Casa Jaeger

di OndaVerde
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo primo - Il fratello ***
Capitolo 2: *** Capitolo due- Il profumo ***



Capitolo 1
*** Capitolo primo - Il fratello ***


CASA JAEGER

Capitolo primo - IL FRATELLO

Per svariati minuti, nel salotto di casa Jaeger calò il silenzio. Dopo il discorso tenuto da Carla nessuno pareva voler parlare. Grisha Jaeger stava comodamente seduto sul divano a tre posti color crema, e appoggiato con un gomito sul bracciolo, assisteva tranquillamente a quella che prometteva essere una bella lite madre e figlio. Mikasa dal canto suo era rimasta completamente indifferente alle parole della madre, e se ne stava seduta accanto a Grisha, che silenziosamente se la rideva sotto i baffi.

L’unico che pareva essere rimasto interdetto dalla situazione era Eren. E mentre Carla spiegava la situazione, lui sembrava essere molto agitato, finché dopo qualche minuto dalla fine del discorso era esploso. Si era alzato di scatto dal divano dove era seduto accanto a Mikasa, e si era avvicinato fulmineamente a sua madre, spaventandola non poco.

-Eren, caro che ti prende non sei contento? Avrai un fratello maggiore! – disse Carla stentando un sorriso.

 - Mamma! Perché me l’avete tenuto nascosto per tutto questo tempo? – urlò il giovane in preda alla rabbia.

- Eren tesoro, non essere arrabbiato, io e tuo padre non te lo abbiamo detto prima perché avevamo paura di una tua reazione esagerata, e sapevamo che avresti tentato di impedircelo a tutti i costi – disse Carla guardando di tanto in tanto suo marito in cerca di man forte.

- E così me l’avete detto all’ultimo così che io non possa più fare niente per impedirvelo eh! – sputò Eren guardando sua madre con disprezzo.

Era deluso più che altro, credeva che tra loro non ci fossero più bugie, e invece adesso era costretto a convivere con un estraneo per il resto della sua vita senza poter fare niente. Più volte i suoi gli avevano chiesto se avesse voluto un fratello più grande, ma lui aveva sempre rifiutato con sommo dispiacere di Carla, che da sempre aveva desiderato un terzo figlio anche se un po’ più maturo. Ma Carla stavolta ci era riuscita, aveva adottato un ragazzo con o senza il consenso di suo figlio.

Ormai Eren e Mikasa avevano entrambi 17 anni, ma pur avendo la stessa età non erano gemelli, la verità è che Mikasa era stata adottata dalla famiglia Jaeger in seguito ad un incidente, in cui i suoi genitori morirono e fu la sola a salvarsi. I due divennero subito molto affiatati, facevano tutto insieme, e pur essendo coetanei Eren considerava Mikasa come una sorella maggiore, dato che lei era molto matura e molto protettiva nei suoi confronti, anche troppo a detta di lui.

-Eren, non essere egoista, ormai è fatta, arriverà domani mattina e che tu lo voglia o no d’ora in poi vivrà a casa con noi, e sarà tuo fratello! – disse Carla decisa ed entusiasta.

- Ma io ho già Mikasa! – si lamentò Eren.

- Non m’interessa, sarà tuo fratello e basta, e poi Mikasa è una ragazza, e diverso dall’avere un fratello maschio. Sono convinta che andrete d’accordo, Levi è un ragazzo amabilissimo ed è molto educato, e se devo dirlo anche molto carino. Ma ahimè la sua storia non è altrettanto bella come il suo viso. – disse Carla guardando furi dalla finestra con un tono triste.

Quando si girò vide suo figlio che la guardava in attesa. HHA-HHA! Aveva finalmente destato la sua curiosità, adesso forse sarebbe stato meno prevenuto nei confronti del nuovo arrivato. E contenta come una pasqua decise di raccontare la storia di Levi alla sua famiglia, visto cha di lì a poco ne avrebbe fatto parte.

-Bhe per cominciare lui è più grande di voi due, ha 19 anni. Quando ne aveva soltanto otto egli fu strappato brutalmente dalla sua famiglia per motivi sconosciuti. Rimasto da solo fu rinchiuso in un orfanotrofio poverissimo dove i bambini venivano maltrattati e malnutriti, è rimasto lì per 5 anni, finché una famiglia in visita all’orfanotrofio comprese le reali condizioni dei bambini, e fecero chiudere quel posto. Successivamente tutti i bambini furono trasferiti in una casa di cura a Torst, ed è lì che l’ho trovato, intento ad andarsene, ma io l’ho subito fermato e gli ho proposto di venire a vivere con noi, e lui ha inaspettatamente accettato. Sono venuta a conoscenza della sua storia tramite la direttrice della casa, che mi ha detto che Levi è molto restio a raccontarla in giro, infatti per tutto il tempo di permanenza nella casa – 6 anni- è sempre rimasto da solo, a causa del suo carattere introverso, non ha mai avuto amici.  -  racconto Carla ai suoi figli.

- Ah dimenticavo di dirvi che ha origini francesi –

Eren sembrava essersi vistosamente calmato dopo aver ascoltato la storia. Era anche tornato a sedere al fianco di Mikasa.

-Allora che ne pensi Eren? Cercherai di andare d’accordo con lui? – disse Carla a suo figlio speranzosa.

- Cercherò di andarci d’accordo, ma non posso assicurarti niente, e poi non so se riesco a considerarlo un fratello –

- Va bene, va bene, basta che con litighiate e che tu lo faccia sentire a casa – disse Carla continuando – e un'altra cosa Eren, dormirà in camera tua – asserì convinta.

Eren credeva di aver capito male, e guardo sua madre incredulo e in cerca di spiegazioni.

-hai capito bene – disse la donna

- Che cosa!! – urlò Eren – che cavolo stai dicendo madre?! –

- ho detto che dormirà in camera tua-

- non sene parla proprio! – sputò Eren scuotendo la testa e gesticolando furiosamente.

- Eren, non farmi arrabbiare, Levi dormirà in camera tua. Non ci sono altre camere in casa, non può certo dormire con tua sorella! E poi la tua stanza è abbastanza grande per entrambi-  sentenziò Carla, e così dicendo diede le spalle al figlio e s’incamminò in cucina per preparare la cena.

Furioso Eren si precipitò su per le scale diretto in camera sua. Gli abitanti della casa ne ebbero la conferma appena i rumore di porta sbattuta rimbombò per tutta la casa. Grisha ancora divertito dalla piega che aveva preso la situazione, s’incamminò anch’ egli in cucina.

-Caara, cosa c’è per cena- disse alla moglie

-aspetta e vedrai, non essere impaziente- disse lei – credi che le cose con Levi andranno bene? –

- non preoccuparti cara, andranno d’accordo- la tranquillizzo Grisha.

 

Intanto che in cucina i due sposi confabulavano tra loro, Eren in camera sua si era lanciato a faccia in giù nel letto, sprofondando con la faccia nei morbidi cuscini, ed emettendo strani lamenti, che sembravano i versi di qualche animale strambo non ancora catalogato. All’improvviso allungò una mano da sotto il corpo, che fece vagare per un po’ sul comodino alla ricerca di qualcosa. Dopo vari oggetti precipitati rovinosamente in terra, il ragazzo trovò quel che cercava: il suo cellulare. A questo punto alzò il viso quel tanto che gli bastava per guardare lo schermo illuminato del cellulare, e inizio a digitare.

Ad Armin

Non sai cosa sta succedendo qui!! Mia madre ha adottato un altro figlio! Ti rendi conto Armin, è anche più grande di me!

Dopo aver inviato il messaggio posò l’aggeggio di nuovo sul comodino e si rituffò sui cuscini riprendendo a lamentarsi. Dopo vari minuti passati in posizione prona a emettere versi animali, un altro suono si aggiunse a quella già strana sinfonia. Era il cellulare.

Armin: Davvero? Perché sei così arrabbiato? Dai non sarà poi così male, non vedo l’ora di conoscerlo!

Una smorfia di disgusto si disegnò sul suo volto appena lesse il messaggio. Adesso anche il suo migliore amico era in combutta con sua madre.

-Non vedo l’ora di conoscerlo gnè gnè gnè – disse scimmiottando il suo amico.

Veloce rispose ad Armin.

Eren: Adesso ti ci metti pure tu, già mia madre mi ha fatto una testa così! Arriva domani mattina, e dovrà dormire anche in camera mia. Capisci adesso perché sono così arrabbiato?!

Armin: E dai non è mica la fine del mondo, a proposito com’è che si chiama?

Eren: tsk…si chiama “Levi”

Armin: è un nome singolare, non è di qui?

Eren: mia madre dice che è di origine francese…

 

Una voce dall’oltretomba risuonò per tutta la casa. Era sua madre.

-EREN!! La cena è pronta! Scendi –

 E dopo aver congedato Armin, rispose con lo stesso tono.

-Siiii! Arrivo- e scese a rotta di collo le scale, fino ad arrivare in cucina, simile ad un cane affamato. Le sue similitudini con gli animai continuano ad aumentare. Per cena c’era pollo al forno con patate, ma la prospettiva che sua madre avrebbe potuto riaprire il discorso “Levi” quasi lo tentò a fare dietro front e tornare in camera senza mangiare, ma il suo stomaco non era moto d’accordo, e così si costrinse a sedersi a tavola con il resto della famiglia.

-Non ti smentisci mai cara – disse Grisha gustando la cena sorridente.

Carla sorrise dolcemente a suo marito che l’adulava da quando si era seduto in tavola. Ma i suoi occhi scivolarono subito su suo figlio, e il dolce sorriso che aveva dipinto sul non più giovane volto, si era trasformato quasi in un ghigno malefico, creando ai lati delle labbra delle sinistre rughe.

-Allora…Eren, sei pronto per l’arrivo di Levi? – chiese diabolicamente a suo figlio.

La testa di Eren fece un’inquietante scatto di lato per poter guardare accigliato sua madre in volto.

-Mi sembra di stare guardando l’esorcista- butto là Mikasa, trattenendo una debole risatina.

Suo padre invece non si trattenne per niente, e proruppe in una fragorosa risata che fece voltare in sua direzione tutti gli altri. Dopo qualche tempo, finito di scompisciarsi, li guardò con occhi stupiti.

-Perché mi guardate in quel modo? –

- Ma insomma Grisha stai ridendo da 10 minuti buoni! - lo rimproverò Carla.

- ah ehm…scusate – mormorò e tornò tuffarsi con la testa nel piatto.

Eren a quel punto tirò un sospiro di sollievo, credendo che l’interruzione di suo padre, avrebbe fatto cambiare discorso a Carla; non sapeva quanto si sbagliava.

-allora Eren? Ti ho fatto una domanda –   insisté Carla

- No mamma – rispose lui disinteressato

-No cosa Eren? –

- Mi hai chiesto se sono pronto per l’arrivo Levi. No, non lo sono. Contenta? –

- No che non sono contenta, volente o nolente domani mattina andrai con tuo padre a prenderlo alla stazione – impartì severa Carla.

- Ma mamma!! – piagnucolò Eren

- Niente storie ci vai, punto e basta –

- Ma non può andarci Mikasa?! – chiese ancora più lamentoso di prima

-No, Mikasa deve aiutarmi a preparare il pranzo, la domenica mi aiuta sempre. Sei tu quello che non fa mai niente - 

- ma dopodomani inizia la scuola, e domani è l’ultimo giorno in cui posso svegliarmi all’ora di pranzoooo – disse allungando lamentosamente la o.

Ma sua madre si mise le dita nelle orecchie per non sentirlo.

-Mammaaaaa!! – urlò il giovane

-Lalalalalalalalalala non ti sento non ti sento – urlava sua madre con le orecchie accuratamente tappate, sembrava una bambina.

- uffa – bofonchiò Eren

- invece di lamentarti finisci di mangiare e va a lavarti – gli ordinò la donna che fino a poco prima urlava con le mani sulle orecchie.

Sbuffando Eren continuò a mangiare, mormorando il suo dissenso sottovoce, mentre sua madre lo inceneriva con lo sguardo. Nessuno parlava, ma improvvisamente il silenzio fu rotto dallo stridere violento di una sedia sul pavimento; era Eren che alzatosi, ancora infuriato, annunciò senza preamboli che aveva finto che se ne sarebbe andato in camera sua. I resto della famiglia rimase a tavola a conversare amabilmente del più e del meno, finché anche Mikasa, ringraziando sua madre per la cena, si alzò compostamente – al contrario di suo fratello-  e si ritirò anch’essa in camera sua.

A questo punto Carla iniziò a sparecchiare, mentre Grisha si accomodò sul divano accendendo il televisore sul solito canale che trasmetteva documentari.

-tesoro, a che ora arriva Levi domani? – chiese il marito dal salotto

Carla, che stava lavando i piatti chiuse la fontana e si fermò.

-Dovrebbe arrivare verso le 10:00, almeno così mi ha detto miss. Zoe – rispose lei alzando un po’ la voce per farsi sentire dal marito

Miss. Zoe era a direttrice della casa di cura di Torst, e da quello che Carla aveva capito era molto legata a Levi, all’epoca quando il ragazzino era arrivato, lei era ancora un’inserviente, ed era stata l’unica ad interessarsi a ragazzo. Adesso era diventata la direttrice, e desiderava il meglio per Levi, ma proprio per questo all’inizio era stata scettica all’adozione. Ma subito si era ricreduta quando il ragazzo aveva mostrato interesse ad andarsene da lì.

 

La camera di Eren non era proprio il top in fatto di ordine, ma lo era in fatto di disordine. Infatti il pavimento era disseminato di vestiti e oggetti a caso, il letto poi non ne parliamo proprio; era sommerso da cuscini e altri indumenti, e sul comodino accanto al letto c’erano fogli sparsi e accartocciati. Una solitaria sedia vicino al letto, che Eren usava per appoggiare i vestiti una vota tolti, era diventata un ammasso scomposto di tessuto non identificato. Sulla parete destra c’era un’ampia finestra che affacciava sulla strada, e in un angolo una piccola scrivania piena di scartoffie e note, dove vi era comodamente adagiato un laptop nero con un adesivo bianco che raffigurava un paio d’ali. Gli armadi color mogano invece stavano rispettivamente difronte ai due letti. I muri dell’ambiente erano tempestati di poster di tutti i tipi, e c’erano molte mensole piene di libri e fumetti.

Il letto dove avrebbe dovuto dormire Levi era uguale a quello di Eren, con l’unica differenza che si capiva che era un letto. Era affiancato a quello di Eren, e adesso che il ragazzo in questione lo osservò meglio, gli sembravano un po’ troppo vicini e così si alzò dal suo di letto, e spostò l’altro di una ventina di centimetri più distante. Soddisfatto del lavoro iniziò a spogliarsi. Sembrava una scimmia mentre si toglieva i pantaloni saltellando per tutta la camera, iniziando poi ad inveire contro i boxer che gli si erano attorcigliati alle caviglie. Con un calcio supremo li fece volare per la stanza, e senza preoccuparsi di raccattarli si diresse tranquillo in bagno.

Ne uscì poco dopo accompagnato da una densa nuvoletta di vapore. Aveva un asciugamano legato alla bell’è meglio intorno ai fianchi e uno in testa a mò di madonna. Si poteva ben intravedere il suo bel fisico snello e slanciato, dalla carnagione caramellata e con un accenno di muscoli molto sensuale. Non andava in palestra ma gli piaceva tenersi in forma facendo qualche esercizio ogni tanto a casa. Gocce di acqua scivolavano dalle punte dei sui capelli castani, bagnando tutto il pavimento, ma ad Eren non importava minimamente, e si sdraiò sul letto bagnando pure quello. Il leggero rossore che si era formato sulle gote per via dell’acqua calda, creava un meraviglioso contrasto con i suoi occhi verde mare, che adesso le palpebre avevano coperto pigre.

La porta di aprì di scatto. E dei passi che Eren aveva imparato a riconoscere come quelli di sua madre, si avvicinarono al letto. Una mano fredda lo scosse piano riportandolo alla realtà, che quel leggero sonno gli aveva offuscato.

-Eren, quante volte ti ho detto di non addormentarti con i capelli bagnati!? – tuonò sua madre

Non rispose, aspettò solo che sua madre uscisse, per gemere irritato sul cuscino che si era portavo sul viso.

Dopo aver asciugato i capelli, quel tanto che serviva per non prendere un malanno, mise velocemente dei boxer puliti e s’infilò sotto le coperte. Spense la luce e chiuse i suoi bellissimi occhi, che bramavano riposo.

 

 

Ore: 9:15   Cucina di casa Jaeger.

-Papà sta zitto per favore! – si lamento Eren fissando la sua colazione ancora nel piatto.

- Caro, lascialo stare, lo sai che appena sveglio è intrattabile – lo riproverò Carla – Tesoro sbrigati a mangiare o farete tardi – continuò rivolgendo ad Eren un sorriso da mamma e pieno d’amore.

- Mamma la stazione è a soli 10 minuti di macchina – precisò il figlio

-Lo so, ma è meglio arrivare in orario, se Levi arrivasse e non dovesse trovarvi, finirà col perdersi. È pur sempre un ambiente nuovo per lui – disse Carla già preoccupata per il nuovo figlio.

Eren sbuffò come al solito, non valeva la pena mettersi a litigare con sua madre, tanto alla fine vinceva sempre lei. Si mise di buona volontà e ingurgitò malvolentieri la colazione. Di mattina non aveva mai un grande appetito, mangiava solo per compiacere sua madre. Lanciò veloce uno sguardo all’orologio appeso al muro e…cavolo il tempo era volato ed erano già le 9:45, dovevano muoversi.

Corse a prendere il cappotto e il cellulare, e usci di casa insieme a suo padre, che già era entrato in macchina e si apprestava a mettere in moto. L’auto uscì dal vialetto di casa, e imbocco la strada principale sfrecciando tra le altre vetture. Erano in ritardo.

 

Quanto era odiosa la stazione. Pensò Eren. Tutte quelle persone ammassate che aspettano il treno, tutte quelle valige trascinate. Una volta una signora gli aveva camminato con un trolley sui piedi, e non aveva nemmeno potuto protestare perché era molto anziana. Si limitò a forzare un sorriso e a trattenere le male parole. Era troppo affollato per i suoi gusti, e poi puzzava, e pur essendo un luogo non completamente al chiuso, l’aria era viziata. Troppo usata perché si potesse ancora respirare. Eppure, a tutti gli altri sembrava non fregare, troppo occupati a correre qua e là e a trasportare bagagli o ad ascoltare quello che l’altoparlante comunicava a proposito delle corse.

Interruppe il flusso dei suoi pensieri, un sconosciuto che gli starnutì pericolosamente vicino.

-Bleah…schifo.. – borbottò Eren a bassa voce per non farsi sentire.

Ma con tutta probabilità quello lo aveva sentito eccome, visto che si era allontanato rifilandogli un’occhiataccia degna di nota. Beh, meglio così, almeno non avrebbe rischiato di infettarsi.

Qualcuno gli passo talmente vicino che quasi lo fece cadere.

-Pardon – lo sentì dire.

Ad Eren salì l’istinto omicida, e giurò che se qualcun altro l’avesse toccato, avrebbe fatto una bruuuutta fine.

Odiosa stazione.

Torst in arrivo, c’era scritto sulle insegne indicative luminose. E infatti dopo pochi minuti davanti alle facce delle persone in attesa sfilò il treno proveniente da Torst.

TRENO PROVENIENTE DA TORST SU BINARIO 2. RIPETO, TRENO PROVENIENTE SA TORST SU BINARIO 2

Suo padre si diresse velocemente verso le porte del treno che si era appena fermato. Con malcelata svogliatezza Eren lo seguì. Aspettarono entrambi che Levi scendesse dal treno. Per Eren avrebbe potuto essere chiunque; non l ‘aveva mai visto prima, nemmeno in foto. Solo sua padre e sua madre conoscevano il suo volto.

Scese un ragazzino esile e biondo, con un bagaglio che probabilmente pesava più di lui. Potrebbe essere lui? Penso Eren. Naahh, trppo piccolo. Passava in rassegna tutta la gente che varcava la porta di quel treno, e ad uno ad uno li scartava, troppo piccolo, troppo vecchio, troppo ridicolo e così via.

-Troppo alto – ne scartò un altro. Era diventata una cantilena

- Troppo bass- suo padre lo interruppe.

-Eccolo è lui – esclamò suo padre indicando il tizio del troppo basso.

Suo padre gli andò incontro per salutarlo, mentre Eren rimase un po’ indietro a squadrarlo da capo a piedi.

Era basso. Beh, questo si era già capito, aveva un’aria arrogante e presuntuosa, già gli stava sul cazzo. Aveva dei lineamenti troppo affilati e un’aria fredda simile a quella di Mikasa, ad Eren sembrava un ibrido umano-coltello, anche perché i suoi occhi sembravano fatti d’acciaio ed avevano un taglio molto sottile e minaccioso. I capelli erano ossidiana pura, tenuti con la riga in mezzo non proprio centrata, e rasati al di sotto. Per quanto riguarda il suo corpo, Eren non aveva niente da ridire, anche se era basso, non sembrava per niente esile, anzi dava l’aria di essere molto forte. E quel cipiglio severo che aveva sul volto gli facilitava questo pensiero.

Non aveva molti bagagli solo un borsone sulle spalle e una piccola tracolla nera.

Eren si avvicino con circospezione, li sentiva mormorare. Stavano parlando di lui.

-Lui è Eren – disse suo padre indicandolo.

Si guardarono e si studiarono per un po’, poi Levi gli tese una mano che Eren strinse con vigore.

-Io sono Levi – disse guardando eren negli occhi.

- Piacere di conoscerti – disse il castano ricambiando lo sguardo.

- Bene, direi che possiamo ritornare a casa- disse Grisha contento che suo figlio non sesse facendo scenate.

 Per tutto il tragitto verso la vettura Eren camminò da solo sbuffando, visto che quei due non facevano altro che parlottare tra loro. Eppure gli era sembrato che Levi fosse un tipo abbastanza silenzioso. Forse stava solo rispondendo cortesemente alle domande che suo padre gli poneva, infatti la voce di suo padre sovrastava sempre quella intensa e bassa del ragazzo.

Ritornati alla macchina, partirono subito alla vota di casa Jaeger.

 

Quando arrivarono a casa erano le 10:30 passate. Mikasa e Carla stavano aspettando il nuovo arrivato con impazienza, soprattutto Carla. E appena sentirono il rombo del motore che si spense sul vialetto di casa, Carla salto giù dalla sedia per precipitarsi ad aprire la porta. Griha stava per parlare, quando sua moglie lo interruppe scostandolo e sorpassandolo di slancio per andare ad abbracciare e a sbaciucchiare Levi.

Suo figlio ridacchiava sotto i baffi. Un tempo dedicava a lui queste disgustose e smielate attenzioni, adesso sicuramente sua madre le avrebbe rivolte molto di più a Levi, essendo il nuovo arrivato. Si sentì quasi vittorioso dopo aver formulato quel pensiero, e guardò la scena che gli si parava davanti agli occhi soddisfatto. Levi fece fatica a scrollarsela di dosso, e appena ci riuscì era diventato ancora più pallido di quel che era.

Adesso erano tutti seduti in salotto. Levi al centro del divano, Eren e Mikasa ai lati. Grigha si era appropriato della poltrona, e li guardava tutti, soprattutto sua moglie che andava avanti e indietro dalla cucina. Aveva depositato sul tavolino di vetro difronte al divano una quantità spropositata di bibite e stuzzichini. Appena finito finalmente si adagiò su una sedia rubata dal tavolo in cucina, e cominciò a tartassare di domande Levi.

-Allora com’è andato il viaggio – disse rivolta a Levi

-Bene, signora Jaeger – rispose sintetico il ragazzo

-Oh per favore chiamami Carla –

- Certo, Carla – disse il giovane rivolgendosi a lei

- Quel signora Jaeger, mi fa sentire vecchia – disse ridacchiando lei

-Tu sei vecchia mamma – disse ironico Eren.

-Eren sta zitto, devi subito farti riconoscere – lo zitti sua madre.

- Uffa, non posso dire mai niente in questa casa – sentenziò lui sbuffando al pari di un cavallo.

Grigha come suo solito, quando gli si presentavano certe scenette non mancava mai di ridere.

-Levi, devi essere stanco per il viaggio. Eren accompagnalo di sopra e mostragli la camera – disse guardando suo figlio severa.

- Okay, vieni – disse soltanto alzandosi e imboccando la rampa di scale poco distante.

 

I due salirono velocemente le scale e si diressero verso la camera di Eren, che era la seconda a destra. Spalanco la porta ed entrarono entrambi.

-Ecco, questa è la camera. Il tuo letto è quello – disse indicando il letto a sinistra

-Li ci dormo io. Dobbiamo condividerla purtroppo – disse Eren demoralizzato

L’altro non diede cenni di dispiacere, né di altro.

-Non ho problemi – disse semplicemente

E buttato il borsone sul letto ci sedette sopra testandolo, e guardandosi attentamente intorno.

-Green Day? – domandò poco convinto Levi guardando uno dei poster più grandi che tappezzavano il muro.

- Si, qualche problema? – rispose Eren accigliato

- No, nessuno, piacciono anche a me – disse lui, strappando un piccolo sorriso al castano.

Passò ancora qualche minuto, in cui levi si guardò attorno con minuzia.

-Certo che fai proprio schifo – disse levi accorgendosi che il disordine regnava incontrastato.

- Che!? – urlò offeso Eren

-Ho detto, che fai schifo, guarda qua – disse raccattando da sopra il suo letto un paio di boxer sporchi.

Per la cronaca, quei boxer erano gli stessi che la sera prima, Eren aveva fatto volare con il cacio supremo. Li teneva in mano tra ‘indice e il pollice, senza toccarli troppo, e li stava sventolando davanti al viso del castano.

-Oops- fece Eren riacchiappandoli –ecco doverano finiti! – esclamò ridacchiando.

Levi lo guardo facendo una smorfia di disgusto.

-Come pretendi che divida la stanza con te se lanci roba sporca sul mio letto? – disse levi – non t’immagini neppure quanti batteri possibilmente mortali potrebbero esserci in questa stanza! -

- Beh, visto che ti lancio la mia biancheria, dovresti esserne lusingato – disse il castano birichino.

Levi, gli lanciò uno sguardo omicida, che la diceva lunga.

-Va bene, ve bene, starò più attento – si corresse Eren gesticolando.

-Tsk, lo spero – disse il moro con uno sguardo che trasudava morte.

 

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Capitolo 2
*** Capitolo due- Il profumo ***


                                                                                      Capitolo due. 
                                                                                          Il profumo
 







Camera di Eren, poco dopo l’arrivo di Levi.
 
Eren Jaeger era sempre stato un tipo piuttosto disordinato, appunto per questo non riusciva a capacitarsi di starsene gironzolando per la camera, a recuperare ciò che rimaneva del suo naturale caos. Era già da parecchi minuti che se ne stava con la schiena piegata, il naso all’ingiù e gli occhi stretti, cercando di visualizzare tutta la spazzatura che dimorava da tempo la sua camera. Si era deciso ad alleviare quel casino solo quando lo sguardo perforante del moro, che sembrava gli stesse rovesciando addosso tutto il suo disgusto, iniziava a pesargli. Era uno sguardo argenteo, dal clima freddo, ed Eren non faceva fatica ad immaginarsi dei fiocchi di neve cadere in camera sua da un momento all’altro. Se lo sentiva addosso. Lo seguiva nei suoi movimenti e lo avvertiva bruciante sulla schiena; era certo che se si fosse voltato si sarebbe trovato di fronte quegli occhi di ghiaccio. La cosa lo imbarazzava e un po’, ma più di tutto lo infastidiva, che quell’individuo era li da nemmeno un paio d’ore e già stava mettendo sottosopra il suo modo di vivere. Il fatto che qualcuno riuscisse ad intimidirlo nel suo territorio lo mandava quasi in bestia; cercò di ignorarlo più che poteva, però la cosa gli riusciva difficile, e si sa che quando si cerca di ignorare e non pensare a qualcosa questa irrompe prepotente sempre di più contro la nostra volontà, o questo è quello che vogliamo credere. Semplicemente delle volte non sappiamo spiegare perché alcune cose ci tocchino più di altre; quando determinate sensazioni ci colgono impreparati, il più delle volte tentiamo di ignorare, ma tutto quello che cerchiamo di allontanare il più possibile da noi, come se fosse spazzatura, e ciò che forse più desideriamo, ma nel profondo ognuno di noi ne e cosciente, oppure lo sarò presto.
Il più piccolo degli Jeager in quel momento stava esattamente allontanando quella sgradevole sensazione di imbarazzo mista a fastidio, che lo sguardo del più grande gli suscitava. Ma probabilmente non era molto bravo a farlo visto che riusciva solo a combinare pasticci con ciò che stava sistemando, imprecando silenziosamente tra i denti. Aveva anche rischiato una rovinosa caduta sullo spigolo della scrivania inciampando nelle sue stesse scarpe; per fortuna si era aggrappato disperatamente alla sedia che sostava tranquilla li vicino.
A quel punto non aveva potuto far altro che voltarsi nella direzione del corvino, che lo guardava con un sopracciglio alzato. Prese a ridacchiare nervosamente e si voltò a mettere a posto la sedia sotto la scrivania.
 Anche se non gradiva particolarmente tutto quel mettere in ordine, soprattutto perché era stato costretto, doveva ammettere  che la cosa versava anche a suo favore; aveva trovato un numero ragguardevole di oggetti che credeva perduti, nonché tantissime matite e fogli, che avrebbe ancora potuto utilizzare, rimanendone piacevolmente sbalordito. Si ritrovò a pensare che forse avrebbe dovuto farlo più spesso, sua madre glie lo ripeteva di continuo, ma lui non stava mai a sentirla; in realtà ogni tanto ci aveva provato, ma nel giro di pochi giorni tutto era tornato come prima.
Il pavimento era sempre stato costellato di fogli e cartacce, ma Eren si trovava a suo agio in quel caos, riuscendo sempre a trovare quello che cercava, o quasi. Purtroppo per lui era arrivato il momento i raccogliere tutto e di ripulire il pavimento.
 Aveva già le braccia stanche e le mani piene di carte trovate in giro, ma gli mancava ancora metà stanza, e si voltò a guardare minaccioso il corvino,  che era rimasto in piedi a braccia conserte vicino al letto. Era colpa sua se ora si trovava in quella situazione! Sbuffando e controvoglia continuò il lavoro, piegandosi nuovamente per guardare anche sotto i letti; il corvino non accennava a spostarsi, ed Eren dovette ripulire aggirandolo.
Rabbrividì nel momento in cui si rese conto che probabilmente il corvino ancora lo osservava insistentemente. Sentiva uno strano freddo sulla nuca, proprio sulla pelle scoperta del collo, poco sopra l’orlo della maglia. Si tirò su tenendosi possessivamente la mano sul punto incriminato, e come sospettava il moro lo osservava con sufficienza senza dire una parola. Certo che questo qui parla proprio poco. pensò il ragazzo dagli occhi verdi, mentre ricambiava lo sguardo.
E quasi inquietante.
Mentre il castano pensava strane cose e si irritava per quel coinquilino dallo sguardo perforante e glaciale, il soggetto di quei pensieri lo guardava a sua volta un po’ stranito. Dal suo punto di vista stava osservando un ragazzino a dir poco singolare dalle strane e goffe movenze, che tendeva ad irritarsi facilmente. Un po’ lo incuriosiva.
In ogni caso non ci teneva proprio a dormire in quel porcile, aveva seguito per tutto il tempo Eren alle prese con le pulizie, per quanto gli piacesse mettere in ordine e pulire non voleva ficcare il naso nella roba altrui, aspettava impaziente che il più piccolo gli facesse spazio tra tutte quelle cianfrusaglie, poi avrebbe provveduto lui stesso alla pulizia dei suoi spazi.
E mentre lo osservava fare ciò, l’espressione di Eren cambiò improvvisamente. Mutò da infastidita a preoccupata,  e mentre teneva lo sguardo puntato poco distante dai piedi del più grande, nei suoi occhi vi si leggeva anche una punta di spavento; stava guardando un vecchio foglio mezzo spiegazzato, sembrava ci fosse disegnato qualcosa su, ma non si distingueva bene. Il castano però lo riconobbe a prima vista, era un disegno della settimana scorsa, non ne andava fiero, e proprio per questo credeva di averlo buttato.
Si chino repentino, sfiorando con il capo le gambe immobili di Levi, e stava per rialzarsi appena afferrato il foglietto, quando un potente aroma investì le sue narici, bloccandolo per un istante in quella posizione. Aspirò a fondo quel particolare odore, fino a farlo irrompere nei polmoni. Era davvero piacevole, non ne aveva mai sentito uno così prima, ma stranamente non fece fatica a descriverlo: somigliava all’odore delle mele fresche, con un particolare sentore legnoso. Quel momento non durò a lungo, e non appena si riscosse accartocciò veloce quel foglietto mal riposto e si tirò su in tutta fretta. Aveva ancora il naso pieno di quella fragranza così fresca, la sentiva aleggiare nell’aria, come se l’avesse seguito, o meglio, come se tutta l’area intorno a Levi ne fosse pregna. Si chiedeva come aveva fatto a non notare prima un odore talmente buono e insistente; con un leggero stupore in volto si scoprì a far scivolare gli occhi sul collo del corvino. Deve aver messo un qualche tipo di profumo pensò il castano.
“Ohi, che cavolo hai da guardare? Ti sei già stancato? “ la voce del corvino risuonò stizzita, forse irritato dalla pausa che stava facendo
“Da guardare proprio nulla” disse il castano respirando profondamente dal naso e socchiudendo lievemente gli occhi.
“Posso sapere che profumo usi?” chiese inaspettatamente riaprendo lo sguardo su un Levi leggermente stupito da quella domanda.
“Non ne uso” fu la risposta secca.

 
Si scrutarono per qualche minuto, erano vicini, ma nessuno dei due proferì parola. Eren rimase un po’ sorpreso da quelle parole, era convinto si trattasse di un profumo. Bhe alla fine cosa gli importava? Si voltò dando le spalle a levi, continuando a raccattare oggetti sparsi per la camera.
 
La giornata era proseguita in quel modo fino ad ora di pranzo, quando Carla  li invitò entrambi a scendere per mangiare. Come suo solito Eren si precipito giù per le scale, mentre Levi scese composto e senza fare rumori molesti, a differenza dell’irruento castano. Gli altri membri della famiglia erano già riuniti al tavolo, tranne Carla che ancora trafficava in cucina con i piatti.
“Eren tesoro, aiutami a portare i piatti!” urlò sua madre dalla cucina.
Non lo faceva spesso, di solito era Mikasa ad aiutarla in certe cose, ma quel giorno era già seduta al tavolo, e Carla non aveva voluto scomodarla, inoltre era un buon momento per far fare qualcosa  a quello scansafatiche di suo figlio.  Eren però non mancò di lamentarsi come al solito, e con le guance gonfie di diresse in cucina trascinando i piedi; intanto Levi prendeva posto a tavola.
Grisha come sempre di buon umore sedeva a capotavola, ogni tanto si voltava verso la cucina in attesa, o giochicchiava con le posate;
Alla destra del capofamiglia sedeva Mikasa, la schiena perfettamente dritta e la sciarpa ad avvolgerle morbidamente il collo, stava scrutando attentamente Levi, che ancora non aveva deciso dove sedersi. Sembrava che stesse cercando di capire quali fossero i posti abituali degli altri due componenti che trafficavano in cucina, ma improvvisamente dovette decidere che non era cosa importante e fece per sedersi accanto alla corvina; ma non fece in tempo, poiché un uragano castano si infilo tra lui e la sedia, rischiando di rovesciare i due piatti che portava in mano.
“ Questo è il mio posto” dichiarò Eren sedendosi
“Oh Eren, non essere così scrupoloso, che problema c’è se Levi si siede al tuo posto?”  gli sussurrò gentile Carla mentre prendeva posto nel posto vuoto alla sinistra di Grisha. Levi la seguì a ruota, prendendo posto accanto a lei, di fronte al castano.
La posizione permise ai due di studiarsi con lo sguardo, da quando levi era arrivato, si erano più guardati che parlati. I grandi occhi verdi di Eren indugiavano interessati in quello sguardo metallico, freddo, ma anch’ esso macchiato di curiosità.
“Levi caro, hai già iniziato a disfare i bagagli?” – chiese Carla gentilmente
Alla domanda il corvino sollevò lo sguardo verso la donna e si fermò per un attimo di mangiare
“No, veramente no” – disse un po’ divertito, trasferendo lo sguardo dalla donna ai capelli del castano che quasi aveva il capo sepolto nel piatto
Quello sguardo perforante sul suo capo fu stranamente avvertito dal castano che fulmineamente lo alzò per guardarlo a sua volta.
“Io ed Eren stiamo ancora lavorando sugli spazi da condividere” – affermò Levi, spostando lo sguardo dal castano a Carla
Eran lo guardò sbalordito; sapeva che stava alludendo al suo disordine.
“Oh Eren tesoro spero che la tua camera non sia così in disordine da non permettere a levi di sistemarsi! “– disse carla, come se avesse appena letto nel pensiero di suo figlio.
Al diretto interessato quasi cadde la forchetta nel piatto. Aveva espressamente detto a sua madre che non doveva mettere mano in camera sua, che se ne sarebbe occupato lui, dopotutto era camera sua. Però le cose gli erano sfuggite di mano, era da un po’ che non metteva in ordine, e di certo non l’avrebbe fatto per l’arrivo di quello sconosciuto. Si era convinto a farlo solo perché quello sguardo accusatore addosso gli metteva i brividi. Da quello che aveva capito, il corvino non cambiava molto spesso la sua espressione, e non sorrideva molto, ma il suo sguardo era particolarmente espressivo e profondo, quasi tagliente. Eren si soffermò a guardarlo di nuovo, non sembrava avercela con lui per il disagio che c’era nella camera in cui avrebbe dovuto dormire, ma sembrava stranamente sereno. Ed in quel momento gli tornarono in mente le parole di sua madre, e di tutto quello con cui il corvino aveva dovuto fare i conti. Forse avrebbe dovuto davvero provare a farlo sentire parte della famiglia. E con questi strani pensieri per la mente il castano ritorno con la testa nel piatto borbottando verso sua madre che si sbagliava.
 
Camera di Eren  ore 16:22
Secondo Eren la stanza andava bene così, aveva ordinato tutto quello che poteva, e il corvino avrebbe dovuto accontentarsi, aveva altro da fare che pulire. L’indomani cominciava la scuola, non avrebbe più avuto tutto quel tempo libero, e voleva approfittarne per fare qualcosa di piacevole, qualcosa che piacesse a lui e che lo facesse rilassare. Nessuno l’avrebbe mai detto, se non la sua famiglia o gli amici stretti, ma a Eren ogni tanto piaceva allontanarsi dal mondo, starsene per conto suo, gli piaceva camminare e stare all’aperto, pensare ed osservare. Un'altra cosa che nessuno avrebbe mai detto di lui era la sua passione per il disegno. Anche per questo si era convinto a pulire camera sua, era praticamente da settimane che non trovava più i suoi pennelli preferiti, con tutto quel caos erano finito sotto kili di fogli e gingilli.
E Levi finalmente si era deciso a disfare i bagagli, ci armeggiava da dopo pranzo, e visto che non aveva molta roba non gli ci volle molto per trovare un posto per tutto. Chiuso il borsone, lo spinse sotto il letto e si stese con le braccia sotto la testa. Lo sguardo gli finì sul soffitto, e si soffermò sul quel verde che ricopriva delicatamente le pareti della camera, non gli dispiaceva; si chiese se fosse stato il castano a sceglierlo, dopotutto  il verde era un colore rilassante. Forse non si sarebbe trovato male.
Il suo flusso di pensieri venne interrotto dal castano, che spalancò la finestra e si sedette sul davanzale, poggiò la testa sul marmo e si mise a contemplare gli alberi all’esterno. Il suo volto trasudava serenità; da quando lo aveva visto era la prima volta che lo vedeva con un viso così rilassato, appariva come un ragazzo irruento e pieno di energia, eppure ora era tranquillo e rilassato, e soprattutto molto silenzioso. Se non fosse stato per il vento che giocava a far svolazzare i suoi capelli poteva passare tranquillamente per una statua, pensò il corvino.
Fuori si ammassavano già i colori del crepuscolo, gli oggetti e gli alberi proiettavano strane ombre, l’atmosfera era soffusa e immobile, e ancora una volta l’unico a scuoterla era il vento. Le nuvole incombevano dense e macchiate di un vivace color pesca. Ad Eren ricordavano un po’ i salmoni, e non potè che immaginarne un grosso branco saltare e nuotare in quel mare di nuvole. Un  lampo di genio gli attraversò il cervello: voleva disegnarli.
L’idea gli piacque subito, e passò l’ora seguente immerso in fogli e matite, quasi non fece più caso a Levi, che dal canto suo ne rimase sorpreso, ma non lo disturbò. Aveva già da un po’ finito di sistemare tutta la sua roba e pulito tutti i suoi spazi , e adesso era disteso svogliatamente sul letto. Guardò in silenzio quel ragazzino seduto alla scrivania, la mano destra che impugnava una matita scura, si muoveva veloce e sicura sul foglio. Sembrava talmente assorto, come se in quel momento esistesse solo lui e quel disegno; bhe, ognuno ha i suoi hobby e le sue passioni, pensò. Anche lui da qualche anno a questa parte si era appassionato all’esercizio fisico, lo praticava regolarmente quasi tutti i giorni, facendo dei semplici esercizi. Gli piaceva tenersi in forma; tra le sue poche cose infatti figuravano anche un paio di pesi.
 Quei pensieri gli ricordarono che oggi non li aveva ancora fatti , di solito li faceva di mattina appena sveglio, ma quel giorno il viaggio era stata la sua priorità. E visto che non si sentiva particolarmente stanco decise che avrebbe potuto farli in quel momento, non c’era motivo di rompere la sua routine.
 
 Mezz’ora più tardi..
Dopo un buon quarto d’ora che si allenava iniziò ad avere caldo, e quel ragazzino sembrava davvero essere finito in un altro mondo, non l’aveva nemmeno degnato di uno sguardo. Quindi ne approfittò per liberarsi di quella maglietta fradicia che gli si era appiccicata addosso, non poteva più sopportarla, era rivoltante. Visibilmente sollevato, si apprestò a chiudere la finestra mezza aperta, non era il caso, sudato com’era di esporsi a quella corrente di vento che filtrava nella camera. L’anta fece un pò di rumore nel chiudersi, e in quel momento destato dal quel suono il castano si voltò.
“Levi?”
Il corvino si girò verso di lui, notò che aveva gli occhi spalancati, come se avesse visto un fantasma
“Mmh” disse soltanto
“Ehm..che stavi facendo?” chiese il castano con gli occhi fissi sul corvino, sembrava si stesse sforzando di non scendere oltre il collo
“ Niente, chiudevo la finestra” disse levi, notando l’altro chiaramente in imbarazzo.
“ E dovevi spogliarti per farlo?” chiese di nuovo Eren leggermente accigliato, alludendo al fatto che non avesse la maglia
E non ce la fece a tenere buoni gli occhi, che curiosi scorrevano adesso sulla pelle nuda di Levi. Era piuttosto pallida, ma non per questo brutta, anzi, quel contrasto che si creava con il color pece dei capelli gli donava un aria misteriosa e accattivante. Dal collo correvano goccioline di sudore che andavano ad insecolarsi tra i pettorali, fino a disperdersi tra gli addominali, e  infine farsi risucchiare dalla stoffa della tuta che gli fasciava morbida le gambe. Tutte quelle minuscole goccioline che imperlavano la sua pelle candida, lo rendevano stranamente brillante. Improvvisamente si sentì la gola secca, e ingoiò rumorosamente quel poco di saliva che gli era rimasta in bocca. Si costrinse a distogliere lo sguardo, per posarlo sul suo viso; sperò che la sua curiosità mista ad imbarazzo non fosse così evidente. Levi aveva davvero un bel corpo, cavolo.
Se levi lo notò non lo diede a vedere
“Stavo facendo i miei esercizi, e faceva caldo. Tu piuttosto, eri talmente concentrato che non te ne sei nemmeno accorto” gli disse avvicinandosi a lui e alla scrivania
“ Pesci?” domandò scrutando il foglio ora alle spalle del castano
“Salmoni” precisò Eren ancora seduto, guardandolo dal basso
E dovette nascondersi dal ridere a quella situazione, di solito era il corvino a guardare dal basso lui. Si portò una mano alla bocca per coprirsi, ma gli occhi divertiti seguivano ancora Levi e questo lo tradì
“ Che cazzo hai da ridere?” domando quello infastidito, aveva capito che si stava facendo beffe di lui. Sfacciato.
Seren si tolse la mano dalla bocca, scoprendo uno strano sorriso.
“Che problema c’è, non posso ridere?” domandò sarcastico, guardandolo fisso.
“Dannato moccioso”
“Come mi hai chiamato?” chiese Eren stranamente calmo, ma una scintilla di rabbia aveva preso a brillare nel suo sguardo.
“Perché? Vorresti dire che non è così?”
“Certo, non sono un moccioso, e tra l’altro tra me e te ci sono solo due anni di differenza!” disse alzandosi in piedi difronte al più grande, sovrastandolo di ben 10 centimetri, quasi come se volesse enfatizzare le sue parole.
Fece un passo in avanti, avvicinandosi di più al corpo scoperto dell’altro; pochi centimetri li dividevano, e nessuno dei due osava distogliere lo sguardo dall’altro. Era argento liquido che colava in un bosco fresco, e una nuvoletta calda di sfida iniziava a levarsi intorno ai due
“Non sono mica gli anni a fare i mocciosi” disse il corvino con un ombra di sorriso sulle labbra.
Eren non rispose, ma non spostò il suo corpo ne i suoi occhi da Levi.
“ E non hai ancora risposto alla mia domanda” disse avvicinandosi ancora di più al castano  che era immobile “ Ti faccio ridere?”
Ed eccolo di nuovo, ancora più prepotente se possibile, quello strano profumo di mele che l’aveva sconvolto solo poche ore prima. Si mescolava all’odore del sudore, creando un tono più cupo e sensuale.
“Nemmeno a fare gli stronzi” rispose beffardo
E senza accorgersene aveva dilatato le narici, respirando più profondamente
“Tsk” rispose stizzito il corvino voltandosi, e chiudendosi la porta del bagno alle spalle
Appena Levi fu uscito dalla stanza, il più piccolo corse a spalancare la finestra.
 
Casa jaeger ore 8:35, salotto
La cena proseguiva tranquilla, tra domande di Carla, corte risposte di Levi, e occhiatacce di Eren ad entrambi, il tutto rigorosamente contornato da risatine sotto i baffi di Grisha.
Il castano finì per primo di mangiare, proprio come ci si aspettava da uno che mangia come un animale selvatico, ed educatamente, come Carla gli aveva insegnato, o meglio, urlato per tutta una vita, riportò il suo piatto e le posate in cucina. Non fece in tempo a ritornare in salotto, che si ritrovò lì anche il corvino.
"Dove lo sistemo?" si rivolse al castano reggendo il suo piatto in mano
" Butta nel lavandino" rispose Eren un po' seccato, poggiandosi sul bordo del piano cottura.
Il corvino poggiò il piatto dove gli era stato indicato, facendo attenzione a non farlo cozzare con le altre stoviglie e si voltò verso il castano, scoprendolo ad annusare l’aria.
“E’ da stamattina che mi fiuti come un cane da caccia, sei inquietante” gli disse poggiandosi a sua volta sul lavello di fianco a lui.
Il castano colto in flagrante non seppe cosa dire, si portò una mano sul naso come a volerselo tappare. Si girò di soppiatto a guardare Levi, che lo osservava interrogativo. Dopo qualche secondo in cui Eren lo studiò e non trovò tracce di rabbia si decise a parlare.
“Hai uno strano odore” rispose sintetico e imbarazzato.
Un po’ seccato da quelle parole, corvino si voltò a guardare l’altro negli occhi.
“Moccioso, stai per caso osando dire che puzzo?” disse guardandosi il petto e poi Eren.
“ Nono, non è que-“ non riuscì nemmeno a concludere la frase, che la porta della cucina si spalancò rumorosamente. Sua madre si precipitò in cucina con poca delicatezza, lasciò anche lei i piatti nel lavandino e prese entrambi i ragazzi per le spalle, frapponendosi tra loro
" Ho deciso, facciamo un gioco!" disse in preda all'esaltazione
Suo figlio, che la conosceva ormai da quando era nato, intuì che la donna non avrebbe ricevuto un no come risposta, e sospirò rassegnato. Lanciò uno sguardo a Levi, ma il suo volto non mostrava ombra di  emozioni, si limitò ad annuire.
Così deciso, i resti della tavola furono sgomberati, e il tavolo in men che non si dica si riempì di scatole e scatolette.
" Tempo fa giocavamo spesso, ma appena Eren è cresciuto non ha più voluto giocare con noi, temo che stia iniziando a detestarci, sai, è in quella fase"  si rivolse  Carla a Levi quasi sussurrando
" Mamma guarda che ti sento, in che fase sarei io?!"
" Oh Eren in quella fase, lo sai" si limitò a dire sventolando la mano come per allontanare il discorso.
" No, non lo so" disse il castano puntando quel verde foresta in quel castano di sua madre.
" Tesoro, tutti gli adolescenti ci passano prima o poi, sei in quella fase in cui stai capendo chi sei,  e sei in preda agli ormoni, soprattutto tu che sei un maschietto" disse lei gentile e scoccando un occhiolino comprensivo a suo figlio
" Mamma!" scattò Eren in preda all'imbarazzo.
" Non c'è bisogno di imbarazzarsi Eren, è naturale" intervenne Grisha sorridendo e posandogli gentilmente la mano sulla  testa castana, scompigliandogli un po' i capelli.
Eren sbuffò abbassando lo sguardo, per poi portarlo curioso in quello del corvino, sorprendendosi di trovarlo già su di sé. Non seppe descriverlo; i suoi occhi erano freddi, e da quando era arrivato era difficile vederli animati di qualsivoglia emozione, e a parte qualche raro sorriso che rivolgeva a sua madre, anche le sue labbra rimanevano invariate.
Intanto che i loro sguardi rimanevano fusi, una strana sensazione colpi Eren alla bocca dello stomaco, non aveva voglia di giocare, e vedeva lo stesso nelle iridi dell'altro.
Non disse nulla, ma dopo la prima partita a *******, persa di proposito si alzò dalla sedia.
" Mamma direi che possiamo concluderla qui, io domani ho scuola, e Levi sarà stanco per il viaggio, abbiamo bisogno di riposare entrambi" disse fissando il tavolo e poco dopo sua madre, che rimase un po' perplessa. Era strano che suo figlio volesse andare a letto così presto di sua spontanea volontà, anche se lo sapeva bene che sarebbe rimasto sveglio fino a tardi in camera sua. Un pensiero la sfiorò, forse voleva stare da solo con Levi, conoscerlo meglio, dopotutto avevano la stessa età, potevano capirsi meglio di quanto poteva fare lei
" Forse hai ragione, vorrà dire che continueremo un altro giorno!" disse iniziando a rimettere a posto pedine e tabellone.
" Ma Eren… non fate troppo tardi mi raccomando"
Suo figlio la guardò sicuro, annuendo.
 

 

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