DARK DAYS

di Neverland98
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1. Tramonto ***
Capitolo 3: *** 2.Egoista ***
Capitolo 4: *** 4. Speranza ***
Capitolo 5: *** 5. Cuore ***
Capitolo 6: *** 6.Dolore ***
Capitolo 7: *** 7. Ordinario ***
Capitolo 8: *** 8.Rientro ***
Capitolo 9: *** 9.PERDITA ***
Capitolo 10: *** 10. Possibilità ***
Capitolo 11: *** 11. Sangue ***
Capitolo 12: *** 12.Errore ***
Capitolo 13: *** 13. Racconto ***
Capitolo 14: *** 14. Rivelazioni (Parte I) ***
Capitolo 15: *** 15.Rivelazioni (PARTE II) ***
Capitolo 16: *** 16. Colpo ***
Capitolo 17: *** 17. Il Prezzo ***
Capitolo 18: *** 18.Confessione ***
Capitolo 19: *** 19. Soffrire ***
Capitolo 20: *** 20. Corsa ***
Capitolo 21: *** 21. Fuga ***
Capitolo 22: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


-Sì, finalmente ce l'ho fatta! Ho trovato!-
Collins balzò in piedi brandendo il libro e meritandosi una sincera occhiataccia da tutti gli altri ospiti della biblioteca.
-Oh, scusate- disse a bassa voce, e tornò a sedersi.
Non era riuscito a resistere, proprio non ce l'aveva fatta. Ma è quello che succede quando si trova qualcosa di introvabile, qualcosa che si cerca da tutta la vita. -Finalmente...- ripetè più piano, portando il libro al petto e stringendolo, quasi come in un abbraccio.
Dietro quella copertina sporca, in mezzo a quelle pagine ingiallite e scarabocchiate da quelli che Collins definiva “giovinastri”, c'era la soluzione a tutti i suoi problemi.
Aveva impiegato anni, aveva sprecato tutta la sua vita, e per la prima volta era convinto di non averlo fatto invano.
Buon Dio, era così felice che avrebbe volentieri pianto.
Esisteva un modo per spezzare la maledizione. Lo sapeva, l'aveva sempre saputo!
John, pensò, ho mantenuto la mia promessa. Adesso tua figlia sarà salva.
Ma prima c'era qualcos'altro che doveva fare.
Usci di corsa dalla biblioteca, ormai erano quasi le sette di sera, e pioveva a catinelle. Tuoni e fulmini squarciavano il cielo, proprio come uno di quei film dell'orrore che vedeva sempre sua nipote Lianne.
Tentò di ripararsi alla meglio con l'impermeabile, ma era inutile. L'acqua gli penetrava fin dentro le ossa, e l'unica sua priorità era salvare il libro. Accellerò il passo, facendo molta attenzione al traffico che nelle giornate di pioggia era particolarmente incontrollabile e pericoloso. Una coda infinita di macchine di tutti i tipi occupava la strada tra i marciapiedi, e l'unico sottofondo oltre la pioggia incessante era il suono irritato dei clacson delle auto. Di pedoni, ce n'erano pochissimi. Collins cercò di costeggiare i palazzi, in modo di trovare rifugio sui balconi, ma anche lì la situazione non era un granchè diversa. Come poteva constatare, infatti, c'era un vento fortissimo che inclinava la pioggia rendendola obliqua, quasi orizzontale. Accidenti, quel tempaccio non era assolutamente normale per una serata di fine agosto. Strinse i denti e si ripetè ancora una volta che doveva essere forte, che raggiungere il ragazzo era tutto ciò che contava. Anche se probabilmente a quell'ora Arden era rintanato a casa della figlia di John, come sempre da un anno a quella parte. Stupidi ragazzini, non riescono mai a distinguere le cose serie dalle sciocchezze.
Berciando qualche insulto al loro indirizzo, Collins attraversò malamente la strada, meritandoti un paio di “ehi! Guarda dove vai” e altrettante suonate di clacson. Ma non se ne curò. Se solo quella banda di egoisti avesse saputo il motivo per cui era così importante che lui portasse in salvo il libro, non l'avrebbero insultato come stavano facendo.
E in ogni caso non erano i primi. Aveva incontrato per tutta la vita persone che lo insultavano e che lo deridevano, persone per le quali non era mai abbastanza, persone che sembravano essere nate per disprezzare qualunque cosa fosse capitata davanti a loro. E poi c'era stata lei, il suo unico amore. Margaretha.
E ovviamente il suo migliore amico, John, quello per cui aveva stava compiendo tutti i sacrifici.
Peccato che alla fine John e Margaretha avessero deciso di sposarsi e di avere una figlia, Cecilia.
No, non importava affatto. E perchè avrebbe dovuto, poi? Collins non aveva mai rivelato a Margaretha o a John i propri sentimenti, quindi non poteva aspettarsi niente. E poi, proprio perchè voleva bene a entrambi, desiderava che fossero felici. Riguardo alla loro petulante figlioletta aveva dovuto ricredersi.
Cecilia Waldorn era stata una spian nel fianco fin dal primo momento in cui l'aveva vista, in cui si era seduta con aria strafottente all'ultimo banco e aveva continuato a rispondere male e a non studiare la matematica. Quando Collins ne aveva saputo il cognome, aveva subito immaginato che potesse essere la figlia famosa di John, ma quando aveva avuto modo di approfondire il suo carattere, si era detto che era impossibile, che la figlia di John e Margaretha non poteva essere l'ochetta che aveva davanti.
Solo in seguito, al primo incontro con i genitori, aveva avuto la conferma ai suoi dubbi. Era stato un piacere e uno shock al tempo stesso rivedere Margaretha dopo anni, ma non era stupito che lei non si fosse fatta più vedere. L'abbandono del marito amatissimo l'aveva distrutta e a quanto dicevano i loro amici in comune, aveva deciso di tagliare tutti i ponti e dedicarsi solo e unicamente alla figlioletta.
In ogno caso, dubitava che Cecilia fosse stata al corrente del rapporto tra lui e i suoi genitori finchè non gliel'aveva detto lui, nel sogno.
Che ragazzina patetica, pensò. Certo, era molto cambiata durante il suo “coma”, ma non si poteva dire che fosse diventata “più matura”.
Al massimo “meno infantile”.
Era viziata, la piccola di casa Waldorn. Lo era eccome. Ma non c'era da biasimare Margaretha per questo. Lei era sempre stata una
ragazza fragile, tutta la sua vita ruotava intorno a John, che invece era estroverso, solare; il suo opposto, praticamente. Di certo doveva essersi sentita in colpa per non aver dato un padre a sua figlia, e come molte madri nella stessa situazione, tendeva a viziarla, a darle tutto ciò che voleva, a non rimproverarla mai. Persino quando lui le aveva riferito i pessimi voti, Margaretha si era limitata a una scrollata di spalle e a scuotere il capo, senza dire niente. Margaretha era una donna che aveva sofferto tanto, senza mai averlo meritato.
A volte Collins si chiedeva come sarebbe stata la vita di entrambi se si fossero sposati, e ogni volta giungeva alla conclusione che sarebbe stata migliore. Non avrebbero sofferto, entrambi, quanto avevano sofferto per John (anche se per motivi diversi, visto che Margaretha era ancora convinta che il marito l'avesse lasciata per un'altra donna), e forse avrebbero avuto una figlia più saggia e intelligente. Non che ci volesse molto a superare Cecilia, da questo punto di vista.
Sospirò, mentre gocce di pioggia forti e spesse come grandine gli si abbattevano in faccia, annebbiandogli la vista. Cercò disperatamente di orientarsi, magari grazie alle insegne dei bar e dei negozi di quella zona, e alla fine si rese conto di essere quasi arrivato. Camminò ancora un altro po', e con una fatica incredibile, finchè non si trovò davanti alla casa di Margaretha e Cecilia, situata in un quartiere pieno di giardini e aiuole fiorite, pullulante di casette tutte uguali tra loro, e accanto alla quale c'era la casa di Arden. O meglio, la casa che aveva regalato ad Arden.
Non era stato facile convincere il vecchio inquilino a sloggiare, infatti c'erano voluti un bel po' di soldi, ma alla fine aveva rinunciato a fare storie e domande, e aveva tolto il disturbo. Del resto era importantissimo che Arden rimanesse accanto a Cecilia. Anche per questo, dopo che Cecilia si era risvegliata dal sonno, Collins era tornato indietro negli ultimi minuti, prima che lo scenario si distruggesse, per donare all'ormai cadavere di Arden qualche goccia della Pozione della Vita e farlo tornare in sé. Erano riusciti a tornare nel mondo reale appena in tempo prima di rimanere risucchiati nel Nulla Assoluto.
Si fermò qualche minuto a scrutare da sotto la pioggia se ci fosse qualcuno in casa di Arden, ma era vuota e le luci erano spente, il chè voleva dire che ci aveva visto giusto: era da Cecilia. Accidenti, iniziava a sospettare che Arden si stesse innamorando davvero di quella principessina viziata.
“Il cuore è un muscolo involontario” ripeteva continuamente durante le sue lezioni di anatomia, e i suoi alunni non avevano idea di quanta verità si nascondesse dietro quelle parole.
Però se Arden si fosse innamorato di Cecilia sarebbe stato un problema molto grave. Non sarebbe stato lucido, non avrebbe potuto manipolarla al momento opportuno, come diceva il loro accordo. Questa sì che era una bella gatta da pelare.
Comunque, ci avrebbe pensato più tardi.
Adesso era solo felice per aver trovato il libro.
Si guardò un ultima volta alle spalle e decise di tornare indietro. Avrebbe parlato con Arden più tardi.

La pioggia stava diminuendo, e ormai non c'era più alcuna fretta.




Muhahahahahha
Allora? Siete sorprese? SCONVOLTE? Non vedo l'ora di saperlo :D

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Capitolo 2
*** 1. Tramonto ***


Allora, ritengo giusto informarvi che questo capitolo è un po' HOT, diciamo così. Se avete notato, infatti, tra gli avvertimenti ci sono "Lime" e "Lemon", il chè vuol dire che questa storia è un po' più forte della precedente (eheh!).
Comuunque, se la descrizione vi sembra troppo forte (non lo è, secondo me, però non si sa mai), me lo dite così magari cancello e rimetto il capitolo migliorato, d'accordo?
Un bacio e buona lettura!
 
1. TRAMONTO
 

I remember every sunset
I remember every word you said
We were never gonna say goodbye
-Simple Plan



Voglio tingermi i capelli.
Di un colore strano, particolare. Sono stanca di vederli sempre così biondi, anche se adesso sono cresciuti parecchio. Il fatto è che non mi piacciono più. Li voglio diversi, perchè anch'io sono diversa. Non credo che sarà facile convincere mamma, ma alla fine credo proprio che cederà. Del resto da quando mi sono risvegliata dal “coma” si è fatta in quattro per accontentare ogni mio desiderio. Mi studio davanti allo specchio. E' passato un anno da quando è successo. E' passato un anno, e la mia vita è cambiata radicalmente.
Innanzitutto sono stata bocciata, quindi adesso mi trovo un anno indietro (che palle!) ma per fortuna ho ancora Kerr e tutti i miei amici a sostenermi. Poi perchè Arden è qui con me.
Vive nella casa accanto, ma non ci sta quasi mai; la maggior parte del suo tempo lo passa nella mia stanza. Però sono curiosa. Voglio dire, non mi ha mai invitata a casa sua.
Sul serio.
Non che ci tenga chissà quanto, però, cioè... Non lo so, c'è qualcosa che non torna. Mi chiedo cosa si nasconda nella “casa accanto” (questo sì che sarebbe un buon titolo per un film horror), ma ogni volta che cerco di portare la conversazione sull'argomento, Arden taglia corto e mi fa qualche domanda o qualche commento che sviano il discorso. Lì per lì non me ne accorgo, perchè sono così felice di averlo con me che non mi interessa neanche più di tanto casa sua. Però poi la notte, quando non dormo, guardo il panorama fuori dalla finestra e penso ad Arden, al bosco e infine alla sua casetta misteriosa. Ma forse sono solo io ad essere paranoica. Però che volete? Succede di diventare paranoiche quando si fa un viaggetto nei propri sogni e, grazie al proprio professore di matematica, si scopre di discendere da una famiglia con una maledizione perenne. Insomma, credo che diventare “paranoica” sia il minimo.
A proposito di Collins, comunque, se c'è una nota positiva è che non lo vedo più. Visto che mi hanno bocciata, ho cambiato tutti i professori e questo, devo dire, non è un male. Però ogni tanto lo incrocio per i corridoi, e lui si limita solo a un veloce gesto del capo in segno di saluto. Io non faccio niente. So che dovrei essergli grata perchè mi ha aiutato ad uscire dal sogno, e mi ha dato il libro e tutto il resto. Lo so, ma non ci riesco.
Forse è solo l'abitudine. Voglio dire, lo odio da così tanto tempo, ormai, che vado quasi in automatico. Il mio cervello vede la sua faccia e la classifica come “antipatica”. Ma so che c'è dell'altro. Ma non mi chiedete cosa, non ne ho idea.
Eh, credo proprio che sia il caso di farmi vedere da un pravo psicologo.
Sapete che mamma me l'aveva consigliato? Be', in realtà erano stati i medici. Pare che quando si esce da un coma, bisognerebbe farsi vedere da degli psicologi per appurare la presenza di eventuali traumi o shock, ma io mi sono rifiutata categoricamente. Cioè, non mi va di partecipare ad una di quelle sedute in stile “alcolisti anonimi”; tutti in cerchio, con la psicologa sempre sorridente che ad uno ad uno ci chiede se vogliamo parlare. Poi uno si alza e dice “ciao, mi chiamo Derp”, e tutti gli altri rispondono in coro “ciao, Derp”. Insomma, non era cosa mia.
E poi non credo di avere dei traumi così gravi da aver bisogno di quel tipo di sedute. In fondo il mio non è stato un vero e proprio coma. Io ero vigile, ho vissuto, ho sofferto. Ho amato.
Ah, Arden.
Toc. Toc.
Qualcuno bussa alla porta del bagno, e so anche chi sia. A quest'ora mamma è a lavoro, quindi dovrei essere sola in casa.
-Avanti-
-Buon pomeriggio- entra Arden sorridente. No, non stupitevi se è entrato in casa come se niente fosse. Ha le chiavi.
E, incredibile ma vero, è stata mia madre ad affidargliele. Quando, infatti, Arden ha iniziato a passare molto tempo a casa, prima di poter ricevere il permesso di stare da solo con me nella mia stanza, ha dovuto superare una specie di “test” che consisteva nell'aiutarmi a studiare (e devo dire che mi ha stupito la preparazione scolastica di Arden. Non credevo che nel suo universo, che a quanto pare era privo di negozi di alcun genere, fosse invece pieno di università prestigiose. Che universo orribile!) davanti agli occhi vigili della padrona di casa, nel cenare con noi dopo aver recitato la preghiera e nel disquisire con mia madre sull'importanza dello studio e dei valori di una ragazza. Uno in particolare: la verginità, anche se mia madre non l'ha mai detto apertamente. Comunque, dopo che Arden ha superato l'esame a pieni voti, è diventato praticamente uno di famiglia e alle volte ho il sospetto che mamma si fidi più di lui che di me. Del resto ormai dice continuamente che “avevamo proprio bisogno di un uomo in casa!”.
Povera mamma. In fondo se ha messo Arden alla graticola l'ha fatto perchè in genere è quello che fanno i padri, e nel mio caso è toccato a lei. Chissà magari aveva osservato quando era successo lo stesso con suo padre e suo marito, cioè mio padre. Già, a proposito. E' tutto cambiato da quando ho scoperto che non mi ha abbandonato. Mi sono sentita in colpa per averlo odiato per tutti quegli anni, mi sono sentita un mostro; mentre lui stava solo cercando di proteggermi. Si può essere così stupidi?
E poi devo confessare che una parte di me spera ancora che lui sia vivo, o che per lo meno si possa trovare un rimedio a questa cavolo di maledizione. Non voglio ritornare nel mio sogno tra vent'anni. Non voglio fare come mio padre, non vorrei mai abbandonare Arden e la mia famiglia per non rivederli mai più. E' questo pensiero che ha preso il posto degli incubi, che mi impedisce di dormire la notte.
-Buon pomeriggio- ricambio il sorriso. Arden indossa un paio di jeans e una t-shirt a mezze maniche rossa. Mi si avvicina alle spalle e mi stringe a sé, circondandomi con le braccia e intrecciando le mani tra loro. Posa il mento sulla mia spalla. E' molto più alto di me, quindi è un po' curvo. Rimaniamo per un po' di tempo a fissare i nostri riflessi allo specchio di fronte a noi. Dopo un po' Arden mi bacia sulla guancia e scivola sul collo; io ridacchio, perchè mi fa il solletico. Poi mi fa girare delicatamente verso di sé e mi bacia.
-Andiamo al mare, ti va?- mi domanda dopo essersi separato.
-Certo- io adoro il mare, e queste sono le ultime giornate estive, quindi è meglio non sprecarle. Siamo fortunati a vivere in una città sulla costa.-Dammi solo il tempo di mettermi il costume-
-Okay, fai pure- sorride malizioso, senza accennare ad andarsene. Ricordo i nostri primi incontri. Anche Arden è molto cambiato, da allora. Cioè, non poi così tanto. In fondo è sempre lo stesso ragazzo premuroso e protettivo di sempre, è ancora lo stesso che crede in me e sacrificherebbe sé stesso, ma riguardo a quel suo pudore così sexy, vi assicuro che non c'è più alcuna traccia.
-Sei un idiota!- rido-Vedi di sparire dalla mia vista!-
-Come vuoi- ride anche lui.-Sarà per un'altra volta-
-Contaci-
-Vado a mettermi il costume e ti vengo a prendere. A dopo, sentirò la tua mancanza- dice con fare melodrammatico, schioccandomi un ultimo bacio prima di andarsene ridacchiando.
-Anch'io, mio Romeo!- gli urlo fingendomi affranta. Dopo che ho sentito la porta d'ingresso chiudersi, corro in camera mia ad indossare il costume.
Prima di uscire dal bagno, però, lancio un ultimo sguardo allo specchio.
Sì, voglio proprio tingermi i capelli.
Quando, a inizio luglio, io e Kerr siamo andate al mercato a fare razzie di costumi da bagno, ne abbiamo trovati di tutti i tipi. In particolare ce n'era uno che mi ha fatto impazzire. Era dalle varie sfumature di viola, con il pezzo di sopra a fascia ma con le forme delle coppe. Insomma, l'ho amato immediatamente. E quindi l'ho comprato, insieme ad un altro paio di bikni arancione e verde acqua.
Il mio preferito, però, resta sempre quello viola, nonché quello che indosso in questo momento, sotto il prendisole a fiori.
Mi sistemo gli occhiali da sole, prendo la borsa con le creme solari e un telo da mare, ed esco di casa. Arden è già fuori che mi aspetta, puntualissimo come al solito.
-Andiamo?- mi domanda; io annuisco. Arden indossa la stessa maglietta di prima, ma al posto dei jeans ha il costume nero a forma di boxer. Gli occhi azzurri sono coperti da occhiali da sole scurissimi. Mi fa segno di entrare in macchina. Lungo il tragitto cantiamo a squarciagola le canzoni del suo CD dei Muse, con i finestrini abbassati e la gente che ci guarda male. Noi ce ne accorgiamo e scoppiamo a ridere.
Arden lascia la macchina nel parcheggio poco distante dalla spiaggia, e il breve resto del tragitto lo facciamo a piedi, mano nella mano.
Quando arriviamo in spiaggia sistemiamo velocemente le borse e gli asciugamani, ci togliamo io il pareo e lui la maglietta, e ci lanciamo in acqua.
Il tramonto sul mare è uno spettacolo mozzafiato. Il cielo è tinto di mille colori, e in questi ultimi giorni d'agosto la spiaggia è quasi deserta, quindi in acqua ci siamo praticamente soltanto noi.
Arden mi schizza e io rabbrividisco, urlo e lo schizzo a mia volta, per poi sprofonare in mare tra le risate.
E' stato un po' difficile, per me, tornare a fare il bagno nel mare, dopo quello che era successo nel lago. Ogni volta che qualcuno mi schizzava, o che anche per poco rimanevo sott'acqua riemergevo agitatissima, così per un po' sono stata costretta a stare alla larga dal mio adorato mare.
Ma Arden come al solito ha creduto in me. Mi è stato vicino, mi ha aiutato, mi ha incoraggiato, e alla fine ho sconfitto la mia paura.
Proprio come il mio lato oscuro.
Trascorriamo tutto il pomeriggio così, a nuotare sott'acqua e a raccogliere le conchiglie; a prendere il sole; a fare castelli di sabbia come i bambini e a baciarci. E' tutto così perfetto, ma ogni volta che guardo Arden penso a quanto poco io sappia di lui. Voglio dire, come ha fatto ad adeguarsi alla nostra società così in fretta? Come ha fatto ad imparare a guidare, a conoscere il mare e tutto il resto?
E mi dà fastidio avere tutti questi dubbi, perchè mi impedisce di godermi come vorrei il tempo che trascorriamo insieme.
Però una volta, in un film, ho sentito dire che “le omissioni sono tradimenti”, e con tutte le omissioni di Arden, vuol dire che come minimo sta cercando di uccidermi. E' un pensiero che fa ridere. O almeno dovrebbe. Cavolo, perchè non mi fa ridere?
-Ehi, a cosa stai pensando?- Arden, sdraiato sul suo telo vicino al mio, si issa sulle braccia per salire sopra di me. Vedo i suoi muscoli contratti per lo sforzo e imperlati dalla salsedine. Mi sento prendere da quella sensazione che per la prima volta ho provato quando ero con lui nel sogno. Desiderio.
Ad un tratto tutti i dubbi, tutte le incertezze scompaiono. Lui è qui, e va bene così. E' tutto ciò che mi serve sapere. Potremmo essere felici, lo saremo davvero. Non permetterò a me stessa di rovinare tutto.
Gli accarezzo i capelli umidi con una mano e poi spingo la sua testa verso la mia, alla ricerca di un bacio affamato. Lui ricambia, e le sue braccia quasi cedono. Deve stare scomodo. Lo ribalto delicatamente sul suo telo (o meglio, si lascia ribaltare) e mi sdraio sopra di lui, il collo teso per non separarsi dalle sue labbra che ormai mi sono familiari come le mie.
Con una mano mi accarezza la pancia scoperta, e io rabbrividisco. Gli circondo il collo con le braccia, come in un abbraccio strettissimo. Mi piace la sensazione dei nostri corpi attaccati, mi piace da matti.
Ricordo quando Arden diceva che era sbagliato, quando mi ha procurato le scarpe e io l'ho baciato, e lui mi ha chiesto di evitare. Ricordo ogni singolo momento passato insieme, ogni singola volta che mi ha salvato la vita, che ha creduto in me. I ricordi mi accendono, trasformano il mio sangue in fuoco. Come ho potuto dubitare così di lui?
I suoi baci diventano sempre meno casti, mi ribalta e ritorna sopra di me. Le sue labbra mi scivolano sul collo e la sua mano mi si posa sul seno. Il mio corpo è in combustione, ho paura di bruciare Arden con un solo tocco.
All'inizio allontano distrattamente la sua mano, perchè la mia parte di brava ragazza ha la meglio su quella un po' meno brava, ma poi lascio perdere e permetto che la sua mano vada dove voglia.
Mi accarezza distrattamente le gambe, e le sue mani gelide mi fanno impazzire. Comincia a fare dei movimenti in avanti e indietro con il bacino, mimando l'atto di farmi sua, e in questo momento è proprio quello che vorrei. Ma non posso; no, non posso. Ho solo diciassette anni, con Kerr avevamo deciso che prima dei diciotto non si sarebbe fatto niente. Sì, ma Arden è diverso. Arden non è un ragazzo comune, lui non sta con me solo per portarmi a letto. Voglio dire, ha quasi rischiato di morire per me. E' morto, per me. Mi sembra un po' eccessivo sacrificarsi in questo modo per una ragazza, solo per portarsela a letto. Mi sollevo ancora di più per non permettere che le nostre labbra si separino neanche per un secondo. La mano che Arden mi aveva posato sul seno scivola lungo la pancia e si infila nel pezzo di sotto del costume. Mi lascio sfuggire un gemito, quando sento le sue dita a contatto con il mio organo più sensibile. Vorrei che continuasse per sempre, ma alla fine la mia razionalità alla meglio e mi spinge ad allontanare delicatamente Arden da me. Lui cade sul suo asciugamano, sorridendo e ansimando come me.
-Cavolo...- dico, cercando di riprendere fiato.
-Già- Arden sta sorridendo, le pupille dilatate e il sorriso stampato in faccia. Ha l'affanno e si lascia andare con la testa sul telo da mare e chiudendo gli occhi. Quando sorride ha le fossette.
Io lo imito e mi stendo a mia volta.
Appena chiudo gli occhi, però mi addormento.

 

Allora, che ne pensate? E' troppo? Vi prego, fatemi sapere la vostra opinione, perchè non vorrei rischiare di esagerare e farvi smettere di leggere la storia; io scrivo per voi, sappiatelo! :)
P.S. ringrazio tutte le meravigliose autrici delle precedenti recensioni che ho letto sogghignando e commuovendomi (sigh!)
Un bacio grande grande (:

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Capitolo 3
*** 2.Egoista ***


1. EGOISTA

 

Sulla prima pagina della nostra storia
il futuro sembrava così brillante
Rhianna (Love the way you lie- Part II)

 


-Cecilia, svegliati- Arden mi tocca una spalla. Apro pigramente gli occhi e riconosco la spiaggia e il cielo buio.-Che ore sono?- scatto a sedere, allarmata. Se faccio tardi anche stasera mamma mi decapita.
-Sono le dieci e mezzo- mi informa Arden, tranquillo. Fissa il mare limpido davanti a sé. La spiaggia è vuota, ma la luna piena dà al tutto un'aria decisamente romantica. Mi torna in mente il nostro pomeriggio. All'improvviso desidero di nuovo baciare Arden e tornare a sentire il suo corpo moversi attaccato al mio. Lo osservo attentamente mentre si alza, sbatte la t-shirt per far cadere la sabbia, e la indossa. Ha delle labbra bellissime: carnose, morbide. Da baciare. Sto per saltargli addosso, ma mi dico che non è il momento, che sono già in ritardissimo. Mia madre non vuole che rimaniamo in spiaggia fino a tardi, soprattutto a fine estate che le spiagge sono vuote, e visto che tornerò a casa in costume non avrò nemmeno una buona scusa. Vorrei che capisse che io con Arden sono al sicuro sempre e comunque. Vorrei raccontarle di quella volta che mi ha riportato in vita dalla morte, di quella volta che mi ha fatto da scudo contro i corvi, vorrei raccontarle di tutte le cose meravigliose che Arden ha fatto per me, ma non posso. E mi dispiace, perchè tutti dovrebbero sapere quanto è speciale il mio ragazzo.
Mi accorgo di essermi imbambolata a guardarlo, probabilmente con un sorriso idiota stampato in faccia. Ma che volete, sarà il sonno. In effetti Arden deve avermi stancato parecchio, perchè oggi è la prima volta che ho dormito – ma dormito veramente – dopo mesi. Del resto non è facile addormentarsi con il pensiero che tra vent'anni dovrò ritornare nel mio incubo e lasciare per sempre la mia famiglia. E Arden. Come si fa? Devo assolutamente riuscire a trovare un rimedio alla maledizione, se mi metto di impegno sicuramente ci riuscirò.
Una voce nella mia testa mi ricorda che anche Collins e mio padre per anni l'hanno cercato senza fortuna. Be', mi dico, forse non hanno cercato bene... Sì, dev'essere così.
O forse una soluzione non esiste.
No, deve esistere. Esiste, lo so.
E' la mia unica speranza, e a volte abbiamo bisogno di credere alle illusioni per andare avanti.
-Cecilia sei ancora così?- mi richiama Arden, con un sorriso divertito stampato in faccia.
-Come?-
-Andiamo, dài. E' già la terza volta in una settimana che torni a casa tardi- mi allunga una mano per aiutarmi a
sollevarmi dall'asciugamano.

-Ma che ragazzo responsabile- commento sarcastica, accettando l'aiuto e mettendomi in piedi.
Arden ridacchia, raccogliendo il mio asciugamano e sbattendolo. Tira una brezza fresca, ma si sta bene anche in costume da bagno.
-Anche. Ma soprattutto non voglio che qualcuno venga messo in punizione-
-Non succederà- lo tranqillizzo infilandomi il prendisole-Mia madre ti adora. Non permetterà mai che io smetta di frequentarti-
-Già, in effetti ammetto di avere un certo ascendente su di lei- intreccia le sue dita alle mie e ci dirigiamo verso il parcheggio. La strada è quasi vuota, fatta eccezione per qualche comitiva e un paio di coppiette, e le macchine. Le macchine non mancano mai.
-Eh, sì. Ma sai che ancora ricordo il giorno che ti sei presentato a casa mia, un anno fa, per accompagnarmi al ballo-
-Certo- sorride, malinconico.
-E' stato fantastico- proseguo nella mia narrazione. Le immagini mi scorrono davanti agli occhi come un film.-Io... credevo di averti perso per sempre-
-Ma non è così. Lia, io sono qua con te e non me ne andrò mai più- mi circonda le spalle con un braccio e mi attira a sé.
Mi sento così bene, mi sento così al mio posto in questo momento.
-Ti amo- dico in un soffio.
Nonostante tutto è qualcosa che ci diciamo raramente, perchè è scontato per noi. Dicono che bisogna dimostrare le cose con i fatti, e non con i le parole. Niente di più vero.
Era da tanto che non gli dicevo che lo amo. Avevo dimenticato l'effetto che fa.
-Anch'io- mi risponde, e mi apre lo sportello per farmi entrare in macchina.
Fa il giro e si siede al posto di guida. Mette in moto e partiamo.
Guardo fuori dal finestrino il cielo buio e i palazzi illuminati. Riecco che tornano i dubbi e le paure. Vorrei non separarmi mai da Arden, perchè qando sono con lui non c'è niente che non potrei affrontare. Anche se ci sono tante cose di cui vorrei parlargli, tanti dubbi che vorrei chiarire. Ma ho paura, questa è la verità. So che prima o poi dovrò affrontarlo, se non voglio perderlo. Ma sarà il più tardi possibile.
-Lia...- Arden pronuncia esitante il mio nome, gli occhi incollati sulla strada. Non mi piace quando è così serio, ho un brutto presentimento.
-Sì?- mi giro verso di lui.
-Io ti amo. Lo sai questo, vero?-
-Certo- non capisco.-Perchè?-
-Così- taglia corto, per poi tornare il ragazzo spensierato di sempre. A me però le sue parole continuano a ronzarmi in testa. “Lo sai che ti amo”. Dovrebbe essere una frase dolce, ma a me sembra quasi come una giustificazione. Come delle scuse. E perchè Arden dovrebbe scusarsi con me? Che cosa mi ha fatto? Che cosa mi sta facendo?
-Sicuro?- azzardo, ma non so nemmeno io se voglio sentire la verità.
-Mmm- annuisce distratto.
Rimaniamo in silenzio per tutto il resto del tragitto. Non saprei di che parlare, e sinceramente mi sono appena accorta di avere una paura incredibile della verità e di quello che potrei scoprire. Sbaglierò pure, ma preferisco vivere in una bugia. Perchè anche se è una bugia, è l'unica cosa che mi permette di non impazzire mentre aspetto quel momento tra vent'anni. E poi, soprattutto, perchè amo più della mia vita Arden, e se lo perdessi sarebbe la fine.
Quando arriviamo a casa mia (che alla fine è attaccata alla sua), parcheggia davanti al mio giardino.
-Ci vediamo domani mattina- lo saluto, avvicinandomi a lui per dargli un ultimo bacio.
-Aspetta...- mi trattiene, dopo che le nostre labbra si sono separate.
-Che c'è?-
-Volevo parlarti di una cosa importante- esita, mordendosi il labbro.
Il cuore mi martella nel petto. No, vorrei dirgli, qualsiasi cosa sia non mi interessa. Va tutto bene così com'è.
-Dimmi...- dico invece, come una stupida.
-Io... Vedi, quando sono tornato...-
-Sì...?- se proprio deve dire quello che ha da dire, lo facesse in fretta. Un colpo rapido, indolore. Come lo strappo della ceretta. No, aspettate, quello fa male. Tanto.
-Be', ecco, io non...-
-Ragazzi? Che ci fate ancora lì?- mia madre si avvicina alla macchina, che giustamente aveva i finestrini abbassati, e interrompe la nostra conversazione.
Mi sento sollevata, ma una parte di me è curiosa di sapere quello che Arden stava per dirmi.
-Niente, ci scusi, signorina. Abbiamo fatto tardi, è stata colpa mia. Ci siamo addormentati in spiaggia- le spiega educatamente Arden.
A qualunque genitore questa sembrerebbe una scusa patetica e ovvia per coprire il fatto di aver fatto sesso o di essere andati in qualche pub a drogarci, ma se è Arden a dirla a mia madre, allora non ci sono problemi. Che poi non le stiamo nemmeno mentendo.
-Certo, non c'è problema. Però, Cecilia, potresti anche avvisare! Ti ho chiamato una decina di volte, mi stavo preoccupando...-
Cavolo, il cellulare! Quando sono con Arden mi dimentico proprio di tutto.
-Sì, scusa mamma. E' che... non ho sentito la suoneria!- ammetto, abbassando lo sguardo.
-Ma brava! Cosa te l'ho comprato a fare un cellulare? Andiamo a casa, avanti. Dobbiamo fare un bel discorsetto io e te. Buonanotte, Arden- mi volta le spalle e si dirige verso la porta di casa.
-Buonanotte, signorina-
-Allora?- mi volto di scatto verso Arden.-Che mi dovevi dire?- non so nemmeno io perchè sono così masochista.
-No, niente di che. Solo ribadirti quanto sei bella e quanto ti amo-
-Ah-
-E ora vai a casa, siamo già in ritardo. A domani-
-A domani-
Scendo dalla macchina e attraverso il giardino. Sono arrabbiata con Arden. E' ovvio che mi ha appena detto la più grossa balla che abbia mai sentito. Cavolo, se non fosse stato per mamma che ci ha interrotti...
O forse è meglio così? Dio, non so prendere un decisione!
L'aria è fresca e il cielo è l'impido. Si sente il cantare dei grilli e delle cicale, e un delicato odore di erba fresca. Nessuna traccia di corvi.
In effetti non ne ho visto uno per tutto l'anno. All'inizio mi sono detta che tutto sommato era una fortuna, ma poi ho iniziato a pensare che potesse esserci sotto qualcosa. Adesso ne sono convinta.
-Eccomi, mamma- chiudo la porta d'ingresso.
-Cecilia Waldorn- mi si para davanti nell'ingresso, le braccia incrociate e un'espressione truce in viso. Ci risiamo. Speriamo che anche lei faccia in fretta, perchè non mi va di sentirmi ripetere la solita storia di “che razza di figlia irresponsabile sono”.
-Okay, mamma. Scusa, d'accordo? Non lo farò più, lo prometto- recito tutto d'un fiato, muovendomi poi verso le scale che portano al piano di sopra.
-Credi che sia così semplice?- domanda a bassa voce, e vi giuro: mi sarei spaventata di meno se avesse urlato. Mia madre è diversa dalle altre mamme; quando lei si arrabbia per cose come un brutto voto o roba del genere, urla sempre, e non esagero quando dico che potrebbe farti sanguinare i timpani. Quando invece è arrabbiata – ma arrabbiata sul serio – parla a voce bassissima, come un sussurro. Ed è quello che sta facendo adesso.
-Come?-
-Credi che sia stato così semplice, Cecilia?- la sua voce è piatta, senza alcuna emozione. Le vado incontro, ma non so cosa rispondere. Non so di cosa stia parlando.
-Credi che sia stato, non so, una passeggiata? Uno scherzo da niente?-
-Cosa, mamma, cosa?-
-Vederti morire!- urla, questa volta. Ma un urlo così forte e inaspettato che mi toglie il fiato e mi fa sobbalzare. Rimango paralizzata, oltre che per il tono, anche per le parole.
Guardarmi morire.
Non abbiamo mai parlato apertamente del mio coma e di tutto il resto. Si può dire che a parte le varie riabilitazioni e le terapie di gruppo, abbiamo quasi finto che non fosse mai successo. Abbiamo cercato di andare avanti, e io non mi sono mai soffermata a chiedermi come debba essere stato per mia madre, la donna che mi ha messo al mondo, guardarmi immobile in un letto d'ospedale, con la mia vita appesa a un filo. Perchè non me ne sono mai resa conto?
-Mi dispiace...- provo, ma lei mi blocca, gli occhi lucidi.-No, scusa. Sono io che ho esagerato- fa un respiro profondo e mi guarda negli occhi.-Però, ti prego, cerca di capirmi. Quando ti chiamo al cellulare, rispondi. Non fare tardi. Dopo che per la decima volta che provavo a telefonarti è partita di nuovo la segreteria telefonica, ho temuto che... Ho temuto che ti fossi sentita male, o che...- non riesce nemmeno a parlare. Sono un'egoista, ecco la verità. E non dovrei piangere come sto facendo, perchè non è giusto, non ne ho il diritto. Ho preso sottogamba questa cosa del coma, perchè per me non è stato davvero un coma, quindi continuo a non rendermi pienamente conto di come sia stato per gli altri, per le persone che mi volevano bene. Mi sono sempre sentita sola, e soltanto adesso mi rendo conto che non lo sono mai stata.
-Scusami- dico in un soffio, e poi faccio una cosa che non faccio da quando ero bambina. Abbraccio mia madre. Ma non di quegli abbracci che si danno così, senza accorgersene. No, questo è uno di quegli abbracci caldi, di quegli abbracci speciali che esistono solo tra madre e figlia.
-Scusami anche tu- mi dice con il volto affondato tra i miei capelli umidi e le braccia strettissime intorno al mio corpo.
-Ti voglio bene- le dico, con voce rotta.
-Anch'io, tesoro-
Rimaniamo così, in silenzio, a sentire i nostri cuori che battono insieme, all'unisono. Perchè un tempo siamo state parte di uno stesso corpo. Un tempo io ero parte di lei, e lei sarà per sempre parte di me. Non importa quanto mi faccia arrabbiare, quanto sia rompipalle certe volte. Lei ci sarà sempre, e mi vorrà bene a prescindere. E' una cosa speciale, che troppo spesso sottovalutiamo.
Mi ero persino dimenticata l'odore di miele dei suoi capelli neri. Mi rilassa. Mamma mi ha raccontato che quando ero appena nata e non riuscivo a dormire, lei mi teneva stretta al suo petto finchè non mi tranquillizzavo. Le foto dimostrano che aveva i capelli lunghissimi, allora, e lei stessa mi ha detto che usava lo shampoo che usa anche adesso. Quindi io respiravo quell'odore e mi addormentavo. Così, anche adesso, a diciassette anni, il profumo di miele dei capelli di mia madre mi fa addormentare.
-Andiamo a cenare, ti va?- mi domanda dopo un po', dopo essersi separata appena appena.
Annuisco.-Vado a farmi la doccia- la informo, e corro in bagno.
A proposito di docce, per fortuna a casa ne abbiamo due! Sì, perchè in quell'altra, quella della melma, non sono più riuscita a mettere piede. Ci ho provato, ma ogni volta che sentivo lo scarico gorgogliare, mi irrigidivo e schizzavo fuori. Anche se la melma, di fatto, non l'ho mai più vista.
Sapete che fare la doccia di sera è bellissimo? Sul serio, è rilassante.
Esco rapidamente e poi mangio carne e patate al forno con mamma, ridendo e scherzando più del solito. Dopo cena ci sistemiamo sul divano per guardare un bel film comico alla TV, e poi vado a letto. E' stata una delle serate più belle della mia vita, nonostante la sua semplicità. Se non fosse per l'ombra di Arden che ogni tanto ritornava all'assalto insieme ai dubbi e alle paure.
Appena sono sotto le coperte, infatti, l'ultimo pensiero che mi accompagna prima di addormentarmi, sono gli occhi di ghiaccio di Arden.

Non sta succedendo di nuovo, non può. Devono passare altri vent'anni! Be', diciannove per la precisione, ma in ogni caso ne è passato solo uno! Sul serio...
Eppure sono in un sogno, e sono in uno di quei sogni, perchè il paesaggio e ben definito e, indovinate un po', è un bosco.
Cavolo, cavolo, cavolo.
Però c'è qualcosa di strano.
Di molto strano.
In genere il cielo era sempre limpido; be', non proprio azzurro, ma piuttosto biancastro comunque. Insomma si vedeva bene. Adesso invece è nero, nero come la melma.
Nero come i corvi.
No, no, no.
Cerco di alzarmi, di muovermi, di correre, di fare qualsiasi cosa, ma non ci riesco.
Inizio a piangere, sento le lacrime calde che mi rigano le guance, ma so anche che non mi servirà a niente. -Aiuto!- strillo fino a farmi male la gola, ma niente. Non c'è nessuno qui, e io lo so benissimo. Ma gridare aiuto mi fa stare un po' meglio.
-Aiuto, vi prego! Qualcuno mi aiuti!-
Niente, ovviamente.
-Arden!!- lo imploro.-Arden, ti prego-
Non riesco a vedere niente. Vorrei solo morire.
Guardo verso l'alto, e qualcosa inizia a muoversi, liberando uno squarcio di cielo azzurrissimo. Azzurrissimo? Perchè è azzurrissimo? Dovrebbe essere bianco!
Ma così è molto più bello, mi piace. Mi comunica tranquillità.
Che bello, improvvisamente non ho più paura. Improvvisamente sento che andrà tutto bene e che potrei rimanere qui,
così, per sempre.

Ovviamente finchè qualcosa non inizia a piovere dall'alto. La nube nerissima che copriva il cielo.
Non era una nube.
Sì, esatto.
Erano corvi.
E man mano che il cielo si libera, si rischiara, cadono al suolo. Però non mi attaccano, né volano. Semplicemente cadono, in silenzio, senza gracchiare. Sono morti. E il cielo è azzurro. E io sono felice.
Mi sveglio.



Allora, allora, allora... Rieccoci qui... Che ne pensate? Vi sta deludendo? Qualcosa non vi piace?? Non avete che da dirmelo ^^

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Capitolo 4
*** 4. Speranza ***


4.SPERANZA

 

La priorità della mia vita
è donarti tutto quello che ho.
Perchè so che adesso
tu sei la mia unica speranza.
-Mandy Moore (Only Hope)


Sono accaldata e ho la tachicardia, ma sto bene. Cioè, in genere quando mi risvegliavo ero terrorizzata, sconvolta... Adesso invece mi sento quasi felice. Non so perchè, ma i corvi che cadevano, il cielo azzurro, tutto quello che ho visto mi comunicava un'armonia incredibile. Che strano. Devo parlarne con Arden. Lo so che sono solo le tre del mattino, ma è una cosa davvero importante. E se avesse a che fare con la maledizione o roba del genere? Se fossi vicina alla soluzione? Non importa che ore siano, Arden capirà.
Afferro il cellulare dal comodino e compongo il numero che so a memoria. Altra curiosità, come avrà fatto Arden a scoprire i cellulari e il loro funzionamento? Boh.
-Pronto?- mi risponde una voce assonnata.-Cecilia, che è successo? C'è qualche problema?-
-No, no. Cioè, forse. Non lo so. Ma credo che non sia proprio un problema...- parlo a bassa voce per non svegliare mia madre. Le nostre camere da letto sono comunicanti.
-Okay, Lia, fai un bel respiro e calmati. A parole tue, dimmi cos' è successo.-
-Ho fatto un sogno- inizio, emozionata.
-Di nuovo? Davvero? Uno di quei sogni? Ma come? E' impossibile, è...- mi chiedo come mai tutta quest'ansia. Dovrei pensare che è perchè ci tiene a me, perchè ha paura che io possa andarmene del previsto. Dovrei pensare questo, ma allora perchè non è così? Perchè sospetto che ci sia qualcos'altro? Faccio schifo. Dopo tutto quello che Arden ha fatto per me, ho ancora il coraggio di dubitare di lui.
-Ehi, fai un bel respiro e calmati- lo prendo in giro con le sue stesse parole.-Non era uno di quei sogni. O meglio, il modo in cui vedevo e percepivo le cose era lo stesso, ma non era un incubo.-
-Che intendi dire?-
-Nel senso che non avevo paura, anzi! E' stato bellissimo. Mi sentivo tranquilla, serena... Quasi quasi è stato il sogno più bello di tutta la mia vita-
-Il sogno più bello della tua vita...- ripete a bassa voce.
-Già-
-Hai qualche idea di cosa significa? Non potresti esserti confusa, e magari era solo uno dei soliti sogni ma che tu hai scambiato per uno di quelli?- adesso la sua voce è più calma e razionale.
-No, non lo so proprio. Però sono certa che sia uno di quelli. Arden, io non ho mai più sognato da quando sono tornata!-
-Giusto, me n'ero dimenticato.- fa una pausa riflessiva.-Che intendi fare, adesso?-
-Non lo so, in realtà è per questo che ti ho chiamato-
-Ah, e io che pensavo che volessi sentire solo la mia bellissima voce-
-Quello è stato il motivo principale- rido.
-Mi fa piacere. Ma tornando seri, l'unica cosa che potrei suggerirti è di parlare col tuo professore di matematica...-
-Ex professore di matematica! E poi non se ne parla proprio, non voglio parlare con Collins!- è difficile mantenere la voce bassa, visto che vorrei mettermi a urlare. Come può Arden anche solo propormi una cosa del genere?
-Cecilia, lo so che ti sta antipatico, ma è l'unica persona di cui ti puoi fidare-
-L'unica?-
-Be', a parte me ovviamente. Solo che lui potrebbe darti una spiegazione più precisa sul significato del tuo sogno. E' molto più esperto di me, lo sai.-
-No, non lo so- sbotto all'improvviso. Tutti i dubbi, tutte le domande dell'ultimo anno esplodono e mi escono di bocca prima che abbia il tempo di ripensarci, prima che abbia il tempo di accorgermene.-Non so niente di te, Arden. Ma è veramente questo il tuo nome?-
-Lia, che stai dicendo?-
E' davvero così sorpreso? Mi credeva una stupida, pensava che non avrei mai dubitato di lui?
-Dico solo la verità.- addolcisco il tono di voce. Mi viene da piangere.-Io non ti conosco, non come tu conosci me. Tu sai tutto di come sono fatta, delle mie speranze, delle mie paure. Io invece non so niente. Come faccio a credere che Collins sappia più cose di te sui miei sogni? Cavolo, Arden, tu vieni da uno di quei sogno. Non dovresti essere tu l'esperto? Chi ti ha creato, cosa sei?-
Silenzio.
-Arden... Ti prego, dì qualcosa- ormai sto piangendo a dirotto, ho la voce spezzata.
-Cecilia...-
-Dimmi almeno se mi ami, dimmelo ancora una volta. E ti prego, sii sincero...-
Altro silenzio.
Lo sapevo, non mi ama davvero. La consapevolezza è una sensazione dolorosa e lenta, che striscia e si fa largo tra le speranze, distruggendole al solo contatto. E distruggendo anche il cuore.
-Cecilia...-
Solo il mio nome sa dire?
-Ti odio!- sputo alla cornetta.
-No, Cecilia... Aspetta. Io ti amo, ti amo davvero. Te lo giuro.-
-Bugiardo! Perchè dovrei crederti?- adesso non mi importa più di svegliare mia madre o tutto il vicinato. Non me ne importa niente.
-Perchè ti ho salvato la vita- dice piano-Perchè lo rifarei ancora-
Come faccio? Come faccio a rimanere arrabbiata con lui, a fingere di odiarlo, se lo amo più della mia vita?
-Non dirmi bugie...- lo imploro con un filo di voce e le lacrime che mi rigano le guance.
-Non lo sto facendo. Cecilia, ti amo. Ti ho amato dal primo momento che ti ho vista, in quel bosco, e ti amerò per sempre. Hai ragione, ci sono tante cose che non sai di me, ma non le so neanch'io. Non so niente, Lia. Non so come sono arrivato qui, non so perchè, non so da dove vengo o dove sono diretto. Non so quante stelle ci sono nell'Universo, non so qual è il mio gusto di gelato preferito, né so quale sia la radice quadrata di due, però una cosa la so. So che sto bene, Lia, solo quando sei con me. So che non ti lascerò mai e che se adesso uno stormo di corvi si abbattesse su di te, io ti farei da scudo.-
Quando smette di parlare, sto ancora piangendo, ma non più di rabbia. Sto piangendo di felicità.
-Ti amo- è tutto ciò che riesco a dire.
-Anch'io, Lia. Vedi di dormire, ora. Domani penseremo a cosa fare- sussurra dolcemente.
-D'accordo-
-Buonanotte-
-'Notte-
Chiudo la chiamata e mi infilo sotto le coperte. Senza nemmeno troppa fatica, mi addormento.
Non sogno nient'altro finchè la luce del sole che passa attraverso i vetri della finestra non diventa fastidiosa e mi costringe a svegliarmi.
Mi stiracchio e guardo il cellulare: sono le dieci e c'è il solito messaggio di buon giorno di Arden. Rispondo immediatamente e poi mi alzo, stiracchiandomi.
Quando scendo al piano di sotto trovo mia madre seduta al tavolo della cucina. Sta sorseggiando una tazza di caffè e leggendo una rivista. E' incredibile quanto sia bella, e quanto poco le assomigli. Appena mi vede sorride.-Ben svegliata, tesoro. Dormito bene?-
Mi siedo al tavolo e sorseggio il cappuccino che mi ha preparato. -Sì, grazie. E tu?-
-Anche. Mi è sembrato di sentire un po' di rumore, stanotte. E' successo qualcosa?-
-No, perchè?- mento. Non avrei dovuto urlare al telefono. Che stupida.
-Che strano. Niente, così. Programmi per la giornata?-
-Be', pensavo di uscire con Arden...- spiego, sbocconcellando il cornetto.
-Certo, come al solito. Lia, posso dirti una cosa?-
-Ho scelta?-
-No- sorride lei.-Te la direi lo stesso-
-Be', allora avanti- ribatto, appoggiandomi allo schienale della sedia.
-Ascolta, io sono davvero felice che tu esca con Arden. Sul serio. Mi sembra un ragazzo in gamba, e sono convinta che ti voglia anche molto bene... Ma non dovresti dimenticarti delle altre persone che ti vogliono molto bene-
-In che senso?-
-Ad esempio, da quanto tempo è che non ti senti con Kerr?- mi fa notare, inarcando un sopracciglio.
Sobbalzo. In effetti è da un po' che non vedo Kerr. Di sentirla l'ho sentita, ma in quanto a passeggiate e cose varie devo ammettere di averla un po' trascurata. Del resto lei esita a farsi avanti per paura di darmi fastidio. Non mi sono soffermata a pensare neanche su come deve aver vissuto lei il mio coma. Teme che io abbia ancora problemi di salute e che voglia stare da sola.
-Be'...- esito, senza una risposta precisa.
-Ecco, credo che dovresti tornare a frequentare anche i tuoi vecchi amici, oltre che Arden. Senti, in tutta sincerità, io spero che voi rimaniate insieme per sempre, ma siete giovanissimi. E se vi lasciaste? Non voglio che ti ritrovi da sola...-
Vorrei tranquillizzarla, spiegarle che io e Arden non ci lasceremo mai, perchè lui è in questo mondo solo per me, ma devo ammettere che mia madre ha ragione. Non devo dimenticarmi delle altre persone che mi vogliono bene. E' solo che io vorrei volentieri sentirmi con Kerr, oggi, ma dopo il sogno di stanotte, credo che avrò un bel da fare con Arden...
-Cecilia, mi stai ascoltando?-
-Sì, certo. D'accordo, mi sentirò con Kerr- le sorrido e corro in camera mia. Mi manca tanto la mia migliore amica, e qualche ora con lei non può cambiare molto, giusto?
Compongo il suo numero al cellulare.
-Lia?- mi chiede, stupita.
-Ciao, Kerr. Come stai?-
-Bene... Benissimo. E tu?-
-Tutto a posto. Ti va di uscire, oggi pomeriggio?-
-Be'... Certo che sì. Mi sei mancata tantissimo!-
Mi si stringe il cuore.-Anche tu...- faccio una pausa, per ricacciare indietro le lacrime.-... E poi devi aiutarmi! Ho deciso di tingermi i capelli e voglio un consiglio!-

 

***

Ho spiegato ad Arden che sarei uscita con Kerr. Non si è lamentato, e, anzi, l'ha trovata un'idea fantastica. Ma quanto posso amarlo? Per quanto riguarda il mio sogno, abbiamo deciso che se ne parlerà un'altra volta.
-Allora, hai scelto il colore?- Kerr si siede accanto a me sul divanetto colorato dello studio del parrucchiere. Sto sfogliando un catalogo pieno dei tagli e dei colori di capelli più disparati. Non so decidermi.
-No...- mi mordo il labbro.
-Fammi un po' vedere- mi prende il catalogo dalle mani. Mi era mancata la sua irruenza. Appena ci siamo riviste, ci siamo letteralmente corse incontro e ci siamo abbracciate, piangendo e ridendo al tempo stesso.
-Che ne pensi?- le chiedo, mentre sfoglia rapidamente le pagine e fissa attentamente ogni singola pettinatura.
Non mi risponde, ovviamente.
E' troppo concentrata.
-Trovato!- esclama a un certo punto, porgendomi la rivista e indicandomi la foto di una modella in particolare.
-Questi?- le chiedo, sorpresa.-Sei sicura?-
-Certo. Fammi un po' vedere...- mi avvicina la pagina della rivista al viso e sorride trionfante.-Sì, ti staranno d'incanto.-
-Se lo dici tu- rido.
Ha scelto un colore davvero particolare, Kerr, ma devo ammettere che è bellissimo. E che rispecchia appieno la mia personalità.
-Come va con Arden?- mi domanda la mia amica mentre aspettiamo il mio turno.
-Benissimo- dico, e non so nemmeno io se sto mentendo.
-Sono felice.-
-E tu? Qualche novità?-
-Be', sai, l'altro giorno ho incontrato un ragazzo stupendo...- mi informa, eccitata. Mi racconta “brevemente” gli ultimi mesi della sua vita, soffermandosi su ogni dettaglio e gesticolando con enfasi. Io però non mi stanco. Mi era mancata persino la sua voce assillante nelle orecchie.
-Cecilia Waldorn, tocca a te- mi comunica una delle ragazze assistenti del parrucchiere. Hanno tutte dei capelli perfetti e sono bellissime, con le loro uniformi scure.
-Continuo dopo- mi fa l'occhiolino Kerr.
-Non vedo l'ora- sorrido, e mi dirigo verso la poltrona sulla quale mi siederò mentre mi lavano i capelli. Procede
abbastanza in fretta.

La parte più noiosa, forse, è quella in cui applicano la tinta e devo stare per ore interminabili ad aspettare. Fortuna che c'è Kerr che ha ripreso il suo racconto come promesso.
Interrompe nuovamente quando mi chiamano per lavare la tinta, ma ricomincia mentre mi fanno la piega e mi piastrano i capelli lunghissimi. Dopo che sono asciutti e pronti, ho un sorriso a trentadue denti.

-Wow- esclama Kerr, ed entrambe fissiamo i miei capelli dai riflessi glicine, che dal viola della cute, sfumano al lilla delle punte.



Ed ecco a voi Cecilia con i suoi nuovi capelli....


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Arden...

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E Kerr...

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Che ne pensate?? Non vedo l'ora di saperlo :D
Un bacio!

 

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Capitolo 5
*** 5. Cuore ***


5. CUORE

 

E quando me ne vado
tu parti subito al mio inseguimento.
Sei fatto così.
E io non ti merito.
Plumb (Don't deserve you)


Adoro i miei nuovi capelli!
Sono strani, pazzi, diversi... Proprio come me. Del resto io non sono normale, quindi perchè dovrebbero esserlo i miei capelli?
Dopo essere andata dal parrucchiere, faccio una passeggiata con Kerr, parlando del più e del meno, e verso le otto di sera incontro Arden sul lungomare.
-Allora, che ne pensi?- gli chiedo. Lui mi guarda a bocca aperta, temo di non piacergli.
-Sei...- dice, con un filo di voce.-Sei bellissima-
-Davvero?- gli chiedo, fremendo per l'entusiasmo.
-Certo! Be', per me eri perfetta anche prima, ma devo ammettere che questo colore ti dona tantissimo-
Lo abbraccio e poi lo bacio.
-Allora, cosa ti va di fare?- mi chiede dopo, intrecciando le sue dita alle mie.
-Non saprei. A te?- di solito è sempre lui ad accontentarmi, credo che sia il caso di ricambiare, una volta tanto.
-E' uguale, l'importante è che sto con te-
-Certe volte fai venire la nausea- lo prendo in giro.
-Perchè, zuccherino mio? Non ti piace quando ti dimostro il mio amore, cucciolina adorata?-
-No, luce dei miei occhi. Mi fa venire il diabete, cuore mio-
-Sei un'idiota. Lo sai, ragazzina?-
-E' tu sei odioso. Lo sai, ragazzino?-
Lo bacio di nuovo e infilo la mano nella tasca posteriore del suo jeans; lui fa lo stesso.
-Comunque, scherzi a parte, credo che dovremmo fare qualcosa riguardo il tuo sogno.-
-Ah, già. Cosa proponi?-
-Posso dirlo senza che mi incenerisci?-
-Provaci-
-Dobbiamo parlare con Collins.-
-Uffa- mio malgrado, so che è la cosa giusta da fare.-Va bene, ci andremo domani.-
-No, andiamoci ora.-
-Eh? Ma sono le otto e mezza!-
-Appunto. Dobbiamo parlargli prima che arrivi stanotte, non sappiamo cosa potrebbe succedere. Cosa potresti sognare-
-Sì, ma...-
-Cecilia! E' per il tuo bene...-
-D'accordo, hai vinto- acconsento, mio malgrado.-Andiamo-
-Brava la mia ragazza- mi dà un bacio sui capelli-Forse oltre ai capelli, hai cambiato anche il cervello- mi prende in giro.
-Idiota- rido, mentre mi conduce verso la macchina.
Da bravo cavaliere apre lo sportello e io entro, aspettando che anche lui prenda posto. Casa di Collins non è molto
lontana, e in circa dieci minuti siamo davanti alla porta.

-Cecilia, smettila di agitarti. E' solo il tuo professore!- mi esorta Arden, suonando il campanello.
-Per te è facile. Si vede che non sei mai stato a scuola. E poi Collins mi odia!-
-No, che non ti odia. Devi solo...-
-Buonasera- Collins apre la porta e ci osserva austero.-Che piacere. Come mai da queste parti?- il suo sguardo indugia sui miei capelli e io avvampo. Cavolo, sono super a disagio.
-Cecilia ha qualcosa di molto importante da dirle- spiega Arden.
Collins conosceva l'esistenza di Arden già da quando è comparso nel mio sogno per portarmi indietro. Ha scoperto che era vivo perchè più di una volta l'ha visto venirmi a prendere da scuola. In effetti ho notato che ci osservava con un'aria piuttosto strana.
-Tu devi essere il suo famoso ragazzo, immagino- Collins gli sorride mellifluo.
-Sì, infatti. Mi chiamo Arden.-
-Lo so, figliolo, lo so.-
C'è qualcosa di strano in questa presentazione, ma non riesco a capire cosa. Di nuovo mi tornano in mente i dubbi sul conto di Arden.
Collins storna lo sguardo su di me. Mi sforzo di tenergli testa.-Salve, professore.-
-Salve, Waldorn. Come sta?-
-Io bene, e lei?-
-Anche. Prego, accomodatevi- ci fa segno di entrare in casa. Arden non indugia, e anche questo è molto strano. Nutre davvero tutta questa fiducia nei confronti di Collins?
Io lo seguo riluttante. Non mi va di entrare in casa, accidenti.
Ma sono costretta, e appena varco la soglia un odore di stantio e di umidità mi fa girare la testa.
Non vomitare. Non vomitare. Non vomitare.
Collins ci guida in un saloncino male illuminato. Ci sono due divani di pelle nera disposti l'uno di fronte l'altro, separati da un tavolino in ferro battuto. Non lo so perchè, ma il tutto mi dà un'impressione sgradevole.
Io e Arden ci sediamo dal lato opposto a Collins.
-Waldorn, noto che ha scelto un colore singolare di capelli. Le stanno bene-
Sarà per la sua occhiataccia che lascia intendere esattamente il contrario di quello che ha detto, ma in questo momento vorrei solo sprofondare o, al massimo, riavere i miei noiosissimi capelli biondi. Anche se avrei dovuto aspettarmi una simile reazione di Collins. Il mio professore di matematica è un tipo all'antica, quasi bigotto. E' chiaro che non approva le novità. Di alcun genere.
-Grazie, professore.-
-Allora, cosa doveva dirmi di tanto importante?- inarca le sopracciglia. Siede perfettamente dritto e rigido, come un manico di scopa.
-Ho fatto un sogno, stanotte-
Gli occhi di Collins sembrano brillare per un momento.-Intende uno di quei sogni?-
E' la stessa domanda che mi ha fatto Arden, proprio le stesse parole. Magari è solo un caso, ma non mi piace per niente.
-In un certo senso. Io...-
-Percepiva chiaramente l'ambiente che la circondava, come in quei sogni, ma non era un incubo. Anzi, Cecilia dice che...-
-Grazie, Arden. Ma so parlare benissimo da solo- replico, un po' offesa. Per un momento è stato come se Collins e Arden, il mio ex professore di matematica e il mio ragazzo, si fossero dimenticati della mia presenza e stessero parlando solo tra di loro. Non so perchè, ma continuo ad avere l'impressione che questi due si siano già incontrati. Infondo, tutta questa confidenza... All'inizio, appena siamo arrivati, Arden non si è nemmeno presentato. Cioè, appena Collins ha aperto la porta, lui ha iniziato a parlargli come se fosse un suo vecchio amico, mentre la prima cosa logica che si dovrebbe fare quando si incontra una persona estranea, è tendergli la mano e dirgli “Salve, il mio nome è Derp.”
Mannò, forse mi sto solo facendo suggestionare. In fondo Arden non è molto pratico di queste cose. Magari nel suo universo non si usa presentarsi agli sconosciuti. Sì, dev'essere così.
-Certo. Scusa, Lia- arrossisce appena, imbarazzato.
-Bene, Waldorn, allora? Secondo quanto ha detto il suo ragazzo, il sogno che ha fatto stanotte le si è presentato come uno di quelli, ma non era un incubo. Che vuol dire?-
-Be', quello che ho detto. O meglio, quello che ha detto Arden- gli scocco un'occhiata piccata.-Non era un incubo. Anzi, direi che è stato il miglior sogno della mia vita.-
-Ma davvero? Può spiegarmi meglio cosa ha visto?-
-Sì. Ecco, all'inizio c'era solo il buio, ma poi ho capito che era perchè un manto oscuro copriva il cielo. Poi però il manto ha iniziato a sgretolarsi, e mi sono accorta che non era un manto, ma che erano corvi. Milioni di corvi. E cadevano, come morti. Cioè, non si lanciavano in picchiata per attaccarmi, ma cadevano e basta. Anzi, direi proprio che erano morti. E man mano che cadevano liberavano il cielo, che era di un azzurro mai visto, incantevole. Solo a guardarlo mi sentivo bene, in pace con me stessa. Mi trasmetteva gioia. Poi più nulla, mi sono risvegliata.-
Collins ascolta il mio racconto attento ad ogni parola, annuendo di tanto in tanto.Quando ho finito rimane in silenzio.
-Allora?- azzarda Arden, particolarmente agitato. Lo so che probabil... sicuramente è preoccupato per me e per quello che il sogno può significare, ma mi dà fastidio.
-Be', la faccenda è complicata. Molto complicata, in realtà. Credo che dovrò pensarci su.- Collins evita il mio sguardo, soffermandosi invece su Arden. Non mi piace neanche questo. E' come se mi stessero escludendo dalla mia vita. Ed è come se Collins mi stesse mentendo. Ma se fosse così, perchè lo sta facendo? Perchè non mi dice la verità?
-Ho capito- risponde Arden.-Ma crede che riuscirà a vederci chiaro?-
-Non lo so, sinceramente. Forse, o forse no. In ogni caso vi farò sapere-
Finalmente si sono ricordati di me.
-D'accordo- replica il mio ragazzo.-Allora penso che possiamo andare- fa per alzarsi e io lo seguo. Vorrei fare qualcosa di imprevedibile, qualcosa tipico di una ragazza ribelle. Non so, magari mettermi a urlare “Voi non decidete della mia vita!” oppure “Fuori la verità, ho capito che state mentendo!”, ma credo che nella realtà sarebbe molto più imbarazzante di come lo immagino. Sapete, no, balzare sul divano e strillare come un'ossessa... Già sono candidata al manicomio così come sono, figuriamoci se mi metto a fare questo tipo di scenate.
Così, a testa bassa, seguo Arden fuori dalla casa di Collins.
L'unica trasgressione che mi concedo è uscire senza salutare, e non parlare con Arden per il resto del tragitto.
-Cecilia, c'è qualcosa che non va?- mi chiede a un certo punto.
-No, va tutto a meraviglia- sbotto.
-Dai, dimmi cosa c'è. Sai che puoi parlarmi di tutto...-
-Sì, così come tu puoi parlare di tutto con Collins. Da quand'è che siete amici?- lo sorpasso.
-Lia...- mi raggiunge e mi prende per mano.-Perchè non capisci che sono preoccupato per te? Che ho paura di perderti di nuovo?-
-Be', sarà meglio che tu te la faccia passare questa paura, perchè forse non oggi, ma tra vent'anni mi perderai
sicuramente.- dico con voce amara.

-E' per questo che dobbiamo fare il possibile per trovare un rimedio...-
-Perchè? Tanto non servirebbe a niente! Collins e mio padre ci hanno provato per anni senza successo, perchè le cose dovrebbero cambiare ora?-
-Perchè noi le faremo cambiare- dice con una sicurezza così profonda che mi fa rabbrividire.
-Come no...-
-Cecilia...- mi si para davanti e mi stringe per le braccia.-Faremo il possibile, è chiaro? Faremo il possibile per sciogliere questa cazzo di maledizione, te lo giuro.-
-E se non fosse abbastanza? Se non ci riuscissimo e tra vent'anni dovessi andarmene per sempre?- gli domando tra
le lacrime.

-Allora io verrò con te-
-Non essere sciocco- mi sottraggo alla sua presa e gli do le spalle. Non so nemmeno io perchè stiamo affrontando questo argomento proprio ora, ma immagino che prima o poi sarebbe successo.
-Non lo sono. Sarei uno sciocco a rimanere qui senza di te-
-Non è vero. Arden, devi farmi una promessa- lo guardo negli occhi, serissima.-Devi promettermi che se non riuscissimo a trovare una soluzione...-
-Ci riusciremo!-
-Ma se non ci riuscissimo, giurami che rimarrai qui. Giurami che andrai avanti, che troverai un'altra ragazza e sarai felice- le lacrime si accavallano l'una sull'altra, e ho la voce spezzata dai singhiozzi.
-Stai scherzando. Non puoi davvero chiedermi una cosa del genere!-
-Oh, sì che posso. E tu devi farlo per me, Arden. Se mi ami come dici, prometti che mi dimenticherai. Forse dovremmo lasciarci adesso, dovremmo farla finita e basta. Altrimenti sarà tutto molto più difficile-
-Ma cosa stai dicendo...-
-Addio, Arden- lo supero di nuovo e continuo a camminare.
-Non puoi dire sul serio- affretta il passo e mi raggiunge.-Cecilia, io...-
-No, ti prego, Arden, smettila. Non rendermi tutto più difficile. Io ti amo, ti amo più della mia vita. E ti amo abbastanza da rinunciare a te, pur di renderti felice.-
-Non mi renderesti felice, così!-
-Forse non ora! Ma come sarebbe tra vent'anni? Come sarebbe dovermi dire addio allora, quando già adesso fa così male? Non voglio che tu soffra, devi credermi-
-Se non vuoi che io soffra, allora resta con me!-
-Bravo, arrabbiati. Odiami, renderai tutto molto più semplice-
-Ma non capisci che non posso? Non capisci che senza di te io non ho niente?-
-Lo so! Ma adesso sei ancora in tempo per trovare qualcun altro. Tra vent'anni...-
-Cecilia, possibile che non te ne renda conto? Io non voglio trovare qualcun altro. Nè ora, né mai.-mi blocca prendendomi per un braccio. Io abbasso lo sguardo, non riesco a sostenere i suoi occhi pieni di tristezza.
-No, non è vero. Questo mondo è grande, è vario, e tu...-
-Lia, ti prego. Se sono in questo mondo è solo per te, non perchè è “grande” o è “vario”. Io sono qui per te, e voglio rimanere al tuo fianco, voglio aiutarti.-
Gli accarezzo una guancia e mi sforzo di guardarlo in faccia.-Lo so, e non ti sarò mai grata abbastanza per questo. Ma cerca di capirmi. E' proprio perchè ci tengo a te, che non voglio farti soffrire.-
-Lia...-
-Addio, Arden- mi volto e questa volta accellero il passo per mettere più distanza possibile tra noi. Non voglio che mi rincorra, non voglio che tenti di farmi cambiare idea, perchè so di essere abbastanza debole da cedere.
Un'amarezza infinita mi avvolge quando scopro che Arden non mi sta seguendo, che ha rinunciato, che l'ho convinto. Dovrei essere felice per lui, e invece perchè fa così male? Perchè c'è un dolore sordo qui, al centro del petto, un dolore grande come tutti gli Stati Uniti? Non ho mai capito perchè il cuore sia sinonimo di amore, quando il vero cuore – l'organo – è anatomicamente disgustoso e per niente romantico. Non l'ho mai capito e forse non lo capirò mai. Ma so che è proprio il cuore a fare male, adesso. E non c'è una cura, perchè ho appena detto addio all'unica cura di cui avrò mai bisogno. In greco esiste una parola “farmakòn”, vuol dire “antidoto” ma anche “veleno”.
Ecco, Arden è il mio antidoto e il mio veleno.
Mentre io per lui sono solo un veleno.
Non voglio girarmi. Non voglio vederlo mentre mi guarda correre via da lui, i pugni chiusi, la stessa espressione sconvolta che aveva poco fa. Non voglio, ma so che è proprio così che è adesso, anche solo l'immagginarmelo mi fa stare peggio.
Quindi decido di correre.
E corro, corro fino a farmi male i muscoli, fino a mescolare il dolore interiore con quello fisico. Fino a diventare un organo pulsante di sofferenza.
Come il cuore.




Oookay, ahem, mi asciugo le lacrime e sono da voi.
E' stata coraggiosa la nostra Lia, eh? Quanti di noi avrebbero fatto una cosa del genere?
Ma del resto si sa: "l'amore più grande è quello che sacrifica sè stesso".
Non vedo l'ora di leggere i vostri commenti a riguardo :D
Alla prossima <3

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Capitolo 6
*** 6.Dolore ***


6. DOLORE

 

Quello che fa più male è che eravamo così vicini
e avevamo così tante cose da dirci
ma ti ho vista andare via.
Rascal Flats (What Hurts The Most)


La mia vita fa schifo.
E lo so che lo dice ogni adolescente su questo pianeta, ma la mia vita fa veramente schifo.
Se potessi me ne starei tutto il tempo su una sedia a fissare fuori dalla finestra, come Bella di Twilight. Quando ho visto per la prima volta quella scena, ho pensato che fosse una cavolata, che nessuno nella vita reale desiderasse così tanto estraniarsi del mondo.
Be', ora so che non è così. Perchè credetemi, in questo momento non mi importa più niente di nessuno. Neanche di me.
Vorrei lasciarmi morire, vorrei smettere di mangiare, ma non devo essere così egoista. A mia madre e alle “altre persone che mi vogliono bene” ci devo pur pensare. Devo andare avanti, e devo farlo per loro.
Il problema è che non voglio.
Lo penso adesso, mentre me ne sto sotto le coperte, a piangere, pregando che il solo non sorga mai. Ma lo penso anche quando mi affaccio alla finestra e vedo casa di Arden così vicina alla mia, tanto che potrei saltare dal mio balcone al suo. E sapete qual è la cosa che fa più male? E' sapere che se decidessi di tornare da Arden, lui sarebbe lì ad accogliermi a braccia aperte. Fa male perchè in certi momenti sono tentata di cedere, perchè tenerci separati è qualcosa che va contro natura. Lui è parte di me, in tutti i sensi.
Se sapessi che mi odia, che non vuole mai più vedermi, non mi verrebbe nemmeno in mente di fare retro-front, e per lui sarebbe molto meglio. Perchè se l'ho lasciato è stato solo per salvarlo. Non posso mandare a monte tutto, devo essere forte, devo imparare a sacrificarmi.
Sì, ma sarebbe stato più semplice prendere dieci frustate al posto suo. Sul serio, avrebbe fatto meno male.
Questo buio è soffocante, e anche queste maledette coperte. Tutto è soffocante. E poi è ridicolo anche solo il pensiero di dormire. E' passata una settimana, e non ho mai chiuso occhio. Tra un paio di giorni comincia la scuola,
ma non me ne importa proprio niente.

Mi alzo, perchè sto sudando e mi viene da vomitare. Ho un mal di pancia che sembra che qualcuno mi stia strizzando lo stomaco.
Cammino barcollando nell'oscurità, finchè non vado a sbattere contro l'armadio. Fa malissimo. Sento un dolore netto di ossa rotte, e poi qualcosa di caldo che mi cola dal naso. Accidenti, ma non sono andata a sbattere: mi sono letteralmente schiantata!
Mi rialzo traballante e cerco di ritrovare l'equilibrio, anche se non mi interessa. Dovrei cercare di tamponare il sangue, dovrei mettermi a piagnucolare e correre in bagno, ma non è così. Non mi fa né caldo né freddo. E in più ho scoperto un altra cosa.
Questa sensazione, il dolore acuto che ho provato nel frantumarmi il naso, mi piace.
Mi fa stare meglio.
Con il dorso della mano mi asciugo il sangue, e poi decido cosa fare. Inizio a correre alla rinfusa per la stanza, al buio e in silenzio, per non svegliare mia madre. Vado a sbattere di nuovo contro l'armadio, e questa volta mi scappa una risatina. Sento ancora una volta il sangue che scivola sulle labbra. Poi, invece, urto con il fianco lo spigolo della scrivania, e questo sì che è doloroso. Sento il legno che si schianta contro l'osso con un tud sordo, e devo mordermi il labbro per non urlare. Va già un po' meglio. Se mi concentro su questo, riesco quasi a non pensare ad Arden. Ritento, e con l'alluce scalzo sbatto contro la gamba del letto. E' una fitta così acuta che penso mi stia per saltare l'unghia, ma non succede. Meglio, sarebbe stato un problema dover spiegarne la causa ad un eventuale medico.
Vado avanti così, agitandomi per la stanza e sbattendo contro i mobili come una falena impazzita, in mezzo a file di lampadine accecanti. Continuo finchè la stanchezza e il dolore non hanno il sopravvento. Ho appena la forza di crollare sul letto, che sto già dormendo.
La mattina arriva troppo velocemente, e porta con sé il dolore. Sia quello emotivo, sia quello fisico. Ogni parte di me protesta, ogni singolo muscolo è intorpidito. Il naso sembra compresso da una molletta, e faccio quasi fatica a respirare. Ho il mento e le labbra incrostate di sangue, e sulle gambe e sulle braccia individuo una nuova serie di lividi grigiastri. Mi trascino giù dal letto e mi posiziono davanti allo specchio. Ho gli occhi cerchiati da un paio di occhiaie grigiastre, e delle macchie violacee illuminano la fronte. Sono abbinate ai capelli.
Accidenti, mi servirà una buona scusa per giustificare le mie condizioni a mia madre, a meno che...
Guardo la sveglia: sono le sei. Mamma si sta godendo gli ultimi giorni di ferie, quindi non si è ancora alzata. Ne approfitto per sgattaiolare in bagno e spalmarmi due litri di correttore e fondotinta sul viso, e per lavarmi le labbra e il naso.
Ecco, adesso sembro quasi normale, sembra quasi che stia bene.
Una lacrima mi scivola dall'occhio destro.
Sono esausta, troppo stanca persino per piangere. Ho pianto troppo, e adesso mi sento vuota come un fantoccio. Sospiro passandomi alla rinfusa la spazzola tra i capelli. E pensare che solo qualche giorno fa ero così felice...
Forse ho sbagliato a lasciare Arden. Forse lui era davvero la mia unica speranza per risolvere la maledizione. In fondo cosa posso fare io da sola, con le mie forze? Sono condannata, è inutile anche solo sperare. Ma se poi non riuscissi a trovare una soluzione neanche stando con Arden? Sono davvero così egoista da ammettere questa possibilità? Da permettere che il ragazzo che ama soffra per me? Lo so che sta soffrendo comunque, ma è meglio adesso che ci conosciamo appena (anche se già ci amiamo così tanto) che tra vent'anni. Allora sì che sarebbe straziante.
Ho fatto la cosa giusta, non c'è niente da fare.
Sbuffo ed esco dal bagno. Do un'occhiata furtiva in giro: mamma sta ancora dormendo. Bene. Mi infilo una felpa gigantesca che mortifica le mie forme, e un paio di jeans stinti. Scendo silenziosa al piano di sotto e sgattaiolo fuori casa. Ho voglia di fare una passeggiata. Sono giorni che non esco di casa. Mi guardo intorno, il cielo è ancora plumbeo, il sole non è sorto del tutto. L'aria è fresca e preannuncia l'autunno alle porte; in giro non c'è nessuno.
Meglio così.

Infilo le mani nelle tasce della felpona rossa. Sarebbe carina se non fosse così luminosa.
Cammino lentamente, il vento che mi frusta i fianchi. Mi fa male camminare, ho i muscoli ancora indolenziti e un mal di testa sordo si propaga per tutto il cranio. E' come se una gazzella ubriaca stesse correndo nella mia testa andando a sbattere da tutte le parti. Faccio fatica a respirare, il naso è dolorante e con esso anche i denti. Mi sento tutto tirare.
Non importa, il dolore mi fa stare bene, mi distrae.
Passo davanti a casa di Arden e quasi inconsciamente mi blocco. Mi tengo a debita distanza, come se quel cancello verde scottasse, come se tutto quel luogo scottasse. Sospiro e alzo lo sguardo per osservare le finestre, Arden le lascia sempre semiaperte, dice che al freddo si sente meglio.
Sorrido mio malgrado ricordando le sue abitudini.
No, non devo cedere. Non posso. Non si tratta solo di me.
Mi allontano di malavoglia, muovendo qualche passo all'indietro.
Finchè qualcosa non mi blocca.
Attraverso le finestre del piano di sopra, vedo muoversi la sagoma di Arden. Rimango incantata ad osservare l'armonia del suo corpo, che spicca anche se visto da lontano.
Accidenti, avevo dimenticato l'effetto che mi fa. Dicono che lontano dagli occhi, lontano dal cuore; e forse stava anche funzionando, ma adesso che ho rivisto Arden, ho mandato tutto a monte.
Un momento. Arden non è solo in casa, c'è qualcuno con lui.
E se fosse una ragazza? Stringo i pugni e avvampo. La gelosia è un morso implacabile allo stomaco. No, mi dico, non ho il diritto di arrabbiarmi. Io e lui non stiamo insieme, e dovrei essere felice nel sapere che sta andando avanti. Anche se non so, magari speravo che ci avrebbe messo un po' più di tempo! Conto davvero così poco per lui? Mi ha già dimenticata?
La rabbia che covo sbollisce quando mi accorgo che quella con lui non è una ragazza. E nemmeno un ragazzo. E' Collins.
Anche se da lontano, saprei riconoscere fra mille quell'andatura curva e quei capelli grigissimi.
Stanno camminando intondo e un eco lontano fa intuire che stanno parlando animatamente. Cosa ci fa il mio ex professore di matematica a casa del mio ex ragazzo? Allora avevo ragione, Arden e Collins si conoscevano già. E quindi Arden mi ha mentito.
Forse non ho fatto proprio malissimo a lasciarlo.
Mi sento delusa e tradita, decido di fare qualcosa che non ho mai fatto.
Infrangere le regole.
Non sono un tipo particolarmente atletico, e a scuola il gioco della pallavolo per me è sempre stato un momento di publica umiliazione, ma non sono nemmeno del tutto negata. La staccionata che circonda il giardino di Arden non è molto alta, ma è formata da una ringhiera regolare e liscia, impossibile da scavalcare.
Osservo il cancello: è grande, dalla cima morbidamente arcuata. Anche qui la ringhiera è liscia e impenetrabile, ma a differenza della staccionata, più o meno a metà altezza c'è una sbarra orizzontale alla quale è attaccata la serratura. Sorrido sotto i baffi, ora so come entrarte.
Infilo un piede tra le sbarre verticali e lo adagio sopra quella più spessa orizzontale. Okay, è molto alta. Stringo
saldamente la ringhiera con le mani, e con l'altra gamba cerco di darmi lo slancio. Dopo un paio di patetici tentativi, riesco finalmente ad issarmi con entrambi i piedi sulla sbarra orizzontale, e le mani avvinghiate alle punte del cancello. Sembro un ragno, con le ginocchia piegate e incollate al petto. D'accordo, è inutile scoraggiarsi. Ci sono quasi. Un ultimo sforzo e mi isso malamente in piedi sulla traballante sbarra orizzontale. Le vertiggini non aiutano. Mi sforzo di non guardare in basso (anche se l'altezza è minima, un paio di metri circa) e, mettendomi di profilo, scavalco la sommità del cancello prima con una gamba e poi con l'altra. Ecco, adesso sono di nuovo nella posizione del ragno: solo che all'interno del giardino. E se Collins o Arden si affacciassero alla finestra in questo momento, sarebbe la fine.

In fondo è pur sempre illegale introdursi di nascosto in casa di qualcuno, anche se quel qualcuno è il mio Arden. Questa è la parte più difficile, decidere come scendere. Dovrei saltare? Do una rapida occhiata allo spazio che mi separa dalla tanto amata terra. Okay, sembra decisamente troppo. E poi ho l'impressione che se mi lasciassi cadere e basta, addirittura all'indietro, ho il sospetto che non atterrerei in piedi con la grazia di Catwoman, ma piuttosto sembrerei una balenottera spiaggiata. E farei un rumore incredibile. Ma potrei tentare di girarmi e saltare in avanti. Sbuffo. Devo darmi una mossa, se non voglio che Collins torni a casa e mi trovi incollata al cancello. Mi giro il più velocemente possibile (il chè significa molto lentamente), chiudo gli occhi e salto. Atterro miracolosamente in piedi, e barcollo per un po' prima di rimettermi in sesto. Mi fanno male tutti i muscoli, visto che già quando sono arrivata non erano in ottime condizioni, e anche questa volta il dolore mi provoca una scarica di adrenalina che mi accende. Quatta quatta attraverso il giardinetto verde di Arden e mi incollo al muro della casa. Qui le voci si sentono meglio, anche se non benissimo. Non è sufficente come credevo. Devo entrare in casa.
Faccio un respiro profondo e appoggio una mano sulla maniglia della porta d'ingresso. Come sempre, Arden l'ha lasciata aperta, segno inequivocabile della sua malriposta fiducia nel mondo. Spingo delicatamente la porta e lascio che si apra quel tanto che mi basta per sgusciare all'interno. Non sono mai stata in questo posto, e sono curiosa come mai in vita mia.
Mi guardo intorno, sono in un salottino dipinto nelle tinte del blu e dell'azzurro, mentre un divanetto bianco è posto davanti alla TV. Una TV all'ultima moda. Cosa se ne fa Arden di un aggeggio del genere? Lui, che disprezza la tecnologia come poche persone?
Per non parlare di queste tinte. Sono troppo accese, troppo ricercate per Arden. E' come se questa casa non fosse
davvero la sua. Un pensiero mi fa rabbrividire. Forse inizio a capire il perchè Arden non mi ha mai invitata qui.

Ci sono delle scale che portano al piano di sopra, dove le voci alterate di Arden e Collins mi colpiscono come un
pugno. Ora sì che si sente bene.
-Come hai potuto?- quasi urla Collins.-Come hai potuto lasciartela scappare?-
Spero con tutta me stessa che non si riferisca a me, perchè il verbo “scappare” mi sa di preda in trappola.
-Okay, ora si calmi, d'accordo? Ho fatto il possibile per trattenerla-
Mi sento male. Ho la nausea e sto per svenire. Questa non sembra nemmeno la voce morbida di Arden, ma è inflessibile e durissima, non gliel'ho mai sentita. Se non l'avessi visto da fuori, direi che si tratti di un'altra persona. E il pensiero che quando Arden ha tentato di farmi desistere dal lasciarlo era solo per mantenere “la preda in trappola”, mi fa rabbrividire.
-Evidentemente non era abbastanza! Ma ti rendi conto del guaio in cui mi hai messo? Proprio ora che abbiamo trovato una soluzione alla maledizione. Siamo a tanto così dal traguardo, e tu cosa fai?Lasci sfuggire la
Predestinata? E' semplicemente assurdo.-

Che vuol dire “predestinata”? E poi, Collins avrebbe trovato una soluzione alla maledizione? Anzi, no. Ha usato il plurale, quindi è stato aiutato da Arden. Ma perchè allora mi hanno detto il contrario?
Il mio cuore batte così forte che temo mi possano sentire. Una parte di me è quasi felice per la notizia.
Ma poi che vuol dire “predestinata”?
-Aspetta un attimo, ragazzo. Non è che forse Waldorn ha iniziato a sospettare qualcosa?- sibila Collins, e sembra
davvero che a parlare sia stato un serpente.

Se prima c'erano dubbi sul soggetto del loro discorso, adesso non ce ne sono più.
Vi prego, uccidetemi.
-Ma certo che no! Ehi, io sono Arden, il ragazzo che le ha salvato la vita, che è “venuto in questo mondo solo per lei” eccetera eccetera. Mi ama alla follia, non sospetterebbe mai di me- ride Arden.
Ogni parola. Ogni singola parola è stata una pugnalata al cuore. Potevo quasi sentire la lama affondare nella carne e fendere la pelle. Non ho mai provato un dolore simile in tutta la mia vita. Non sono solo tradita, sono distrutta.
Tutti i bei momenti insieme, tutte le volte che gli ho chiesto di essere sincero e lui ha detto di amarmi. Tutte le volte
che mi ha abbracciato, che mi ha baciato... Tutto una bugia.

Le ginocchia mi cedono e sono costretta ad accasciarmi per terra. Le lacrime mi rigano le guance, la stanza mi vortica intorno, sto per svenire.
-Piantala, Arden.- lo blocca Collins, e malgrado tutto gliene sono grata. Non ce l'avrei fatta a sentire oltre, ma non ho
la forza per scappare via. Sono come incollata qui. Perchè non si può smettere di amare una persona a comando? Sarebbe tutto molto più semplice. Vorrei essere un robot, un'automa, perchè se non hai un cuore nessuno può spezzartelo.

-Potrai fingere con te stesso, ma con me non attacca- riprende Collins, piccato. Non ci sto capendo più niente.-So benissimo che ti sei innamorato di lei, anche se non vuoi ammetterlo. Vi vedevo a scuola, non sono mica uno stupido. Mi sono accorto di come la guardavi mentre era distratta, di come i tuoi occhi erano pieni di amore. Lo so perchè un tempo anch'io sono stato nella tua stessa situazione.- addolcisce il tono. Il mio cuore riprende a funzionare, Arden non controbatte. Forse per una volta Collins ha detto la verità. Forse è vero che, almeno un po', mi ama. E' una speranza quasi inesistente, ma mi ci aggrappo con tutte le mie forze.
-Che cosa?- replica debolmente Arden.
-Tranquillo, figliolo, non te ne farò una colpa. I sentimenti non si possono controllare, e possiamo negarlo quanto lo vogliamo, ma la verità è che sono loro a controllare noi. Gli esseri umani non sono macchine, c'è di più; ma devi ricordarti che chi ama soffre. Sempre, presto o tardi, ma soffre. Te lo dico per esperienza. Pensa al guadagno che potresti trarne. Non mandare tutto all'aria per una ragazza, il mondo ne è pieno.-
Però, sono quasi le stesse parole che gli ho detto io.
Rimango imbambolata per un po', mi riscuoto solo quando mi accorgo dei passi che si fanno più insistenti e vicini, indicando che Collins sta per scendere le scale.
Cavolo, e adesso come me la sbrigo?
Mi guardo intorno come un topo in trappola, alla ricerca di un'eventuale via di fuga. Che sciocca, l'ansia mi aveva quasi fatto dimenticare della porta.
Corro in quella direzione quasi come in un incubo, lenta e impacciata nei movimenti.
Quando finalmente esco di casa, mi si presenta il problema di scavalcare nuovamente il cancello, e questa volta farlo
nel minor tempo possibile.

Non perdo tempo.
Prendo la rincorsa e salgo sull'asse orizzontale della serratura. I piedi scivolano così come le mani sudate, ma per fortuna resisto.
Faccio roteare prima una gamba e poi l'altra, per scavalacare il cancello, e alla fine salto giù in malo modo. Dico in malo modo, perchè l'urto è fortissimo e atterro in modo sbagliato. Me ne accorgo quando dalla caviglia iniziano a dipanarsi fitte lancinanti e non riesco a correre. Devo essermela slogata. Cosa racconterò a mia madre? Sì, perchè anche adesso, questo è il mio pensiero principale. Collins sta per uscire di casa, ricordo a me stessa. Mi trascino fino al mio giardino e questa volta ringrazio il cielo per averlo lasciato sbadatamente aperto. All'ultimo minuto mi butto sull'erba, appena in tempo. Collins esce di casa guardando in direzione di casa mia con sospetto e... malinconia? No, devo aver visto male. Rimango ai piedi del muretto che separa il mio giardino da quello di Arden, finchè non sento i passi di Collins scomparire del tutto. Dopo di chè tento di rialzarmi e zoppico fino alla porta di casa. Tento di trattenere le lacrime, ma so che non ci riuscirò ancora a lungo.Entro e mi butto sul divano, non ce la faccio a salire le scale. Poi, dopo aver ripreso fiato, esplodo.

 



Sorprese? Dai che la situazione inizia a schiarirsi (?)
Fatemi sapere che ne pensate, perchè mi rendo conto che il trauma è grande....

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Capitolo 7
*** 7. Ordinario ***


7. ORDINARIO
 
Niente di straordinario
Avril Lavigne (Anything but ordinary)

-Cecilia,  che ci fai lì?-
L a voce di mia madre è un incedere ansioso eppure morbido, un misto di preoccupazione e tenerezza.  Sbatto pigramente le palpebre, cercando di capire – di ricordarmi – dove mi trovo. Mi guardo intorno; sono sul divano del salone, al piano di sotto. Mi ero addormentata. Perché? E all’improvviso un’ondata di ricordi vividi come pugnalate mi travolgono. Arden. Collins. Il tradimento. La delusione. La rabbia. Le bugie. La maledizione. La Predestinata. Il dolore. Le lacrime.
-Io…- non mi viene in mente niente, nessuna buona scusa da rifilare a mia madre.-Devo essermi alzata e…-
-Vestita, anche- completa lei per me, le mani ai fianchi.
Osservo la mia felpa e i jeans.-Sì, infatti-
-Perché?- insiste, implacabile.
Vorrei che capisse lo stato d’animo in cui mi trovo, ma sono un’incoerente. Voglio che lo capisca senza che sia io a dirglielo.
-Perché avevo freddo- mento spudoratamente, evitando di proposito lo sguardo inflessibile di mia madre. Ha una vestaglia azzurra e i capelli scuri raccolti in uno chignon disordinato dal quale fuoriescono alcune ciocche ribelli che le ricadono sulla fronte.
-Be’, e come mai sei venuta di sotto?- addolcisce il tono e lo sguardo.
-Mi sono svegliata presto  e non riuscivo a riaddormentarmi. Così sono venuta qui per guardare un po’ di TV, ma poi ho spento e mi sono addormentata.-
Mamma non sembra del tutto convinta, ma annuisce.-D’accordo, allora. Vado a preparare la colazione-
-Okay- abbozzo un sorriso. Fa male anche solo il pensiero di essere allegra, in questo momento. Ho un mal di testa implacabile e ogni parte del corpo dolorante. Faccio per alzarmi dal divano e andare in cucina, ma appena poggio il piede destro a terra, crollo sul divano e soffoco un urlo. Ne esce solo un verso strozzato, a metà tra un urlo e il rantolo di un animale ferito. Di un animale in trappola.
La caviglia mi fa male, non riesce a sorreggermi.  Me n’ero dimenticata. E adesso? Il dolore è troppo per poter fingere che non sia niente; devo per forza parlarne con mamma. Ma come mi giustificherò?  Ehi, idea!
-Mamma- la chiamo, con voce rotta.
Mia madre accorre in meno di un minuto.-Sì, tesoro?-
-Non ti ho detto una cosa- mi mordo un labbro, fingendomi in colpa.
-Cosa, Lia?- incrocia le braccia e addrizza la schiena.
-Prima, quando mi sono alzata, sono caduta dalle scale-
-Che hai detto?- sgrana gli occhi così tanto che credo le salteranno fuori. E’ un’immagine ripugnante.
-Non l’ho fatto apposta. Ero assonnata, e disattenta. Ho messo un piede in fallo e sono precipitata-
Mamma si siede velocemente accanto a me.-Ma ti sei fatta male? Che è successo?-
-Be’, in realtà credo di essermi slogata la caviglia- ammetto, e la smorfia di dolore che segue non è finta.
-Ma come hai fatto ad arrivare fino al divano? E perché non mi hai chiamato?- nella sua voce c’è un misto di apprensione, rimprovero e colpevolezza. Si sente in colpa per non essermi corsa in aiuto. Vorrei dirle che sono solo una bugiarda, che lei non c’entra niente, ma non  posso. Anche lei, come Arden, merita di essere protetta da quello che mi sta succedendo. Anzi, mi correggo: lei lo merita, Arden no.
-Mi sono trascinata fino al divano, e pensavo non fosse niente. Infatti quando stavo stesa il dolore era praticamente inesistente. Ma adesso che ho provato ad alzarmi mi sono resa conto della gravità della situazione- abbasso lo sguardo. Non ho il cuore di mentirle guardandola negli occhi.
Mamma sospira, accarezzandomi una guancia.-Piccola mia. Avresti dovuto chiamarmi immediatamente, appena caduta. Non dovevi aspettare!- fa una pausa e deglutisce.-Chiamerò subito il medico, sta tranquilla.-
Quando si alza e si allontana per prendere il cellulare, mi sento sollevata. Non sopportavo più la sua vicinanza, era una tortura. Ero sul punto di scoppiare di nuovo in lacrime come una bambina e raccontarle tutto, rovinando per sempre la sua vita. Per fortuna ho resistito. Anche se un pensiero orribile mi passa per la mente. Se ho dovuto lasciare Arden per impedire che soffrisse, forse dovrei fare lo stesso con mia madre: dovrei andarmene di casa. Ma come posso? Come posso lasciarla? Le voglio troppo bene, e quel che è peggio lei ne vuole altrettanto a me.  E’ fuori discussione che l’abbandoni come ha fatto mio padre. Ecco, ad esempio, mio padre è stato un egoista. Perché ha sposato mamma se sapeva che un giorno le avrebbe spezzato il cuore? Perché ha permesso che nascessi io, solo per soffrire quello che avrebbe sofferto lui? Forse il mio odio nei suoi confronti non era del tutto infondato.
In ogni caso, non ho intenzione di andarmene da casa. Non ora che so che Collins e quel vigliacco traditore di Arden hanno trovato un rimedio alla maledizione. Riuscirò a scoprire di cosa si tratta, dovesse essere l’ultima cosa che faccio.
 
***
-Ciao, Lia-
-Salve, dottor Hodkins-
Il dottor Hodkins è il mio medico fin da quando sono nata. E’ sia un pediatra sia un dottore per adulti, ed è praticamente la figura paterna che mi è sempre mancata. E’ un paio d’anni più grande di mia madre, quindi è sulla quarantina. Ricordo che quando ero piccola ero sempre felice di ammalarmi, non solo per le assenze a scuola, ma anche perché potevo andare da lui. Il suo ambulatorio era il mio posto preferito. Le pareti erano tutte dipinte di colori allegri e dopo ogni visita offriva a me e a mamma un gelato. Diceva che lo teneva conservato solo per noi. E’ un bell’uomo: straordinario, sensibile e stranamente non sposato. Lo so perché una volta, quando avevo all’incirca cinque anni, gli domandai il perché, e lui rispose con un sorriso che non aveva ancora trovato la donna giusta. Solo un po’ d’anni più tardi mi resi conto che doveva essere innamorato di mia madre ( e del resto come dargli torto? Mamma è una donna assolutamente bellissima, boccoli neri, occhi verdissimi, un sorriso dolcissimo) e per questo aveva sempre un occhio di riguardo nei nostri confronti. Comunque, qualunque fosse il motivo, si è sempre comportato con dolcezza anche con me. Gli voglio sinceramente bene.
Mi sorride.-Come stai?- non tanto bene.
-Si è slogata la caviglia- spiega mia madre preoccupata, chiudendogli la porta alle spalle.
-Davvero? E come è successo?- si siede sul divano accanto a me (sì, perché è mezzo giorno e mi sono mossa solo per fare il bagno – la doccia era impensabile – e poi sono tornata a sdraiarmi).
-Sono caduta dalle scale- spiego, arrossendo. Non sono molto brava a mentire.
-Mmm- annuisce, scrutandomi da sotto gli occhiali. – Quale caviglia è, esattamente?-
-La destra-
-Me la fai vedere, per favore?-
Gli allungo la gamba destra e lui se la posa sulle ginocchia, con fare professionale, come se avesse davanti agli occhi un qualunque oggetto da esaminare.-Okay, adesso mi dici quando ti faccio male-
Annuisco. Mamma si siede sulla poltrona davanti a noi, attentissima ad ogni passaggio, e le dita delle mani di Hodkins incidono delicatamente la zona di pelle vicino al piede. Ad un tratto caccio un urlo. Ecco, ha individuato il punto esatto.
Hodkins toglie immediatamente le mani.-Scusami-
Mi mordo il labbro, anche se adesso non la sta più toccando, dalla caviglia si propagano fitte lancinanti per tutta la gamba.
-Porto del ghiaccio?- mia madre scatta in piedi.
-Sì, per favore, Margaretha- sorride Hodkins.
-Torno subito- sento il rumore delle suole delle scarpe di mamma che si allontana e ritorna con quello che aveva promesso. Il dottore prende il fazzoletto con il ghiaccio e lo preme contro la caviglia. All’inizio il dolore quasi mi acceca, ma poi diventa sempre più piacevole, fino a rilassarmi del tutto. Mi lascio andare contro lo schienale del divano. Non mi ero accorta di essere così tesa.
-Va un po’ meglio?- mi chiede Hodkins.
-Sì, molto- sospiro rilassata, sorridendo inconsciamente. La morsa allo stomaco si allenta progressivamente e torno a respirare.
-Adesso devi scusarmi, Lia. Ma ti tocca soffrire ancora un altro po’; poi basta, te lo prometto- mi sorride incoraggiante, ma io affondo i denti nel labbro. Proprio ora che stavo così bene.
-Se è proprio necessario- quasi inconsciamente i miei occhi si incatenano a quelli colmi d’apprensione di mia madre. E’ un gesto inconsapevole, istintivo. Mi comunica conforto, è come se ci stessimo abbracciando. Le labbra di mamma si distendono in un sorriso rassicurante, e io mi sento subito infondere di una sicurezza che non mi appartiene. Forse è vero che madri e figlie possono comunicare quasi telepaticamente.
Sospiro, e le dita di Hodkins affondano ancora una volta nella mia caviglia dolorante. Questa volta spinge più forte, e il dolore e accecante. Stringo i denti e la vista mi si appanna, le unghie che affondano nel cuscino del divano.
-Allora?- si intromette mia madre, evidentemente consapevole del mio dolore.
-E’ slogata- afferma il nostro dottore, serio. – Dobbiamo fasciarla. Non potrà camminare per almeno un paio di settimane-
-Ma domani inizia la scuola- tenta di protestare mia madre.
-Mi dispiace- replica irremovibile Hodkins. – Ma in queste condizioni non è nemmeno in grado di camminare-
Mia madre sbuffa e si prende la testa tra le mani, io nascondo sorriso.
In questo momento l’idea di tornare a scuola e vedere ogni giorno Collins è fuori discussione. Come potrei  resistere dal saltargli al collo?
Anche se in parte mi dispiace. Perché standomene relegata in casa, avrò notevoli difficoltà a scoprire la verità sulla maledizione. Non mi piace sentirmi così fuori dal mondo.




Oookay, dovete scusarmi. Lo so che questo capitolo è una noia mortale, ma è, come dire, un capitolo di passaggio. Voglio dire, era necessario ai fini della trama per tanti motivi (che scoprirete in seguito :P). Insomma, non è niente di straordinario.
Un bacio e perdonatemi <3 <3
P.S. apprezzo tantissimo le vostre recensioni che leggo con gli occhi lucidi, ma la scuola mi sta uccidendo e non ho il tempo di rispondere con costanza, scusatemi tantissimissimo: voi siete meravigliose e io non vi merito.

 

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Capitolo 8
*** 8.Rientro ***


8.RIENTRO
Dici che ti dispiace,
quella faccia d'angelo viene fuori 
ogni volta che ne hai bisogno.
Taylor Swift (White Horse)

 

Due settimane passano molto lentamente, se te ne stai tutto il tempo a letto senza far niente e incapace di camminare, e il tuo cervello vaga tra l’odio e l’amore e la curiosità.
Però passano, e questo è uno dei vantaggi del tempo. A volte vorremmo poterlo rallentare, a volte accellerarlo; ma è solo alla fine che ci rendiamo conto che è perfetto così e che le gioie e i dolori ci indicano che siamo vivi.
-Lia, sei pronta?- Hodkins mi sorride incoraggiante, mentre mia madre appare notevolmente rilassata. Faccio segno di sì con la testa.  Sono felice perché domani potrò tornare a scuola, e inizierà l’operazione “Pedinamento Collins”. Il dottore srotola delicatamente le garze che mi fasciavano il piede destro, e io faccio piccoli movimenti rotatori con la caviglia per accertarmi che sia tornata a posto. E’ a posto.
-Bene- sorride Hodkins.-E’ fatta.- si alza in piedi seguito da mia madre.
-Grazie mille, George. Non so che faremmo senza di te-
Oh, dunque è questo il vero nome di Hodkins. Mi accorgo solo ora di non averlo mai saputo. Io l'ho sempre chiamato Hodkins, o “il dottore”. E infatti è strano che questa volta, come sempre, mia madre non faccia lo stesso. Lo sguardo nei suoi occhi, poi… Quasi brillano. Ohoh, forse sta nascendo qualcosa tra questi due. Sorrido sotto i baffi, perché era ora che mia madre tornasse a vivere – se lo merita – e a Hodkins voglio bene come a un padre. Loro due sono la mia famiglia.
-Figurati, Maggie – arrossisce.
Maggie?
Devo trattenere una risata. Sembrano due ragazzini, tanto sono impacciati. Sembrano me e Arden le prime volte che siamo stati insieme. Quella volta in cui Arden mi sorprese a fare il bagno, nuda, nel lago. O quando l’ho baciato per la prima volta e lui è arrossito. Arden. Il traditore.  Arden, la mia trappola. Il mio veleno. La mia cura. E se, come ha detto Collins, mi amasse davvero? Ma allora perché mi avrebbe mentito? Eppure i suoi occhi, tutte le volte che mi diceva ti amo, si illuminavano di una luce così vera, così sincera. Non può avere sempre mentito, non riesco a crederlo. Ma forse è così. O forse no. Oddio, che confusione.
-Ciao, Lia- mi saluta affettuoso Hodkins.-E attenta quando scendi le scale- aggiunge, facendo l’occhiolino.
-Senza dubbio, doc- sorrido.
-Ciao- aggiunge mia madre, dolcissima, accompagnandolo alla porta.
Rifletto di nuovo su mia madre e Hodkins. Forse, penso, se lui sarà al suo fianco, mamma non soffrirà poi così tanto quando la lascerò. Accidenti non ci voglio neanche pensare. La lascerò come mio padre.
No, non succederà.
Non ora che so che esiste una soluzione.
***

Okay, eccoci qui. Oggi torno a scuola. Mi mancava la levataccia alle sette del mattino. Sbuffo e mandi giù un ultimo sorsata di caffè. Dunque, ricapitolando: sto per tornare in una classe di ragazzi più piccoli, dove non conosco nessuno perché l’hanno scorso non ci ho mai socializzato e  ricominceranno i compiti, le interrogazioni e le verifiche. Che bello.
-Sicura che non vuoi che ti accompagno?- mi chiede premurosa mia madre, accompagnandomi alla porta.
-No, mamma. Ce la faccio- le ripeto, un po’ seccata. Non fa altro che domandarmelo da quando mi sono alzata! Voglio dire, so che si preoccupa per me e le mie caviglie deboli, ma dovrebbe darsi una calmata.
-Be’, allora in bocca al lupo per il tuo rientro a scuola- mi dà un bacio sulla guancia e io sorrido.-Ci vediamo più tardi.-
Poi, il suono della porta che si chiude alle mie spalle è tutto ciò che sento. Appena esco la brezza fredda mattutina mi investe, e io lascio che il vento si infili sotto la maglietta leggera. Forse avrei dovuto portarmi  un giacchino. Comunque sia, ormai è tardi. Avanzo con le mani in tasca e lo zaino blu che sbatte contro la schiena, le cuffie nelle orecchie e You Make Me Wanna Die a tutto volume. Devo passare davanti casa di Kerr e citofonarle, poi andrò a scuola con lei. Non è molto lontano.
Mentre cammino, però, mi soffermo come al solito davanti al giardino di Arden. Guardo il cancello e mi scappa un sorriso, come se fosse un mio vecchio amico. Del resto è il simbolo del primo grande atto di coraggio e ribellione di tutta la mia vita.
Alzo lo sguardo alle finestre, e spero di non trovarci Collins come l’ultima volta. Qualcuno nel cielo mi ascolta, perché la casa è vuota. Non avrei sopportato un altro  dialogo su quanto sono stupida a fidarmi di Arden.
-Oggi è il giorno del ritorno?-
Mi volto di scatto, il cuore che batte all’impazzata.
Arden è alle mie spalle, le mani in tasca, una t-sheart blu come i suoi occhi e i capelli neri scompigliati. E’ uno schianto, come al solito. Ma è anche un traditore. Sono indecisa se urlargli che lo amo e che queste settimane lontano da lui sono state un’agonia o se gridargli tutti i peggiori insulti che mi passano per la testa. No, mi dico, non posso fargli sapere che so. Meglio fingere di essere ancora “la preda in trappola”. Però, se lo guardo bene negli occhi, sono davvero tentata di chiedergli come ha potuto dire quelle cose su di  me.
-Già- abbozzo un sorriso.
-Come stai?- mi domanda in un sussurro, avvicinandosi pericolosamente.
Indietreggio, ho paura di perdere il controllo. Mi succede spesso quando sono con lui.-Bene, grazie. E tu?-
-Anche. Ma la scuola non iniziava un paio di settimane fa? Che c’è, hai fatto filone?- ghigna, con quel suo sorrisetto da schiaffi che tanto amavo – amo.
E tu come lo sai? Vorrei chiedergli. Te l’ha detto il tuo amico Collins?
-Ne possiamo parlare un’altra volta? Devo vedere Kerr a minuti- gli do le spalle prima di scoppiare in lacrime.
Patetica.
-Lia, aspetta- mi afferra per un braccio, e il suo nome scivola tra le sue labbra. Ricordo che all’inizio non volevo che mi chiamasse Lia, perché era un nome riservato alle persone speciali, mentre lui era solo un ragazzo odioso e arrogante che non significava niente per me. Oggi, lui sarebbe onestamente l’unico con il pieno diritto a chiamarmi Lia. Perché anche se lui non mi ama veramente, per me non è lo stesso.
-No, Arden. Ne abbiamo già parlato- abbasso lo sguardo e mi fingo contrita. Be’, in realtà sono triste davvero, ma non per il motivo che pensa lui.
Dio, ma come fa a fingere così bene?
-Ma, Lia…-
-Ciao, Arden- accellero il passo. Se ascolto le sue bugie ancora per un minuto, sono capace di dargli uno schiaffo e mandare a monte la mia copertura di “ragazza stupida”.
Mi infilo di nuovo le cuffie nelle orecchie, tanto per dimenticarmi del tutto della sua presenza                                                             
 
***
-Ciao, Kerr-
Appena la vedo,  le corro incontro e la abbraccio. E’ da un bel po’ che non ci vediamo.
-Lia, tesoro, come stai?- mi prende a braccetto e ci incamminiamo.
-Più o meno.- ammetto.-E tu?-
-In perfetta forma, come sempre- ride e mi fa l’occhiolino.-Ma che mi dici della tua caviglia? Funziona ancora?-
L’ultima volta che ci siamo parlate è stato qualche pomeriggio fa, al telefono. E’ stato allora che le ho raccontato della caviglia. Mentre di Arden… Be’, non ne ho avuto la forza.
-Spero di sì- mi sforzo di ricambiare l’allegria; mi viene naturale quando sono con lei. Siamo praticamente sorelle.
-E Arden? Lui come sta? Non me ne hai più parlato-
Il mio cuore si ferma e abbasso lo sguardo. Non mi va di parlarne, ma a questo punto è inevitabile.
-Be’…-
-Sì?- insiste Kerr con una nota di preoccupazione nella voce.
-Ci siamo lasciati- dico tutto d’un fiato. Ecco, è fatta.
-Come? – Kerr appare sconvolta.-Non avrei mai immaginato che voi due…-
-Nemmeno io- abbozzo un sorriso amaro.
-Ma… Ma come? Perché? Quando? Non mi dirai che ti ha tradito! Quel vigliacco…-
-In un certo senso… Sì, mi ha tradito-
-Ma guarda! E’ proprio vero che non esistono ragazzi fedeli. E con chi? Chi è la troietta che andiamo a bruciarle la casa?-
Ecco, capite cosa intendo? I veri amici sono quelli che quando dici loro “ho ucciso un uomo”, ti rispondono “dove lo seppelliamo?”.
-In realtà non so con chi-
-Eh? E allora come fai a dire che ti ha tradito?-
-Perché me l’ha detto lui-
-D’accordo, Lia, non ci sto davvero capendo più niente-
-Mi ha detto che si era innamorato di un’altra, ma non mi ha voluto dire chi fosse-
-Ah, ho capito. Mi dispiace tantissimo, Lia. Tu come stai?-
-Insomma. Ma ci farò l’abitudine. Non è mica la fine del mondo- mento spudoratamente.
-Sì, infatti. Il mondo è pieno di ragazzi carini!- mi fa l’occhiolino e mi circonda le spalle con un braccio.
-E tu?- dico io, ansiosa di cambiare argomento.-Come va con i ragazzi?-
-Oh, non sai quante cose ti devo raccontare- freme, allegra. Mentre mi racconta di tutte i suoi nuovi pretendenti, mi ritrovo ad invidiare e quasi a rimpiangere la sua spensieratezza, la stessa che un tempo apparteneva anche a me.
Mi piace ascoltarla, perché se l’ascolto posso smettere per poco tempo di pensare ai miei problemi, e mi piace. Appena arriviamo a scuola ed entriamo, istintivamente la seguo verso la mia vecchia classe, ma poi cambio strada all’ultimo minuto.
-Sono davvero così orribili i tuoi nuovi compagni di classe?- mi domanda Kerr, prima di salutarci alla svolta del corridoio.
-Boh, forse sono soltanto io ad essere asociale e scontrosa- sorrido debolmente .
-Sì, lo penso anch’io- mi fa la linguaccia e ride.-Dai, in bocca al lupo. Ci vediamo in mensa.-
-Ciao, Kerr. E salutami gli altri.-
-Certo!-
La vedo scomparire lungo il corridoio opposto al mio, e sospiro. Quanto vorrei tornare ad andare in classe con i miei vecchi amici. Ma non posso, perché la mia vita non è più quella di un tempo, ed è giusto – credo – che valga lo stesso anche per me.
La campanella suona e finalmente mi decido ad entrare in classe.
Ci siamo.
L’aula è piccola ma già semi affollata. Per fortuna è rimasto un banco infondo, e mi ci precipito immediatamente. L’anno scorso non sono stata accanto a nessuno, perché non mi andava di socializzare e volevo starmene per conto mio. Del resto mi ero appena risvegliata dal “coma”, era normale che fossi scossa. E poi c’era anche Arden, la Profezia e un bel po’ di altre novità da assimilare.
Quest’anno, però, forse sarebbe il caso di fare amicizia con qualcuno. Giusto per fare buon viso a cattivo gioco.
Mi passo una mano tra i capelli viola. Ho messo due quintali di correttore intorno agli occhi per coprire le occhiaie scure, ma l’unico risultato è stato un colore grigiastro malsano, come se qualcuno mi avesse dato due pugni negli occhi. La maglietta che ho scelto, invece, è semplice, blu; e infine ho indossato i jeans e le Converse. Le unghie delle mani sono sbrecciate e mangiucchiate, mentre rimangono i residui bellici di quello che un tempo era stato uno smalto nero.
Sospiro, sto uno schifo.
Dentro e fuori.
Come se non fosse abbastanza ricominciare la scuola due settimane dopo. E non sono nemmeno riuscita a vedere Collins, il mio obiettivo principale!
Incrocio le braccia sul banco e vi affondo il viso. Rimango così, senza vedere niente e nessuno, con il vociare di sottofondo dei miei compagni, finchè la professoressa della prima ora non entra nell’aula.-Buongiorno, ragazzi.- ci saluta.
-Buongiorno, professoressa- le rispondiamo in coro. Noto con piacere che nessuno si è seduto accanto a me.
Ma come, non avevo detto che volevo socializzare?
Si, si. Inizierò da domani, dai.
-Waldorn- mi indica con voce squillante.
Ecco, tanto per non passare inosservata. Tutti si girano verso di me e mi guardano con un  misto di ammirazione, rispetto e disgusto; lo sguardo tipico che si riserva ai ripetenti. E che un tempo anch’io riservavo loro. Ma come ho fatto a cadere così in basso? E pensare che avevo pure ottimi voti in tutte le materie (tranne in matematica) e non mi assentavo mai.
La vita è uno strano scherzo.
-Sì, prof?- rispondo, seccata.
-Vedo che è tornata. Come mai così in ritardo?-
-Un problema di salute- taglio corto.
-Capisco. Be’, spero che stia meglio.- mi liquida, sedendosi poi per fare l’appello. E’ arrivata a metà elenco quando si porta una mano sulla fronte ed esclama.-Oh, santo cielo, che sbadata! Mi sono dimenticata di dirvi che quest’anno avremo un nuovo compagno. E’ stato bocciato, quindi è un anno più grande di voi-
Finalmente, penso, qualcuno della mia età!
-In effetti è un po’ in ritardo- aggiunge, tra sé e sé.-Comunque, vi chiedo di essere gentile con lui e di accoglierlo come avete fatto con la cara Waldorn- mi sorride melliflua. Io ricambio, e mi sforzo di non ridere. Se si comporteranno con il nuovo arrivato così come si sono comportati con me, allora non vorrei essere nei suoi panni. Massì, mi prenderò cura io di lui. Anche se non lo conosco, è come se fossimo fratelli. C’è un legame profondo perché condividiamo lo stesso tragico destino.
Qualcuno bussa alla porta.
-Buongiorno, scusate il ritardo- un ragazzo alto, biondo e dagli slavati occhi verdi fa capolino nella classe. E’ vestito con stile, e porta lo zaino nero ad una sola spalla.
-Buongiorno, Jacobs. Ragazzi, questo è Alexander Jacobs- sorride la prof, indicandocelo.
-Salve- sorride cordiale Alexander. E’ bellissimo, e noto che le ragazze già stanno arrossendo e bisbigliando tra loro.
-Puoi prendere posto là in fondo, vicino a Cecilia Waldorn. Avete la stessa età- la prof. Gli indica il mio banco.
Alexander annuisce e viene a sedersi accanto a me.
-Ciao.- mi dice, gentile.
-Ciao- rispondo, cercando di essere altrettanto cordiale. Mi piacciono le persone gentili, perché quando sono con loro divento anch’io più gentile. Lo stesso vale per le persone altruiste, oneste e in ogni caso migliori di me.
-Sei stata bocciata, eh?- sospira, con compatimento.
-Già.-
-Ti capisco. Anch’io. E qual è la tua storia?-
-La mia storia?- ridacchio.-Bella domanda -




Bene, bene... Ed ecco qui un nuovo personaggio!
Che ve ne pare? Non vedo l'ora di saperlo!

 

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Capitolo 9
*** 9.PERDITA ***


9.PERDITA
Perderlo è stato blu come non avevo idea,
Sentire la sua mancanza è stato grigio scuro,
Cercare di dimenticarlo è stato come tentare
di conoscere qualcuno che non ho mai incontrato.
Ma amarlo è stato rosso.

Taylor Swift (Red)

https://www.youtube.com/watch?v=1lFSClNvnRM
 
 
 
 
-Perché “bella domanda”?- sorride curioso Alexander, mostrando i suoi denti perfetti e le fossette ai lati delle labbra piene. E’ uno schianto.
-Perché sì. Perché io non so la mia storia, e credo che nessuno sappia la propria- rispondo evasiva, rendendomi conto solo adesso del casino che ho combinato dandogli quella risposta.
-Forse non hai tutti i torti- ride piano.
Per il resto della giornata non ci parliamo più, e io passo tutto il mio tempo ad osservarlo. E’ così bello, così diverso da Arden. Arden ha una bellezza casual , quasi come se non sapesse di possederla. Alexander, invece, sembra un modello. E’ curato in ogni particolare, dai vestiti griffati ai riccioli dorati che gli ricadono sulla fronte abbronzata.
Quando suona la campanella che indica la pausa pranzo mi alzo e faccio per uscire – per scappare – dall’aula.
-Cecilia… Cecilia aspetta-
La voce di Alexander mi richiama e io mi giro verso di lui.
-Sì?- sorrido.
-Ti chiami Cecilia, vero? No, perché non ti giravi e temevo di aver fatto una figuraccia-
Nonostante il caos dell’ultimo periodo, mi ritrovo a ridere sinceramente della sua ingenuità. Un’ingenuità che stona con il suo modo di vestire e di curarsi.-No, hai indovinato.-
-Fiuu.- si passa una mano sulla fronte con fare melodrammatico.-Ma volevo chiederti … Posso fermarmi con te in mensa?- arrossisce.
Accidenti, no. Non un altro che arrossisce, mi ricorda troppo Arden.
Abbasso lo sguardo. Sono infastidita anche se lo so che Alexander non centra niente.
-Ehm... Certo. Ma, scusa se te lo chiedo, non hai degli amici?-
-Veramente ho cambiato scuola. Città, per la precisione. Dove vivevo prima mi hanno bocciato per le assenze. Ho avuto un… problema di salute, diciamo così. –
-Che coincidenza. Anche per me è stato lo stesso- ammetto, sinceramente sorpresa.
-Maddai. Di che genere il tuo?-
-Coma farmacologico- dico tutto d’un fiato, come se avessi detto “oggi è una bella giornata” o “ciao, come stai?”
-Accidenti! Anch’io!- Alexander si blocca di colpo e si ferma davanti a me. Gli altri studenti ci passano accanto scorrendo per i corridoi diretti alla mensa, ma noi abbiamo altro a cui pensare.
Certo, io non sono stata veramente in coma, ma la coincidenza è notevole.
-Che strano- commento.
-Infatti! A quanto pare abbiamo molto in comune- il viso dolcissimo di Alexander si illumina, e riprendiamo a camminare.
-Vero- concordo.
-E quindi… Ehm…- si passa una mano tra i capelli e avvampa. Mi fa una tenerezza infinita. Non dev’essere facile trovarsi in una nuova città, frequentare una nuova scuola e conoscere nuove persone. Soprattutto dopo un coma.
-Sì, dimmi…- cerco di ampliare il mio sorriso per renderlo a suo agio.
-Ecco… Io… Sei… Cioè… -
-A parole tue- rido.
-Sei bellissima- sussurra, con una tale sincerità che quasi mi sciolgo. E rimango a bocca aperta. Non mi aspettavo una simile reazione.
-Scusa, non dovevo essere così impulsivo… Ma è che non ho resistito. Sei davvero bellissima, ed è un dato di fatto- cerca di giustificarsi, arrossendo come un peperone.
E’ dolcissimo, e vorrei baciarlo, ma in questo momento non mi va di accettare la corte di nessuno. Anzi, credo che non riuscirò mai più a fidarmi di un ragazzo in tutta la mia vita. Cioè i prossimi vent’anni.
Ma Alexander mi fa una tenerezza infinita, e non riesco a trattenere un sorriso.
-Be’, grazie. E non c’è bisogno che ti scusi, mi ha fatto molto piacere- lo rassicuro. Gli occhi di Alexander si illuminano.-Davvero?-
-Certo-
-Quasi quasi sono felice di essere stato bocciato, essermi trasferito in un’altra città e aver cambiato scuola.-
*
Per il resto della giornata scolastica sto con Alexander – che mi spiega che posso chiamarlo Alex – e lo presento anche ai miei amici. Kerr ride sotto i baffi e fa vagare lo sguardo da Alex a me, da me a Alex. Alla fine della giornata la mia migliore amica mente spudoratamente dicendomi che sua madre sta venendo a prenderla e che non tornerà a piedi con me. In realtà so benissimo che l’ha fatto solo perché Alex mi ha chiesto davanti a lei di accompagnarmi a casa.
E così, io ho accettato.
-Ti va se andiamo in motorino?- mi domanda, infilandosi il casco fiammeggiante. Ha una moto niente male, in realtà. E’ grande e ben disegnata, dev’essergli costata un sacco di soldi. Proprio come i suoi vestiti.
-Perché no- sorrido, e mi metto a cavalcioni dietro di lui. Alex mi passa un altro casco nero e io lo indosso. Un paio d’anni fa ho fatto l’esame per prendere il patentino, ma mamma non ha mai voluto comprarmi un motorino serio, così quello mio – vecchio decrepito – giace abbandonato e impolverato da qualche parte in garage. Mi dispiace, perché mi sarebbe piaciuto poter avere una moto tutta mia, così da poter correre per le strade ed essere totalmente indipendente.
-Dove abiti?- mi domanda mettendo in moto. Gli dico il nome della via, non è molto lontano.
-D’accordo, allora. Si parte- e così dicendo iniziamo a sfrecciare per la strada. Adoro il vento che mi scompiglia i capelli che escono da sotto il casco. Mi sento libera e vorrei dire ad Alex di accelerare ulteriormente, ma resisto.
-Tutto bene?- mi chiede dopo un po’.
-Sì- lo rassicuro, urlando per farmi sentire attraverso il vento. Allaccio le mani intorno al suo torace, sentendomi avvampare. La sua schiena mi ricorda quella di Arden, ed è da tanto che non la stringo. Cavoli, quanto mi manca.
Senza accorgermene poso la testa sulla schiena muscolosa di Alex, sentendolo sussultare.
-Scusa- mi affretto, separandomi bruscamente e arrossendo. Per fortuna lui è girato e non può vedermi.
-E di cosa?- la sua voce è affabile, gentile; mi infonde tranquillità solo a sentirla. Forse è di questo tipo di ragazzo che ho bisogno. Qualcuno che mi faccia stare bene e sentire a posto in sempre e comunque. Non uno che aspetta l’occasione giusta per pugnalarmi alle spalle.
Sospiro e non rispondo niente. Forse è vero, forse dovrei iniziare a dimenticarmi di Arden. Ma non è così semplice, lui non è una semplice cotta adolescenziale. Arden ha le mani sul mio cuore, perché lo amo, e sulla mia vita, perché, oltre Collins, è l’unico a conoscere il rimedio alla maledizione.
Trasportata dal rumore della moto e del vento, e da questi pensieri, arrivo a casa troppo presto, mentre avrei preferito passare ancora un po’ di tempo con Alex, a rilassarmi.
Del resto anche mamma ha ripreso a lavorare, e starei a casa da sola con Kika.
-E’ qui?- mi domanda Alex, fermandosi di fronte al giardino di Arden.
-No,  è questa accanto- spiego.
Alex mette in moto e mi porta davanti a casa mia, spegnendo e scendendo, per poi aiutarmi.
-Be’, a domani allora- sorride quasi dispiaciuto, mentre gli allungo il casco.
-Ehm… Alex?- mi mordo il labbro.
-Sì?- azzarda speranzoso.
-Io non ho niente da fare, e visto che non ci hanno ancora assegnato i compiti… Ti va di noleggiare un film e fermarti a casa? Mia madre è a lavoro, e prima delle nove non torna-
-Dici sul serio?- gli si illuminano gli occhi.
Faccio cenno di sì con la testa.
-Be’, per me non c’è problema, allora. Tanto anche i miei genitori lavorano fino a tardi- mi spiega con una nota di malinconia nella voce. Deve essere un ragazzo molto solo, soprattutto in una nuova città, senza amici. Mi fa tenerezza, e una parte di me è anche curiosa di conoscere la sua storia. Siamo accomunati da molte coincidenze, primo fra tutti il coma, e anche se so che non può essere per il mio stesso motivo, vorrei saperne di più.
-Capisco. E allora andiamo.-
Estraggo le chiavi dalla tasca dei jeans e apro la porta di casa. Alex mi segue timoroso, mentre io apro le tende e sorrido a Kika che dorme nella sua lettiera.
-Che bella casa- commenta il mio ospite.
-Grazie- questo ragazzo mi piace sempre di più. Una volta che tutte le luci di casa sono accese, faccio cenno ad Alex di accomodarsi sul divano di fronte la TV. – Puoi scegliere un film; i DVD sono là sotto-
Alex annuisce e apre le ante del mobiletto che sorregge la televisione.
-Io vado a fare dei popcorn- dico, e sparisco nella cucina adiacente. E’ da tanto che non vedo un film con un ragazzo. Be’, in realtà è da tanto che non vedo un film con qualcuno. L’ultimo periodo è stato molto buio, ma credo sia ora di riprendersi. Ed è stato questo ragazzo dagli occhi verdi e i capelli biondi a farmelo capire. Certo, amo ancora Arden alla follia, ma se provassi a conoscere qualche altro ragazzo, magari chissà. E poi forse è vero che mi restano solo vent’anni, ed è per questo che non va sprecato neanche un minuto. Dev’essere questo che ha pensato mio padre quando all’altare ha detto “lo voglio”.
Metto i semi di mais nel microonde e aspetto qualche minuto finchè non suona. Dopodiché lo apro e ne estraggo il contenuto, che passo in una coppa bianca meno bollente. Infine ci metto il sale e un po’ di burro. Tornando nel salone trovo Alex seduto rigidamente sul divano, la cartella abbandonata per terra. Mi sorride timido, non dev’essere molto a suo agio.
-Ecco qua i popcorn!- dico allegra, cercando di trasmettergli quella stessa rilassatezza che lui trasmette a me.
-Wow, io li adoro- gioisce, e finalmente inizia a sciogliersi, mentre mi raggomitolo accanto a lui e poggio la coppa sul tavolino che è in mezzo alla TV e al divano.
-Anch’io! Hai scelto un film?-
-Si,si. L’ho già inserito, devo solo farlo partire-
-Perfetto, allora aspetta un attimo- mi alzo velocemente e spengo tutte le luci, come in un cinema.-Okay, fai partire- torno ad accoccolarmi accanto ad Alex, che annuisce spinge il pulsante PLAY. Ha scelto un bel film, d’avventura. Io adoro quel genere, a quanto pare abbiamo gli stessi gusti. Sono piacevolmente sorpresa quando mi accorgo che Alex si è finalmente lasciato andare contro lo schienale e mi ha messo un braccio intorno alle spalle. Finalmente, dopo giorni, mi sento bene.
Finché qualcuno non suona alla porta. Siamo a metà film. Guardo l’orologio: sono le sette, non può essere mia madre. Ho un brutto presentimento, Alex mette pausa.-E’ tua madre?-
-No, è troppo presto-  mi alzo e accendo le luci, dirigendomi poi alla porta. Mi sento stranamente agitata. Chi può essere? Be’, immagino che lo scoprirò a momenti.
Mi faccio forza e apro la porta.
Non facevo male ad essere agitata.
-Arden- dico, con un filo di voce.
-Bene, mi fa piacere che ricordi ancora il mio nome- sembra contrariato.
-Che ci fai qui?- replico, scontrosa. Non ha nessun diritto di arrabbiarsi, perché è lui quello che sta cercando di uccidermi, e non il contrario. Il colmo sarebbe che mi rimproverasse per qualche cavolata.
-Mi fai entrare?-
Sono tentata  - il mio cuore è tentato – di farlo entrare, ma il mio cervello mi ricorda che nell’altra stanza c’è Alex. Lo so che non dovrebbe importarmene, perché infondo io e Arden non stiamo più insieme, ma mi sento come se lo stessi tradendo. Vi rendete conto? Io mi sento in colpa perché sto tradendo Arden. Roba da pazzi, è proprio vero che l’amore dà alla testa.
Sto per rispondergli male, ma mi torna in mente che tecnicamente io sarei ancora distrutta dal dolore per essere stata costretta a lasciarlo. Non posso mandare a monte la mia copertura, se lasciassi emergere la mia improvvisa ostilità, Collins e Arden sospetterebbero qualcosa. Perché, sì, sono tutto tranne che stupidi. E quando dico tutto, intendo proprio tutto.
-No, Arden. Ne abbiamo già parlato- abbasso lo sguardo e mi fingo contrita. Ogni volta che lo incontro ripeto sempre questa frase, sarà il momento di cambiare repertorio. Sembro un pappagallo ben ammaestrato.
-Come no. E ne hai parlato anche col biondino di là?- i suoi occhi lanciano lampi di rancore e delusione, il mio cuore smette di battere. – Come sai…- domando con voce strozzata. Tossisco un po’ per schiarirla e acquistare sicurezza.-Voglio dire, cosa ti importa?-
Arden ride amaramente.-Certo che se ti eri innamorata di un altro e volevi lasciarlo avresti potuto farlo molto più semplicemente, senza bisogno di quella messinscena melodrammatica!-
-Non era una messinscena!- mi ostino, le lacrime che pungono gli occhi.-E Alex è un mio nuovo compagno di classe, l’ho conosciuto oggi.-
-Prendi in giro qualcun altro, per favore- incrocia le braccia.
-Abbassa la voce!- lo ammonisco.
-Lia, tutto bene?-  mi domanda la voce preoccupata di Alex.
-Sì, arrivo subito. E’ solo il mio vicino, ora se ne va- fisso intensamente Arden.
-Ai tuoi ordini- mi dà le spalle.
Ho un lampo di genio.
-Mi odi, adesso?- chiedo con un filo di voce. In parte fingo, in parte pronunciare queste parole mi ferisce davvero.
Arden deglutisce ed evita il mio sguardo.-Be’…-
-Ti prego, dì di si-
-Cosa?- mi guarda come se fossi pazza.
-Ti ho già detto che se tu mi odiassi sarebbe tutto più facile! Non ti farei soffrire…- abbasso lo sguardo e una lacrima scivola dall’occhio destro.
-Lia, io non posso odiarti- dice con voce dolcissima, stringendomi le spalle. Non ce la faccio, è troppo.
-Vattene, Arden. Ti scongiuro-
-Lia…-
-Vattene!- dico, più autoritaria, ma sempre tra la lacrime.
-E va bene- il suo sguardo è carico di un dispiacere così sincero che sembra quasi vero.
Esce di casa e io chiudo la porta con sollievo.
-Lia, ma cosa è successo?- Alex fa capolino nell’ingresso, trovandomi appoggiata con la schiena alla porta e a piangere a dirotto.-Lia…- mi corre incontro e mi abbraccia. Lo lascio fare, perché ne ho bisogno.-Che è successo?-
Non riesco a rispondergli. Mi rannicchio contro il suo petto, tutto quello che posso fare è piangere, piangere e piangere.




Rieccomi qui con questo nuovo capitolo ricco di novità, aspetto tanti commenti ^^
Ciauu

 

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Capitolo 10
*** 10. Possibilità ***


10. POSSIBILITA'
 
E' troppo tardi per chiedere scusa
Timbaland (Apologize)

https://www.youtube.com/watch?v=qm-QoJcra8U
 

Le lacrime si accavallano l’una sull’altra; non avevo mai pianto così, con questa foga, con questa voglia di urlare. Non mi importa della presenza di Alex, anzi: mi ci arrampico con tutte le forze. Tra le sue braccia solide, con la testa poggiata al suo petto, inizio finalmente a sentirmi libera. Perché il pianto si trasforma, e lentamente diventa di rabbia. Gemo come un animale ferito, artiglio la camicia firmata di Alex e sento il cuore battermi all’impazzata.
-Ehi, ehi- mi consola dolcemente Alex, accarezzandomi i capelli.-Va tutto bene, ci sono io-
E’ un gesto così tenero, così paterno, che mi riscalda. Mi rilassa sentirmi accarezzata da lui, vorrei non smettesse più.  E poi è quel “ci sono io” che mi consola e mi ferisce allo stesso tempo. Perché ormai non ci credo più. Non mi fido delle persone che mi dicono che “ci sono”, perché a mie spese ho imparato che anche quando sembrano sincere, possono benissimo non esserlo. E io non ce la farei a ripetere la stessa esperienza.
Mi accascio sul pavimento e lui mi segue, senza smettere di stringermi, senza smettere di accarezzarmi. Sono appoggiata con la schiena alla porta e mi accoccolo contro il petto di Alex, come una bambina.
Non mi chiede di parlare o di dirgli cos’è successo, e gliene sono grata. Non mi va di raccontare di Arden; primo perché non potrei, e secondo perché non ce la farei. Quindi è meglio rimanere in silenzio, e Alex sembra quasi leggermi nel pensiero e assecondarmi.
-Alex…- sussurro infine, con la voce spezzata dai singhiozzi.
-Sì, Lia?- mormora gentilmente.
-Grazie- è tutto ciò che riesco a dire. Ma non c’è altro modo per dirgli quello che provo per lui in questo momento. Grazie. Grazie di non fare domande, grazie per aver tentato di consolarmi, grazie di stringermi, grazie per accarezzarmi, grazie per non lasciarmi sola in questo momento.
-No n devi ringraziarmi, Lia. Stai tranquilla, puoi contare su di me. Vuoi che ti accompagni di là?- mi domanda, premuroso.
Faccio segno di sì con la testa. Sto per alzarmi, ma Alex sorprendentemente mi solleva da terra con le sue braccia che si rivelano molto più forti di quello che pensavo. Non sembra nemmeno affaticato.
-Dov’è la tua camera da letto?- chiede gentilmente.
-Di sopra- gli indico le scale con la testa. Mi sento patetica, mi sento una ragazzina, anzi no: una bambina, ma non sono mai stata coccolata in questo modo, ed è bello. Perché Arden era in grado solo di spronarmi e rimproverarmi, ma mai con una carezza o un gesto d’affetto. Non mi avrebbe mai presa in braccio e messa a letto, al massimo sarebbe scoppiato a ridere e mi avrebbe allungato una mano per alzarmi. Però lo amavo, e lo amo ancora. L’ho scelto proprio perché riusciva a darmi la carica, mi abituava a contare solo sulle mie forze, ma sapevo che lo faceva perché era certo che ne ero in grado. E infatti le situazioni gli davano sempre ragione. Ho sconfitto il mio Lato Oscuro grazie a lui, quel mostro che ogni notte mi perseguitava e che, se fosse dipeso solo da me, non avrei sconfitto perché troppo convinta di non potercela fare.
Alex sale le scale senza alcuno sforzo, io gli indico la porta giusta e quando entriamo mi adagia delicatamente sul letto.
-Grazie…- sussurro, asciugandomi gli occhi con il dorso delle mani.
-L’hai già detto- sorride Alex, sedendosi accanto a me e sistemandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.-Mi piace il colore dei tuoi capelli-
Per non ripetere di nuovo “grazie”, mi limito a sorridere a mia volta.
-E’ originale-
Il sonno sta avendo la meglio, ho consumato troppe energie.-Scusami, Alex, ma adesso vorrei dormire. Ti dispiace se non ti accompagno alla porta?-
-No, tranquilla. Vado via subito-
In realtà avrei preferito che fosse rimasto con me, ma chi gliela spiegava a mia madre la presenza di un ragazzo nel mio letto?
-A domani. Vuoi che ti venga a prendere?- mi domanda, stampandomi un leggero bacio sulla fronte. E’ un gesto che mi fa sciogliere.
Annuisco. Non voglio andare con Kerr, non mi sento in grado di fingere bene e mi dispiacerebbe preoccuparla.
-Perfetto, allora passo a prenderti alle sette e mezza- mi sorride un’ultima volta ed esce lentamente dalla stanza.
Io sprofondo in un sonno vuoto.
*
La sveglia suona alle sei e trenta in punto. Mi alzo riluttante dal letto e mi trascino in bagno. Faccio una doccia velocissima (ho sempre il terrore dello scarico e della melma che potrebbe uscirne) e mi pettino. Sorprendentemente decido anche di darmi un po’ di trucco, cosa che di solito evito  categoricamente. Non sono un asso a truccarmi, e al massimo so mettere eyeliner e lucidalabbra, ma preferisco di gran lunga essere me stessa e sentirmi a mio agio. Per esempio, se alle donne truccate prude un occhio… Come fanno a resistere senza grattarsi?
Invece oggi accantono questi pensieri e mi faccio bella, quasi quasi canticchio mentre mi vesto. Dovrei essere distrutta, dovrei essere a terra, ma non è così. Per la mente non ho più solo e soltanto Arden, ma l’immagine di Alex che si china su di me per baciarmi la fronte è onnipresente. Sorrido al pensiero e guardandomi allo specchio capisco anche di essere arrossita. Cavoli, e se mi stessi innamorando di un’altra persona che non fosse Arden?
L’idea mi sembra così sciocca e sbagliata che la ricaccio via da dov’era venuta. Forse ho una cotta per Alex, questo è vero, ma mi basta ripensare attentamente ad ogni momento passato insieme ad Arden per rendermi conto che è lui il mio unico vero amore. Sta tramando contro di me, forse, ma le parole di Collins mi hanno ridato quella speranza che tanto anelavo e alla quale mi aggrappo con tutte le forze. Arden. Quando penso a lui, invece, non arrossisco. Perché non c’è più imbarazzo tra noi: lui sa tutto di me ed è tutto per me. Che poi al contrario sia diverso non cambia, purtroppo, la mia situazione.
Invio un messaggio a Kerr in cui le spiego brevemente il motivo per cui non posso andare a scuola con lei, decido di essere sincera, e arriva la parte più dura: scegliere cosa indossare.
Rimango ferma a fissare l’armadio per non so quanto tempo. Ho oggettivamente un sacco di vestiti, ma in questo momento mi sembra di non averne nessuno. Quella maglietta l’ho già messa due anni fa, quei pantaloni sono troppo blu, il vestito è troppo da cerimonia…
-Lia, tesoro, fai tardi a scuola se non ti sbrighi!- mi avverte mia madre, affacciandosi alla porta della mia camera da letto.
-Si, si. Ho quasi fatto. Un attimo.- la liquido.
-Senti, Lia, ieri non abbiamo avuto modo di parlarne perché quando sono tornata già dormivi; ma devo dirti una cosa-
-Che cosa?- mi affretto, agitata.
-Dovrò passare il weekend fuori città, per una conferenza.  Accompagno  il mio capo. Mi dispiace doverti lasciare sola, ma…- inizia ad agitarsi e disperarsi.
Le sorrido rassicurante.-Sta’ tranquilla. Andrà tutto bene.-
-Sei sicura? E’ che proprio non so come fare. Devo andarci per forza.-
-Certo, mamma, ho diciassette anni! Sono quasi maggiorenne!- cerco di tranquillizzarla.
-Sì, lo so. E io ho piena fiducia in te, credimi. Ma se… se dovesse succedere qualsiasi cosa… Chiama Hodkins, d’accordo?-
-D’accordo- amplio il sorriso.-E quando parti?-
-Adesso. Cioè, tra poco. Lia, sapessi quanto mi sento in colpa…-
-Mamma!- le corro incontro e l’abbraccio stretta stretta, come quando ero piccola.-Andrà tutto bene, goditi questi due giorni-
-Ti voglio bene- mi sussurra lei, e dopo un po’ si stacca, ritornando quella di sempre.-E adesso muoviti, o arriverai tardi a scuola!- dice, e trotterella fuori dalla stanza. Io sospiro. In parte mi dispiace tantissimo, perché è la prima volta in tutta la mia vita che mamma mi lascia sola, ma da un’altra parte so che potrò approfittarne  per passare più tempo con Alex. Alex! Accidenti, sono le sette e trentacinque! Mi affaccio di corsa alla finestra e lo trovo lì sotto, seduto sul motorino, ad aspettarmi.
Dicono che le vere dame si fanno attendere, ma io proprio non ci riesco a fare la preziosa con uno come Alex. Con Arden sì, visto che anche lui all’inizio mi trattava malissimo, ma con Alex proprio no.
Indosso velocemente dei pantaloni blu scuri, una camicia bianca e da sopra un maglioncino azzurro dall’abbondante scollatura che lascia emergere il colletto aperto della camicia, e dal quale, in basso, sporge l’orlo. Infine raccolgo lo zaino e mi fiondo fuori casa.
-Scusa per il ritardo!- ansimo, salendo velocemente sulla moto e afferrando il casco che Alex mi porge.
-Tranquilla- Alex ride della mia foga –Puoi fare con calma-
Sospiro, sentendomi finalmente a mio agio. Gli cingo la schiena con le braccia e vi appoggio la testa. Oggi mi aspetta una giornata pesante. Dovrò pedinare Collins ,e, ora che ci penso, senza mamma per casa avrò parecchio tempo.




E rieccomi qui per voi, amori miei! Forse questi ultimi capitoli sono un po' lenti, ma vi assicuro che dal prossimo capitolo inizia l'azione e li rimpiangerete. Finalmente ho ben chiara la trama e tutti i - tanti - colpi di scena che troverete!
Un bacione e ci sentiamo nei commenti :D

 

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Capitolo 11
*** 11. Sangue ***


 
11. SANGUE
 
Non devi telefonarmi mai più, non risponderò al cellulare.
Questa è l'ultima goccia, non voglio soffrire ancora.
Taylor Swift (You're not sorry)

Passo tutta la mattinata bombardata dalle domande di Kerr su come sia andata la serata con Alex eccetera eccetera. Non che mi dia fastidio, figuriamoci!, ma proprio non mi va di affrontare l’argomento. Neanche con me stessa. Sono troppo confusa. Nei miei sogni il volto di Arden e quello di Alex si accavallano in continuazione, riportando spietatamente alla luce i ricordi dei momenti passati con l’uno e con l’altro. Paragonandoli. Però devo farmi forza, e sorridere alla mia migliore amica, perché non è giusto che si preoccupi ulteriormente per me. L’ho già fatta soffrire abbastanza. E così fingo risate, rispondo, scherzo, come facevo un tempo. Prima che cambiasse tutto. Prima che la mia vita fosse stravolta. Almeno nelle ore di lezione, quando mi separo da Kerr, ho un po’ di respiro per poter andare in bagno e piangere in santa pace. Ma anche lì non è che la situazione sia diversa visto che c’è Alex. E’ sempre così solare, gentile; non sembra il tipo uscito da un coma. E anche questo è strano. Temo che ci sia qualcosa sotto. Oppure forse è solo suggestione; Arden mi ha insegnato , inconsapevolmente, a non fidarmi di nessuno. Quando finalmente la tortura è finita e potrei tornare a casa … Non posso farlo.
Devo rimanere a scuola e pedinare Collins. Per mia fortuna lo individuo abbastanza spesso. O meglio, ho l’inquietante sensazione che sia lui ad individuare me, a tenermi sotto controllo. Ogni tanto, quando mi voltavo a mensa, o passavo per i corridoi, trovavo i suoi occhietti da rapace incollati a me. I brividi.
Ma allo stesso gioco si può giocare in due.
Così, alla fine della giornata, saluto Kerr e i miei amici, do appuntamento ad Alex per una passeggiata la sera e poi mento dicendo che devo fermarmi a parlare con una professoressa. In realtà aspetto di ritrovare Collins e, appena lo vedo, silenziosamente inizio a seguirlo.
Attraversa il corridoio, ed io dietro di lui. Non sta andando a casa. Perché? Il cuore mi batte all’impazzata per l’emozione e per la paura di farmi scoprire. Non so esattamente cosa potrebbe farmi se avesse “la preda in trappola”. Il sangue mi si gela nelle vene a questo pensiero.
E aumenta anche il mio odio per Collins ed Arden.
Il mio professore di matematica raggiunge il suo ufficio e io mi nascondo dietro lo svincolo del corridoio. Accidenti, si chiude a chiave.
Mi accovaccio vicino alla serratura e cerco di vedere – o per lo meno sentire – quello che sta facendo.
Sta parlando al telefono.
-Pronto? Sì, ciao, Arden. Sono io-
Arden.
-Si, si. Sta’ tranquillo. Lei sta bene. E’ sempre più amica con quell’Alex.-
Ah, ecco come faceva Arden a sapere di lui. Collins, che razza di spione! Però c’è una nota positiva. A quanto ho capito la prima cosa che Arden ha domandato al mio professore di matematica è stata se io stessi bene. Che dolce.
O magari gli interessa solo avermi viva.
-Lo so, lo so. Ho fatto delle ricerche su quel ragazzo, e in effetti c’è qualcosa che non quadra. A quanto pare anche lui, come Cecilia, è stato in una specie di coma farmacologico che, tuttavia, ha lasciato molto perplessi i medici. Già, infatti. Non ne capivano il motivo, così come furono stupiti il giorno in cui si risvegliò di colpo. No, no. No, Arden, è impossibile. L’ho pensato anch’io, ma è veramente impossibile. Sarà stato senza dubbio una coincidenza, un caso. Per quanto mi riguarda cercherò di braccarlo stretto, puoi contarci. Tu, piuttosto, sarà meglio che ti dia da fare con lei. Non dobbiamo lasciarcela sfuggire! L’Enigma è molto chiaro. La Predestinata dovrà versare del sangue perché l’ira sia placata. Esatto, infatti.-
La Predestinata dovrà versare del sangue perché l’ira sia placata
Sangue.
Oddio.
-D’accordo, d’accordo. A dopo Arden-
Silenzio. Sono ancora sotto shock, ma devo andarmene prima che Collins esca.
-Signorina!- una voce alle mie spalle, sto per svenire.
Mi volto, la bidella mi guarda contrariata.-Che ci fa ancora qui?-
-Ehm… Io… Mi scusi, ma… Ecco, adesso vado…- arranco, incapace di trovare una buona scusa.
-Bah, per quello che m’importa! Ma faccia in fretta!-
-Certo-
Ringrazio il cielo per il menefreghismo della bidella e taglio la corda.



Eheh, adesso sì che la faccenda si complica! Fatemi sapere che ne pensate di questa svolta degli eventi... ;)
 

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Capitolo 12
*** 12.Errore ***


12. ERRORE


 
Lui proverà ad alleviare il mio dolore, ma al massimo riuscirà solo a farmi sorridere
perchè per tutto il tempo desidererò che al posto suo ci sia tu, invece...
Taylor Swift (Haunted)

https://www.youtube.com/watch?v=IOhPVjQX48Q


 

La sera esco con Alex, perché ho proprio bisogno di svagarmi un po’, senza pensare ad Arden. E il ragazzo con cui sono adesso è l’unico che può aiutarmi. Camminiamo sul lungo mare, il cielo si tinge via via di nero.
-Allora, come ti senti oggi?- mi domanda, premuroso.
Mi stringo nelle spalle.-Non lo so-
Alex non ha mai fatto domande sul mio stato d’animo di ieri sera, eppure sembra comprenderlo alla perfezione. Mi guarda contrito e sinceramente interessato, come se gli avessi raccontato ogni cosa nei minimi particolari. Mi chiedo come faccia.
-Ho capito-
Rimaniamo in silenzio, le onde del mare sono placide e si infrangono dolcemente sulla sabbia. Ricordo il mio ultimo pomeriggio lì, con Arden. Quello che è successo…
Vengo avvolta da un’onda di malinconia, ma anche di frustrazione, e di desiderio. Vorrei averlo qui, e vorrei averlo ora. Mi pento di non aver fatto l’amore con lui quando potevo, perché ora è il mio più grande rimpianto.
-Ehi, Lia, ci sei?- la voce di Alex mi riporta alla realtà.-Mi stai ascoltando?-
-Come? Ah, certo. Sì, scusami. Ero sovrappensiero-
-Fa niente. – sorride rassicurante.-Ho solo  detto che si sta facendo tardi. A che ora devi tornare a casa?-
-A  nessun’ora. Mia madre è in viaggio di lavoro- un’idea brillante mi passa per la mente.-Ti va di fermarti da me?-
Okay, okay: non dovete pensare male. Non voglio andare a letto con Alex, tranquilli; ma ho solo bisogno di sentirmelo vicino, della sua onnipresente tranquillità.
Ma a quanto pare anche lui ha capito quello che pensavate voi.
Sbatte le palpebre, stupito.-Stai dicendo che… dovrei dormire a casa tua?-
-Sì, che c’è di male? Intendo dormire dormire. Che idee ti vengono in mente?- rido.
Lui sembra quasi deluso - ? - .-Certo, è chiaro. Be’, se per te non è un problema…-
-Assolutamente. E i tuoi che dicono?-
Sorride amaramente.-Non credo gliene freghi molto di quello che faccio-
Alex è sempre un ragazzo solare, tranne che quando si parla della sua famiglia. Diventa musone, scontroso. Evita l’argomento. E proprio come fa lui con me, non lo bombardo di domande su un argomento di cui è evidente che non voglia discutere.
Annuisco, invece, e sorrido debolmente.-Noleggiamo un film horror?-
-Grande!- i suoi occhi si illuminano, spazzando via il malumore di pochi secondi prima.
E così lo facciamo, noleggiamo un horror.
A mezzanotte siamo raggomitolati sul mio divano, davanti alla TV e illuminati dalla sola luce che proviene dall’apparecchio. Sgranocchiamo popcorn, in pigiama. E’ strano, ma non mi sento in imbarazzo con Alex. Anzi, è come se ci conoscessimo da una vita.
Ad una scena particolarmente cruenta, io affondo il viso nel suo petto, e lui ne approfitta per accarezzarmi i capelli trattenuti dal fermaglio rosso.
E’ un gesto molto simile a quelli di Arden. E all’improvviso non sono più con Alex, ma sono effettivamente con Arden. Sollevo il viso e lo bacio. Alex, che per me in questo momento è Arden, ricambia con più vigore. Chiudo gli occhi, così posso convincermi di baciare il mio ex ragazzo. E’ una cosa schifosa, ma capisco di averne bisogno. Mi sdraio su di lui, sentendo le sue mani calde che vagano sul mio corpo. Gli accarezzo i capelli e mentalmente ricreo la morbidezza della seta di quelli corvini di Arden; è così reale che a un certo punto penso lo sia davvero. Mi sfila la maglietta del pigiama e poi mi priva del reggiseno, ma io non penso che sia Alex. E’ Arden. E’ Arden!
Oh, come mi mancava.
Lo aiuto a privarsi della felpa e gli cospargo di baci il collo e il torace. Lo sento ridere, e di nuovo il mio cervello trasforma la risata in una a me ben più familiare. Senza aprire gli occhi, percepisco le sue labbra sfiorarmi il seno, baciare ogni centimetro di pelle. Questa volta sono io a ridere. D’eccitazione.
Lo bacio ancora sulle labbra, e lui mi fa scivolare via i pantaloni del pigiama. Io faccio lo stesso, sbottonandogli la zip. Le sue mani mi abbassano gli slip, e mi sento rovente come mai in vita mia. Manca così poco, sono così vicina ad avere Arden che … Che in realtà non è Arden. Spalanco gli occhi, e la realtà mi crolla addosso come un macigno. Sono sopra di Alex, siamo entrambi  nudi, e io sto per perdere la verginità. E con un ragazzo che non è Arden. Quanto può essere sbagliato da uno a dieci? Centomila. Mi separo bruscamente, prima che sia troppo tardi. Mi sento avvampare; l’atmosfera si è rotta, non sono mai stata tanto in imbarazzo.
-Scu.. . scusa- arranco, rendendomi man mano conto del casino che ho combinato.
-No, scusami tu…- anche Alex è parecchio a disagio. Per evitare il suo sguardo mi chino a raccogliere la maglietta del pigiama e la indosso rapidamente, senza nemmeno prendere il reggiseno. Con la coda dell’occhio mi accorgo che anche lui si sta rivestendo. Lo facciamo in silenzio, evitando di rivolgerci la parola. Ma alla fine è inevitabile, e so che tocca a me prendere l’iniziativa, visto che è stata tutta – o quasi – colpa mia.
-Senti, Alex…- comincio, senza essere in grado di guardarlo negli occhi.
-No, senti tu, Lia. Mi dispiace, okay? Mi dispiace tantissimo. Non so cosa mi è preso. Non voglio rovinare la nostra amicizia così… Proprio non voglio.- dice, serissimo.
-La colpa è stata anche mia. Ma se vogliamo possiamo ricominciare da capo, credo. Possiamo fingere che non sia mai successo, evitare di parlarne.- propongo, ostentando una sicurezza che non ho.
-Sì, ne sono convinto anch’io. In fondo ci siamo fermati prima … Non abbiamo fatto niente di chè. Non è troppo tardi-
-No- questa volta mi sento confortata, più sicura.-E poi, Alex, non voglio perderti. Non posso.- ammetto, e mi stendo su di lui. Il film è finito. Mi addormento.



Oookay, devo dirvi un po' di cose:
*si schiarisce la voce*
Innanzitutto ammetto che sì, Taylor Swift è la mia cantante preferita, quindi non stupitevi se la maggior parte delle canzoni che cito sono sue u.u
Pooi, forse questo capitolo vi è sembrato troppo... hot? In tal caso chiedo scusa! Un bacione!

Ah, e comunque... Questo è Alex: Image and video hosting by TinyPic  

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Capitolo 13
*** 13. Racconto ***


13. RACCONTO
 
Sembra che io avessi tutto,
ma non vale niente
da quando te ne sei andato
Alicia Keys (Doesn't mean anything)
 

La mattina arriva prima di quanto vorrei, e mi trova ancora appoggiata al petto di Alex, la TV ancora accesa e i popcorn sul tavolino.
C’è poco da dire, in realtà.
Di fatto evitiamo di parlare di ieri notte, perché è la cosa più stupida che potremmo fare. Invece ci sforziamo di far finta di niente, ma è palese che qualcosa si è rotto, qualcosa non va. E la colpa è solo mia.
 
*

A scuola è una noia, soprattutto oggi che è il giorno libero di Collins e non devo nemmeno pedinarlo. Torno a casa abbastanza presto, e come al solito mi fermo di fronte il cancello di Arden.
Ah, Arden.
Quanto mi manca, e quanto peso ha ancora sulla mia  vita.
Me ne rendo conto solo in questo momento.
In fondo non è per colpa sua, perché sentivo la sua mancanza, se ho quasi fatto sesso con Alex? Non è colpa sua se oggi, a scuola, ci siamo a malapena rivolti la parola? Be’, lo so che state pensando che sono responsabile anch’io, visto che di fatto io, e solo io, mi sono avventata sul mio povero e incredulo amico… Ma se l’ho fatto, l’ho fatto solo perché da quando Arden è nella mia vita, non ragiono più.
-Ciao, Lia-
Ecco, appunto. Parli del diavolo…
Sobbalzo e mi volto di scatto verso Arden, sorridendo debolmente.-Ciao, Arden.-
-Be’, vedo che abbiamo fatto progressi- incrocia le braccia e mi offre un mezzo sorriso sardonico.
-Cosa intendi?-
-Se non altro non scappi via appena mi vedi, dicendo che non possiamo stare insieme eccetera eccetera…-
Che rabbia! Ma come fa a recitare così bene? Mi sembra quasi impossibile, in questo momento, che stia tramando contro di me.
-Guarda che non è una mia invenzione!-
-Sarà, ma se proprio un giorno dovrò perderti preferisco passare tutto il tempo che ho con te.- si avvicina pericolosamente.
Mi costringo ad indietreggiare.
-No, Arden. Adesso dici così… Ma non ti rendi conto che…-
Non faccio in tempo a finire la frase.
Le sue labbra si posano sulle mie, e io dovrei sottrarmi. Dovrei allontanare Arden, respingerlo, perché potrebbe consegnarmi a Collins da un momento all’altro. Ma come faccio? Come posso? Al diavolo. Spengo il cervello, da brava idiota.
Le sue labbra mi erano mancate, e risentendole mi chiedo come ho potuto confonderle con quelle di Alex, come ho potuto immedesimarle? Queste sono … Be’, queste sono queste.
Mi attira a sé, e io mi accendo. Gli avvolgo le gambe intorno alla vita, i talloni piantati nella sua schiena, le braccia intorno al suo collo. Arden mi regge con la sua solita forza, e siamo così vicini che quasi non riesco a capire dove inizio io e dove finisce lui.
-Mi sei mancata- sussurra a un certo punto. Il suo fiato caldo contro il mio collo mi fa impazzire, ma mi sforzo di rimanere lucida.
-Non … Non dovremmo … Io …-
E di nuovo le sue labbra fanno morire le mie parole in gola. Ho gli occhi chiusi, ma percepisco che stiamo indietreggiando, sento il rumore del cancello che si apre e … Oh, no. No. No. No!
Mi vuole portare a casa sua.
Ma non voglio!
Cioè, voglio.
Però non posso. Dentro potrebbe esserci Collins! Infondo Arden non mi ha mai fatto vedere casa sua … Perché proprio adesso? E’ chiaro, perché è pronta la trappola. E io sono la preda.
Con non so quale forza di volontà, apro gli occhi e allontano la bocca dalla sua.-No- dico solo, e vorrei non avere quel tremolio nella voce.
-Andiamo, Lia…-
-No, Arden. Lasciami-
Arden esita un po’, ma alla fine sospira e mi posa a terra. Quando i miei piedi toccano l’asfalto mi sveglio di colpo. Il sogno meraviglioso è finito, interrotto da me.
-Cecilia, ascolta. Dobbiamo parlare … - mi indica con lo sguardo casa sua.
-Possiamo parlare qui-
-Non ti fidi a venire a casa mia?- mi domanda, incredulo.
-No, no. Non è questo … E’ solo che … Voglio che parliamo qui, ecco.-
-Sei davvero incredibile! Sono sempre io, sai? Arden, ti ricordi? Il ragazzo che ti ha salvato la vita… Quell’Alex deve proprio averti annebbiato il cervello!-
-Cosa centra Alex, adesso?- sbotto. Non ho voglia di parlare di Alex – di quello che è successo con Alex – con Arden.
-Ma niente. Solo mi chiedo cosa ci trovi in un tipo come lui. O sei abbastanza egoista da permettere che lui soffra per te, tra vent’anni?-
-Non essere ridicolo! Tra vent’anni nemmeno ricorderà il mio nome, ed è così che deve andare.-
-Certo, certo. Come vuoi.- sembra sul punto di aggiungere qualcosa, ma poi scuote la testa.-Lasciamo stare. Lia, ascoltami …-
E quando inizia il suo racconto, il mondo mi crolla addosso.
 


Okay, okay. Lo so che sono in un ritardo vergognoso, ma dovete perdonarmi! Ho passato molto tempo a riflettere sul futuro di questa storia, e sono giunta alle conclusioni (eheh!) ...
Dunque, innanzitutto vi dico che ci avviciniamo all'epilogo (forse 3 o 4 capitoli al massimo), ma non disperate! Ci sarà una continuazione, il cui nome sarà Dark Dreams e questo sarà il capitolo conclusivo (inizierà verso settembre)
Per il resto, un bacione dal cuore! Alle recensioni :D

 

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Capitolo 14
*** 14. Rivelazioni (Parte I) ***


14. RIVELAZIONI (PARTE I)
 
Avevi il mio cuore nel palmo della mano,
ma ci hai giocato,
ci hai scommesso.

Adele (Rolling in the deep)


-Lia, esiste una soluzione alla maledizione-
Le sue parole mi piombano addosso in tutto il loro peso. Non è tanto per quello che ha detto – infondo lo sapevo già -, ma è che l’ha detto. Arden mi sta dicendo la verità. Dovrei esserne felice, eppure rimango guardinga. Non mi fido ancora del tutto.
-Davvero?- mi fingo incredula.
-Come facevi a saperlo?- sgrana gli occhi, senza fiato.
-Cosa? No… Non lo sapevo … - mi affretto a dire. Come ha fatto a capire che mentivo?
-Andiamo, Lia, non sai dire le bugie, lo sappiamo benissimo entrambi-
-No, sul serio. Non so di cosa tu stia parland…-
-Hai origliato, non è così? Ma certo. Che stupido- Arden mi ignora bellamente e si rivolge solo a sé stesso.
E’ inutile continuare a fingere. E poi è da tanto tempo che voglio fargli un bel discorsetto in proposito …
-Sì, infatti- sbotto.
-E cos’altro hai visto?-
Ah, adesso si preoccupa, ha paura che io possa mandare all’aria il suo piano perfetto con Collins. Be’, mi dispiace deluderlo.
-Cos’altro ho visto? Mmm … Lo vuoi sapere veramente? – inizio, con estrema calma. Ma poi urlo.-Ho visto tutto! Ho visto te e Collins … Collins, capisci?? Collins, il mio professore di matematica! Che parlavate come migliori amici, e la cosa peggiore è che non è che parlavate di partite di calcio … No, parlavate di come fare fuori me!!- sono tutta rossa, e mi manca il fiato.
Quante volte ho sognato di dirgli queste cose? Quante volte ho desiderato urlargliele in faccia solo per vedere la sua reazione, sperando con tutta me stessa che smentisse quello che avevo visto.
Che trovasse una buona giustificazione.
-Cecilia … Che accidenti stai dicendo?- mi guarda come se fossi pazza, con una sincerità disarmante. Mi sento una stupida. E se avessi capito male tutta la faccenda? Se fosse un gigantesco equivoco? No, non può essere. Arden sta solo cercando di confondermi. So quello che ho sentito.
-Dico quello che ho sentito-
-E cosa hai sentito precisamente?-
-Smettila di trattarmi come una bambina, o come una pazza visionaria! Innanzitutto spiegami perché non mi hai mai fatto vedere casa tua, se quando ci sono entrata era piena di oggetti che tu dici di odiare! Secondo, da quando e, soprattutto, come conosci Collins? E perché non me l’hai detto? Terzo, so che avete trovato un rimedio alla maledizione un sacco di tempo fa … Perché non mi hai detto niente? Io mi fidavo di te, accidenti! Come hai potuto fingere e far finta di niente, ogni  volta che mi incontravi, se sapevi di avere tra le mani qualcosa di così importante, qualcosa che potrebbe determinare l’esito della mia intera vita? Come ti permetti? Chi ti dà tutto questo potere su di me? E non te ne venire con la storia squallida del “stavo solo cercando di proteggerti”, perché è patetica e…-
-Lia, io stavo solo cercando di proteggerti-
Okay, questo è troppo.
Gli  do un ceffone con una forza che nemmeno sapevo di possedere.
Arden mi guarda allibito, una mano sulla guancia dolorante.
Gli ho fatto male. Bene.
-Non ci credo … - dico tra i denti.
-Lia, lasciami parlare! So di aver sbagliato, lo so e ti chiedo di perdonarmi; ma tutto quello che ho fatto, l’ho fatto per te … Per noi … -
-Si vede che non guardi la TV. Questa è una delle frasi più usate ed abusate nei film. Dai traditori!-
-Maledizione, Lia, devi fidarti di me!-
-Perché? Perché dovrei? Dammi una sola buona ragione-
-Non ne ho nemmeno una- ammette con un filo di voce.
-Lo sapevo-
-Però mi devi stare a sentire, poi deciderai se credermi o meno.-
-Sentiamo …-
-Cecilia Waldorn, sei in pericolo. Collins sta tentando di ucciderti-
Un brivido mi corre lungo la colonna vertebrale.-Che vuol dire? Perché …?-
-Perché ha scoperto qualcosa di sconvolgente. Il rimedio alla maledizione è più complicato di quanto pensassimo. “La predestinata dovrà versare del sangue”. Ogni tre generazioni ci sarebbe stato un “predestinato”, un “prescelto”, il cui sangue – se versato secondo un apposito rituale – potrà riscattare tutti i suoi successori dalla maledizione.-
-Che significa che “dovrò versare del sangue”?- lo interrompo.
Ho paura perfino di fare i prelievi dal medico, figuriamoci di, come penso, farmi affettare ben bene da Collins.
-Quello che hai capito, Lia. La tua morte. Tu sei la Predestinata.-
Il mio cuore smette di battere.
-Ma … Ma … Perché io? Perché non i miei antenati?-
-Perché non si conosceva la soluzione. Ma adesso sì, e sta a te decidere cosa vale la pena fare. Collins, ovviamente, opterebbe per il tagliarti la gola a freddo-
Istintivamente mi porto le mani al collo.
-Ma io dico che devi scegliere. Anzi, io glielo impedirò, costi quel che costi. Adesso che la soluzione esiste, se ne potranno occupare i tuoi eredi. Ma non tu.-
Inutile tentare di dirgli che, secondo le mie intenzioni, i miei figli sarebbero anche suoi, per cui ci andrebbe di mezzo anche lui. Decido di tacere, non è proprio il momento.
-E a Collins cosa importa? Perché ci tiene così tanto?-
-E’ stato detto che colui che compirà il sacrificio della Predestinata spetteranno ricchezze, fortuna e la vita eterna.-
-Mica poco!-
-Già-
-E tu che centri in questa storia?- la rabbia torna ad avvolgermi, nonostante il peso di quello che ho appena scoperto.
Arden sospira e si passa una mano tra i capelli neri.-Per questo volevo parlarti dentro casa-
-D’accordo- acconsento, e inizio a seguirlo lentamente. Anche perché non mi reggo più in piedi.

 

Bene, bene, bene. Sconvolte? Io, personalmente, sì. Onestamente ho scritto di getto, quindi non mi aspettavo che la storia prendesse questa piega. Adesso non so neanche se ci sarà una continuazione ... Probabilmente finirò tutto in questa storia. Vedremo ... :)
P.S. un bacione enorme a quelle ragazze meravigliose che recensiscono ogni volta, siete fantastiche e vi adoro!

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Capitolo 15
*** 15.Rivelazioni (PARTE II) ***


15. RIVELAZIONI (PARTE II)


Entro timidamente in casa di Arden, dietro di lui. L’ambiente è proprio come lo ricordavo.
-Ah, a proposito, poi mi spiegherai come hai fatto ad entrare in casa mia!- mi dice, sorridendo sornione.
-Ho i miei trucchi- lo guardo con aria di sfida. Forse un giorno gli racconterò di come ho scavalcato il cancello, di come sono caduta, della mia caviglia e di come mi sono sentita morire mentre diceva che per lui io non ero niente. Forse. 
-Sarà.- si stringe nelle spalle-E comunque ti conviene sederti, ho molto da dire-
Obbedisco, accomodandomi sul divano di fronte ad Arden, che invece continua a camminare in circolo. Come sempre quand’è nervoso.
Male.
-Allora, Lia, dobbiamo cominciare dall’inizio, da quando siamo tornati nel … mondo reale. Be’, vedi, quando ti ho detto che ero sopravvissuto solo perché il tuo scenario si era distrutto, ho mentito. La realtà è che è stato Collins, prima di incontrare te, a “riportarmi in vita”, diciamo così. Non so come, però, quindi non chiedermelo. Comunque, quando sono arrivato qui, il tuo professore di matematica mi ha trovato in breve tempo una casa che, guarda un po’, era proprio accanto alla tua. All’inizio lo ringraziai, perché ero felicissimo di rivedere te ed ero grato a lui per avermi agevolato. Ma non l’ha fatto solo per bontà d’animo. Come poi mi ha spiegato, aveva già tra le mani una mezza soluzione alla maledizione, e gli serviva qualcuno che tenesse sotto controllo te. E quel qualcuno ero io. Mi ha detto un sacco di cose sull’amore, un sentimento che io non avevo mai provato prima, e mi ha letteralmente terrorizzato. Mi ha assicurato che non dura mai, che è inutile, che è solo una diversa forma di autolesionismo. E io, ti giuro, all’inizio mi sono fidato e mi ero ripromesso di fare quanto mi chiedeva. Ma quando sono con te, Lia, mi dimentico di tutto. Non conta nulla all’infuori di te, di noi due insieme. Ho capito che, malgrado tutto, mi ero innamorato di te e ho preso la mia decisione. Ti avrei protetta ad ogni costo, ed è quello che ho intenzione di fare. Se tu me lo permetterai-
Senza che me ne renda conto, le lacrime cominciano a rigarmi le guance. All’inizio lentamente, poi si accavallano l’una sull’altra, come se fossi un rubinetto aperto. E le cose peggiorano quando mi accorgo che anche Arden ha gli occhi lucidi. Non pensavo potesse piangere. Insomma, lui era sempre così forte e intelligente … Mi fa una tenerezza infinita. Vorrei baciarlo, abbracciarlo, stringerlo a me. Mi sento una stupida. L’ho giudicato male, l’ho giudicato male! Ho sbagliato tutto!
O no? E se mi stesse ancora mentendo?
Accidenti, cosa devo fare?
Sono così confusa.
-Perchè hai detto quelle cose ... orribili su di me?- domando con un filo di voce.
-Non le pensavo davvero, te lo giuro. Cecilia, io ti ho amato fin dal primo momento in cui ti ho vista. Be', forse non proprio dal primo, visto che all'inizio mi stavi parecchio antipatica- sorride, e io mi ritrovo a fare lo stesso ripensando a quei momenti.-Ma poi ti ho conosciuta davvero. Ho imparato ad apprezzare tutto di te: la tua forza, la tua arroganza, la tua testardaggine!, il tuo amore-
Rimango in silenzio, commossa e spiazzata da quello che ho appena sentito e che per tanto tempo avevo sperato di sentire.
Dunque, ricapitolando: Arden mi ama, per tutto questo tempo non ha fatto altro che cercare di proteggermi. Collins trama la mia morte. Io devo scegliere se farmi tagliare la gola e distruggere la maledizione una volta per tutte, o se continuare a vivere e infischiarmene, lasciare il problema a quelli che saranno i miei figli. Permettere che loro soffrano quello che sto soffrendo io.
Non posso farlo.
Ma d’altra parte non mi va nemmeno di rinunciare ad Arden.
Sono un’egoista, lo so, ma ho diciassette anni e la morte mi fa una paura indescrivibile.
Vorrei restarmene in silenzio, ma devo dire qualcosa ad Arden, che mi guarda confuso e quasi supplichevole.
-Posso fidarmi?- domando con voce spezzata, lo sguardo fisso sul pavimento. Devo rimanere lucida, e non potrei mai esserlo se guardassi il ragazzo che amo negli occhi lucidi.
-Sì, Lia. Te lo giuro- mi raggiunge e si siede accanto a me. Con le mani mi costringe delicatamente a guardarlo. Deglutisco.-Ti amo.- sussurro. Dovrei scusarmi per aver dubitato di lui, che nel frattempo faceva di tutto per amarmi. Sì, dovrei proprio scusarmi. Ma sono fottutamente orgogliosa e preferirei dimostrare la mia gratitudine facendomi sparare al suo posto, piuttosto che dicendoglielo semplicemente. Lo so, è una pazzia; ma io sono sempre stata più brava con i fatti che con le parole. E’ una delle mie poche qualità.
Lo abbraccio, stretto stretto.
-Ti amo anch’io, ragazzina-
Ricambia la stretta e mi bacia i capelli.
Rimaniamo così per quella che sembra un’eternità. Come una cosa sola, in silenzio, a sentire l’uno il profumo dell’altra. Un profumo di menta e pioggia, di autunno e di boschi. Un profumo che solo a respirarlo mi fa stare bene. Nonostante tutto.
Siamo così presi in questo momento di tutto – riconciliazione, affetto, dolore, felicità – da non sentire la porta di casa aprirsi e i passi nell’ingresso.
Purtroppo.



E quindi sì. Eh eh. Siete curiose? Lo spero! Perchè non avete nemmeno idea di quello che sta per succedere (muhahahahah!)
Un bacione grande coma l'amore di Lia per Arden <3 <3 <3

 

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Capitolo 16
*** 16. Colpo ***


15. COLPO

 
Per l'amore di una figlia
(Demi Lovato - For the love of a daughter)


La prima cosa che vedo – che cattura il mio sguardo – è l’oggetto nero e lucido tra le mani incerte della persona che entrata nel salone. Poi realizzo che quella cosa è una pistola, e che quelle mani sono del mio ex professore di matematica. Sono la prima ad accorgermi della sua presenza, perché io e Arden siamo abbracciati e io ho il viso rivolto dal lato dell’ingresso, mentre lui è girato.
-No…- dico solo, con un filo di voce, e allontano un po’ troppo bruscamente Arden da me. Non riesco a notare nient’altro che non sia la canna della pistola, così liscia e lucida. Cava. E ad immaginarmi il proiettile che sta per uscire alla velocità della luce e a colpirmi al cervello.
-Lia, cosa …- Arden si volta e anche lui rimane di sasso.
-Bene, bene. Mi dispiace aver interrotto questo momento di riconciliazione, ma il tempo scorre e sta già per scadere. Ah, e tanto per la cronaca; Arden, sei stato più in gamba del previsto. Davvero, complimenti. L’hai presa in giro con incredibile abilità. E non dirmi che lei credeva davvero a quello che le hai raccontato …- scoppia in una risata roca. Che cosa buffa, penso, non avevo mai visto il mio prof. Di matematica ridere.
Ma è come il retrogusto comico di una tragedia. Mi sento morire.
Non riesco a dire niente.
-Non è vero!- Arden si alza in piedi.-Lia, non credergli. Sta solo cercando di metterci l’uno contro l’altra- mi guarda implorante.
Non so che fare, non so che credere.
Io vorrei fidarmi di Arden, davvero; ma quello che ha detto su di me mentre parlava con Collins … quelle parole … hanno rigirato nelle mia mente – nel mio cuore – per troppo tempo da poter essere dimenticate con un suo sguardo. Ma d’altra parte è anche vero che Collins potrebbe star cercando di dividerci, come del resto ha sempre fatto. Ma perché? Perché mi odia tanto? D’accordo, ci sono le ricchezze e quella storia della vita eterna, okay, ma perché deve essere così crudele? Lui non vuole solo uccidermi, lui vuole anche spezzarmi il cuore.
Ma io non glielo permetterò.
Ora so cosa – a chi – credere.
Mi alzo in piedi e guardo il mio ex professore con aria di sfida.-Certo, Arden. Lo so.-
-Ah, sciocchi! Guardatevi quanto siete patetici! L’amore … Puh, che schifo! Non porta mai a niente di buono!- ringhia lui, artigliando ancora di più la pistola.
-Ne sembra molto sicuro…- osservo, leggermente curiosa. Possibile che Collins, l’essere senz’anima che mi sta puntando una pistola, abbia un cuore?
Collins sorride amaramente.-Già. Non è buffo, eh? Voi alunni credete sempre che i professori non abbiano dei sentimenti umani, ma non è così. Io ho amato. Oh, se ho amato. Ho amato una donna meravigliosa, bellissima.-
-E allora perché ce l’ha così tanto con l’amore? Perché ce l’ha così tanto con me?- vorrei essere rigida mentre urlo, ferma, dura. Ma ho gli occhi lucidi e cerco disperatamente di mandare indietro le lacrime.
Il mio professore mi guarda con un’espressione indecifrabile.-Perché, Cecilia? Perché la donna che amavo era tua madre, e perché io sono tuo padre-



Oookay, lasciatevi pure andare ad urli di sgomento.
Sono cattiva, lo so.
Però..... mentre mandate mille maledizioni al mio indirizzo, vi dico che ho voluto fare una cosa che mi è venuta in mente. Bene, ho creato un profilo Ask ----> http://ask.fm/Neverland1998
Quindi, nel caso voleste farmi qualunque tipo di domanda (o darmi un consiglio sulle storie) sapete dove trovarmi! ^^
Un bacione :*

 

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Capitolo 17
*** 17. Il Prezzo ***


17. IL PREZZO
 
E se ti perderai,
io ti troverò
Zedd (Find you)
 
 

Quelle parole mi piombano addosso come una lastra d’acciaio. Mi tremano le gambe e mi si annebbia la vista. Ho la nausea. Mi accascio sul divano e fisso il vuoto, boccheggiando come in cerca d’ossigeno. Sono sul  punto di svenire.
-Non è possibile- esclama Arden al posto mio. Grazie al cielo, perché io non ho la forza di replicare.
-Oh, invece sì.- Collins sembra … divertito? Tutta questa faccenda lo diverte? Maledizione, sono sua figlia! Deve pur significare qualcosa, o no? –Io e Margaretha, la mamma di Cecilia, siamo stati insieme da giovani. Poi lei preferì suo marito a me, ma quando lo fece era già incinta-
-Ma se tu sei mio padre…- riesco a dire, con un filo di voce.-Perché hai fatto finta di niente per tutti questi anni?-
-Perché non sapevo di te. Ti ho conosciuta il primo giorno di scuola-
-Sì, d’accordo, ma è pur sempre tre anni fa!- faccio notare, sempre più arrabbiata.
-Vero, ma non avevo alcun interesse a socializzare con te- spiega con estrema freddezza.
E non è un modo di dire.
Le sue parole sono davvero di ghiaccio. Mi sento rabbrividire.
Arden è testimone impotente ed esterrefatto della scena. Non si avvicina per consolarmi, sa che sarebbe inutile. In questo momento voglio solo starmene per conto mio, ci sono troppe cose da metabolizzare. Se mai riuscirò a metabolizzarle.
-Okay, allora. Trattarmi con indifferenza. Ma odiarmi? Perché??- riesco finalmente ad alzare lo sguardo e ad incatenarlo a quello di Collins … mio padre. No, credo che continuerò a chiamarlo Collins. In fondo se lui non vuole che io sia sua figlia, io non ho alcun interesse a volerlo come padre. Sono solo curiosa, ecco tutto.
-Odiarti, Lia? Se non sbaglio mi facesti questa domanda un bel po’ di tempo fa, e adesso come allora ti rispondo che io non ti odio. O meglio, non odio te, la ragazzina viziata e sfacciata, io odio quello che rappresenti. E tu rappresenti l’amore mio e di tua madre, l’amore che mi è stato negato. Margaretha sapeva che eri mia figlia, l’ha sempre saputo, eppure non l’ha detto a nessuno.-
Deglutisco. Non posso credere che mia madre mi abbia fatto questo. Ogni volta che andava a parlare con Collins … perché non mi ha mai detto niente?
E’ impossibile.
Ma non permetto neanche che Collins la critichi o la giudichi. In qualche modo, lei ha cercato di fare il meglio per tutti.
-E’ stata una sua scelta- dico, impassibile.
-Sì, ma non doveva essere così! La scelta era anche mia! Maledizione, sei mia figlia! Sei tanto sua quanto mia!-
Il pensiero mi fa accapponare la pelle.
E mi fa anche infuriare, più di quanto non fossi già.
-No, ti sbagli. Mia madre mi ha cresciuta da sola, mi ha dato tutto quello che volevo, c’è sempre stata per me. Tu invece cosa hai fatto? Niente. Mi hai dato la vita, ma non mi hai certo aiutata a viverla!-
Collins è allibito. Non si aspettava questa mia reazione. Bene.
Ma c’è un’altra cosa che devo capire.
-E poi, se io non sono figlia del … marito di mia madre, allora perché ho questa maledizione?-
-Questo posso spiegarvelo io-
Ci giriamo tutti di scatto verso la voce della donna che è appena entrata.
O, accidenti, ma siamo diventati tutti sordi? E’ già la seconda volta che qualcuno entra di nascosto!
E questa volta è mia madre.
Mi guarda con affetto e con aria di scuse.-Non era mio marito ad avere la maledizione. Ero io.-




Bene, bene... Che ne pensate di questa casa di Arden in cui può tranquillamente entrare chiunque? Ci facciamo un salto anche noi? In fondo lui ha detto che  non chiude mai la porta... 
XO XO
Alla prossima :*

 

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Capitolo 18
*** 18.Confessione ***


 
 
Prima di iniziare, un ringraziamento speciale a:
-Chiara1608
-BellaSwan_1999
-Grety01
-Alexiases
-Elena1104
-Leila Herondale 
-Michela99
-Engel2


Perchè senza di voi scrivere non avrebbe senso <3
Buona lettura!


 

 
18. CONFESSIONE

 
 
"Voglio nasconderti la verità,
voglio proteggerti"
Imagine Dragons (Demons)


 
 
 

-Okay, mi avete convinto. D’ora in poi chiuderò bene a chiave la porta di casa!- esclama Arden, ed è buffo come anche in questa situazione mi fa scappare un sorriso. E’ per questo che lo amo. Lo guardo riconoscente e lui mi fa l’occhiolino.
Ma poi torno a concentrarmi sulla nuova arrivata.-Mamma… Ma …-
Le parole mi muoiono in gola.
Cosa dovrei chiederle per prima? Perché mi ha mentito su Collins? Perché mi ha mentito sulla maledizione? Come ha fatto a fingere così bene? Come ha fatto a sapere che mi trovavo qui con Arden e Collins?
-Margaretha, che stai dicendo?- interviene Collins. Oh, finalmente fa una cosa buona. Lo guardo negli occhi – quello dovrebbe essere mio padre? Ho ancora i brividi – e noto una scintilla che non avevo mai visto prima sul suo viso. Sembra amore. Per mia madre.
Ma che schifo!
Anche perché se io sono nata, vuol dire che loro due … Okay, ora vomito.
-Mi dispiace, John, ma è questa la verità.- dice, ferma. Non l’avevo mai vista così. I suoi occhi verdi… Lei non ricambia l’amore di Collins. John, anzi. Lei lo odia. Brava, mamma!
-E soprattutto – continua – Non avevi nessun diritto di parlare con Cecilia! Spettava a me dirglielo!-
-Quindi è vero, mamma?- la guardo supplice. In fondo ancora speravo che fosse tutto uno scherzo di Collins. -E’ … quello mio padre?-
-Certo che ne avevo il diritto!- mi interrompe Collins. Grandioso, entrambi i miei … genitori mi stanno ignorando alla grande per risolvere i loro irrisolti problemi adolescenziali! E sinceramente non me ne fregherebbe niente, se di mezzo non ci fosse la mia vita!
-Maledizione, Maggie, è mia figlia!-
-Non centra.- mia madre cerca di mantenere la calma, ma è visibilmente turbata. E ci credo! –Io l’ho cresciuta, e io avevo il diritto di spiegarle come sono andate le cose-
Che odio, parlano di me come se non fossi presente nella stanza!
-L’hai cresciuta tu, solo perché tu e solo tu avevi deciso così! Se fossi rimasta con me … Magari saremmo potuti essere una famiglia!- c’è qualcosa di rotto nel tono di Collins. A metà tra la rabbia, la disperazione e la frustrazione.
-Io non ti amavo, John- mia madre addolcisce il tono di voce.-Avevo accettato di sposare un altro …-
-Il mio migliore amico!-
-Sì, esatto. Perché lo amavo, e lui amava me.-
-D’accordo, adesso basta!- si intromette Arden.-I vostri problemi da ragazzini sono affari vostri, qui si parla della vita di Lia! Signorina Blane, lei ha detto di avere la maledizione, ma allora perché suo marito se ne andò, anni fa? Cosa successe veramente?-
Il cuore mi batte all’impazzata per la risposta che sto per ricevere.
Mia madre sorride con l’aria di una che la sa lunga.
Cavolo, mia madre non mi è mai sembrata così distante, così estranea. Sicuri che sia lei?
-Vedete, in realtà esiste un modo per togliere la maledizione alla persona che ne è colpita.-
Mi sento svenire.
-Dev’essere trasmessa a qualcun altro. E quando mi confidai con mio marito, lui insistette tanto per assumersene il carico. Dio, mi amava così tanto! - la voce le si incrina.- E poi ero incinta, era fuori discussione che tornassi là dentro. Così, durante un mio sogno, scrivemmo una formula segreta sullo specchio del Castello Nero, e la maledizione passò da me a lui. Non gli sarò mai grata abbastanza.- una lacrima silenziosa le riga la guancia.
-Ma perché non mi hai mai detto niente?- sbotto, furiosa. Tutti mi guardano esterrefatti, visto che è la prima volta che apro bocca. Probabilmente mi credevano troppo debole per far fronte ad uno shock del genere.-Insomma, sapevi quello che stavo passando, che avrei passato! Perché non mi hai dato dei consigli? Perché non mi hai preparata??- le lacrime roventi mi bagnano il viso.
-Lia, tesoro, mi dispiace tanto, te lo giuro. Il fatto è che non lo sapevo. Pensavo che passando la maledizione a mio marito, che non era il tuo padre biologico, tu ne saresti stata immune. E’ anche per questo che gli ho permesso di prendere il mio posto. E poi nemmeno tu ti sei mai confidata con me. Come potevo sapere dei tuoi incubi, se non me ne parlavi?- mi fa notare.
Mi mordo il labbro, ha ragione.
Perché come un’idiota mi confidai con Collins.
Decido di stare zitta, è la cosa migliore.
E abbasso anche lo sguardo.




E rieccomi qui ^^
Tenetevi forte perchè il prossimo capitolo vi lascerà solo un tantiiiino sconvolte, eheh!
Un bacione a tutte :*

 

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Capitolo 19
*** 19. Soffrire ***


19. SOFFRIRE

 
Tutti quanti soffrono alcuni giorni
E' normale avere paura
Tutti quanti soffrono
Tutti quanti urlano
Tutti quanti si sentono così
E' normale
Avril Lavigne (Everybody Hurts)
 

Cosa dovrei fare?
Chiedere scusa, ammettere di essere stata una stupida?
Ma, accidenti, il novantanove virgola nove per cento delle mie coetanee non si confida con la propria madre, eppure non mi risulta che si sia trovata con il proprio professore di matematica – padre – a puntarle una pistola nella casa del suo ex fidanzato proveniente da un sogno popolato da corvi e castelli.
E che cavolo!
-Lia, potrai perdonarmi?- mi domanda mamma, gli occhi lucidi.
Annuisco piano. Credo che infondo lei abbia nascosto la verità solo per proteggermi, e poi non sono nella condizione di criticarla. Accenno un sorriso.
-Sì, magari lei potrà- si intromette Collins.
Lo guardo con odio. Ha interrotto un momento dolcissimo tra me e mia madre, una donna che ho appena scoperto essere completamente diversa da come pensavo.
-Ma io no- continua.
E poi è un lampo.
Un bagliore negli occhi di Collins, un rumore assordante e la consapevolezza.
-Mamma!- strillo, non appena la vedo cadere a terra, colpita allo stomaco dal proiettile di Collins.
-Bastardo- urla Arden, gettandosi su di lui e facendogli perdere la presa sulla pistola con un pugno ben piazzato alla mascella.
Io mi inginocchio vicino al corpo di mia madre, cercando di non guardare la macchia di sangue che si espande sulla sua elegantissima camicia azzurra.
Mi faccio forza – glielo devo! – e poso la sua testa sulle mie gambe.
-Mamma…- sussurro, cercando senza successo di ricacciare indietro le lacrime.
-Lia, amore mio …- mi accarezza debolmente una guancia, e io cerco di imprimermi bene a mente la leggerezza di questo contatto, la delicatezza delle dita che mi hanno cresciuta e che troppo a lungo ho dato per scontate. –Non piangere … - cerca di sorridere, ma il dolore è forte, lo capisco anche se lei cerca di nasconderlo.
-Ti voglio bene- è l’unica cosa che riesco a dire, la prima che mi viene in mente.-Ti voglio tantissimo bene, mi dispiace, mamma, mi dispiace! E’ colpa mia … Avrei dovuto confidarmi con te …- il rimorso e il rimpianto mi artigliano il cuore e lungo la gola sento solo lo strisciare viscido del dolore.
-No, tesoro, no. Non è colpa tua, non permettergli di farti credere questo! Non permettergli di portarti via da me.  Ti prego …–
Non so che dire, continuo a piangere. Scuoto la testa.
-Ascoltami, Lia. Sei fortissima e sei coraggiosa, non ho dubbi che ce la farai sempre e comunque. Non potevo sperare di avere una figlia migliore … E ricorda, comunque vada io sarò con te. Per sempre- una lacrima le riga la guancia, poi con un ultimo sforzo chiude gli occhi.
E muore.





*porge fazzolettini*
Be', ve l'avevo detto che sarebbe stato sconvolgente, no? Fatemi sapere che ve ne pare! Comunque STAY STRONG, mancano al massimo un paio di capitoli all'epilogo.

E poi a settembre si continua con Dark Dreams (titolo appena ufficializzato!)

Un bacione

 

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Capitolo 20
*** 20. Corsa ***



Per favore, mentre leggete, ascoltate questa canzone ----> https://www.youtube.com/watch?v=VHoDAm9IXqM
Grazie mille ^^


 
20. CORSA

 

Nei minuti che seguono, tutto quello che succede è confuso. Assisto al frantumarsi della mia vita come uno spettatore esterno, come se niente mi riguardasse. Ho la vista annebbiata, un dolore che mi toglie il respiro e la testa che esplode. Sono immobile, immobile per terra accanto al corpo di mia madre, sperando ancora di trovarmi in un incubo, perché infondo è proprio colpa degli incubi questo casino.
Mia madre non c’è più.
E’ morta.
Andata via.
Non la rivedrò.
Me lo ripeto in continuazione perché è l’unico modo per realizzare davvero in che abisso sono sprofondata. Già, mi sembra così irreale.
Non è patetico?
Mi pento di tutte le volte in cui avrei potuto passare del tempo con lei e non l’ho fatto; dei momenti sprecati; dei litigi. Se potessi tornare indietro, non sprecherei neanche un istante.
Il suo corpo è ancora roseo e ,se non ci fosse la macchia nerastra sulla camicia, direi che sta solo dormendo. Le sue mani mi appaiono così fragili, e cerco di ricordare l’ultima  volta che le ho sentite su di me, l’ultima volta che mi ha abbracciato. E’ stato prima che partisse per quel viaggio di lavoro.
Tutto sommato sono contenta di averle fatto capire che l’avevo perdonata – che le volevo bene – prima che fosse troppo tardi. In fondo il rimpianto non è poi tanto grande.
Il dolore invece sì.
Guardo – ma non vedo – la breve lotta tra Arden e Collins. Collins. Mio padre, l’uomo che non si è fatto scrupoli ad uccidere mia madre davanti ai miei occhi. Gli occhi di sua figlia. Sento una rabbia esagerata esplodermi al centro del petto. E’ troppa persino per muovermi. In pochi secondi ho perso tutto quello che avevo. Mia madre. Tutta la mia famiglia. Non ho più nessuno che si prenda cura di me, non ho più un punto di riferimento. Sono sola. Sola con l’uomo che in teoria dovrebbe essere mio padre, ma soltanto biologicamente, e il ragazzo che amo e ancora non ho capito se provi lo stesso per me o se stia solo cercando di uccidermi. Già, perché è proprio quello che vuole mio padre. Dio, che schifo! E adesso mi ricordo – e la consapevolezza mi schiaccia come un insetto – che non importa quanto lontano andrò. Non potrò mai fuggire, non sarò mai libera. La maledizione è dentro di me, e l’unico modo per eliminarla è morire.
-Andiamo, Lia-
Non sento neanche la mano di Arden che mi solleva per un braccio e mi aiuta a mettermi in piedi. – Dobbiamo scappare!-
Sì, giusto. Dobbiamo scappare.
Allora perché sono immobile? Perché non riesco a muovere i piedi, che sembrano pesanti come il cemento? Perché anche solo il pensiero di fare qualsiasi cosa mi provoca fitte di dolore lancinante. Non vorrei nemmeno respirare.
-Lia, forza!- addolcisce lo sguardo.-D’accordo- dice, e mi prende in braccio.-Ti porto io-
Sono come una bambola di pezza. Lo sguardo fisso, il corpo leggero che non riesce a stare dritto o ad assumere una posizione autonoma.
-Mia madre … - inizio, con voce roca.
-Lo so, Lia. Mi dispiace tantissimo. Ma è anche per lei che adesso devi salvarti-
-Non possiamo lasciarla lì- protesto, e finalmente riacquisto il controllo su me stessa. Sposto lo sguardo su Arden.
-Chiameremo la polizia. Se ne occuperanno loro-
-Ma lei … Non è giusto … - continuo.  
Mia madre non si merita di essere abbandonata per terra, in una casa estranea, con l’uomo che le ha sparato. Mia madre merita un funerale, una sepoltura, i fiori più belli. Forse è inutile, forse è solo superstizione, ma il solo pensiero di lasciarla lì come un animale  mi sembra così sbagliato che vorrei scavare una fosse con le mani e seppellirla.
-Hai perfettamente ragione, ma pensaci. Cosa vorrebbe lei, adesso? Vorrebbe che tu rimanessi lì, con il rischio di essere uccisa da Collins? O vorrebbe che ti salvassi? Non rendere vano il suo sacrificio.-
-Ma io non voglio andarmene! Voglio rimanere lì!- la mia voce, rotta dai singhiozzi, sembra quella di una bambina. Non ho mai pianto così in vita mia.
-E’ inutile, Lia. Tua madre è morta, e questo non cambierà. Andiamo, cerca di ragionare!-
Ma perché fa così? Come può chiedermi di “ragionare” in questo momento? Non capisco assolutamente più niente. Vorrei che fosse più comprensivo, che mi coccolasse di più. Ma non mi arrabbio, in fondo è meglio che lui rimanga lucido ed esterno alla situazione, così sarà in grado di decidere cosa fare, perché se dipendesse da me sarei spacciata. Devo essergli grata. Ma, accidenti, potrebbe anche … non so … provare a consolarmi. Si, d’accordo, sarebbe comunque inutile. Però ne ho bisogno.
Chiudo gli occhi e appoggio la testa al petto di Arden, mentre lui esce in strada e continua a correre.
Dove siamo diretti? Dove andremo? Ho perso tutto, non abbiamo più niente.
Mi chiedo come andrà a finire.




Eh, che dire. E' il terzultimo capitolo, amori miei, mi mancherete tantissimo! :*
 

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Capitolo 21
*** 21. Fuga ***


Ooookay! Sono in straritardissimo, e imploro perdono, ma sono stata in vacanza fino a ieri mattina lol.
Non odiatemi, please!
Comunque mi siete mancate tantissimo, non vedo l'ora di rileggere le vostre recensioni; e, mi raccomando, fatemi sapere come avete passato l'estate! <3 <3
A sotto :*


21. FUGA


Domani è un altro giorno
E quando la notte sarà svanita
Tu sarai il mio ragazzo
Ma per ora dobbiamo scappare
Dobbiamo scappare
(Woodkid - Run Boy Run)



 
Il buio è tutto ciò che percepisco, tutto ciò che mi circonda.
Quando lentamente apro gli occhi, sono stesa sul divano di stoffa verde di casa mia; Arden è seduto accanto a me, la mia testa sulle sue ginocchia.
Per un istante – per un debole istante – mi avvolge la speranza che si sia trattato solo di un sogno, che le cose orribili che sono successe nelle ultime ore siano solo frutto della mia immaginazione.
C’è solo un modo per accertarsene.
-Mamma … - chiamo debolmente, Arden gira immediatamente la testa, posando lo sguardo su di me.
-Buongiorno, Lia.- accenna un sorriso e evita il mio sguardo.
-Mamma … - ripeto, questa volta provando ad alzare la voce, ma il risultato non è molto diverso. –Dov’è?- guardo Arden intensamente.-E’ uscita?-
Gli occhi mi si riempiono di lacrime. Mi aggrappo alla speranza che sia tutto finto, che mamma stia bene e che tra poco tornerà e mi abbraccerà e mi dirà di correre a fare i compiti anziché fare la scema con Arden.
Già, a proposito, che ci fa lui qui? Non ci eravamo lasciati? Se davvero è stato tutto un sogno – un incubo – allora non è cambiato niente.
Ma decido che gli chiederò spiegazioni a riguardo più tardi, ora la mia priorità è sapere dov’è mia madre.
-Lia, ascolta- la sua voce è fredda e distaccata, ma si percepisce un tremolio. Forse è solo la mia immaginazione. Scruto i suoi occhi azzurri, ma come sempre è impossibile leggere dentro Arden, indovinare quali siano le sue intenzioni o i suoi pensieri. E’ un libro chiuso sotto ogni punto di vista.
E’ la mia roccia, il mio punto d’appoggio. Lui è incrollabile, a differenza di me, e mi va bene, perché un salvagente è proprio quello di cui ho bisogno nell’oceano in cui sto sprofondando.
-Dov’è mamma?- ripeto,tirandomi su a sedere. Mi fa male la testa, come quando mi faccio la coda di cavallo troppo stretta e per troppo tempo, e una volta sciolta sento la testa pulsarmi.
Ho la nausea, e le lacrime mi appannano la vista. Ho il terrore che quanto accaduto nelle ultime ore non sia affatto frutto della mia immaginazione.
-E’ morta, Lia- mi comunica, gli occhi incatenati ai miei.
Sento crollarmi il mondo addosso. Tutto diventa buio. Ho a malapena la forza per voltarmi prima di vomitare davanti a Arden. Un altro ragazzo – un ragazzo normale – si sarebbe disgustato e sarebbe scappato via per raccontare agli amici della sfigata che si è messa a vomitare davanti a lui.
Ma Arden non è così.
E se – al contrario, come farebbe Alex, - neppure si avvicina a tenermi i capelli e ad abbracciarmi, è perché sa – e ha ragione – che in questo momento ho solo bisogno di essere lasciata sola con il mio dolore e con il mio odio, che sento crescere come una tempesta implacabile al centro del petto. Mi tengo la pancia e vomito diverse volte. Suppongo di aver esaurito le lacrime – visto che i miei occhi sono ormai asciutti come un deserto – ma non per questo di essermi sfogata del tutto.
Alla fine, sul pavimento ai miei piedi, vedo allargarsi una pozza densa e grigiastra e maleodorante, e per poco non vomito un’altra volta.
Nonostante tutto, la mia prima preoccupazione è come fare per coprire lo schifo che ho davanti, prima che lo veda Arden.
-Dobbiamo andarcene- dice lui a un certo punto, glaciale.
Per l’ennesima volta ho la conferma di essere fortunata ad averlo con me, perché almeno lui riesce ancora a ragionare lucidamente. Io no. Mi sono persino dimenticata perché “dobbiamo andarcene”.
Non mi volto a guardarlo. Ho paura di essere sporca di vomito.
-Tuo padre è a casa mia, e anche se legato per bene, sospetto che presto troverà un modo per liberarsi. Per allora, noi dovremo essere già lontani- dice, pratico.
E per la prima volta decido di infischiarmene del mio aspetto. Mi giro e lo fisso, consapevole del lampo di odio nei miei occhi.-Puoi farmi un favore, Arden? Evita di chiamarlo “mio padre”.-
Lui mi guarda e annuisce.-D’accordo- poi riprende.-Scappare di casa non è un problema, così come non sarà difficile procurarci un paio di biglietti aerei. Tu hai dei documenti vero? A me li ha fatti fare tutti Collins quando sono venuto qui. Ma tu? Hai un passaporto? E una carta d’identità?-
Lo guardo e cerco di seguire il suo ragionamento – davvero! – ma non ci riesco. Lo sento, ma non ascolto quello che dice. La mia mente è ancora incatenata al ricordo del corpo di mia madre per terra.
Al rumore del proiettile, all’urlo, a lei che cadeva come una bambola di pezza e al modo in cui i suoi occhi guardavano nei miei un’ultima volta…
-Lia? Mi stai ascoltando? E’ importante-
-Scusa.- lo so che è importante! Ma lo è anche la morte di mia madre! –Cosa hai detto?-
-Hai un passaporto?-
Faccio segno di no con la testa.-Non sono mai andata all’estero- spiego.
Mamma non ne ha mai avuto il tempo, anche se ogni tanto diceva che per i miei diciotto anni mi avrebbe regalato una crociera. Solo io e lei.
Adesso è chiaro che non succederà mai.
Dovrei piangere, ma ormai ho consumato tutte le lacrime, e i ricordi taglienti come lame vanno solo a scavare un ulteriore cratere nel mio cuore esanime.
-Mmm… questo rende tutto più complicato. E una carta d’identità? Ce l’hai?-
Ci penso su.-Sì, ce l’ho.-
-Bene. Anche se il passaporto è un vero problema, considerato che dobbiamo andare in Africa.-
Non faccio niente. Nemmeno mi importa il perché dobbiamo andare proprio in Africa per sfuggire a Collins.
-Aspetta!- esclama a un certo punto. Si gira e fruga nella tracolla grigia di cui mi accorgo solo ora. Estrae un sacchetto di  velluto azzurro e lo apre, rovesciandone il contenuto sul divano. –Qui ci sono tutti i documenti miei e di Collins. Li tenevamo insieme, perché si presupponeva che fossimo complici e che quindi saremmo dovuti scappare insieme in caso di emergenza. Se avessimo tenuto nello stesso sacchetto  i nostri documenti, sarebbe stato più facile raccoglierli in un momento di fretta.- mi spiega. –Ecco! Lo sapevo! Guarda qua – mi allunga un libricino che riconosco come passaporto. E sopra c’è il mio nome.
Nonostante io non chieda spiegazioni, perché non me ne importa assolutamente niente, Arden parla lo stesso.-Nei piani di Collins c’era quello di portarti con noi in Africa. Si era già procurato tutti i tuoi documenti. Pare che per una volta abbia fatto una cosa buona, visto che adesso invece lui non ne ha nemmeno uno e viaggiare gli richiederà molto più tempo- sorride soddisfatto.-Forza, però. Prendi una borsa e mettici lo stretto indispensabile. Fai il più in fretta possibile.-
Annuisco e schizzo al piano di sopra. Più si allenta il dolore, più aumenta l’odio. E l’odio mi accende. Mi è bastato risentire il nome di Collins per farmi venire voglia di dare fuoco all’intera città. Afferro lo zaino che usavo per scuola e ci metto un paio di jeans, una maglietta a maniche corte e una felpa pesante e le scarpe da ginnastica. Rompo il salvadanaio e getto i pochi soldi che conteneva in una tasca interna allo zaino, poi ci aggiungo il cellulare e il carica batterie. Infine mi ricordo dello spazzolino e del dentifricio. Cosa manca? Penso niente.
Torno in cucina e verso dell’acqua ghiacciata in un contenitore termico in grado di conservarla fresca. Infine porto con me i biscotti al cioccolato che usavo per colazione – nonché l’unica cosa rimasta in dispensa. La spesa è stata l’ultima priorità.
-Ho fatto- annuncio, presentandomi davanti ad Arden. E’ in piedi e sembra allarmato che io sia tornata così presto. Che volesse nascondermi qualcosa?
Guardo a terra e capisco.
Ha pulito il vomito; in quel punto adesso il pavimento è bagnato. L’ha fatto di nascosto perché non voleva umiliarmi o mettermi in imbarazzo. Non voglio fargli capire di essermene accorta, e lui adagia lo straccio nel lavandino con noncuranza.-Bene, allora. Andiamo.-
Usciamo, e io lancio un’ultima occhiata alla casa in cui sono cresciuta, la casa in cui ho mosso i miei primi passi, la casa in cui ho vissuto i momenti più belli della mia vita. La guardo per l’ultima volta.
 

 
 

Questo è l’ultimo capitolo, poi ci sarà l’epilogo e se ne riparlerà a settembre/ottobre con il terzo e ultimo seguito.
Un bacione a tutti :*

 

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Capitolo 22
*** Epilogo ***


EPILOGO




Piccoli mocciosi insignificanti! Stavano giocando con il fuoco, e l’avrebbero pagata molto cara, questo poteva giurarlo!
Collins ci aveva messo la bellezza di circa due ore per liberarsi da quelle funi maledette, ed era certo che in quel momento Arden e Cecilia fossero già in viaggio per l’Africa.
La colpa era stata anche sua, accidenti. Si era fidato di Arden, non aveva messo in conto l’amore. Ma che diamine! Aveva avvertito il ragazzo, gli aveva detto miliardi di volte che amare equivaleva a ferirsi. E lui niente. Sentì la rabbia esplodergli nel petto. Poco più in là, sul pavimento, giaceva il corpo riverso di Margaretha . Si stupì rendendosi conto di non provare assolutamente. Forse una lieve malinconia, ma niente di simile al dolore. Era stata colpa sua. Se avesse scelto lui, avrebbero potuto essere una famiglia felice. Sarebbe stato tutto diverso.  E invece…
Ma adesso aveva altri pensieri.
Innanzitutto doveva procurarsi dei documenti, perché avrebbe messo la mano sul fuoco che Arden si fosse portato via ogni cosa. Era in gamba, quel ragazzo. Troppo in gamba.
Però lui e Cecilia non avevano ancora vinto.
Certo, avevano un grande vantaggio, questo sì, ma la destinazione restava comunque la stessa. Collins sorrise al pensiero. Niente era ancora detto.
Tutto era ancora possibile.

 
 
 
 
Okay,okay, okay.
Non so come farmi perdonare, ma vi giuro che è stata solo colpa della scuola (si può studiare dalle tre e mezza alle otto? Si può? SI PUO’??) D’accoooordo, faccio un bel respiro.
Ecco, va un po’ meglio. Il fatto è che ho anche passato molto tempo a riflettere e a pensare a come concludere la storia, e adesso sono felice di annunciarvi che ho già tutto programmato (muhahahah)
Che dire, se tutto va secondo i piani il terzo e ultimo capitolo di questa “saga” comincerà a gennaio/febbraio, perciò HOLD ON!
Infine, ringrazio tutte voi per le recensioni meravigliose – che ho sempre letto e mi hanno sempre regalato un sorriso e tanto orgoglio, anche se non sempre ho risposto :C – e tutte voi che seguite la storia, ce l’avete tra le ricordate o, meglio ancora, tra le preferite. Siete troppo troppo troppo ADOREVOLII!!!
Un bacione enormissimo! Non vedo l’ora di risentirvi <3 <3 <3 <3 <3 <3

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