, avvicinandosi al fratello. "Si, la faccio quì anche io!".

"Oooohhh, basta! Mocciosi dannati, davvero non potete farne a meno?" - esclamò Montignac, preso alla sprovvista. In effetti di bambini ne capivano poco e quindi la gestione 'pipì' era imprevista e difficilmente gestibile per i tre. Non potevano capire se i tre mocciosi stessero bleffando o no, ma non avevano voglia, decisamente, di rischiare di trovarsi la carrozza allagata di pipì infantile!

Luis, per rincarare la dose, si mise a frignare. "Mi scappa, mi scappa, mi scappa! Mi sta venendo mal di pancia a furia di tenerla, se non mi fate fare pipì, mi ammalerò di sicuro!".

I due ladri furono presi da panico. Non potevano assolutamente permettersi che il principino si ammalasse...

Montignac si sporse al finestrino. "Purasin, fermati!!!" - urlò al compagno che conduceva la carrozza.

"Perchè???" - urlò l'uomo.

Montignac sbuffò. "Pausa... pipì...". In effetti, si sentiva ridicolo...

I tre bimbi si guardarono soddisfatti. La prima parte del piano era filata liscia, ma ora veniva il difficile. Una volta scesi dalla carrozza, sarebbero riusciti a scappare? Erano in luoghi sconosciuti, lontani dalle loro famiglie e da chi gli voleva bene, ce l'avrebbero fatta a cavarsela senza aiuto?

Purasin scese dal posto di guida e aprì lo sportello della carrozza, facendo scendere i tre bambini e i due compagni. "Muovetevi!" - urlò ai tre piccoli quando furono fuori.

I bimbi furono investiti da una pioggia violenta e forte e si rannicchiarono l'uno contro l'altro. Erano a terra e ora iniziavano ad avere paura. Ce l'avrebbero fatta?

"E allora??? SBRIGATEVI!!! Fate questa dannata pipì e torniamo in carrozza!" - urlò Champignon che stava perdendo la pazienza.

Julie si rabbuiò. "Guardone! Io la pipì, se mi guardate, non la faccio!".

"Ora basta!". Con un gesto spazientito e passo veloce, Purasin si avventò sulla bambina, facendola indietreggiare.

"Lascia stare mia sorella!" - urlò Demian chinandosi, facendo una palla di fango con la terra e tirandola dietro al ladro.

In un attimo Luis fece lo stesso. Si staccò dalla carrozza, seguito da Demian e i due bambini presero a fare palle di fango e a lanciarle addosso ai loro rapitori.

I tre balordi, presi alla sprovvista, furono costretti ad indietreggiare.

Approfittando del pandemonio scatenato dal fratello e dall'amico Luis, Julie morse la mano a Purasin che tentava di tenerla ferma, si liberò e corse vicino agli altri due bimbi.

Purasin, Champignon e Montignac cercarono di riprendere il controllo della situazione ma i bambini sembravano in vantaggio. Più piccoli, più agili, più veloci, i tre bimbi si muovevano senza fatica nel terreno fangoso, mentre i tre adulti rischiavano di cadere e incespicare ad ogni movimento. Ed inoltre, non potevano bloccarli nemmeno con le armi. Pistole e ogni altro mezzo erano stati lasciati stupidamente sulla carrozza e solo Purasin aveva una spada affibiata alla cintola. Ma era perfettamente inutile, finchè non riacciuffavano almeno uno dei tre e riuscire così a minacciare gli altri due.

Accortisi della situazione di vantaggio, dopo aver fatto indietreggiare i loro rapitori a suon di palle di fango, i tre bimbi si scambiarono un cenno d'intesa.

Poi, presero a scappare e a correre fra i campi, i boschi, per sfuggire ai tre ladri.

"Scappano!!!" - urlò Purasin, inferocito.

I tre uomini si rialzarono in piedi a fatica. Poi, correndo a perdifiato, si lanciarono all'inseguimento dei tre piccoli fuggitivi, incespicando ogni due passi nel terreno fangoso.


...


Aramis o Reneè? Quando, dieci anni prima era giunta in quel piccolo paesino agricolo al centro della Francia, si era chiesta come si sarebbe dovuta far chiamare dalla gente del posto... Reneè era il suo vero nome, quello che le era stato dato dalla sua famiglia, che l'aveva vista crescere e diventare donna accanto a Francois. Ma poi quella Reneè era morta ed era subentrata Aramis... Non più fanciulla, non uomo ma che viveva in un mondo di uomini. Era diventata uno strano ibrido, lontano anni luce da quella che era stata e lontana da quella che avrebbe voluto essere. Aramis non era stata ne donna ne uomo, era stata Aramis. E basta! E Aramis era quanto più si avvicinava alla sua personalità forgiata dal desiderio di vendetta, dal vivere con degli uomini, dalle regole dei moschettieri, dalla vita di corte. In un certo senso il nome Aramis racchiudeva i suoi due mondi che avevano imparato a coabitare in lei. Una donna che in fondo, sotto ad abiti maschili continuava ad esistere e un abile moschettiere, uno dei migliori del re, che viveva da uomo!

Quel connubio le piaceva e per questo aveva deciso di tenere quel nome, Aramis...

Anche lì, in quello sperduto villaggio al centro della Francia.

Non aveva nascosto la sua identità, tutti sapevano che era una donna. Strana, anticonformista, indipendente, forte, che galoppava e combatteva come un uomo. Le persone semplici e contadine di quel villaggio avevano accolto con molta freddezza Aramis, quando era arrivata. Era strano per loro, mai gli era capitata davanti una donna simile. Una donna dal nome strano che viveva senza alcuna protezione sola in una casetta fuori dal villaggio, che si vestiva da uomo, che portava una spada alla fibbia e che, a differenza delle altre donne, non cercava ne un marito ne un matrimonio...

Ma presto avevano imparato ad apprezzarla. Forte, intelligente, Aramis si era distinta per atti di coraggio e di forza. Aveva difeso i diritti di quelle persone semplici dalle arroganti pretese dei signorotti locali, aveva usato la sua conoscenza e il suo sapere per migliorare le condizioni di vita del villagio e in poco tempo era diventata amata quasi come fosse una celebrità.

E, da due anni a quella parte, era stata nominata capo-villaggio. All'inizio aveva rifiutato quella carica, pensando che ci fossero persone più meritevoli di lei che potevano desiderarla, ma poi davanti alla insistenze di quelle persone, si rese conto che sì, le faceva piacere. In fondo, era un modo come un altro per ricordare, per riviere almeno un pò i felici anni di Parigi, in cui era temuta e lottava per la giustizia, per il re... E aveva accettato! Sì, amava combattere per la libertà e la giustizia e anche lì poteva farlo, anche se si trovava lontana dalla corte di Francia, dal re e dalle lotte per il potere...

Aveva avuto anche, negli anni, diverse proposte di matrimonio da parte dei giovanotti locali, tutti affascinati da quella donna così particolare e bellissima. Ma lei aveva sempre, gentilmente, declinato le offerte... Francois non sarebbe mai stato dimenticato e Athos, che era entrato prepotentemente e silenziosamente nel suo cuore negli anni parigini, non se n'era mai andato per davvero dalla sua mente...

A parte questo, la sua vita non era poi cambiata molto dopo aver ottenuto quella piccola carica di capo-villaggio. In quei luoghi non succedeva mai nulla di davvero grosso e le riunioni dei membri della comunità si limitavano per lo più a discutere di agricoltura, della piccola sagra annuale e di qualche contesa di bestiame...

Si recava una sera a settimana al palazzo del consiglio, discuteva un paio d'ore con le altre cariche del posto e poi tornava alla sua tranquilla solitudine, alle lunghe cavalcate solitarie, ai suoi allenamenti con la spada, che non lasciava mai!

L'unico privilegio che si era concessa era stato un servitore, un tranquillo uomo del villaggio che le portava la spesa, che le rassettava la casa, che portava le comunicazione fra lei e il paese e viceversa. Bazin. (1)

Aramis non ne aveva mai approfittato e il rapporto con l'uomo era per lo più cordiale, di amicizia. Ma in un certo senso la presenza di un servo la sollevava da tutte quelle incombenze domestiche che non aveva mi amato sbrigare. Bazin viveva al villaggio e si recava da lei al mattino per sbrigare le faccende domestiche e il pomeriggio tardi, per chiederle se c'erano comunicazioni da far pervenire in paese.

Per il resto, viveva sola...

E amava galoppare, galoppare e ancora galoppare... Quella sensazione di libertà, di vento fra i capelli, la facevano sentire viva e libera...

Con il sole, la nebbia, il caldo, il freddo, la pioggia... Con la sua amata spada al fianco galoppava per ore, godendo del paesaggio tranquillo che la circondava.

Non sapeva però che quel giorno, sotto una pioggia battente, la sua galoppata sarebbe stata disturbata da un qualcosa di assolutamente imprevisto...

Che ci facevano infatti tre bambini fra le campagne, sporchi di fango, che correvano come matti sotto la pioggia battente? E chi erano i tre strani e loschi ceffi che li inseguivano urlando?

Questa fu la visione che si palesò davanti agli occhi di Aramis mentre rientrava a casa per ripararsi dalla pioggia incessante... Osservò giusto un paio di secondi la scena, poi il suo sesto senso e i riflessi pronti da moschettiere ebbero il sopravvento. Ci voleva poco a capire cosa stesse succedendo... I tre bambini erano nei guai e i tre adulti che li inseguivano non avevano certo buone intenzioni...

Con gesto veloce, come quando combetteva per il re a Parigi, sguainò la spada. Lanciandosi in aiuto dei tre bambini.

Nel frattempo Julie, Demian e Luis erano stremati, spaventati e ormai certi che i loro tre rapitori li avrebbero riacciuffati. Erano veloci a correre ma i loro passi erano ovviamente la metà in lunghezza, di quelli di un adulto, li avrebbero ripresi certamente...

Per questo, quando videro giungere Aramis, parve un sogno...

Julie si bloccò, ammirata... Una donna... Portava i pantaloni ma la bianca e morbida camicia rivelava chiaramente le sue fattezze, così come il viso dolce e i lunghi capelli. Una donna bionda e bella come sua mamma ma che cavalcava come il suo papà, sguainando una spada. Anche questo, come il suo papà... "Wow..." - sussurrò...

Meno sognanti e più pratici della bimba, Demian e Luis corsero verso la donna, chiedendo aiuto a gran voce. "Ci seguono, ci aiuti signora!".

Aramis saltò giù, brandendo la spada e bloccando i tre malviventi che la guardarono con astio e preoccupazione. Da dove saltava fuori quella donna? Quell'inconveniente non ci voleva...

"E allora?" - chiese Aramis ai tre – "Uomini grandi e grossi che inseguono tre bambini piccoli e spaventati... Codardi!" - sussurrò, fra i denti.

Montignac si fece avanti, reso baldanzoso dal fatto di trovarsi davanti una donna che, in quanto tale, la sua mente registrava ovviamente come non pericolosa. "Tornatene a casa a fare la calzetta e fatti gli affari tuoi, se non vuoi passare guai...".

Aramis sorrise freddamente a quella frase scontata, mentre nelle sue vene riprendeva a correre il sottile piacere di una battaglia che incombeva, l'adrenalina che precedeva ogni combattimento, quella strana ebrezza che la faceva sentire viva tanto tempo prima, quando era un valente moschettiere del re... Da tanti anni non provava qualche cosa di simile. Impugnare una spada, lottare in un combattimento serio... Fece cenno ai bimbi di mettersi da parte e con un urlo si lanciò, a spada sguainata contro i tre. Non era certo la prima volta che si trovava in inferiorità numerica in un duello e questo la elettrizzava... Era una sfida non solo contro i suoi avversari ma soprattutto per se stessa... I tre furfanti che aveva davanti non sembravano particolarmente svegli, li avrebbe stesi come niente!

E iniziò una lotta violenta, che ovviamente la vide subito in vantaggio. I tre ladri avevano con loro solo la spada di Purasin e non riuscivano a ideare alcun piano per accerchiarla in modo veloce ed intelligente. A sorpresa per loro, una donna li stava battendo con estrema facilità...

Demian, Luis e Julie rimansero in silenzio, ad osservare quella donna tanto diversa da quelle incontrate fino a quel momento nella loro breve vita. Rendendosi conto subito di quanto somigliasse, per bravura, al modo di combattere dei moschettieri.

Julie soprattutto, era ammirata e incantata. Si voltò verso il fratello e il principino, risoluta. "Aiutiamola!!!".

Demian e Luis non se lo fecero ripetere. Con un sorrisetto furbo, i tre bambini si avvicinarono al punto dove si stava svolgendo il combattimento, riprendendo la stessa strategia con cui erano riusciti a scappare dalla carrozza. Ovvero... palle di fango!

E bloccarono così sul nascere la strategia appena abbozzata di Champignon che cercava di prendere di sorpresa Aramis, di spalle.

La donna si voltò verso i bambini che avevano appena steso il malvivente. "Grazie!" - esclamò, strizzando l'oro l'occhio.

"Prego!" - rispose allegra Julie mentre strappava un pezzo di legno da un albero, lanciandolo fra le gambe di Montignac, facendolo rovinare a terra come un salame. Una donna che combatteva davanti a lei... La bimba a quella visione si sentiva più coraggiosa... Anche le donne potevano essere forti, la visione di quella guerriera ne era la conferma!

Nel mentre, Demian e Luis avevano sotterrato nel fango Montignac che annaspava goffamente per tirarsi in piedi.

E Aramis, con l'ennesimo fendente, aveva atterrato Purasin, facendo volare lontano la sua spada. "E allora...?" - chiese la donna, avvicinando la sua lama alla gola del ladro.

I tre furfanti, resosi conto di essere ormai disarmati, indietreggiarono. E poi, come nel loro classico stile, scapparono a gambe levate. Fallendo l'ennesima missione.

Aramis avrebbe voluto seguirli per catturarli e assicurarli alla giustizia ma... non poteva... I tre bambini... non se la sentiva di lasciarli soli...

Si voltò verso di loro. Non erano del posto, non li aveva mai visti. E nonostante fossero coperti di fango e bagnati fradici, i loro vestitini eleganti e curati testimoniavano che erano bambini di città. "Siete nei guai?" - chiese ai tre.

Demian si grattò la guancia, imbarazzato. "Già, piò dirlo forte signora, guai grossi!".

Aramis sorrise dolcemente. Quei tre bimbi erano teneri, svegli e simpatici allo stesso tempo. Nonché coraggiosi, aveva apprezzato il loro aiuto durante il duello! "Su, venite con me a casa mia. Vi laverete, asciugherete e poi mi racconterete tutto, va bene?".

I tre bambini annuirono. Poi seguirono la donna moschettiere a casa sua.


...


Un'ora dopo i tre bambini erano asciutti, lavati e vestiti per la notte che incombeva con delle vecchie camicie di Aramis. La donna aveva fatto loro il bagno, li aveva rinfocillati e quando ormai erano tranquilli e tutto pareva essersi calmato, li fece sedere sul suo sofà, pronta a farsi raccontare cosa fosse successo loro.

"Credo sia ora di presentarci! Io sono Aramis e sono il capo di questo villaggio! E invece voi, cosa vi ha portato quì? Chi siete e chi erano quegli uomini che vi seguivano?" - chiese gentilmente, con tono calmo per metterli a loro agio.

Luis sospirò un pò spaesato. "Aramis... Prima possiamo fare noi una domanda?".

Aramis annuì. "Certo, dimmi pure...".

"Dove siamo?" - chiese il principino.

Sorpresa da quella strana domanda di cui non capiva il senso, Aramis parve esitante. "Ecco... Siete in un piccolo villaggio della Francia centrale...".

Julie trattenne il fiato. "Francia centrale? Oh mamma, siamo lontanissimi da Parigi! Papà e mamma ci ammazzano, Demian!".

"Parigi? Siete di Parigi?" - chiese curiosa Aramis. Il nome di quella città, sentirlo nominare... riportava alla sua mente lontani ricordi... Parigi, la sua amata Parigi...

Demian annuì. "Si, siamo di Parigi! E quegli uomini che ci seguivano non sappiamo bene chi siano. Ci hanno teso una trappola fingendo di essere burattinai e ci hanno rapiti! E siamo arrivati fin quì in carrozza, siamo riusciti a scappare con un tranello e poi... abbiamo incontrato voi, signora! Il resto della storia, lo conoscete".

Aramis si accigliò. Rapimento quindi...? In effetti lo aveva sospettato... Quelli che aveva davanti non erano certo bambini poveri o di strada. Lineamenti fini e ben curati che si erano palesati più che bene dopo averli lavati, dalla pelle liscia, di certo appartenevano a famiglie benestanti. "Siete di famiglia ricca? Vi han rapiti per chiedere un riscatto ai vostri genitori?".

Demian annuì. "Si, volevano chiedere soldi ai nostri genitori! Abbiamo disubbidito e ci siam cacciati nei guai, mamma e papà ci dicono sempre di non dar retta agli sconosciuti!".

Il viso di Aramis divenne severo. "I vostri genitori hanno ragione e spero che questa avventura vi abbia insegnato qualcosa! Come vi chiamate, chi siete?". Era curiosa. Se quei bambini erano di Parigi ed appartenevano all'aristocrazia della capitale, di sicuro era entrata in contatto con le loro famiglie ai tempi in cui era moschettiere.

A quella domanda, Luis si alzò in piedi. "Signora, io sono Luis, figlio del re di Francia, Sua maestà Luigi XIII" – disse in tono serio e ufficiale.

A quell'affermazione, Aramis scoppiò a ridere. Quanto era buffa la fantasia smisurata dei bambini! "Certo, certo, e io sono la principessa delle fiabe!". Si inginocchiò davanti al bimbo, accarezzandone dolcemente i ricciolini biondi. "Se volete che vi aiuti, dovete dirmi la verità e dirmi chi siete DAVVERO..." - sussurrò al bambino.

"Ma è la verità!!! Io sono il principe Luis!" - esclamò il bimbo con concitazione.

"E' vero signora! Lui è figlio del re!" - intervenne Julie.

Aramis scosse la testa, stanca ma allo stesso tempo divertita da quelle che riteneva, bugie. "Va beneeeeeee! E se lui è il principe, voi due chi siete?" - chiese ai gemelli.

I fratellini le si avvicinarono. "Io sono Demian e lei" – disse il bambino indicando la sorella – "è la mia gemella, Julie. Siamo figli del moschettiere più bravo e famoso di Parigi e per questo conosciamo il principe, possiamo giocare con lui perchè nostro padre ci porta spesso al Louvre".

Aramis fece un sorrisetto furbo. Inconsapevolmente, i bambini si erano messi in un vicolo cieco. Loro non potevano saperlo ma lei sapeva bene cosa fosse il mondo dei moschettieri, chi ne faceva parte e ci avrebbe messo un attimo a smascherare le loro 'bugie'. "Attenti, io conosco i moschettieri e quindi, se quelle che mi dite, son menzogne, io lo scoprirò subito. E allora, chi è vostro padre?" - chiese in tono di sfida ai gemelli.

Demian si fece serio serio, sostenendo lo sguardo indagatore della donna. "D'artagnan, moschettiere del re e probabile successore del capitano De Treville!" - esclamò, fiero.

E a sentire quel nome, ad Aramis parve che le si fermasse il cuore... D'artagnan...? Da quanto tempo non sentiva nominare quel nome amico? Alla sua mente tornarono le immagini di lui, ragazzino spavaldo e coraggioso, una vera promessa... D'artagnan... Quel nome riportava alla sua mente ricordi lontani che aveva cercato di assopire nella sua mente per non soffrire troppo... Erano passati dieci anni e sì, sicuramente aveva fatto carriera nei moschettieri, lei l'aveva sempre saputo che ne aveva le capacità! E probabilmente nel frattempo poteva benissimo essersi sposato e aver avuto figli... Di proposito non si era mai interessata alla vita dei suoi vecchi compagni d'avventura per non soffrire troppo la lontananza e la solitudine ma in effetti... Dieci anni son tanti, cosa era successo ai suoi vecchi amici? Le mani della donna presero a tremare, improvvisamente... Non era ancora certa di poter credere ai bambini ma ora voleva sapere! "Ok... Si da il caso che io POTREI conoscere questo d'Artagnan... E ora, vi faccio un paio di domande, così sarò sicura che non mentiate!". La sua voce era tremante...

Julie si accorse del cambio di tono ma fece finta di nulla e la liquidò con un'alzata di spalle. "Chiedete pure!".

Aramis si accigliò. Doveva fare domande personali che non includessero la vita pubblica del guascone. Se d'Artagnan aveva fatto carriera, sicuramente di lui si parlava a Parigi e chiunque poteva sapere qualcosa sul suo conto e spacciarsi per un suo parente. Compresi quegli strani bambini... Invece, probabilmente la sua vita privata rimaneva nell'ombra e sconosciuta ai più... "Chi è vostra madre?".

"Si chiama Constance! E abbiamo anche una sorellina appena nata, Sophie." - rispose Demian.

"E Constance una volta era la dama di compagnia di mia madre, la regina Anna di Francia!" - intervenne Luis.

"E... il vostro nonno, dove vive?" - chiese Aramis, con voce sempre più tremante.

Julie annuì. "Il nonno a Parigi, fa il sarto ed è vecchiooooo! L'aiuta Marta che ci sgrida sempre quando facciamo i cattivi!".

Aramis sgranò gli occhi, sempre più incredula. Non potevano mentire, non potevano, non se sapevano tutte quelle cose. Solo una domanda ancora, prima di cedere definitivamente ai tre... "Demian, Julie, vostro padre è il moschettiere d'Artagnan, giusto? E i suoi compagni, i suoi migliori amici e colleghi chi sono? Quali sono i moschettieri che stanno sempre con lui!".

Julie ci pensò su... "Oh, i moschettieri son tanti! Però...".

Demian diede una pacca alla sorella. "Ma certo, son tanti ma... Julie, ci stai anche a pensare? I migliori amici di papà sono...".

Julie annuì, capendo cosa intendesse il fratello. "Oh, sì!!! Lo zio Athos e lo zio Porthos!".

E ad Aramis ceddettero le gambe. Osservò i bambini, chiedendosi perchè il destino fosse tanto assurdo... Perchè proprio lei doveva salvare quei bambini? Perchè proprio QUEI bambini dovevano essere rapiti e finire sulla sua strada? Li osservò con occhi nuovi... Luis aveva in effetti i lineamenti fini del padre, re Luigi XIII e un aspetto reale. E la piccola Julie era in effetti il ritratto di d'Artagnan, con i suoi capelli a caschetto castani, la frangetta sbarazzina e lo sguardo furbo... Mentre Demian aveva i capelli biondi e i lineamenti dolci di sua madre Constance...

Non c'erano dubbi... Davanti a lei c'erano il futuro re di Francia, figlio dell'uomo che tanto aveva lottato per difendere e i bambini di uno dei suoi migliori amici...

E ora, cosa avrebbe fatto?





1. Per il nome del servitore di Aramis, mi sono rifatta al romanzo originale di Dumas dove appunto, Bazin era il nome del personaggio.





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Capitolo 5
*** Faccia a faccia, dieci anni dopo ***


Ciao! Scusate il ritardo immane ma ho avuto un periodo lavorativo di FUOCO!!! Mi occupo di tasse e col Governo Monti... XDDDDD

Comunque, spero che il nuovo capitolo, a chi ha avuto pazienza di aspettare, piacerà!

Un bacio a tutti!!!




Faccia a faccia, dieci anni dopo



Irritato!

Athos non avrebbe saputo spiegare in altro modo il suo stato d'animo in quel momento, mentre sulla una carrozza si stava recando presso la casa di Aramis, in centro Francia, in compagnia di Bazin. Non aveva voglia di compiere quella missione, non aveva voglia di rivedere Aramis. Non sapeva perchè se ne fosse andata, non lo aveva certo chiesto al capitano! E non lo avrebbe chiesto a lei!!! Come non le avrebbe chiesto del perchè delle sue menzogne, del perchè di quel silenzio lungo dieci anni, del perchè una donna avesse deciso di entrare nel corpo dei moschettieri!

Era una missione quella, giusto? Quindi, tutto il resto non importava! E di certo non gli importava più di Aramis, quello che lei faceva, come lo faceva e perchè lo faceva, era quanto di più lontano ci fosse da lui. Freddezza, lucidità! Come in ogni missione da lui portata a termine! Così si sarebbe comportato, semplice no?

Ne era convinto!!!

Ma era irritato lo stesso!

Con Aramis per tanti di quei motivi che nemmeno aveva chiari in testa, con De Treville che lo aveva incastrato in quella missione, con d'Artagnan che era fuori Parigi e non poteva partire subito per riprendersi i suoi figli, con il piccolo principe, Demian e Julie che si erano fatti rapire da dei balordi e anche con Bazin che era giunto a Parigi a sconvolgergli la vita! Lo guardò in cagnesco, mentre insieme viaggiavano sulla stessa carrozza... Bazin era un omettino mite, semplice, un contadinotto che sembrava timoroso al suo cospetto. Però l'umore di Athos era talmente nero che, nonostante tutto ciò, non riusciva per niente a provare simpatia e comprensione per quel pover'uomo che era evidentemente in difficoltà a rapportarsi con lui. "Quanto manca ad arrivare?" - gli chiese freddo, ormai stufo di quel lungo viaggio in carrozza.

Bazin deglutì e si fece ancora più piccolo in un angolo del sedile, davanti a quel tono severo. "Poche ore signore, solo poche ore! E giungeremo alla casa della mia signora!". Anche lui non vedeva l'ora che finisse quel viaggio con quel personaggio tanto indisponente...

"La tua signora..." - ripeté lentamente Athos... Aramis una signora? Era quasi ironico... Signora... Può considerarsi tale una persona che calpesta gli affetti altrui, che butta alle ortiche anni di amicizia come se niente fosse? Non era tanto la bugia di Aramis ad averlo fatto soffrire ma la consapevolezza maturata in quei dieci anni che per lei il loro rapporto non aveva voluto dire niente! Amici... Lo erano mai stati davvero? Probabilmente no, a questo era giunto in conclusione...

"Oh si, la mia signora! La signora del villaggio, la nostra capa che ci protegge!" - rispose Bazin con un moto d'orgoglio, mentre nella sua mente scorrevano le immagini di Aramis, dei suoi lunghi capelli biondi, della sua figura slanciata mentre galoppava a cavallo o si allenava con la spada.

Il sorrisetto di Athos si fece freddo e beffardo. "Capa del villaggio... Bah, attento mio caro sempliciotto Bazin, mai fidarsi! Di nessuno!!!".

Bazin, a quelle parole, si fece serio e parve acquisire coraggio. Che non si permettesse di mettere in discussione il valore e la lealtà di Aramis! "La nostra signora è una persona saggia, forte e onesta! Non vi permettete! Sarò anche sempliciotto, come mi avete definito poco fa, ma non stupido! So giudicare le persone e Aramis merita fiducia cieca ed incondizionata!".

Athos scoppiò a ridere. Sapeva di comportarsi da perfetto cafone maleducato, ma il suo umore era talmente nero che non riusciva a fare a meno di maltrattare quel povero uomo. "Oh beh, come no! Detto poi da un UOMO che si fa proteggere da un capo villaggio DONNA...".

Bazin fece per reagire a quella provocazione, replicare. Ma il suo buon senso lo fece desistere. Non era codardia. Sapeva di trovarsi al cospetto di un moschettiere che, a giudicare dalle apparenze, era nobile di famiglia. E sapeva che uno scontro con lui non avrebbe avuto nessun risvolto positivo... E poi, doveva portare Athos da Aramis e dai bambini il più in fretta possibile e uno stupido alterco fra uomini non poteva pregiudicare una missione delicata. Non sapeva nulla ne delle identità dei bambini ne del perchè Athos stesse viaggiando con lui. Il capitano dei moschettieri gli aveva detto solo che non doveva fare domande e che stava dando un grosso servigio al re! E solo questo valeva, gli bastava, lo rendeva orgoglioso. Un contadino difficilmente rende di persona servigi al re e quanto gli stava capitando era una soddisfazione grandissima, ne era orgoglioso! E non avrebbe deluso nessuno!

Il resto del viaggio procedette in silenzio. Athos smise presto di divertirsi a stuzzicare Bazin e quest'ultimo rinunciò piuttosto in fretta a rispondergli a tono...

Athos sprofondò nel sedile morbido della carrozza, pensieroso. De Treville lo aveva messo in un bel guaio. Sarebbe stato semplice arrivare da Aramis, prendere i bambini e partire subito alla volta di Parigi e invece doveva trattenersi lì con lei, in attesa che arrivasse anche d'Artagnan a dargli manforte per la strada di ritorno. Certo, sapeva che due moschettieri sono meglio di uno per proteggere il piccolo principe e sapeva che, finché d'Artagnan non fosse giunto, poteva contare su Aramis per difendere il bambino da possibili imboscate... De Treville era stato previdente nel predisporre ed illustrargli i piani ma questo lo metteva in una situazione difficile e complicata perchè significava dividere per un pò di tempo la casa con Aramis, essere costretto a rapportarsi con lei. Certo, poteva fare l'altero e il duro, ma sarebbe stato imbarazzante lo stesso. In un certo senso, l'unica cosa che giocava a suo favore era la presenza dei tre bambini, non sarebbero stati propriamente soli... E poi, come doveva comportarsi, come doveva rivolgersi a lei? Come un tempo, quando le reggeva silenziosamente il gioco, fingendo di non sapere che fosse donna? O trattarla da signora, visto che ormai era di dominio pubblico che lo fosse? E poi, arrivato d'Artagnan, lì le cose si sarebbero complicate ancora di più perchè lui non sapeva della vera identità di Aramis, non lo aveva capito chi lei fosse davvero! Oh almeno, Athos era convinto fosse così...

Certo però, pensò, la sorte era davvero avversa e beffarda nei suoi confronti! Di tutti i posti, di tutte le case, di tutte le persone sul territorio di Francia, i tre bambini proprio da Aramis dovevano capitare? Certo, per i tre piccoli era stata una fortuna ma per lui si era trattato di un crudele scherzo del destino...

Bazin improvvisamente si affacciò al vetro della carrozza, battendo due colpi sull'esterno per far fermare il cocchiere. "Siamo arrivati!" - urlò.

Athos sobbalzò. Erano davvero giunti a casa di Aramis? Perso nei suoi pensieri non si era accorto ne del tempo che era passato ne di dove era capitato. Si guardò attorno attraverso i vetri della carrozza. Fuori diluviava, erano in aperta campagna, in prossimità di un villaggio talmente sperduto e piccolo che probabilmente non era segnato nemmeno sulle mappe. E si trovavano davanti a una minuscola casetta bianca immersa nel verde. La casa di Aramis probabilmente!

Sospirò. E con un gesto secco aprì lo sportello, uscendo dalla carrozza. Ok, il momento era giunto, meglio sbrigarsi coi convenevoli, spiegare come si sarebbe svolta la missione e poi estraniarsi da TUTTO in attesa che arrivasse d'Artagnan. Athos si voltò verso Bazin, sceso anch'esso dalla carrozza, e lo apostrofò in tono secco e perentorio. "Considerate terminata la vosta missione e tornate a casa! Da adesso in poi non avrò più bisogno dei vostri servigi".

Bazin fece per obbiettare ma sapeva, come gli aveva raccomandato De Treville, che non doveva ne fare domande ne disubbidire agli ordini del moschettiere. E così, benché Athos non gli stesse per nulla simpatico, annuì, risalì sulla carrozza e chiese al cocchiere di riprendere la strada per portarlo a casa.

Athos, a grandi falcate, si avvicinò alla casa e senza pensarci su bussò con forza alla porta.

Dall'interno si sentì un gran trambusto e dopo pochi istanti Aramis aprì...

Faccia a faccia, dopo dieci anni, si fissarono come se stessero vedendo un essere leggendario, entrambi...

Poi...

Lei lo guardò negli occhi sorpresa...

Lui la guardò negli occchi, freddamente...

E per lunghi istanti calò il silenzio fra loro...

Aramis deglutì, si schiarì la voce e, rendendosi conto di indossare abiti femminili, si sentì in dovere di spiegare la sua posizione... Non sapeva perchè dopo dieci anni di nulla, quella fosse l'unica cosa che gli era venuta in mente di dire, ma sapeva che doveva farlo. "Athos, quanto tempo..." - balbettò guardandolo in viso emozionata – "Io credo di dovervi qualche spiegazione...". Già... Si sentiva goffa e stupida come una ragazzina in quel momento a dire frasi tanto banali e scontate. Athos era stato uno dei suoi migliori amici per anni e nel suo cuore anche qualche cosa di più. Certo, un legame nato su una menzogna ma autentico! Ora però, era arrivato il momento di scoprire le carte. Lui era lì, lei era lì e non si poteva scappare o fare finta di nulla! Non si aspettava che arrivasse Athos, pensava che sarebbe stato d'Artagnan a venire da lei ed era confusa. Con il guascone sarebbe stato semplice, lui conosceva il suo segreto. Con Athos non era pronta ad affrontare nessuna situazione ma DOVEVA! Però, come? Dieci anni di lontananza, di silenzio... Lui cosa stava pensando? Cosa pensava di LEI??? Già, ormai che fosse donna era palese davanti ai suoi occhi...

Lo sguardo freddo di Athos non tradì alcuna emozione. "Nessuna spiegazione mia cara..." - disse, con una nota di disprezzo nella voce – "Sono quì per svolgere una missione, per illustrati i piani del Capitano De Treville e per prendere i bambini sotto la mia custodia!".

Aramis annuì sconcertata. Athos non aveva voglia di fare conversazione, era chiaro! Forse doveva anche aspettarselo... E affrontava la questione con la freddezza che di solito usava nelle missioni difficili, freddezza che lo rendeva imbattibile in battaglia... E che in quel momento rappresentava un baluardo anche per lei. "Si ma...". Lei voleva dirgli mille cose, spiegarsi, alleggerire la sua posizione davanti al suo vecchio compagno! Non doveva avere una buona opinione di lei Athos, forse era normale dopo la sua fuga repentina da Parigi senza dire nulla a nessuno. Per questo doveva dannatamente SPIEGARE!!!

"Niente ma, sono quì per lavoro Aramis e nient'altro mi interessa e mi risulta interessante!". Il tono di Athos era duro e non lasciava spazio ad risposta alcuna. Non voleva ascoltarla! Punto!!!

Calò di nuovo, fra i due, un silenzio pesante.

Interotto subito da una vocina infantile...

"ZIO ATHOS!!!". La piccola Julie sbucò di corsa dalla camera da letto, appena sentita la voce del moschettiere, e si lanciò verso Athos entusiasta, seguita da Demian e da Luis.

"Zio Athos, zio Athos!!!" - urlò felice Demian – "Che fortuna che sei venuto tu, papà ci avrebbe messo in castigo a VITA!!!".

A dispetto di tutto, Athos rise quasi divertito davanti alla faccia tosta dei bambini. Faccie di bronzo, esattamente come il loro padre!!! "Non cantate vittoria, prima o poi i vostri genitori li dovrete rivedere! E siete in guai grossi, sappiatelo!".

Julie gli si arrampicò in braccio, stringendosi a lui e dandogli un bacio sulla guancia. "Dai zio Athos, lo so che papà e mamma ci faranno il culetto a strisce a furia di darcele col battipanni, ma tanto che ci sei tu, trattaci bene!".

Athos sorrise, di nuovo. "Bimba mia, se riuscirai a conservare questa faccina di tolla anche da grande, nulla ti sarà impossibile...!".

Julie sorrise e Demian e il principino si avvicinarono al moschettiere, apparentemente sollevati dalla sua presenza. Una faccia conosciuta, finalmente!

Athos si informò con Luis circa le sue condizioni e una volta appurato che anche il giovane erede al trono stava bene, finalmente si rilassò.

Aramis, in un angolo della stanza, era rimasta ad osservarli. Mentre il peso di dieci anni di lontananza da quel mondo che tanto aveva amato presero a tormentarla all'istante. Athos coi figli di d'Artagnan, col principino, i bambini con lui... Si capiva che erano molto legati, affezionati l'uno all'altra. Un mondo di cui non faceva parte. Athos era lo 'zio Athos' per i figli di d'Artagnan e probabilmente anche Porthos era considerato così. Una grande e allegra famiglia di amici di cui non faceva più parte e di cui non sapeva più nulla... Cosa era successo in quei dieci anni? Che avventure avevano vissuto i suoi amici senza di lei? Che legami intercorrevano fra loro? Erano ancora 'Tutti per uno e uno per tutti' o qualcosa era cambiato?

Capì perchè era tanto difficile per lei e Athos raffrontarsi...

Tante cose non dette, un lungo silenzio, due vite ormai diverse che li avevano ridotti a estranei...

Athos non voleva spiegazioni da lei... Perchè era arrabbiato? O forse, perchè non gli importava più? Dieci anni sono tanti e più che sufficienti per dimenticare... Aveva paura a rispondersi Aramis, le risposte che avrebbe potuto ricevere potevano fare molto male...

Athos si voltò verso di lei, una volta finito di parlare coi bambini. "Gli ordini son questi: resterò quì coi bambini finché non arriverà d'Artagnan a darmi man forte per riportarli a Parigi in tutta sicurezza. Era fuori Parigi a dirigere le ricerche e non poteva quindi partire immediatamente, aspetteremo quà il suo arrivo! Nel mentre, il capitano si auspica un tuo aiuto, nel caso di bisogno, per proteggere Luis!".

"Oh, lei ci aiuterà, è una donna fortissima!" - esclamò Julie piena di ammirazione.

Athos digrignò i denti. "La conosco, la conosco..." - rispose senza entusiasmo.

Aramis annuì. "Sta arrivando d'Artagnan quindi?" - chiese, felice al pensiero di rivedere il guascone, di scoprire che uomo era diventato.

"Esattamente!" - rispose Athos con voce maliziosa e cattiva. "Se tanto ci tieni, magari puoi elargire a lui le spiegazioni inutili che ti ho rifiutato poco fa. Magari ti ascolterà!".

Aramis fremette di rabbia. Quel tono scostante e freddo la irritava! Athos non poteva sapere il perchè di tante cose! E di quanto era stato difficile. No, non gli avrebbe dato spiegazioni, come aveva chiesto. E non ne avrebbe di certo date a d'Artagnan... "Non devo spiegare nulla! D'artagnan sa già da tanti anni tutto quello che avrei spiegato a te poco fa..." - rispose in tono sibillino.

E a quelle parole, un macigno pesantissimo calò sul cuore e sulla mente di Athos...

D'artagnan sapeva?

Come???

Perchè???

Una strana rabbia lo invase. Il suo amico guascone che lo aveva superato per quanto riguardava la carriera, a quanto pareva lo aveva superato anche in qualcos'altro...


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Capitolo 6
*** Una missione per Athos ***


Nuovo capitolo, eccomi! E finalmente ecco che compare anche Athos ;)

Grazie a tutti, come sempre, dei commenti e degli incoraggiamenti a scrivere, mi fanno molto piacere e spero continuate così!

Capitolo dedicato a Citosol, come regalino di compleanno, sperando sia gradito!

Alla prossima!





Una missione per Athos



Aramis aveva messo i tre bimbi nel suo letto. Era ormai sera tardi, fuori la pioggia continuava a cadere incessantemente e non c'era nulla che lei potesse fare fino all'indomani mattina.

Era stupita e sotto shock e non riusciva a smettere, mentre li metteva a letto, di osservare quei tre bambini...

Il destino si sa, a volte è crudele e beffardo, ma le sembrava decisamente troppo!

Perchè, fra milioni di francesi, proprio lei doveva incontrare e salvare quei tre bambini? Era un guaio enorme, un qualcosa che l'avrebbe costretta a riallacciare i rapporti da quel mondo che tanto aveva amato e che aveva dovuto, suo malgrado, abbandonare...

Cosa avrebbe dovuto fare, come comportarsi??? Portare i bambini a Parigi lei stessa? No, troppo rischioso, non sapeva ne se c'erano nemici da affrontare che erano sulle loro tracce, ne quanti nemici eventualmente ci fossero... E lei, sola con tre bambini, sarebbe riuscita in quella missione in incognito? Forse sì, ma rischiare, quando in gioco c'era la vita del piccolo principe di Francia, era un azzardo troppo grande...

Non sarebbe stato meglio, forse, tenere al sicuro i tre bambini a casa sua e avvertire in qualche modo qualcuno a Parigi di quanto successo, così che fossero mandati uomini esperti? Già, ma chi? Non d'Artagnan di certo, forse era tenuto sott'occhio da possibili nemici che ne studiavano le mosse, visto che erano implicati i suoi figli... Non certo Athos o Porthos con cui aveva interrotto ogni rapporto dieci anni prima... Altri moschettieri? Non erano poi amici così fidati come il suo vecchio gruppo e poi, chissà quanti di loro, dopo tanto tempo, erano rimasti nel corpo dei moschettieri...? Ci ripensò... Solo una persona poteva avvertire! L'unico che sapesse cosa le era successo, dove viveva, l'unico con cui aveva, almeno inizialmente, tenuto i contatti dopo la sua partenza furtiva da Parigi: Il capitano De Treville!!!

Lui era un uomo saggio e sicuramente l'età avanzata non aveva intaccato questa sua dote. Già, ecco cosa avrebbe fatto! Gli avrebbe scritto spiegandogli tutto e il suo servitore Bazin gli avrebbe recapitato il messaggio. Nessuno avrebbe sospettato del messaggiero, De Treville avrebbe deciso il da farsi e lei nel frattempo si sarebbe presa cura dei bambini, in attesa di notizie da Parigi... Semplice, lineare, sicuro! Un buon piano!

Osservò i tre bambini nel letto. Luis ormai dormiva mentre i gemelli ancora si agitavano sommessamente fra le coperte.

"Cosa c'è, non riuscite a dormire?" - chiese loro la donna.

Demian sbuffò, poi si rannicchiò sotto al cuscino. "Voglio la mamma..." - sussurrò. Era vero! Passata la voglia di disobbedire, l'adrenalina per l'avventura appena vissuta... restava solo un bambino di cinque anni lontano da casa, dagli affetti... Era difficile essere soli, in casa di un'estranea, benché gentile...

Julie si girò verso di lui, apparentemente più sicura del fratello. "Non ti conviene sai? Quando mamma e papà ci rivedranno, ci faranno il culetto viola!".

"Fa niente, io voglio la mamma lo stesso!" - frignò il bambino.

Aramis sorrise. "La rivedrete presto, sta tranquillo...". Erano buffi quei gemelli. In loro rivedeva tanto di d'Artagnan, soprattutto nel caratterino della femminuccia.

Demian la fissò, scettico. "E voi come fate a saperlo, signora?".

Aramis gli strizzò l'occhio. "Te l'ho detto, sistemerò tutto io! Conosco i moschettieri, non era una bugia quello che vi ho detto prima...".

A dispetto della sua tristezza, Demian sorrise. "In effetti signora... prima che voi ce lo diceste... era così chiaro che conoscete i moschettieri!".

"Come?" - chiese Aramis stupita.

Demian annuì. "Quando vi ho vista arrivare e combattere con i nostri rapitori... Il vostro modo di correre, di impugnare la spada, di combattere... Sembrate... anzi SIETE una di loro! Un moschettiere!".

Aramis arrossì, inconsciamente. Se Julie aveva lo stesso caratterino del padre, Demian invece ne aveva ereditato la capacità di osservazione... Era strano ma... le parole ingenue e spontanee di quel bambino... Senza saperlo, Demian gli aveva fatto forse il più bel complimento che avesse mai ricevuto in vita sua... "Ti ringrazio..." - sussurrò. Si alzò poi dalla sedia per permettere ai bimbi di calmarsi e dormire. "E ora su, è tardi, a nanna!" - disse loro in tono sereno e gentile.

I gemelli annuirono e Aramis spense la candela che illuminava flebilmente la stanza. Poi li lasciò tranquilli ad addormentarsi, chiuse l'uscio, andò in cucina, prese carta e penna e si sedette a scrivere la lettera per il capitano.



" Caro capitano De Treville, dopo molto tempo mi ritrovo a scriverle per una questione di massima urgenza!

Durante una cavalcata, oggi, mi sono imbattuta in tre bambini che fuggivano da tre rapitori. Li ho salvati e ho messo in fuga i malviventi e ora i tre piccoli sono ospiti a casa mia, sotto la mia protezione. I tre bambini, dopo accurate domande per verificarne l'identità, mi risultano essere il figlio del nostro re di Francia e del mio vecchio compagno d'arme d'Artagnan.

Immaginando lo scompiglio creato nella capitale dalla scomparsa del piccolo principe, resto in attesa di vostre notizie circa il comportamento che dovrò tenere fino a vostri nuovi ordini.

Sicura che saprete risolvere la situazione con saggezza, come avete sempre fatto, resto in attesa di vostre notizie, al fine di riconsegnare i tre bambini ai legittimi genitori. Il mio indirizzo è il medesimo che vi avevo lasciato dieci anno orsono, alla mia partenza dalla capitale.

Sempre fedele a Voi, al nostro re e al corpo dei moschettieri, Vi saluto con affetto.


Aramis, il moschettiere".



Poi, nel buio della notte, uscì di casa, prese il suo cavallo e a spron battuto si diresse a casa di Bazin. Avrebbe chiesto al suo servitore il massimo riserbo e di recapitare la lettera al capitano De Treville.

E poi avrebbe atteso notizie da Parigi...


...


Bazin era un uomo semplice, di campagna, abituato più a stalle e campi da coltivare che al facoltoso studio del capitano dei moschettieri a Parigi. Per questo, mentre il vecchio comandante leggeva la missiva che Aramis gli aveva detto di recapitargli, se ne stava in piedi, dritto come uno stoccafisso, a tormentare fra le mani il suo povero cappello di lana.

De Treville invece leggeva avidamente, con occhi sbarrati, quando gli aveva scritto Aramis. Una lettera, un contatto inaspettato... Gli faceva piacere sapere di lei, che stava bene, ma... non era il momento per i convenevoli. La capitale era in subbuglio, la famiglia reale disperata e gli ultimi giorni erano stati tremendamente tragici nella disperata ricerca del principino e dei figli di d'Artagnan. I tre bambini erano scomparsi nel nulla dai giardini del Louvre e ogni ipotesi circa la loro sorte era stata delineata, durante le febbrili ricerche, da quella meno grave alla più tragica.

E ora, leggere quella lettera era una specie di sollievo. I tre piccoli dispersi erano vivi, nelle mani di uno dei più valenti moschettieri del re. Erano quindi al sicuro. Certo, Aramis non spiegava bene quanto successo ma il capitano contava di avere i tre bambini a Parigi il prima possibile, in modo che fossero loro stessi a raccontare quanto accaduto.

Ora doveva solo predisporre il da farsi. La faccenda, su ordine del re, era stata seguita con la massima discrezione a Parigi e la notizia della scomparsa dei bambini non era trapelata fuori dalle mura del palazzo.

Tutte le ricerche si erano svolte nel massimo silenzio... E così doveva svolgersi l'epilogo di quella storia.

Il capitano ci mise poco a capire il da farsi. Doveva mandare qualcuno della massima fiducia a casa di Aramis per prendere i piccoli e ricondurli a casa. Non una grande scorta che avrebbe dato nell'occhio ma un paio di uomini di sua massima fiducia...

E solo poche persone erano al top delle sue preferenze...

D'artagnan, il suo successore eletto, nonché padre di due dei bambini rapiti. Ma il giovane era stato mandato fuori Parigi a dirigere gli uomini per le ricerche dei figli e del principe e ci sarebbe voluto tempo per richiamarlo e farlo partire.

Porthos si trovava lontanissimo dalla capitale, alle terme con la sua amante... Decisamente fuori mano per farlo rientrare in fretta e furia a Parigi...

Rimaneva Athos. Il suo moschettiere più saggio, quello che si era tenuto accanto in quei giorni difficili e che lo stava aiutando a predisporre le ricerche e gli uomini, in assenza di d'Artagnan. Athos era perfetto! Serio, riservato, intelligente. Certo, sapeva del gelo che si era creato fra lui e Aramis, del risentimento e del dolore che aveva covato dopo la sua partenza misteriosa... De Treville a volte avrebbe voluto indagare, in quegli anni, circa i sentimenti di Athos, ma si era sempre trattenuto, rispettando il dolore del suo cadetto e la convinzione che non dovesse immischiarsi in questioni private che esulavano dal suo ruolo di capitano. Però, in cuor suo era sempre stato curioso di sapere quanto Athos conoscesse dei segreti di Aramis... Era una persona intelligente e probabilmente, aveva capito più di quanto aveva voluto far trasparire...

Non sapeva come sarebbe stato un faccia a faccia fra lui e Aramis dopo dieci anni, ma De Treville non poteva permettersi di pensare a quelle che, dopo tutto, erano semplici frivolezze e fatti privati dei suoi uomini.

C'era in gioco la vita del piccolo principe, tutto il resto veniva in secondo piano!

Athos era l'uomo giusto da inviare nella Francia centrale a recuperare i bambini e quindi sarebbe partito, a dispetto di tutto! E, appena fosse rientrato d'Artagnan, avrebbe fatto partire anche lui alla volta della casa di Aramis, per dar man forte ad Athos per il ritorno a Parigi coi bambini.

Una volta deciso il da farsi, il capitano fissò Bazin, ancora ritto e fermo davanti a lui. "Signore, vi ringrazio per quanto fatto! Anche se non potete comprenderlo, sappiate che avete reso un grande onore al re e alla Francia intera! Sarete mio ospite gradito fino a domani, quando partirete verso la vostra casa con un mio uomo di fiducia. Di più non posso dirvi, se non GRAZIE!".

Colmo d'orgoglio, Bazin si inchinò davanti al capitano una decina di volte, ringraziandolo a sua volta per le sue parole. Non capiva un accidente di quello che stava succedendo, non sapeva il contenuto della lettera che aveva dovuto recapitare e quindi del perchè fosse lì, visto che Aramis non aveva voluto spiegarglielo. Era un servitore che aveva semplicemente obbedito al suo superiore e venire elogiato per questo da uno dei più grandi uomini di Francia era un onore inaspettato.

De Treville lo fece accompagnare ai suoi appartamenti da un cadetto e poi mandò a chiamare Athos, per informarlo della missione...


...


"Athos, chiudete pure la porta per cortesia!" - intimò gentilmente De Treville al moschettiere appena giunto.

Athos annuì, obbedì alla richiesta del capitano e si sedette alla scrivania, davanti a lui, convinto di essere stato convocato per discutere per l'ennesima volta delle ricerche dei bambini scomparsi.

De Treville non perse tempo. "Vi ho convocato Athos, per una questione di massima urgenza e assoluta discrezione! Ciò che ci diremo deve rimanere fra noi e le quattro mura di questa stanza, d'accordo?".

Athos annuì, sorpreso dal tono grave del capitano. "Come sempre, sono ai vostri ordini e alla vostra più completa disposizione!".

De Treville annuì, strinse le mani nervosamente l'una nell'altra e fissò intensamente Athos. "Ho notizie dei bambini! Il principe Luis e i gemelli stanno bene per fortuna!".

Athos spalancò gli occhi sorpreso e allo stesso tempo sollevato da quello che gli era appena stato detto. Era il padrino dei gemelli e in quei giorni si era disperato esattamente come d'Artagnan e Constance per la sorte dei due bimbi... "Come? Dove sono, che è successo?" - chiese con impeto.

De Treville annuì prima di rispondere, aspettando che il suo interlocutore si calmasse. Era strano vedere un tipo posato come Athos agitato, pensò... "I bambini erano stati rapiti da tre malintenzionati. Non so i dettagli per ora, ma so che i piccoli stanno bene. Durante la fuga coi malviventi, hanno avuto la fortuna di incontrare qualcuno che li ha aiutati, il meglio che potessero trovare! Sono stati fortunati! Quella persona li ha salvati e ora li tiene a casa sua, sotto la sua protezione! Si è messo in contatto con me e sta aspettando che qualcuno di noi vada a prende i bambini per ricondurli a Parigi!".

Athos inspirò profondamente, mentre il sollievo si impossessava di lui... Erano salvi, i bambini erano salvi! Il racconto che aveva fatto De Treville era lacunoso, ma l'importante era che Luis, Julie e Demian fossero vivi e in salute! "Bene...".

Il capitano sospirò. "La persona che andrà a riprendere i bambini sarete voi Athos, come da mia decisione! Partirete domattina insieme al servo di quella persona, diretti in un piccolo villaggio al centro della Francia, a Saint Marielle. I bambini si trovano lì!".

Athos annuì all'ordine del capitano. "Come comandate signore! Ma, se mi è concesso, potrei sapere chi è questo valoroso salvatore?". Era curioso in effetti, il capitano pareva essere un pò vago al riguardo...

Come aspettandosi quella domanda, De Treville annuì, parlando lentamente. "Certamente Athos! E' una nostra vecchia amicizia e conoscenza... E' stata una gran fortuna che i bambini si siano imbattuti in Aramis...".

E a quel nome, gli occhi di Athos si spalancarono prima per la sorpresa, e poi divennero gelidi come il ghiaccio. Aramis... Aramis, Aramis, Aramis!!! Una ventata di ricordi e di sensazioni che aveva tentato con tutto se stesso di tenere celati al mondo e alla sua coscienza lo colpì in pieno. Aramis... Uno dei suoi migliori amici, uno dei più valenti moschettieri, una donna bellissima che sapeva combattere come un uomo, una donna che in un certo senso lo aveva stregato con la sua forza, intraprendenza, coraggio... Bellezza... Una donna di cui aveva accettato e retto tacitamente il gioco, in onore del loro rapporto, della loro amicizia... Senza mai rivelarle quanto lui sapesse, senza mai farle domande, senza mai cercare di saperne nulla di più di quello che lei raccontava circa la sua vita misteriosa... Aveva annuito alle bugie della donna, finto di crederle per tenere celata la sua vera identità, ben sapendo lui stesso qual'era la verità. Aveva scelto allora di accontentarsi di quello, di una forte amicizia, di un forte legame che univa non solo loro due ma anche Porthos e d'Artagnan, dando vita a un quartetto di combattenti temibile per chiunque... Un'amicizia in cui lui credeva, fermamente, ciecamente... E per la quale avrebbe dato la vita, allora...

E Aramis, cosa gli aveva dato in cambio? Probabilmente scarsa fiducia, visto che mai gli aveva rivelato chi lei fosse davvero, ne a lui ne agli altri... E se n'era andata improvvisamente, senza curarsi degli amici, del re...

Questo solo lui sapeva...

Una traditrice... Che però, al solo ricordarla, ancora riusciva a stregarlo! Pericolosamente! E proprio per questo...

Non sapeva perchè Aramis c'entrasse nella storia del rapimento dei bambini ne gli importava saperlo. Athos si alzò bruscamente in piedi. "Mi spiace capitano ma non posso accettare la missione!". Il suo tono era gelido...

De Treville lo fissò contrariato e con l'aria di volerlo rimproverare aspramente. Si aspettava una reazione del genere da parte di Athos e quindi era pronto a controbattere. "Il dovere di un moschettiere è servire il re! Non voglio sapere il motivo di questo vostro repentino cambio di idee Athos perchè suppongo sia ininfluente per la causa che serviamo! Il piccolo principe e i figli di uno dei vostri migliori amici aspettano voi per tornare a casa, questo solo conta! Il resto sono solo sciocche questioni private che poco hanno a che fare coi doveri di un moschettiere! E' un ordine il mio, Athos! Voi domattina partirete, vi recherete da Aramis e porterete i bambini a Parigi, sani e salvi!".

Athos, colto da ira per quel rimprovero, picchiò con rabbia i pugni sulla scrivania. NON voleva rivedere Aramis! Non poteva! Non sapeva come avrebbe reagito nel trovarsela davanti, cosa avrebbe provato, quanto sarebbe stato devastante! "D'artagnan, appunto capitano! I figli sono suoi, LUI dovrebbe andare da Aramis a riprenderli, non io! Dopo tutto, avete scelto... LUI... come vostro erede" – concluse, con una nota di malizia cattiva nel tono di voce.

De Treville si alzò dalla sedia, arrabbiato per quello scatto d'ira del suo sottoposto e per quelle allusive e contorte parole piene di risentimento e gelosia che mai si sarebbe aspettato da lui. "Athos, ora basta! Siete il mio uomo più saggio ed esperto e di voi mi fido! Voi e d'Artagnan siete differenti come mentalità e modo di agire ma ugualmente valenti ai miei occhi! Se però ho scelto lui, è perchè lo vedo più adatto al ruolo di mio successore! D'artagnan, a differenza di voi, non mischia vita privata e lavoro, ad esempio... E comunque, ora è fuori città per dirigere le ricerche dei bambini ma l'ho mandato a chiamare! Ci vorrà tempo perchè torni a Parigi e nel mentre con la vostra partenza Athos, guadagneremo tempo. Aramis non può certo occuparsi di tutto e avrà bisogno di aiuto per gestire la sicurezza dei bambini! Appena d'Artagnan sarà di ritorno, statene sicuro Athos, lo invierò al vostro seguito immediatamente. Ma nel frattempo, voi domani partirete! E non voglio altre obiezioni!".

Il tono del capitano era solenne e ammetteva poche repliche e recriminazioni... Era irritato! Athos si morse il labbro per tacere, sapeva che non c'era modo di far cambiare idea a De Treville e di aver tirato troppo la corda. E poi in cuor suo sapeva anche che quella presa dal suo superiore era la scelta più giusta e saggia...

Chinò il capo, sconfitto. "Agli ordini capitano...". E preso il suo cappello, uscì dall'ufficio senza aggiungere altro, sbattendo la porta dietro di lui.

Il mattino dopo doveva alzarsi presto per partire... Il resto, sarebbe venuto da se...

Compresa Aramis...

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Capitolo 7
*** L'arrivo di d'Artagnan ***


Eccomi, dopo mesi e mesi, finalmente a riaggiornare.

Sono successe molte cose dall'ultima volta, alcune non piacevoli. Per cominciare, in ferie ad agosto mi sono fatta abbastanza male alla spalla (lussazione) e questo mi ha impedito di scrivere per lungo tempo. Poi, crollo di ispirazione totale. Un nuovo lavoro in un nuovo ufficio che mi ha impegnata molto in questi mesi, E soprattutto, umore sotto i piedi per mesi, per la perdita del mio amatissimo cagnolino investito da un trattore mentre giocava in un campo... Ora c'è un altro cucciolo a casa mia, una piccola peste simpaticissima che ora ha cinque mesi e che ci ha aiutati a superare, almeno in parte, il dolore per la perdita di Ettore.

Ecco, questo per spiega un pò il motivo della mia lontananza da quì.

Ora sono tornata e spero di riprendere con un pò di aggiornamenti veloci, sia di questa che dell'altra storia che giace ferma da quasi un anno.

Spero ci sia qualcuno che legga ancora!

Scusate ancora per il mega-ritardo!

Un bacione e un saluto a tutti! :)







L'arrivo di d'Artagnan



Saint Marielle... Un villaggio piccolo, sperduto, sconosciuto alla maggior parte dei francesi, incastonato fra le montagne e la campagna del centro della Francia. Non ne aveva mai sentito parlare, non lo conosceva ma quel posto ormai, da qualche giorno, era diventato di vitale importanza per d'Artagnan.

L'angoscia per la scomparsa dei figli e del principe aveva lasciato spazio alla gioia di saperli sani e salvi in quel paesino sperduto, nelle mani sicure di Aramis.

Quando il capitano De Treville lo aveva informato degli ultimi avvenimenti, il moschettiere aveva faticato non poco a credere a quel racconto incredibile... I suoi figli, rapiti, erano miracolosamente salvi e il loro benefattore non era una persona qualunque ma uno dei suoi più cari amici e una delle lame migliori di Francia.

Destino o altro, d'Artagnan era assolutamente felice di come le cose si fossero sistemate. E il fatto che Athos fosse andato a dare manforte ad Aramis per la custodia dei suoi figli e soprattutto del principe, lo rincuorava ancora di più.

I suoi bambini erano salvi e sarebbero tornati a casa presto, ne era sicuro!!! Certo, gli avrebbe dato una strigliata che si sarebbero ricordati a vita ma saperli vivi, sapere che presto lui e Constance li avrebbero riabbracciati lo riempiva di gioia!

Con l'irruenza che lo contraddistingueva da sempre, dopo quella notizia era tornato a casa, aveva dato alla moglie le ultime notizie, aveva sellato il suo cavallo ed era partito a spron battuto verso Saint Marielle. Non vedeva l'ora di arrivare e sistemare quella brutta faccenda...

Era partito da Parigi talmente pieno d'impeto che non aveva realizzato però ben bene il quadro della situazione...

Certo, i suoi figli e il principe erano salvi ma... Rivedere Aramis, dopo dieci anni... Cosa avrebbe comportato ciò? Man mano che viaggiava, mille domande si affacciavano alla sua mente, mille dubbi, mille paure... Sapeva perchè se n'era andata, o almeno lo immaginava. Conosceva la sua storia ed aveva saputo leggere, nei silenzi e nella partenza frettolosa della donna moschettiere, i motivi che l'avevano spinta ad abbandonare la capitale, dopo aver portato a termine la sua vendetta contro Mansonne. In effetti, forse non aveva avuto scelta, di questo era convinto. Viveva nella menzogna, una menzogna che difficilmente sarebbe riuscita a portare avanti. E poi, portarla avanti per cosa? Per vivere una vita che forse non le apparteneva, senza un futuro, senza un obbiettivo da raggiungere... D'artagnan capiva perchè era partita, anche se lei non aveva dato spiegazioni nemmeno a lui e non lo aveva salutato, prima di lasciare Parigi e i moschettieri per sempre.

In quei dieci anni d'Artagnan aveva mantenuto il suo segreto, non era mai venuto a meno alla promessa fattale a Belle Ile, quando aveva scoperto tutto. Era stato difficile i primi tempi, soprattutto davanti alla disperazione e alle mille domande che si facevano Athos e Porthos per quella partenza frettolosa.

Poi il tempo era passato, si erano rassegnati, si era sposato ed erano nati i suoi figli e la vita aveva preso a scorrere per tutti in maniera diversa... E Aramis era diventata un dolce ricordo lontano che non avrebbe influito più sulle loro vite.

E invece, il destino, unito a tre bambini pestiferi, aveva rimescolato le carte...

Non sapeva cosa le avrebbe detto rivedendola, non sapeva come lei vivesse, se da uomo o da donna, non sapeva come avrebbe dovuto affrontarla. O meglio, avrebbe saputo farlo se fossero stati soli perchè lui sapeva tutto di lei, le avrebbe parlato a viso aperto, da amico ad amica.

Ma...

Athos...

Il suo amico era là con lei e d'Artagnan non aveva la più pallida idea di cosa stesse succedendo in quella casa. Era abbastanza certo che Athos fosse arrabbiato, lo era sicuramente i primi tempi quanto meno, quando Aramis era appena partita senza dire nulla a nessuno. Ma erano passati dieci anni e la mente di Athos era comunque, nonostante lo conoscesse ormai bene, imperscrutabile per certe cose, per il guascone. Athos non parlava mai dei suoi sentimenti e tante cose della sua vita rimanevano un mistero, compreso cosa pensasse di Aramis, della quale ormai non parlava più da anni. D'artagnan lo rispettava, non chiedeva, non si intrometteva nella vita dell'amico, a meno che non fosse Athos a raccontare qualcosa. Ma questo succedeva raramente perchè il moschettiere era sempre stato una persona riservata. E lo era diventato ancora di più proprio dopo la partenza di Aramis.

E quindi, trovarsi faccia a faccia dieci anni dopo, che reazione aveva risvegliato in lui? Gioia? O rabbia?

E poi, trovarsi davanti Aramis e magari scoprire il suo segreto, che effetto poteva avere avuto su Athos? Oppure, lo sapeva già e non aveva detto nulla agli altri, proprio come aveva fatto egli stesso?

D'artagnan era confuso, molto...

Ma non vedeva l'ora di arrivare! E spronava e rispronava il suo cavallo a galoppare più veloce della luce.

Per arrivare in quel villaggio, per rivedere i suoi figli e forse, per riallacciare quel rapporto di amicizia lasciato in sospeso, spezzato tanti anni prima...

Uno per tutti, tutti per uno...

Come gli sarebbe piaciuto, se fosse stato ancora vero, possibile... Ma loro, ne sarebbero stati ancora capaci?

Oppure, lontananza, silenzi, solitudine e rancori aveva intaccato per sempre quel rapporto di amicizia che sembrava indissolubile?

Non lo sapeva e quasi aveva paura a chiederselo... Ma non si fermava e galoppava senza sosta, con la stessa temerarietà e tenacia di quando era giunto, sedicenne ed inesperto, a Parigi...


...


A Demian, Julie e Luis piaceva Bazin. Era buffo, imbranato e portava una ventata di allegria in quella casa, quando arrivava al mattino a chiedere alla sua padrona di cosa avesse bisogno. Era una vera e propria boccata d'ossigeno e di ilarità con i suoi modi genuini, forse grossolani e da paesano, così diverso dai signorotti dell'alta società parigina.

Ai bambini piaceva e lo seguivano ovunque, mentre era lì a casa di Aramis. Ne erano incuriositi e soprattutto, respiravano un clima un pò più sereno quando c'era lui a distrarli.

Infatti, a nessuno dei tre era sfuggito il cambio di clima e di umore in quella casa, da quando Athos era arrivato pochi giorni prima.

Soprattutto Julie e Demian, erano rimasti spiazzati dal cambiamento di umore dello 'zio Athos', di solito sempre gentile con loro. Era cupo, musone e poco incline a dar loro retta, cosa tanto strana per lui che mai era stato uno che esternava il suo affetto platealmente ma che con piccoli gesti aveva sempre fatto capire loro quanto bene gli volesse.

E anche Aramis, l'idolo della piccola Julie, era cambiata da quando Athos era arrivato. Rimaneva sempre la donna in gamba che li aveva salvati giorni prima, ma anche lei era tesa e nervosa...

Non capivano cosa succedesse attorno a loro ma speravano che d'Artagnan arrivasse il prima possibile a prenderli per mettere fino a tutto ciò...

Julie e Demian ne erano certi, il loro papà sapeva risolvere tutti i problemi! E anche Luis riponeva grande fiducia nel moschettiere che da sempre ammirava con venerazione.

"Io mi annoio!!!" - esclamò Julie, sedendosi per terra e borbottando rumorosamente.

Aramis, intenta a lucidare la sua spada, la osservò dalla sedia. "Non puoi trovarti qualche gioco da fare con tuo fratello e con il principe?" - rispose, indicando i due bambini che parlottavano tranquilli fra loro sul letto nella camera.

Julie scosse la testa. "Io non voglio giocare tutto il giorno coi maschi, io voglio giocare all'aperto!!!" - si lamentò la bimba.

Aramis scosse la testa, guardando fuori dalla finestra. Il tempo era pessimo e pioveva a dirotto. "Non vedi che piove? Purtroppo per oggi, sarà impossibile uscire!" - le disse con tono gentile, capendo quanto noiosa dovesse essere quella situazione per una bimba.

"E quando smette?" - insistette Julie.

Athos, spazientito da quei lamenti, batté con forza un pugno sulla spalliera della poltrona dov'era seduto. "Ora basta Julie!!! Quì nessuno comanda il tempo e nessuno, a parte te, si sta lamentando!!! Finiscila di fare capricci o mi farai arrabbiare sul serio!!! Questa situazione è già abbastanza pesante così com'è, senza che tu la peggiori ulteriormente! Se ve ne foste stati buoni a Parigi, ora non saremmo quì! Se davvero non sai cosa fare, pensa ai tuoi errori e medita su come non ripeterli in futuro!".

Julie spalancò gli occhi e arretrò. Ci era rimasta male... Cos'èra quel tono freddo, arrabbiato, aggressivo? Athos... Lo zio Athos... Stentava a credere che si trovasse di fronte a lui. Era così diverso dal moschettiere gentile che aveva imparato a conoscere da quando era nata. Certo, le era capitato diverse volte di vederlo teso quando aveva affrontato, con suo padre, missioni pericolose ma MAI le aveva parlato così bruscamente... "Zio Athos..." - mormorò con timore, mentre calde lacrime si affacciavano ai suoi occhi.

Aramis guardò Athos con sguardo furente invece. "Non ti ricordavo tanto maleducato! Ti sembra il modo di parlare ad una bambina?".

Athos non si scompose e riaffondò nella poltrona, irritato. "Conosco Julie da quando è nata e so meglio di te come parlarle! E come agisco, non sono affari tuoi, se permetti..." - sibilò con cattiveria, piantando il suo sguardo in quello della donna.

In quel momento si sentì il rumore di un cavallo che giungeva, nella pioggia, al galoppo. Aramis si alzò dalla sedia e si avvicinò alla finestra per vedere se era Bazin che era arrivato. E fu grande la sua sorpresa quando, invece del suo servitore, vide una faccia conosciuta, che non incontrava da dieci anni. Il cuore prese a batterle forte, all'impazzata. Era lui, proprio lui!!! Quanto lo aveva pensato, aspettato da quando quella storia era iniziata, con l'incontro coi suoi figli! D'artagnan, il ragazzo coraggioso dal cuore puro, che aveva protetto come un fratellino nei suoi anni parigini, che aveva visto crescere e diventare uomo, battaglia dopo battaglia, che conosceva il suo segreto e che mai l'aveva tradita. Gioia, emozione di rincontrare quel ragazzino diventato adulto... "D'artagnan!" - esclamò.

"D'artagnan?!" - ripeté Luis saltando giù dal letto e correndo alla finestra.

Anche Demian e Julie corsero a vedere. "E' arrivato papà!!!" - esclamarono in coro.

Julie saltò fra le braccia di Aramis, felice. "E' arrivato il mio papà, è arrivato il mio papà finalmente!!!" - urlò abbracciandola, eccitata.

Aramis le strizzò l'occhio, sorridendole. "E allora sù, corrigli incontro!".

I bimbi spalancarono la porta e corsero fuori mentre Aramis e Athos, soli, si scambiarono uno sguardo in cagnesco. "Non gli vai incontro?" - chiese la donna, con freddezza, vedendo che il moschettiere non si alzava dalla poltrona.

Athos alzò le spalle. "Non vedo perchè dovrei fargli tanti cerimoniali..." - rispose con freddezza, in tono di sfida.

Aramis si morse il labbro. Non capiva, era confusa... Athos ce l'aveva con lei e questo poteva avere senso... Ma con d'Artagnan, che problemi c'erano? Cosa era successo ai suoi amici mentre lei non c'era? Aveva mille domande da porre ma non era ne il luogo ne il momento per farle... Uscì senza aggiugere altro e appena fuori, vide il guascone circondato dai tre bambini che gli saltavano attorno eccitati.

Appena d'Artagnan la vide, sorrise e le si avvicinò felice. Era vestita con abiti maschili che però non nascondevano la sua vera natura. La camicia bianca di seta metteva ben in evidenza il suo petto prosperoso e Aramis era rimasta la bella donna di dieci anni prima. Beh, almeno sapeva come viveva e come si era presentata ad Athos... "Aramis, che piacere..." - le sussurrò appena la ebbe davanti, con un tono misto di felicità, stupore per quella situazione e imbarazzo. "O dovrei dire... Renèe?".

La donna sorrise. "Aramis va benissimo d'Artagnan! Sono felice che tu sia quì" – gli rispose, andandogli incontro.

I bimbi corsero vicino ai due e Julie prese la mano del padre. "Papà, sai che questa signora sa combattere bene con la spada come te?".

D'artagnan annuì alla piccola. "Oh, lo so! Io la conosco bene".

Julie sorrise e fece per replicare ma Aramis la bloccò. "Su, entriamo in casa o ci bagneremo come pulcini, con questa pioggia!".

I tre bimbi annuirono e corsero dentro velocemente, lasciando soli per pochi istanti Aramis e d'Artagnan. Il guascone guardò la donna. "Sai, non potevo credere alle mie orecchie quando De Treville mi ha detto dov'erano i miei figli e cosa era successo!".

Aramis ridacchiò. "Oh, non lo dire a me! Ero incredula quando ho scoperto chi erano quei tre mocciosetti!".

D'artagnan annuì. "Già...". Poi guardò verso l'uscio pensieroso. "Athos è quì?" - chiese preoccupato, non vedendo l'amico arrivare.

Il viso di Aramis si rabbuiò. "Sì, è dentro... Devo dire che il suo carattere è davvero peggiorato in questi dieci anni... Quì con lui, non è stato il massimo del divertimento in questi giorni, se devo essere onesta e...".

D'artagnan fece per replicare e chiedere spiegazioni ma i bimbi presero a chiamarli dall'uscio e dovette rimandare le domande che aveva in testa. Che diavolo stava succedendo in quella casa? In che rapporti erano i suoi due amici, dopo dieci anni di lontananza e silenzio? Un pò lo immaginava ma non riusciva a farsene un'idea chiara in testa.

Entrarono in casa e Athos, osservando l'amico entrare, non si alzò ne si scompose. Si limitò ad annuire serio in segno di saluto, senza tirarsi su dalla poltrona. "Era ora d'Artagnan! Credevo ti fossi perso per strada!" - disse, con freddezza. In quel momento era arrabbiato, ora ne era conscio, rivedendo il guascone! Con Aramis e anche con d'Artagnan, sì!!! Con la prima, perchè aveva tradito l'amicizia profonda che li aveva uniti, col secondo perchè... Non lo sapeva ancora bene il perchè ma in quel momento vedere d'Artagnan lo irritava! Forse era perchè stava facendo una carriera migliore della sua, forse perchè conosceva e condivideva un segreto con la loro vecchia compagna d'avventure, un segreto che Aramis non aveva voluto rivelare a nessuno eccetto che a lui... O forse, semplicemente era irritato e basta! Qualunque cosa fosse, Athos sapeva di avere un umore pessimo in quel momento.

"Ho fatto prima che ho potuto Athos, sono partito appena De Treville mi ha informato sugli ultimi sviluppi!" - rispose con calma forzata il guascone, onde evitare che Athos peggiorasse il suo tono di voce ulteriormente. Dalle poche parole che gli aveva rivolto, l'aveva ben capito che Athos era di umore nero. Ma non aveva voglia ne di polemizzare con lui ne di litigarci, soprattutto non a casa di Aramis e non con i suoi bambini presenti. E soprattutto, non aveva voglia di litigare con uno dei suoi migliori amici, senza sapere il motivo di tanto rancore. D'artagnan poteva forse capire appieno la tensione fra Athos e Aramis ma non capiva perchè l'amico, a quanto sembrava, ce l'avesse anche con lui.

Athos si alzò dalla poltrona, spazientito forse per quel tono di voce calmo che d'Artagnan gli aveva riservato. Avrebbe preferito che gli rispondesse male, così almeno avrebbe avuto l'appiglio per attaccarlo e dare sfogo alla sua rabbia. Ma così, il guascone gli aveva tarpato in un certo senso le ali... "Se questo ritmo di viaggio è il meglio che puoi fare, credo che il corpo dei moschettieri sia nei guai...".

Nemmeno quell'ultima frecciatina sfuggì al guascone e come per la frase precedente, decise di sorvolare e di non cogliere la provocazione. "Che vuoi farci, vuol dire che sto invecchiando!" - ribatté con calma, alzando le spalle.

Athos digrignò i denti, ancora una volta battuto. Si ributtò sulla poltrona in silenzio, deciso a non proseguire ulteriormente quella conversazione.

D'artagnan lo fissò torvo per un istante, poi si inginocchiò davanti ai suoi figli, stringendoli in un abbraccio. "Julie, Demian... Voi non immaginate che paura ci avete fatto prendere, voi e il principino!" - disse, osservando il piccolo Luis seduto sulle sue ginocchia.

Demian si strinse a lui. "Papà, ci spiace! Sei arrabbiato?".

D'artagnan sospirò. "Abbastanza! Ma per ora, voglio godermi il fatto di avervi ritrovati sani e salvi! Dovreste ringraziare Aramis per quello che ha fatto per voi! Siete stati fortunati ad incontrare lei e spero che questa brutta storia vi abbia insegnato qualcosa!".

"Oh, lo spero bene!" - intervenne nuovamente Athos in tono acido – "Spero che abbiate imparato bene cosa vuol dire DISOBBEDIRE e a che conseguenze questo porti! E mi auspico che vostro padre vi punirà come meritate, invece che abbracciarvi come ha appena fatto!".

"Athos!!!". D'artagnan si alzò di scatto, ora EVIDENTEMENTE spazientito. Si sforzò di tenere un tono di voce basso ma sentiva che la pazienza lo stava abbandonando... "I miei figli saranno puniti e messi in castigo come meritano, te lo garantisco! Ma non li vedo da giorni, io e la loro madre siamo stati in ansia per notti intere, senza chiudere occhio, chiedendoci se li avremmo mai rivisti vivi! E ora, se permetti, voglio godere del fatto che siano quì con me, sani e salvi! E voglio riabbracciarli perchè credevo che forse non lo avrei più potuto fare! Il resto verrà dopo, non preoccuparti per questo!".

Athos lo fissò torvo, occhi negli occhi. "Fa quello che vuoi, non sono figli miei dopo tutto!".

Aramis si intromise fra i due, notando il disagio dei bambini in mezzo a quella strana lite. "Ragazzi, siamo molto stanchi, perchè non ci calmiamo e rimandiamo i discorsi seri a dopo? Preparo la cena e così, a pancia piena, si perlerà meglio".

Athos le lanciò uno sguardo fugace. "Io non ho fame e non ho niente da discutere! Abbiamo quì il futuro capo dei moschettieri dopo tutto, che ci pensi lui a organizzare il viaggio di ritorno a Parigi! Anzi, fatelo insieme tu e lui, siete così in SINTONIA! Io me ne vado a letto, buona notte a tutti!". Si avviò alla porta della sua camera, la chiuse dietro di se e scomparve dalla sala.

Julie abbassò lo sguardo, nuovamente turbata dal comportamento di Athos. "Papà..." - sussurrò al genitore, in cerca di risposte.

D'artagnan le sorrise, forzatamente. "Lo zio Athos ha un caratteraccio, lo sai bene! Vedrai che con una bella dormita, domani sarà più simpatico e gentile!". Poi si voltò verso Aramis, in cerca egli stesso di risposte.

La donna scosse la testa. Non sapeva cosa dirgli. Gli fece cenno di attendere di essere soli e forse, insieme, avrebbero capito cosa stava succedendo ad Athos. Avevano dieci anni di lontananza da raccontarsi poi, sarebbe stato bello chiaccherare insieme. Aramis fissò il giovane guascone davanti a lei. Era diventato un uomo, era cresciuto non solo nel fisico ma anche nella mente. Lo aveva capito vedendolo coi suoi figli e soprattutto, per come aveva tenuto testa ad Athos durante il loro battibecco, non cedendo alle sue provocazioni. Sarebbe stato un buon capitano per i moschettieri, ne era certa...




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Capitolo 8
*** Raccontami di te... ***


Ci sono, eccomi a riaggiornare! Grazie come sempre a tutti per le recensioni graditissime!

Purtroppo per qualche mese non potrò aggiornare e ci tenevo a farlo prima di riscomparire per un pò. Mi sono rifatta male alla spalla (quinta lussazione) e mercoledì sarò operata. Quindi, per un pò mi sarà difficile aggiornare. Ma appena torno in forma, la scrittura procederà spero speditamente!

Un bacione a tutti e, spero, a presto!





Raccontami di te...



La pioggia continuava a cadere incessantemente e il vento che ululava all'esterno faceva presagire temperature fredde.

Nella casetta di Aramis era calato il silenzio, dopo che Athos e i tre bambini erano andati a letto e solo il rumore della pioggia e del vento la faceva da padrone nella piccola sala.

D'artagnan e Aramis se ne stavano seduti al tavolo, pensierosi e forse imbarazzati da quel contatto faccia a faccia dopo dieci anni. Si sentivano entrambi impacciati a cominciare una qualche conversazione, non perchè fra loro ci fossero rancori ma perchè era difficile iniziare a parlare, a raccontarsi, a fare domande...

Dieci anni sono tanti, lo sapevano entrambi...

Eppure, sentivano che dovevano, che desideravano chiaccherare come un tempo, che non potevano sprecare con il silenzio quell'opportunità di rivedersi che gli aveva regalato il destino. Anche se era notte, anche se sarebbe stato meglio andare a letto a riposare per essere pronti il giorno dopo ad organizzarsi per bene per rientrare a Parigi, anche e soprattutto dopo il comportamento incomprensibile, alterato e scortese che Athos aveva tenuto poco prima.

Fu Aramis a spezzare quell'imbarazzante silenzio... "Fa freddo quì, che ne dici se accendo il camino?" - chiese al guascone con la più scontata delle frasi, abbozzando un timido sorriso.

D'artagnan la fissò, inizialmente stupito dal suono della voce dell'amica, poi annuì. "Certo, in effetti fa freddo!" - esclamò lui stringendosi nelle spalle. Fissò fuori dalla finestra il buio della notte e la pioggia incessante e violenta. "Credo che la temperatura si sia abbassata un bel pò...". Discorsi sul tempo... Quanto di più banale per cominciare una discussione? Ma era un inizio...

"Puoi dirlo forte che fa freddo!" - rispose Aramis inginocchiata davanti al camino, intenta ad accendere il fuoco – "Quì siamo vicini alle montagne, la temperatura è più bassa che a Parigi e il maltempo picchia duro, quando ci si mette...".

D'artagnan sbuffò, avvicinandosi alla finestra e fissando il panorama che si stagliava davanti a lui nell'oscurità. Tutto intorno a loro era campagna aperta e solo molto in lontananza si intravedeva qualche fioca luce che proveniva dal villaggio. Quei posti a lui che era nato e cresciuto in Guascogna erano familiari e trasmettevano serenità e pace, ma Aramis? Lei era cresciuta e vissuta lontano dalla campagna, come aveva fatto a modificare in quel modo così radicale il suo stile di vita? "Sai, mi chiedo come tu abbia fatto ad abituarti a vivere in un posto così isolato, così diverso da Parigi..." - sussurrò pensieroso.

"Oh beh, nella vita ci si abitua a tutto, dopo che si è vissuto l'inferno..." - rispose lei con tono pacato, fissando il fuoco che aveva preso ad ardere nel camino... Mentre le immagini di Francois morente scorrevano davanti ai suoi occhi...

Capendo a cosa Aramis alludesse, d'Artagnan si morse il labbro. "Scusa... Certe volte prima di parlare, dovrei pensare di più!".

A quelle parole, Aramis sorrise. "Non preoccuparti, non c'è problema! A dire il vero, mi sembri molto maturato e pacato nei gesti e nelle parole, a differenza di dieci anni fa! Quindi, non scusarti!".

Il guascone sorrise, poi si avvicinò al tavolo, sedendosi nuovamente. "E' che sai... è... imbarazzante, difficile trovarsi quì con te dieci anni dopo che te ne sei andata... Non so cosa dire, non so di che argomento parlare... Tante, troppe cose non so di te, tanti perchè a tante domande che mi sono fatto. E ho paura a portele perchè potrei risultarti invadente. O saccente o ancora peggio, irritante e maleducato come Athos poco fa!" - concluse, indicando la scala che aveva preso il moschettiere per andare a dormire nella sua camera.

Aramis sorrise dolcemente, mettendosi anch'essa nuovamente a sedere davanti a lui. Capiva lo stato d'animo di d'Artagnan perchè lei stessa si sentiva nel medesimo modo. Erano amici ma tante verità erano state celate fra loro, in quei dieci anni. D'artagnan era l'unico a conoscenza del suo segreto ma nemmeno a lui aveva voluto, all'epoca, dire della sua partenza. Lo avrebbe fatto, lo avrebbe coinvolto in quella scelta, anche solo per sentirsi meno sola, ma alla fine aveva deciso di non farlo. Perchè se avesse raccontato a d'Artagnan della sua decisione, gli avrebbe riversato addosso il peso di quel segreto con gli amici che il guascone aveva più vicino, mettendolo davanti ad un bivio: l'amicizia e la sincerità verso Athos e Porthos da una parte e la promessa verso di lei di mantenere il segreto... Aveva deciso, allora, che non poteva farlo e così se n'era andata senza dirgli nulla, senza un saluto, senza una spiegazione... "D'artagnan, non sentirti in imbarazzo, non è il caso. Parlare con te per me, è molto più semplice di una qualsiasi conversazione con tutte le altre persone che hanno fatto parte della mia vita nel periodo parigino. Chiedimi quello che vuoi, non avrò problemi a risponderti... Te lo devo!".

D'artagnan abbassò lo sguardo, chiuse gli occhi e lentamente fece scorrere nella sua mente gli ultimi tempi passati con Aramis a Parigi. La lotta con Mansonne, con Milady, Maschera di Ferro... Il segreto svelato, la loro promessa, la vittoria contro i nemici, la vendetta compiuta, il ritorno della pace... E la partenza misteriosa di quella donna forte e coraggiosa... Spesso aveva pensato al perchè di quella sparizione ed era riuscito a darsi delle risposte che però, non sapeva se fossero esatte. "Te ne sei andata perchè pensavi che la tua vita a Parigi non avesse più senso, visto che avevi vendicato Francois, non è vero?" - chiese con un sussurro, fissandola timidamente negli occhi.

Aramis annuì. D'artagnan era cresciuto e come immaginava, aveva acquisito la straordinaria capacità e saggezza di capire gli stati d'animo delle persone, nonché la delicatezza di trattare con garbo e discrezione chi gli stava davanti. "Sì, più o meno le cose stanno così. Vedi, compiuta la mia vendetta, non trovavo altre motivazioni serie che mi inducessero a continuare a vivere a Parigi sotto mentite spoglie, come un moschettiere. Non potevo continuare a mentire a voi e a me stessa. Prima o poi tutto sarebbe venuto allo scoperto e di me che ne sarebbe stato? La vita da moschettiere per me è stata splendida ma non era il mio posto e non mi avrebbe portato a nulla, non potevo, a differenza vostra, costruirmi un futuro... De Treville aveva accettato di tenermi quando mi ero presentata a lui la prima volta ma rimanere poteva diventare problematico per lui, qualora fossi stata scoperta. Ne sarebbe uscito male, come poteva giustificare la presenza di una donna nel corpo di sua maestà? Avrebbe passato dei guai e io non lo volevo! E in fin dei conti, dovevo riprendere in mano la mia vera vita, vivere senza menzogne, alla luce del sole, senza più segreti. Per questo me ne sono andata... Lontana da Parigi, tutto sarebbe stato più facile. Per tutti... So che mi avete odiata, ne sono cosciente e ne avete tutte le ragioni ma...".

A quelle parole, d'Artagnan scosse vigorosamente la testa. "Io non ti ho mai odiata, capivo i motivi che potevano averti spinto a lasciare Parigi! Certo, mi sarebbe piaciuto salutarti e magari, se ne avessi avuto bisogno, aiutarti. Ma sei adulta, sai scegliere bene per te stessa e io ti rispetto e non sono nella posizione di giudicarti. Certo, è stato difficile mantenere il segreto con Athos e Porthos, ma giuro che non mi sono mai lasciato sfuggire nulla sul tuo conto con loro anche perchè non ho mai saputo se anche loro, come me, fossero a conoscenza di tutto e mantenessero il tuo segreto".

"Athos e Porthos non hanno mai saputo nulla di chi fossi in realtà e tu ne sei venuto a conoscenza per caso!" - rispose Aramis – "Certo, ora Athos sa, non avevo intenzione di mentire ancora o di nascondermi quando vi foste presentati a me dopo che ho contattato De Treville per la faccenda dei bambini e sarebbe stato inutile, visto che i piccoli erano a consocenza del fatto che sono una donna! E credo che la reazione di Athos di poco fa sia dovuta proprio a questo, al fatto di aver scoperto chi sono in realtà e le mie menzogne. E che il suo amico e moschettiere Aramis, in realtà non è mai esistito!".

D'artagnan si morse il labbro a quelle parole, poi sorrise. "Primo punto: Aramis è esistito, esiste e continuerà a vivere in te! Insomma, donna o uomo, Aramis ci è stato amico, compagno e aiuto nei momenti difficili! C'eri, eri con noi nelle nostre battaglie, spesso ci siamo salvati a vicenda la vita, non dimenticarlo mai!".

A quelle parole, Aramis non riuscì a trattane un sorriso dolce. "D'artagnan... grazie!". Era un grazie sincero... Davanti a d'Artagnan, alle sue parole, Aramis ricordò quanto fosse davvero speciale quella sua amicizia con quegli uomini, quanto valore avesse, quanto l'aveva aiutata nei momenti difficili... Gli erano mancati, per anni lo aveva negato a se stessa per non soffrire ma, senza di loro si era sentita spesso persa...

"Secondo!" - proseguì d'Artagnan, stavolta in tono più cupo – "Ecco, per quanto riguarda Athos... io non credo che le cose stiano proprio come pensi tu! Vedi, io credo di poter affermare con sicurezza che Porthos non abbia alcun sospetto circa la tua identità ma Athos... lui... mi ha sempre dato l'impressione di sapere... Ma magari mi sbaglio, Athos è sempre stato di poche parole e di certo, non sono andato a tampinarlo sull'argomento... Ma ecco... quando te ne sei andata, lui è quello che ha reagito più rabbiosamente. Io e Porthos eravamo affranti ma lui... era arrabbiato, era come se si sentisse... tradito. Non lo dimostrava platealmente ma era chiaro che lo fosse. Non ha più voluto parlare di te, non ha mai voluto andare sull'argomento... Sembrava che dopo la rabbia, anche il solo sentir pronunciare il tuo nome lo facesse soffrire... Te l'ho detto, magari mi sbaglio ma... io credo che Athos sappia di te, molto più di quello che dà da intendere! Lui è sempre stato la mente del nostro gruppo, il più intuitivo e quindi, non mi stupirei se ci fosse arrivato da solo, alla verità".

Aramis appoggiò la fronte alla mano, lasciandosi scivolare leggermente sul tavolo. In effetti, le parole di d'Artagnan davvero la potevano stupire? Athos era la mente del gruppo, un abile spadaccino e stratega e soprattutto una persona dotata di una fine e spiccata inelligenza. Uno che sapeva osservare i particolari, che scrutava con discrezione, che pensava... Non sarebbe stato a logica, in fondo, troppo strano che lui potesse aver capito. E taciuto per discrezione, un lato tanto tipico del suo carattere dopo tutto... E anche per amicizia verso di lei forse... Athos aveva dato spesso prova, in passato, di fidarsi ciecamente. Se davvero aveva capito che lei non era chi dichiarava di essere, probabilmente aveva deciso di non chiedere nulla per non risultare invadente, fidandosi delle sconosciute motivazioni che l'avevano portata a travestirsi da uomo. Aveva una logica il tutto! Trovarsi davanti ad Athos aveva probabilmente reso palese un qualcosa che a livello inconscio aveva sempre saputo ma che non aveva mai voluto ammettere... "Se è come dici tu d'Artagnan, forse Athos agisce in maniera tanto scostante e scontrosa perchè si è sentito tradito dalla mia partenza. Lui si era fidato di me a scatola chiusa e io me ne sono andata senza dirvi una parola, senza un saluto, senza una spiegazione. In fondo, ha ragione ad essere arrabbiato!".

D'artagnan fissò per qualche istante, in silenzio, l'amica. Era affranta, non ci voleva molto per capirlo. E probabilmente era anche preda di inutili sensi di colpa... Lei non doveva niente a nessuno, le sue decisioni, ne era certo, erano state prese con sofferenza, dopo lunga meditazione. Le sorrise con quel suo sorriso noncurante che tante volte aveva vestito da ragazzino. "Ah, non pensarci troppo! Al di là di tutto, Athos è un orso e probabilmente, invecchiando, questo lato del suo carattere è andato peggiorando! Tra qualche anno sarà un vecchio, acido brontolone a cui non andrà bene nulla! Sta tranquilla, gli passerà appena avrà trovato qualcos'altro su cui borbottare!".

Aramis scoppiò a ridere a quelle parole. A quanto pare, il passare degli anni non aveva minato l'ottimismo e la capacità di sdrammatizzare di d'Artagnan. "Tu non cambierai proprio mai per certe cose!" - sghignazzò, prendendo ad osservarlo. Era cresciuto, era maturato, ma era rimasto il simpatico, semplice, fedele amico di dieci anni prima. Scosse la testa, allontanando da se i pensieri negativi sul comportamento di Athos. "E di te invece, che mi racconti? Fin'ora abbiamo parlato di me e Athos ma tu invece, che hai combinato in questi dieci anni?".

D'artagnan sbatté le palpebre, perplesso da quel repentino cambio d'argomento. E sollevato nel vedere l'amica più serena di poco prima. "Io?" - indicò col dito le scale della casa che portavano al piano superiore dove c'erano le camere da letto – "Ecco, come hai ben potuto vedere, ho messo al mondo quelle due pesti. O meglio, lo ha fatto Constance, ma io beh... ecco... diciamo che ho collaborato!" - concluse strizzandole l'occhio.

Aramis fece un sorriso divertito e volutamente malizioso. "Quindi alla fine tu e Contance vi siete sposati è? Hai realizzato il tuo sogno...".

Il guascone annuì. "Oh sì, ce l'abbiamo fatta! Bel matrimonio, bella cerimonia e primi anni da sposini STUPENDI! Poi abbiamo deciso di allargare la famiglia e sono arrivati i due mostriciattoli che dormono al piano di sopra. E il romanticismo e la passione han lasciato il posto a notti in bianco, pannolini e inseguimenti di due bambini che hanno iniziato a cacciarsi nei guai appena mossi i primi passi... Non ho mai capito da chi abbiano preso...".

Aramis sorrise. "Mah d'Artagnan, chissà..." - commentò in tono ironico.

D'artagnan se ne accorse e finse di stare al gioco. "Non pensare male! Magari Constance da piccola era una peste che ha messo a ferro e fuoco Parigi... Dovrei chiedere a suo padre...".

"Sì sì, come no!" - rispose divertita Aramis.

"Comunque" – proseguì d'Artagnan – "siccome saran pestiferi ma ci vengono benissimo, io e Constance abbiamo bissato pochissime settimane fa ed ora abbiamo anche Sophie".

A quelle parole il viso di Aramis si addolcì in un sorriso. "Quindi, hai tre figli! Congratulazioni di cuore! Sono felice per te, te lo meriti!". Lo pensava davvero. D'artagnan aveva un cuore puro e sincero, era una persona leale e gentile e si meritava la vita che si era costruito. "Hai una bella famiglia e una carriera avviata! Sapevo che avresti fatto strada e credo che sarai un ottimo sostituto, quando De Treville abbandonerà il ruolo di capo dei moschettieri!".

Il viso di d'Artagnan si incupì. Già, comandante dei moschettieri... Non era ancora convinto di meritare quella nomina e ogni volta che ci pensava, l'ansia prendeva ad attanagliarlo. "Ecco, De Treville mi ha preso alla sprovvista quando mi ha proposto il ruolo di successore. Credo che Athos o Porthos abbiano più diritto di me di accedere a quella carica... Ma De Treville è irremovibile e molto insistente e io mi sento preso fra due fuochi. Non voglio fare un torto al mio capitano e non voglio farne ai miei due migliori amici, scavalcandoli in un ruolo che spetterebbe a loro prima che a me!".

"Non essere sciocco!". Il tono di Aramis si era fatto fermo. "Il ruolo di capitano non spetta a chi è entrato per primo nel corpo dei moschettieri ma al più meritevole. E io la penso come De Treville! Tu sei la persona giusta! Non perchè Athos o Porthos non siano meritevoli di lode ma tu d'Artgnan hai qualcosa in più di loro... Hai carisma, intelligenza, forza e sei un ottimo spadaccino proprio come loro. Ma a differenza di loro sei rimasto semplice, umile e limpido proprio come quando sei arrivato a Parigi tanti anni fa. Una dote rara che molti perdono, quando si entra a far parte del mondo della corte di Francia... Accetta d'Artagnan e farai un favore a te stesso, a De Treville e ai nostri sovrani! Te lo meriti e anche Athos e Porthos, ne sono sicura, saranno felici per te!".

D'artagnan sorrise timidamente. Le parole di Aramis gli donavano coraggio e serenità d'animo, una serenità che gli mancava da quando De Treville gli aveva comunicato la sua decisione. "Grazie, sei un'amica!".

"Di niente!" - rispose con semplicità la donna. "E restando in argomento, Porthos invece come sta? Continua a mangiare per dieci come una volta?" - chiese per alleggerire il clima e per interesse verso l'amico che, a quanto sembrava, non faceva parte di quella missione.

Il guascone ridacchiò, pensando all'amico. "Oh sì, mangia come allora! Sta bene, meglio di me e te probabilmente, in questo momento! E' alle terme, ha avuto una licenza dal capitano e si starà divertendo con la sua amante, una contessa di Parigi di quarantacinque anni! Divertimento senza rischi di trovarsi con dei marmocchi in giro dopo nove mesi, dice lui... Porthos ha capito tutto dalla vita! E per questo non è quì con noi" - concluse, allegro.

Aramis scosse la testa, divertita. "Porthos non cambierà mai!".

"Già" – rispose d'Artagnan – "è il giullare del gruppo, quando sono in missione con lui la risata è assicurata. E anche le risse nelle osterie dove soggiorniamo...".

Aramis sorrise, con un velo di nostalgia sul viso. Già, le osterie, i viaggi, le risate... Quanto aveva amato quella vita ormai tanto lontana... La dolce incertezza dell'imprevisto, l'adrenalina dell'avventura, il gusto di impugnare una spada per combattere... Anche se il mondo, la società le avevano imposto di allontanarsi da quella vita, sapeva che quello sarebbe stato il suo posto, dove sentirsi realizzata e felice. Forse un giorno sarebbe successo, forse un giorno le donne avrebbero potuto entrare in mondi a loro preclusi in quell'epoca. E vivere come volevano la loro vita, senza costrizioni ma seguendo solo il loro cuore, il loro istinto e le loro inclinazioni... Ma i tempi non erano ancora maturi, lo sapeva... "Che ne dici, andiamo a letto?" - concluse troncando il discorso frettolosamente, mentre un groppo alla gola prendeva a tormentarla al pensiero di quanto aveva perso partendo da Parigi.

"Sì, è tardi..." - rispose d'Artagnan senza aggiungere altro.

Salirono le scale in silenzio. La mente di Aramis pensava febbribilmente mentre saliva i gradini, dopo quel colloquio. Non poteva tornare indietro, non poteva cambiare il passato e la realtà. Ma il giorno dopo, assolutamente, avrebbe voluto e dovuto chiarire tutta la situazione con Athos. Almeno quello doveva e voleva farlo! Non sapeva ancora tutto, non sapeva perfettamente cosa turbasse l'amico... Ma, decise, lo avrebbe scoperto! E, sperava, tutto si sarebbe risolto!


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Capitolo 9
*** Moschettiere contro moschettiere ***


Non aggiorno questa storia da tantissimo, da oltre un anno e me ne scuso. Come molti ricordano ero stata operata alla spalla e poi mi era venuto un mega-blocco dello scrittore per le storie di questa sezione e così negli ultimi dodici mesi mi sono occupata di storie di altre sezioni che mi ispiravano di più.

Ma d'Artagnan, i moschettieri, il loro mondo sono un mio amore da sempre e l'ispirazione era infatti lì dietro l'angolo, pronta a tornare!

Non sò bene se qualcuno si ricorda di questa storia e se qualcuno vorrà ancora leggerla ma ho comunque tutta l'intenzione di finirla, aggiornando con tempistiche meno scandalose di come ho fatto nell'ultimo anno.

Ovviamente se qualcuno leggerà, se qualcuno recensirà, mi farà assolutamente piacere! :D

Per ora mando un grosso saluto a tutti!





Moschettiere contro moschettiere



Il primo giorno di d'Artagnan in casa di Aramis era trascorso in uno strano e teso silenzio. Il tempo si era mantenuto pessimo, con pioggia e vento che avevano sferzato la campagna del piccolo borgo incessantemente. Partire coi tre bambini era impensabile in quelle condizioni, troppi intoppi potevano trovare sul cammino. Un infortunio del cavallo a causa del fango, rallentamenti per le pioggie violente, attacchi da parte di briganti di strada che non aspettavano altro che vedere una carrozza impantanata in qualche meandro isolato. Meglio aspettare il ritorno del sole e viaggiare così in tutta tranquillità verso Parigi coi gemelli e soprattutto col futuro re di Francia. D'artagnan dubitava comunque che gli scalcinati banditi che avevano rapito i tre bambini si sarebbero fatti rivedere. Dal racconto fattogli da Aramis dovevano essere una banda di ladri di polli o poco più, che erano riusciti in quell'impresa solo perchè alle prese con bambini piccoli e curiosi.

D'artagnan aveva meditato in silenzio durante tutta la giornata, studiando mentalmente i percorsi più veloci e sicuri per raggiungere Parigi mentre Aramis era stata una perfetta padrona di casa, riuscendo a sistemare tutti i suoi improvvisati ospiti nel più confortevole dei modi.

I bambini sembravano più tranquilli dopo l'arrivo del guascone, soprattutto il piccolo principe che non smetteva di osservare e di stare appiccicato a d'Artagnan, persona per cui provava sentimenti di grande ammirazione. Spesso sua madre Anna gli aveva raccontato le gesta coraggiose e la fedeltà incrollabile di quello spadaccino fenomenale e lui era cresciuto nel suo mito, anche a causa di un padre davvero troppo assente e che per lui di certo non poteva diventare una figura di riferimento stabile.

Athos invece era stato silenzioso e scontroso tutto il giorno e non aveva parlato minimamente del viaggio di ritorno, limitandosi a strasene seduto sulla poltrona a pensare a chissà che... In fondo, il capo non sarebbe dovuto essere d'Artagnan? Che ci pensasse lui a stabilire e a organizzare tutto!

Il guascone dal canto suo, benché avesse preferito discutere con Athos un piano di viaggio, aveva evitato di punzecchiarlo troppo o di coinvolgerlo in qualche discussione anche futile per non incorrere nel pericolo di scatenare dal nulla nuove discussioni davanti ai bambini. Però il comportamento del suo vecchio amico lo irritava e di certo, faccia a faccia, due paroline con lui le avrebbe scambiate volentieri, almeno per sapere cosa gli frullasse nella testa. Non lo riconosceva più, in quel momento... Dov'era l'Athos saggio, la mente del gruppo, l'uomo di esperienza a cui chiedere consigli?

Era ormai la seconda sera dall'arrivo del guascone, quando la pioggia cominciò a calare di intensità. D'artagnan fissò il paesaggio fuori dalla finestra. Era un pantano unico, il terreno ci avrebbe messo almeno un giorno di sole pieno ad asciugarsi quel tanto che bastava per non restare impantanati nel fango con una carrozza. "Se siamo fortunati e domani c'è il sole, fra due giorni potremmo riuscire a partire!" - commentò fiaccamente.

"Davvero?" - chiese Luis, eccitato.

Julie si avvicinò al piccolo principe. "Io non sarei così contenta! Appena torniamo a casa a Parigi, ci mettono tutti e tre in castigo A VITA!!!".

D'artagnan squadrò la figlia. "Ci puoi scommettere ragazzina! Tu e tuo fratello siete in guai grossi!".

"Dai papà, scusa!" - esclamò Demian aggrappandosi al braccio del padre.

Aramis ridacchiò. "Dai d'Artagnan, non giocare a fare il severo! Da ragazzo se non ricordo male, di guai ne combinavi parecchi anche tu!".

Athos a quelle parole sbuffò, tetro in viso. "Lui ha una memoria selettiva Aramis, ricorda e dice solo quello che gli fa comodo!" - sussurrò in maniera sibillina.

D'artagnan fissò Athos, torvo. Era un attacco non troppo velato a lui, di nuovo! E non ci voleva un genio per capire che Athos ce l'aveva con lui per qualcosa... Non si era mai comportato così, il loro era da sempre stato un rapporto aperto e di grande amicizia e rispetto. Ma ora era evidente che qualcosa in Athos era cambiato e non era solo a causa di quella strana situazione con Aramis, riapparsa magicamente nelle loro vite dopo dieci anni di silenzio. Athos ce l'aveva anche con lui evidentemente e non ne capiva il motivo! Forse era ingenuo, forse gli aveva fatto un torto senza accorgersene, forse, forse... Beh, non ci capiva un accidenti! Guardò i figli e Luis che sembravano smarriti davanti a quello strano atteggiamento di Athos e decise di agire ancora una volta con diplomazia. "Non si tratta di essere severo coi miei figli o di punirli. E' una questione di fiducia verso di loro, la mia... Da piccolo mi hanno insegnato che la fiducia è molto difficile e lunga da conquistare ma estremamente veloce da perdere. Se i miei figli vogliono che io mi fidi di loro in futuro, devono dimostrarmi di esserne degni. Come io devo dimostrarmi un buon padre verso di loro perchè si fidino di me, loro devono dimostrarmi di essere figli che sanno ascoltare e sanno seguire i consigli di chi ha più esperienza di loro e gli vuole bene!".

Julie si oscurò. "Vuoi dire che ora che abbiamo disubbidito, non ti fiderai più di noi e non ci vorrai più bene, papà?".

Il guascone sospirò e poi la prese in braccio. "Ti vorrò sempre bene Julie e sò anche che tu e tuo fratello siete piccoli e quindi è facile che voi sbagliate. Ma se tu e lui mi dimostrerete di aver imparato la lezione per il futuro, se saprete dimostrarmi di essere ubbidienti, pian piano comincerò a fidarmi di voi come prima. Gli errori si possono commettere Julie, ma l'importante è imparare da essi. E se saprete farlo, man mano che crescerete diventerete persone sempre migliori di cui tutti avranno fiducia e rispetto e di cui io sarò orgoglioso. Ma fino ad allora dovrete saper ascoltare me, vostra madre e chi è più grande e ha più esperienza di voi. Capito?".

"Capito!" - esclamò la bimba abbracciandolo, imitata poi dal fratellino Demian.

Aramis sorrise. D'artagnan era decisamente diventato un uomo, saggio e maturo. Lo vedeva dal suo rapporto coi figli, dalle sue parole e da come sapeva tener testa senza dare in escandescenze ai modi di fare di Athos, insopportabili per chiunque, ad essere onesta!

Anche Luis sembrava colpito dalle sue parole. Invidiava i suoi amichetti Julie e Demian e il rapporto stretto che avevano col padre. Il suo di padre, l'uomo più invidiato e potente di Francia non perdeva certo tempo a giocare o a parlare con lui. Era sempre distante, sempre severo nelle poche volte che aveva a che fare con lui. Gli ricordava i suoi doveri, lo soddisfava in ogni capriccio ma mai avevano giocato o riso insieme come d'Artagnan faceva coi suoi figli. Gli sarebbe piaciuto un padre come il moschettiere, al posto di essere figlio del re di Francia. Si avvicinò timidamente a lui, posandogli una manina sulla spalla. "D'artagnan, vi giuro una cosa!" - disse serio.

"Cosa?" - chiese il guascone, incuriosito dal tono solenne usato dal bambino.

Luis sorrise. "Un giorno sarò re di Francia e voi sarete il mio uomo di massima fiducia! Voglio che stiate sempre con me, in ogni cosa che farò! Come fate con Demian e Julie!".

D'artagnan sussultò a quelle parole sincere, ammirate, gentili e piene di innocenza infantile. "Vi ringrazio principe! Sarà un onore servirvi!".

Luis scosse la testa. "No, non come servo! Io voglio che siate come un padre per me, come fate con loro!".

Aramis gli si avvicinò, capendo forse i sentimenti che cercava di esprimere il bambino. "Ma voi principe, avete un padre! Forse non lo vedete quanto vorreste ma vi vuole bene e sono sicuro che sarebbe felice di insegnarvi quello che sa!".

"Esatto!" - aggiunse d'Artagnan.

Luis ci pensò su, non troppo convinto. "Mh... Lui preferisce stare col Cardinale Richelieu!".

"Lavorano insieme, come farete voi quando sarete cresciuto! Lo fa per il bene della Francia e dei francesi!" - lo rimbeccò d'Artagnan.

"Ma non è bravo quanto voi con la spada!" - ribatté Luis, deciso.

D'artagnan e Aramis, a quelle parole, scoppiarono a ridere. "Mai argomentare con un bambino determinato!" - commentò infine il giovane divertito, rivolgendosi all'amica. Avrebbe spiegato a Luis, quando fossero stati in viaggio, che doveva essere orgoglioso di suo padre e di quello che faceva per la Francia. Ma in quel momento era troppo divertito e stupito dalla determinazione del piccolo per farlo.

"Già!" - esclamò Aramis.

"D'accordo principe, sarò al vostro fianco per servirvi, quando sarà il momento!" - disse infine d'Artagnan, deciso a non continuare troppo quella conversazione che stava deviando il bimbo da quelli che avrebbero dovuto essere i suoi veri affetti.

"Al primo posto in ogni cosa..." - commentò rabbiosamente Athos, dalla sua poltrona, spezzando quel momento sereno. Aveva assistito a quella conversazione irritato. D'artagnan avrebbe avuto anche la piena fiducia del futuro re, oltre al comando dei moschettieri, a quanto pareva...

D'artagnan sussultò a quelle parole di nuovo dure e di nuovo dirette a lui, ma fece finta di nulla. Si alzò dalla sedia, prendendo i bambini per mano. "E' tardi ora! Su, andate a letto!" - disse con una certa fretta, parlando a loro ma osservando con occhi severi Athos. Li avrebbe messi a letto e poi avrebbe fatto quattro chiacchere con lui.

"Ma..." - protestò Julie.

Aramis si chinò davanti a lei. "Ricordi cosa ti ha appena detto il papà sulla fiducia! Devi obbedire, è tardi e tuo padre ha ragione! Devi andare a letto!".

Demian sospirò. "Va bene!".

Julie sbuffò arrendendosi e i due maschietti annuirono senza fare ulteriori storie. Tutti e tre volevano rimediare al loro errore e apparire bravi e degni di fiducia agli occhi di d'Artagnan.

Il guascone portò i bimbi nelle loro stanze, li mise a letto e i tre si addormentarono quasi subito senza fare ulteriori storie.

D'artagnan li osservò dormire nei loro letti, felice di averli ritrovati sani e salvi, di averli stretti a se e della convesazione che aveva avuto con loro poco prima. I suoi figli, la sua famiglia erano la sua vita. Così come il piccolo principe Luis, di cui comprendeva bene la solitudine per la poca presenza del padre e che considerava quasi, a sua volta, come un figlio. Era onorato dalle parole che il piccolo gli aveva rivolto poco prima e sperava vivamente di non deluderlo mai, in futuro, quando fosse diventato adulto. Sospirò, chiuse dietro di se la porta della camera e poi tornò nel piccolo salotto. Ora ben altre conversazioni, meno piacevoli, lo aspettavano.

Raggiunse i due compagni e si parò davanti ad Athos, serio. "Esci fuori un attimo, per favore!" - gli intimò con fare deciso.

Aramis si avvicinò ai due. L'aria stava diventando incandescente e lo sguardo di d'Artagnan prometteva scintille quanto quello di Athos. "Ragazzi, calmiamoci e non facciamo o diciamo cose di cui poi ci pentiremmo!" - si intromise, cercando di smorzare i toni.

D'artagnan scosse la testa. "Non ho alcuna intenzione di dare di matto, ho solo un paio di cose da chiarire con lui fuori di quì!".

"Puoi parlare, ti ascolto!" - rispose Athos con tono arrogante.

Il guascone scosse nuovamente la testa. "Fuori di quì! I bambini dormono e non voglio disturbare ne loro ne Aramis che è la proprietaria di casa, con le nostre faccende!".

Athos sospirò. Lo fissò in viso, torvo, poi si alzò dalla poltrona avviandosi verso la porta. "Agli ordini, futuro capitano..." - commentò sarcasticamente. In effetti era nervoso, arrabbiato e frustrato. E un faccia a faccia con d'Artagnan gli avrebbe fatto smaltire un bel pò del sangue amaro che gli scorreva nelle vene.

D'artagnan sbuffò, fece cenno ad Aramis di rimanere in casa e di stare tranquilla e poi uscì fuori, dove Athos lo aspettava già. Richiuse la porta dietro di se, venendo investito dalla pioggerellina che continuava incessantemente a cadere. Era fastidiosa! Come quell'assurda situazione che si era venuta a creare con quello che credeva uno dei suoi migliori amici. "E allora Athos, che ti prende?" - chiese, senza giri di parole.

Athos si allontanò dalla porta, camminando verso la staccionata che dava poi sui campi intorno alla casa. Non gli importava ne della pioggia ne del nervosismo di d'Artagnan. Era fuori di se, accecato da una rabbia talmente incontenibile che non riusciva a percepire nient'altro che i suoi sentimenti. "Non ho assolutamente niente d'Artagnan! Sono solo bloccato in piena campagna in una missione che avresti dovuto condurre TU e solo TU, per tanti motivi!".

D'artagnan lo seguì. "Tu sei quì perchè il capitano De Treville te l'ha ordinato!" - commentò, secco. C'era dell'altro, Athos non poteva essere tanto nervoso solo a causa del fatto che erano bloccati in piena campagna dalla pioggia!

Athos scoppiò a ridere, sarcasticamente. "Ahah, d'Artagnan! Lo sò, io sono il galoppino di De Treville, quello da mandare ovunque per sistemare i guai fatti dai suoi pupilli e dai loro famigliari! Lo sò, lo sò perchè sono quì, non c'è bisogno che me lo spieghi come se fossi un pivello...".

D'artagnan scosse la testa. "Finiscila di fare la vittima! Sai benissimo che il capitano non pensa a te in questi termini e che sei un uomo di massima fiducia per lui!".

A quelle parole Athos si voltò verso di lui con un'espressione furiosa sul viso. "Oh, davvero? Se non ricordo male sono i TUOI figli ad essere stati rapiti. E hanno trascinato con loro il futuro re di Francia! Il fatto che siano stati salvati da Aramis è un'ulteriore segno del fatto che avresti dovuto solo TU venire quì ad occupartene!".

D'artagnan sospirò. Ecco, pian piano Athos stava arrivando al fulcro del discorso. Ed era come pensava! Non era la missione in se che lo innervosiva tanto ma la vicinanza con Aramis, dopo anni di lontananza e di mancate spiegazioni. E forse in questo mix esplosivo anche la posizione che lui aveva raggiunto ai vertici del corpo dei moschettieri contribuiva a rendere Athos ancora più aggressivo. Non sapeva a che altro attribuire il comportamento del suo amico nei suoi confronti, davvero non capiva. "Senti... Io capisco che sei in imbarazzo nei confronti di Aramis e che...".

"TU NON CAPISCI NIENTE INVECE!". Era troppo... Con un balzo Athos si scagliò contro il guascone, assestandogli un pugno in faccia. Era tutto il giorno che desiderava farlo! Non ce la faceva ad ascoltarlo mentre cercava di consolarlo, di capirlo, di fargli quella che gli appariva come una paternale! Non capiva niente d'Artagnan! Non capiva che si era sentito tradito da Aramis dieci anni prima e che ora si sentiva tradito anche da lui per aver scoperto che lui sapeva del segreto della donna con cui probabilmente aveva condiviso un qualcosa che per lui era rimasto solo un sogno. No, d'Artagnan non poteva, non doveva parlare! Lui, che aveva una vita perfetta, una famiglia perfetta doveva solo stare zitto! Aveva avuto tutto dalla vita d'Artagnan, a quanto sembrava anche un rapporto intimo con una donna che per lui aveva sempre rappresentato un sogno. Una donna che viveva da uomo, che sapeva combattere come un uomo. E che aveva la bellezza di una dea...

"HEI!". Frastornato dal colpo subito, d'Artagnan barcollò e cadde a terra. Ma con un balzo fu subito sù. Da piccolo di scazzottate ne aveva fatte parecchie e gli erano servite da allenamento, anche se negli anni non gli era più capitato di trovarsi in situazioni simili. "Athos, sei impazzito?!" - gli urlò, rimettendosi in piedi in posizione di guardia.

"Corardo! Che fai d'Artagnan, indietreggi? Paura?".

Il tono di Athos era altezzoso, provocatorio. Se quella situazione fosse avvenuta dieci anni prima, d'Artagnan si sarebbe azzuffato con lui subito, senza pensarci su. Ma ora era adulto e Athos era un suo amico. Non voleva azzuffarsi con lui e soprattutto non ne capiva il motivo. "Smettila! Non combatterò con te e non farò a pugni come un ragazzino! Dimmi che diavolo c'è!".

Athos strinse i denti, corroso dalla rabbia. Come faceva a non capire? "Non ti dirò niente, caro FUTURO CAPITANO!". Si lanciò nuovamente contro di lui, pronto a scazzottarsi di nuovo.

D'artagnan parò i colpi dell'amico, indietreggiando. Ma poi, complice il fango, cadde a terra, trascinando Athos con se. I due presero a combattere fra la pioggia e il sudiciume della terra fradicia. Athos colpiva, d'Artagnan parava i colpi come poteva, ancora bloccato dall'idea di reagire, di rispondere. Non ci riusciva, non con Athos!

"Codardo, traditore!" - urlò di nuovo il moschettiere più anziano.

D'artagnan a quel punto lo afferrò per il colletto della camicia, trascinandolo con la schiena a terra e sovrastandolo poi col suo peso. "Traditore? Ma di che stai parlando?".

Athos fece un sorriso maligno e malizioso. "Di te, di LEI... Constance è a conoscenza del forte legame che vi unisce?".

"Ma di che stai parlando?" - chiese a sua volta, bloccandosi, d'Artagnan stupito.

Athos avvicinò il viso al suo, minaccioso. "Sei a conoscenza di molti aspetti 'intimi' di Aramis... Il che è sintomo di una certa... vicinanza... O sbaglio?".

D'artagnan lo fissò alcuni istanti, in silenzio. E finalmente capì. Gelosia, semplice gelosia, perchè non ci era arrivato prima? La mente di Athos doveva aver prodotto un melodramma del rapporto suo con Aramis di dieci anni prima, una specie di fantasia malata su come lui avesse scoperto la sua vera natura di donna. Probabilmente il suo amico, fino a quel momento, ignorava che lui fosse a conoscenza di quel segreto e scoprire invece che lui sapeva la verità lo aveva turbato più di quanto si sarebbe aspettato. D'artagnan da sempre sospettava che Athos sapesse ma non aveva mai osato chiedere nulla su Aramis per non tradire la fiducia che l'amica aveva riposto in lui e per non turbare Athos che sembrava, dieci anni prima, il più sconvolto di tutti dalla partenza misteriosa della donna moschettiere. Il suo amico non poteva certo immaginare che lui aveva scoperto tutto per un puro e fortuito caso e che Aramis MAI gli avrebbe confidato il suo segreto se le circostanze non l'avessero costretta a farlo. Evidentemente Athos nutriva sentimenti ben più profondi verso Aramis – o Renée – di quelli che voleva dare a vedere e proprio a causa di ciò si era lasciato sedurre dalla gelosia e dal sospetto, evitando di cercare la soluzione più ovvia alla natura dei rapporti fra lui e la donna moschettiere, a come avesse scoperto la verità solo per caso. Era chiaro, Athos si era sentito tradito da lei per essersene andata senza dire nulla e doveva essersi sentito tradito anche da lui perchè pensava che loro avessero avuto anni addietro una tresca amorosa tenuta nascosta a tutti. Beh, Athos era fuori strada! "Sai che ti facevo ben più intelligente?" - sbottò infine, quasi divertito da quello strano gioco di malintesi che aveva generato quella situazione surreale in cui lui e Athos si prendevano a cazzotti in mezzo al fango come due ragazzini.

Athos però pareva molto meno propenso a scherzare. "RIPETILO!" - urlò, pronto a sferrare un altro pugno.

"ORA BASTA!".

La voce forte, potente e furente di Aramis fece voltare entrambi. Da quanto tempo era lì, a quanto aveva assistito di quella zuffa infantile? Troppo presi da loro stessi, non si erano accorti che la donna li aveva raggiunti fuori, sotto la pioggia, e ora la fissavano a occhi sbarrati, inebetiti e con le guancia rosse dalla vergogna.

Lo sguardo di Aramis faceva scintille, incurante dell'imbarazzo dei due! A dire il vero in quel momento avrebbe preso volentieri a calci nel di dietro entrambi!!! "I bambini che dormono in casa mia sono più maturi di voi, allo stato attuale! Prendervi a pugni così, VOI, due degli uomini più fidati di Francia? Due moschettieri? Non state facendo onore alla divisa che portate, spero ve ne rendiate conto! Non oso immaginare cosa direbbe il capitano De Treville se lo sapesse...".

"Non sono affari tuoi!" - sibilò Athos, furente e allo stesso tempo imbarazzato.

"Ti avevo chiesto di lasciar fare a noi..." - borbottò d'Artagnan, sentendosi abbastanza ridicolo.

Aramis sbuffò. "Mi avevi anche detto che la situazione sarebbe stata tranquilla, se ben ricordo... E invece!".

D'artagnan arrossì. "Ha iniziato LUI!!!" - balbettò, quasi a giustificarsi.

"Finiscila!" - ribatté Athos stizzito. Stava facendo la figura dell'idiota. Davanti a lei!!! E se ne rendeva ben conto!

D'artagnan sospirò, deciso a tornare a fare l'uomo per primo visto che Athos si ostinava a fare il ragazzino offeso. Era ora di tirarsi su e di tornare a fare la persona adulta. "Si, la finisco TESTONE! E vi lascio soli, credo che voi due abbiate un pò di cose da chiarire!". Si alzò in piedi e si diresse verso casa senza aspettare una qualsiasi risposta dai due. Voleva lasciarli soli. Per permettere ad Aramis di spiegare e permettere ad Athos di capire e di fugare i suoi dubbi. E forse per permettere un chiarimento che aspettava da dieci anni di venire alla luce. Non sapeva che piega avrebbe preso per loro quella conversazione, cosa ne sarebbe nato e qual'era la natura esatta e l'intensità dei sentimenti lasciati in sospeso da entrambi. Ma era ora di scoprire le carte in tavola, di far venire alla luce il VERO rapporto che li aveva uniti da quando si erano conosciuti. Aramis avrebbe trovato la pace e Athos avrebbe avuto le risposte che tanto cercava, se si fossero parlati onestamente e senza giri di parole. E forse gli animi si sarebbero calmati e tutti avrebbero ritrovato serenità e gioia. Lo sperava vivamente... Forse sarebbe esistito ancora il loro motto... Tutti per uno, uno per tutti...

"Hei, dove vai?" - gli chiese Athos in tono severo, ancora seduto nel fango.

D'artagnan non si voltò nemmeno. Si limitò ad alzare il braccio in un segno di saluto e a rientrare in casa. "A farmi un bagno caldo, ne ho bisogno!" - rispose fiaccamente, chiudendo la porta di casa dietro di se.

Aramis e Athos si guardarono negli occhi. Erano soli. E ora l'un l'altro si sarebbero dovuti dare molte spiegazioni.





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Capitolo 10
*** Sentimenti alla luce del sole ***


Penultimo capitolo, manca solo l'epilogo!

Grazie per la pazienza e grazie a tutti quelli che stanno ancora seguendo questa storia!

Spero che questo capitolo A/A vi piaccia!

L'epilogo arriverà nei prossimi giorni, giuro!

Se vorrete farmi sapere cosa ne pensate, mi farà felice!


Sentimenti alla luce del sole


"E allora Athos, hai deciso di fare pace col tuo cervello o hai intenzione di continuare ad essere idiota ed ottuso come ti sei dimostrato fino a questo momento?". La voce di Aramis era un miscuglio di rabbia, freddezza e delusione. Athos la stava deludendo, lui, che lei aveva sempre considerato il più saggio, intelligente, integerrimo... Ma che gli stava prendendo? Il suo astio verso di lei lo comprendeva ma perchè, perchè si stava comportando così anche con d'Artagnan e i suoi figli? Aveva spezzato il cuore della piccola Julie che Athos sapeva stravedere per lui, Si era azzuffato nel fango con il suo migliore amico come se fosse stato un ragazzino di quindici anni! Dannazione, questo non era Athos! Athos era intelligenza, raffinatezza, eleganza, educazione, dolcezza anche... Era ora di far tornare le cose nel giusto ordine! Era sempre stata una donna forte e se fosse stato necessario l'avrebbe fatto ragionare a suon di scarpate in testa, ci teneva troppo! Athos non doveva perdersi, non poteva farsi accecare dalla rabbia e dal dolore! Era troppo in gamba e prezioso per farlo e lei glielo avrebbe impedito!

"Sta zitta!". Gli occhi di Athos erano iniettati di rabbia, non ragionava più... Era combattuto dalla dannata voglia di urlarle dietro e... di spingerla contro l'albero accanto a loro e baciarla con passione!

Aramis gli si avvicinò furiosa. "Al diavolo, non starò zitta! Non ci è mai riuscito nessuno a zittirmi e di certo non lo farai tu con il tuo comportamento idiota! Athos, dannazione che ti prende?".

"Sta lontana da me!" - tuonò la voce di Athos, mentre il temporale imperversava intorno a loro. Non doveva avvicinarsi troppo Aramis, non era così sicuro di resistere alle sue tentazioni non troppo pure...

Incurante, Aramis gli si parò davanti, prendendolo per il colletto con un gesto veloce. "Al diavolo, io quì ci resto! E se non la smetti, ora sarò io a prendere a pugni te! E ti assicuro che potrei essere più brava di d'Artagnan!".

Athos si accigliò, momentaneamente sorpreso dalla foga della donna. Aveva visto tante volte Aramis combattere, animata dalla concitazione di una battaglia, ma mai l'aveva vista tanto arrabbiata. "Più brava di d'Artagnan a fare a pugni? Tu... sei una...".

"Una donna! Dillo Athos, su non farti remore! Si, sono una donna! La stessa che ha combattuto per anni con voi, la stessa che con voi ha sfidato la morte più e più volte, la stessa con cui ti piaceva allenarti con la spada! Ero e sono al vostro livello, oggi come ieri! E tu ti stai comportando da idiota!". Disse, spintonadolo e facendolo arretrare fino al tronco del grosso tiglio che svettava nel suo giardino.

Athos digrignò i denti. "Ora è diverso!".

"Ora è diverso perchè sai chi sono?" - urlò Aramis, mentre i tuoni sovrastavano la sua voce.

Athos scosse la testa, rabbioso. "No, non per quello! E' una questione di fiducia! Hai tradito la mia, la nostra! Se davvero vuoi saperlo, io non ho mai creduto al fatto che tu sia un uomo! Ho sempre saputo la verità, l'ho intuita dal primo istante in cui ti ho vista!".

Aramis si bloccò, a bocca aperta. Athos quindi... sapeva? "Cosa?".

Athos si avvicinò a lei con sguardo duro, di rimprovero. "Già, sapevo! Ma sai cosa? Non mi interessava, non mi sono mai chiesto i motivi per cui tu lo facessi! Mi fidavo di te come mi fidavo di Porthos e del capitano De Treville. E poi di d'Artagnan, quando è arrivato anche lui! Eri un buon amico, eri leale, tenevi a noi... O almeno, credevo...".

Aramis sussultò. Athos era partito usando un tono rabbioso ma che poi era scemato in un sussurro triste e risentito. "Cosa vuol dire? Che non ti fidi più di me?".

Athos fece un sorriso freddo. "Come potrei? Non ti ho mai chiesto nulla perchè ritenevo che dovessi essere tu a volerci dire qualcosa, se ti andava... Ero convinto che tu avessi i tuoi buoni motivi per essere entrata nei moschettieri e li rispettavo! A me bastava la tua amicizia sincera! Credevo tenessi a noi, credevo che per te fossimo importanti e questo mi bastava! E invece da un giorno all'altro sei sparita e te ne sei andata, volatilizzata nel nulla. Non un saluto, non una spiegazione. E se il principe e i figli di d'Artagnan non fossero finiti per puro caso sulla tua strada, di te non avremmo saputo più niente".

Aramis si bloccò, frastornata da quelle parole. Athos aveva sempre saputo, Athos aveva accettato silenziosamente ogni sua decisione... E probabilmente era quello che più era rimasto ferito dal suo allontanamento di dieci anni prima. Forse, era ora di dire la verità, di dirgli davvero tutta la sua storia. Sospirò, mentre il suo sguardo si perdeva nella campagna, allagata da quell'immenso temporale. "Sono venuta a Parigi per vendicare la morte del mio uomo, ucciso da Maschera di Ferro e da Mansonne tanti anni fa. Era il mio amore, l'uomo che avrei dovuto sposare. Il capitano De Treville sapeva chi fossi e mi ha accettata e io ho fatto di tutto per nascondere la mia identità perchè non volevo che lui passasse dei guai a causa mia. Ho conosciuto te, Porthos e gli altri moschettieri e sono stati anni bellissimi... Siete i miei ricordi più belli! Mi sono sentita a casa con voi, come se avessi una famiglia anche se di fatto non ne avevo più una. Il resto della storia lo conosci anche tu! Maschera di Ferro e Mansonne sono stati sconfitti e io ho avuto vendetta... Credevo che dopo tutto questo, avrei continuato a vivere come un moschettiere, con quella vita che ormai amavo. Ma a quel punto la menzogna che avevo portato avanti tanti anni è diventata pesante da sopportare. Che sbocchi avrei avuto, che vita avrei avuto se fossi rimasta a Parigi? Una vita non vita, non vera! Ogni rapporto che avrei creato sarebbe nato sulla menzogna... Una menzogna che ormai mi aveva intrappolato e che prima o poi sarebbe stata scoperta... Per questo me ne sono andata in silenzio... Non sapevo cosa dire, cosa fare, avevo paura delle vostre reazioni, avevo paura di crearvi problemi. Credimi, andarmene ha fatto più male a me che a voi! Voi a Parigi vivete una vita alla luce del sole, io non avrei potuto farlo! Mi spiace che tu ti sia sentito ferito, giuro che non lo avrei mai voluto... Sei sempre stato quello che ho più ammirato, il più integerrimo, il più astuto, il più intelligente, il più saggio...".

Athos rimase in silenzio per alcuni istanti, tramortito da quel fiume di parole che Aramis gli aveva riversato contro. Ora sapeva, ora tutto pareva assumere una logica precisa... La rabbia sembrò scemargli dentro, lasciando posto a una assurda stanchezza. Già, essere arrabbiati era un ottimo modo di disperdere forze ed energia... "Stanno davvero così le cose?".

Aramis alzò le spalle. "Si, stanno davvero così... Sapevo che vi avrei ferito ma non potevo fare altro... Il mio posto non era quello, benché lo amassi... E' stata una fuga la mia, lo so... Non avevo scelta! E inoltre, sapevo che voi sareste rimasti insieme e avreste condotto una vita comunque serena. Io sarei diventata per voi un ricordo sempre più lontano, uno dei tanti moschettieri che hanno incrociato le vostre vite negli anni. E mi andava bene così!".

Athos sospirò. Il viso di Aramis sembrava triste e questo in un certo senso lo feriva. La preferiva pochi minuti prima, arrabbiata e pronta a prenderlo a cazzotti. "Se nessuno sapeva... Come mai d'Artagnan non è parso sorpreso quando ti ha rivista, vestita da donna? Perchè a lui l'hai detto?". Era una cosa che lo faceva impazzire... Perchè non si era fidata di lui, come si era invece fidata del guascone?

Aramis sorrise. "Ma io non gliel'ho detto, l'ha scoperto da solo durante la battaglia di Belle Ille. Mi ero ferita e mi si era strappata la camicia! E ha visto, mio malgrado, tutto quello che c'era da vedere! Sono stata costretta a dirgli la verità a quel punto e gli ho chiesto di non farne parola con nessuno. E lo conosci, se d'Artagnan promette, poi mantiene! E' una persona pura e onesta, leale. E negli anni ha acquisito molto carisma, carisma che non gli consente di perdere le staffe come hai fatto tu in questi giorni! E' il successore ideale di De Treville, ne sono sicura! Non dovresti essere geloso di lui! E dovresti chiedere scusa alla piccola Julie, se vuoi un consiglio!".

In quel momento Athos si sentì un idiota! Aveva dimenticato la fiducia, l'amicizia, la lealtà che aveva sempre unito gli uni agli altri. Erano stati un grande gruppo loro, una grande forza! Sarebbe bastato parlare, chiedere a lei e a d'Artagnan per avere risposte sincere! E si sarebbe risparmiato tutto quel sangue amaro che lo aveva avvelenato negli ultimi giorni! Aramis era stata sincera, forse ora avrebbe dovuto esserlo lui... E magari tutto sarebbe andato a posto... "Ero geloso!".

"Lo so!" - rispose lei, sicura.

Athos inspirò profondamente. "Geloso e stupido... Ti ho sempre apprezzata in silenzio, ero incantato da te e da ogni cosa che facevi! Ti consideravo unica perchè non esistono donne come te! Per Porthos e d'Artagnan tu sei stata un vero amico ma per me, la tua perdita... è stata uno strappo al cuore! Prima il dolore e poi la rabbia perchè non capivo! Perchè non riuscivo a credere che te ne fossi andata senza dire nulla a me! Credevo di essere importante per te, credevo che il nostro fosse un tipo di rapporto più forte rispetto a quello che avevi con gli altri... Te ne sei andata e io non mi sono sentito come uno che ha perso un amico... Io mi sono sentito come un... amante... abbandonato dalla donna che ama!".

Aramis sussultò. Non se lo aspettava, non poteva crederci! Il tono di voce di Athos era stato rabbioso ma anche addolorato e... passionale. Era vero, Athos aveva ragione, per lei lui era diverso, più speciale degli altri. Vedere giorno dopo giorno Athos era stata una medicina per il suo cuore distrutto dal dolore di aver perso Francois. Sapeva di esserne attratta, da sempre! Sapeva di avere imparato ad amare Athos giorno per giorno ed era stata terririzzata da questo sentimento che non poteva vivere. Ma ora sapeva che Athos era a conoscenza di tutto, che si era fidato di lei in silenzio senza dire nulla, senza chiederle nulla! Se entrambi avessero avuto la forza e la determinazione di vivere i loro sentimenti alla luce del sole, le cose sarebbero forse andate diversamente per entrambi. Meno solitudine, meno dolore, meno rabbia. E più gioia data da una vita piena.

Aramis non disse nulla, non aggiunse altro. Le parole non servivano! Gli si avvicinò, lasciando liberi quegli istinti che aveva obbligatoriamente sopito negli anni.

E lo baciò, con passione.

Athos spalancò gli occhi, sorpreso. Ma poi rispose al bacio, riversando su di lei anni di dolore e mancanza, anni di desiderio mai realizzato, anni di amore silenzioso.

"Ti sei sentito come un amante abbandonato è?" - sussurrò maliziosa, fra un bacio e l'altro.

"Si..." - rispose lui, col fiato corto, mentre le sue mani vagavano sui fianchi della donna.

"Mi sei sempre piaciuto Athos, ma ti ho sempre considerato irraggiungibile!" - mormorò lei, accarezzandogli il petto.

"La stessa cosa vale per me! Bella e irraggiungibile, terribilmente in gamba! Ti amo da sempre, Aramis...".

"René... mi chiamo René..." - mormorò lei di rimando – "E ti amo da sempre anch'io, da quando hai scaldato il mio cuore, aiutandomi e confortandomi, in quel mondo di soli uomini! Senza il tuo aiuto, sarei stata persa!".

Athos non disse più nulla. Rabbia e dolore ormai lontani. Lei era bella, era lì fra le sue braccia e gli sembrava di impazzire di gioia, di desiderio e... beh, di qualunque cosa gli stesse macinando dentro, facendogli sentire in ogni fibra del suo essere un fuoco violento. Baciandosi raggiunsero il fienile, lasciando fuori tutto quello che li aveva divisi e quell'infinito temporale che scuoteva la campagna.

Chiusero la porta, si stesero sul fieno.

E si amarono appassionatamente tutta la notte...





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Capitolo 11
*** Ricominciare, a Parigi ***


Finita! Con questo breve epilogo, riesco a mettere la parola fine a questa storia.

Grazie a tutti quelli che mi hanno seguita e sostenuta e grazie per ogni singola recensione!

Spero che il finale vi piaccia!


Ricominciare, a Parigi


Un raggio di sole impertinente svegliò Aramis e Athos dal sonno profondo in cui erano piombati dopo quella notte d'amore e passione! Le assi della stalla erano sconnesse e la luce del giorno filtrava ovunque!

Aramis si tirò su di scatto, dando una pacca alla spalla di Athos che, nudo, le dormiva placidamente accanto. "Dannazione! Ci siamo addormentati quì! Ed è già mattina fatta e potrebbero piombare quì i bambini o d'Artagnan, preoccupati per non averci visti rientrare! Alzati e vestiti!!!".

Athos sobbalzò, quasi spaventato. "Hei...".

Aramis lo guardò storto, poi sorrise dolcemente però. "Starei qua ore con te, giuro! Ma se non ci vedono in casa, penseranno che ci siamo picchiati fino ad ammazzarci, stanotte! Soprattutto, considerando in che stato ci ha lasciati d'Artagnan stanotte!".

"Ok, facciamo così! Esco prima io, vado in casa e parlo con lui. Gli dirò che ci siamo chiariti e che sei uscita presto per andare a sistemare delle cose al villaggio!".

Aramis, che si stava rivestendo, assunse un'aria scettica. "Credi che d'Artagnan ci crederà? Se ne sei convinto...". Poi il suo viso si addolcì improvvisamente, ripensando ai momenti con lui, in quella notte appena passata. Il suo odore, il calore del suo corpo, la passione... Si avvicinò e lo baciò. "Beh, provaci comunque!".

Athos sorrise. "Ahah, vediamo! A dire il vero, ho un pò di cose di cui scusarmi con lui e con sua figlia! Quindi devo parlarci comunque!".

"Ok, vai!" - mormorò Aramis, catturata dall'immagine dell'uomo che si rivestiva. Bello, muscoloso, elegante, con un fisico asciutto e sodo. Era bello come un dio, Athos! Lo guardò uscire e poi scosse la testa. Beh, era meglio togliersi quella faccia da ebete che, si sentiva, aveva in viso. E magari iniziare a fare qualcosa di più produttivo che starsene sognante in una stalla, mezza nuda. In fondo lei e Athos, avevano deciso, avrebbero avuto infiniti altri momenti per rivivere quella notte, come avevano deciso poche ore prima.

Athos si avviò in casa. Il temporale della sera prima era cessato e ovunque splendeva uno splendido e tiepido sole. L'aria era frizzante e pulita, così come il suo animo di nuovo fattosi leggero. Era felice... Aveva odiato quel viaggio e invece gli aveva cambiato la vita!

Aprì la porta e trovò il guascone già vestito, coi bambini che mangiavano la colazione seduti al tavolo. "Buongiorno!" - esclamò fissando l'amico in viso.

D'artagnan lo guardò incuriosito. "Buongiorno a te!".

Athos sospirò. D'artagnan non sembrava arrabbiato e aveva usato con lui il suo solito tono amichevole e tranquillo. Il suo amico non era in grado di tenere rancore troppo a lungo ed aveva un carattere infinitamente migliore del suo. "Ecco... Sono uscito a controllare se il temporale ha allagato l'aia e...".

D'artagnan ridacchiò. "Si certo! E tu e Aramis avete controllato tutto dal fienile?".

Oh...

Athos arrossì, di botto. Lo sapeva, non avrebbe mai potuto fregarlo! "Ecco...".

D'artagnan gli pose una mano sulla spalla. "Tranquillo, non devi spiegarmi niente. Semplicemente, ero affacciato alla finestra e ti ho visto uscire. E siccome nemmeno Aramis è rientrata stanotte... ho tratto la conlusione più logica. Se siete felici, sono contento per voi. Tutto quì!". In realtà lo sapeva, non ci era voluto molto a capirlo perchè da sempre aveva sospettato che quei due sarebbero finiti insieme prima o poi.

Athos rimase senza parole. Il modo di fare di d'Artagnan era semplice, limpido, amichevole. Si sentì in colpa per il modo in cui si era comportato con lui i giorni precedenti perchè davvero, il guascone non li meritava. "Mi spiace, davvero! Per tutto!" - ammise infine, corrucciato.

D'artagnan sospirò. "Beh, l'amore a volte rende stupidi. Felici e stupidi, sì!".

Athos gli sorrise. Il tono di d'Artagnan era sereno, era palese che per lui la lite fra loro era ormai cosa risolta. "Grazie!" - disse semplicemente.

Poi si avvicinò ai bambini. C'era ancora una faccenda da sistemare! Si inginocchiò vicino a Julie che lo guardava silenziosa. "Ciao! Facciamo la pace?" - gli disse, in tono gentile.

Julie lo fissò, poi guardò Demian e Luis. Infine annuì. Beh, lei voleva bene allo zio Athos, anche se era un orso! "Si... Però, devi fare il bravo!" - disse, seria.

D'artagnan scoppiò a ridere. "Ahah, da che pulpito! Ricorda che presto saremo a Parigi e che dovrai rivedere la mamma! Con lei non vi andrà bene come con me!".

Julie e Demian fissarono il padre, deglutendo. In effetti, in fatto di punizioni, l'uomo di casa era la loro mamma Constance!

Julie, con fare civettuolo, saltò fra le braccia di Athos. "Zio Athos, io ti perdono, ma tu in cambio mi difendi dalla mamma, capito?!".

Athos scoppiò a ridere. Julie era una bambina limpida e vivace, come il padre. E con un'intelligenza e una civetteria molto rare per una bambina di quell'età. Avrebbe fatto penare i suoi genitori, da grande... "Beh, vedrò quello che posso fare!".

"Tornerai a Parigi, quindi?" - chiese d'Artagnan all'amico.

"Torneremo!". La voce di Aramis irruppe nella stanza.

D'artagnan e Athos si voltarono.

"Entrambi?" - chiese il guascone, quasi timoroso di essere felice.

Athos si avvicinò alla donna. "Si, entrambi. Io e... René! Una donna che ama cavalcare e sa usare la spada meglio di molti uomini! Abbiamo deciso stanotte. Per ora torneremo a Parigi, insieme! E poi vedremo come evolveranno le cose!".

D'artagnan sorrise. "Beh, mi sembra un'ottima idea! A parte Porthos e Constance a cui dovremo spiegare tutto, per gli altri non sarà un problema. La maggior parte dei moschettieri che han conosciuto Aramis non è più in servizio e per quelli nuovi... sarai solo una donna stra-maledettamente in gamba!".

"Si, più o meno il piano è quello!" - commentò Athos.

"Bello!". Julie corse da Aramis, felice. "Se vieni con noi, mi devi insegnare a usare la spada! Voglio essere come te!".

Aramis annuì. "D'accordo!". Cominciava una vita nuova... Molto di Aramis sarebbe rimasto in lei, in René. Una donna, come aveva detto Athos, che sa cavalcare e usare bene la spada come un uomo. Aramis non sarebbe mai morta davvero ma avrebbe semplicemente arricchito l'animo di René. Aramis l'aveva resa migliore e avrebbe sempre vissuto in lei...

D'artagnan sospirò, davanti alla riposta affermativa di René alla figlia. Cominciavano i guai... Ma era felice lo stesso. Mai ci avrebbe creduto ma ora lo sentiva come se fosse una cosa possibile. Il loro motto...


"Uno per tutti, tutti per uno"


Già, presto sarebbe stato nuovamente realtà.



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