Una vita al bivio di lady lina 77 (/viewuser.php?uid=18117)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Una scelta dolorosa ***
Capitolo 2: *** Dieci anni dopo a Parigi... ***
Capitolo 3: *** Il rapimento ***
Capitolo 4: *** Tre bambini e una donna moschettiere ***
Capitolo 5: *** Faccia a faccia, dieci anni dopo ***
Capitolo 6: *** Una missione per Athos ***
Capitolo 7: *** L'arrivo di d'Artagnan ***
Capitolo 8: *** Raccontami di te... ***
Capitolo 9: *** Moschettiere contro moschettiere ***
Capitolo 10: *** Sentimenti alla luce del sole ***
Capitolo 11: *** Ricominciare, a Parigi ***
Capitolo 1 *** Prologo - Una scelta dolorosa ***
Dovevo
scrivere
questa fics dopo aver finito l'altra ma l'ispirazione era tale, che
non ho resistito e l'ho cominciata subito. La scriverò
intervallandola all'altra. Come promesso a Citosol a cui la dedico,
sarà per la prima volta per me, incentrata su Athos e
Aramis, anche
se il mio d'Artagnan avrà un ruolo ampio ;)
Spero
vi piaccia,
spero di non deludervi. E' la prima volta che scrivo una A/A.
Come
sempre,
commenti e critiche sono i benvenuti.
Prologo
– Una scelta dolorosa
Cosa sono io? Donna, uomo, entrambi o
nessuno dei due?
Queste domande le frullavano nella testa da
giorni e non
riusciva mai a darsi risposte certe. Non sapeva più chi era,
qual'era il suo posto nel mondo e il suo scopo nella vita.
Era stata prima una ragazza di buona
famiglia, felice e
spensierata...
Poi era stata una giovane donna innamorata
che aveva
pianto la perdita del suo uomo troppo presto...
Infine era diventata una persona in cerca
di vendetta...
Aveva rinnegato se stessa, ciò
che era stata fino a
quel momento, la sua stessa identità... Si era finta uomo,
era
diventata un uomo, un moschettiere pronto a tutto pur di vendicare
chi aveva amato. Si era ricostruita una vita, un'identità,
una sua
storia tanto diversa da quella che era stata in realtà,
aveva
cambiato città e si era trovata nuovi amici, nuove
abitudini, un
nuovo modo di vivere.
E infine la vendetta era arrivata.
Quell'attesa di
incontrare i suoi nemici, di affrontarli, di sconfiggerli, l'aveva
tenuta su, l'aveva spronata ad inventarsi e a vivere quella vita
tanto diversa da quella che doveva essere in origine.
Aveva finito col crederci davvero in un
certo senso...
Di non essere Renèe, di essere Aramis il moschettiere, di
essere
uomo, di appartenere a quel mondo fatto di duelli, di lotte di
potere, di bevute con gli amici nelle osterie di Parigi.
Ma poi, tutto era cambiato...
Chi aveva ucciso Francois era morto,
vendetta era stata
fatta!
E tutto ciò su cui si era
fondata la sua vita a Parigi
era naufragato. Era tornata ad essere Renèe... O forse no,
non più
Renèe ma nemmeno più Aramis. Piuttosto, una
strana via di mezzo fra
le due identità che aveva vissuto...
Che senso aveva restare a Parigi?
Che senso aveva continuare a essere
moschettiere? Il
capitano De Treville l'aveva aiutasta, le aveva retto il gioco
finché
lei aveva avuto uno scopo per stare nei moschettieri, ma ora...? Gli
anni sarebbero passati e presto si sarebbe vista la
diversità fisica
fra lei e i compagni maschi che la circondavano. Il capitano De
Treville avrebbe rischiato guai se si fosse scoperto il suo segreto e
ora non aveva più scusanti per stare in un corpo di
combattenti dove
non aveva diritto di rimanere, in quanto donna.
Certo, a Parigi c'erano i suoi amici ma...
Che amicizia
era in fondo? Profonda, certo, ma basata su una menzogna. Solo
d'Artagnan sapeva la verità e l'aveva appresa in maniera
fortuita
non certo per sua volontà. Athos e Porthos invece non
sapevano
niente, ne era certa, si fidavano di un'amico che in realtà
non
esisteva. Già... Aramis non esisteva e se era esistito, ora
non
c'era più, non aveva più motivo di essere...
Che fare? Dire tutto e sorbirsi le
conseguenze?
Avrebbero capito? Oppure l'avrebbero odiata? Non sapeva e non voleva
saperlo, non ne aveva il coraggio. Le sue amicizie erano piccole e
preziose certezze in quella sua vita che di certezze ne aveva
poche...
Non poteva più restare a Parigi,
non poteva più essere
moschettiere, ne era certa. Non aveva più senso... Ma non
poteva
nemmeno tornare ad essere Renèe... E quindi doveva
reinventarsi una
nuova vita, una vita al bivio fra la ragazza che era stata e il
moschettiere che aveva combattuto per il re.
Meglio andare, meglio comunicare solo a De
Treville le
sue motivazioni...
Odiava gli addii e non ce l'avrebbe fatta a
salutare per
sempre i suoi tre amici...
Meglio sparire e lasciare un dolce ricordo
di Aramis il
moschettire, piuttosto che partire dicendo la verità, con la
paura
di venire ricordata solo come una grande menzogna.
Era stato duro, aveva temuto di prendere
quella
decisione ma alla fine, le era apparsa come la più logica...
Sarebbe partita, avrebbe iniziato una
nuova, strana vita
lontana da tutti... Un pò donna, un pò uomo,
senza legami e senza
passato.
Ricominciare da zero, non aveva altra
scelta.
Mansonne era morto, non aveva
più senso essere
moschettiere e non poteva più stare a Parigi, fingendosi
l'uomo che
non era. Non poteva, col passare del tempo e senza più uno
scopo
davanti a lei, quel segreto l'avrebbe distrutta e allontanata dai
suoi amici.
Di loro avrebbe serbato il ricordo
più prezioso.
Erano stati anni felici, nonostante tutto.
Grazie a
loro...
Mai avrebbe dimenticato Porthos, grande e
buon'amico,
sempre allegro e senza pensieri per la testa.
Mai avrebbe dimenticato il giovane e
coraggioso
d'Artagnan che aveva intrapreso una carriere che, ne era certa,
l'avrebbe portato in alto...
Mai avrebbe dimenticato... il bel tenebroso
Athos. La
mente, l'intelligenza fatta persona... Se fosse stata una persona
diversa, se avesse avuto una vita diversa e scopi diversi, per Athos
avrebbe potuto provare ben altro che una profonda amicizia... In cuor
suo, l'aveva sempre saputo. Ma sapeva che OGNI cosa le era preclusa
con lui e che, oltre all'ammirazione, nient'altro avrebbe potuto
unirla al moschettire. E poi, Francois non se ne sarebbe mai andato
dal suo cuore... e non era ancora pronta a lasciarlo andare per
sempre...
I suoi amici avrebbero sofferto per la sua
improvvisa
partenza, forse l'avrebbero odiata ma poi se ne sarebbero fatti una
ragione... Erano persone vincenti e sapeva che nella vita avrebbero
sempre primeggiato su tutti, dimostrando il loro valore immenso
presso il re, la corte, i moschettieri.
Quel mondo non le apparteneva
più però, ormai... Per
lei non ci sarebbe stato un futuro roseo, lei non sarebbe mai potuta
andare da nessuna parte... E se fosse rimasta, sarebbe solo
diventata un peso probabilmente...
Già... iniziare di nuovo da
zero...
Scelse il posto, un piccolo villaggio
rurale nella
Francia centrale.
Un posto tranquillo, in campagna...
Trovò una piccola casa isolata,
nei campi, a qualche
centinaio di metri dal paese. Un posto tutto suo, conosciuto da
nessuno. Gente semplice che lavorava nei campi da mattina a sera, che
forse si sarebbe chiesta chi era quella strana donna che viveva sola,
come un'eremita e che si vestiva da uomo... Ma poi si sarebbero fatti
gli affari loro, presi dalla durezza della vita di campagna. E
l'avrebbero accettata con la bonarietà e la
cordialità che solo la
gente semplice sa avere verso il prossimo...
Era questa la nuova vita che aveva deciso
per se. Non
avrebbe nascosto a nessuno di essere una donna ma avrebbe continuato
a vivere come quando era un moschettiere, con abiti maschili,
galoppando quando ne aveva voglia, senza costrizioni in bustini e
abiti pieni di trine e merletti.
Senza legami, in un posto dove nessuno la
conosceva e
dove nessuno l'avrebbe giudicata.
Lasciò Parigi di notte, in
incognito, dopo aver parlato
con De Treville...
La sua avventura parigina era finita,
così come i
legami forti che l'avevano tenuta legata a quella città per
tanto
tempo...
Le piangeva il cuore, non avrebbe
più rivisto i suoi
tre migliori amici...
Ma era giusto così, ne era
certa...
E per dieci anni di Aramis il moschettiere
non si seppe
più nulla...
Molta acqua scorse sotto i ponti della
Senna, prima che
i moschettieri e il loro mondo tornassero a bussare alla porta di
quella casa di campagna che si era scelta come eremo... Sotto forma
di tre bambini pestiferi che si erano messi in guai più
grandi di
loro...
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Capitolo 2 *** Dieci anni dopo a Parigi... ***
Grazie,
grazie
a tutti per il sostegno al primo capitolo :)
Spero
la
storia continui a piacervi. Per qualche capitolo Aramis non ci
sarà,
ma tranquilli, quando arriverà, conquisterà la
scena.
Alla
prossima.
Come sempre le recensioni mi fanno piacere!
Dieci
anni dopo a Parigi...
"Chi ha messo Sophie nella mangiatoia dei
cavalli???" - chiese d'Artagnan salendo le scale di casa sua,
con la figlia minore di appena poche settimane di vita fra le
braccia. Pensava dormisse nella sua culla tranquilla e invece se
l'era ritrovata fra il fieno nella stalla, mentre si apprestava ad
andare al lavoro alla base dei moschettieri. Oh, certo, era una
domanda stupida, sapeva benissimo chi era stato...
Salendo le scale e arrivando al piano
superiore di casa incrociò sua moglie che l'aveva sentito
borbottare e aveva intuito
che qualcosa fosse sucesso. "D'artagnan, che c'è?"-
chiese.
Il guascone sbuffò. "Sophie era
comodamente
adagiata nella mangiatoia dei cavalli Constance..." - disse il
giovane, mostrando la figlia alla bionda moglie.
Constance sbuffò. Cavolo, si era
allontanata solo due
secondi per sistemare la loro camera da letto e già QUALCUNO
aveva
fatto danno. "Ci faranno impazzire..." - disse in tono
piatto.
"Andiamo a parlar loro!" - rispose
d'Artagnan
risoluto, strizzandole l'occhio.
Constance annuì e insieme al
marito e alla figlia
minore percorse il corridoio che portava all'ultima stanzetta in
fondo alla casa.
D'artagnan spalancò la porta e
ovviamente LORO erano
lì... Eccoli, i suoi due amati gemellini di cinque anni...
Un
maschietto e una femminuccia... Ricordava bene i loro visini che
sembravano angelici appena nati, ricordava bene come all'epoca gli
fossero apparsi dolci e indifesi... Beh, già da neonati
avevano
cercato di fregarlo con quella messinscena di bimbi teneri e
delicati. Sapeva che i figli non rispecchiano mai, crescendo, i sogni
che i genitori riflettono in loro quando vengono al mondo, ma quei
due andavano ben oltre... Altro che un bel maschietto che avrebbe
inseguito le sue orme, sognando di diventare moschettiere! Altro che
una dolce bambina che gli ricordasse nei modi di fare Constance!
Demian, il maschietto dai capelli biondi come la madre e dagli occhi
blu come lui, era una peste irrefrenabile che si cacciava nei guai
con una rapidità disarmante. Nemmeno lui, da piccolo, era
stato
tanto vivace quanto suo figlio! E d'Artagnan era stato uno che da
piccolo non stava mai fermo... Poi... DELUSIONE!!! Demian voleva fare
l'avventuriero da grande, non il moschettire!!! Ma la peggiore era
lei... La sua femminuccia dal visino furbo e rotondo, dai capelli
castani come lui, dalla frangetta ribelle e dagli occhioni azzurri e
pieni di vita. La mente, l'ideatrice di tutti i guai, quella che
pensava, quella che spingeva il fratello a fare tutto quello che lei
voleva. E immancabilmente il fratellino finiva in castigo, mentre lei
APPARENTEMENTE, ne usciva bene e pulita. Ma d'Artagnan aveva ben
capito il carattere di sua figlia Julie e ormai le punizioni ai due,
da un pò di tempo camminavano sempre in versione doppia.
"Ciao papà!" - disse Demian con
aria
innocente.
"Ciao un corno! Che ci faceva vostra
sorella nella
mangiatoia dei cavalli?" - sbottò il moschettiere.
Julie alzò le spalle,
perfettamente tranquilla, come se
si aspettasse quella domanda e fosse già preparata a dare
una
risposta. "Boh! Secondo me è tornata a riprendersela la
cicogna
che ce l'ha portata due settimane fa! Ma poi frignava troppo e ce
l'ha rimollata nella mangiatoia!".
Un enorme gocciolone di sudore scese dalle
tempie dei
due sposi, davanti alla faccia tosta di quella bimba cinquenne.
"D'artagnan, temo siano gelosi e che quindi
sarebbe
controproducente sgridarli..." - sussurrò Constance al
marito.
Il guascone sbuffò, poi si
inginocchiò davanti ai due
figli. "Bambini, vostra sorella fa parte della famiglia..."
- disse, tentando di mantenere un tono calmo – "Ormai
c'è, io
e la mamma l'abbiamo voluta come abbiamo voluto voi! Le vogliamo bene
come vogliamo bene a voi... E VORREMMO che lei sia sana, salva e
tranquilla nella sua culla, ok?".
Julie si alzò dal pavimento
dov'era seduta e si
avvicinò a lui. "Ok!" - disse a cantilena. Poi lo
osservò
meglio. Suo padre era vestito con la divisa blu dei moschettieri! E
quando la indossava, voleva dire che andava a palazzo.
"Papà,
vai dal re??? Voglio venire anche io!!!" - esclamò.
"NO!!! Devo andare prima dal capitano De
Treville e
poi dal re per conferire di cose noiose che a voi bambini non
interessano! E siete in castigo per quello che avete fatto a Sophie,
resterete quà con la mamma e con vostra sorella!".
"No dai, voglio venire con te!!!" - lo
incalzò
Demian, saltandogli al collo. "Per favore, è tanto tempo che
non vedo Luis! Portaci a palazzo! In punizione ci potremo stare da
domani!!!".
D'artagnan si voltò verso la
moglie, in cerca di aiuto.
I suoi figli e il piccolo principe Luis, figlio di re Luigi XIII e
della regina Anna (1) erano coetanei, solo pochi mesi di differenza
li dividevano per età e ricordava il periodo della
gravidanza,
quando lui e il re parlavano del loro futuro ruolo di genitori. E
dopo lo loro nascita, spesso i bambini avevano giocato insieme,
nelle occasioni in cui Constance si era recata a palazzo con loro a
trovare la sovrana. E per il piccolo principe, i suoi figli erano fra
i pochi bambini con cui gli fosse permesso giocare. Il problema era
però che i suoi gemelli erano vivacissimi, come lo era il
piccolo
principe. E insieme erano mine vaganti. "Ho detto di no..."
- disse, esausto e ormai in ritardissimo.
Constance lo fissò. Aveva
partorito da poco, ancora non
si era ripresa e in effetti un pomeriggio tranquilla, senza le due
pesti per casa, la allettava... "Riposare però, non mi
farebbe
male! Se sei via tutto il pomeriggio, dubito di riuscirci con loro
quì, così sovraeccitati e propensi a fare guai!".
D'artagnan sbuffò, sconfitto.
Non sarebbe mai riuscito
a dire di no a sua moglie e sapeva che Constance davvero aveva
bisogno di tranquillità. Come la piccola Sophie del resto.
Si voltò
verso i gemelli. "Va bene, la punizione parte da domani! Verrete
con me ma voglio che mi promettiate che sarete bravissimi, che
ascolterete quello che vi dico e che non combiniate guai col
principe! Va bene???".
"Saremo bravissimi papà!" -
disse Julie
sorridendo.
D'artagnan sbuffò.
Chissà perchè, ma non riusciva a
credere alle promesse dei due! "Dai, andiamo allora, sono in
ritardo!" - li spronò.
"Siiii!!!" - urlarono, felici ed
entusiasti, i
due bambini.
...
Mezz'ora dopo padre e figli erano al
quartier generale
dei moschettieri. Ne era passata tanta di acqua sotto i ponti e tante
cose erano cambiate da quando d'Artagnan era giunto dalla Guascogna
tanti anni prima... De Treville era ancora al comando dei
moschettieri ma era invecchiato molto e spesso relegava a d'Artagnan,
Porthos o ad Athos le sue faccende di comandante e capitano. Aveva
indentificato in loro tre uno dei potenziali suoi successori e
sperava, lavorando strettamente fianco a fianco, di studiarli, di
capire quale fosse il più adatto a prendere il suo posto,
quando se
ne sarebbe andato... Per questo quel giorno toccava al guascone, in
sua vece, andare a conferire col re.
Porthos invece era ancora il simpatico e
mastodontico
moschettire col sorriso perenne disegnato sul viso. Amante di cibo e
bei vestiti, da un pò aveva instaurato una relazione con una
contessa di quarantacinque anni che lo viziava in tutti i modi. E il
moschettiere non disprezzava...
Athos invece no, difficilmente rideva... Si
era incupito
da anni e spesso d'Artagnan avrebbe voluto chiedergli il
perchè dei
suoi tormenti. Athos rimanveva la mente del gruppo, la gentilezza
fatta persona, la classe, però i suoi occhi da tanto non
esprimevano
gioia... Da quando Aramis era inspiegabilmente sparita... Il guascone
sospettava che l'amico sapesse molto più di quello che dava
a
vedere, circa la donna moschettiere che era stata loro compagna, ma
non aveva mai parlato, chiesto... Lui conosceva il segreto di Aramis
e, fedele alla promessa fatta, non aveva mai detto nulla ai
compagni... Ne aveva chiesto a De Treville notizie su di lei che, ne
era certo, di sicuro aveva... Ma sospettava che anche Athos sapesse,
che avesse intuito... E che, a parte amicizia, provasse altro per la
loro compagna, scomparsa dalle loro vite ormai dieci anni prima senza
lasciare traccia. Era stato tanto repentino il suo cambiamento
d'umore dopo la partenza improvvisa e misteriosa di lei che
difficilmente il guascone sarebbe riuscito a collegare ad altro
motivo quella tristezza di fondo...
D'artagnan entrò nella saletta
dove Athos stava seduto,
facendo un solitario a carte. "Ciao!" - disse
semplicemente.
Athos alzò gli occhi.
"Buongiorno!" - rispose
educatamente, squadrandolo e vedendo i due figli con lui –
"che
ci fanno loro quì?".
D'artagnan sbuffò. "Vogliono
giocare un pò col
principe e Constance impazziva a stare a casa con loro da sola. Non
ti dico che guai han combinato oggi!".
Athos non riuscì a trattenere un
sorriso. Solo quei due
bambini pestiferi riuscivano a divertirlo, erano troppo simili al
padre da ragazzino, anche se il guascone si ostinava a dire che loro
erano peggio di lui. "Avete combinato guai anche oggi?" -
chiese ai due gemelli.
Julie gli corse in contro. "Ciao zio
Athos!!!"
- disse allegra.
Athos la prese in braccio. "Ciao Julie!
Allora, che
hai combinato?".
"Niente!" - disse la bambina.
Athos scoppiò a ridere. "Ti
crescerà il naso come
Pinocchio (2) Julie, se continui a dire bugie!".
La bambina scoppiò a ridere,
seguita dal fratellino. I
due gemelli si divertivano con Athos, lo adoravano. Era sempre
gentile e paziente con loro, sapeva ascoltarli e li riempiva di
regali al loro compleanno.
Athos da parte sua li amava come fossero
figli suoi.
Erano gli unici bambini con cui avesse a che fare e a loro lo univa
un profondo affetto. D'artagnan e Consance lo avevano scelto come
padrino dei bambini e per lui era stato un onore accettare tale
incarico. Si voltò verso il guascone. "A loro ci penso io,
vai
dal capitano che sei in ritardo!!!" - lo rimproverò
gentilmente.
D'artagnan ridacchiò.
Già si aspettava la ramanzina di
De Treville... "Vad...".
E in quel momento arrivò Porthos
a sbarrargli la strada
verso l'ufficio del capitano, trionfante, con in mano un foglio.
"Buongiorno!" - esclamò allegro.
"Buongiorno!" - risposero i due amici.
"Oh, per me lo è di certo!" -
disse Porthos
sventolando loro davanti il foglio. "Ecco quà, una licenza,
una
vacanza di venti giorni appena firmata dal capitano. Me ne vado alle
terme con la mia contessa!".
D'artagnan scoppiò a ridere.
"Attento mio caro, le
terme son deleterie... Io e Constance siam partiti in due l'anno
scorso, e siam tornati con Sophie nella pancia di mia moglie...".
Porthos scoppiò a ridere. "Ahah,
ma io non corro
rischi! La mia contessa ha quarantacinque anni, è fuori
età per
sfornare marmocchi!".
"Cosa vuol dire?" - chiese Demian.
"Oh, ci sono anche i nani?" -
esclamò
Porthos, notando solo in quel momento i due bambini.
D'artagnan sbuffò. "Si! E ora
vado da De Treville
e li porto a palazzo. Due secondi e da quì spariranno,
tranquillo!".
Porthos sorrise. "Meno male, l'ultima volta
han
tentato di farci scappare tutti i cavalli!".
D'artagnan ridacchiò, fulminando
i figli con lo
sguardo. Poi corse da De Treville a prendere la missiva per il re...
...
Un'ora dopo, padre e figli giunsero in
prossimità del
Louvre. D'artagnan si voltò verso i bimbi. "Ricordate
che...".
"Lo so, lo so, dobbiamo fare i bravi con
Luis!"
- ripetè Julie annoiata.
"Non devi solo ricordartelo, devi anche
farlo!!!"
- la rimbeccò il padre.
"Dai papà, ti sbrighi???" - lo
chiamò
Demian, correndo verso la via che portava all'ingresso del Louvre.
D'artagnan prese per mano la figlia,
pregando
silenziosamente che per quel giorno, i figli avessero combinato
abbastanza guai da non doverne fare altri...
Non sapeva però, non si era
accorto, che qualcuno li
spiava nell'ombra...
1:
Per rendere i figli di D'artagnan coetanei del principe e futuro re
Luigi XIV, ho dovuto spostare la data di nascita del principino,
anticipandola di qualche anno, due o tre. Non fateci caso.
2:
Pinocchio nel 1600 non era ancora stato scritto, ma non sapevo che
battuta far dire ad Athos, fate finta di niente anche quì XD
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Capitolo 3 *** Il rapimento ***
Non
aggiorno... da prima di Natale XDDD Fra le vacanze, il Censimento da
finire, la vacanza in Austria, un calo di voglia di scrivere, mi son
presa un pò di vacanza!
Questa
è una A/A, come specificato e questi capitoli iniziali mi
servono
appunto per preparare il terreno ai due moschettieri. Questo
è
l'ultimo capitolo in cui non ci sono, nel prossimo... una certa donna
moschettiere entrerà in scena...
Ringrazio
da subito chi vorrà leggere e commentare. I vostri giudizi
mi fan
sempre molto piacere!
Il
rapimento
Montignac, Purasin e Champignon erano tra i
più
scalcinati furfantelli di Parigi. Di mezza età, senza ne
arte ne
parte, smunti e vestiti di abiti mal combinati nei colori e consunti,
tentavano da sempre di sbarcare il lunario in maniera disonesta. Non
facevano però in tempo a progettare un furto, un rapimento,
un
qualcosa di un tantinello illegale che le guardie di Richelieu li
avevano già belli che arrestati! E c'è anche da
dire che le guardie
di Richielieu non brillavano per intelligenza, quindi... Ci avevano
tentato con tutti... Furti alle vecchiette, borseggi, rapine... Tutto
era sempre finito male, con conseguente ospitata nelle reali prigioni
parigine per qualche notte...
Però, a furia di sbagliare, si
erano un pò
perfezionati, avevano imparato qualcosina dai loro errori!
Soprattutto, che bisognava osservare, prima di agire! Oh certo,
niente di trascendentale, rimanevano i soliti tre idioti ladruncoli
che tutta la feccia di Parigi prendeva in giro, anche a causa dei
nomi ridicoli che si portavano attaccati addosso...
E siccome l'orgoglio è uomo e la
voglia di rivalsa
anche, avevano deciso per il colpaccio che facesse azzittire tutti e
desse loro gloria, oltre che un mucchio di denaro: rapire il piccolo
principe, futuro re di Francia: Luis...
Si erano appostati, vestiti e attrezzati
come
burattinai, fuori dal Louvre, osservando, aspettando, sperando di
cogliere l'attimo giusto per rapire il bambino e chiedere un cospiquo
riscatto. Insomma, prima o poi non sarebbe capitato che il bambino
uscisse per una passeggiata con le bambinaie reali? E non sarebbe
capitato che tali bambinaie avessero un momento di disattenzione di
cui approfittare? E non sarebbe capitato che il bimbo, lasciato
incustodito, si sarebbe avvicinato ai burattini? I bimbi amano i
burattini e per questo si erano scelti quel travestimento idiota...
No ovviamente! Non poteva succedere, era
folle solo
pensarlo!
Ma loro, stoicamente, stavano davanti al
Louvre ad
aspettare...
E quel giorno, quando d'Artagnan giunse al
palazzo reale
coi figli, un campanello si accese nel cervello raggrinzito dei
tre...
...
"Bambini, vado a farmi annunciare dalle
guardie
all'ingresso, aspettatemi quì buoni, capito?" -
ordinò il
guascone ai figli.
"Capito!" - risposero insieme Julie e
Demian.
D'artagnan li guardò poco
convinto, lanciò un'ultima
occhiataccia ai due e si allontanò di una decina di metri,
dirigendosi all'ingresso del palazzo.
Julie e Demian si misero tranquilli
appoggiati al muro
di cinta del Louvre, aspettando che il padre li richiamasse...
Finchè la bimba fu attratta da
una bancarella di
marionette, semi nascosta dalle piante dei giardini davanti al
palazzo reale...
"Shhh bei bambini, venite a vedere le
marionette!"
- sussurrò Montignac ai due gemelli – "Vi
piacciono, vero?".
Julie fece per avvicinarsi, un
pò titubante. "Mh...
mi piacciono, sì! Ma papà non vuole che parli con
gli
sconosciuti!".
"Oh, ma noi non siamo sconosciuti, noi
amiamo i
bambini e ci piace farli divertire!" - intervenne Purasin.
Demian lanciò un'occhiata per
accertarsi che il padre
fosse ancora lontano, poi si decise e corse verso i tre, seguito
dalla sorella. "Ma davvero ci fate vedere lo spettacolo? Quanto
dura? Noi non possiamo stare quì, fra poco arriva
papà e non ci
lascia quà fuori. Stiamo andando a trovare il nostro amico
Luis, il
principe! Però peccato, piacerebbe anche a lui vedere lo
spettacolo...".
Julie sospirò. "E non ci faranno
uscire, Luis non
può andare da nessuna parte da solo. E nemmeno noi a dire il
vero...
Peccato...".
Purasin, con sguardo furbo, si
inginocchiò davanti ai
due. Nella sua mente, aveva già in mente un piano, ai suoi
occhi
perfetto. Insomma, era un colpo di fortuna che non potevano perdere.
Non solo il piccolo principe, anche i due figli di uno dei
più
facoltosi moschettieri! Quando li aveva visti arrivare non gli era
parsa vera tanta fortuna, quando aveva visto il guascone lasciarli
incustoditi gli era parso come un segno del cielo di sicuro
successo... Il riscatto da richiedere triplicava, se riuscivano a
rapire tutti e tre i bambini! Osservando per settimane i movimenti
fuori dal Louvre, i tre avevano imparato a conoscere chi si muoveva
in quegli ambienti, chi contava davvero, chi poteva valere una
montagna di soldi. I tre ladri avevano ben presto imparato chi era il
moschettiere d'Artagnan, quanto fosse famoso alla corte, che era
l'erede designato di De Treville... Era un'occasione da non perdere
quella! I bambini del moschettiere valevano tanto oro quasi quanto il
principino Luis! "Bimbi belli, facciamo un patto segreto fra
noi! Vi aspetteremo quì e se sarete tanto bravi da riuscire
a
sgattaiolare fuori col vostro amichetto in segreto, senza far sapere
niente a nessuno, vi faremo vedere lo spettacolo. Ma deve restare un
segreto, capito?" - concluse, in tono gentile.
"Perchè?" - chiese Julie,
sospettosa.
Montignac sorrise, fingendo dolcezza. "Ma
bimba
bella, perchè non vi farebbero venire, l'hai detto anche tu!
E voi
mi state simpatici, mi piacerebbe farvi divertire! Siete capaci a
tentare un piano e uscire di nascosto?".
Demian sorrise da furbetto. "Ovvio, io e
mia
sorella alla fine facciamo sempre quello che vogliamo noi! Siamo
bravi a fregare i grandi, aspettateci quì, con Luis
arriveremo
prestissimo!".
"Julie, Demian, dove siete???" -
urlò
d'Artagnan che aveva finito di conferire con le guardie,
avvicinandosi a dove aveva lasciato i figli.
Julie spinse i tre dietro gli alberi.
"Shhh, è il
mio papà, nascondetevi o capirà tutto! Ci vediamo
dopo!".
"Certo bimbi, a dopo..." - sussurrarono i
tre
all'unisono, con un sorriso malvagio sul viso, mentre i gemelli
correvano via, sulla strada.
I gemelli corsero incontro al padre,
fingendo
tranquillità.
"Dove eravate, vi avevo detto di non
spostarvi?"
- li rimproverò il guascone quando li ebbe davanti.
"Giocavamo nell'erba, fra gli alberi!" -
mentì
Demian.
D'artagnan si guardò in giro,
non notando niente di
strano. Poi li prese per mano, apparentemente nervoso. "Voi
dovete imparare a fare ESATTAMENTE quello che vi dico e non di testa
vostra. E se nel parco ci fossero state persone con cattive
intenzioni?".
Julie scoppiò a ridere.
"Papà, ma perchè vedi
sempre nemici dappertutto?".
D'artagnan sospirò. Non aveva
voglia di lunge
discussioni con due cinquenni e doveva portare delle notifiche al re,
quindi non c'era nemmeno tempo.
Entrarono al Louvre, percorsero i lunghi
corridoi e, una
volta giunti nella sala del trono, consegnò i gemelli alla
cameriera
personale del re, perchè li conducesse dal principe loro
amico.
"E allora d'Artagnan, è sempre
un piacere
conferire con voi! E son lieto che abbiate portato i bambini, mio
figlio non ha mai modo di rapportarsi ai suoi coetanei e coi vostri
gemelli va davvero d'accordo. E la cosa mi fa piacere!" -
esclamò gentilmente il re.
D'artagnan fece un profondo inchino. "Fa
piacere
anche a me e mi dispiace di averli portati senza annunciarli ma oggi
han davvero insistito molto!".
"Portateli quando volete. E ora, per il
resto, che
nuove ci sono da De Treville?" - chiese il re.
E l'udienza ebbe inizio.
...
Il principino Luis era un bimbo dai morbidi
e
biondissimi capelli boccoluti, sempre tenuti in ordine. Di
corporatura esile, sembrava la grazia fatta in persona, coi fini
vestitini da principe e i luminosi e chiari occhi azzurri.
Pareva un angioletto, a prima vista...
Peccato fosse invece una delle peggiori
pesti di Parigi.
Vivace, allegro, intelligentissimo, si trovava perfettamente a suo
agio coi gemelli monelli, figli di d'Artagnan. Erano amici... da
sempre... E amavano stare insieme, giocare insieme! Erano un trio che
ne combinava di tutti i colori, facendo impazzire le bambinaie reali
quando erano insieme...
E uniti, erano un'associazione a
delinquere...
Ovviamente il piccolo principe aveva
ascoltato rapito la
spiegazione che i due gemelli gli avevano fatto di nascosto ed era
più che deciso a sgattaiolare fuori dal palazzo con gli
amichetti
per vedere lo spettacolo di marionette... Si erano messi a
confabulare dietro a una siepe, fingendo di giocare con i sassi.
C'era solo un piccolo ostacolo da
superare... Le
bambinaie reali!
Di certo loro non avrebbero dato il
permesso a nessuno
di uscire!
E così i tre monelli avevano
ideato un piano geniale...
"Non vi preoccupate, so come togliercele di
torno e
so come uscire da quì senza essere visti!" - aveva
esclamato,
entusiasta, il piccolo Luis.
"Come?" - chiese Julie, curiosa.
Il principino le strizzò
l'occhio. "Oh, è
semplice! Conoscete il gioco del nascondino vero?".
"Certo!" - esclamò Demian,
capendo al volo
come l'amico volesse fregare le tate e sfuggire al loro sguardo
attento – "E per uscire?".
Luis indicò ai due fratelli una
statua, posta in mezzo
ai giardini del Louvre. "La vedete quella? Sembra una statua, ma
in realtà è un passaggio segreto fatto per uscire
dal Louvre senza
essere visti. Serve in caso di urgenze o di pericolo per la mia
famiglia! Praticamente, è una galleria sotterranea che porta
fuori
dal palazzo ed è stata mia madre a parlarmene...".
Julie ridacchiò. "Perfetto!
Allora Luis, pensa
alle tate, poi faremo il resto! Sei un genio!".
Luis annuì, poi corse con gli
amici da Madame De
Juississe, la bambinaia addetta alla sua cura in quel momento.
"Madame, voglio che per un pò
lei non mi segua e
non mi guardi, ne me ne i miei amici!" - ordinò il piccolo
principe.
La donna, una bambinaia sui cinquant'anni
dall'aspetto
antipatico e severo, lo squadrò incuriosita e sorpresa.
"Principino,
mi spiace ma non posso fare quello che voi mi chiedete!".
Luis si imbronciò. "Io e i miei
amici vogliamo
giocare a nascondino, se voi mi seguite, io perderò in
continuazione
e Julie e Demian mi troverebbero subito! Per cortesia, siamo in
giardini chiusi, lasciateci giocare un pò in pace! E
congedatevi per
una mezz'oretta, ve la concedo come pausa. E' un mio volere e ordine,
sarò re di Francia un giorno, ricordatevelo!".
"Principino Luis, no!" - ribatté
l'anziana
donna, dubbiosa ma per nulla turbata dalle rimostranze del bambino.
Luis si rabbuiò ancora di
più, cominciando a battere i
piedi in terra e iniziando una tiritera di capricci degni di un re.
"Per favore, per favore, per favore! Voglio giocare a nascondino
come tutti gli altri bambini!".
La donna fissò i tre,
indecisa... Si guardò in giro
pensierosa e quindi, realizzato che davvero non poteva succedere
niente, che erano al sicuro nei giardini del Louvre, che il sole era
alto in cielo, il clima mite, che un pò di indipendenza e di
fiducia
non avrebbero fatto male al principino, alla fine cedette... "E
va bene... Mi allontanerò per dieci, quindici minuti al
massimo...
Mi raccomando principe Luis, non fatemi pentire di questa concessione
e non fate giochi pericolosi!".
"Il nascondino mica è
pericoloso!" - replicò
Julie, trionfante.
"Fate i bravi..." - replicò la
donna poco
convinta, allontanandosi da loro ma lanciando ai tre occhiate
furtive...
I bimbi la guardarono allontanarsi e poi,
quando furono
certi che era entrata a palazzo, finsero di giocare a nascondino
alcuni minuti, giusto per essere sicuri che Madame De Juississe non
li stesse spiando e li cogliesse quindi in fallo, mandando a monte
l'intero piano...
Poi, pian piano, fingendo di giocare, si
avvicinarono
sempre più alla statua... Con gesto veloce, quando furono
davanti ad
essa, aprirono la porta e sgattaiolarono al suo interno, chiudendo
l'uscio dietro di loro.
Si guardarono per un attimo trionfanti, poi
corsero come
matti in quel corridoio buio che faceva, a dire il vero, un
pò di
paura ma che avrebbe permesso loro di vivere un'avventura da soli,
nel mondo esterno, senza adulti intorno...
Quando furono finalmente in strada,
chiusero l'uscio
dietro di loro e poi Luis seguì i due amichetti nel parco
davanti al
Louvre, dove li aspettavano i tre finti burattinai.
Appena li videro, Julie e Demian corsero
loro incontro,
smaniosi di vedere lo spettacolo.
"Sono loro Luis, vieni!" - gridarono
all'amichetto che li seguiva, curioso.
Appena videro i bimbi avvicinarsi,
Montignac e
Champignon fecero loro segno di avvicinarsi, mentre Purasin si
nascondeva dietro a una grossa pianta.
"E allora, i burattini?" - chiese Demian
giunto davanti a loro con la sorella e l'amico.
"Oh, li vedrete più tardi..." -
sussurrò
alle loro spalle Purasin, sbucando come un fantasma dalla pianta
dietro la quale si era nascosto. L'uomo afferrò il piccolo
Luis di
scatto, prendendolo fra le braccia e mettendogli una mano sulla bocca
per non farlo urlare, immobilizzandolo e impedendogli di fare
alcunché.
Montignac e Champignon fecero lo stesso coi
gemelli,
bloccandoli e rendendo vano ogni loro tentativo di divincolarsi.
Poi, di corsa e coi bambini saldamente fra
le braccia,
percorsero il parco, sbucando in una via laterale dove li attendeva
una carrozza.
I bimbi, spaventati e presi alla
sprovvista, furono
buttati senza grazia all'interno di essa, Montingac e Champignon
entrarono con loro, mentre Purasin si mise alla guida, spronando i
cavalli a partire a tutta velocita.
"C... Che cosa significa?" - chiese Luis,
lasciato libero da quel crudele abbraccio, dopo che la carrozza fu
partita.
"Già? Perchè?" -
continuò Julie spaventata,
col fiatone.
Montignac scoppiò a ridere. "Oh,
significa che
dovevate ascoltare i vostri genitori. Non vi hanno spiegato che non
si da retta agli sconosciuti?".
Demian digrignò i denti,
rendendosi conto solo in quel
momento di quanto erano stati stupidi.
"Volevate un'avventura? Oh, l'avrete..." -
sibilò Champignon.
"Dove ci portate? Cosa volete da noi?" -
chiese Luis, spaventato.
Montignac scoppiò a ridere a
quella domanda. "Oh,
andremo lontano da Parigi, in un posto nascosto dove nessuno
potrà
trovarvi... Finché i vostri ricchi genitori non pagheranno
il
riscatto per riavervi indietro... Tradotto... Siete nei guai!".
E i due rapitori, scoppiarono di nuovo in
una risata
malvagia...
|
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Capitolo 4 *** Tre bambini e una donna moschettiere ***
Innanzitutto,
grazie per le recensioni carinissime dello scorso capitolo :)
Per
ringraziare, mi son data una mossa per la scrittura del nuovo
capitolo, in cui finalmente si entra nel vivo della storia!
E
ora, sarà meglio che mi metta a scrivere il seguito anche
dell'altra
'Con la nebbia nell'anima' che è ferma da un bel
pò!
Ari-grazie
a tutti e alla prossima! Ovviamente, commenti e critiche son sempre
graditissimi!
Tre
bambini e una donna moschettiere
Julie, Demian e Luis se ne stavano vicini,
rannicchiati
nell'angolo del sedile della carrozza. Dopo lo smarrimento e la paura
iniziale, i tre bambini avevano riacquistato un pò del loro
coraggio
e della loro vivacità, scansando ben presto il terrore e lo
sbandamento per quanto era successo. E ora, zitti e attenti,
fissavano i loro tre rapitori...
Demian soprattutto, sembrava il
più risoluto dei tre.
Il bimbo aveva osservato i loschi ceffi che li avevano rapiti,
rendendosi conto abbastanza in fretta che erano una banda mal
assortita e probabilmente male organizzata. Pericolosa, certo, ma non
imbattibile. Demian aveva lo spirito d'osservazione di suo padre
d'Artagnan, da lui aveva imparato ad osservare i dettagli, a non
farsi condizionare dalle apparenze, a cercare in ogni situazione la
via d'uscita giusta. E così anche in quel frangente, pur
rendendosi
conto di essere in guai grossi, era riuscito a ideare una specie di
piano che, sperava, sarebbe stato chiaro anche alla sorellina e
all'amico, senza una spiegazione ma solo con un cenno d'intesa. Poi,
dopo aver fatto l'occhiolino ai due compagni di sventura senza essere
visto, si voltò verso Montignac e Champignon. "Mi scappa la
pipì!" - esclamò, senza girarci troppo intorno.
Champignon lo guardò di
sfuggita. Erano molte ore che
viaggiavano, Parigi era lontana, si trovavano quasi al centro della
Francia e in effetti una pausa non sarebbe dispiaciuta nemmeno a lui.
Però... pioveva a dirotto e si trovavano in aperta campagna.
E
l'idea di bagnarsi e di rischiare che qualcosa andasse storto facendo
scendere dalla carrozza i tre bambini, non gli sorrideva per niente.
"Tienitela la tua pipì! Sei grande abbastanza per resistere,
no?" - digrignò fra i denti.
"Scappa anche a me!" - esclamò
Luis, capendo
al volo il piano di Demian.
"E anche a me!" - aggiunse Julie.
Montignac diede un forte pugno alla parete
della
carrozza. "Zitti mocciosi! Se non la smettete di lagnarvi,
saremo costretti ad imbavagliarvi!".
Demian si fece scuro in volto. Poi si
alzò in piedi, si
slacciò la cintura dei pantaloni e fece per abbassarseli.
"Che fai???" - urlò Champignon.
Il bimbo lo fissò, torvo. "Se
non mi fate scendere
per fare pipì, io la faccio quì! Mi scappa troppo
e no, non son
capace a tenerla!".
Julie scoppiò a ridere, poi
saltò giù dal sedile,
avvicinandosi al fratello. "Si, la faccio quì anche io!".
"Oooohhh, basta! Mocciosi dannati, davvero
non
potete farne a meno?" - esclamò Montignac, preso alla
sprovvista. In effetti di bambini ne capivano poco e quindi la
gestione 'pipì' era imprevista e difficilmente gestibile per
i tre.
Non potevano capire se i tre mocciosi stessero bleffando o no, ma non
avevano voglia, decisamente, di rischiare di trovarsi la carrozza
allagata di pipì infantile!
Luis, per rincarare la dose, si mise a
frignare. "Mi
scappa, mi scappa, mi scappa! Mi sta venendo mal di pancia a furia di
tenerla, se non mi fate fare pipì, mi ammalerò di
sicuro!".
I due ladri furono presi da panico. Non
potevano
assolutamente permettersi che il principino si ammalasse...
Montignac si sporse al finestrino.
"Purasin,
fermati!!!" - urlò al compagno che conduceva la carrozza.
"Perchè???" - urlò
l'uomo.
Montignac sbuffò. "Pausa...
pipì...". In
effetti, si sentiva ridicolo...
I tre bimbi si guardarono soddisfatti. La
prima parte
del piano era filata liscia, ma ora veniva il difficile. Una volta
scesi dalla carrozza, sarebbero riusciti a scappare? Erano in luoghi
sconosciuti, lontani dalle loro famiglie e da chi gli voleva bene, ce
l'avrebbero fatta a cavarsela senza aiuto?
Purasin scese dal posto di guida e
aprì lo sportello
della carrozza, facendo scendere i tre bambini e i due compagni.
"Muovetevi!" - urlò ai tre piccoli quando furono fuori.
I bimbi furono investiti da una pioggia
violenta e forte
e si rannicchiarono l'uno contro l'altro. Erano a terra e ora
iniziavano ad avere paura. Ce l'avrebbero fatta?
"E allora??? SBRIGATEVI!!! Fate questa
dannata pipì
e torniamo in carrozza!" - urlò Champignon che stava
perdendo
la pazienza.
Julie si rabbuiò. "Guardone! Io
la pipì, se mi
guardate, non la faccio!".
"Ora basta!". Con un gesto spazientito e
passo
veloce, Purasin si avventò sulla bambina, facendola
indietreggiare.
"Lascia stare mia sorella!" -
urlò Demian
chinandosi, facendo una palla di fango con la terra e tirandola
dietro al ladro.
In un attimo Luis fece lo stesso. Si
staccò dalla
carrozza, seguito da Demian e i due bambini presero a fare palle di
fango e a lanciarle addosso ai loro rapitori.
I tre balordi, presi alla sprovvista,
furono costretti
ad indietreggiare.
Approfittando del pandemonio scatenato dal
fratello e
dall'amico Luis, Julie morse la mano a Purasin che tentava di tenerla
ferma, si liberò e corse vicino agli altri due bimbi.
Purasin, Champignon e Montignac cercarono
di riprendere
il controllo della situazione ma i bambini sembravano in vantaggio.
Più piccoli, più agili, più veloci, i
tre bimbi si muovevano senza
fatica nel terreno fangoso, mentre i tre adulti rischiavano di cadere
e incespicare ad ogni movimento. Ed inoltre, non potevano bloccarli
nemmeno con le armi. Pistole e ogni altro mezzo erano stati lasciati
stupidamente sulla carrozza e solo Purasin aveva una spada affibiata
alla cintola. Ma era perfettamente inutile, finchè non
riacciuffavano almeno uno dei tre e riuscire così a
minacciare gli
altri due.
Accortisi della situazione di vantaggio,
dopo aver fatto
indietreggiare i loro rapitori a suon di palle di fango, i tre bimbi
si scambiarono un cenno d'intesa.
Poi, presero a scappare e a correre fra i
campi, i
boschi, per sfuggire ai tre ladri.
"Scappano!!!" - urlò Purasin,
inferocito.
I tre uomini si rialzarono in piedi a
fatica. Poi,
correndo a perdifiato, si lanciarono all'inseguimento dei tre
piccoli fuggitivi, incespicando ogni due passi nel terreno fangoso.
...
Aramis o Reneè? Quando, dieci
anni prima era giunta in
quel piccolo paesino agricolo al centro della Francia, si era chiesta
come si sarebbe dovuta far chiamare dalla gente del posto...
Reneè
era il suo vero nome, quello che le era stato dato dalla sua
famiglia, che l'aveva vista crescere e diventare donna accanto a
Francois. Ma poi quella Reneè era morta ed era subentrata
Aramis...
Non più fanciulla, non uomo ma che viveva in un mondo di
uomini. Era
diventata uno strano ibrido, lontano anni luce da quella che era
stata e lontana da quella che avrebbe voluto essere. Aramis non era
stata ne donna ne uomo, era stata Aramis. E basta! E Aramis era
quanto più si avvicinava alla sua personalità
forgiata dal
desiderio di vendetta, dal vivere con degli uomini, dalle regole dei
moschettieri, dalla vita di corte. In un certo senso il nome Aramis
racchiudeva i suoi due mondi che avevano imparato a coabitare in lei.
Una donna che in fondo, sotto ad abiti maschili continuava ad
esistere e un abile moschettiere, uno dei migliori del re, che viveva
da uomo!
Quel connubio le piaceva e per questo aveva
deciso di
tenere quel nome, Aramis...
Anche lì, in quello sperduto
villaggio al centro della
Francia.
Non aveva nascosto la sua
identità, tutti sapevano che
era una donna. Strana, anticonformista, indipendente, forte, che
galoppava e combatteva come un uomo. Le persone semplici e contadine
di quel villaggio avevano accolto con molta freddezza Aramis, quando
era arrivata. Era strano per loro, mai gli era capitata davanti una
donna simile. Una donna dal nome strano che viveva senza alcuna
protezione sola in una casetta fuori dal villaggio, che si vestiva da
uomo, che portava una spada alla fibbia e che, a differenza delle
altre donne, non cercava ne un marito ne un matrimonio...
Ma presto avevano imparato ad apprezzarla.
Forte,
intelligente, Aramis si era distinta per atti di coraggio e di forza.
Aveva difeso i diritti di quelle persone semplici dalle arroganti
pretese dei signorotti locali, aveva usato la sua conoscenza e il suo
sapere per migliorare le condizioni di vita del villagio e in poco
tempo era diventata amata quasi come fosse una celebrità.
E, da due anni a quella parte, era stata
nominata
capo-villaggio. All'inizio aveva rifiutato quella carica, pensando
che ci fossero persone più meritevoli di lei che potevano
desiderarla, ma poi davanti alla insistenze di quelle persone, si
rese conto che sì, le faceva piacere. In fondo, era un modo
come un
altro per ricordare, per riviere almeno un pò i felici anni
di
Parigi, in cui era temuta e lottava per la giustizia, per il re... E
aveva accettato! Sì, amava combattere per la
libertà e la giustizia
e anche lì poteva farlo, anche se si trovava lontana dalla
corte di
Francia, dal re e dalle lotte per il potere...
Aveva avuto anche, negli anni, diverse
proposte di
matrimonio da parte dei giovanotti locali, tutti affascinati da
quella donna così particolare e bellissima. Ma lei aveva
sempre,
gentilmente, declinato le offerte... Francois non sarebbe mai stato
dimenticato e Athos, che era entrato prepotentemente e
silenziosamente nel suo cuore negli anni parigini, non se n'era mai
andato per davvero dalla sua mente...
A parte questo, la sua vita non era poi
cambiata molto
dopo aver ottenuto quella piccola carica di capo-villaggio. In quei
luoghi non succedeva mai nulla di davvero grosso e le riunioni dei
membri della comunità si limitavano per lo più a
discutere di
agricoltura, della piccola sagra annuale e di qualche contesa di
bestiame...
Si recava una sera a settimana al palazzo
del consiglio,
discuteva un paio d'ore con le altre cariche del posto e poi tornava
alla sua tranquilla solitudine, alle lunghe cavalcate solitarie, ai
suoi allenamenti con la spada, che non lasciava mai!
L'unico privilegio che si era concessa era
stato un
servitore, un tranquillo uomo del villaggio che le portava la spesa,
che le rassettava la casa, che portava le comunicazione fra lei e il
paese e viceversa. Bazin. (1)
Aramis non ne aveva mai approfittato e il
rapporto con
l'uomo era per lo più cordiale, di amicizia. Ma in un certo
senso la
presenza di un servo la sollevava da tutte quelle incombenze
domestiche che non aveva mi amato sbrigare. Bazin viveva al villaggio
e si recava da lei al mattino per sbrigare le faccende domestiche e
il pomeriggio tardi, per chiederle se c'erano comunicazioni da far
pervenire in paese.
Per il resto, viveva sola...
E amava galoppare, galoppare e ancora
galoppare...
Quella sensazione di libertà, di vento fra i capelli, la
facevano
sentire viva e libera...
Con il sole, la nebbia, il caldo, il
freddo, la
pioggia... Con la sua amata spada al fianco galoppava per ore,
godendo del paesaggio tranquillo che la circondava.
Non sapeva però che quel giorno,
sotto una pioggia
battente, la sua galoppata sarebbe stata disturbata da un qualcosa di
assolutamente imprevisto...
Che ci facevano infatti tre bambini fra le
campagne,
sporchi di fango, che correvano come matti sotto la pioggia battente?
E chi erano i tre strani e loschi ceffi che li inseguivano urlando?
Questa fu la visione che si
palesò davanti agli occhi
di Aramis mentre rientrava a casa per ripararsi dalla pioggia
incessante... Osservò giusto un paio di secondi la scena,
poi il suo
sesto senso e i riflessi pronti da moschettiere ebbero il
sopravvento. Ci voleva poco a capire cosa stesse succedendo... I tre
bambini erano nei guai e i tre adulti che li inseguivano non avevano
certo buone intenzioni...
Con gesto veloce, come quando combetteva
per il re a
Parigi, sguainò la spada. Lanciandosi in aiuto dei tre
bambini.
Nel frattempo Julie, Demian e Luis erano
stremati,
spaventati e ormai certi che i loro tre rapitori li avrebbero
riacciuffati. Erano veloci a correre ma i loro passi erano ovviamente
la metà in lunghezza, di quelli di un adulto, li avrebbero
ripresi
certamente...
Per questo, quando videro giungere Aramis,
parve un
sogno...
Julie si bloccò, ammirata... Una
donna... Portava i
pantaloni ma la bianca e morbida camicia rivelava chiaramente le sue
fattezze, così come il viso dolce e i lunghi capelli. Una
donna
bionda e bella come sua mamma ma che cavalcava come il suo
papà,
sguainando una spada. Anche questo, come il suo papà...
"Wow..."
- sussurrò...
Meno sognanti e più pratici
della bimba, Demian e Luis
corsero verso la donna, chiedendo aiuto a gran voce. "Ci
seguono, ci aiuti signora!".
Aramis saltò giù,
brandendo la spada e bloccando i tre
malviventi che la guardarono con astio e preoccupazione. Da dove
saltava fuori quella donna? Quell'inconveniente non ci voleva...
"E allora?" - chiese Aramis ai tre
– "Uomini
grandi e grossi che inseguono tre bambini piccoli e spaventati...
Codardi!" - sussurrò, fra i denti.
Montignac si fece avanti, reso baldanzoso
dal fatto di
trovarsi davanti una donna che, in quanto tale, la sua mente
registrava ovviamente come non pericolosa. "Tornatene a casa a
fare la calzetta e fatti gli affari tuoi, se non vuoi passare
guai...".
Aramis sorrise freddamente a quella frase
scontata,
mentre nelle sue vene riprendeva a correre il sottile piacere di una
battaglia che incombeva, l'adrenalina che precedeva ogni
combattimento, quella strana ebrezza che la faceva sentire viva tanto
tempo prima, quando era un valente moschettiere del re... Da tanti
anni non provava qualche cosa di simile. Impugnare una spada, lottare
in un combattimento serio... Fece cenno ai bimbi di mettersi da parte
e con un urlo si lanciò, a spada sguainata contro i tre. Non
era
certo la prima volta che si trovava in inferiorità numerica
in un
duello e questo la elettrizzava... Era una sfida non solo contro i
suoi avversari ma soprattutto per se stessa... I tre furfanti che
aveva davanti non sembravano particolarmente svegli, li avrebbe stesi
come niente!
E iniziò una lotta violenta, che
ovviamente la vide
subito in vantaggio. I tre ladri avevano con loro solo la spada di
Purasin e non riuscivano a ideare alcun piano per accerchiarla in
modo veloce ed intelligente. A sorpresa per loro, una donna li stava
battendo con estrema facilità...
Demian, Luis e Julie rimansero in silenzio,
ad osservare
quella donna tanto diversa da quelle incontrate fino a quel momento
nella loro breve vita. Rendendosi conto subito di quanto somigliasse,
per bravura, al modo di combattere dei moschettieri.
Julie soprattutto, era ammirata e
incantata. Si voltò
verso il fratello e il principino, risoluta. "Aiutiamola!!!".
Demian e Luis non se lo fecero ripetere.
Con un
sorrisetto furbo, i tre bambini si avvicinarono al punto dove si
stava svolgendo il combattimento, riprendendo la stessa strategia con
cui erano riusciti a scappare dalla carrozza. Ovvero... palle di
fango!
E bloccarono così sul nascere la
strategia appena
abbozzata di Champignon che cercava di prendere di sorpresa Aramis,
di spalle.
La donna si voltò verso i
bambini che avevano appena
steso il malvivente. "Grazie!" - esclamò, strizzando l'oro
l'occhio.
"Prego!" - rispose allegra Julie mentre
strappava un pezzo di legno da un albero, lanciandolo fra le gambe di
Montignac, facendolo rovinare a terra come un salame. Una donna che
combatteva davanti a lei... La bimba a quella visione si sentiva
più
coraggiosa... Anche le donne potevano essere forti, la visione di
quella guerriera ne era la conferma!
Nel mentre, Demian e Luis avevano
sotterrato nel fango
Montignac che annaspava goffamente per tirarsi in piedi.
E Aramis, con l'ennesimo fendente, aveva
atterrato
Purasin, facendo volare lontano la sua spada. "E allora...?"
- chiese la donna, avvicinando la sua lama alla gola del ladro.
I tre furfanti, resosi conto di essere
ormai disarmati,
indietreggiarono. E poi, come nel loro classico stile, scapparono a
gambe levate. Fallendo l'ennesima missione.
Aramis avrebbe voluto seguirli per
catturarli e
assicurarli alla giustizia ma... non poteva... I tre bambini... non
se la sentiva di lasciarli soli...
Si voltò verso di loro. Non
erano del posto, non li
aveva mai visti. E nonostante fossero coperti di fango e bagnati
fradici, i loro vestitini eleganti e curati testimoniavano che erano
bambini di città. "Siete nei guai?" - chiese ai tre.
Demian si grattò la guancia,
imbarazzato. "Già,
piò dirlo forte signora, guai grossi!".
Aramis sorrise dolcemente. Quei tre bimbi
erano teneri,
svegli e simpatici allo stesso tempo. Nonché coraggiosi,
aveva
apprezzato il loro aiuto durante il duello! "Su, venite con me a
casa mia. Vi laverete, asciugherete e poi mi racconterete tutto, va
bene?".
I tre bambini annuirono. Poi seguirono la
donna
moschettiere a casa sua.
...
Un'ora dopo i tre bambini erano asciutti,
lavati e
vestiti per la notte che incombeva con delle vecchie camicie di
Aramis. La donna aveva fatto loro il bagno, li aveva rinfocillati e
quando ormai erano tranquilli e tutto pareva essersi calmato, li fece
sedere sul suo sofà, pronta a farsi raccontare cosa fosse
successo
loro.
"Credo sia ora di presentarci! Io sono
Aramis e
sono il capo di questo villaggio! E invece voi, cosa vi ha portato
quì? Chi siete e chi erano quegli uomini che vi seguivano?"
-
chiese gentilmente, con tono calmo per metterli a loro agio.
Luis sospirò un pò
spaesato. "Aramis... Prima
possiamo fare noi una domanda?".
Aramis annuì. "Certo, dimmi
pure...".
"Dove siamo?" - chiese il principino.
Sorpresa da quella strana domanda di cui
non capiva il
senso, Aramis parve esitante. "Ecco... Siete in un piccolo
villaggio della Francia centrale...".
Julie trattenne il fiato. "Francia
centrale? Oh
mamma, siamo lontanissimi da Parigi! Papà e mamma ci
ammazzano,
Demian!".
"Parigi? Siete di Parigi?" - chiese curiosa
Aramis. Il nome di quella città, sentirlo nominare...
riportava alla
sua mente lontani ricordi... Parigi, la sua amata Parigi...
Demian annuì. "Si, siamo di
Parigi! E quegli
uomini che ci seguivano non sappiamo bene chi siano. Ci hanno teso
una trappola fingendo di essere burattinai e ci hanno rapiti! E siamo
arrivati fin quì in carrozza, siamo riusciti a scappare con
un
tranello e poi... abbiamo incontrato voi, signora! Il resto della
storia, lo conoscete".
Aramis si accigliò. Rapimento
quindi...? In effetti lo
aveva sospettato... Quelli che aveva davanti non erano certo bambini
poveri o di strada. Lineamenti fini e ben curati che si erano
palesati più che bene dopo averli lavati, dalla pelle
liscia, di
certo appartenevano a famiglie benestanti. "Siete di famiglia
ricca? Vi han rapiti per chiedere un riscatto ai vostri genitori?".
Demian annuì. "Si, volevano
chiedere soldi ai
nostri genitori! Abbiamo disubbidito e ci siam cacciati nei guai,
mamma e papà ci dicono sempre di non dar retta agli
sconosciuti!".
Il viso di Aramis divenne severo. "I vostri
genitori hanno ragione e spero che questa avventura vi abbia
insegnato qualcosa! Come vi chiamate, chi siete?". Era curiosa.
Se quei bambini erano di Parigi ed appartenevano all'aristocrazia
della capitale, di sicuro era entrata in contatto con le loro
famiglie ai tempi in cui era moschettiere.
A quella domanda, Luis si alzò
in piedi. "Signora,
io sono Luis, figlio del re di Francia, Sua maestà Luigi
XIII"
– disse in tono serio e ufficiale.
A quell'affermazione, Aramis
scoppiò a ridere. Quanto
era buffa la fantasia smisurata dei bambini! "Certo, certo, e io
sono la principessa delle fiabe!". Si inginocchiò davanti al
bimbo, accarezzandone dolcemente i ricciolini biondi. "Se volete
che vi aiuti, dovete dirmi la verità e dirmi chi siete
DAVVERO..."
- sussurrò al bambino.
"Ma è la verità!!! Io
sono il principe Luis!"
- esclamò il bimbo con concitazione.
"E' vero signora! Lui è figlio
del re!" -
intervenne Julie.
Aramis scosse la testa, stanca ma allo
stesso tempo
divertita da quelle che riteneva, bugie. "Va beneeeeeee! E se
lui è il principe, voi due chi siete?" - chiese ai gemelli.
I fratellini le si avvicinarono. "Io sono
Demian e
lei" – disse il bambino indicando la sorella –
"è la
mia gemella, Julie. Siamo figli del moschettiere più bravo e
famoso
di Parigi e per questo conosciamo il principe, possiamo giocare con
lui perchè nostro padre ci porta spesso al Louvre".
Aramis fece un sorrisetto furbo.
Inconsapevolmente, i
bambini si erano messi in un vicolo cieco. Loro non potevano saperlo
ma lei sapeva bene cosa fosse il mondo dei moschettieri, chi ne
faceva parte e ci avrebbe messo un attimo a smascherare le loro
'bugie'. "Attenti, io conosco i moschettieri e quindi, se quelle
che mi dite, son menzogne, io lo scoprirò subito. E allora,
chi è
vostro padre?" - chiese in tono di sfida ai gemelli.
Demian si fece serio serio, sostenendo lo
sguardo
indagatore della donna. "D'artagnan, moschettiere del re e
probabile successore del capitano De Treville!" - esclamò,
fiero.
E a sentire quel nome, ad Aramis parve che
le si
fermasse il cuore... D'artagnan...? Da quanto tempo non sentiva
nominare quel nome amico? Alla sua mente tornarono le immagini di
lui, ragazzino spavaldo e coraggioso, una vera promessa...
D'artagnan... Quel nome riportava alla sua mente ricordi lontani che
aveva cercato di assopire nella sua mente per non soffrire troppo...
Erano passati dieci anni e sì, sicuramente aveva fatto
carriera nei
moschettieri, lei l'aveva sempre saputo che ne aveva le
capacità! E
probabilmente nel frattempo poteva benissimo essersi sposato e aver
avuto figli... Di proposito non si era mai interessata alla vita dei
suoi vecchi compagni d'avventura per non soffrire troppo la
lontananza e la solitudine ma in effetti... Dieci anni son tanti,
cosa era successo ai suoi vecchi amici? Le mani della donna presero a
tremare, improvvisamente... Non era ancora certa di poter credere ai
bambini ma ora voleva sapere! "Ok... Si da il caso che io POTREI
conoscere questo d'Artagnan... E ora, vi faccio un paio di domande,
così sarò sicura che non mentiate!". La sua voce
era
tremante...
Julie si accorse del cambio di tono ma fece
finta di
nulla e la liquidò con un'alzata di spalle. "Chiedete pure!".
Aramis si accigliò. Doveva fare
domande personali che
non includessero la vita pubblica del guascone. Se d'Artagnan aveva
fatto carriera, sicuramente di lui si parlava a Parigi e chiunque
poteva sapere qualcosa sul suo conto e spacciarsi per un suo parente.
Compresi quegli strani bambini... Invece, probabilmente la sua vita
privata rimaneva nell'ombra e sconosciuta ai più... "Chi
è
vostra madre?".
"Si chiama Constance! E abbiamo anche una
sorellina
appena nata, Sophie." - rispose Demian.
"E Constance una volta era la dama di
compagnia di
mia madre, la regina Anna di Francia!" - intervenne Luis.
"E... il vostro nonno, dove vive?" - chiese
Aramis, con voce sempre più tremante.
Julie annuì. "Il nonno a Parigi,
fa il sarto ed è
vecchiooooo! L'aiuta Marta che ci sgrida sempre quando facciamo i
cattivi!".
Aramis sgranò gli occhi, sempre
più incredula. Non
potevano mentire, non potevano, non se sapevano tutte quelle cose.
Solo una domanda ancora, prima di cedere definitivamente ai tre...
"Demian, Julie, vostro padre è il moschettiere d'Artagnan,
giusto? E i suoi compagni, i suoi migliori amici e colleghi chi sono?
Quali sono i moschettieri che stanno sempre con lui!".
Julie ci pensò su... "Oh, i
moschettieri son
tanti! Però...".
Demian diede una pacca alla sorella. "Ma
certo, son
tanti ma... Julie, ci stai anche a pensare? I migliori amici di
papà
sono...".
Julie annuì, capendo cosa
intendesse il fratello. "Oh,
sì!!! Lo zio Athos e lo zio Porthos!".
E ad Aramis ceddettero le gambe.
Osservò i bambini,
chiedendosi perchè il destino fosse tanto assurdo...
Perchè proprio
lei doveva salvare quei bambini? Perchè proprio QUEI bambini
dovevano essere rapiti e finire sulla sua strada? Li osservò
con
occhi nuovi... Luis aveva in effetti i lineamenti fini del padre, re
Luigi XIII e un aspetto reale. E la piccola Julie era in effetti il
ritratto di d'Artagnan, con i suoi capelli a caschetto castani, la
frangetta sbarazzina e lo sguardo furbo... Mentre Demian aveva i
capelli biondi e i lineamenti dolci di sua madre Constance...
Non c'erano dubbi... Davanti a lei c'erano
il futuro re
di Francia, figlio dell'uomo che tanto aveva lottato per difendere e
i bambini di uno dei suoi migliori amici...
E ora, cosa avrebbe fatto?
1.
Per il nome del servitore di Aramis, mi sono rifatta al romanzo
originale di Dumas dove appunto, Bazin era il nome del personaggio.
|
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Capitolo 5 *** Faccia a faccia, dieci anni dopo ***
Ciao!
Scusate il ritardo immane ma ho avuto un periodo lavorativo di
FUOCO!!! Mi occupo di tasse e col Governo Monti... XDDDDD
Comunque,
spero che il nuovo capitolo, a chi ha avuto pazienza di aspettare,
piacerà!
Un
bacio a
tutti!!!
Faccia
a faccia, dieci anni dopo
Irritato!
Athos non avrebbe saputo spiegare in altro
modo il suo
stato d'animo in quel momento, mentre sulla una carrozza si stava
recando presso la casa di Aramis, in centro Francia, in compagnia di
Bazin. Non aveva voglia di compiere quella missione, non aveva voglia
di rivedere Aramis. Non sapeva perchè se ne fosse andata,
non lo
aveva certo chiesto al capitano! E non lo avrebbe chiesto a lei!!!
Come non le avrebbe chiesto del perchè delle sue menzogne,
del
perchè di quel silenzio lungo dieci anni, del
perchè una donna
avesse deciso di entrare nel corpo dei moschettieri!
Era una missione quella, giusto? Quindi,
tutto il resto
non importava! E di certo non gli importava più di Aramis,
quello
che lei faceva, come lo faceva e perchè lo faceva, era
quanto di più
lontano ci fosse da lui. Freddezza, lucidità! Come in ogni
missione
da lui portata a termine! Così si sarebbe comportato,
semplice no?
Ne era convinto!!!
Ma era irritato lo stesso!
Con Aramis per tanti di quei motivi che
nemmeno aveva
chiari in testa, con De Treville che lo aveva incastrato in quella
missione, con d'Artagnan che era fuori Parigi e non poteva partire
subito per riprendersi i suoi figli, con il piccolo principe, Demian
e Julie che si erano fatti rapire da dei balordi e anche con Bazin
che era giunto a Parigi a sconvolgergli la vita! Lo guardò
in
cagnesco, mentre insieme viaggiavano sulla stessa carrozza... Bazin
era un omettino mite, semplice, un contadinotto che sembrava timoroso
al suo cospetto. Però l'umore di Athos era talmente nero
che,
nonostante tutto ciò, non riusciva per niente a provare
simpatia e
comprensione per quel pover'uomo che era evidentemente in
difficoltà
a rapportarsi con lui. "Quanto manca ad arrivare?" - gli
chiese freddo, ormai stufo di quel lungo viaggio in carrozza.
Bazin deglutì e si fece ancora
più piccolo in un
angolo del sedile, davanti a quel tono severo. "Poche ore
signore, solo poche ore! E giungeremo alla casa della mia signora!".
Anche lui non vedeva l'ora che finisse quel viaggio con quel
personaggio tanto indisponente...
"La tua signora..." - ripeté
lentamente
Athos... Aramis una signora? Era quasi ironico... Signora...
Può
considerarsi tale una persona che calpesta gli affetti altrui, che
butta alle ortiche anni di amicizia come se niente fosse? Non era
tanto la bugia di Aramis ad averlo fatto soffrire ma la
consapevolezza maturata in quei dieci anni che per lei il loro
rapporto non aveva voluto dire niente! Amici... Lo erano mai stati
davvero? Probabilmente no, a questo era giunto in conclusione...
"Oh si, la mia signora! La signora del
villaggio,
la nostra capa che ci protegge!" - rispose Bazin con un moto
d'orgoglio, mentre nella sua mente scorrevano le immagini di Aramis,
dei suoi lunghi capelli biondi, della sua figura slanciata mentre
galoppava a cavallo o si allenava con la spada.
Il sorrisetto di Athos si fece freddo e
beffardo. "Capa
del villaggio... Bah, attento mio caro sempliciotto Bazin, mai
fidarsi! Di nessuno!!!".
Bazin, a quelle parole, si fece serio e
parve acquisire
coraggio. Che non si permettesse di mettere in discussione il valore
e la lealtà di Aramis! "La nostra signora è una
persona
saggia, forte e onesta! Non vi permettete! Sarò anche
sempliciotto,
come mi avete definito poco fa, ma non stupido! So giudicare le
persone e Aramis merita fiducia cieca ed incondizionata!".
Athos scoppiò a ridere. Sapeva
di comportarsi da
perfetto cafone maleducato, ma il suo umore era talmente nero che non
riusciva a fare a meno di maltrattare quel povero uomo. "Oh beh,
come no! Detto poi da un UOMO che si fa proteggere da un capo
villaggio DONNA...".
Bazin fece per reagire a quella
provocazione, replicare.
Ma il suo buon senso lo fece desistere. Non era codardia. Sapeva di
trovarsi al cospetto di un moschettiere che, a giudicare dalle
apparenze, era nobile di famiglia. E sapeva che uno scontro con lui
non avrebbe avuto nessun risvolto positivo... E poi, doveva portare
Athos da Aramis e dai bambini il più in fretta possibile e
uno
stupido alterco fra uomini non poteva pregiudicare una missione
delicata. Non sapeva nulla ne delle identità dei bambini ne
del
perchè Athos stesse viaggiando con lui. Il capitano dei
moschettieri
gli aveva detto solo che non doveva fare domande e che stava dando un
grosso servigio al re! E solo questo valeva, gli bastava, lo rendeva
orgoglioso. Un contadino difficilmente rende di persona servigi al re
e quanto gli stava capitando era una soddisfazione grandissima, ne
era orgoglioso! E non avrebbe deluso nessuno!
Il resto del viaggio procedette in
silenzio. Athos smise
presto di divertirsi a stuzzicare Bazin e quest'ultimo
rinunciò
piuttosto in fretta a rispondergli a tono...
Athos sprofondò nel sedile
morbido della carrozza,
pensieroso. De Treville lo aveva messo in un bel guaio. Sarebbe stato
semplice arrivare da Aramis, prendere i bambini e partire subito alla
volta di Parigi e invece doveva trattenersi lì con lei, in
attesa
che arrivasse anche d'Artagnan a dargli manforte per la strada di
ritorno. Certo, sapeva che due moschettieri sono meglio di uno per
proteggere il piccolo principe e sapeva che, finché
d'Artagnan non
fosse giunto, poteva contare su Aramis per difendere il bambino da
possibili imboscate... De Treville era stato previdente nel
predisporre ed illustrargli i piani ma questo lo metteva in una
situazione difficile e complicata perchè significava
dividere per un
pò di tempo la casa con Aramis, essere costretto a
rapportarsi con
lei. Certo, poteva fare l'altero e il duro, ma sarebbe stato
imbarazzante lo stesso. In un certo senso, l'unica cosa che giocava a
suo favore era la presenza dei tre bambini, non sarebbero stati
propriamente soli... E poi, come doveva comportarsi, come doveva
rivolgersi a lei? Come un tempo, quando le reggeva silenziosamente il
gioco, fingendo di non sapere che fosse donna? O trattarla da
signora, visto che ormai era di dominio pubblico che lo fosse? E poi,
arrivato d'Artagnan, lì le cose si sarebbero complicate
ancora di
più perchè lui non sapeva della vera
identità di Aramis, non lo
aveva capito chi lei fosse davvero! Oh almeno, Athos era convinto
fosse così...
Certo però, pensò, la
sorte era davvero avversa e
beffarda nei suoi confronti! Di tutti i posti, di tutte le case, di
tutte le persone sul territorio di Francia, i tre bambini proprio da
Aramis dovevano capitare? Certo, per i tre piccoli era stata una
fortuna ma per lui si era trattato di un crudele scherzo del
destino...
Bazin improvvisamente si
affacciò al vetro della
carrozza, battendo due colpi sull'esterno per far fermare il
cocchiere. "Siamo arrivati!" - urlò.
Athos sobbalzò. Erano davvero
giunti a casa di Aramis?
Perso nei suoi pensieri non si era accorto ne del tempo che era
passato ne di dove era capitato. Si guardò attorno
attraverso i
vetri della carrozza. Fuori diluviava, erano in aperta campagna, in
prossimità di un villaggio talmente sperduto e piccolo che
probabilmente non era segnato nemmeno sulle mappe. E si trovavano
davanti a una minuscola casetta bianca immersa nel verde. La casa di
Aramis probabilmente!
Sospirò. E con un gesto secco
aprì lo sportello,
uscendo dalla carrozza. Ok, il momento era giunto, meglio sbrigarsi
coi convenevoli, spiegare come si sarebbe svolta la missione e poi
estraniarsi da TUTTO in attesa che arrivasse d'Artagnan. Athos si
voltò verso Bazin, sceso anch'esso dalla carrozza, e lo
apostrofò
in tono secco e perentorio. "Considerate terminata la vosta
missione e tornate a casa! Da adesso in poi non avrò
più bisogno
dei vostri servigi".
Bazin fece per obbiettare ma sapeva, come
gli aveva
raccomandato De Treville, che non doveva ne fare domande ne
disubbidire agli ordini del moschettiere. E così,
benché Athos non
gli stesse per nulla simpatico, annuì, risalì
sulla carrozza e
chiese al cocchiere di riprendere la strada per portarlo a casa.
Athos, a grandi falcate, si
avvicinò alla casa e senza
pensarci su bussò con forza alla porta.
Dall'interno si sentì un gran
trambusto e dopo pochi
istanti Aramis aprì...
Faccia a faccia, dopo dieci anni, si
fissarono come se
stessero vedendo un essere leggendario, entrambi...
Poi...
Lei lo guardò negli occhi
sorpresa...
Lui la guardò negli occchi,
freddamente...
E per lunghi istanti calò il
silenzio fra loro...
Aramis deglutì, si
schiarì la voce e, rendendosi conto
di indossare abiti femminili, si sentì in dovere di spiegare
la sua
posizione... Non sapeva perchè dopo dieci anni di nulla,
quella
fosse l'unica cosa che gli era venuta in mente di dire, ma sapeva che
doveva farlo. "Athos, quanto tempo..." - balbettò
guardandolo in viso emozionata – "Io credo di dovervi qualche
spiegazione...". Già... Si sentiva goffa e stupida come una
ragazzina in quel momento a dire frasi tanto banali e scontate. Athos
era stato uno dei suoi migliori amici per anni e nel suo cuore anche
qualche cosa di più. Certo, un legame nato su una menzogna
ma
autentico! Ora però, era arrivato il momento di scoprire le
carte.
Lui era lì, lei era lì e non si poteva scappare o
fare finta di
nulla! Non si aspettava che arrivasse Athos, pensava che sarebbe
stato d'Artagnan a venire da lei ed era confusa. Con il guascone
sarebbe stato semplice, lui conosceva il suo segreto. Con Athos non
era pronta ad affrontare nessuna situazione ma DOVEVA! Però,
come?
Dieci anni di lontananza, di silenzio... Lui cosa stava pensando?
Cosa pensava di LEI??? Già, ormai che fosse donna era palese
davanti
ai suoi occhi...
Lo sguardo freddo di Athos non
tradì alcuna emozione.
"Nessuna spiegazione mia cara..." - disse, con una nota di
disprezzo nella voce – "Sono quì per svolgere una
missione,
per illustrati i piani del Capitano De Treville e per prendere i
bambini sotto la mia custodia!".
Aramis annuì sconcertata. Athos
non aveva voglia di
fare conversazione, era chiaro! Forse doveva anche aspettarselo... E
affrontava la questione con la freddezza che di solito usava nelle
missioni difficili, freddezza che lo rendeva imbattibile in
battaglia... E che in quel momento rappresentava un baluardo anche
per lei. "Si ma...". Lei voleva dirgli mille cose,
spiegarsi, alleggerire la sua posizione davanti al suo vecchio
compagno! Non doveva avere una buona opinione di lei Athos, forse era
normale dopo la sua fuga repentina da Parigi senza dire nulla a
nessuno. Per questo doveva dannatamente SPIEGARE!!!
"Niente ma, sono quì per lavoro
Aramis e
nient'altro mi interessa e mi risulta interessante!". Il tono di
Athos era duro e non lasciava spazio ad risposta alcuna. Non voleva
ascoltarla! Punto!!!
Calò di nuovo, fra i due, un
silenzio pesante.
Interotto subito da una vocina infantile...
"ZIO ATHOS!!!". La piccola Julie
sbucò di
corsa dalla camera da letto, appena sentita la voce del moschettiere,
e si lanciò verso Athos entusiasta, seguita da Demian e da
Luis.
"Zio Athos, zio Athos!!!" - urlò
felice
Demian – "Che fortuna che sei venuto tu, papà ci
avrebbe
messo in castigo a VITA!!!".
A dispetto di tutto, Athos rise quasi
divertito davanti
alla faccia tosta dei bambini. Faccie di bronzo, esattamente come il
loro padre!!! "Non cantate vittoria, prima o poi i vostri
genitori li dovrete rivedere! E siete in guai grossi, sappiatelo!".
Julie gli si arrampicò in
braccio, stringendosi a lui e
dandogli un bacio sulla guancia. "Dai zio Athos, lo so che
papà
e mamma ci faranno il culetto a strisce a furia di darcele col
battipanni, ma tanto che ci sei tu, trattaci bene!".
Athos sorrise, di nuovo. "Bimba mia, se
riuscirai a
conservare questa faccina di tolla anche da grande, nulla ti
sarà
impossibile...!".
Julie sorrise e Demian e il principino si
avvicinarono
al moschettiere, apparentemente sollevati dalla sua presenza. Una
faccia conosciuta, finalmente!
Athos si informò con Luis circa
le sue condizioni e una
volta appurato che anche il giovane erede al trono stava bene,
finalmente si rilassò.
Aramis, in un angolo della stanza, era
rimasta ad
osservarli. Mentre il peso di dieci anni di lontananza da quel mondo
che tanto aveva amato presero a tormentarla all'istante. Athos coi
figli di d'Artagnan, col principino, i bambini con lui... Si capiva
che erano molto legati, affezionati l'uno all'altra. Un mondo di cui
non faceva parte. Athos era lo 'zio Athos' per i figli di d'Artagnan
e probabilmente anche Porthos era considerato così. Una
grande e
allegra famiglia di amici di cui non faceva più parte e di
cui non
sapeva più nulla... Cosa era successo in quei dieci anni?
Che
avventure avevano vissuto i suoi amici senza di lei? Che legami
intercorrevano fra loro? Erano ancora 'Tutti per uno e uno per tutti'
o qualcosa era cambiato?
Capì perchè era tanto
difficile per lei e Athos
raffrontarsi...
Tante cose non dette, un lungo silenzio,
due vite ormai
diverse che li avevano ridotti a estranei...
Athos non voleva spiegazioni da lei...
Perchè era
arrabbiato? O forse, perchè non gli importava
più? Dieci anni sono
tanti e più che sufficienti per dimenticare... Aveva paura a
rispondersi Aramis, le risposte che avrebbe potuto ricevere potevano
fare molto male...
Athos si voltò verso di lei, una
volta finito di
parlare coi bambini. "Gli ordini son questi: resterò
quì coi
bambini finché non arriverà d'Artagnan a darmi
man forte per
riportarli a Parigi in tutta sicurezza. Era fuori Parigi a dirigere
le ricerche e non poteva quindi partire immediatamente, aspetteremo
quà il suo arrivo! Nel mentre, il capitano si auspica un tuo
aiuto,
nel caso di bisogno, per proteggere Luis!".
"Oh, lei ci aiuterà,
è una donna fortissima!"
- esclamò Julie piena di ammirazione.
Athos digrignò i denti. "La
conosco, la
conosco..." - rispose senza entusiasmo.
Aramis annuì. "Sta arrivando
d'Artagnan quindi?"
- chiese, felice al pensiero di rivedere il guascone, di scoprire che
uomo era diventato.
"Esattamente!" - rispose Athos con voce
maliziosa e cattiva. "Se tanto ci tieni, magari puoi elargire a
lui le spiegazioni inutili che ti ho rifiutato poco fa. Magari ti
ascolterà!".
Aramis fremette di rabbia. Quel tono
scostante e freddo
la irritava! Athos non poteva sapere il perchè di tante
cose! E di
quanto era stato difficile. No, non gli avrebbe dato spiegazioni,
come aveva chiesto. E non ne avrebbe di certo date a d'Artagnan...
"Non devo spiegare nulla! D'artagnan sa già da tanti anni
tutto
quello che avrei spiegato a te poco fa..." - rispose in tono
sibillino.
E a quelle parole, un macigno pesantissimo
calò sul
cuore e sulla mente di Athos...
D'artagnan sapeva?
Come???
Perchè???
Una strana rabbia lo invase. Il suo amico
guascone che
lo aveva superato per quanto riguardava la carriera, a quanto pareva
lo aveva superato anche in qualcos'altro...
|
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Capitolo 6 *** Una missione per Athos ***
Nuovo
capitolo, eccomi! E finalmente ecco che compare anche Athos ;)
Grazie
a tutti, come sempre, dei commenti e degli incoraggiamenti a
scrivere, mi fanno molto piacere e spero continuate così!
Capitolo
dedicato a Citosol, come regalino di compleanno, sperando sia
gradito!
Alla
prossima!
Una
missione per Athos
Aramis aveva messo i tre bimbi nel suo
letto. Era ormai
sera tardi, fuori la pioggia continuava a cadere incessantemente e
non c'era nulla che lei potesse fare fino all'indomani mattina.
Era stupita e sotto shock e non riusciva a
smettere,
mentre li metteva a letto, di osservare quei tre bambini...
Il destino si sa, a volte è
crudele e beffardo, ma le
sembrava decisamente troppo!
Perchè, fra milioni di francesi,
proprio lei doveva
incontrare e salvare quei tre bambini? Era un guaio enorme, un
qualcosa che l'avrebbe costretta a riallacciare i rapporti da quel
mondo che tanto aveva amato e che aveva dovuto, suo malgrado,
abbandonare...
Cosa avrebbe dovuto fare, come
comportarsi??? Portare i
bambini a Parigi lei stessa? No, troppo rischioso, non sapeva ne se
c'erano nemici da affrontare che erano sulle loro tracce, ne quanti
nemici eventualmente ci fossero... E lei, sola con tre bambini,
sarebbe riuscita in quella missione in incognito? Forse sì,
ma
rischiare, quando in gioco c'era la vita del piccolo principe di
Francia, era un azzardo troppo grande...
Non sarebbe stato meglio, forse, tenere al
sicuro i tre
bambini a casa sua e avvertire in qualche modo qualcuno a Parigi di
quanto successo, così che fossero mandati uomini esperti?
Già, ma
chi? Non d'Artagnan di certo, forse era tenuto sott'occhio da
possibili nemici che ne studiavano le mosse, visto che erano
implicati i suoi figli... Non certo Athos o Porthos con cui aveva
interrotto ogni rapporto dieci anni prima... Altri moschettieri? Non
erano poi amici così fidati come il suo vecchio gruppo e
poi, chissà
quanti di loro, dopo tanto tempo, erano rimasti nel corpo dei
moschettieri...? Ci ripensò... Solo una persona poteva
avvertire!
L'unico che sapesse cosa le era successo, dove viveva, l'unico con
cui aveva, almeno inizialmente, tenuto i contatti dopo la sua
partenza furtiva da Parigi: Il capitano De Treville!!!
Lui era un uomo saggio e sicuramente
l'età avanzata non
aveva intaccato questa sua dote. Già, ecco cosa avrebbe
fatto! Gli
avrebbe scritto spiegandogli tutto e il suo servitore Bazin gli
avrebbe recapitato il messaggio. Nessuno avrebbe sospettato del
messaggiero, De Treville avrebbe deciso il da farsi e lei nel
frattempo si sarebbe presa cura dei bambini, in attesa di notizie da
Parigi... Semplice, lineare, sicuro! Un buon piano!
Osservò i tre bambini nel letto.
Luis ormai dormiva
mentre i gemelli ancora si agitavano sommessamente fra le coperte.
"Cosa c'è, non riuscite a
dormire?" - chiese
loro la donna.
Demian sbuffò, poi si
rannicchiò sotto al cuscino.
"Voglio la mamma..." - sussurrò. Era vero! Passata la
voglia di disobbedire, l'adrenalina per l'avventura appena vissuta...
restava solo un bambino di cinque anni lontano da casa, dagli
affetti... Era difficile essere soli, in casa di un'estranea,
benché
gentile...
Julie si girò verso di lui,
apparentemente più sicura
del fratello. "Non ti conviene sai? Quando mamma e papà ci
rivedranno, ci faranno il culetto viola!".
"Fa niente, io voglio la mamma lo stesso!"
-
frignò il bambino.
Aramis sorrise. "La rivedrete presto, sta
tranquillo...". Erano buffi quei gemelli. In loro rivedeva tanto
di d'Artagnan, soprattutto nel caratterino della femminuccia.
Demian la fissò, scettico. "E
voi come fate a
saperlo, signora?".
Aramis gli strizzò l'occhio. "Te
l'ho detto,
sistemerò tutto io! Conosco i moschettieri, non era una
bugia quello
che vi ho detto prima...".
A dispetto della sua tristezza, Demian
sorrise. "In
effetti signora... prima che voi ce lo diceste... era così
chiaro
che conoscete i moschettieri!".
"Come?" - chiese Aramis stupita.
Demian annuì. "Quando vi ho
vista arrivare e
combattere con i nostri rapitori... Il vostro modo di correre, di
impugnare la spada, di combattere... Sembrate... anzi SIETE una di
loro! Un moschettiere!".
Aramis arrossì, inconsciamente.
Se Julie aveva lo
stesso caratterino del padre, Demian invece ne aveva ereditato la
capacità di osservazione... Era strano ma... le parole
ingenue e
spontanee di quel bambino... Senza saperlo, Demian gli aveva fatto
forse il più bel complimento che avesse mai ricevuto in vita
sua...
"Ti ringrazio..." - sussurrò. Si alzò poi dalla
sedia per
permettere ai bimbi di calmarsi e dormire. "E ora su, è
tardi,
a nanna!" - disse loro in tono sereno e gentile.
I gemelli annuirono e Aramis spense la
candela che
illuminava flebilmente la stanza. Poi li lasciò tranquilli
ad
addormentarsi, chiuse l'uscio, andò in cucina, prese carta e
penna e
si sedette a scrivere la lettera per il capitano.
"
Caro capitano De Treville, dopo molto tempo mi ritrovo a scriverle
per una questione di massima urgenza!
Durante
una cavalcata, oggi, mi sono imbattuta in tre bambini che fuggivano
da tre rapitori. Li ho salvati e ho messo in fuga i malviventi e ora
i tre piccoli sono ospiti a casa mia, sotto la mia protezione. I tre
bambini, dopo accurate domande per verificarne l'identità,
mi
risultano essere il figlio del nostro re di Francia e del mio
vecchio compagno d'arme d'Artagnan.
Immaginando
lo scompiglio creato nella capitale dalla scomparsa del piccolo
principe, resto in attesa di vostre notizie circa il comportamento
che dovrò tenere fino a vostri nuovi ordini.
Sicura
che saprete risolvere la situazione con saggezza, come avete sempre
fatto, resto in attesa di vostre notizie, al fine di riconsegnare i
tre bambini ai legittimi genitori. Il mio indirizzo è il
medesimo
che vi avevo lasciato dieci anno orsono, alla mia partenza dalla
capitale.
Sempre
fedele a Voi, al nostro re e al corpo dei moschettieri, Vi saluto con
affetto.
Aramis,
il moschettiere".
Poi, nel buio della notte, uscì
di casa, prese il suo
cavallo e a spron battuto si diresse a casa di Bazin. Avrebbe chiesto
al suo servitore il massimo riserbo e di recapitare la lettera al
capitano De Treville.
E poi avrebbe atteso notizie da Parigi...
...
Bazin era un uomo semplice, di campagna,
abituato più a
stalle e campi da coltivare che al facoltoso studio del capitano dei
moschettieri a Parigi. Per questo, mentre il vecchio comandante
leggeva la missiva che Aramis gli aveva detto di recapitargli, se ne
stava in piedi, dritto come uno stoccafisso, a tormentare fra le mani
il suo povero cappello di lana.
De Treville invece leggeva avidamente, con
occhi
sbarrati, quando gli aveva scritto Aramis. Una lettera, un contatto
inaspettato... Gli faceva piacere sapere di lei, che stava bene,
ma... non era il momento per i convenevoli. La capitale era in
subbuglio, la famiglia reale disperata e gli ultimi giorni erano
stati tremendamente tragici nella disperata ricerca del principino e
dei figli di d'Artagnan. I tre bambini erano scomparsi nel nulla dai
giardini del Louvre e ogni ipotesi circa la loro sorte era stata
delineata, durante le febbrili ricerche, da quella meno grave alla
più tragica.
E ora, leggere quella lettera era una
specie di
sollievo. I tre piccoli dispersi erano vivi, nelle mani di uno dei
più valenti moschettieri del re. Erano quindi al sicuro.
Certo,
Aramis non spiegava bene quanto successo ma il capitano contava di
avere i tre bambini a Parigi il prima possibile, in modo che fossero
loro stessi a raccontare quanto accaduto.
Ora doveva solo predisporre il da farsi. La
faccenda, su
ordine del re, era stata seguita con la massima discrezione a Parigi
e la notizia della scomparsa dei bambini non era trapelata fuori
dalle mura del palazzo.
Tutte le ricerche si erano svolte nel
massimo
silenzio... E così doveva svolgersi l'epilogo di quella
storia.
Il capitano ci mise poco a capire il da
farsi. Doveva
mandare qualcuno della massima fiducia a casa di Aramis per prendere
i piccoli e ricondurli a casa. Non una grande scorta che avrebbe dato
nell'occhio ma un paio di uomini di sua massima fiducia...
E solo poche persone erano al top delle sue
preferenze...
D'artagnan, il suo successore eletto,
nonché padre di
due dei bambini rapiti. Ma il giovane era stato mandato fuori Parigi
a dirigere gli uomini per le ricerche dei figli e del principe e ci
sarebbe voluto tempo per richiamarlo e farlo partire.
Porthos si trovava lontanissimo dalla
capitale, alle
terme con la sua amante... Decisamente fuori mano per farlo rientrare
in fretta e furia a Parigi...
Rimaneva Athos. Il suo moschettiere
più saggio, quello
che si era tenuto accanto in quei giorni difficili e che lo stava
aiutando a predisporre le ricerche e gli uomini, in assenza di
d'Artagnan. Athos era perfetto! Serio, riservato, intelligente.
Certo, sapeva del gelo che si era creato fra lui e Aramis, del
risentimento e del dolore che aveva covato dopo la sua partenza
misteriosa... De Treville a volte avrebbe voluto indagare, in quegli
anni, circa i sentimenti di Athos, ma si era sempre trattenuto,
rispettando il dolore del suo cadetto e la convinzione che non
dovesse immischiarsi in questioni private che esulavano dal suo ruolo
di capitano. Però, in cuor suo era sempre stato curioso di
sapere
quanto Athos conoscesse dei segreti di Aramis... Era una persona
intelligente e probabilmente, aveva capito più di quanto
aveva
voluto far trasparire...
Non sapeva come sarebbe stato un faccia a
faccia fra lui
e Aramis dopo dieci anni, ma De Treville non poteva permettersi di
pensare a quelle che, dopo tutto, erano semplici frivolezze e fatti
privati dei suoi uomini.
C'era in gioco la vita del piccolo
principe, tutto il
resto veniva in secondo piano!
Athos era l'uomo giusto da inviare nella
Francia
centrale a recuperare i bambini e quindi sarebbe partito, a dispetto
di tutto! E, appena fosse rientrato d'Artagnan, avrebbe fatto partire
anche lui alla volta della casa di Aramis, per dar man forte ad Athos
per il ritorno a Parigi coi bambini.
Una volta deciso il da farsi, il capitano
fissò Bazin,
ancora ritto e fermo davanti a lui. "Signore, vi ringrazio per
quanto fatto! Anche se non potete comprenderlo, sappiate che avete
reso un grande onore al re e alla Francia intera! Sarete mio ospite
gradito fino a domani, quando partirete verso la vostra casa con un
mio uomo di fiducia. Di più non posso dirvi, se non GRAZIE!".
Colmo d'orgoglio, Bazin si
inchinò davanti al capitano
una decina di volte, ringraziandolo a sua volta per le sue parole.
Non capiva un accidente di quello che stava succedendo, non sapeva il
contenuto della lettera che aveva dovuto recapitare e quindi del
perchè fosse lì, visto che Aramis non aveva
voluto spiegarglielo.
Era un servitore che aveva semplicemente obbedito al suo superiore e
venire elogiato per questo da uno dei più grandi uomini di
Francia
era un onore inaspettato.
De Treville lo fece accompagnare ai suoi
appartamenti da
un cadetto e poi mandò a chiamare Athos, per informarlo
della
missione...
...
"Athos, chiudete pure la porta per
cortesia!"
- intimò gentilmente De Treville al moschettiere appena
giunto.
Athos annuì, obbedì
alla richiesta del capitano e si
sedette alla scrivania, davanti a lui, convinto di essere stato
convocato per discutere per l'ennesima volta delle ricerche dei
bambini scomparsi.
De Treville non perse tempo. "Vi ho
convocato
Athos, per una questione di massima urgenza e assoluta discrezione!
Ciò che ci diremo deve rimanere fra noi e le quattro mura di
questa
stanza, d'accordo?".
Athos annuì, sorpreso dal tono
grave del capitano.
"Come sempre, sono ai vostri ordini e alla vostra più
completa
disposizione!".
De Treville annuì, strinse le
mani nervosamente l'una
nell'altra e fissò intensamente Athos. "Ho notizie dei
bambini!
Il principe Luis e i gemelli stanno bene per fortuna!".
Athos spalancò gli occhi
sorpreso e allo stesso tempo
sollevato da quello che gli era appena stato detto. Era il padrino
dei gemelli e in quei giorni si era disperato esattamente come
d'Artagnan e Constance per la sorte dei due bimbi... "Come? Dove
sono, che è successo?" - chiese con impeto.
De Treville annuì prima di
rispondere, aspettando che
il suo interlocutore si calmasse. Era strano vedere un tipo posato
come Athos agitato, pensò... "I bambini erano stati rapiti
da
tre malintenzionati. Non so i dettagli per ora, ma so che i piccoli
stanno bene. Durante la fuga coi malviventi, hanno avuto la fortuna
di incontrare qualcuno che li ha aiutati, il meglio che potessero
trovare! Sono stati fortunati! Quella persona li ha salvati e ora li
tiene a casa sua, sotto la sua protezione! Si è messo in
contatto
con me e sta aspettando che qualcuno di noi vada a prende i bambini
per ricondurli a Parigi!".
Athos inspirò profondamente,
mentre il sollievo si
impossessava di lui... Erano salvi, i bambini erano salvi! Il
racconto che aveva fatto De Treville era lacunoso, ma l'importante
era che Luis, Julie e Demian fossero vivi e in salute! "Bene...".
Il capitano sospirò. "La persona
che andrà a
riprendere i bambini sarete voi Athos, come da mia decisione!
Partirete domattina insieme al servo di quella persona, diretti in un
piccolo villaggio al centro della Francia, a Saint Marielle. I
bambini si trovano lì!".
Athos annuì all'ordine del
capitano. "Come
comandate signore! Ma, se mi è concesso, potrei sapere chi
è questo
valoroso salvatore?". Era curioso in effetti, il capitano pareva
essere un pò vago al riguardo...
Come aspettandosi quella domanda, De
Treville annuì,
parlando lentamente. "Certamente Athos! E' una nostra vecchia
amicizia e conoscenza... E' stata una gran fortuna che i bambini si
siano imbattuti in Aramis...".
E a quel nome, gli occhi di Athos si
spalancarono prima
per la sorpresa, e poi divennero gelidi come il ghiaccio. Aramis...
Aramis, Aramis, Aramis!!! Una ventata di ricordi e di sensazioni che
aveva tentato con tutto se stesso di tenere celati al mondo e alla
sua coscienza lo colpì in pieno. Aramis... Uno dei suoi
migliori
amici, uno dei più valenti moschettieri, una donna
bellissima che
sapeva combattere come un uomo, una donna che in un certo senso lo
aveva stregato con la sua forza, intraprendenza, coraggio...
Bellezza... Una donna di cui aveva accettato e retto tacitamente il
gioco, in onore del loro rapporto, della loro amicizia... Senza mai
rivelarle quanto lui sapesse, senza mai farle domande, senza mai
cercare di saperne nulla di più di quello che lei raccontava
circa
la sua vita misteriosa... Aveva annuito alle bugie della donna,
finto di crederle per tenere celata la sua vera identità,
ben
sapendo lui stesso qual'era la verità. Aveva scelto allora
di
accontentarsi di quello, di una forte amicizia, di un forte legame
che univa non solo loro due ma anche Porthos e d'Artagnan, dando vita
a un quartetto di combattenti temibile per chiunque... Un'amicizia in
cui lui credeva, fermamente, ciecamente... E per la quale avrebbe
dato la vita, allora...
E Aramis, cosa gli aveva dato in cambio?
Probabilmente
scarsa fiducia, visto che mai gli aveva rivelato chi lei fosse
davvero, ne a lui ne agli altri... E se n'era andata improvvisamente,
senza curarsi degli amici, del re...
Questo solo lui sapeva...
Una traditrice... Che però, al
solo ricordarla, ancora
riusciva a stregarlo! Pericolosamente! E proprio per questo...
Non sapeva perchè Aramis
c'entrasse nella storia del
rapimento dei bambini ne gli importava saperlo. Athos si
alzò
bruscamente in piedi. "Mi spiace capitano ma non posso accettare
la missione!". Il suo tono era gelido...
De Treville lo fissò contrariato
e con l'aria di
volerlo rimproverare aspramente. Si aspettava una reazione del genere
da parte di Athos e quindi era pronto a controbattere. "Il
dovere di un moschettiere è servire il re! Non voglio sapere
il
motivo di questo vostro repentino cambio di idee Athos
perchè
suppongo sia ininfluente per la causa che serviamo! Il piccolo
principe e i figli di uno dei vostri migliori amici aspettano voi per
tornare a casa, questo solo conta! Il resto sono solo sciocche
questioni private che poco hanno a che fare coi doveri di un
moschettiere! E' un ordine il mio, Athos! Voi domattina partirete, vi
recherete da Aramis e porterete i bambini a Parigi, sani e salvi!".
Athos, colto da ira per quel rimprovero,
picchiò con
rabbia i pugni sulla scrivania. NON voleva rivedere Aramis! Non
poteva! Non sapeva come avrebbe reagito nel trovarsela davanti, cosa
avrebbe provato, quanto sarebbe stato devastante! "D'artagnan,
appunto capitano! I figli sono suoi, LUI dovrebbe andare da Aramis a
riprenderli, non io! Dopo tutto, avete scelto... LUI... come vostro
erede" – concluse, con una nota di malizia cattiva nel tono
di
voce.
De Treville si alzò dalla sedia,
arrabbiato per quello
scatto d'ira del suo sottoposto e per quelle allusive e contorte
parole piene di risentimento e gelosia che mai si sarebbe aspettato
da lui. "Athos, ora basta! Siete il mio uomo più saggio ed
esperto e di voi mi fido! Voi e d'Artagnan siete differenti come
mentalità e modo di agire ma ugualmente valenti ai miei
occhi! Se
però ho scelto lui, è perchè lo vedo
più adatto al ruolo di mio
successore! D'artagnan, a differenza di voi, non mischia vita privata
e lavoro, ad esempio... E comunque, ora è fuori
città per dirigere
le ricerche dei bambini ma l'ho mandato a chiamare! Ci vorrà
tempo
perchè torni a Parigi e nel mentre con la vostra partenza
Athos,
guadagneremo tempo. Aramis non può certo occuparsi di tutto
e avrà
bisogno di aiuto per gestire la sicurezza dei bambini! Appena
d'Artagnan sarà di ritorno, statene sicuro Athos, lo
invierò al
vostro seguito immediatamente. Ma nel frattempo, voi domani
partirete! E non voglio altre obiezioni!".
Il tono del capitano era solenne e
ammetteva poche
repliche e recriminazioni... Era irritato! Athos si morse il labbro
per tacere, sapeva che non c'era modo di far cambiare idea a De
Treville e di aver tirato troppo la corda. E poi in cuor suo sapeva
anche che quella presa dal suo superiore era la scelta più
giusta e
saggia...
Chinò il capo, sconfitto. "Agli
ordini
capitano...". E preso il suo cappello, uscì dall'ufficio
senza
aggiungere altro, sbattendo la porta dietro di lui.
Il mattino dopo doveva alzarsi presto per
partire... Il
resto, sarebbe venuto da se...
Compresa Aramis...
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Capitolo 7 *** L'arrivo di d'Artagnan ***
Eccomi,
dopo mesi e mesi, finalmente a riaggiornare.
Sono
successe molte cose dall'ultima volta, alcune non piacevoli. Per
cominciare, in ferie ad agosto mi sono fatta abbastanza male alla
spalla (lussazione) e questo mi ha impedito di scrivere per lungo
tempo. Poi, crollo di ispirazione totale. Un nuovo lavoro in un nuovo
ufficio che mi ha impegnata molto in questi mesi, E soprattutto,
umore sotto i piedi per mesi, per la perdita del mio amatissimo
cagnolino investito da un trattore mentre giocava in un campo... Ora
c'è un altro cucciolo a casa mia, una piccola peste
simpaticissima
che ora ha cinque mesi e che ci ha aiutati a superare, almeno in
parte, il dolore per la perdita di Ettore.
Ecco,
questo per spiega un pò il motivo della mia lontananza da
quì.
Ora
sono tornata e spero di riprendere con un pò di
aggiornamenti
veloci, sia di questa che dell'altra storia che giace ferma da quasi
un anno.
Spero
ci sia qualcuno che legga ancora!
Scusate
ancora per il mega-ritardo!
Un
bacione e un saluto a tutti! :)
L'arrivo
di d'Artagnan
Saint Marielle... Un villaggio piccolo,
sperduto,
sconosciuto alla maggior parte dei francesi, incastonato fra le
montagne e la campagna del centro della Francia. Non ne aveva mai
sentito parlare, non lo conosceva ma quel posto ormai, da qualche
giorno, era diventato di vitale importanza per d'Artagnan.
L'angoscia per la scomparsa dei figli e del
principe
aveva lasciato spazio alla gioia di saperli sani e salvi in quel
paesino sperduto, nelle mani sicure di Aramis.
Quando il capitano De Treville lo aveva
informato degli
ultimi avvenimenti, il moschettiere aveva faticato non poco a credere
a quel racconto incredibile... I suoi figli, rapiti, erano
miracolosamente salvi e il loro benefattore non era una persona
qualunque ma uno dei suoi più cari amici e una delle lame
migliori
di Francia.
Destino o altro, d'Artagnan era
assolutamente felice di
come le cose si fossero sistemate. E il fatto che Athos fosse andato
a dare manforte ad Aramis per la custodia dei suoi figli e
soprattutto del principe, lo rincuorava ancora di più.
I suoi bambini erano salvi e sarebbero
tornati a casa
presto, ne era sicuro!!! Certo, gli avrebbe dato una strigliata che
si sarebbero ricordati a vita ma saperli vivi, sapere che presto lui
e Constance li avrebbero riabbracciati lo riempiva di gioia!
Con l'irruenza che lo contraddistingueva da
sempre, dopo
quella notizia era tornato a casa, aveva dato alla moglie le ultime
notizie, aveva sellato il suo cavallo ed era partito a spron battuto
verso Saint Marielle. Non vedeva l'ora di arrivare e sistemare quella
brutta faccenda...
Era partito da Parigi talmente pieno
d'impeto che non
aveva realizzato però ben bene il quadro della situazione...
Certo, i suoi figli e il principe erano
salvi ma...
Rivedere Aramis, dopo dieci anni... Cosa avrebbe comportato
ciò? Man
mano che viaggiava, mille domande si affacciavano alla sua mente,
mille dubbi, mille paure... Sapeva perchè se n'era andata, o
almeno
lo immaginava. Conosceva la sua storia ed aveva saputo leggere, nei
silenzi e nella partenza frettolosa della donna moschettiere, i
motivi che l'avevano spinta ad abbandonare la capitale, dopo aver
portato a termine la sua vendetta contro Mansonne. In effetti, forse
non aveva avuto scelta, di questo era convinto. Viveva nella
menzogna, una menzogna che difficilmente sarebbe riuscita a portare
avanti. E poi, portarla avanti per cosa? Per vivere una vita che
forse non le apparteneva, senza un futuro, senza un obbiettivo da
raggiungere... D'artagnan capiva perchè era partita, anche
se lei
non aveva dato spiegazioni nemmeno a lui e non lo aveva salutato,
prima di lasciare Parigi e i moschettieri per sempre.
In quei dieci anni d'Artagnan aveva
mantenuto il suo
segreto, non era mai venuto a meno alla promessa fattale a Belle Ile,
quando aveva scoperto tutto. Era stato difficile i primi tempi,
soprattutto davanti alla disperazione e alle mille domande che si
facevano Athos e Porthos per quella partenza frettolosa.
Poi il tempo era passato, si erano
rassegnati, si era
sposato ed erano nati i suoi figli e la vita aveva preso a scorrere
per tutti in maniera diversa... E Aramis era diventata un dolce
ricordo lontano che non avrebbe influito più sulle loro vite.
E invece, il destino, unito a tre bambini
pestiferi,
aveva rimescolato le carte...
Non sapeva cosa le avrebbe detto
rivedendola, non sapeva
come lei vivesse, se da uomo o da donna, non sapeva come avrebbe
dovuto affrontarla. O meglio, avrebbe saputo farlo se fossero stati
soli perchè lui sapeva tutto di lei, le avrebbe parlato a
viso
aperto, da amico ad amica.
Ma...
Athos...
Il suo amico era là con lei e
d'Artagnan non aveva la
più pallida idea di cosa stesse succedendo in quella casa.
Era
abbastanza certo che Athos fosse arrabbiato, lo era sicuramente i
primi tempi quanto meno, quando Aramis era appena partita senza dire
nulla a nessuno. Ma erano passati dieci anni e la mente di Athos era
comunque, nonostante lo conoscesse ormai bene, imperscrutabile per
certe cose, per il guascone. Athos non parlava mai dei suoi
sentimenti e tante cose della sua vita rimanevano un mistero,
compreso cosa pensasse di Aramis, della quale ormai non parlava
più
da anni. D'artagnan lo rispettava, non chiedeva, non si intrometteva
nella vita dell'amico, a meno che non fosse Athos a raccontare
qualcosa. Ma questo succedeva raramente perchè il
moschettiere era
sempre stato una persona riservata. E lo era diventato ancora di
più
proprio dopo la partenza di Aramis.
E quindi, trovarsi faccia a faccia dieci
anni dopo, che
reazione aveva risvegliato in lui? Gioia? O rabbia?
E poi, trovarsi davanti Aramis e magari
scoprire il suo
segreto, che effetto poteva avere avuto su Athos? Oppure, lo sapeva
già e non aveva detto nulla agli altri, proprio come aveva
fatto
egli stesso?
D'artagnan era confuso, molto...
Ma non vedeva l'ora di arrivare! E spronava
e rispronava
il suo cavallo a galoppare più veloce della luce.
Per arrivare in quel villaggio, per
rivedere i suoi
figli e forse, per riallacciare quel rapporto di amicizia lasciato in
sospeso, spezzato tanti anni prima...
Uno per tutti, tutti per uno...
Come gli sarebbe piaciuto, se fosse stato
ancora vero,
possibile... Ma loro, ne sarebbero stati ancora capaci?
Oppure, lontananza, silenzi, solitudine e
rancori aveva
intaccato per sempre quel rapporto di amicizia che sembrava
indissolubile?
Non lo sapeva e quasi aveva paura a
chiederselo... Ma
non si fermava e galoppava senza sosta, con la stessa
temerarietà e
tenacia di quando era giunto, sedicenne ed inesperto, a Parigi...
...
A Demian, Julie e Luis piaceva Bazin. Era
buffo,
imbranato e portava una ventata di allegria in quella casa, quando
arrivava al mattino a chiedere alla sua padrona di cosa avesse
bisogno. Era una vera e propria boccata d'ossigeno e di
ilarità con
i suoi modi genuini, forse grossolani e da paesano, così
diverso
dai signorotti dell'alta società parigina.
Ai bambini piaceva e lo seguivano ovunque,
mentre era lì
a casa di Aramis. Ne erano incuriositi e soprattutto, respiravano un
clima un pò più sereno quando c'era lui a
distrarli.
Infatti, a nessuno dei tre era sfuggito il
cambio di
clima e di umore in quella casa, da quando Athos era arrivato pochi
giorni prima.
Soprattutto Julie e Demian, erano rimasti
spiazzati dal
cambiamento di umore dello 'zio Athos', di solito sempre gentile con
loro. Era cupo, musone e poco incline a dar loro retta, cosa tanto
strana per lui che mai era stato uno che esternava il suo affetto
platealmente ma che con piccoli gesti aveva sempre fatto capire loro
quanto bene gli volesse.
E anche Aramis, l'idolo della piccola
Julie, era
cambiata da quando Athos era arrivato. Rimaneva sempre la donna in
gamba che li aveva salvati giorni prima, ma anche lei era tesa e
nervosa...
Non capivano cosa succedesse attorno a loro
ma speravano
che d'Artagnan arrivasse il prima possibile a prenderli per mettere
fino a tutto ciò...
Julie e Demian ne erano certi, il loro
papà sapeva
risolvere tutti i problemi! E anche Luis riponeva grande fiducia nel
moschettiere che da sempre ammirava con venerazione.
"Io mi annoio!!!" - esclamò
Julie, sedendosi
per terra e borbottando rumorosamente.
Aramis, intenta a lucidare la sua spada, la
osservò
dalla sedia. "Non puoi trovarti qualche gioco da fare con tuo
fratello e con il principe?" - rispose, indicando i due bambini
che parlottavano tranquilli fra loro sul letto nella camera.
Julie scosse la testa. "Io non voglio
giocare tutto
il giorno coi maschi, io voglio giocare all'aperto!!!" - si
lamentò la bimba.
Aramis scosse la testa, guardando fuori
dalla finestra.
Il tempo era pessimo e pioveva a dirotto. "Non vedi che piove?
Purtroppo per oggi, sarà impossibile uscire!" - le disse con
tono gentile, capendo quanto noiosa dovesse essere quella situazione
per una bimba.
"E quando smette?" - insistette Julie.
Athos, spazientito da quei lamenti,
batté con forza un
pugno sulla spalliera della poltrona dov'era seduto. "Ora basta
Julie!!! Quì nessuno comanda il tempo e nessuno, a parte te,
si sta
lamentando!!! Finiscila di fare capricci o mi farai arrabbiare sul
serio!!! Questa situazione è già abbastanza
pesante così com'è,
senza che tu la peggiori ulteriormente! Se ve ne foste stati buoni a
Parigi, ora non saremmo quì! Se davvero non sai cosa fare,
pensa ai
tuoi errori e medita su come non ripeterli in futuro!".
Julie spalancò gli occhi e
arretrò. Ci era rimasta
male... Cos'èra quel tono freddo, arrabbiato, aggressivo?
Athos...
Lo zio Athos... Stentava a credere che si trovasse di fronte a lui.
Era così diverso dal moschettiere gentile che aveva imparato
a
conoscere da quando era nata. Certo, le era capitato diverse volte di
vederlo teso quando aveva affrontato, con suo padre, missioni
pericolose ma MAI le aveva parlato così bruscamente... "Zio
Athos..." - mormorò con timore, mentre calde lacrime si
affacciavano ai suoi occhi.
Aramis guardò Athos con sguardo
furente invece. "Non
ti ricordavo tanto maleducato! Ti sembra il modo di parlare ad una
bambina?".
Athos non si scompose e
riaffondò nella poltrona,
irritato. "Conosco Julie da quando è nata e so meglio di te
come parlarle! E come agisco, non sono affari tuoi, se permetti..."
- sibilò con cattiveria, piantando il suo sguardo in quello
della
donna.
In quel momento si sentì il
rumore di un cavallo che
giungeva, nella pioggia, al galoppo. Aramis si alzò dalla
sedia e si
avvicinò alla finestra per vedere se era Bazin che era
arrivato. E
fu grande la sua sorpresa quando, invece del suo servitore, vide una
faccia conosciuta, che non incontrava da dieci anni. Il cuore prese a
batterle forte, all'impazzata. Era lui, proprio lui!!! Quanto lo
aveva pensato, aspettato da quando quella storia era iniziata, con
l'incontro coi suoi figli! D'artagnan, il ragazzo coraggioso dal
cuore puro, che aveva protetto come un fratellino nei suoi anni
parigini, che aveva visto crescere e diventare uomo, battaglia dopo
battaglia, che conosceva il suo segreto e che mai l'aveva tradita.
Gioia, emozione di rincontrare quel ragazzino diventato adulto...
"D'artagnan!" - esclamò.
"D'artagnan?!" - ripeté Luis
saltando giù
dal letto e correndo alla finestra.
Anche Demian e Julie corsero a vedere. "E'
arrivato
papà!!!" - esclamarono in coro.
Julie saltò fra le braccia di
Aramis, felice. "E'
arrivato il mio papà, è arrivato il mio
papà finalmente!!!" -
urlò abbracciandola, eccitata.
Aramis le strizzò l'occhio,
sorridendole. "E
allora sù, corrigli incontro!".
I bimbi spalancarono la porta e corsero
fuori mentre
Aramis e Athos, soli, si scambiarono uno sguardo in cagnesco. "Non
gli vai incontro?" - chiese la donna, con freddezza, vedendo che
il moschettiere non si alzava dalla poltrona.
Athos alzò le spalle. "Non vedo
perchè dovrei
fargli tanti cerimoniali..." - rispose con freddezza, in tono di
sfida.
Aramis si morse il labbro. Non capiva, era
confusa...
Athos ce l'aveva con lei e questo poteva avere senso... Ma con
d'Artagnan, che problemi c'erano? Cosa era successo ai suoi amici
mentre lei non c'era? Aveva mille domande da porre ma non era ne il
luogo ne il momento per farle... Uscì senza aggiugere altro
e appena
fuori, vide il guascone circondato dai tre bambini che gli saltavano
attorno eccitati.
Appena d'Artagnan la vide, sorrise e le si
avvicinò
felice. Era vestita con abiti maschili che però non
nascondevano la
sua vera natura. La camicia bianca di seta metteva ben in evidenza il
suo petto prosperoso e Aramis era rimasta la bella donna di dieci
anni prima. Beh, almeno sapeva come viveva e come si era presentata
ad Athos... "Aramis, che piacere..." - le sussurrò appena
la ebbe davanti, con un tono misto di felicità, stupore per
quella
situazione e imbarazzo. "O dovrei dire... Renèe?".
La donna sorrise. "Aramis va benissimo
d'Artagnan!
Sono felice che tu sia quì" – gli rispose,
andandogli
incontro.
I bimbi corsero vicino ai due e Julie prese
la mano del
padre. "Papà, sai che questa signora sa combattere bene con
la
spada come te?".
D'artagnan annuì alla piccola.
"Oh, lo so! Io la
conosco bene".
Julie sorrise e fece per replicare ma
Aramis la bloccò.
"Su, entriamo in casa o ci bagneremo come pulcini, con questa
pioggia!".
I tre bimbi annuirono e corsero dentro
velocemente,
lasciando soli per pochi istanti Aramis e d'Artagnan. Il guascone
guardò la donna. "Sai, non potevo credere alle mie orecchie
quando De Treville mi ha detto dov'erano i miei figli e cosa era
successo!".
Aramis ridacchiò. "Oh, non lo
dire a me! Ero
incredula quando ho scoperto chi erano quei tre mocciosetti!".
D'artagnan annuì.
"Già...". Poi guardò
verso l'uscio pensieroso. "Athos è quì?" - chiese
preoccupato, non vedendo l'amico arrivare.
Il viso di Aramis si rabbuiò.
"Sì, è dentro...
Devo dire che il suo carattere è davvero peggiorato in
questi dieci
anni... Quì con lui, non è stato il massimo del
divertimento in
questi giorni, se devo essere onesta e...".
D'artagnan fece per replicare e chiedere
spiegazioni ma
i bimbi presero a chiamarli dall'uscio e dovette rimandare le domande
che aveva in testa. Che diavolo stava succedendo in quella casa? In
che rapporti erano i suoi due amici, dopo dieci anni di lontananza e
silenzio? Un pò lo immaginava ma non riusciva a farsene
un'idea
chiara in testa.
Entrarono in casa e Athos, osservando
l'amico entrare,
non si alzò ne si scompose. Si limitò ad annuire
serio in segno di
saluto, senza tirarsi su dalla poltrona. "Era ora d'Artagnan!
Credevo ti fossi perso per strada!" - disse, con freddezza. In
quel momento era arrabbiato, ora ne era conscio, rivedendo il
guascone! Con Aramis e anche con d'Artagnan, sì!!! Con la
prima,
perchè aveva tradito l'amicizia profonda che li aveva uniti,
col
secondo perchè... Non lo sapeva ancora bene il
perchè ma in quel
momento vedere d'Artagnan lo irritava! Forse era perchè
stava
facendo una carriera migliore della sua, forse perchè
conosceva e
condivideva un segreto con la loro vecchia compagna d'avventure, un
segreto che Aramis non aveva voluto rivelare a nessuno eccetto che a
lui... O forse, semplicemente era irritato e basta! Qualunque cosa
fosse, Athos sapeva di avere un umore pessimo in quel momento.
"Ho fatto prima che ho potuto Athos, sono
partito
appena De Treville mi ha informato sugli ultimi sviluppi!" -
rispose con calma forzata il guascone, onde evitare che Athos
peggiorasse il suo tono di voce ulteriormente. Dalle poche parole che
gli aveva rivolto, l'aveva ben capito che Athos era di umore nero. Ma
non aveva voglia ne di polemizzare con lui ne di litigarci,
soprattutto non a casa di Aramis e non con i suoi bambini presenti. E
soprattutto, non aveva voglia di litigare con uno dei suoi migliori
amici, senza sapere il motivo di tanto rancore. D'artagnan poteva
forse capire appieno la tensione fra Athos e Aramis ma non capiva
perchè l'amico, a quanto sembrava, ce l'avesse anche con lui.
Athos si alzò dalla poltrona,
spazientito forse per
quel tono di voce calmo che d'Artagnan gli aveva riservato. Avrebbe
preferito che gli rispondesse male, così almeno avrebbe
avuto
l'appiglio per attaccarlo e dare sfogo alla sua rabbia. Ma
così, il
guascone gli aveva tarpato in un certo senso le ali... "Se
questo ritmo di viaggio è il meglio che puoi fare, credo che
il
corpo dei moschettieri sia nei guai...".
Nemmeno quell'ultima frecciatina
sfuggì al guascone e
come per la frase precedente, decise di sorvolare e di non cogliere
la provocazione. "Che vuoi farci, vuol dire che sto
invecchiando!" - ribatté con calma, alzando le spalle.
Athos digrignò i denti, ancora
una volta battuto. Si
ributtò sulla poltrona in silenzio, deciso a non proseguire
ulteriormente quella conversazione.
D'artagnan lo fissò torvo per un
istante, poi si
inginocchiò davanti ai suoi figli, stringendoli in un
abbraccio.
"Julie, Demian... Voi non immaginate che paura ci avete fatto
prendere, voi e il principino!" - disse, osservando il piccolo
Luis seduto sulle sue ginocchia.
Demian si strinse a lui. "Papà,
ci spiace! Sei
arrabbiato?".
D'artagnan sospirò. "Abbastanza!
Ma per ora,
voglio godermi il fatto di avervi ritrovati sani e salvi! Dovreste
ringraziare Aramis per quello che ha fatto per voi! Siete stati
fortunati ad incontrare lei e spero che questa brutta storia vi abbia
insegnato qualcosa!".
"Oh, lo spero bene!" - intervenne
nuovamente
Athos in tono acido – "Spero che abbiate imparato bene cosa
vuol dire DISOBBEDIRE e a che conseguenze questo porti! E mi auspico
che vostro padre vi punirà come meritate, invece che
abbracciarvi
come ha appena fatto!".
"Athos!!!". D'artagnan si alzò
di scatto, ora
EVIDENTEMENTE spazientito. Si sforzò di tenere un tono di
voce basso
ma sentiva che la pazienza lo stava abbandonando... "I miei
figli saranno puniti e messi in castigo come meritano, te lo
garantisco! Ma non li vedo da giorni, io e la loro madre siamo stati
in ansia per notti intere, senza chiudere occhio, chiedendoci se li
avremmo mai rivisti vivi! E ora, se permetti, voglio godere del fatto
che siano quì con me, sani e salvi! E voglio riabbracciarli
perchè
credevo che forse non lo avrei più potuto fare! Il resto
verrà
dopo, non preoccuparti per questo!".
Athos lo fissò torvo, occhi
negli occhi. "Fa
quello che vuoi, non sono figli miei dopo tutto!".
Aramis si intromise fra i due, notando il
disagio dei
bambini in mezzo a quella strana lite. "Ragazzi, siamo molto
stanchi, perchè non ci calmiamo e rimandiamo i discorsi seri
a dopo?
Preparo la cena e così, a pancia piena, si
perlerà meglio".
Athos le lanciò uno sguardo
fugace. "Io non ho
fame e non ho niente da discutere! Abbiamo quì il futuro
capo dei
moschettieri dopo tutto, che ci pensi lui a organizzare il viaggio di
ritorno a Parigi! Anzi, fatelo insieme tu e lui, siete così
in
SINTONIA! Io me ne vado a letto, buona notte a tutti!". Si
avviò
alla porta della sua camera, la chiuse dietro di se e scomparve dalla
sala.
Julie abbassò lo sguardo,
nuovamente turbata dal
comportamento di Athos. "Papà..." - sussurrò al
genitore,
in cerca di risposte.
D'artagnan le sorrise, forzatamente. "Lo
zio Athos
ha un caratteraccio, lo sai bene! Vedrai che con una bella dormita,
domani sarà più simpatico e gentile!". Poi si
voltò verso
Aramis, in cerca egli stesso di risposte.
La donna scosse la testa. Non sapeva cosa
dirgli. Gli
fece cenno di attendere di essere soli e forse, insieme, avrebbero
capito cosa stava succedendo ad Athos. Avevano dieci anni di
lontananza da raccontarsi poi, sarebbe stato bello chiaccherare
insieme. Aramis fissò il giovane guascone davanti a lei. Era
diventato un uomo, era cresciuto non solo nel fisico ma anche nella
mente. Lo aveva capito vedendolo coi suoi figli e soprattutto, per
come aveva tenuto testa ad Athos durante il loro battibecco, non
cedendo alle sue provocazioni. Sarebbe stato un buon capitano per i
moschettieri, ne era certa...
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Capitolo 8 *** Raccontami di te... ***
Ci
sono,
eccomi a riaggiornare! Grazie come sempre a tutti per le recensioni
graditissime!
Purtroppo
per qualche mese non potrò aggiornare e ci tenevo a farlo
prima di
riscomparire per un pò. Mi sono rifatta male alla spalla
(quinta
lussazione) e mercoledì sarò operata. Quindi, per
un pò mi sarà
difficile aggiornare. Ma appena torno in forma, la scrittura
procederà spero speditamente!
Un
bacione
a tutti e, spero, a presto!
Raccontami
di te...
La pioggia continuava a cadere
incessantemente e il
vento che ululava all'esterno faceva presagire temperature fredde.
Nella casetta di Aramis era calato il
silenzio, dopo che
Athos e i tre bambini erano andati a letto e solo il rumore della
pioggia e del vento la faceva da padrone nella piccola sala.
D'artagnan e Aramis se ne stavano seduti al
tavolo,
pensierosi e forse imbarazzati da quel contatto faccia a faccia dopo
dieci anni. Si sentivano entrambi impacciati a cominciare una qualche
conversazione, non perchè fra loro ci fossero rancori ma
perchè era
difficile iniziare a parlare, a raccontarsi, a fare domande...
Dieci anni sono tanti, lo sapevano
entrambi...
Eppure, sentivano che dovevano, che
desideravano
chiaccherare come un tempo, che non potevano sprecare con il silenzio
quell'opportunità di rivedersi che gli aveva regalato il
destino.
Anche se era notte, anche se sarebbe stato meglio andare a letto a
riposare per essere pronti il giorno dopo ad organizzarsi per bene
per rientrare a Parigi, anche e soprattutto dopo il comportamento
incomprensibile, alterato e scortese che Athos aveva tenuto poco
prima.
Fu Aramis a spezzare quell'imbarazzante
silenzio... "Fa
freddo quì, che ne dici se accendo il camino?" - chiese al
guascone con la più scontata delle frasi, abbozzando un
timido
sorriso.
D'artagnan la fissò,
inizialmente stupito dal suono
della voce dell'amica, poi annuì. "Certo, in effetti fa
freddo!" - esclamò lui stringendosi nelle spalle.
Fissò fuori
dalla finestra il buio della notte e la pioggia incessante e
violenta. "Credo che la temperatura si sia abbassata un bel
pò...". Discorsi sul tempo... Quanto di più
banale per
cominciare una discussione? Ma era un inizio...
"Puoi dirlo forte che fa freddo!" - rispose
Aramis inginocchiata davanti al camino, intenta ad accendere il fuoco
– "Quì siamo vicini alle montagne, la temperatura
è più
bassa che a Parigi e il maltempo picchia duro, quando ci si
mette...".
D'artagnan sbuffò, avvicinandosi
alla finestra e
fissando il panorama che si stagliava davanti a lui
nell'oscurità.
Tutto intorno a loro era campagna aperta e solo molto in lontananza
si intravedeva qualche fioca luce che proveniva dal villaggio. Quei
posti a lui che era nato e cresciuto in Guascogna erano familiari e
trasmettevano serenità e pace, ma Aramis? Lei era cresciuta
e
vissuta lontano dalla campagna, come aveva fatto a modificare in quel
modo così radicale il suo stile di vita? "Sai, mi chiedo
come
tu abbia fatto ad abituarti a vivere in un posto così
isolato, così
diverso da Parigi..." - sussurrò pensieroso.
"Oh beh, nella vita ci si abitua a tutto,
dopo che
si è vissuto l'inferno..." - rispose lei con tono pacato,
fissando il fuoco che aveva preso ad ardere nel camino... Mentre le
immagini di Francois morente scorrevano davanti ai suoi occhi...
Capendo a cosa Aramis alludesse, d'Artagnan
si morse il
labbro. "Scusa... Certe volte prima di parlare, dovrei pensare
di più!".
A quelle parole, Aramis sorrise. "Non
preoccuparti,
non c'è problema! A dire il vero, mi sembri molto maturato e
pacato
nei gesti e nelle parole, a differenza di dieci anni fa! Quindi, non
scusarti!".
Il guascone sorrise, poi si
avvicinò al tavolo,
sedendosi nuovamente. "E' che sai... è... imbarazzante,
difficile trovarsi quì con te dieci anni dopo che te ne sei
andata... Non so cosa dire, non so di che argomento parlare... Tante,
troppe cose non so di te, tanti perchè a tante domande che
mi sono
fatto. E ho paura a portele perchè potrei risultarti
invadente. O
saccente o ancora peggio, irritante e maleducato come Athos poco fa!"
- concluse, indicando la scala che aveva preso il moschettiere per
andare a dormire nella sua camera.
Aramis sorrise dolcemente, mettendosi
anch'essa
nuovamente a sedere davanti a lui. Capiva lo stato d'animo di
d'Artagnan perchè lei stessa si sentiva nel medesimo modo.
Erano
amici ma tante verità erano state celate fra loro, in quei
dieci
anni. D'artagnan era l'unico a conoscenza del suo segreto ma nemmeno
a lui aveva voluto, all'epoca, dire della sua partenza. Lo avrebbe
fatto, lo avrebbe coinvolto in quella scelta, anche solo per sentirsi
meno sola, ma alla fine aveva deciso di non farlo. Perchè se
avesse
raccontato a d'Artagnan della sua decisione, gli avrebbe riversato
addosso il peso di quel segreto con gli amici che il guascone aveva
più vicino, mettendolo davanti ad un bivio: l'amicizia e la
sincerità verso Athos e Porthos da una parte e la promessa
verso di
lei di mantenere il segreto... Aveva deciso, allora, che non poteva
farlo e così se n'era andata senza dirgli nulla, senza un
saluto,
senza una spiegazione... "D'artagnan, non sentirti in imbarazzo,
non è il caso. Parlare con te per me, è molto
più semplice di una
qualsiasi conversazione con tutte le altre persone che hanno fatto
parte della mia vita nel periodo parigino. Chiedimi quello che vuoi,
non avrò problemi a risponderti... Te lo devo!".
D'artagnan abbassò lo sguardo,
chiuse gli occhi e
lentamente fece scorrere nella sua mente gli ultimi tempi passati con
Aramis a Parigi. La lotta con Mansonne, con Milady, Maschera di
Ferro... Il segreto svelato, la loro promessa, la vittoria contro i
nemici, la vendetta compiuta, il ritorno della pace... E la partenza
misteriosa di quella donna forte e coraggiosa... Spesso aveva pensato
al perchè di quella sparizione ed era riuscito a darsi delle
risposte che però, non sapeva se fossero esatte. "Te ne sei
andata perchè pensavi che la tua vita a Parigi non avesse
più
senso, visto che avevi vendicato Francois, non è vero?" -
chiese con un sussurro, fissandola timidamente negli occhi.
Aramis annuì. D'artagnan era
cresciuto e come
immaginava, aveva acquisito la straordinaria capacità e
saggezza di
capire gli stati d'animo delle persone, nonché la
delicatezza di
trattare con garbo e discrezione chi gli stava davanti. "Sì,
più o meno le cose stanno così. Vedi, compiuta la
mia vendetta, non
trovavo altre motivazioni serie che mi inducessero a continuare a
vivere a Parigi sotto mentite spoglie, come un moschettiere. Non
potevo continuare a mentire a voi e a me stessa. Prima o poi tutto
sarebbe venuto allo scoperto e di me che ne sarebbe stato? La vita da
moschettiere per me è stata splendida ma non era il mio
posto e non
mi avrebbe portato a nulla, non potevo, a differenza vostra,
costruirmi un futuro... De Treville aveva accettato di tenermi quando
mi ero presentata a lui la prima volta ma rimanere poteva diventare
problematico per lui, qualora fossi stata scoperta. Ne sarebbe uscito
male, come poteva giustificare la presenza di una donna nel corpo di
sua maestà? Avrebbe passato dei guai e io non lo volevo! E
in fin
dei conti, dovevo riprendere in mano la mia vera vita, vivere senza
menzogne, alla luce del sole, senza più segreti. Per questo
me ne
sono andata... Lontana da Parigi, tutto sarebbe stato più
facile.
Per tutti... So che mi avete odiata, ne sono cosciente e ne avete
tutte le ragioni ma...".
A quelle parole, d'Artagnan scosse
vigorosamente la
testa. "Io non ti ho mai odiata, capivo i motivi che potevano
averti spinto a lasciare Parigi! Certo, mi sarebbe piaciuto salutarti
e magari, se ne avessi avuto bisogno, aiutarti. Ma sei adulta, sai
scegliere bene per te stessa e io ti rispetto e non sono nella
posizione di giudicarti. Certo, è stato difficile mantenere
il
segreto con Athos e Porthos, ma giuro che non mi sono mai lasciato
sfuggire nulla sul tuo conto con loro anche perchè non ho
mai saputo
se anche loro, come me, fossero a conoscenza di tutto e mantenessero
il tuo segreto".
"Athos e Porthos non hanno mai saputo nulla
di chi
fossi in realtà e tu ne sei venuto a conoscenza per caso!" -
rispose Aramis – "Certo, ora Athos sa, non avevo intenzione
di
mentire ancora o di nascondermi quando vi foste presentati a me dopo
che ho contattato De Treville per la faccenda dei bambini e sarebbe
stato inutile, visto che i piccoli erano a consocenza del fatto che
sono una donna! E credo che la reazione di Athos di poco fa sia
dovuta proprio a questo, al fatto di aver scoperto chi sono in
realtà
e le mie menzogne. E che il suo amico e moschettiere Aramis, in
realtà non è mai esistito!".
D'artagnan si morse il labbro a quelle
parole, poi
sorrise. "Primo punto: Aramis è esistito, esiste e
continuerà
a vivere in te! Insomma, donna o uomo, Aramis ci è stato
amico,
compagno e aiuto nei momenti difficili! C'eri, eri con noi nelle
nostre battaglie, spesso ci siamo salvati a vicenda la vita, non
dimenticarlo mai!".
A quelle parole, Aramis non
riuscì a trattane un
sorriso dolce. "D'artagnan... grazie!". Era un grazie
sincero... Davanti a d'Artagnan, alle sue parole, Aramis
ricordò
quanto fosse davvero speciale quella sua amicizia con quegli uomini,
quanto valore avesse, quanto l'aveva aiutata nei momenti difficili...
Gli erano mancati, per anni lo aveva negato a se stessa per non
soffrire ma, senza di loro si era sentita spesso persa...
"Secondo!" - proseguì
d'Artagnan, stavolta in
tono più cupo – "Ecco, per quanto riguarda
Athos... io non
credo che le cose stiano proprio come pensi tu! Vedi, io credo di
poter affermare con sicurezza che Porthos non abbia alcun sospetto
circa la tua identità ma Athos... lui... mi ha sempre dato
l'impressione di sapere... Ma magari mi sbaglio, Athos è
sempre
stato di poche parole e di certo, non sono andato a tampinarlo
sull'argomento... Ma ecco... quando te ne sei andata, lui è
quello
che ha reagito più rabbiosamente. Io e Porthos eravamo
affranti ma
lui... era arrabbiato, era come se si sentisse... tradito. Non lo
dimostrava platealmente ma era chiaro che lo fosse. Non ha
più
voluto parlare di te, non ha mai voluto andare sull'argomento...
Sembrava che dopo la rabbia, anche il solo sentir pronunciare il tuo
nome lo facesse soffrire... Te l'ho detto, magari mi sbaglio ma... io
credo che Athos sappia di te, molto più di quello che
dà da
intendere! Lui è sempre stato la mente del nostro gruppo, il
più
intuitivo e quindi, non mi stupirei se ci fosse arrivato da solo,
alla verità".
Aramis appoggiò la fronte alla
mano, lasciandosi
scivolare leggermente sul tavolo. In effetti, le parole di d'Artagnan
davvero la potevano stupire? Athos era la mente del gruppo, un abile
spadaccino e stratega e soprattutto una persona dotata di una fine e
spiccata inelligenza. Uno che sapeva osservare i particolari, che
scrutava con discrezione, che pensava... Non sarebbe stato a logica,
in fondo, troppo strano che lui potesse aver capito. E taciuto per
discrezione, un lato tanto tipico del suo carattere dopo tutto... E
anche per amicizia verso di lei forse... Athos aveva dato spesso
prova, in passato, di fidarsi ciecamente. Se davvero aveva capito che
lei non era chi dichiarava di essere, probabilmente aveva deciso di
non chiedere nulla per non risultare invadente, fidandosi delle
sconosciute motivazioni che l'avevano portata a travestirsi da uomo.
Aveva una logica il tutto! Trovarsi davanti ad Athos aveva
probabilmente reso palese un qualcosa che a livello inconscio aveva
sempre saputo ma che non aveva mai voluto ammettere... "Se è
come dici tu d'Artagnan, forse Athos agisce in maniera tanto
scostante e scontrosa perchè si è sentito tradito
dalla mia partenza. Lui si era fidato di me a scatola chiusa e io me ne
sono
andata senza dirvi una parola, senza un saluto, senza una
spiegazione. In fondo, ha ragione ad essere arrabbiato!".
D'artagnan fissò per qualche
istante, in silenzio,
l'amica. Era affranta, non ci voleva molto per capirlo. E
probabilmente era anche preda di inutili sensi di colpa... Lei non
doveva niente a nessuno, le sue decisioni, ne era certo, erano state
prese con sofferenza, dopo lunga meditazione. Le sorrise con quel suo
sorriso noncurante che tante volte aveva vestito da ragazzino. "Ah,
non pensarci troppo! Al di là di tutto, Athos è
un orso e
probabilmente, invecchiando, questo lato del suo carattere è
andato
peggiorando! Tra qualche anno sarà un vecchio, acido
brontolone a
cui non andrà bene nulla! Sta tranquilla, gli
passerà appena avrà
trovato qualcos'altro su cui borbottare!".
Aramis scoppiò a ridere a quelle
parole. A quanto pare,
il passare degli anni non aveva minato l'ottimismo e la
capacità di
sdrammatizzare di d'Artagnan. "Tu non cambierai proprio mai per
certe cose!" - sghignazzò, prendendo ad osservarlo. Era
cresciuto, era maturato, ma era rimasto il simpatico, semplice,
fedele amico di dieci anni prima. Scosse la testa, allontanando da se
i pensieri negativi sul comportamento di Athos. "E di te invece,
che mi racconti? Fin'ora abbiamo parlato di me e Athos ma tu invece,
che hai combinato in questi dieci anni?".
D'artagnan sbatté le palpebre,
perplesso da quel
repentino cambio d'argomento. E sollevato nel vedere l'amica
più
serena di poco prima. "Io?" - indicò col dito le scale
della casa che portavano al piano superiore dove c'erano le camere da
letto – "Ecco, come hai ben potuto vedere, ho messo al mondo
quelle due pesti. O meglio, lo ha fatto Constance, ma io beh...
ecco... diciamo che ho collaborato!" - concluse strizzandole
l'occhio.
Aramis fece un sorriso divertito e
volutamente
malizioso. "Quindi alla fine tu e Contance vi siete sposati
è?
Hai realizzato il tuo sogno...".
Il guascone annuì. "Oh
sì, ce l'abbiamo fatta!
Bel matrimonio, bella cerimonia e primi anni da sposini STUPENDI! Poi
abbiamo deciso di allargare la famiglia e sono arrivati i due
mostriciattoli che dormono al piano di sopra. E il romanticismo e la
passione han lasciato il posto a notti in bianco, pannolini e
inseguimenti di due bambini che hanno iniziato a cacciarsi nei guai
appena mossi i primi passi... Non ho mai capito da chi abbiano
preso...".
Aramis sorrise. "Mah d'Artagnan,
chissà..." -
commentò in tono ironico.
D'artagnan se ne accorse e finse di stare
al gioco. "Non
pensare male! Magari Constance da piccola era una peste che ha messo
a ferro e fuoco Parigi... Dovrei chiedere a suo padre...".
"Sì sì, come no!" -
rispose divertita
Aramis.
"Comunque" – proseguì
d'Artagnan –
"siccome saran pestiferi ma ci vengono benissimo, io e Constance
abbiamo bissato pochissime settimane fa ed ora abbiamo anche Sophie".
A quelle parole il viso di Aramis si
addolcì in un
sorriso. "Quindi, hai tre figli! Congratulazioni di cuore! Sono
felice per te, te lo meriti!". Lo pensava davvero. D'artagnan
aveva un cuore puro e sincero, era una persona leale e gentile e si
meritava la vita che si era costruito. "Hai una bella famiglia e
una carriera avviata! Sapevo che avresti fatto strada e credo che
sarai un ottimo sostituto, quando De Treville abbandonerà il
ruolo
di capo dei moschettieri!".
Il viso di d'Artagnan si incupì.
Già, comandante dei
moschettieri... Non era ancora convinto di meritare quella nomina e
ogni volta che ci pensava, l'ansia prendeva ad attanagliarlo. "Ecco,
De Treville mi ha preso alla sprovvista quando mi ha proposto il
ruolo di successore. Credo che Athos o Porthos abbiano più
diritto
di me di accedere a quella carica... Ma De Treville è
irremovibile e
molto insistente e io mi sento preso fra due fuochi. Non voglio fare
un torto al mio capitano e non voglio farne ai miei due migliori
amici, scavalcandoli in un ruolo che spetterebbe a loro prima che a
me!".
"Non essere sciocco!". Il tono di Aramis si
era fatto fermo. "Il ruolo di capitano non spetta a chi è
entrato per primo nel corpo dei moschettieri ma al più
meritevole. E
io la penso come De Treville! Tu sei la persona giusta! Non
perchè
Athos o Porthos non siano meritevoli di lode ma tu d'Artgnan hai
qualcosa in più di loro... Hai carisma, intelligenza, forza
e sei un
ottimo spadaccino proprio come loro. Ma a differenza di loro sei
rimasto semplice, umile e limpido proprio come quando sei arrivato a
Parigi tanti anni fa. Una dote rara che molti perdono, quando si
entra a far parte del mondo della corte di Francia... Accetta
d'Artagnan e farai un favore a te stesso, a De Treville e ai nostri
sovrani! Te lo meriti e anche Athos e Porthos, ne sono sicura,
saranno felici per te!".
D'artagnan sorrise timidamente. Le parole
di Aramis gli
donavano coraggio e serenità d'animo, una
serenità che gli mancava
da quando De Treville gli aveva comunicato la sua decisione. "Grazie,
sei un'amica!".
"Di niente!" - rispose con
semplicità la
donna. "E restando in argomento, Porthos invece come sta?
Continua a mangiare per dieci come una volta?" - chiese per
alleggerire il clima e per interesse verso l'amico che, a quanto
sembrava, non faceva parte di quella missione.
Il guascone ridacchiò, pensando
all'amico. "Oh sì,
mangia come allora! Sta bene, meglio di me e te probabilmente, in
questo momento! E' alle terme, ha avuto una licenza dal capitano e si
starà divertendo con la sua amante, una contessa di Parigi
di
quarantacinque anni! Divertimento senza rischi di trovarsi con dei
marmocchi in giro dopo nove mesi, dice lui... Porthos ha capito tutto
dalla vita! E per questo non è quì con noi" -
concluse,
allegro.
Aramis scosse la testa, divertita. "Porthos
non
cambierà mai!".
"Già" – rispose
d'Artagnan – "è il
giullare del gruppo, quando sono in missione con lui la risata
è
assicurata. E anche le risse nelle osterie dove soggiorniamo...".
Aramis sorrise, con un velo di nostalgia
sul viso. Già,
le osterie, i viaggi, le risate... Quanto aveva amato quella vita
ormai tanto lontana... La dolce incertezza dell'imprevisto,
l'adrenalina dell'avventura, il gusto di impugnare una spada per
combattere... Anche se il mondo, la società le avevano
imposto di
allontanarsi da quella vita, sapeva che quello sarebbe stato il suo
posto, dove sentirsi realizzata e felice. Forse un giorno sarebbe
successo, forse un giorno le donne avrebbero potuto entrare in mondi
a loro preclusi in quell'epoca. E vivere come volevano la loro vita,
senza costrizioni ma seguendo solo il loro cuore, il loro istinto e
le loro inclinazioni... Ma i tempi non erano ancora maturi, lo
sapeva... "Che ne dici, andiamo a letto?" - concluse
troncando il discorso frettolosamente, mentre un groppo alla gola
prendeva a tormentarla al pensiero di quanto aveva perso partendo da
Parigi.
"Sì, è tardi..." -
rispose d'Artagnan senza
aggiungere altro.
Salirono le scale in silenzio. La mente di
Aramis
pensava febbribilmente mentre saliva i gradini, dopo quel colloquio.
Non poteva tornare indietro, non poteva cambiare il passato e la
realtà. Ma il giorno dopo, assolutamente, avrebbe voluto e
dovuto
chiarire tutta la situazione con Athos. Almeno quello doveva e voleva
farlo! Non sapeva ancora tutto, non sapeva perfettamente cosa
turbasse l'amico... Ma, decise, lo avrebbe scoperto! E, sperava,
tutto si sarebbe risolto!
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Capitolo 9 *** Moschettiere contro moschettiere ***
Non
aggiorno questa storia da tantissimo, da oltre un anno e me ne scuso.
Come molti ricordano ero stata operata alla spalla e poi mi era
venuto un mega-blocco dello scrittore per le storie di questa sezione
e così negli ultimi dodici mesi mi sono occupata di storie
di altre
sezioni che mi ispiravano di più.
Ma
d'Artagnan, i moschettieri, il loro mondo sono un mio amore da sempre
e l'ispirazione era infatti lì dietro l'angolo, pronta a
tornare!
Non
sò bene se qualcuno si ricorda di questa storia e se
qualcuno vorrà
ancora leggerla ma ho comunque tutta l'intenzione di finirla,
aggiornando con tempistiche meno scandalose di come ho fatto
nell'ultimo anno.
Ovviamente
se qualcuno leggerà, se qualcuno recensirà, mi
farà assolutamente
piacere! :D
Per
ora mando un grosso saluto a tutti!
Moschettiere
contro moschettiere
Il primo giorno di d'Artagnan in casa di
Aramis era
trascorso in uno strano e teso silenzio. Il tempo si era mantenuto
pessimo, con pioggia e vento che avevano sferzato la campagna del
piccolo borgo incessantemente. Partire coi tre bambini era
impensabile in quelle condizioni, troppi intoppi potevano trovare sul
cammino. Un infortunio del cavallo a causa del fango, rallentamenti
per le pioggie violente, attacchi da parte di briganti di strada che
non aspettavano altro che vedere una carrozza impantanata in qualche
meandro isolato. Meglio aspettare il ritorno del sole e viaggiare
così in tutta tranquillità verso Parigi coi
gemelli e soprattutto
col futuro re di Francia. D'artagnan dubitava comunque che gli
scalcinati banditi che avevano rapito i tre bambini si sarebbero
fatti rivedere. Dal racconto fattogli da Aramis dovevano essere una
banda di ladri di polli o poco più, che erano riusciti in
quell'impresa solo perchè alle prese con bambini piccoli e
curiosi.
D'artagnan aveva meditato in silenzio
durante tutta la
giornata, studiando mentalmente i percorsi più veloci e
sicuri per
raggiungere Parigi mentre Aramis era stata una perfetta padrona di
casa, riuscendo a sistemare tutti i suoi improvvisati ospiti nel
più
confortevole dei modi.
I bambini sembravano più
tranquilli dopo l'arrivo del
guascone, soprattutto il piccolo principe che non smetteva di
osservare e di stare appiccicato a d'Artagnan, persona per cui
provava sentimenti di grande ammirazione. Spesso sua madre Anna gli
aveva raccontato le gesta coraggiose e la fedeltà
incrollabile di
quello spadaccino fenomenale e lui era cresciuto nel suo mito, anche
a causa di un padre davvero troppo assente e che per lui di certo non
poteva diventare una figura di riferimento stabile.
Athos invece era stato silenzioso e
scontroso tutto il
giorno e non aveva parlato minimamente del viaggio di ritorno,
limitandosi a strasene seduto sulla poltrona a pensare a
chissà
che... In fondo, il capo non sarebbe dovuto essere d'Artagnan? Che ci
pensasse lui a stabilire e a organizzare tutto!
Il guascone dal canto suo,
benché avesse preferito
discutere con Athos un piano di viaggio, aveva evitato di
punzecchiarlo troppo o di coinvolgerlo in qualche discussione anche
futile per non incorrere nel pericolo di scatenare dal nulla nuove
discussioni davanti ai bambini. Però il comportamento del
suo
vecchio amico lo irritava e di certo, faccia a faccia, due paroline
con lui le avrebbe scambiate volentieri, almeno per sapere cosa gli
frullasse nella testa. Non lo riconosceva più, in quel
momento...
Dov'era l'Athos saggio, la mente del gruppo, l'uomo di esperienza a
cui chiedere consigli?
Era ormai la seconda sera dall'arrivo del
guascone,
quando la pioggia cominciò a calare di intensità.
D'artagnan fissò
il paesaggio fuori dalla finestra. Era un pantano unico, il terreno
ci avrebbe messo almeno un giorno di sole pieno ad asciugarsi quel
tanto che bastava per non restare impantanati nel fango con una
carrozza. "Se siamo fortunati e domani c'è il sole, fra due
giorni potremmo riuscire a partire!" - commentò fiaccamente.
"Davvero?" - chiese Luis, eccitato.
Julie si avvicinò al piccolo
principe. "Io non
sarei così contenta! Appena torniamo a casa a Parigi, ci
mettono
tutti e tre in castigo A VITA!!!".
D'artagnan squadrò la figlia.
"Ci puoi scommettere
ragazzina! Tu e tuo fratello siete in guai grossi!".
"Dai papà, scusa!" -
esclamò Demian
aggrappandosi al braccio del padre.
Aramis ridacchiò. "Dai
d'Artagnan, non giocare a
fare il severo! Da ragazzo se non ricordo male, di guai ne combinavi
parecchi anche tu!".
Athos a quelle parole sbuffò,
tetro in viso. "Lui
ha una memoria selettiva Aramis, ricorda e dice solo quello che gli
fa comodo!" - sussurrò in maniera sibillina.
D'artagnan fissò Athos, torvo.
Era un attacco non
troppo velato a lui, di nuovo! E non ci voleva un genio per capire
che Athos ce l'aveva con lui per qualcosa... Non si era mai
comportato così, il loro era da sempre stato un rapporto
aperto e di
grande amicizia e rispetto. Ma ora era evidente che qualcosa in Athos
era cambiato e non era solo a causa di quella strana situazione con
Aramis, riapparsa magicamente nelle loro vite dopo dieci anni di
silenzio. Athos ce l'aveva anche con lui evidentemente e non ne
capiva il motivo! Forse era ingenuo, forse gli aveva fatto un torto
senza accorgersene, forse, forse... Beh, non ci capiva un accidenti!
Guardò i figli e Luis che sembravano smarriti davanti a
quello
strano atteggiamento di Athos e decise di agire ancora una volta con
diplomazia. "Non si tratta di essere severo coi miei figli o di
punirli. E' una questione di fiducia verso di loro, la mia... Da
piccolo mi hanno insegnato che la fiducia è molto difficile
e lunga
da conquistare ma estremamente veloce da perdere. Se i miei figli
vogliono che io mi fidi di loro in futuro, devono dimostrarmi di
esserne degni. Come io devo dimostrarmi un buon padre verso di loro
perchè si fidino di me, loro devono dimostrarmi di essere
figli che
sanno ascoltare e sanno seguire i consigli di chi ha più
esperienza
di loro e gli vuole bene!".
Julie si oscurò. "Vuoi dire che
ora che abbiamo
disubbidito, non ti fiderai più di noi e non ci vorrai
più bene,
papà?".
Il guascone sospirò e poi la
prese in braccio. "Ti
vorrò sempre bene Julie e sò anche che tu e tuo
fratello siete
piccoli e quindi è facile che voi sbagliate. Ma se tu e lui
mi
dimostrerete di aver imparato la lezione per il futuro, se saprete
dimostrarmi di essere ubbidienti, pian piano comincerò a
fidarmi di
voi come prima. Gli errori si possono commettere Julie, ma
l'importante è imparare da essi. E se saprete farlo, man
mano che
crescerete diventerete persone sempre migliori di cui tutti avranno
fiducia e rispetto e di cui io sarò orgoglioso. Ma fino ad
allora
dovrete saper ascoltare me, vostra madre e chi è
più grande e ha
più esperienza di voi. Capito?".
"Capito!" - esclamò la bimba
abbracciandolo,
imitata poi dal fratellino Demian.
Aramis sorrise. D'artagnan era decisamente
diventato un
uomo, saggio e maturo. Lo vedeva dal suo rapporto coi figli, dalle
sue parole e da come sapeva tener testa senza dare in escandescenze
ai modi di fare di Athos, insopportabili per chiunque, ad essere
onesta!
Anche Luis sembrava colpito dalle sue
parole. Invidiava
i suoi amichetti Julie e Demian e il rapporto stretto che avevano col
padre. Il suo di padre, l'uomo più invidiato e potente di
Francia
non perdeva certo tempo a giocare o a parlare con lui. Era sempre
distante, sempre severo nelle poche volte che aveva a che fare con
lui. Gli ricordava i suoi doveri, lo soddisfava in ogni capriccio ma
mai avevano giocato o riso insieme come d'Artagnan faceva coi suoi
figli. Gli sarebbe piaciuto un padre come il moschettiere, al posto
di essere figlio del re di Francia. Si avvicinò timidamente
a lui,
posandogli una manina sulla spalla. "D'artagnan, vi giuro una
cosa!" - disse serio.
"Cosa?" - chiese il guascone, incuriosito
dal
tono solenne usato dal bambino.
Luis sorrise. "Un giorno sarò re
di Francia e voi
sarete il mio uomo di massima fiducia! Voglio che stiate sempre con
me, in ogni cosa che farò! Come fate con Demian e Julie!".
D'artagnan sussultò a quelle
parole sincere, ammirate,
gentili e piene di innocenza infantile. "Vi ringrazio principe!
Sarà un onore servirvi!".
Luis scosse la testa. "No, non come servo!
Io
voglio che siate come un padre per me, come fate con loro!".
Aramis gli si avvicinò, capendo
forse i sentimenti che
cercava di esprimere il bambino. "Ma voi principe, avete un
padre! Forse non lo vedete quanto vorreste ma vi vuole bene e sono
sicuro che sarebbe felice di insegnarvi quello che sa!".
"Esatto!" - aggiunse d'Artagnan.
Luis ci pensò su, non troppo
convinto. "Mh... Lui
preferisce stare col Cardinale Richelieu!".
"Lavorano insieme, come farete voi quando
sarete
cresciuto! Lo fa per il bene della Francia e dei francesi!" - lo
rimbeccò d'Artagnan.
"Ma non è bravo quanto voi con
la spada!" -
ribatté Luis, deciso.
D'artagnan e Aramis, a quelle parole,
scoppiarono a
ridere. "Mai argomentare con un bambino determinato!" -
commentò infine il giovane divertito, rivolgendosi
all'amica.
Avrebbe spiegato a Luis, quando fossero stati in viaggio, che doveva
essere orgoglioso di suo padre e di quello che faceva per la Francia.
Ma in quel momento era troppo divertito e stupito dalla
determinazione del piccolo per farlo.
"Già!" - esclamò
Aramis.
"D'accordo principe, sarò al
vostro fianco per
servirvi, quando sarà il momento!" - disse infine
d'Artagnan,
deciso a non continuare troppo quella conversazione che stava
deviando il bimbo da quelli che avrebbero dovuto essere i suoi veri
affetti.
"Al primo posto in ogni cosa..." -
commentò
rabbiosamente Athos, dalla sua poltrona, spezzando quel momento
sereno. Aveva assistito a quella conversazione irritato. D'artagnan
avrebbe avuto anche la piena fiducia del futuro re, oltre al comando
dei moschettieri, a quanto pareva...
D'artagnan sussultò a quelle
parole di nuovo dure e di
nuovo dirette a lui, ma fece finta di nulla. Si alzò dalla
sedia,
prendendo i bambini per mano. "E' tardi ora! Su, andate a
letto!" - disse con una certa fretta, parlando a loro ma
osservando con occhi severi Athos. Li avrebbe messi a letto e poi
avrebbe fatto quattro chiacchere con lui.
"Ma..." - protestò Julie.
Aramis si chinò davanti a lei.
"Ricordi cosa ti ha
appena detto il papà sulla fiducia! Devi obbedire,
è tardi e tuo
padre ha ragione! Devi andare a letto!".
Demian sospirò. "Va bene!".
Julie sbuffò arrendendosi e i
due maschietti annuirono
senza fare ulteriori storie. Tutti e tre volevano rimediare al loro
errore e apparire bravi e degni di fiducia agli occhi di d'Artagnan.
Il guascone portò i bimbi nelle
loro stanze, li mise a
letto e i tre si addormentarono quasi subito senza fare ulteriori
storie.
D'artagnan li osservò dormire
nei loro letti, felice di
averli ritrovati sani e salvi, di averli stretti a se e della
convesazione che aveva avuto con loro poco prima. I suoi figli, la
sua famiglia erano la sua vita. Così come il piccolo
principe Luis,
di cui comprendeva bene la solitudine per la poca presenza del padre
e che considerava quasi, a sua volta, come un figlio. Era onorato
dalle parole che il piccolo gli aveva rivolto poco prima e sperava
vivamente di non deluderlo mai, in futuro, quando fosse diventato
adulto. Sospirò, chiuse dietro di se la porta della camera e
poi
tornò nel piccolo salotto. Ora ben altre conversazioni, meno
piacevoli, lo aspettavano.
Raggiunse i due compagni e si
parò davanti ad Athos,
serio. "Esci fuori un attimo, per favore!" - gli intimò
con fare deciso.
Aramis si avvicinò ai due.
L'aria stava diventando
incandescente e lo sguardo di d'Artagnan prometteva scintille quanto
quello di Athos. "Ragazzi, calmiamoci e non facciamo o diciamo
cose di cui poi ci pentiremmo!" - si intromise, cercando di
smorzare i toni.
D'artagnan scosse la testa. "Non ho alcuna
intenzione di dare di matto, ho solo un paio di cose da chiarire con
lui fuori di quì!".
"Puoi parlare, ti ascolto!" - rispose Athos
con tono arrogante.
Il guascone scosse nuovamente la testa.
"Fuori di
quì! I bambini dormono e non voglio disturbare ne loro ne
Aramis che
è la proprietaria di casa, con le nostre faccende!".
Athos sospirò. Lo
fissò in viso, torvo, poi si alzò
dalla poltrona avviandosi verso la porta. "Agli ordini, futuro
capitano..." - commentò sarcasticamente. In
effetti era
nervoso, arrabbiato e frustrato. E un faccia a faccia con d'Artagnan
gli avrebbe fatto smaltire un bel pò del sangue amaro che
gli
scorreva nelle vene.
D'artagnan sbuffò, fece cenno ad
Aramis di rimanere in
casa e di stare tranquilla e poi uscì fuori, dove Athos lo
aspettava
già. Richiuse la porta dietro di se, venendo investito dalla
pioggerellina che continuava incessantemente a cadere. Era
fastidiosa! Come quell'assurda situazione che si era venuta a creare
con quello che credeva uno dei suoi migliori amici. "E allora
Athos, che ti prende?" - chiese, senza giri di parole.
Athos si allontanò dalla porta,
camminando verso la
staccionata che dava poi sui campi intorno alla casa. Non gli
importava ne della pioggia ne del nervosismo di d'Artagnan. Era fuori
di se, accecato da una rabbia talmente incontenibile che non riusciva
a percepire nient'altro che i suoi sentimenti. "Non ho
assolutamente niente d'Artagnan! Sono solo bloccato in piena campagna
in una missione che avresti dovuto condurre TU e solo TU, per tanti
motivi!".
D'artagnan lo seguì. "Tu sei
quì perchè il
capitano De Treville te l'ha ordinato!" - commentò, secco.
C'era dell'altro, Athos non poteva essere tanto nervoso solo a causa
del fatto che erano bloccati in piena campagna dalla pioggia!
Athos scoppiò a ridere,
sarcasticamente. "Ahah,
d'Artagnan! Lo sò, io sono il galoppino di De Treville,
quello da
mandare ovunque per sistemare i guai fatti dai suoi pupilli e dai
loro famigliari! Lo sò, lo sò perchè
sono quì, non c'è bisogno
che me lo spieghi come se fossi un pivello...".
D'artagnan scosse la testa. "Finiscila di
fare la
vittima! Sai benissimo che il capitano non pensa a te in questi
termini e che sei un uomo di massima fiducia per lui!".
A quelle parole Athos si voltò
verso di lui con
un'espressione furiosa sul viso. "Oh, davvero? Se non ricordo
male sono i TUOI figli ad essere stati rapiti. E hanno trascinato con
loro il futuro re di Francia! Il fatto che siano stati salvati da
Aramis è un'ulteriore segno del fatto che avresti dovuto
solo TU
venire quì ad occupartene!".
D'artagnan sospirò. Ecco, pian
piano Athos stava
arrivando al fulcro del discorso. Ed era come pensava! Non era la
missione in se che lo innervosiva tanto ma la vicinanza con Aramis,
dopo anni di lontananza e di mancate spiegazioni. E forse in questo
mix esplosivo anche la posizione che lui aveva raggiunto ai vertici
del corpo dei moschettieri contribuiva a rendere Athos ancora
più
aggressivo. Non sapeva a che altro attribuire il comportamento del
suo amico nei suoi confronti, davvero non capiva. "Senti... Io
capisco che sei in imbarazzo nei confronti di Aramis e che...".
"TU NON CAPISCI NIENTE INVECE!". Era
troppo...
Con un balzo Athos si scagliò contro il guascone,
assestandogli un
pugno in faccia. Era tutto il giorno che desiderava farlo! Non ce la
faceva ad ascoltarlo mentre cercava di consolarlo, di capirlo, di
fargli quella che gli appariva come una paternale! Non capiva niente
d'Artagnan! Non capiva che si era sentito tradito da Aramis dieci
anni prima e che ora si sentiva tradito anche da lui per aver
scoperto che lui sapeva del segreto della donna con cui probabilmente
aveva condiviso un qualcosa che per lui era rimasto solo un sogno.
No, d'Artagnan non poteva, non doveva parlare! Lui, che aveva una
vita perfetta, una famiglia perfetta doveva solo stare zitto! Aveva
avuto tutto dalla vita d'Artagnan, a quanto sembrava anche un
rapporto intimo con una donna che per lui aveva sempre rappresentato
un sogno. Una donna che viveva da uomo, che sapeva combattere come un
uomo. E che aveva la bellezza di una dea...
"HEI!". Frastornato dal colpo subito,
d'Artagnan barcollò e cadde a terra. Ma con un balzo fu
subito sù.
Da piccolo di scazzottate ne aveva fatte parecchie e gli erano
servite da allenamento, anche se negli anni non gli era più
capitato
di trovarsi in situazioni simili. "Athos, sei impazzito?!"
- gli urlò, rimettendosi in piedi in posizione di guardia.
"Corardo! Che fai d'Artagnan, indietreggi?
Paura?".
Il tono di Athos era altezzoso,
provocatorio. Se quella
situazione fosse avvenuta dieci anni prima, d'Artagnan si sarebbe
azzuffato con lui subito, senza pensarci su. Ma ora era adulto e
Athos era un suo amico. Non voleva azzuffarsi con lui e soprattutto
non ne capiva il motivo. "Smettila! Non combatterò con te e
non
farò a pugni come un ragazzino! Dimmi che diavolo
c'è!".
Athos strinse i denti, corroso dalla
rabbia. Come faceva
a non capire? "Non ti dirò niente, caro FUTURO CAPITANO!".
Si lanciò nuovamente contro di lui, pronto a scazzottarsi di
nuovo.
D'artagnan parò i colpi
dell'amico, indietreggiando. Ma
poi, complice il fango, cadde a terra, trascinando Athos con se. I
due presero a combattere fra la pioggia e il sudiciume della terra
fradicia. Athos colpiva, d'Artagnan parava i colpi come poteva,
ancora bloccato dall'idea di reagire, di rispondere. Non ci riusciva,
non con Athos!
"Codardo, traditore!" - urlò di
nuovo il
moschettiere più anziano.
D'artagnan a quel punto lo
afferrò per il colletto
della camicia, trascinandolo con la schiena a terra e sovrastandolo
poi col suo peso. "Traditore? Ma di che stai parlando?".
Athos fece un sorriso maligno e malizioso.
"Di te,
di LEI... Constance è a conoscenza del forte legame che vi
unisce?".
"Ma di che stai parlando?" - chiese a sua
volta, bloccandosi, d'Artagnan stupito.
Athos avvicinò il viso al suo,
minaccioso. "Sei a
conoscenza di molti aspetti 'intimi' di Aramis... Il che è
sintomo
di una certa... vicinanza... O sbaglio?".
D'artagnan lo fissò alcuni
istanti, in silenzio. E
finalmente capì. Gelosia, semplice gelosia,
perchè non ci era
arrivato prima? La mente di Athos doveva aver prodotto un melodramma
del rapporto suo con Aramis di dieci anni prima, una specie di
fantasia malata su come lui avesse scoperto la sua vera natura di
donna. Probabilmente il suo amico, fino a quel momento, ignorava che
lui fosse a conoscenza di quel segreto e scoprire invece che lui
sapeva la verità lo aveva turbato più di quanto
si sarebbe
aspettato. D'artagnan da sempre sospettava che Athos sapesse ma non
aveva mai osato chiedere nulla su Aramis per non tradire la fiducia
che l'amica aveva riposto in lui e per non turbare Athos che
sembrava, dieci anni prima, il più sconvolto di tutti dalla
partenza
misteriosa della donna moschettiere. Il suo amico non poteva certo
immaginare che lui aveva scoperto tutto per un puro e fortuito caso e
che Aramis MAI gli avrebbe confidato il suo segreto se le circostanze
non l'avessero costretta a farlo. Evidentemente Athos nutriva
sentimenti ben più profondi verso Aramis – o
Renée – di quelli
che voleva dare a vedere e proprio a causa di ciò si era
lasciato
sedurre dalla gelosia e dal sospetto, evitando di cercare la
soluzione più ovvia alla natura dei rapporti fra lui e la
donna
moschettiere, a come avesse scoperto la verità solo per
caso. Era
chiaro, Athos si era sentito tradito da lei per essersene andata
senza dire nulla e doveva essersi sentito tradito anche da lui
perchè
pensava che loro avessero avuto anni addietro una tresca amorosa
tenuta nascosta a tutti. Beh, Athos era fuori strada! "Sai che
ti facevo ben più intelligente?" - sbottò infine,
quasi
divertito da quello strano gioco di malintesi che aveva generato
quella situazione surreale in cui lui e Athos si prendevano a
cazzotti in mezzo al fango come due ragazzini.
Athos però pareva molto meno
propenso a scherzare.
"RIPETILO!" - urlò, pronto a sferrare un altro pugno.
"ORA BASTA!".
La voce forte, potente e furente di Aramis
fece voltare
entrambi. Da quanto tempo era lì, a quanto aveva assistito
di quella
zuffa infantile? Troppo presi da loro stessi, non si erano accorti
che la donna li aveva raggiunti fuori, sotto la pioggia, e ora la
fissavano a occhi sbarrati, inebetiti e con le guancia rosse dalla
vergogna.
Lo sguardo di Aramis faceva scintille,
incurante
dell'imbarazzo dei due! A dire il vero in quel momento avrebbe preso
volentieri a calci nel di dietro entrambi!!! "I bambini che
dormono in casa mia sono più maturi di voi, allo stato
attuale!
Prendervi a pugni così, VOI, due degli uomini più
fidati di
Francia? Due moschettieri? Non state facendo onore alla divisa che
portate, spero ve ne rendiate conto! Non oso immaginare cosa direbbe
il capitano De Treville se lo sapesse...".
"Non sono affari tuoi!" - sibilò
Athos,
furente e allo stesso tempo imbarazzato.
"Ti avevo chiesto di lasciar fare a noi..."
-
borbottò d'Artagnan, sentendosi abbastanza ridicolo.
Aramis sbuffò. "Mi avevi anche
detto che la
situazione sarebbe stata tranquilla, se ben ricordo... E invece!".
D'artagnan arrossì. "Ha iniziato
LUI!!!" -
balbettò, quasi a giustificarsi.
"Finiscila!" - ribatté Athos
stizzito. Stava
facendo la figura dell'idiota. Davanti a lei!!! E se ne rendeva ben
conto!
D'artagnan sospirò, deciso a
tornare a fare l'uomo per
primo visto che Athos si ostinava a fare il ragazzino offeso. Era ora
di tirarsi su e di tornare a fare la persona adulta. "Si, la
finisco TESTONE! E vi lascio soli, credo che voi due abbiate un
pò
di cose da chiarire!". Si alzò in piedi e si diresse verso
casa
senza aspettare una qualsiasi risposta dai due. Voleva lasciarli
soli. Per permettere ad Aramis di spiegare e permettere ad Athos di
capire e di fugare i suoi dubbi. E forse per permettere un
chiarimento che aspettava da dieci anni di venire alla luce. Non
sapeva che piega avrebbe preso per loro quella conversazione, cosa ne
sarebbe nato e qual'era la natura esatta e l'intensità dei
sentimenti lasciati in sospeso da entrambi. Ma era ora di scoprire le
carte in tavola, di far venire alla luce il VERO rapporto che li
aveva uniti da quando si erano conosciuti. Aramis avrebbe trovato la
pace e Athos avrebbe avuto le risposte che tanto cercava, se si
fossero parlati onestamente e senza giri di parole. E forse gli animi
si sarebbero calmati e tutti avrebbero ritrovato serenità e
gioia.
Lo sperava vivamente... Forse sarebbe esistito ancora il loro
motto... Tutti per uno, uno per tutti...
"Hei, dove vai?" - gli chiese Athos in tono
severo, ancora seduto nel fango.
D'artagnan non si voltò nemmeno.
Si limitò ad alzare
il braccio in un segno di saluto e a rientrare in casa. "A farmi
un bagno caldo, ne ho bisogno!" - rispose fiaccamente, chiudendo
la porta di casa dietro di se.
Aramis e Athos si guardarono negli occhi.
Erano soli. E
ora l'un l'altro si sarebbero dovuti dare molte spiegazioni.
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Capitolo 10 *** Sentimenti alla luce del sole ***
Penultimo
capitolo, manca solo l'epilogo!
Grazie
per
la pazienza e grazie a tutti quelli che stanno ancora seguendo questa
storia!
Spero
che
questo capitolo A/A vi piaccia!
L'epilogo
arriverà nei prossimi giorni, giuro!
Se
vorrete
farmi sapere cosa ne pensate, mi farà felice!
Sentimenti
alla luce del sole
"E allora Athos, hai deciso di fare pace
col tuo
cervello o hai intenzione di continuare ad essere idiota ed ottuso
come ti sei dimostrato fino a questo momento?". La voce di
Aramis era un miscuglio di rabbia, freddezza e delusione. Athos la
stava deludendo, lui, che lei aveva sempre considerato il
più
saggio, intelligente, integerrimo... Ma che gli stava prendendo? Il
suo astio verso di lei lo comprendeva ma perchè,
perchè si stava
comportando così anche con d'Artagnan e i suoi figli? Aveva
spezzato
il cuore della piccola Julie che Athos sapeva stravedere per lui, Si
era azzuffato nel fango con il suo migliore amico come se fosse stato
un ragazzino di quindici anni! Dannazione, questo non era Athos!
Athos era intelligenza, raffinatezza, eleganza, educazione, dolcezza
anche... Era ora di far tornare le cose nel giusto ordine! Era sempre
stata una donna forte e se fosse stato necessario l'avrebbe fatto
ragionare a suon di scarpate in testa, ci teneva troppo! Athos non
doveva perdersi, non poteva farsi accecare dalla rabbia e dal dolore!
Era troppo in gamba e prezioso per farlo e lei glielo avrebbe
impedito!
"Sta zitta!". Gli occhi di Athos erano
iniettati di rabbia, non ragionava più... Era combattuto
dalla
dannata voglia di urlarle dietro e... di spingerla contro l'albero
accanto a loro e baciarla con passione!
Aramis gli si avvicinò furiosa.
"Al diavolo, non
starò zitta! Non ci è mai riuscito nessuno a
zittirmi e di certo
non lo farai tu con il tuo comportamento idiota! Athos, dannazione
che ti prende?".
"Sta lontana da me!" - tuonò la
voce di
Athos, mentre il temporale imperversava intorno a loro. Non doveva
avvicinarsi troppo Aramis, non era così sicuro di resistere
alle sue
tentazioni non troppo pure...
Incurante, Aramis gli si parò
davanti, prendendolo per
il colletto con un gesto veloce. "Al diavolo, io quì ci
resto!
E se non la smetti, ora sarò io a prendere a pugni te! E ti
assicuro
che potrei essere più brava di d'Artagnan!".
Athos si accigliò,
momentaneamente sorpreso dalla foga
della donna. Aveva visto tante volte Aramis combattere, animata dalla
concitazione di una battaglia, ma mai l'aveva vista tanto arrabbiata.
"Più brava di d'Artagnan a fare a pugni? Tu... sei una...".
"Una donna! Dillo Athos, su non farti
remore! Si,
sono una donna! La stessa che ha combattuto per anni con voi, la
stessa che con voi ha sfidato la morte più e più
volte, la stessa
con cui ti piaceva allenarti con la spada! Ero e sono al vostro
livello, oggi come ieri! E tu ti stai comportando da idiota!".
Disse, spintonadolo e facendolo arretrare fino al tronco del grosso
tiglio che svettava nel suo giardino.
Athos digrignò i denti. "Ora
è diverso!".
"Ora è diverso perchè
sai chi sono?" - urlò
Aramis, mentre i tuoni sovrastavano la sua voce.
Athos scosse la testa, rabbioso. "No, non
per
quello! E' una questione di fiducia! Hai tradito la mia, la nostra!
Se davvero vuoi saperlo, io non ho mai creduto al fatto che tu sia un
uomo! Ho sempre saputo la verità, l'ho intuita dal primo
istante in
cui ti ho vista!".
Aramis si bloccò, a bocca
aperta. Athos quindi...
sapeva? "Cosa?".
Athos si avvicinò a lei con
sguardo duro, di
rimprovero. "Già, sapevo! Ma sai cosa? Non mi interessava,
non
mi sono mai chiesto i motivi per cui tu lo facessi! Mi fidavo di te
come mi fidavo di Porthos e del capitano De Treville. E poi di
d'Artagnan, quando è arrivato anche lui! Eri un buon amico,
eri
leale, tenevi a noi... O almeno, credevo...".
Aramis sussultò. Athos era
partito usando un tono
rabbioso ma che poi era scemato in un sussurro triste e risentito.
"Cosa vuol dire? Che non ti fidi più di me?".
Athos fece un sorriso freddo. "Come potrei?
Non ti
ho mai chiesto nulla perchè ritenevo che dovessi essere tu a
volerci
dire qualcosa, se ti andava... Ero convinto che tu avessi i tuoi
buoni motivi per essere entrata nei moschettieri e li rispettavo! A
me bastava la tua amicizia sincera! Credevo tenessi a noi, credevo
che per te fossimo importanti e questo mi bastava! E invece da un
giorno all'altro sei sparita e te ne sei andata, volatilizzata nel
nulla. Non un saluto, non una spiegazione. E se il principe e i figli
di d'Artagnan non fossero finiti per puro caso sulla tua strada, di
te non avremmo saputo più niente".
Aramis si bloccò, frastornata da
quelle parole. Athos
aveva sempre saputo, Athos aveva accettato silenziosamente ogni sua
decisione... E probabilmente era quello che più era rimasto
ferito
dal suo allontanamento di dieci anni prima. Forse, era ora di dire la
verità, di dirgli davvero tutta la sua storia.
Sospirò, mentre il
suo sguardo si perdeva nella campagna, allagata da quell'immenso
temporale. "Sono venuta a Parigi per vendicare la morte del mio
uomo, ucciso da Maschera di Ferro e da Mansonne tanti anni fa. Era il
mio amore, l'uomo che avrei dovuto sposare. Il capitano De Treville
sapeva chi fossi e mi ha accettata e io ho fatto di tutto per
nascondere la mia identità perchè non volevo che
lui passasse dei
guai a causa mia. Ho conosciuto te, Porthos e gli altri moschettieri
e sono stati anni bellissimi... Siete i miei ricordi più
belli! Mi
sono sentita a casa con voi, come se avessi una famiglia anche se di
fatto non ne avevo più una. Il resto della storia lo conosci
anche
tu! Maschera di Ferro e Mansonne sono stati sconfitti e io ho avuto
vendetta... Credevo che dopo tutto questo, avrei continuato a vivere
come un moschettiere, con quella vita che ormai amavo. Ma a quel
punto la menzogna che avevo portato avanti tanti anni è
diventata
pesante da sopportare. Che sbocchi avrei avuto, che vita avrei avuto
se fossi rimasta a Parigi? Una vita non vita, non vera! Ogni rapporto
che avrei creato sarebbe nato sulla menzogna... Una menzogna che
ormai mi aveva intrappolato e che prima o poi sarebbe stata
scoperta... Per questo me ne sono andata in silenzio... Non sapevo
cosa dire, cosa fare, avevo paura delle vostre reazioni, avevo paura
di crearvi problemi. Credimi, andarmene ha fatto più male a
me che a
voi! Voi a Parigi vivete una vita alla luce del sole, io non avrei
potuto farlo! Mi spiace che tu ti sia sentito ferito, giuro che non
lo avrei mai voluto... Sei sempre stato quello che ho più
ammirato,
il più integerrimo, il più astuto, il
più intelligente, il più
saggio...".
Athos rimase in silenzio per alcuni
istanti, tramortito
da quel fiume di parole che Aramis gli aveva riversato contro. Ora
sapeva, ora tutto pareva assumere una logica precisa... La rabbia
sembrò scemargli dentro, lasciando posto a una assurda
stanchezza.
Già, essere arrabbiati era un ottimo modo di disperdere
forze ed
energia... "Stanno davvero così le cose?".
Aramis alzò le spalle. "Si,
stanno davvero così...
Sapevo che vi avrei ferito ma non potevo fare altro... Il mio posto
non era quello, benché lo amassi... E' stata una fuga la
mia, lo
so... Non avevo scelta! E inoltre, sapevo che voi sareste rimasti
insieme e avreste condotto una vita comunque serena. Io sarei
diventata per voi un ricordo sempre più lontano, uno dei
tanti
moschettieri che hanno incrociato le vostre vite negli anni. E mi
andava bene così!".
Athos sospirò. Il viso di Aramis
sembrava triste e
questo in un certo senso lo feriva. La preferiva pochi minuti prima,
arrabbiata e pronta a prenderlo a cazzotti. "Se nessuno
sapeva... Come mai d'Artagnan non è parso sorpreso quando ti
ha
rivista, vestita da donna? Perchè a lui l'hai detto?". Era
una
cosa che lo faceva impazzire... Perchè non si era fidata di
lui,
come si era invece fidata del guascone?
Aramis sorrise. "Ma io non gliel'ho detto,
l'ha
scoperto da solo durante la battaglia di Belle Ille. Mi ero ferita e
mi si era strappata la camicia! E ha visto, mio malgrado, tutto
quello che c'era da vedere! Sono stata costretta a dirgli la
verità
a quel punto e gli ho chiesto di non farne parola con nessuno. E lo
conosci, se d'Artagnan promette, poi mantiene! E' una persona pura e
onesta, leale. E negli anni ha acquisito molto carisma, carisma che
non gli consente di perdere le staffe come hai fatto tu in questi
giorni! E' il successore ideale di De Treville, ne sono sicura! Non
dovresti essere geloso di lui! E dovresti chiedere scusa alla piccola
Julie, se vuoi un consiglio!".
In quel momento Athos si sentì
un idiota! Aveva
dimenticato la fiducia, l'amicizia, la lealtà che aveva
sempre unito
gli uni agli altri. Erano stati un grande gruppo loro, una grande
forza! Sarebbe bastato parlare, chiedere a lei e a d'Artagnan per
avere risposte sincere! E si sarebbe risparmiato tutto quel sangue
amaro che lo aveva avvelenato negli ultimi giorni! Aramis era stata
sincera, forse ora avrebbe dovuto esserlo lui... E magari tutto
sarebbe andato a posto... "Ero geloso!".
"Lo so!" - rispose lei, sicura.
Athos inspirò profondamente.
"Geloso e stupido...
Ti ho sempre apprezzata in silenzio, ero incantato da te e da ogni
cosa che facevi! Ti consideravo unica perchè non esistono
donne come
te! Per Porthos e d'Artagnan tu sei stata un vero amico ma per me, la
tua perdita... è stata uno strappo al cuore! Prima il dolore
e poi
la rabbia perchè non capivo! Perchè non riuscivo
a credere che te
ne fossi andata senza dire nulla a me! Credevo di essere importante
per te, credevo che il nostro fosse un tipo di rapporto più
forte
rispetto a quello che avevi con gli altri... Te ne sei andata e io
non mi sono sentito come uno che ha perso un amico... Io mi sono
sentito come un... amante... abbandonato dalla donna che ama!".
Aramis sussultò. Non se lo
aspettava, non poteva
crederci! Il tono di voce di Athos era stato rabbioso ma anche
addolorato e... passionale. Era vero, Athos aveva ragione, per lei
lui era diverso, più speciale degli altri. Vedere giorno
dopo giorno
Athos era stata una medicina per il suo cuore distrutto dal dolore di
aver perso Francois. Sapeva di esserne attratta, da sempre! Sapeva di
avere imparato ad amare Athos giorno per giorno ed era stata
terririzzata da questo sentimento che non poteva vivere. Ma ora
sapeva che Athos era a conoscenza di tutto, che si era fidato di lei
in silenzio senza dire nulla, senza chiederle nulla! Se entrambi
avessero avuto la forza e la determinazione di vivere i loro
sentimenti alla luce del sole, le cose sarebbero forse andate
diversamente per entrambi. Meno solitudine, meno dolore, meno rabbia.
E più gioia data da una vita piena.
Aramis non disse nulla, non aggiunse altro.
Le parole
non servivano! Gli si avvicinò, lasciando liberi quegli
istinti che
aveva obbligatoriamente sopito negli anni.
E lo baciò, con passione.
Athos spalancò gli occhi,
sorpreso. Ma poi rispose al
bacio, riversando su di lei anni di dolore e mancanza, anni di
desiderio mai realizzato, anni di amore silenzioso.
"Ti sei sentito come un amante abbandonato
è?"
- sussurrò maliziosa, fra un bacio e l'altro.
"Si..." - rispose lui, col fiato corto,
mentre
le sue mani vagavano sui fianchi della donna.
"Mi sei sempre piaciuto Athos, ma ti ho
sempre
considerato irraggiungibile!" - mormorò lei, accarezzandogli
il
petto.
"La stessa cosa vale per me! Bella e
irraggiungibile, terribilmente in gamba! Ti amo da sempre,
Aramis...".
"René... mi chiamo
René..." - mormorò lei
di rimando – "E ti amo da sempre anch'io, da quando hai
scaldato il mio cuore, aiutandomi e confortandomi, in quel mondo di
soli uomini! Senza il tuo aiuto, sarei stata persa!".
Athos non disse più nulla.
Rabbia e dolore ormai
lontani. Lei era bella, era lì fra le sue braccia e gli
sembrava di
impazzire di gioia, di desiderio e... beh, di qualunque cosa gli
stesse macinando dentro, facendogli sentire in ogni fibra del suo
essere un fuoco violento. Baciandosi raggiunsero il fienile,
lasciando fuori tutto quello che li aveva divisi e quell'infinito
temporale che scuoteva la campagna.
Chiusero la porta, si stesero sul fieno.
E si amarono appassionatamente tutta la
notte...
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Capitolo 11 *** Ricominciare, a Parigi ***
Finita!
Con
questo breve epilogo, riesco a mettere la parola fine a questa
storia.
Grazie
a
tutti quelli che mi hanno seguita e sostenuta e grazie per ogni
singola recensione!
Spero
che
il finale vi piaccia!
Ricominciare,
a Parigi
Un raggio di sole impertinente
svegliò Aramis e Athos
dal sonno profondo in cui erano piombati dopo quella notte d'amore e
passione! Le assi della stalla erano sconnesse e la luce del giorno
filtrava ovunque!
Aramis si tirò su di scatto,
dando una pacca alla
spalla di Athos che, nudo, le dormiva placidamente accanto.
"Dannazione! Ci siamo addormentati quì! Ed è
già mattina
fatta e potrebbero piombare quì i bambini o d'Artagnan,
preoccupati
per non averci visti rientrare! Alzati e vestiti!!!".
Athos sobbalzò, quasi
spaventato. "Hei...".
Aramis lo guardò storto, poi
sorrise dolcemente però.
"Starei qua ore con te, giuro! Ma se non ci vedono in casa,
penseranno che ci siamo picchiati fino ad ammazzarci, stanotte!
Soprattutto, considerando in che stato ci ha lasciati d'Artagnan
stanotte!".
"Ok, facciamo così! Esco prima
io, vado in casa e
parlo con lui. Gli dirò che ci siamo chiariti e che sei
uscita
presto per andare a sistemare delle cose al villaggio!".
Aramis, che si stava rivestendo, assunse
un'aria
scettica. "Credi che d'Artagnan ci crederà? Se ne sei
convinto...". Poi il suo viso si addolcì improvvisamente,
ripensando ai momenti con lui, in quella notte appena passata. Il suo
odore, il calore del suo corpo, la passione... Si avvicinò e
lo
baciò. "Beh, provaci comunque!".
Athos sorrise. "Ahah, vediamo! A dire il
vero, ho
un pò di cose di cui scusarmi con lui e con sua figlia!
Quindi devo
parlarci comunque!".
"Ok, vai!" - mormorò Aramis,
catturata
dall'immagine dell'uomo che si rivestiva. Bello, muscoloso, elegante,
con un fisico asciutto e sodo. Era bello come un dio, Athos! Lo
guardò uscire e poi scosse la testa. Beh, era meglio
togliersi
quella faccia da ebete che, si sentiva, aveva in viso. E magari
iniziare a fare qualcosa di più produttivo che starsene
sognante in
una stalla, mezza nuda. In fondo lei e Athos, avevano deciso,
avrebbero avuto infiniti altri momenti per rivivere quella notte,
come avevano deciso poche ore prima.
Athos si avviò in casa. Il
temporale della sera prima
era cessato e ovunque splendeva uno splendido e tiepido sole. L'aria
era frizzante e pulita, così come il suo animo di nuovo
fattosi
leggero. Era felice... Aveva odiato quel viaggio e invece gli aveva
cambiato la vita!
Aprì la porta e trovò
il guascone già vestito, coi
bambini che mangiavano la colazione seduti al tavolo. "Buongiorno!"
- esclamò fissando l'amico in viso.
D'artagnan lo guardò
incuriosito. "Buongiorno a
te!".
Athos sospirò. D'artagnan non
sembrava arrabbiato e
aveva usato con lui il suo solito tono amichevole e tranquillo. Il
suo amico non era in grado di tenere rancore troppo a lungo ed aveva
un carattere infinitamente migliore del suo. "Ecco... Sono
uscito a controllare se il temporale ha allagato l'aia e...".
D'artagnan ridacchiò. "Si certo!
E tu e Aramis
avete controllato tutto dal fienile?".
Oh...
Athos arrossì, di botto. Lo
sapeva, non avrebbe mai
potuto fregarlo! "Ecco...".
D'artagnan gli pose una mano sulla spalla.
"Tranquillo,
non devi spiegarmi niente. Semplicemente, ero affacciato alla
finestra e ti ho visto uscire. E siccome nemmeno Aramis è
rientrata
stanotte... ho tratto la conlusione più logica. Se siete
felici,
sono contento per voi. Tutto quì!". In realtà lo
sapeva, non
ci era voluto molto a capirlo perchè da sempre aveva
sospettato che
quei due sarebbero finiti insieme prima o poi.
Athos rimase senza parole. Il modo di fare
di d'Artagnan
era semplice, limpido, amichevole. Si sentì in colpa per il
modo in
cui si era comportato con lui i giorni precedenti perchè
davvero, il
guascone non li meritava. "Mi spiace, davvero! Per tutto!"
- ammise infine, corrucciato.
D'artagnan sospirò. "Beh,
l'amore a volte rende
stupidi. Felici e stupidi, sì!".
Athos gli sorrise. Il tono di d'Artagnan
era sereno, era
palese che per lui la lite fra loro era ormai cosa risolta. "Grazie!"
- disse semplicemente.
Poi si avvicinò ai bambini.
C'era ancora una faccenda
da sistemare! Si inginocchiò vicino a Julie che lo guardava
silenziosa. "Ciao! Facciamo la pace?" - gli disse, in tono
gentile.
Julie lo fissò, poi
guardò Demian e Luis. Infine
annuì. Beh, lei voleva bene allo zio Athos, anche se era un
orso!
"Si... Però, devi fare il bravo!" - disse, seria.
D'artagnan scoppiò a ridere.
"Ahah, da che
pulpito! Ricorda che presto saremo a Parigi e che dovrai rivedere la
mamma! Con lei non vi andrà bene come con me!".
Julie e Demian fissarono il padre,
deglutendo. In
effetti, in fatto di punizioni, l'uomo di casa era la loro mamma
Constance!
Julie, con fare civettuolo,
saltò fra le braccia di
Athos. "Zio Athos, io ti perdono, ma tu in cambio mi difendi
dalla mamma, capito?!".
Athos scoppiò a ridere. Julie
era una bambina limpida e
vivace, come il padre. E con un'intelligenza e una civetteria molto
rare per una bambina di quell'età. Avrebbe fatto penare i
suoi
genitori, da grande... "Beh, vedrò quello che posso fare!".
"Tornerai a Parigi, quindi?" - chiese
d'Artagnan all'amico.
"Torneremo!". La voce di Aramis irruppe
nella
stanza.
D'artagnan e Athos si voltarono.
"Entrambi?" - chiese il guascone, quasi
timoroso di essere felice.
Athos si avvicinò alla donna.
"Si, entrambi. Io
e... René! Una donna che ama cavalcare e sa usare la spada
meglio di
molti uomini! Abbiamo deciso stanotte. Per ora torneremo a Parigi,
insieme! E poi vedremo come evolveranno le cose!".
D'artagnan sorrise. "Beh, mi sembra
un'ottima idea!
A parte Porthos e Constance a cui dovremo spiegare tutto, per gli
altri non sarà un problema. La maggior parte dei
moschettieri che
han conosciuto Aramis non è più in servizio e per
quelli nuovi...
sarai solo una donna stra-maledettamente in gamba!".
"Si, più o meno il piano
è quello!" -
commentò Athos.
"Bello!". Julie corse da Aramis, felice.
"Se
vieni con noi, mi devi insegnare a usare la spada! Voglio essere come
te!".
Aramis annuì. "D'accordo!".
Cominciava una
vita nuova... Molto di Aramis sarebbe rimasto in lei, in
René. Una
donna, come aveva detto Athos, che sa cavalcare e usare bene la spada
come un uomo. Aramis non sarebbe mai morta davvero ma avrebbe
semplicemente arricchito l'animo di René. Aramis l'aveva
resa
migliore e avrebbe sempre vissuto in lei...
D'artagnan sospirò, davanti alla
riposta affermativa di
René alla figlia. Cominciavano i guai... Ma era felice lo
stesso.
Mai ci avrebbe creduto ma ora lo sentiva come se fosse una cosa
possibile. Il loro motto...
"Uno per tutti, tutti per uno"
Già, presto sarebbe stato
nuovamente realtà.
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