La finestra

di Paddy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La finestra ***
Capitolo 2: *** La finestra ***
Capitolo 3: *** La finestra ***
Capitolo 4: *** Epilogo ***
Capitolo 5: *** Ringraziamenti ***



Capitolo 1
*** La finestra ***


Ciao a tutti/e

Ciao a tutti/e! Ho visto “Peter Pan” proprio ieri sera... e la fine, mio malgrado, mi ha fatto quasi piangere! Così come le ff che ho letto in questa sezione! Per questa storia, o almeno per la sua fine, ho la larima facile... sigh, Peter e Wendy... buàà! Così ho deciso di scrivere una piccola, banale one-shots. Vi avverto, non ha la fine che io desidererei... ma è cio che penso accadrà...

Ah, per favore, non esagerate con... le critiche! Sono ancora una principiante... ma quelle costruttive mi faranno un gran piacere...

 

 

 

 

 

La finestra

-1-

 

 

 

 

 

 “Mi chiamo Wendy Moira Angela Darling!”

 

Quanto tempo era passato? Quanto era trascorso dal momento in cui aveva pronunciato quella frase?

 

Peter Pan non lo sapeva. E come avrebbe potuto? Lì, nell’isola che non c’è, il tempo non esiste e anche possedendo un orologio non ci si sarebbe accorti dei secondi, ore, minuti che passavano.

 

Lo stesso per lui, Peter Pan. Adesso era tutto più tranquillo, senza Uncino. Erano arrivati nuovi bambini sperduti. Un nuovo, crudele capitano. La vita continuava, nel suo mondo. Ma lui, Peter, era in crisi. Niente pareva più come prima. Neppure riusciva a godersi la vittoria. Che non era più tale, se non c’era lei.

 

Il bambino non sarebbe mai cresciuto. Le emozioni, le sensazioni, se c’erano, erano al livello degli anni che aveva. Però perfino lui si rendeva conto della tremenda veridicità della frase ‘lontano dagli occhi, lontano dal cuore’.

 

No! Invece no, era falsa. Cosa andava a pensare... la nostalgia per lei era costante. Era presente in ogni attimo della sua infinita esistenza. Cionostante, stava dimenticando. Il tempo, in quello, era crudele. Seppur il suo aspetto rimanesse lo stesso, si rendeva conto che la sua mente, o almeno la parte di mente in cui è insita la memoria, quella si modificava.

 

Stava dimenticando. Stava dimenticando le sensazioni provate con la sua vicinanza. Stava dimenticando il tono, il suono, il timbro della sua voce. Stava dimenticando i pochi, unici momenti trascorsi insieme a lei. Stava dimenticando l’unico vero amore della sua vita. Stava dimenticando Wendy.

 

Cosa fosse l’amore poi, non l’avrebbe mai saputo veramente. Disgraziatamente, la sua crescita mentale e fisica si era arrestata dal momento in cui aveva messo piede nell’isola che non c’è, ma il guaio era che stava attraversando proprio in quei mesi, il passaggio dall’infanzia all’adolescenza.

 

Un bambino, alla parola amore, restava confuso, al massimo pensava all’affetto per i genitori o alla dolcezza di una caramella. Ma un ragazzo... un ragazzo no. E lui era metà e metà.

 

Lui, Peter Pan, aveva inizialmente rifiutato quel termine e il suo significato. L’aveva rifiutato bruscamente. In quel momento la sua indole era bambina. Ma poi... quando Uncino gli aveva trafitto il cuore con quelle orribili parole...

 

“Lei ti sta lasciando... la tua Wendy. Vuole diventare adulta...”

 

“E cosa vedo ancora? Vicino a lei c’è qualcuno che non sei tu. Si chiama... lo Sposo!”

 

... allora, aveva provato una terribile fitta. Non capiva cosa fosse. Ma quando Wendy aveva posato le labbra sulle sue, comprese. L’euforia provocata da quel... ditale, avrebbe detto bambino. Bacio, avrebbe corretto ragazzo. Ecco, l’euforia durò parecchio. Ma quando l’abbandonò... quando la meravigliosa sensazione provocata da quel gesto era inequivocabilmente svanita... era arrivato il rimorso. E le domande.

 

Cos’era giusto? Cos’era sbagliato? Aveva fatto bene ad abbandonarla? A lasciarla andare?

 

Forse era colpa di Wendy... forse non le avrebbe dovuto permettere di lasciare l’isola. O magari... il che era più ovvio... lui aveva sbagliato.

 

I bambini sperduti sembravano così felici, con lei... e John, Michael... Wendy...

 

L’unico che aveva rifiutato quella felicità era stato lui. Lui si era sempre fatto sopraffarre dalla sua parte-bambina, che aveva paura di crescere. Di lavorare. Di invecchiare. Di morire. Aveva paura. E, senza saperlo, aveva rifiutato la vita. Aveva paura della vita. Quella vera.

 

Eppure... senza di lui, che ne sarebbe stato dell’isola che non c’è? Un’altro sarebbe giunto? Improbabile. Forse... ma non era sicuro. E non avrebbe mai più visto gli indiani, i pirati, le sirene, il suo rifugio. Addio giochi e magie con Trilli! Addio litigi e voli! Addio bella vita! Benvenuta noia...

 

No, non poteva lasciare l’isola che non c’è. Dipendeva da lui ormai... e lui da lei.

 

Ma per Wendy...

 

Il ragazzo che era in Peter, amava Wendy. Non riusciva a rendersene conto... ma era così. E per lei, per lei, non poteva fare quel sacrificio?

Cosa glielo impediva?

 

Probabilmente c’era rimasta male quando non volle seguirla a casa sua. Dovrà aver pensato, si disse Peter, che non tenevo abbastanza a lei da abbandonare l’isola. E ora... quanto tempo era passato?

Un giorno? Una settimana? Un mese? Un anno?

Non lo sapeva. Non lo poteva sapere.

 

“Tornerai?”

“Te lo prometto!”

 

E invece, da quella sera non aveva più fatto fughe dall’isola. Niente scappatelle...niente di niente.

Perchè?

 

Dentro di sè, lo sapeva...

 

Sapeva che, se l’avesse rivista, la gioia provata l’avrebbe vinto e sarebbe rimasto. E lui... non voleva... non poteva rimanere.

 

Non poteva crescere. Non poteva...?

 

Per lei?

 

Ci risiamo. Con tanti giri di parole, finiva sempre a quelle due domande. Si era roso con quei due interrogativi per tanto, tanto tempo.

 

Ma ora basta.

 

Si alzò e lanciò un’occhiata allo zufolo, pieno di polvere. Non l’aveva più toccato.

 

Esalò un respiro. Doveva tornare. Rivederla... per l’ultima volta. Non poteva lasciare che avesse questo ricordo di lui, questo brutto ricordo di bugiardo.

 

E inoltre... non ce la faceva più a starle lontano.

 

E forse... neanche lei ce la faceva. Magari... l’avrebbe convinta... a venire con lui...

 

No! Non si sarebbe comportato da bambino, con Wendy.

 

Non più.

 

Volando nel cielo, incontrò un pensiero. Un pensiero orribile.

 

La finestra. E se fosse stata chiusa?

 

Impossibile. Wendy non l’avrebbe fatto.

 

Ma...le strade, le case... certa gente... era diverso. Era tutto diverso.

 

Quanto tempo era passato?

 

E se... se ci fosse stato veramente, uno Sposo?

 

...

 

No! Basta con questi tormenti. Sarebbe stata aperta. Wendy... non l’avrebbe mai chiusa. Mai.

 

 

Si trovò davanti alla sua casa.

 

La finestra...

 

La finestra era...

 

Era...

 

 

 

 

Continua...

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Capitolo 2
*** La finestra ***


La finestra

La finestra

-2-

 

 

 

 

 

La brezza notturna di un venticello ritardatario soffiava contro le ante della finestra, facendo sbattere il vetro. Era spalancata.

 

Peter, suo malgrado, provò un certo sollievo. Volò fino al davanzale osservando la stanza. Molto era cambiato: c’erano nuovi giocattoli e mancava un letto. Due bambini dormivano in essi.

 

Il ragazzo si avvicino, il cuore che correva: e vide, adagiata fra le coperte, una splendida creatura dai capelli ondulati e l’espressione serena.

 

Peter attraversò di volata la stanza; allungò un dito verso di lei, accarezzandole il viso. La sua faccia si distese in un sorriso.

 

Ad un tratto sentì un rumore provenire dall’altro capo della camera: si girò... trovandosi di fronte una donna che lo fissava con gli occhi sbarrati.

 

 

Poco prima...

Appoggiò la spazzola sul comò. Davanti a lei, riflessa nello specchio, c’era una donna che la fissava malinconica. Una donna che si potrebbe dire avesse avuto tutto dalla vita. Il lavoro andava bene. Bei figli. Un buon marito. Ma qualcosa le mancava.

 

Un vuoto che non riusciva a colmare.

 

Sospirò. Poi si girò lentamente, per andare in camera sua a dormire. Passando però davanti alla stanza dei bambini, si fermò. Aveva sentito uno spiffero gelido. Come al solito! Jane si era dimenticata di chiudere la finestra. Dimenticata...? Avrebbe detto che l’aveva fatto apposta!

E certo James non gliel’aveva ricordato... sperava sempre in un’ispirazione, anche dalle stelle!

 

Sorridendo, aprì la porta. I due bambini dormivano tranquillamente. Avrebbe dovuto correre a socchiudere le ante, spalancate, invece si fermò e si appoggiò al muro, fissando i suoi figli.

 

Jane dormiva a labbra socchiuse. Era così bella... le somigliava moltissimo. Gli stessi capelli, gli stessi occhi... beh, lei si era tinta le ciocche e perciò erano un po’ diverse...

Era una bambina vivace. Sembrava davvero lei.

 

James Matthew era molto diverso. Più schivo, più chiuso in se stesso. Solo la sorella riusciva a tirarlo fuori da quel silenzio.

Voleva diventare scrittore di favole, ma non aveva ispirazione... non ancora, almeno.

 

Parecchie volte Wendy li aveva sorpresi a fissare il cielo stellato. C’era qualcosa che li attirava, fuori nel cielo. Quanto a lei, aveva sempre evitato di fermarsi a guardare le stelle. Era una donna in carriera. Non ne aveva bisogno.

 

E ad un tratto... lì, proprio fuori dalla finestra apparve qualcuno.

 

Una figura nera si stagliava contro l’orizzonte. Era immobile. Il suo sguardo saettò per la stanza, da James, e si fermò su Jane.

 

Quando si protese in avanti, allora Wendy lo riconobbe.

 

Oddio.

 

Non poteva essere lui! Non poteva!

In un solo momento, con un solo sguardo, aveva cancellato tutte le sue certezze di donna.

 

 

Faceva strani sogni, a volte, la notte. Sognava un ballo fra le luci della notte, sospesa in aria. Sognava la sensazione del vento fra i capelli, e la musica dell’aria che soffiava nelle orecchie.

E sognava uno strano bambino dai capelli d’oro, con un’espressione sbarazzina, le orecchie a punta e il vestito verde sbrindellato.

 

Da quando aveva undici anni quei sogni la tormentavano. Si era imposta di non credere... di non pensare... nemmeno per un momento... che fossero ricordi.

 

C’era stato un periodo in cui era sicura... tanto, tanto tempo prima... che esistesse un bambino che non cresceva mai. Che lei e i suoi fratelli (avvocato e professore di fama) avessero viaggiato fino ad un’isola leggendaria.

 

Ricordava anche le coordinate: terza stella a destra e poi dritto fino al mattino.

 

Che cose strane si inventavano i giovani.

 

Eppure...

 

Eppure si era sempre chiesta dove avesse trovato quella noce che si era trovata al collo, apparentemente perfetta.

Come si fosse procurata quegli strappi e quei segni di foglie e fango sulla camicia da notte.

Da dove fossero venuti i suoi cugini acquisiti.

 

Anche i suoi fratelli per un po’ di tempo vaneggiarono su questo viaggio. Perfino i genitori erano sicuri che fossero spariti per qualche giorno.

 

Ma poi... i fratelli crebbero, ci scherzarono su, i genitori morirono.

E perfino lei, che raccontava la favola di Cenerentola storpiandola e facendo diventare la sguattera una moderna spadaccina, lei, Wendy Moira Angela Darling, aveva lasciato la camera dei bambini.

 

Era cresciuta. Era riuscita a chiudere la finestra, e non solo quella della sua stanza.

La finestra dei suoi sogni, delle sue fantasie, dei suoi deliri di bambina.

 

E adesso, a chi le chiedeva il suo nome, rispondeva Wendy Barrie. Come tutte.

 

Ma... ma non poteva ora, trovarsi davanti quel bambino! Che lei conosceva... che sognava...

No! Era di sicuro uno scherzo... un ladro forse... adesso usavano anche i ragazzini...

 

Stava proprio pensando di andare lì a cacciarlo,.... quando il bambino tirò su il capo e... e all’improvviso era in piedi sulle coperte del letto della figlia.

 

No, un attimo... come aveva fatto?

 

Un salto?... no, troppo lontano... infatti, anche ad arrivare sul davanzale ce ne voleva...

 

Ma non poteva... non poteva aver... era contro la logica... aver... si era decisa a non pensarci più, a quelle fantasie!... aver... era una donna adulta!...

 

Indietreggiò. Era troppo. Ma senza volere urtò la lampada, che ondeggiò sul tavolino per poi afflosciarsi sul banco.

 

A quel rumore, il bambino si girò verso di lei.

 

Si fissarono irrigiditi. Per quanto? Un secondo, un minuto? Adesso anche lì il tempo si era fermato.

 

Poi, lentamente... Wendy alzò la testa... e...

 

“Peter?” mormorò.

 

Lui non rispose.

 

 

 

 

 

Restate con me per l’Epilogo!

NOTE: Di sicuro vi sarete accorti/e che il nome dei figli non è casuale... la bambina è la vera Jane del libro... mentre James Matthew... è l’autore!

 

Ringrazio:

 

Ginny90: Leggo che c’è una recensione, clicco... uhm, è di Ginny90...GINNY90?!! Proprio lei, l’autrice geniale di Time (una delle mie ff preferite)?? Che onore, accipicchia! PS Non osare dire mai più che le tue storie sono una schifezza! (Paddy si avvicina alla casa di Ginny con un’ascia in mano...;-))

 

Nemesis: Come hai fatto? Hai colto esattamente ciò che io desideravo trasmettere con la lettura... cioè le sensazioni di Peter... ciò significa che hai capito tutto della mia storia... grazie...

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Capitolo 3
*** La finestra ***


La finestra

La finestra

-3-

 

 

 

 

 

Il cuore gli stava battendo così forte che se fosse scoppiato fuori dal suo petto non se ne sarebbe stupito.

 

C’era una donna sulla soglia... ma non era la mamma di Wendy.

E l’aveva chiamato con il suo nome. Come faceva a conoscerlo?

 

Forse Wendy le aveva parlato di lui. Ma no... non le avrebbe creduto.

E la persona che lo stava guardando aveva un’espressione indecifrabile: stracolma di commozione e tristezza.

 

Era certo che, se davvero la signora Darling avesse creduto a Wendy, adesso non starebbe fissando con così tanta dolcezza colui che aveva messo in pericolo sua figlia.

 

Ma allora... chi...?

 

“Peter” ripetè la donna. “Peter Pan... sei davvero tu?”

 

La questione non era chi fosse lui... ma chi fosse lei!

 

“Potresti gentilmente toglierti dal letto di Jane? Ha un leggero raffreddore e non vorrei te lo attaccasse. Sempre che uno come te si possa prendere delle malattie.”

 

Sì, sarebbe stato meglio. Non desiderava certo il raffreddore di... Jane? Raffreddore?

 

Jane?

 

Jane?

 

Lentamente, Peter Pan voltò il capo dalla donna alla bambina ai suoi piedi.

 

Aveva i capelli di Wendy. Aveva le mani affusolate di Wendy. Aveva il bacio nascosto di Wendy.

 

Ma non aveva gli occhi di Wendy. Li aveva socchiusi un attimo, nel voltarsi su un fianco, e Peter aveva potuto intravvedere un guizzo verde nelle sue iridi.

 

Non era Wendy.

 

Per la sorpresa e frustrazione fece un salto (se così lo si può chiamare) giù dal letto. Atterrito, girò la testa a guardare il bambino steso all’altro lato della stanza.

 

Decisamente, non era John. E neppure Michael.

 

Che avesse... sbagliato casa?

Forse i Darling avevano traslocato. Sì, doveva essere stato così... ma allora, quella donna?

Come conosceva il suo nome?

 

Forse... no.

 

Era passato così tanto tempo... no. Si rifiutava di crederci. Bandì il pensiero dalla mente.

 

“Peter Pan... da quanto non ci incontriamo! Ma sei sempre lo stesso...”

 

La donna fece qualche passo verso di lui. A quel gesto improvviso, il bambino indietreggiò istintivamente.

 

Lei si fermò. Era arrivata davanti alla finestra, mentre Peter era addossato al muro. La donna sospirò.

 

“Eh, lo so. Sono cambiata... ma la tua Wendy è anche così brutta, da adulta?”

 

Ridacchiò, prendendo a torturarsi una ciocca di capelli.

 

Peter la fissò. Per la prima volta, la fissò con più attenzione. Essendo sotto la finestra, era inondata dalla luce che la luna emanava. Poteva vederla meglio... poteva verificare se era davvero colei che sosteneva di essere.

 

Non aveva i capelli di Wendy. Non aveva le mani affusolate di Wendy. Non aveva il bacio nascosto di Wendy.

 

Ma...

 

Ma aveva gli occhi di Wendy. I capelli erano scuri e velati di rosso, le mani ruvide e molto più curate, il bacio nascosto era già stato donato... ma aveva i suoi occhi, i suoi meravigliosi occhi!

 

Era Wendy!

 

Il suo corpo fu attraversato da violenti scossoni... brividi... tremiti, avrebbe detto un ragazzo.

Ma ora era un bambino... in quel momento era semplicemente un bambino spaventato, un bambino sconvolto da una terribile evidenza.

 

“L’hai capito, eh?” il sorriso le si cancellò dal volto. “Mi dispiace. So che è difficile, per te... ma sei tornato, anche se non capisco perchè, e devi accettare il fatto che io sia... che io non sia più, all’apparenza, la Wendy che tu conoscevi.”

 

“Sei... sei...” mormorò Peter. “Sei adulta!”

 

Glielo urlò in faccia, le scaraventò addosso tutto il suo dolore, la sua disperazione, che in quegli ultimi secondi erano rimasti all’imbocco del cuore.

 

“Stai calmo...”

 

Qualcosa di bagnato gli corse sulle guance.

 

Wendy sospirò; poi, sorprendendo lui e se stessa, fece qualche passo verso Peter e lo abbracciò.

 

Il ragazzino ormai stava piangendo silenziosamente: non era possibile, sentiva che era un incubo... tra poco si sarebbe svegliato nel suo rifugio sull’Isola che non c’è, e allora sarebbe partito per Londra... dove avrebbe ritrovato Wendy, ma quella vera... il suo sorriso, i suoi capelli, la sua voce da bambina, le sue storie e il suo profumo...

 

Un profumo di pesca... ce l’aveva ancora addosso? Sì. Beh, può darsi. Ma non era lei.

Non era la Wendy che lui conosceva. Che aveva conosciuto.

 

Rivoleva la sua racconta-fiabe. Colei con cui aveva ballato quella magica sera. Colei che gli aveva fatto scoprire, seppur per poco e inconsciamente, l’amore.

 

La chiamava mamma... beh, adesso il vocabolo sarebbe stato adatto.

 

Era cresciuta. Era diversa. Non la conosceva più.

 

“So cosa stai pensando...” la donna abbassò la testa. “ma,... io sono sempre la stessa. Seppur ti sembra che io lo nasconda... con questi capelli tinti, la faccia truccata. Però, dentro, conservo ancora la mia parte di bambina. Adesso sono solo... adesso è solo giunta un’altra me. Un’altra. Che non ha sostituito la tua Wendy. Credimi.”

 

Che bugia! Che incredibile bugia! Con quelle affermazioni, voleva solo convincere quel povero bimbo piangente tra le sue braccia.

Ma solo lui? Davvero solo lui... o anche se stessa?

Si diceva sempre che c’era un vuoto, in lei. Prima non c’era. Forse... forse le mancava proprio quello: la fantasia e l’immaginazione di una bambina.

 

Aveva abbandonato la bambina che era in lei. L’aveva chiusa fuori dal suo cuore. Dalla finestra del suo cuore.

 

“I bimbi sperduti...” Peter si fece forza e alzò il viso verso Wendy. “Che ne è stato di loro?”

 

La donna lo fissò grave.

 

“Gaspare, Adam, Greg, Mark...? Avvocati, medici, professori, dirigenti. Loro...”

 

“...non ricordano?” sospirò il bambino.

 

“Mi dispiace.”

 

“E John... e Michael?”

 

“Sono cresciuti. Non voglio mentirti: loro non conservano alcun ricordo dell’infanzia. Ma tutti dovrebbero farlo. Purtroppo, i miei fratelli non ce l’hanno fatta. Forse non volevano farlo. Chissà. So solo che, se raccontassi di te, del nostro viaggio sull’isola” deglutì con fatica “mi riderebbero in faccia. Il lavoro è in primis, per loro. Anche uno sforzo di memoria, non li aiuterebbe. E’ una questione... del cuore. Di affetto.”

 

Di chi stava parlando? Dei fratelli... o di se stessa?

 

“E... tu?”

 

Wendy si infilò una mano nella camicia da notte e mostrò la pigna. La teneva sempre al collo.

 

“Il mio bacio...”

 

“Esatto. Come vedi, non ti ho dimenticato. Però, non è stato semplice. Il tuo ricordo è sempre stato in fondo al mio cuore, è vero... però tu non sei tornato da me. Me l’avevi promesso, che ci saremmo rivisti... perchè non sei tornato?”

 

Adesso era lei, la piccola Wendy, l’ingenua Wendy a parlare. La donna adulta, la signora Barrie, le aveva ceduto il posto per un attimo.

 

“Io...” era giunto il momento della verità. “Avevo paura. Paura che non fossi riuscito più ad andarmene. A stare lontano... da te.”

 

“Forse sarebbe stata la risposta a tutti i nostri problemi. Che tu fossi cresciuto, finalmente. Adesso saremmo tutti e due grandi, e...” si interruppe. Meglio non approfondire la cosa.

 

“Ma l’Isola che non c’è dipende dalla mia presenza! Ed io dalla sua.” mormorò Peter. “E anche i nuovi bimbi sperduti. E la sconfitta del nuovo capitano...”

 

Wendy era tentata. Tentata di ascoltarlo, di stare ad ascoltare le nuove avventure di Peter... per poi narrarle ai suoi figli...

 

Ma il breve volo nel passato si fermò subito. Non poteva permetterselo. Lui era ancora un bambino. Aveva ancora i pensieri di un bambino. Lei era cresciuta, e anche se si fosse fermata a sproloquiare sul suo lato di bambina, doveva pur sempre far i conti con la parte adulta di donna responsabile.

 

Abbassò lo sguardo su Peter. Stava fissando la sua fede al dito.

 

“Cos’è questa?” domandò.

 

“E’ una... un anello. Si dona alla persona amata il giorno delle nozze.”

 

Fu come se Wendy gli avesse trafitto il cuore con un pugnale. Com’era bello, quel gingillo. Lucido, dorato e bellissimo. La sua pigna, invece... sporca e scheggiata.

 

Esisteva davvero, uno Sposo, quindi. Uncino non aveva mentito. La sua più grande paura... materializzata. Ora niente aveva più senso.

 

“Ascolta, Peter.” Wendy gli mise una mano sulle spalle. “E’ inutile nascondertelo. Io mi sono sposata, sì. Mi sono innamorata, ed ho una vita mia, adesso. Non ti faccio una colpa di essere tornato all’improvviso, e ad avermela stravolta, questa notte. Ma riflettiamo. Ti è servita solo a soffrire? A farti nascere dei dubbi nella testa? E se... fossi cresciuto con me; e se... io fossi rimasta con te sull’isola; e se... e se... ma non devi farlo, Peter. Tu avrai sempre un posto speciale, nel mio cuore. Adesso però tutto questo deve finire.”

 

Cercò di trattenere le lacrime. “Tu tornerai all’Isola che non c’è. Io tornerò alla mia vita, la vita che ho scelto. Ti chiedo di superare questo momento. E ti chiedo un favore... per favore, Peter... non dimenticarmi. Mai. Io sarò sempre la signora Wendy Barrie. Ma sarò anche Wendy Moira Angela Darling. E tu sarai sempre il bambino che non voleva crescere. Ma sarai anche Peter Pan.”

 

Gli sfiorò una guancia con un dito; Peter sentì che il suo tocco non era cambiato, e si trovò a domandarsi se anche le sue labbra avessero mantenuto lo stesso sapore...

Ma era impossibile. Lei era adulta.

 

Però era anche la sua Wendy. L’aveva detto lei stessa. Aveva comunque tenuto la sua pigna.

 

Sorrise con la bocca, ma non con gli occhi. Lo stesso lei.

 

Peter si diresse verso la finestra. Quella visita non era stata vana. Adesso non si sarebbe più tormentato con i sensi di colpa. Wendy gli voleva ancora bene. Wendy l’aveva perdonato. E Wendy non l’aveva, e non l’avrebbe mai, dimenticato.

 

Lo stesso per lei. Si sentiva finalmente completa, libera; non felice, aveva un senso di tristezza allo stomaco. Però aveva capito quale fosse il vuoto che la opprimeva: le mancava la bambina che era in lei, tutto qui. La bambina che Peter aveva fatto riemergere.

 

Il ragazzino si girò e la fissò. Per l’ultima volta. E fu allora... fu in quel momento che i piedi di Wendy si sollevarono. Impercettibilmente... ma tanto quanto bastava perchè Peter le sorridesse, alla vista del piacevole stupore dipinto sul suo viso.

 

Si voltò verso il cielo, pronto a spiccare il volo.

 

Era stato il destino. Il destino li aveva divisi tanti notti prima, e l’avrebbe fatto anche quella sera.

 

E loro non potevano fare nulla. I ricordi sarebbero sempre stati nei loro cuori. E le possibilità, e i sogni... lei li avrebbe conservati. Doveva. Anche se non si sarebbero mai avverati.

 

“Ti voglio bene, Wendy...” mormorò il bambino, iniziando a librarsi nel vuoto.

 

“Anch’io, Peter.” Disse lei. Senza esitazioni. Finalmente. “Anch’io.”

 

 

Rimase a fissare quel puntino verde che si dirigeva verso la stella e spariva inglobato nella sua luce. Non l’avrebbe più visto materialmente. Ma sarebbe stato sempre presente nei suoi ricordi.

 

“Ti ho amato molto, Peter.” sussurrò. “Ma l’ho capito solo questa notte.”

Poi si diresse alla porta. Indugiò sulla pigna che portava al collo, e che le sfregava sulla pelle. C’era un cassetto, nell’angolo. Ma non voleva chiudere fuori i ricordi. Aveva capito che era sbagliato.

 

Sentì un rumore nell’angolo. Il marito, appoggiato al muro, le sorrideva.

 

“Ehi, amore” le stampò un bacio sulle labbra “perchè non chiudi la finestra?”

 

Wendy sorrise a sua volte. “Lasciamola aperta, per stanotte. Solo per stanotte.”

 

E, mentre tornava in stanza, ridacchiò fra se e se: il marito avrebbe potuto sprangare la finestra della camera dei bambini... ma non quella dei suoi sogni e ricordi.

 

Quella, sarebbe stata sempre aperta.

 

Per sempre.

 

 

 

 

 

Ormai avrete capito di che genere di finestra intendesse il titolo (metaforico), giusto?

Volevo che questo fosse l’epilogo, ma... quello, cortissimo, ci sarà tra due giorni.

 

Ringrazio:

 

Nemesis^^

 

Lisachan :-))

 

Ginny90 ***

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** Epilogo ***


La finestra

La finestra

-Epilogo-

 

 

 

 

 

Peter raggiunse l’Isola che non c’è parecchio tempo dopo. Il fatto era che varie volte aveva fatto un notevole sforzo per non tornare indietro.

 

A questo aveva contrapposto il pensiero che in fondo sarebbe stato inutile e negativo: Wendy si era sposata... e i bambini sperduti, e l’isola, avevano bisogno di lui.

 

Ma non l’avrebbe dimenticata. Mai.

 

Sarebbe stato molto difficile. Aveva un vago ricordo di Trilli, di Uncino... di John, di Michael... ma Wendy no, Wendy non avrebbe mai lasciato la sua mente.

 

Nè il suo cuore.

 

Fluttuò sulla sua amaca della casa-albero; si accorse che i nuovi Bambini Sperduti erano svegli e lo aspettavano.

 

Piccolo Artiglio e Sguardo Aguzzo stavano facendo la lotta, ma smisero non appena lo videro. Luce d’Estate dormicchiava stringendosi nel suo cappottino peloso. Tutti gli altri erano seduti in cerchio, bisbigliando.

 

“Dove sei stato, Peter?” domandò Lupacchiotto succhiandosi il pollice.

 

Il ragazzo sorrise tristemente arruffandogli i capelli. “Da una persona... una persona che non vedevo da molto tempo.”

 

“La tua mamma?”

 

Peter esitò. “No.”

 

“La tua innamorata?”

 

Il ragazzino deglutì. “In un certo senso... cioè, voglio dire, no. Forse un tempo...”

 

“E allora chi è?”

 

“Sedetevi qui, attorno a me, miei prodi Bambini Sperduti” esclamò allora Peter. “Vi racconterò una storia.”

 

“Tu?” ridacchiò Sguardo Aguzzo.

 

“Certo.”

 

“Ma una volta hai detto che solo le Mamme raccontano le favole!”

 

Peter fissò il pavimento. “C’è sempre una prima volta. Adesso ascoltate.”

 

E iniziò a raccontare tutto, di come aveva incontrato quei tre bambini che gli avevano cambiato, seppur per poco, la vita.

 

E, di tanto in tanto, faceva delle pause suonando con lo zufolo la canzone delle fate; fu in uno di quei momenti che gli sembrò di vedere, lassù nel cielo, due bambino volteggiare e danzare, avvolti dalla luce della luna.

***

 

Jane si rivoltò tra le coperte. Non credeva ancora ai suoi occhi.

 

Chi era quello strano bambino? Perchè la mamma lo guardava con quegli occhi? Perchè era vestito in quel modo?

 

Era entrato dalla finestra.... ne era sicura, perchè da lì era uscito.

 

Aveva da sempre pensato che ci fosse qualcosa, là fuori... non sapeva esattamente cosa, ma la mamma aveva sempre uno strano sguardo e una strana espressione disegnata sul volto quando le imponeva di non aprire le ante.

 

Aveva da sempre sognato di incontrare qualcuno di magico... sperò in silenzio che tornasse, un giorno o l’altro, per portarla con lui. Dove, non lo sapeva... se lo sarebbe fatto dire dalla mamma.

 

Era sicura che la sua genitrice avesse un segreto...

 

L’avrebbe scoperto. Sì.

 

 

James tremò leggermente. Aveva due strati di coperte, e sudava persino un po’, ma quel brivido proveniva dal cuore, dalla razionalità infranta.

 

Aveva sentito tutto. Aveva visto tutto. Fin dall’inizio.

 

Ecco spiegato tutto. I segreti di sua madre. Quella ghianda al suo collo... perchè volesse sempre tenere la finestra chiusa.

 

Sperava adesso si fosse resa conto quanto, nella sua decisione, nella sua tentata corazzata dalle emozioni, avesse mostrato ancor di più la sua fragilità.

 

Ma ciò che l’aveva più scioccato e turbato era stata l’entrata in scena di quello strano bambino. Oh, se l’avesse raccontato a scuola, l’avrebbero preso in giro fino allo sfinimento... come facevano sempre, d’altro canto.

 

Guardò Jane. I suoi occhi erano fermi a fissare il cielo, in uno sguardo sognante.

 

Sorrise. Anche lei aveva visto ciò che aveva visto lui, di certo. Così estroversa con la famiglia e così timida al di fuori... essere testimone di un evento magico era di sicuro di grande spinta per lei.

 

E James aveva finalmente trovato un’ispirazione per la sua storia.

 

Guardò le stelle, che per una volta l’avevano aiutato... tutte, ma in particolare una, la seconda a destra.

 

Così piccola da lontano... ma da vicino?

 

Non avrebbe più chiuso la finestra.

 

 

 

 

 

 

Lo so che è corto e magari un po’ deludente...

 

Ho riletto il libro di Peter e mi sono accorta che, a parte i nomi e la visita di Peter a Wendy, è tutto molto diverso.

 

Quindi considerate questa ff una diversa versione del libro... ma soprattutto del film, sul quale mi sono basata.

 

Grazie per aver letto la storia! Un bacio specialmente a chi recensisce! (Ginny90, Nemesis, lisachan)...

V.V.B.

 

 

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Capitolo 5
*** Ringraziamenti ***


RINGRAZIAMENTI

RINGRAZIAMENTI

 

 

Non potevo non farveli! Mi avete proprio fatta felice! Grazie a:

 

 

 

Ginny90 – Ginny cara! Hai recensito quasi tutti i chap... con un commento pratico e generoso.... grazie dal profondo del cuore. **

 

 

Nemesis – Non è stato deludente? No? *Io felicissima!*

 

 

Lisachan – ^^ grazie mille... sei stata gentilissima.

 

 

Elbereth – Come può non farmi piacere? Sono lusingata!

 

 

Mia – La tua recensione mi ha fatto drizzare i capelli in testa: sei stata gentilissima! Come posso adesso, per ricambiare, non leggere una tua storia...?

 

 

Ciungo – Grazie mille, davvero! Coincidenza vuole che proprio oggi abbia visto Neverdland (ri-visto, in realtà) e il giudizio è... davvero positivo! Johnny Depp e Kate Winslet (ma anche Freddie Highmore) sono superlativi. Grazie ancora.

 

 

Grazie anche a chi ha letto ma non ha recensito!

Alla prossima...

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